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Corte d'Appello di Brescia, Sentenza n. 180/2024 del 14-02-2024

... REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### civile, composta dai ###: Dott. ###### aus. rel. ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile n. 508/2022 R.G. promossa con atto di citazione notificato e posta in decisione all'udienza collegiale del 25/10/2023 d a ### rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliato in VIA ### SETTEMBRE 48 25121 BRESCIA presso il suo studio ### c o n t r o ### e ### rappresentati e difesi dall'avv. ### elettivamente domiciliati in ### 10 25122 BRESCIA presso il suo studio ### In punto: appello a sentenza n. 489/2022 del Tribunale di Brescia seconda sezione in ### Vendita di cose immobili data 01/03/2022 CONCLUSIONI Dell'appellante: In via principale, accertare (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### civile, composta dai ###: Dott. ###### aus. rel.  ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile n. 508/2022 R.G. promossa con atto di citazione notificato e posta in decisione all'udienza collegiale del 25/10/2023 d a ### rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliato in VIA ### SETTEMBRE 48 25121 BRESCIA presso il suo studio ### c o n t r o ### e ### rappresentati e difesi dall'avv.  ### elettivamente domiciliati in ### 10 25122 BRESCIA presso il suo studio ### In punto: appello a sentenza n. 489/2022 del Tribunale di Brescia seconda sezione in ### Vendita di cose immobili data 01/03/2022 CONCLUSIONI Dell'appellante: In via principale, accertare e dichiarare l'illegittimo recesso dei convenuti dalla proposta di acquisto irrevocabile per cui è causa; accertare e dichiarare che l'atteggiamento assunto da controparte ha arrecato al signor ### un danno che le controparti sono tenute a risarcire; - condannare conseguente le stesse, in via solidale, al pagamento della somma di euro 40.000,00 per le ragioni di cui alla narrativa, o di quella maggiore o minore che il Tribunale riterrà dovuta anche in via equitativa. 
In via istruttoria, Si chiede l'ammissione di prova per testi ed interrogatorio formale del signor ### sui seguenti capitoli di prova: -I signor ### erano proprietari di un immobile sito nel Comune di ### del #### 2 (si mostri doc. 1); -Nell'agosto del 2017, si trattava di un immobile posto su due livelli con sottotetto accessibile ma non praticabile per le altezze ridotte e in stato di semi abbandono; -Il signor ### nei primi mesi del 2017, le aveva affidato l'incarico di procedere alla redazione di progetti di ristrutturazione dell'immobile sito nel Comune di ### del #### 2; -Il signor ### nei primi mesi del 2017, le aveva affidato l'incarico di prendere contatto con le ### competenti per l'individuazione dei permessi necessari a procedere alla successiva ristrutturazione dell'immobile sito nel Comune di ### del #### 2; -Il signor ### nei primi mesi del 2017, le aveva riferito d'aver sottoscritto un contratto di compravendita per l'acquisto di un immobile sito nel Comune di ### del #### 2; -Il signor ### nei primi mesi del 2017, le aveva conferito incarico di procedere alla redazione del progetto di ristrutturazione dell'immobile sito nel Comune di ### del #### 2; -Il progetto di ristrutturazione prevedeva la realizzazione di una serie di unità abitative; -Il business plan che era stato realizzato avrebbe consentito - dedotti i costi di ristrutturazione complessiva dell'immobile - di ricavare una somma pari ad almeno 134.115,00; Si indicano a testi i signori #### ed il signor ### (Agente Commerciale presso agenzia ### di Via T. Dal Molin, 87 25015 ###, anche a prova contraria sui capitoli di controparte che risultassero ammessi. Con vittoria di spese e compenso professionale anche del primo grado di giudizio e della fase stragiudiziale di negoziazione assistita. 
Degli appellati: In via principale e nel merito: rigettare il gravame e confermare la decisione di primo grado; In via istruttoria subordinata: ammettere prova per testi, anche a prova contraria, e per interrogatorio formale della controparte, in ordine alle circostanze declinate nella memoria n.2, ex art. 183 cpc, depositata in primo grado il ###, con il teste ivi indicato. Spese ed onorari del grado interamente rifusi.  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, ### conveniva in giudizio ### e ### per sentire accertare l'illegittimità del loro recesso dalla proposta di acquisto del 11.1.2017 avene ad oggetto l'immobile sito in ### del ####, loc. Rivoltella e conseguentemente la condanna dei medesimi al risarcimento dei danni quantificati in € 40.000. 
Esponeva l'attore che: le parti avevano concordato il termine per sottoscrivere il contratto preliminare entro sei mesi dall'autorizzazione del giudice tutelare (pervenuta in data ###) necessaria per l'incapacità di uno dei promittenti venditori; nelle more aveva affidava ad una società di progettazione l'incarico di procedere alla redazione di progetti di ristrutturazione dell'immobile e a prendere contatto con le autorità competenti; in data 31. promittenti venditori comunicavano la rinuncia alla vendita; la proposta prevedeva, in caso di rinuncia da parte del promittente venditore, il pagamento di una penale pari alla cauzione versata (€ 5.000), oltre alla restituzione della stessa; e a ciò si aggiungevano i danni, rappresentati dai costi sostenuti in vista della ristrutturazione dell'immobile e dai mancati guadagni; Si costituivano i convenuti che chiedevano il rigetto delle domande attoree e deducevano che l'attore aveva espressamente accettato il loro recesso, ritirando l'assegno versato come cauzione, senza opporre contestazioni. Rilevavano inoltre che nessuna penale era dovuta, posto che la stessa proposta di vendita prevedeva la facoltà di rinuncia alla vendita. 
La causa era istruita documentalmente. 
Con la sentenza gravata il Tribunale rigettava la domanda attorea e compensava le spese di lite. 
Riteneva il giudice di primo grado che l'efficacia della proposta era subordinata alla condizione sospensiva dell'ottenimento, da parte del promissario acquirente, delle autorizzazioni amministrative finalizzate all'esecuzione dei lavori di ristrutturazione, e che tale condizione non si era verificata, non avendo l'attore allegato e documentato, di aver richiesto e/o ottenuto dagli ### competenti i necessari permessi. 
La mancanza di un termine per l'avveramento della condizione sospensiva rimetteva sine die alla mera volontà dell'acquirente l'avveramento della medesima, ciò che concretizzava l'ipotesi di nullità della condizione ex art.1355 c.c e conseguentemente dell'intero accordo Il Tribunale comunque considerava altresì infondata la domanda di pagamento della penale, dato che la pattuizione, prevista in caso di rinuncia all'acquisto e/o alla vendita, era inserita all'interno della clausola 5 denominata “clausola di irrevocabilità della proposta” . 
In mancanza dell'indicazione di un termine per la facoltà di rinuncia, questa doveva intendersi assoggettata al pagamento della penale solo se espressa entro il termine di irrevocabilità della proposta (ovvero entro 15 giorni), come sanzione per l'inosservanza del medesimo. Spirato tale termine, la revoca doveva considerarsi legittima con la sola conseguenza della restituzione della caparra (€ 5.000), condizione questa peraltro avveratasi. 
Esaustivo era stato anche il comportamento di MOR che in sede di accettazione della restituzione dell'assegno (31/08/2017) non aveva mosso alcuna contestazione, né richiesto alcuna penale consapevole della legittimità del recesso. 
Avverso la predetta sentenza ### proponeva appello insistendo nelle domande già formulate in primo grado. 
Si costituivano gli appellati che chiedevano il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza gravata. 
All'udienza del 25/10/2023 la causa era trattenuta in decisione con assegnazione di termini per il deposito di memorie conclusive.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo l'appallante lamenta violazione di legge ed omessa motivazione della sentenza in ordine all'ammissione dei mezzi di prova. 
Ritiene contraddittoria la decisione laddove il tribunale rigettava la domanda sull'assunto che l'attore non aveva allegato e documentato di aver richiesto e/o ottenuto dagli ### competenti i permessi e le autorizzazioni necessarie all'esecuzione dei lavori di ristrutturazione, pur avendo ritenuto irrilevanti e generiche le circostanze dedotte nei capitoli di prova non ammessi. 
Il capitolato avrebbe infatti, a suo avviso, dimostrato l'effettivo incarico ad una società di progettazione della redazione di progetti di ristrutturazione dell'immobile, nonché del contatto con le ### competenti per le necessarie autorizzazioni. 
Con il secondo motivo Mor censura la sentenza per erronea interpretazione di clausole contrattuali. 
Sostiene che il tribunale ha incomprensibilmente travisato il contenuto del contratto interpretandolo come se nella clausola numero 5 fossero contenute tutte le previsioni connesse al tema dell'irrevocabilità dell'offerta. 
Ritiene al contrario evidente, sulla scorta del tenore della citata clausola, che recedere dall'accordo, una volta che lo stesso era stato formalizzato, avrebbe avuto quale conseguenza non solo il pagamento di una penale pari alla cauzione versata dal promissario acquirente ma anche il rimborso delle spese sostenute.  ### va rigettato. 
Il testo letterale della clausola 3, lett. b) (doc. 2) statuisce espressamente che: “..Il perfezionamento della presente proposta è subordinato al rilascio, da parte di Comune e ### dei relativi permessi esecutivi ed autorizzazioni che il ### (### è autorizzato, sin dalla sottoscrizione del presente atto, a presentare agli ### competenti al fine di accelerare le tempistiche di approvazione”.  ### della proposta era pertanto subordinata al verificarsi o meno della condizione sospensiva soggetta all'effettivo rilascio di permessi abilitativi da parte degli enti (Comune di ### e ### a ciò preposti. 
Non può al riguardo che confermarsi quanto già correttamente ritenuto dal giudice di primo grado circa la mancata allegazione e prova, da parte dell'appellante, della documentazione attestante il rilascio di dette autorizzazioni o quantomeno della richiesta di concessione delle medesime. 
I capitoli di prova (dedotti e non ammessi) erano finalizzati a provare solamente l'avvenuto incarico ad un tecnico di fiducia per la predisposizione di un progetto di ristrutturazione dell'immobile in oggetto e per la presa di contatto con le ### competenti per l'individuazione dei permessi a ciò necessari. 
Proprio dall'articolazione del capitolato quindi si evince che Mor non aveva ancora formalizzato al tecnico l'incarico di presentare le domande, né di conseguenza le aveva ottenute, a dimostrazione che la condizione sospensiva non si era verificata. 
Trattasi nel caso in oggetto di una condizione potestativa mista, il cui avveramento dipendeva in parte dal terzo (ovvero dagli enti preposti alla concessione dei permessi abilitativi) ed in parte dalla volontà del contraente/promissario acquirente Mor che doveva attivarsi in tempi ragionevoli per presentare le relative domande, essendo stato a ciò espressamente autorizzato fin dalla sottoscrizione (11/01/2017) della proposta. 
La Suprema Corte (n. 23014/2012) ha chiarito che la condizione potestativa mista è soggetta alla disciplina degli artt. 1358 c.c che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede, durante lo stato di pendenza della condizione, per conservare integre le ragioni dell'altro. 
La citata sentenza infatti enuncia: “E' vero che l'omissione di un'attività in tanto può costituire fonte di responsabilità in quanto l'attività omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, ma tale obbligo, in casi come quello in esame, discende direttamente dalla legge e, segnatamente, dall'art. 1358 c.c. che lo impone come requisito della condotta da tenere durante lo stato di pendenza della condizione, e la sussistenza di un obbligo siffatto va riconosciuta anche per l'attività di attuazione dell'elemento potestativo di una condizione mista”. 
Valutando i comportamenti delle parti si evince che i promittenti venditori si erano prontamente attivati per ottenere la necessaria autorizzazione del giudice tutelare (pervenuta in data ###), mentre a distanza di otto mesi dalla sottoscrizione della proposta ### contravvenendo all'enunciato dell'art 1358 c.c., non aveva ancora depositato le richieste indispensabili per ottenere i permessi e le autorizzazioni ai quali era subordinato l'avveramento della condizione. 
Da ciò ne consegue che la proposta, al momento del recesso (31/08/2017) da parte dei promittenti venditori, non era produttiva di effetti, né tantomeno potevano esserlo le pattuizioni ivi contemplate compresa quella relativa alla penale per rinuncia all'acquisto o alla vendita necessariamente correlata all'effettivo perfezionamento del contratto. 
Al rigetto dell'appello segue la condanna dell'appellante a rimborsare alla parte appellata le spese del grado, alla cui liquidazione, di cui al dispositivo, si provvede in conformità ai criteri di cui alla tabella A approvata con DM n. 147/22 (valore dichiarato da euro 40.000) P.Q.M.  La Corte d'Appello di Brescia -### definitivamente pronunciando sull'impugnazione avverso la n. 489/2022 del Tribunale di Brescia seconda sezione in data ### così dispone: rigetta l'appello; condanna la parte appellante a rimborsare a parte appellata le spese del grado, che liquida in euro 2.058 per la “fase di studio”, euro 1.418 per la “fase introduttiva” ed euro 3.470 per la “fase decisionale”, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge; dichiara l'appellante tenuta al versamento di un importo pari a quello dovuto a titolo di contributo unificato. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio del 07 febbraio 2024 ##### 

causa n. 508/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Bonati Mariangela, Cantu' Manuela Maria Rosa, Pallini Alda

Corte d'Appello di Brescia, Sentenza n. 171/2022 del 06-06-2022

... REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### composta dai ###: Dott. ###ssa ### rel. ###ssa ### ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile promossa in grado d'appello con ricorso depositato in ### il giorno 29/07/20, iscritta al n. 185/20 R.G. ### e posta in discussione all'udienza collegiale del 19/05/2022 d a , in persona del titolare e legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avv.to ### di ### domiciliat ###atti. RICORRENTE APPELLANTE c o n t r o , rappresentata e difesa dall'Avv.to #### e ### di ### domiciliat ###atti. RESISTENTE APPELLATA In punto: appello a sentenza n. 201/20 del 25/06/20 del Tribunale di ### OGGETTO: Licenziamento individuale per giusta causa ### - 2 - Conclusioni: (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### composta dai ###: Dott. ###ssa ### rel.   ###ssa ### ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile promossa in grado d'appello con ricorso depositato in ### il giorno 29/07/20, iscritta al n. 185/20 R.G. ### e posta in discussione all'udienza collegiale del 19/05/2022 d a , in persona del titolare e legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avv.to ### di ### domiciliat ###atti.   RICORRENTE APPELLANTE c o n t r o , rappresentata e difesa dall'Avv.to #### e ### di ### domiciliat ###atti.   RESISTENTE APPELLATA In punto: appello a sentenza n. 201/20 del 25/06/20 del Tribunale di ### OGGETTO: Licenziamento individuale per giusta causa ### - 2 - Conclusioni: Della ricorrente appellante: Come da note scritte ### resistente appellata: Come da note scritte SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza n.201/2020, pubblicata in data 29 giugno 2020, il Tribunale di ### in funzione di giudice del lavoro, ha sostanzialmente accolto il ricorso proposto da nei confronti della ex datrice di lavoro, titolare dell'omonima sartoria, e ha condannato quest'ultima al pagamento in favore della ricorrente della somma complessiva di € 4.162,70, a titolo di differenze retributive, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla cessazione del rapporto di lavoro al saldo; ha altresì accertato l'illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato alla ricorrente e ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro, condannando la convenuta al pagamento in favore della di un'indennità risarcitoria di importo pari a n.4 mensilità commisurate all'ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR (quantificata in € 714,82), oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, e oltre spese di lite. 
Quanto al licenziamento, il Tribunale ha ritenuto che la convenuta avesse violato il termine previsto dall'art.42 del CCNL di settore ### in virtù del quale le sanzioni disciplinari avrebbero dovuto essere comminate entro n.12 giorni dalla data delle ### - 3 - giustificazioni rese dal dipendente, diversamente queste si sarebbero ritenute accolte. 
Ha rilevato che nella specie la contestazione disciplinare era stata ricevuta dalla il 22 febbraio 2019 , la l avoratrice aveva reso le giustificazioni in data 4 marzo 2019 e la lettera di licenziamento, datata 20 marzo 2019, era stata spedita il giorno successivo, con evidente mancato rispetto del suddetto termine, scaduto il 16 marzo 2019. 
Dopo aver rilevato essere priva di fondamento la tesi della convenuta secondo cui la norma del ### non si sarebbe applicata al licenziamento disciplinare, in quanto smentita dal dato letterale della disposizione contrattuale, ha rilevato che la tutela applicabile nella specie era quella prevista dall'art.3 del d.lgs.23/2015, con conseguente estinzione del rapporto di lavoro e diritto della lavoratrice ad un'indennità risarcitoria che ha ritenuto congruo quantificare come sopra, anche in ragione dei principi di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n.194/2018, di parziale incostituzionalità della norma. 
Una volta accertata l'illegittimità del licenziamento per detta ragione, il giudice ha poi affermato che non vi era prova della condotta illecita posta a fondamento dell'atto espulsivo ed attribuita alla lavoratrice, di sottrazione di denaro dalla cassa del negozio della pe r cu i era venuta meno la possibilità di quest'ultima di opporre in compensazione il proprio asserito credito risarcitorio di € 6.000,00, corrispondente, a detta della convenuta, all'ammontare ### - 4 - delle somme sottratte dalla lavoratrice. 
Quanto alle differenze retributive, ha osservato non esservi contestazione tra le parti sulla loro spettanza alla dipendente, essendo state trattenute dal datore di lavoro a ristoro dell'asserito danno subito per la condotta di appropriazione di denaro della cassa del negozio, contestata alla ### la sentenza ha proposto appello, censurando il capo in materia di illegittimità del licenziamento e in materia di mancata compensazione del proprio credito con quello della dipendente. 
Ha chiesto, pertanto, la riforma della sentenza impugnata, con accertamento della legittimità del licenziamento, con condanna della ricorrente alla restituzione di quanto indebitamente sottratto, o, in via subordinata, compensazione o riquantificazione di quanto dovuto alla dipendente tenendo conto delle somme dalla stessa indebitamente sottratte.  si è costituita tempestivamente in giudizio ed ha resistito all'impugnazione, chiedendone il rigetto ed eccependo l'inammissibilità della domanda di condanna, trattandosi di domanda nuova, non spiegata in primo grado. 
Sospesa cautelarmente la provvisoria esecutività della sentenza appellata, è stata svolta istruttoria con l'esame di quattro testimoni. 
All'esito, l'udienza di discussione si è svolta mediante ### - 5 - scambio e deposito telematico di note scritte ai sensi dell'art.221, comma 4, del D.L. 34/2020, conv. in L.77/2020, e successive modifiche ed integrazioni, in materia di emergenza epidemiologica da ###19, e all'esito della camera di consiglio, la causa è stata decisa come da dispositivo comunicato alle parti.  MOTIVI DELLA DECISIONE ### merita accoglimento nei termini che seguono (e unicamente con riferimento all'eccezione, avanzata in primo grado dalla di compensazione “impropria” del credito vantato dalla lavoratrice per l'illegittimità del licenziamento con il credito per risarcimento del danno da riconoscere alla datrice di lavoro). 
In via preliminare, va senz'altro dichiarata l'inammissibilità della domanda spiegata dalla di condanna della lavoratrice al risarcimento dei danni derivanti dall'indebita appropriazione di somme della cassa del negozio cui ella era addetta, essendo stata avanzata per la prima volta soltanto in questo grado di giudizio e quindi, palesemente, oltre le preclusioni e decadenze di cui agli artt.414, 416 e 437 c.p.c.. 
Al riguardo va rilevato che in sede di costituzione nel giudizio di primo grado, la non aveva svolto alcuna domanda di condanna della lavoratrice al risarcimento dei suddetti danni, domanda che, tra l'altro, avrebbe dovuto essere formulata con la forma e nel rispetto dei tempi della domanda riconvenzionale (art.416 c.p.c.), ma si era limitata ad opporre il proprio credito da risarcimento del danno derivante dall'illecita condotta della dipendente di ### - 6 - appropriazione di denaro della ditta (danno da quantificarsi nell'importo di € 6.000,00, corrispondente all'ammontare delle somme sottratte), in compensazione con gli asseriti crediti della lavoratrice da licenziamento eventualmente illegittimo e da differenze retributive (si tratta di una compensazione impropria o atecnica, essendosi in presenza di reciproche obbligazioni derivanti da un unico rapporto giuridico ossia dal rapporto di lavoro). 
E' noto - infatti - che "in caso di crediti originati da un unico rapporto, la cui identità non è esclusa dal fatto che uno di essi abbia natura risarcitoria, derivando da inadempimento, è configurabile la c.d. compensazione atecnica, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta l'accertamento del dare e avere, senza necessità di apposita domanda riconvenzionale od eccezione di compensazione, che postulano, invece, l'autonomia dei rapporti ai quali i crediti si riferiscono" (cfr. tra le varie, Cass. n. 16800/2015, Cass. 14688/2012, Cass.n. 15796/2009 e Cass. n.23539/2011). 
In sostanza, la si era limitata ad un'eccezione impeditiva delle pretese della ricorrente, ossia quella di compensazione impropria, e volta a paralizzare queste pretese, senza spiegare alcuna domanda di condanna della stessa (la compensazione è una modalità estintiva del debito e a maggior ragione lo è la compensazione impropria). 
La domanda di condanna della lavoratrice appellata “al ristoro di quanto indebitamente sottratto, nonché a tutti i danni subiti, somme tutte, da liquidare anche in via equitativa” spiegata dalla ### - 7 - per la prim a vo lta in ques to grado di giudizio (cfr.pag.20 dell'appello), va dunque dichiarata inammissibile ai sensi dell'art.437 c.p.c., a prescindere dal fatto che la stessa si fondi su fatti che erano stati ritualmente dedotti in giudizio (essendo in pratica gli stessi fatti su cui è stato fondato il licenziamento della ricorrente, pure oggetto di giudizio, e anche oggetto dell'eccezione di compensazione impropria ritualmente spiegata nella memoria di costituzione in primo grado), essendo evidente che questi fatti, a seconda delle rivendicazioni giudiziali della parte e del contenuto delle relative difese, possono costituire sia il presupposto di mere eccezioni impeditive della pretesa attorea, come nella specie, sia il presupposto di una domanda da spiegare nei confronti della controparte, e la loro deduzione in giudizio non può certo rimettere in termini e legittimare la parte all'esercizio di un'azione che non ha tempestivamente spiegato entro le preclusioni di legge. 
Sempre in via preliminare, va pure rilevato che la ha appellato unicamente il capo della sentenza in materia di licenziamento e il capo che ha escluso la compensazione impropria tempestivamente opposta nella memoria di costituzione di primo grado. 
Non ha invece impugnato i due capi in materia di condanna al pagamento in favore della di differenze retributive per l'importo complessivo di € 4.162,70, oltre accessori di legge, con la conseguenza che questi capi devono ritenersi ormai definitivi e passati in giudicato (art.329 c.p.c.), senza alcuna possibilità di loro ### - 8 - modifica (nell'atto di appello non si fa il minimo cenno alle statuizioni della sentenza di primo grado in materia). 
In particolare, la non ha impugnato la pronuncia di condanna al pagamento di dette somme e questo comporta che la stessa non può più essere modificata e paralizzata dall'eventuale accertamento di un controcredito della medesima da porre in compensazione impropria con i crediti cui si riferisce la pronuncia di condanna. 
In altri termini, posto che l'eccezione di compensazione impropria ha quale scopo quello di paralizzare la condanna al pagamento del debito, appunto perché questo debito viene conguagliato con il controcredito del debitore e quindi attraverso questa modalità estinto in tutto o in parte, una volta passata in giudicato la pronuncia di condanna al pagamento del debito (che si vorrebbe estinguere attraverso la compensazione impropria con un proprio controcredito), quest'ultima compensazione impropria non può più operare (residuando al debitore condannato la facoltà di agire separatamente nei confronti del proprio creditore per far valere il credito opposto in compensazione impropria e non compensato). 
Questo per chiarire che, come fondatamente dedotto dalla appellata, l'accertamento dell'eventuale controcredito della a titolo di risarcimento del danno derivato dalla condotta infedele della dipendente che si è appropriata di somme di denaro della prima, può giustificare la compensazione con i crediti della lavoratrice eventualmente accertati per quanto attiene al licenziamento, posto che ### - 9 - tutte le statuizioni in materia di licenziamento hanno formato oggetto di appello e sono pertanto suscettibili di modifica; non può invece giustificare la compensazione con i crediti retributivi della dipendente, perché con riferimento a questi ultimi, come detto, le statuizioni di condanna del giudice di primo grado sono ormai passate in giudizio, e quindi la condanna non è più suscettibile di modifica, sotto nessun profilo.  :::::::::: Fatte queste premesse, non resta che passare all'esame del merito dell'appello. 
Giova chiarire, sulla scorta di un primo quadro probatorio pacifico tra le parti, che la è stata assunta dalla in data 16 febbraio 2017, con contratto di lavoro a tempo indeterminato e, inizialmente, con orario di lavoro a tempo parziale per 10 ore settimanali, successivamente, dall'1 settembre 2017, con orario a tempo pieno, e dall'1 febbraio 2019, di nuovo con orario a tempo parziale per 20 ore settimanali. 
E' stata inquadrata nel 2° livello del ### nel profilo professionale di sarta, ed è stata assegnata al negozio di sartoria gestito dalla s ito in ### . 
Con lettera del 15 febbraio 2019, ricevuta dalla lavoratrice il 22 febbraio 2019, la società ha mosso alla dipendente una contestazione disciplinare, addebitandole di aver prelevato somme dalla cassa del negozio, per l'importo complessivo di € 6.000,00 (doc.1 fasc.1° grado . ### - 10 - La con scritto del 26 febbraio 2019, ricevuto dalla in data 4 marzo 2019, ha reso le proprie giustificazioni, negando gli addebiti (doc.8 fasc.1° grado lavoratrice). 
La società, preso atto di queste giustificazioni, con lettera del 20 marzo 2019, spedita il successivo 21 marzo 2019 (e ricevuta dalla il 29 marzo 2019), ha comminato alla dipendente il licenziamento per giusta causa (doc.11 fasc.1° grado lavoratrice). 
Il giudice di primo grado, come anticipato in premessa, ha ritenuto illegittimo il licenziamento per violazione del termine di cui allart.42 del ### di settore, essendo stato il licenziamento comminato oltre il termine ivi previsto di 12 giorni dalle giustificazioni rese dal lavoratore, e ha quindi ritenuto superfluo procedere con l'istruttoria per l'accertamento dei fatti addebitati alla lavoratrice, una volta dichiarata l'illegittimità dell'atto espulsivo sotto detto profilo (riguardante, peraltro, un vizio di sostanza e non di forma). 
La co n il primo motivo di gravame, si duole di queste statuizioni e, anzitutto, lamenta che il giudice di primo grado non abbia adeguatamente valutato la condotta della lavoratrice (di appropriazione indebita di somme di denaro), certamente idonea ad integrare la giusta causa di licenziamento (essendo addirittura di rilevanza penale). 
Si duole poi che il giudice non abbia proceduto ad accertare in concreto la sua ricorrenza, ammettendo le prove dedotte in punto. 
Ed ancora, sotto diverso profilo, contesta l'applicabilità al ### - 11 - licenziamento disciplinare dell'art.42 del ### richiamato dal Tribunale, sostenendo che la norma contrattuale riguarderebbe le sanzioni disciplinari diverse dal licenziamento per giusta causa, e che la stessa (prevedendo che in mancanza di irrogazione della sanzione disciplinare entro il termine di 12 giorni dalle giustificazioni rese dal lavoratore, queste si ritengono accolte) introdurrebbe una presunzione superabile con la dimostrazione, a carico del datore di lavoro, che in realtà non vi sarebbe stata alcuna accettazione delle giustificazioni del dipendente. 
Nel caso di specie, sussisterebbero elementi idonei a superare detta presunzione, posto che la con la con testazione disciplinare, era stata sospesa cautelarmente dalla prestazione lavorativa e non aveva più ripreso l'attività lavorativa sino al licenziamento, e, inoltre, aveva pure consegnato le chiavi del negozio ove lavorava, per cui ella non poteva certo fare affidamento su di un mutamento della volontà datoriale di risolvere il rapporto di lavoro, nei pochi giorni che si erano succeduti alla scadenza del termine del ### e fino all'irrogazione del licenziamento. 
Il motivo non può essere condiviso.  ###.42 del ### di settore nel regolare i “provvedimenti disciplinari” dispone, nella sua parte finale, che: “ai sensi dell'art. 7 della L. n. 300/1970, il datore di lavoro non potrà adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa. ### - 12 - ### che per il richiamo verbale, la contestazione dovrà essere effettuata per iscritto ed i provvedimenti disciplinari non potranno essere comminati prima che siano trascorsi 5 giorni, nel corso dei quali il lavoratore potrà presentare le sue giustificazioni. 
Se il provvedimento non verrà comminato entro i 12 giorni successivi a tali giustificazioni, queste si riterranno accolte”. 
Lo stesso art.42, nella parte precedente, elenca invece i provvedimenti disciplinari adottabili dal datore di lavoro e tra questi include anche il licenziamento senza preavviso. 
Tale essendo il contenuto dell'art.42, è indubbio che la previsione finale sopra riportata, sui tempi del procedimento disciplinare, riguarda, come espressamente statuito, tutti i provvedimenti disciplinari considerati dalla norma stessa, ivi compreso il licenziamento per giusta causa che è appunto ivi disciplinato (nel comma immediatamente precedente). 
In sostanza, le disposizioni dell'art.42 del ### sulla procedura disciplinare ed i suoi tempi, sono disposizioni finali e di chiusura, che riguardano, come d'altro canto previsto imperativamente dall'art.7 stat.lav. richiamato, tutti i procedimenti disciplinari a carico del dipendente, sia che portino all'irrogazione di una sanzione conservativa, sia che portino all'irrogazione della massima sanzione espulsiva. 
Non si vede dunque come possa sostenersi che la norma pattizia non trovi applicazione nel caso del licenziamento per giusta che altro non è se non una sanzione disciplinare (quella massima), per - 13 - la cui irrogazione va rispettato il suddetto procedimento e ciò per legge (cfr.art.7 stat.lav. con riferimento alle fasi della contestazione, delle giustificazioni e dell'irrogazione della sanzione), prima che per contrattazione collettiva, come avviene per tutte le sanzioni disciplinari, conservative o espulsive, a garanzia del diritto di difesa del lavoratore. 
Per quanto attiene invece agli effetti derivanti dalla violazione della norma pattizia che agli ordinari termini di cui all'art.7 stat.lav., ne aggiunge uno ulteriore ossia il termine (di 12 giorni dalle giustificazioni rese dal lavoratore) entro cui la sanzione disciplinare deve essere adottata, stabilendo che diversamente le giustificazioni del lavoratore si riterranno accolte, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di occuparsi di clausole della contrattazione collettiva di identico contenuto, ed ha rilevato che il loro mancato rispetto comporta l'inefficacia della sanzione disciplinare comminata, senza possibilità di provare in concreto la sussistenza di elementi idonei a dimostrare il mancato accoglimento delle giustificazioni (in concreto), al di là della tardività dell'irrogazione della sanzione (cfr.da ultimo Cass.21569/2018). 
In primo luogo, come rilevato dalla Suprema Corte, l'indicazione di un termine per il compimento di un'attività giuridicamente rilevante e la previsione di una determinata conseguenza per l'ipotesi di mancato compimento dell'attività entro tale termine, di certo non rientrano tra le cosiddette clausole di stile inserite dai contraenti del ### non per farvi derivare una precisa - 14 - volontà negoziale, ma in ossequio a una prassi meramente linguistica. 
In secondo luogo, con riferimento alla previsione della contrattazione collettiva in esame (art.42 del ###, non appaiono prospettabili, né ipotizzabili, conseguenze diverse da quelle dell'obbligo di procedere all'indicata specifica attività (adozione del provvedimento disciplinare) entro il termine stabilito (si veda anche Cass.n.7295/2008) e della fictio dell'intervenuta accettazione delle giustificazioni nel caso di inottemperanza del suddetto obbligo. 
E' ben possibile, infatti, che la disciplina collettiva arricchisca le garanzie di difesa dell'incolpato sia con la previsione di un termine finale, sia con l'attribuzione di un determinato significato al comportamento del datore di lavoro nei confronti del lavoratore avvalsosi della facoltà e dei mezzi di difesa apprestatigli dall'ordinamento (cfr. Cass. 21 marzo 1994 n. 2663/1994 Cass.n.8773/1992 e Cass.n.12116/1990). 
La norma contrattuale, allora, nel momento in cui ricollega al ritardo la conseguenza dell'accettazione delle giustificazioni, ancorchè inserita in un contesto di norme procedurali, ha rango di norma sostanziale che regola il corretto esercizio del potere di recesso datoriale. 
Ne deriva che a fronte della prefigurazione di un fatto come esistente (“le giustificazioni si riterranno accolte”), le conseguenze giuridiche non possono che essere quelle ricollegabili a quel fatto prefigurato come se fosse stato corrispondente alla realtà. 
Ciascun contraente, infatti, è vincolato agli effetti del - 15 - significato socialmente attribuibile alle proprie dichiarazioni e ai propri comportamenti e così l'aver consapevolmente lasciato decorrere il termine per l'adozione del provvedimento disciplinare non può che essere significativo, sulla scorta della previsione contrattuale, oltre che dei principi di buona fede e correttezza che presidiano il rapporto di lavoro ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., della intervenuta accettazione da parte del datore di lavoro delle giustificazioni fornite dal lavoratore (si veda anche Cass. 6911/2009, che ha accertato la correttezza della pronunzia del giudice di merito in punto di decadenza del datore dal potere di recesso successivamente all'accettazione delle giustificazioni della controparte, per non essere stato il provvedimento sanzionatorio comminato entro il termine successivo a tali giustificazioni, essendo previsto anche dalla disposizione contrattale ivi applicata, che nel caso di mancata irrogazione della sanzione disciplinare entro detto termine, le giustificazioni si sarebbero ritenute accolte). 
In tale situazione, peraltro, il datore di lavoro ha certo la possibilità di dimostrare l'eventuale impossibilità di rispettare il termine contrattualmente previsto, ma, al contrario, se il ritardo nell'irrogazione della sanzione non è determinato da impossibilità di provvedervi in tempo (impossibilità che, ovviamente, il datore di lavoro deve prima allegare e poi provare), il ritardo contravviene un silenzio che vale come accettazione delle difese del lavoratore e si risolve in un venire contra factum proprium, contrario alla clausola di buona fede che presidia il rapporto di lavoro - 16 - (cfr.Cass.cit.21569/2018). 
In definitiva, concludendo in punto, una volta spirato il termine in questione, il datore di lavoro decade dall'esercizio del potere disciplinare e, per l'effetto, la sanzione irrogata tardivamente è inefficace o comunque illegittima. 
In punto la sentenza di non merita censure, con la conseguenza che non essendovi contestazioni sulla tutela applicata dal Tribunale (e derivante dal combinato disposto degli artt.8 e 3, comma 1, del d.lgs.23/2015, avendo la una forza lavoro inferiore alle 15 unità), va confermata l'estinzione del rapporto di lavoro e il diritto della all'indennità risarcitoria liquidata nella sentenza di primo grado e pari a n.4 mensilità dell'ultima retribuzione utile per il ### quantificata in € 714,82, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data del licenziamento al saldo.  :::::::::: A questo punto, resta da affrontare l'eccezione di compensazione “impropria” con l'asserito controcredito che la sostiene di vantare nei confronti della lavoratrice (e pari ad € 6.000,00), eccezione che, come rilevato in premessa, quest'ultima aveva ritualmente avanzato in primo grado e che ha reiterato in questa sede (è evidente che se l'eccezione fosse fondata, il controcredito della estinguerebbe il credito della lavoratrice qui in esame e, come chiarito sopra, da circoscrivere unicamente al risarcimento del danno da licenziamento illegittimo). 
Il Tribunale ha ritenuto di respingere l'eccezione, senza ### - 17 - procedere ad alcuna istruttoria, affermando, in sostanza, che l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento (per la ragione di cui si è detto sopra) impediva l'accertamento del credito da opporre in compensazione, non essendo più rilevante indagare la sussistenza o meno della condotta di appropriazione indebita posta alla base dell'atto espulsivo. 
Questa conclusione non può essere condivisa perché se è vero che l'illegittimità del licenziamento per il vizio di cui si è detto sopra, riguardante il procedimento disciplinare (da considerarsi non mero vizio di forma, bensì di sostanza), rende irrilevante l'accertamento della condotta di rilievo disciplinare contestata alla lavoratrice, sotto il profilo della legittimità o meno del licenziamento (atteso che se anche la giusta causa fosse sussistente, il licenziamento resterebbe comunque illegittimo); è altrettanto vero che non preclude l'accertamento della sussistenza di quest'ultima condotta sotto il profilo di un inadempimento da parte della lavoratrice delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro, con conseguente obbligo di risarcimento del danno in favore del datore di lavoro e relativo credito di quest'ultimo. 
Nella specie, la aveva tempestivamente dedotto nel giudizio di 1° grado sia la condotta di appropriazione indebita posta in essere dalla dipendente, fonte del proprio credito risarcitorio, sia le prove dirette a dimostrarla. 
Questa Corte territoriale pertanto, rivedendo in punto la decisione del giudice di primo grado, ha proceduto con l'istruttoria ### - 18 - orale, ritenendola ammissibile e necessaria per completare gli elementi indiziari ricavabili dalle prove documentali già in atti, prime tra tutte le videoriprese delle telecamere di sorveglianza installate dalla nel negozio cui era addetta la lavoratrice, proprio al fine di verificare condotte illecite dei dipendenti. 
Venendo agli elementi di prova, ritiene il Collegio che nel loro complesso gli stessi offrano dati sufficienti a riscontrare la condotta illecita attribuita alla Per quanto attiene all'utilizzabilità dei video delle telecamere che, come detto, la ad un certo punto, ha installato nel negozio cui era addetta l'appellata, per riprendere la zona della cassa, è pacifico in causa che la loro installazione è avvenuta dopo che la ini ziò a sospettare della regolare tenuta della cassa da parte dei dipendenti (avendo il commercialista accertato un anomalo e inspiegabile calo degli incassi) e il loro utilizzo si è esaurito in pochi giorni (alla data dell'accesso dell, in data 28 marzo 2019, le telecamere non erano in funzione - cfr.4 fasc.1° grado -).  ### e l'utilizzazione istruttoria dei filmati nel caso di specie è dunque consentita, anche in assenza dell'autorizzazione dell, posto che secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass.Sez.L.n. 2722/2012, Cass.Sez.L. n.16622/2012, Cass.Sez.L,n. 4746/2002) le garanzie procedurali in tema di controllo del lavoratore, imposte dall'art.4, comma 2, stat.lav., espressamente richiamato dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 114, per l'installazione di ### - 19 - impianti e apparecchiature di controllo richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, dai quali derivi la possibilità di verifica a distanza dell'attività dei lavoratori, trovano applicazione anche nel caso di controlli c.d. difensivi, diretti ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori, quando, però, tali comportamenti riguardino l'esatto adempimento della prestazione lavorativa, e non invece quando riguardino la tutela di beni estranei al rapporto stesso; ne consegue che esula dal campo di applicazione della norma il caso in cui il datore abbia posto in essere verifiche dirette ad accertare comportamenti del prestatore illeciti e lesivi del patrimonio e dell'immagine aziendale (Cass.n.3122/2015). 
In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che in tema di controllo a distanza dei lavoratori, il divieto previsto dall'art. 4 dello statuto dei lavoratori di installazione di impianti audiovisivi od altre apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, non preclude al datore di lavoro, al fine di dimostrare l'illecito posto in essere da propri dipendenti, di utilizzare le risultanze di registrazioni video per esclusive finalità "difensive" del patrimonio aziendale, con la conseguenza che tali risultanze sono legittimamente utilizzabili nel processo dal datore di lavoro. 
Tra l'altro, nel caso di specie, le telecamere sono state posizionate in modo da riprendere unicamente la zona della cassa del negozio e non anche l'area di lavoro della dipendente (che è situata nel retro del negozio), e ciò riscontra che lo scopo fosse mirato a controllare le operazioni di a difesa del patrimonio aziendale. ### - 20 - Fatto questo chiarimento e partendo proprio dai video prodotti dalla deve rilevarsi che il video allegato al doc.3 fasc.1° grado in effetti riprende la mentre asporta qualcosa dal cassetto della cassa del negozio e, allontanandosi dalla cassa, la ripone rapidamente nella tasca sinistra dell'abbigliamento indossato. 
Precisamente il video ritrae la dietro il banco del negozio, intenta nelle operazioni di pagamento con una cliente: si vede la lavoratrice che apre un cassetto sotto il banco e consegna il resto in moneta ad una cliente; si vede poi la medesima lavoratrice che sistema nel medesimo cassetto la banconota o le banconote che la cliente ha lasciato sul banco, chiude il cassetto e compie l'azione per spostarsi dalla cassa; ci ripensa, torna indietro e immediatamente riapre il cassetto, armeggia all'interno del cassetto, dopodiché toglie dal cassetto qualcosa (evidentemente denaro) che ripone in tasca mentre si allontana dalla cassa, per recarsi nel retro del negozio. 
Da queste riprese si ricava che la cassa era posizionata in un cassetto sotto il banco, visto che la dipendente apre quel cassetto per dare il resto alla cliente e ripone nello stesso cassetto le banconote o la banconota consegnata dalla cliente; si ricava altresì che la dipendente terminata l'operazione di incasso del prezzo dalla cliente e sistemato l'incasso, estrae dal medesimo cassetto qualcosa che ripone rapidamente in tasca. 
Non è dato evincere se quanto estratto dal cassetto dalla dipendente sia del denaro, ma ricorrono elementi per ritenere che lo ### - 21 - fosse. 
In primo luogo, non è emerso in giudizio che il cassetto contenesse beni diversi dal denaro, carte o altro, che la dipendente avesse necessità di prendere e tenere per sé, riponendoli nelle proprie tasche.  ### dipendente escussa come testimone, ha raccontato che la lasciava nel cassetto in questione del denaro per dare il resto ai clienti l'indomani, ma non ha riferito che il cassetto contenesse anche qualcosa d'altro che loro dipendenti avevano necessità di prendere. 
In secondo luogo, è risultato in giudizio che ad un certo punto, nell'estate 2018 (ossia all'epoca dei fatti per cui è causa), il negozio iniziò a registrare un calo di incassi, privo di spiegazioni. 
Il teste , commercialista e consulente della sartoria, ha riferito di questo fatto nei termini che seguono: “… la sartoria aveva ed ha tutt'ora una contabilità semplificata: registrava gli incassi giornalieri. Ricordo che nell'estate del 2018 io mi sono reso conto, a seguito di un controllo ordinario, che la sartoria registrava un calo di incassi. Segnalai questa cosa alla sartoria. 
Preciso che la sartoria ogni giorno annota sul registro degli incassi le somme incassate e a fine mese ci invia la registrazione. Se non ricordo male l'anno successivo la sartoria ha ripreso il suo trend degli incassi. Preciso che il calo era significativo pari in media a circa il 50% rispetto agli altri mesi. Devo dire che il calo era altalenante: in alcuni mesi era più del 50%, in altri mesi meno. Si ### - 22 - trattava di somme significative e non di centesimi. Potrebbe essere che per l'intero periodo il calo si sia aggirato attorno ad € 6.000,00 o anche di più. Cercai di indagare le ragioni del calo con la e non riuscimmo a capirle, perché non era accaduto nulla di importante. Chiesi se ci fosse un calo della clientela o la chiusura della strada, o il fatto che la fosse meno presente in negozio perché stava aprendo un altro punto vendita-laboratorio, e mi rispose negando queste cause, dicendo che non le risultava un calo di clienti, né che fosse meno presente in negozio. …”. 
In terzo luogo, è pure risultato in giudizio che la era avvezza al gioco (abitudine questa che notoriamente richiede disponibilità immediata di denaro): la collega ha raccontato di aver visto la allontanarsi dal negozio per acquistare “gratta e vinci” e il teste , titolare della tabaccheria posta nelle vicinanze del negozio (a circa 10/20 metri), pur non sapendo riferire di chi si trattasse, ha ricordato che qualcuno del negozio si recava nella sua tabaccheria a comprare i “gratta e vinci”, e si trattava di una donna e sempre della stessa; il teste ha anche ricordato che ad un certo punto gli era stato chiesto dalla titolare del negozio di sartoria se detta donna andava spesso e il teste verosimilmente le aveva risposto di sì, pur non ricordando quest'ultimo fatto con precisione, visto il tempo trascorso. 
In quarto luogo, è rimasta priva di riscontro probatorio la prassi prospettata dalla a giustificazione della propria condotta, secondo cui a volte le dipendenti utilizzavano denaro ### - 23 - proprio per dare il resto ai clienti e poi lo riprendevano dalla cassa quando era disponibile: l'unica teste che ha saputo riferire al riguardo è stata la altra dipendente, la quale ha negato una simile prassi, escludendo di aver mai visto la prendere denaro dal proprio portafoglio per dare il resto ai clienti. 
Ed allora, valutando complessivamente tutti questi dati, non può che ritenersi accertato, da un lato, che ciò che la nelle riprese delle telecamere estrae dal cassetto della cassa e ripone nella sua tasca, è denaro; dall'altro lato, che la dipendente ha tenuto più volte questa condotta, avendo il negozio della all'epoca dei fatti e precisamente nella seconda parte dell'anno 2018, registrato un improvviso calo di incassi di ben € 6.000,00, del tutto privo di giustificazioni, non potendo lo stesso attribuirsi ad alcun calo di clientela, non avvenuto, o ad altre ragioni, e avendo il negozio ripreso il trend ordinario degli incassi, una volta interrottosi il rapporto di lavoro della appellata (nel febbraio 2019). 
Stando così le cose, può dirsi raggiunta la prova delle condotte di appropriazione indebita contestate alla con conseguente inadempimento di quest'ultima degli obblighi di correttezza e fedeltà alla base del rapporto di lavoro e con conseguente obbligo della lavoratrice di restituzione a titolo di risarcimento del danno subito dalla datrice di lavoro per effetto del suo inadempimento, delle somme indebitamente sottratte dalla cassa (non essendovi peraltro dubbio che la sottrazione degli incassi dalla cassa sia stata opera della e non di altri - e in particolare ### - 24 - dell'altra dipendente -, sia perché le riprese video ritraggono la e non altri, mentre estrae denaro dal cassetto della cassa del negozio e lo ripone in tasca, sia perché l'andamento degli incassi, come riferito dal commercialista, è ritornato nella norma dopo la cessazione del rapporto di lavoro della avvenuta nel febbraio del 2019, quando l'unica altra collega di quest'ultima era ancora in forza). 
Per quanto attiene alla quantificazione degli ammanchi non vi è ragione per ritenere inattendibile il commercialista dalla quando riferisce che per l'intero periodo in cui si registrò il calo di incassi, questo ammontò a circa € 6.000,00 “o anche di più” (peraltro è evidente che per essere segnalato dal commercialista come preoccupante, il calo non poteva che essere significativo e non di poche centinaia di euro). 
Va quindi accertato un credito della nei confronti della di detto im porto, con la conseguenza che conguagliando lo stesso con il credito della lavoratrice derivante dall'accertata illegittimità del licenziamento, il saldo a favore della lavoratrice risulta negativo (€ 6.000,00 contro € 714,82 x 4, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria). 
Ne deriva che la sentenza di primo grado va riformata laddove condanna la al pagamento in favore della di un importo pari a n.4 mensilità dell'ultima retribuzione utile per il TFR (quantificata in € 714,82), essendosi il credito della lavoratrice estinto per compensazione impropria con il maggior controcredito ### - 25 - della per come accertato in giudizio, con la conseguenza che quest'ultima nulla deve alla appellata per effetto dell'accertata illegittimità del licenziamento.  :::::::::: Circa le spese di lite, la parziale riforma della sentenza di primo grado travolge anche la statuizione in punto, posto che la liquidazione delle spese processuali (del primo e del secondo grado) deve effettuarsi sulla base dell'esito finale della controversia, in sede di decisione di secondo grado. 
E' noto il principio, costantemente affermato dalla Suprema Corte, secondo cui il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite, poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, con la conseguenza che si ha violazione del principio di cui all'art. 91 c.p.c., quando la parte soccombente venga ritenuta soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado. 
Nella specie, alla luce dell'esito finale del presente giudizio, le parti sono risultate parzialmente e reciprocamente soccombenti, ma la soccombenza della è stata prevalente, per cui si ritiene congruo condannare quest'ultima al pagamento di 1/3 delle spese di entrambi i gradi di giudizio, compensando tra le parti i residui 2/3. ### - 26 - Per la loro liquidazione, per l'intero e per ogni grado di giudizio, si rinvia al dispositivo.  p.q.m.  In parziale riforma della sentenza n.201/2020 del Tribunale di ### dichiara interamente compensate le somme dovute a a titolo di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, con il maggior credito di € 6.000,00 vantato da respinge per il resto l'appello; condanna l'appellante al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio nella misura di 1/3, liquidandole, per l'intero e per il primo grado, in complessivi € 2.500,00, e, sempre per l'intero e per il presente grado, in complessivi € 3.000,00, oltre accessori di legge; dichiara compensati tra le parti i residui 2/3; distrae le spese in favore dei procuratori dell'appellata che si sono dichiarati antistatari.  ### 19 maggio 2022 ### (dott.ssa #### (dott.#### 

causa n. 185/2020 R.G. - Giudice/firmatari: N.D.

Corte d'Appello di Brescia, Sentenza n. 551/2022 del 06-05-2022

... REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### civile, composta dai ###: Dott. #### rel. #### ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile n. 1419/2019 R.G. promossa con atto di citazione in riassunzione notificato in data ###e posta in decisione all'udienza collegiale del 19/01/2022 d a , con gli avvocati ### e ### CERATI Attore in riassunzione c o n t r o in persona dell'### in ### Convenuto in riassunzione In punto: giudizio di rinvio dalla Cassazione. CONCLUSIONI Dell'attore in riassunzione Si conclude come da atti ovvero: perché codesta ###ma Corte di Appello di Brescia voglia così provvedere: -“… in conformità al principio di diritto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza (leggi tutto)...

 REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### civile, composta dai ###: Dott. #### rel.   #### ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile n. 1419/2019 R.G. promossa con atto di citazione in riassunzione notificato in data ###e posta in decisione all'udienza collegiale del 19/01/2022 d a , con gli avvocati ### e ### CERATI Attore in riassunzione c o n t r o in persona dell'### in ### Convenuto in riassunzione In punto: giudizio di rinvio dalla Cassazione.  CONCLUSIONI Dell'attore in riassunzione Si conclude come da atti ovvero: perché codesta ###ma Corte di Appello di Brescia voglia così provvedere: -“… in conformità al principio di diritto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 21909/2019 depositata il 30 agosto 2019, così pronunciare: a) accertare e dichiarare il diritto del sig. al servizio dell'ascensore al piano delle unità immobiliari di sua proprietà; b) per l'effetto, accertare e dichiarare la nullità delle impugnate delibere assembleari. 
Il tutto per le causali di cui in atti. 
Sent.  Cron.  Rep.  R. Gen. N. 1419/2019 Camp. Civ.  OGGETTO: Comunione e e di de libera assembleare - spese condom. ### Con tutte le conseguenze di legge. Con vittoria di spese e competenze dei tre gradi di giudizio e con condanna al rimborso dell'importo di € 25.886,46 oltre interessi legali corrisposto dal sig. al condominio sito in ### in persona del legale rappresentante pro tempore in ragione della sentenza 116-15 della Corte di Appello di Brescia”.  -Rigettare ogni avversa eccezione e deduzione. Con tutte le conseguenze di legge. 
Del convenuto in riassunzione Nel merito In riforma della sentenza appellata n. 807/11 del Tribunale di ### dichiararsi la carenza di legittimazione attiva in capo al signor in ordine all'impugnazione della delibera del 15.4.2008 e respingere tutte e singole le domande formulate dal ricorrente . 
In ogni caso Con vittoria di spese e competenze dei tre gradi di giudizio.  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso ex art.1137 c.c., rivolto al Tribunale di ### (n. 5514-09 R.G.), depositato in data 15/05/0.2009, e notificato in data ###,, unitamente a pedissequo decreto di fissazione d'udienza, al , in persona dell'### in carica pro tempo, il signor ha esposto: - di essere proprietario di due unità immobiliari, ad uso abitativo, ubicate all'ultimo piano dell'edificio (composto da quattro piani) sito in ### - che in occasione delle assemblee condominiali riunitesi, in seconda convocazione, rispettivamente in data ### e 13-10-08 i condomini hanno, per quanto qui rileva, deliberato l'installazione di un ascensore nel vano scala condominiale al costo preventivato di complessivi € 42.000,00; - che la messa in opera dell'ascensore era stata decisa per ragioni di comodità e di incremento del valore delle unità immobiliari presenti ed inoltre per eliminazione delle barriere architettoniche; - che l'assemblea del 13/10/2008 aveva approvato il progetto redatto dall'arch.  , in base al quale l'ascensore avrebbe raggiunto tutti i piani del condominio ad esclusione dell'ultimo. ove sono ubicati i due appartamenti di proprietà del ricorrente, sig. i l qua le pe r tale mot ivo a veva e spresso voto contrario; - che i lavori di installazione dell'ascensore erano stati eseguiti in conformità alle indicazione di tale progetto, vale a dire con installazione di un ascensore che non raggiungeva l'ultimo piano. 
Tanto premesso, il ha sostenuto che dette delibere dovevano considerarsi illegittime in quanto con esse veniva negato al ricorrente (unico tra i condomini) il diritto al servizio dell'ascensore al proprio piano ed anche perché in contrasto con il proposito espresso in assemblea di eliminare le barriere architettoniche, dando facile ### accesso a tutti i quattro piani del fabbricato. 
Ha sostenuto che dalla negazione dello specificato diritto al servizio dell'ascensore sarebbe derivata la nullità assoluta delle anzidette delibere, perciò impugnabili senza limiti di tempo. 
Ha aggiunto che dal verbale dell'assemblea riunitasi il ### si poteva evincere che un condomino (sig. aveva messo a disposizione la cantina di sua proprietà al fine di ricavarne l'indispensabile fossa dell'ascensore (e cioè il piccolo vano sottostante l'ascensore stesso). Ha sostenuto che in tal modo sarebbe stata resa di fatto condominiale una parte di proprietà privata senza che vi fosse stato, in virtù di accordo a firma di tutti i condomini un pregresso atto di cessione della proprietà o di costituzione del diritto di servitù, il che - in difetto della necessaria formalità - avrebbe esposto il al rischio di subire danni in caso di ritrattazione della disponibilità - formulata solo verbalmente - dal condomino. Ha affermato che, in assenza dell'unanimità dei consensi le delibere adottate in occasione delle assemblee del 15.4.08 e 13.10.08 aventi ad oggetto il nuovo ascensore sarebbero risultate illegittime, anche sotto tale profilo; tutto ciò premesso, il ricorrente così ha concluso: “In via preliminare: disporsi, per i motivi di cui in narrativa, l'immediata sospensione, ai sensi dell'art. 1137 c.c., della esecutività delle delibere adottate in occasione della assemblea riunitasi in data ### in relazione ai punti nn. 1 e 2 “installa-zione impianto ascensore, esame preventivi, appalto delle opere e rate di anticipo, incarico a tecnico per progettazione e pratiche comunali” e dell'assemblea riunitasi in data ### in relazione al punto n. 6 dell'ordine del giorno “realizzazione impianto ascensore, appalto delle opere, finanziamento delle opere e rate di anticipo, criterio ripartizione spesa” del condominio ubicato in ### in quanto nulle e conseguentemente inefficaci per i motivi di cui in narrativa. 
In via principale di merito: Accertato il diritto del ricorrente al servizio dell'ascensore al piano delle unità immobiliari di sua proprietà, dichiararsi nulle o comunque dichiararsi invalide ed improduttive di qualsiasi effetto per i motivi di cui in narrativa le delibere adottate in occasione della assemblea riunitasi in data ### in relazione ai punti nn. 1 e 2 “installazione impianto ascensore, esame preventivi, appalto delle opere e rate di anticipo, incarico a tecnico per progetta-zione e pratiche comunali e dell'assemblea riunitasi in data ### in relazione al punto n. 6 dell'ordine del giorno “realizzazione impianto ascensore, appalto delle opere, finanziamento delle opere e rate di anticipo, criterio ripartizione spesa” del condominio ubicato in ### in quanto nulle e conseguentemente inefficaci. Spese, diritti ed ### interamente rifusi” *** 
Il , costituendosi in giudizio, ha anzitutto eccepito la decadenza dall'impugnazione delle delibere, prese nel corso delle assemblee tenutesi il ### ed il ###, nel mentre il ricorso introduttivo del giudizio era stato depositato il ###, perciò abbondantemente oltre il termine di 30 giorni previsto dall'art.1137 c.c. Facendo richiamo alla distinzione fatta dalla #### Corte tra delibere assembleari annullabili e delibere nulle, tali essendo solo quelle che incidono sui diritti individuali, sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva dei singoli condomini, ha contestato la fondatezza della tesi di parte ricorrente secondo cui le delibere impugnate, implicando la negazione del diritto al servizio dell'ascensore, dovrebbero farsi rientrare nel novero di quelle affette da nullità. Ha osservato, infatti, che nel caso di specie non era stato leso alcun diritto personale del in quanto quello all'uso dell'ascensore non esisteva in precedenza e comunque in quanto on era stato limitato il normale uso delle cose comuni. In secondo luogo ha affermato che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1102 e 1120 c.c. l'installazione di un ascensore al servizio delle singole unità immobiliari ben può essere decisa ed effettuata da singoli condomini indipendentemente dalla volontà del al fine del miglior godimento della proprietà esclusiva, salvi s'intende i limiti posti dalla necessità di rispettare il decoro architettonico, di salvaguardare la stabilità e la sicurezza del fabbricato e di non impedire agli altri condomini di fare uso delle parti comuni secondo il loro diritto. Ha aggiunto in fatto potersi realizzare, data la struttura dell'impianto, una extra corsa sino all'ultimo piano. Nel merito, l'### con riferimento alle determinazioni di cui all'assemblea del 15/04/2008, ha osservato che il ### con il voto anche del aveva in allora esclusivamente espresso la volontà di valutare l'installazione dell'impianto dell'ascensore senza tuttavia deliberarne la realizzazione, a tal fine demandando ad un tecnico (l'arch. ) la predisposizione di uno studio di fattibilità. Ha aggiunto che durante tale assemblea il signor aveva manifestato la propria disponibilità a concedere l'uso della sua cantina per l'eventuale fossa necessaria per la realizzazione dell'impianto. Ha in ogni caso ribadito nn esser stata assunta in tale occasione alcuna decisione, con la conseguenza che le censure sollevate al riguardo dal ricorrente sarebbero prive di alcuna valenza. Infine, avendo il espresso voto favorevole, egli non sarebbe legittimato a proporre l'impugnativa. Con riferimento alla delibera 13 ottobre 2008, con la quale l'assemblea condominiale aveva deliberato, con la maggioranza di cui all'art.1136, quinto comma, c.c., di realizzare l'ascensore secondo il progetto dell'arch. , che non prevedeva la corso fino all'ultimo piano dell'immobile, il c onvenuto ha osservato che con detta delibera si era previsto che le relative spese sarebbero state poste a carico soltanto di alcuni condomini, con esclusione del ricorrente signor Ha precisato al riguardo che il il quale sino ad allora non aveva mai manifestato alcun interesse a che l'ascensore arrivasse sino all'ultimo piano, aveva chiesto che l'impianto fosse realizzato in modo da servire anche i locali di sua proprietà situati nel sottotetto. In ragione di ciò lo stesso l'arch. ### e l'arch. si sarebbero riservati di valutare la realizzazione dell'extra corsa, così che in particolare il proprio in ragione di tale riserva, avrebbe dichiarato di essere nell'attualità contrario alla realizzazione dell'ascensore. ### ha aggiunto che l'arch. avrebbe in data ### provveduto a trasmettere via e.mail al sign. una copia dell'offerta della ditta http srl, cui il condominio aveva appaltato la realizzazione dell'impianto, aggiornata con la previsione dell'aggiunta extra corsa al 5% piano, come richiesto dal sig. Ha precisato che in tale comunicazione l'arch: a veva f atto pr esente c he olt re a ll'incremento di spesa pe r l'e xtra c orsa sarebbe stato necessario anche intervenire sul tetto condominiale al fine di garantire ### le altezze richieste dalla legge. Ha chiarito che in seguito il sign. sentito dall'arch. , avrebbe, in ragione dei costi aggiuntivi, dichiarato di non essere più interessato alla realizzazione dell'extra corsa sino al piano dei locali di sua proprietà. ### da lui intrapresa sarebbe risultata pretestuosa, avendo egli già chiaramente manifestato il proprio disinteresse. ### ha aggiunto che se il a vesse inteso usufruire dell'ascensore, a ciò avrebbe potuto agevolmente pervenire, soltanto dichiarandolo e partecipando alle spese di esecuzione dell'impianto e di manutenzione. Perciò così ha concluso: <<In via preliminare: dichiararsi la carenza di legittimazione attiva in capo al ### in ordine all'impugnazione della delibera del 15/04/2008. Nel merito: respingersi tutte le singole domande formulate dal ricorrente ### diritti ed onorari del giudizio interamente rifuse.>> *** 
Autorizzato il richiesto deposito di memorie integrative ex art.183, 6° comma, cpc, la causa è stata istruita con l'acquisizione agli atti dei documenti offerti in comunicazione dalle parti e con l'assunzione di prova orale sui capitoli di prova ammessi, relativi alle seguenti circostanze: cap.2 memoria n.2 di parte convenuta: dopo la trasmissione in data ### dall'arch. al sig. di una e.mail con allegato il preventivo inerente i costi per l'installazione dell'ascensore con fermata sino all'ultimo piano del ### di ove sono posizionati i locali di proprietà del < <nel c orso d i una c onferenza tele fonica c on l'a rch. , il sig .  dichia rava di n on e ssere più int eressato a lla re alizzazione de ll'ascensore sino all'ultimo piano in ragione dei maggiori costi>> cap.4 memoria n.2 di parte convenuta: le spese inerenti la realizzazione dell'ascensore sono state sostenute dai condomini e come da prospetto 4/3/09, che mi si rammostra cap. a) memoria di replica n.3 di pare convenuta: il sig. voleva e vuole l'installazione di un ascensore al servizio di tutti i piani del fabbricato condominiale e parimenti intendeva ed intende partecipare ai relativi oneri da suddividersi secondo i millesimi di proprietà.  *** 
Esaurita la fase istruttoria e di trattazione, il Tribunale di ### accogliendo le domande di parte attrice, con sentenza depositata in data ### n.807/2011 ha dichiarato nulle le delibere assembleari del 15 aprile 2008 in relazione ai punti 1 (installazione impianto ascensore, esame preventivi appalto delle opere, finanziamento delle opere e rate di anticipo) e 2 (incarico a tecnico per progettazione e pratiche comunali) e del 13 ottobre 2008 in relazione al punto 6 (realizzazione impianto ascensore, appalto delle opere, finanziamento delle opere e rate di anticipo, criteri di ripartizione delle spese). Ha inoltre disposto la condanna della parte convenuta al rimborso in favore della parte attrice delle spese di lite, che ha liquidato in €.6.237,75, di cui €.2.374,00 per diritti, €.3.000,00 per onorari, €.192,00 per spese imponibili, €.671,75 per spese generali 12,50%, oltre iva e cpa come per legge. ### Il primo giudice ha in particolare ritenuto, con riferimento ai punti 1) e 2) dell'ordine del giorno del 15/04/2008, che in esame fosse l'installazione di un ascensore comune, con ciò escludendosi che l'installazione fosse frutto di un'iniziativa di alcuni condomini soltanto. Ha aggiunto che nella medesima assemblea i condomini avevano deliberato che le spese dello studio di fattibilità della predetta installazione sarebbero state divise fra tutti i condomini per millesimi di proprietà, ivi includendosi quindi anche il ricorrente. Ha rilevato, dal verbale dell'assemblea, che intento dei condomini era quello di abbattere la barriera architettonica rappresentata dalla scala condominiale, e di beneficiare di un incremento di valore dei beni. 
Tanto premesso in punto di fatto, in diritto ha ritenuto dl tutto illegittima la decisione di escludere dall'abbattimento delle barriere architettoniche l'ultimo piano, dove sono ubicate le proprietà del signor e l'esclusione dello stesso dal beneficio economico dell'incremento del valore dell'immobile conseguente all'opera per cui è causa, conseguente alla decisione presa all'assemblea condominiale del 13 ottobre 2008. 
Ha inoltre affermato che detta illegittimità causa la nullità delle delibere impugnate perché esse hanno privato il ricorrente del diritto a godere dell'installazione dell'ascensore, approvata nella delibera del 15 aprile 2008. 
Ha aggiunto che la tesi di parte convenuta secondo cui il ricorrente non sarebbe stato interessato dall'installazione dell'ascensore fino all'ultimo piano veniva smentita dall'esito dell'escussione di testi e dal verbale dell'assemblea del 13 ottobre 2008: “il ### chiede che l'ascensore arrivi a servire anche le sue proprietà mansardate sottotetto”. Il primo giudice ha infatti ritenuto il non interesse collegato al fatto di dover pagare interamente (e cioè da solo, e non secondo quota millesimale: ndr) le spese per il proseguimento dell'ascensore fino all'ultimo piano.  *** 
Avverso la predetta sentenza ha proposto tempestiva impugnazione il , in pe rsona de ll'### in c arica pr o tempor e, rassegnando le seguenti conclusioni: <<in riforma della sentenza appellata dichiararsi la carenza di legittimazione attiva in capo al signor in ordine all'impugnazione della delibera 15.04.08 e respingersi tutte e singole le domande formulate dal ricorrente . C onseguentemente c ondannare il convenuto alla restituzione dell'importo percepito di €.7.784,67, con gli interessi legali dalla data della ricezione al saldo effettivo>>. 
Ha dedotto, col primo motivo di gravame, l'omessa motivazione e l'assenza di spiegazione dei motivi per cui, pur a fronte della sua espressa eccezione, riproposta in sede di appello, di decadenza del termine dell'impugnazione delle delibere, il giudice di prime cure avesse ritenuto queste ultime nulle e non invece annullabili, così superando il fatto dell'evidente superamento, nella proposizione dell'opposizione, del termine utile di cui all'art.1137 c.c. (30 giorni); ha dedotto, inoltre, quale secondo motivo di impugnazione, l'erroneità nel merito della ricostruzione della vicenda. 
Costituendosi, l'appellato così ha concluso: <<in via preliminare: dichiararsi la nullità della procura alle liti conferita al difensore dell'amministratore del ### in calce all'atto di appello e alla comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di primo grado in carenza del deposito della delibera assembleare autorizzativa e conseguentemente dichiararsi il difetto di legittimazione processuale nonché dichiararsi l'inammissibilità dell'atto di costituzione del sito in ### ne l giudi zio di primo grado e l'inam missibilità dell'atto di impugnazione della sentenza n.807/2011 del Tribunale di ### In via principale: respingersi l'appello in quanto infondato in fatto e in diritto e per l'effetto confermarsi la sentenza 807/11 del Tribunale di ### Con vittoria di diritti, onorari, borsuali, rimborso forfettario, anticipazioni, oltre oneri di legge>>.  *** 
Con sentenza n.116/2015 la Corte d'Appello di Brescia, con riferimento all'eccezione di nullità della procura alle liti per difetto di delibera di autorizzazione assembleare, ha dato atto dell'intervenuta produzione da parte del appellante, previa autorizzazione del collegio, del verbale dell'assemblea condominiale riunitasi in data 21 febbraio 2013 con la quale veniva ratificata la costituzione in giudizio dell'amministratore tanto in primo che in secondo grado, ed ha ritenuto tale operazione valida ed efficace. 
Nel merito ha accolto l'impugnazione ritenendo errata la decisione del giudice di prime cure secondo cui avrebbe costituito motivo di nullità delle delibere il fatto che le stesse avevano negato al l'esercizio del diritto a godere dell'installazione dell'ascensore e di giovarsi del beneficio economico derivante dal correlato e conseguente incremento di valore delle unità immobiliari interessate. 
Premessi i caratteri distintivi tra delibere dell'assemblea condominiale nulle ed annullabili - le prime essendo quelle prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), quelle che incidono sui diritti individuali inviolabili, quelle comunque invalide in relazione all'oggetto, le seconde invece essendo quelle affette da vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranze inferiori a quelle prescritte dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, quelle assunte in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle, ancora, affette in genere da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti maggioranze “qualificate” in relazione all'oggetto della delibera da approvare - la Corte d'Appello ha escluso la che le delibere contestate avessero inciso comprimendoli su diritti individuali del ricorrente e che pertanto dovessero esser valutate come nulle. Con ciò essa si è consapevolmente discostata dal giudizio, espresso dal primo giudice secondo cui le delibere impugnate avrebbero arrecato pregiudizio al ricorrente privandolo del diritto a godere ed usufruire dell'ascensore e di giovarsi del beneficio economico derivante dall'incremento di valore dell'immobile. La Corte ha infatti escluso che un pregiudizio ai diritti del potesse esser derivato dall'approvazione di delibere, quali quelle impugnate, dirette solo a valutare, con l'affidamento dell'incarico a un tecnico, la possibilità di installazione dell'impianto dell'ascensore, senza che ne emergesse l'affermata esclusione dal progetto del piano (l'ultimo) sul quale si trovavano le due piccole unità di proprietà del ricorrente. Ancor meno apprezzabile ### avrebbe dovuto ritenersi il pregiudizio correlato all'affermata esclusione dall'incremento di valore economico correlato all'installazione dell'impianto: il beneficio ad esso correlato non poteva non riflettersi anche sulle porzioni immobiliari dell'ultimo piano, servite, fino al penultimo, dall'ascensore di cui il a vrebbe potut o g iovarsi c on una mi nima spesa di manute nzione. Ma soprattutto ad escludere la lesione di un diritto soggettivo del ricorrente stava secondo la Corte la pregressa insussistenza del bene del cui mancato godimento egli si era doluto: <<soprattutto è difficilmente sostenibile che possa essere leso un diritto che al momento della delibera non esisteva essendo evidente che nessun diritto all'utilizzazione dell'ascensore poteva sussistere prima della sua installazione…>> ### parte, <<poiché non è dato vedere (né è stato prospettato) che la deliberazione di installare un ascensore con quelle caratteristiche>> avesse <<in qualche modo coinvolto o limitato l'uso o i servizi delle cose comuni, o inciso sulla proprietà esclusiva del , la Corte ha ritenuto <<che le delibere che tale decisione>> avevano <<assunto, non>> avrebbero <<in nessun modo>> potuto <<ritenersi affette da nullità tale da determinare, oltre la loro opponibilità senza termini, anche la proponibilità dell'opposizione da pare del partecipante all'assemblea che a quella deliberazione aveva concorso senza espresse riserve>>. 
Dunque le delibere impugnate avrebbero semmai potuto essere impugnate per annullamento, ma il termine di 30 giorni a tal fine stabilito dall'art.1137 cc era spirato, con conseguente decadenza da tale azione. 
Così pertanto la Corte ha statuito: <<in riforma della sentenza n.807/2011 del Tribunale di ### respinge le domande tutte di nei confronti del e lo condanna a rifondergli le spese di entrambi i gradi di giudizio che si liquidano per il primo grado in €.5.969,00 di cui 250 per spese; 1.719,00 per diritti; 4.000,00 per onorari oltre rimborso spese generali IVA e CPA come per legge e per il presente in € 6.000,00 oltre accessori di legge. Lo condanna altresì alla restituzione dell'importo percepito di € 7.784,67, oltre interessi come da motivazione>> *** 
Avverso la sentenza della Corte d'Appello di Brescia n. 116/2015 il sig.  ha proposto ricorso in Cassazione per ottenerne l'annullamento sulla scorta di cinque motivi: 1) violazione degli artt. 75, 100, 156, 182, 324, 345 cpc, 46 II e 58 della legge 69/2009, 1129, 1130, 1131, 1135, 1137 cc per la ritenuta successiva ratifica dell'operato dell'amministratore nonostante la eccezione di inammissibilità della costituzione del in primo grado e di inammissibilità della impugnativa di appello per assenza di valida procura alle liti; 2) violazione degli artt. 1136, 1137, 1362 e ss., 2697, 2727 cc, art. 66 disp. att.  c.c.,115 e 116 cpc per la pretesa decadenza dalla impugnazione delle delibere posto che solo in occasione della assemblea del 13.10.2008 il constatava che il progetto escludeva l'ultimo piano; 3) violazione degli artt. 1102, 1117, 1120, 1135 e ss cc, 100, 115, 116 cpc sulla ### ritenuta insussistenza del diritto di godere dell'ascensore; 4) violazione degli art. 2 e 3 della legge n. 13/1989 e successive modifiche, in relazione agli artt. 2, 32, 42 Cost., 889 e ss, 1120 cc in tema di abbattimento di barriere architettoniche; 5) violazione degli artt. 100, 115, 116 cpc, 2697 cc per omesso esame della documentazione indicata”. 
Con sentenza n. 21909/2019, depositata in cancelleria il 30 agosto 2019, la ### della Corte di Cassazione ha accolto il proposto ricorso così statuendo: “La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Brescia, altra sezione anche per le spese.” Il signor ha riassunto la causa, chiedendo accertarsi e dichiararsi il diritto al servizio dell'ascensore al piano delle unità immobiliari di sua proprietà e correlativamente di accertarsi e dichiararsi la nullità delle impugnate delibere assembleari; si è costituito il , chiedendo rigettarsi le pretese avversarie e riproponendo le eccezioni già in precedenza sollevate. 
All'udienza del 19 gennaio 2022 la causa è stata posta in decisione, con termini ex art.190 cpc per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.  MOTIVI DELLA DECISIONE ### dopo aver rigettato come infondata la prima censura, <<avendo la sentenza correttamente statuito che l'assemblea condominiale aveva ratificato il comportamento dell'amministratore con riferimento alla costituzione in giudizio sia in primo che in secondo grado>> (a tal fine essa ha fatto richiamo a propri precedenti: Cass. nn,10865/2016, 7095/2017, 1451/2014, S.U. 18331/2010), ha preso posizione - accogliendole - sulle seguenti due censure: la seconda (violazione degli artt. 1136, 1137, 1362 e ss., 2697, 2727 cc, art. 66 disp. att. c.c.,115 e 116 cpc per la pretesa decadenza dalla impugnazione delle delibere posto che solo in occasione della assemblea del 13.10.2008 il constatava che il progetto escludeva l'ultimo piano) e la terza (violazione degli artt. 1102, 1117, 1120, 1135 e ss cc, 100, 115, 116 cpc sulla ritenuta insussistenza del diritto di godere dell'ascensore). 
Così al riguardo essa si è espressa: “La seconda e terza censura sono fondate.  ### non ignora la distinzione tra delibere nulle ed annullabili ormai affermata da consolidato orientamento (S.U. n. 4806/2005, Cass. 23.3.2016 n. 5814, Cass. 27.5.2016 n. 11034). 
Come affermato dalle ### (Cass. S.U. 7 marzo 2005 n. 4806) sono nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito, con oggetto non ricompreso nelle competenze dell'assemblea, incidenti su diritti individuali o sulla proprietà esclusiva di un condomino mentre sono annullabili quelle affette da vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, adottate con maggioranze inferiori a quelle prescritte, affette da vizi formali in ordine al procedimento di convocazione e/o informazione dell'assemblea, ### affette genericamente da irregolarità nel procedimento di convocazione. 
La sentenza impugnata, ribaltando la decisione di primo grado, ha sancito la decadenza per il mancato rispetto del termine di trenta giorni di cui all'art. 1137 cc (pagina otto), pur avendo precedentemente affermato (pagina sette) che "non è dato vedere come delibere, dirette solo a valutare, con l'affidamento dell' incarico ad un tecnico, la possibilità di installazione dell'impianto dell'ascensore, senza che dalle stesse emerga la affermata esclusione dal progetto del piano ### sul quale si trovavano le due piccole unità di proprietà approvate con la partecipazione dello stesso possano essere produttive del prospettato pregiudizio per il suo diritto...". 
Trattasi di contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, di motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile (Cass. 14324/15, S.U.8053/14) perché da un lato si afferma la carenza di interesse alla impugnativa, dall'altro la decadenza senza alcun riferimento alla lamentata pro-spettata esclusione dell'ultimo piano. 
La sentenza ha, peraltro, disatteso la decisione del primo giudice circa la nullità delle delibere che avevano negato al l'esercizio del proprio diritto a godere dell'installazione dell'ascensore ed ha escluso apoditticamente che un diritto all' utilizzo dell'ascensore possa essere annoverato tra i diritti individuali inviolabili. 
Le delibere incidono sul diritto del singolo (proprietario dell'ultimo piano) rispetto all'utilizzo di un bene comune ### perché gli impediscono un uso pieno e incidono anche sul valore della proprietà esclusiva.  ### di appello non ha considerato neppure i documenti (v. pagina 26 ricorso) da cui emergeva I' interesse alla installazione fino all'ultimo piano. 
Donde la nullità e non mera annullabilità delle delibere, non soggette al termine di decadenza per l'impugnazione. 
Conseguono l'accoglimento del secondo e terzo motivo e l'assorbimento dei restanti.” *** 
Il sostiene che la SC di Cassazione non avrebbe annullato la sentenza affermando un principio di diritto, bensì per vizi di motivazione, rinviando a questa corte d'appello per una complessiva rivalutazione della controversia, con esame quindi anche delle questioni a carattere preliminare da essa sollevate, che in tesi non dovrebbero né potrebbero ritenersi superate dalle vincolanti statuizioni del giudice di legittimità. 
Ritiene invece il collegio che nella pronuncia della ### sia insito, implicito ma inequivocabile, un ben preciso principio di diritto, di segno esattamente contrario rispetto a quanto in precedenza espresso dalla corte d'appello, nella sentenza cassata, laddove si era affermato: <<soprattutto è difficilmente sostenibile che possa essere leso un diritto che al momento della delibera non esisteva essendo evidente che nessun diritto all'utilizzazione dell'ascensore poteva sussistere prima della sua installazione…>>. ### Al contrario la ### afferma nella sua sentenza l'intangibilità, ad opera della delibera assembleare condominiale, non solo delle situazioni giuridiche soggettive in essere ma anche di quelle in fieri, in divenire, garantendo tutela piena ed incondizionata alla posizione del singolo condomino pure con riferimento all'accesso ai benefici derivanti dalle innovazioni, di cui all'art.1120 cc. 
Se, dunque, l'assemblea è titolata, con le maggioranze di legge, ad introdurre le innovazioni opportune - come, nel nostro caso, l'installazione di un ascensore, con conseguente rimozione delle barriere architettoniche ed incremento di valore delle singole unità immobiliari interessate - essa può e deve farlo con rispetto del principio di pari accesso alla fruizione del bene (secondo il disposto in tema di uso della cosa comune di cui all'art.1102 cc); qualsiasi delibera che impedisse o limitasse l'accesso al bene o al servizio preventivato deve per ciò stessa ritenersi discriminatoria e, come tale, lesiva di un diritto soggettivo individuale, e, quindi, non annullabile bensì radicalmente nulla. 
Così permanendo invalida e quindi inefficace anche una volta trascorso il termine per l'impugnazione ex art.1137 cc ed anche in assenza di espressa contestazione da parte del condomino leso, perché soltanto una chiara manifestazione di carattere abdicativo potrebbe ritenersi ostativa all'esercizio dell'azione di nullità. 
Le statuizioni della ### in quanto recanti l'anzidetto principio di diritto, devono ritenersi vincolanti per il giudice del rinvio, tenuto ex art.384, secondo comma, cpc, ad uniformarsi a tale principio. 
Ciò conduce de plano alla conferma della nullità delle delibere impugnate, già ritenuta dal giudice di prime cure, del quale sono altrettanto condivisibili le affermazioni anche in tema di interesse all'impugnazione e di riconducibilità dell'intervento di installazione dell'ascensore non all'iniziativa di alcuni singoli condomini bensì proprio alle delibere assembleari in contestazione. 
Per converso, il dovere di uniformazione di cui all'art.384 cpc preclude di per sé l'esame delle eccezioni a carattere astrattamente preliminare, riproposte dalla difesa del e ciò in quanto la relativa considerazione, in caso di ritenuta loro fondatezza, potrebbe risultare ostativa alla piena attuazione del principio di diritto sancito dalla Cassazione, cui invece è tenuto il giudice del rinvio.  ### quindi, ritenuta, per quanto precede, la nullità delle delibere impugnate, per l'effetto accerta e dichiara il diritto del ricorrente (ed odierno riassumente) al servizio dell'ascensore fino all'ultimo piano, ove sono ubicate le unità immobiliari di sua proprietà, e ciò al pari degli altri condomini, con assoggettamento ai correlati oneri di installazione e di gestione in base a tabella millesimale, così escludendosi che il costo per il proseguimento dell'ascensore fino all'ultimo piano possa essere addossato per intero al Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano, ex DM 55/2014, scaglione di valore indeterminabile, complessità bassa: per il primo grado in complessivi €7.254,00 per compenso professionale tabellare, di cui €.1.620,00 per fase di studio della controversia, €.1.147,00 per fase introduttiva del giudizio, €.1.720,00 per fase istruttoria e/o di trattazione ed €.2.767,00 per fase ### decisionale; per il giudizio d'appello in complessivi €. 6.615,00 per compenso professionale tabellare, di cui €.1.960,00 per fase di studio della controversia, €.1.350,00 per fase introduttiva del giudizio ed €.3.305,00 per fase decisionale; per il giudizio di legittimità in complessivi €. 5.250,00 per compenso professionale tabellare, di cui €.2.225,00 per fase di studio della controversia, €.1.875,00 per fase introduttiva del giudizio ed €.1.150,00 per fase decisionale; per il presente grado di rinvio in complessivi €. 6.615,00 per compenso professionale tabellare, di cui €.1.960,00 per fase di studio della controversia, €.1.350,00 per fase introduttiva del giudizio ed €.3.305,00 per fase decisionale; oltre per tutti i gradi a rimborso forfettario spese generali (15% su compenso totale) ed oltre ad accessori di legge, nonché al rimborso spese di contributo e marca, ove anticipate.  ### è inoltre tenuto a restituire a quanto eventualmente corrisposto in esecuzione della sentenza n.116/2015 della ### d'Appello.  P.Q.M.  ### d'Appello di Brescia - ### definitivamente pronunciando in sede di rinvio: dichiara la nullità delle delibere assembleari del del 15/04/2008 in relazione ai punti 1 e 2 e del 13/10/2008 in relazione al punto 6 e, per l'effetto, accerta e dichiara il diritto del ricorrente (ed odierno riassumente) al servizio dell'ascensore fino all'ultimo piano, ove sono ubicate le unità immobiliari di sua proprietà, e ciò al pari degli altri condomini, con assoggettamento ai correlati oneri di installazione e di gestione in base a tabella millesimale, così escludendosi che il costo per il proseguimento dell'ascensore fino all'ultimo piano possa essere addossato per intero al ### il a rimborsare a le spese di lite per l'intero giudizio, che si liquidano come in parte motiva. 
Dichiara il diritto di alla restituzione da parte del .   di quanto ad esso eventualmente corrisposto in esecuzione della sentenza n.116/2015 della ### d'Appello Così deciso in ### nella camera di consiglio del 27/04/2022 ###### 

causa n. 1419/2019 R.G. - Giudice/firmatari: N.D.

Corte d'Appello di Brescia, Sentenza n. 565/2024 del 30-05-2024

... REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### prima civile, composta da: dott. ### dott.ssa ### dott. ### ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile n. 284/2021 R.G. posta in decisione all'udienza collegiale del 13/12/2023, promossa d a ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### elettivamente domiciliato in ### 71 83037 MONTECALVO IRPINO presso il difensore avv. ### APPELLANTE Sent. Cron. Rep. R. Gen. N. 284/2021 Camp. Civ. OGGETTO: Fideiussione - ### fideiussoria c o n t r o ### (C.F. ###) quale incorporante, dal 19/4/2022 (atto notaio ###, di UBI ### S.P.A. (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### e dell'avv. ### (###) ### 5 25121 BRESCIA; elettivamente domiciliata in ### 5 25121 BRESCIA (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### prima civile, composta da: dott. ### dott.ssa ### dott. ### ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile n. 284/2021 R.G. posta in decisione all'udienza collegiale del 13/12/2023, promossa d a ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### elettivamente domiciliato in ### 71 83037 MONTECALVO IRPINO presso il difensore avv. ### APPELLANTE Sent.  Cron.  Rep.  R. Gen. N. 284/2021 Camp. Civ.  OGGETTO: Fideiussione - ### fideiussoria c o n t r o ### (C.F. ###) quale incorporante, dal 19/4/2022 (atto notaio ###, di UBI ### S.P.A. (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv.  ### e dell'avv. ### (###) ### 5 25121 BRESCIA; elettivamente domiciliata in ### 5 25121 BRESCIA presso il difensore avv. #### spa con il patrocinio dei medesimi difensori dell'incorporata; APPELLATA In punto: appello a sentenza del Tribunale di Brescia n. 38/2021 del 12/01/2021.  CONCLUSIONI Dell'appellante ### alla Corte d'Appello adita, in accoglimento del presente appello e disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, riformare integralmente l'impugnata sentenza n. 38/2021, pubblicata in data ###, resa dal Tribunale di Brescia - ### sezione Civile dott.ssa ### in via preliminare ed ai fini istruttori chiede volersi disporre rinnovazione della CTU grafologica, nonché acquisizione ex art.  345/3 c.p.c. del documento a firma ### di cui al punto 3 della produzione. 
Nel merito: In via principale ed assorbente, in riforma dell'impugnata sentenza, accogliere la proposta opposizione e, stante il disconoscimento operato ai sensi dell'art. 214 primo comma c.p.c., dichiarare che le sottoscrizioni apposte ad apparente nome dell'appellante in calce alle cinque pagine della fideiussione in questione sono apocrife, con conseguente declaratoria di estraneità della sig.ra ### al rapporto per cui è causa e consequenziale declaratoria di inammissibilità e/o nullità nonché revoca del D.I. opposto. 
In subordine e per quanto di ragione: dichiarare maturata la prescrizione estintiva ordinaria decennale ex art. 2946 cc della pretesa creditoria azionata dall'appellata, revocando il D.I. opposto; accogliere l'opposizione proposta e dichiarare la nullità della fideiussione e/o delle clausole in esso contenute in contrasto con la normativa antitrust; per l'effetto ed in ogni caso revocare il D.I. n. 3629/2018, emesso dal Tribunale di Brescia; condannare la società opposta al pagamento dei danni da lite temeraria ai sensi dell'art. 96, terzo comma, c.p.c. con liquidazione equitativa da parte della Corte adita. 
Con vittoria di spese, competenze e onorari del doppio grado di giudizio con ogni legale accessorio, da distrarsi in favore del sottoscritto difensore anticipatario. 
Dell'appellata ### spa La società ### S.p.A., come sopra rappresentata e difesa, precisa le conclusioni come da comparsa di costituzione e risposta che di seguito si riportano: In via preliminare: dichiarare l'inammissibilità del presente appello ai sensi per gli effetti di cui all'art. 342 c.p.c.; in via ulteriormente preliminare: accertare e dichiarare l'inammissibilità ai sensi dell'art. 345 c.p.c. della domanda nuova dedotta in atto di appello e della nuova produzione documentale, per le ragioni meglio esposte in narrativa; in via principale: rigettare il presente appello, in quanto infondato in fatto ed in diritto, per i motivi meglio esposti in narrativa e, per l'effetto, confermare la sentenza n. 38/2021 del 12 gennaio 2021; in via istruttoria: rigettare l'avversaria istanza di rinnovazione della CTU grafologica per tutti i motivi indicati in narrativa.  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO L'11/7/2002 la società ### srl di #### concluse con ### spa, poi incorporata in ### spa, un contratto di leasing avente ad oggetto un veicolo1. Tale contratto era garantito da fideiussione prestata lo stesso 11/7/2002 da ### e ### in solido tra loro e fino alla concorrenza di € 76.814,15. 
Sin dal settembre 2002 la società si rendeva morosa nel pagamento dei canoni. 
Il 21 maggio 2003 fu denunciato il furto del veicolo2. 
Il ### con raccomandata a.r. la società di leasing comunicò alla conduttrice la volontà di risolvere il contratto attesa la morosità nel pagamento dei canoni (doc. 4 fasc. monitorio). 
Con raccomandata del 17/10/2017 (sempre doc. 4) ### spa intimò alla società conduttrice il pagamento di € 70.068,98, richiamando la precedente raccomandata del 2003 e dichiarando nuovamente di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa. 
Non essendo intervenuto il pagamento, il ### la concedente ottenne dal tribunale di Brescia il decreto ingiuntivo n. 3629 per € 1 Mercedes 500 SL del costo di € 84.612,46 oltre IVA 2 Vv. doc. 3 denuncia di furto 21/5/2003 69.833,10, oltre interessi e spese, nei confronti della garante ### Il ### quest'ultima propose opposizione ex art. 645 cpc e, in quella sede: - disconobbe le firme apposte sulla fideiussione, segnalando come il documento stesso fosse privo di data; - eccepì il decorso della prescrizione ordinaria decennale in quanto, dopo la lettera raccomandata del 2003, non vi erano stati ulteriori atti interruttivi della prescrizione; dunque, il termine prescrizionale era spirato il ###; - eccepì la nullità della fideiussione, perché conforme al modello ABI dichiarato lesivo della concorrenza con il provvedimento 55/05 della ### d'### - contestò l'indeterminatezza e indeterminabilità degli interessi di mora pattuiti sulle somme ingiunte; - in subordine, eccepì che la garanzia era stata pattuita entro il limite di € 76.814,15; pertanto ogni eventuale somma ulteriore sarebbe stata comunque da dichiararsi non dovuta.  ***  ### si costituì in data ### e denegò integralmente la ricostruzione dell'opponente. Formulò istanza di verificazione, con richiesta di CTU grafologica per accertare l'autenticità delle firme; affermò inoltre che la ### doveva ritenersi già informata del debito, in quanto era amministratrice della società quando era avvenuto il furto. In secondo luogo, il credito non era caduto in prescrizione perché il termine relativo, ai sensi dell'art.14 del contratto di leasing, sarebbe decorso da quando la ### assicuratrice avesse liquidato l'indennizzo per il furto ovvero tale possibilità sarebbe stata esclusa con sentenza passata in giudicato. 
Il Tribunale di Brescia, in altro procedimento e con sentenza in data ### poi passata in giudicato, aveva respinto la domanda d'indennizzo, rivolta da ### alla società assicurativa del veicolo. ### la convenuta opposta, dunque, solo da questa data poteva decorrere il termine di prescrizione, anche in considerazione dell'effettiva liquidazione della somma.  ### la società di leasing, la fideiussione doveva ritenersi valida in quanto non era una fideiussione omnibus e il citato provvedimento della ### d'### riguardava solo tal sorta di garanzie; inoltre, nel contratto non vi erano richiami all'adesione di Ubi all'intesa vietata, né questa circostanza era altrimenti provata. 
Infine, gli interessi erano esplicitamente determinati nelle condizioni particolari di contratto.  *** 
Il giudice procedette alla verificazione e in data ### fu nominata ### Quest'ultima depositò la relazione tecnica in data ### sostenendo che le firme sulla fideiussione erano autografe, con alcune dissimiglianze con il modello depositato dovute alla cosiddetta “rapidità di mano”. 
La causa fu posta in decisione in data ### con termini per il deposito di conclusionali e repliche.  *** 
Con sentenza n. 38 in data ###, il Tribunale di Brescia in composizione monocratica rigettò integralmente l'opposizione, confermando il decreto ingiuntivo opposto, e condannò ### a pagare le spese di lite. 
In particolare, il giudice di prime cure condivise le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio in punto all'autografia delle firme; in secondo luogo, stabilì che il termine prescrizionale non era spirato, in quanto non era stato mai pagato alcun indennizzo dalla società assicuratrice e, prima della sentenza di rigetto divenuta definitiva in data ###, Ubi non avrebbe potuto quantificare la penale prevista dal contratto. La fideiussione era altresì valida in quanto non era stato allegato alcunché in punto all'adesione di Ubi all'intesa anticoncorrenziale, intesa peraltro occorsa dopo la conclusione del contratto stesso. Gli interessi moratori, infine, erano stati correttamente determinati; pertanto, ad avviso del tribunale l'intera opposizione era infondata e le spese del giudizio dovevano essere poste a carico dell'opponente.  *** 
Con citazione notificata il #### ha proposto appello avanti a questa Corte, insistendo affinché l'esecutività della sentenza di primo grado fosse sospesa, fosse dichiarata la falsità delle sottoscrizioni e la nullità delle fideiussioni, ovvero la prescrizione delle pretese relative, con vittoria di spese.  ### si è costituita in data ### insistendo per l'inammissibilità dell'appello ai sensi degli articoli 342 e 348bis cpc, nonché delle produzioni di nuovi documenti ai sensi dell'art. 345 cpc. In subordine ha insistito per il rigetto dell'appello con vittoria di spese. 
Con ordinanza all'udienza 21/7/2021, tenutasi nelle forme della trattazione scritta, questa Corte ha respinto l'istanza di sospensione ex art. 283 cpc e l'eccezione d'inammissibilità del gravame ex art.  348bis cpc. 
Nelle more del giudizio e in data ###, ### spa si è costituita quale incorporante di ### riportandosi alle istanze dell'incorporata. 
La causa è stata rinviata per precisazione delle conclusioni al 13/12/2023, data in cui è stata posta in decisione con termini per il deposito di conclusionali e repliche.  MOTIVI DELLA DECISIONE ### di inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 342 cpc, con cui ### argomenta sul fatto che l'impugnazione non avrebbe indicato le modifiche che la parte vorrebbe apportate al provvedimento impugnato, è manifestamente infondata. Tali indicazioni sono presenti e lungamente argomentate, anche per quanto riguarda i rilievi alla consulenza tecnica d'ufficio e ai quali il primo giudice non ha aderito condividendo la tesi dell'ausiliario. 
In ossequio al principio della ragione più liquida sarà trattato per primo il secondo motivo d'appello, con il quale la signora ### lamenta l'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui afferma che il credito da fideiussione non era prescritto, in quanto tale termine decorreva dalla data di pubblicazione della sentenza con cui è stata negata la domanda di liquidazione dell'indennizzo assicurativo. ### l'appellata prima di tale data, l'importo della penale ai sensi della clausola 14d del contratto non era calcolabile, poiché dalle somme dovute in forza di tale clausola doveva essere sottratto l'eventuale indennizzo liquidato dall'assicurazione a favore della proprietaria in conseguenza del furto; quindi, finché tale importo non fosse stato certo o certamente non dovuto, la concedente non avrebbe potuto agire in giudizio; dunque, la prescrizione non avrebbe potuto decorrere. 
Argomenta invece l'appellante ### che la prescrizione decorrerebbe dal 4/6/2003, data in cui la società di leasing si è avvalsa della clausola risolutiva espressa ed ha, contestualmente, ingiunto il pagamento. La stessa pronuncia impugnata argomenta infatti, sia pure relativamente a un altro motivo di opposizione3, che la fideiussione sarebbe stata prestata per credito determinato e presente e non futuro: pertanto il garante non potrebbe essere vincolato alla garanzia senza un termine, con esclusione dell'operare dei termini di prescrizione. Dunque, la prescrizione decorrerebbe, con ordinario termine decennale, dalla comunicazione di risoluzione del contratto citata atteso che lo stesso articolo 14 afferma che l'indennizzo era determinato 3 Al fine d'escludere si tratti di fideiussione per obbligazioni future c.d. omnibus forfettariamente in ragione del fatto che: - la somma dovuta era già determinata ed esigibile; - il creditore non poteva giovarsi del disposto dell'art. 1957 cod.  in quanto non avrebbe continuato con diligenza le proprie istanze contro la debitrice, ai sensi del primo comma dell'articolo stesso. 
Il motivo è fondato. 
Il diritto di credito nei confronti della garante è pacificamente soggetto al termine ordinario di prescrizione decennale, che decorre da quando il credito garantito diventa esigibile, stante la natura accessoria della fideiussione. Anche qualora si volesse argomentare per la natura di garanzia autonoma del contratto in esame, il diritto a richiedere al garante la somma in origine pattuita non potrebbe sorgere prima che il credito garantito diventi esigibile. 
Ebbene, nel caso in esame il contratto garantito è stato risolto, per volontà della concedente comunicata con la raccomandata del 4 giugno 2003 (doc. 4) con la conseguenza che da allora è diventata esigibile la prestazione di cui alla clausola penale4. 
La prestazione consiste nel pagamento di corrispettivi scaduti e non pagati, eventuali interessi di mora e spese giudiziali sostenute dalla 4 clausola 17 contratto di leasing.  concedente nonché di una somma a titolo di liquidazione convenzionale del danno, pari al valore dell'opzione di acquisto più attualizzazione, calcolato ai sensi della clausola 14 d. Questa prevede che all'opzione attualizzata debbano essere sommati anche i canoni a scadere ed eventuali premi assicurativi non pagati. La società di leasing infine si impegna, “al momento della liquidazione del danno da parte della compagnia assicuratrice” a trattenere quanto necessario per il saldo relativo all'indennizzo, imputare la somma a quella ottenuta dal calcolo descritto, e rendere le somme ulteriori all'utilizzatrice. 
Quindi l'importo della clausola penale può essere inferiore a quanto inizialmente previsto, qualora la società assicuratrice del veicolo liquidi un indennizzo a favore della concedente, perché la somma liquidata è trattenuta ed imputata a quanto dovuto ai sensi della clausola 14 d. 
Vero è che la funzione di una clausola penale è quella di liquidare anticipatamente il danno da inadempimento, ma è altrettanto vero che la prestazione dedotta in clausola può essere determinata, in tutto o in parte, anche in un momento successivo rispetto a quello dell'inadempimento stesso5. Ne consegue che la prestazione oggetto 5 Sez. 1 - , Ordinanza n. 11548 del 03/05/2023 (Rv. 667801 - 01) di clausola penale ben può non essere liquida al momento dell'inadempimento, senza che questo intacchi la sua funzione o la sua validità. 
Ai sensi dell'art. 2935 cod. civ., la prescrizione inizia a decorrere quando il diritto può essere fatto valere in giudizio: ben è possibile agire in giudizio per ottenere soddisfazione di un credito illiquido, purché esigibile. 
La proposizione di una domanda giudiziale per liquidare esattamente l'ammontare del dovuto, quando questa domanda non riguardi il rapporto a cui accede la clausola penale stessa, non rientra tra i fatti interruttivi o sospensivi del decorso della prescrizione che la legge elenca tassativamente. Se così non fosse, infatti, si arriverebbe all'incongruenza per cui un rapporto tra la concedente in leasing e un soggetto terzo (in questo caso, la società di assicurazione), e quindi il comportamento di questi soggetti, potrebbe determinare la sospensione della prescrizione e di conseguenza una proroga sine die del periodo in cui, astrattamente, la garante potrebbe essere chiamata a garantire la società utilizzatrice. Questo è in diretta contraddizione con il principio di tassatività che regola la materia della prescrizione, per cui nemmeno la volontà dei contraenti potrebbe inserire una clausola che interrompe o sospende il decorso della prescrizione in casi diversi da quelli specificamente previsti (art. 2936 cod. civ.). 
Non convince in contrario l'argomentazione di parte appellata per cui prima del 2017 il rapporto doveva considerarsi ancora in essere: la stessa raccomandata del 2003 riporta la precisa volontà in capo alla concedente di risolvere il contratto di leasing perché non erano ancora state pagate le rate già scadute a partire dal settembre 2002; dunque la società concedente si era avvalsa, validamente, della clausola risolutiva espressa e da allora avrebbe potuto agire in giudizio per ottenere l'adempimento del proprio credito. 
Qualora nelle more di detto giudizio fosse intervenuta una sentenza che riconosceva un indennizzo assicurativo, la società di leasing avrebbe ben potuto rinunciare, per quelle somme, alle sue domande nei confronti dell'utilizzatrice, ovvero restituire quanto pagato in eccesso ove il procedimento si fosse concluso prima di quello relativo all'indennizzo assicurativo; dunque, anche l'argomentazione di parte appellata per cui l'esperimento dell'azione prima della completa liquidazione del credito sarebbe stata contraria a buona fede, deve ritenersi infondata. 
Il diritto ad agire contro la fideiubente si è, pertanto, prescritto in data ### sicché l'appellante nulla deve ad ### spa. 
Gli altri due motivi d'appello, relativi alla nullità della fideiussione per assenza di firma autentica e per violazione della normativa antitrust devono ritenersi assorbiti dall'accoglimento del secondo. 
Deve però esaminarsi il primo motivo d'appello, sia pure incidenter tantum, al solo fine di accertare l'addebito delle spese di CTU in I grado, nella prospettiva dell'individuazione della soccombenza virtuale quanto al procedimento incidentale di verificazione della scrittura privata. Con tale motivo l'appellante censura la decisione del giudice di condividere le osservazioni del ### richiamando le osservazioni già formulate in I grado e depositando una dichiarazione scritta rilasciata il ### dall'ex marito della #### all'epoca detenuto, con cui questi si assume la responsabilità d'avere sottoscritto il documento falsificando il nome dell'appellante e affermando che tale falsificazione sarebbe avvenuta in quanto “autorizzato dalla società di leasing e con il consenso del venditore ###.”. 
Il motivo è infondato. 
Se infatti è vero che il giudice non è vincolato dalle valutazioni del proprio ausiliario, deve comunque rilevarsi che, nei casi di contrasto con le valutazioni dei consulenti di parte, occorre tenere presente una considerazione di carattere generale. È frequente la critica secondo cui le generiche formule di consenso alle conclusioni raggiunte dal CTU si concretano in un rifiuto di motivazione, e che il giudice, invece, dovrebbe darsi carico di una specifica ponderazione critica delle opinioni espresse dal suo ausiliario. 
Tuttavia, deve osservarsi come, se il giudice ha nominato un CTU è perché non è in possesso di nozioni tecniche necessarie a valutare o ad accertare determinati fatti storici, ed allora non è esigibile che egli, poi, si erga a giudice dell'esattezza tecnica dell'operato dell'ausiliario, magari facendo uso del suo generico bagaglio culturale. Se i consulenti di parte contestano la particolare metodologia seguita dal ### il giudice dovrà valutare le metodologie alternative non tanto per formarsi un'opinione tecnica, che non potrà avere in quanto profano, ma per cercare di capire quale sia il metodo scientificamente più accreditato. Ne deriva che l'unico vero esame che il giudice può fare con riferimento alla consulenza tecnica è quello dell'iter logico da questa seguito e della corretta rilevazione dell'oggetto indagato, con una tipica comparazione di premesse e conclusioni rilevando eventuali incongruenze argomentative. Si comprende così il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui, per non incorrere nel vizio di insufficiente motivazione, il giudice che si discosta dal parere espresso dal C.T.U. su punto decisivo della controversia deve motivare il suo dissenso valutando tutti gli elementi concreti sottoposti al suo esame mentre non è tenuto ad una particolare motivazione allorché aderisce alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, purché tenga conto delle censure alla stessa ove le critiche siano precise e circostanziate6. 
Va osservato a tal fine come la CTU abbia risposto (vv. pagg. 56 e ss dell'elaborato) in modo logico e circostanziato alle numerose osservazioni, generiche e specifiche, della consulente di parte attrice opponente, motivando analiticamente sulle ragioni per cui non ha condiviso le critiche, a volte inutilmente aspre, della predetta consulente e fornendo esempi testuali e immagini a corredo delle sue specifiche valutazioni. Attese le considerazioni sovraesposte e non ravvisandosi nel ragionamento della CTU vizi logici che possano mettere in dubbio le sue conclusioni o giustificare la sua rinnovazione, deve confermarsi la valutazione del primo giudice. 
Di nessuna rilevanza può essere poi la documentazione acquisita solo dopo la sentenza di primo grado, da ritenersi tardiva, non potendosi ritenere causa di rimessione in termini l'essersi attivati 6 Sez. 5 - , Ordinanza n. 11917 del 06/05/2021 (Rv. 661257 - 01) per procurarsela solo in vista dell'appello, peraltro proveniente da persona estranea al procedimento e mediante la confessione d'una condotta, al di là della totale genericità del riferimento a una presunta autorizzazione della concedente, ormai depenalizzata (art.  485 cp) e che comunque escluderebbe in capo al suo autore, altresì, la qualifica di testimone (art. 246 cpc). 
Le spese di CTU grafologica, che ha accertato l'infondatezza del disconoscimento operato dall'appellante, andrebbero pertanto addebitate all'appellante medesima ma, secondo costante insegnamento giurisprudenziale, alla parte vittoriosa non possono essere addebitate spese. Le stesse possono però essere compensate7, tenuto conto che le stesse sono suscettibili di regolamento ex art.  91/92 cpc e ciò anche in presenza di una parte integralmente vittoriosa. Trattandosi di spese di consulenza tecnica, la compensazione si concretizza nella ripartizione di tali spese tra le parti. Esse possono pertanto essere poste in capo alle parti metà per ciascuna nei rapporti interni, restando assorbito ogni ulteriore profilo. 
Le altre spese di entrambi i gradi del procedimento, atteso l'accoglimento dell'appello, vanno addebitate a ### spa.  7 Sez. 1 - , Sentenza n. 11068 del 10/06/2020 (Rv. 657898 - 01) Queste si liquidano come segue in conformità ai criteri di cui al DM 55/2014, come modificati dal DM n.147/2022. Va compresa la trattazione in appello, ineludibile in questa fase8. 
Tabelle: 2022 (D.M. n. 147 del 13/08/2022) Competenze: Tribunale Fase Compenso Fase di studio della controversia: € 1.500,00 Fase introduttiva del giudizio: € 1.000,00 Fase istruttoria e/o di trattazione: € 3.000,00 Fase decisionale: € 3.000,00 Compenso tabellare (valori personalizzati) € 8.500,00 Competenze: Corte d'Appello Fase Compenso Fase di studio della controversia: € 2.000,00 Fase introduttiva del giudizio: € 1.500,00 Fase istruttoria e/o di trattazione: € 2.200,00 Fase decisionale: € 3.000,00 Compenso tabellare (valori personalizzati) € 8.700,00 8 Cass. sentenza n. ### del 31 ottobre 2023 Oltre spese generali del grado al 15% e accessori come per legge. 
Del tutto immotivata, come già in I grado, è la richiesta di condanna per lite temeraria ex art. 96 cpc, ribadita dall'appellante in questa sede.  P.Q.M.  La Corte d'Appello di Brescia - ### definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ### avverso la sentenza del Tribunale di Brescia n. 38 del 12/1/2021, nel contraddittorio con ### spa, quale incorporante ### spa, così provvede: 1) Accoglie l'appello proposto da ### e, per l'effetto, dichiara prescritto il credito di ### spa nei confronti di ### nella sua qualità di fideiubente e revoca pertanto il decreto ingiuntivo opposto; 2) condanna ### spa alla rifusione in favore di ### delle spese dei due gradi di giudizio che si liquidano in € 8.500,00 per compensi del primo grado e € 8.700,00 per compensi del grado d'appello, il tutto oltre spese generali al 15% e accessori come per legge, spese da distrarsi in favore del procuratore dell'appellante ex art. 93 cpc; 3) ritenuta la soccombenza virtuale dell'appellante ### quanto al procedimento incidentale di verificazione della scrittura privata, pone le spese di consulenza tecnica d'ufficio in primo grado a carico delle parti per metà ciascuno nei rapporti interni e in solido tra loro verso il ### Così deciso in ### nella camera di consiglio del 2 maggio 2024 ### dott. ### dott. ### 

causa n. 284/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Benatti Marco, Magnoli Giuseppe Mario, Annacondia Fabrizio

Corte d'Appello di Brescia, Sentenza n. 536/2024 del 22-05-2024

... N. 1034/2021 R.G. REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### seconda civile, composta da: dott.ssa ### dott.ssa ### dott. ### ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile n. 1034/2021 R.G. posta in decisione all'udienza collegiale del 07/02/2024, promossa DA ### (C.F. ###), #### (C.F. ###), rappresentati e difesi dall'avv. ### del foro di ### in forza di procure allegate alla comparsa di nuovo difensore del 29.01.2024 e ### (C.F. ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### del ### Altre ipotesi di responsabilità extracontrattuale non ricomprese nelle altre materie foro di ### come da mandato rilasciato in calce alla citazione di primo grado; APPELLANTE CONTRO ### (C.F. ###), rappresentata e difesa (leggi tutto)...

N. 1034/2021 R.G. 
REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### seconda civile, composta da: dott.ssa ### dott.ssa ### dott. ### ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile n. 1034/2021 R.G. posta in decisione all'udienza collegiale del 07/02/2024, promossa DA ### (C.F. ###), #### (C.F. ###), rappresentati e difesi dall'avv. ### del foro di ### in forza di procure allegate alla comparsa di nuovo difensore del 29.01.2024 e ### (C.F.  ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### del ### Altre ipotesi di responsabilità extracontrattuale non ricomprese nelle altre materie foro di ### come da mandato rilasciato in calce alla citazione di primo grado; APPELLANTE CONTRO ### (C.F. ###), rappresentata e difesa dall'avv. ### del foro di bari in forza di delega rilasciata in calce alla comparsa di primo grado; APPELLATA NONCHÉ' CONTRO ### S.R.L. (C.F. ###), con sede in ### rappresentata e difesa dall'avv. ### del foro di ### ed elettivamente domiciliat ###come da procura rilasciata in primo grado; APPELLATA In punto: Appello alla sentenza N. 1616/2021 emessa dal Tribunale di ### pubblicata in data ###.  CONCLUSIONI Per parte appellante: In via principale e nel merito: accogliere, per i motivi tutti dedotti in narrativa al presente proposto appello e con richiamo a tutte le difese svolte in primo grado di giudizio e, per l'effetto, in riforma della Sentenza n° 1616/21, R.G. 2834/16 emessa dal Tribunale di ### del 06.09.2021 Giudice Dott.ssa ### e depositata in pari data ed accogliere tutte le conclusioni avanzate in prime cure che qui si riportano: “Voglia l'###mo Tribunale adito, contrariis reiectis, così giudicare In via principale e nel merito: previo accertamento dell'attività edile posta in atto dalla convenuta principale, ### nella sua qualità di committente e responsabile, nel proprio immobile sito in #### via ### 3 scala C) primo piano e sovrastante quello di ### odierna attrice, per come narrato in premessa all'atto di citazione, e previo accertamento delle conseguenti immissioni protratte nel tempo oltre i limiti della normale tollerabilità, come narrato in premessa all'atto introduttivo il giudizio, condannare al risarcimento del conseguente danno morale e/o patrimoniale subito da ### e ### di ####, la ###ra ### di ####, della somma che si quantificherà in corso di causa e/o di quella ritenuta equa e di giustizia da parte di codesto ###mo Tribunale adito e, comunque, non inferiore all'importo di ### 46.000,00, così come da utili indicazioni fornite con sentenza del Tribunale di Milano, sicuramente conosciuta ed oltre modo indicata in atti, il quale ha emesso decisione in paritaria situazione posta al vaglio di quest'ultimo. 
Previo accertamento del tempo necessariamente impiegato dall'attore ### al fine di sottrarre i #### e ### dalle protratte nel tempo insopportabili e dannose immissioni sonore oltre il normale limite della sopportabilità e tollerabilità, come in narrativa, tempo sottratto alla propria attività e durante le normali ore di lavoro, condannare conseguentemente la convenuta ### di ####, al pagamento nei confronti dell'attore ### della somma che si quantificherà in corso di causa e/o di quella ritenuta equa e di giustizia da codesto ###mo Tribunale adito. 
In via istruttoria: con ogni più ampia riserva di produrre, dedurre ed instare, ai sensi e per gli effetti dell'art. 210 c.p.c. si chiede sin d'ora che codesto ###mo Tribunale, voglia ordinare a ### s.r.l. di ####, odierna terza chiamata, di fornire agli atti del giudizio i nominativi e relativi dati di residenza degli operai che hanno prestato attività lavorativa nell'immobile della convenuta principale e nel periodo in oggetto, al fine di poterli chiamare a testi, sulle circostanze dedotte in premessa al presente atto e precedute dalla locuzione “vero che”. 
In ogni caso: ### ed onorari di causa interamente rifusi, conseguentemente disattendere tutte le eccezioni e le istanze sollevate dagli appellati dinanzi il Tribunale per tutti i motivi meglio esposti nel presente atto. 
In ogni caso: con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre Iva e c.p.a. come per legge relativi di entrambi i gradi di giudizio. 
Per parte appellata ### Voglia la Corte d'Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione e previe le opportune declaratorie, previo rigetto di ogni eccezione, domanda e/o istanza avversaria così giudicare: In via preliminare e in rito: accertare e dichiarare la inammissibilità dell'appello per violazione dell'art. dell'art. 342 c.p.c. per difetto del profilo censorio e di causalità; In via principale: rigettare in quanto inammissibili e infondati tutti i motivi di appello proposti da #### e DE ### confermando la sentenza n. 1616/21, R.G. 2834/16, emessa dal Tribunale di ### in data ### - Giudice dott.ssa ### - depositata in data ###, oggi oggetto di gravame e tutte le statuizioni in essa contenute per lite temeraria in quella misura che sarà ritenuta equa di giustizia; In ogni caso: con vittoria dei compensi professionali del presente grado di giudizio, l'I.V.A., il C.P.A., il 15% per spese generali, come per legge, e il costo del contributo unificato versato per la chiamata in causa del terzo in primo grado. 
In via gradata: nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento dell'interposto appello, anche parziale, voglia la Corte d'Appello adita dichiarare la società ### s.r.l. (C.F. e P.IVA ###, ###419126) in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede ###/B, tenuta a manlevare integralmente parte appellata da qualsiasi forma di risarcimento dovuta in favore degli appellanti, oltre che a titolo di rifusione dei compensi professionali; In ogni caso: con vittoria dei compensi professionali del presente grado di giudizio, l'I.V.A., il C.P.A., il 15% per spese generali, come per legge, e il costo del contributo unificato versato per la chiamata in causa del terzo in primo grado. 
Per la appellata ### In via preliminare: accertare e dichiarare che l'appello proposto risulta inammissibile in ragione di quanto previsto ex art. 342, nn. 2 e 3 c.p.c., per essere l'interposto gravame del tutto privo di idonee motivazioni attraverso le quali possa cogliersi quale sia il senso della critica mossa dagli attori al provvedimento gravato onde confutarne in modo analitico e debitamente argomentato le ragioni, le quali, di contro, sono state invece con puntualità addotte dalla Giudice prime cure a sostegno della sentenza resa; in ogni caso, dichiarare lo stesso meritevole di rigetto, perché destituito di fondamento in fatto ed in diritto per le ragioni esposte con propria comparsa da questa parte processuale; In via principale e di merito: rigettare, in quanto inammissibili e infondati, per le argomentazioni spiegate dalla presente parte processuale con propria comparsa costitutiva, tutti i motivi di impugnazione proposti dagli appellanti e, per tale ragione, confermare integralmente la sentenza n. 1616/21, rep. 3265/21, emessa nell'ambito del procedimento n. 2834/16, R.G. Tribunale di ### con cui gli allora attori venivano condannati, in via solidale, alla rifusione delle spese di lite in favore della terza chiamata ### s.r.l.; altresì, accertare, dichiarare e di conseguenza condannare le odierne parti appellanti ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 96 c.p.c., essendo lo spiegato gravame frutto di contegno processuale scientemente informato, con colpa grave o comunque con malafede, ad agire in appello noncuranti delle emergenze istruttorie del primo grado di giudizio, disattendendo così, volutamente ed a soli fini dilatori, il chiaro percorso logico argomentativo sotteso al provvedimento emesso dalla giudicante prime cure sulla scorta di approfondito vaglio in sede di giudizio, talché, la sentenza risulta immotivatamente gravata in evidente assenza di fondate ragioni, in fatto e in diritto, atte a sostenere con argomentazioni giuridicamente rilevanti l'interposto appello. 
In ogni caso: con vittoria dei compensi professionali del presente grado di giudizio, I.V.A., C.P.A. e 15% per spese generali come per legge.  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione notificata in data ###, #### e ### convenivano in giudizio ### esponendo che: - che ### è proprietaria di un immobile nell'edificio condominiale di ### via ### 3 sito al piano rialzato, ubicato esattamente sotto l'unità acquistata da ### nel mese di ottobre 2015; - che la convenuta aveva da subito dato corso ad interventi di manutenzione, materialmente iniziati in data ###, e dal primo giorno detti lavori si erano rivelati di importanza e di tale entità da creare forti disagi ed immissioni di rumore insopportabili; - che i lavori avevano inizio alle ore 7 del mattino e per oltre due mesi e mezzo gli operai avevano usato martelli pneumatici; - che sin dal 20 novembre 2015 l'avv. ### aveva rappresentato l'insostenibilità della situazione, ma la società appaltatrice non aveva replicato, sicché l'avvocato era stato costretto a portare gli anziani genitori presso il suo studio professionale per qualche ora al giorno al fine di sottrarli alle moleste immissioni sonore; - che, proprio in ragione della condotta ascrivibile alla convenuta, ### e ### avevano subito una lesione alla salute mentre l'avvocato si era trovato costretto a limitare il proprio lavoro proprio per la necessità di portare i genitori nel proprio studio professionale per sottrarli ai devastanti rumori dati dall'uso dei pneumatici, da cui la richiesta di danno in importo non inferiore ad € 46.000. 
La convenuta ### resisteva ed allegava: - che in data ### aveva acquistato un immobile sito in ### alla via ### n. 3 ubicato al primo piano, sovrastante a quello di proprietà degli attori in cui dimorava il figlio ### - che, avendo deciso di dar corso a lavori di ristrutturazione, aveva incaricato un architetto per la progettazione e la direzione dei lavori, nonché ### s.r.l.  con sede in ### per l'esecuzione delle opere, la quale si era impegnata a tenerla indenne da qualsiasi forma di responsabilità verso terzi; - che i lavori erano iniziati in forza di ### n. 12064 del 18.11.2015 e durati qualche mese; - che nessuna anomalia si era verificata nel cantiere e, in ogni caso, alla deducente non poteva essere mossa alcuna accusa in ordine alle modalità esecutive dell'intervento edile; - che era incomprensibile l'atteggiamento degli attori che sin dall'inizio dei lavori avevano assunto atteggiamenti di astio e, in occasione di plurimi sopralluoghi, non erano stati riscontrati i danni lamentati da parte attrice, nonostante le plurime segnalazioni di controparte all'ufficio ### di ### ai ### del ### alla ### di ### ai ### tuttavia, nessuna autorità aveva mai interrotto l'esecuzione delle opere. 
Chiedeva la chiamata in giudizio di ### s.r.l. per essere da questa manlevata in ipotesi di condanna.  ### s.r.l. si costituiva e resisteva; premesso di essere in possesso di ogni titolo abilitativo, di aver apposto in loco il cartello attestante l'inizio dei lavori di manutenzione straordinaria ed indicante il nominativo del progettista e del direttore dei lavori arch. ### allegava che già due giorni dopo l'inizio dei lavori l'avv. ### aveva lamentato l'esistenza di danni all'unità dei propri genitori; che il sopralluogo in realtà non aveva evidenziato alcuna anomalia, tanto che nessun accertamento tecnico preventivo era stato intrapreso; che nessuna prova era stata data in ordine ai patiti danni morali per immissioni rumorose, attesa l'assenza di qualsivoglia certificazione medica. 
Istruita la lite con numerosi testi, il Tribunale adito, disattesa un'eccezione preliminare sulla validità del mandato rilasciato all'avv. ### da ### s.r.l. per essere il coniuge di ### rigettava le domande di parte attrice, con condanna alle spese di lite, argomentando che dalle deposizioni dei testi non era emersa l'intollerabilità delle immissioni rumorose dall'appartamento di ### pur dando atto dell'esistenza degli ordinari rumori connessi con un'attività di manutenzione straordinaria.  #### e ### proponevano appello a cui resistevano ### e ### s.r.l. 
La causa era rinviata all'udienza del 7.02.2024 per la precisazione delle conclusioni e quindi rimessa in decisione, previa assegnazione dei termini ex art.  190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusivi.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo parte appellante censura la sentenza nella parte in cui il primo giudice non ha accolto l'eccezione di conflitto di interessi sollevata in primo grado in quanto l'avv. ### procuratore della terza chiamata ### s.r.l., è marito e convivente di ### portatrice di interessi confliggenti con quelli della società patrocinata. Allega che il difensore dell'originaria convenuta e quello della terza chiamata condividono lo studio in ### via ### n. 86 e tanto avrebbe dovuto indurre il giudicante a dichiarare nulla ed inesistente la difesa posta in essere dall'avv.  ### e trasmettere gli atti ai competenti ### Con il secondo motivo parte appellante censura la sentenza nella parte in cui è stata disattesa la loro domanda risarcitoria per malgoverno delle istanze istruttorie. Allega che i vari testi avevano dato conto delle immissioni di rumore determinate dai lavori che si erano protratti sino al mese di marzo 2016 e il giudice non aveva dato il giusto valore ai files sonori, la cui valenza non era mai stata disconosciuta. 
Il primo motivo è infondato. 
Pur volendo attribuire alla nozione di conflitto di interessi ampio significato ai sensi del vigente art. 24 del codice deontologico, il conflitto di interessi postula necessariamente che l'avvocato si ponga in contrapposizione processuale con il proprio assistito, in assenza di consenso da parte di quest'ultimo, poiché il conflitto si evidenzia in tutti quei casi in cui, per qualsiasi ragione, ci si ponga processualmente in antitesi con il patrocinato (cfr. Cass. sezioni unite 12.03.2021 n. 7030). 
Nel caso concreto, l'avv. ### non ha alcuna posizione processuale di contrasto con la società rappresentata in giudizio, né, a parere di questa Corte, esiste conflitto di interessi con la posizione della convenuta principale ### sua coniuge e convivente. Infatti, l'originaria convenuta nella sua comparsa si è limitata a rappresentare l'infondatezza della domanda attorea e, in ipotesi di accoglimento delle pretese avversarie, ha chiesto di essere manlevata dalla società a cui aveva affidato le opere in virtù di espressa previsione contrattuale e per il fatto che, normalmente, fatta salva l'ipotesi del nudus minister o di culpa in eligendo, il committente non risponde per i danni cagionati ai terzi in quanto l'appaltatore è soggetto che gode di propria autonomia gestionale. 
La società ### s.r.l. a sua volta ha contestato il merito della pretesa attorea, allineandosi in tal modo alla difesa della sua chiamante, ma non ha confutato le ragioni della sua chiamata in giudizio o la propria responsabilità in ipotesi di condanna della committente. Non esiste pertanto alcun contrasto di interessi - anzi a bene vedere esiste una piena convergenza di interessi tra chiamante e chiamata - e dunque neppure deve sorprendere che la convenuta e la società appaltatrice siano stati difesi da due professionisti dello stesso studio professionale. 
Il secondo motivo di appello è manifestamente infondato.  ### che ### dopo aver acquistato l'immobile in ### in data ###, abbia in seguito perfezionato un contratto di appalto con ### s.r.l. per eseguire lavori di ristrutturazione straordinaria nel bene appena acquistato, opere durate all'incirca sino al marzo 2016 con comunicazione di fine lavori al 19.07.2016. 
Come correttamente argomentato dal primo giudice, è pacifico e notorio che lavori di manutenzione straordinaria in un edificio condominiale determinino immissioni rumorose negli altri appartamenti, in particolare ai corrispondenti piani inferiore e superiore, ma occorre verificare se, nel caso concreto, si siano verificate immissioni, per durata ed intensità, tali da eccedere la normale tollerabilità parametrata sulla reattività dell'uomo medio e al quesito deve essere data risposta negativa.  ### teste di parte attrice e progettista e direttore dei lavori nominato dall'originaria convenuta, riferiva che i lavori di manutenzione straordinaria erano consistiti nell'abbattimento di una limitata porzione di tavolati interni, nell'integrale rifacimento dei bagni di circa 5 mq., incluso il pavimento, mentre nel resto dell'appartamento la ceramica era stata sovrapposta a quella esistente; aggiungeva che da subito l'avv. ### si era lamentato dei rumori e dell'esistenza di danni materiali, che non erano giunte lamentele di altri condomini e che mai gli era stato consentito parlare con ### e con #### di condomino ### riferiva che erano giunte segnalazioni da parte dell'avvocato e di altri condomini per il rumore eccessivo e di aver quindi incaricato il geom. Monti di fare verifiche, il quale tuttavia non aveva mai fornito gli elementi sufficienti per far inserire la questione nell'ordine del giorno e che anzi il geom. Monti gli aveva comunicato che si trattava di una normale ristrutturazione dell'appartamento condotta in modo corretto, senza la presenza di fessurazioni negli altri fondi e che, con tutta probabilità, non erano state impiegate attrezzature speciali, ad es. compressore, altrimenti il geom. 
Monti avrebbe riferito della circostanza. 
Il teste ### agente della ### locale di ### riferiva di una chiamata da parte di ### per la verifica del rispetto degli orari di lavoro e che, giunto sul posto, gli operai stavano ultimando i lavori di pavimentazione; analogamente il teste ### altro agente, riferiva che nel momento del sopralluogo non vi erano rumori di disturbo. 
La teste ### impiegata dello studio dell'avvocato ### riferiva che nel corso di esecuzione dei lavori i genitori dell'avvocato erano soliti venire in studio in quanto nella loro casa c'erano rumori insopportabili; il teste ### confermava di aver spedito delle email e su incarico dell'avvocato e si era seduto nel parco, di fronte al condominio, al freddo, per ascoltare i rumori, ma di aver udito dei normalissimi rumori di cantiere riferendo la circostanza all'avvocato. 
Il teste ### tecnico comunale, narrava che l'avvocato aveva segnalato strani scricchiolii nel suo appartamento cagionati dai lavori, ma aggiungeva che in occasione dei sopralluoghi erano stati riscontrati rumori assolutamente in linea con quelli di un cantiere, ossia il normale suono di un trapano quando fora le superfici. 
Il teste ### condominio, negava di aver sentito rumori in quanto il suo appartamento, sebbene al primo piano, è ubicato su altro lato; la condomina ### confermava l'esistenza dei rumori e delle registrazioni che erano state effettuate; il teste ### procedeva alla puntuale descrizione dei lavori (ossia la demolizione di due o tre tavolati) e che le attività rumorose di solito erano concentrate nella mattinata, mentre dopo i materiali venivano asportati; a domanda, specificava che le lamentele erano giunte subito, prima ancora di prendere in mano il martello. 
Alla luce di questo quadro probatorio, si evince con estrema chiarezza che i lavori eseguiti nell'appartamento di ### sono stati di entità contenuta, eseguiti con i tradizionali strumenti di lavoro, senza uso di martello pneumatico, e durati di fatto pochi mesi. 
I testi effettivamente in posizione di sicura imparzialità nulla di utile hanno segnalato, se non la presenza di normali rumori derivanti da un'attività di cantiere, e pure il teste ### nonostante l'incarico ricevuto dall'attore che di fatto teneva le fila di questa doglianza, appositamente appostato nel parco antistante ha espressamente dichiarato di “normalissimi” rumori di cantiere, normalità che si evince anche dall'ascolto degli audio allegati al fascicolo. 
Nessun danno materiale è stato arrecato all'appartamento attoreo da cui si possa desumere anche induttivamente l'intensità dei rumori - ed anzi danni materiali sono stati espressamente esclusi - non esiste alcun accertamento strumentale sulle immissioni e non è stata allegata alcuna certificazione medica, sicché, a fronte di un siffatto vuoto probatorio, il rigetto della domanda risarcitoria era imposto. 
Infatti, il danno non patrimoniale subito in conseguenza di immissioni di rumore superiori alla normale tollerabilità non può ritenersi sussistente in re ipsa, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno risarcibile con la lesione del diritto (nella specie, quello al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane) ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, per il quale non vi è copertura normativa. Ne consegue che il danneggiato che ne chieda il risarcimento è tenuto a provare di avere subito un effettivo pregiudizio in termini di disagi sofferti in dipendenza della difficile vivibilità della casa, potendosi a tal fine avvalere anche di presunzioni gravi, precise e concordanti sulla base però di elementi indiziari diversi dal fatto in sé dell'esistenza di immissioni di rumore superiori alla normale tollerabilità (cfr. Cass. 18.07.2019 n. 19434). 
Ne consegue che la parte lesa deve in primo luogo dimostrare il fatto illecito altrui, ossia le immissioni eccedenti i limiti della normale tollerabilità per una persona di media sensibilità (e nel caso concreto l'eccessiva sensibilità al rumore può ragionevolmente essere dipesa dall'età di ### e di ### nati rispettivamente nel 1926 e nel 1928) e poi che da detto fatto è derivato un danno alla salute e/o al normale svolgimento della vita familiare ed anche questi eventi, da cui poter ricavare in via presuntiva il danno, sono rimasti sforniti di dimostrazione. 
In conclusione, il gravame va disatteso e gli appellanti in solido vanno condannati alla rifusione delle spese del grado che si liquidano come in dispositivo. 
Ricorrono altresì i presupposti per l'applicazione della condanna ex art. 96 comma 3 c.p.c. 
Infatti, da un lato i motivi di gravame sono articolati in modo piuttosto generico e non si confrontano adeguatamente con l'articolata motivazione del Tribunale e pertanto, è ravvisabile l'ipotesi dell'abuso del processo tutte le volte in cui la parte impugnante insista colpevolmente in tesi giuridiche già reputate infondate dal primo giudice e la cui inconsistenza giuridica appaia ictu oculi rilevabile con un minimo di diligenza. Pertanto, se da un lato correttamente il Tribunale ha escluso l'applicazione dell'art. 96 c.p.c. nel primo grado in quanto la prospettiva attorea si era rivelata infondata in ragione del materiale probatorio raccolto, ma non era temeraria in sé, nel grado di appello la grande quantità di elementi probatori di segno contrario alla tesi risarcitoria ricavabile dalle deposizioni testimoniali avrebbe dovuto indurre la parte ad evitare di proporre un appello palesemente infondato. 
Ricorrono i presupposti per l'applicazione dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002.  P.Q.M.  La Corte d'Appello di ### seconda sezione civile, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ### da ### e da ### avverso la sentenza n. 1616/2021 emessa dal Tribunale di ### in data ###, così provvede: - Rigetta l'appello - condanna gli appellanti in solido a rifondere alle parti appellate le spese del presente grado che liquida, per ciascuna parte costituita, in complessivi € 6.946 per compenso (di cui € 2.058 per la fase di studio della controversia, € 1.148 per la fase introduttiva del giudizio ed € 3.470 per la fase decisionale), oltre rimborso forfetario al 15%, I.V.A. e C.P.A., come per legge; - condanna gli appellanti in solido a rifondere alle parti appellate il danno ex art.  96 comma 3 c.p.c. liquidato per ciascuna parte appellata costituita in € 2.000; - dà atto che ricorrono i presupposti per l'applicazione dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 115/2002. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio del 21 maggio 2024 ### dott. ### dott.ssa ### 

causa n. 1034/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Aliprandi Vittorio Carlo, Pallini Alda, Cantu' Manuela Maria Rosa

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