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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ROMA SEZIONE QUARTA CIVILE riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati: - dott. ### - dott.ssa ### - dott.ssa ### rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA (artt. 352, comma 6, e 281-sexies, comma 3, c.p.c.) nella causa civile di appello iscritta al n. 106 del Ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2023 trattenuta in decisione all'udienza del 27.11.2025 e vertente TRA ### (###), in persona del legale rappresentante p.t., ### rappresentata e difesa dagli avvocati ### (###), in virtù di procura in calce all'atto d'appello, e ### (###), in virtù di procura in calce all'atto di costituzione di nuovo difensore del 25.4.2023 ### (###), rappresentato e difeso dall'avv. ### (###), in virtù di procura in calce all'atto d'appello - ### - ###, già ### (numero di registrazione 462932), società di diritto irlandese, rappresentata e difesa dagli avvocati ### (###), ### (###) e ### (###), in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta in grado d'appello, nonché dagli avvocati ### (###), ### (###) e ### (###), in virtù di atti di nomina dell'avv. ### depositati in data ### e 27.11.2025 - ### - OGGETTO: appello avverso sentenza del Tribunale di Roma n. 17909/2022 pubblicata il ### - n. 10810/2020 R.G. (disattivazione di profilo e pagina ### e risarcimento danni). ### da verbale di udienza di discussione del 27.11.2025. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione notificato in data ### l'### di promozione sociale ### (nel prosieguo, per brevità, ### e ### dirigente nazionale dell'associazione, convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, ### (di seguito, per brevità, ###, deducendo che in data ### quest'ultima, gestore della piattaforma di social media ### anche in ### aveva disattivato senza preavviso e in mancanza dei relativi presupposti, la pagina dell'associazione ed il profilo personale di ### per violazione delle condizioni contrattuali regolanti il servizio, che vietano la pubblicazione di contenuti di carattere discriminatorio e l'elogio e il supporto a organizzazioni d'odio, e che il suddetto Tribunale, con provvedimento del 12.12.2019 (confermato in sede di reclamo il ###), aveva accolto il loro ricorso ex art. 700 c.p.c. ante causam, ordinando l'immediata riattivazione della pagina e del profilo indicati e fissando la penale ex art. 614-bis c.p.c. nella misura di € 800,00 per ogni giorno di violazione dell'ordine impartito. Rassegnavano, quindi, le seguenti conclusioni: «I) accertare e dichiarare l'illegittimità della disattivazione della pagina di ### e del profilo e della pagina di ### disposta da ### in violazione delle clausole contrattuali che disciplinano l'uso del social network ### II) accertare e dichiarare che le asserite motivazioni, dichiarazioni ed esternazioni relative alle ragioni addotte da ### per giustificare il provvedimento di disattivazione sono del tutto infondate e costituiscono fatto illecito lesivo dell'immagine e della reputazione degli attori, con conseguente loro diritto al risarcimento dei danni anche morali; III) accertare e dichiarare che ### ha privato gli attori della disponibilità dei contenuti pubblicati sulle pagine e sul profilo, nonché dei messaggi e delle conversazioni private; IV) per l'effetto, condannare ###, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla riattivazione della pagina di ### e della pagina e del profilo di ### nonché al risarcimento dei danni patiti e patiendi dagli attori, patrimoniali e/o non patrimoniali, nonché morali, da liquidarsi in via equitativa; IV) con fissazione della somma che, ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., ###, in persona del legale rappresentante pro tempore, è tenuta a corrispondere a ### in persona del legale rappresentante pro tempore, e a ### per ogni violazione o inosservanza successiva dell'ordine impartito ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento; V) in ogni caso, con condanna della convenuta al pagamento delle spese di causa. Con riserva di articolare ulteriori mezzi di prova, anche all'esito delle difese eventualmente spiegate dalla convenuta».
Si costituì in giudizio ###, successivamente divenuta ### (d'ora innanzi solo ###, contestando la fondatezza delle domande. In particolare, sostenne: i) di avere qualificato legittimamente ### quale «organizzazione che incita all'odio ai sensi delle policy del servizio ### trattandosi di un «movimento di stampo neofascista che promuove apertamente i principi del fascismo e della ### tra cui la xenofobia e il razzismo»; ii) di avere conseguentemente disposto la rimozione degli attori dalla piattaforma, in conformità alle condizioni del servizio che vietano «contenuti volti a sostenere organizzazioni (come ### impegnate in attività di odio organizzato e nella promozione di discorsi d'odio»; iii) che dette condizioni generali di utilizzo della piattaforma ### integrano accordi di diritto privato, espressione dell'autonomia contrattuale; iv) che la misura adottata era adeguata alla gravità e alla natura dei contenuti pubblicati tramite le pagine degli attori; v) che non sussiste alcun obbligo contrattuale di informare l'utente prima della rimozione del suo profilo; vi) che, in ogni caso, non è ipotizzabile l'obbligo di ### di ripristinare le pagine rimosse a livello globale, ma al più nel territorio italiano.
Tanto premesso, chiese, come precisato nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1), c.p.c.: «### in via principale: rigettare le domande avversarie in quanto infondate e, per l'effetto, revocare l'ordinanza emessa dal Tribunale di Roma l'11 dicembre 2019 e dichiarare che nessun pagamento a titolo di penale è dovuto agli #### sempre in via principale: accertare che ### ha legittimamente designato ### quale organizzazione d'odio ai sensi delle condizioni contrattuali e, per l'effetto, dichiarare che ### ha legittimamente rimosso, e ha diritto di rimuovere, la ### e il ### e che nessun pagamento a titolo di penale è dovuto agli #### in via subordinata: accertare che la riattivazione della ### e del ### imposta dall'Ordinanza poteva produrre effetti nel solo territorio italiano e, per l'effetto, dichiarare che nessun pagamento a titolo di penale è dovuto agli ### e ### in ogni caso: con vittoria di spese, diritti e onorari del presente grado di giudizio, oltre spese generali, cpa e iva, come per legge».
Il giudizio fu sospeso con ordinanza ex art. 52, comma 3, c.p.c. del 6.10.2020, a seguito della presentazione dell'istanza di ricusazione del giudice da parte degli attori, e fu riassunto dopo il rigetto dell'istanza da parte del collegio competente (ordinanza dell'11.6.2021).
Nel corso del giudizio, con ordinanza del 15.3.2022, il giudice, in parziale accoglimento dell'istanza di revoca del provvedimento d'urgenza del 12.12.2019 presentata da ### ai sensi dell'art. 669-decies c.p.c., dispose la sospensione della sola efficacia esecutiva della misura coercitiva ex art. 614-bis c.p.c. (n. 10810-1/2020 R.G.); il provvedimento fu revocato dal collegio in sede ###ordinanza dell'11.7.2022, riservate le spese al merito (n. 19441/2022 R.G.) ### presentò un nuovo ricorso per la revoca o la modifica dell'ordinanza cautelare e il relativo subprocedimento (n. 10810-2/2020 R.G.), non sospeso (al pari del giudizio di merito) a seguito di una seconda istanza di ricusazione presentata dagli attori (rigettata dal collegio con successiva ordinanza del 21.11.2022), fu trattato alla stessa udienza del 18.10.2022, allorché le parti precisarono le conclusioni nel merito; fu definito, quindi, con pronuncia di cessazione della materia del contendere, attesa l'emanazione della sentenza.
La causa, infine, a seguito dello scambio delle memorie ex art. 190 c.p.c., fu decisa, con sentenza n. 17909/2022, nei termini di seguito riportati: «Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone: rigetta le domande proposte da parte attrice e, per l'effetto, revoca l'ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Roma, sezione specializzata in materia di imprese, l'11 dicembre 2019 e depositata il 12 dicembre 2019 nel procedimento R.G. 59264/19; dichiara le spese di lite integralmente compensate tra le parti». 2. Con atto di citazione notificato il #### e ### hanno proposto appello, articolato in otto motivi, domandando: «in via cautelare: in accoglimento dell'istanza di inibitoria formulata, voler sospendere l'efficacia esecutiva della sentenza con ripristino integrale della misura cautelare adottata con ordinanza in data ### e confermata in data ###; in via preliminare e in rito: A) in accoglimento del motivo sul difetto di terzietà e imparzialità del giudicante, dichiarare l'inesistenza ovvero la nullità della sentenza impugnata e disporre la rimessione degli atti al Tribunale di Roma per la celebrazione di un nuovo giudizio, del quale, comunque, dovranno essere valutate tutte le domande degli attori che meritano sicuro accoglimento; B) in accoglimento del motivo sulla omessa sospensione del procedimento a seguito della ricusazione del giudicante, dichiarare la nullità della sentenza impugnata e disporre la rimessione degli atti al Tribunale di Roma per la celebrazione di un nuovo giudizio, del quale, comunque, dovranno essere valutate tutte le domande degli attori che meritano sicuro accoglimento; C) in accoglimento dei motivi sulla nullità in data 18 ottobre 2022, dichiarare la nullità della sentenza impugnata e disporre la rimessione degli atti al Tribunale di Roma per la celebrazione di un nuovo giudizio, del quale, comunque, dovranno essere valutate tutte le domande degli attori che meritano sicuro accoglimento; D) in via subordinata, previa declaratoria di inesistenza ovvero nullità della sentenza impugnata, procedere alla rinnovazione degli atti nulli e alla rinnovazione della fase istruttoria (con acquisizione delle prove richieste nello specifico motivo di appello o, quantomeno, dell'ispezione della pagina e del profilo e acquisizione di una nuova nota informativa presso il Ministero ove ritenuta necessaria) e, all'esito, accogliere le domande degli attori/appellanti; E) in ogni caso, dichiarare il difetto di legittimazione di ###; nel merito: F) previa rinnovazione e degli atti nulli compiuti in primo grado, riformare la sentenza impugnata e per l'effetto: I) accertare e dichiarare della disattivazione della pagina di ### e del profilo e della pagina di ### disposta da ###/### in violazione delle clausole contrattuali che disciplinano del social network ### II) accertare e dichiarare che le asserite motivazioni, dichiarazioni ed esternazioni relative alle ragioni addotte da ###/### per giustificare il provvedimento di disattivazione sono del tutto infondate e costituiscono fatto illecito lesivo dell'immagine e della reputazione degli attori, con conseguente loro diritto al risarcimento dei danni anche morali; III) accertare e dichiarare che ###/### ha privato gli attori della disponibilità dei contenuti pubblicati sulle pagine e sul profilo, nonchè dei messaggi e delle conversazioni private; IV) per l'effetto, condannare ###/###, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla riattivazione della pagina di ### e della pagina e del profilo di ### nonché al risarcimento dei danni patiti e patiendi dagli attori, patrimoniali e/o non patrimoniali, nonché morali, da liquidarsi in via equitativa; V) con fissazione della somma che, ai sensi 614-bis c.p.c., ###/###, in persona del legale rappresentante pro tempore, è tenuta a corrispondere a ### in persona del legale rappresentante pro tempore, e a ### per ogni violazione o inosservanza successiva all'ordine impartito ovvero per ogni ritardo del provvedimento; G) in ogni caso, condannare la convenuta al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio, ivi comprese quelle relative ai procedimenti cautelari di revoca e modifica della misura cautelare». 3. Si è costituita ### che ha chiesto di dichiarare inammissibile o rigettare l'istanza ex art. 283 c.p.c.; in via preliminare, ha eccepito l'inammissibilità dell'appello per mancato rispetto dei criteri di sinteticità, chiarezza e specificità, rilevando che l'appello, composto da 112 pagine, sarebbe «estremamente ridondante e inutilmente concentrato su motivi in rito che sono stati già ripetutamente respinti»; nel merito, ha contestato la fondatezza dell'appello, instando per il suo rigetto. 4. Alla prima udienza la Corte ha dichiarato inammissibile l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata ex art. 283 c.p.c.
Con decreto del 19.3.2025, in accoglimento della richiesta degli appellanti, è stata anticipata l'udienza per la precisazione delle conclusioni. All'udienza del 27.11.2025 la Corte, fatte precisare le conclusioni e, sentite le parti, ha invitato queste ultime a discutere oralmente la causa, ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c.
Al termine della discussione, la Corte ha deciso ai sensi del comma 3 della citata disposizione (comma aggiunto dall'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022 e reso applicabile ai procedimenti già pendenti alla data del 28.2.2023 dall'art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 164/2024), a tenore del quale, il giudice, terminata la discussione, se non provvede ai sensi del primo comma, deposita la sentenza nei successivi trenta giorni. 5. Si osserva, in via generale, che l'atto di appello contiene un'introduzione sullo svolgimento del processo e delle «procedure collaterali» (pp. 1-11), una sintesi della materia del contendere e dei diritti e principi rilevanti (pp. 11-14) e un'ampia e generale descrizione della sentenza impugnata, della sua struttura e dei molteplici profili di invalidità (pp. 14-23). Sviluppa poi i motivi di impugnazione: il primo attiene alla violazione del principio fondamentale della terzietà e imparzialità del giudice (pp. 23-38), cinque riguardano il rito e, segnatamente, violazioni delle regole processuali e conseguente lesione del diritto di difesa e del contradditorio (pp. 38-62), il sesto è relativo alla carenza di legittimazione processuale di ### (pp. 63- 66) e l'ultimo si riferisce al merito delle domande proposte (pp. 66-104). 6. Più specificamente, con il primo motivo si lamenta la «violazione del diritto a un giudice terzo e imparziale e […] la conseguente inesistenza ovvero nullità della sentenza». Gli appellanti, dopo avere richiamato i principi costituzionali e sovranazionali in relazione alla terzietà e imparzialità del giudice, deducono che nel caso di specie il giudice di primo grado dott.ssa ### sin dall'inizio, «non appariva e né, soprattutto, era terzo ed imparziale» (v. atto di appello, p. 27); ciò nonostante quanto affermato nelle ordinanze collegiali che avevano respinto le loro istanze di ricusazione. La dott.ssa ### invero, secondo la loro prospettazione, non solo apparteneva alla corrente della magistratura «### ma era una vera e propria militante e dirigente di tale corrente; corrente che, attraverso il suo periodico ufficiale (del cui comitato di redazione faceva parte la dott.ssa ###, aveva già auspicato che, all'esito del giudizio di merito, fosse revocato il provvedimento cautelare ante causam con cui ### era stata condannata alla riattivazione degli account rimossi.
Lo stesso giudice poi, nell'ambito di analogo procedimento incardinato da altri attivisti di ### avrebbe già qualificato l'associazione come organizzazione d'odio, così anticipando il proprio convincimento circa un aspetto nodale ai fini del decidere, e avrebbe espresso lo stesso giudizio nell'ordinanza di parziale accoglimento del ricorso presentato da ### per la sospensione dell'efficacia esecutiva della penale fissata nell'ordinanza cautelare.
Ne discenderebbe l'illegittimità dei provvedimenti in data ### e 21.11.2022, con i quali il Collegio per la trattazione dei ricorsi in materia di ricusazione del Tribunale di Roma, aveva rigettato entrambi i ricorsi depositati da ### ai sensi dell'art. 52 c.p.c. e la conseguente inesistenza o comunque nullità della sentenza gravata, ciò implicando la necessità di rimettere la causa al Tribunale di Roma e celebrare nuovamente il primo grado, affinché la causa sia istruita e decisa da un giudice terzo e imparziale. 7. Con il secondo motivo si eccepisce la nullità dell'ordinanza del 14.11.2022, con cui il giudice di primo grado, nel rilevare la manifesta inammissibilità dell'istanza di ricusazione formulata dagli attori il ###, ha ritenuto di non sospendere il giudizio ai sensi dell'art. 52, comma 3, c.p.c.; ciò sul presupposto della sovrapponibilità delle motivazioni contenute nell'istanza rispetto a quelle già addotte a fondamento del precedente ricorso del 5.10.2020, già rigettato.
Deducono gli appellanti che, al contrario, la seconda istanza di ricusazione proposta da ### si basava sul contenuto dell'ordinanza del 15.3.2022, con cui il giudice avrebbe anticipato il proprio giudizio sulla materia del contendere e, dunque, «su un fatto tanto nuovo quanto significativo» (v. atto di appello, p. 39); a conferma di ciò, evidenziano che il ricorso non fu dichiarato inammissibile da parte del competente Collegio, ma fu rigettato per ragioni di merito sul presupposto della novità delle motivazioni ivi addotte.
Ne discenderebbe la nullità di tutti gli atti processuali compiuti successivamente alla citata ordinanza del 14.11.2022, ivi compresa la sentenza impugnata, con conseguente necessità di disporre la «regressione del procedimento alla fase in cui le infrazioni della legge processuale sono state compiute» (v. atto di appello, p. 41). 8. Con il terzo motivo si censura la «nullità dell'udienza in data 18 ottobre 2022 e [..] la conseguente nullità dei provvedimenti assunti», per avere il giudice di prime cure disposto la trattazione in presenza della causa, nonostante, con ordinanza del 15.3.2022, fosse stato disposto che l'udienza si svolgesse in forma cartolare, così violando l'art. 221, comma 4, d.l. n. 34/2020, che tale facoltà non attribuisce al giudice.
Si soggiunge che la revoca dell'ordinanza del 15.3.2022 sarebbe intervenuta senza previo avviso ai procuratori, in occasione dell'udienza di trattazione del subprocedimento cautelare incardinato da ### ciò costringendo i procuratori che avevano presenziato per la trattazione di diverse questioni a discutere, in detto frangente, anche il merito della causa.
Detta violazione sarebbe stata puntualmente eccepita in udienza, impedendo «qualsiasi sanatoria o preclusione alla deduzione del vizio» (v. atto di appello, p. 45).
Ne discenderebbe la nullità dell'udienza del 18.10.2022 e di tutti gli atti compiuti successivamente, ivi compresa la sentenza impugnata, che avrebbe inciso negativamente sull'esercizio del contraddittorio e del diritto di difesa, con conseguente regressione del procedimento alla fase in cui l'atto nullo è stato compiuto. 9. Con il quarto motivo si lamenta la «nullità dell'ordinanza in data 18 ottobre 2022 nella parte in cui omette di fissare udienza di precisazione delle conclusioni».
Gli appellanti contestano la decisione del giudice di trattenere in decisione la causa, nonostante difettasse il presupposto indicato dall'art. 187 c.p.c., anziché, come avrebbe dovuto, «riservare la decisione sulle istanze istruttorie, sciogliere la riserva e, ove avesse ritenuto matura la causa per la decisione, fissare udienza di precisazione delle conclusioni» (v. atto di appello, p. 46). 10. Con il quinto motivo gli appellanti deducono la «nullità dell'ordinanza in data 18 ottobre 2022 nella parte in cui omette di pronunciarsi sulle istanze ed eccezioni degli attori e, in particolare, sulle richieste di prova».
Osservano, in particolare, che, prima di trattenere la causa in decisione, il giudice di primo grado avrebbe anche dovuto ammettere e assumere le prove decisive, in quanto necessario «sia per consentire agli attori di conoscere il materiale probatorio sul quale fondare gli argomenti da sviluppare negli scritti difensivi, sia per consentire di reiterare le richieste di prova respinte» (v. atto di appello, p. 51).
Tale omissione non sarebbe stata sanata dalla sentenza, nella quale, infatti, non sarebbero indicate le ragioni del mancato accoglimento delle istanze istruttorie formulate dagli attori né trattate le eccezioni e contestazioni sollevate da questi ultimi.
Di qui la necessità di dichiarare l'inammissibilità delle produzioni documentali effettuate dalla convenuta con la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. e del «video di ### […] utilizzato ai fini del decidere nonostante fosse stata puntualmente eccepita la gravissima scorrettezza compiuta da controparte», nonché di ammettere l'ispezione, già richiesta nella seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., ritenuta indispensabile per «accertare, nel contraddittorio tra le parti, le modalità di utilizzazione del social network da parte degli attori» e di «verificare come realmente, attraverso il tempo, siano stati utilizzati pagina e profilo, di prendere visione dei contenuti pubblicati e saggiare la frequenza con la quale quelli ritenuti contrari alle regole contrattuali siano apparsi; cruciale, dunque, anche per verificare la gravità dell'inadempimento asseritamente compiuto dagli attori e la proporzionalità della sanzione adottata dalla convenuta» (v. atto di appello, p. 54).
Ne discenderebbe la necessaria restituzione degli atti al Tribunale, ovvero, in via subordinata, l'accoglimento dell'istanza di ispezione da parte della Corte d'appello. 11. Con il sesto motivo si eccepisce la «nullità dell'ordinanza in data 18 ottobre 2022 nella parte in cui abbrevia i termini per il deposito delle comparse conclusionali».
Deducono gli appellanti che la mole e la complessità delle questioni trattate non consentivano alcuna abbreviazione e che il provvedimento indicato, illegittimo per carenza di motivazione, avrebbe gravemente vulnerato il diritto di difesa degli attori; difettando «esigenze di economia processuale meritevoli di tutela», il giudice avrebbe dapprima potuto adottare il provvedimento cautelare invocato da ### e, poi, decidere il merito della causa (v. atto di appello, p. 57). 12. Con il settimo motivo gli appellanti contestano la statuizione di rigetto dell'eccezione di difetto di legittimazione di ### disattesa sul rilievo che dalla documentazione prodotta risultava un mero cambio di denominazione, intervenuto nelle more del giudizio, da ### a ### Assumono gli appellanti che l'eccezione dai medesimi sollevata non riguardava in realtà il cambio di denominazione, avendo essi chiesto di «verificare se esso non fosse piuttosto parte di una complessa operazione societaria», come desumibile dai documenti prodotti nei quali si fa riferimento a modifiche dello statuto, «ossia a eventi che configurano metamorfosi più consistenti». A tale fine sarebbe stato indispensabile acquisire il verbale di assemblea ovvero la delibera assembleare che ha determinato il cambio di società; produzione che, allo stato, sarebbe preclusa, dovendosi conseguentemente negare la legittimazione ad agire di ### dal che discenderebbe l'inammissibilità delle sue richieste di prova, delle eccezioni da questa sollevate e delle conclusioni da essa formulate (v. atto di appello, pp. 63 e 64); 13. Con l'ottavo motivo (attinente al merito) gli appellanti lamentano «i vizi della sentenza nella parte in cui esamina i contenuti pubblicati dagli attori», contestando l'erronea valutazione, da parte del giudice di primo grado, dei contenuti multimediali prodotti da ### dai quali non sarebbe stato possibile desumere che ### sia un'organizzazione d'odio, secondo le condizioni generali di contratto di ### Si deduce, segnatamente, che: i) il primo post indicato nella sentenza (v. p. 27), riguardante la pubblicazione di un articolo apparso sul periodico ### non avrebbe avuto alcun significato apologetico. ### ritraente ### venne pubblicata per scopi didascalici, a illustrazione dell'interpretazione scientifica di avvenimenti storici offerta nell'articolo, peraltro a firma di un accademico; ii) l'articolo pubblicato il 29 maggio 2016, titolato «perché nel 2016 ha ### senso definirsi ### conteneva un'analisi priva di affermazioni apologetiche; iii) anche la locandina che pubblicizzava il convegno con il professor ### era priva di valenza apologetica, atteso che l'immagine di ### ivi contenuta era preordinata a illustrare l'oggetto dell'evento culturale, mentre il titolo «Il fascino del fascismo» corrispondeva al titolo del libro in quell'occasione presentato dal professore; iv) secondo la giurisprudenza della S.C., la commemorazione di defunti non ha rilevanza penale, con la conseguenza che i relativi post con cui si dava avviso delle relative manifestazioni sarebbero privi di rilevanza; v) gli articoli riguardanti l'assegnazione delle case popolari a cittadini di etnia “Rom” si riferiscono a episodi di cronaca e non provano che ### avesse fatto affermazioni di carattere discriminatorio; vi) i contenuti richiamati nella sentenza non dimostrerebbero alcun sostegno di ### alla formazione greca ### atteso che i post dove detto movimento viene menzionato avrebbero costituito «espressione di solidarietà per un brutale assassinio del quale erano rimasti vittime due giovanissimi militanti del movimento […] oggetto di ferma condanna da parte di tutte le forze politiche e del governo greco» (v. atto di appello, p. 72); vii) dai contenuti riguardanti la commemorazione dei caduti della ### presso il ### di ### non emergerebbe alcun intento apologetico; viii) sarebbe stato travisato il post sulla conferenza in tema di “Afrikaner”, dal momento che la locandina dell'evento non reca alcun riferimento «al movimento suprematista di matrice nazionalista o, peggio, neonazista di resistenza ### (v. sentenza, p. 73), riferendosi, piuttosto, agli ### quale «gruppo etnico presente in ### (ma anche in ### e altri ### africani) relativo alle popolazioni di origine europea (principalmente olandesi) che si stanziarono in ### a partire dal ### secolo» (v. atto di appello, p. 73), le cui vicende erano state peraltro attenzionate dalle istituzioni europee; ix) anche i contenuti riguardanti la commemorazione di ### dei militari della R.S.I. caduti nell'eccidio nel ### dei 46 marinai caduti nell'eccidio di ### e di ### (### al ### della ### guerra mondiale che «si era prodigato per salvare gli ebrei dalla deportazione») avevano finalità commemorative e non apologetiche.
Con specifico riferimento alla posizione di ### si aggiunge che il primo giudice avrebbe «indicato un solo contenuto che, peraltro, costituisce condivisione di un articolo di cronaca che esaminava i dati e del Ministero sui responsabili delle violenze sessuali», anch'esso privo di valenza discriminatoria (v. atto di appello, p. 74).
Infine, si censura la sentenza di primo grado nella parte in cui sono elencate una serie di condotte, risultanti da articoli di giornale prodotti da ### di cui si sarebbero resi responsabili militanti di ### Sul punto, si eccepisce che ### non può rispondere di comportamenti compiuti da terzi soggetti e che il giudice di primo grado avrebbe «ignorato le specifiche contestazioni e le repliche degli attori secondo le quali le inchieste giudiziarie - che comunque riguardavano fatti del tutto isolati e non riconducibili alle “politiche” della ### - non avevano ancora superato il vaglio di primo grado» (v. atto di appello, p. 75).
Quanto alle dichiarazioni rilasciate da appartenenti alla ### e in particolare dal vicepresidente ### gli appellanti soggiungono che si tratterebbe di «espressioni rilasciate a titolo personale, che consentono di apprezzare la differenza tra le modalità della “pagina” in questione e quella di altri esponenti (che, peraltro, erano stati destinatari di specifiche sanzioni da parte della convenuta)» (v. atto di appello, p.76).
Gli appellanti rilevano altresì che il giudice di prime cure avrebbe travisato e decontestualizzato lo stralcio del sito internet di ### citato nella sentenza, dove si dà atto degli scopi politici dell'associazione, omettendo di richiamare anche «lo ### della ### nella quale i principi ispiratori sono compiutamente descritti e sono perfettamente coerenti con i principi del nostro ordinamento» (v. atto di appello, p. 76).
Il giudice, inoltre, avrebbe valutato erroneamente anche la «### sull'attività delle forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata», allegata da ### (e consultabile al link richiamato a pagina 25 della comparsa di costituzione e risposta del primo grado), omettendo di coordinare tale documento con una coeva nota del Ministero riguardante ### (doc. 12) allegata dagli appellanti, che confermerebbe la legittimità dell'operato dell'associazione.
Infine, con riguardo alla responsabilità di ### per i commenti ai propri post, gli appellanti lamentano che il giudice di prime cure non avrebbe tenuto conto delle contestazioni formulate circa la loro effettiva riferibilità alla pagina dell'associazione («perché le fotografie non consentono di accertare il loro collegamento tra il contenuto pubblicato dalla ### v. atto di appello, p. 100); ### inoltre, avrebbe potuto rispondere per i commenti di altri utenti, al più, a titolo di omesso controllo, il che non avrebbe potuto condurre alla disattivazione della propria pagina. In via conclusiva, gli appellanti deducono che la corretta valutazione delle prove acquisite nel corso del giudizio avrebbe dovuto condurre il giudice di prime cure a escludere che ### avesse violato il regolamento contrattuale, promuovendo iniziative di matrice discriminatoria o razzista o apologetiche del fascismo; il materiale probatorio avrebbe consentito, di contro, di accertare che ### è un'associazione dedita alle attività di carattere sociale, culturale e politico, come provato: dalla nota del Ministero dell'interno dell'11.4.2015 (doc. 12 fasc. primo grado appellanti); dalla propria partecipazione a numerose competizioni elettorali, peraltro con significativi risultati; dall'organizzazione di molteplici eventi culturali con la partecipazione di soggetti pubblici di differente orientamento politico, ciò dimostrando un metodo di azione rispettoso dei principi costituzionali.
Aggiungono che, in ogni caso, il negozio disciplinante il rapporto tra ### e gli utenti di ### non potrebbe essere interpretato nel senso di consentire alla prima di disattivare in modo arbitrario le pagine e i profili dei secondi, sul rilievo di condotte giuridicamente lecite (ancorché espressione di un diverso modo di intendere la politica, la società e la cultura), ostando a una simile esegesi i principi costituzionali che tutelano la libertà di manifestazione del pensiero.
Infine, anche a voler ammettere la non rispondenza dei contenuti pubblicati sulle pagine degli appellanti alle politiche del gestore del social network, la misura adottata da ### risulterebbe comunque sproporzionata, dal momento che quest'ultima, prima di rimuovere pagina e profilo degli appellanti, avrebbe dovuto quantomeno invitarli a rimuovere spontaneamente i contenuti che presentavano criticità; solo nel caso di persistente violazione, avrebbe potuto provvedere alla cancellazione dei contenuti contestati o, perdurando gravissime violazioni, alla rimozione della pagina di ### e del profilo personale di #### rimozione delle pagine e del profilo degli appellanti avrebbe cagionato un danno, concretatosi, quanto a ### anche nella “perdita” delle conversazioni personali intrattenute tramite la piattaforma, con conseguente diritto a ottenere la condanna dell'appellata al risarcimento dei danni patiti, secondo i parametri indicati nell'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, coerenti con i costanti principi giurisprudenziali. 14. ### di trattare i motivi di gravame, va valutata l'eccezione sollevata da ### di inammissibilità dell'atto di appello per violazione dei principi di sinteticità, chiarezza e specificità, che si rivela infondata. ###, sebbene sia redatto in alcune parti in forma non sintetica e contenga giudizi sui provvedimenti adottati dal giudice di primo grado che esulano dall'impugnazione, in quanto ad essa non strettamente inerenti, è rispettoso, nel complesso e tranne per alcuni peculiari aspetti di cui si dirà in seguito, del requisito di specificità previsto dall'art. 342 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis, successivo alla modifica introdotta dall'art. 54 d.l. n. 83/2012, conv. nella l. n. 134/2012, e precedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022), in quanto contiene una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuta e contrasta le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado (cfr. Cass. S.U. n. ###/2022; Cass. S.U. n. 27199/2017). ### consente, invero, di comprendere in modo agevole natura, portata e senso delle doglianze proposte, che contengono una critica, adeguata e specifica, delle ragioni della decisione impugnata, sì da permettere al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, con riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. 17709/2023; Cass. n. 20123/2022).
La parziale violazione del principio di sinteticità (codificato nell'art. 121 c.p.c. dalla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022, per i giudizi introdotti dopo il ###, senza prevedere comunque sanzioni processuali per la sua inosservanza) resta dunque priva di conseguenze, essendo comunque l'appello rispettoso delle indicazioni di cui all'art. 342 c.p.c. 15. Passando all'esame dei motivi di appello, si deve decidere innanzitutto il settimo, stante la priorità logica-giuridica della questione attinente alla legittimazione (ad agire e contraddire e processuale) di ### Il motivo è privo di pregio.
Si condividono del tutto le ampie e complete argomentazioni svolte dal primo giudice per rigettare l'eccezione in oggetto, in quanto fondate su un'attenta lettura della documentazione prodotta e sulla corretta applicazione dei principi giurisprudenziali sul cambio di denominazione. In particolare, si legge nella sentenza, a p. 4: «Deve rigettarsi l'eccezione di carenza di legittimazione passiva ### in quanto rispetto a ### si tratta del medesimo soggetto giuridico che ha cambiato denominazione sociale (v. documento 110 allegato alla seconda memoria ex art 183 comma 6 c.p.c. depositata da parte convenuta). Vi è prova del cambio di denominazione sociale iscritto nel registro delle imprese, risulta che la delibera sia stata adottata dal socio unico ed è stata anche depositata la certificazione del conservatore in tal senso. Si tratta di documentazione (corredata di traduzione giurata e di affidavit in ordine alla legislazione irlandese in merito) idonea a fornire piena prova della modifica della denominazione sociale (si veda delibera di assemblea straordinaria e certificato di cambio di denominazione doc nn 7 e 8 fascicolo del reclamo I parte depositato con la 2 memoria ex art 183 comma 6 doc 109 e cfr. sentenza della ### nella causa C-319/20, emessa il 28 aprile 2022, par. 2, doc 111 di parte convenuta). La convenuta è una società di diritto irlandese, ma si tratta di un principio presente anche nel nostro ordinamento quello secondo il quale la mera modifica della denominazione sociale non è idonea a modificare la soggettività giuridica dell'ente, dove nemmeno la trasformazione della società (che non è il caso di specie essendo mutata solo la denominazione sociale) da luogo a una vicenda estintiva e l'ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell'ente che ha effettuato la trasformazione (art 2498 c.c.).» A fronte di tali considerazioni e delle numerose pronunce depositate da entrambe le parti, che individuano in ### il soggetto titolare del rapporto controverso, in quanto nuova denominazione di ###, avente il medesimo numero di registrazione (462932), reputa la Corte che non occorra verificare - come richiesto dagli appellanti, senza precisarne specificamente le ragioni - se il cambio di denominazione, che pacificamente non altera l'identità giuridica del soggetto, sia avvenuto nell'ambito di una più complessa operazione societaria, sì da escludere che sia indispensabile produrre il verbale dell'assemblea nel corso della quale è stato deliberato tale cambio. 16. Passando ai primi sei motivi di appello, rileva innanzitutto la Corte che nessuno dei vizi della sentenza di primo grado denunciati rientra tra quelli, aventi carattere tassativo, che, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., determinerebbero, ove accolti, la regressione del processo al grado precedente.
Ciò posto, i motivi vanno respinti, condividendosi le argomentazioni poste dal primo giudice alla base delle statuizioni di rigetto delle relative eccezioni. 16.1. In ordine al primo, gli appellanti si limitano a riproporre gli argomenti posti a fondamento delle due istanze di ricusazione, rigettate dal competente Collegio istituito presso il Tribunale di Roma con le ordinanze datate 11.6.2021 e 21.11.2022 (v. atto di appello, docc. B e C), senza svolgere critiche adeguate e specifiche su di esse.
In particolare, il contenuto di tali ordinanze (non impugnabili ex art. 53, comma 2, c.p.c.) - suscettibile di essere riesaminato nel corso dello stesso processo attraverso il controllo sulla pronuncia resa dal (o col concorso del) iudex suspectus, stante il principio secondo cui l'eventuale vizio causato dall'incompatibilità del giudice invano ricusato si converte in motivo di nullità dell'attività spiegata dal giudice stesso e, quindi, di gravame della sentenza da lui emessa (Cass. n. 19209/2009; Cass. n. 15780/2006) - non è affatto superato dalle considerazioni sviluppate nell'atto di appello, che si fondano su una prospettazione e un'interpretazione dei fatti del tutto personale, già valutate e respinte nelle citate ordinanze, con ampie e puntuali argomentazioni, del tutto condivisibili. 16.2. Analoghe considerazioni valgono per il secondo motivo, con il quale si critica, nella sostanza, il mancato riconoscimento dei presupposti per accogliere il secondo ricorso di ricusazione e la decisione del giudice di non sospendere il giudizio, come consentito alla luce dei pacifici principi della S.C. richiamati nella sentenza, secondo cui la sola proposizione del ricorso non sospende automaticamente il processo, spettando al giudice ricusato una sommaria delibazione della sua ammissibilità e la decisione conseguente di prosecuzione o di rimessione (pp. 1 e 2). Si aggiunga che il rigetto del ricorso per la ricusazione (ordinanza del 21.11.2022) priva di interesse gli appellanti a sollevare ogni questione sulla mancata sospensione del processo. 16.3. In relazione all'udienza del 18.10.2022 (oggetto del terzo motivo) è sufficiente rilevare - come già fatto dal giudice di prime cure (v. sentenza. p. 2) - che la trattazione orale della causa nel merito, dopo che le parti avevano potuto depositare anche le note scritte, non ha creato alcun pregiudizio al diritto di difesa e alla garanzia del contraddittorio, maggiormente tutelati proprio dalla trattazione in presenza, che costituisce tuttora la regola (art. 127 c.p.c.). 16.4. Il quarto motivo è inammissibile per violazione dell'art. 342 c.p.c., in quanto non si confronta affatto con la motivazione della sentenza impugnata, secondo cui la fissazione di un'apposita udienza per la precisazione delle conclusioni non è prevista da nessuna norma ed è in linea con il costante orientamento della S.C., espresso nelle numerose pronunce citate (v. sentenza, pp. 2 e 3). 16.5. In ordine al rigetto delle istanze istruttorie, implicito nel provvedimento che, ritenuta la causa matura per la decisione, ha invitato le parti alla precisazione delle conclusioni (quarto motivo di appello), si osserva che la sentenza contiene una puntuale motivazione sulla mancata ammissione della prova testimoniale e la richiesta di ispezione (v. sentenza, pp. 3 e 4).
Si reputa corretta tale decisione, non apparendo le prove richieste (prova per testi e ispezione) decisive e rilevanti, anche per quanto si dirà appresso sul merito della causa. 16.6. Inammissibile perché aspecifica va dichiarata, invece, la doglianza riguardante il provvedimento con il quale il giudice ha abbreviato i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali (quinto motivo di appello), tenuto conto che - come si legge nella sentenza (p. 3) - la facoltà di abbreviazione è prevista espressamente dall'art. 190, comma 2, c.p.c., senza richiedere specifici presupposti né una specifica motivazione; tanto più che nella specie il giudice, come scritto, ha valutato anche le esigenze di economia processuale determinate dalla presentazione, ad opera di ### di un secondo ricorso per la revoca e la modifica dell'ordinanza cautelare, ai sensi dell'art. 669-decies c.p.c. (v. sentenza, p. 3). 17. Va esaminato quindi l'ottavo motivo, relativo al merito della decisione, che merita accoglimento. 17.1. Occorre anzitutto evidenziare che, come affermato anche nella sentenza di primo grado, il rapporto tra il gestore e gli utenti della piattaforma trae origine da un contratto di diritto privato, che s'instaura mediante l'adesione dei secondi alle condizioni generali predisposte dal primo, in forza delle quali agli utenti vengono forniti prodotti e servizi digitali o telematici.
Così ricostruita la fattispecie contrattuale, deve ritenersi che, a fronte dell'allegazione che l'esclusione dell'utente è avvenuta in violazione delle obbligazioni assunte dal gestore del social network con il perfezionamento del contratto, è onere di quest'ultimo, sulla base dei generali criteri di riparto dell'onere della prova, dimostrare la sussistenza di fatti riconducibili a quelli contrattualmente previsti quali presupposti del recesso.
Nella specie, inoltre, il recesso è stato esercitato sulla base della dedotta inosservanza dell'obbligo negoziale di astenersi dalla pubblicazione di contenuti o dall'assumere posizioni ideologiche non conformi al regolamento contrattuale; con la conseguenza che l'onere di provare le ragioni del recesso incombe su ### anche in virtù dei generali principi espressi sul punto dalla S.C., secondo cui, quando si tratta di far valere l'inadempimento di una obbligazione negativa, la prova dell'inadempimento medesimo è sempre a carico del creditore (Cass. S.U. n. 13533/2001; conf.
Cass. n. 15847/2015; Cass. n. 22244/2022; Cass. n. 17915/2024). 17.2. Ciò premesso, ritiene la Corte che le prove acquisite non consentano di affermare la sussistenza dei presupposti che, ai sensi delle condizioni d'uso della piattaforma e degli standard della community (docc. 6 e 7 fasc. primo grado appellanti; docc. 1 e 2 fasc. primo grado ###, legittimano il gestore alla rimozione della pagina e del profilo di ### e di ### per quanto detto, di un contratto di diritto privato, occorre muovere dall'analisi delle clausole negoziali che regolano i rapporti tra gli utenti e il gestore della piattaforma, riportate ampiamente nella sentenza impugnata (pp. 23-26) e che si richiamano per quanto di rilievo ai fini della presente decisione. ###. 2.1. delle condizioni d'uso, applicabili ratione temporis, stabilisce che «### non può usare i Prodotti per adottare condotte o condividere contenuti: contrari alle condizioni, agli standard della community e ad altre condizioni e normative applicabili all'uso di ### da parte dell'utente; contrari alla legge, ingannevoli, discriminatori o fraudolenti; contrario o in violazione dei diritti di altri utenti, compresi i loro diritti di proprietà intellettuale». ###. 4.2. delle condizioni d'uso prevede che ### può «sospendere o disabilitare in modo permanente l'accesso dell'utente al suo account» nel caso in cui stabilisca che «l'utente abbia violato chiaramente, seriamente o reiteratamente le proprie condizioni o normative, fra cui in particolare gli ### della community». I richiamati standard della community integrano le citate condizioni generali di servizio, descrivendo in modo puntuale il tipo di contenuti che gli utenti devono astenersi dal pubblicare e le associazioni che non possono operare sulla piattaforma.
Segnatamente, non sono ammessi contenuti riferibili a «organizzazioni o persone che proclamano missioni violente o che commettono azioni violente» o a «organizzazioni di odio», per tali intendendosi le associazioni composte da almeno tre persone che, organizzate con un nome, un segno o simbolo, portano «avanti un'ideologia, dichiarazioni o azioni fisiche contro individui in base a caratteristiche come razza, affiliazione religiosa, nazionalità, disabilità, etnia, genere, sesso, orientamento sessuale o malattie gravi».
Gli standard della community consentono, indipendentemente dal loro effettivo comportamento, la rimozione dei soggetti che si rifanno a «ideologie e credenze intrinsecamente legate alla violenza e ai tentativi di organizzare le persone ricorrendo a incitamenti alla violenza o all'esclusione di altri individui in base alle caratteristiche protette di questi ultimi», quali il «nazismo; supremazia bianca; nazionalismo bianco; separatismo bianco».
È consentita, inoltre, la disattivazione dell'account «per incitamento all'odio» se l'utente adotti «ripetutamente un comportamento o una retorica di incitamento all'odio»; ciò anche quando l'utente non abbia commesso o sostenuto esplicitamente atti di violenza. ### all'odio viene ulteriormente definito come «un attacco diretto rivolto alle persone (piuttosto che a concetti o istituzioni) sulla base di quelle che chiamiamo caratteristiche protette: razza, etnia, nazionalità, disabilità, affiliazione religiosa, casta, orientamento sessuale, sesso, identità di genere e malattie gravi».
Le citate previsioni negoziali, dunque, proibiscono l'incitamento all'odio o alla violenza e la presenza sulla piattaforma di soggetti che si rifacciano a ideologie che presuppongono il compimento di simili attività. Esse risultano, pertanto, coerenti con il generale divieto di compiere “discorsi d'odio” affermatosi nel quadro normativo e giurisprudenziale nazionale e sovranazionale, diffusamente richiamato nella sentenza di primo grado (pp. 10-17).
Ne consegue, da un lato, la validità delle richiamate previsioni, che operano un bilanciamento tra il diritto di manifestare liberamente il pensiero (art. 21 Cost.) e i principi di uguaglianza e pari dignità degli individui (art. 3 Cost.) e, dall'altro, l'esigenza di interpretare le menzionate previsioni negoziali in modo da non operare un irragionevole sacrificio degli uni o degli altri, se del caso attuando misure proporzionate alla gravità e alla durata delle violazioni.
Proprio al fine di operare l'anzidetto contemperamento, gli standard della community precisano che i «discorsi che potrebbero altrimenti violare i nostri standard possono essere usati in modo autoreferenziale o per rafforzare una causa», nel qual caso, qualora sia incerto l'effettivo proposito dell'utente, è prevista la possibilità di rimuovere il contenuto (e non anche l'utente). Per analoghe ragioni, è espressamente sancita la libertà dell'utente «di commentare e criticare le politiche sull'immigrazione».
Inoltre, per garantire la proporzionalità della misura adottata rispetto all'interesse a poter esprimere il proprio pensiero sulla piattaforma, gli standard della community e le condizioni d'uso prevedono misure sanzionatorie di crescente gravità, quali la rimozione del contenuto, la sospensione dell'account e la rimozione dell'account. Segnatamente, l'art. 3.2.3. delle condizioni d'uso prevede la possibilità per ### di rimuovere o bloccare i contenuti che violano (tra l'altro) gli standard della community, mentre nell'art. 4.2. è scritto che «in caso ### stabilisca che l'utente abbia violato chiaramente, seriamente o reiteratamente le proprie condizioni o normative, fra cui in particolare gli ### della community, ### potrebbe sospendere o disabilitare in modo permanente l'accesso dell'utente al suo account».
Dalle considerazioni che precedono discende che, essendo preclusa l'irragionevole compressione negoziale di diritti costituzionalmente garantiti e dovendo il contratto essere interpretato conformemente ai canoni di correttezza e buona fede (art. 1366 c.c.), le condizioni generali del servizio vanno interpretate nel senso che ### deve adottare le sanzioni previste dal contratto in maniera gradata, conformemente ai principi di proporzionalità e ragionevolezza. 17.3. Tanto premesso sul quadro negoziale entro il quale si colloca la controversia, reputa la Corte che i contenuti direttamente riferibili agli odierni appellanti non consentissero la disattivazione dei loro account, non essendo rinvenibili dagli atti di causa reiterate, chiare e sistematiche esternazioni discriminatorie fondate sulla razza, etnia, nazionalità, disabilità, affiliazione religiosa, casta, orientamento sessuale, sesso, identità di genere e malattie gravi o di incitamento alla violenza.
Soffermandosi, in particolare, sui contenuti richiamati nella sentenza di primo grado a giustificazione della designazione di ### quale «organizzazione d'odio» da parte di ### si osserva che, a fronte delle specifiche contestazioni svolte dagli appellanti nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1), c.p.c., circa il fatto di non avere mai posto in essere aggressioni e di non avere mai promosso tesi di matrice discriminatoria (p. 14), il post del 26.4.2019, riguardante l'opposizione di ### all'assegnazione di case popolari a famiglie nomadi, non consente di valutare se i vertici del movimento abbiano compiuto o avallato esternazioni di matrice razzista o se, al contrario, la loro iniziativa si sia svolta nei limiti imposti dal confronto democratico, fermo restando che ### avrebbe potuto procedere alla rimozione del contenuto o alla sospensione della pagina, prima della sua definitiva disattivazione.
Tantomeno può ritenersi che i documenti prodotti da ### ai nn. 51, 52 e 53 dimostrino un effettivo sostegno di ### ai principi o metodi dell'organizzazione greca ### Si tratta, infatti, della locandina di un convegno, di cui è ignoto l'oggetto, e di due articoli di giornale in lingua inglese, in cui ### non viene citata. Anche in questo caso, ### avrebbe potuto rimuovere il post in via cautelare ed eventualmente chiedere spiegazioni, in applicazione delle previsioni degli standard della community, a mente delle quali: «### consapevoli del fatto che gli utenti potrebbero condividere contenuti che includono riferimenti a organizzazioni e persone pericolose designate per segnalare, condannare o discutere in modo neutrale delle stesse o delle loro attività. Le nostre normative sono pensate per lasciare spazio a questi tipi di discussioni, ma chiediamo alle persone di chiarire le proprie intenzioni. Quando l'intenzione non è chiara, possiamo rimuovere il contenuto».
Analogamente è a dirsi per i contenuti riguardanti varie commemorazioni di soggetti defunti, dai quali non emergono esternazioni di natura discriminatoria.
Anche dal post del 17.4.2019, con cui era pubblicizzata una conferenza sul tema “Afrikaner” (termine che, di per sé solo, non designa un movimento politico, ma un gruppo etnico del ###, non emergono esternazioni di carattere discriminatorio. Inoltre, ### non ha prospettato il carattere xenofobo delle esternazioni eventualmente compiute nel corso del convegno, che non può presumersi dal mero contenuto della locandina, la quale, come documentato dagli appellanti, allude a una tematica oggetto di dibattito da parte di molteplici attori politici, anche nell'ambito delle istituzioni europee (v. doc. 23 fasc. primo grado appellanti).
Sul punto gli appellanti hanno evidenziato peraltro che, in occasione del convegno, ### avrebbe dovuto esporre un resoconto del proprio viaggio in ### svolto «nell'ambito della missione organizzata dal gruppo politico ### e ### del ### dal cui programma risulta che la delegazione aveva incontrato non già esponenti del di ### ma il «deputato sudafricano ### del ### (v. memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c., p. 9, e il citato doc. 23); movimento di cui ### non ha prospettato la natura di organizzazione d'odio.
Si osserva, infine, che, qualora il contenuto in questione avesse fatto espressamente riferimento al ### di resistenza ### (il che dalla locandina non risulta), ### avrebbe dovuto applicare la già citata clausola degli standard della community che così prevede: «### consapevoli del fatto che gli utenti potrebbero condividere contenuti che includono riferimenti a organizzazioni e persone pericolose designate per segnalare, condannare o discutere in modo neutrale delle stesse o delle loro attività. Le nostre normative sono pensate per lasciare spazio a questi tipi di discussioni, ma chiediamo alle persone di chiarire le proprie intenzioni.
Quando l'intenzione non è chiara, possiamo rimuovere il contenuto».
Di conseguenza, in virtù dei richiamati principi di progressività che presiedono l'applicazione delle sanzioni contrattuali, qualora fossero residuati dubbi circa l'intento sotteso alla pubblicazione del post, ### avrebbe potuto cancellare il contenuto, ma non anche l'account dell'utente.
Tantomeno la rimozione dell'account risulta giustificata alla luce del post dell'8.12.2020, con cui ### ha condiviso un articolo intitolato «### sessuali: gli stranieri delinquono 7 volte in più degli italiani. I numeri parlano chiaro».
Tale post, infatti, è successivo alla disattivazione del profilo. Inoltre, con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., ### non ha allegato né documentato il contenuto dell'articolo condiviso sul profilo dell'appellante, mentre il post, di per sé considerato, non eccede i limiti della continenza in misura tale da legittimare l'immediata cancellazione del profilo, senza preliminarmente condurre l'adozione di misure meno invasive.
Peraltro, ove l'articolo avesse recato una critica rispetto alle politiche migratorie, il contenuto sarebbe stato disciplinato dalla clausola degli standard della community che, indipendentemente dal merito delle censure mosse dall'utente, così prevede: «### inoltre rifugiati, migranti, immigrati e richiedenti asilo dagli attacchi più gravi, pur consentendo di commentare e criticare le politiche sull'immigrazione».
Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento ai post del 25.3.2016 e del 29.5.2016, con i quali sono stati condivisi due articoli del periodico «### difatti, non consta che i post di ### contenessero forme di istigazione all'odio razziale, mentre la fotografia che ritrae ### è stata pubblicata quale didascalia dell'oggetto dell'articolo, di cui non è prospettato né documentato il contenuto, ma che è incentrato, da quanto appare, sulle vicende storiche degli anni del colonialismo italiano.
Parimenti non si rinvengono “discorsi d'odio” nel post del 5.10.2017, con il quale è stata pubblicizzata la presentazione di un libro sul fascismo a firma di ### professore ordinario universitario finlandese.
Quanto alle esternazioni del vicepresidente dell'associazione dell'epoca, ### di ### nell'ambito della trasmissione «### del 9.11.2017 riportate dalla sentenza, le stesse evidenziano come il movimento abbia pubblicamente condannato le leggi razziali anche perché, oltre ad essere un «orribile scempio», «separarono la comunità ebraica dal fascismo, mentre molti esponenti di quella comunità avevano contribuito all'ascesa del fascismo».
Si osserva altresì che il recesso di ### è avvenuto circa due anni dopo la diffusione dei contenuti da ultimo richiamati, il che conduce ulteriormente a ritenere che i menzionati principi di proporzionalità, buona fede e correttezza avrebbero dovuto condurre quest'ultima a segnalarne il potenziale contrasto con gli standard della community, prima di addivenire alla cancellazione degli account.
Si aggiunga che solo una minima parte dei documenti prodotti da ### contengono esternazioni e post direttamente riferibili agli odierni appellanti e che dette esternazioni e post risultano distribuiti in un arco temporale particolarmente esteso, con la conseguenza che, in applicazione delle citate previsioni degli standard della community e dei richiamati principi di proporzionalità e adeguatezza (pertinenti al caso di specie avuto riguardo agli interessi incisi dalla vicenda), ### avrebbe potuto e dovuto chiedere chiarimenti in ordine alle finalità sottese alla pubblicazione dei contenuti ambigui, procedendo alla loro rimozione in caso di perduranti perplessità, ovvero irrogare sanzioni graduate, tenendo anche conto dell'eventuale reiterazione delle pretese violazioni anche all'esito della cancellazione dei singoli contenuti o della sospensione temporanea degli account. Le anzidette osservazioni sono suffragate, invero, dal costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale il potere contrattuale di recesso riconosciuto dall'autonomia privata va esercitato nel rispetto di determinati canoni generali - quali quello della buona fede oggettiva, della lealtà dei comportamenti e della correttezza (alla luce dei quali devono essere interpretati gli stessi atti di autonomia contrattuale) - al fine di evitarsi che l'esercizio del relativo diritto soggettivo possa sconfinare nell'abuso e nell'arbitrio. Ne deriva, dunque, la possibilità del controllo da parte del giudice, in particolare in ipotesi di provata disparità di forze tra i contraenti, al fine di valutare se l'esercizio della facoltà riconosciuta all'autonomia contrattuale abbia operato in chiave elusiva dei principi espressione dei canoni generali della buona fede, della lealtà e della correttezza; principi in cui è insito anche quello di proporzionalità, che preclude l'esercizio di un rimedio negoziale con modalità tali da provocare un sacrificio ingiustificato degli interessi della controparte, tenuto conto, altresì, della possibilità di avvalersi in modo efficace di rimedi meno gravosi (così, Cass. n. 11737/2024, che richiama Cass. n 20106/2009; v. anche Cass. n. 23087/2025 e Cass. n. 3817/2023; con riguardo all'applicazione del principio di proporzionalità in materia di recesso datoriale, v., tra le tante, Cass. n. ###/2023; Cass. n. 16784/2020).
Ulteriore corollario di quanto precede è che, come chiarito dalla S.C. in materia di esclusione dell'associato, qualora un titolo negoziale preveda, in capo a una parte, il potere di sciogliersi unilateralmente dal rapporto sulla base di clausole elastiche che presuppongano un giudizio di gravità del contegno dell'altro contraente, occorre non solo stabilire se sia avverata, in concreto, una delle ipotesi previste in termini generali e astratti per lo scioglimento del rapporto, ma anche valutare la proporzionalità complessiva tra le conseguenze del comportamento addebitato e quelle imposte alla parte che subisce l'esclusione (Cass. n. 2117/2024; Cass. n. 17907/2004).
Non risulta dagli atti, invece, che nel caso in esame lo scioglimento del rapporto sia intervenuto nel rispetto dei menzionati canoni di correttezza e buona fede, non essendo provato che ### abbia previamente invitato gli appellanti alla rimozione dei contenuti ritenuti contrari alle regole del social network né abbia operato la necessaria graduazione delle sanzioni contrattuali previste dalle condizioni generali di servizio, il che determina l'illegittimità del recesso esercitato in conseguenza della condotta tenuta dagli appellanti sulla piattaforma.
Difatti, stando alle stesse prospettazioni dell'appellata, prima della disattivazione della pagina, ### ha rimosso soltanto otto contenuti (indicati nella comparsa di costituzione e risposta di primo grado, pp. 34, 35 e 36) pubblicati da ### tra febbraio e giugno 2019.
Dunque, diversamente da quanto affermato nella sentenza gravata circa la preventiva cancellazione dei post che avrebbero integrato la reiterata violazione degli standard della community, emerge dalle prospettazioni delle parti e dai documenti prodotti che ### non ha censurato i contenuti degli account degli appellanti per numerosi anni (dall'iscrizione, avvenuta moltissimi anni prima, come affermato dagli appellanti e non contestato - v. atto di citazione primo grado, p. 14) fino al 2019, e solo nel primo semestre del 2019 ha cancellato un esiguo numero di post di ### senza richiedere spiegazioni preventive sul loro significato, salvo poi procedere alla rimozione degli account degli appellanti, decorsi tre mesi dalla pubblicazione dell'ultimo dei post cancellati; ciò senza far precedere tale iniziativa dalla sospensione dell'account o da un preventivo avviso degli utenti. Tali misure preliminari, invero, avrebbero dovuto precedere il recesso, alla luce delle condizioni d'uso, dei richiamati principi di correttezza e buona fede contrattuale e della necessità di operare un adeguato contemperamento tra gli interessi di rango costituzionale incisi dalla vicenda negoziale in esame; esigenze, queste, che risultano sottese all'approvazione del ### n. 2022/2065 del ### e del Consiglio del 19 ottobre 2022, il quale, sebbene non applicabile ratione temporis al presente giudizio, comunque esprime come sia condivisa, a livello sovranazionale, la sensibilità per la particolare meritevolezza di tutela della posizione dell'utente di una piattaforma social, prevedendo, tra l'altro, che «dopo aver emesso un avviso preventivo, i fornitori di piattaforme online sospendono per un periodo di tempo ragionevole la prestazione dei loro servizi ai destinatari del servizio che con frequenza forniscono contenuti manifestamente illegali» (art. 23).
Si osserva altresì che l'appellata, nella propria memoria di replica in primo grado (p. 32), ha precisato che «Nel caso in esame, ### non sostiene né ha mai sostenuto che i contenuti degli ### siano illegali. Piuttosto, la presenza e l'attività degli ### sul ### viola chiaramente le ### e gli ### della ### ha dedotto, inoltre, che «la rimozione della ### e del ### per violazione delle ### e degli ### della ### (si ribadisce, non per illegalità) è rispettosa dei criteri stabiliti all'art. 23 del DSA».
Può quindi affermarsi che, ai sensi dell'art. 112 c.p.c., l'oggetto del presente giudizio è costituito esclusivamente dall'accertamento della legittimità del recesso esercitato da ### sul rilievo del dedotto carattere discriminatorio dei contenuti pubblicati da ### e da ### e del loro ricorso all'incitamento all'odio o alla violenza, come definiti dagli standard della community, e non anche del carattere illecito dei contenuti pubblicati dagli appellanti, ai quali non è stata, infatti, contestata tale ### violazione delle condizioni d'uso (v. art. 2).
Tanto precisato, ritiene la Corte che l'analisi dei post pubblicati da ### e da ### in definitiva, non consenta di rilevare gravi e reiterate esternazioni inequivocabilmente qualificabili come incitazioni all'odio, secondo quanto previsto dagli standard della community. Si tratta di contenuti che danno senz'altro risalto alle radici politiche dell'associazione e dei suoi associati, ma che, stando alla documentazione acquisita in giudizio, non si risolvono in un evidente e oggettivo «attacco diretto rivolto alle persone (piuttosto che a concetti o istituzioni) sulla base di quelle che chiamiamo caratteristiche protette: razza, etnia, nazionalità, disabilità, affiliazione religiosa, casta, orientamento sessuale, sesso, identità di genere e malattie gravi» (v. standard della community), suscettibile di condurre alla disattivazione della pagina, senza preventiva adozione di misure di minore invasività. 17.4. Alla luce dei documenti prodotti in giudizio non può neppure ritenersi che, indipendentemente dal tenore dei contenuti pubblicati, il recesso di ### sia giustificato in considerazione dell'ideologia cui si rifà ### Gli standard della community consentono di rimuovere dalla piattaforma le associazioni che apertamente si rifacciano a ideologie intrinsecamente discriminatorie, quali «nazismo; supremazia bianca; nazionalismo bianco; separatismo bianco».
Premessa la validità della clausola in questione, che, per quanto detto, è coerente con il principio secondo cui anche la libertà di espressione deve essere contemperata con altri valori primari, tra cui la dignità dell'individuo, si ritiene che la designazione di un movimento da parte di ### quale “organizzazione d'odio” non possa essere totalmente avulsa dalla simbologia impiegata sulla piattaforma, dall'autorappresentazione che l'associazione faccia di sé stessa o dalla propria denominazione.
Diversamente opinando, si giungerebbe alla conclusione per la quale, ai fini dell'esecuzione di un rapporto negoziale, il gestore del network deve compiere un'indagine sull'intrinseco “modo di essere” dell'utente; conclusione che, oltre a non essere suffragata dalla natura del contratto in questione, che non si fonda sull'intuitus personae, potrebbe condurre a esiti incerti e potenzialmente lesivi dei diritti fondamentali dell'utente e dell'effettività del dibattito politico.
Ciò chiarito, si ritiene che il compendio documentale acquisito non consenta di affermare che ### rientra tra le organizzazioni che incitano «alla violenza o all'esclusione di altri individui in base alle caratteristiche protette di questi ultimi»» (v. standard della community).
In proposito, appare necessario muovere dall'autorappresentazione che ### offre di sé stessa e, dunque, dall'analisi del suo statuto, che, nel definire le proprie finalità istituzionali e i principi che devono orientarne il perseguimento, prevede: «l'associazione, pertanto, nell'interesse degli associati e/o della collettività, svolge le attività finalizzate: a) all'attuazione dei principi di uguaglianza, di pari dignità sociale degli individui e dei gruppi; b) all'attuazione del principio di solidarietà, per affermare i diritti di tutti i residenti, anche immigrati, e per superare squilibri economici, sociali, territoriali e culturali; c) allo sviluppo della democrazia e della persona umana; d) alla valorizzazione della pace, della cultura multietnica e multireligiosa e della solidarietà fra i popoli; e) alla piena attuazione dei diritti di cittadinanza ed alla realizzazione delle pari opportunità fra donne e uomini» (doc. 1 fasc. primo grado appellanti).
Analogamente, nell'atto costitutivo di ### si legge che «lo spirito e la prassi dell'associazione trovano origine nel rispetto dei principi della ### che hanno ispirato la costituzione dell'associazione stessa e si fondano sul pieno rispetto della dimensione umana, culturale e spirituale della persona» (v. doc. 1 fasc. primo grado appellanti). ### in questione, dunque, quantomeno a livello statutario, persegue finalità coerenti con l'ordinamento costituzionale, con la conseguenza che eventuali attività di segno contrario si porrebbero in contrasto con gli atti fondativi della stessa associazione. Anche il programma politico di ### del 2018 non contiene (né sono prospettati) riferimenti ai propositi discriminatori o antidemocratici dell'associazione (v. doc. 11 fasc. ###, in presenza dei quali, tra l'altro, sarebbe stato precluso al movimento di partecipare alle elezioni politiche nazionali (doc. 26 fasc. primo grado appellanti).
Nell'articolo pubblicato sul quotidiano «### prodotto da ### (doc. 4), si legge peraltro che «the movement claimed to be “opposed to any form of discrimination based on racial or religious criteria, or on sexual inclination”»; affermazione che può tradursi nei termini che seguono «il movimento ha rivendicato di essere contrario a qualsiasi forma di discriminazione basato su criteri razziali, religiosi o su inclinazioni sessuali». Coerentemente con le richiamate clausole statutarie, l'associazione identifica sé stessa quale movimento che rifiuta la discriminazione su base etnica e religiosa o sulla base dell'orientamento sessuale.
Gli appellanti hanno prodotto, inoltre, una nota del Ministero dell'interno dell'11.4.2015, acquisita d'ufficio dal Tribunale di Roma nel procedimento n. 27497/2011 R.G. (doc. 12; v. anche la sentenza che ha definito quel giudizio, doc. 11), nella quale si legge: «### caratterizzanti del sodalizio sono subito apparsi uno stile di militanza fattivo e dinamico ma rigoroso delle gerarchie interne e la palese e dichiarata volontà di sostenere una rivalutazione degli aspetti innovativi e di promozione sociale del ventennio, asseritamente nella prospettiva di un superamento di una visione apologetica e nostalgica del passato». Nella nota si rileva, inoltre, che l'affermazione di ### è stata conseguita «anche attraverso l'organizzazione di innumerevoli convegni e dibattiti cui sono frequentemente intervenuti esponenti politici, della cultura e del giornalismo anche di diverso orientamento politico» e che «l'azione di ### si è indirizzata anche verso tematiche, in passato predominio esclusivo della contrapposta area politica, quali il sovraffollamento delle carceri o la promozione di campagne animaliste contro la vivisezione e l'utilizzo di animali in spettacoli circensi».
La relazione sull'attività delle forze di ### del 2016, richiamata da ### (come detto, accessibile al link indicato nella comparsa di costituzione, p. 32), non fornisce specifici elementi da cui potere desumere il sistematico ricorso da parte dell'associazione all'intolleranza e ai «discorsi d'odio».
Inoltre, risulta che ### ha partecipato a numerose competizioni elettorali e organizzato molteplici eventi culturali, con la presenza di giornalisti ed esponenti di diverse etnie, associazioni e orientamenti politici (doc. 22 fasc. primo grado appellanti; in alcune delle locandine si legge, in fondo, che l'incontro è aperto a tutti e il confronto è libero).
A fronte di tali emergenze, può dunque affermarsi che ### non ha offerto elementi circostanziati a riprova della sussistenza dei presupposti del proprio recesso.
I caratteri intrinseci dell'associazione vengono, infatti, desunti dalle dichiarazioni rese da alcuni soggetti che si assumono riconducibili a ### da notizie di cronaca, dalle quali emergerebbe il sistematico ricorso alla violenza e all'intolleranza da parte dei militanti del movimento, dai commenti sottostanti ai post dell'associazione e dai dichiarati riferimenti ideali dell'associazione.
Sul punto si ritiene che, in assenza di specifiche allegazioni e prove al riguardo, i documenti depositati da ### non siano idonei a dimostrare che le vicende di cronaca e le dichiarazioni di soggetti terzi, non riferibili direttamente all'associazione, costituiscano una conseguenza diretta del ricorso di ### all'incitamento alla violenza e all'odio.
Ciò chiarito, in forza di quanto esposto in punto di riparto dell'onere della prova e in difetto di auto qualificazioni di ### quale movimento xenofobo o omofobo, ### avrebbe dovuto documentare che ### rivendicava, avallava o incitava le attività violente e le manifestazioni di intolleranza indicate.
In mancanza di quanto detto e avuto riguardo alle contestazioni contenute nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2), c.p.c. degli attori (p. 14), non può presumersi l'esistenza di un rapporto di causa a effetto tra l'intrinseca natura del movimento e i fatti di cronaca di cui si sarebbero resi protagonisti taluni aderenti all'associazione, delle cui azioni non può essere chiamata a rispondere contrattualmente quest'ultima, in quanto terzo, quantomeno nella misura in cui essa non ha incitato, avallato o rivendicato i compiuti atti di violenza e di intolleranza.
Si aggiunga, con riferimento ai commenti pubblicati da altri utenti della piattaforma in calce ai post di ### che quest'ultima, nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 3), c.p.c. (p. 22) e, dunque, tempestivamente, ha disconosciuto, in modo espresso e motivato, la riferibilità alla propria pagina dei commenti indicati nell'avversa memoria ex art. 183, comma 6, 2), c.p.c. (docc. 94 e 106 fasc. primo grado ###, e che non è stata svolta attività istruttoria per accertare la loro effettiva provenienza.
Si tratta, inoltre, di commenti per lo più non coincidenti temporalmente con il periodo in cui è stato esercitato il recesso (2019), essendo di molto anteriori (2016) o successivi (2022) ad esso. È evidente, anche alla stregua dei richiamati principi di correttezza e proporzionalità, come non possano addursi a fondamento del recesso né i commenti più risalenti nel tempo, di cui ### avrebbe potuto (e dovuto) già sollecitare la rimozione, sul rilievo del ### dovere del titolare dell'account di vigilare sui contenuti pubblicati da terzi soggetti sulla propria pagina, né quelli pubblicati posteriormente al suo esercizio, che avrebbero dovuto formare oggetto di nuove e specifiche contestazioni.
Si osserva, infine, che non trova riscontro, sul piano del diritto positivo, la necessaria correlazione tra la dichiarata condivisione, da parte di ### di taluni ideali del fascismo e il carattere razzista e discriminatorio del movimento.
In particolare, ai sensi della XII disposizione transitoria e finale della ### è fatto divieto di riorganizzare, sotto qualsiasi forma, il disciolto partito fascista.
In attuazione di tale disposizione, la legge 20.6.1952, n. 645 sanziona chiunque promuove, dirige e organizza le associazioni, i movimenti o i gruppi che perseguono le finalità antidemocratiche proprie del disciolto partito fascista, rivolgono la propria attività all'esaltazione di esponenti, principii, fatti e metodi proprio del partito fascista o che compiano manifestazioni esteriori di carattere fascista (artt. 1 e 2). È, inoltre, punito chi fa propaganda per la costituzione di tali associazioni, movimenti o gruppi (art. 4), chi partecipa ai medesimi (art. 2) e chi esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche e chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste (artt. 4 e 5).
Come chiarito dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione, si tratta di fattispecie di pericolo concreto, che puniscono «unicamente quelle manifestazioni che, in relazione alle circostanze di tempo, di luogo e ambiente in cui si svolgono e per le loro obbiettive caratteristiche, siano comunque idonee a far sorgere la situazione di pericolo di ricostituzione del partito» (così C. Cost. n. 74/1958 e n. 15/1973, richiamate da Cass. pen.
S.U. n. 16153/2024).
Il descritto regime sanzionatorio, dunque, non impedisce, in termini assoluti, esternazioni o movimenti che facciano propria non l'intera ideologia del disciolto partito fascista, ma soltanto alcuni dei suoi punti programmatici; ciò a condizione che il modo di operare dell'associazione nella vita politica non manifesti il dolo e il pericolo concreto di ricostituzione del disciolto partito fascista; con la conseguenza che la l. 645/1952 non consente di affermare il carattere intrinsecamente illecito di un'associazione sulla sola base del richiamo, in chiave critica e aggiornata, di alcuni principi della predetta ideologia (Cass. pen. n. 28565/2022; pen. n. 7560/1982; Cass. pen. n. 1564/1980). A tale scopo, in giurisprudenza si è dato particolare risalto all'analisi dello statuto e del programma dell'associazione, ritenendosi esclusa l'applicazione della l. n. 645/1952 dalla «compresenza, nello ### e nel programma di ### nonché nei documenti ad essi riconducibili, di taluni obiettivi storicamente perseguiti dalla dottrina ### (come il corporativismo) accanto a un modello di Stato, delineato al punto G) (### presidenziale, ### bicamerale con potere legislativo), alieno da quella dottrina, e, soprattutto, accanto ad affermazione di principi, quali quelli attinenti alla “salvaguardia delle libertà di stampa, di associazione, di espressione e religione” e al “rifiuto di ogni forma di discriminazione razziale”, che si ponevano in rapporto di assoluta coerenza con la ### costituzionale della ### e non, certamente, con l'ideologia ###» (Cass. pen. n. 28565/2022).
Anche nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo viene affermato il principio secondo cui i diritti di libertà di espressione (art. 10 Cedu) e di libertà di riunione e di associazione (art. 11 Cedu) sono tutelati nella misura in cui non siano esercitati in modo offensivo per i soggetti che sostengano idee contrapposte.
Corollario di ciò è che la libertà di associarsi e manifestare il proprio pensiero possono essere considerate recessive a condizione che siano espresse idee o finalità violente, discriminatorie o antidemocratiche (Corte Edu, G. v. Germania, n. 13079/87, decisione della ### del 6.3.1989); ogni limitazione ai menzionati diritti fondamentali per ragioni diverse dall'incitamento all'odio o al sostegno di principi antidemocratici costituisce un pericolo per la democrazia stessa (Corte Edu, ### v.
Russia, nn. 4916/07, 25924/08, 14599/09). Sicché, in assenza di elementi che consentano di dimostrare le predette finalità, il senso di comprensibile indignazione derivante dall'esposizione di un simbolo utilizzato durante un regime dittatoriale (nella giurisprudenza della Corte Edu si fa riferimento sia alla stella rossa che alla simbologia del fascismo) non può da solo porre i limiti alla libertà di espressione poiché «sostenere il contrario significherebbe che la libertà di parola e di opinione è soggetta al veto del contestatore» (Corte Edu, ### v. Ungheria n. 40721/08).
Come detto, nella specie, lo statuto di ### fa espresso riferimento all'osservanza dei principi della ### mentre nel programma politico del movimento si dà atto della volontà di conservare una forma di democrazia rappresentativa, fondata sul bicameralismo e la «fissazione del limite di età per l'elettorato attivo e passivo di ogni istituto elettivo dello Stato nei 18 anni di età».
Peraltro, proprio dalla produzione documentale dell'appellata, emergono esternazioni che testimoniano il proposito dell'associazione, quantomeno dichiarato, di partecipare alla vita politica del paese nel rispetto del metodo democratico (v. doc. 106 fasc. primo grado ### p. 19, dove è riportato il titolo di un articolo nel quale il contenuto dell'intervista del “fascista” ### è così compendiato: «### più democrazia contro i liberisti»).
Quanto ai principi di diritto che si assumono espressi da Cass. pen. 19449/2010 (v. comparsa di risposta ### p. 27), mette conto evidenziare che tale sentenza non verte sull'individuazione del perimetro delle fattispecie penali sopra richiamate, ma riguarda la possibilità o meno di condannare per diffamazione il soggetto che abbia utilizzato il termine “nazifascisti” e “neonazisti” per designare esponenti del movimento ### ritenendo che, avuto riguardo al dato storico, l'accostamento al nazismo non costituisca reato, rientrando nei limiti della critica politica.
I c.d. “discorsi d'odio”, invece, sono soggetti a una disciplina non del tutto sovrapponibile a quella dettata per le menzionate fattispecie previste dalla l. n. 645/1952, che, pertanto, va analizzata separatamente.
In particolare, detta disciplina è attualmente contenuta negli artt. 604-bis e 604-ter c.p., che vietano la propaganda e l'istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa, la costituzione di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che, nell'attualità, abbiano tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, prevedendo un'aggravante per i fatti commessi con tali finalità e la partecipazione a tali entità; come risulta dalla rubrica della sezione entro cui si collocano, le disposizioni in esame tutelano il diritto fondamentale dell'individuo a non subire svilenti discriminazioni, forme di disuguaglianza o di violenza in conseguenza dell'incitamento all'odio perpetrato da terzi.
Sussiste, invero, una chiara e comprensibile coincidenza tra i divieti contenuti negli standard della community e i comportamenti incriminati dagli artt. 604-bis e 604-ter c.p., posti a presidio, non solo dell'attuale assetto costituzionale (di cui ### non è garante), ma soprattutto della dignità dell'individuo, che ben potrebbe essere un utente della piattaforma e che, per questo, configurano fattispecie di pericolo presunto.
Analoghe considerazioni valgono con riferimento al rapporto esistente tra i reati previsti dall'art. 5 della l. n. 645/1952 e s.m.i. («Manifestazioni fasciste») e dall'art. 2 del d.l. n. 122/1993, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 205/1993 (rubricato sotto il titolo «### di prevenzione»), in relazione al quale le ### unite della Corte di cassazione hanno chiarito che «affinché il rituale espresso nelle manifestazioni di cui all'art. 5 legge cit. possa integrare anche il reato di cui all'art. 2 legge cit., occorrerà che ad esso si accompagnino elementi, relativi al contesto complessivo in cui lo stesso sia tenuto, idonei ad attribuirgli non la sola funzione semplicemente evocativa del disciolto partito fascista - e, dunque, ove ricorrente il pericolo concreto richiesto, incitativa della sua ricostituzione - ma anche, a fronte del contesto materiale o dell'ambito nel quale la manifestazione ha luogo, il significato discriminatorio tipizzante il reato di cui all'art. 2 cit.» ( pen. S.U. n. 16153/2024); ciò che porta ad escludere ulteriormente il dedotto rapporto di implicazione necessaria tra i due fenomeni.
Dalle argomentazioni sopra sviluppate discende l'illegittimità del recesso esercitato da ### anche laddove è fondato sull'assunto secondo cui l'ideologia espressa dagli appellanti implichi il carattere necessariamente xenofobo e discriminatorio dell'associazione, dal momento che non è rinvenibile, a livello ordinamentale, il dedotto nesso di implicazione necessaria tra i richiamati riferimenti ideologici dell'associazione e la sua natura di «organizzazione d'odio»; è astrattamente possibile, infatti, per quanto detto, che un'organizzazione caratterizzata dalla suddetta impronta ideologica non persegua le finalità di cui all'art. 1 l. n. 645/1952, non si prefigga, in concreto, la riorganizzazione del partito fascista e non abbia, quale scopo, l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, così come sarebbe senz'altro possibile che un'organizzazione che persegue gli scopi di cui all'art. 604-bis c.p. non si prefigga anche la riorganizzazione del disciolto partito fascista ex art. 1 l. n. 645/1952. ### dell'eventuale perseguimento di scopi antidemocratici da parte dell'associazione, sulla base dell'interpretazione del contegno complessivo tenuto al di fuori dello spazio virtuale da essa gestito in contrapposizione rispetto ai propri fini statutari, non può, invece, essere demandato al gestore della piattaforma, cui non è consentita siffatta valutazione dall'applicazione delle clausole degli standard della community, restando conseguentemente estraneo al presente giudizio. Invero, in applicazione dell'art. 3 della l. n. 645/1952, l'eventuale accertamento delle effettive (ancorché non esplicitate) finalità illecite eventualmente perseguite da ### potrebbe, in ipotesi, condurre al suo scioglimento da parte del Ministero dell'interno, da adottare previa pronuncia di una sentenza dalla quale risulti accertata la riorganizzazione del disciolto partito fascista, o, nei casi straordinari di necessità e urgenza, dal ### il che conduce ulteriormente a ritenere che non sia questa la sede per valutare l'agibilità politica di un movimento di estrema destra, non manifestamente dedito ai discorsi d'odio e che si auto-qualifichi come soggetto democratico; valutazione da condurre sul piano della tutela della struttura democratica dell'ordinamento e non della garanzia degli interessi degli utenti del social network, che, nella specie, sono pienamente tutelati dalla disciplina positiva e contrattuale in materia di “hate speech”.
Alla stregua di quanto precede - e condividendo l'assunto del giudice di prime cure, secondo il quale, nel caso di specie, non si tratta di accertare la rilevanza penale della condotta di ### (che, per espressa ammissione di ### non ha costituito il motivo di disattivazione degli account), quanto piuttosto il perdurante diritto di quest'ultima a fare parte del social network ### in conseguenza del rispetto della disciplina contrattuale riguardante le relative condizioni di utilizzo - deve ritenersi che ### avrebbe potuto attuare il programma contrattuale, rimuovendo ### e ### dalla piattaforma, solo qualora questi ultimi avessero manifestato convinzioni ideologiche inscindibili dall'incitamento all'odio o alla discriminazione, ovvero nel caso di inequivoco e strutturale perseguimento, da parte dell'associazione, di finalità discriminatorie, antidemocratiche o altrimenti illecite. Ipotesi non provate nel caso in esame. 18. In definitiva, non potendo affermarsi, sulla base di quanto è stato dedotto e documentato nel presente giudizio, che ### è un'associazione dedita ai discorsi d'odio e non essendo stato prospettato a motivo dello scioglimento del rapporto che si tratti di un'organizzazione altrimenti illecita secondo l'ordinamento generale, va esclusa la legittimità del recesso esercitato da ### Ne consegue che quest'ultima deve essere condannata alla immediata riattivazione della pagina di ### e del profilo personale di ### nelle stesse condizioni in cui essi si trovavano prima della rimozione, senza limitazioni di servizi e di estensione territoriale.
In relazione a tale ultimo profilo, non può accogliersi la richiesta subordinata di ### di circoscrivere l'ordine di ripristino al solo territorio italiano, tenuto conto che le pagine e i profili degli utenti sono visibili in tutto il mondo dagli utilizzatori del social network ### in linea con quanto previsto dalle condizioni d'uso, nelle quali si legge che «### crea tecnologie e servizi che consentono agli utenti di connettersi fra di loro, creare community e far crescere aziende» (v. premesse), non venendo in rilievo le problematiche prospettate sulla giurisdizione e sulla valenza delle decisioni del giudice italiano al di fuori dell'ambito nazionale, quanto piuttosto le conseguenze dell'accertamento giudiziale di una condotta ingiustificata da parte del gestore del social network.
In ogni caso, si osserva come la Corte di giustizia dell'### europea abbia di recente affermato il principio secondo il quale i giudici degli ### membri possono imporre ai gestori delle piattaforme di social media di rimuovere le informazioni dichiarate illecite a livello mondiale (v. CGEU sentenza 3.10.2019, causa C-18/18, ### c. ### citata anche nella pronuncia gravata). 19. Accertata l'illegittimità del recesso, va trattata la domanda degli appellanti diretta a ottenere il risarcimento dei danni sofferti in conseguenza della disattivazione delle loro utenze telematiche; domanda riproposta nell'atto di appello, mediante rinvio alle deduzioni svolte nell'atto di citazione, pp. 21 e ss. (v. atto di appello, pp. 104 e 105). 19.1. La domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali deve ritenersi inammissibile, per difetto del requisito di specificità, con riferimento a quei danni conseguenti all'impossibilità di accedere e scaricare i contenuti dagli account disattivati, giacché alle puntuali argomentazioni svolte sul punto nella sentenza impugnata (p. 40) non si contrappongono argomentazioni degli appellanti volte ad incrinarne il fondamento logico-giuridico. 19.2. Per il resto, la domanda è fondata. ### il costante orientamento della S.C., fondato su un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., il danno non patrimoniale è risarcibile nel caso in cui sia stato leso in modo grave un diritto costituzionalmente garantito; la risarcibilità del danno non patrimoniale è ipotizzabile anche quando il pregiudizio sia cagionato da un illecito contrattuale, qualora il rapporto negoziale sia funzionale all'affermazione o alla protezione di un interesse costituzionalmente rilevante (Cass. 12929/2007, seguita, tra le tante, da Cass. n. 4542/2012, Cass. 20345/2023, Cass. n. 24060/2024; Cass. n. 29436/2024).
Sulla scorta delle considerazioni che precedono e riconosciuta la risarcibilità del danno non patrimoniale anche in favore di enti collettivi, da identificare con qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione di diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti (v. da ultimo, Cass. n. 2638/2025), non può dubitarsi che il diritto di manifestare il proprio pensiero e divulgare in rete messaggi di carattere politico e culturale, nonché, quanto a ### di esplicare pienamente la propria vita di relazione, configurino diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti (cfr. artt. 21 Cost. e combinato disposto degli artt. 8 e 10 Cedu e 117 Cost.).
Nel caso di specie, è stata allegata e provata la rilevanza dell'attività compiuta in rete dagli appellanti, i quali hanno dimostrato di avere centinaia di migliaia di followers e molteplici interazioni con gli utenti della piattaforma ### interrotte dalla disattivazione degli account, con conseguente perdita, quanto a ### anche della corrispondenza personale intrattenuta con altri utenti del network, senza che ### abbia svolto specifiche contestazioni sul punto.
Ritenuto provato, pertanto, il risalente, significativo e continuativo utilizzo del social network da parte degli appellanti, interrotto dal gestore in modo improvviso e ingiustificato, può dirsi provato il conseguente pregiudizio patito dai medesimi appellanti, sulla base della massima di comune esperienza per la quale, nell'attuale contesto sociale, la rimozione di un soggetto dai social network può essere esiziale per la propria attività politica e associativa, incidendo negativamente sull'agire dell'ente e comportando enormi difficoltà nel veicolare efficacemente il proprio messaggio, anche considerato che, per stessa ammissione dell'appellata, gli utenti di ### ammontano a quasi tre miliardi di individui, trattandosi dunque di una parte assai rilevante della popolazione. ### dal social network, con la correlata elisione della rete di relazioni intessuta negli anni, è pertanto suscettibile di cagionare un danno grave, potenzialmente irreparabile, alla vita politica, sociale e di relazione dell'utente e alla possibilità di continuare a manifestare il proprio pensiero utilizzando la rete di contatti sociali costruita sulla piattaforma; danno senz'altro prevedibile ai sensi dell'art. 1225 Stante l'obiettiva impossibilità per gli appellanti di provare il danno nel suo preciso ammontare, può farsi ricorso all'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all'art. 115 c.p.c. ( n. 20871/2024).
Si reputa di liquidare, dunque, la somma di € 50.000,00 all'attualità, per ciascuno dei due appellanti, avuto riguardo alla lunghissima durata dell'esclusione dal social network (pacificamente protrattasi dal 9 settembre 2019 fino a dicembre 2019 e, in esecuzione della sentenza di primo grado, dal 23 dicembre 2022 senza soluzione di continuità), nonché, quanto a ### al pregiudizio patito prevalentemente rispetto alla possibilità di esplicare la propria attività statutaria e all'incidenza negativa che ciò ha avuto sulla proiezione esterna dell'ente, e quanto a ### alla compressione del proprio diritto al rispetto della vita privata, anche legato all'indisponibilità dei contenuti e delle comunicazioni di carattere personale, che attinge anche la dimensione relazionale nell'ambito dei social network, valutati unitamente al frequente e intenso utilizzo della piattaforma e all'elevato numero di contatti. 19.3. La domanda di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali (lett.
F, punto IV, delle conclusioni rassegnate nell'atto di appello) deve, invece, essere rigettata, stante la mancanza di qualsiasi allegazione e prova al riguardo. 19.4. In conclusione, ### va condannata al pagamento della somma di € 50.000,00 ai valori attuali della moneta in favore di ciascuno degli appellanti, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo. 20. Sussistono altresì i presupposti per accogliere la richiesta degli appellanti di applicare la misura di coercizione indiretta di cui all'art. 614- bis c.p.c. (nel testo modificato dal d.l. n. 83/2015, conv. nella l. 132/2015), in caso di mancata attuazione della condanna di ### alla riattivazione delle utenze (adempimento di un obbligo diverso dal pagamento di una somma di denaro); misura che costituisce strumento volto a sanzionare l'inosservanza della statuizione giudiziaria (nella specie a un fare infungibile) e a incentivare il debitore all'adempimento, avente carattere autonomo e distinto rispetto al risarcimento del danno. ### della somma si determina, a norma del comma 3 del citato art. 614-bis, in € 500,00 per ogni giorno di ritardo, tenuto conto della natura della prestazione, della sua incidenza sui diritti fondamentali degli appellanti, del danno quantificato e prevedibile, della quantità dei “Mi piace”, che rappresentano l'apprezzamento dell'utente alla pagina e ai contenuti che condivide (oltre 270.000 per ### e 23.000 per ###; somma che andrà pagata dal giorno successivo alla pubblicazione della presente sentenza. 21. La riforma della sentenza di primo grado determina l'automatica caducazione del capo concernente le spese processuali (art. 336 c.p.c.) e una nuova regolamentazione delle spese del doppio grado di giudizio, il cui onere va attribuito e ripartito dal giudice d'appello in relazione all'esito complessivo della lite, operando la valutazione della soccombenza, ai fini della liquidazione delle spese, in base a un criterio unitario e globale (v.
Cass. n. ###/2024; Cass. n. 22306/2022; Cass. n. 27056/2021).
In applicazione di tali principi, le spese di entrambi i gradi di giudizio, comprese quelle dei procedimenti cautelari in corso di causa, vanno poste a carico di ### in quanto soccombente, e si liquidano utilizzando i parametri di cui al d.m. n. 55/2014, aggiornati, da ultimo, con d.m. 147/2022, valori medi delle cause di valore indeterminabile aventi complessità alta.
Si liquidano, pertanto, le seguenti somme: - per il primo grado, € 574,23 per spese vive (di cui € 29,23 per spese di notifica) e complessivi € 14.103,00 per compensi (€ 2.552,00 per fase di studio; € 1.628,00 per fase introduttiva; € 5.670,00 per fase istruttoria/di trattazione; € 4.253,00 per fase decisionale); - per i subprocedimenti nn. 10810-1 e 10810-2 R.G., complessivi € 5.224,00 per compensi per ciascuno di essi (€ 2.251,00 per fase di studio; € 1.202,00 per fase introduttiva; € 1.771,00 per fase decisionale), per un totale di € 10.448,00; - per il procedimento di reclamo n. 19441/2022 R.G., € 174,00 per esborsi e complessivi € 5.224,00 per compensi; - per il giudizio di appello, € 804,00 per spese vive e complessivi € 14.317,00 per compensi (€ 2.977,00 per fase di studio; € 1.911,00 per fase introduttiva; € 4.326,00 per fase istruttoria/di trattazione; € 5.103,00 per fase decisionale). P.Q.M. la Corte, definitivamente pronunciando sull'appello proposto contro la sentenza del Tribunale di Roma n. 17909/2022 pubblicata il ###, ogni altra domanda, eccezione e istanza disattesa, così provvede: 1. accoglie l'appello per quanto di ragione e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna ### (già ###) all'immediata riattivazione della pagina dell'### di promozione sociale ### e del profilo di ### nelle medesime condizioni di accessibilità e visibilità, anche territoriale, in cui si trovavano prima della disattivazione; 2. condanna ### al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, della somma di € 50.000,00 all'attualità in favore di ciascuno degli appellanti, ### di promozione sociale ### e ### oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo; 3. fissa nella misura di € 500,00 la somma dovuta da ### per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione della condanna di cui al punto n. 1), a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza; 4. condanna ### alla rifusione delle spese di lite sostenute da ### di promozione sociale ### e ### che liquida: - per il giudizio di primo grado, in € 574,23 per esborsi ed € 14.103,00 per compensi; - per i due procedimenti ex art. 669-decies c.p.c. in corso di causa, in € 10.448,00 per compensi; - per il procedimento di reclamo, in € 174,00 per esborsi ed € 5.224,00 per compensi; - per il giudizio di appello, in € 804,00 per esborsi ed € 14.317,00 per compensi; - per tutti i gradi, rimborso di spese forfettarie, iva e cpa, come per legge.
Così deciso in ### in data #### est. ### - ### - - ### -
causa n. 106/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Carpinella Matilde, Cataldi Michele