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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PAVIA SEZIONE TERZA CIVILE in composizione monocratica, nella persona del Dott. ### sulle conclusioni prese all'udienza del 26.2.2018, ha pronunciato la seguente ### nella causa civile iscritta al n. di R.G. 6618/2014, promossa da: ### (C.F.: ###), elettivamente domiciliata in #### 86, presso lo studio dell'Avv. ### che la rappresenta e difende in forza di procura in atti, - attrice - contro D.F. MED. ###. ####. S.N.C. (C.F.: ###), in persona del legale rappresentante pro tempore, ### (C.F.: ###) e ### (C.F.: ###), elettivamente domiciliati in #### 1, presso lo studio degli Avv.ti ### e ### che li rappresentano e difendono in forza di procura in atti, - convenuti - e con la chiamata in causa di ### - #### L'### (C.F.: ###), in persona del suo procuratore speciale Dott. ###, elettivamente domiciliata in #### della ### 2, presso lo studio dell'Avv. ### che la rappresenta e difende in forza di procura in atti, - terza chiamata - ### l'attrice: «Respinta ogni difesa e domanda di parte convenuta, nel merito: accertato il rapporto contrattuale tra la sig.ra ### e ### snc, attuato per mano del dr. ### e ### accertato il danno derivato alla attrice dall'attività compiuta in difetto di opportuna perizia e comunque a causa di negligenza e colpa degli stessi, condannare i convenuti, in via tra di loro solidale e/o esclusiva per ciascun apporto al danno occasionato eventualmente da singole condotte imputabili a ciascuno degli operatori, al pagamento a titolo di risarcimento danni subìti e costi sostenuti per effetto di tali danni di somma pari ad € 50.000,00 o comunque alla minor o maggior somma che l'istruttoria potrà definitivamente indicare per le causali di premessa; in via subordinata: ex art. 2043 cc, condannare al risarcimento del danno risultato ingiustamente patito dall'attrice per i motivi tutti di cui in premessa e quindi per somma di € 50.000,00 o comunque nella minor o maggior somma che l'istruttoria di causa determinerà, ### snc e/o i dr. ### e ### in via tra di loro solidale e/o esclusiva, per l'ingiusto danno subito dall'attrice in forza di attività specifica attuata dai convenuti per loro esclusiva colpa e responsabilità. In via istruttoria: si reitera la richiesta di ammissione dei testi sui capitoli per come indicati in memoria istruttoria ex art 183 cpc n.02 di parte attrice. Con vittoria di spese e competenze di causa o, in subordine e nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della domanda, con compensazione di dette spese».
Per i convenuti: «Piaccia al Tribunale Ill.Mo, contrariis reiectis e previa le declaratorie del caso, giudicare: in via principale e nel merito 1) ### tutte le domande attrici. 2) ### a pagare direttamente alla ### le spese legali del presente giudizio e comunque condannare ### a manlevare la D.F. ### snc, il prof. ### e il dott. ### di quanto questi ultimi fossero condannati a pagare alla ### In via subordinata e salvo gravame 3) ### la ### in persona del suo legale rappresentante pro tempore a tenere sollevati la D.F. ### snc, il prof. ### e il dott. ### da qualsiasi somma che i medesimi fossero condannati a pagare a favore della sig.ra ### In via riconvenzionale 4) ### la sig.ra ### a pagare alla D.F. ### snc la somma di €. 6.090,00 oltre interessi dalla domanda. In ogni caso 5) ### e compensi rifusi. Previa, solo occorrendo, l'ammissione di prova per interrogatorio e testimoni sui seguenti capitoli (…)».
Per la terza chiamata: «Contrariis reiectis, previe le declaratorie del caso, rilevato che la terza chiamata ha e mantiene il contraddittorio diretto esclusivamente con i propri chiamanti, contestato tutto quanto ex adverso dedotto, allegato, prodotto, richiesto, domandato ed eccepito, sicché nulla potrà essere dato per pacifico, ammesso o non contestato sia in fatto che in diritto sia in punto an che in punto quantum, neppure implicitamente. Rigettare ogni avversa domanda, perché infondata in fatto ed in diritto, in punto an ed in punto quantum, e non provata. Nella non creduta ipotesi in cui dovessero essere accolte, in tutto o in parte, le domande avversarie e quindi dovessero essere accolte le domande attoree nei confronti di uno o più convenuti e dovessero altresì essere accolte, in tutto o in parte, le domande di garanzia proposte da uno o più convenuti nei confronti di ### (non ravvisandosi quindi alcun caso di inoperatività, mancanza di copertura assicurativa, esclusione, delimitazione o superamento dell'oggetto del contratto - di qualunque natura e tipo), si chiede che il capo di condanna alla garanzia e manleva applichi e tenga conto delle condizioni contrattuali, del concreto oggetto dei contratti di assicurazione stipulati, dei rischi garantiti e, in generale, dei limiti oggettivi e soggettivi dei contratti e delle garanzie prestate in base ad essi e che quindi applichi i massimali, le franchigie e gli scoperti contrattualmente pattuiti ed applicabili al caso di specie. In particolare, si eccepisce che la pronuncia nei confronti di ### dovrà essere limitata alla quota di responsabilità diretta degli assicurati e comunque ai danni direttamente ricollegati a loro responsabilità diretta, con esclusione di qualsiasi responsabilità derivate loro in via di solidarietà (come previsto dalle polizze), e si eccepisce in particolare la presenza di franchigie/scoperti che rimangono a carico degli assicurati.
Si eccepisce che ### non riconosce spese incontrate dall'assicurato per i legali o tecnici che, come nel caso di specie, non sono stati da essa designati. Assolvere in ogni caso la terza chiamata ### da ogni avversaria domanda e pretesa ed emettere ogni più utile pronuncia per l'accoglimento delle richieste e conclusioni di ### Dare atto che ### ha comunicato la propria adesione alla proposta formulata ex art. 185 bis c.p.c. dal Giudice, come risulta dalla p.e.c. del 15/12/2017 che si è prodotta. Con vittoria di spese e compenso di lite, oltre rimborso spese generali 15%, cpa ed iva. Non si accetta il contraddittorio su fatti tardivamente allegati e su domande, eccezioni, istanze e conclusioni nuove o illegittimamente modificate». MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO La causa è stata promossa per ottenere condanna al risarcimento dei danni, quantificati nell'importo di € 50.000,00, che l'attrice deduce aver subito in conseguenza dell'effettuazione di cure odontoiatriche erroneamente eseguite.
I convenuti si sono costituiti resistendo alla domanda nonché formulando, per il caso di suo accoglimento, domanda di garanzia nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile, chiamato in causa ed ivi costituitosi. La convenuta D.F. ### S.n.c., inoltre, ha presentato in via riconvenzionale domanda di condanna dell'attrice al pagamento dell'importo di € 6.090,00, quale saldo del compenso per l'attività svolta.
La causa, istruita come in atti, è stata trattenuta in decisione dal sottoscritto giudice, nel frattempo subentrato nell'assegnazione del procedimento.
Ciò posto, si rileva quanto segue. ### l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, che il giudicante condivide e dal quale non ravvisa dunque ragione di discostarsi (cfr., ex multis, Civ., Sez. III, 26.7.2017, n. 18392): - la causalità relativa all'evento (“causalità materiale”) ed al danno consequenziale (“causalità giuridica”) è comune ad ogni fattispecie di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, e caratterizza negli stessi termini, sia in ambito contrattuale che extracontrattuale, gli oneri di allegazione e di prova del danneggiato; - il danno è elemento costitutivo della fattispecie dedotta in giudizio ed essendo l'eziologia immanente alla nozione di danno anche l'eziologia è parte del fatto costitutivo dedotto che l'attore deve allegare e provare; - per quanto concerne il nesso di causalità materiale in materia di responsabilità sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'aggravamento della patologia (o l'insorgenza di una nuova malattia) e l'azione o l'omissione dei sanitari e, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l'ordinaria diligenza; - l'onere della prova del nesso di causalità materiale di cui trattasi può essere assolto sulla base del principio della certezza probabilistica (regola del “più probabile che non”), che non può essere ancorato esclusivamente alla c.d. “probabilità quantitativa” della frequenza di un evento in astratto ma va verificato, secondo la c.d. “probabilità logica”, nell'ambito degli elementi di conferma, e, nel contempo, nell'esclusione di quelli alternativi, disponibili in relazione al caso concreto.
Ancora, la stessa giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare - anche in tale caso, condivisibilmente, alla luce del generale principio di cui all'art. 2697 c.c. - che “nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l'esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del "più probabile che non", causa del danno, sicché, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata” (cfr. Cass. Civ., sez. III, sent. n. 29315 del 7.12.2017).
Per quanto concerne i termini e le modalità entro i quali il paziente danneggiato deve assolvere agli oneri di allegazione sopra citati, si deve rilevare quanto segue.
La novella del 1990 e le riforme del processo civile che si sono ad essa succedute hanno introdotto un sistema di preclusioni che, per quanto concerne la scansione temporale degli atti processuali, si sostanzia nella precisa scelta - ispirata alla necessità della programmazione secondo un ordine logico dei tempi del processo in funzione della sua ragionevole durata - di non consentire alle parti di modificare od integrare il thema decidendum ed il thema probandum se non entro determinati limiti e, soprattutto, sulla base di ben individuati termini. La stessa Corte Costituzionale ha avuto modo di evidenziare che il regime delle preclusioni introdotto con la citata riforma trova ragione e copertura costituzionale nel principio di ragionevole durata di cui all'art. 111 Cost.: “il processo deve essere governato, per esigenze di certezza e ragionevole durata, da scansioni temporali, il cui mancato rispetto va assoggettato alla sanzione della decadenza dal compimento di determinate attività” (cfr., ord. n. 163 del 29.4.2010) In particolare, si prevede che chi agisce sia onerato ad allegare i fatti costitutivi del diritto (ossia, gli elementi della fattispecie costitutiva che, ove si tratti di diritti “eterodeterminati”, comporta di regola l'esposizione dei c.d. “fatti principali” o “fatti primari”, nella loro dimensione storica spazio-temporale) entro determinati termini, che possono essere identificati con quello previsto per la scadenza del deposito della 1° memoria ex art. 183 comma 6° c.p.c.
Quanto poi agli atti attraverso i quali deve essere, in concreto, assolto l'onere di allegazione, l'attore è tenuto ad allegare sin dall'atto di citazione il nucleo essenziale dei fatti costitutivi, la cui assoluta mancanza od incertezza determina la nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza della domanda. Il fatto che, nel processo civile ordinario, l'atto introduttivo non sia ritenuto nullo non significa peraltro che l'attore possa dirsi avere già completamente assolto gli oneri di allegazione che gli competono: gli elementi della fattispecie costitutiva possono essere infatti ulteriormente specificati e, quindi, modificati (jus variandi e jus poenitendi) sino alla scadenza del termine previsto per il deposito della prima memoria ex art. 183 comma 6° c.p.c.
Gli elementi della fattispecie costitutiva, se non debitamente allegati entro i termini perentoriamente fissati per la delineazione del thema decidendum e del thema probandum, non possono di fatto essere ammessi alla prova, sicché il difetto (o la tardività) nell'indicazione di tali elementi si sostanzia nel mancato assolvimento di un onere del quale è gravato l'attore. In particolare, se tale onere viene assolto solo successivamente allo spirare del termine del quale s'è detto, la prova del fatto tardivamente allegato non può essere ritenuta ammissibile: ammettere un'allegazione tardiva significherebbe alterare l'ordine ed il rigore logico del processo di “preclusioni”, posto che, in questo caso, si renderebbe necessaria la regressione del processo alla fase introduttiva o preparatoria, al fine di mettere le parti contrapposte e lo stesso giudice in grado di esercitare le facoltà ed i poteri loro riconosciuti in tale fase, ma il legislatore, a partire dalla citata novella del 1990 (e con gli interventi legislativi successivi, che hanno ulteriormente rafforzato il sistema di preclusioni), ha evidentemente ritenuto di escludere tale eventualità o, comunque, a confinarla a casi eccezionali, quali la rimessione in termini ex art. 153 comma 2° c.p.c.
Per quanto riguarda le modalità attraverso le quali il fatto deve entrare nel processo, giova poi rilevare come la giurisprudenza di legittimità abbia avuto modo di ribadire che “… nel vigente ordinamento processuale, caratterizzato dall'iniziativa della parte e dall'obbligo del giudice di rendere la propria pronunzia nei limiti delle domande delle parti, al giudice è inibito trarre dai documenti comunque esistenti in atti determinate deduzioni o indicazioni, necessarie ai fini della decisione, ove queste non siano specificate nella domanda, o - comunque - sollecitate dalla parte interessata” (cfr. Cass. civ. sez. III, sent. n. 22342 del 24.10.2007); in forza di tale principio - che costituisce l'indispensabile presidio di un corretto contraddittorio tra le parti - la mera produzione di documenti, in qualunque momento avvenga, non può mai rappresentare un valido surrogato di tale onere, avendo essi la limitata funzione di offrire la prova dei fatti ritualmente allegati negli atti: in particolare, la parte non può limitarsi, ad esempio, a produrre documenti specificandone solo l'elenco e lasciando alla controparte ed al giudice (od all'ausiliario di questo) di desumerne la rilevanza in relazione alle domande ed eccezioni svolte, ma ha l'onere di richiamare specificamente la produzione nella narrativa dell'atto o, comunque, adeguatamente chiarire il rilievo di ogni documento prodotto.
Occorre infine ribadire che, come già specificato, il regime di preclusioni introdotto dalla novella di cui alla legge n. 353 del 1990 deve ritenersi inteso non solo a tutela dell'interesse di parte ma anche di quello pubblico al corretto e celere andamento del processo, con la conseguenza che la tardività di domande, eccezioni, allegazioni e richieste deve essere rilevata d'ufficio dal giudice indipendentemente dall'atteggiamento processuale della controparte al riguardo (in tale senso, Cass. civ., sez. II, sent. n. 25242 del 29.11.2006).
Applicando le suddette coordinate al caso di specie si rileva quanto segue: - l'attrice era specificamente onerata ad allegare nei termini dei quali s'è detto, nonché provare, il nesso di causalità tra l'aggravamento della patologia (o l'insorgenza di una nuova malattia) e l'azione o l'omissione dei medici che l'avevano avuta in cura: tale allegazione postula, indefettibilmente, l'indicazione delle condotte suscettibili di causare i danni di cui sopra; la prova in concreto del nesso di causalità, così come allegato, è invece di regola affidata ad una C.T.U., avente natura sostanzialmente “percipiente”, implicando l'acquisizione del fatto rilevante (la ricorrenza del nesso di causa “più probabilmente che non”) un'indagine sulla probabilità logica e sulla credibilità razionale che presuppone, a sua volta, il possesso di adeguate cognizioni tecnico-scientifiche; - l'attrice, nella specie, non ha allegato in atto di citazione alcuna specifica condotta dei convenuti suscettibile, anche solo astrattamente, di provocare ben individuati danni: ella, che indica i danni nella “… insorgenza di malori sempre più diffusi, con difficoltà mascellari e masticatorie e che specificamente conducevano a difficoltà di motilità dei muscoli facciali”, non indica invero a quali interventi in concreto era stata sottoposta e chi tra i convenuti stessi li aveva effettuati (e, quindi, neppure illustra come tali interventi possano avere cagionato i pretesi danni); - i fatti in questione neppure appaiono ben specificati entro la prima memoria ex art. 183 comma 6° c.p.c., laddove l'attrice, a fronte dell'eccezione della terza chiamata che evidenziava una carenza nell'esposizione dei fatti, si giustificava sostenendo testualmente che essendo “… la materia trattata assolutamente specialistica, appare del tutto chiaro che l'attrice non possieda alcuna competenza propria atta a sostenere o meno la corretta esecuzione del lavoro …”: tale assunto non è condivisibile, posto che la causa civile non può essere promossa con la finalità di acquisire eventuali fatti integranti una responsabilità che chi agisce non è in grado di affermare (e che, al più, sospetta) bensì per ottenere, fondatamente o meno, sulla base dei fatti stessi come conosciuti e quindi allegati, la relativa declaratoria, mentre il difetto di competenze specialistiche in capo all'avvocato od alla parte (che può riguardare questo come altri possibili giudizi aventi diverso oggetto) non esime questi a rivolgersi previamente a soggetti dotati di tali competenze; - l'attrice stessa, al punto 8) dell'atto di citazione, richiama invero una perizia di parte di un medico specialista odontoiatra che, quantomeno per ciò che concerne l'esposizione dei fatti, riporta per sommi capi gli interventi effettuati dai medici convenuti, esprimendosi nel senso di “non comprendere, sulla base dei dati disponibili” per quale ragione fosse stata effettuata l'avulsione di tre denti, di ritenere un danno estetico derivante dal riassorbimento gengivale interessante l'arcata sulla quale era stato apposto un impianto protesico (a suo avviso, causato “… da un'errata valutazione dei tessuti parodontali in posizione esteticamente rilevante”) e di individuare un “… deficit in relazione all'apposizione dell'impianto distale, che (…) non appare adeguatamente integrato nell'osso nella sua posizione apicale e quindi non è certamente predicibile una sua sufficiente durata nel tempo”; - per quanto concerne la voce di danno (l'unica) specificamente indicata dall'attrice in atto di citazione, lo stesso anzidetto perito di parte afferma che “… in relazione ai lamentati disturbi articolari, sulla base degli elementi disponibili e come peraltro certificati dall'### non è possibile valutare con certezza il nesso causale con le prestazioni contestate e pertanto ci si riserva un'eventuale rivalutazione, facendo comunque presente che la prolungata mancanza di corretti contatti occlusali, non certamente attribuibili alla paziente, potrebbe avere slatenizzato una situazione pregressa sino a qual momento asistematica”.
Fatte tali premesse in punto di rito, per quanto riguarda il merito la C.T.U. licenziata in causa ha evidenziato che l'attrice “… oggi presenta una cavità orale completamente diversa dall'epoca dei fatti oggetto di discussione, con numerose successive terapie odontoiatriche eseguite da nuovi curanti. Vi è poca traccia oggi delle terapie contestate”, che “… non è tecnicamente possibile, allo stato dell'arte odontoiatrica, identificare l'eventualità di danno subito, di errori e/o inosservanze di doverose regole di condotta, per mancanza di documentazione esaustiva ad eccezione dei pochi punti illustrati più avanti (…). Sebbene il caso clinico non fosse di particolare difficoltà all'epoca dei fatti, per gli stessi motivi non è tecnicamente possibile identificare le menomazioni temporanee o permanenti” e che ”… non ci si può esprimere sulla congruità delle spese mediche, delle cure sostenute e di quelle necessarie da sostenere” .
In sostanza, si desume dalle risultanze della C.T.U. che l'attrice, senza prima richiedere accertamento tecnico preventivo, abbia fatto eseguire da altri professionisti interventi odontoiatrici che hanno completamente modificato lo stato della sua cavità orale, con ciò rendendo comunque impossibile accertare i fatti rilevanti ai fini dell'affermazione della dedotta responsabilità.
Pertanto, anche ad ipotizzare che l'attrice abbia regolarmente assolto all'onere di allegazione dei fatti costitutivi, la domanda non potrebbe comunque che essere rigettata, difettando, in ogni caso, la prova dei danni e del nesso di causa tra questi e l'operato dei convenuti.
Le istanze di prova testimoniale formulate dall'attrice, per la cui ammissione questa insiste, non possono trovare accoglimento, in quanto in nessuno dei capitoli formulati sono dedotti fatti specifici e rilevanti ai fini della prova della responsabilità dei convenuti, anche sotto il profilo del nesso di causalità. Venendo alla domanda riconvenzionale della convenuta D.F. ### S.n.c., l'avvenuta esecuzione delle attività indicate nell'elenco allegato sub 1 alla stessa comparsa di risposta non risulta specificamente contestata dall'attrice, che, nella prima memoria ex art. 183 comma 6° n. 1) c.p.c., si limita sul punto a rilevare che tale richiesta di pagamento “non era mai stata in precedenza avanzata” e, “qualora accolta”, dovrebbe “ritenersi compensata nel maggior danno occorso …”. In ogni caso, la C.T.U., con riferimento al suddetto elenco, ha considerato corretto l'onorario richiesto.
Pertanto, la suddetta domanda riconvenzionale deve essere accolta.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo avuto riguardo ai parametri di cui al D.M. n. 55/2014, applicabile alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore.
In ragione del c.d. “principio di causalità” il soccombente deve rispondere anche delle spese legali sostenute dal soggetto chiamato in garanzia della controparte, avendo dato causa alla chiamata ed a prescindere dal fatto che non abbia svolto alcuna domanda nei confronti del chiamato stesso. Le spese di C.T.U. devono essere poste a carico della parte attrice. P.Q.M. il Tribunale di ### definitivamente pronunciando: 1. respinge le domande presentate dall'attrice ### nei confronti dei convenuti D.F. Med. di Prof. ### e C. S.n.c., ### e ### dichiarando, per l'effetto, assorbita la domanda di garanzia da questi ultimi svolta nei confronti della terza chiamata ### 2. dichiara tenuta e condanna la stessa attrice ### al pagamento, in favore della convenuta D.F. Med. di Prof. ### e C. S.n.c. dell'importo di € 6.090,00 oltre interessi legali a decorrere dalla domanda; 3. condanna l'attrice ### alla rifusione in favore dei convenuti D.F.
Med. di Prof. ### e C. S.n.c., ### e ### delle spese di lite, che liquida, quale compenso unico, in € 298,03 per esborsi e complessivi € 8.500,00 per compenso di difensore, oltre 15% spese generali, C.P.A. ed I.V.A. come per legge; 4. condanna l'attrice ### alla rifusione in favore della terza chiamata ### delle spese di lite, che liquida in complessivi € 4.500,00 per compenso di difensore, oltre 15% spese generali, C.P.A. ed I.V.A. come per legge; 5. pone le spese di C.T.U. definitivamente a carico dell'attrice.
Così deciso in ### il 27 aprile 2018. Il Giudice
Dott. ###
causa n. 6618/2014 R.G. - Giudice/firmatari: Arcudi Luciano, D'Amore Giorgia