REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Bari, Terza Sezione Civile, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile di I ### iscritto al n. R.G. 470/2013 promosso da ### in proprio e in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sui minori ### e ### rappresentato e difeso dall'avv. ### in proprio e in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sui minori ### e ### rappresentato e difeso dall'avv. ### -attori contro “ASL BA”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. ### - convenuta - CONCLUSIONI: come rassegnate all'udienza del 30.1.2024 e nei rispettivi scritti difensivi ### esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1 - Con atto di citazione notificato il ### gli attori in epigrafe, in proprio e in qualità di eredi di ### hanno convenuto in giudizio la “ASL BA” al fine di far accertare e dichiarare la responsabilità dei sanitari dell'### di ### nella causazione del decesso del congiunto (figlio e fratello) e ottenerne la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali, iure proprio e iure hereditatis, patiti. Instaurato il contraddittorio, con comparsa depositata il ### si è costituita in giudizio la “ASL BA”, che ha istato per la reiezione della domanda attorea poiché infondata in fatto e in diritto stante l'assenza di responsabilità dei sanitari della stessa nella causazione dei fatti di causa. La causa è stata istruita con produzione documentale e CTU medico-legale, disposta dallo scrivente (frattanto subentrato ai precedenti giudici) con ordinanza del 27.9.2022. All'udienza del 31.1.2024 la causa è stata trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. 2 - La domanda è parzialmente fondata e, pertanto, può essere accolta nei limiti che saranno di seguito precisati. 2.1 - In primo luogo, al fine di accertare l'eventuale sussistenza della responsabilità della struttura sanitaria e dei medici suoi dipendenti che ebbero in cura il piccolo ### occorre individuare la normativa applicabile alla vicenda in esame che involge un fatto storico avvenuto nell'anno 2011.
Il corretto inquadramento si rende, infatti, indispensabile in ragione delle modifiche introdotte in tema di responsabilità sanitaria nell'ultimo decennio.
Nondimeno, s'impone di puntualizzare che, secondo il consolidato orientamento di dottrina e giurisprudenza, in punto di qualificazione della natura della responsabilità civile del medico, dipendente della struttura sanitaria, le previsioni contenute nella l. n. 189/2012, al pari di quelle di cui alla l. n. 24/2017, non hanno portata retroattiva e non possono applicarsi ai fatti avvenuti in epoca precedente alla relativa entrata in vigore (cfr. Cass. n. 28994/2019; in termini Cass. 28990/2019).
Ne discende che, in ossequio alla giurisprudenza consolidatasi prima della novella del 2017, nella vicenda in esame la responsabilità del medico al pari di quella della struttura va ricondotta nell'alveo dell'inadempimento da obbligazioni preesistenti disciplinato dall'art. 1218 ### ospedaliero, cioè, risponde a titolo contrattuale per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione sanitaria da parte di un medico proprio dipendente ed anche l'obbligazione di quest'ultimo nei confronti del paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul “contatto sociale”, ha natura contrattuale, atteso che ad esso si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi o sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso. In questi casi non può esservi solo responsabilità aquiliana, ma si rinviene una responsabilità di tipo contrattuale, per non avere il soggetto fatto ciò a cui era tenuto in forza di un precedente vincolo. Tale situazione si riscontra nei confronti dell'operatore di una professione c.d. protetta (per la quale cioè è richiesta una speciale abilitazione), particolarmente quando essa abbia ad oggetto beni costituzionalmente garantiti come quello della salute tutelato dall'art. 32 Cost. Pertanto la responsabilità sia del medico che dell'ente ospedaliero per inesatto adempimento della prestazione ha natura contrattuale ed è quella tipica del professionista, con la conseguenza che trovano applicazione il regime proprio di questo tipo di responsabilità quanto alla ripartizione dell'onere della prova, i principi delle obbligazioni da contratto d'opera intellettuale professionale relativamente alla diligenza e al grado della colpa e la prescrizione ordinaria.
Tanto chiarito, per quanto attiene agli oneri probatori ricadenti sulle parti con specifico riguardo alla responsabilità civile nell'attività medico-chirurgica, non può sottacersi che, di recente, la Corte di Cassazione ha dichiaratamente prestato adesione ad un orientamento che ha con tutta evidenza apportato significativi correttivi al risalente indirizzo giurisprudenziale inaugurato da Cass., Sezioni Unite, 30.10.2001, n. 13533, a tenore del quale, in tema di inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento (o del non esatto adempimento) della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto ### adempimento.
Meritano in specie di essere segnalate le sentenze n. 28991/2019 e n. 28992/2019 della III Sezione Civile (c.d. di ### elaborate nell'ambito del progetto “Sanità”), nelle cui motivazioni si afferma che “ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l'inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, la causa imprevedibile ed inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione”.
In particolare, relativamente al rapporto tra responsabilità contrattuale in campo medico e causalità materiale, la Corte di Cassazione ha premesso innanzitutto che: - negare che incomba sul paziente creditore di provare l'esistenza del nesso di causalità fra l'inadempimento ed il pregiudizio alla salute significa espungere dalla fattispecie costitutiva del diritto l'elemento della causalità materiale; - invece, la causalità relativa tanto all'evento pregiudizievole quanto al danno conseguenziale è comune ad ogni fattispecie di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, quale portato della distinzione fra causalità ed imputazione; - il fatto “che la causalità materiale si iscriva a pieno titolo anche nella dimensione della responsabilità contrattuale trova una testuale conferma nell'art. 1227 c.c., comma 1, che disciplina proprio il fenomeno della causalità materiale rispetto al danno evento sotto il profilo del concorso del fatto colposo del creditore (Cass. 19 luglio 2018, n. 19218; 21 luglio 2011, n. 15991), mentre il comma 2 attiene, come è noto, alle conseguenze pregiudizievoli del danno evento (c.d. causalità giuridica). Ogni forma di responsabilità è dunque connotata dalla congiunzione di causalità ed imputazione”.
Su questo “tronco comune” si innesta il tratto distintivo della responsabilità da inadempimento contrattuale, rappresentato dalla “premessa della relazionalità”, da cui consegue che il “danno derivante dall'inadempimento dell'obbligazione non richiede la qualifica dell'ingiustizia, che si rinviene nella responsabilità extracontrattuale, perché la rilevanza dell'interesse leso dall'inadempimento non è affidata alla natura di interesse meritevole di tutela alla stregua dell'ordinamento giuridico, come avviene per il danno ingiusto di cui all'art. 2043 c.c. (cfr. Sez. U. 22 luglio 1999, n. 500), ma alla corrispondenza dell'interesse alla prestazione dedotta in obbligazione (arg. ex art. 1174 c.c.). E' la fonte contrattuale dell'obbligazione che conferisce rilevanza giuridica all'interesse regolato”.
Sicché, “la causalità materiale, pur teoricamente distinguibile dall'inadempimento per la differenza fra eziologia ed imputazione, non è praticamente separabile dall'inadempimento, perché quest'ultimo corrisponde alla lesione dell'interesse tutelato dal contratto e dunque al danno evento”.
Ragion per cui, acquistando la causalità autonomia di valutazione solo quale causalità giuridica, l'assorbimento pratico della causalità materiale nell'inadempimento fa sì che tema di prova del creditore resti solo quello della causalità giuridica (oltre che della fonte del diritto di credito), ovvero quanto costantemente ribadito a far data dalla pronuncia Cass., Sezioni Unite, 30.10.2001, n. 13533.
Tali considerazioni, tuttavia, ha ulteriormente puntualizzato la Suprema Corte, non valgono per il diverso territorio del facere professionale, ove “la causalità materiale torna a confluire nella dimensione del necessario accertamento della riconducibilità dell'evento alla condotta secondo le regole generali sopra richiamate”. Ciò poiché “se l'interesse corrispondente alla prestazione è solo strumentale all'interesse primario del creditore, causalità ed imputazione per inadempimento tornano a distinguersi anche sul piano funzionale (e non solo su quello strutturale) perché il danno evento consta non della lesione dell'interesse alla cui soddisfazione è preposta l'obbligazione, ma della lesione dell'interesse presupposto a quello contrattualmente regolato”. Tale interesse presupposto corrisponde al diritto alla salute, rispetto al quale l'interesse corrispondente alla prestazione oggetto di obbligazione ha natura strumentale.
Conseguentemente, “dato che il danno evento nelle obbligazioni di diligenza professionale riguarda, come si è detto, non l'interesse corrispondente alla prestazione ma l'interesse presupposto, la causalità materiale non è praticamente assorbita dall'inadempimento. Quest'ultimo coincide con la lesione dell'interesse strumentale, ma non significa necessariamente lesione dell'interesse presupposto, e dunque allegare l'inadempimento non significa allegare anche il danno evento il quale, per riguardare un interesse ulteriore rispetto a quello perseguito dalla prestazione, non è necessariamente collegabile al mancato rispetto delle leges artis ma potrebbe essere riconducibile ad una causa diversa dall'inadempimento”.
La violazione delle regole della diligenza professionale non ha dunque un'intrinseca attitudine causale alla produzione del danno evento.
Il creditore, pertanto, ha l'onere di allegare la connessione puramente naturalistica fra la lesione della salute, in termini di aggravamento della situazione patologica o insorgenza di nuove patologie, e la condotta del medico e, posto che il danno evento non è immanente all'inadempimento, ha anche l'onere di provare quella connessione, e lo deve fare sul piano meramente naturalistico sia perché la qualifica di inadempienza deve essere da lui solo allegata, ma non provata (appartenendo gli oneri probatori sul punto al debitore), sia perché si tratta del solo profilo della causalità materiale, il quale è indifferente alla qualifica in termini di valore rappresentata dall'inadempimento dell'obbligazione ed attiene esclusivamente al fatto materiale che soggiace a quella qualifica.
In altri termini, il creditore di prestazione professionale che alleghi un evento di danno alla salute, non solo deve provare quest'ultimo e le conseguenze pregiudizievoli che ne siano derivate (c.d. causalità giuridica), ma deve provare anche, avvalendosi eventualmente pure di presunzioni, il nesso di causalità fra quell'evento e la condotta del professionista nella sua materialità, impregiudicata la natura di inadempienza di quella condotta, inadempienza che al creditore spetta solo di allegare; “una volta che il creditore abbia provato, anche mediante presunzioni, il nesso eziologico fra la condotta del debitore, nella sua materialità, e l'aggravamento della situazione patologica o l'insorgenza di nuove patologie, sorgono gli oneri probatori del debitore, il quale deve provare o l'adempimento o che l'inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile. Emerge così un duplice ciclo causale, l'uno relativo all'evento dannoso, a monte, l'altro relativo all'impossibilità di adempiere, a valle”.
Il nesso di causalità materiale che il creditore della prestazione professionale deve provare è quello fra intervento del sanitario e danno evento in termini di aggravamento della situazione patologica o di insorgenza di nuove patologie; il nesso eziologico che invece spetta al debitore di provare, dopo che il creditore abbia assolto il suo onere probatorio, è quello fra causa esterna, imprevedibile ed inevitabile alla stregua dell'ordinaria diligenza di cui all'art. 1176, comma 1, ed impossibilità sopravvenuta della prestazione di diligenza professionale (art. 1218 c.c.). 2.2 - Dopo aver opportunamente delineato le coordinate ermeneutiche in materia e facendo applicazione dei suddetti approdi interpretativi della giurisprudenza di legittimità alla vicenda in esame, mette conto in primo luogo evidenziare che gli attori, a sostegno della domanda proposta, hanno lamentato le seguenti inadempienze, imputate ai sanitari sia del reparto di ### e ### sia del reparto di ### dell'### di ### - assenza in cartella clinica degli esami effettuati da ### durante i ricoveri del 9.4.2012 e del 12.4.2012 (in particolare dell'ecografia ostetrica) e del monitoraggio cardiotocografico; - “totale assenza di monitoraggio del feto tra le ore 12:00 e le 13:20” del 26.4.2011 (“la prosecuzione del monitoraggio del benessere fetale sarebbe stata la condotta corretta. La decisione di effettuare subito un taglio cesareo evidenzia il fatto che i sanitari dubitavano del benessere fetale, senza mai averlo comunicato agli odierni attori”); - “la più precoce rilevazione dei segni di sofferenza fetale […] avrebbe sicuramente indotto i ginecologi ad eseguire un taglio cesareo più tempestivo che avrebbe sicuramente evitato la gravissima ipossia cerebrale del ### Mattia”; - “ritardo nella intubazione [che avviene alle ore 14:00, ndr] del ### da parte dei neonatologi”, “condotta censurabile che si associa al grave quadro di ipossia cerebrale già presente alla nascita del ### stesso”. Gli attori, pertanto, in citazione, prima, e nella memoria ex art. 183, comma 1, c.p.c., poi, hanno allegato - con chiarezza e puntualità - i profili di inadempienza ascritti ai sanitari della ASL convenuta e hanno spiegato, anche sulla scorta della perizia espletata in sede penale e della documentazione in atti, la connessione sul piano naturalistico tra le condotte tenute dai sanitari del nosocomio di ### e il decesso di ### Dalla documentazione allegata agli atti e dalle risultanze della CTU espletata nell'ambito del presente giudizio la vicenda clinica che interessò la gestante ### e suo figlio ### può essere brevemente ricostruita nei seguenti termini: - ### veniva ricoverata per la prima volta presso il reparto di ### del PO di ### dal 9 al 12 aprile 2011 per “minaccia di parto pre-termine alla 35^ settimana”, regredita con terapia medica; - ### nasceva alle ore 13:25 del 26.4.2011 da taglio cesareo urgente praticato a 37+5 settimane con peso di 2.550 gr; - “alla nascita il neonato era ipotonico ed ariflessico e presentava due giri serrati di funicolo intorno al collo”; - la frequenza cardiaca era inferiore a cento battiti al minuto; - nonostante le manovre rianimatorie messe in atto dal neonatologo, stante la persistenza dell'ipotomia e la presenza di gasping, il neonato veniva intubato con tubo orotracheale da 2,5 di diametro e aumento della saturazione al 100% e frequenza cardiaca 133 bpm; - alle ore 14:45 veniva trasferito presso l'### dell'### “Di Venere”, dove veniva nuovamente intubato, e successivamente presso l'### del ### di ### ove giungeva in incubatore connesso al ventilatore, con diagnosi di ingresso di “asfissia grave in neonato a termine”; - nel corso della degenza presso il ### di ### “il piccolo appariva stazionario nella sua gravità” e si verificavano numerosi episodi di grave desaturazione; - l'RMN eseguito il ### evidenziava “una diffusa alterazione di segnale del cervelletto di entrambi i nuclei pallidi e dei fasci corticospinali. I reperti particolarmente evidenti nelle sequenze in diffusione sono riferibili a sofferenza ipossica ischemica. Altre lesioni di minore estensione si osservano a livello del grigio periacqueduttale ed in regione pontina destra. Il sistema ventricolare persiste in asse di dimensioni normali”; - a causa di una improvvisa crisi di bradicardia con saturazione non valutabile, il ### (a poco più di tre mesi di vita), “nonostante le intense manovre rianimatorie”, ### decedeva (“Il referto autoptico concludeva in sintesi: “edema polmonare, stasi acuta, focolai di polmonite interstiziale””). Alla luce di quanto innanzi, sulla scorta dei dati anamnestici e obiettivi raccolti e dell'esame della documentazione in atti, i Ctu hanno formulato considerazioni motivate, puntuali e approfondite con riguardo agli aspetti sia ostetrici sia neonatologici interessati dalla vicenda in esame. In ordine all'ambito ostetrico, gli ausiliari del giudice hanno rilevato ed evidenziato che: - “la causa dell'exitus del piccolo ### a 3 mesi parto, fu attribuita, come complicanza di asfissia acuta alla nascita, ad “insufficienza respiratoria acuta sostenuta da un processo infettivo pneumonico in neonato affetto da grave danno ipossico-ischemico””; - “La mamma di ### sig.ra ### quintigravida secondipara, un taglio cesareo nel 2009, era stata ricoverata una prima volta c/o l'U.O. di ### del P.O. di ### dal 09/04 al 12/4/2011 per “Minaccia di parto pre-termine alla 35^ settimana” regredita con terapia medica; successivamente, il ### alle ore 12:15, alla 37^ sett. + 5 gg, era stata nuovamente ricoverata presso lo stesso P.O. per la comparsa di iniziale travaglio di parto”; - “Sottoposta a visita (### uterino retroposto pervio al dito. Membrane integre. P.P. cefalica, molto alta) e a controllo ### alle h. 11:12 per circa 10 minuti (referto a cura degli scriventi: velocità di scorrimento della carta 1 cm/min; durata della registrazione fotocopiata, 11 min. FCF 135; NST reattivo; MAF non valutabili; CU assenti; note: tracciato non diagnostico per brevità della registrazione) e alle 11:26 per meno di un'ora ( referto a cura degli scriventi: velocità di scorrimento della carta 1 cm/min; durata della registrazione 31 minuti; FCF 130 bpm, NST iporeattivo; MAF non valutabili; CU: presenza di contrazioni irregolari, non ritmiche, di intensità variabile; note: la registrazione viene interrotta alle ore 12:06; dalle ore 11:57 il segnale FCF non viene più registrato (perdita del segnale? decelerazione?), veniva infine ricoverata (h. 12:15) in previsione dell'espletamento del parto”; - “l'esame delle cartelle non riporta notizie cliniche che aiutino a comprendere se vi fossero altri fattori di rischio della gravidanza oltre a quello rappresentato dal ricovero per minaccia di parto pretermine due settimane prima, nella cui cartella clinica sono del tutto assenti notizie riguardanti l'evoluzione della gravidanza in corso (risultato degli esami di laboratorio, curva da carico, profilo immunologico per rubeola, toxoplasmosi, CMV , ecografie di screeening, morfologica e di accrescimento) e notizie riguardanti l'esecuzione di eventuali esami di approfondimento per accertare se la minaccia di parto pretermine fosse sostenuta da infezione delle vie urinarie o genitali (urinocoltura e tamponi)”; - “Analogamente, alcuna notizia anamnestica di interesse risulta essere stata riportata nella cartella relativa al ricovero per cui è causa”; - “in quest'ultimo ricovero il tracciato ### unica fonte disponibile di sorveglianza materno-fetale, fu interrotto alle ore 12:06, privando pertanto i sanitari delle necessarie informazioni sullo stato di benessere del feto fino al momento del taglio cesareo, stante i prodromi di travaglio”; - “Da una lettura integrata dei due tracciati CTG - formulata ex ante, come se non si conoscesse l'esito del parto - inizialmente (alle ore 11:12 - prima registrazione) non si evidenziano criticità: sono presenti accelerazioni della FCF interpretabili come segnale di benessere del feto e la variabilità è ottimale; nel prosieguo tuttavia (dalle ore 11:26 - seconda registrazione) si osserva un periodo di circa 30 minuti privo di chiare accelerazioni della FCF con variabilità ridotta a 5 bpm ed una fase finale (a partire dalle 11:58) che dà adito a dubbi interpretativi dal momento che si perde il segnale della ### è difficile capire se si trattava di una improvvisa decelerazione (solo alla nascita si saprà che due giri di funicolo erano serrati intorno al collo del feto) conseguente a movimenti attivi del feto, ovvero semplicemente perdita del segnale della FCF per errato posizionamento della sonda o per movimenti fetali attivi, peraltro non registrati dalla sonda tocografica”; - “La cardiotocografia è generalmente considerata come un sensibile indicatore del benessere fetale e, nonostante alcuni limiti (in particolare in senso di specificità, ovvero la capacità di essere negativa in assenza di problematiche), è entrata ormai da decenni nella pratica ostetrica quotidiana di cui, di fatto, è parte integrante”; - “nel nostro caso il primo tracciato ### ancorché subito interrotto, aveva evidenziato reattività del feto e buona variabilità”; - “### eseguito immediatamente dopo, aveva mostrato invece reattività e variabilità ridotte (non rassicurante) e pertanto, tenuto conto che la sig.ra ### era quasi a termine di gravidanza, precedentemente cesarizzata da meno di due anni ed in fase latente o prodromica di travaglio di parto, sarebbe stato necessario prolungare la registrazione ### posto che l'interpretazione del tracciato, oltre che essere contestualizzata alla lieve restrizione della crescita del feto - mai accertata ecograficamente - avrebbe consentito di acquisire nel prosieguo, ulteriori notizie sulle sue condizioni e, nel caso, confermare oppure no, la effettiva necessità di anticipare l'intervento (taglio cesareo)”; - “riteniamo quindi che prolungare la registrazione del tracciato ### indipendentemente dalla presenza dei giri di funicolo serrati intorno al collo del feto, non diagnosticabili e dei quali si verrà a conoscenza dopo la nascita, ma solo sulla base della ridotta variabilità e iporeattività del tracciato, suggestiva più di una acquisita condizione ipossica fetale che di patologia funicolare, avrebbe sicuramente fornito elementi sulla base dei quali i medici avrebbero potuto assumere decisioni più tempestive, accelerando ed abbreviando i tempi di esecuzione del taglio cesareo”; - “Esiste infatti uno iato assistenziale di circa un'ora, in cui è mancata la sorveglianza fetale, che è compreso tra le 12:06, ora in cui, sospesa la registrazione ### si ricovera la paziente e le 13:10, ora di avvio delle procedure anestesiologiche (analgesia spinale) che hanno preceduto l'esecuzione del taglio cesareo (ore 13:20), mentre l'ora della nascita è fissata alle 13:25 nella sezione “Parto” della cartella clinica”; - “### alla posizione dei medici, risulta in atti (v. relazione dell'anestesista dott. ### che già alle ore 12:20, il ginecologo dott. ### avesse contattato l'anestesista (dott. ### esponendo la necessità di dover espletare alla sig.ra ### il taglio cesareo d'urgenza; e che il dott. ### in veste di medico di guardia, di tanto informato, avesse a sua volta comunicato al dott. ### che l'intervento di taglio cesareo per il momento non doveva essere eseguito”; - “### motivazioni di queste posizioni dicotomiche, a fronte del caso clinico in esame, possiamo solo ipotizzare che il ### preso atto del ricovero di una gravida a termine, in travaglio iniziale o prodromico, già cesarizzata nel 2009, visionato il tracciato CTG e ritenutolo, al termine della registrazione, non rassicurante (ovvero francamente patologico), avesse voluto informare l'anestesista della necessità di dover impegnare la sala operatoria quanto prima, forse proponendosi come operatore; per quel che riguarda la posizione assunta dal dott. ### non abbiamo elementi per comprendere il motivo del momentaneo diniego alla procedura senza aver preso visione del caso, atteso che svolgeva anche le funzioni di medico di guardia, comportamento che, senza valide motivazioni espresse in cartella, sembra aver favorito, o addirittura causato, il ritardo nell'esecuzione del taglio cesareo”; - “Analogamente non disponiamo di elementi (vuoto documentale) sulla base dei quali comprendere il mutato orientamento, per cui alle 12:40 (v. relazione ###, lo stesso dott. ### decise che invece il taglio cesareo doveva essere effettuato, ed in urgenza”; - “### luce quindi, delle accertate condizioni del feto alla nascita, è molto probabile che tra le 12:06 e le 13:20 queste siano peggiorate e che l'omessa sorveglianza fetale in tale arco di tempo, non abbia consentito di apprezzare la comparsa di decelerazioni della FCF legate sia alla patologia funicolare che al basso peso fetale che, ripetendosi, hanno causato la condizione ipossico-ischemica riscontrata alla nascita subito dopo l'esecuzione del taglio cesareo, eseguito quindi con inescusabile ritardo”; - “Il peso del piccolo ### (2.550 gr. a 37w+5 gg), rivelava la complessione somatica (scarso il 10° centile per epoca gestazionale), di un feto tendenzialmente “piccolo per la data” (v. sotto curva di riferimento), segno che già al momento del ricovero l'esame obiettivo avrebbe dovuto suggerire, stimando il fondo uterino, che sarebbe stato necessario, ricostruire graficamente la curva di accrescimento del feto durante la gravidanza ed eseguire l'ecografia per valutare la biometria e la flussimetria dei vasi ombelicali, scoprendo se il deficit di accrescimento era secondario ad ipofunzione placentare”; - “### del riconoscimento di una ancor minima restrizione della crescita del feto, sarebbe stato di fondamentale importanza per comprendere, ad esempio, la risposta ad eventuali stress durante il travaglio, considerato che neonati con peso ridotto, come nel nostro caso, sono esposti a noxae patogene prima, durante e dopo il parto”; - “Per definizione un feto è affetto da ritardato accrescimento intrauterino quando, non avendo raggiunto il suo potenziale di crescita, presenta alla nascita un peso inferiore al 10° percentile della curva di riferimento (foto 1) per l'epoca gestazionale”; - “Da un punto di vista fisiopatologico, qualunque sia l'origine del ritardo di crescita, l'insufficienza utero-placentare provoca un'alterazione dei meccanismi di scambi ematici materno-fetali con diminuzione di apporto di ossigeno e di sostanze nutritive e con riduzione dei depositi di grasso, glicogeno e metaboliti e con sviluppo di un'acidosi di grado variabile”; - “È chiaro quindi che il riconoscimento precoce di un ancor minima restrizione della crescita avrebbe permesso di modificare in modo sostanziale e determinante, attraverso un'assistenza adeguata, la prognosi per il feto affetto, adeguando la condotta clinica”; - “### fattispecie dobbiamo ribadire che, alla luce del riscontrato peso fetale alla nascita, neppure l'esame obiettivo ha suggerito la necessitò di eseguire una ecografia al momento del ricovero presso l'U.O. di ### e ### del P.O. di ### né procedere alla ricostruzione della curva di accrescimento fetale su grafico”. Pertanto, sulla scorta delle illustrate considerazioni medico-scientifiche formulate dai ### acclarato che il decesso è stato causato da un'insufficienza respiratoria acuta sostenuta da un processo infettivo pneumonico acuto in neonato affetto da grave danno ipossico-ischemico alla nascita, può affermarsi che: a) la morte del piccolo ### “appare ragionevolmente riconducibile in termini di causalità materiale con il trattamento medico-chirurgico prestato” (cfr. pag. 38 dell'elaborato consulenziale); b) la sospensione del monitoraggio ### “non rassicurante al termine della registrazione”, ha impedito l'esatta valutazione delle condizioni del feto prima del taglio cesareo, “eseguito in urgenza, ma con inescusabile ritardo”; c) è mancato, cioè, un “puntuale monitoraggio delle condizioni del feto, che ha causato un ritardo della prestazione dovuta” ( pag. 39). I medici, cioè, hanno errato nel sospendere e non proseguire il tracciato cardiotocografico (che avrebbe dovuto essere proseguito fino all'ingresso della gestante in sala operatoria, dunque all'incirca per un'altra ora, per monitorare in maniera costante e continuativa le condizioni del feto, cosa che invece non è stata fatta) e nel ritardare l'esecuzione del taglio cesareo. Per converso, alla luce delle risultanze della ### nessun rimprovero può essere mosso con riferimento agli avvenimenti neonatologici: - “Per quanto concerne le manovre rianimatorie messe in atto al momento della nascita dai neonatologi dell'### di ### stando quanto riportato dalla relazione dei ### (pag 195), possiamo ragionevolmente ritenere che esse furono condotte in modo corretto secondo le norme di buona pratica clinica”; - “I neonatologi, infatti, avviarono alla nascita la prima fase della rianimazione con aspirazione delle secrezioni dalla bocca, stimolazioni tattili ripetute , e ventilazione con ### in o2 al 100% ottenendo un colorito più roseo (non sono riportati i valori di saturazione di ###) ed una frequenza cardiaca stabilmente > a 100 bpm. Persistendo a 4 minuti dalla nascita ipotonia, ariflessia, assenza di pianto spontaneo e respiro irregolare, il neonato veniva affidato ai colleghi anestesisti, i quali dopo vari tentativi (non è riportato il numero) di intubazione non andati a buon fine, intervallati costantemente dalla ventilazione con ### alle ore 14,00 intubarono il piccolo ottenendo una Sat### del 99% e una FC di 133bpm”; - “### durante il trasporto del neonato i parametri vitali costantemente monitorati si sono mantenuti stabili: FC>100 e Sat### >94%. Pertanto non si ravvedono in questa fase comportamenti sanitari che possano aver provocato o contribuito a causare il decesso del piccolo”; - “Non si riconoscono altresì profili di responsabilità a carico dei neonatologi dell'### di ### e dell'### del ### che ebbero in cura il piccolo Mattia”. Le considerazioni effettuate dagli ausiliari meritano di essere integralmente condivise in quanto rese nel contraddittorio delle parti e immuni da vizi logici e metodologici.
I Ctu hanno preventivamente esaminato le prospettazioni tecniche delle parti, ricostruito il dato storico-clinico della gestante e del bambino (con riguardo sia alla fase immediatamente antecedente alla nascita sia al parto e a ciò che ne è conseguito) e valutato la documentazione sanitaria prodotta in giudizio. ### consulenziale è senza dubbio esaustivo e sorretto da una motivazione approfondita, completa e dettagliata.
Tutte le affermazioni operate dal Consulente sono sorrette da osservazioni di carattere scientifico e sono corredate da numerosi riferimenti alla letteratura scientifica.
Le valutazioni poc'anzi riportate sono lineari e non lasciano alcun margine di incertezza.
In sostanza, i consulenti hanno ravvisato profili di negligenza e imprudenza esclusivamente nelle condotte tenute dai sanitari del nosocomio di ### nella fase antecedente al parto e, in particolare, nella mancata prosecuzione del monitoraggio cardiotocografico, con conseguente ritardo nell'esecuzione del taglio cesareo, essendo l'evento morte eziologicamente riconducibile, in egual misura, a queste due condotte (ossia, appunto, all'interruzione del tracciato cardiotocografico e alla ritardata esecuzione del taglio cesareo).
Infatti, la prosecuzione del tracciato in parola avrebbe “ragionevolmente condotto ad una anticipazione del taglio cesareo, consentendo una elevata probabilità di sopravvivenza del dante causa”. ###, è noto che, sin da epoca ormai non più recente, la Corte di Cassazione (Cass., Sez. Un.,11/01/2008, n.576; ma, tra le pronunce a sezione semplice, v., ad es., già Cass., Sez. 3, 16/10/2007, n. 21619 e, successivamente, Cass., Sez. 3, 21/07/2011, n.15991, nonché, da ultimo, Cass., Sez. 3, 02/09/2022, n. 25884) ha statuito che la regola di funzione applicabile per l'accertamento della causalità nel giudizio civile (a differenza di quella utilizzata nel giudizio penale, ove si richiede la prova "oltre ogni ragionevole dubbio": Cass., Sez. Un. pen., 10/07- 11/09/2022, n.###) è quella della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non".
Va altresì rimarcato che le conclusioni cui sono pervenuti i Ctu nominati nell'ambito del presente giudizio civile non si pongono in contrasto con quelle rassegnate dai periti del PM (e non specificamente contestate dall'odierna convenuta), i quali hanno sottolineato (cfr., in particolare, pag. 250 e ss della perizia) che: - “certamente la prosecuzione del monitoraggio del benessere fetale sarebbe stata la condotta corretta, ma che i sanitari avessero dei dubbi sul benessere fetale si può evincere dalla decisione di effettuare subito un taglio cesareo”; - “alle 12.20 (subito dopo l'interruzione del tracciato) si richiede taglio cesareo d'urgenza”, “dopo pochi minuti il ginecologo decide di soprassedere al taglio cesareo”, “alle 12.40 si decide di nuovo di effettuare l'intervento (che inizierà, poi, inspiegabilmente, dopo 40 minuti)”; - “queste decisioni così contrastanti, in cartella, non sono motivate, né in senso positivo né negativo”; - “se ne potrebbe dedurre che la prima lettura del tracciato cardiotocografico avrebbe indotto gli operatori sanitari a diagnosticare una sofferenza fetale”; - “la condotta alternativa, proseguire il monitoraggio cardiotocografico, avrebbe permesso, con elevata probabilità logica, ai ginecologi di turno la mattina il 26 aprile del 2011 presso l'### di ### di evidenziare i segni di sofferenza fetale acuta causati dai due giri serrati di funicolo presenti intorno al collo del ### Mattia”; - “la più precoce rilevazione dei segni di sofferenza fetale (ricordiamo che trascorre circa un'ora dall'interruzione del tracciato cardiotocografico e l'intervento di taglio cesareo) avrebbe sicuramente indirizzato i ginecologi ad eseguire un taglio cesareo più tempestivo che avrebbe molto probabilmente evitato o ridotto grandemente la gravissima ipossia cerebrale del ### Mattia”.
Ebbene, quanto alla valenza probatoria degli atti del separato procedimento penale, preme ribadire il consolidato principio di diritto secondo cui “nel vigente ordinamento processuale, improntato al principio del libero convincimento del giudice e in assenza di una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, questi può porre a fondamento della decisione anche prove atipiche, non espressamente previste dal codice di rito, della cui utilizzazione fornisca adeguata motivazione e che siano idonee ad offrire elementi di giudizio sufficienti, non smentiti dal raffronto critico con le altre risultanze del processo” (cfr., ex multis, Cass. n. 13229/2015).
In altri termini, il giudice può trarre argomenti di prova anche dalle risultanze istruttorie del giudizio penale, in quanto non esiste nel nostro ordinamento, al di fuori dei casi di prova legale, una gerarchia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altri dati probatori, essendo la valutazione delle prove rimessa al prudente apprezzamento del giudice, il quale può utilizzare come fonte di convincimento anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse o altre parti, esaminandone direttamente il contenuto ovvero ricavandolo dalla sentenza o dagli atti del processo penale e effettuando la relativa valutazione con ampio potere discrezionale (Cass. 5009/2009; Cass. 11199/2000; 11157/1996; Cass. 623/1995: "Per la formazione del proprio convincimento, il giudice può utilizzare anche le prove raccolte in un diverso processo, svoltosi tra le stesse o altre parti, dopo che la relativa documentazione è stata ritualmente prodotta dalla parte interessata"; 5874/1993; Cass. 2968/1982: "Il giudice che fondi il proprio convincimento sulle risultanze di una sentenza penale non è tenuto a disporre la previa acquisizione degli atti del relativo processo ed esaminare il contenuto, qualora, per la formazione di un razionale convincimento, ritenga sufficienti le risultanze della sola sentenza").
Al riguardo va rammentato che prove atipiche sono gli scritti provenienti da terzi a contenuto testimoniale; gli atti dell'istruttoria penale o amministrativa; i verbali di prove espletati in altri giudizi; le sentenze rese in altri giudizi civili o penali, comprese le sentenze di patteggiamento; le perizie. Ebbene, non è ostativo alla loro diretta utilizzabilità la circostanza che siano prove raccolte al di fuori del processo o la posizione processuale assunta nel giudizio penale dalle parti, poiché il contraddittorio tra le stesse si instaura con la produzione in giudizio, senza che ne derivi alcuna violazione del principio di cui all'art. 101 c.p.c. (la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che: “nell'ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, sicché il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove c.d. atipiche, quali le dichiarazioni scritte provenienti da terzi, della cui utilizzazione fornisca adeguata motivazione e che siano idonee ad offrire elementi di giudizio sufficienti, non smentiti dal raffronto critico con le altre risultanze istruttorie, senza che ne derivi la violazione del principio di cui all'art. 101 c.p.c., atteso che, sebbene raccolte al di fuori del processo, il contraddittorio si instaura con la produzione in giudizio” (cfr. Cass. n. 17392/2015).
Sicché, con la produzione degli atti del procedimento penale (tra cui, la perizia) si è instaurato il contraddittorio tra le parti che ben ha consentito alle stesse di esercitare il proprio diritto di difesa.
In sostanza, il giusdicente può trarre elementi di convincimento anche dalla perizia disposta in sede penale.
Inoltre, è appena il caso di sottolineare che priva di qualsivoglia rilievo si mostra la censura formulata dalla convenuta avverso la seguente affermazione operata dai Ctu a pag. 35 dell'elaborato consulenziale: “le informazioni relative agli avvenimenti neonatologici sono esclusivamente da ricondurre alla relazione dei ### data l'impossibilità di consultazione della cartella neonatologica ancora sotto sequestro”.
Infatti, l'affermazione testé riportata concerne esclusivamente gli aspetti neonatologici.
Come visto, con riguardo a quanto accaduto immediatamente dopo il parto e alla gestione del caso da parte dei neonatologi, gli ausiliari del giudice hanno escluso errori dei sanitari, non avendo ravvisato profili di imperizia, inadempienza e negligenza nelle condotte dagli stessi tenute, che non hanno cagionato o concorso a cagionare il decesso di ### Donde l'assenza di rilevanza concreta di tale circostanza ai fini della presente statuizione di condanna, non fondata su di essa ma, appunto, sull'avvenuto riscontro di differenti profili di inadempimento.
Peraltro, e in linea generale, giova rammentare che l'incompletezza della cartella clinica (si veda quanto sottolineato dai Ctu alle pagine 20, 21, 29, 35), non può pregiudicare sul piano probatorio il paziente, cui è dato fare ricorso a presunzioni se la prova diretta è stata resa impossibile dalle omissioni documentali del debitore (v. Cass. n. 29498/2019).
Quindi, posto che - nel caso di specie - le rimarcate incompletezze della cartella clinica non hanno reso impossibile l'accertamento del nesso eziologico, gli ausiliari del giudice sono stati comunque pienamente in grado di ricostruire l'accaduto, condurre le proprie indagini e formulare considerazioni di carattere scientifico e sanitario in ordine alle specificità della vicenda, sussistendo sufficienti elementi di carattere obiettivo e istruttorio per concludere nel senso della non correttezza dell'approccio dei sanitari, in ogni caso, costituisce principio ormai consolidato in giurisprudenza quello per cui “la difettosa tenuta della cartella clinica da parte dei sanitari non può pregiudicare sul piano probatorio il paziente, cui anzi, in ossequio al principio di vicinanza della prova, è dato ricorrere a presunzioni se sia impossibile la prova diretta a causa del comportamento della parte contro la quale doveva dimostrarsi il fatto invocato. Tali principi operano non solo ai fini dell'accertamento dell'eventuale colpa del medico, ma anche in relazione alla stessa individuazione del nesso eziologico fra la sua condotta e le conseguenze dannose subite dal paziente” (Cass. n. 6209/2016).
Parimenti irrilevante e inconferente appare la deduzione effettuata dalla convenuta a pag. 10 della comparsa conclusionale, secondo cui “dal 2006 al 2011, il numero dei parti totali eseguiti presso l'### di ### è passato da 900 a 1200: un dato significativo fornito dalla direzione medica dello stesso PO. ### loro essenzialità sono dati che confermano, qualora ce ne fosse bisogno, il ruolo di riferimento che l'U.O. di ### e ### di ### che occupava un ruolo importante nel territorio del sud-est barese”.
Ciò in quanto il numero di trattamenti eseguiti presso la struttura ospedaliera convenuta aventi medesima natura o pari complessità o aspetti di affinità con quello in rassegna costituisce un dato (peraltro, meramente fattuale e numerico) del tutto neutro e indifferente, sulla scorta del quale non è possibile in alcun modo inferire l'assenza, nel caso di specie, di errori e di violazioni di linee guida e buone pratiche. 3 - Occorre, a questo punto, procedere alla liquidazione dei danni lamentati dagli attori.
Va premesso che - nella determinazione e liquidazione di tutti i danni non patrimoniali lamentati nell'ambito del presente giudizio - si farà applicazione delle ### all'uopo elaborate dall'### per la Giustizia Civile del Tribunale di Milano (### 2024, pubblicata il ###).
La giurisprudenza di legittimità esclude, infatti, una liquidazione equitativamente pura per il danno non patrimoniale, insegnando di seguire le tabelle del Tribunale di Milano, ai sensi dell'art. 3 Cost. quale parametro di conformità della valutazione equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c., salve le concrete circostanze che ne giustifichino eventualmente la non applicazione. “### del - per così dire - ruolo nazionale delle tabelle milanesi nella valutazione del quantum dei danni non patrimoniali risiede, come è noto, in Cass. sez. 3, 7 giugno 2011 n. 12408, che, dopo un'ampia elaborazione avente ad oggetto le regole che il giudice deve seguire nell'applicazione dell'istituto normativo dell'equità come strumento di quantificazione del danno - in presenza di un inevitabile ossimoro: da un lato l'esigenza del rispetto del caso concreto e dall'altro l'esigenza dell'uguaglianza risarcitoria - nonché il necessario inserimento del ruolo nomofilattico di questa Suprema Corte soprattutto in una situazione di carenza normativa, è pervenuta ad affermare il principio per cui "poiché l'equità va intesa anche come parità di trattamento, la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell'integrità psico-fisica presuppone l'adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi che, in difetto di previsioni normative (come l'art. 139 del codice delle assicurazioni private, per le lesioni di lieve entità conseguenti alla sola circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), vanno individuati in quelli tabellari elaborati presso il tribunale di Milano, da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto". Peraltro questo principio è stato affermato nel contesto del richiamato insegnamento di S.U. 11 novembre 2008 n. 27972 secondo il quale, come sintetizza la suddetta pronuncia del 2011, "costituisce componente del danno biologico "ogni sofferenza fisica o psichica per sua natura intrinseca" ", per cui "determina dunque duplicazione del risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale inteso come turbamento dell'animo e dolore intimo" "” (Cass., Sez. III, 14.11.2019, n. 29495). 3.1 - Quanto ai danni iure hereditatis, gli attori, in citazione, hanno istato per il risarcimento dei danni biologico, morale ed esistenziale patiti da ### durante i suoi cento giorni.
Occorre, in tema, operare alcune puntualizzazioni, sulla scorta delle coordinate ermeneutiche tracciate dalla più recente giurisprudenza di legittimità (cfr., in particolare, Cass. 28989/2019).
Nel caso di vittima deceduta a causa delle lesioni subite alla propria integrità psicofisica in conseguenza della condotta illecita dei sanitari, i danni non patrimoniali risarcibili alla vittima possono consistere nel danno biologico “temporaneo” o nel danno non patrimoniale “terminale”.
Il danno biologico (c.d. danno terminale) è determinato dalla lesione al bene salute quale danno-conseguenza consistente nella invalidità psico-fisica intesa come stato di incapacità determinato dall'inevitabile decorso della patologia con esito letale. ### lesione del bene-salute, infatti, possono derivare: a) conseguenze invalidanti della capacità psicofisica del soggetto, che residuano dopo la guarigione ed assumono carattere permanente - in quanto inemendabili - in relazione alla residua durata della vita; b) conseguenze anch'esse inemendabili ma letali, tali da condurre inevitabilmente la persona alla morte che sopravviene, di regola, a breve distanza di tempo.
In quest'ultimo caso, laddove il soggetto permanga in vita per un tempo comunque apprezzabile, viene in rilievo la nozione di “danno biologico terminale”, categoria meramente descrittiva, in quanto priva di una sua specificità giuridica e di una dimensione ontologica differente rispetto alla nozione di “danno biologico”. ### distintivo del danno c.d. terminale è da individuare, infatti, esclusivamente in relazione all'aspetto fenomenologico della natura mortale o non mortale della lesione, dovendo aversi riguardo alla durata della vita che intercorre tra l'evento lesivo e il decesso e, dunque, al tempo (di regola, breve) necessario all'evoluzione dello stato patologico fino al suo ineluttabile esito.
Analogamente al danno biologico, anche il danno c.d. terminale è oggetto di accertamento di fatto sulla base dei medesimi criteri fondati sui baremes medico-legali e presuppone che le conseguenze pregiudizievoli sulla capacità psicofisica del soggetto si siano effettivamente prodotte, atteso che oggetto della perdita non è tanto il decesso bensì il tempo biologico in relazione alle attività quotidiane che la vittima avrebbe potuto espletare nel corso della sua esistenza.
Infatti, il danno biologico terminale, inteso quale compromissione dell'integrità psicofisica del soggetto leso, è suscettibile di risarcimento solo nel momento in cui vi sia stato un apprezzabile “deterioramento della qualità della vita in ragione del pregiudizio alla salute”.
Al riguardo, va ribadito, si richiede che tra l'evento lesivo - in questo caso l'insorgere della patologia dopo l'emotrasfusione - e la morte, sia intercorso un apprezzabile lasso temporale.
Pertanto, qualora la morte sia stata immediata - cioè avvenuta convenzionalmente prima delle ventiquattro ore - non è possibile accertare la realizzazione di un danno biologico terminale. I giudici di legittimità impongono tale limitazione in quanto la concretizzazione del danno biologico si manifesta solo nel momento in cui la menomazione dell'efficienza psicofisica determini una compromissione della complessiva qualità della vita per opera di una ridotta o azzerata capacità nello svolgimento delle ordinarie attività esistenziali.
Com'è agevole intendere, il danno in parola, in quanto fenomenologicamente riconducibile ad uno stato di “malattia” correlato ad una apprezzabile durata della inabilità biologica viene a replicare la nozione di danno biologico da “inabilità temporanea”, parametrato, s'intende, al periodo di malattia e alla residua durata della vita del soggetto pregiudicato nelle sue capacità relazionali e nella realizzazione degli interessi facenti capo alla persona.
Il danno morale soggettivo (c.d. catastrofale), invece, consiste nello stato di sofferenza spirituale per intima paura o patema d'animo sopportato dalla vittima nell'assistere alla progressiva distruzione della propria condizione esistenziale verso l'ineluttabile fine-vita: in questo caso, l'accertamento in fatto dell'an, ossia dell'esistenza del danno-conseguenza, presuppone la prova della “cosciente e lucida percezione”, da parte del soggetto leso, dell'ineluttabilità della propria fine.
Tale pregiudizio rimane, pertanto, escluso laddove la morte sia sopraggiunta o nell'immediatezza delle lesioni inferte alla vittima o dopo un apprezzabile lasso di tempo ma con soggetto leso inconsapevole o in stato di incoscienza (cfr. Cass. n. 6754/2011).
Resta, infine, esclusa la risarcibilità del danno consistente nella perdita del bene-vita (c.d. danno tanatologico), quale bene autonomo e diverso rispetto al bene-salute (oggetto di distinti diritti: artt. 2 e 32 Cost.), fruibile solo in natura ed esclusivamente dal titolare ed insuscettibile di essere reintegrato per equivalente; sicché, tanto se il decesso si verifichi immediatamente, quanto nel caso in cui si verifichi dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità iure hereditatis di tale pregiudizio.
In definitiva, per il danno biologico da invalidità temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso) la liquidazione può ben essere effettuata sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea e deve essere effettuata in relazione alla menomazione dell'integrità fisica patita dal danneggiato sino al decesso; tale danno, qualificabile come danno "biologico terminale", dà luogo ad una pretesa risarcitoria, trasmissibile "iure hereditatis", da commisurare soltanto all'inabilità temporanea, adeguando tuttavia la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte.
Invece, il danno catastrofale - che integra un danno non patrimoniale di natura del tutto peculiare consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita - comporta la necessità di una liquidazione che si affidi a un criterio equitativo denominato "puro" - ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso - che sappia tener conto della sofferenza interiore psichica di massimo livello, correlata alla consapevolezza dell'approssimarsi della fine della vita, la quale deve essere misurata secondo criteri di proporzionalità e di equità adeguati alla sua particolare rilevanza ed entità, e all'enormità del pregiudizio sofferto a livello psichico in quella determinata circostanza (ex multis, di recente n. ###/2022).
Allorché, invece, come nel caso di specie, il danno si protragga per un periodo di tempo superiore a quello, allo stato, individuato dalle ### in cento giorni, torna ad essere risarcibile il danno biologico temporaneo ordinario.
Si veda quanto affermato nell'ultima ### delle ### redatte dall'### sulla Giustizia Civile (come visto, pubblicate il ###) in ordine alla durata limitata dell'arco temporale entro cui può parlarsi di danno terminale: “la stessa definizione ### esclude che il danno possa protrarsi per un tempo esteso. Pur nella difficoltà di tipizzazione delle possibili variabili, si suggerisce l'individuazione di un numero massimo di giorni (allo stato individuato, convenzionalmente, in 100) al di là del quale il danno terminale non può prolungarsi, tornando ad esser risarcibile il solo danno biologico temporaneo ordinario” (cfr. pag. 57).
Pertanto, essendo il decesso del dante causa degli odierni attori intervenuto a distanza di centotre giorni dal parto, il danno si è protratto per un numero di giorni superiore (sebbene di pochissimo) a quello a tal fine convenzionalmente individuato nelle ### Inoltre, nella vicenda in rassegna, come si avrà modo di puntualizzare funditus nel prosieguo, non v'è stata alcuna percezione della morte imminente.
Talché, a fortiori, appare preferibile riferirsi alla “categoria” del danno biologico temporaneo “ordinario” anziché a quella del danno non patrimoniale “terminale”.
La categoria del danno terminale deve intendersi, infatti, comprensiva dei pregiudizi altrove definiti come danno biologico terminale, da lucida agonia o morale catastrofale. Non solo: la liquidazione del danno terminale, proprio in quanto comprensiva di ogni voce di pregiudizio non patrimoniale patita in quel lasso di tempo, esclude la separata liquidazione del danno biologico temporaneo “ordinario”, da intendersi quindi assorbita.
Orbene, facendo applicazione di tali coordinate ermeneutiche e principi di diritto al caso di specie, va evidenziato che il piccolo ### è deceduto ad appena tre mesi di vita, vissuti interamente nel reparto di terapia intensiva.
Il decesso, dunque, è intervenuto a distanza di soli tre mesi dalla nascita, allorché era trascorso un arco temporale alquanto breve, tale da non consentire il consolidamento entro il suo patrimonio del diritto al risarcimento del danno biologico da invalidità permanente.
Ciò poiché le conseguenze delle illustrate condotte tenute dai sanitari e degli errori dagli stessi compiuti sono state inemendabili e letali e hanno condotto il neonato alla morte a distanza di circa cento giorni dalla sua nascita.
Non si è avuta, cioè, alcuna stabilizzazione delle condizioni del bambino (che sono progressivamente peggiorate), non v'è stata alcuna guarigione e non si sono registrate conseguenze invalidanti della sua capacità psico-fisica residuate dopo la guarigione (proprio perché, come visto, assente) e idonee ad assumere carattere permanente - in quanto inemendabili - in relazione alla residua durata della vita (che, purtroppo, non c'è stata).
In altri termini, ### è rimasto in vita per un tempo sì “apprezzabile”, durante il quale le sue “capacità umane” (pur afferenti ad un bambino di poche settimane) non hanno potuto esplicarsi, ma non tale da far sì che i postumi invalidanti si stabilizzassero dopo la guarigione e assumessero carattere permanente per la residua durata della vita.
In proposito, e a conferma di quanto finora rimarcato, i ### nominati nel presente giudizio hanno ritenuto che l'intero arco temporale in cui il piccolo ### è vissuto possa “essere inquadrato come inabilità temporanea al 100%” (cfr. pag. 39 dell'elaborato consulenziale).
Inoltre, il piccolo ### in quanto deceduto ad appena tre mesi, dopo esser rimasto sempre in terapia intensiva, non ha potuto apprezzare consapevolmente la propria condizione di “fine vita”, ossia percepire in maniera cosciente il sopraggiungere della propria morte.
In sostanza, in ragione dell'età in cui si è verificato il decesso, il dante causa degli attori non aveva le facoltà intellettive e mentali per rendersi conto della realtà circostante, delle sue condizioni di salute e dell'imminente fine.
Nondimeno, ai fini della determinazione e della quantificazione dei danni, devono essere tenute in debita considerazione le specificità della presente fattispecie.
Si è dinanzi, infatti, a un evento quanto mai tragico.
Va al riguardo rimarcato che: 1) ### è stato strappato alla vita e ai suoi affetti quando aveva da poco compiuto tre mesi d'età; 2) è venuto al mondo ipotonico e ariflessico, con due giri serrati di funicolo intorno al collo, a distanza di poche ore dal parto è stato trasferito presso l'unità di terapia intensiva, ove è giunto in stato di “asfissia grave” e dove ha vissuto la sua intera brevissima vita; 3) le sue condizioni di salute non sono mai migliorate ma sono rimaste stazionarie nella loro gravità; 4) la sua morte è eziologicamente riconducibile alla non corretta, imprudente e negligente prestazione medico-sanitaria posta in essere, in assenza della quale l'evento lesivo non si sarebbe verificato; 5) dunque, ### avrebbe potuto continuare e portare avanti il proprio percorso di vita, crescere all'interno del proprio nucleo familiare e godere dell'affetto delle persone care, in primis dei genitori e dei due fratelli.
Talché, deve assumersi come mera base di partenza (per poi discostarsene) l'importo giornaliero di € 84,00, ossia il valore monetario, previsto dalle ### 2024, per la liquidazione della componente del solo danno biologico temporaneo per un giorno di inabilità temporanea assoluta (escluso, dunque, quello afferente al danno da sofferenza soggettiva interiore media presumibile).
Infatti, alla luce di quanto testé sottolineato, l'eccezionalità del caso in rassegna e i connotati estremamente tragici della vicenda in esame (considerato che si tratta della morte di un bambino di appena tre mesi) impongono di discostarsi dalla rigida applicazione delle ### e riconoscere, per le ragioni di cui in motivazione, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale iure hereditatis, l'anzidetto importo (ossia € 84,00 moltiplicati per centotre giorni, cioè quelli in cui il neonato è rimasto in vita) quintuplicato, in ragione di ciascuna delle cinque circostanze poc'anzi poste in risalto denotanti l'indubbia peculiarità della presente fattispecie, sì da pervenire a un esito maggiormente adeguato e corretto.
Ne consegue quindi che il totale complessivo da riconoscersi in favore degli attori, in solido tra loro, è pari ad € 43.260,00.
Sull'anzidetto importo non può riconoscersi la rivalutazione monetaria poiché la misura del risarcimento è già espressa in valori attuali (atteso che la base di calcolo è costituita dall'importo giornaliero previsto per l'ITA dalle ### di ###.
Devono, per converso, essere riconosciuti gli interessi compensativi, la cui corresponsione è stata domandata da parte attrice, con le modalità stabilite dalla Suprema Corte con la sentenza delle ### n. 1712/1995, potendo infatti desumersi la prova del lucro cessante (costituito dalla perdita della possibilità di far fruttare la somma, se fosse stata pagata immediatamente) in via presuntiva dall'ammontare stesso del risarcimento (cfr. ### sent. n. 1599/2023).
Peraltro, è appena il caso di sottolineare che nella domanda di risarcimento del danno per fatto illecito è implicitamente inclusa la richiesta di riconoscimento sia degli interessi compensativi sia del danno da svalutazione monetaria - quali componenti indispensabili del risarcimento, tra loro concorrenti attesa la diversità delle rispettive funzioni - e che il giudice di merito deve attribuire gli uni e l'altro anche se non espressamente richiesti, pure in grado di appello, senza per ciò solo incorrere in ultrapetizione (cfr. Cass. n. 16012/2023).
In tema, giova rammentare che “poiché il risarcimento del danno da fatto illecito extracontrattuale costituisce un tipico debito di valore, sulla somma che lo esprime sono dovuti interessi e rivalutazione dal giorno in cui si è verificato l'evento dannoso. La rivalutazione ha la funzione di ripristinare la situazione patrimoniale di cui il danneggiato godeva anteriormente all'evento dannoso, mentre il nocumento finanziario (lucro cessante) da lui subito a causa del ritardato conseguimento del relativo importo, che se corrisposto tempestivamente avrebbe potuto essere investito per lucrarne un vantaggio economico, può essere liquidato con la tecnica degli interessi; questi ultimi, peraltro, non vanno calcolati né sulla somma originaria né su quella rivalutata al momento della liquidazione, ma computati sulla somma originaria rivalutata anno per anno, ovvero sulla somma rivalutata in base ad un indice medio” (Cass. Sez. 3, sent. n. 5234 del 10.03.2006; conf. Sez. 3, sent. n. 5054 del 3.03.2009; sez. 1, ordinanza n. 8766 del 10.04.2018).
Ancora più in particolare, sulle modalità di calcolo della rivalutazione e degli interessi, dev'essere evidenziato che “in tema di danno da ritardo nel pagamento di debito di valore, il riconoscimento di interessi compensativi costituisce una mera modalità liquidatoria alla quale il giudice può far ricorso col limite costituito dall'impossibilità di calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell'illecito. Non gli è invece inibito, purché esibisca una motivazione sufficiente a dar conto del metodo utilizzato, di riconoscere interessi anche al tasso legale su somme progressivamente rivalutate; ovvero sulla somma integralmente rivalutata, ma da epoca intermedia; ovvero, sempre sulla somma rivalutata e con decorrenza dalla data del fatto, ma con un tasso medio di interesse, in modo da tener conto che essi decorrono su una somma che inizialmente non era di quell'entità e che si è solo progressivamente adeguata a quel risultato finale; ovvero, di non riconoscerli affatto, in relazione a parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione monetaria e dalla redditività media del denaro nel periodo considerato” (Cass. Sez. 3, ord. n. 7267 del 23.03.18; n. 3931 del 2010; n. 20472 del 2004; ecc.)”.
Trattandosi, nel caso di specie, di somme attribuite a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale iure hereditatis, poiché - nel caso di specie, come visto - il decesso del piccolo ### è stato causato, dal punto di vista eziologico, da condotte (ossia interruzione del tracciato cardiotocografico e ritardata esecuzione del taglio cesareo) tenute dai sanitari nell'immediatezza della nascita del bambino, il quale è, appunto, venuto al mondo ipotonico e ariflessico e con due giri di funicolo intorno al collo, atteso che sono stati gli anzidetti trattamenti medico-chirurgici prestati nella giornata della sua nascita ad aver cagionato le problematiche di salute fin da subito insorte che hanno condotto ### alla morte, gli interessi compensativi andranno riconosciuti a partire dal 26.4.2011, data della sua nascita.
Ne consegue che le anzidette somme liquidate a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale andranno devalutate dalla data di pubblicazione della presente sentenza alla data del 26.4.2011; sugli importi così devalutati devono essere calcolati gli interessi legali sulla somma via via annualmente rivalutata anno per anno in base ai principi stabiliti dalla sentenza delle ### n. 1712/1995, fino alla data di pubblicazione della presente sentenza [il calcolo degli interessi compensativi effettuato sulla somma originaria rivalutata anno per anno è, infatti, uno dei criteri designati dalla Corte di Cassazione: “In tema di debiti di valore, il pregiudizio derivante dal ritardato conseguimento del risarcimento del danno deve essere liquidato mediante gli interessi legali computati sulla somma originaria rivalutata anno per anno ovvero su tale somma rivalutata in base ad un indice medio” (Cass. Civ., Sez. II, 03/08/2010, n. 18028)].
Trasformato in tal modo il debito di valore in debito di valuta, sulla somma così ottenuta vanno calcolati gli ulteriori interessi a far data dalla pubblicazione e sino all'effettivo soddisfo. 3.2 - Con riferimento al lamentato danno iure proprio da perdita del rapporto parentale, il cui ristoro è stato invocato sia dai genitori (### e ### sia dai fratelli (### e ###, valgano le seguenti considerazioni.
Giova innanzitutto rammentare che “il danno non patrimoniale non derivante da una lesione della salute, ma conseguente alla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, va liquidato, non diversamente che nel caso di danno biologico, tenendo conto tanto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore), quanto di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso. Nell'uno come nell'altro caso, senza automatismi risarcitori e dopo accurata ed approfondita istruttoria” (cfr. Cass. n. 901/2018 e n. 7513/2018).
In tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, allorché risulta leso il diritto alla vita familiare ed affettiva delle “vittime secondarie” (bene costituzionalmente protetto a norma degli artt. 2, 29 e 30 Cost., e la rilevanza del quale si può desumere anche da fonti sovranazionali, come innanzitutto l'art. 8 CEDU e l'art. 7 della Carta di ###, la sussistenza di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il congiunto è assistita da una presunzione "iuris tantum", fondata sulla comune appartenenza al medesimo "nucleo familiare minimo", che può essere superata dalla prova contraria fornita dal convenuto, anch'essa imperniata su elementi presuntivi tali da far venir meno (ovvero attenuare) la presunzione suddetta, dovendo in ogni caso il giudice procedere, ai sensi dell'art. 2729 c.c., a una valutazione complessiva della gravità, precisione e concordanza degli elementi indiziari a sua disposizione (Cass. n. 9010/2022).
È importante chiarire che “il c.d. danno presuntivo è concetto autonomo e distinto rispetto al c.d. danno in re ipsa: se, infatti, per quest'ultimo non è richiesta alcuna allegazione da parte del danneggiato, sorgendo il diritto al risarcimento del danno per il sol fatto del ricorrere di una determinata condizione, il primo richiede un'allegazione, seppur presuntiva, che è sempre suscettibile di essere superata da una eventuale prova contraria allegata da controparte” (Cass. 25541/2022).
Dunque, se il danno in re ipsa spiega effetti iuris et de iure, insuscettibili di essere superati dalla prova contraria, il danno presuntivo, di contro, rende “sempre possibile per il convenuto dedurre e provare l'esistenza di circostanze concrete dimostrative dell'assenza di un legame affettivo tra vittima e superstite” (v. Cass. Civ. 15 febbraio 2018, n. 3767).
Com'è agevole intendere, la prova presuntiva è tanto più efficace quanto più stretto è il vincolo parentale spezzato; allontanandosi dalla famiglia nucleare tradizionale, la prova dell'affettività concreta e dell'intensità del legame familiare dev'essere più specifica, occorrendo allegare le circostanze di fatto da cui possa emergere tale qualità.
Al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella (Cass. n. 10579/2021). ### a tal proposito è necessario fare ricorso alle c.d. ### di #### 2024, sì da escludere una valutazione puramente equitativa.
Come chiarito dall'### per la giustizia civile del Tribunale di ### la misura del danno non patrimoniale risarcibile alla vittima “secondaria” è disancorato dal danno biologico subito dalla vittima “primaria”; ciò in quanto, pur essendo la gravità di quest'ultimo rilevante per la stessa configurabilità del danno al familiare, pare opportuno tener conto nella liquidazione di siffatto danno essenzialmente della natura e dell'intensità del legame tra vittime “secondarie” e vittima “primaria” (nonché, a seconda delle fattispecie, della quantità e della qualità dell'alterazione della vita familiare). La gradazione espressa dalla forbice tabellare che individua un minimo e un massimo va determinata tenendo in debita considerazione tutte le circostanze del caso concreto, ivi compresa la qualità della intensità della relazione affettiva che caratterizza il rapporto parentale ( Cass., Sez. III, 20.10.2020, n. 22859).
Già nel 2022, l'### sulla Giustizia civile di ### aveva aggiornato i criteri orientativi già elaborati per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla perdita di rapporto parentale a seguito dell'orientamento recentemente espresso dalla sentenza della Corte di cassazione n. 10579/2021, secondo la cui massima: “In tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella”.
Sono state considerate le circostanze indicate dalla Cassazione e già menzionate anche nei “### orientativi” delle pregresse tabelle milanesi, quali: l'età della vittima primaria, l'età della vittima secondaria, la convivenza, l'esistenza di superstiti, la qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto.
Giova sottolineare che le cinque circostanze considerate ai fini della distribuzione dei punti non costituiscono ciascuna un pregiudizio in sé ovviamente, ma integrano tutte elementi che rivelano -secondo le note massime di comune esperienza, cfr. Cass. 25164/2020- l'esistenza e la consistenza di una sofferenza soggettiva e di pregiudizi dinamico-relazionali derivanti dalla perdita del parente.
Si può notare che le prime quattro circostanze hanno natura “oggettiva” e sono quindi “provabili” anche con documenti anagrafici; la quinta circostanza, invece, è di natura “soggettiva” e riguarda sia gli aspetti cd “esteriori” del danno da perdita del parente (stravolgimento della vita della vittima secondaria in conseguenza della perdita) sia gli aspetti cd “interiori” di tale danno (sofferenza interiore) e deve essere allegata, potendo poi essere provata anche con presunzioni.
Nell'apprezzamento dell'intensità e della qualità della relazione affettiva, si dovrà valutare lo specifico rapporto parentale perduto, con tutte le caratteristiche obiettive e soggettive, sulla scorta di quanto allegato e provato (anche con il ricorso alle presunzioni) in causa.
Orbene, con riguardo al caso di specie, s'impone di evidenziare che: - le allegazioni attoree appaiono estremamente vaghe, generiche, tutt'altro che circostanziate; - gli attori, cioè, si sono limitati a porre a fondamento delle pretese risarcitorie avanzate iure proprio esclusivamente l'elemento costituito dal legame parentale perduto; - nulla, per converso, hanno allegato con riguardo, ad esempio, alla penosità e alla complessità dei centotre giorni durante i quali il neonato è rimasto ricoverato in terapia intensiva, fino al decesso, o allo stravolgimento delle abitudini di vita dei componenti del nucleo familiare a seguito della morte del piccolo ### e, in generale, alle conseguenze negative e pregiudizievoli sofferte dai congiunti a causa di questo tragico evento luttuoso; - né sono stati a tal fine articolati mezzi istruttori (ad esempio, prove testimoniali) aventi ad oggetto i pregiudizi lamentati.
Infatti, è onere dell'attore allegare e provare i fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita; tale onere di allegazione, peraltro, va adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche (Cass. civ., Sez. III, 19 ottobre 2016, n. 21060, cit.; Cass. civ., Sez. III, 20 agosto 2015, n. 16992, cit., e, da ultimo, Cass. civ., III, 11 novembre 2019, n. 28989).
In ogni caso, come già rimarcato in merito ai danni iure hereditatis, vanno tenuti in considerazione i seguenti aspetti: - il legame parentale particolarmente stringente, ossia quello intercorrente tra genitori e figli, quindi tale da far presumere secondo una logica di “normalità sociale” la sussistenza di una sofferenza morale; - l'evidente ed estrema tragicità dell'evento. ### e ### infatti, hanno assistito alla sofferenza e alla morte del loro figlio di pochi mesi, hanno perduto il piccolo ### allorché quest'ultimo aveva appena centotre giorni di vita e sono stati privati, in conseguenza di un errore colposo, della relazione genitoriale (con tutto ciò che essa comporta in termini di affetto, contatti, esperienze, condivisione della quotidianità, di festività, ricorrenze, vacanze) che - diversamente, in assenza di quelle condotte - non sarebbe cessata a pochissimi mesi di distanza dal parto e sarebbe proseguita. ###, è evidente che la perdita di un figlio in tenerissima età per un genitore rappresenta un trauma sofferenziale enorme a prescindere dallo sconvolgimento delle sue abitudini di vita.
Sicché, in questo caso, anche in presenza di allegazioni concise, il giudice può e deve apprezzare la consistenza e intensità della relazione e può e deve valorizzarla con i punti della lettera E.
Dai suesposti rilievi discende quanto segue.
Alcun punto può essere riconosciuto con riferimento alla convivenza (di cui alla lett. C delle ### poiché il piccolo ### ha trascorso l'intera sua breve esistenza ricoverato in ospedale, ragion per cui non ha mai coabitato con i genitori. Peraltro, come visto, nulla è stato allegato in merito all'estrinsecarsi e all'evolversi della vita quotidiana di ### e ### durante il periodo di degenza del piccolo ### Tenuto conto, da un lato, delle evidenziate lacune in punto di allegazione e prova e, dall'altro, delle specificità e della tragicità della vicenda in esame, in relazione alle circostanze di cui alla lett. E si ritiene congruo attribuire a ciascun genitore quindici punti.
Può quindi procedersi alla seguente “distribuzione”: - ventotto punti per ciascun genitore in ragione dell'età della vittima primaria all'epoca del decesso (0 anni); - in base all'età - al momento del decesso di ### - di ciascuna delle vittime secondarie, ventiquattro punti alla madre (che, alla data del 6.8.2011, aveva venticinque anni, essendo nata il ###) e ventidue punti al padre (che, alla data del 6.8.2011, aveva trentatré anni, essendo nato il ###); - nove punti per ciascun genitore, in riferimento alla lett. D, in ragione della sopravvivenza di tre congiunti (cioè l'altro coniuge e due figli) del nucleo familiare primario del de cuius; - quindici punti per ciascun genitore per il parametro E.
Conseguentemente, tenendo conto del “valore punto” della tabella integrata a punti 2024 (pari ad € 3.911,00), vanno riconosciute le seguenti somme: a) a ### l'importo di € 297.236,00; b) ad ### l'importo di € 289.414,00.
Sugli anzidetti importi non può riconoscersi la rivalutazione monetaria poiché la misura del risarcimento è già espressa in valori attuali.
Devono, per converso, essere riconosciuti gli interessi compensativi, la cui corresponsione è stata domandata da parte attrice, con le modalità stabilite dalla Suprema Corte con la sentenza delle ### n. 1712/1995, potendo infatti desumersi la prova del lucro cessante (costituito dalla perdita della possibilità di far fruttare la somma, se fosse stata pagata immediatamente) in via presuntiva dall'ammontare stesso del risarcimento (cfr. ### sent. n. 1599/2023).
Peraltro, è appena il caso di sottolineare che nella domanda di risarcimento del danno per fatto illecito è implicitamente inclusa la richiesta di riconoscimento sia degli interessi compensativi sia del danno da svalutazione monetaria - quali componenti indispensabili del risarcimento, tra loro concorrenti attesa la diversità delle rispettive funzioni - e che il giudice di merito deve attribuire gli uni e l'altro anche se non espressamente richiesti, pure in grado di appello, senza per ciò solo incorrere in ultrapetizione (cfr. Cass. n. 16012/2023).
In tema, giova rammentare che “poiché il risarcimento del danno da fatto illecito extracontrattuale costituisce un tipico debito di valore, sulla somma che lo esprime sono dovuti interessi e rivalutazione dal giorno in cui si è verificato l'evento dannoso. La rivalutazione ha la funzione di ripristinare la situazione patrimoniale di cui il danneggiato godeva anteriormente all'evento dannoso, mentre il nocumento finanziario (lucro cessante) da lui subito a causa del ritardato conseguimento del relativo importo, che se corrisposto tempestivamente avrebbe potuto essere investito per lucrarne un vantaggio economico, può essere liquidato con la tecnica degli interessi; questi ultimi, peraltro, non vanno calcolati né sulla somma originaria né su quella rivalutata al momento della liquidazione, ma computati sulla somma originaria rivalutata anno per anno, ovvero sulla somma rivalutata in base ad un indice medio” (Cass. Sez. 3, sent. n. 5234 del 10.03.2006; conf. Sez. 3, sent. n. 5054 del 3.03.2009; sez. 1, ordinanza n. 8766 del 10.04.2018).
Ancora più in particolare, sulle modalità di calcolo della rivalutazione e degli interessi, dev'essere evidenziato che “in tema di danno da ritardo nel pagamento di debito di valore, il riconoscimento di interessi compensativi costituisce una mera modalità liquidatoria alla quale il giudice può far ricorso col limite costituito dall'impossibilità di calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell'illecito. Non gli è invece inibito, purché esibisca una motivazione sufficiente a dar conto del metodo utilizzato, di riconoscere interessi anche al tasso legale su somme progressivamente rivalutate; ovvero sulla somma integralmente rivalutata, ma da epoca intermedia; ovvero, sempre sulla somma rivalutata e con decorrenza dalla data del fatto, ma con un tasso medio di interesse, in modo da tener conto che essi decorrono su una somma che inizialmente non era di quell'entità e che si è solo progressivamente adeguata a quel risultato finale; ovvero, di non riconoscerli affatto, in relazione a parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione monetaria e dalla redditività media del denaro nel periodo considerato” (Cass. Sez. 3, ord. n. 7267 del 23.03.18; n. 3931 del 2010; n. 20472 del 2004; ecc.)”.
Trattandosi, nel caso di specie, di somme attribuite a titolo di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, questo danno diventa risarcibile dal momento del decesso della “vittima primaria”, ossia del congiunto degli attori, la cui morte - appunto - recide il legame affettivo e familiare, cagionando il danno.
Sicché, gli interessi compensativi andranno riconosciuti a partire dal 6.8.2011, data del decesso di ### Ne consegue che le anzidette somme liquidate a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale andranno devalutate dalla data di pubblicazione della presente sentenza alla data del decesso del dante causa degli attori (6.8.2011); sugli importi così devalutati devono essere calcolati gli interessi legali sulla somma via via annualmente rivalutata anno per anno in base ai principi stabiliti dalla sentenza delle ### n. 1712/1995, fino alla data di pubblicazione della presente sentenza [il calcolo degli interessi compensativi effettuato sulla somma originaria rivalutata anno per anno è, infatti, uno dei criteri designati dalla Corte di Cassazione: “In tema di debiti di valore, il pregiudizio derivante dal ritardato conseguimento del risarcimento del danno deve essere liquidato mediante gli interessi legali computati sulla somma originaria rivalutata anno per anno ovvero su tale somma rivalutata in base ad un indice medio” (Cass. Civ., Sez. II, 03/08/2010, n. 18028)].
Trasformato in tal modo il debito di valore in debito di valuta, sulla somma così ottenuta vanno calcolati gli ulteriori interessi a far data dalla pubblicazione e sino all'effettivo soddisfo. 3.3 - Devono essere, invece, rigettate le domande proposte nell'interesse dei minori ### e ### In proposito, giova innanzitutto richiamare i principi di diritto di recente affermati dalla Corte di Cassazione (sent. n. 12987/2022) in ordine alle componenti, interiore e relazionale, del danno da uccisione di congiunto: - “La prima questione, relativa al danno morale soggettivo, è se quest'ultimo possa rilevare per un infante quando costui ha modo ed età di patirlo, e dunque nei termini di un danno futuro”; - “In questo senso si è attestata la giurisprudenza di questa Corte per diversi anni, quando il modello di danno patrimoniale era offerto da quello morale e quando, dunque, per evitare che l'incoscienza dell'infante impedisse di ammettere una sofferenza d'animo, si ricorreva all'espediente del danno futuro: non può soffrire oggi, ma soffrirà quando avrà coscienza della perdita, ed ovviamente la dissociazione temporale tra il fatto illecito ed il pregiudizio che ne segue non impedisce la rilevanza del danno, non essendo connaturale a quest'ultimo la contestualità con l'azione lesiva (Cass. 1079 del 1974; Cass. n.2731 del 1968)”; - “###espediente era una conseguenza del fatto che l'unica ipotesi di danno non patrimoniale rilevante, quando quella giurisprudenza si è formata, era il danno morale soggettivo: cosi che il danno futuro, ossia la dissociazione temporale tra fatto lesivo e ripercussione dannosa, costituiva un rimedio di politica del diritto alla eventualità che all'infante, non patendo immediatamente sofferenza per la perdita, venisse negato risarcimento, pur potendo invece quella sofferenza prodursi in seguito”; - “Ma che si possa dare dissociazione temporale tra fatto lesivo e pregiudizio non basta”; - “### per il danno futuro possono ipotizzarsi due diverse configurazioni: il danno virtuale e quello eventuale. Il primo dei due è un danno certo al momento del fatto illecito, ma destinato ad avere ripercussioni nel futuro. Esempio di tale ipotesi è l'invalidità permanente, la quale esiste già al momento della lesione, ma è destinata a prolungarsi in seguito. Caratteristica del pregiudizio futuro virtuale è di essere suscettibile di stima e valutazione immediate. Il danno futuro eventuale è invece un danno che al momento del fatto illecito non si sa se si verificherà in futuro. È un danno ipotetico”; - “Di conseguenza, mentre nel caso di danno virtuale l'incertezza attiene al tempo entro cui il danno si manifesterà, o a quanto esso durerà, nel danno eventuale l'incertezza riguarda proprio la sopravvenienza stessa del pregiudizio”; - “Il danno futuro dell'infante, la sua futura sofferenza per la perdita attuale del nonno, è dunque un danno eventuale che non può essere ritenuto rilevante ora per allora”; - “### conclusione può assumersi per la perdita del rapporto parentale, ossia per il caso in cui il pregiudizio in capo all'infante sia visto nei termini di perdita del congiunto”; - “la perdita del rapporto parentale, nella sua dimensione non patrimoniale, determina con sé perdita dei reciproci affetti in corso, della relazione di solidarietà e del rapporto di intimità tra congiunti, che sono, a differenza del danno morale soggettivo, "dimensioni oggettive" del pregiudizio, ossia "utilità" la cui estinzione rileva a prescindere dalla sofferenza che quella perdita può produrre sul parente sopravvissuto: sono, in altri termini, perdite di utilità diverse dalla serenità morale”; - “Ma, anche in tale dimensione, il pregiudizio è rilevante solo se attuale, e lo è per sua natura. Se la dissociazione, almeno astrattamente, è concepibile per la sofferenza soggettiva - il danneggiato subisce una lesione di cui è in grado di patire solo in futuro - la perdita del rapporto parentale, in quanto perdita delle "utilità" che il rapporto consente, è necessariamente una perdita che rileva immediatamente e che si esaurisce nella contestualità di lesione e danno, per la semplice ragione che è pregiudizio risarcibile in quanto perdita del godimento di quelle "utilità". Ed il godimento futuro di una situazione passata, in quanto annientata dall'illecito, è difficile da ammettere”; - “In sostanza, la perdita del legame affettivo è perdita attuale, consiste nella definitiva, per l'appunto, impossibilità di godere di quel legame, difficile da ammettersi come perdita differita rispetto alla lesione, come invece potrebbe in astratto essere per la sofferenza morale”; - “Con la conseguenza che la perdita del rapporto parentale è pregiudizio rilevante solo per il congiunto che di tale rapporto sia parte, ovviamente non in senso formale, ma che lo sia nel senso di poter trarre dal rapporto le "utilità" che esso offre: reciproco affetto, solidarietà, comunanza familiare, la cui natura presuppone naturalmente una certa capacità di trarre beneficio da quel rapporto, di averne le "utilità" che offre e che l'illecito fa perdere definitivamente”. Tanto chiarito, dev'essere, in parte, ribadito e, in parte, specificato quanto già osservato con riguardo ai danni lamentati dai genitori di ### dovendo tuttavia pervenirsi a conclusioni differenti, atteso che: - come visto, le allegazioni attoree sono estremamente vaghe, generiche, tutt'altro che circostanziate; - gli attori, cioè, si sono limitati a porre a fondamento delle pretese risarcitorie avanzate nell'interesse dei figli minori esclusivamente l'elemento costituito dal legame parentale perduto; - null'altro è stato allegato e, men che meno, provato, considerato che non è stato in proposito articolato alcun mezzo istruttorio. In particolare, nulla è stato addotto in merito alle conseguenze pregiudizievoli e alle ripercussioni negative che sarebbero state sofferte dai fratellini di ### Tale lacuna in punto di allegazione e prova non può essere colmata e superata neanche tramite il ricorso alle presunzioni ai sensi dell'art. 2729 c.c., in ragione, da un lato, della tenera età dei minori ### e ### all'epoca della nascita e della morte del piccolo ### e, dall'altro, della totale assenza di elementi indiziari a disposizione del giusdicente. Non sono stati offerti, cioè, elementi fattuali da cui desumere che ### e #### avessero, a monte, consapevolezza dell'imminente nascita del fratellino e abbiano, poi, avuto consapevolezza di quanto a quest'ultimo accaduto, ### si siano resi conto della sua morte e abbiano sofferto la sua assenza, ### abbiano risentito (dal punto di vista tanto interiore quanto relazionale) del grave lutto subito dai genitori e, in generale, abbiano avuto ripercussioni negative nel proprio percorso di vita successivo a causa del tragico evento che ha colpito la loro famiglia. Il che vale ancor più se si tiene a mente la tenerissima età dei due infanti, soprattutto per quanto concerne la minore ### la quale all'epoca della nascita di ### aveva diciannove mesi e non aveva ancora compiuto due anni quando suo fratello è spirato. ### alla luce delle peculiarità della fattispecie in rassegna s'impone di rimarcare che: - considerato che ### è deceduto ad appena tre mesi, con i fratelli non si è né instaurato né, men che meno, consolidato alcun rapporto, in termini di condivisione della vita quotidiana, di solidarietà, di intimità, ragion per cui - non avendo fatto ingresso nel presente giudizio elementi da cui desumere il contrario - non può parlarsi, realmente, di recisione e perdita di legame familiare; - i tre fratelli non hanno mai vissuto insieme (posto che, come detto, il piccolo ### è rimasto sempre ricoverato in ospedale); - non risulta che i minori ### e ### si siano mai recati in ospedale per far visita al fratellino appena nato. In sostanza, non sussistono i presupposti neanche per ritenere che nel caso di specie si sia configurato un danno futuro, ossia certo al momento del fatto illecito ma destinato ad avere ripercussioni nel futuro, quindi pur sempre suscettibile di stima e valutazione immediate, o che, comunque, un pregiudizio (morale e relazionale) sia stato concretamente sofferto dai minori odierni attori. Donde la reiezione, in parte qua, della domanda attorea. 4 - La regolamentazione delle spese di lite segue il criterio della soccombenza.
Pertanto, devono essere poste a carico della “ASL BA”.
Esse sono liquidate ai sensi del Dm n. 55/2014 (per come novellato dal Dm n. 147/2022), in base al valore della controversia, desumibile dal decisum (Cass., S.U., 11.9.2007, n. 19014), facendo applicazione degli onorari medi previsti per lo scaglione da € 520.000,00 ad € 1.000.000,00, dunque applicando - ai sensi dell'art. 6, comma 1 - un aumento del 10% (commisurato all'effettivo, complessivo, ammontare del decisum) sui parametri numerici previsti per le controversie di valore fino ad € 520.000,00, tuttavia, con ### riduzione del 40% al fine di ricondurre ad equità i compensi, atteso che l'istruttoria è consistita nel solo espletamento della Ctu e in ragione della complessità delle questioni in fatto e in diritto trattate nonché della natura degli scritti difensivi attorei (riduzione che, di fatto, sterilizza l'anzidetto aumento), e ### esclusione del compenso relativo alla fase introduttiva per quanto concerne il rapporto processuale tra la convenuta e l'attrice ### atteso che i procuratori di quest'ultima si sono costituiti in corso di causa, riportandosi ai precedenti scritti difensivi.
Le spese di ### nella misura già liquidata in corso di causa, vanno definitivamente poste a carico della convenuta “ASL BA”.
Infine, dev'essere revocata, a far data dal 26.5.2016, l'ammissione di ### al patrocinio a spese dello Stato (disposta in via anticipata e provvisoria con delibera del COA di ### del 24.10.2012), in quanto ### nell'ambito del presente giudizio, il ### appunto, ha nominato due difensori (gli avvocati ### e ### come da mandato in atti), in tal modo rinunciando implicitamente al beneficio al quale era stata, come visto, inizialmente ammessa.
Va, infatti, al riguardo richiamato e ribadito il principio di diritto (costantemente e pacificamente affermato dalla Corte di Cassazione) secondo cui “dal complesso delle disposizioni di cui al d.P.R. n. 115 del 2002, che regolano per tutti i processi l'istituto del patrocinio a spese dello Stato - ed in particolare dagli artt. 80, 82 ed 83 - si ricava che l'art. 91 del medesimo d.P.R. - secondo cui l'ammissione è esclusa "se il richiedente è assistito da più di un difensore" - pur se collocato all'interno del titolo specificamente dedicato al processo penale, esprime un principio di carattere generale, con la conseguenza che, nel processo civile, l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato è esclusa se il richiedente è assistito da più di un difensore” (cfr. Cass. n. 1736/2020).
Ciò poiché la ratio della normativa in tema di patrocinio a spese dello Stato va individuata nell'esigenza di assicurare, anche ai non abbienti, l'effettiva possibilità di esercitare il diritto di azione e difesa in giudizio. Detta esigenza, tuttavia, impone soltanto la garanzia del livello essenziale di difesa, per intuibili esigenze di contemperamento tra l'interesse individuale della parte ammessa al beneficio e quello collettivo al contenimento della spesa occorrente per l'assicurazione di quest'ultimo a tutti gli aventi diritto. Sotto questo profilo, la limitazione della facoltà della parte ammessa al beneficio di nominare un solo difensore appare pienamente coerente con l'esigenza di tutela generale e diffusa cui tende la normativa in esame (cfr. Cass. n. 5639/2022).
In ragione della conferma dell'ammissione di ### al patrocinio a spese dello Stato, disposta in via anticipata e provvisoria con delibera del COA di ### del 24.10.2012, la condanna della “ASL BA” alla refusione delle spese di lite nell'ambito del rapporto processuale con ### va disposta direttamente in favore dell'#### come di recente rammentato da Corte Cost. sent. n. 64 del 19.4.2024, la regolamentazione delle spese processuali nel giudizio civile attiene alla regola generale victus victori stabilita dall'art. 91, primo comma, cod. proc. civ., secondo cui «[i]l giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa» (sentenza n. 77 del 2018). ### risponde quindi alla logica per cui l'alea del processo «grava sulla parte soccombente perché è quella che ha dato causa alla lite non riconoscendo, o contrastando, il diritto della parte vittoriosa ovvero azionando una pretesa rivelatasi insussistente» (ancora sentenza n. 77 del 2018); le spese di lite, dunque, devono essere sopportate da chi ha reso necessaria l'attività del giudice.
Nel caso particolare in cui la parte vittoriosa è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, la regolamentazione delle spese di lite attiene quindi a un «rapport[o] distinto[o] e autonom[o]» (sentenza n. 109 del 2022) da quello che sorge per effetto dell'ammissione stessa; quest'ultimo, a cui le parti del giudizio rimangono totalmente estranee, si instaura direttamente tra il difensore del beneficiario del patrocinio e lo Stato, mentre il primo si instaura inter partes, tra soccombente e vincitore, con il giudice che applica gli ordinari criteri di liquidazione delle spese, senza che il medesimo soccombente subisca, a differenza di quanto sostiene il rimettente, alcuna ulteriore effettiva decurtazione. ### della rifusione delle spese è, pertanto, concettualmente estraneo alla logica propria dell'obbligazione tributaria, che implica, invece, una «effettiva decurtazione patrimoniale» attraverso un «prelievo coattivo, finalizzato al concorso alle pubbliche spese e posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva» (cfr. sentenza n. 128 del 2022). P.Q.M. Definitivamente pronunciando sulle domande proposte da ### e ### in proprio e in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sui minori ### e ### così provvede: 1) accoglie parzialmente le domande attoree; 2) condanna la “ASL BA” al pagamento in favore di ### e di ### in solido tra loro, della somma di € 43.260,00, già rivalutata all'attualità, oltre ### interessi al tasso legale secondo gli indici ### sulla anzidetta somma, devalutata al 26.4.2011 e rivalutata anno per anno fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, e ### interessi al tasso legale sull'anzidetta somma di € 43.260,00 dalla sentenza al saldo, a titolo di risarcimento del danno iure hereditatis; 3) condanna la “ASL BA” al pagamento in favore di ### della somma di € 289.414,00, già rivalutata all'attualità, oltre ### interessi al tasso legale secondo gli indici ### sulla anzidetta somma, devalutata al 6.8.2011 e rivalutata anno per anno sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, e ### interessi al tasso legale sull'anzidetta somma di € 289.414,00 dalla sentenza al saldo, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio; 4) condanna la “ASL BA” al pagamento in favore di ### della somma di € 297.236,00, già rivalutata all'attualità, oltre ### interessi al tasso legale secondo gli indici ### sulla anzidetta somma, devalutata al 6.8.2011 e rivalutata anno per anno sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, e ### interessi al tasso legale sull'anzidetta somma di € 297.236,00 dalla sentenza al saldo, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio; 5) rigetta nel resto le domande attoree; 6) revoca, per le ragioni di cui in motivazione, a far data dal 26.5.2016, l'ammissione di ### al patrocinio a spese dello Stato, disposta in via anticipata e provvisoria con delibera del COA di ### del 24.10.2012; 7) condanna la “ASL BA” alla refusione in favore di ### delle spese di lite, che si liquidano in complessivi € 13.278,54, oltre accessori di legge, per compenso professionale; 8) condanna la “ASL BA”, con riguardo al rapporto processuale con l'attore ### alla refusione in favore dell'### delle spese anticipate e prenotate a debito (dovute a titolo di contributo unificato, marca da bollo e spese di notifica) nonché di € 14.821,62, oltre ogni accessorio di legge, per compenso professionale; 9) pone le spese di ### per come liquidate in corso di causa, definitivamente a carico della “ASL BA”.
Così deciso in ### l'8 giugno 2024 Il giudice ###
causa n. 470/2013 R.G. - Giudice/firmatari: Tarantino Gianluca