TRIBUNALE DI LECCE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica, in persona del dott. ### in funzione di giudice del lavoro, ha pronunciato, con motivazione contestuale e all'esito di camera di consiglio, la seguente S E N T E N Z A nella causa iscritta al n. 5868/2020 RG trattata all'udienza del 28/05/2024 promossa da: -### rappresentato e difeso, con mandato in atti, dall' avv. ### e dall'avv. ### Ricorrente C O N T R O -COMUNE DI COPERTINO, rappresentato e difeso dall'avv. ### ex art. 417 bis cpc Resistente FATTO E ### Parte ricorrente ha adito questo Tribunale rappresentando di aver prestato servizio - a far data dal 1.2.1992 e fino al 1.10.16 - nella categoria giuridica ###, posizione economica ###, profilo professionale di “### Direttivo” presso l'area ### del ### e ### - del Settore LL.PP. e Manutenzione del Comune di ### Ha fatto altresì presente che - a seguito di una prima domanda di dimissioni del ricorrente per accedere al pensionamento nel corso del 2015 - l'istituto previdenziale (###, con nota prot. N. 4100.23/10/2015.###, comunicava che l'istanza di pensione ordinaria n. ###59907 del 01.07.2015 “non poteva essere accolta in quanto non rispettava i requisiti, per essere ammesso a pensione…”.
Il dipendente rimaneva quindi in servizio e, successivamente, il Comune datore di lavoro rappresentava di prendere atto della successiva istanza presentata dal dipendente ### trasmessa con nota del 24 marzo 2016, prot. N. 8134, di dimissioni volontarie e di collocamento in pensione anticipata dal 01 ottobre 2016, così rettificando con determina n. 380/16 la decorrenza della cessazione del rapporto indicata nella determina n. 520/2015.
Il sig. ### cessava quindi dal servizio per dimissioni volontarie con decorrenza 1.10.2016.
In questo giudizio rappresenta di non aver goduto - nel periodo 2013-2016 - di 79 giorni di ferie e ne chiede quindi la monetizzazione ritenendo di non averne potuto godere in costanza di servizio.
Il Comune di ### nel costituirsi ha eccepito che il ricorrente ha fruito di ferie nel corso del 2016 - così dimostrando di essere consapevole dell'obbligo di godere delle proprie ferie residue - e che il residuo di ferie non è stato goduto anche alla luce delle dimissioni dello stesso. Invoca quindi la disciplina di cui all'art. 5 c. 8 d.l. 95/2012.
In corso di giudizio le parti non hanno raggiunto alcuna intesa transattiva. ***
Quale eccezione preliminare, in sede di memoria di riassunzione, il Comune di ### chiede dichiararsi inammissibilità e improcedibilità del ricorso in riassunzione stante la notifica ad opera di controparte del solo decreto di fissazione in riassunzione, della procura e della relata. Orbene, il ricorso in riassunzione è stato correttamente depositato nel fascicolo telematico del giudizio (il ###), instaurando correttamente il rapporto processuale con il giudice. Quello che si contesta è la notifica dello stesso, la cui pec sarebbe stata priva dell'atto di riassunzione depositato nel fascicolo telematico. La circostanza di fatto è corretta ma nondimeno la censura di inammissibilità/improcedibilità è infondata. La giurisprudenza di legittimità (Cass. 4902/24) ha fatto presente che: Nel rito del lavoro, la mancanza del ricorso in appello fra i documenti inviati a mezzo PEC alla parte appellata integra un'ipotesi di nullità sanabile, non già di inesistenza, della notificazione telematica, a condizione che il ricorso sia stato effettivamente depositato nella cancelleria e il messaggio pervenuto al destinatario consenta comunque di comprendere gli estremi essenziali dell'impugnazione (appellante, appellato, pronuncia impugnata).
Nel caso di specie, non solo il Comune si è costituito (il ###) - formulando l'eccezione sopra riportata - ma si è ampiamente difeso nel merito producendo documenti e chiedendo nuove prove per testi. Pertanto, non solo la costituzione a seguito di riassunzione sana la nullità della notifica (in linea con la giurisprudenza riportata) ma neppure alcun vulnus al diritto di difesa della parte si rinviene dato che pienamente ha esplicitato la propria difesa e ha dato prova - per fatti concludenti - che gli elementi essenziali della riassunzione (parti e giudizio riassunto) erano ben chiari al Comune stesso.
Tra l'altro è stato proprio il Comune di ### a introdurre documenti nuovi e a chiedere nuove prove con la propria memoria e ciò a riprova dell'assenza di qualsiasi lesione del proprio diritto di difesa. Rispetto alla nuova produzione e alle nuove prove richieste in memoria a seguito di riassunzione dal Comune, le stesse, si premette, sono inammissibili in quanto dedotte oltre i termini ex art. 416 cpc. Nondimeno, come si vedrà oltre, la prova testi dedotta in memoria a seguito di riassunzione è anche generica e i documenti sono, oltre che tardivi, irrilevanti. Tocca ora analizzare il merito della questione. *** 1. In merito alla interpretazione della disciplina ex art. 5 c. 8 d.l. 95/2012 questo giudice ha promosso rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'### europea, con conseguente sospensione del giudizio. ### di pregiudizialità è stato deciso con sentenza del 18.1.2024 in C-218/22. La causa è stata, come visto, validamente riassunta in virtù della costituzione del Comune che ha sanato ogni vizio della notifica. 2. La Corte di Giustizia ha affermato quanto segue: …44 Per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dal legislatore nazionale, sui quali il giudice di rinvio si interroga in particolare, dalla formulazione della prima questione discende che essi, quali risultano dalla rubrica dell'articolo 5 del decreto-legge n. 95 e come interpretati dalla Corte costituzionale, sono, da un lato, il contenimento della spesa pubblica e, dall'altro, le esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, ivi compresa la razionale programmazione del periodo di ferie e l'incentivazione all'adozione di comportamenti virtuosi delle parti del rapporto di lavoro. 45 In primo luogo, per quanto riguarda l'obiettivo inteso al contenimento della spesa pubblica, è sufficiente ricordare che dal considerando 4 della direttiva 2003/88 risulta che la protezione efficace della sicurezza e della salute dei lavoratori non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico (sentenza del 14 maggio 2019, ### C‑55/18, EU:C:2019:402, punto 66 e giurisprudenza citata). 46 In secondo luogo, per quanto riguarda l'obiettivo connesso alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, occorre rilevare che esso concerne, in particolare, la razionale programmazione del periodo di ferie e l'incentivazione dell'adozione di comportamenti virtuosi delle parti del rapporto di lavoro, di modo che esso può essere inteso come finalizzato a incentivare i lavoratori a fruire delle loro ferie e come rispondente alla finalità della direttiva 2003/88, come risulta dal punto 38 della presente sentenza. 47 Inoltre, occorre ricordare che gli ### membri non possono derogare al principio derivante dall'articolo 7 della direttiva 2003/88, letto alla luce dell'articolo 31, paragrafo 2, della ### secondo il quale un diritto alle ferie annuali retribuite non può estinguersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non è stato in condizione di beneficiare delle sue ferie (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, ### zur ### der ### C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 54). 48 Se, invece, il lavoratore, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle stesse, l'articolo 31, paragrafo 2, della ### non osta alla perdita di tale diritto né, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla correlata mancanza di un'indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute, senza che il datore di lavoro sia tenuto a imporre a detto lavoratore di esercitare effettivamente il suddetto diritto (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, ### zur ### der ### C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 56). 49 A tale proposito, il datore di lavoro è segnatamente tenuto, in considerazione del carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite e al fine di assicurare l'effetto utile dell'articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo, e nel contempo informandolo, in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte a contribuire, del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato, o non potranno più essere sostituite da un'indennità finanziaria. ### della prova incombe al datore di lavoro (v. in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, ### zur ### der ### C‑684/16, EU:C:2018:874, punti 45 e 46). 50 Ne consegue che, qualora il datore di lavoro non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto, circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio, si deve ritenere che l'estinzione del diritto a tali ferie alla fine del periodo di riferimento o del periodo di riporto autorizzato e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il correlato mancato versamento di un'indennità finanziaria per le ferie annuali non godute violino, rispettivamente, l'articolo 7, paragrafo 1, e l'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 nonché l'articolo 31, paragrafo 2, della ### (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, ### zur ### der ### C‑684/16, EU:C:2018:874, punti 46 e 55). […] 52 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni poste dichiarando che l'articolo 7 della direttiva 2003/88 e l'articolo 31, paragrafo 2, della ### devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un'indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell'ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà…. 3. In sostanza la Corte di Giustizia ha affermato che è il datore di lavoro che deve provare di avere invitato il lavoratore a fruire delle ferie e, inoltre, appare irrilevante la causale della cessazione del rapporto di lavoro. 4. Nel caso di specie parte ricorrente ha fruito nel corso del rapporto di giorni di ferie prima della cessazione del rapporto; nondimeno, il lungo periodo di ferie fruito non ha consentito di esaurire il monte ferie cumulato. Va precisato che i c.d. riporti non sono vietati o limitati dall'ordinamento interno, che consente di cumulare le ferie anche degli anni pregressi; come anche affermato dalla sentenza ### 18.1.24 in C-218/22, è compito del datore di lavoro invitare il lavoratore a fruire delle ferie e a rappresentare l'eventualità di loro perdita in alternativa. In assenza di queste condotte datoriali, vige il il cumulo negli anni successivi delle ferie non fruite e, come detto, il legislatore italiano non ha limitato il regime dei riporti (in linea generale sull'argomento, ### in cause riunite da C‑271/22 a C‑275/22). 5. Sul residuo di ferie fruite, malgrado la difesa del Comune, va affermato come a seguito della sentenza del 14 maggio 2019, ### (C‑55/18, EU:C:2019:402), si può affermare che il Comune dovrebbe avere un sistema di registrazione del saldo delle ferie annuali retribuite per ciascuno dei suoi lavoratori, al fine di accertare l'esattezza di eventuali pretese come quella di cui al procedimento principale (così le ### dell'### nel presente caso).
Inoltre, con attestazione datata 13.9.21 e telematicamente prodotta il ### (si trova a pg. 12 del file .pdf) emerge come i giorni di ferie maturati e non goduti al momento del pensionamento fossero 79. Più correttamente, si parla di 76 gg di ferie e di 3 per festività soppresse.
Tuttavia, sotto tale profilo risarcitorio, le giornate di festività soppresse ex l. 937/77 sono equiparate alle ferie per il profilo della retribuibilità in caso di mancata fruizione (con l'espressa eccezione, non rilevante nel caso di specie dato che si parla di 3 gg maturati nel 2016, anno delle dimissioni, che non è possibile il riporto delle festività soppresse all'anno successivo). In tal senso militano anche Cass., ord. int., 451/19 e CdS 802/1986. La stessa legge del 1977 ne prevede espressamente la monetizzabilità e gli orientamenti applicativi dell'### sono pacificamente orientati in questo senso. In ultimo, sul punto, 8926/24 afferma: A fronte delle chiare disposizioni contenute nell'art. 2 della legge n. 937/1977, la mancata previsione […] di una disciplina anche per il caso della mancata fruizione delle festività soppresse non può ritenersi ostativa alla monetizzazione delle stesse alla cessazione del rapporto, là dove vi siano gli stessi presupposti del mancato godimento che consentono tale monetizzazione quanto alle ferie. E, del resto, poiché le previste quattro giornate di riposo per festività soppresse sono sostanzialmente assimilabili alle ferie, evidentemente, non possono non trovare applicazione le medesime regole valevoli per le prime.
Lo stesso ccnl enti locali rinvia per relationem alla legge 937/1977 e quindi la monetizzazione delle festività soppresse appare pienamente possibile.
Ulteriori precisazioni sono irrilevanti, al pari della ripartizione per anno di riporto, proprio alla luce della soluzione cui è giunta la ### con la sentenza del 18.1.24, dell'assenza di una disciplina limitativa dei riporti nell'ordinamento interno e della regola sull'onere della prova per come ribadita da ### del 18.1.24 in C-218/22 e da ### 14.5.19 in C‑55/18. 6. La posizione del ricorrente, quale responsabile di settore, non comporta che egli non abbia diritto alla monetizzazione. Infatti, Cass. 18140/22 ha affermato: Il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie, pur se accompagnato da obblighi previsti dalla contrattazione collettiva di comunicazione al datore di lavoro della pianificazione delle attività e dei riposi, non comporta la perdita del diritto, alla cessazione del rapporto, all'indennità sostitutiva delle ferie se il datore di lavoro non dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di avere assicurato altresì che l'organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso il diritto del dirigente di struttura complessa alla monetizzazione, pur a fronte di un accumulo esorbitante di ferie non godute ed un'accertata situazione di "endemica" insufficienza di organico, senza verificare la condotta del datore di lavoro ed i rapporti tra insufficienza di organico, non imputabile al lavoratore, e necessità di assicurare la prosecuzione del servizio).
In senso conforme si sono poste, di recente, Cass. 9982/24 e Cass. 13679/2024.
Se neppure la possibilità del dirigente di auto-organizzarsi le ferie comporta la perdita del diritto, a fortiori non può ritenersi che ciò derivi dalla mera posizione di responsabile di settore. Infatti, come affermato nella memoria in riassunzione, sin dal 2010 è stata istituita la dirigenza nel Comune di ### e dal 2013 si indica l'arch. Carrozzo quale responsabile (sovraordinata al ricorrente). Deve quindi affermarsi come si verta nelle ipotesi di cui alla sopra richiamata giurisprudenza con esclusione della perdita del diritto.
Per questo i documenti prodotti, inammissibilmente con la memoria in sede di riassunzione, sono anche irrilevanti. Essi provano che il ricorrente era responsabile di settore ma nondimeno soggetto, per un congruo periodo, ad un dirigente responsabile.
E la stessa fruizione delle ferie in vista del pensionamento, dato il numero di giorni fruiti, è chiaramente indice del fatto che le ferie non fossero da considerarsi “perente” ché, altrimenti, non avrebbero potuto essere concesse neppure nella misura di quelle fruite né appare ipotizzabile una perenzione parziale in assenza di prova documentale dell'invito a fruire sul punto (e a maggior ragione per ipotizzare una perenzione parziale sarebbe stata necessaria la prova scritta dell'invito a fruire delle ferie da parte del Comune).
Anche la prova testi dedotta dal Comune nella memoria introduttiva è inammissibile; infatti, la stessa si limita a ripercorrere circostanze documentali o comunque irrilevanti.
Per quanto riguarda la prova testi dedotta in sede di memoria di costituzione in riassunzione, la stessa è parimenti inammissibile. Infatti, il presunto invito a “consumare le ferie” attribuito all'arch. Carrozzo è costruito in termini atemporali e generici.
I capitoli di prova sul punto sono quindi inammissibili (i capitoli a,b e c della memoria di riassunzione, per la precisione, sono anche irrilevanti. Il capitolo d è inammissibile per genericità, come sopra detto).
La stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia oltre che della Corte di cassazione richiede una specificità maggiore e questo senza trascurare il profilo della forma che l'invito del datore dovrebbe ricoprire. Oltre alla genericità dei capitoli di prova si ritiene che - trattandosi di atto dell'### - sarebbe necessaria la prova scritta relativamente a tale invito. 7. A seguito della decisione della Corte di Giustizia, hanno avuto modo di pronunciarsi sul punto anche la Corte di Cassazione e la giurisprudenza amministrativa.
La prima (Cass. 3339/2024) ha affermato che: ### premesso, la sentenza impugnata è conforme all'orientamento di questa Corte (Cass. n. 21609/2022 e Cass. n. 21780/2022, nonché n. 14268/2022), agli esiti della operata rilettura dello statuto delle ferie in armonia con l'interpretazione del diritto dell'### - nello specifico dell'art. 7 della Direttiva 2003/1988/CE e dell'art. 31 della ### dei diritti fondamentali dell'### europea - offerta dalla ### (il rinvio è alle tre sentenze della Corte di Giustizia del 6 novembre 2018: in cause riunite ###/2016 e C-570/2016; in causa C-619/2016; in causa ###/2016). In particolare, secondo l'interpretazione del diritto interno (ivi compreso dell'art. 5, comma 8 del d.l. n. 95 del 2012, conv. con modif. dalla legge n. 135 del 2012) conforme al diritto dell'### “a) le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale ed irrinunziabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro; il diritto alla indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato alle ferie annuali retribuite; b) è il datore il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite, dovendo sul punto darsi continuità al principio affermato da Cass. 15652/2018); c) la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie - se necessario formalmente -; di averlo nel contempo avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad assicurare il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato” (Cass. n. 23153/2022; Cass. n. 21780/2022). La Corte di Giustizia in data 18 gennaio 2024, in C-218/2022 ha inoltre affermato che l'art. 7 della direttiva 203/88/CE del ### europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003, e l'art. 31, par. 2, della ### dei diritti fondamentali dell'### europea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un'indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell'ultimo anno di impiego, sia negli anni recedenti, e non goduti alla data di cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non avere goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà… In sostanza, indipendentemente dall'annualità di riferimento e dalla causa di cessazione dal servizio, la stessa l. 95/2012 va interpretata nel senso già fatto proprio dalla giurisprudenza nazionale, sopra citata.
Alla luce di quanto sopra, si ribadisce che nel caso di specie il ricorrente ha fruito delle ferie di anni passati ma data la mole di ferie cumulate non gli è stato possibile consumarle tutte. Ed invero anche tale circostanza contrasta con gli assunti del Comune. Lo stesso, pur avendo fatto fruire al ricorrente parte delle ferie arretrate, non si è organizzato in maniera tale da consentirgli la totale fruizione delle stesse. Tanto più che il Comune era consapevole anche del differimento della cessazione dal servizio del ricorrente e, nondimeno, non ha agito per consentire tale consumazione delle ferie (ed anzi nel 2015, all. 2 resistente, ha pure disposto un giorno di rientro dalle ferie del ricorrente).
Deve quindi ritenersi che nel caso di specie sia addebitabile alla (non proficua) capacità organizzativa del datore di lavoro l'accumulo di ferie, con conseguente diritto alla monetizzazione. 8. Anche la giurisprudenza amministrativa si è mossa nel solco che qui si intende adottare.
In tal senso, CdS 1480/2024 ha richiamato - per accogliere la domanda del lavoratore - in parte motiva la sentenza della Corte di Giustizia del 18.1.24 in C-218/24.
Tar Sicilia - ### n. 1625/2024 ha affermato: 6.1 Si è quindi più volte riaffermato il principio per cui il divieto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi per le ferie non godute non si applica soltanto nei casi in cui il loro mancato godimento dipenda da cause non imputabili al lavoratore, dovendosi, invece, ritenere operante il divieto tutte le volte in cui il dipendente abbia avuto la possibilità di richiederle e di fruirne (cfr. T.A.R. Liguria, sez. I - 29/3/2023 n. 362; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I - 22/7/2022 n. 728; T.A.R. Piemonte, sez. I - 20/7/2022 n. 682; T.A.R. Marche - 7/2/2024 n. 128). Anche C.G.A. Sicilia - 31/10/2023 n. 745 ha escluso l'obbligo di pagamento delle ferie non dovute dopo che era stata accertata “l'insussistenza di cause di servizio o di salute oggettivamente impeditive alla fruizione del congedo non dipendenti dalla volontà dell'odierno appellante”, il quale “ben avrebbe potuto chiedere di fruire dei 73 giorni di riposo feriale maturato e non goduto; invero lo stesso ha preferito ripresentare la domanda di congedo [per la cessazione dal servizio] con una tempistica incompatibile con la fruizione del periodo di ferie maturato in pregresso”. 6.2 Nell'affrontare una caso analogo a quello dell'odierna controversia, T.A.R. Sicilia Catania, sez. III - 26/6/2023 n. 1988 si è espresso nel modo seguente: <<### tale premessa, nel caso di specie, non risulta che l'odierno ricorrente abbia formulato negli anni 2019 e 2020 istanza per il godimento delle ferie, e soprattutto non risulta che tali istanze siano state respinte dall'amministrazione con atto formale richiamante improrogabili esigenze di servizio, come puntualmente rappresentato nella nota esplicativa del 30 marzo 2022 del ### della ### di …. Deve quindi ritenersi, come sostenuto dall'amministrazione, che il ricorrente abbia omesso di richiedere il collocamento in congedo ordinario per gli anni 2019-2020 sulla base di una propria scelta consapevole e volontaria, mancando agli atti la prova concreta dell'impossibilità del mancato godimento delle ferie per fatto non imputabile al ricorrente>>. 7. Tuttavia, come di recente condivisibilmente ritenuto (T.A.R. ### sez. V, 26 febbraio 2024, n. 740), l'indirizzo uniforme descritto merita di essere rivisitato alla luce della recentissima pronuncia della Corte giustizia ### sez. I - 18/1/2024 n. 218/2. (enfasi aggiunta).
In senso conforme al più recente orientamento maturato dopo ### 18.1.24 in C- 218/22 si pongono ### - ### n. 1606/24, ### - Napoli n. 1850/2024, ### - ### n. 192/2024 oltre ad altre decisioni sempre del ### Emerge quindi una uniformazione dell'interpretazione nel senso di ritenere che il d.l. 95/2012 presupponga (in via generale e anche oltre la “tutela minima” della ### 2003/88/CE, ### 7 in relazione all'articolo 31, paragrafo 2, della ### dei diritti fondamentali dell'### europea) anch'esso che l'### abbia previamente adempiuto i propri oneri di “vigilanza” e solo in questo caso possa parlarsi di perdita delle ferie. Nel caso di specie, come detto, l'### non ha dato prova di aver invitato il ricorrente a tale fruizione (i capitoli di prova sono, come detto, generici e atemporali) e, inoltre, in ogni caso sarebbe stato necessario un formale invito dato il numero di giorni cumulati.
Appare inoltre difficile, avendo il ricorrente fruito di 96 gg di ferie arretrate, ipotizzare una perenzione parziale che non trova - come detto - aggancio in alcun dato concreto. Ed anzi questa circostanza prova ancora di più il fatto che l'### non sia stata in grado di monitorare e distribuire le ferie pur in presenza di un cospicuo differimento della data di cessazione del ricorrente. 9. Il ricorso va quindi accolto nei termini che precedono, con il riconoscimento della monetizzazione di 79 giorni di ferie (di cui 3 di festività soppresse) non godute, il tutto oltre accessori di legge. I conteggi del ricorrente non appaiono contestati e possono quindi essere presi in considerazione per la quantificazione. 10. Sulle spese, deve invece disporsi la compensazione delle stesse. Infatti, va rilevato come la portata della sentenza ### 18.1.24 si ponga come sostanzialmente innovativa e dirimente. Deve quindi - anche per l'incidente pregiudiziale - disporsi la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Il Giudice, ai sensi dell'art. 429 cpc, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 5868/2020, così provvede: accoglie il ricorso per quanto in motivazione e per l'effetto condanna il Comune resistente al pagamento in favore del ricorrente della somma di € 10218,65 oltre accessori di legge; spese compensate.
Lecce, 28/05/2024 IL GIUDICE
DEL LAVORO Dott. ### n. 5868/2020
causa n. 5868/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Carbone Amato