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Tribunale di Palermo, Sentenza n. 4756/2025 del 07-11-2025

... rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l'onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili”. La norma eurounitaria ha trovato attuazione con l'art. 3, co. 3-bis del D.lgs. 216/2003, alla stregua del quale: “Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla ### delle ### sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori”. (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PALERMO Il Giudice del ### Dott. ### nella causa civile iscritta al n° 14930/2024 R.G.L., promossa #### rappresentato e difeso dagli avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliato presso il loro studio, sito in #### n. 6.   - ricorrente - ###.M. SOCIETÀ ### in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv.to ### ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in #### di ### n. 54.  - resistente - All'udienza del 07/11/2025 ha pronunciato la ### mediante lettura del seguente ### parziale accoglimento del ricorso, dichiara la nullità del licenziamento intimato al ricorrente e, per l'effetto, condanna parte convenuta a reintegrare lo stesso nel posto di lavoro, in mansioni coerenti con le prescrizioni che verranno fornite all'esito della visita del medico competente, nonché a versare in suo favore un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento (17.04.2024) sino a quello dell'effettiva reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali come per legge e altresì al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Condanna la parte convenuta al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di lite che liquida in complessivi euro in euro 5.664,00, oltre ### CPA e spese generali come per legge. 
FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato il ###, il sig. ### avendo premesso di aver lavorato a tempo pieno e indeterminato per la società cooperativa ### F. M.  dal 1.04.2021 con la qualifica di operaio addetto ai servizi di igiene e pulizia (di cui al livello 3 del ### di pulizie e servizi integrati/multiservizi del 31.05.2011), con 40 ore di lavoro settimanali, da lunedì a venerdì, da svolgersi presso gli immobili della Corte di Appello di ### e deducendo di essere stato licenziato per giustificato motivo oggettivo, in data ###, con effetto immediato, determinato dal superamento del periodo di comporto previsto dall'art. 52 del ### di categoria, ha convenuto in giudizio la società datrice di lavoro, formulando le seguenti conclusioni: “ - Accertare e dichiarare nullo e/o illegittimo il licenziamento intimato in data ### “per superamento del periodo di comporto” per condotta discriminatoria indiretta del datore di lavoro e per l'effetto: 1) ordinare alla ### F. M. società cooperativa (C.F. ###), la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro; 2) condannare la ### F. M. società cooperativa (C.F. ###), al risarcimento del danno subito dal sig. ### per il licenziamento, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative e comunque non inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto; 3) condannare la ### F. M. società cooperativa (C.F. ###), altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione; - Accertare e dichiarare l'inadempimento del datore di lavoro del ### F. 
M. società cooperativa (C.F. ###), dell'obbligo, di assicurare l'integrità fisica e psichica del prestatore di lavoro derivante dal combinato disposto degli artt. 2087 c.c. e artt. 18 , 41 e 42 del d.lgs. n. 81 del 2008 e per l'effetto accertare e dichiarare le assenze maturate dal sig. ### maturate in data successiva al 24.09.2022 e sino al licenziamento per complessivi 247 giorni, o in subordine quelle maturate in data successiva alla visita medica periodica di sorveglianza medica del 03.02.2023 e sino al licenziamento, per complessivi 175 giorni, salvo errore omissiono, non vanno computate nel periodo di comporto. Nel merito: ### e dichiarare nullo e/o illegittimo il licenziamento intimato in data ### “per superamento del periodo di comporto” per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, co. 2, c.c. e per l'effetto: 1) ordinare alla ### F. M. società cooperativa (C.F. ###), la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro; 2) condannare la ### F. M.  società cooperativa (C.F. ###), al risarcimento del danno subito dal sig. ### per il licenziamento, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative e comunque non inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto; 3) condannare la ### F. M. società cooperativa (C.F. ###), altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione; - In via subordinata: ### e dichiarare illegittimo, ingiusto, ingiustificato, inefficace, nullo e/o annullabile, carente di giustificato motivo il licenziamento intimato al ricorrente perché privo di valido e fondato giustificato motivo oggettivo (superamento del periodo di comporto) e per l'effetto: 1) dichiarare estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento; 2) condannare il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio a far data dal 08.01.2010 o in ulteriore subordine a far data dal 01.04.2021 e comunque in misura non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità.  - ### e dichiarare che il ricorrente ha diritto al pagamento dell'indennità di mancato preavviso e per l'effetto condannare parte resistente al pagamento in favore del ricorrente di indennità pari a alla retribuzione globale per giorni 15 di calendario, ovvero la somma maggiore o minore che risulterà in corso di causa e tale sarà ritenuta equa dal G.L., e se del caso previa ### oltre rivalutazione monetarie ed interessi legali come per legge dalla maturazione di ogni singola voce di credito fino all'effettivo soddisfo.  - Con vittoria di spese, competenze ed onorari”.
La società convenuta si è costituita in giudizio con memoria depositata il ###, contestando la fondatezza del ricorso, di cui ha chiesto il rigetto. 
La causa, istruita mediante l'audizione dei testi indicati dalle parti, sulle conclusioni dei procuratori delle stesse, è stata decisa all'odierna udienza. 
Così ricostruiti i termini della causa, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, con cui ### ha chiesto dichiararsi la nullità dell'impugnato licenziamento in quanto discriminatorio ai sensi degli artt. 2, par. 2, lett. b) e 5 della ### 2000/78/CE nonché dell'art. 3, co. 3-bis D.lgs. 216/2003, deducendo che la società datrice di lavoro, nell'intimargli il licenziamento per superamento del periodo di comporto (cfr. all. 3 e 4 produzione ricorrente) non ha tenuto conto della sua condizione di soggetto invalido e portatore di handicap. 
In via preliminare occorre verificare se lo stato di salute del ricorrente sia effettivamente riconducibile alla nozione di handicap di cui alla ### 2000/78/CE. 
Sul punto, la Corte di Giustizia ha chiarito che tale nozione deve essere intesa come riguardante una “limitazione di capacità, risultante, in particolare, da durature menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che, in interazione con barriere di diversa natura, possa ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale, su un piano di uguaglianza con gli altri lavoratori” (### 9.3.2017, C-406/15). 
La Corte di Giustizia ha anche evidenziato che, utilizzando la nozione di “handicap” all'art. 1 della Direttiva, il legislatore eurounitario ha deliberatamente scelto un termine diverso da quello di “malattia”, dovendosi quindi escludere un'assimilazione pura e semplice delle due nozioni. Una malattia, curabile o incurabile, può quindi rientrare nella nozione di handicap solo se comporta: a) “una limitazione della capacità della persona”, che abbia l'attitudine a incidere od ostacolare la vita professionale del lavoratore, e b) “se tale limitazione è di lunga durata” o è “probabile che essa sia di lunga durata” (cfr. ### 11.04.2013, C-335/11 e C-337/11; ### 11.07.2006, C-13/05). 
Nel caso di specie, il ricorrente ha riferito che dal 2021 soffre di spasmi muscolari associati a sintomatologia algica lombare e agli arti superiori e inferiori resistente a farmaci analgesici e oppioidi e che, a seguito di indagini mediche e diagnostiche, gli sono state diagnosticate le seguenti patologie: - fibromialgia e reumatismi articolari resistente a trattamento farmacologico (malattia cronica caratterizzata da dolore diffuso, rigidità muscolare, disturbi del sonno, stanchezza cronica, e riduzione del tono dell'umore) con conseguente depressione ansiosa; - ernia discale cervicale e dorsale con dolore neuropatico agli arti superiori e costale (protrusioni discali ###-###, ###-###, ###-###, ###-###, ###-###); - spondilite anchilosante in elevata attività (### 2.2) con segni di sacro ileite bilaterale (malattia reumatica infiammatoria a lungo termine - cronica - che colpisce la spina dorsale e altre articolazioni, rendendola rigida e causando difficoltà nei movimenti, dolore e limitazione funzionale; la malattia rientra tra le patologie previste dalla legge nelle apposite tabelle ministeriali al fine del riconoscimento dell'invalidità con percentuale che va dall'11% al 100%, cfr. all. n. 12 produzione ricorrente); - ernie e protrusioni lombari irregolari in appoggio su sacco durale (protrusioni discali nei seguenti livelli: ###-###, ###-###, ###-###, L%-###); - iniziali segni di spondilosi lombare con ipertrofia del comparto vertebrale posteriore (all. n. 7 produzione ricorrente). 
In relazione a tali patologie, il ricorrente, in data ###, ha formulato all'### domanda di riconoscimento dell'invalidità civile (cfr. all. n. 8 produzione ricorrente) e l'ente previdenziale lo ha dichiarato invalido con riduzione permanente della capacità lavorativa al 50% dal 24.5.2023, con la seguente diagnosi: "### anchilosante in trattamento farmacologico dal 05/23 (farmaco biologico sospeso da circa un anno), fibromialgia, ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico, mrge, spondiloartrosi del rachide lombare con discopatie multiple, segni di sacroileite bilaterale" (cfr. verbale depositato il ###). 
Le malattie diagnosticate al ricorrente, per la loro natura e entità (involgendo sia il sistema osteo-assiale, sia i movimenti degli arti superiori e inferiori, nonché il sistema neuro psichico) hanno determinato una limitazione della sua capacità e ostacolato la sua attività lavorativa di operaio addetto alle pulizie. 
Il ricorrente ha infatti riferito che, in considerazione del suo stato di salute, il medico specialista del lavoro, il ###, in occasione della visita medica periodica, gli aveva anticipato verbalmente che avrebbe espresso parere di “idoneità parziale alla mansione con limitazioni”, come ad esempio: adibizione ad attività che non richiedessero lo stazionamento in posizione eretta e la movimentazione di carichi gravosi o il fare uso di strumenti di lavoro quali scale ### e attività che non prevedessero lavori in sospensione o a braccia alzate, flessioni e piegamenti e la pulizia di scale ecc. 
La ricostruzione del ricorrente trova riscontro documentale nel certificato di idoneità alla mansione specifica, allegato peraltro da parte convenuta (il che dimostra che la società era perfettamente a conoscenza delle limitazioni alla capacità lavorativa del ricorrente), che esprime parere di idoneità con prescrizione / limitazione: “non movimentare manualmente carichi < 5 kg, evitare posture erette prolungate, attività con arti superiori in elevazione ed utilizzo scale”. Questa valutazione è stata ribadita dal medico specialista, in seguito alla visita periodica di sorveglianza del 25.03.2024, con l'aggiunta che il lavoratore non avrebbe dovuto svolgere attività in esterno (all. n. 3 produzione convenuta).  ### il ricorrente, la società non ha tenuto conto del giudizio formulato dal medico competente e lo ha mantenuto alle medesime mansioni già svolte in precedenza (pulire i pavimenti, con attrezzature a mano e a motore; pulire e ordinare scrivania e armadi; spolverare e riordinare i locali; pulire e disinfettare i bagni; pulire porte e finestre; lavare i vetri; svuotare i cestini dei rifiuti; trasportare i rifiuti in determinate aree) che comportavano, inevitabilmente, la prolungata stazione eretta, lo spostamento da un luogo all'altro all'interno del reparto o dello stabile, continue flessioni e piegamenti, utilizzo di scale e lavori in sospensione e movimentazione di pesi anche superiori a 5 kg. 
Tali circostanze hanno trovato sostanziale riscontro nelle testimonianze assunte in sede istruttoria. All'udienza del 7.05.2025, il teste ### dipendente della società convenuta, ha infatti riferito di aver lavorato con ### “fianco a fianco, seppur per un breve periodo, circa un paio di mesi, qualche anno fa, non so se nel 2022 o nel 2023. Entrambi svolgevamo mansioni di addetti alle pulizie e quindi pulivamo i pavimenti dei corridoi e delle aule e delle stanze utilizzando stracci e quindi secchi pieni d'acqua, trasportando i sacchetti dell'immondizia dal piano ai cassonetti. Le attività che ho detto venivano svolte manualmente e comportavano anche un impegno fisico, visto che il peso dei secchi d'acqua e dell'immondizia poteva variare. […] I secchi che utilizzavamo avevano una capienza di circa 8 litri e venivano riempiti dal singolo puliziere, mentre, come detto, i sacchi dell'immondizia venivano predisposti da altri e avevano un peso variabile a seconda di quello che c'era dentro ed erano di quelli grandi, sicché potevano partire di 3/4 kg e potevano arrivare ad un peso superiore fino, ad esempio, a 10 kg”. Il teste ha anche riferito che “in qualche occasione il collega stava male e comunque aveva la volontà di lavorare anche se era solo al 30-40 % quindi lo aiutavo e talvolta mi diceva di dover andare via prima della fine dell'orario di lavoro”. 
Similmente, il teste ### pure lui collega del ricorrente, avendo lavorato insieme a questi “nella parte finale del suo lavoro, nel 2023, prima di essere licenziato”, ha riferito quanto segue: “entrambi svolgevamo attività di puliziere e lavorando insieme ci dividevamo i tre piani che costituiscono la palazzina, pulendo i pavimenti con lo straccio, spolverando i mobili, le scaffalature e buttando i sacchi dell'immondizia raccolti nel corso della giornata. I secchi dell'acqua che venivano da noi riempiti all'incirca contenevano fino ad una decina di litri di acqua e i sacchi dell'immondizia avevano un contenuto e un peso variabile di circa 6/7 kg più o meno. In quel periodo ricordo che in alcune occasioni il ricorrente era sofferente, me lo diceva ma vedevo che aveva difficoltà a sollevare pesi tanto che lo aiutavo io stesso e talvolta andava via prima della fine dell'orario di lavoro perché stava male, immagino chiedendo il permesso ai superiori. […] Con me, come detto più volte, il ricorrente ha manifestato i suoi problemi fisici e mi ha riferito di averne parlato con i suoi superiori anche se non ho mai assistito a questi dialoghi. Come detto, utilizzavamo dei secchi che riempivamo d'acqua e io stesso da circa un anno, avendo problemi alla schiena non riempio il secchio se non a metà per renderlo più leggero. 
Utilizziamo da molti anni un carrello sul quale carichiamo oltre gli attrezzi delle pulizie il secchio e il sacco dell'immondizia. Provvediamo noi ovviamente a scaricare l'acqua e a spostare il sacco pieno. Per quella che è la mia personale esperienza siamo noi pulizieri a svuotare i singoli cestini dei singoli uffici all'interno del sacco grande che poi chiudiamo e andiamo a buttare. Quando lavoravamo insieme utilizzavamo entrambi lo stesso metodo di lavoro e quindi il carrello e ci occupavamo dello svuotamento dei cestiti e di buttare poi il sacco nell'immondizia. Preciso, infine, che quest'ultimo veniva da noi trasportato a mano dal reparto all'area di competenza dal momento che il carrello doveva rimanere all'interno del reparto stesso e se era pesante ci aiutavamo”. 
Rilevanti sono anche le dichiarazioni rese dal teste ### responsabile del personale addetto alle pulizie per la società convenuta, che all'udienza del 10.09.2025 ha descritto l'attività lavorativa dei dipendenti: “Gli operai sono suddivisi per i vari ambienti della palazzina e si occupano, come detto, delle pulizie adoperando scopa, paletta, mocio e per lavare a terra utilizzano anche un secchio capiente circa 10 litri. Per spostare il materiale da lavoro si utilizza un carrello. Gli operai si occupano altresì di raccogliere i sacchi di immondizia che fino a pochi mesi fa erano pieni di indifferenziata dal peso variabile, che poteva in linea di massima arrivare massimo a 7 chili”. 
Dalle testimonianze, dunque, emerge con chiarezza che le patologie di cui era affetto il ricorrente gli rendevano faticoso lo svolgimento delle mansioni affidategli - mansioni che comportavano anche il sollevamento e il trasporto di secchi d'acqua e sacchi della spazzatura che potevano avere un peso superiore a 5 kg - tanto che in alcune occasioni i colleghi, avendolo visto sofferente e in difficoltà nel sollevare quei pesi, avevano dovuto aiutarlo. 
Inoltre, talvolta il ricorrente, a causa di tali sofferenze, aveva dovuto lasciare il lavoro in anticipo e comunque era stato costretto ad assentarsi spesso (come emerge anche dall'all.  n. 18 produzione ricorrente). 
Come già anticipato, una malattia può rientrare nella nozione eurounitaria di handicap solo se comporta una limitazione della capacità della persona “di lunga durata” (o che è “probabile che essa sia di lunga durata”). Sul punto, giova richiamare ancora una volta i principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza eurounitaria, secondo cui il “carattere duraturo della limitazione deve essere esaminato tenuto conto dello stato di incapacità, in quanto tale, dell'interessato allorché è stato adottato l'atto asseritamente discriminatorio nei confronti di quest'ultimo. Tra gli indizi che consentono di considerare duratura una limitazione della capacità figura in particolare la circostanza che, all'epoca del fatto asseritamente discriminatorio, l'incapacità dell'interessato non presentava una prospettiva ben delimitata di superamento nel breve periodo o il fatto che tale incapacità poteva protrarsi in modo rilevante prima della guarigione di tale persona” (### 11.09.2019, C- 397/19). 
Ebbene, le patologie diagnosticate al ricorrente hanno determinato una limitazione della sua capacità lavorativa avente carattere duraturo. Invero, alla data in cui la società convenuta ha adottato il provvedimento asseritamente discriminatorio, ossia il licenziamento per superamento del periodo di comporto, intervenuto il ###, l'incapacità lavorativa del ricorrente non appariva in fase di superamento nel breve periodo. 
Per queste ragioni, si può concludere che la condizione patologica del ricorrente rientri nella nozione di handicap ai sensi della ### 2000/78/CE e del d.lgs. 216/2003 avendo determinato, in interazione con barriere di diversa natura (in particolare i pesi che il lavoratore era tenuto a sollevare o spostare) una limitazione di lunga durata della capacità lavorativa dello stesso, tale da impedirgli una piena ed effettiva partecipazione alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori. 
Al ricorrente trova dunque applicazione la richiamata disciplina protettiva della ### 2000/78/CE che ha stabilito un “quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro” che vieta “qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali” (12° ### e attribuisce alle autorità giudiziarie nazionali “la valutazione dei fatti sulla base dei quali si può argomentare che sussiste discriminazione diretta o indiretta” (15° ###.  ###. 2, par. 2, lett. b) della ### definisce la nozione, evocata dal ricorrente, di discriminazione indiretta, precisando che essa sussiste “quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio […] le persone portatrici di un particolare handicap […] rispetto ad altre persone, a meno che: i) tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari; o che ii) nel caso di persone portatrici di un particolare handicap, il datore di lavoro o qualsiasi persona o organizzazione a cui si applica la presente direttiva sia obbligato dalla legislazione nazionale ad adottare misure adeguate, conformemente ai principi di cui all'articolo 5, per ovviare agli svantaggi provocati da tale disposizione, tale criterio o tale prassi”.  ###, inoltre, sancisce l'importanza di mettere a punto “misure per tener conto dei bisogni dei disabili sul luogo di lavoro” al fine di “combattere la discriminazione basata sull'handicap” (16° ###. In particolare, l'art. 5 prescrive che “per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l'onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili”. La norma eurounitaria ha trovato attuazione con l'art.  3, co. 3-bis del D.lgs. 216/2003, alla stregua del quale: “Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla ### delle ### sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori”. 
In tema di licenziamenti, la Corte di Giustizia dell'### ha chiarito che “l'articolo 5 della direttiva 2000/78 osta a una normativa nazionale in conformità della quale il datore di lavoro può porre fine al contratto di lavoro a motivo dell'inidoneità permanente del lavoratore a svolgere i compiti a lui incombenti in forza di tale contratto, causata dal sopravvenire, nel corso del rapporto di lavoro, di una disabilità, senza che tale datore di lavoro debba prima prevedere o mantenere soluzioni ragionevoli al fine di consentire al lavoratore di conservare il suo posto di lavoro, né dimostrare, eventualmente, che siffatte soluzioni costituirebbero un onere sproporzionato” (### 18.01.2024, C-631/22, punto 53). 
Con particolare riferimento ai casi di licenziamento di un soggetto portatore di handicap per superamento del periodo di comporto, la Corte di Giustizia ha affermato che spetta al giudice nazionale valutare se la norma del ### di categoria, che prevede un periodo di comporto uniforme per tutti i lavoratori interessati “senza tener conto di un'eventuale disabilità, possa comportare uno svantaggio particolare a danno dei lavoratori disabili" (### 11.09.2025, C-5/24, punto 40). 
Nella citata pronuncia, la Corte di ### ha anche evidenziato che il "lavoratore disabile [è], in linea di principio, più esposto al rischio [...] di essere assente per problemi di salute, a causa della sua disabilità o di una malattia connessa alla sua disabilità. 
Pertanto, tale lavoratore corre un rischio maggiore di accumulare giorni di assenza" e, quindi, di raggiungere il limite del periodo di comporto previsto dalla norma del ### sicché la regola da essa prevista "è idonea a svantaggiare i lavoratori disabili e, dunque, a comportare una differenza di trattamento indirettamente basata sull'handicap ai sensi dell'art. 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78" (punto 43). 
Può dunque reputarsi discriminatoria la norma legislativa o contrattuale che, limitando ad un determinato numero di giorni di assenza l'avvenuto superamento del periodo di comporto, trovi indistinta applicazione al lavoratore portatore di handicap. Ciò in quanto la disciplina sul comporto, pur essendo una disposizione di per sé neutra, finisce per porre il portatore di handicap in una condizione di particolare svantaggio rispetto agli altri lavoratori, atteso che la persona disabile è, per tale condizione, di solito costretta a un numero di assenze di gran lunga superiore rispetto agli altri. 
Tale assunto ha trovato conferma anche nella giurisprudenza della Cassazione, secondo cui “costituisce discriminazione indiretta”, che ricorre, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. b), D.lgs. 216/2003 (normativa di attuazione della ### 2000/78/CE), “l'applicazione dell'ordinario periodo di comporto al lavoratore disabile, perché la mancata considerazione dei rischi di maggiore morbilità dei lavoratori disabili, proprio in conseguenza della disabilità, trasmuta il criterio, apparentemente neutro, del computo del periodo di comporto breve in una prassi discriminatoria nei confronti del particolare gruppo sociale protetto in quanto in posizione di particolare svantaggio” e ciò “perché, rispetto a un lavoratore non disabile, il lavoratore disabile è esposto al rischio ulteriore di assenze dovute a una malattia collegata alla sua disabilità, e quindi soggetto a un maggiore rischio di accumulare giorni di assenza per malattia e di raggiungere i limiti massimi di cui alla normativa pertinente” (Cass. n. 9095 del 31/03/2023). 
Quanto al profilo dell'onere della prova, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, nei giudizi antidiscriminatori i criteri di riparto non seguono i canoni ordinari di cui all'art. 2729 c.c., bensì quelli speciali di cui all'art. 4 del d.lgs. 216/2003, che non stabiliscono tanto un'inversione dell'onere probatorio, quanto, piuttosto, un'agevolazione del regime probatorio in favore del ricorrente, prevedendo una "presunzione" di discriminazione indiretta; ne consegue che il lavoratore deve provare il fattore di rischio, e cioè il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe e non portatori del fattore di rischio, ed il datore di lavoro le circostanze inequivoche, idonee a escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria della condotta ( n. 9095 del 31/03/2023). 
Calando questi principi nella vicenda che ci occupa, è preliminarmente necessario prendere in esame la normativa contrattuale, applicata dalla società convenuta, nella parte in cui disciplina il licenziamento del lavoratore per superamento del periodo di comporto, per verificare se essa realizza una discriminazione indiretta nei confronti dei lavoratori portatori di handicap. 
Ebbene, l'art. 51 del ### pulizia, servizi integrati, multiservizi prevede che “il diritto alla conservazione del posto viene a cessare qualora il lavoratore anche con più periodi di infermità raggiunga in complesso 12 mesi di assenza nell'arco di 36 mesi consecutivi. Ai fini del trattamento di cui sopra si procede al cumulo dei periodi di assenza per malattia verificatisi nell'arco temporale degli ultimi 36 mesi consecutivi che precedono l'ultimo giorno di malattia considerato” (all. n. 14 produzione ricorrente). 
La norma trova indistinta applicazione, senza tenere in alcuna considerazione la possibile condizione di disabilità del lavoratore, ed è perciò astrattamente idonea a realizzare una discriminazione indiretta basata sull'handicap ai sensi dell'art. 2, par. 2, lett.  b), della ### 2000/78/CE. 
Occorre tuttavia evidenziare che la Suprema Corte ha chiarito che la normativa (legislativa o contrattuale) può prevedere un limite massimo in termini di giorni di assenza per malattia del lavoratore disabile, anche ai fini di combattere fenomeni di assenteismo per eccessiva morbilità (che può integrare, secondo la Corte di Giustizia, una finalità legittima di politica occupazionale ai sensi dell'art. 2, par. 2, lett. b della Direttiva 2000/78/CE), purché tale legittima finalità venga attuata con mezzi appropriati e necessari, e quindi proporzionati. Pertanto, “la necessaria considerazione dell'interesse protetto dei lavoratori disabili, in bilanciamento con legittima finalità di politica occupazionale, postula […] l'applicazione del principio dell'individuazione di soluzioni ragionevoli per assicurare il principio di parità di trattamento dei disabili, garantito dall'art. 5 della direttiva 2000/78/CE (ovvero degli accomodamenti ragionevoli di cui alla ### sui diritti delle persone con disabilità, alla cui luce vanno interpretate le direttive normative antidiscriminatorie UE)” (Cass. n. 9095 del 31/03/2023). 
Appare quindi cruciale, ai nostri fini, verificare se il datore di lavoro abbia adottato “soluzioni ragionevoli”, cioè abbia preso i provvedimenti organizzativi appropriati, in funzione delle concrete esigenze del lavoratore, per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, come prescritto dall'art. 5 della Direttiva 2000/78/CE. In caso contrario, non potrà che pervenirsi alla conclusione che l'applicazione della norma contrattuale sul licenziamento per superamento del periodo di comporto abbia concretizzato una condotta discriminatoria indiretta in danno del lavoratore. 
Nella vicenda che ci occupa, non risulta che la società datrice di lavoro, convenuta in giudizio, abbia adottato misure organizzative idonee a garantire al ricorrente di poter svolgere la sua prestazione lavorativa in condizioni di uguaglianza con gli altri lavoratori. 
Dalle risultanze probatorie, infatti, emerge anzitutto che la società era stata messa a conoscenza dello stato di salute del sig. ### e che, ciononostante, l'unica concreta misura adottata nei suoi confronti sia stata quella di impiegarlo come “jolly”, cioè in sostituzione di colleghi assenti nelle rispettive aree di competenza. 
Sul punto, il teste ### ha riferito quanto segue: “Per un certo periodo che però non so individuare, il ricorrente, come è avvenuto anche per altri colleghi, ha fatto da ‘jolly' nel senso che anziché essere assegnato in pianta stabile ad un'area specifica del ### di Giustizia era chiamato di volta in volta a sostituire i colleghi assenti nelle loro aree di competenza. Anche in questi casi svolgeva le mansioni di pulizia che ho già descritto. 
Ricordo che il ricorrente ebbe a riferirmi delle sue limitazioni fisiche e mi disse di averne parlato anche con i capi squadra, i sig.ri ### e ### senza che però questo avesse comportato alcun mutamento nelle sue mansioni. Io non ho personalmente assistito a questi dialoghi. Sebbene non possa essere preciso con i tempi, se non sbaglio, quando lui svolgeva compiti da ‘### parlò con me delle sue condizioni di salute e ciò intorno al 2023 quindi verso la fine del suo rapporto venne assegnato in pianta stabile alle palazzine del nuovo palazzo di giustizia, anche se non so se per sua volontà o dell'azienda”. 
Il teste ### in quanto responsabile del personale, ha fornito sul punto ulteriori dettagli: Il ricorrente era addetto alle mansioni di puliziere […] e ricordo che in un certo momento ebbe a manifestare a me le sue difficoltà fisiche e visto che il lavoro che ho descritto non è particolarmente pesante, gli ho detto che poteva, quando era necessario, riposarsi. Del resto, lavorano anche degli altri operai con delle invalidità i quali ad esempio riempiono per metà il secchio o evitano movimenti per loro difficili, come chinarsi verso il basso o lavorare in alto sempre però senza mai superare l'altezza media di un uomo. Inizialmente il ricorrente era addetto ad uno dei piani della palazzina che si occupava in particolare della pulizia di metà corridoio. Successivamente, proprio a causa delle sue ripetute assenze per malattia, ho preferito considerarlo un “jolly” e quindi assegnarlo ai diversi reparti in base alle esigenze quotidiane, sempre svolgendo le stesse mansioni. Preciso meglio, nel senso che se ben ricordo il ricorrente è stato assegnato al reparto “l” che, come detto, lo impegnava nella pulizia di solo mezzo corridoio, e nel reparto “n” che invece era più impegnativo poiché i due addetti allo stesso dovevano pulire un corridoio e mezzo ciascuno, non ricordo se il ricorrente era prima al reparto “l” e poi “n” o viceversa anzi ho ricordato della sua adibizione al reparto “n” solo perché l'avv. ### ne ha fatto riferimento come chiarimento. Sicuramente da ultimo era un “jolly” e quindi la sua attività era più leggera essendo chiamato a sostituire i lavoratori assenti occupandosi di attività strettamente necessarie e non effettuando pulizie approfondite come gli addetti al reparto”. 
In termini simili si è espresso il teste ### vice-capo operaio della società, che si occupava di gestire il personale della cooperativa: “L' attività degli operai che anche io ho svolto da diversi anni, consiste nella pulizia dei locali e dei bagni e delle scale utilizzando scopa, straccio. Per pulire a terra utilizziamo l'acqua riempiendo dei secchi la cui portata massima è di 25 litri e raccogliamo l'immondizia nei cestini svuotandola in sacchi più grandi. Ogni operaio decide quanto riempire il secchio o il sacco dell'immondizia nel senso che non ci sono direttive in tal senso e può quindi decidere se rendere il secchio e i sacchi più leggeri. Tutti gli strumenti che utilizziamo vengono messi in un carrello. Ricordo che il ricorrete era prima addetto alla palazzina “l” quindi ebbe a rappresentare a me e al collega ### dei suoi problemi di salute, che per altro lo hanno portato ad assentarsi più volte dal lavoro e per venirgli incontro gli è stata assegnata la funzione di “jolly” ovvero di istituto del personale assente. Tale compito ovviamente comportava un impegno variabile volta per volta a seconda delle esigenze dei singoli reparti e le mansioni, come detto, non sono mai mutate anche perché, ribadisco, se il suo problema era legato al sollevamento pesi, come era stato precisato dal medico competente, era lui stesso che poteva limitare il peso da trasportare. Non ricordo peraltro se il ricorrente era stato sottoposto a visita medica e vi erano delle prescrizioni del medico competente a noi note. ### di lavoro degli operai è di otto ore, dalle ore 7.00 alle ore 15.00, gli operai hanno la possibilità di gestire il loro tempo come vogliono, compatibilmente con il lavoro da svolgere, nel senso che possono prendere le pause che ritengono e anche se io e il mio collega effettuiamo diversi giri per controllare il loro lavoro non ricordo di aver mai ripreso qualcuno perché era fermo a riposare prendere caffè o altro”. 
Dalle testimonianze risulta con chiarezza che la società, pur nella consapevolezza delle difficoltà fisiche del ricorrente, ha mantenuto lo stesso a svolgere le medesime mansioni che eseguiva in precedenza, senza adottare specifici e ragionevoli accomodamenti (ad esempio disponendo che i sacchi della spazzatura non dovessero superare il peso di 5 kg o garantire al lavoratore l'ausilio di un altro dipendente), limitandosi piuttosto a consentire (o, meglio, a tollerare) che il ricorrente prendesse delle pause quando ne sentiva la necessità e di riempire d'acqua il secchio quanto voleva.
Inoltre, persistendo le sofferenze del lavoratore, la società ha infine deciso di utilizzarlo come una sorta di “jolly”, chiamandolo di volta in volta a sostituire colleghi assenti. Quest'ultima disposizione, peraltro, non implicava affatto che il lavoratore potesse svolgere attività meno gravose rispetto agli altri colleghi non disabili (come chiarito dal teste ### “le [sue] mansioni […] non sono mai mutate anche perché, ribadisco, se il suo problema era legato al sollevamento pesi, come era stato precisato dal medico competente, era lui stesso che poteva limitare il peso da trasportare”), trattandosi dunque di misura di per sé neutra, se non addirittura dannosa per il lavoratore, in quanto, imponendogli di cambiare di frequente il reparto dove svolgere la prestazione, non gli consentiva di acquisire una routine lavorativa e quindi una stabilità organizzativa adeguata alle sue necessità. 
Infine, la società non ha neppure dato riscontro alla richiesta di cambio turno formulata dal ricorrente (all. n. 9 produzione ricorrente) per consentirgli di effettuare la terapia. 
Nella fattispecie in esame, dunque, non risulta che il datore di lavoro abbia concretamente assunto decisioni o posto in essere comportamenti atti ad evitare la discriminazione indiretta in danno del ricorrente. Né, infine, parte convenuta ha dimostrato, né peraltro allegato, che gli accomodamenti necessari avrebbero costituito per la società un onere sproporzionato. 
Di conseguenza, il licenziamento per superamento del periodo di comporto, disposto dalla società in applicazione di una norma contrattuale (l'art. 51 del ### di categoria) che non tiene conto della condizione di disabilità del lavoratore e senza aver prima adottato accomodamenti ragionevoli, ha integrato una condotta indirettamente discriminatoria ed è quindi nullo. 
Per tutto quanto esposto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, deve essere dichiarata la natura discriminatoria del licenziamento intimato a ### con conseguente diritto del lavoratore di vedersi applicata la massima tutela reintegratoria, ai sensi dell'art. 2, comma 1, d.lgs. 23/2015. Per l'effetto, la società convenuta va condannata all'immediata reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, in mansioni coerenti con le prescrizioni che verranno fornite all'esito della visita del medico competente. Inoltre, sulla base del combinato disposto dei commi 1 e 2 dell'art. 2 d.lgs. 23/2015, la società convenuta va altresì condannata al pagamento al ricorrente di un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento (ovvero dal 17.04.2024) sino a quello dell'effettiva reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali come per legge, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. 
In considerazione dell'ordine di reintegrazione del ricorrente, non può essere accolta la domanda volta ad ottenere la condanna della società convenuta al pagamento, in favore del lavoratore licenziato, dell'indennità di mancato preavviso. 
Restano assorbite tutte le altre censure formulate dal ricorrente. 
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, facendo applicazione dei parametri minimi di cui al DM 147/2022, in euro 5.664,00 per onorari di difesa, tenuto conto del valore indeterminabile della controversia e della complessità media della stessa, oltre ### CPA e spese generali come per legge.  P.Q.M.  Come in epigrafe ### deciso in ### il ###. 
IL GIUDICE ### provvedimento è stato redatto con la collaborazione del dott. ### magistrato ordinario in tirocinio mirato.

causa n. 14930/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Martino Dante

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Tribunale di Messina, Sentenza n. 1757/2023 del 10-10-2023

... consegue altresì l'obbligo per l'### di predisporre i ragionevoli accomodamenti atti a consentire alla lavoratrice la ripresa, in sicurezza, dell'attività lavorativa. ###. 5 della Direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro dispone, infatti, che “per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 10/10/2023 possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l'onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili”. Il d.lgs. n. 216/2003, nel dare attuazione alla citata direttiva, ha stabilito, tra l'altro, all'art. 3 che il principio di parità di trattamento senza distinzione di (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI MESSINA - ### - in persona del giudice unico ### ha pronunciato, in esito al deposito di note scritte, la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 3704/2020 r.g. e vertente tra ### (c.f. ###), elettivamente domiciliata in ### presso lo studio degli avv.ti ### e ### che la rappresentano e difendono per procura in atti, ricorrente e #### (c.f. ###), in persona del ### pro tempore, rappresentata e difesa dall'### dello Stato presso i cui uffici di ### è ope legis domiciliata, resistente oggetto: assenze per malattia lavoratore disabile. 
FATTO E DIRITTO 1.- Con ricorso depositato il 29 settembre 2020 ### adiva questo giudice del lavoro e, premesso di essere dipendente dell'### degli ### di #### amministrativa, dall'agosto 2002, dapprima in forza di molteplici contratti a termine e dal 1 luglio 2008 in virtù di un contratto a tempo pieno e indeterminato, deduceva di aver svolto la propria attività lavorativa presso l'ufficio ragioneria fino alla prima metà del 2014, ma di essere affetta da retinite pigmentosa ingravescente all'occhio destro e di aver subito a partire dal giugno di tale anno un progressivo aggravamento delle proprie condizioni di salute, con nuova diagnosi di “cheratite da acanthamoeba” all'occhio sinistro, che rendeva necessari diversi ricoveri ospedalieri urgenti - il primo nel gennaio 2015 presso il centro cornea del ### di ### - e due Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 10/10/2023 interventi in emergenza - di “cheratoplastica perforante terapeutica con trapianto corneale” eseguito in data 17 marzo 2015 presso il ### di ### con esito però negativo e conseguente rigetto con ascesso nel 2017, e successivo intervento per “cataratta complex e sinechie (aderenze dell'iride)” nel luglio dello stesso anno -, cui facevano seguito pesanti terapie parzialmente invalidanti; rilevava, altresì, di essere stata riconosciuta nel luglio 2017 soggetto portare di handicap in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, della legge n. 104/1992 dalla ### per l'accertamento dell'handicap di ### con invalidità non più rivedibile pari all'80% a decorrere dal 31 luglio 2018, e di essere iscritta all'### ciechi dal 2019. Lamentava che nonostante le lunghe assenze dal lavoro fossero strettamente correlate alle malattie invalidanti e alle gravose terapie di supporto, l'### a far data dal maggio 2019 (e dunque al superamento dei 9 mesi di malattia) aveva iniziato ad operare nei propri confronti una riduzione stipendiale del 10% per i primi 3 mesi, del 50% per i successivi 6 mesi, fino alla totale privazione della retribuzione a decorrere dal febbraio 2020. 
Chiedeva, pertanto, in via d'urgenza di ordinare alla datrice di lavoro l'immediata corresponsione in proprio favore della retribuzione mensile, dovendosi escludere, ai sensi dell'art.  35, comma 14, del ### di comparto, dal computo del periodo di comporto le assenze per malattia connessa alla condizione di disabilità; e, nel merito, di accertare il proprio status di disabilità, con condanna dell'### all'adozione dei provvedimenti e/o degli accomodamenti atti a consentirle di accedere a proficuo lavoro e alla corresponsione delle retribuzioni non versate dal febbraio 2020 alla data di deposito del ricorso, oltre a quelle corrisposte solo in parte con riduzione dal maggio 2019 al gennaio 2020, nonchè al risarcimento del danno non patrimoniale subito, da liquidarsi in via equitativa. 
Nella contumacia della convenuta, la domanda cautelare veniva accolta con ordinanza 19767 del 4 novembre 2020, non reclamata. 
Quindi, costituitasi la resistente e sostituita l'udienza del 3 ottobre 2023 dal deposito telematico di note scritte, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., la causa viene decisa con adozione fuori udienza della sentenza.  2.- Si premette che, analogamente a quanto previsto per il rapporto di lavoro privato, anche nel pubblico impiego contrattualizzato la malattia come causa di sospensione del rapporto di lavoro trova la sua regolazione nell'art. 2110 c.c., il quale, nell'affermare in via generale il diritto Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 10/10/2023 del prestatore alla conservazione del posto di lavoro e del relativo trattamento economico, rinvia per gli aspetti quantitativi e temporali alla legge o al contratto collettivo di riferimento. 
Quanto al comparto ### viene in rilievo l'art. 35 del c.c.n.l. 2006-2009, il quale prevede che il dipendente non in prova, assente per malattia, ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di 18 mesi (comma 1), con integrale corresponsione del trattamento economico fondamentale di cui all'art. 83 (“stipendio tabellare; posizioni economiche; eventuali assegni “ad personam”; retribuzione individuale di anzianità ove acquisita; equiparazione stipendiale prevista dall'art. 31 del dpr n. 761/79 esclusivamente per la parte utile in quota A del trattamento pensionistico”) per i primi 9 mesi, poi ridotto al 90% per i successivi 3 mesi e al 50% per gli ulteriori 6 mesi (comma 8). E che superato tale periodo, al lavoratore che ne faccia richiesta può essere concesso, per casi particolarmente gravi, di assentarsi per un ulteriore periodo di 18 mesi, senza diritto ad alcun trattamento retributivo (comma 2). 
Precisa poi che “l'assenza per malattia ovvero la sua eventuale prosecuzione deve essere comunicata alla struttura di appartenenza tempestivamente e comunque all'inizio del turno di lavoro del giorno in cui si verifica, salvo comprovato impedimento. Il dipendente, salvo comprovato impedimento, è tenuto a recapitare o spedire a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento il certificato medico attestante lo stato di infermità comportante l'incapacità lavorativa e con l'indicazione della sola prognosi, entro i cinque giorni successivi all'inizio della malattia o alla eventuale prosecuzione della stessa” (comma 9). 
Il comma 14 dello stesso articolo prevede inoltre, per il caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidati, l'esclusione dal computo dei giorni di assenza per malattia di cui al comma 1, oltre che del giorno di ricovero ospedaliero o di day hospital, “anche quelli di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie” per i quali spetta l'intera retribuzione. 
La necessità di tale esclusione è stata sottolineata dalla Corte Costituzionale nella recente pronuncia n. 28/2021, intervenuta nel corso del giudizio e resa con riferimento all'impiego pubblico non contrattualizzato. Con essa, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 68, comma 3, d.P.R. n. 3/1957 nella parte in cui “per il caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, non esclude dal computo dei consentiti diciotto mesi di assenza per malattia i giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie”, la Corte ha evidenziato il ritardo storico del Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 10/10/2023 legislatore rispetto alla contrattazione collettiva e in particolare proprio al “c.c.n.l. del comparto ### …”, che, con la sua naturale dinamicità “è stata in grado di tener conto del progressivo sviluppo dei protocolli di cura per le gravi patologie, e in particolare delle cosiddette terapie salvavita con i loro pesanti effetti invalidanti (…) Né può affermarsi - come prospettato dalla difesa dello Stato - che i princìpi di cui agli artt. 9 e 33 Cost., trattandosi, nel caso di specie, di personale docente universitario, impedirebbero una così prolungata assenza dal servizio. È vero, infatti, che i valori protetti da questi articoli sono meritevoli della massima considerazione, ma non possono costituire un ostacolo alla stabilità del rapporto di lavoro”. 
La giurisprudenza di legittimità, con orientamento ormai consolidato, ha inoltre precisato che se è vero che la nozione di handicap/disabilità non è coincidente con lo stato di malattia, oggetto della regolazione contrattuale collettiva applicata al rapporto ai fini del computo del periodo di comporto rilevante ai sensi dell'art. 2110 c.c., ciò non significa che essa sia contrapposta a tale stato, che può esserne tanto causa quanto effetto, e le cui interazioni devono essere tenute in considerazione nella gestione del rapporto di lavoro. In questo senso, l'applicazione al lavoratore disabile dell'ordinario periodo di malattia rappresenta - anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'### (v. ex multis sentenza del 18 gennaio 2018, causa C- 270/16) - una forma di discriminazione indiretta, atteso che egli, rispetto al lavoratore non disabile, “è esposto al rischio ulteriore di assenze dovute a una malattia collegata alla sua disabilità, e quindi soggetto a un maggiore rischio di accumulare giorni di assenza per malattia e di raggiungere i limiti massimi di cui alla normativa pertinente” (cfr. da ultimo Cass. n. 9095/2023). 
Ciò posto, nel caso di specie dalla documentazione in atti risulta che già con certificato rilasciato dall'### di ### in data 23 aprile 2015 - pacificamente trasmesso alla datrice di lavoro - era stato accertato che la ricorrente, seguita dall'A.S.P. a far data dal 16 aprile 2014, si fosse sottoposta a “cheratoplastica perforante terapeutica” all'occhio sinistro a causa di “infezione d'Azantamoeba”, grave patologia richiedente “terapie parzialmente invalidanti e ulteriori interventi chirurgici”. 
Il necessario ricorso a tali terapie è stato confermato dai successivi certificati medici rilasciati dalla stessa ### e regolarmente trasmessi all'### a far data dal 7 febbraio 2015. 
Con i verbali ### del 25 luglio 2017 e del 31 luglio 2018, inoltre, la ### è stata riconosciuta invalida civile con riduzione permanente della capacità lavorativa in misura pari all'80% a decorrere dal 31 luglio 2018, nonché ipovedente medio grave ai sensi dell'art. 5 l. n Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 10/10/2023 138/2001 (“1. Ai fini della presente legge, si definiscono ipovedenti medio-gravi: a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione; b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 50 per cento”). 
Ne deriva che le assenze per malattia cumulate dalla ricorrente non sono computabili quali giorni di malattia ai fini del calcolo del periodo di comporto, in quanto tutte connesse alla grave patologia invalidante e documentate da certificazione medica tempestivamente - e pacificamente - trasmessa alla datrice di lavoro in formato cartaceo. 
Dagli atti emerge, invece, che l'### a decorrere dal 1 maggio 2019 ha proceduto ad operare nei confronti della ### la riduzione stipendiale del 10% fino al 19 agosto 2019 (per un totale di n. 90 giorni di malattia retribuita al 90%) e del 50% fino al 14 febbraio 2020 (per complessivi n. 180 giorni), fino alla totale privazione della retribuzione per ulteriori n. 255 giorni al 31 ottobre 2020 (cfr. elenco assenze prot. n. ### del 22 ottobre 2020 allegato alla memoria della resistente). 
Con le note depositate per l'udienza del 16 marzo 2021 la ricorrente ha dedotto che a seguito della notifica del provvedimento emesso in via cautelare, l'### ha provveduto alla corresponsione della retribuzione a far data dal mese di dicembre 2020 (cfr. cedolini per i mesi di dicembre 2020, gennaio e febbraio 2021), ma non gli arretrati maturati. 
La convenuta va dunque definitivamente condannata a pagare in favore di ### l'intera retribuzione mensile lorda dovuta e non versata per il periodo 14 febbraio - 30 novembre 2020, nonché la differenza sugli emolumenti parzialmente corrisposti a decorrere dal 1 maggio 2019 fino al 14 febbraio 2020, in applicazione dell'art. 35, comma 14, c.c.n.l. di comparto, il tutto oltre interessi legali dal dovuto al soddisfo, senza cumulo con la rivalutazione monetaria in applicazione dell'art. 22, comma 36, legge n. 724/1994.  3.- Ne consegue altresì l'obbligo per l'### di predisporre i ragionevoli accomodamenti atti a consentire alla lavoratrice la ripresa, in sicurezza, dell'attività lavorativa.  ###. 5 della Direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro dispone, infatti, che “per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 10/10/2023 possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l'onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili”.   Il d.lgs. n. 216/2003, nel dare attuazione alla citata direttiva, ha stabilito, tra l'altro, all'art. 3 che il principio di parità di trattamento senza distinzione di religione, convinzioni personali, handicap, età, nazionalità e orientamento sessuale “si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato ed è suscettibile di tutela giurisdizionale” con specifico riferimento anche all'area “occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento, la salute e la sicurezza, il reintegro professionale e il ricollocamento” In seguito alla condanna dell'### da parte della Corte di Giustizia dell'### per l'inadempimento alla citata direttiva (sentenza 4 luglio 2013, C-312/2011, ###, il d.l. n. 76/2013, conv. con modif. dalla l. n. 99/2013, ha poi inserito nel corpo del menzionato art. 3 d.lgs. n. 216/2003, il comma 3 bis, in applicazione del quale “Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla ### delle ### sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della L. 3 marzo 2009, n. 18, nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori. I datori di lavoro pubblici devono provvedere all'attuazione del presente comma senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente”. 
E nella specie, nella visita del 25 luglio 2017 la ### per l'accertamento dell'handicap del ### di ### ha già riconosciuto la ### soggetto portare di handicap in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, della legge n. 104/1992 (sicchè non è necessaria alcuna ulteriore indagine al riguardo) e l'U.O. di Oftalmologia dell'A.S.P.  di ### ha dichiarato nell'aprile 2015 che la stessa, per la ripresa in sicurezza della prestazione lavorativa, necessita di “ambiente lavorativo privo di ostacoli e di polveri per il pericolo d'infezioni e con luce soffusa per la spiccata fotofobia. ### del Vdt è limitato a brevissimi periodi di tempo e con pause frequenti” (cfr. all. n. 4 al ricorso). 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 10/10/2023
Mentre la convenuta si è limitata a evidenziare in memoria, quanto alla richiesta di ragionevoli accomodamenti formulata dall'istante, di non aver mai manifestato una volontà in senso contrario, ma di attendere eventuali comunicazioni da parte della dipendente in ordine al suo eventuale rientro in servizio; ha aggiunto di aver richiesto nell'agosto 2020 la visita medica collegiale per la stessa, ai sensi dell'art. 3, comma 3, lett. a) del d.P.R. n. 171/2011, ma non ha prodotto poi il relativo verbale né ha comunicato il suo esito.  4.- Non può, invece, trovare accoglimento la domanda inerente al risarcimento del danno non patrimoniale “per la sofferenza psico-fisica e alla dignità della persona” subito dalla ### poiché genericamente formulata in ricorso e priva di qualunque riscontro probatorio, trattandosi invece di danno conseguenza, non rinvenibile in re ipsa nell'illegittimo comportamento della P.A.  (v. Cass. S.U. n. 26972/2008).  5.- La controvertibilità della questione e il parziale accoglimento della pretesa giustificano la compensazione per 1/3 delle spese di entrambe le fasi del giudizio, che per la restante parte seguono la soccombenza e ai sensi del D.M. n. 55/2014 e s.m.i. si liquidano, tenuto conto del valore e dell'attività svolta, in (1.076 cautelare + 4.918 merito =) 5.994 euro, con distrazione ex art. 93 c.p.c..  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore istanza disattesa, condanna l'### degli ### di ### 1) a predisporre i ragionevoli accomodamenti atti a consentire a ### affetta da handicap grave, la ripresa in sicurezza dell'attività lavorativa; 2) a corrisponderle l'intera retribuzione mensile lorda dovuta e non versata per il periodo 14 febbraio - 30 novembre 2020, nonché la differenza dovuta sugli emolumenti parzialmente corrisposti a decorrere dal 1 maggio 2019 fino al 14 febbraio 2020, il tutto con gli interessi dal dovuto al soddisfo; 3) a rimborsarle due terzi delle spese del giudizio, liquidati in complessivi 5.994 euro, oltre spese generali, iva e cpa, che distrae in favore dei procuratori antistatari in epigrafe indicati; compensa il resto.  ### 4.10.2023 Il Giudice del lavoro ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 10/10/2023 ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 10/10/2023

causa n. 3704/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Totaro Valeria

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Tribunale di Ivrea, Sentenza n. 183/2021 del 15-06-2021

... di tutti i giorni di assenza legati all'accertata disabilità possa rientrare tra quegli accomodamenti ragionevoli che il datore di lavoro è tenuto ad adottare, attesi i costi finanziari e organizzativi che il datore di lavoro sarebbe tenuto a sopportare. In ordine a quest'ultimo rilievo, il giudice osserva che il giudizio sulla ragionevolezza o meno dell'accomodamento deve essere svolto con riferimento al caso specifico; Ro.mec, dunque, avrebbe dovuto allegare e provare che la neutralizzazione di tutti i giorni di assenza riconnessi alla disabilità del signor ### si tradurrebbe in un costo organizzativo o economico sproporzionato per Ro.mec atteso che la ricorrenza degli episodi morbili è tale da privare - di fatto - a tempo indeterminato il datore di lavoro della prestazione lavorativa del suo dipendente. Ciò, però, non è stato fatto; la società, infatti, ha limitato il suo discorso - che questo giudice ritiene meritevole di grande attenzione - ad un piano meramente astratto e ipotetico. Conseguentemente anche tale argomentazione deve essere giudicata infondata. In ragione di quanto sopra esposto, il ricorso in opposizione deve essere rigettato e deve essere conferma la decisione (leggi tutto)...

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Tribunale di ### civile - lavoro RGL n. 63/2021 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI IVREA SEZIONE CIVILE - ### in persona del Giudice dott.ssa ### D'### ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 1 comma 57 L. 28/6/2012 n. 92 nella causa iscritta al n. 63/2021 RGL, promossa da: #### c.f. ###, ass. avv. ### PARTE RICORRENTE contro ### c.f. ###, ass. avv.ti ### e #### Oggetto: ###. 92/2012 cd. ### di discussione del 4 giugno 2021 ### parte ricorrente: come in ricorso Per parte convenuta: come in memoria MOTIVI DELLA DECISIONE 1. ###mec s.r.l. proponeva la presente opposizione avverso l'ordinanza resa dal Tribunale di Ivrea in data 20 gennaio 2021 con la quale il Tribunale dichiarava discriminatorio il licenziamento irrogato in data 2 ottobre 2021 al signor ### condannando la società alla reintegra del lavoratore e al pagamento delle indennità di legge.  2. Il signor ### veniva assunto dall'odierna ricorrente in data 1 settembre 1999 con contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, mansioni di operaio e inquadramento
Tribunale di ### civile - lavoro RGL n. 63/2021 nel III livello ### di settore. Nel corso della sua carriera lavorativa questi cambiava diversi reparti e, secondo le allegazioni del lavoratore, veniva adibito a mansioni particolarmente usuranti le quali determinavano l'insorgenza di forti dolori alla schiena e all'anca a partire dall'anno 2017. 
I successivi accertamenti medici diagnosticavano una lombalgia, una dorsalgia e un adenoma alla prostata. In ragione delle patologie sofferte, l'### riconosceva in capo al lavoratore un'invalidità del 70%. Successivamente l'### accertava la natura di tecnopatia della “rachialgia e impaccio funzionale in discopatia lombare in soggetto portatore di plurimi angiomi vertebrali” sofferta e quantificava il danno biologico conseguente nella misura del 7%. Da ultimo il medico aziendale, constatata la complessiva situazione clinica, disponeva che il signor ### fosse adibito a lavori leggeri. 
Negli ultimi anni, le precarie condizioni di salute sopra descritte costringevano il lavoratore ad assentarsi ripetutamente; infine, in data 2 ottobre 2019, Ro.mec comunicava la propria volontà di recedere la rapporto di lavoro per superamento del periodo di comporto.  3. Il lavoratore impugnava, dunque, il licenziamento ritenendolo illegittimo per una serie di motivi. 
In primo luogo lamentava la natura discriminatoria dello stesso in ragione del fatto che gran parte delle assenze erano riconducibili a patologie strettamente connesse all'accertata invalidità. Inoltre, rilevava come la società lo avesse sempre adibito a lavorazioni pesanti e incompatibili con il suo stato di salute, nonostante le prescrizioni del medico aziendale, con la conseguenza che i giorni di malattia maturati non erano comunque utili ai fini della maturazione del comporto. Lamentava, poi, la nullità del licenziamento in ragione della mancata attivazione della procedura di conciliazione prevista obbligatoriamente dall'art. 7 L 604/1966. In ogni caso deduceva il mancato superamento del comporto poiché, nel caso di specie, avrebbe trovato applicazione il comporto prolungato di cui all'art. 2, titolo VI, ### Infine, lamentava l'illegittimità del recesso datoriale per la violazione del principio di buona fede atteso che il datore di lavoro non si era fatto carico di avvertire il lavoratore della prossima scadenza del periodo di comporto.  4. Ro.mec. si costituiva tempestivamente in giudizio difendendo la piena legittimità e correttezza del proprio operato. Da un lato, infatti, deduceva di aver sempre adibito il ricorrente a mansioni confacenti al suo stato di salute, e nel pieno rispetto delle limitazioni imposte dal medico aziendale all'esito della visita del 17.1.2018; dall'altro sosteneva la natura extralavorativa delle patologie sofferte con la conseguenza che tutte le assenze fatte erano rilevanti ai fini del comporto. Negava, poi, la natura discriminatoria del licenziamento atteso che il datore di lavoro era all'oscuro delle patologie sofferte. Infine, negava di avere qualsiasi obbligo di avvertire il lavoratore della prossima scadenza del comporto osservando come, in ogni caso, la società vi avesse provveduto.  5. Il Tribunale di Ivrea, con ordinanza del 20 gennaio 2021, accoglieva il ricorso del lavoratore. 
Il ragionamento del primo giudice, prendeva abbrivio dalla nozione di disabilità mutuata dall'ordinamento comunitario per concludere che l'invalidità che affliggeva il ricorrente si traduceva, senza ombra di dubbio, in una limitazione fisica a carattere duraturo che ne ostacolava la piena ed effettiva partecipazione alla vita professionale in condizioni di parità con gli altri
Tribunale di ### civile - lavoro RGL n. 63/2021 lavoratori; conseguentemente, il ricorrente doveva essere qualificato persona con disabilità ex art. 1 ss. d.lgs. 21/2003. 
Dato tale presupposto, il giudice richiamava quell'orientamento giurisprudenziale che qualifica discriminazione indiretta l'applicazione del medesimo periodo di comporto tanto ai lavoratori normodotati quanto a quelli disabili atteso che, questi ultimi, sono maggiormente esposti al rischio di contrarre patologie causalmente collegate con la loro disabilità; una disposizione apparentemente neutra, dunque, nella sua concreta applicazione pone i lavorati disabili in una condizione di particolare svantaggio rispetto ai colleghi non affetti da alcuna menomazione. 
Applicati tali principi al caso di specie, il giudice concludeva per la natura discriminatoria del licenziamento atteso che era provato che l'assenza dall'11 al 14 gennaio 2018 era stata determinata dall'adenoma alla prostata con la conseguenza che tale periodo non poteva essere considerato ai fini del superamento del comporto, in quanto l'assenza era eziologicamente connessa all'accertata disabilità. Ora, considerato che il signor ### era stato licenziato per aver accumulato 367 giorni di assenze nell'arco dei tre anni precedenti a fronte dei 365 giorni previsti per il comporto, ne conseguiva che - sottratti i giorni dall'11 al 14 gennaio - il comporto non risultava superato. A ciò il giudice aggiungeva come l'esame dei documenti medici prodotti svelava che gran parte delle assenze fossero conseguenza di lombalgie e dorsalgie, ovvero di patologie strettamente connesse allo stato di invalidità.  6. ### e approfondita motivazione resa a definizione della prima fase, è condivisa da questo giudice che la richiama e fa propria ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c.; pertanto, non si indugia oltre sulle questioni già trattate e decise dal primo giudice e si procede ad esporre i motivi per i quali non si reputano fondate le pur pregevoli e suggestive tesi proposte dalla difesa di Ro.mec. e volte a censurare la correttezza dell'ordinanza in questa sede ###primo luogo Ro.mec nega ogni possibilità di ravvisare in capo a sè una condotta discriminatoria in ragione del fatto che il datore di lavoro non è a conoscenza della diagnosi; pertanto, non conoscendo la natura della patologia, è in radice esclusa la possibilità che il datore di lavoro sia mosso da un intento discriminatorio. 
A tale osservazione si obietta che la nozione di discriminazione accolta dall'ordinamento ha natura oggettiva e prescinde totalmente dall'intento soggettivo del datore di lavoro; non importa, cioè, se il datore abbia agito con l'intento di discriminare il disabile, ma rileva solo il fatto che questi - in ragione della sua disabilità - si sia trovato in una condizione di svantaggio rispetto ai colleghi normodotati. E ciò è quanto è accaduto nel caso di specie; il signor ### è affetto da una disabilità cui si ricollega una maggiore probabilità rispetto al lavoratore sano di incorrere in eventi morbosi quali lombalgie e sciatalgie eziologicamente collegate all'adenoma prostatico. Pertanto, applicare il medesimo periodo di comporto tanto a lui quanto ai colleghi non affetti da alcuna disabilità pone il primo in una posizione deteriore rispetto ai secondi. 
In secondo luogo la difesa della società, sempre basandosi sulla circostanza della non conoscenza da parte del datore di lavoro della diagnosi, argomenta in ordine all'impossibilità di sanzionare il datore di lavoro per una condotta che non poteva essere diversa da quella assunta; Ro.mec, infatti,
Tribunale di ### civile - lavoro RGL n. 63/2021 non essendo a conoscenza della patologia cui era riconnessa l'assenza, si trovava nell'impossibilità di fare qualsiasi differenziazione tra le diverse giornate di assenza accumulate. 
Anche detta tesi, sebbene suggestiva, non può essere accolta. Il diritto antidiscriminatorio, infatti, non agisce in ottica sanzionatoria, bensì protettiva. La norma in tema di licenziamento discriminatorio, infatti, non vuole punire il datore di lavoro, ma vuole proteggere il lavoratore affetto da disabilità evitando che un dato effetto si produca. Di qui la natura oggettiva della nozione di discriminazione sopra ricordata. In tale ottica diventa del tutto ininfluente ai fini del giudizio in ordine alla legittimità del licenziamento l'elemento soggettivo del datore di lavoro.  ### parte anche il divieto di licenziare la donna durante il periodo di gravidanza opera oggettivamente e il licenziamento irrogato in tale arco temporale è nullo a prescindere dall'effettiva conoscenza della maternità da parte del datore di lavoro. 
Nemmeno poi può dirsi che, in analogia a quanto previsto per il casi di ### deve configurarsi un onere del lavoratore di comunicare quando l'assenza è connessa allo stato di disabilità, pena l'impossibilità di escludere tali assenze dal comporto. Così argomentando, infatti, si riduce in via interpretativa l'ambito di tutele riconosciute dall'ordinamento al lavoratore disabile. 
Analogamente non può dirsi che la presenza di plurime disposizioni in tema di comporto, con periodi diversificati in ragione della gravità della patologia, esclude in radice la possibilità di configurare una discriminazione ai danni del disabile. Sul punto è sufficiente osservare che il signor ### non si è potuto giovare di alcuna di tali disposizioni; al più, pertanto, le stesse potrebbero assumere rilievo in una controversia in cui il lavoratore abbia goduto di tale diverso trattamento. 
Inoltre, non possono essere considerati ai fini che qui rilevano i permessi per cure e i permessi ex L 104/1992. Il diritto ad usufruire di tali permessi, infatti, è legato a determinati presupposti, quali la necessità di usufruire di cure ovvero di ridurre il tempo di permanenza sul luogo di lavoro, che non incidono e non compensano il maggiore rischio di ammalarsi. 
Da ultimo la società, in sede di discussione, ha negato che l'espunzione dal periodo di comporto di tutti i giorni di assenza legati all'accertata disabilità possa rientrare tra quegli accomodamenti ragionevoli che il datore di lavoro è tenuto ad adottare, attesi i costi finanziari e organizzativi che il datore di lavoro sarebbe tenuto a sopportare. In ordine a quest'ultimo rilievo, il giudice osserva che il giudizio sulla ragionevolezza o meno dell'accomodamento deve essere svolto con riferimento al caso specifico; Ro.mec, dunque, avrebbe dovuto allegare e provare che la neutralizzazione di tutti i giorni di assenza riconnessi alla disabilità del signor ### si tradurrebbe in un costo organizzativo o economico sproporzionato per Ro.mec atteso che la ricorrenza degli episodi morbili è tale da privare - di fatto - a tempo indeterminato il datore di lavoro della prestazione lavorativa del suo dipendente. Ciò, però, non è stato fatto; la società, infatti, ha limitato il suo discorso - che questo giudice ritiene meritevole di grande attenzione - ad un piano meramente astratto e ipotetico. 
Conseguentemente anche tale argomentazione deve essere giudicata infondata. 
In ragione di quanto sopra esposto, il ricorso in opposizione deve essere rigettato e deve essere conferma la decisione resa a definizione della prima fase in punto nullità del licenziamento. Tutte le altre questioni rimangono assorbite.
Tribunale di ### civile - lavoro RGL n. 63/2021 8. La complessità della questione giuridica trattata, la presenza di diversi orientamenti e l'oggettiva difficoltà del datore di lavoro nell'assumere determinazioni corrette in ordine all'avvenuta maturazione del periodo di comporto, giustificano la compensazione integrale delle spese di entrambe le fasi del giudizio.  P.Q.M.  Visto l'art. 429 c.p.c., ogni altra domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa: - Conferma l'ordinanza resa dal Tribunale di Ivrea in data 20 gennaio 2021 in punto legittimità del licenziamento e per l'effetto - dichiara nullo il licenziamento intimato al sig. ### con lettera del 2.10.2019 in quanto discriminatorio; - ordina a ### s.r.l. di reintegrare il sig. ### nel posto di lavoro; - condannala ### s.r.l. al risarcimento del danno subito dal sig. ### per il licenziamento nullo, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto (pari ad €2.471,19lordi mensili) maturata dal 2.10.2019 fino al giorno della effettiva reintegrazione, oltre agli interessi al tasso legale sulle singole mensilità via via rivalutate dalle date delle singole scadenze al saldo; - condanna ### s.r.l. al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dovuti con riferimento alla posizione del sig. ### in relazione al periodo compreso tra il ### e la data della effettiva reintegrazione; - compensa integralmente tra le parti le spese di entrambe le fasi del giudizio. 
Così deciso in ### il 15 giugno 2021 Il giudice ### D'

causa n. 63/2021 R.G. - Giudice/firmatari: D'Amelio Magda

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Tribunale di Roma, Sentenza n. 6572/2025 del 06-06-2025

... quest'ultima adottare, anche in fase pre-assuntiva, gli accomodamenti ragionevoli utili a rendere l'assunzione del …… pienamente possibile. Va al riguardo ricordato che la nozione di disabilità rilevante ai fini dell'applicazione delle tutele antidiscriminatorie va desunta dalla ### sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata in ### con legge 3 marzo 2009, n. 181 ed approvata dall'### nell'ambito delle proprie competenze, con “decisione del Consiglio del 26 novembre 2009 relativa alla conclusione, da parte della ### della convenzione delle ### sui diritti delle persone con disabilità” (2010/48/Ce), con l'effetto di vincolare la Corte di ### ad interpretare la legislazione europea, compresa la ### 2000/78, alla luce della #### sui diritti delle persone disabili, riconoscendo nel preambolo, lettera e), che “la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell'interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri” ha fornito la seguente definizione di “disabilità”: “Per persone con (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA I ### Il Giudice dott.ssa ### dopo il deposito delle note di trattazione scritta ex art 127 ter cpc, ha pronunciato, la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n.###/2024 promossa DA ### Con l'avvocato ### RICORRENTE CONTRO ### S.P.A. 
Con l'avvocato ### RESISTENTE Conclusioni : come in atti ### E ### Con ricorso depositato e regolarmente notificato ### premesso che l'### spa ha bandito una “ selezione pubblica, per titoli per la formazione di una graduatoria per assunzione di n 100 apprendisti addetti alle attività di spazzamento con l'ausilio di veicoli raccolta e tutela del territorio; che era in possesso di tutti i requisiti richiesti dal suddetto bando; di essere stata collocata nella posizione n 1000; che quale vincitrice effettuava la visita medica il cui esito era “ idonea con prescrizioni “ non potendo lavorare in altezza né condurre mezzi aziendali; che non veniva assunta per mancanza dei requisiti; che il ricorso allo ### presentato dalla ricorrente modificava il giudizio del medico competente attestando la lavoratrice idonea alla mansione di operatrice ecologica con la limitazione del solo lavoro notturno e l'interdizione da attività lavorative che comportino il rischio di lavoro in altezza ed eliminando la limitazione più grave ovvero il divieto di guida dei mezzi aziendali ; che con nota del 23.2.2024 l'### spa confermava la volontà di non procedere all'assunzione per assenza della piena idoneità lavorativa; che in data ### l'AMA sa ha comunicato la proroga della validità della graduatoria fino al 31.12.2024; che l'operatore ecologico non svolge lavoro in altezza; che , ai sensi della legge 68/99 l'### spa è tenuta ad avere alle proprie dipendenze almeno il 7% della propria forza lavoro; conveniva in giudizio la società resistente per sentir accogliere le seguenti conclusioni “ ### previo se del caso accertamento, in capo alla lavoratrice, dell'idoneità piena -o di una migliore idoneità rispetto a quella espressa dal ### e dallo ### - alle mansioni di apprendista operatrice ecologica di secondo livello a termini del DVR aziendale, ovvero e comunque previa adozione di ogni soluzione organizzativa possibile e comunque degli accomodamenti ragionevoli del caso, 1. accertare il diritto della ricorrente all'assunzione alle dipendenze di ### s.p.a. nella posizione lavorativa di apprendista full time addetta spazzamento e raccolta di livello ### del ### per la durata di trentasei mesi o per la minore durata ritenuta di giustizia con contratto full time a decorrere dal 1°.12.2023 o dalla diversa data di giustizia;2. ritenere costituito il rapporto de quo a decorrere dal 1°.12.2023 o dalla diversa data di giustizia; 3. per l'effetto, condannare ### s.p.a. al pagamento delle retribuzioni e/o al risarcimento del danno da quantificarsi secondo le retribuzioni perse per la posizione di apprendista full time addetto spazzamento e raccolta di livello ### del ### (ivi comprese tredicesima e quattordicesima mensilità) dal 1°.12.2023 fino alla data di assunzione, interinalmente quantificate, al 30.9.2024 in euro 17.423,00 (o con le diverse decorrenze e le diverse misure ritenute di giustizia) e sino ai successivi trentasei mesi ovvero sino alla diversa data ritenuta di giustizia, nonché condannare al pagamento, in via subordinata all'ordine di accantonamento, delle quote di t.f.r. maturato, quantificato sino al mese di settembre 2024 nella misura di euro 1.168,02, oltre alle quote di rivalutazione dei ratei di t.f.r...e salvo gli ulteriori aumenti contrattuali; ### SUBORDINATA: 4. accertare, nei confronti del ricorrente, la violazione degli obblighi di buona fede e correttezza e/o delle obbligazioni contrattuali assunti da ### s.p.a. nello svolgimento delle prove indette dalla stessa società per la procedura di cui in narrativa; 5. condannare ### s.p.a. al risarcimento del danno da quantificarsi secondo le retribuzioni perse per apprendista full time addetto spazzamento e raccolta di livello ### del ### (ivi comprese tredicesima e quattordicesima mensilità) dal 1°.12.2023 e per trentasei mesi o per l'inferiore periodo di giustizia, interinalmente quantificate, a settembre 2024, in euro 17.423,00 (o con le diverse decorrenze ritenute di giustizia), nonché condannare al pagamento, per il medesimo titolo risarcitorio, delle quote di t.f.r. maturato, quantificato sino a settembre 2024 nella misura di euro 1.168,02 oltre alle quote di rivalutazione dei ratei di t.f.r..e salvo gli ulteriori aumenti contrattuali; ### 6.  condannare ### s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento di rivalutazione ed interessi sulle somme accertate come dovute; 7. con vittoria di spese, competenze ed onorari di lite, con le dovute maggiorazioni in relazione alla predisposizione del presente atto con link ai documenti allegati, da distrarsi in favore dei sottoscritti procuratori antistatari.Con riserva di agire per altri profili risarcitori. Previe argomentazioni in diritto sulla condizione medico sanitaria della ricorrente sulla limitazione dell'esclusione dal lavoro notturno sul carattere discriminatorio e sul diritto all'assunzione concludeva come sopra . 
Si costituiva in giudizio la società resistente contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto . sosteneva in particolare la correttezza del suo operato, ribadendo come la ricorrente era stata giudicata , all'esito della visita medica “ idoena con prescrizioni “ e che pertanto tale selezione aveva, invece, interesse a scegliere coloro che fossero pienamente idonei e quindi in grado di svolgere ogni possibile mansione specifica ricompresa tra quelle proprie dell'operatore ecologico qualificato; che la ricorrente non aveva alcun diritto all'assunzione. Previe argomentazioni in diritto sull'interpretazione del bando; sulla natura della società resistente nonché sull'assenza di qualsiasi condotta discriminatoria concludeva chiedendo il rigetto del ricorso con condanna alle spese di lite.   La causa istruita documentalmente, dopo il deposito delle note di trattazione ex art 127 ter cpc, veniva decisa con sentenza . 
Il ricorso è fondato e va pertanto accolto per quanto di ragione.
E' pacifco, oltre che documentato che l'### spa ha bandito una “ selezione pubblica, per titoli per la formazione di una graduatoria per assunzioni di n 100 apprendisti addetti alle attività di spazzamento con l'ausilio di veicoli, raccolta e tutela del territorio” . 
Del pari non è in discussione che la ricorrente abbia partecipato a tale bando, collocandosi nella posizione 100 e sia stata poi esclusa e non assunta perché a seguito della visita preassuntiva era stata dichiarata “ idonea con prescrizioni”. Si legge all'uopo nel suddetto giudizio di idoneità “ …. Non adibire ad attività che comportino il rischio : lavoro in altezza, ulteriori limitazioni non adibire a guida mezzi aziendali ( doc 12 fascicolo ricorrente). 
Infine , non è in discussione che il giudizio del medico competente, a seguito del ricorso allo ### proposto dalla ricorrente, sia stato modificato attestando la lavoratrice “ idonea alla mansione di operatrice ecologica con la limitazione del solo lavoro notturno e l'interdizioni da attività lavorative che comportino il rischio del lavoro in altezza . ( doc 13 fascicolo ricorrente) Ebbene, ciò che è controverso nel presente giudizio non è l'individuazione delle prescrizioni che potrebbero legittimare l'esclusione del partecipante al collocamento in graduatoria e alla conseguente assunzione bensì se sia necessario, per essere assunta, avere “ un giudizio di idoneità piena ” ovvero senza alcuna prescrizione o sia sufficiente anche un'idoneità parziale . 
Per tale motivo non è stata ammessa alcuna CTU medica nonostante il diverso esito della visita preassuntiva e di quelle effettuata a seguito del ricorso presentato allo ### . 
Ritiene questo Giudice che la domanda formulata dalla lavoratrice sia fondata per le seguenti argomentazioni. 
Ebbene è documentato che il diniego della sua assunzione, come chiaramente si ricava dalla nota Ama , è costituito dal risultato della visita di idoneità, all'esito della quale il medico competente, valutati tutti i rischi legati alla mansione di operatore ecologico, l'ha ritenuta idonea parzialmente, con prescrizioni/limitazioni temporanee costituite dall'esclusione dal lavoro in altezza e dal lavoro notturno . Si legge , nelle suddetta lettera “ in relazione all'esito della visita medica ……..è stato accertato che Lei è idonea alla mansione di operatore ecologico con le seguenti limitazioni; non adibire ad attività lavorative che comportino il rischio lavoro in altezza; non adibire ad attività in periodo notturno”, e quindi l'assenza della piena idoneità alla mansione specifica, si comunica che non si potrà procedere all'instaurazione del rapporto di lavoro. ( doc 23 fascicolo parte ricorrente ). 
Si tratta di limitazioni e prescrizioni che, pur incidenti sulla piena e incondizionata idoneità della ### consentono ugualmente la assunzione quale operatore ecologico. Sul punto ,questo Giudice ritiene di aderire alle motivazioni, che, di seguito, si riportano , ex art 118 disp att cpc, assunte da codesto Tribunale aditogiudice M. Pagliariniintervenuto in una controversia identica alla presente laddove ha stabilito che “ In primo luogo, il giudizio medico sulla persona del….reca la valutazione di idoneità, sia pure con prescrizioni/limitazioni, e non di inidoneità. 
In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto da Ama era obbligo di quest'ultima adottare, anche in fase pre-assuntiva, gli accomodamenti ragionevoli utili a rendere l'assunzione del …… pienamente possibile. 
Va al riguardo ricordato che la nozione di disabilità rilevante ai fini dell'applicazione delle tutele antidiscriminatorie va desunta dalla ### sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata in ### con legge 3 marzo 2009, n. 181 ed approvata dall'### nell'ambito delle proprie competenze, con “decisione del Consiglio del 26 novembre 2009 relativa alla conclusione, da parte della ### della convenzione delle ### sui diritti delle persone con disabilità” (2010/48/Ce), con l'effetto di vincolare la Corte di ### ad interpretare la legislazione europea, compresa la ### 2000/78, alla luce della #### sui diritti delle persone disabili, riconoscendo nel preambolo, lettera e), che “la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell'interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri” ha fornito la seguente definizione di “disabilità”: “Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri”.  ### la ### integra, inoltre discriminazione fondata sulla disabilità: “qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l'effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole”. 
La Corte di ### anche recentemente, con sentenza del 18.1.2024, nella causa C- 631/22, richiamando altre proprie decisioni, ha ribadito il principio per cui la ### 2000/78 deve essere interpretata in conformità con l'art. 2 della ### Altre fonti primarie della tutela delle persone con disabilità si rinvengono nelle disposizioni della ### dei diritti fondamentali dell'### che include il motivo della disabilità nell'ambito dell'art. 21 (che sancisce il divieto generale di discriminazione) e contiene anche una disposizione specifica (art. 26) che riconosce il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità. 
La tutela contro la discriminazione sulla disabilità si fonda, inoltre, sulla ### 2000/78 del 27 novembre 2000, per la parità di trattamento in materia di condizioni di lavoro, attuata nell'ordinamento nazionale con il D.lgs. 216/2003. 
Quest'ultimo, all'art. 3, comma 3-bis, stabilisce che “Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla ### delle ### sui diritti delle persone con disabilità … nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori. I datori di lavoro pubblici devono provvedere all'attuazione del presente comma senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente”.  ### dell'accomodamento ragionevole non può essere limitata solo al rapporto di lavoro in essere, ma si deve estendere anche alla fase pre-assuntiva, come chiaramente si ricava dalla citata ### (art. 3, comma 1, lett. a), replicata dallo stesso d.lgs. n. 216/2003 (art. 3, comma 1, lett. a) e come pienamente confermato dalla nostra giurisprudenza di legittimità (Cass. 9.3.2021, n. 6497, secondo la quale “l'adozione di tali misure organizzative è prevista in ogni fase del rapporto di lavoro, da quella genetica sino a quella della sua risoluzione, non essendo specificamente destinate a prevenire un licenziamento”, e da ultimo Cass. 26.2.2024, n. 5048).
Detto ciò, va poi ricordato che l'accomodamento ragionevole è quell'adeguamento, anche organizzativo, che il datore di lavoro deve porre in essere al fine di garantire il principio della parità di trattamento dei disabili - anche come detto in fase di accesso al lavoro e non solo a rapporto di lavoro in corso - e che si caratterizzano per la loro “appropriatezza”, ovvero per la loro idoneità a consentire alla persona svantaggiata di svolgere l'attività lavorativa e che impongano al datore di lavoro un sacrificio che non ecceda i limiti della tollerabilità, secondo la comune valutazione sociale (così, la già citata Cass. n. 6497/2021). 
Sulla base di detti principi, nel caso di specie deve essere sottolineato che il ricorrente giovane poco più che ventenne (riconosciuto affetto da invalidità per disabilità intellettiva lieve, in passato trattato per episodi di crisi epilettiche) ha il diritto di essere assunto poiché le limitazioni alla sua idoneità alle mansioni richieste, come accertate in sede di visita pre-assuntiva, comportano per Ama un sacrificio del tutto appropriato e ragionevole.  ### dal lavoro in altezza non incide sulle mansioni di operatore ecologico (come riportate nel bando) mentre l'esclusione dal lavoro notturno comporta per ### tenuto conto anche delle sue dimensioni e della sua consistenza numerica, un sacrificio appropriato e ragionevole, senza particolari difficoltà o disagi organizzativi, né senza una significativa e apprezzabile incidenza sulla posizione di terzi. 
Nel caso di specie, dunque, alla luce dei principi sopra menzionati da codesto Tribunale intervenuto in una controversia identica, si deve sottolineare come la ricorrente, giovane con età inferiore ai trent'anni , paziente che, indubbiamente, in passato ha avuto episodi di crisi epilettiche, ma che dal 2016 non ne ha più subiti come documentato e non contestato, e che in data ### ha, persino, ottenuto il rinnovo della patente di giuda dalla ### medica ### 3, non le si può non riconoscere il diritto all'assunzione poiché, giova ribadire, le limitazioni alla sua idoneità alle mansioni richieste, sono tali da comportare, per Ama un sacrificio del tutto appropriato e ragionevole. 
In base a ciò va pertanto dichiarato il diritto di ### ad essere assunta alle dipendenze della società convenuta, con contratto di apprendistato professionalizzante finalizzato a ottenere la qualifica di operaio addetto spazzamento e raccolta con l'ausilio di veicoli, con inquadramento contrattuale corrispondente al livello ### del vigente ### dei ### (### e sede ###### e con decorrenza dalla data del 23.10.2023 di pubblicazione e aggiornamento della graduatoria. 
Consegue, inoltre, la condanna di Ama al risarcimento del danno cagionato al ricorrente dal proprio comportamento illegittimo, da liquidarsi nella misura delle retribuzioni mensili previste dal ### di riferimento e non percepite dalla data di maturazione del diritto all' assunzione - e dunque dalla data del 23.10.2023 di pubblicazione della graduatoria - e fino alla effettiva assunzione, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalla maturazione al saldo. 
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo e distratte ex art. 93 c.p.c., seguono la soccombenza e vanno pertanto poste a carico della società convenuta. 
Nella liquidazione delle spese si è tenuto conto della tabella n. 3 (cause di lavoro) allegata al DM.  147/2022, del valore della controversia (indeterminabile e quindi scaglione di riferimento da € 26.000,01 a € 52.000,00), tenuto conto delle sole fasi 1, 2 e 4 (studio, introduttiva e decisionale) e con la riduzione del 50% del valore di queste tre fasi, vista la non particolare complessità e difficoltà della questione esaminata.  P.Q.M. dichiara che ### , in relazione all'avviso di selezione pubblica del 2.10.2023, ha diritto di essere assunta alle dipendenze di ### S.p.A., con contratto di apprendistato professionalizzante finalizzato a ottenere la qualifica di operaio addetto spazzamento e raccolta con l'ausilio di veicoli, con inquadramento contrattuale corrispondente al livello ### del vigente ### dei ### (###, sede ###### e decorrenza dalla data del 23.10.2023; condanna altresì ### S.p.A. al risarcimento del danno, in favore della ricorrente, nella misura delle retribuzioni mensili non percepite previste dal ### di riferimento per la predetta qualifica e per il suddetto inquadramento, dalla data del 23.10.2023 e fino alla effettiva assunzione, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalla maturazione al soddisfo; condanna la società convenuta a rimborsare in favore dei procuratori antistatari di parte ricorrente i compensi legali che si liquidano in € 3.500,00, oltre spese generali nella misura del 15%, Iva e #### 6.6.2025 Il giudice

causa n. 36759/2024 R.G. - Giudice/firmatari: La Marra Anna Maria Antonietta

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Corte d'Appello di L'Aquila, Sentenza n. 153/2025 del 24-04-2025

... assegnato il disabile (per ragioni diverse dalla sua disabilità) e sorga, quindi, la questione del se possa comunque essere riutilizzato in azienda in mansioni compatibili con il suo stato di salute. (…) ai sensi dell'art. 10, comma 3, l. n. 68 del 1999, compete infatti alla commissione medica integrata, eventualmente adita dal datore di lavoro, come la disposizione ammette, verificare se, nonostante la minorazione, il disabile assunto obbligatoriamente possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda; solo laddove l'organo tecnico in posizione di terzietà accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro nel più ampio spettro dei cd. “accomodamenti ragionevoli” (per tutte, v. Cass. n. 6497 del 2021), il rapporto di lavoro può essere risolto; di certo, il datore di lavoro non può procedere al licenziamento sulla scorta di una unilaterale valutazione circa l'incompatibilità della condizione fisica della persona con disabilità con l'espletamento di altre mansioni, senza attivare la procedura prescritta dalla disposizione da ultimo citata come accaduto nella specie (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'###'#### di Lavoro La Corte d'Appello riunita in camera di consiglio e composta dai seguenti magistrati: - ### - ### - ### relatrice ###udienza del 24.4.2025 ha pronunciato la seguente ### causa di secondo grado iscritta al n. 394 dell'anno 2024 e vertente TRA ### rappresentato e difeso dall'Avv. ### giusta procura in atti; RICORRENTE IN RIASSUNZIONE E ### rappresentata e difesa dall'Avv. ### giusta procura in atti; RESISTENTE IN RIASSUNZIONE MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso depositato il ### il sig. ### ha riassunto il giudizio a seguito dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 18094/2024 che ha cassato con rinvio la sentenza n. 87/2021 emessa da questa Corte, in diversa composizione, il ###. 
La sentenza cassata, nell'ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato il 27 novembre 2018 da ### S.r.l. nei confronti di ### disabile assunto obbligatoriamente in quanto iscritto negli elenchi di cui alla legge n. 68/99, per giustificato motivo oggettivo rappresentato dalla “esternalizzazione del servizio di manutenzione”. 
Il giudice di primo grado e la Corte di Appello avevano ritenuto legittimo il licenziamento ritenendo che la soppressione del posto fosse stata effettiva, e che l'obbligo di repechage non potesse essere assolto poiché il lavoratore, originariamente assunto con mansioni di operaio addetto alla riparazione dei mezzi meccanici di trasporto rifiuti, a causa delle sue limitazioni fisiche, non poteva essere adibito ad altre mansioni per le quali era in possesso di abilitazione, quale la raccolta porta a porta dei rifiuti, e non vi erano altri posti di lavoro disponibili per mansioni equivalenti o inferiori, compatibili con la professionalità e le abilitazioni del lavoratore. 
La Cassazione cassa la sentenza con rinvio per omessa valutazione del motivo di reclamo concernente la “omessa applicazione dell'art. 10, comma 3, l. n. 68/1999” (la Corte ha motivato sono in relazione al comma 4, escludendo la violazione delle quote di riserva), enunciando il seguente principio di diritto: "Il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro della persona con disabilità assunta obbligatoriamente, nel caso di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, solo nel caso in cui la speciale commissione integrata di cui all'art. 10, comma 3, l. 12 marzo 1999, 68, accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro; tra le significative variazioni dell'organizzazione del lavoro rientra anche l'ipotesi in cui il datore di lavoro sopprima il posto cui è assegnato il disabile e occorra verificare se questi possa essere riutilizzato in azienda in altre mansioni compatibili con il suo stato di salute”. 
La Cassazione in particolare ha affermato che l'art. 10 opera anche “nel caso […] di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro” - nel senso che dette modalità operino pure nelle ipotesi in cui il datore di lavoro sopprima il posto cui è assegnato il disabile (per ragioni diverse dalla sua disabilità) e sorga, quindi, la questione del se possa comunque essere riutilizzato in azienda in mansioni compatibili con il suo stato di salute. (…) ai sensi dell'art. 10, comma 3, l. n. 68 del 1999, compete infatti alla commissione medica integrata, eventualmente adita dal datore di lavoro, come la disposizione ammette, verificare se, nonostante la minorazione, il disabile assunto obbligatoriamente possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda; solo laddove l'organo tecnico in posizione di terzietà accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro nel più ampio spettro dei cd.  “accomodamenti ragionevoli” (per tutte, v. Cass. n. 6497 del 2021), il rapporto di lavoro può essere risolto; di certo, il datore di lavoro non può procedere al licenziamento sulla scorta di una unilaterale valutazione circa l'incompatibilità della condizione fisica della persona con disabilità con l'espletamento di altre mansioni, senza attivare la procedura prescritta dalla disposizione da ultimo citata come accaduto nella specie laddove si è ritenuto che il ### non potesse essere adibito a compiti di raccolta dei rifiuti “porta a porta” Il sig. ### ha riassunto il giudizio chiedendo che in applicazione del principio enunciato dalla Cassazione vengano accolte le conclusioni da lui rassegnate nei precedenti gradi di giudizio, con applicazione della tutela reale, ed in subordine quella indennitaria, in conseguenza dell'illegittimo licenziamento.  ### s.r.l., che nel giudizio di Cassazione non aveva formulato difese, si è costituita nella presente fase ed ha dedotto che il principio enunciato dalla Cassazione sarebbe inapplicabile al caso in esame, poiché esso si applicherebbe solo ai lavoratori disabili assunti obbligatoriamente ai sensi della legge n. 68/99, mentre l'assunzione del ricorrente in riassunzione, sebbene operata mediante avvio da parte del ### per l'### non potrebbe qualificarsi come “assunzione obbligatoria” a mente della L. 68/1999.  ### si è costituito limitandosi a chiedere la decisione della causa secondo giustizia, con condanna della parte soccombente anche alle spese nei suoi confronti. 
La domanda del sig. ### alla luce del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione di cui deve farsi applicazione nel presente giudizio di rinvio, deve essere accolta, considerata l'inammissibilità, prima ancora dell'infondatezza, dell'eccezione datoriale formulata in sede di costituzione nel giudizio in riassunzione. Difatti che il sig. ### sia lavoratore disabile occupato obbligatoriamente ai sensi della l. n. 68/99 era stato affermato nella sentenza della Corte d'Appello (che si è pronunciata sul rispetto della quota di riserva), tale affermazione non è stata oggetto di censura in cassazione, dunque su di essa si è formato giudicato. Questa Corte deve quindi limitarsi ad applicare il principio di diritto affermato dalla Cassazione sulla base di questo presupposto. 
Peraltro la stessa ### aveva affermato nei precedenti gradi di giudizio che “il #### è stato assunto a tempo indeterminato in data ###, mediante procedura di avviamento al lavoro ai sensi dell'art. 3 della Legge n. 68/99, per l'espletamento della mansione di operaio specializzato” e l'eccezione circa la non obbligatorietà della sua assunzione non è mai stata formulata prima del presente giudizio in riassunzione. 
Deve parimenti osservarsi che la ### non ha mai allegato - e tantomeno dimostrato - di aver consultato prima del licenziamento la commissione medica integrata, in violazione dell'art. 10, comma 3, l. n. 68 del 1999 per verificare se, nonostante la minorazione, il sig.  ### avrebbe potuto continuare ad essere utilizzato presso l'azienda in posizioni compatibili con la sua menomazione, mediante la predisposizione di accomodamenti ragionevoli.  ### di rinvio si pone peraltro in linea di continuità con quanto già espresso dalla Corte di Cassazione con riferimento alla procedura di cui all' art. 10 comma 3, l. n. 68/1999, con l'ordinanza 28 aprile 2017, n. 10576, che ha anch'essa cassato con rinvio la sentenza della Corte di Appello che non aveva considerato rilevante il mancato espletamento della procedura prevista dalla suddetta norma. 
Anche in quella sede la Suprema Corte aveva evidenziato che la verifica dell'impossibilità di reimpiego del lavoratore disabile - anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro - è “categoricamente riservata alla competenza della apposita commissione, che valuta le condizioni stesse in funzione della maggior tutela riservata ai disabili" (in termini: Cass. n. 15269 del 2012; conf. Cass. n. 8450 del 2014). 
La rigorosa conclusione discende coerente dalla speciale protezione accordata al disabile dalla disciplina interna e sovranazionale, finalizzata a ridurre i margini di apprezzamento discrezionale del datore di lavoro allorquando l'inidoneità alla mansione del lavoratore ponga la questione della eventuale risoluzione del rapporto di lavoro, affidando ad un soggetto qualificato con caratteri di terzietà un peculiare giudizio tecnico.” “Ai sensi dell'art. 10, comma 3, l. n. 68 del 1999, spettava alla commissione medica integrata, eventualmente adita dal datore di lavoro - come la disposizione ammette - accertare le condizioni di salute del disabile assunto obbligatoriamente per verificare se, a causa delle minorazioni o del loro aggravamento, potesse continuare ad essere utilizzato presso l'azienda. 
In caso di accertata incompatibilità il disabile avrebbe avuto diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persisteva. Solo nel caso in cui la commissione integrata avesse accertato la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, il rapporto di lavoro avrebbe potuto essere risolto. 
Tale percorso vincolato dalla legge non può essere surrogato dal giudizio di inidoneità alla mansione espresso dal medico competente nell'ambito della sorveglianza sanitaria esercitata a mente del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81. 
Ciò per la dirimente ragione che la disciplina contenuta nell'art. 10, co. 3, l. n. 68 del 1999, che specificamente regola le modalità di risoluzione del rapporto di lavoro dei disabili assunti obbligatoriamente nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, ha carattere di specialità rispetto alla normativa generale "in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro" prevista dal d. lgs. n. 81 del 2008 per tutti i lavoratori.” ### la Corte di Cassazione “La specialità della disciplina in esame rispetto alle ipotesi di recesso per giustificato motivo regolate dal diritto comune si concreta, in relazione all'interesse del disabile, in un insieme di modalità procedurali, con effetti anche di carattere sostanziale sulla disciplina del rapporto e della sua risoluzione”. 
Conseguentemente il licenziamento del sig. ### disabile assunto obbligatoriamente in quanto iscritto negli elenchi di cui alla legge n. 68/99, in assenza di accertamento da parte della commissione integrata circa la definitiva impossibilità di reinserirlo all'interno dell'azienda attuando accomodamenti ragionevoli, deve ritenersi illegittimo. Difatti, come evidenziato dall'ordinanza di rinvio, la disciplina di cui all'art. 10 c.3 l. 68/99 opera anche nel caso di soppressione del posto del disabile, e non solo nell'ipotesi di aggravamento delle sue condizioni di salute (come sostenuto dall'azienda nei precedenti gradi di giudizio). 
Occorre a questo punto valutare le conseguenze dell'omessa procedura di valutazione mediante la commissione integrata prevista dall'art. 10 c. 3 l. 68/1999 in termini di tutela del lavoratore disabile. 
Dalla citata ordinanza 28 aprile 2017, n. 10576, nonché dall'ordinanza di rinvio della Cassazione nel presente giudizio, emerge chiaramente che l'omissione comporta conseguenze sostanziali - non meramente procedurali - potendosi l'ipotesi accomunare a quella della mancata dimostrazione dell'adempimento dell'obbligo di repechage, eventualmente predisponendo gli accomodamenti ragionevoli. 
Si osserva, preliminarmente, che nel caso in esame il lavoratore non ha mai lamentato la discriminatorietà del licenziamento, potendosi dunque escludere in termini di tutela la rilevanza della mancata predisposizione di accomodamenti ragionevoli ai fini della nullità del licenziamento. 
Il mancato espletamento della procedura tuttavia impone di ritenere inadempiuto l'obbligo di repechage, al quale tale procedura è funzionale, dovendosi dunque ritenere applicabile la tutela prevista dall'art. 18 comma 4 l. 300/1970, che la Suprema Corte, anche successivamente alla sentenza n. 128/2024 della Corte Costituzionale (si veda Cass. 29914/2024), ha ritenuto continui ad operare nel caso di rapporti instaurati prima del 7 marzo 2015, nel caso di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo in cui sia accertata l'insussistenza del fatto, da intendersi comprensivo dell'impossibilità di collocare altrove il lavoratore, in continuità con la giurisprudenza consolidata inaugurata con la sent.  10435/2018. 
Il licenziamento intimato dalla ### s.rl. al sig. ### il ### per giustificato motivo oggettivo deve essere quindi annullato, e la ### s.r.l. condannata a reintegrare il sig. ### nel posto di lavoro.  ### s.r.l. deve inoltre essere condannata al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto nella misura di 12 mensilità, considerato il tempo trascorso dalla data del licenziamento e l'assenza di allegazione e prova da parte della ### s.r.l. dello svolgimento di altra attività lavorativa da parte del sig. ### nei 12 mesi successivi al licenziamento o della reperibilità, nel medesimo arco di tempo, di una nuova occupazione.  ### dell'ultima retribuzione globale di fatto, che il sig. ### ha dedotto essere pari ad € 2.581,24 mensili, deve invece essere quantificata - sulla base della busta paga prodotta (aprile 2018) in euro 2.297,00 (dovendo escludersi l'indennità sostitutiva dei buoni pasto nonché il rateo tfr, e dovendo quindi la retribuzione mensile di 2.120,68 essere moltiplicata per 13 mensilità e divisa poi per 12).  ### s.r.l. deve pure essere condannata al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali maturati dal giorno del licenziamento a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale, in misura pari al differenziale contributivo tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto a quella eventualmente accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative sino alla reintegra. 
Le spese di lite tra il sig. ### e la ### s.r.l. seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo per tutti i gradi di giudizio. Sono invece da compensarsi le spese con l'### nei cui confronti non è stata formulata alcuna domanda, e derivando le conseguenze previdenziali della tutela indennitaria direttamente dalla legge anche in assenza di coinvolgimento dell'istituto nel giudizio.  PQM - Annulla il licenziamento intimato dalla ### s.r.l. al sig. ### il ###; - ### la ### S.r.l. al pagamento in favore del sig. ### di un'indennità risarcitoria pari a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto (pari ad euro 2.297,00 mensili oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma via via rivalutata ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. Att. c.p.c. dalla data del licenziamento fino al saldo effettivo; - ### la ### S.r.l. al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali maturati dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, detratto quanto già accreditato al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative; - ### la ### S.r.l. al pagamento in favore del sig. ### delle spese di lite nella misura di euro 4.629,00 per il primo grado, 3.473,00 per il grado di appello, 2.757,00 per il grado di legittimità, 3.473,00 per il grado di rinvio, in tutti i casi oltre spese generali, IVA e ### - Compensa le spese con l'### Così deciso in L'### nella camera di consiglio del 24/04/2025 ### est.  ### n. 394/2024

causa n. 394/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Fabrizio Riga, Vitello Emanuela

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