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Corte di Cassazione, Sentenza n. 20727/2025 del 22-07-2025

... all'arretramento co lui che avesse effettuato un intervento edilizio nel rispetto della normativa, a favore di chi quelle regole aveva invece violato. Ad avviso della ricorrente, l' arretramento era stato ordinato perché il proprio edificio fronteggiav a per un metro lineare la veranda -cucina dei convenuti, abusiva e non sanabile, che non avrebbe nepp ure dovuto esistere e che avrebbe dovuto essere demolita. 7. Con il qu into motivo di ricorso, si lamenta, in fine, «l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sostituzione della condanna al ripristino con il risarcimento del danno, abuso del diritto e mancato esercizio del diritt o secondo buona fed e», in relazione all 'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito respinto la domand a formulata dall'app ellante circa l a sostituzione della riduzione in pristino con il risarcimento del danno per equivalente, senza tener conto della situazione di grave irregolarità urbanistica e di grave violazione della normativa in materia di distanze in cui versava l'immobile dei convenuti, come accertata dal c.t.u. Ad av viso della ricorrente, coloro che av evano (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. ###/2020 R.G. proposto da G.M. ### S.R.L., rappresentata e difesa dag li avvocati ### e ### ed elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### - ricorrente - contro ### e ### rappresentati e difesi dagli avv.ti ### anni ### e ### i ### ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo, in ### piazza ### n. 27; -controricorrenti per la cassazione della sentenza n. 1563/2019 resa dalla Corte di appello di Genova il ###, pub blicata il 20/ 11/2019 e notificata il ###; udita la relazione della ca usa svolta alla pubblica udienza del 29/5/2025 dalla dott.ssa ### Oggetto: Distanze 2 di 20 lette le concl usioni del ### procuratore generale ### che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le memorie depositate da entrambe le parti; sentiti i difensori presenti. 
Fatti di causa 1. Con atto di citazione notificato il ###, ### quale comproprietario, unitamente alla moglie ### di una villetta con circostante giardino, sita in ### di ### via ### n. 40, convenne in giudizio la società G.M. ### s.r.l., deducendo che originariamente insisteva sul terreno confinante una piccola costruzione unifamiliare costituita da un solo piano fuori terr a distante mt. 1,55 dal confine e mt. 2,80 dalla villetta, che il Comune di ### a, in data ###, aveva rilasciato alla dante causa della società un permesso di costruire per l'esecuzi one di un intervento di ristrutturazione edilizia che prevedeva l'ampliamento e la sopraelevazione di un piano della costruzione e approvato, in data 11/7/ 2007, una variante sostanziale per un ulteriore ampliamento e l'ottenimento di cinque unità immobiliari e che la società, negli anni 2006-2008, aveva eseguito l'intervento di demolizione e ricostruzione con ampliamento e sopraelevazione del preesist ente fabbricato i n contrasto, fin dal progetto, con l'art. 873 cod. civ. e con l'art. 9 D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, e chiedendo che la convenuta venisse condannata all'arretramento fino alla distanza legale, oltre al risarcimento dei danni. 
Costituitasi in giudizio, la G.M. ### s.r.l. contestò le pretese attoree e, deducendo che anche i ### avevano realizzato, oltre trent'anni prima, alcune opere illecite sul proprio fabbricato, chiese, in via riconvenzionale, la condanna dei predetti 3 di 20 alla riduzione in pristino, oltre al risarcimento dei danni anche per lite temeraria. 
Si costituì in giudizio anche ### , chiamata in causa dalla convenuta in qualità di comproprietaria del bene oggetto della domanda riconvenzionale, chi edendo il rigetto della stessa, proponendo, in via riconvenzionale, domanda di accertamento dell'intervenuto acquisto per usucapione del diritto a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale e associandosi alle domande di riduzion e in pristino e di condanna per i danni, avanzate dal coniuge. 
Con sentenza n. 30/16 del 13/1/2016, il Tribunale dichiarò che il fabbricato realizzato dalla società violava le norme sulle distanze legali e, essendosi in presenza di una nuova costruzione e non di una fattispecie di ristrutturazione edili zia, condannò la società all'arretramento della costruzione a distanza di mt. 5 dal confine con il fondo di proprietà attorea, nonché al risarcimento dei danni. 
Il giudizio di gravame, instaurato dalla G.M. ### s.r.l. con atto d'appello notificato il ###, si concluse, nella resistenza di ### ancarlo e ### con la sentenza 1563/2019, pubblicata il ### 19, con la qual e la Corte d'Appello di Genova rigettò l'appello, cond annando le parti all e spese di lite. 
Per quanto qui interessa, i giudici di merito, dopo avere richiamato gli arres ti di questa Corte in merito alla di stinzione tra ristrutturazione, ricostruzione e nuova costruzione, ritennero che lo strumento urbanistico vigente consentisse il manteniment o delle preesistenti distanze dai confini in misura inferiore ai mt. 5,00 in ipotesi diverse dalla totale demolizione dell'edificio preesistente e dalla sua so stituzione con un nuovo organismo edilizio; che nel nuovo edificio non fosse residuato, per sag oma, dimensi oni e superficie, alcun elemento di quello precedente; che la distanza di 4 di 20 mt. 5 dai confini prevista per le nu ove costruzioni dovesse considerarsi cogente in tutte le ipotesi in cui fosse stata accertata la re alizzazione di una nuova cost ruzione, os sia in caso di ampliamento, e che questa disposizione va lesse anche per il manufatto in esame, autorizzato ai sensi dell'art. 9, lett. d), delle N.T.A. quale Ru3 ampliamento, siccome eccedente i limiti stabiliti per gli interventi di manutenzione e ristrutturazione descritti nelle lett. a), b) e c) del medesimo art. 9. 
I giudici di merito osservarono, inoltre, che la costruzione si poneva in contrasto con le disposizioni civilistiche e con l'art. 9 del d.m.  1444 del 1968, posto che le costruzioni si fronteggiavano tra loro per almeno un metro (oltre al portico per mt. 3,85) e che non era possibile sostituire la riduzione in pristino con il risarcimento per equivalente, come richiesto, non potendo applicarsi l'art. 2058 cod.   2. Avverso la suddetta sentenza la G.M. ### s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. ### e ### hanno resistito con controricorso. 
Motivi della decisione 1. Vanno preliminarmente rigettate le eccezioni di inammissibilità, sollevate dai controricorrenti in ragione della genericità del ricorso e del la conformità del la sentenza ai principi affermati da questa Corte. 
Quanto al primo punto, si osserva che il req uisito dell'autosufficienza, corollario del requisito di specificità dei motivi, deve essere interpre tato in maniera elastica (Cass., Sez. 1, 2/5/2023, n. 1 1325), in conformità all'evoluzione della giurisprudenza di questa Corte - oggi recepita dal nuovo testo dell'art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022 - e alla luce dei principi stabiliti nella sentenza C.E.D.U. del 28 ottobre 2021 (### e altri c. ###, che 5 di 20 lo ha ritenuto compatibile con il principio di cui all'art. 6, par. 1, della C.E.D.U., a condizione che, in os sequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa (Cass., Sez. 1, 19/4/2022, n. 1248 1); tra l'altro , esso non pu ò tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documen ti posti a fondamento del ricorso, ove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all'interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass., Sez. 1, 7/11/2023, n. ###; vedi Cass. Sez. U, 18/3/2022, n. 8950). 
Nella specie, il ricorso è articolato in modo tale da far comprendere adeguatamente in che modo si siano svolte le fasi di merito e quali questioni siano state prospettate in quelle sedi, sicché l'eccezione non può che essere rigettata. 
I rilievi sollevati con la seconda eccezione saranno, invece, chiariti in sede di esame del la seconda censura, dovend o i principi d i questa Corte, cui fanno riferimento i cont roricorrenti , esser e riesaminati alla luce delle modifiche legislativ e medio tempore intervenute.  2.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione di legge (art. 102 cod. proc. civ.) e la n ullità della sentenza o del procedimento, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod.  proc. civ., per essere stata la sentenza inutiliter data, al pari di quella di primo grado, in quanto entrambe emesse a contraddittorio non integro, non essendo stato evocato in giudizio l'istituto bancario #### e ### il quale, in quanto creditore ipotecario in seguito a iscrizione del 2008 per la somma di un milione di euro, and ava considerato litisconsorte necessario.  2.2 Il primo motivo è inammissibile. 6 di 20 Nella sentenza impu gnata non vi è, infatti, alcun richiamo alla questione riguardante il prospettato difetto di integrità del contraddittorio, che non risulta né descritta nella parte relativa allo svolgimento del processo, né trattata nella parte rig uardante la decisione, con la conseguenza che, implican do ess a un accertamento di fatto, la rico rrente, nel propor la in sede di legittimità, avrebbe dovuto, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non so lo all egare l'avvenuta deduzione della stessa dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, onde consentire a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. 6-5, 13/12/2019, n. ###; Cass., Sez. 6-1, 13/6/2018, 15430), non essendo consentit a la prospettazione di nuove questioni di di ritto o co ntestazioni che modifichino il thema decidendum e impl ichino indagini e accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, anche ov e si tratti di qu estioni rilevabili d'ufficio (Cass., Sez. 2, 15/3/2022, n. 12877; Cass., 2, 06/06/2018, n. 14477). 
Né la questione deve essere soll evata d'uff icio in questa sede, posto ch e ### questa Corte ha già avuto modo di affermar e, l'azione diretta al rispetto delle distanze legali, volta a conseguire la demolizione o l'arretramento dell'opera, è modellata sullo schema dell'actio negatoria servitutis, ess endo rivolta non già all'accertamento del diritto di proprietà dell'attore , bensì a respingere l'imposizione di limitazion i a carico della proprietà, suscettibili di dar lu ogo a servitù, sicché è esperibil e esclusivamente nei confronti del proprietario con finante in considerazione del carattere reale dell'azione medesima (Cass., Sez. 6 -2, 16/2/2022, n. 5 078; Cass., Sez. 2, 12/12/ 2016, n. 7 di 20 25342; Cass., Sez. 2, 24.3.2015 , n. 5899; Cass., Sez. 2, 01/03/2001, n. 2998) oppure di chi si affermi proprietario della porzione immobiliare oggetto dell'azione pur non avendone il possesso, in quanto fin alizzata a rimuovere una situazione che comporti una manomissione del godimento del fondo stesso, o di chi vant i un preteso diritto configurabi le come ius in re aliena, (Cass., Sez. 2, 23/01/2009 , n. 1778). 
Nell'actio negatoria servitutis, in fatti, volta a senti r dichiarare l'inesistenza di un diritto di servitù sul fondo dell'attore (Cass., 2, 29/3/1999, n. 2982), la legittimazione attiva e passiva compete a co loro che sono titolari delle p osizioni giuridiche domi nicali, rispettivamente svantaggiate o avvantaggiate dalla servitù (Cass., Sez. 2, 17/03/2016, n. 5321; Cass., Sez. 2, 18/12/2014, 26769), senza che possa ad ess e equiparar si la posizione del creditore ipotecario, la cui tutela, in caso di diritti reali limi tati altrui, è apprestata dall'art. 2812 cod. civ., che gli consente di “far subastare il bene come libero”. 
Non ril evano neppure i principi affermati dalle ### e di questa Corte con la sentenza n. 1238 del 23/1/2015, come invece suggerito nella censura, in quanto attinenti alla diversa situazione in cui la reintegrazione o la manutenzione del possesso richiedano, per il ripristino dello stato dei luoghi, la demolizione di un'opera in proprietà o possesso di più persone, e in cui sono litisconsorti necessari il comproprietario o compossessore non autore dello spoglio, ossia soggetti che vantano per l'appunto un di ritto dominicale o una situazione di fatto ad esso riconduci bile, e non certo il creditore ipotecario, il quale non può vantare alcun potere immediato sulla cosa, contrariamen te a quanto sancito dall'art.  1140 cod. civ., non essendo ipotizz abile un possesso del bene corrispondente al diritto reale di garanzia (i n questi termini d i recente anche Corte Cost. 3/10/2024, n. 160). 8 di 20 3. Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 9 e 10 Norme tecni che di attuazione del ### stico del Comune di ### in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito erroneamente affermato che l'intervento realizzato aveva superato, in volume e altezza, i limiti assentiti col titolo abilitativo, posto ch e, in luogo di un ampli amento in linea orizzontal e, era stata real izzata una palazzin a di tre pia ni, senza, invece, considerare che l'ultimo piano era costituito da un sottotetto non abitabile, che lo strumento edilizio consentiva per gli edifici ###, come quello di specie, una sopraelevazione fino all'altezza massima di mt. 7,5, come quella realizzata nel caso in esame, che l'edificio costruito era conforme ai titoli edili zi acquisiti e costituiva una ristrutturazione urbanistica, come affermato dal dirigente del settore urbanistico del Comune, e non una nuova c ostruzione e che, in ragione di ciò, la società aveva diritto a mantenerlo all a distanza preesistente, come di fatto avvenuto.  4. Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione di legge e l'errata interpretazione delle norme regolamentari (art. 9 N.T.A. del ### edilizio) del Comune di ### in materia di distanze, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito affermato che fosse stata integrata la violazione delle distanze sancita dall'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, senza co nsiderare che l' edificio realizzato non poteva considerarsi come nuova c ostruzione, ma come ristrutturazione edilizia, per la quale erano consent ite mo difiche di sagome e incrementi di volume, che l'art. 9 del le N.T.A. del ### edilizio comunale prevedeva il rispetto della distanza di mt. 5 dal confine per le sol e nuov e costruzioni e per gli interventi av enti dimensioni eccedenti i limiti previsti per quelli di manutenzione e di ristrutturazione ordinaria descritti nelle lett. a), b), c), che per gli 9 di 20 interventi in ampliamento del tipo Ru3, come quello in esame, era possibile il man tenimento della distanza preesistente, la cui violazione soltanto avrebbe imposto il rispetto della distanza di mt.  5 dal confine, e che la nuova struttura er a stata real izzata per adeguarla alla normativa antisismica.  5.1 Il secondo e terzo motivo, da esami nare congiuntamente in quanto afferenti alla nozione di nuova costruzi one e di ristrutturazione ai fini dell'individuazione della disciplina applicabile in tema di distanze, sono fondati.  5.2 Occorre innanzitutto respingere i rilievi di inammissibilità delle censure, so llevati dai controricorrenti e fondati sulla mancata impugnazione, da parte della ricorrente, del la qu alificazione del fabbricato in termini di nuo va co struzione operata dal giudice di primo grado, con conseguente giudicato formatosi sul punto, e sulla natura meritale delle censure. 
Questa Corte ha, infatti, già avuto modo di affermare che l'ambito di operatività del giudicato, in virtù del principio secondo il quale esso copre il dedotto e il deducibi le, è correlato all'oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non solt anto sull'esistenza del diritto azionato, ma anche sull'inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modi ficativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad ess o succes sivi e a quelli comportant i un mutamento del petitum e d ella causa peten di, fer mo restando il requisito dell'identità delle persone (Cass., Sez. 1, 9/11/2022, ###). 
La preclusione per effetto di giudica to sostanzi ale può scaturire , invero, solo da una statuizione che abbia at tribuito o negato "il bene del la vita" preteso e non anche da un a pronuncia che non contenga statuizioni al riguardo, pu r se essa risolva questioni giuridiche strumentali rispetto all'attribuzione del bene controverso, 10 di 20 non ess endo suscettibili di passar e in giudicato qu ei capi della pronuncia che, sebbene non impugnati, sono strettamente collegati da ra pporto pregiudiziale o conseguenziale (C ass., Sez. 1, 17/1/2022, n. 1252), atteso che il giudicato interno si forma solo su di un capo a utonomo di sentenza che, restando del tu tto indipendente, risolva una questione avente una propria individualità e autonomia, la quale non può dirsi sussistente allorché consista in una mera argomentazione, ossia nella semplice esposizione di un'astratta tesi gi uridica, pur se funzionale a risolvere questioni strumentali rispetto all'attribuzione del bene controverso. In quest'ultimo caso, infatti, l' impugnazione della pronunzia di merito coi nvolge necessariament e anche il ragionamento giuridico - esatto o errato che sia - che la sostiene, lasciando libero il giudice dell'impugnazi one di confer mare la decisione anche sul la base di una diversa motivazione in di ritto (Cass., Sez. 1, 30/6/2022, n. 20951; Cass., Sez. 3, 05/09/2005, 17767; Cass., Sez. 1, 28/10/2005, n. 21092; Cass., Sez. 2, 03/07/2003, n. 10527; Cass., Sez. 3, 23/01/2002, n. 738; Cass., Sez. 3, 17/05/2001, n. 6757; Cass., Sez. 3, 02/10/1997, n. 9628). 
In particolare, ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in app ello, la locuzione giurisprudenziale "minima unità suscettibile di acquisire la sta bilità del giudicato interno" individua la sequenza logica costitu ita dal fatto, dalla norma e dall'effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l'esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giurid ico, con la conseguenza che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno l'impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull'intera statuizione (fra le 11 di 20 tante Cass., Sez. 3, 19/10/2022, n. 3072 8; Cass., Sez. 6-L, 12/8/2018, n. 24783, non massimata). 
Orbene, risulta dalla sentenza impugnata che la società ebbe a contestare, con l'atto di appello, la re putata illegittimi tà dell'intervento edilizio realizzato anche con riguardo alla violazione delle distanze e l'affermazione, contenuta nella sentenza di primo grado, dell'applicabilità del limite di distanza di mt. 5 dai confini a tutte le “nuove costruzioni”, benché ne dovessero restare esclusi gli interventi di ristrutturazione urbanistica con parziale o totale demolizione e ampliamento. 
Dal tenore delle censure appare allora evidente come la ricorrente abbia inteso rimettere in discussione anche la quali ficazione dell'intervento edilizio operata dai giudici di merito, dal la quale sarebbe derivata una diversa disciplina in tema di distanze, senza che possa dirsi di carattere meritale la dedotta falsa applicazione della norma in tema.  5.3 Venendo al merito, si osserva innanzitutto che, nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto che l'intervento edilizio realizzato dalla società fo sse stato autorizzato ai sensi del l'art. 9, lett. d), delle N.T.A. del Comune di ### quale (ru3) am pliamento, sostenendo che anche in tale cas o fosse cog ente il rispetto del limite di distanza di mt. 5 dal confine, atteso che la disposizione di chiusura imponeva il rispetto della di stanza minima per ogni intervento che realizzasse un manufatto dalle dimensioni eccedenti i limiti stabiliti per gli interventi di manutenzione e ristrutturazione descritti alle lett. a), b) e c) della medesima norma.  5.4 Or bene, partendo dal principio iura novit curia, o perante in materia di distanze, in virtù del quale spetta al giudice e quin di anche a questa Corte di legittimità acquisire conoscenza d'ufficio, quando la violazione sia dedotta dalla parte, delle prescrizioni che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con rig uardo ai 12 di 20 confini, in quanto integrative del codice civile (art. 873 cod. civ.) e valenza, pertanto, di no rme giuridiche (anche se di natu ra secondaria) (cfr. Cass., Sez. 2, 5/2/2020, n. 2661; Cass., Sez. 2, 02/12/2014, n. 2 5501; Cass., Sez. 2, 15/06/2010, n. 14446), occorre evidenziare che la nozione di ristrutturazione urbanistica ha subito importanti cambiamenti in seguito alla modifica della lett. d) dell'art. 3, T.U. dell'Edilizia intervenuta con l'art. 10, comma 1, lett.  b), del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv., con modif., dalla legge 11 settembre 2020 , n. 120, dettato "al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a caric o dei cittadini e delle imp rese, nonch é di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edil izio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarboni zzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo", oltreché con il d.l. 1 marzo 2022, n. 17, conv., con modif., dalla legge 27 aprile 2022, n. 34 - che ha posto come eccezione gli edifici situati in aree tutelate ai sensi dell'art. 142 del medesimo codice - e con il d.l. 17 maggio 2022, n. 50, conv., con modif., dalla legge 15 luglio 2022, n. 91 - che ha sostituito il richiamo all'art. 142 con l'indicazione degli artt.  136, comma 1, lett. c) e d), e 142 -, in quanto, in virtù di essa, la ricostruzione non riguarda più i soli interventi di “demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le so le innovazioni necess arie per l'adeguamento alla normativa anti sismica”, ma contempla anche i casi in cui l'intervento sia avvenuto con modifica di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento all a normativa antisismi ca, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico e altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla leg islazione vigente o dagli 13 di 20 strumenti urbanistici comunali, con incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana.  ### os servato dalla ### 3, penale, di questa Corte, con la sentenza n. 1669 del 18/1/2023 , il riportato ampli amento dell'ambito di operatività della nozione attuale di ristrutturazione, quand'anche riguardante manufatti crollati o demoliti e soggetti poi a "rip ristino", non ha fatto venir meno la ratio qualificante del suddetto intervento edilizio, ossia quella del recupero del fabbricato preesistente, con la conseguenza che esso non può fare a meno di una certa continuità con l'edificato pregresso, come affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza (T.A.R. ###. H n. 660 del 2 maggio 2022; T.A.R. #### II, 16 febbraio 2022, n. 183; Consiglio di Stato, ### II, 6 marzo 2020 n. 1641), nonché, analogamente, da questa Suprema Corte (Cass., Sez. 3 - n. 23010 del 10/01/2020 Rv. 28033 8-01), lad dove ha precisato, ancorché rispetto a un quadro normativo non inclusivo ancora del citato d. l. del luglio 2020 n. 76, che l' art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001 , che gli "i nterventi di ristrutturazione edilizia" non prescindono, né potrebbero, dalla necessità che venga conservato l'immobile preesisten te, del quale deve essere comunque garantito il recuper o, e che l'interpre tazione della definizione di intervento di ristrutturazione edili zia deve essere aderente (e non tradire) la finalità di conservazione del patrimonio edilizio esistente, che lo contraddistingue rispetto all'intervento di "nuova costruzione" di cui alla successiva lettera e), senza prestarsi all'elusione degli standard urbanistici vigenti al momento della riedificazione e appli cabili in caso di nuova costruzione, come confermato dallo stesso ar t. 10, integrati vo dell'art. 3 comma 1 lett. d) del d.P.R. n. 380 del 2001, laddove premette che le novelle introdotte rispondono "al fine di semplifica re e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle 14 di 20 imprese, nonché d i assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di p rocessi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficie ntamento energetico, messa in sicurezza sismica e cont enimento del consumo di suolo". 
Proprio c on specifico riguardo agli interventi di demolizione e ricostruzione, la suddetta disposizione va correlata, per quanto qui interessa, al comma 1-ter dell'art. 2-bis, del medesimo d.P.R.  380 del 2001, aggiunto dall'art. 5, comma 1, legge n. 55 del 2019 poi così sostituito dall'art. 10, comma 1, lett. a), legge n. 120 del 2020, il quale stabilisce che “In ogni caso di intervento che preveda la demoli zione e ricostruzione di edifici, anche qu alora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini , la rico struzione è comunque consentita nell'osservanza delle distanze legittimamente prees istenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il sup eramento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti”. 
Con circolare, a firma congiunta del Ministero delle ### e ### e della ### del 2 dicembre 2020, sono stati forniti alcuni chiarimenti interpretativi sulle modi fiche al T.U.  edilizia in materia di distanze in caso di interventi di demolizione e ricostruzione di edifici già esistenti e sulla definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia, precisandosi, innanzitutto, che «###ambito degli interventi di ristruttu razione edil izia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici e sistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipolog iche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per 15 di 20 l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energet ico», che «l'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dall a legislazione vigente o dagli strumenti urban istici comunali, incrementi di volumetria anche per promuover e interventi di rigenerazione urban a» e che «costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibil e accertarne la preesistente consistenza». 
Si è poi chiarito che «la modifica di cui sub a) amplia l'area degli interventi ricadenti nella nozione di ristruttu razione edilizia, individuando i parametri la cui modifica - a differ enza di quanto previsto dall a previgente disciplin a - non risulta rilevante ai fini della qualificazione di un intervento di demolizione e ricostruzione come ristruttura zione edilizia, piuttosto che come nuova costruzione», e che sono possibili ora «incrementi di volumetria non solo per l'adeguamento alla normativa antisismica, ma anche per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di im pianti tecnologici e per l'efficientamento energeti co», salv o che si tratti di edifici vinco lati ovvero ricadent i in zona A o assimilate, o per previsioni legislative e degli strumenti urbanistici che co ntemplino siffatti incrementi per finalità di “rigenerazione urbana”. 
Si è infine chiarito che «le previsioni contenute nel comma 1-ter dell'articolo 2-bis del testo unico vanno lette nel contesto della disposizione in questione, che è specificamente intesa a disciplinare i cas i in cui siano og getto di demolizione e rico struzione edifici preesistenti che risultino “legittimamente” ubicati rispetto ad altri immobili in posizione tale da non rispettare specifiche norme in materia di distanze (ivi co mprese quelle co ntenute nel d.m. n. 16 di 20 1444/1968), di guisa che non ne sarebbe consentita l'edificazione ex novo», sicché la ricostruzione è possibile col mantenimento delle distanze preesistenti «se non è possibile la modifica dell'originaria area di sedime e pur ché l'edificio ori ginario fosse stato “legittimamente” realizzato» (i ntendendosi con ciò realizzato alla stregua di un ti tolo edilizio), che «la previsi one è testualmente riferita ad “ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici”, e quindi indipendentemente dall'ascrivibilità degli in terventi alla categoria della ristruttura zione edilizia o a quella della nu ova costruzione» e che «in questi casi son o consentiti gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciut i per l'intervento, anche fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell 'edificio demolito, purché sia sempre rispettata la distanza preesistente», intendendosi con tale previsione «non ogni incremento volumetrico, ma solo quelli aventi carattere di “incentivo”, ad esempio perché attribuiti in forza di norme di “piano casa” ovvero aventi natura premiale per in terventi di riqualificazione». 
In so stanza, in virtù del la ratio della lett. d) dell'art. 3, T.U.  dell'Edilizia, così come modificata dall'art. 10, comma 1, lett. b), del d.l. 16 luglio 2020, n. 7 6, conv., con modif., dalla leg ge 11 settembre 2020 , n. 120, data d all'esigenza di recuperare il patrimonio edilizio preesistente, il ripristino di edifici eventualmente crollati o demoliti e la loro ricostruzione, quando ne sia accertabile la prees istente consistenza e non sia possibile modificare l'originaria area di sedime, può avvenire nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, ossia quelle rig uardanti un edificio realizzato sulla base di un titolo edilizio, anche quando siano stati realizzati ampliamenti fuor i sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, purché questi avvengano nell'ambito di incrementi volumetrici aventi carattere di 17 di 20 incentivo (ad es. piano casa) o natura premiale (come in caso di adeguamento alla normativa antisismi ca, applicazione del la normativa sul l'accessibilità, installazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico) o il fine di promuovere interventi di rigenerazione urbana, salvo che si tratti di edifici vincolati ovvero ricadenti in zona A o assimilate. 
Ebbene, posto che sia le norme tecni che di attuazione dei pi ani regolatori generali, sia i regolamenti edilizi comunali hanno valenza integrativa dell'art. 873 cod. civ. e natura regolamentare o di atti amministrativi generali e che sono, pertanto, subordinati solamente alle norme di rango prim ario in esecuzi one delle quali sono stati emanati (Cass., Sez. 2, 2/2/2002, n. 3241; Cass., Sez. 2, 23/7/2009, n. 1733 8), deve ritenersi che qu este debbano adeguarsi anche alle novità normative sopra ri portate, alle quali deve essere volta anche l'ermeneusi delle stesse. 
Ciò comporta che i giudici di merito, partendo dal dato pacifico che le di stanze dal confine e dal le costruzioni so no rimaste invariate (rispettivamente mt. 1,55 e mt. 2,80) e che il manufatto in siste sullo stesso sedime e tenendo conto del tipo di intervento edilizio realizzato, sono tenuti ad accertare non solo se l'edificio sia stato posto in essere alla distanza stabilita dal N.T.A. del ### edilizio del Comune di ### sia se l' aumento di volume del nuovo manufatto rientri nell'ambito di quegl i incentivi che consentono comunque la sua ubicazione nel luogo in cui preesisteva l'immobi le demolito alla stregua delle nuove disposizioni di cui si è dato conto, onde calcolare il rispetto delle distanze nei termini sopra precisati. 
Deriva da quanto detto la fondatezza delle censure.  6. Con il quarto motivo di ricorso, si lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., 18 di 20 per av ere i giudici di merito trascurato il fatto che l'edificio dei ### fosse affetto da numerosi abusi edilizi e violazioni delle distanze e che, pur avendo i predetti maturato il periodo utile per usucapi re, come accertato in prim o grado, sarebbe stato aberrante e contra legem condannare all'arretramento co lui che avesse effettuato un intervento edilizio nel rispetto della normativa, a favore di chi quelle regole aveva invece violato. Ad avviso della ricorrente, l' arretramento era stato ordinato perché il proprio edificio fronteggiav a per un metro lineare la veranda -cucina dei convenuti, abusiva e non sanabile, che non avrebbe nepp ure dovuto esistere e che avrebbe dovuto essere demolita.  7. Con il qu into motivo di ricorso, si lamenta, in fine, «l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sostituzione della condanna al ripristino con il risarcimento del danno, abuso del diritto e mancato esercizio del diritt o secondo buona fed e», in relazione all 'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito respinto la domand a formulata dall'app ellante circa l a sostituzione della riduzione in pristino con il risarcimento del danno per equivalente, senza tener conto della situazione di grave irregolarità urbanistica e di grave violazione della normativa in materia di distanze in cui versava l'immobile dei convenuti, come accertata dal c.t.u. 
Ad av viso della ricorrente, coloro che av evano invocato la tutela ripristinatoria avevano costruito in spregi o al vincolo di inedificabilità sussistente nel proprio terreno, i n assenza di ti tolo abilitativo e in violazione delle distanze che ora pretendevano violate dalla controparte, situazione questa che la Corte d'Appello avrebbe dovuto valutare, onde acc ertare il sacrificio imposto alla società e la sproporzione di esso con l'interesse delle controparti a ottenere l'arre tramento, costituente in sé abuso del diritto e comportamento contrario a buona fede e correttezza. 19 di 20 8. Il quarto e quinto motivo sono entrambi inammissibili. 
Infatti, nell'ipotesi di c.d. «doppia confor me», prevista dal l'art.  348-ter, qu into comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell'art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 , n. 134, ai giudizi d'appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richi esta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012 ), il ricorrente in cassazione - per evitare l'inammissibilità del motivo di cui all'art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall'art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pub blicate d al giorno 11 settembre 2012) - deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di prim o grado e del la sentenza di rigetto dell'app ello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (per tutte, Cass., 3, 28/2/2023, n. 5947; Cass., Sez. 3, 20/9/2023, n. 26934;Cass., sez. L., 06/08/2019, n. 20994; Cass., Sez. 5, 11/05/2018, 11439; Cass., sez. 1, 22/12/2016 , n. 26774; Cass., Sez. 5, 18/12/2014, n. 2686 0), onere che non vie ne meno in caso di successione nel diritto cont roverso tra primo e secondo grado, giacché il sopravvenu to mutamento del soggetto titolare della posizione sostanziale dedotta in giudizio non implic a necessariamente la diversità tra le ragioni di fatto alla base della sentenza di primo grado e quelle della conferma in grado di appello (Cass., Sez. 3, 20/9/2023, n. 26934, cit.). 
Pertanto, non avendo la ricorrente ottemperato a tale incombente, deve dichiararsi l'inammissibilità delle censure.  9. In conclusi one, dichiarata la fondatezza del secondo e terzo motivo, l'inammissibilità del primo, quarto e quinto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Genova che, in diversa composizione, dovrà statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità. 20 di 20 P.Q.M.  La Corte accogli e il secondo e terzo motivo di ricor so, cassa la sentenza im pugnata e rinvia alla Corte d'Ap pello di ### in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. 
Così deciso in ### il ###.   

Giudice/firmatari: Orilia Lorenzo, Pirari Valeria

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Corte di Cassazione, Sentenza n. 31562/2025 del 03-12-2025

... falegnameria, non rispettava le distanze previste dal ### edilizio del Comune e chi edendo la loro condann a alla demolizione dell'edificio e al risarcimento del danno. Costituitisi in giudizio, ### on, ### on e ### eccepirono l' usucapione del diritto di tenere il fabbricato alla distanza in cui si trovava dalla proprietà dell'attore, chiedendo il rigetto delle altrui domande. Rimasero invece contumaci ### e ### Con sentenza depositata il ###, il Tri bunale di Tre viso, accertata la violazione delle distanze regolamentari e giudicata non provata l'usucapion e, condannò i convenuti a demolire tutte le opere edificate a distanza inferiore a quella legalmente consentita secondo quanto indicato dal c.t.u., nonché al risarcimento dei danni sofferti in seguito al deprezzamento cagionato al confinante patrimonio immobiliare nella misura di € 115.500,00. Il gi udizio di gravame, interpos to da ### inon, ##### on e ### si concluse con la sentenza n. 1599/14, pronunciata il ### e depositata il ###, con la quale la Corte d'Appello di Venezia respinse l'appello. ### , #### e ### impugnarono la predetta sentenza davanti a questa Corte 3 di 22 che, con sentenza n. 25692/2018, affermò che la Corte di (leggi tutto)...

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SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 21123/2020 R.G. proposto da ### e ### rappresentati e difesi dagli avv.ti ##### e ### E ttore ### con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo, in ### via ### n. 13; - ricorrenti contro ### rappresentato e difeso dagli avv.ti ### e ### con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultima, in ### via G. Palumbo, n. 12; -controricorrente per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Venezia 1466/20, depositata il ### e non notificata; udita la relazione della ca usa svolta alla pubblica udienza del 17/9/2025 dalla dott.ssa ### lette le concl usioni del ### procuratore generale ### che ha chiesto il rigetto del ricorso; Oggetto: Distanze 2 di 22 lette le memorie depositate da entrambe le parti; sentiti i difensori presenti. 
Fatti di causa 1. Luig i ### proprietario di un immobile monume ntale denominato “### Valeri”, sito in Comune di ### convenne in giudizio, nel 1996, davanti al Tribunale di Treviso gli eredi di ### sostenend o che il vicino capannone in cemento ar mato, adibito a laborat orio di falegnameria, non rispettava le distanze previste dal ### edilizio del Comune e chi edendo la loro condann a alla demolizione dell'edificio e al risarcimento del danno. 
Costituitisi in giudizio, ### on, ### on e ### eccepirono l' usucapione del diritto di tenere il fabbricato alla distanza in cui si trovava dalla proprietà dell'attore, chiedendo il rigetto delle altrui domande. 
Rimasero invece contumaci ### e ### Con sentenza depositata il ###, il Tri bunale di Tre viso, accertata la violazione delle distanze regolamentari e giudicata non provata l'usucapion e, condannò i convenuti a demolire tutte le opere edificate a distanza inferiore a quella legalmente consentita secondo quanto indicato dal c.t.u., nonché al risarcimento dei danni sofferti in seguito al deprezzamento cagionato al confinante patrimonio immobiliare nella misura di € 115.500,00. 
Il gi udizio di gravame, interpos to da ### inon, ##### on e ### si concluse con la sentenza n. 1599/14, pronunciata il ### e depositata il ###, con la quale la Corte d'Appello di Venezia respinse l'appello.  ### , #### e ### impugnarono la predetta sentenza davanti a questa Corte 3 di 22 che, con sentenza n. 25692/2018, affermò che la Corte di merito non av rebbe potuto dichiarare l'i nammissibilità dell'eccezione proposta nell'intere sse delle appellanti ### e ### on ### anche per effetto del l'illegittima ritenu ta tardività della produzione dell'atto di donazione, il cui esame sar ebbe stato, invece, decisivo per verificare chi fossero i s oggetti av enti legittimazione passiva in relazione all'azione re ale intrapre sa dall'attore e, in caso di rilevata fondatezza, chi fossero i destinatari dell'obbligo di procedere all'ese cuzione della relat iva sentenza, sicché cassò la sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito. 
Il giudizio di rinvio fu riassunto da ### che sostenne che ### inon e ### erano co munqu e aventi causa dal defunto padre ### autore del perpetrato abuso, per avere accettato, nell'an no 1982, l'atto di donazione avente ad oggetto l'immobile abusivo, sicché il difetto di legittimazione valeva soltanto per ### e ### che il laboratorio di falegnameria si trovava a distanza non regolarmente; che la propria villa aveva subito, in ragione di ciò, un deprezzamento; e che pertanto i predetti andavano condannati alla demolizione delle opere edificate e al risarcimento dei danni. 
La Corte d'Appello, nella resistenza di ### e ### pronunciò la sentenza n. 1466 /2020, pubblicata il ###, con la quale condannò i convenuti a demolire la parte di capannone in cemento armato e relativa tettoia di loro proprietà nella parte posta a distanza in feriore a 20 mt. dalla villa di proprietà dell'attore, secondo le indicazioni grafiche date dal c.t.u. 
Ing. Negro, a corrispondere al medesimo ### la somma di € 115.500,00 a titolo di risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese di lite di tutti i gradi del giudizio (primo, secondo grado, legittimità e rinvio), ponendo a carico dei medesimi le spese di c.t.u. 4 di 22 Per quanto qui rileva, i giudici di merito, dopo avere evidenziato che il fabbricato adibito a falegnameria, peraltro edi ficato per buona parte in assenza di titolo edilizio, si trovava alla distanza di mt. 13,60 dalla villa e di mt. 8,43 dal confine, ritennero che detta distanza violasse l e norme edilizie che prevedevano inizialm ente, alla data del 1976, una distanza per le zone agricole di mt. 24 tra fabbricati e successivamente, a decorrere dal 1978, di mt. 20 tra fabbricati e di mt. 10 dai confini; c he mancasse una normativa sopravvenuta più favorevole; che i convenuti non avessero usucapito il diritto a mantenere l' attuale distanza in quanto l'edificazione era successiva al 24/8/1976 e l'atto di citazione era stato notificato il ###; e che sussistesse anche il diritto al risarcimento del danno nella misura richiesta, sebbene il dan no fosse anche superiore a quello domand ato, consi derati il valore della villa e la protrazione per 44 anni della violazione.  2. Avve rso la suddetta sentenza ### e ### propongono ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.  ### resiste con controricorso. 
Motivi della decisione 1. Preli minarmente, deve darsi atto che non sussis te alcuna incompatibilità del ###, che ha presiedut o anche il precedente co llegio di Cassazione che ha emesso la sentenza 25692/2018, dovendo trovar e applicazione il principio, più volte espresso da questa Corte, secondo cui il collegio che giudichi del ricorso per cassazione proposto avverso sentenza pronunciata dal giudice di rinvio può essere co mposto anche da magis trati che abbiano partecipato al pre cedente giudizio concl usosi con la sentenza di annullamento, senza che sussista alcun obbligo di astensione a loro carico ex art. 51, primo comma, n. 4, cod. proc.  civ., in quanto tale partecipazione non determina alcu na compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice, e 5 di 22 ciò a prescinder e dalla natura del vizio che ha determinato la pronuncia di annullamento, che può consistere indifferentemente in un error in procedendo o in un error in iu dicando, atteso che, anche in quest'ultima ipotesi, il sindacato è esclusivamente di legalità, riguardando l'interpretazione della norma ovvero la verifica del suo ambit o di app licazione, al fine della sussunzione della fattispecie concreta, come delineata dal giudice di merito, in quella astratta (Cass., Sez. 2, 11/3/2025, n. 6527; Cass., Sez. 2, 31/10/2023, n. ###; Cass., Sez. 3, 25/1/2021, n. 1542; Cass., Sez. 3, 18/7/2016, n. 14655; Cass., Sez. U, 25/10/2013, 24148).  2. Venendo al merito, con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'ar t. 1 del le disposizioni della legge in generale di cui al r.d. 16 marzo 1942, n. 262, degli artt.  872 e 873 cod. civ., dell'art. 17 della legge ### (legge n. 765 del 1967), degli artt. 2 e 9 del D.M. 1444 del 1968, degli strumenti urbanistici, quali l'art. 58 del ### edilizio del Comune di ### vigente nel 1971, della varian te del ### adottata con D.C. n. 85 del 17/9/1991 e approvata con D.G.R. n. 200 del 1992 e di quella adottata con D.C. n. 104 del 20/12/1994 e n. 105 del 27/12/1994 e approva ta con D.G.R.  1047 del 2/4/1998, del ### degli ### del 2014, degli artt.  39 e 41 delle correlate N.T.O. e degli artt. 112, 113 e 115 cod.  proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.  civ., perché i giudici di merito avevano rimarcato la sussistenza di abusi edilizi, benché questi non rilevasse ro nella materia del le distanze; non avevano considerato che, in assenza di disposizioni di carattere integrativo, costituivano norme di riferiment o quelle contenute nel codice civile e nel d.m. n. 1444 del 1968; avevano perciò app licato norme non conferenti; e avevano trascurato la sopravvenuta disciplina più fav orevole. I ricorrenti hanno, in 6 di 22 particolare, evidenziato che, al momento del rilascio del la concessione edilizia del 1976, il ### di ### prevedeva all'art. 58, per edifici siti in zone aven ti destinazione diversa, la distanza di mt. 4 dai confini; che l'art. 47 del ### di ### vigente nel 1971 , nel discipl inare la zona agricola, prevedeva la distanza di mt. 12 dal confine e di mt. 24 tra fabbricati limitatamente alle abitazioni e ai fabbricati rurali qu ali le stalle, silos, depositi ricov eri ecc., mentre l' art. 58 del ### adottato nel 1976 e vigente dal 1978 al 1 986, prescr iveva la distanza di mt. 8 dai confini e di mt. 20 tra fabbricati soltanto per le abitazioni e la distanza di mt. 10 dai confini per i soli annessi agricoli; che, non ess endo le suddette du e disposizioni norme generali, come erroneamente sostenuto nella sentenza, avrebbero dovuto trovare applicazione gli artt. 873 cod. civ. e 9 d.m. n. 1444 del 1968; che la normativa sopravvenuta non era stata verificata dal secondo c.t.u., non essendo stato evidenziato che: l'area dei convenuti era stata in serita, con la variante al P.R.G. del 1991, parte in zona ###b e parte in zona ###; per quest'ultima sottozona, caratterizzata dalla presenza di “preesistenze insedi ative”, ivi incluso l'artigianato di servizio (art. 42-ter N.T.A.), era prevista la distanza di mt. 5,00 dal co nfine e di mt. 10,00 tra fabbricati; il ### degli ### del Comune e le relative N.O.T., stabilivano, all'art. 41, per i nuclei di edificazione diffusa, come quello dei convenuti, il rispetto, per le nuove costruzioni, delle distanze di mt.  5 dal confine e di mt. 10 tra pareti finestrate. 
Pertanto, ad avviso del ricorrente, la distanza applicabile alla specie, al momento dell'edificazione, era quella di mt. 4 dal confine in virtù dell' art. 58 del P.d.F. del 1971 per le zone im proprie, mentre nulla era disposto per le distanze tra fabbricati, e quella successiva era di mt. 5 dal confi ne e di mt. 10 tra fabbricati, distanze queste t utte rispettate dai ricorrenti, sicché i giudici 7 di 22 avevano errato in quanto: non avevano applicato la fattispecie di cui all'art. 58 del P.d.F. del 1971 che prevedeva il rispetto dei mt. 4 dal confine, benché la licenza fosse stata chi esta facendo riferimento proprio a quest'ul tima disposizione; aveva no ritenut o che l' art. 58 del ### edi lizio del 19 76, che stabiliva la distanza di mt. 20 costituisse una previsione di carattere generale, non li mitata alle abitazioni presenti in zona agricola; aveva no escluso l'assimilabilità del laboratorio artigianale ad un annesso agricolo, senza ricercar e le fonti primarie da applicare (d .m.  1444 del 1968 ); avevano negato che la variante al P.R.G.  introdotta nel 1991 avesse ridotto le distanze a mt. 5 dal confine e mt. 10 tra fabbricati, in contrasto con quanto affermato agli artt.  42 (dettato per le zone agricole di tipo ###b) e 42-ter delle N.T.A.  del P.R.G., che avevano eliminato le distanze di mt. 20 e mt. 24; avevano falsamente applicato l'art. 41 N.T.O. sostenendo che non fosse applicabile la norma in tema di distanze fissata dall'art. 41 delle N.T.O. del P.I. sull'assunto che in dette zone fosse consentita l'edificazione di fabbricati per il solo c.d. artigianato di servizio e che il manufatto dei co nvenuti non rientra sse in detta categor ia, benché inserito in zona ###, in quan to evidentemente riten uto compatibile con le destinazioni ivi annesse.  3. Con il sec ondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 12 delle disposizioni sulla legge in generale, 872 e 873 cod. civ., della variante al ### adottata con D.C. n. 85 del 17/9/1991 e approvata con D.G.R. n. 200/92 e di quella adottata con D.C. n. 104 del 20/12/1994 e n. 105 del 27/12/1994 e approva ta con D.G.R.  1047 del 2/4/1998, del ### degli ### del 2014 del Comune di ### degli artt. 39 e 41 delle correlate N.T.O. e degli artt.  112, 113 e 116 co d. proc . civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudic i di merito avevano 8 di 22 laconicamente ritenuto che la normativa più favor evole nel frattempo sopravvenuta (var iante di P.R.G. del 1991 e P. I. del 2014), che aveva eliminato le distanze tra fabbricati di 24 e 20 mt.  e dai confini di mt. 12, prevedendo rispettivamente quelle di mt. 10 e 5, non fosse applicabile alla specie, invocando, invece, le distanze previste dagli strumenti ampiamente superati, senza considerare il principio secondo il quale il sopravvenire di nuove disposizioni più favorevoli consolida la posizione del costruttore e il suo diritto al mantenimento dell'opera nello stato in cui si trova , benché in origine irrispettosa delle disposizioni regolamentari. I ricorrenti hanno in merito evidenziato che lo stesso c.t.u. Ing. Negro aveva omesso di indicare le distanze da rispettare dagli anni '80 in poi, lasciando in tal modo un vuoto istruttorio in contrasto coi suddetti principi.  3.1 Il primo e il secondo motivo, da trattare cong iuntamente in ragione della stretta connessione, sono fondati. 
Vanno, innanzit utto, respinti i rilievi di inammissibi lità per novità della questione, per violazione del principio di autosufficienza e per contraddittorietà, sollevati dal controricorrente, atteso che, in materia di distanze, opera il principio iura novit curia, in virtù del quale spetta al giudice e quindi anche a questa Corte di legittimità acquisire conoscenza d'ufficio, quando la vio lazione sia dedotta dalla parte, delle prescrizioni che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, in quanto integrative del codice civile (art. 873 cod. civ.) e aventi, dunque, valenza di norme giuridiche (anche se di natura second aria) (cfr. Cass. , Sez. 2, 5/2/2020, n. 2661; Cass., Sez. 2, 02/12/2014, n. 25501; Cass., Sez. 2, 15/06/2010, n. 14446), con la conseguenza che non può dirsi nuova una questione che attenga alla normativa applicabile. 
Quanto, poi, al difetto di autosufficienza, si evidenzia che, secondo il più re cente orientamento nomofilatti co, il suddetto requisito, 9 di 22 corollario del requisito di specificità dei motivi, deve essere interpretato in maniera elastica (Cass. 11325/2023), in conformità all'evoluzione della giurisprudenza di questa Corte - oggi recepita dal nuovo testo dell'art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022 - e alla luce dei principi stabiliti nella sentenza ### del 28 ottobre 2021 (### e altri c.  ###, che lo ha ritenuto compatibile con il principio di cui all'art.  6, par. 1, della ### a condizione che, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa ( 12481/2022); tra l'altro, esso non può tradursi in un ineluttabile onere di in tegrale trascrizione degli atti e documen ti posti a fondamento del ricorso, ove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all'interno delle censure, e si a specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (C ass. Sez. U, 8950/2022); Cass., Sez. 1, 7/11/2023 , ###). 
Nella specie, i ric orrent i hann o chiaramente evidenziato i punti della sentenza ritenut i in contrasto con le attuali norme sulle distanze prescritte in seguito alla modifica degli strumenti urbanistici, senza, peraltro, incorrere in alcuna contraddittor ietà, essendosi gli stessi limitati a dire che, quand'anche il manufatto di loro proprietà fo sse risultato esclu so da tutte le prescrizio ni urbanistiche, avrebbero dovuto trovar e applicazione le norme generali, non potendo consi derarsi qu ella in tema di “ann essi rustici”, sostanzialmente applicata in via di analogia.  3.2 Venend o al merito, si legge nella sentenza impu gnata che i giudici di merito, dopo avere descritto l'im mobile adibito a falegnameria di proprietà dei ricorrenti, sostenendo che la relativa copertura, da computare nel calcolo delle distanze, sporgeva dalla muratura di cm. 90 per un tratto lungo mt. 14 e di cm. 400 per un 10 di 22 tratto lungo circa mt. 20 e che la sua distanza minima dal confine era di mt. 8,43, mentre il distacco minimo tra fabbricati era di mt.  13,60, han no evidenziato che tale immobile, per un verso, era stato edi ficato in violazione dei titoli edi lizi rilasciati anche relativamente agli ampliamenti realizzati dopo il ### e, per altro verso, si trovava a distanza non regolamentare, posto che, ai sensi dell'art. 47 del ### comunale del 1971, in vigore nel 1976, avrebbe dovuto rispettare la distanza di mt. 24, co me accertato dal c.t.u. Ing. Negro e, prima ancora, dal c.t.u. Ing. 
Zanella, secondo cui la destinazione urbanistica del bene era all'epoca quella della “zona agricola” e non della “zona impropria”, confermata anche nel ### in vigore nel 1978. 
Discostandosi poi da qua nto aff ermato da quest'ultimo c.t.u., secondo il qu ale, con il ### to del 1978, era cessata la violazione delle distanze, atteso che la distanza di mt. 20, prescritta dall'art. 58 del ### edilizio, adottato il ### e vigente dal 21/11/19 78 al 1/7/1986, riguardava soltanto le abitazioni e che il fabbricato artigianale dei ricorrent i era, invece, equi parabile all'”an nesso rustico”, per il quale era previsto un distacco di mt. 10, i giudici di merito hanno ritenuto erronea tale argomentazio ne, sia perché il distacco di mt. 20 doveva considerarsi generale e non limitato alle sole abitazioni, sia perché il laboratorio artigianale non era “annesso agricolo” siccome non co nnesso all'esercizio dell'attivit à agricola, sia perché la distanza tra fabbricati di mt. 20 era prevista anche per gli “annessi agricoli”, riguardando quella minore di mt. 10 i soli confini, con la conseguenza che, non essendo il fabbricato in esame né residenza, né “annesso rustico”, siccome a uso artigianale, andavano applicate le norme più re strittive dei mt. 10 dai confini e dei mt. 20 tra fabbricati. 11 di 22 La Corte d'A ppello ha, infine, escluso che fossero sopragg iunti strumenti urbanistici pi ù favorevoli , atteso che, oltre ad ess ere irrilevanti le previsioni circa gli “ann essi agricoli”, la variante al P.R.G. del 30/6/1991 non riduceva la distanza tra fabbricati e che il ### degli ### del 12/5/2014, che avrebbe incluso, secondo la prospettazione degli appellati, il proprio terreno nel perimetro del “nucleo di edificazione diffusa”, non legittimava la permanenza del bene nel la medesima posizione, in qu anto, ai sensi dell'art. 41, punto 7, delle N. T.A., in tali zone non era affatto consentita l'edificazione di fabbricati per lo svolgimento di attività artigianali, se non per il c.d. “artigianato di servizio”, tra cui non rientrava la falegnameria.  3.3 Or bene, questa Corte ha costa ntemente affermato che, in materia di distanze nelle costruzi oni, lo ius superveniens più favorevole per il costruttore rende legit timo l'edi ficio sorto in violazione della normati va in vigore al momento della sua ultimazione, con la conseguenza che, q ualora subentri una disposizione derogatoria o si verifichi una situazione favorevole al costruttore, si conso lida il diritt o di quest'ultimo a mantenere l'opera alla distanza inferiore se, a quel tempo, la stessa sia già ultimata, fermo restando, peraltro, il diritto del vicino al risarcimento del danno subìto nel p eriodo tra l'edi ficazione e la nuova disposizione normativa o situ azione di fatto le gittima nte (Cass., Sez. 2, 17/08/2022 , n. 24844; Cass., Sez. 2, 24/11/2020, n. 26713; Cass., Sez. 2, 26/7/2013, n. 18119) e salvo che si sia in presenza di una sentenza passata in giudicato che abbia accertato la violazione, giacché la nuova normativa - a meno che non affermi espressamente di voler in cidere sui giudicati - non pu ò avere effetto sulla statuizione demolitoria c he deve essere eseguita in forza del giudicato (Cass., Sez. 3, 23/6/2016, n. 12987). 12 di 22 Tale prin cipio impone dunque di verificare se siano subentrate disposizioni più favorevoli rispetto al ### edilizio adottato il ###, vig ente dal 21/11/19 78 al 1/7/1986, e preso in esame dai giudici di merito.  3.4 A questo riguardo si osserva che il ### di ### adottato co n delibera del ### n. 129 del 9/12/1976, è stato abrogato dal l'art. 66 delle N.T.A. ### del Comune di ### aggiornato alla 18^ variante parziale (L.R.21/98), adottata con delib. cons. n. 18 del 22.03.2006, approvate con delib. cons. n. 33 del 28.06.2006, che, a ment e dell'art. 65, ha sostituito ogni altra regolamentazione comunale in materia. 
Il predetto P.R.G. ha suddiviso il terri torio com unale sia in zone territoriali omogenee ai fini dell'applicazione dei limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e del calcolo degli standar ds urbanistici minimi, tra le quali rient ra anche la “### omogenea E”, che comprende le parti del territorio destinate ad usi agricoli, soggette alla L.R. 5 Marzo 1985 N° 24, sia in ### individuate secondo la loro “destinazione funzionale”, includendovi anche le ### per insediamenti produttivi, a loro volta suddivise in varie zone agricole tra cui zone agricole ###a; zone agricole ###a; zone agricole ###a; zone agricole ###b; zone agricole di recupero ambientale. 
Queste ultime sono specificamente disciplinate dall'art. 38, il quale, oltre a stabili re che sono tali quelle destinate prevalentemen te all'attività produttiva di tipo agricolo, dividono le aree in zone agricole di tipo ###a, ###a, ###a ed ###b, in zone agricole di recupero ambientale, in attività agroindustriali e ser re per floricoltura esistenti e in allevamenti industriali esistenti, a ciascuna delle quali sono dedicati i successivi articoli. 13 di 22 Con specifico riguardo all a zona ###b, nel l'ambito della quale sarebbe inserita la proprietà dei rico rrenti, come dagli stess i dedotto, l'art. 42 precisa che essa riguarda le zone agricole di cui al precedente art. 41, il quale, nel disciplinare le ### agricole di tipo ###a, ossia le zone agricole già compromesse da in sediamenti residenziali e produttivi non legati direttam ente all'agricoltura, ammette, oltre agli “Al levamenti industriali” , anche gli interv enti residenziali di cui agli artt. 3, 4, 5, 6, e 7 della L.R. 5 Marzo 1985 n. 24 con le prescrizioni di cui al precedente art. 40 delle presenti norme di attuazione del P.R.G., e la costruzione o l'ampliamento di annessi rustici ed all evamenti aziendali, sec ondo le norme ed i limiti previsti all'art. 6 della L.R. 5 marzo 1985 n. 24, e del terzo e quarto comma del precedente art. 38, applicando le prescrizioni di cui alla lettera B) all'art. 39 delle medesime N.T.A.  ###. 40, richiamato, come visto, per le “Residenze” dal ridetto art.  41 e riferito alle ### di ####a, impone per le nuove costruzioni il rispetto della distanza minima dai confini di 5,00 ml. e la distanza minima dai fabbricati di 10,00 ml. da pareti finestrate, oppure aderenza o dai fabbricati di proprietà come da D.M. 2/4/68 n. 1444, ment re l'art. 39, richiamato dal ridetto art. 40 per gli annessi rustici, prevede un a distanza minima dai confini di 5,00 ml., una distanza minima dai fabbricati non di proprietà di 10,00 ml. e una distanza mi nima dai fab bricati di proprietà secondo quanto prescritto dal D.M. 2/4/68 n. 1444. 
Quanto alle ### agricole di tipo ###, caratterizzate dalla presenza di preesistenze insediative e utilizzab ili per l'organizzazione di centri rura li, nelle quali sa rebbe parimenti inser ito l'immobile in questione, l'art. 42-ter stabilisce che sono consentite, tra le varie destinazioni d'uso, anche quelle relative all'”artigianato di servizio”, precisando, quanto ai caratteri dell'edificazione, che la distanza dai confini deve essere di ml 5,00, la distanza minima dai fabbricati di 14 di 22 10,00 ml tra pareti fin estrate, oppu re aderenza, e la distanza minima dai fabbricati di proprietà conforme al D.M. 02.04.1968 1444.  3.5 Ebbene, come chiarito da Cass., Sez. 2, 2/2/2022, n. 3241, sia le norme tecniche di attuazione del P.R.G. che i regolamenti edilizi hanno valenza integrativa dell'art. 873 cod. civ., sicché la prevalenza delle diverse prescrizioni è - in materia - affidata essenzialmente ad un criterio di successione temporale delle norme locali (vedi anche Cass., Sez. 2, 4/10/2018, n. 24206), secondo quanto chiarito anche dalla giurisprudenza amministrativa, allorché ha evidenzi ato che regolamenti edilizi comunali e prescrizioni generali e astratt e dei piani regolatori gene rali e del le relative norme tecniche, avendo entrambe natura regolamentare o di atti amministrativi generali, sono subordinati solamente alle norme di rango primario in ese cuzione delle quali so no stati emana ti (Consiglio di Stato 2707/2012; T.a.r. Brescia 1629/2011; T.a.r. 
Firenze 2439/2008) e che è munita di forza abrogativa la norma di un regolamento edilizio che disciplini ex novo tutta la materia delle distanze, con conseguen te venir meno di un a precedente disposizione derogatoria contenuta n elle norme di attua zione del piano regolatore generale (Consiglio di Stato 104/1994). 
E' allora evidente l'errore in cui sono incorsi i giudici di merito, i quali hanno dato attuazione a di sposizioni, quelle contenute nel P.R.G. del 1976 , che non erano pi ù in vigore in quanto espressamente abrogate e sostituite dalle successive N.T.A., senza peraltro acc ertare neppure la ### nel la quale sono inserit i gli immobili dei ricorrenti, onde verificare la nuova disciplina ad essi applicabile. 
Né assume valore dirimente il fatto che la Corte d'Appello, sia pure sotto la previgente normativa, abbia già escluso il manufatto dei ricorrenti dalla nozi one di “artigiana to di servizio”, l'unico che, a 15 di 22 mente del ridetto art. 42-ter, consentirebbero la variazione d'uso, imponendo le distanze di ml. 10 tra costruzioni e ml. 5 dai confini. 
Infatti, non so ltanto l'indivi duazione della normativa applicabile assorbe comunque gli accertamenti in fatto - anche qualificatori - compiuti in relazione alla normativa ormai abrogata, ma la stessa sentenza non spiega neppure le ragioni dell'esclusione dell'attività svolta nel manufatto dalla suddetta nozione. 
Si osserv a al riguardo che l'artigianato di servizi o, privo di una autonoma definizione, siccome non contenuta né negli strumenti urbanistici locali, né, in generale, nella legge n. 443 del 1985 (la quale si limi ta ad affermare che l'imprendit ore artigiano, quale titolare dell'impresa, è colui che esercita perso nalmente e professionalmente l'attività, assumendo la piena responsabili tà della stessa e gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione e gestione, nonché prestando il proprio lavoro, anche manual e, in misura prevalente nel processo produtti vo), si sostanzia nel lo svolgimento di attività volta all'elaborazione di un prodotto o di un servizio in modo artigianale e nella fornitura dello stesso, cioè in un'attività artigianale svolta a favore di uno specifico utente (in tal senso T.A.R. Pug lia, ### 3, 21/2/2009 , n. 254), con la conseguenza che la valu tazione al riguardo non pu ò prescindere dall'esame dell'attività specificamente svolta nel manufatto stesso, rimasta, invece, insindacata nella specie. 
Va infine osservato che le norme tecniche di attuazione, nella parte in cui derogano al regime ordinario delle distanze, sono di stretta interpretazione e sono, pertanto, in suscettibili di in terpretazione analogica ai sensi dell'art. 14 delle preleggi o estensiva, la quale, quantunque in astratto non preclusa per le norme derogatorie o eccezionali, impone di circoscriverne la portata alle ipotesi in cui il plus di significato, che si intenda attribuire alla norma interpretata, non rid uca la portata della norma che co stituisce la re gola con 16 di 22 l'introduzione di nuove eccezioni (Cass., Sez. 2, 28/2/2018, 4657; Cass., Sez. 2, 17/12/1993, n. 12506). 
Peraltro, l' eventuale impossibilità di sussumere la fattispecie concreta in un a di quelle astr attamente previste dagli strumenti locali non può certo far rivivere disposizi oni ormai abrogate, ma impone di applicare le norme generali che, nella materia in esame, sono previste dagli artt. 873 e ss. cod. civ. e dal d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, il quale ha efficacia di legge dello Stato, siccome emanato su delega della legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41- quinquies (c.d. legge urbanistica), sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati non so ltanto prevalgono sulle co ntrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica (Cass., Sez. U, 07/07/2011, n. 14953, Rv. 617949), ma, in quanto integrative dell'art. 873 cod. civ. pure nei rapporti tra privati, acquistano efficacia precettiva anche in caso di mancata previsione di norme sulle distanze (tra le tant e Cass., Sez. 2, 12/12/2017, n. 29732, non massimata). 
Consegue da quanto detto la fondatezza delle censure.  4.1 Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 392 e 394 cod. proc. civ., dell'art. 2909 cod. civ., degli artt.  1158, 2697 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giud ici di merito, violando i limi ti d el potere del giudice del rin vio, nonché del giudicato implicito formato si sull'accertamento di fatto in or dine all'eccezione di usucapione, l' aveva rigettata non già per la sua inammissibilità, ma perché mancava la prova della prees istenza dell'ampliamento, laddove nelle precedenti fasi si era affermato, sia pure erroneamente, l'inammissibilità dell'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto distanze inferiori a quelle leg ali. 
Peraltro, la Corte di merito aveva ritenuto che l'usucapione fosse 17 di 22 rimasta indimostrata, stante la genericità delle deposizi oni testimoniali, così violando il giudicato implicito formatosi sulla valutazione delle prove testimoniali stesse. 
Infine, la matu rata usucapione emergeva sia dalla stessa c.t.u.  dell'Ing. Negro, allorché aveva puntualizzato che in data ### era stata richiesta la licenza edilizia per ampliamento laboratorio di falegnameria e che dalle foto aeree scattate nel 1967 risultava la maggiore ampiezza della parte edificata rispetto a quella autorizzata, sia dai testi moni sentiti, che avevano affermato l'esistenza del laboratorio di falegnameria fin dal 1965.  4.2 Il terzo motivo è invece infondato. 
Questa Corte ha già avuto modo di afferma re che l'ambito di operatività del giudicato, in virtù del principio secondo il quale esso copre il dedotto e il deducibile, è correlato all'oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanzi ale, non soltanto sul l'esistenza del diritto azionato, ma anche sul l'ine sistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancor ché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi e a quelli comportanti un mutamento del petitum e del la causa peten di, fe rmo restando il requisito dell'identità delle persone (Cass., Sez. 1, 9/11/2022, n. ###). 
La preclusione per effetto di giudica to sostanzi ale può scaturire , invero, solo da una statuizione che abbia at tribuito o negato "il bene del la vita" preteso e non anche da un a pronuncia che non contenga statuizioni al riguardo, pu r se essa risolva questioni giuridiche strumentali rispetto all'attribuzione del bene controverso, atteso che non sono suscettibili di passare in giudicato quei capi della pronuncia ch e, sebbene non impugnati, sono strettament e collegati da rapporto pregiudiziale o conseguenziale (Cass., Sez. 1, 17/1/2022, n. 1252). 18 di 22 Il giudicato interno si forma, infatti, solo su di un capo autonomo di sentenza che, restando del tutto indipendente, risolva una questione avente una prop ria individualit à e autonomia, la qu ale non pu ò dirsi sussistente allorché consista in una mera argomentazione, ossia nella semplice esposizione di un'astratta tesi giuridica, pur se funzionale a risolvere questioni strumentali rispetto all'attribuzione del bene controverso. In quest'ultimo caso, infatti, l'impugnazione della pronunzia di merito coinvolge necessariamente anche il ragionamento giuridico - esatto o errato che sia - che la sostiene, la sciando libero il giudice dell'impugnazione di confermare la decisione anche sulla base di una diversa motivazione in diritto (C ass., Sez. 1, 30/6/2022, 20951; Cass., Sez. 3, 05/09/2005, n. 17767; Cass., Sez. 1, 28/10/2005, n. 2 1092; Cass., Sez. 2, 03/07/20 03, n. 10527; Cass., Sez. 3, 23/01/2002, n. 738; Cass., Sez. 3, 17/05/2001, 6757; Cass., Sez. 3, 02/10/1997, n. 9628). 
In particolare, ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in app ello, la locuzione giurisprudenziale "minima unità suscettibile di acquisire la sta bilità del giudicato interno" individua la sequenza logica costitu ita dal fatto, dalla norma e dall'effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l'esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giurid ico, con la conseguenza che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno l'impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull'intera statuizione (fra le tante Cass., Sez. 3, 19/10/2022, n. 3072 8; Cass., Sez. 6-L, 12/8/2018, n. 24783, non massimata). 
Alla luce di tali principi deve allora escludersi che sussista un giudicato interno limitatamente agl i accertamenti in fatto e alla 19 di 22 lettura delle risultanze istruttorie correlate ad una specifica domanda, quando il suo esito sia stato oggetto di gravame. 
Pertanto, avendo questa Corte, con la sentenza del 2018, assorbito il motivo di ricorso sull'eccezione di usucapione, il giudice di rinvio aveva il dovere di riesaminare sotto ogni profilo la questione. 
La censura è, peraltro, inammissibile in quanto tende a rimettere in discussione la valut azione del compendio probatorio acquisito, senza con siderare che la suddetta attività è riservata in via esclusiva all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusi oni in ordine alla ricostruzione del la vicenda fattuale non sono sindacabili con il ricorso per cassazione (Cass., Sez. 1, 3/7/2023, n. 18 857; Cass. 19/07/2021, n. 20553; 29/10/2018, n. 27415).  5.1 Con il quar to motivo di ricorso, si lament a la violazione e/o falsa app licazione degli artt. 112 cod . proc. civ. e 11 1 Cost., nonché degli artt. 2697 e 2043 cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici d'ap pello avevano accolto la domanda di risarcimento dei danni, nonostante l'appellante avesse concluso chiedendo la condanna “nella misura che sar à accertata e precisata in separato giudizio”, con la conseguenza che non avrebbero potuto procedere alla liquidazione del suo ammontare senza dar luogo a un vizio di extrapetizione. 
I ricorrenti hanno, peraltro, evidenziato che il danno non avrebbe dovuto essere liquidato tenendo conto di un arco temporale di 44 anni, ma avrebbe potuto al più riguardare il periodo dal 1976 (data della edificazione) al 1991 (data della so pravvenienza della normativa più favorevole); che la villa non era di particolare pregio architettonico in quanto era in stato di abbandono e degrado, con conseguente esclusione dei valori di stima adottati dal c.t.u.; che il danno doveva escludersi anche sotto il profilo dell'amenità dei luoghi, della veduta, della luce, del suo inserimento nella zona e 20 di 22 dell'arretramento del laboratorio rispetto al corpo principale del la villa; che non venivano limi tate aria e luce attesa la di stanza di quasi mt. 20 tra i due fabbricati; che nessuna prova aveva fornito la co ntroparte; che i ricorrenti erano sta ti co ndannati alla demolizione del laboratorio in cui svolgevano l'attività artigianale di famiglia; che il danno era stato duplicato, non potendo la perdita della visuale essere computata come deprezzamento generale del complesso immobiliare e come voce a parte; che la quantificazione era riferita ad uno stabile ristruttu rato, senza tener conto dello stato effettivo dell'immobile.  5.2 Il quarto motivo è fondato. 
Occorre, innanzitutto, premettere che il principio secondo cui l'interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio ricondu cibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc .  civ.) o a quello del tantum devolutum quantum app ellatum (art.  345 co d. proc. civ.), trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo che attribui sce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali e, in particolare, del le istanze e dedu zioni delle parti (tra le tante Cass., Sez. 3, 10/10/2014, n. 21421; Cass., Sez. L, 22/7/2009, n. 17109). 
Orbene, dall'esame degli atti risulta che con l'atto d'appello contro la sentenza di pri mo grado i conv enuti avevano lam entato la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per av ere la Corte d'Appello pronunciato anche sul quantum dei danni, benché in precedenza, con le prime conclusi oni del 21/01/2004, l'attor e avesse ridotto solo all'an la domanda risarcitoria. 21 di 22 La questione, rip roposta in Cassazio ne con il sesto motivo, era stata di chiarata assorbita dalla sentenza del 2018 ed era stata, quindi, correttamente riproposta anche in sede di rinvio. 
Nonostante ciò, la Corte d'Appello ha omesso di pronunciarsi sul punto, provvedendo a infliggere ai ricorrenti la condanna al pagamento dell'ingente somma di € 115.000,00 a titolo risarcitorio. 
Da ciò consegue la fondatezza della censura.  6.1 Con il quinto motivo di ricorso, si lamenta, infine, la violazione dell'art. 91 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano quantificato le spese di li te in misura sproposit ata, senza considerare che il giudizio di legittimità si era concl uso con la soccombenza del la controparte.  6.2. Il quinto motivo, afferendo alle spese di lite, resta assorbito dall'accoglimento dei primi due e del quarto.  8. In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo, del secondo e del quarto motivo, l'infondatezza del terzo e l'assorbimento del quinto, il ricors o deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Venezia che, in diversa composizione, dovrà statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.  P.Q.M.  La Corte accogli e il primo, secondo e quarto motivo di ricorso, dichiara l'infondatezza del terzo e l'assorbimento del quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. 
Così deciso in ### il ###.  

Il giudice
estensore ### 22 di 22


Giudice/firmatari: Orilia Lorenzo, Pirari Valeria

M
1

Tribunale di Napoli, Sentenza n. 3321/2024 del 25-03-2024

... che permette di verificare la presenza o meno di un abuso edilizio non è mai il catasto ma solo il titolo abilitativo al Comune, che nel caso di specie non era necessario. In generale, poi, al momento di stipulare un contratto di locazione di un immobile destinato a un determinato uso, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività ripromessasi nonché a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative, sebbene le parti siano comunque libere di pattuire — individuando nel contempo su chi grava il relativo onere economico — tanto l'effettiva possibilità di apportare all'immobile le necessarie modificazioni per poter svolgere l'attività prevista, quanto il fatto che quest'ultimo presenti ( o sia in potenziale condizione di acquisire ) le pertinenti condizioni giuridiche funzionali al rilascio delle autorizzazioni amministrative stesse ( v. Cass. civ. sez. III, 27/52008, n. 13761; civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303 ; Cass. civ. sez. III, 30/4/2005, n. 9019 ). In altri termini, se non specificamente pattuito, il locatore non è tenuto ad adeguare i beni (leggi tutto)...

testo integrale

### 26585 / 2021 R.G. 
Tribunale di ### civile ### ha pronunciato ex art. 429 comma 1 prima parte c.p.c. mediante lettura del dispositivo e della contestuale motivazione all'esito della udienza di discussione del 25/3/2024 la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 26585/2021 del ruolo generale degli affari contenziosi civili avente ad oggetto: opposizione contro decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di canoni e di debiti riconosciuti, dichiarazione nullità, annullamento, risoluzione locazione e risarcimento del danno, e vertente TRA ### s.r.l. con codice fiscale ###, elett.te dom.ta in Napoli al ### n. 21 presso l'avv. ### , rappresentato e difeso da quest'ultimo e dall'avv. ### in virtù di procura a margine dell'atto di citazione in opposizione OPPONENTE - ###.C.E.R. - ### per l'### con codice fiscale ###, elett.te dom.ta presso la propria sede ###Napoli alla via ### n. 75, rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### in virtù di procura in calce alla comparsa di risposta ### : parte opposta conclude come da verbale di udienza del 25/3/2024 MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'atto di citazione introduttivo del presente giudizio, la ### s.r.l. ha proposto opposizione ex art. 645 c.p.c. contro il decreto ingiuntivo n. 7276/2021 emesso a suo carico ed in favore della A.C.E.R. - ### per l'### il ### all'esito del procedimento monitorio contrassegnato dal numero di ruolo 8916/2021 R.G., per l'importo complessivo di euro 38.884 oltre interessi e spese della procedura, importo richiesto nel relativo ricorso, depositato ex art. 633 c.p.c. dalla ### per essersi resa asseritamente la ### morosa nel pagamento dei canoni di locazione pattuiti in ratei mensili anticipati di euro 1.766,96 , e più in particolare : a) per tutti i canoni scaduti dal mese di gennaio al dicembre 2020 per un totale di euro 25.947,60; b) per tutti i canoni dal mese di agosto 2019 al mese di dicembre 2019 e per la morosità parziale relativa ai canoni di maggio e giugno 2019, per un totale di euro 12.936,67 . 
Il titolo costitutivo del diritto al pagamento è stato identificato dalla A.C.E.R. nel contratto di locazione ad uso commerciale del 12 febbraio 2019, registrato presso l'### delle #### di Napoli il ### , stipulato tra il locatore ### per ### della ### di Napoli ( ora A.C.E.R. ) e la conduttrice ### s.r.l., avente per oggetto i locali terranei siti in Napoli alla via ### n. 69 / 71 / 73 / 77 / 81 / 83 / 87 ed alla ### n. 67 , riportati nel N.C.E.U. del Comune di Napoli - ### SFE - Fg. 3 - Particella n. 179 - sub 2, 3, 4, 6, 7, 9 e 1, con categoria C 1 ( cfr. doc. 3 allegato al ricorso monitorio, contratto di locazione-articolo 2 ), laddove in data ### si era proceduto alla consegna materiale degli immobili e delle chiavi, giusta verbale di consegna allegato al contratto di locazione ( cfr. doc. 3- verbale di consegna allegato al contratto ). 
Ora, la ### s.r.l. nell'atto di citazione in opposizione ha descritto quelle che erano state le trattative prodromiche alla stipula del negozio del 2019, avendo premesso che il contratto di locazione per cui è causa sarebbe inscindibilmente legato ad altro accordo esistente tra le parti, ove la odierna opponente si era accollata il debito del precedente conduttore, nella persona di ### per canoni scaduti e non pagati pari ad euro 109.849,42 in relazione alla locazione di alcuni degli immobili poi locati nel 2019 alla ### , con il versamento del 10% all'atto della sottoscrizione ( euro 10.984,94 ) e la conseguente concessione di una rateizzazione per l'importo residuo ( euro 98.864,48 ) in 72 rate mensili di euro 1.406,06. 
Trattasi più specificamente di atto di riconoscimento del debito prot. 8633 del 12/2/2019 della ### laddove questa si era assunta espressamente l'obbligazione pecuniaria di corrispondere all'I.A.C.P. ( oggi A.C.E.R. ) le somme dovute dal precedente conduttore ### per canoni scaduti e non pagati all'I.A.C.P. in relazione al contratto di locazione stipulato dal predetto conduttore relativamente agli immobili de quo, per la somma di euro 109.849,42, come determinato ed accertato con sentenza del Tribunale di Napoli n. 513/2017 . 
La opponente ha anche dedotto che già in data ### la A.C.E.R. le aveva notificato telematicamente un atto d'intimazione di sfratto per morosità e conseguente citazione per convalida e che il ### le aveva notificato altro ricorso per decreto ingiuntivo e pedissequo provvedimento per il versamento della somma di euro 38.884,28, quali canoni di locazione non versati ed oggetto del predetto giudizio di sfratto per morosità attualmente pendente dinanzi all'adito Tribunale di Napoli, che sono diversi da quelli considerati dal decreto ingiuntivo n. 7276/2021, opposto nella presente sede. 
Quindi la ### ha evidenziato l'irreperibilità del ### per la consegna delle chiavi dei locali, ai fini dell'effettuazione dei sopralluoghi ( per rilievi e saggi ) tesi alla formalizzazione delle complessive intese intercorse, ma oggetto di valutazioni solo “sulla carta” tra i tecnici delle parti , nonchè lo stravolgimento delle “volontà” contrattuali dello I.A.C.P. che con PEC del 3/10/2018 aveva inizialmente comunicato l'impossibilità di aderire alla proposta previamente effettuata ( ed oggetto dei numerosi incontri avvenuti nel corso dei mesi precedenti ), in quanto “era in fase di esecuzione il recupero giudiziario dei locali ai civici 69, 71 e 73” , locati al ### e che si sarebbe proceduto, quindi, con l'assegnazione competitiva dei beni non appena rientrati nel materiale possesso dello I.A.C.P. In proposito l'opponente ha anche allegato che la conclusione del contratto di locazione del 2019 era stata fortemente influenzata, a suo discapito, dalle “dinamiche” unilaterali che la avevano costretta, in punto di fatto, ad accettare condizioni inique, non essendo in grado di trovare altrove e nel breve periodo altra ubicazione per la propria attività commerciale. 
La opponente ha però lamentato che gli immobili oggetto di locazione erano ( e lo sarebbero tuttora per colpa dell'A.C.E.R. ) inadatti allo svolgimento di qualsivoglia attività: essi, infatti, a suo dire necessitavano di notevoli interventi di restauro e regolarizzazione catastale (v. art. 3, comma 2 del contratto di locazione), che infatti la ### si era impegnata ad eseguire con l'accordo che le spese da essa sostenute sarebbero state detratte sino all'importo massimo di euro 55.000 ( v. art. 3, comma 4 ). 
Ovviamente, per l'esecuzione di tali lavori, ritenendo la conduttrice che sul piano catastale non ci fossero criticità dato che la locatrice era la materiale proprietaria dell'intero immobile in cui si trovavano le unità oggetto di locazione, era necessario munirsi delle preventive autorizzazioni da parte degli ### competenti: di tale attività amministrativa, necessariamente propedeutica all'inizio dei lavori, si era fatta carico nel contratto sempre la ### , e ciò nell'ottica di velocizzare al massimo possibile il tutto, perché l'utilizzo da parte della ### dei locali affittati e, quindi, l'attività produttiva della stessa, era subordinata alla ristrutturazione per ripristinare i locali nel rispetto delle norme di legge. ###.C.E.R., però, si era riservata il diritto contrattuale di esprimere la propria preventiva autorizzazione a qualsivoglia “modificazione ai locali o alle pertinenze e prospetti del fabbricato” prevedendo, in caso di violazione, la risoluzione di diritto del contratto di locazione ( art. 11, lett. d) del contratto ). Pertanto, prima di presentare agli ### competenti qualsivoglia atto amministrativo ( per es., richiesta di permessi ecc… ), la ### doveva a suo dire ottenere l'autorizzazione dell'A.C.E.R., autorizzazione sempre negata. 
La opponente ha infine asserito che dal raffronto tra la planimetria catastale originaria e la piantina catastale del 20/4/1998 risultarono una serie di abusi edilizi, consistenti soprattutto in aumento di superficie ed altezza, tali da rendere l'immobile locato inidoneo all'uso commerciale previsto in contratto. 
Pertanto essa ha chiesto in via riconvenzionale la dichiarazione di nullità del contratto ex artt. 1346 e 1418 c.c. per impossibilità del suo oggetto, costituito dal godimento per fini commerciali degli immobili locati, non essendo autorizzabile alcun restauro a causa della presenza di abusi edilizi. 
Sempre in via riconvenzionale, la ### ha proposto domanda di annullamento del contratto per dolo dell'A.C.E.R. ex artt. 1427 e 1439 c.c., per avere taciuto la locatrice la reale situazione urbanistica dei beni locati - i preesistenti abusi edilizi - e per averle fatto credere di poter restaurare gli immobili per destinarli all'uso commerciale, addirittura promettendole, per gli interventi di restauro ad effettuarsi, lo sconto sino ad euro 55.000 sui canoni a pagarsi ( art. 3, commi 2 e 4 del contratto di locazione ), o in subordine per errore di fatto essenziale ai sensi degli artt. 1427, 1428 e 1429 c.c., perché se avesse saputo dell'impossibilità di riattare gli immobili locati e di destinarli all'uso commerciale fissato in contratto, certamente non lo avrebbe sottoscritto. 
Ulteriore domanda riconvenzionale è stata proposta per la risoluzione del contratto di locazione, per avere l'A.C.E.R., in violazione delle regole della buona fede, consapevolmente ed illecitamente impedito alla ### di raggiungere lo scopo, dichiarato in contratto, in ragione del quale è nato il rapporto di locazione per cui è causa : utilizzare i locali per svolgervi la propria attività commerciale, o per eccessiva onerosità, data l'impossibilità sopravvenuta di pagamento del canone di locazione e la sua eccessiva onerosità. 
Infine è stata chiesta la condanna della locatrice a risarcire alla ### il danno emergente ed il lucro cessante, nella misura da quantificare in corso di causa : sotto il profilo del danno emergente i costi a qualsivoglia titolo sostenuti in relazione al contratto, la perdita di fatturato, il danno d'immagine e tutti gli altri eventuali danni dovessero derivare, nelle more del giudizio, dai comportamenti avversari; sotto il profilo del lucro cessante, il mancato guadagno e perdita di chance causate dal mancato svolgimento dell'attività commerciale. Il tutto con restituzione alla ### ex art.1458 c.c., di tutti gli importi pagati in relazione al rapporto contrattuale di locazione, nonché dei costi a qualsivoglia titolo sostenuti. 
In via di eccezione la opponente invece ha dedotto l'illegittimo frazionamento del credito e di essere creditrice dell'A.C.E.R., quantomeno, di complessivi euro 23.120 oltre I.V.A., importo speso dalla ### per lavori di manutenzione ordinaria eseguiti sugli immobili locati ( v.: doc.ti 10, 11, 12 e 13 ). Pertanto, è stato chiesto di: a) dichiarare, ove occorra anche ai sensi dell'art. 2041 c.c., che la ### è creditrice dell'A.C.E.R. del predetto importo di euro 23.120 oltre I.V.A.; b) operare la compensazione tra il credito eventualmente dovuto all'A.C.E.R. ed il predetto credito della ### e condannare l'A.C.E.R. al pagamento dell'eventuale differenza in favore della ### Si è costituita la convenuta ed ha controdedotto che nell'articolo 3) del contratto di locazione, in assenza di ogni clausola condizionale sospensiva o risolutiva, la conduttrice aveva accettato espressamente le seguenti circostanze e obbligazioni: - “ (…) i locali si consegnano all'assegnatario nello stato a lui noto perché egli li ha in precedenza visitati e si impegna ad effettuare i lavori di ristrutturazione ed adeguamento alle normative vigenti “ . Altresì la conduttrice si era impegnata “ad eliminare eventuali abusi edilizi esistenti ed effettuare a proprie cure e spese le variazioni catastali e regolarizzazioni edilizie conseguenti”. Inoltre la conduttrice si era assunta espressamente l'obbligazione a propria cura e spese ( “cura e onere” ) di acquisire le autorizzazione per la realizzazione dei lavori come pure “ogni responsabilità per atti e fatti connessi alla loro esecuzione”. 
Di qui l'affermazione che l'opponente conosceva tutte le circostanze e lo stato di fatto e diritto della consistenza immobiliare per cui è causa e ciononostante aveva accettato, senza alcuna condizione, di assumersi tutte le obbligazioni, oneri e rischi di cui all'atto di riconoscimento del debito e del contratto di locazione prendendo espressamente in consegna gli immobili oggetto del presente giudizio. 
Con ordinanza del 6/3/2022 sono stati disposti la provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. del decreto ingiuntivo opposto e il mutamento del rito ex art. 426 c.p.c. da ordinario a speciale locatizio, con assegnazione anche del termine per l'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, che ha avuto luogo su iniziativa del creditore opposto, ma senza esito. 
Ciò premesso, l'opposizione è infondata e va integralmente rigettata. Invero la eventuale non conformità dell'immobile locato alla disciplina edilizia e urbanistica non determina la illiceità dell'oggetto del contratto, atteso che il requisito della liceità dell'oggetto, previsto dall'art. 1346 c.c., è da riferire alla prestazione, ovvero al contenuto del negozio e non al bene in sé, né può far ritenere illecita la causa, ai sensi dell'art. 1343 c.c., perché locare un immobile costruito senza licenza, né condonato, non è in contrasto con l'ordine pubblico, da intendere come il complesso dei principi e dei valori che contraddistinguono l'organizzazione politica ed economica della società in un determinato momento storico. Il carattere abusivo di una costruzione, mentre può senz'altro costituire fonte di responsabilità dell'autore nei confronti dello Stato, non comporta, dunque, l'invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme ( v.  civ. sez. III, 12/4/2023, n. 9766 ). Fra l'altro nel caso di specie, per quanto affermato dalla stessa opponente, l'edificio in cui sono ubicati gli immobili oggetto di locazione risale al 1930, e solo con l'art. 4 R.D.L. 640/1935 e con la legge urbanistica n. 1150 del 1942 è stato imposto, per la prima volta, di dotarsi di una licenza edilizia per la costruzione di un fabbricato in centri abitati, tanto è vero che le opere di realizzazione anteriore al 1942 non devono essere oggetto di richiesta di condono, proprio perché non sono da considerarsi illegittime, e ciò che permette di verificare la presenza o meno di un abuso edilizio non è mai il catasto ma solo il titolo abilitativo al Comune, che nel caso di specie non era necessario. 
In generale, poi, al momento di stipulare un contratto di locazione di un immobile destinato a un determinato uso, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività ripromessasi nonché a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative, sebbene le parti siano comunque libere di pattuire — individuando nel contempo su chi grava il relativo onere economico — tanto l'effettiva possibilità di apportare all'immobile le necessarie modificazioni per poter svolgere l'attività prevista, quanto il fatto che quest'ultimo presenti ( o sia in potenziale condizione di acquisire ) le pertinenti condizioni giuridiche funzionali al rilascio delle autorizzazioni amministrative stesse ( v. Cass. civ. sez. III, 27/52008, n. 13761; civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303 ; Cass. civ. sez. III, 30/4/2005, n. 9019 ). 
In altri termini, se non specificamente pattuito, il locatore non è tenuto ad adeguare i beni locati alle esigenze ricollegabili all'attività esercitata dal conduttore, anche se quest'ultima è stata indicata nel contratto, limitando ad essa l'uso consentito per l'immobile oggetto del rapporto, il che è lo stesso che dire che, pur se l'immobile fosse effettivamente inidoneo, nessuna responsabilità può essere imputata alla parte locatrice . 
Vale infatti “il principio secondo il quale, stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso ( nella specie commerciale ), grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per l'attività ripromessasi, ed altresì adeguate a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative” ( Cass. civ. sez. III, 27/5/2008, n. 13761; Cass. civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303; Cass. civ., 30/4/2005, 9019 ) e “nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati a uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento della attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle autorizzazioni amministrative indispensabile alla legittima utilizzazione del bene locato, per cui, escluso che sia onere del locatore conseguire tali autorizzazioni, ove il conduttore non riesca ad ottenerle, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al proprietario, e ciò quand'anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato” ( cfr. Cass. civ. sez. III, 25/01/2011, n. 1735 ; Cass. civ. sez. III, 16/6/2014, n. 13651 ). 
In definitiva, “La destinazione particolare dell'immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore” ( v. sul punto civ. sez. III, 7/6/2018, n. 14731 ) . 
Nella fattispecie in esame, inoltre, la ### s.r.l. è una società commerciale, per tale motivo in possesso delle cognizioni tecniche necessarie per valutare correttamente le condizioni di utilizzabilità dell'immobile preso in locazione fin dall'inizio del rapporto . 
La circostanza è tanto più evidente, perché la conduttrice non solo aveva accettato la consegna dei locati nello stato ad essa noto perché li aveva in precedenza visitati, ma addirittura si era impegnata ad eliminare eventuali abusi edilizi e ad effettuare a proprie cure e spese le variazioni catastali e regolarizzazioni edilizie conseguenti. 
Infine, la conduttrice ha continuato ad occupare il bene immobile senza versare il corrispettivo, tenendo essa un comportamento contrario alla buona fede, nonostante si fosse assunta nel contratto il rischio della acquisizione dei titoli necessari, così liberando la proprietà da ogni e qualsiasi onere. 
In proposito appare evidente che tale accollo del rischio, per quanto dedotto dalla stessa opponente, fu motivato dall'esigenza, nell'immediato, di evitare l'adozione da parte dell'I.A.C.P. di una procedura competitiva per la scelta del contraente, dato che era in fase di esecuzione il recupero giudiziario dei beni di cui ai civici 69, 71 e 73 precedentemente locati al ### e quindi per ottenere il subentro in via preferenziale e senza gara nella detenzione dei beni. 
Da tanto deriva l'inesistenza di tutti i profili di invalidità o di risoluzione del contratto fatti valere dalla opponente, con conseguente rigetto non solo della sua opposizione ma anche delle domande riconvenzionali proposte, ivi compresa quella risarcitoria, e con contestuale dichiarazione di esecutorietà definitiva ex artt. 653 e 654 c.p.c. del provvedimento monitorio, anche se è già stata dichiarata la sua provvisoria esecuzione nel corso del giudizio con ordinanza resa ai sensi dell'art. 648 c.p.c.. 
Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 comma 1 c.p.c. e vengono liquidate come da dispositivo, in considerazione del valore della controversia individuato ai sensi degli artt. 5 ss. del D.M. 10/3/2014 n. 55 come modificato dal D.M. 13/8/2022, n. 147 , da applicare alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore, e 14 comma 1 c.p.c. e quindi dello scaglione di valore corrispondente, che coincide con l'importo del credito azionato con la domanda giudiziale originaria formulata nell'atto introduttivo del procedimento monitorio ( cd. criterio del disputatum , v. sul punto Cass. civ. sez. sez. II, 11/2/2022, n. 4520 ), pari a sua volta ad euro 38.884. 
La liquidazione va effettuata per tutte le fasi contemplate dall'art. 12 comma 3 del medesimo regolamento ministeriale e con l'applicazione per i compensi dei livelli medi previsti dalla ### n. 2 allegata al decreto, che si riferisce ai giudizi di cognizione ordinaria, in ottemperanza alla regola stabilita dall'art. 4 comma 1, che fa sì che tali livelli siano adeguati per definizione ( nel senso che il ### è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, con apposita e specifica motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi affinché siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo, v. Cass. civ. sez. VI, 13/5/2022, n. 15392 ; Cass. civ. sez. VI, 25/5/2020, n. 9542 e Cass. civ. sez. III, 7/1/2021, n. 89 ) . 
Si deve però tener conto, nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, anche del valore della domanda riconvenzionale risarcitoria di valore indeterminabile , la cui proposizione, ove sia diretta all'attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell'attività difensiva ( v. Cass. civ. sez. II, 3/7/1991, n. 7275 ; Cass. civ. sez. III, 29/11/2018, n. ###; Cass. civ. sez. VI, 6/2/2020, n. 2769 ). 
Va infatti considerato che in tema di liquidazione del compenso spettante all'avvocato, la determinazione del valore della causa, anche ai fini dell'individuazione dello scaglione tariffario applicabile, deve essere effettuata a norma del codice di procedura civile, con la conseguenza che, in difetto di concreti elementi di stima precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio, deve ritenersi di valore indeterminabile la domanda di risarcimento, nella quale gli elementi di valutazione del danno, di cui si chiede il ristoro, costituiscano l'oggetto o uno degli oggetti dell'accertamento e della quantificazione rimessi al ### ( v. Cass. civ. sez. II, 31/03/2014, n. 7508 ). 
Lo stesso vale quando, pur essendo stata richiesta la condanna di controparte al pagamento di una somma specifica, vi si si aggiunga, come nel caso di specie, l'espressione "o di quella maggiore o minore che si riterrà di giustizia" o espressioni equivalenti, poiché, ai sensi dell'art. 1367 c.c., applicabile anche in materia di interpretazione degli atti processuali di parte, non può ritenersi "a priori" che tale espressione sia solo una clausola di stile senza effetti, dovendosi, al contrario, presumere che in tal modo l'attore abbia voluto indicare solo un valore orientativo della pretesa, rimettendone al successivo accertamento giudiziale la quantificazione ( Cass. civ. sez. I, 26/4/2021, n. 10984 ). 
Tuttavia per la determinazione del valore della controversia, la domanda riconvenzionale, non essendo proposta contro il medesimo soggetto convenuto, non si cumula con la domanda principale dell'attore sostanziale, ma, se di valore eccedente a quest'ultima, può comportare l'applicazione dello scaglione superiore perchè amplia il "thema decidendum" ed impone all'avvocato una maggiore attività difensiva, sì da giustificare l'utilizzazione del parametro correttivo del valore effettivo della controversia sulla base dei diversi interessi perseguiti dalle parti, ovvero del criterio suppletivo previsto per le cause di valore indeterminabile ( cfr. Cass. civ. sez. III, 27/01/2003, n. 1202 ; Cass. civ. sez. II, 14/7/2015, n. 14691 ; Cass. civ. sez. II, 1/8/2023, n. 23406 ). In altri termini, non deve procedersi al cumulo delle domande ma deve tenersi conto solo del maggiore tra i valori delle due contrapposte domande ( v. 
Cass. civ. sez. II, 24/4/2008, n. 10758 ; Cass. civ. sez. II, 20/10/2023, n. 29182 ). 
Per l'appunto nel caso di specie è sempre pari ad euro 7.616 il compenso da liquidare in base al valore della domanda dell'attore sostanziale rispetto a quello delle cause indeterminabili risarcitorie di bassa complessità, per cui questa è la somma al cui pagamento va condannata la opponente. 
A tale importo vanno comunque aggiunti l'IVA e la CPA se documentate con fattura quali accessori delle spese legali ( cfr. Cass. civ. sez. III, 8/11/2012, n. 19307 ) nonchè il 15% sui compensi a titolo di rimborso forfettario ex art. 2 comma 2 D.M. 10/3/2014 55, che è dovuto “in ogni caso” e quindi segue automaticamente la condanna pronunciata ex art. 91 comma 1 c.p.c. ( v. Cass. civ. sez. III, 8/7/2010, n. 16153 ).  P.Q.M.  ### definitivamente pronunciando, così provvede : a ) rigetta l'opposizione proposta ex art. 645 c.p.c. e per l'effetto , visti gli artt. 653 e 654 c.p.c., dichiara la definitiva esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto ; ; b ) rigetta le domande riconvenzionali proposte dall'opponente ; c ) visto l'art. 91 comma 1 c.p.c. condanna la ### s.r.l. al rimborso in favore della A.C.E.R. - ### per l'### delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 7.686, di cui euro 7.616 per compensi ed euro 70 per esborsi, oltre IVA e CPA se documentate con fattura e il rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi. 
Napoli, 25/3/2024 ###.U.  ### 

causa n. 26585/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Felice Angelo Pizzi

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Tribunale di Teramo, Sentenza n. 948/2025 del 22-07-2025

... n.78). In secondo luogo, si rileva che l'intervento edilizio oggetto del presente giudizio, da un lato, costituisce nuova costruzione, non essendo dimostrata la coincidenza del volume dell'opera costruita da parte convenuta rispetto all'immobile preesistente, e, dall'altro, ricade in zona “B”, rientrando pertanto nell'ambito applicativo dell'art. 9 comma 1 n. 2) del D.M. 1444/1968 - non oggetto di interpretazione “autentica” da parte del D.L. n. 32/2019 - il quale per i “nuovi edifici” ricadenti in zone diverse dalla zona A continua a prescrivere “in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”. Le disposizioni citate non risultano, quindi, operanti nel caso di specie. Nell'atto introduttivo parte attrice chiedeva altresì la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti. Riguardo alla tutela risarcitoria nella materia in esame, si è specificato che il danno si identifica nella violazione stessa, determinando quest'ultima un asservimento di fatto del fondo del vicino, al quale, pertanto, compete il risarcimento senza la necessità di una specifica attività probatoria (cfr. Cass. II, n. 10600/1999). La (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ### ordinaria civile Il Tribunale di Teramo, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa ### letto l'art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1580 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2018 e promossa: da #### E ### in qualità di eredi di ### rappresentati e difesi dagli avv.ti ### e ### elettivamente domiciliat ###e via Indipendenza n.17, presso gli studi dei difensori, giusta procura allegata all'atto di citazione attori contro ### e ### rappresentati e difesi dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###, presso il difensore, giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta convenuto e contro ### contumace convenuto e contro ### rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###, presso il difensore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terzo chiamato nonché contro ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###(angolo ### della ###, presso il difensore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terzo chiamato ### altre controversie di diritto amministrativo ### per parte attrice: “### l'###mo Tribunale adito ### 1. Accertare e dichiarare l'intervento di “sopraelevazione ed ampliamento” assentito nei titoli edilizi rilasciati come nuova costruzione disapplicandosi, sul punto, la previsione derogativa di detta distanza contenuta nell'art. 2.3.3 delle NTA del ### 2. accertare e dichiarare, in ogni caso, che l'intervento edilizio realizzato dai sigg.ri ### e ### non rientra tra gli interventi di «ristrutturazione edilizia» ex art.3, comma 1, lettera d) D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ma che lo stesso intervento deve annoverarsi nella categoria dell'intervento edilizio di «nuova costruzione», e sicché, il fabbricato descritto deve ritenersi realizzato in violazione della distanza minima assoluta di mt. 5 dal confine con la proprietà del sig. ### e di mt. 10 dal fabbricato del sig. ### di cui al DM 1444/68; 3. Disapplicare in via incidentale, ai sensi dell'art. 5 L. 2248/1865 all. E il permesso di costruire n. 37/2011 ed il permesso di costruire in variante n. 27/2012 perché in violazione delle distanze imposte dal DM 1444/68 e delle norme locali in materia di distanze tra confini; 4. Accertare e dichiarare la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie in premessa indicate, con particolare riferimento alla distanza dai confini e dai fabbricati per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia e per il mancato rispetto dell'art. 2.3.3 c. 9 delle NTA di PRG che non prevedono la possibilità di sopraelevare di due piani edifici monopiano in deroga né ammettono un fabbricato alto 9,40 mt, oltre gli 8,50 mt consentita dalle norme tecniche; 5. 
Accertare e dichiarare che l'edificazione dei sigg.ri ### e ### e ### è avvenuta, con riferimento al permesso n. 27/2012, in difformità alla normativa antisismica, in difetto dell'attestato di avvenuto deposito da parte del ###, così come prescritto dalla normativa di settore richiamata; 6. Condannare i sigg.ri #### e ### rispettivamente nella qualità di usufruttuari e nudo demolizione dell'intervento realizzato e disporre ex art. 872 c.c. la riduzione in pristino della distanza di metri 5 dal confine e di metri 10 dal fabbricato di proprietà del sig. ### di tutte le opere eseguite dai convenuti, o, quantomeno di tutta la parte eseguita in sopraelevazione ed ampliamento; 7. Condannare i sigg.ri ### e ### ex art. 872 al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali consistenti da un lato, nell'occlusione della visuale, della privazione di luce e di aria con pregiudizi sotto l'aspetto della salubrità; dall'altro, nella riduzione del rapporto tra il pregio e il godimento della propria abitazione che il mercato riconosce ed il deprezzamento commerciale dell'intero immobile di proprietà ### conseguenti alla mancata osservanza delle altre norme urbanistico edilizie in tema di allineamento degli edifici e di distanza; 8. Condannare i sigg.ri ### e ### disapplicando gli atti illegittimi, al pagamento delle spese e competenze del giudizio. Si chiede altresì l'accoglimento delle conclusioni come precisate ed integrate in sede di memorie e scritti difensivi e verbali d'udienza oggi integralmente richiamati”; per parte convenuta ### “La difesa della signora ### nel richiamare il contenuto dei propri scritti difensivi, precisa le conclusioni chiedendo che la domanda venga dichiarata inammissibile, ovvero respinta; e che in relazione all'art. 92 c.p.c., l'attore venga condannato alla rifusione delle spese di lite e dei compensi di avvocato. Salvezze illimitate”; per parte convenuta ### “La difesa del signor ### nel richiamare il contenuto dei propri scritti difensivi, dichiara che non intende rinunciare a nessuna eccezione, difesa o domanda quivi proposta e precisa le conclusioni come segue. 1. ### l'###mo Tribunale adito respingere le domande di parte attrice siccome inammissibili ovvero infondate. 2. In subordine, nel caso di accoglimento totale o parziale delle domande di parte attrice, accertare e dichiarare che le violazioni contestate da parte attrice sono imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom.  ### condannandolo pertanto a tenere indenne il deducente sig.  ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. In particolare, e non esclusivamente, condannare il geom.  ### al risarcimento del danno per la perdita del valore venale dell'immobile che dovrà essere demolito (deprezzamento del bene) nella misura di € 110,000,00 o somma diversa, maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi compensativi come per legge. 3. Condannare il geom. ### al pagamento delle spese di demolizione e di tutti gli oneri conseguenti nella misura non inferiore ad € 31.712,77, e dunque nella misura superiore che sarà di giustizia. 4. Condannare il geom. ### al risarcimento per mancato godimento dell'immobile nella misura di € 3.340,00 o somma diversa, maggiore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi come per legge. 4. Condannare parte attrice, ovvero in alternativa il geom. ### alla rifusione delle spese legali. Salvezze illimitate”; per il terzo chiamato ### “Nel contestare nuovamente tutto quanto ex adverso fin qui dedotto e/o prodotto si insiste per l'accoglimento di tutte le richieste istruttorie di cui alle memorie del sottoscritto procuratore ex art. 183 cpc, VI comma, del 22.6.2021 (la seconda) e del 13.7.2021(la terza), nonché si precisano le conclusioni così come rassegnate nella comparsa di costituzione e risposta datata 18.1.2019 ed integrate con la prima memoria del 18.5.2021 ex art. 183 cpc, VI comma, depositata dopo la costituzione in giudizio della terza chiamata in causa ### spa: “### all'###mo Tribunale adito , per le motivazioni espresse in narrativa, ### tutte le domande avversarie, comprese quelle ex adverso spiegate dalla terza chiamata in causa ### spa, in quanto infondate in fatto ed in diritto per le motivazioni sopra meglio esposte. Con vittoria di spese e competenze di causa, oltre rimborso forfetario, oneri fiscali e previdenziali come per legge. ###, ### denegata ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, anche in maniera parziale per i fatti dal 2011 al 2013, dichiarare la terza ### spa obbligata a manlevare e tenere indenne il geom. #### e, per l'effetto, condannarla al pagamento di tutte le somme che fossero eventualmente dovute dall'assicurato in favore delle controparti e non solo. Nello specifico si chiede che venga riconosciuto il diritto dell'assicurato geom. ### nei confronti della propria compagnia assicurativa ### spa, al rimborso: delle spese di lite, sostenute per la chiamata in causa, delle spese di resistenza, per contrastare l'iniziativa del terzo, e delle spese di soccombenza, che eventualmente sia stato condannato a pagare al terzo vittorioso (Corte di Cassazione, ### civile, ordinanza n. 4275/2024)”; per il terzo chiamato ### s.p.a.: “La difesa della ###ni ### ribadisce tutto quanto dedotto, eccepito e richiesto nella comparsa di costituzione e risposta, nelle successive memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c., ritualmente e tempestivamente depositate e nei verbali di causa, insistendo per l'integrale accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate. Torna nuovamente ad impugnare e contestare, per quanto di ragione, la perizia definitiva e l'elaborato integrativo depositati dal nominato CTU arch. G. Marini, salva ogni ulteriore confutazione in sede di scritti difensivi finali. Conferma, comunque, la tardività e l'inammissibilità della doglianza relativa alla violazione dell'art. 9, commi 2 e 3 del D.M. n. 1444/1968, sollevata per la prima volta dalla difesa degli attori con la seconda memoria istruttoria; sul punto, ribadisce di non accettare il contraddittorio, trattandosi di una vera e propria mutatio libelli ed eccepisce l'inutilizzabilità, in parte qua, dell'elaborato peritale. Ribadisce tutte le eccezioni sollevate circa l'operatività della polizza, i limiti di copertura e la prescrizione del diritto dell'assicurato ad essere tenuto indenne delle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dal presente giudizio. 
Si riporta a tutto quanto dedotto, eccepito e richiesto nelle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. per quanto attiene alle ulteriori richieste istruttorie, anche formulate dalle controparti e sulle quali l'###mo Sig. Giudice non si è pronunciato. Precisa le conclusioni: in via istruttoria, associandosi per quanto di ragione e per quanto compatibile con la posizione della ### alle richieste istruttorie formulate dalla difesa dell'assicurato geom. R. ### opponendosi alle richieste avverse per le motivazioni tutte già illustrate nelle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. ed insistendo (nella denegata ipotesi di ammissione) nella richiesta di abilitazione alla prova contraria, diretta e indiretta, con gli stessi testi ex adverso indicati e con i testi indicati dal geom. R. ### nel merito riportandosi alle conclusioni tutte rassegnate nella comparsa di risposta e ribadite nelle successive memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. che qui si abbiano per integralmente riportate e trascritte. Conclude altresì per l'integrale rigetto di ogni avversa conclusione e di ogni domanda e/o eccezione comunque formulata contro ###ni ### Con vittoria di spese e competenze di lite, rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA come per legge. Impugna e contesta ogni avversa deduzione, eccezione e richiesta, anche formulata attraverso le note di trattazione scritta, dichiarando espressamente di non accettare il contraddittorio su eventuali domande e/o eccezioni nuove e/o modificate comunque proposte dalle controparti. Salvezze illimitate”.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data ###, ### conveniva in giudizio, avanti l'intestato Tribunale, #### e ### per ivi sentire: 1) accertare e dichiarare l'intervento di “sopraelevazione ed ampliamento” assentito nei titoli edilizi meglio descritti in atti come nuova costruzione, disapplicandosi, sul punto, la previsione derogativa di detta distanza contenuta nell'art.  2.3.3 delle NTA del ### 2) accertare e dichiarare che l'intervento edilizio realizzato dai convenuti non rientrava tra gli interventi di “ristrutturazione edilizia” ex art.3, comma 1, lettera d) D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ma nella categoria dell'intervento edilizio di “nuova costruzione”, sicché, il fabbricato doveva ritenersi realizzato in violazione della distanza minima assoluta di mt. 5 dal confine con la proprietà dell'attore e di mt. 10 dal fabbricato dell'attore di cui al DM 1444/68; 3) disapplicare in via incidentale, ai sensi dell'art. 5 L.  2248/1865 all. E il permesso di costruire n. 37/2011 ed il permesso di costruire in variante n. 27/2012 perché in violazione delle distanze imposte dal DM 1444/68 e delle norme locali in materia di distanze tra confini; 4) accertare e dichiarare la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie indicate, con particolare riferimento alla distanza dai confini e dai fabbricati per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia e per il mancato rispetto dell'art. 2.3.3 c. 9 delle NTA di PRG che non prevedevano la possibilità di sopraelevare di due piani edifici monopiano in deroga né ammettevano un fabbricato alto 9,40 mt, oltre gli 8,50 mt consentita dalle norme tecniche; 5) accertare e dichiarare che l'edificazione dei dei convenuti era avvenuta, con riferimento al permesso n. 27/2012, in difformità alla normativa antisismica, in difetto dell'attestato di avvenuto deposito da parte del ###, così come prescritto dalla normativa di settore richiamata; 6) condannare i #### e ### rispettivamente nella qualità di usufruttuari e nudo proprietario, alla demolizione dell'intervento realizzato e disporre ex art. 872 c.c. la riduzione in pristino della distanza di metri 5 dal confine e di metri 10 dal fabbricato di proprietà dell'attore di tutte le opere eseguite dai convenuti, o, quantomeno di tutta la parte eseguita in sopraelevazione ed ampliamento; 7) condannare i convenuti, ai sensi dell'art.  art. 872 c.c. al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali consistenti, da un lato, nell'occlusione della visuale, della privazione di luce e di aria con pregiudizi sotto l'aspetto della salubrità e, dall'altro, nella riduzione del rapporto tra il pregio e il godimento della propria abitazione che il mercato riconosce ed il deprezzamento commerciale dell'intero immobile di proprietà ### conseguenti alla mancata osservanza delle altre norme urbanistico edilizie in tema di allineamento degli edifici e di distanza; 8) condannare i convenuti al pagamento delle spese del giudizio. 
A fondamento della domanda parte attrice allegava in sintesi e per quanto di interesse: - che l'attore era proprietario del fabbricato ad uso abitazione sito in ### via ### n. 5, confinante con il fabbricato di proprietà ### sito in via ### n. 7; - che, con permesso edilizio n. 37/2011, il Comune di ### autorizzava ### in qualità di comproprietario, alla sopraelevazione del fabbricato; - che l'intervento, qualificato come “ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione” del fabbricato preesistente monopiano e assentito sulla base dell'art. 2.3.3. comma 9 delle N.T.A. del PRG vigente, non era conforme, anche alla luce della relazione istruttoria redatta dal tecnico comunale incaricato, alle prescrizioni in materia di distanze di cui al D.M. 1444/1968 né alle disposizioni concernenti l'altezza massima degli edifici; - che, con permesso di costruire in variante n. 27/2012, il Comune di ### autorizzava i convenuti alla realizzazione, sullo stesso fabbricato, di una ulteriore sopraelevazione al piano secondo oltre i 250 mq di superficie edificabile in base alle previsioni di cui all'art. 2.3.3. comma 9 delle NTA con ampliamento e modifica delle distanze dal fabbricato vicino; - che anche tale intervento edilizio in variante era in contrasto con la normativa edilizia, urbanistica ed antisismica.   Si costituiva in giudizio ### la quale chiedeva l'estromissione dal giudizio, in quanto la sua qualità di usufruttuaria escludeva la legittimazione passiva rispetto all'azione esercitata dall'attore nel giudizio in esame.   Si costituiva in giudizio ### il quale, previa richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo ### e di declaratoria di inammissibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione ex art. 5 d.lgs. 28/2010, chiedeva il rigetto delle domanda attoree e, in via subordinata, di accertare e dichiarare che le violazioni contestate dall'attore erano imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom. ### con condanna di quest'ultimo a tenere indenne il ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. 
In particolare, parte convenuta esponeva in sintesi: - che il fabbricato interessato dall'intervento edilizio era stato edificato prima dell'entrata in vigore del D.M. 1444/1968 e sia il permesso di costruire n. 37/2011 che il permesso di costruire in variante n. 27/2012, emessi, rispettivamente, sulla scorta dei pareri favorevoli della ### in data 2 agosto 2011 e del Dirigente in data 18 febbraio 2013, erano conformi alla normativa urbanistica vigente all'epoca in cui tali titoli erano stati rilasciati; - che l'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A., nel testo ancora vigente nel 2011 e nel 2012, consentiva di sopraelevare edifici preesistenti nel rispetto delle distanze prescritte dal codice civile; - che l'adozione della variante al ### avvenuta nel 2007, con la quale l'art. 2.3.3 comma 9 N.T.A. era stato modificato imponendo il rispetto delle distanze di cui all'art. 9 D.M.  1444/1968, non aveva comportato la modifica immediata della stessa N.T.A., in quanto tale effetto si era prodotto soltanto nel 2013, a seguito dell'approvazione della variante, intervenuta successivamente al rilascio dei titoli abilitativi; - che, in ogni caso, l'attore aveva affidato incarico libero-professionale al geom. ### al quale andava ascritta la responsabilità per il danno eventualmente subito dal committente per irregolarità del prodotto edilizio per violazione delle distanze tra costruzioni previste dall'art. 9 del D.M. 1444 del 1968.   Nessuno si costituiva per ### il quale veniva dichiarato contumace.   Autorizzata la chiamata in causa del terzo, si costituiva in giudizio ### il quale, previa richiesta di autorizzazione a chiamare in causa il terzo ### s.p.a., chiedeva il rigetto delle domande avversarie e, in via subordinata, anche in caso di accoglimento parziale per i fatti dal 2011 al 2013, dichiarare il terzo ### s.p.a. obbligato a manlevare e tenere indenne il professionista e, per l'effetto, condannarlo al pagamento delle somme eventualmente dovute dall'assicurato in favore delle controparti.   Il terzo chiamato ### allegava in sintesi: - che, in data ###, a seguito dell'incarico ricevuto nel 2010 da ### (all'epoca comproprietario e attualmente usufruttuario), ### (all'epoca comproprietaria e attualmente usufruttuaria) e D'### (all'epoca usufruttuaria e attualmente deceduta), otteneva dal Comune di ### il permesso di costruire 37/2011 al fine di poter sopraelevare l'edificio monopiano (costruito prima del 1970) sito in #### n. 7, attraverso un primo piano adibito ad abitazione; - che, nel 2010, ### nel presente giudizio proprietario-convenuto e all'epoca solamente figlio dei due comproprietari (### e ###, incaricava il geom. ### di sopraelevare l'immobile suddetto, impartendogli dettagliatamente le indicazioni da seguire per soddisfare le proprie esigenze ed inviandogli disegni eseguiti a mano personalmente per illustrargli quello che doveva essere il risultato finale; - che, in data ###, il geom. ### otteneva il permesso di costruire in variante 27/2012, al fine di realizzare anche un secondo piano, costituito in parte dalla copertura inclinata del primo piano e in parte da una terrazza; - che il professionista portava subito tutti i committenti a conoscenza dei vincoli imposti dalla normativa nazionale in ordine alle distanze legali tra edifici, contrastanti con quelli previsti dalla normativa comunale, tant'è che tra le varie ipotesi progettuali nel 2010 presentava loro anche quella che contemplava la non sopraelevazione dell'intera sagoma dell'edificio esistente, con l'arretramento del nuovo fronte rispetto alla proprietà ### - che i ### e, in particolare, proprio l'odierno proprietario-convenuto, chiedevano espressamente al geometra di rendere esecutiva l'ipotesi progettuale che prevedeva la sopraelevazione dell'intera sagoma dell'edificio preesistente e di ottenere dal Comune di ### i necessari permessi di costruire; - che, terminato il secondo piano, a novembre 2013 i ### ricevevano una raccomandata da parte del legale dell'attore, a mezzo della quale veniva loro contestato il mancato rispetto delle norme sulle distanze legali tra le rispettive costruzioni, nonché di quelle relative all'altezza dell'elevazione; - che l'odierno convenuto-committente ordinava al geom. ### di procedere ugualmente con i lavori (finiture interne di tutte le opere già realizzate) che venivano ultimati nel 2016; - che il professionista aveva fedelmente adempiuto a tutti gli incarichi e a tutte le disposizioni impartitegli dai committenti; - che, anche nel caso in cui il professionista non avesse informato i committenti sui rischi connessi alla costruzione, i convenuti erano venuti a conoscenza delle problematiche derivanti dalla sopraelevazione sin dal 2013 e, tuttavia, non contestavano nulla né revocavano l'incarico al professionista; - che il convenuto era decaduto dalla richiesta di risarcimento ai sensi dell'art. 1669 c.c. né era ammissibile, per carenza dei presupposti, la richiesta di condanna ex art. 2043 c.c.; - che l'attore era da ritenersi corresponsabile dell'aggravamento dei danni, avendo atteso il termine dei lavori per intraprendere l'iniziativa giudiziale.   Autorizzata la chiamata in causa della compagnia assicurativa, si costituiva in giudizio ### s.p.a., la quale chiedeva il rigetto della domanda di manleva proposta dall'### e il rigetto della domanda attorea, con conseguente rigetto della domanda di garanzia e, in sintesi, deduceva: - che la polizza per la responsabilità professionale del geometra prevedeva una copertura limitata alle sole sanzioni inflitte ai clienti, nell'ipotesi di errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità, non rientrando l'errata progettazione, nella specie contestata, tra i rischi assicurati; - che il diritto del convenuto ad essere tenuto indenne dalle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dal presente giudizio doveva ritenersi prescritto, non avendo il professionista ottemperato agli obblighi contrattualmente previsti in caso di sinistro, con particolare riferimento alla tempestività della denuncia, avvenuta solo successivamente alla notifica dell'atto di citazione, nonostante la pregressa diffida inviata dal dall'attore ai convenuti; - che il geom. ### era stato dolosamente o colposamente inadempiente anche all'obbligo cd. di salvataggio, imposto dall'art. 1914 c.c. e dalle condizioni generali di assicurazione, di fare quanto possibile per evitare o diminuire il danno una volta verificatosi il sinistro, avendo l'assicurato omesso di comunicare la prima contestazione effettuata dal committente, impedendo alla ###ni s.p.a. di gestire la lite e di tentare una composizione bonaria della controversia; - che la garanzia avrebbe potuto essere ### considerata operante soltanto nei limiti del massimale contrattualmente previsto (€. 3.000.000,00) e nei limiti concordati e riportati in polizza, anche con riferimento ad ogni singolo sinistro ed ai rischi assicurati; - che, quanto al merito della controversia, il ### non aveva chiaramente indicato il profilo di responsabilità addebitato al geom. ### - che la compagnia assicurativa si associava all'eccezione di prescrizione dell'azione di cui all'art. 1669 c.c. ed evidenziava l'insussistenza dei presupposti di cui all'art. 2043 c.c., non essendo stato dimostrato il nesso causale tra l'attività del professionista ed il danno lamentato, atteso che i due permessi di costruire rilasciati dal Comune di ### erano comunque conformi alla normativa urbanistica vigente all'epoca del rilascio; - che la circostanza che l'attore, dopo la prima diffida, abbia atteso l'ultimazione dei lavori ed un ulteriore lasso di tempo di cinque anni prima di avviare l'azione giudiziaria, doveva essere valutata come fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c.; - che, in ogni caso, la pretesa creditoria del ### era infondata anche nel quantum. 
All'udienza del 19.11.2019 si costituivano #### e ### in qualità di eredi dell'attore ### nelle more deceduto. 
La causa, espletato con esito negativo il procedimento di mediazione, istruita mediante c.t.u., giungeva all'udienza del 4.3.2025, celebrata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., avanti la scrivente magistrato, cui medio tempore era stato assegnato il presente fascicolo, e, all'esito del deposito di note scritte di precisazione delle conclusioni, veniva trattenuta in decisione previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.  *** 
La domanda di parte attrice è solo parzialmente fondata e deve essere accolta per le ragioni e nei limiti di seguito esposti. 
In primo luogo, deve essere respinta la domanda di riduzione in pristino formulata da parte attrice nei confronti di ### e ### in quanto, rivestendo tali convenuti la qualità di meri usufruttuari, devono ritenersi privi di legittimazione passiva. La giurisprudenza, infatti, è costante nell'affermare che in tema di riduzione in pristino di opere illegittime per violazione delle distanze legali, la domanda di arretramento della costruzione, anche se realizzata dall'usufruttuario dell'immobile, deve essere proposta nei soli confronti del nudo proprietario, atteso che l'eventuale sentenza di accoglimento sarebbe inutiliter data (cfr. Cassazione civile sez. II, 21/02/2019, n.5147); in tale contesto, il titolare del diritto reale su cosa altrui riveste la qualità di parte interventrice in via adesiva ai sensi dell'art. 105 comma 2 c.p.c., quindi di soggetto titolare non di un interesse ad agire in senso tecnico, ma solo dell'interesse ad ottenere un esito favorevole per la parte adiuvata (cfr. Cass. 5900/2010; Cass. 8008/2011). 
È invece ammissibile la domanda di risarcimento proposta nei confronti dell'usufruttario quando abbia materialmente realizzato le opere illegittime. 
Si osserva che l'art. 872 c.c. concede al proprietario del fondo vicino, che per effetto della violazione delle distanze abbia riportato danni, l'azione risarcitoria aquiliana di natura obbligatoria che si cumula con quella ripristinatoria di natura reale; mentre quest'ultima deve essere proposta necessariamente nei confronti del proprietario della costruzione illegittima, anche se materialmente realizzata da altri, l'azione risarcitoria può, invece, essere esercitata anche nei soli confronti dell'autore materiale della costruzione, non configurandosi un'ipotesi disciplinata dall'art. 102 c.p.c. (cfr. Cass. 5545/2005; 5850/1999; Cass. 5520/1998). 
Tanto precisato, mette conto rilevare che nel presente procedimento è stata espletata c.t.u. (le cui conclusioni sono fatte proprie da questo Giudice, in quanto risultanti da un'attenta ed analitica disamina degli elementi di fatto posti a disposizione ed ispirate a criteri valutativi corretti non solo dal punto di vista logico, ma altresì conformi ai principi scientifici che presiedono la materia in esame), che ha appurato la presenza di un fabbricato in ### via ### n.7, che sviluppa su due piani fuori terra, oltre al piano sottotetto, costituiti da appartamenti ad uso residenziale di cui uno ricavato al piano terra, due al piano primo e uno al piano secondo ###. La scala di accesso ai piani primo e secondo, realizzata in ampliamento al fabbricato preesistente (che era esteso al solo piano terra) è posizionata sull'angolo sud-est. 
Il c.t.u. ha evidenziato che: 1. il fabbricato in questione, all'origine consistente in un edificio monopiano ad uso abitativo, costruito in data antecedente al 1 settembre 1967, è stato interessato da alcune opere realizzate in assenza di titolo abilitativo riguardanti difformità alle facciate dell'impianto principale, realizzazione di un piccolo fondaco di mq. 2,04 (anno 1966) adiacente al fabbricato principale (anno 1973) e ampliamento del fondaco esistente di mq. 8,03 (anno 1973), il tutto legittimato con ### in ### n. 941 del 16/05/1992; 2. in data ### il Comune di ### rilasciava permesso di costruire 37/2011, relativo al progetto, qualificato come “### ampliamento e sopraelevazione di un fabbricato residenziale monopiano”, di sopraelevazione di un piano dell'intera sagoma dell'edificio preesistente per la realizzazione di un piano ad uso abitativo, realizzazione di un piccolo piano interrato ubicato nell'area di sedime del nuovo corpo scala, ampliamento con realizzazione di un corpo scala indipendente fuori sagoma e antistante portico per l'accesso al piano primo e al piano copertura, realizzazione di un lastrico solare, in parte coperto e in parte lasciato a terrazzo praticabile con accesso diretto e indipendente dal nuovo vano scala laterale; 3. il Progetto veniva assentito su parere della ### nella seduta del 02.08.2011, sulla base dell'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. del P.R.G. vigente all'epoca, nonostante le criticità rilevate nel parere istruttorio del 29.07.2011 dal tecnico incaricato, #### con la supervisione del ### del #### (il parere evidenziava che l'intervento, pur essendo conforme alla normativa del P.R.G. vigente, non era conforme alla normativa sovraordinata in materia di distanze D.M. 1444/68 e che, in base al disposto dell'art. 2.3.3, comma 9, l'altezza massima era fissata in 8,50 ml, mentre il progetto prevedeva la realizzazione di un corpo scala indipendente e fuori sagoma, che andava a servire anche il lastrico solare, con un'altezza complessiva di ml 9,74, condizione la cui legittimità, in caso di approvazione da parte della ### edilizia, avrebbe dovuto essere dimostrata con dichiarazioni e grafici); 4. con richiesta in data ###, al Prot. n. 11227, veniva presentata una variante al ### di ### al fine di sopraelevare ulteriormente di un piano (piano secondo) il fabbricato, oltre i 250 Mq. di superficie edificabile previsti dal comma 9 dell'art. 2.3.3 delle N.T.A (precisamente le opere oggetto di variante consistevano nella mancata demolizione del ripostiglio esterno al piano terra, variazione da una a due unità abitative al piano primo, soprelevazione del piano copertura/terrazza, mancata realizzazione del piano interrato, leggera modifica della sagoma e delle distanze dai confini, realizzazione di locali ad uso abitazione civile al piano primo e secondo, in sostituzione dei portici); 5. tale progetto di variante veniva autorizzato dal Comune con ### di ### n. ###/2012 del 01/03/2013, con le seguenti prescrizioni: le aperture poste sulla parete sud del vano scala siano cieche, ai sensi dell'art. 1.6.4 comma 4 delle N.T.A.  vigenti; sia prevista la realizzazione di n.4 posti auto nell'area di pertinenza, aventi dimensioni in pianta pari a 5,00 x 2,50. 
Alla relazione di consulenza sono state allegate rappresentazioni planimetriche relative alla situazione preesistente alla costruzione dell'immobile oggetto di causa, caratterizzata dalla presenza di un fabbricato residenziale monopiano, e a quella attuale, dalle quali emerge come l'intervento in questione abbia determinato una sopraelevazione dell'edificio e variazioni volumetriche.  ### edilizio di cui trattasi, alla luce delle sopra richiamate risultanze, deve, quindi, essere qualificato come “nuova costruzione”, comportando l'aumento della volumetria e della superficie di ingombro rispetto all'immobile preesistente (cfr. c.t.u. pag.  20, laddove l'ausiliario afferma che “### edilizio messo in opera sul fabbricato ad uso abitativo sito in ### 7 di ### qualificato come “ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione”, in realtà ha riguardato un notevole ampliamento della superficie, determinando un incremento della volumetria del fabbricato e quindi, come tale, costituisce a tutti gli effetti una “nuova costruzione”, anche per la disciplina delle distanze”). 
In proposito, occorre richiamare l'orientamento della giurisprudenza ai sensi del quale “la sopraelevazione, anche se di ridotte dimensioni, comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti, e, quindi, anche per la disciplina delle distanze, come nuova costruzione” (cfr. Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 15732 del 15.6.2018; conforme, Cass. civ., sez. III, sent. n. 21059 dell'1.10.2009), nonché l'orientamento secondo cui “nelle opere edilizie, la semplice ristrutturazione si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano (e, all'esito degli stessi, rimangano inalterate) le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre è ravvisabile la ricostruzione allorché dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione, da considerare tale, ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui come previste dagli strumenti urbanistici locali, nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni, ovvero, ove una siffatta norma non esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario” (cfr.  SS.UU. ord. n. 21578 del 19 ottobre 2011, la quale richiama espressamente Cass. sent.  9637/06 e Cass. sent. n. 19287/09). A tale ultimo riguardo, si evidenzia come la giurisprudenza sia approdata a individuare una “ricostruzione” nell'ipotesi in cui il manufatto sia contenuto nei limiti preesistenti di altezza, volumetria, sagoma dell'edificio e una “nuova costruzione” nell'ipotesi in cui un edificio o le parti e/o le sopraelevazioni di esso siano costruiti per la prima volta (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337; Consiglio di Stato sez. IV, 16/10/2020, n.6282). ### specie, il manufatto è stato costruito senza il rispetto dell'altezza e della volumetria preesistente, pertanto esso rappresenta un novum che non consente di qualificare l'opera realizzata da parte convenuta in termini di ristrutturazione edilizia. 
Ciò considerato, deve valutarsi se l'opera sia rispettosa della normativa in materia di distanze. 
In particolare, per i fini che qui interessano, va richiamato l'art. 9 D.M. 1444/1968, il quale prevede: al comma 1 che: “Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: 1) ### A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale; 2) ### edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; 3) ### C) : è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.”; al comma 2 che “Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di: ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7; ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15; ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15; al comma 3 che “### le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”. 
Va osservato, in punto di diritto, che l'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 stabilisce che i ### nell'approvazione degli strumenti urbanistici, devono rispettare i limiti di distanza tra i fabbricati ivi stabiliti, in attuazione dell'art. 41 quinquies della legge 1150/1942, introdotto dall'art. 17 della legge n. 765/1967.
Nel caso in esame, le previsioni di cui all'art. 2.3.3 comma 9 della N.T.A. del P.R.G. approvato con delibera del ### n. 101 del 07/10/1997 e ss. mm.  ii., in vigore dal 06.02.1998 (“È consentita, nei limiti della superficie occupata al piano terra, con esclusione delle superfetazioni e delle costruzioni posticce, ed in deroga all'indice di utilizzazione fondiaria, alle distanze tra edifici ed alle distanze dai limiti di proprietà e di zona e dalla viabilità, la sopraelevazione di un piano di tutti gli edifici monopiano ed il completamento di edifici solo parzialmente sopraelevati al primo piano nel rispetto, comunque, dei seguenti parametri: -altezza delle costruzioni: H ≤ 8.50 m; - superficie edificabile della costruzione dopo la sopraelevazione: Se ≤ 250 mq; -superficie a parcheggio riferita all'intero edificio secondo quanto previsto dall'art.18 legge 6 agosto1967, n.765, così come modificato dal comma 2 dell'art. 2 della Legge 122/1989; - distanze dagli edifici e dai confini non inferiori a quelli previsti dal ### civile. Le aperture di vedute dirette sono consentite solo nelle pareti di sopraelevazione aventi distanza non inferiore a m 6.00 da pareti di edifici antistanti. Per distanze inferiori le pareti debbono essere cieche”), richiamate dalle stesse parti, contengono evidentemente elementi derogatori rispetto a quanto indicato nell'art. 9 D.M. 1444/1968.  ###. 2.3.3 comma 9 è stato successivamente modificato alla luce della N.T.A. 
Variante del P.R.G., adottata con deliberazione del ### n.99, in data ###, approvata con deliberazione del ### n. 7 in data ###, pubblicata sul B.U.R.A. ordinario n. 10 del 13/03/2013 (“### restando tutto quanto riportato nell'art. 2.3.3 comma 9 delle precedenti N.T.A., le modifiche apportate a tale comma, sono le seguenti: -distanze dagli edifici nel rispetto dell'art. 1.6.4 ≥ mt 10 o comunque nel rispetto dell'art. 9 del D.M. 1444/1968; -distanze dai confini come da art.  1.6.5”), proprio in merito alle disposizioni sulle distanze dagli edifici. 
In merito alla posizione nella gerarchia delle fonti del D.M. 1444/1968, la giurisprudenza ha ripetutamente precisato che le disposizioni di tale decreto assumono il grado di fonte primaria, pertanto le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserimento automatico (per tutte si veda Cass. SS.UU. sent. n. 14953 del 7 luglio 2011). Dalle considerazioni svolte segue che ogni strumento di pianificazione in contrasto con i limiti minimi stabiliti dal D.M. n. 1444/1968
è illegittimo, essendo consentita solo la fissazione di distanze superiori (cfr. C.d.S., Sez. V, 26 ottobre 2006, n. 6399). La particolare valenza della normativa in esame deriva dalle sue finalità di tutela di interessi generali in materia urbanistica; si tratta, infatti, di disciplina tesa ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, pertanto non è eludibile in funzione della natura giuridica dell'intercapedine (T.A.R. 
Lombardia - #### I, 16 ottobre 2009, n. 1742). 
In riferimento all'efficacia della norma, essa non è immediatamente precettiva nei rapporti privati (cfr. Cass. Civ., SS.UU, I luglio 1997, n. 5889; Cass. Civ., 4 dicembre 1998, n. 12292; Cass. Civ., 29 luglio 2004, n. 14363), tuttavia la non immediata operatività nei rapporti tra i privati risulta derogata nel caso in cui lo strumento urbanistico presenta una lacuna normativa, con conseguente applicazione dell'art. 9 D.M. 1444/1968 quale norma integrativa dell'art. 873 c.c. (cfr. C.d.S., Sez. V, 23 maggio 2000, n. 2983; Civ., SS.UU., 22 dicembre 1994, n. 9871) e nel caso in cui il piano disponga una distanza inferiore a quella del decreto ministeriale, con “l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata” (cfr.  Civ., 19 novembre 2004, n. 21899). 
La disposizione contenuta nella citata norma ha, quindi, carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza. Tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell'interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile. 
Non è poi inutile ricordare il prevalente orientamento della Suprema Corte secondo cui “l'ipotesi derogatoria contemplata del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, u.c., che consente ai comuni di prescrivere distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale ove le costruzioni siano incluse nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione ("### ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche"), riguarda soltanto le distanze tra costruzioni insistenti su fondi che siano inclusi tutti in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni entrambe facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata (così Cass. Sez. U, n. 1486 del 18/02/1997, ribadita ad es. recentemente da questa ### con le nn. 23681 del 21/11/2016 e 9915 del 19/04/2017). Ove le costruzioni non siano comprese nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione, la disciplina sulle relative distanze non è, quindi, recata del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art.  9, u.c., bensì dal comma 1 dello stesso art. 9 ("Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: (...)"), quale disposizione di immediata ed inderogabile efficacia precettiva (Cass. n. 12424 del 20/05/2010). Come più generalmente affermato da Corte Cost. 23 gennaio 2013, n. 6, del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, u.c., costituisce espressione di una "sintesi normativa", consentendo che siano fissate distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, pur provvista di "efficacia precettiva e inderogabile", solo nei limiti ivi indicati, ovvero a condizione che le deroghe all'ordinamento civile delle distanze tra edifici siano "inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio"” (cfr. Cassazione civile sez. II, 07/11/2017 n.26354). In questi termini si è espressa anche Cassazione civile sez. II, 28/12/2020, n.29644, la quale ha affermato che “la deroga, contemplata al D.M. 4 aprile 1968 n. 1444, art. 9, u.c., che consente ai ### di prescrivere distanze tra costruzioni inferiori a quelle previste dalla normativa statale, riguarda esclusivamente le distanze su fondi che siano inclusi in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata”. 
Alla luce delle considerazioni svolte sopra, è possibile tornare all'esame del caso di specie, nel quale deve essere disapplicata la norma contenuta nelle N.T.A. del PRG del Comune, nella parte contrastante con la norma di rango legislativo contenuta nel D.M.  1444/1968; pertanto, dovendosi disapplicare in parte qua la norma regolamentare, al momento della presentazione dei principali titoli abilitativi (### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 e ### di ### n.###/2012 del 1/03/2013), le distanze da rispettare nella realizzazione di nuovi fabbricati erano quelle indicate nel D.M. 1444/1968, ossia, nel caso di specie, metri 10 dall'edificio antistante e metri 5 dal confine con la proprietà ### Nell'elaborato peritale, il c.t.u. accertava che effettivamente la sopraelevazione insieme all'ampliamento e a tutte le altre opere erano stati realizzati in violazione delle distanze sopra indicate. 
Dalle planimetrie allegate alla c.t.u. (cfr. pagg. 25 e 26 dell'elaborato peritale) emerge chiaramente che l'intervento è stato realizzato ad una distanza dal fabbricato di parte attrice di m. 5,50 (in media) e dal confine ad una distanza di 1,63 (in media).  ### ha, altresì, precisato che per quanto concerne il balcone sul fronte nord-est del fabbricato, al piano primo, considerato che “per le sue caratteristiche va ad estendere ed ampliare la parte concretamente utilizzabile per l'uso abitativo dell'appartamento, si ritiene sia stata generata una servitù di veduta a carico del fondo della proprietà di parte attrice, essendo stato realizzato ad una distanza di m. 6,72 dal fabbricato di proprietà confinante a fronte dei m. 10, in violazione, quindi, del rispetto delle prescrizioni in materia di distanze legali alle quali andava assoggettata la sua progettazione”. 
In riferimento all'altezza massima dell'edificio, all'epoca del primo titolo abilitativo, l'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. disponeva un'altezza inferiore a 8.50 m, mentre le nuove N.T.A. della variante dello strumento urbanistico contenevano una suddivisione della #### (### e completamento del tessuto urbano esistente) in sottozone, distinguendo una serie di parametri come appresso indicati: altezze massime e indici di utilizzazione fondiaria: sottozona ###a Iuf 0,40 mq/mq, h ≤ 8.50 m; sottozona ###b Iuf 0,55 mq/mq, h ≤ 8.50 m; sottozona ###c Iuf 0,70 mq/mq, h ≤ 10,50 m; sottozona ###d Iuf 0,95 mq/mq, h ≤ 14,00 m. 
Il sopracitato articolo della normativa locale, in epoca sia anteriore che successiva all'approvazione della variante, stabiliva, in deroga all'indice di utilizzazione fondiaria, alle distanze tra edifici ed alle distanze dai limiti di proprietà e di zona e dalla viabilità, la possibilità di “sopraelevazione di un piano di tutti gli edifici monopiano ed il completamento di edifici solo parzialmente sopraelevati al primo piano, con superficie edificabile della costruzione dopo la sopraelevazione ≤ di 250 mq”. 
Si osserva che il ### di ### in variante (P.d.C. n. ###/2012 del 01/03/2013), richiesto al fine di sopraelevare ulteriormente di un piano (piano secondo) il fabbricato per realizzare dei locali ad uso abitativo oltre i 250 mq di superficie edificabile previsti dal comma 9, veniva rilasciato in data ###, quindi successivamente all'approvazione del nuovo ### avvenuta in data ###, ma prima della pubblicazione sul B.U.R.A. in data ###. 
Ebbene, nonostante l'inclusione del fabbricato oggetto di causa nella sottozona ###c di cui al nuovo art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. (con conseguente possibilità di realizzare un'altezza massima delle costruzioni pari a 10,50 m), deve ritenersi applicabile per entrambi i titoli abilitativi principali (### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 e ### di ### n. ###/2012 del 1/03/2013) la previsione di un'altezza pari a 8.50 m, atteso che lo strumento urbanistico non risultava ancora efficace al momento del rilascio del secondo titolo edilizio.  ### specie, non assume rilievo l'eventuale applicazione delle misure di salvaguardia, atteso che le stesse hanno come destinataria la ### pertanto non possono essere invocate dai confinanti per la regolamentazione dei rapporti di vicinato né, in particolare, per la disciplina delle distanze tra le costruzioni, potendo tali rapporti essere regolati oltre che dal codice civile, solo da uno strumento urbanistico definitivamente deliberato, approvato e reso esecutivo; solo quest'ultimo è suscettibile di integrare gli estremi delle c.d. norme di relazione, regolanti i rapporti privatistici e quindi invocabili, quale fonte di diritti soggettivi, davanti all'autorità giudiziaria ordinaria. 
In merito al contestato omesso deposito al ### della variante al ### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 prima di dare inizio all'esecuzione dei lavori, il c.t.u.  ha rilevato l'adempimento dell'obbligo previsto dalla normativa antisismica (artt. 2,3,4 e 9 L.R. 138/1996 e art. 4 L. 1086/1971) solo a lavori già effettuati (in data ###, al Prot.  n. 217120) e, in data ###, al Prot. n. 81122, è stato rilasciato il relativo attestato di avvenuto deposito. 
Ad avviso del c.t.u. “tale mancanza, che all'epoca avrebbe potuto generare la sospensione dei lavori, può essere ora considerata un mero inadempimento amministrativo, tanto che, a seguire è stato presentato anche il certificato di collaudo statico in data ### al ### n. 126869, autorizzato in data ### al ### 136673, così da portare a compimento tutto l'iter procedurale inerente l'assetto strutturale dell'edificio”.
In considerazione di quanto esposto, alla luce delle conclusioni del c.t.u., secondo cui “la proprietà degli eredi del #### a seguito dell'intervento edilizio sul fabbricato ad uso abitativo dei #### e ### riguardante la sopraelevazione di due piani ex novo, l'ampliamento con modifica di sagoma e aumento volumetrico rilevanti, realizzato in violazione della normativa urbanistica ed edilizia in tema di distanze legali come argomentato, ha subito pregiudizio sotto il profilo della prospicienza, della luminosità, della visuale, del soleggiamento e del pieno godimento”, il fabbricato realizzato dal convenuto ### antistante l'edificio di proprietà degli attori, deve essere arretrato, mediante demolizione, fino alla struttura portante (maschio murario) retrostante. 
Tale arretramento deve essere effettuato fino alla distanza dall'edificio prospiciente di metri m. 9,89, in considerazione della posizione del maschio murario (muro portante) sul quale arretrare la struttura e della circostanza che tale distanza, come rilevato dal c.t.u., seppure inferiore di cm 11 ai 10 metri di distanza minima prevista dalla ### può essere contenuta nel limite del 2% di tolleranza costruttiva di cui all'art. 34 bis del D.P.R.  380/2001. 
Non coglie nel segno la considerazione di parte convenuta ### diretta a contestare l'applicabilità del D.M. 1444/1968 in ragione delle novità introdotte dal D.L.  32/2019, c.d. “decreto sblocca cantieri” (convertito dalla ### n. 55/2019) e dal D.L.  76/2020 (convertito dalla ### 11 settembre 2020, n. 120). 
In punto di diritto, si rileva che il citato intervento normativo, ha operato una serie di modifiche agli standard urbanistici fissati dal D.M. n. 1444/1968. 
Le variazioni al D.M. n. 1444/1968 sono in concreto intervenute mediante le modifiche apportate dal D.L. n. 32/2019 e dal D.L. 76/2020 all'art. 2 bis del T.U. edilizia (introdotto a sua volta dal D.L. n. 69/2013), cioè con riferimento a quelle disposizioni che consentivano a regioni e province autonome di adottare disposizioni derogatorie sulle distanze legali. 
In sostanza, il D.L. n. 32/2019 ha aggiunto i seguenti commi al citato art. 2 bis: “1- bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. 1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo”. 
Il comma 1ter è stato poi così sostituito dall'art. 10, comma 1, lettera a), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76: In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. 
Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A di cui al decreto del ### per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell'ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela” A tale quadro si aggiunge anche la norma di cui all'art. 5, comma 1, lett. b) bis del menzionato D.L. n. 32 del 2019, secondo cui “le disposizioni di cui all'articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del ### dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9” (ovvero alle zone C). 
Da quanto sopra delineato deriva che con le modifiche apportate all'art. 2 bis del T.U. edilizia la demolizione e la ricostruzione di un fabbricato sono consentite nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché siano effettuate assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo. In caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai ### nell'ambito degli strumenti urbanistici. 
In primo luogo, l'applicabilità della disciplina in esame al caso di specie involge la problematica della retroattività delle leggi di “interpretazione autentica”. 
Occorre precisare, infatti, che la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che al legislatore non è preclusa la possibilità di emanare norme retroattive, sia innovative che di interpretazione autentica, purché tale scelta normativa sia giustificata sul piano della ragionevolezza, attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso della norma adottata. 
Tra tali valori - costituenti limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi - sono ricompresi il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti, quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (cfr. Corte Costituzionale, 12/04/2017, n.73; Corte Costituzionale, n.170; Corte Costituzionale, 05/04/2012, n.78). 
In secondo luogo, si rileva che l'intervento edilizio oggetto del presente giudizio, da un lato, costituisce nuova costruzione, non essendo dimostrata la coincidenza del volume dell'opera costruita da parte convenuta rispetto all'immobile preesistente, e, dall'altro, ricade in zona “B”, rientrando pertanto nell'ambito applicativo dell'art. 9 comma 1 n. 2) del D.M. 1444/1968 - non oggetto di interpretazione “autentica” da parte del D.L. n. 32/2019 - il quale per i “nuovi edifici” ricadenti in zone diverse dalla zona A continua a prescrivere “in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”. 
Le disposizioni citate non risultano, quindi, operanti nel caso di specie. 
Nell'atto introduttivo parte attrice chiedeva altresì la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti. 
Riguardo alla tutela risarcitoria nella materia in esame, si è specificato che il danno si identifica nella violazione stessa, determinando quest'ultima un asservimento di fatto del fondo del vicino, al quale, pertanto, compete il risarcimento senza la necessità di una specifica attività probatoria (cfr. Cass. II, n. 10600/1999). La violazione delle norme edilizie, infatti, integra sempre un fatto potenzialmente dannoso ai fini della condanna generica al risarcimento, salvo l'accertamento in sede di giudizio di liquidazione della concreta esistenza del danno e dell'entità dello stesso (cfr. Cass. II, n. 2162/1987); del resto, il danno che il proprietario subisce deve ritenersi in re ipsa, essendo l'effetto, certo e indiscutibile, dell'abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo e, quindi, della limitazione del relativo godimento che si traduce in una diminuzione temporanea del valore della proprietà (cfr. Cass. II, n. 21501/2018). 
In siffatti casi sussiste, peraltro, una obiettiva e palese difficoltà di quantificazione economica del pregiudizio subito, con conseguente legittimo ricorso al criterio di liquidazione equitativa ex art. 1226 Devesi evidenziare che il c.t.u. ha quantificato il valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi mediante redazione di un computo metrico estimativo, eseguito in base al prezzario delle opere edili anno 2022 della ### allegato all'elaborato peritale (allegato 8) in € 34.182,40, di cui € 32.867,69 per l'importo dei lavori da computo metrico estimativo e € 1.314,71 per costi della sicurezza (D.Lgs 81/08 e s.m.i.), cui devono aggiungersi le spese tecniche, l'I.V.A. e la ### di previdenza e assistenza liberi professionisti (progettazione, direzione lavori e coordinamento della sicurezza) per complessivi € 42.805,12.  ###, inoltre, ha constatato che l'intervento realizzato dal convenuto comportava una diminuzione del valore dell'immobile di proprietà di parte attrice, comprensivo della porzione di terreno che aveva subito la limitazione di godimento (corte di pertinenza), dovuta alla riduzione di alcuni parametri, quali la prospicienza, luminosità, visuale e soleggiamento. 
Ai fini del calcolo dell'indennità spettante agli attori a carico di tali violazioni, il c.t.u.  ha applicato il criterio del “valore complementare”, cioè quantificando l'importo dovuto in base alla differenza tra il valore di mercato nella situazione ante e post servitù; da tale operazione è stato ricavato il valore del canone di locazione del bene immobile a seguito della costituzione di servitù, tenuto conto delle reali conseguenze negative derivanti al fabbricato servente dall'intervento edilizio realizzato (applicazione di un indice di riduzione delle singole caratteristiche in funzione della situazione riscontrata in relazione a ubicazione, prospicienza, orientamento, quota, livello delle finiture, luminosità, visuale, soleggiamento), nonché della superficie commerciale del fabbricato di proprietà di parte attrice con i relativi accessori e pertinenze e dei valori OMI per un importo di € 8.157,54. 
Sempre in relazione alla domanda risarcitoria, il c.t.u. ha provveduto a stimare la perdita di valore dell'edificio degli attori per effetto della permanenza delle opere in violazione delle norme richiamate, sulla scorta del quesito assegnato dal precedente G.I. 
Osserva il Tribunale che la demolizione delle opere realizzate in violazione delle distanze, limitatamente alla porzione illegittima, è idonea a restituire l'originario valore di mercato all'immobile di parte attrice, il quale pertanto non subirà irrimediabilmente le conseguenze della riduzione dello spazio né la permanenza delle opere illegittime. 
Ritenuto, quindi, che il danno deve essere considerato in re ipsa, in assenza di criteri specifici e considerata l'idoneità della demolizione a restituire l'originario valore commerciale al fabbricato degli attori, questo giudicante ritiene di dover liquidare in via equitativa la somma di € 50.962,66 (derivante dalla sommatoria tra le spese per la riduzione in pristino e la riduzione di valore del bene per effetto della limitazione della facoltà di godimento); tale somma, liquidata in moneta attuale, deve ritenersi già comprensiva di interessi compensativi e rivalutazione (cfr. in tema di liquidazione equitativa del danno e unicità della somma comprensiva di capitale, interessi e rivalutazione monetaria ### 3, Ordinanza n. 20889 del 22/08/2018, ### 3, Sentenza n. 9515 del 20/04/2007), con la conseguenza che su di essa sono soltanto dovuti gli interessi corrispettivi (al tasso legale tempo per tempo in vigore) dalla data della presente sentenza al soddisfo. 
Venendo all'esame della domanda di manleva formulata da parte convenuta ### nei confronti del terzo ### la stessa è fondata nei limiti ed alla luce delle considerazioni che seguono.  ### i principi costantemente elaborati dalla ### l'architetto, l'ingegnere o il geometra, nell'espletamento dell'attività professionale (consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile), è debitore di un risultato. Difatti, il professionista, alla luce di tale orientamento, è tenuto ad una prestazione di un progetto concretamente utilizzabile anche dal punto di vista tecnico e giuridico; ne consegue che l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, darà luogo ad inadempimento dell'incarico (cfr. Cass., Sez. II, 18 gennaio 2017 n. 1214; Cass. 19 luglio 2016 n. 14759). 
Sulla scorta di tale interpretazione, rientra nella prestazione dovuta dal tecnico incaricato della redazione di un progetto edilizio, in quanto attività strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell'opera, l'obbligo di assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica e di individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da garantire la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dei lavori richiesti dal committente (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8014 del 21/05/2012). 
Da quanto sopra segue che se dall'edificazione di una costruzione in violazione delle norme sulle distanze legali sia derivato l'obbligo del committente della riduzione in pristino, sussiste il diritto di rivalsa del committente nei confronti del progettista direttore dei lavori; ciò, per esempio, quando l'irregolare ubicazione della costruzione sia conforme al progetto e non sia stata impedita dal professionista medesimo in sede di esecuzione dei lavori, in quanto il fatto illecito, consistente nella realizzazione di un edificio in violazione delle distanze legali rispetto al fondo del vicino, è legato da un nesso causale con il comportamento del professionista che ha predisposto il progetto e diretto i lavori ( Cass., Sez. II, 30 gennaio 2003 n. 1513). 
Peraltro, è stato precisato che “né la responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto” (cfr. ### civile sez. II, 21/03/2023, n.8058). 
Ancora, recentemente, proprio con specifico riferimento alle questioni relative alle distanze tra costruzioni previste dall'art. 9 del D.M. 1444/1968, anche in caso di contrasto tra la normativa locale e quella nazionale, in fattispecie analoga alla presente, si è affermato che “il professionista autore di un progetto edilizio per l'edificazione di una costruzione che si riveli in violazione delle distanze legali è responsabile dei danni conseguentemente patiti dai committenti, essendo questi ultimi eziologicamente correlati al suo inadempimento (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso, ai sensi dell'art. 2236 c.c., la responsabilità di un architetto per l'avvenuta progettazione di un edificio in violazione dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, sul presupposto che rientrasse nel sapere specialistico del professionista avvedersi del contrasto della normativa urbanistica locale - cui si era uniformato - con quella sovraordinata nazionale)” (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14527 del 25/05/2023).  ### specie, non è contestato che il citato professionista è stato incaricato della progettazione delle opere oggetto del permesso di costruire n. 37/2011 e del permesso di costruire in variante n. 27/2012 né è contestato che i progetti redatti avevano avuto l'approvazione degli organi amministrativi, sebbene con alcune criticità rilevate dalla stessa pubblica amministrazione. 
Come evidenziato dal c.t.u., il progetto autorizzato dal Comune di ### con ### di ### n.37/2011, rilasciato in data ###, veniva assentito su parere della ### nella seduta del 02.08.2011, in quanto conforme all'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. del P.R.G. vigente all'epoca, nonostante, nel parere istruttorio del 29.07.2011 venivano riscontrate la non conformità dell'intervento alla normativa in materia di distanze di cui al D.M. 1444/1968 e la violazione dei limiti di altezza di cui al citato art.  2.3.3, comma 9 (fissati in 8,50 ml), in quanto il progetto prevedeva la realizzazione di un corpo scala indipendente e fuori sagoma, con un'altezza complessiva di ml 9,74, “condizione la cui legittimità, in caso di approvazione da parte della ### edilizia, andava dimostrata con dichiarazioni e grafici”. 
Quanto al progetto di variante, lo stesso veniva autorizzato dal Comune con ### di ### n. ###/2012 del 01.03.2013, con le seguenti prescrizioni: “le aperture poste sulla parete sud del vano scala siano cieche, ai sensi dell'art. 1.6.4 comma 4 delle N.T.A.  vigenti; sia prevista la realizzazione di n.4 posti auto nell'area di pertinenza, aventi dimensioni in pianta pari a 5,00 x 2,50”. 
In considerazione di tali rilevi e in applicazione dei sopra enunciati principi in punto di responsabilità del progettista, non è possibile qualificare in termini di colpa lieve l'errore commesso dal professionista nel predisporre il progetto di realizzazione della costruzione in difformità dalle norme urbanistiche ed edilizie vigenti, dovendo egli ritenersi tenuto, nei confronti del committente, alla elaborazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico. Rientra, infatti, nel sapere specialistico del tecnico anche l'obbligo di avvedersi dell'eventuale contrasto della normativa urbanistica locale con quella sovraordinata nazionale. 
Il terzo chiamato ### deve, quindi, ritenersi responsabile dei danni subiti dal committente, atteso che la costruzione realizzata deve essere parzialmente demolita a causa delle indicate difformità. 
Non merita di essere condivisa l'eccezione del terzo chiamato ### relativa alla decadenza del convenuto dall'azione risarcitoria, in quanto è noto che il termine di un anno dalla scoperta dei vizi decorre dall'apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravità dei difetti e della loro causa da parte del committente. È evidente che tale conoscenza, nella specie, deve essere riferita alla notifica dell'atto di citazione per la riduzione in pristino, non potendo il convenuto acquisire sicura conoscenza dei vizi e delle cause dei difetti sulla scorta di mere diffide stragiudiziali. 
Neppure coglie nel segno l'allegazione del citato terzo in merito alla corretta esecuzione del suo incarico e alla sua funzione di mero “esecutore” della volontà dei committenti. 
Si osserva, infatti, che, da un lato, è rimasta indimostrata l'affermazione secondo cui il professionista avrebbe reso edotti i committenti delle problematiche esistenti e dei contrasti tra la normativa nazionale e quella regolamentare adottata dal Comune di ### in merito alle distanze legali tra edifici, non essendo sufficienti a tal fine i progetti versati in atti dal professionista, in cui vengono proposte diverse ipotesi di realizzazione dell'opera, anche senza sopraelevazione della porzione di edificio in ragione del mancato rispetto della distanza di m 6, come previsto dall'art. 1.6.4 N.T.A.; dall'altro, il fax del 10.5.2010 inviato dal ### (doc. 5 allegato alla comparsa di costituzione e risposta del terzo chiamato ### contiene la mera richiesta, corredata da un sommario schizzo, di elaborazione di un progetto di sopraelevazione con l'aggiunta di un corpo scala rispetto al fabbricato preesistente, con espresso incarico al professionista di realizzare materialmente il progetto e di ottenere i titoli abilitativi. Del resto, come sopra precisato, è irrilevante ai fini dell'esclusione della responsabilità del professionista l'accettazione del committente della eventuale realizzazione in violazione delle distanze legali. 
Deve essere, altresì, disattesa la deduzione del terzo ### in relazione alla corresponsabilità degli attori sull'aggravamento dei danni, per avere il ### atteso cinque anni dal momento in cui aveva investito il proprio legale di occuparsi della questione in oggetto prima di intraprendere il presente giudizio. Dalla documentazione in atti, infatti, non risulta alcun comportamento inerte di parte attrice, che si è attivata in via stragiudiziale sin dal novembre 2013 al fine di ottenere il rispetto della normativa sulle distanze legali (doc. 7 atto di citazione). 
Venendo all'esame delle specifiche poste risarcitorie richieste dal convenuto ### quest'ultimo ha formulato domanda di manleva in relazione alle seguenti conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'accoglimento delle domande di parte attrice: esborso di € 30.977,10 relativo alla perdita di valore dell'edificio degli attori a seguito dell'intervento edilizio; esborso di € 8.157,54 relativo alla indennità danno-servitù; esborso di € 42.805,52 relativo al valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi; deprezzamento dell'immobile di parte convenuta a seguito delle opere di riduzione in pristino per € 84.000,00. 
Quanto al primo importo, si evidenzia che il Tribunale ha escluso la risarcibilità della perdita di valore dell'edificio degli attori in caso di permanenza delle opere abusive, avendo disposto la riduzione in pristino. 
Quanto agli importi di € 8.157,54 e € 42.805,52, gli stessi sono stati riconosciuti come dovuti dai convenuti agli attori, pertanto rispetto ad essi, deve essere accolta la domanda di manleva del convenuto ### Quanto all'importo di € 84.000,00, la corresponsione dello stesso deve essere riconosciuta in favore del convenuto, in considerazione della differenza tra il valore di mercato dell'immobile di proprietà ### a seguito dell'intervento edilizio e il valore di mercato del fabbricato a seguito delle opere di riduzione in pristino della porzione realizzata in violazione alle norme urbanistico-edilizie. 
Non merita, invece accoglimento la richiesta del convenuto di condanna del professionista al pagamento degli oneri attinenti allo svuotamento dell'unità immobiliare ed al pregiudizio derivante dalla forzata indisponibilità del bene (stimato dal c.t.u. in € 2.200,00), in quanto formulata in termini generici e sfornita di riscontro probatorio, non avendo il ### dimostrato l'attuale, futura o ipotetica privazione del godimento dell'immobile. 
Ritiene, inoltre, il Tribunale che, in considerazione del fatto che l'esecuzione dell'intervento edilizio ad una distanza non rispettosa quantomeno delle N.T.A. è risultata nota al convenuto ### (sulla base della citata documentazione versata in atti) e che la pubblica amministrazione ha comunque assentito i progetti, nonostante le problematiche riscontrate dallo stesso ufficio tecnico, la responsabilità del professionista deve essere ridotta in misura pari al 50%. 
Il terzo chiamato ### quindi, deve essere chiamato a tenere indenne a tenere indenne e manlevare il convenuto ### di quanto andrà a pagare in dipendenza delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal parziale accoglimento delle pretese attoree per il complessivo importo di € 67.481,53, oltre interessi dalla domanda al soddisfo. 
Passando alla domanda di manleva formulata da parte del geom. ### nei confronti di ### s.p.a., la stessa è fondata e merita accoglimento. 
La compagnia assicurativa ha eccepito l'inoperatività della polizza, in quanto la copertura assicurativa era limitata alle sole sanzioni inflitte ai clienti nell'ipotesi di errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità, mentre erano esclusi i sinistri derivanti dalla mancata rispondenza delle opere all'uso ed alle necessità cui sono destinate e quelli relativi a sanzione conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (art. 7.3 delle Condizioni generali) e le perdite patrimoniali derivanti da errata progettazione (condizione particolare n. 714). 
Invero, il contratto di assicurazione stipulato tra il geom. ### e ### s.p.a. stabilisce, all'art. 7.1 lett. a) delle ### che l'assicurazione si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento, in conseguenza di danni corporali e danni materiali cagionati a terzi per i fatti verificatisi in relazione all'attività professionale di geometra, libero professionista, progettista e/o direttore dei lavori o collaudatore delle opere ivi indicate, tra cui rientrano le costruzioni civili. ###. 7.2 contiene un elenco di attività comprese in garanzia, tra cui, per quanto di interesse, l'attività di consulenza in genere (lett.a) e i danni corporali e materiali conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (lett.i).  ###. 7.3 menziona tra i rischi esclusi quelli: derivanti dalla mancata rispondenza delle opere all'uso ed alla necessità cui sono destinate, pur essendo compresi i danni corporali e i danni materiali che derivano dagli stessi effetti pregiudizievoli delle opere stesse (lettera j); relativi a sanzioni in genere conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (lettera l); derivanti da responsabilità volontariamente assunte dall'### e non direttamente derivantigli dalla legge (lettera o). 
Orbene, contrariamente agli assunti di ### s.p.a., a fronte della menzione espressa, tra i sinistri ricompresi nell'ambito della copertura assicurativa, dei danni derivanti dall'errata interpretazione dei vincoli urbanistici, al fine di ritenere esclusi dai rischi coperti i danni derivanti dall'inadempimento oggetto di esame - collegato proprio ad un errata interpretazione dei vincoli urbanistici - occorrerebbe una previsione contrattuale esplicita. Simile pattuizione, tuttavia, non è presente nel contratto di assicurazione, non essendo ravvisabile né nella lett. j né nella lett. o delle CGA richiamate. 
Una disposizione contrattuale esplicita di esclusione si riscontra, invece, nella lett. l delle CGAcon riferimento alle sanzioni applicate in conseguenza dell'errata interpretazione della normativa urbanistica, sicché devono ritenersi non coperti dall'assicurazione i danni relativi alle eventuali sanzioni applicate dal Comune. 
Si rileva, inoltre, che l'assicurato ha sottoscritto la ### - ### di ### del ### completa di tutte le estensioni possibili (714, 715, 718, 719 e 722). 
Va, altresì, rigettata l'eccezione di prescrizione sollevata da ### s.p.a., atteso che la denuncia del sinistro da parte dell'assicurato deve ritenersi tempestiva, emergendo per tabulas l'apertura del sinistro in data ###, quindi in epoca di poco successiva alla notifica dell'atto di chiamata in causa nel presente giudizio in data ### (doc. 1 memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. ###. Peraltro, come rilevato dallo stesso ### la diffida del procuratore degli attori in data ### risulta inviata esclusivamente ai convenuti e non al professionista.  ### va, dunque, condannata a manlevare il geom.  ### di quanto egli è tenuto a pagare al convenuto in ragione della presente sentenza. 
Venendo al governo delle spese di lite, nei rapporti tra attori e convenuti, il parziale accoglimento della domanda attorea giustifica la compensazione delle stesse nella misura di 1/3, mentre i restanti 2/3 vengono posti a carico dei convenuti in ragione della soccombenza principale e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M.  55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabile-complessità media e tenuto conto che la difesa ha riguardato più parti aventi la medesima posizione processuale (cfr. ### civile sez. III, 17/04/2024, n.10367). 
Nei rapporti tra convenuto ### e terzo chiamato ### il parziale accoglimento della domanda del primo giustifica la compensazione delle spese di lite nella misura di 1/3, mentre i restanti 2/3 vengono posti a carico del secondo in ragione della soccombenza principale e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M.  55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabile-complessità media. 
Nei rapporti fra ### e ### s.p.a. le spese di lite e di mediazione seguono la soccombenza e si liquidano a carico di ### s.p.a. come in dispositivo in applicazione del D.M. 55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabilecomplessità media. 
Le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto, vengono poste a carico di tutte le parti in solido, essendo stata la consulenza disposta ed espletata nell'interesse di tutte le parti.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando nella causa civile n. r.g. 1580/2018, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: - dichiara l'illegittimità della costruzione realizzata dal convenuto, limitatamente a quanto indicato nella parte motiva; - ordina al convenuto ### la demolizione, a propria cura e spese, mediante arretramento dell'immobile di sua proprietà fino al rispetto della distanza dall'edificio prospiciente di metri m. 9,89; - rigetta la domanda di riduzione in pristino nei confronti di ### e ### - condanna i convenuti ##### in solido tra loro, al pagamento in favore degli attori della somma di € 50.962,66, a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi dalla data della presente sentenza al soddisfo; - condanna il terzo chiamato ### al pagamento, in favore del convenuto ### della somma di € 67.481,53, a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi dalla data della presente sentenza al soddisfo; - condanna il terzo chiamato ### s.p.a a tenere indenne e manlevare l'assicurato ### di quanto andrà a pagare in dipendenza della presente sentenza, nei limiti della franchigia indicata in polizza; - compensa le spese di lite tra gli attori e i convenuti nella misura di 1/3; - condanna i convenuti a corrispondere a parte attrice, a titolo di rimborso di 2/3 delle spese di giudizio, la somma di € 11.584,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; - compensa le spese di lite tra ### e ### nella misura di 1/3; - condanna il terzo chiamato ### a corrispondere al convenuto ### a titolo di rimborso di 2/3 delle spese di giudizio, la somma di € 7.240,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; - condanna il terzo chiamato ### s.p.a a corrispondere ad ### a titolo di rimborso delle spese di giudizio, la somma di € 10.860,00 per compenso professionale, oltre € 653,30 per esborsi, rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge ed oltre spese di mediazione per € 1.512,00; - pone definitivamente le spese di c.t.u. a carico di tutte le parti in solido tra loro. 
Così deciso in ### il ### 

Il Giudice
dott.ssa ### (atto sottoscritto digitalmente)


causa n. 1580/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Silvia Fanesi

M
2

Tribunale di Catanzaro, Sentenza n. 2451/2025 del 25-11-2025

... edilizie che hanno comportato la configurazione di un abuso edilizio; che i vizi delle lavorazioni hanno compromesso il godimento dell'abitazione, causando disagi esitati in patologia personali per l'opponente.; vinte le spese. Con comparsa di risposta depositata l'1.04.2019, si è costituita l'### S.r.l., la quale ha chiesto: il rigetto della chiamata in causa del terzo; la dichiarazione di inammissibilità della domanda riconvenzionale per incertezza dell'oggetto, del titolo della stessa e della quantificazione; il rigetto, nel merito, di ogni richiesta avversaria perché infondata in fatto e in diritto e la dichiarazione che l'opposta è creditrice per l'importo quantificato in sede di A.T.P.. Inoltre, l'impresa convenuta -opposta ha eccepito: che l'importo ingiunto è pari a quello quantificato in sede ###ha considerato l'applicazione dell'iva al 10% come previsto negli accordi, la cui percentuale, tuttavia, non è prevista per tutti gli interventi di recupero edilizio; che con l'art. 8 del contratto d'appalto le parti hanno riconosciuto la possibilità di concordare di volta in volta eventuali altri lavori da compensare a parte; che, in sede di ### il CTU ha correttamente escluso dalle (leggi tutto)...

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TRIBUNALE ORDINARIO DI CATANZARO ### REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Catanzaro, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al ruolo n. 6259/2018 R.G. vertente TRA ### (C.F. ###) E #### (C.F. ###), in qualità di eredi di ### rappresentati e difesi dall'Avv. ### (C.F. ###), per procura in calce all'atto di riassunzione; -#### S.R.L, (P.IVA ###), in persona del legale rappresentante pro - tempore, geom. ### rappresentata e difesa dall'Avv.  ### A. Garagozzo (C.F. ###) in virtù di procura in calce al ricorso per decreto ingiuntivo; -OPPOSTA ### (C.F. ###), rappresentato e difeso dall'Avv.  ### (C.F. ###), per procura in calce alla comparsa di costituzione; -### Oggetto: inadempimento contratto appalto privato;
Conclusioni delle parti: all'udienza del 07.07.2025 le parti hanno precisato le proprie conclusioni come da note di trattazione scritta depositate telematicamente e la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.  MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, ### ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 913/2018 emesso dall'intestato Tribunale, con cui le è stato ingiunto il pagamento di € 30.524,84, oltre interessi e spese del monitorio, in favore della ### s.r.l.. 
Pertanto, ha citato in giudizio l'### S.r.l., in persona del legale rappresentante pro - tempore, per sentire accogliere le seguenti conclusioni: “### il Tribunale adito, preliminarmente autorizzare la chiamata in causa dell'architetto ### residente ###premessa, concedendo termine per la citazione del terzo, in prosieguo, non concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, essendo la presente opposizione fondata su prova scritta; nel merito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione, deduzione e conclusione ed in accoglimento della presente opposizione ammissibile e fondata dichiarare ed accertare, che nessuna somma è dovuta dall'attrice opponente avv. ### alla impresa ### e per l'effetto revocare l'opposto decreto ingiuntivo, di contro statuire dovuta in favore dell'avv. ### la penale in premessa nella misura di giustizia; inoltre, dichiarare risolto il contratto di appalto in premessa per grave inadempimento dell'impresa appaltatrice ### dichiarare risolto il contratto di prestazione professionale per la direzione dei lavori per grave inadempimento dell'architetto ### dichiarando che nessuna somma è a questo dovuta dall'attrice opponente, altresì condannare solidalmente la stessa impresa ### ed il terzo chiamato ### a risarcire l'opponente avv. ### di tutti i maggiori danni patrimoniali ed ancora non patrimoniali provocati, con vittoria di spese e compensi di lite e con riserva di articolare in corso di causa i mezzi istruttori.”. 
A supporto della propria domanda gli opponenti hanno esposto quanto segue: di avere affidato in appalto l'esecuzione di lavori di ristrutturazione nel suo immobile, sito in #### 88; che l'importo ingiunto dall'impresa ### S.r.l. non è, tuttavia, dovuto, perché non comprensivo dell'iva al 10% prevista per lavori di ristrutturazione edilizia, ma dell'IVA ordinaria al 22% e in quanto comprendente somme per lavori extra contratto mai pattuiti o comunque eseguiti da altre ditte; che la ### S.r.l. si è resa gravemente inadempiente per mancata ultimazione dei lavori e per l'omesso rilascio delle dichiarazioni di conformità delle opere e/o degli impianti eseguiti; che l'impianto di climatizzazione e riscaldamento è stato eseguito dalla ditta ### e non anche dall'impresa appaltatrice come erroneamente accertato in sede di ### che alcune vizi sulle lavorazioni sono stati riparati dall'impresa edile ### che l'### S.r.l. ha erroneamente eseguito il massetto e ciò ha comportato costi aggiuntivi al momento della posa in opera del parquet eseguita dalla ditta ### che alcune voci di calcolo dei costi extra contratti erano già state previste in contratto, trattandosi di un appalto a corpo comprensivo di tutti gli oneri per l'esecuzione dei lavori appaltati; che il mancato completamento dei lavori nel termine di 90 giorni ex art. 6 del contratto d'appalto determina il diritto allo scomputo della penale pari a 100 € per ogni giorno di ritardo da ogni importo richiesto dall'impresa appaltatrice, la quale non ha mai ultimato i lavori e la cui conclusione è stata comunicata dal direttore dei lavori il ###; che l'### S.r.l. si è resa inadempiente per la presenza di vizi sulle lavorazioni appaltate, sugli infissi, sulle pavimentazioni degli ambienti del piano sesto, sulla scala interna realizzato in difformità del progetto, sulle porte blindate non fornite come prodotto finito, sulla parete di cartongesso del salotto e sui pannelli di cartongesso del sesto e del settimo piano, sulla pavimentazione e sul rivestimento murario della cucina, sull'omessa posa di alcuni battiscopa e sull'errata posa dei cassonetti nel locale studio; che la riparazione a regola d'arte dei vizi richiede il totale rifacimento delle opere con notevoli esborsi; che anche il direttore si è reso inadempiente per omessa direzione e sorveglianza del cantiere, per arbitraria variazione del progetto della scala, per mancata consegna della documentazione di ultimazione dei lavori e della ### per avere consentito l'esecuzione di lavori extra contratto, per l'esecuzione errata delle pratiche edilizie che hanno comportato la configurazione di un abuso edilizio; che i vizi delle lavorazioni hanno compromesso il godimento dell'abitazione, causando disagi esitati in patologia personali per l'opponente.; vinte le spese. 
Con comparsa di risposta depositata l'1.04.2019, si è costituita l'### S.r.l., la quale ha chiesto: il rigetto della chiamata in causa del terzo; la dichiarazione di inammissibilità della domanda riconvenzionale per incertezza dell'oggetto, del titolo della stessa e della quantificazione; il rigetto, nel merito, di ogni richiesta avversaria perché infondata in fatto e in diritto e la dichiarazione che l'opposta è creditrice per l'importo quantificato in sede di A.T.P.. 
Inoltre, l'impresa convenuta -opposta ha eccepito: che l'importo ingiunto è pari a quello quantificato in sede ###ha considerato l'applicazione dell'iva al 10% come previsto negli accordi, la cui percentuale, tuttavia, non è prevista per tutti gli interventi di recupero edilizio; che con l'art. 8 del contratto d'appalto le parti hanno riconosciuto la possibilità di concordare di volta in volta eventuali altri lavori da compensare a parte; che, in sede di ### il CTU ha correttamente escluso dalle lavorazioni eseguite dall'impresa quelle di posa del parquet, di esecuzione del massetto mediante livellante (voci ### e ### del preventivo) e dell'impianto idro - sanitario (voce I 22); che per l'impianto di climatizzazione e riscaldamento l'impresa opposta ha realizzato solo le tracce dell'impianto e lo smaltimento dei materiali di risulta (voce ### del contratto) preparate per consentire la esecuzione dei lavori da parte della ditta ### nonostante l'esecuzione fosse stata contrattata tra le parti; che l'omessa predisposizione di un capitolato da parte dell'opponente ha determinato l'impresa ad eseguire i lavori attraverso accordi verbali; che la modifica delle scale è stata concordata con la committente perché utile per lasciare un'altezza minima di 1.80 c.m.; che il costo per il trasporto di materiali di risulta è stato calcolato fino alla sede della discarica; che anche i lavori nella cantina sono stati concordati con ### che sulla ritardata ultimazione dei lavori non risulta compilato alcun verbale di consegna degli stessi quale momento di decorrenza del termine di 90 giorni; che l'impresa appaltatrice ha lavorato tollerando la presenza di altre ditte e non gli è stato poi consentito dalla committente di eseguire verifiche e collaudo; che al direttore dei lavori non è stato conferito alcun formale incarico; che i vizi riscontati in sede di ATP sono stati quantificati in € 1.500,00 e considerate tolleranze edili tali da comportare una responsabilità dell'impresa pari al 50%; che il recesso dal contratto da parte dell'opponente comporta comunque il diritto al pagamento delle spese sostenute per i lavori eseguiti; che l'opponente è decaduta dall'azione di garanzia nei confronti dell'opposta ex art. 1667 c.c., avendo denunciato i vizi formalmente solo il ###. 
Con comparsa depositata il ###, si è costituito ### il quale ha chiesto: in via preliminare, l'estromissione dal giudizio, per mancato conferimento dell'incarico di direttore dei lavori di ristrutturazione per cui è causa; nel merito, il rigetto della domanda, non avendo mai svolto la funzione di direttore dei lavori, risultandone tale solo nella ### la condanna dell'opponente al danno da responsabilità per la temerarietà della lite ex art. 96 c.p.c.; vinte le spese. 
Con ordinanza del 10.12.2019 è stata rigettata la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto. 
Concessi i termini ex art. 183, comma VI, c.p.c., all'udienza dell'8.03.2021 è stata ammessa la prova testimoniale richiesta dalle parti, limitatamente ad alcuni capitoli con un teste per ogni circostanza ammessa, con riserva di decidere all'esito dell'espletata prova l'ammissione dell'interrogatorio formale chiesto dall'opponente e dall'opposta. 
Espletato l'interrogatorio formale delle parti, all'udienza del 14.11.2022 il procedimento è stato interrotto per morte di ### Con atto di riassunzione depositato il ###, si sono costituiti gli eredi di #### e ### chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni: “### il Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione, deduzione e conclusione ed in accoglimento della presente opposizione ammissibile e fondata, dichiarare ed accertare, che nessuna somma è dovuta dall'attore opponente avv. ### - oggi dai suoi eredi aventi causa - alla impresa ### e per l'effetto revocare l'opposto decreto ingiuntivo, di contro statuire dovuta in favore dell'avv. ### - oggi dei suoi eredi aventi causa - la penale in premessa nella misura di giustizia; inoltre, dichiarare risolto il contratto di appalto in premessa per grave inadempimento dell'impresa appaltatrice ### dichiarare risolto il contratto di prestazione professionale per la direzione dei lavori per grave inadempimento dell'architetto ### dichiarando che nessuna somma è a questo dovuta dall'attore opponente - oggi dai suoi eredi aventi causa - altresì condannare solidalmente la stessa impresa ### ed il terzo chiamato ### a risarcire l'opponente avv. ### - oggi i suoi eredi aventi causa - di tutti i maggiori danni patrimoniali ed ancora non patrimoniali provocati, con vittoria di spese e compensi di lite e con riserva di articolare in corso di causa i mezzi istruttori.”. 
Con provvedimento dell'8.02.2023 è stata fissata udienza per la comparizione delle parti, disponendo la notifica della copia di quest'ultimo e del ricorso a cura della parte ricorrente. 
Avvenuta la riassunzione, la causa è stata rinviata per l'escussione testimoniale come ammessa con ordinanza del 12.05.2022.
All'udienza dell'11.03.2024, gli opponenti hanno chiesto l'autorizzazione al deposito di copia della querela proposta alla ### della Repubblica dall'Avv. ### nei confronti di tutti i testi di parte opposta escussi per falsa testimonianza, opponendosi a tutte le richieste di parte opposta. 
Con ordinanza del 12.03.2024, rilevata la mancanza di prova della giustificazione inviata dal teste ### citato e non comparso, è stata disposta l'applicazione della sanzione nei suoi confronti ai sensi dell'art. 255 c.p.c., inoltre, è stata ammessa la prova testimoniale di ### e ### e non è stato autorizzato il deposito delle querele sporte per falsa testimonianza per omessa indicazione del nome dei testi, della data di presentazione della querela e per irrilevanza della circostanza medesima. 
All'udienza del 20.06.2024, parte attrice ha allegato a sospetto il teste ### per alcune incongruenze nella deposizione e per non aver riconosciuto il committente presente in aula, chiedendo la trasmissione degli atti in ### e rilevando, altresì, come assolutamente incerto il rapporto di lavoro o collaborazione del ### con la “### Costruzioni”. 
Con ordinanza del 16.07.2024 è stato disposto l'accompagnamento coattivo da parte della ### pubblica del teste ### per la predetta udienza con condanna dello stesso alla pena pecuniaria di € 1.000,00. 
All'udienza del 19.09.2024, esaminata la documentazione sanitaria attestante l'impossibilità a comparire del teste ### alla precedente udienza è stata revocata la sanzione comminata. 
Con ordinanza del 24.10.2024 è stata ammessa la CTU per l'accertamento dei contestati vizi sulle lavorazioni eseguite dall'opposta. 
Espletata la consulenza tecnica d'ufficio, all'udienza del 07.07.2025 le parti hanno precisato le proprie conclusioni come da note di trattazione scritta depositate telematicamente e la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c..  *** *** *** *** ***  ### proposta da ### e ### è parzialmente fondata e va accolta nei limiti e per le motivazioni di seguito esposte.
Gli opponenti hanno chiesto la risoluzione per inesatto adempimento del contratto di appalto per l'esecuzione di lavori nell'immobile di loro proprietà concluso con la ### S.r.l e, per l'effetto, hanno chiesto la dichiarazione che nulla è dovuto all'impresa e quindi la revoca del decreto ingiuntivo opposto. 
Inoltre, hanno proposto domanda di risoluzione del contratto di prestazione professionale per la direzione dei lavori per grave inadempimento dell'arch. ### nella coordinazione degli stessi e la condanna di quest'ultimo, in via solidale con la ### S.r.l., al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa dei vizi riscontrati sulle lavorazioni eseguite. 
Preliminarmente, si osserva che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si verifica un'inversione della posizione processuale delle parti, mentre resta invariata la posizione sostanziale. Quindi, con l'opposizione si apre un ordinario giudizio di cognizione, nel quale resta a carico del creditore opposto, avente in realtà veste di attore, l'onere di provare l'esistenza del credito, mentre è carico del debitore opponente, avente la veste sostanziale di convenuto, l'onere di provare eventuali fatti estintivi, modificativi o impeditivi dell'obbligazione (cfr. Cass. n. 12765/2007; Cass. ### n. 7448/1993 e altre conformi). 
A ciò va aggiunto che, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che: “il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell'obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento.  (Nell'affermare il principio di diritto che precede, le ### della Corte hanno ulteriormente precisato che esso trova un limite nell'ipotesi di inadempimento delle obbligazioni negative, nel qual caso la prova dell'inadempimento stesso è sempre a carico del creditore, anche nel caso in cui agisca per l'adempimento e non per la risoluzione o il risarcimento). (Conf. sulla sola prima parte 11629/99, rv 530666).” ( Cass. Civ. Sez. Un. sent. n. 13533/2001). 
Fatta questa premessa, si rileva che dall'esame del compendio probatorio è emerso che l'### S.r.l. ha fornito la prova della fonte contrattuale del diritto di credito azionato nel presente giudizio. 
Parte opponente ha sollevato, a sua volta, eccezione di inadempimento per mancata ultimazione delle opere, per vizi sulle opere realizzate e per mancata pattuizione di alcune lavorazioni extra contratto.  ### S.r.l., a fronte dell'eccezione ex art. 1460 c.c. sui vizi delle lavorazioni, ha eccepito la decadenza per intervenuta prescrizione dall'esercizio dell'azione di garanzia ex art. 1667 c.c.. 
Gli opponenti hanno poi contestato la suddetta eccezione di decadenza perché sollevata tardivamente, al momento della costituzione della ### avvenuta in udienza. 
Ebbene, l'eccezione di decadenza dell'opposta dall'eccezione di prescrizione sollevata dall'opponente è fondata, perché tardiva. 
Infatti, si osserva che l'eccezione di prescrizione è eccezione in senso stretto e, pertanto, la ### S.r.l. deve dichiararsi decaduta per essersi costituita tardivamente nel giudizio, ovvero alla prima udienza dell'1.04.2019. Quindi, dopo il termine di venti giorni prima dell'udienza, come dispone l'art. 166 c.p.c., termine richiamato dall'art. 167 c.p.c.  per sollevare eccezioni di merito, come quella di prescrizione, non rilevabili d'ufficio. Ciò in violazione del sistema di preclusioni regolato dagli artt. 166 e 167 cod. proc. civ., nel quale si dispone l'obbligo della parte convenuta in giudizio di costituirsi entro un certo termine prima dell'udienza fissata per la comparizione delle parti (venti giorni prima nel giudizio ordinario di cognizione o dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini) nonché l'obbligo, in sede di costituzione, di sollevare, a pena di decadenza le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, tra cui rientra a pieno titolo l'eccezione di prescrizione.
Inoltre, deve precisarsi che l'opponente ha, sin dal 30.08.2016, denunciato la presenza di vizi inerenti alle lavorazioni appaltate (cfr. all. n. 18 all'atto di opposizione). 
L'### S.r.l. ha sostenuto, al contrario, l'esatto adempimento delle lavorazioni, non fornendo, tuttavia, alcuna prova a supporto. 
Invero, dall'esame della CTU redatta in sede di ### dalle prove testimoniali e dalle risultanze della CTU espletata nel presente giudizio è emerso che l'### S.r.l.  ha eseguito gran parte dei lavori preventivati non conformandosi però alle regole dell'arte. 
In particolare, il consulente in sede di ATP azionato dalla ### S.r.l., per verificare lo stato dei luoghi e delle lavorazioni realizzate in favore degli opponenti, ha accertato che: “### dei lavori effettivamente realizzati della ditta ### sulla base del contratto e loro valutazione economica ### ribadire che al contratto non è stato allegato alcun ### speciale di appalto ma solo il preventivo di spesa con prezzo a “corpo” di cui si è già detto. Ciò posto, dagli accertamenti risulta che la ditta ha eseguito tutti i lavori, forniture e prestazioni previsti nel preventivo di cui al contratto stipulato il ###, eccetto le seguenti opere: 1 impianto idro - sanitario di bagno di cui al punto ### del preventivo di spesa - prezzo = € 5.600,00. Resta confermata, invece, l'esecuzione delle tracce e lo smaltimento dei relativi materiali di risulta, prestazioni queste che, del resto, erano previste nella voce ###; 2 posa in opera del parquet di tipo prefinito di cui alla voce ### del preventivo - prezzo = € 3.700,00; 3 massetto mediante livellante per posa parquet, al 6° piano di cui al punto ### - prezzo = € 2.500,00 Ciò evidenziato in base al principio precedentemente esposto al paragrafo ###, è evidente che l'impresa non abbia diritto ai prezzi delle tre voci in questione, ma deve anche dirsi che la relativa decurtazione deve essere fatta ribassando ognuno di tali prezzi al 6,25%, ovvero della percentuale pari alla concordata riduzione dell'originario complessivo prezzo “a corpo” da € 64.000 a € 60.000… Ne consegue che nel seguito lo scrivente darà luogo alle seguenti effettive decurtazioni: per mancata esecuzione di a): € 5.600,00 - 6,25% = 5.250,00 per mancata esecuzione di b): € 3.700,00 - 6,25% = 3.468,75 per mancata esecuzione di c): € 2.500,00 - 6,25% = 2.342,75 totale decurtazioni € 11.062,50.” (cfr. pag. 20 e 21 dell'###. 
Anche in sede di escussione testimoniale, dalla deposizione del teste di parte opponente ### è emerso che i lavori di posa del parquet non stati eseguiti dall'opposta. Il teste ### ha dichiarato di essere a conoscenza dei fatti di causa in quanto dipendente della ### s.r.l.. sino al 2020. Sui capitoli ammessi di cui alla memoria ex art. 183 comma VI n. 2 c.p.c. così ha risposto: capitolo 20)“vero che la ### aveva acquistato il parquet dalla ### nel mese di luglio 2016 e che lo stesso venne regolarmente consegnato alla medesima attrice?” “è vero. Lo so in quanto l'abbiamo consegnato io e mio cugino ###”; capitolo 21 “vero che a ridosso del periodo di ferragosto dell'anno 2016 foste contattati dalla ### al fine di posare e levigare il parquet perché la ### ometteva improvvisamente di provvedervi”? “è vero, abbiamo montato e levigato il parquet, non so il motivo per il quale siamo stati chiamati.”; capitolo n. 22 “ vero che sia fornitura che la posa in opera del parquet sono stati eseguiti dall'impresa ### vedi fatture 124, 130, 135 del 2016 con relativi bonifici della committente, su diretta committenza dell'attrice opponente (cfr. documenti allegati), sebbene in contratto la posa in opera fosse stata pattuita a carico della ### che invece si limitava a realizzare soltanto il massetto cementizio”? “è vero. Confermo ancora una volta la consegna e la posa del parquet. 
Per quanto riguarda le fatture e i bonifici nulla so perché non mi occupo della contabilità.”; Capitolo 23: ”Vero che al momento della detta posa in opera l'impresa ### rilevava la errata realizzazione del massetto del piano settimo da parte dell'impresa ### talmente difettoso da rendere impossibile la posa del parquet senza notevoli correzioni” “È vero che dopo la posa abbiamo levigato il parquet, ma è una procedura standard. La levigatura del parquet non ha costituito costi aggiuntivi o maggiore tempo mentre la fase preparatoria che ha riguardato il massetto è stata un di più. Io mi sono occupato personalmente di stendere il prodotto autolivellante e ho impiegato circa due giorni. Ricordo che in prossimità dei pavimenti della cucina vi era un dislivello e ho dovuto provvedere per come meglio potevo a colmarlo. A domanda dell'Avv.  ### : la levigatura ha comportato circa quattro-cinque giorni; A domanda dell'Avv.   ### : nei giorni in cui io ho lavorato nell'immobile della signora ### vi erano altre persone che lavoravano al piano di sotto, ma non so dire chi fossero e cosa stessero facendo. A domanda dell'Avv.   ### : Il livellamento del massetto ha comportato un lavoro aggiuntivo di cui però non conosco il costo. A domanda dell'Avv. ### prima di procedere a stendere l'autolivellante mi sono interfacciato con l'avv. ### perché era necessario procedere a tale operazione che comportava un costo aggiuntivo. (cfr. verbale udienza del 06.11.2023). 
Infine, il CTU in sede di ATP ha precisato che: “per quel che può eventualmente valere, è emerso che i lavori eseguiti da altre ditte sono: 1. ### l'impianto di climatizzazione caldo - freddo; 2.  ### impianto idrico - sanitario di bagno con antibagno; 3. ### fornitura posa in opera del parquet.”. (cfr. ATP pag. 40).
Anche il teste di parte opponente - ### - in sede di prova testimoniale ha confermato che i lavori indicati nel preventivo alla voce ### di realizzazione di solo impianto idrico sanitario di bagno e cucina sono stati eseguiti dalla sua ditta. 
Il teste ### ha dichiarato inoltre che: “### a conoscenza dei fatti di causa in quanto nell'anno 2015 - inizio 2016 non oltre, ho eseguito dei lavori nell'immobile dell'Avv. ### e della moglie ### in particolare, mi sono occupato della realizzazione dell'impianto idrico e di riscaldamento.” Interrogato sui capitoli di cui alla memoria ex art. 183 comma 6 ter n. 2 c.p.c. di parte opposta così ha risposto: capitolo n. 11 “durante i lavori commissionati alla ### srl e in presenza degli operai di questa, operavano altre ditte chiamate dalla committente, tra cui quella di ### per la realizzazione di alcuni impianti;“ “è vero, come ho gia detto ho lavorato presso l'immobile di proprietà di parte attrice.”; capitolo n. 12 “la committenza affidò i lavori di realizzazione dell'impianto idricosanitario alla ditta ### mentre la ### fu incaricata di occuparsi solo delle aperture delle tracce, dei fori e di quant'altro necessitava per l'ubicazione di tubazioni, carichi, scarichi e distribuzione delle linee per alimentazione dei termo-convettori?” “Si è vero, oltre all'apertura delle tracce e dei fori anche della chiusura degli stessi.”; capitolo n. 15” “è stato realizzato un nuovo impianto di riscaldamento, diverso da quello preesistente e da quello previsto e concordato nella comunicazione di inizio lavori asseverata (###?” “è stato realizzato un nuovo impianto. Non so dire se era diverso da quello contenuto nella C.I.L.A. in quanto non ho mai visto questo documento. ### realizzato dalla mia ditta è quello previsto nel mio preventivo che ho consegnato ai proprietari, i quali mi hanno detto di fare riferimento per gli aspetti tecnici delle lavorazioni al sig. ###”; capitolo n. 16 “la ditta ### utilizzò la traccia predisposta dalla ditta ### per la realizzazione dell'impianto di climatizzazione;” “### dire che di solito la traccia viene predisposta dall'impresa che si occupa dei lavori edili.”. (cfr. verbale udienza del 19.09.2024). 
Pertanto, dalle risultanze istruttorie è emerso che le lavorazioni eseguite dalla ### S.r.l. sono quelle di cui al preventivo eccetto le opere di climatizzazione caldo - freddo, impianto idrico - sanitario di bagno con antibagno, fornitura e posa in opera del parquet. 
Quindi, correttamente il CTU in sede di ATP ha eseguito le decurtazioni dei costi di posa in opera del parquet e di realizzazione dell'impianto idrico - sanitario di bagno con antibagno per € 11.065,50 non considerando quelli di climatizzazione, poiché i lavori, seppure inseriti in preventivo e realizzati dalla ditta ### erano indicati come costi da definire e quindi non calcolati sul totale preventivato (cfr. all. 3 e 4 all'atto di opposizione). 
Nel presente giudizio, in sede di ### il consulente tecnico, secondo un ragionamento logico privo di vizi che questo giudicante ritiene di condividere, sui vizi nell'esecuzione delle lavorazioni di cui al contratto ha accertato che: “### … Si dà riscontro che il colore degli infissi è di una tonalità di bianco diversa da quella che caratterizza l'intero appartamento e, anche, dai cassonetti forniti dalla medesima ditta. … Nel caso di specie la tonalità del bianco degli infissi che più si avvicina è quello di “bianco avorio”. ### visivo delle diverse tonalità di bianco ha un impatto rilevante ad occhio nudo, perturbando, a parere di chi scrive, in maniera percettibile, l'armonia estetica dell'immobile…Si denotano, infatti almeno quattro diverse tonalità di bianco, che si dovevano evitare per mantenere una coerenza tonale e per avere un effetto più armonioso. E per ultimo, ma non meno importante, occorre far presente che le finestre poste in opera non corrispondono per colore a quelle scelte da parte attrice, pertanto è legittimo manifestarne un danno estetico se non di proprio gradimento. Alcune ante delle finestre che hanno apertura a “ribalta” presentano malfunzionamento nel meccanismo di apertura e alcune richiedono più manovre per consentire agevolmente l'apertura….La causa principale dei difetti nell'apertura è nell'errato montaggio delle cerniere che per loro caratteristica devono offrire elevata resistenza, considerato che sulle stesse grave il peso dell'intera anta e soprattutto offrire una performance ottimale nell'aggancio senza consentire possibili scorrimenti. In alcune finestre inoltre si ha malfunzionamento nel montaggio della maniglia che non ha una prestazione ottimale nell'aggancio, consentendo piccoli scorrimenti e un non facile adattamento ai due meccanismi di apertura. Il difetto delle aperture a “ribalta” si è riscontrato in particolare nella finestra del vano cucina e nella finestra del vano salotto del piano settimo ###. In più punti nella muratura in corrispondenza degli infissi e, in particolar modo in corrispondenza degli angoli e delle riquadrature al piano settimo (salotto, stanza letto matrimoniale, stanza letto 1, stanza letto 2, bagni), sono presenti infiltrazioni di acqua che si manifestano con macchie d'umidità e danneggiamenti del muro le cui cause sono dovute alla cattiva posa in opera degli infissi e nello specifico alla idonea impermeabilizzazione dei giunti di posa oltre all'assenza di impermeabilizzazione della soglia. Una posa non corretta degli infissi crea spazi attraverso cui l'acqua può penetrare e di conseguenza infiltrazione nelle murature. Nel caso di specie in considerazione del tempo trascorso dal montaggio degli infissi (circa otto anni) si esclude che la causa sia imputabile all'usura dei materiali, guarnizioni e dei sigillanti, ovvero ad una mancata manutenzione da parte attrice, che nel tempo possono aver compromesso la tenuta all'acqua dell'infisso. Le infiltrazioni potrebbero essere causate anche dal vento. Un vetro che non è ben sigillato potrebbe lasciare passare l'acqua che poi si accumula sul telaio e scivola verso le pareti murarie o a terra. Nell'infisso indicato con la lettera “C” del vano soggiorno a piano sesto la sigillatura tra il cassonetto e l'infisso è disuniforme, partendo da zero da uno spigolo e chiudendo a circa 2,5 mm nell'opposto spigolo (### All. n. ###, Foto nr. 3 ÷ 6). Identico problema si manifesta nel vano studio, per l'infisso indicato con la lettera “###”, relativamente al quale il precedente CTU nell'###. 4682/16, ing. ### ha documentato fotograficamente la mancata sigillatura con silicone tra il cassonetto e l'infisso di alluminio: nella foto allegata dal CTU si nota un mancato allineamento tra cassonetto e infisso disuniforme, con valore massimo nello spigolo, dove a dimostrazione viene fatta penetrare l'asta di un “doppio metro” che ha in genere uno spessore di 3 mm… Per il caso di specie non sono proponibili verifiche standardizzate atte ad accertare la corretta installazione degli infissi e dei serramenti, poiché prima della pubblicazione della norma UNI 11673 (1-2-3-4), avvenuta tra il 2017 e il 2021 e, quindi, dopo la stipula dell'atto negoziale tra le parti, non esistevano linee guida ufficiali per la posa in opera di infissi e serramenti, ma solo indicazioni della buona regola dell'arte. Per le motivazioni sopra esposte la verifica della permeabilità e della resistenza al vento degli infissi poteva essere eseguita solo mediante accertamento diretto, in circostanza favorevoli alla verifica.….### E #### - ### parere di chi scrive si tratta di un vero e proprio difetto in quanto rappresenta un “danno visivo” non trascurabile, considerato che si percepisce chiaramente un'alterazione ottica dei diversi livelli di pavimentazione. ### è nel non aver predisposto i corretti livelli dei massetti di sottofondo per tener conto della diversa piastrellatura (ceramica e parquet), a prescindere dell'impostazione della presenza di tubazione sotto il pavimento posizionate nel sottofondo. In particolare andava eseguita una sequenza specifica che avrebbe permesso di eliminare l'inconveniente che si è manifestato a fine lavori: in generale la buona regola dell'arte vuole che prima di posare i pavimenti vanno realizzati gli impianti, ossia vanno messi in opera l'impianto idraulico (sanitario e di riscaldamento, quest'ultimo ove previsto), quindi l'impianto elettrico ed eventuali altri impianti; completati i lavori di impiantistica si procede a "fermare i tubi", operazione preliminare alla stesura dei sottofondi (si tratta di fissare e coprire i tubi che corrono sul pavimento della casa con della malta cementizia, nello stesso tempo verranno chiuse le tracce aperte sulle pareti per far passare le tubazioni "riparando" i muri danneggiati); viene, quindi, realizzato il cosiddetto “sottofondo”, lo strato ha la funzione di inglobare definitivamente le tubazioni e successivamente il massetto; dopo circa 20 giorni di maturazione il massetto è pronto per la posa della pavimentazione. Nel caso di specie, per la peculiarità delle pavimentazioni, era necessario prima ultimare il pavimento a parquet ### e successivamente quello in ceramica (cucina, anti-wc e wc), in modo tale che livellando il massetto dei vani cucina e bagno si potevano correggere gli errori della diversa quota a pavimenti finiti. Per quanto attiene la scala interna si riscontra una realizzazione difforme al progetto depositato nella ### presentata al ### del Comune di ### La scala interna collega i piani sesto e settimo ### ha struttura portante in acciaio ed è rifinita con pedate e alzate in legno di massello in tono con il parquet del salone del piano sesto, da dove si diparte. La stessa presente più difformità rispetto a quelle che erano le previsioni progettuali e nello specifico: presenza di una sorgenza rispetto al pilastro nel punto di partenza al sesto piano (primo capo scala, che si trova ai piedi della rampa) di 9,8 cm; ulteriore sporgenza di circa 7 cm è presente all'inizio della seconda rampa. Le pedate e le alzate non presentano lunghezze e altezze costanti. La scala in trattazione oltre alle difformità menzionate presenta dei vizi che di seguito si elencano: le alzate non sono costanti e in particolare molto pericolosa è l'alzata in corrispondenza dell'ultima rampa che da accesso al salotto del piano settimo ###: tale alzata risulta essere di 14,4 cm, mentre le restanti alzate dei gradini appartenenti alla stessa rampa sono di 17,00 cm, con una differenza di 2,6 cm (pari al 15,29%). In generale l'alzata ideale di una scala è di 17,00 cm e la stessa non dovrebbe mai essere inferiore a 15,2 cm e superiore a 19,7 cm. Le pedate della rampa in trattazione sono in media di 30 cm. 
Relativamente all'ultima rampa e in particolare all'ultimo gradino la scala non soddisfa la ben nota regola di ### la somma di due alzate più la pedata di una scala deve essere compresa tra 62 e 65 centimetri (2*14 + 30 = 58 < 62 cm). La regola di ### è basata sul principio che due alzate più una pedata equivalgono ad un passo normale (62 - 65 cm), quando non soddisfatto soprattutto su altezze ridotte dei gradini, si verifica che la punta del piede tende ad urtare contro l'alzata, con conseguente pericolo di inciampo e di caduta. Nel progetto di una scala è opportuno che i gradini siano, almeno per ciascun interpiano (o rampa), tutti uguali; i gradini di partenza di una scala se sporgenti per motivi di sicurezza devono avere un profilo preferibilmente continuo a spigoli arrotondati (punto 4.1.10 D.M. 236/89), mentre nel caso di specie nel punto di partenza (primo capo scala, che si trova ai piedi della rampa), il gradino in adiacenza al pilastro ha spigolo vivo. Stesso problema si ha alla partenza della rampa dopo il primo pianerottolo di riposo; le pedate non sono costanti A parere di chi scrive la scala in trattazione per i vizi riscontrati e per motivi di sicurezza non è idonea alla funzione a cui è destinata e pertanto occorre rimuoverla e ricostruirla. La struttura in metallo della scala visibile nel vano sottoscala, accessibile dalla cucina, presenta “punti di ruggine”. ###… ### CARTONGESSO…In riferimento a tale punto, considerato che all'attualità le porte blindate sono ultimate, lo scrivente non ha elementi per esprimere una propria valutazione basata su elementi certi, per cui si astiene da qualsiasi considerazione nel merito, per evitare di portare dati “non certi” nel proprio elaborato peritale. Al piano sesto la parete divisoria in salone realizzata per creare un nuovo vano studio ad occhio nudo si manifesta ondulata, con lesione in corrispondenza dell'attacco con la muratura a causa di errata apposizione della "retina" che termina nel raccordo muratura-pilastro (### nr. 2 e 7). Nello studio si vede sempre il distacco verticale in corrispondenza del raccordo muratura-pilastro ed inoltre è visibile una lesione orizzontale, meno marcata, anche nella riquadratura in corrispondenza della trave in alto, quest'ultima a sezione trapezoidale (### nr. 8, 10, 11, 12 e 13). Si osserva ancora un rigonfiamento lungo la parete dello studiolo, sempre a piano sesto, in corrispondenza della chiusura in cartongesso di una nicchia dove era alloggiato originariamente un termosifone (### nr. 14 e 15). I pannelli in cartongesso che delimitano la seconda e terza rampa di scala presentano un rigonfiamento e una lesione sub-orizzontale (### nr. 48 e 49). ###…Nel vano cucina non si riscontra la mancanza delle fughe che sono presenti con regolarità. 
Una piastrella (dimensione 50 x 100 cm), presenta un dentino percepibile al tatto (### n. 21). Nella posa dei pavimenti occorre livellare le piastrelle ed evitare fastidiosi “dentini” tra le stesse. Questi “dentini”, infatti, oltre ad essere antiestetici compromettono la funzionalità della pavimentazione e costituiscono difetti secondo le norme ### 11493 che regolamentano, tra l'altro, la posa delle piastrelle ceramiche a pavimento. Si riscontra nello stesso vano il mancato completamento dei battiscopa in quattro piccoli tratti, per una lunghezza complessiva di circa 3,30 m. Un ulteriore mancato completamento del battiscopa si riscontra nel ripostiglio con acceso diretto dalla cucina per circa 0,60 m. ### stati accertati gli ulteriori vizi lamentati da parte attrice, alcuni dei quali già trattati nel dare trattazione ai punti che precedono. Per completezza occorre precisare che difetti nella “fuga” dei pavimenti sono stati accertati tra le piastrelle del pavimento del bagno con antibagno, zona ingresso piano sesto, adiacenti al vano cucina. Tale difetto nello specifico è stato accertato dal precedente CTU nell'###. 4682/16, ing. ### nello specifico ### attesta che nei vani sopra menzionati il fugante tra le piastrelle del pavimento non appare di colore uniforme (### ATP).”. (cfr. pag. da 10 a 21 della ###. 
Accertati i difetti sulle lavorazioni eseguite dalla ### S.r.l., il Ctu ha quantificato il costo delle lavorazioni necessarie per l'eliminazione degli stessi. 
Nello specifico, il CTU ha affermato che: “Per quanto riguarda gli infissi occorre considerare tre differenti vizi: il primo dovuto al colore non in tinta con l'ambiente circostante e, anche, con i cassonetti forniti dalla stessa ditta; il secondo nei meccanismi di apertura/chiusura, soprattutto per ciò che attiene quelli a “ribalta”, il terzo relativo alla tenuta all'acqua e all'area, quest'ultima non verificabile per assenza di condizioni ambientali favorevoli….Per rimediare ai vizi accertati è necessario ricorrere alle riparazioni mediante, smontaggio, fissaggio o sostituzione delle cerniere e delle maniglie che presentano difetti nel meccanismo di apertura/chiusura. Occorre inoltre provvede al controllo delle guarnizioni e, soprattutto nei vani dove sono presenti infiltrazioni in corrispondenza dei riquadri degli stessi e/o agli spigoli, procedere ad una completa sigillatura e procedere all'impermeabilizzazione della soglia per evitare in futuro possibili infiltrazioni di acqua. Particolare accortezza necessita nella verifica delle guarnizioni per garantire la tenuta all'aria. Infine, occorre ripristinare le porzioni di intonaci danneggiati e ripitturarli, utilizzando la dovuta diligenza per uniformare il colore all'ambiente circostante, altrimenti è necessario ripitturare tutti i vani dove si è riscontrato il problema al fine di avere uniformità di colore. Per uniformare il colore egli infissi con quello richiesto di parte attorea e, comunque, con quello che caratterizza l'intero appartamento, sarebbe necessario o sostituire gli infissi o procedere ad adeguare i “bianchi” dell'ambiente circostante a quello degli infissi. Si ritiene tuttavia, quest'ultima soluzione, troppo onerosa per l'impesa esecutrice, coniugando il danno in via equitativa con una decurtazione del relativo importo commissionato nella misura del 40%, onnicomprensiva per la riparazione e la eliminazione dei vizi accertati. La decurtazione del 40% sul prezzo pattuito, corrispondente ad un importo di 8.400,00 € … è da intendersi onnicomprensiva di ogni lavorazione, compreso lo smontaggio e il rimontaggio dei vari elementi che compongono l'infisso, per l'eventuale registrazione/sostituzione dei pezzi, la sistemazione dei cassonetti e la riparazione delle murature affette da infiltrazioni, ad esclusione della sola ### da computare come per legge. Nella valutazione del danno si è tenuto conto che intanto che l'appartamento sarà ripitturato, parte attrice manterrà disagi per parte dei vizi riscontrati, quale la mancata uniformità di colorazione di quasi tutti i vani del piano settimo. Per l'eliminazione del dislivello che il vano cucina e il “bagno e antibagno” presentano rispetto al vano soggiorno, nonché la errata posta in opera della piastrella della cucina, che presenta un dentino percepibile al tatto, sarebbe necessario l'integrale rifacimento della pavimentazione della cucina e dell'adiacente “bagno e antibagno” per allinearli alla quota del soggiorno. 
Anche in tal caso, non si ritiene percorribile l'integrale rifacimento dei pavimenti dei vani affetti dai vizi menzionati, ma si ritiene applicare una compensazione economica nella misura di: € 500,00 La posa in opera dei battiscopa nella cucina e nel vicino ripostiglio ha un'incidenza in termini di manodopera e materiali (colla e quant'altro occorrente), escluso la sola fornitura dei battiscopa a carico della ditta…150,00 (### Per ciò che attiene la scala interna, per quanto si è detto per i vizi riscontrati e per motivi di sicurezza occorre rimuoverla e ricostruirla. Il danno economico si quantifica come di seguito: - preparazione del cantiere mediante spostamento del mobilio e protezione del parquet dei vani salotti del piano sesto e settimo (punto di partenza e arrivo scala) e del pavimento vano sottoscala con acceso dalla cucina: a corpo 300,00 €; - demolizione della scala: a corpo 1.200,00 €; - realizzazione e posa in opera di nuova scala, con caratteristiche simili a quella esistente: a corpo 6.000,00 € (prezzo corrispondente a quello pattuito tra le parti); - smaltimento a discarica controllata del materiale di risulta: a corpo 300,00 €; ed in totale: (300,00 + 1.200,00 + 6.000,00 + 300,00) = 7.800,00 € (###ottocento/00). In ultimo, relativamente alla pareti in cartongesso e più specificatamente per le lesioni e la non perfetta planarità della parete realizzata nel salone a piano terra per ricavare il vano studio (danno permanente, riparabile solo con il suo rifacimento), per il rigonfiamento relativo alla chiusura del vano termosifone nel vano studiolo e per quelle contemplate nell'offerta a corpo del contratto per cui è causa, sempre in maniera equitativa, non essendo possibile prevedere la demolizione e il rifacimento delle opere affetta da vizi in relazione al danno riscontrato, si valuta il danno nella misura del 40% dell'offerta, ossia in cifra tonda (1.500,00 € x 40%): 600,00 € (###00). In totale, il costo delle lavorazioni necessarie per eliminare i vizi riscontrati nell'esecuzione delle lavorazioni di cui al contratto stipulato tra l'avv. ### e la ditta “### S.r.l., per come descritti alle pagini 8, 9 e 10 dell'atto di citazione in opposizione è pari a: (8.400,00 + 500,00 + 150,00 + 7.800,00 + 600,00) = 17.450,00 € (###00) oltre IVA come per legge”. (cfr. CTU pag. da 21 a 32).  ### sui vizi delle lavorazioni ha portato all'accertamento degli stessi per inesatto adempimento dell'### S.r.l. nell'esecuzione del contratto d'appalto. Con la conseguenza che la ### S.r.l. è tenuta al risarcimento dei danni così quantificati in € 17.450,00 oltre IVA al 10% rientrando a pieno i lavori sui quali eliminare i vizi tra quelli previsti per l'agevolazione fiscale dall'art. 7, comma 1, lett. b). 
Va altresì dichiarato che, all'esito della ### e tenuto conto della documentazione in atti, è emersa la responsabilità solidale del direttore dei lavori, arch. ### per omessa sorveglianza e coordinazione degli stessi e per mancata verifica dei vizi contestati dagli opponenti.  ### unitamente alla ### S.r.l., ha eccepito la carenza del conferimento di formale incarico di direzione dei lavori in capo al primo.
Tuttavia, sul punto si osserva che la Corte di Cassazione in tema di affidamento di incarico professionale ha affermato che il rapporto professionale può essere provato anche attraverso presunzioni, comportamenti concludenti delle parti e anche attraverso prove indirette (cfr. Cass.n. 2137/2025). 
Nella fattispecie, dalla produzione documentale degli opponenti non contestata da ### è emerso che lo stesso ha redatto la c.d. ### per gli interventi di manutenzione straordinaria, qualificandosi in essa come progettista e come soggetto incaricato a direttore dei lavori, sottoscrivendola. 
Inoltre, si è definito esso stesso come direttore dei lavori nella corrispondenza intercorsa con l'avv. ### con la quale ha comunicato -in qualità di direttore dei lavori - di dover verificare la conformità dei lavori appaltati con il progetto e accertare che questi rientrassero nel titolo abilitativo autorizzato, successivamente a dette verifiche, avrebbe rilasciato il certificato di ultimazione dei lavori, specificando di rimanere in attesa di riscontro sulla data di incontro. (cfr. all. n. 22 all'atto di opposizione). 
Quindi, accertata la qualità di direttore dei lavori di ### si rileva che lo stesso non abbia dimostrato di avere correttamente svolto l'incarico professionale. 
Ebbene, in tema di responsabilità del direttore dei lavori, la Corte di Cassazione ha precisato che: “ È stato affermato da questa ### corte che, in tema di appalto, il direttore dei lavori ha la funzione di tutelare la posizione del committente nei confronti dell'appaltatore, vigilando che l'esecuzione dei lavori abbia luogo in conformità con quanto stabilito dal capitolato di appalto, senza che da ciò derivi a suo carico una responsabilità per la cattiva esecuzione dei lavori, che resta imputabile alla libera iniziativa dell'appaltatore, ovvero per l'omessa costante vigilanza in relazione a profili marginali dell'esecuzione dell'opera (Cass. n. ###/2021; n. 20557/2014). In contrasto con tale principio, la Corte d'appello ha riconosciuto la responsabilità del direttore dei lavori, in solido con le imprese incaricate, con riferimento inscindibile alla generalità dei vizi, mentre la corretta applicazione del principio imponeva una verifica riferita al singolo vizio riscontrato, avuto riguardo alla sua natura e alla sua origine.” (cfr. Cass. Civ., sez. II sent. n. 18765/2025). 
Nella fattispecie, dal compendio probatorio in atti, risulta che ### non abbia fornito prova di avere diligentemente sorvegliato acché i lavori venissero correttamente eseguiti secondo quanto commissionato dagli opponenti e riportato in preventivo. 
In sede di CTU è stata accertata la mancata vigilanza da parte del direttore dei lavori su gran parte delle lavorazioni eseguite dall'impresa appaltatrice né abbia proposto o adottato soluzioni atte ad eliminare i vizi riscontrati.
Nello specifico il CTU ha accertato la responsabilità del direttore dei lavori in relazione a ciascun vizio riscontrato sulle lavorazioni, quantificandone la percentuale secondo un ragionamento logico che si ritiene condivisibile, perché privo di vizi fattuali e giuridici ed ha affermato che“ Nel caso di specie lo scrivente, relativamente alla scala interna, dove il ### dei lavori era doppiamente responsabile, in quanto era anche progettista, dei vizi riscontrati è corresponsabile con l'impresa esecutrice, nella stessa misura (50%). Per quanto riguarda il colore degli infissi il ### dei lavori, a parere di chi scrive, non ha responsabilità alcuna. Dalla documentazione versata in atti, infatti, non si rinviene che a tempo dovuto, ossia dopo la fornitura e prima della posa in opera degli infissi, parte attrice abbia segnalato al ### dei lavori la mancata corrispondenza del colore pattuito tra parte attrice e convenuta per gli infissi, affinché il ### dei lavori, ordinasse all'impresa di provvedere a sostituirli prima del loro montaggio. ### dei lavori sarebbe stato corresponsabile insieme all'impresa Per quanto riguarda poi la corretta posa in opera degli infissi, questa deve avvenire da parte di personale specializzato, che esulano dalle competenze del ### dei lavori, che può prendere atto di vizi solo ad opera ultimata. In tal caso lo stesso ha l'obbligo di segnalare all'impresa che ha assunto l'onere della lavorazione di porre in atto i rimedi necessari per eleminare i vizi, diversamente deve applicare adeguati decurtazioni perché la committenza possa rimediare in maniera autonoma. Si ritiene che le responsabilità del ### dei lavori in tal caso possa essere valutata nella misura del 20% del totale del vizio riscontrato ossia 1.260,00 € (6.300,00 € * 20% = 1.260,00 €), costituendo tale aliquota percentuale la corresponsabilità dei vizi riscontrati a seguito della mancata decurtazione che lo stesso aveva obbligo di applicare per la errata messa in opera degli stessi. Per quanto riguarda la pavimentazione, poiché per come detto l'errore è nel non aver predisposto i corretti livelli dei massetti di sottofondo per tener conto della diversa piastrellatura (ceramica e parquet) e nel caso di specie, per la peculiarità delle pavimentazioni, era necessario prima ultimare il pavimento a parquet ### e successivamente quello in ceramica (cucina, anti-wc e wc), in modo tale che livellando il massetto del vano cucina si potevano correggere gli errori della diversa quota di pavimenti finiti, il ### dei lavori avrebbe dovuto vigilare nella corretta esecuzione delle “fasi”, per cui è corresponsabile insieme all'impresa esecutrice nella stessa percentuale dei vizi riscontrati (50%). Per quanto riguarda in ultimo le pareti in cartongesso, lo scrivente non ritiene siano imputabili al ### dei lavori responsabilità relativamente alla cattiva posa in opera della stessa, poiché i vizi riscontrati sono sicuramente emersi dopo la rifinitura della parete (intonaco e pitturazione) e, quindi, il ### dei lavori, con l'ordinaria diligenza non poteva prevederli. In tal caso avrebbe dovuto ordinarne la demolizione e il rifacimento.” (cfr. pagg. 27 e 28 CTU).
Ciò posto, deve essere accolta anche la domanda di accertamento dei lavori extra contratto avanzata dalla ### S.r.l. nei confronti della committenza, per le ragioni di seguito descritte. 
Occorre, infatti, rilevare che l'### S.r.l. ha dato prova di aver eseguito lavorazioni ulteriori non previste in preventivo, in favore della committenza attraverso le prove testimoniali e le risultanze dell'ATP ove è stata eseguita la contabilizzazione dei suddetti lavori. 
Specificamente, il CTU in sede di ATP ha accertato l'esecuzione da parte della ### S.r.l. dei seguenti lavori extra contratto: intonacatura mq 55, fornitura e messa in opera di controtelai porte interne, demolizione per aperture tracce per impianti elettrici, telefonici, linee lan (per ogni ambiente), tv, citofono e tapparelle elettriche 2 operai x 4 gg, 4 rifacimenti fondelli solaio di copertura, fornitura di marmi portoncino caposcala, posa in opera marmi portoncino caposcala 2 operai x 2 ore, opere murarie per apertura passaggio operaio per raggiungere la colonna fecale contigua allo studio per modifica tubazione ed eliminazione gradino del bagno + apertura puntuali del sottotetto per il passaggio tubi impianto riscaldamento e relativi ripristini + demolizione parete in lavanderia e nel bagnetto di servizio 7° piano per alloggio collettori e relativi ripristini + allontanamento materiali e trasporto a discarica pubblica 2 operai x 2 gg + materiali, rifacimento stipiti e imbotte per riquadrature n. 11 finestre esterne non compresa nel contratto, compreso rappezzi intonaco ammalorato, previa asportazione del vecchio e operazioni conseguenti, insonorizzazione di parete in cartongesso con pannelli specifici, realizzazione di parete in mattoni nel primo bagno del 7 ° piano, compresa intonacatura, realizzazioni di struttura in acciaio per cartongesso per alloggiamento tubazioni impianti idrici, controsoffitti, sottofinestre ecc., demolizione dei muretti in laterizio in cucina e delle pareti di rivestimento della colonna fognante e del pilastro nonché deviazione a soffitto con innesto della medesima nella colonna a servizio del bagno contiguo al ripostiglio e trasporto dei materiali di risulta a piedi dal 6 ° piano, rifacimento fondelli solai mansarda, lavori in cantina, posa di battiscopa compreso i materiali necessari per la posa realizzazione di n. 2 vani porta, portone blindato e porta bagno compresi materiali di finitura e trasporto di materiale di risulta a mano dal 7° piano, trasporto a mano dei materiali di risulta dal settimo piano e sesto piano e relativo trasporto a pubblica discarica, salita di parquet a mano fino al piano 7° smontaggio di telai, porte interne e mostre ed accantonamento delle stesse per riutilizzo, trasporto piastrelle da rivenditore in cantiere …+ risalita a mano delle stesse fino al sesto e settimo piano 78 pacchi, trasporto di controtelai per portoni blindati in cantiere e salita a mano degli stessi fino al sesto e settimo piano, esecuzione di impianto elettrico con materiali forniti dal Committente; … riepilogo ……..  € 19.283,20 - A dedurre 12% sul totale per approssimazioni e incertezze di misura e quantità = € 19.283,20 x 0,12 = € 2.313,98 Totale lavori ### € 16.969,22 + IVA”. (cfr. pagg. da 35 a 41 della ###. 
Le lavorazioni extra contratto sono state confermate anche dal teste ### il quale questo giudicante ritiene sia attendibile, poiché, seppure dipendente della ### S.r.l. fino al 2010, ha precisato di essere stato chiamato da quest'ultima per lavorare alla ristrutturazione per alcuni giorni non ricordando se nell'anno 2016 o 2017 e confermando solo le lavorazioni che ricordava come svolte dall'impresa. Inoltre, a domanda del Giudice di indicare il nominativo di altri dipendenti della “### Costruzioni” che avevano partecipato ai lavori il teste ha risposto: “### e ### e un certo ### di cui non ricorda il cognome.”. (v. dichiarazioni al verbale udienza del 05.07.2021). 
Nello specifico, il teste ### in sede di escussione testimoniale, sul capitolo 45, della memoria ex art. 183, VI comma, n. 3 c.p.c. “l'impresa ### ha realizzato, con l'assenso della committenza, i lavori e le forniture di cui ai nn. da 1 a 22 di pag. 31 della Ctu dell'Atp ing. 
Condorelli, di cui si da lettura, in particolare la committente ha fornito la chiave del vano cantina? ha risposto: N. 1) è vero, io ho intonacato il vano cantina e le spallette degli infissi. Non mi ricordo se i metri quadrati erano 55. Ricordo che abbiamo installato dei portoncini blindati e abbiamo fatto anche le rifiniture. N. 2) Ricordo delle opere in cartongesso ma non so chi le ha fatte perché non era di mia competenza. N.3) Non ricordo il numero dei cassonetti. Gli infissi erano già completi di cassonetti e non li ho montati io. Io mi sono occupato delle rifiniture di intonaco intorno ai cassonetti. N. 4) Conferma la fornitura e posa in opera dei telai ma non ricordo con esattezza il numero; N. 5) è vero. Ricordo che sono state eseguite queste lavorazioni. Io mi sono occupato della chiusura delle tracce e con me se ne occupato mastro ### N. 6) Si ricordo che abbiamo salito a mano i telai salendo per le scale perché non ci entravano nell'ascensore. I materiali di risulta li abbiamo scesi con la gru. Non so dove siano stati smaltiti perché non me ne sono occupato io. Non so dove venivano smaltiti e da chi. Io caricavo i secchi che poi venivano caricati sulla gru. N. 7) Ricordo che me ne sono occupato io. Ho rifatto parte del soffitto, intonaco e pittura. N. 8) Non mi sono occupato dell'impianto elettrico. ### l'elettricista che non conosco. 
N. 9) è vero. Abbiamo rifatto l'intonaco del soffitto della mansarda. N. 10) Ricordo i portoncini blindati sono stati trasportati fino all'appartamento dalle scale. Non ricordo se le piastrelle pure. N. 11) Ho già risposto. N. 12) Non ricordo questa fornitura in quanto non me ne sono occupato io. Ripeto mi sono occupato delle rifiniture d'intonaco. N. 13) Si ricordo che i controtelai l'abbiamo portati noi a piedi dalle scale perché non entravano in ascensore. Insieme a me c'era ### e ### N. 14) è vero. N. 15) Si ricordo. n. 16) Ricordo che abbiamo salito tante cose a mano. Non ricordo il parquet. 
Io non ero presente tutti i giorni, ma solo quando venivo contattato dalla “### Costruzioni” N.17) La parete l'ho realizzata io. N. 18) Nulla so perché ripeto non mi sono occupato io del cartongesso. Mi ricordo che è stato fatto non da me. N. 19) Non mi sono occupato di demolizione di colonne e muri all'interno della cucina. Ripeto io ho fatto solo delle parti di intonaco. Non ricordo. N. 20) Ricordo l'istallazione di tre portoncini blindati. Riguardo alla porta del bagno e alla realizzazione dei tre vani porta non ricordo. N. 21) Nulla so perché non mi sono occupato del cartongesso. N. 22) ricordo che è venuto il falegname di cui non ricordo il nome. Ricordo che il falegname ha smontato le porte interne e le ha portate via e poi le ha rimontate. A domanda del Giudice: Non conosco il falegname e ne so dire se è stato chiamato dalla “### Costruzioni” o dalla proprietaria. A domanda dell'Avv. ### risponde: io ho confermato per quello che so e ricordo le forniture/prestazioni che mi sono state lette. Nulla posso dire circa l'assenso della committenza. Io ho fatto le lavorazioni che mi sono state chieste dalla “### Costruzioni”. (cfr. verbale udienza 20.06.2024). 
Gli opponenti sul punto hanno eccepito l'assenza di alcuna pattuizione delle lavorazioni ulteriori e contabilizzate in sede di ### Ebbene, anzitutto, si precisa che per le variazioni sull'appalto, sebbene le parti avessero disposto con la clausola di cui all'art. 8 del contratto di appalto la preventiva autorizzazione per l'esecuzione delle stesse rispetto a quanto previsto nel computo metrico, la stessa non può operare nella fattispecie, poiché non è stato dimostrato che detto computo metrico, seppure citato, sia estato effettivamente redatto e allegato al contratto. 
Invero, è emerso dall'istruttoria svolta che nell'esecuzione dei lavori la ### S.r.l. si è attenuta al preventivo e agli ordini impartiti dalla committenza, poiché alcun computo metrico e capitolato erano stati predisposti dalle parti. 
Inoltre, a ciò va aggiunto che con l'art. 8 -sull'esecuzione di nuovi lavori - le parti hanno invece disposto come di volta in volta sarebbero stati concordati tra le parti e compensati a parte detti lavori, senza, tuttavia, richiedere la c.d. forma scritta. (cfr. all. n. 3 all'atto di opposizione).
Quindi, preliminarmente, si rileva che non vi sia stata alcuna deroga contrattuale alla disciplina del principio di libertà di forma prevista per i lavori extra contratto, anche ai sensi dell'art. 1661 c.c. prevista per le variazioni. 
Pertanto, si ritiene che nei casi in cui l'appaltatore esegue delle opere extra contratto il suo diritto al compenso è riconosciuto dagli artt. 1660 e 1661 c.c., giacché, quando i lavori sono diversi e ulteriori rispetto a quelli previsti dal contratto e sono ordinati dal committente, all'appaltatore spetta il compenso per i maggiori lavori realizzati ex art. 1661 c.c.. 
La Corte di Cassazione in tema di variazioni delle opere appaltate ha precisato che: “In tema di appalto, il regime probatorio delle variazioni dell'opera muta, a seconda che le stesse siano dovute all'iniziativa dell'appaltatore ovvero a quella del committente; mentre nel primo caso, infatti, l'art. 1659 c.c. richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l'autorizzazione risulti da atto scritto "ad substantiam", nel secondo, invece, l'art. 1661 c.c. consente all'appaltatore, secondo i principi generali, di provare con tutti i mezzi consentiti, incluse le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente.” (cfr. Cass. Civ. Sez. 2 - , Ordinanza n. 40122/2021). 
Quindi, in ipotesi di opere eseguite dall'appaltatore extra contratto diventa decisivo accertare se le opere realizzate dall'appaltatrice siano maggiori e diverse rispetto a quelle previste con contratto e se siano state autorizzate ai sensi dell'art. 1659 c.c. o ordinate ex art. 1661 c.c. dal committente oppure ancora autonomamente eseguite dall'appaltatore ex art. 1660 c.c.. 
Nella fattispecie, l'impresa appaltatrice ha provato attraverso presunzioni che le variazioni e i lavori extra contratto siano stati ordinati dalla committenza, ai sensi dell'art. 1661 c.c.. 
Ciò in conformità a quanto affermato anche di recente dalla Corte di Cassazione secondo cui “la forma dell'ordine dell'appaltante è libera e, dunque, esso può essere dato anche verbalmente, purché sia preciso e determinato. E ciò in osservanza del principio secondo cui l'appaltatore può dimostrare con ogni mezzo di prova, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni dell'opera appaltata sono state richieste dal committente, in quanto la prova scritta dell'autorizzazione di quest'ultimo è necessaria soltanto quando le variazioni sono dovute all'iniziativa dell'assuntore (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24246 del 09/08/2023; ### 2, Ordinanza n. 40122 del 15/12/2021; ### 2, Sentenza n. 19099 del 19/09/2011; ### 2, Sentenza n. 208 del 11/01/2006; Sez. 2, Sentenza n. 8528 del 28/05/2003; ### 2, Sentenza n. 6398 del 22/04/2003; ### 2, Sentenza 7242 del 28/05/2001; ### 2, Sentenza n. 3040 del 15/03/1995; ### 2, Sentenza n. 7851 del 24/09/1994; ### 2, Sentenza n. 466 del 18/01/1983; ### 2, Sentenza n. 106 del 07/01/1980; ### 2,
Sentenza n. 3596 del 06/08/1977; ### 3, Sentenza n. 2431 del 14/07/1972; ### 1, Sentenza n. 2358 del 09/07/1968).” (cfr. Cass. Civ., sez. II, ord. n. 5898/2024). 
Nel caso di specie, l'iniziativa del committente può infatti desumersi dal fatto che mai l'appaltatore avrebbe avuto interesse ad eseguire varianti ai lavori di sua iniziativa in quanto, trattandosi di un contratto di appalto a corpo, non avrebbe potuto richiedere alcun compenso aggiuntivo, come prescritto dall'art. 1659 c.c.. 
A ciò va aggiunto che non risulta in atti né è stato dedotto che i committenti durante l'esecuzione dei lavori abbiano mai lamentato e contestato all'appaltatore l'esecuzione di varianti o lavori extra contratto non richiesti rispetto ai lavori originariamente concordati. 
Trattasi di varianti significative consistite in aumenti o diminuzioni di alcune categorie di lavori nonché in addizioni rispetto ai lavori previsti in contratto. 
I committenti hanno accettato l'opera al termine dei lavori, senza nulla eccepire, per cui deve ritenersi che fossero ben consapevoli, perché da loro richieste, delle variazioni e dei lavori extra contratto eseguite dall'appaltatore. 
Sul quantum, ovvero sulla somma che i committenti sono tenuti a versare per i maggiori lavori svolti dall'impresa appaltatrice, va considerata la quantificazione così come operata dal CTU in sede di ATP pari ad € 16.969,22 oltre IVA al 10%, rientrando le lavorazioni eseguite nelle agevolazioni fiscali di cui all'art. 7, comma 1, lett. b). 
In ultimo, va accolta la domanda di applicazione della clausola penale per ritardata ultimazione dei lavori proposta dagli opponenti, prevista dall'art. 6 del contratto di appalto, secondo cui “l'impresa si impegna a portare a termine i lavori sopraelencati entro e non oltre novanta giorni lavorativi dalla data odierna, salvo imprevisti che dovrebbero sorgere durante l'esecuzione dei lavori. ### è tenuto a corrispondere al committente, a titolo di penale, la somma di ### 100,00 (cento/00) per ogni giorno di ritardo imputabile all'appaltatore, al netto dell'### che il committente dedurrà a saldo dovuto previa comunicazione scritta all'impresa. Il committente ha diritto, altresì, al risarcimento del danno ulteriore ai sensi dell'art. 1382, c.1, c.c. oltre che alla risoluzione del contratto per inadempimento previa comunicazione scritta all'appaltatore”. 
Ebbene, dall'esame dei documenti prodotti dall'opponente può affermarsi che in data ### siano stati ultimati i lavori dall'impresa, poiché con la comunicazione del 25.07.2016, inoltrata dal direttore dei lavori a mezzo e-mail avente come oggetto “chiusura lavori” era stato comunicato che visto lo stato dei lavori eseguiti presso l'unità immobiliare ad uso esclusivamente residenziale, via F. ### - ### la pratica urbanistica a firma dello stesso, depositata presso l'ufficio tecnico del Comune di ### -###, avrebbe dovuto essere burocraticamente chiusa a fine lavori nonché con la medesima erano stato chiesto il pagamento delle spettanze professionali (cfr. all. n. 8 alla memoria ex art. 183, VI comma, n. 2 c.p.c.). 
Da ciò ne discende che la ### S.r.l. dalla data di inizio lavori, fissata nel contratto nella data di stipula dello stesso, ovvero il ### al 25.07.2016 ha compiuto un ritardo nell'ultimazione degli stessi pari a giorni 19 per un importo dovuto nei confronti degli opponenti di € 1.900,00. 
In conclusione, per le ragioni sinora esposte, applicati i principi giurisprudenziali via via richiamati, si dichiara l'inesatto adempimento della ### S.r.l. e del direttore dei lavori ### e, per l'effetto, si condannano al risarcimento, ognuno nel limite delle percentuali indicate dal CTU per i vizi inerenti alle singole lavorazioni eseguite, complessivamente quantificato in € 17.450,00 oltre IVA al 10%. 
Altresì, si dichiara l'inadempimento di ### e ### in qualità come in atti, relativo nel pagamento delle opere extra contratto eseguite in loro favore dalla ### S.r.l. per € 16.969,22 + IVA con applicazione dell'iva al 10%. 
Quanto agli interessi dovuti sulla somma di € 16.969,22 oltre ### si ritiene che siano dovuti dalla pubblicazione della presente sentenza sino al soddisfo, al tasso di cui al comma 4 dell'art. 1284 c.c. Infatti, la parte che, ai sensi dell'art. 1460 c.c. si avvale legittimamente del suo diritto di sospendere l'adempimento della propria obbligazione pecuniaria a causa dell'inadempimento dell'altra, non può essere considerata in mora e non è, perciò, tenuta al pagamento degli interessi moratori e degli eventuali maggiori danni subiti dall'altra parte per il mancato adempimento, nei termini previsti dal contratto, di quanto a lei dovuto, non essendo applicabile l'art. 1224 c.c., che ricollega alla mora del debitore il diritto del creditore al pagamento degli interessi di mora e dei maggiori danni conseguenti all'omesso pagamento della prestazione pecuniaria (nella specie, si trattava di un contratto di compravendita nel quale la parte acquirente aveva giustificato il mancato pagamento del saldo a causa delle difformità e dei vizi del materiale consegnato, 14926/2010). 
Poiché nella fattispecie parte opponente ha eccepito l'esistenza di vizi nelle opere realizzate, questa non può considerarsi in mora, se non dal momento dell'accertamento giudiziale del debito. 
Sulla somma di € 17.450,00 oltre IVA per l'eliminazione dei vizi sulle lavorazioni eseguite dall'appaltatrice, poiché derivante da un'obbligazione risarcitoria da inadempimento contrattuale costituisce secondo la giurisprudenza di legittimità un debito, non di valuta, ma di valore, deve riconoscersi il cumulo della rivalutazione monetaria e degli interessi compensativi, questi ultimi da liquidare applicando al capitale rivalutato anno per anno un saggio individuato in via equitativa. (cfr. Cass., Civ., Sez. II, ord. n. 1627/2022). 
Sebbene parte attrice non abbia espressamente domandato il riconoscimento di queste voci deve osservarsi che la Corte di Cassazione ha affermato sul punto che: “…secondo un orientamento di questa Corte, nei debiti di valore il riconoscimento dei cd. interessi compensativi costituisce una mera modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui è consentito al giudice di far ricorso, con il limite costituito dall'impossibilità di calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell'illecito (v. Cass., n. 1111/20; n. 18564718). Tali interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno hanno fondamento e natura diversi da quelli moratori, regolati dall'art. 1224 c.c., in quanto sono rivolti a compensare il pregiudizio derivante al creditore dal ritardato conseguimento dell'equivalente pecuniario del danno subito, di cui costituiscono, quindi, una necessaria componente, al pari di quella rappresentata dalla somma attribuita a titolo di svalutazione monetaria, la quale non configura il risarcimento di un maggiore e diverso danno, ma soltanto una diversa espressione monetaria del danno medesimo (che, per rendere effettiva la reintegrazione patrimoniale del danneggiato, deve essere adeguata al mutato valore del denaro nel momento in cui è emanata la pronuncia giudiziale finale). Ne consegue che nella domanda di risarcimento del danno, quale debito di valore, è implicitamente inclusa la richiesta di riconoscimento sia degli interessi compensativi sia del danno da svalutazione monetaria quali componenti indispensabili del risarcimento, tra loro concorrenti attesa la diversità delle rispettive funzioni.”. (cfr. Cass., Civ., Sez. VI, ord. n. 5317/2022).
Pertanto, sull'importo riconosciuto a titolo risarcitorio per l'eliminazione dei vizi riscontrati pari ad € 17.450,00 oltre ### trattandosi di debito di valore decorreranno gli interessi compensativi al tasso legale dal 25.07.2016 (momento di chiusura dei lavori) ad oggi con la rivalutazione anno per anno in base agli indici istat e poi gli interessi moratori sempre al tasso legale dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo. 
Ciò posto, occorre pronunciarsi, infine, sulla domanda di risarcimento del danno da mancato godimento dell'abitazione proposta da ### e ### nei confronti della ### S.r.l. e di ### Tale ultima domanda risarcitoria è infondata e viene respinta, poiché il mancato pacifico godimento dell'immobile è stato genericamente allegato dagli opponenti e non è stato comunque dimostrato che questi ultimi, in concreto, non abbiano utilizzato l'immobile a causa dei vizi accertati e delle infiltrazioni. 
Parimenti infondata è la domanda di risarcimento del danno morale, perché allegata senza alcun supporto probatorio atto a dimostrare il pregiudizio subito e le conseguenze patologiche contestate. 
Quanto al pagamento delle spese di ### considerato che è stata accertata sia l'esistenza di vizi alle opere realizzate e sia l'esecuzione di lavori extra contratto, che ha determinato una riduzione sul quantum dovuto dagli opponenti alla ### S.r.l., si ritiene equo porle a carico di ### e ### in solido fra loro, e ### s.r.l. nella misura del 50% pro parte per le spese di ATP come liquidate in atti; mentre quelle della CTU espletata nel presente giudizio vengono poste a carico di ### e ### in solido fra loro, ### s.r.l. e ### nella misura di un terzo ciascuno. 
In punto di spese di lite, si osserva che, con riferimento alle spese del procedimento monitorio, si ritiene che la revoca del decreto ingiuntivo in esito al giudizio di opposizione non renda di per sé irripetibili dal creditore le spese della fase monitoria, occorrendo aver riguardo, invece, all'esito complessivo del giudizio di opposizione, sicché la valutazione della soccombenza dovrà tener conto del risultato finale della lite anche in relazione a tali spese (cfr. Cass. n. 24482/2022 e n. 18125/2017).
Inoltre, in ordine alle spese del presente giudizio, si fa presente che il creditore opposto che veda conclusivamente riconosciuto, sebbene in parte rispetto a quanto richiesto ed ottenuto col monitorio, il proprio credito, anche se legittimamente subisce la revoca integrale del decreto ingiuntivo, non può essere tuttavia ritenuto soccombente e condannato neppure in parte al pagamento delle spese processuali, ferma restando la facoltà del giudice di disporne la compensazione (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 23/2/2024 4860 e, in senso conforme, Cass., Sez. lav., 1/08/2023, n. 23434; Cass., Sez. VI, 26/05/2022, n. 17137; Cass., Sez. III, 12/05/2015, n. 9587). 
Considerato, quindi, l'esito complessivo della lite, si dichiarano quindi interamente compensate tra le parti le spese del procedimento monitorio e del presente giudizio.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa respinte: - accoglie l'opposizione proposta da ### e ### in qualità di eredi di ### nei confronti della ### S.r.l., in persona del legale rappresentante pro - tempore, avverso il decreto ingiuntivo n. 913/2018 emesso dall'intestato Tribunale il ### che viene revocato; - dichiara la risoluzione del contratto d'appalto stipulato il ### per l'inesatto adempimento della ### S.r.l., in persona del legale rappresentante pro - tempore; - dichiara l'avvenuta esecuzione di lavori non previsti nel contratto di appalto da parte della ### s.r.l. in favore di ### e ### in qualità di eredi di ### - dichiara l'inadempimento di ### in ordine all'incarico di direttore dei lavori nei confronti di ### e ### in qualità di eredi di ### - condanna la ### S.r.l., in persona del legale rappresentante pro - tempore, in via solidale con ### ciascuno nelle percentuali indicate nella ### al risarcimento dei danni per i vizi sulle lavorazioni eseguite nell'immobile sito in #### 88, in favore di ### e ### in qualità di eredi di ### quantificati complessivamente in € 17.450,00 + IVA al 10%, oltre interessi e rivalutazione monetaria come indicato in parte motiva; - condanna la ### S.r.l., in persona del legale rappresentante pro - tempore, al pagamento della penale per ritardata ultimazione dei lavori pari ad € 1.900,00 nei confronti di ### e ### in qualità di eredi di ### oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo effettivo; - condanna ### e ### in qualità di eredi di ### al pagamento nei confronti della ### S.r.l., in persona del legale rappresentante pro - tempore, dei lavori extra contratto pari ad € 16.969,22 + iva al 10%, oltre interessi dalla pubblicazione della presente sentenza sino al soddisfo, al tasso di cui al comma 4 dell'art. 1284 c.c.; - rigetta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale e per mancato godimento dell'immobile proposta da ### e ### in qualità di eredi di ### nei confronti della ### S.r.l. e di ### - pone le spese di CTU del procedimento di ### come liquidate in atti, a carico di ### e ### in solido fra loro, e della ### s.r.l. nella misura del 50% pro-parte; - pone le spese di CTU del presente giudizio, come liquidate in atti, a carico di ### e ### in solido fra loro, ### s.r.l. e ### nella misura di un terzo ciascuno; - dichiara interamente compensate tra le parti le spese del procedimento monitorio e del presente giudizio.  ### lì 25 novembre 2025 Il Giudice dott.ssa

causa n. 6259/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Damiani Song

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