blog dirittopratico

3.673.183
documenti generati

v5.31
Motore di ricerca Sentenze Civili
CSPT
torna alla pagina iniziale

Banca Dati della Giurisprudenza Civile

La Banca Dati gratuita "autoalimentata" dagli utenti di Diritto Pratico!

 
   
   
   
 
Legenda colori:
Corte di Cassazione
Corte d'Appello
Tribunale
Giudice di Pace
già visionate
appuntate
M

Corte di Cassazione, Sentenza n. 19455/2025 del 15-07-2025

... l'azione di rivendicazione, salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi. 4.2. Il contrasto, come è noto, è stato composto dalle ### di questa Corte con la sentenza 8/10/2008, n. 24772, la quale, con estremo rigore dogmatico, da un lato, ha ribadito il carattere generale della regola per cui il mandatario acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, i quali non hanno alcun rapporto con il mandante (art. 1705, primo comma e secondo comma, primo periodo, cod. civ.); dall'altro lato ha qualificato come eccezionali - e dunque, di stretta interpretazione - quelle disposizioni (in particolare, gli artt. 1705, secondo comma, secondo periodo e 1706, primo comma, cod. civ.), che, in deroga al richiamato, generale meccanismo effettuale, ne prevedano, sul piano processuale, una sorte diversa, imperniata sulla immediata reclamabilità del di ritto (di credito o reale) da parte del mandante. Pertanto, mentre, per un verso, l'oggetto del potere riconosciuto al 17 mandante dall'art. 1705, secondo comma, secondo periodo cod. civ., formalmente limitato all'esercizio dei «diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato», deve ritenersi rigorosamente (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 1120/2021 R.G., proposto da ### società cooperativa per azioni, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempo re; rappresentata e difesa dagli ### e ### in virtù di procura in calce al ricorso; con domiciliazione digitale ex lege; -ricorrente nei confronti di ### s.p.a. (già ### dell'### Coop.), quale incorporante ### ol ### s.p.a., in persona del Presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore; rappresentata e difesa dagli ### e Rob erto ### in virtù di p rocura in calce al controri corso; con domiciliazione digitale ex lege; -controricorrente nonché di ### s.p.a., in perso na del procuratore ad negotia; rappre sentata e difesa dall'Avv.  ### o Lusetti , in v irtù di procura in calce al controricorso; con domiciliazione digitale ex lege; -controricorrente nonché di ### dei ###s che hanno assunto il rischio derivante dal contratto n. 1860197, in persona del procuratore speciale del rappresentante generale per l'### dei ###s; rappresentati e difesi dall'Avv. ### ti, in virtù d i pro cura in calce al controricorso; con domiciliazione digitale ex lege; -controricorrente e di ### dei ###s che hanno assunto il rischio derivante dal contratto n.1860198, in persona del procuratore speciale del rappresentante generale per l'### dei ###s; rappresentati e difesi dall'Avv. ### in virtù di procura in calce al controricorso; con domiciliazione digitale ex lege; 3 -controricorrente per la cassazione della sentenza n. 2420/2020 della CORTE d'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15 settembre 2020; udìta la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 aprile 2025 dal ### udìto il ### lico Ministero, in persona de l ### che ha chiesto l'accoglimento del primo motivo di ricorso; udìto l'Avv. ### per delega dell'Avv. ### per la ricorrente ### società cooperativa per azioni; udìto l'Avv. ### per la controricorrente ### s.p.a.; udìto l'Avv. ### per la controricorrente ### s.p.a.; udìto l'Avv. ### per delega dell'Avv. ### per i controricorrenti ### dei ###s che h anno assunto il rischio derivante dal contratto assicurativo n. 1860198; udìto l'Avv. ### per i controricorrenti ### dei ###s che hanno assunto il rischio derivante dal contratto assicurativo n. 1860197.  ### 1. Il 13 febbraio 2013 ### s.p.a. stipulò con ### s.c.p.a. un contratto “per la fornitura e la gestione di servizi di trasporto e trattamento valori”, in base al quale ### si obbligò, da un lato, alla fornitura d iretta a ### l ### di servizi di trasp orto e 4 trattamento valori nell'ambito territoriale di sua competenza e, dall'altro lato, a stipulare in nome proprio con istituti terzi contratti di fornitura dei medesimi servizi in ambiti territoriali diversi. 
Nel contratto era stato specificato (art. 2) che ### aveva “precipuo interesse ad avere quale unica controparte, cui opporre ogni eventuale eccezione, anche di compensazione, l'### con il quale il ### stesso viene perfezionato” e che l'### avrebbe potuto “assicurare i ### anche tramite istituti ter zi con lo stesso convenzionati … ferma restando, comunque, la piena e diretta responsabilità dell'### nei confronti della ### per l'operato degli IVP in questione”; inoltre, ### si era impegnata (art. 5) “ad assumersi il rischio relativo a i valori e ffettivamente traspor tati e/o lavorati anche da parte di istituti terzi”. 
In esecuzione del rapp orto contrattuale, ### service s.c.p.a.  individuò, quale istituto di vigilanza a mezzo del quale assicurare a ### s.p.a. i servizi di trasporto e custodia dei valori al di fuori del territorio di sua diretta competenza, la società ### s.p.a.. 
Questa società, però, omise di restituire denaro contante per un importo di oltre tre milion i di ### depositat o presso due caveau ubicati in provincia di ### e a ### in esecuzione di due ordini di versamento impartiti a settembre 2013, sempre per il tramite della mandataria, con conseguente perdita per ### stimabile nel complessivo importo di ### 3.228.785,00.  ### s.p.a. citò ### s.c.p.a. in giudizio risarcitorio 5 dinanzi al Tribunale di Bologna, per farne valere la responsabilità per il fatto del terzo, come previsto in base alle clausole contrattuali.  ### s.c.p.a. si costituì in giudizio, eccependo la nullità di tali clausole e chiamando in manleva le proprie compagnie assicurative, ovverosia gli assicuratori dei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto 1860197, quelli che avevano assunto il rischio derivante dal contratto 1860198 e la ### s.p.a.. 
Si costituirono le compagnie assicurative, eccependo l'inoperatività delle polizze; gli assicuratori dei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto 1860198 eccepirono anche la tardività della chiamata in causa e la mancanza di autorizzazione alla stessa.  il Tribunale accolse la domanda principale e condannò ### s.c.p.a. a pagare a ### s.p.a., a titolo risarcitorio, la somma di ### 3.228.785,00, oltre interessi con decorrenza dal 12 novembre 2014 (data della notifica della citazione); rigettò le domande di manleva.  2. La Corte d'appello di Bologna, previo rigetto dell'impugnazione principale proposta da ### s.c.p.a. e parziale accoglimento di quella incidentale spiegata da ### s.p.a., ha confermato la condanna della pri ma al pagamento, in favore della seconda, della somma di ### 3.228.785,00, retrodatando alla data del 31 ottobre 2013 (data della messa in mora stragiu diziale) la decorrenza dell'obbligo di corresponsione degli interessi. 
La Corte territoriale, fermo il rigetto delle domande di manleva, con 6 riguardo a quella principale risarcitoria ha ritenuto: - che il contratto stipulato tra ### s.p.a. e ### s.c.p.a. avesse previsto a carico della seconda l'obbligo di assicurare lo svolgimento dei medesimi servizi da essa svolti tramite soggetti terzi (unica modalità consentita dalla legge nell'ambito territoriale posto al di fuori della sua competenza), con attribuzione alla mandataria della piena, diretta ed esclusiva responsabilità nei confronti della mandante per l'operato degli istituti terzi di cui si fosse avvalsa, del quale aveva assunto espressamente il rischio; - che, pertanto, contrariamente a quanto eccepito da ### s.c.p.a., non era invocabile, in fu nzione dell'esclusione della responsabilità della mandataria per il fatto del terzo, l'art.1715 cod.  civ., in quanto tale dis posizione era derogata dalla rich iamata pattuizione contrattuale, per effetto della quale, tra l'altro, tornava applicabile anche la regola generale di cui all'art.1228 cod. civ.; - che, inoltre, neppure era invocabile, in funzione del rilievo di nullità della pattuizione contrattuale di responsabilità piena e diretta di ### s.c.p.a., l'art.1938 cod. civ., in quanto essa pattuizione non era qualificabile in termini di negozio di garanzia (né fideiussorio, né atipico , né autonomo), stante, in particolare , l'asse nza di accessorietà tra obbligazione del terzo e que lla del mandat ario, la sussistenza di un unico impegno di ### ad assicurare (con distinti strumenti giuridici) le medesime prestazioni di servizi” (pag. 12 della sentenza impugnata) e il carattere specifico ed attuale (pertanto, non futuro) di tale obbligazione. 7 3. Ha proposto ricorso per cassazione ### s.c.p.a. sulla base di sei articolati mot ivi, il primo dei quali diretto a censurare l'accoglimento della domanda principale risarcitoria e i restanti ( ad eccezione dell'ultimo, concernente le spese di lite) diretti a censurare il rigetto delle domande di garanzia. 
Hanno risposto con distinti controricorsi ### s. p.a. (in qualità di soggetto incorporante ### s.p.a.), ### s.p.a., gli ### dei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto n.1860197 e gli ### dei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto n.1860198. 
La trattazione del ricorso, già fissata in adunanza camerale (in vista della quale tut te le parti avevano depositato memoria, me ntre il ### pre sso la Corte, nella persona del ### tuto ### aveva depositato conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del primo motivo, con assorbimento degli altri), è stat a rinviata alla pubblic a udienza con ordinanza 22 ottobre 2024, n. 27380.  il ### lico ### presso la Corte, sempre nella persona d el ### ha depositato ulteriore memoria, ribadendo le già formulate conclusioni. 
Ulteriori memorie per l'udienza sono state depositate anche da tutte le parti private.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo vengono denunciate: «### e falsa applicazione di norme di legge. ### e falsa applicazione degli 8 articoli 1418, 1343 e 1421 codice civile. ### e falsa applicazione dell'art. 1938 codice civile. ### e falsa applicazione dell'articolo 1715 codice civile. ### e falsa applicazione degli articoli 1736 e 1746 comma 3 codice civi le. Vi olazion e e falsa applicazione degli articoli 134 e seguenti del r.d. 1 8 maggio 1931 n. 773 ###.  ### e falsa applicazione degli articoli 257 comma 1 lettera c) e 257 ter comma 2 del r.d. 6 maggio 1 940 n. 635 (Regolamen to di esecuzione del ###. Vio lazione e falsa ap plicazione del D.M. 1 dicembre 2010 n. 269».  ### s.c.p.a. censura la statuizione di accoglimento della domanda risarcitoria proposta nei suoi confronti da ### s.p.a.  (ora ### s.p.a.). 
La censu ra riguarda p recipuamente il mancato accoglimento dell'eccezione di nullità della clausola contrattuale con cui ### s.c.p.a. aveva assunto il rischio relativo ai valori e ffettivament e trasportati e/o lavorati anche da parte di istituti terzi; eccezione che era stata sollevata sul presup posto che la respon sabilità verso la mandante per gli atti posti in essere dai terzi con cui aveva contrattato avrebbe potuto essere assunta dalla mandataria priva di rappresentanza soltanto con la fissaz ione di un importo mass imo garantito, caratterizzandosi la pattuizione contrattuale stipulata in deroga alla regola p eculiare (ma com unque dispositiva) di c ui all'art.1715 cod. proc. civ. quale pattuizione di garanzia, come tale soggetta alla regola (questa, invece, imperativa) dell'art. 1938 cod.  civ.. 9 2. La delibazione dell'illustrata censura presuppone l'individuazione della natura del contratto stipulato il 13 febbraio 2013 tra ### s.p.a. e ### s.c.p.a..  ### le allegazioni della controricorren te ### s.p.a. , esso sarebbe qualificabile come un unico contratto di appalto di servizi, in base al quale l'appaltatrice ### s.c.p.a. si sarebbe impegnata personalmente a fornire alla committente ### s.p.a. servizi di trasporto e trattamento valori nell'ambito territoriale di sua competenza, salva la possibilità di avvalersi, anche mediante contratti di subappalto, di istituti di vigilanza terzi per l'espletamento dei servizi da erogare in favore delle filiali ### indicate nell'allegato E (“### Operativi”) per le ##### e per alcune filiali in ### con particolare riferimento alla zona di ### Se fosse corretta questa configurazione della natura del contratto stipulato inter partes, le censure rivolte con il primo motivo di ricorso alla sentenza d'appello sarebbero manifestamente infondate. 
In presenza di un unico contratto di appalto, infatti, sarebbe esclusa in radice l'applicabilità dell'art. 1715 cod. civ. (che regola la diversa fattispecie contrattuale del mandato) e la conseguente possibilità di individuare, nelle clausole contrattuali con cui ### s. c.p.a.  aveva assunto il rischio relativo ai valori trasportati o lavorati da parte di istituti terzi, un patto contrario in deroga alla regola di irresponsabilità del mandatari o privo di rappre sentanza stabilita dalla predetta disposizione. 
Piuttosto, la facol tà attribuita a ### “affinché stipuli e 10 gestisca in proprio nome ma per conto della ### su tutto il territorio nazionale, contratti con ### di ### Privata” (### A) delle ### del contratto), al di là del formale riferimento alla figura del “mandato senza rappresentanza ex art. 1705 cod. civ.”, andrebbe intesa come mera autorizzazione (arg. ex art. 1656 cod. civ.) ad avvalersi di terzi ausiliari nell'adempimento delle obbligazioni derivanti dall'appalto, cosicché, per un verso, gli eventuali contratti di subappalto da essa conclusi con gli istituti terzi integrerebbero nient'altro che la fonte del rapporto di “ausiliarietà” costituito tra le parti stipulanti (rapporto che, per giurispru denza consolidata, può trovare la sua fonte non solo nell'ipotesi classica del lavoro subordinato, ma in ogni ipotesi in cui il debitore si avvalga dell'attività di terzi per eseguire la prestazione, a prescindere dal rapporto intercorrente tra essi e il debitore medesimo: cfr., ad es., Cass. 31/08/2011, n. 17853); per altro verso, una volta che, in base a tale rapporto, l'attività degli ausiliari fosse stata inserita nel procedim ento esecutivo dell'obbligazione, esclu so ogni rapporto diretto tra questi ultimi e ### (cfr., ad es., Cass. 7/01/2025, n.940), Coo pservice avrebbe risposto del fatto d oloso o colposo commesso dagli istituti terzi in applicazione della regola generale di cui all'art. 1228 cod. civ., la quale non prevede alcun limite quantitativo ma obbliga il deb itore al risarcimento del danno effettivo subito dal creditore, ove tale danno sia st ato necessar iamente occasionato dall'incarico conferito all'ausiliario.   3. La tesi del contratto unico non sembra tuttavia attendibilmente sostenibile, apparendo corretta la dive rsa ricostruzione oper ata dal 11 giudice del merito - cui è riservata, tra l'altro, l'attività di interpretazione e qualificazione del negozio giuridico -, il quale ha condiviso al riguardo le premesse argomentative sulla fattispecie contrattuale, formulate dalla ricorrente ### s.c.p.a., in o rdine a l carattere “duale ” della pattuizione, quale articolantesi in un appalto di servizi e in un mandato senza rappresentanza, pur rifiutandone le implicazioni tratte in ordine alla relativa disciplina, con specifico riguardo all'invocata operatività della regola dispositiva dell'irresponsabilità del mandatari o senza rappresentanza per l'inadempimento dei terzi con cui abbia contrattato (art.1715 cod. civ.) e della regola imperativa della necessaria previsione di un limite quantitativo massimo diretto a circoscriver ne la responsabilità, ove pattiziamente stabilita (art. 1938 cod. civ.): la prima, reputata derogata dalla contraria clausola apposta al contratto; la seconda, ritenuta non applicabile in ragione della natura di detto patto contrario, di cui è stata esclusa la causa di garanzia. 
La qualificazione nei predetti termini della fattispecie negoziale, nonché plausibile, app are - come detto - decisamente corretta, in quanto l'insuperabile tenore testuale del contratto del febbraio 2013 evidenzia chiaramente i due nuclei della pattuizione e, quindi, i due distinti contratti stipulati tra le parti: da un lato, un contratto di appalto concernente la fornitura diretta di servizi d i trasporto e trattamento valori per l'ambito territoriale di competenza; dall'altro, un mandato senza rappresentan za avente ad oggetto la stipula di subappalti o subforniture con soggetti terzi per a mbiti territ oriali diversi, in conformità alle disposizioni d el ### o delle ### di ### 12 Sicurezza. 
Il contra tto di subfornitura di servizi di traspo rto e custodia dei valori, da svolgersi al di fuori del territorio di diretta competenza della ### era stato da questa con concluso con la società ### s.p.a. in esecuz ione del man dato senza rappresentanz a attribuitale da ### s.p.a., per modo che, con riguardo all'ipotesi di inad empimento del subfornitore, i rapporti tra ma ndante e mandataria dovevano effettivamente ritenersi regolati dall'art. 1715 cod. civ., che stabilisce la rego la dell'irresponsabilità del mandata rio verso il mandante, salvo che la contraria regola della responsabilità sia pattiziamente prevista o che l'insolvenza del terzo fosse nota o dovesse essere nota al mandatario all'atto della conclusione del contratto (art.  1715, ultima parte, cod. civ.). 
Ricostruita, dunque, la fattispecie neg oziale come fattispecie “duale”, articolantesi nei due distinti contratti dell'appalto di servizi e del mandato senza rappresen tanza, la delibazion e in iure delle censure veicolate con il primo motivo di ricors o per cassazione si fa più complessa, implicando - come già evidenziato nell'ordinanza interlocutoria - la risoluzione di diver se questioni giuridiche, concernenti: a) l'individuazione del fondamento della regola di irresponsabilità di cui all'art. 1715 cod. civ., quale regola dispositiva peculiare, caratterizzantesi, ad un tempo, come norma di parte speciale derogatoria di quella generale del rapporto obbligatorio codificat a nell'art. 1228 cod. civ., e come norma generale della disciplina tipica del mandato senza rappresentanza, derogabile dalla diversa volontà delle 13 parti; b) l'individuazione della causa del “patto contrario” eventualmente stipulato in deroga alla re gola g enerale dell'irresponsabilità del mandatario, con particolare riferimento alla questione se esso debba necessariamente avere una funzione distinta da quella del contratto a cui accede, oppure se, avuto riguardo all'interesse perseguito dalle parti nel caso concreto, possa avere una giustificazione funzionale all'interno della causa del mandato; c) la conseguente soluzione del problema se il detto “patto contrario”, nel derogare alla regola dell'irresponsabilità del mandatario, debba però necessariamente stabilire l'importo massimo entro il quale circoscrivere la sua responsabilità verso il mandante, in conformità al dettato della norma (questa, invece, imperativa) di cui all'art. 1938 cod. civ..  4. Come si è accennato, l'art. 1715 cod. civ., nello stabilire che il mandatario che agisce in nome proprio non risponde verso il mandante dell'adempimento delle obbligazioni assunte dalle persone con cui ha contrattato, prevede che a questa regola generale si faccia eccezione in due casi: a) quando le parti abbiano espressamente convenuto che il mandatario possa essere chiamato a rispondere dal mandan te; b) quando l'insolvenza del terzo fosse o dovesse essere nota al mandatario all'atto della conclusione del contratto.  ### del fondamento di quest a regola postula una ricognizione della disciplina generale del m andato senza rappresentanza, con particolare riferimento alla puntualizzazione soggettiva delle situazioni giuri diche soggettive, at tive e passive, derivanti dalla sua esecuzione. 14 ### questa disciplina, il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, i quali non hanno alcun rapporto col mandante (art. 1705, primo comma e secondo comma, primo periodo, cod. civ.). 
Pertanto, gli effetti del contratto concluso con il terzo si producono nella sfera giuridica del mandatario, mentre ad esso rimane estraneo il mandante, anche nell'ipotesi in cui i terzi abbiano avuto conoscenza del mandato.   Tuttavia, il mandante, «sostituendosi al mandatario», può, di norma, «esercitare i diritti di credi to derivanti dall'esecuzione del mandato» (art.1705, secondo comma, secondo periodo, cod. civ).  4.1. ### e la natura del “potere di sostituzione” del mandante (e della relativa legittimazione processuale) sono stati al centro di un travagliato contrasto giurisprudenziale che ha recepito, di volta in volta, le diverse opinioni formulate in dottrina. 
Sotto il profilo dell'oggetto ci si è domandati se il mandante, oltre all'azione di adempimento, sia legittimato ad esercitare, nei confronti dei terzi che hanno contrattato con il mandat ario, anche le azioni contrattuali, tra cui, in particolare, quella di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno. 
In senso restrittivo si è argomentato dal carattere eccezionale di tale potere in confronto a quello, invece, generale del principio sancito dal primo comma dell'art. 1705 cod. civ.; principio che sarebbe svuotato di contenuto se si riconoscesse al mandante la legittimazione ad esercitare azioni diverse da quella di adempimento, specificamente finalizzata alla 15 tutela dei diritti ### di credito che derivano al mandatario dall'esecuzione dell'incarico gestorio (ex aliis , Cass. 8/06/20 07, n.13375; Cass. 26/08/2006, n. 18512; Cass. 21/01/2005, n. 1312; Cass. 5/11/1998, n. 11118). 
In senso estensivo si è argomentato dalla ricostruzione del potere del mandante, non quale eccezione alla regola di cui all'art. 1705, primo comma, cod. civ., ma piuttosto quale generale legittimazione ad agire in giudi zio per il soddisfacimento dei crediti derivanti dal mandat o, mediante l'impiego di tutte le azioni scaturenti dal contratto. 
Questa generale legittimazione processuale troverebbe fondamento, sul piano sostanziale, in una vera e propria modificazione soggettiva del rapporto, la quale implicherebbe il riconoscimento della corrispondente legittimazione del terzo che ha contrattato col mandatario ad agire a sua volta contro il ma ndante, esercitando nei suoi c onfronti ogni azione derivante dal contratto o, quanto meno, a domandarne la condanna all'adempimento delle obbligazioni correlative ai diritti fatti valere verso di lui d al mandan te (ex aliis , Cass. 27/07/2006 n. 17145; 10/06/2004, n.11014; Cass. 10/08/1998 n. 7820). 
Con riguardo alla natura del meccanismo funzionale di cui all'art.  1705, secondo com ma, secondo periodo, cod. civ., l'opinione più risalente, movendo dalla lettera della norma, vi individuava una ipotesi di azione surrogatoria, in forza della quale il mandante eserciterebbe nei confronti del terzo un diritt o di cui sar ebbe t itolare il mandatario, sostituendosi a quest'ultimo. 
A tale opinione si è in tempi più recenti contrapposta quella della 16 c.d. azione diretta, fondata sull'argomento negativo diretto a rilevare l'assenza di uno dei presupposti fondamentali dell'azione surrogatoria (l'inerzia del debitore: arg. e x art.2900 co d. civ.), non ché sull'argomento positivo diretto ad individu are una modificazione soggettiva attiva nella titolarità dei diritti personali derivanti dai contratti stipulati dal mandatario in nome proprio per conto del mandante, in perfetta sincronia con la omologa modificazione soggettiva stabilita dal successivo art. 1706, primo comma, cod. civ., in relazione ai diritti reali sulle cose mobili acquistate dal mandatario sempre in nome proprio e per conto del mandante, il quale è legittimato, al riguardo, ad esercitare l'azione di rivendicazione, salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi.  4.2. Il contrasto, come è noto, è stato composto dalle ### di questa Corte con la sentenza 8/10/2008, n. 24772, la quale, con estremo rigore dogmatico, da un lato, ha ribadito il carattere generale della regola per cui il mandatario acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, i quali non hanno alcun rapporto con il mandante (art. 1705, primo comma e secondo comma, primo periodo, cod. civ.); dall'altro lato ha qualificato come eccezionali - e dunque, di stretta interpretazione - quelle disposizioni (in particolare, gli artt. 1705, secondo comma, secondo periodo e 1706, primo comma, cod. civ.), che, in deroga al richiamato, generale meccanismo effettuale, ne prevedano, sul piano processuale, una sorte diversa, imperniata sulla immediata reclamabilità del di ritto (di credito o reale) da parte del mandante. 
Pertanto, mentre, per un verso, l'oggetto del potere riconosciuto al 17 mandante dall'art. 1705, secondo comma, secondo periodo cod. civ., formalmente limitato all'esercizio dei «diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato», deve ritenersi rigorosamente circoscritto all'esercizio ### dei diritti sostanziali acquistati dal mandatario, con consegu ente esclusione delle azioni poste a tute la dell'intera posizione contrattuale (annulla mento, risoluzione, rescissione) o comunque di diritti diversi, anche succedanei, ai diritti di credito da essa derivanti ###, per altro verso, la natura della legittimazione processuale implicata dal meccanismo funzionale previsto dalla norma in esame si riconduce necessariamente alla figura dell'azione diretta, la quale postula sullo sfondo la titolarità sostanziale del diritt o giudizialmente esercitato in capo al mandante e non in capo al mandatario, sia pure per effetto dell'operatività di una vicenda di translatio limitata al solo profilo attivo del credito e non estesa all'intera posizione contrattuale costituitasi in capo al mandatario, la quale ultima, non solo, al contrario della prima, non potrebbe operare in difetto del consenso del contraente ceduto (arg. ex art. 1406 cod. civ. in relazione all'art. 1260 stesso codice), ma, soprattutto, non sarebbe conciliabile con il sistema delle disposizioni contenute negli artt. 1705 e 1706 cod.  civ., imperniato sulla ricostruzione dell'immediata azionabilità del diritto (personale, con azione di adempimento, o reale, con azione di rivendica), da parte del mandante, come eccezione alla regola generale della sua estraneità al contratto stipulato per suo conto, ma in nome proprio, dal mandatario.  4.3. Si delinea, in tal modo, il fondamento della regola dispositiva 18 contenuta nell'art. 1715 cod. civ., che esonera il mandatario che agisce in nome proprio dalla responsabilità, verso il mand ante, per l'adempimento delle obbligazio ni assunte dai terzi con cui ha contrattato. 
Infatti, se, da un lato, il soggetto passivo di detti rapporti obbligatori (il titolare della posizione di debito) continua ad essere il terzo che ha contrattato con il mandatario, dall'altro lato, il soggetto attivo (il titolare della posizione di credito) non è quest'ultimo, sebbene abbia contrattato in nome proprio, bensì il mandante, in capo al quale si sono trasferiti, per effetto della surrichiamata translatio, sia i diritti personali derivanti dall'esecuzione del mandato, sia i diritti reali sulle cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario. 
Pertanto, mentre, in ragione del carattere circoscritto della translatio, limitata al profilo attivo del credito, il mandatario conserva la titolarità della complessiva posizione contrattuale (e, con essa, la legittimazione esclusiva ad agire verso il terzo e ad essere da questi convenuto in relazione a tutti i diritti ed obblighi ad essa connessi, ad eccezione dei diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato), invece la legittimazione, parimenti esclusiva, ad esercitare questi diritti di credito compete in via diretta al mandante, il quale può far valere il diritto di cui è titolare direttamente nei confronti del terzo obbligato, ottenendone la condanna all'adempimento e con tando sulla sua conseguente responsabilità patrimoniale in sede esecutiva. 
La sussistenza, entro tali limiti, di un rapporto giuridico obbligatorio tra il manda nte e il terzo esclude la necessità d i ritenere ex lege il 19 mandatario automaticamente responsabile verso il mandante per il fatto del terzo e giustifica la previsione della regola generale, benché dispositiva, di irresponsabilità.  5. ### del fondamento della regola dispositiva di cui all'art.1715 cod. civ. consente di risolvere la questione, logicamente conseguente, concernente l'individuazione della causa dell'eventuale “patto contrario”, con il quale le parti, derogando alla predetta regola, attribuiscano pattiziamente al mandatar io senza rappresentanza la piena e diretta responsabilità, verso il mandante, per l'adempimento delle obbligazioni assunte dai terzi con cui ha contrattato. 
Avuto riguardo al fondamento della norma in esame, l'assunto posto a base delle censure formulate dalla società ricorrente - per il quale il “patto contrario” dovrebbe necessariamente avere una funzione di garanzia (in quanto riconducibile, secondo le varie prospettazioni, alla fideiussione, al negozio autonomo di garanzia, allo “star del credere” o, persino, ad una garanzia atipica) - non è evidentemente condivisibile. 
Esso, del resto, oltre che poggiare sull'erronea premessa dogmaticometodologica che ancora indulge ad indagini sulla causa meramente astratte, condotte con riguardo alla tipologia della pattuizione contrattuale di riferimento e senza tener conto dello specifico e concreto interesse effettivamente perseguito dalle parti stipulanti, non trova riscontro nell'attuale stadio dell'elaborazione dottrinale, la quale, pur avendo in pas sato lungamente riconosciuto, all' obbligazione pattiziamente assunta verso il mandante d al mand atario senza rappresentanza, il carattere di obbligazione di garanzia, in tempi più 20 recenti ha individuato altrove la natura del “patto contrario” di cui all'art.  1715 cod. civ., talora qualificandolo come promessa del fatto del terzo, talaltra come generica obbligazione di risultato, dest inata a divenire attuale in caso di inadempimento. 
Ebbene, ove si consideri - come sopra evidenziato - che la regola dispositiva dell'art. 1715 cod. civ. trova fondamento nella circostanza che i diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato, pur puntualizzandosi inizialmente sulla sfera giur idica del mandatario, vengono poi trasferiti su quella del mandante, il quale può agire per l'adempimento in via diretta (e non surrogatoria) nei confronti del terzo (così escludendosi, in deroga alla regola generale dell'art. 1228 cod. civ., la neces sità di ritenere ex lege il man datario automaticamente responsabile verso il mandante per il fatto del terzo), all'eventuale contraria clausola pattizia, con la quale le parti, nell 'esercizio della propria autonomia cont rattuale, attribuiscano liberamente al mandatario tale responsabilità, non può attribuirsi altro scopo che quello di ripristinare - adattandolo al meccanismo effettuale specificamente previsto, per il mandato senza rappresentanza, dagli artt. 1705 e 1706 cod. civ. - il prin cipio generale che esige c he il debitore che per l'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi risponda anche dei fatti dolosi o colposi di costoro. 
La causa del patto contrario previsto dall'art. 1715 cod. civ. quale eccezione convenzionalmente stabilita dalle parti alla regola dell'irresponsabilità del mandatario per le obbligazioni assunte dai terzi con cui ha contrattato in nome proprio, si rinviene, allora, all'interno 21 della stessa disciplina del mandato senz a rappresentanza, corrispondendo, in piena armonia alle istanze espresse dall'art. 24 Cost., alla funzion e di tutela dell'interesse del mandante - pur nei li miti derivanti dal generale meccanismo effettuale di cui all'art. 1705, primo comma, cod. civ. - al pieno esercizio dei diritti soggettivi di credito derivanti dall'esecuzione del mandato. 
Per il soddisfacimento di questi peculiari diritti, infatti, la legge - pur nell'ambito di un regime generale che vede le situaz ioni soggettive, attive e passive, derivanti dagli atti compiuti con i terzi puntualizzarsi esclusivamente sulla sfera giuridica del mandatario - attribuisce, non solo, di norma, al mand ante, per le ragioni sopra analiticamente evidenziate, la legittimazione ad agire per l'adempimento direttamente nei confronti del terzo, ma anche, in talune peculiari ipotesi, una tutela rafforzata, comprendente la legittimazione ad agire in via risarcitoria nei confronti del mandatario. 
Tali ipotesi, come detto, si riconducono a quella dell'insolvenza del terzo, con osciuta o conoscibile dal mandatario sin dal tempo della stipulazione del contratto (ipotesi che vede il mandatario responsabile a titolo di colpa) e a quella della clausola pattizia intesa a ripristinare la regola generale di cui all'art. 1228 cod. civ. (che vede il mandatario responsabile a titolo oggettivo in base al principio che chi sia appropria dell'operato altrui ne assume anche il rischio per danni arrecati a terzi).  5.1. Naturalmente, non può escludersi che, in relazione al concreto atteggiarsi dell'operazione negoziale e all'interesse pratico perseguito dalle parti, la detta pattuizione di attribuzione al mandatario della piena 22 e diretta responsabilità verso il mandante per il fatto del terzo possa assumere anche una causa ulteriore, eventualmente coincidente con una funzione di garanzia. 
Ma la causa primaria e assorbente del patto contrario stipulato in deroga alla regola di irresponsabilità di cui a ll'art.1715 co d. civ. va rinvenuta all'interno di quella del mandato senza rappresentanza, corrispondendo alla funzione di tutela dell'esigenza che il mandante - pur nell'ambito di un sistema che esclude di massima ogni suo rapporto con i terzi che hanno contrattato col manda tario - possa esercitar e pienamente i diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato.  6. Ciò posto in ordine alla causa della clausola convenzionale intesa a derogare al disposto dell'art. 1715 cod. civ., è agevole osservare che nella vicenda in esame la clausola apposta al contratto stipulato tra le parti - prevedendo la “piena e diretta responsabilità” della mandataria ### s.c.p.a. nei confronti della banca mandante per l'operato degli istituti di vigilanza terzi (art.5 del contratto); stabilendo a carico di ### l'assunzione del “rischio relativo ai valori effettivamente trasportati e/o lavorati anche da parte di istituti terzi”; ed evidenziando il “precipuo interesse” di ### s.p.a. ad “avere quale unica controparte, cui opporre ogni eventuale eccezione, anche di compensazione, l'### con il quale il ### stesso viene perfezionato” (art.2) - assume con evidenza la portata di regola pattizia derogatoria alla norma dispositiva di cui all'art. 1715 cod. civ., trovando la sua causa nella funzione di tutela della posizione del mandatario senza rappresentanza all'interno del meccanismo effettuale di cui ag li 23 artt.1705 e 1706 cod. civ., per modo che deve escludersi che la stessa sia invalida per contrarietà alla norma imperativa di cui all'art. 1938 cod.  civ., per avere omesso di circoscrivere la responsabilità di ### verso ### per l'inadempimento della ### s.p.a.  entro un limite massimo garantito. 
La detta norma impera tiva non trova in fatti applicazione ne lla fattispecie, già in ragion e dell'estraneità della richiamata pattu izione contrattuale ai negozi di garanzia, sicché deve ritenersi che la clausola stessa correttamente è stata reputata valida dal giudice del merito, il quale, altrettanto correttamente, ha accertato, in base ad es sa, la responsabilità della mandataria per l'inadempimento del terzo con cui aveva contrattato, condannandola al risarcimento del danno subìto dalla mandante. 
Il primo motivo del ricorso va dunque rigettato.  7. Con il secondo motivo vengono denunciate: «### e falsa applicazione di norme di legge. Vio lazione e falsa applicazion e dell'articolo 12 delle preleggi. ### e falsa applicazione de gli articoli 1362, 1363, 1365, 1366, 1367, 1370 codice civil e. 
Interpretazione della disciplina del contra tto di assicuraz ione denominato "### responsabilità civile verso terzi e verso prestatori di lavoro" stipulato da ### e ### in data 31 dicembre 2012 condotta dalla Corte d'Appello con violazione a falsa applicazione delle norme contenute nel capo IV del ### del ### del ### non ché in violazio ne e falsa applicazione d el disposto dell'articolo 12 delle preleggi . Violazio ne e falsa interpretazio ne 24 dell'articolo 635 codice penale». 
Viene impugnata la statuizione di rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti di ### s.p.a.. 
La senten za impugnata è censurata p er avere erroneamente interpretato la “### responsabilità civi le verso terzi e verso prestatori di lavoro” av ente numero 2550/60 /510000, stipulata da ### s.c.p.a. con ### l### s.p.a. in d ata 31 dicembre 2012, ritenendo circoscritto l'ambito di op eratività della garanzia assicurativa a tre casi specificatamente individuati, ossia «per morte, per lesioni personali e per danneggiamenti a cose».  8. Con il terz o motiv o vengono denunciate : «### e falsa applicazione di norme di legge. Vio lazione e falsa applicazion e dell'articolo 12 de lle prelegg i. ### e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1365, 1366, 1367, 1370 codice civil e. 
Interpretazione della disciplina del Con tratto di assicurazion e 1860197 stipulato con ### dagli ### dei ###s che ne hanno assunto il rischio in data 26 febbraio 2013 condot ta con violazione e falsa applicazione delle norme contenute nel ### del ### del ### de l Co dice Civile nonché del disposto dell'articolo 12 delle prel eggi. ### e fal sa interpretazione del disposto dell'articolo 635 c.p.». 
Viene impugnata la statuizione di rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti d egli ### d ei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto di assicurazione n. 1860197.   ### s.c.p.a. rammenta che il giudice del merito, sia di 25 primo che di secondo grado, ha escluso l'operatività della polizza in ragione della clausola prevista dal comma 6.03 dell'articolo 6 dell'allegato al contratto di assicurazione, la quale sottraeva dall'ambito della copertura assicurativa la responsabilità professionale derivante dallo svolgimento di servizi di vigilanza e, precisamente, dei servizi di “trasporto e contazione valori”, nonché di “gestione di caveaux, cassette di sicurezza e mezzi forti”. 
Osserva che, peraltro, essa società non aveva mai svolto nella ### servizi di vigil anza né aveva assunto alcuna obbligazione in tal senso, atteso che lo svolgimento di tali servizi sarebbe subordinato ad autorizzazione ex art. 134 ###, da essa richiesta ed ottenuta in relazione ad una diversa area territoriale. 
Al contrario, con riguardo alla Reg ione Ve neto, essa società si sarebbe limitata ad operare come mandataria senza rappresentanza di ### a fine di reperire, per suo conto ma in proprio nome, istituti di vigilanza autorizzati che eseguissero i predetti servizi. 
Tale attività, posta in essere in esecuzione del mandato ricevuto e culminata nella stipulazione del contratto con ### s.p.a., sarebbe sottratta all'ambito di operatività della surrichiamata clausola di esclusione.   Sulla base di tali argomentazioni, ### s.c.p.a. sostiene che, pertan to, la Co rte d'appello avrebbe violato e falsamente interpretato la normativa in tema di interpretazione del contratto. 
Si duo le, infine, del rigetto delle is tanze istruttorie da essa formulate. 26 9. Con il quarto motivo vengono denunciate: «### e falsa applicazione di norme di legge. Vio lazione e falsa applicazion e dell'articolo 12 delle preleggi. ### e falsa applicazione de gli articoli 1362, 1363, 1365, 1366, 1367, 1370 codice civil e. 
Interpretazione della disciplina del Con tratto di assicur azione 1860198 stipulato con ### dagli ### dei ###s che ne hanno assunto il rischio in data 26 febbraio 2013 condot ta con violazione e falsa applicazione delle norme contenute nel capo IV del ### del ### quarto del ### n onché del dispos to dell'articolo 12 delle preleggi». 
Viene impugnata la statuizione di rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti d egli ### d ei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto di assicurazione n. 1860198. 
La sentenza impugnata è censurata per avere escluso l'applicazione della polizza stipulata con gli ### dei ###s sul presupposto che la copertura assicurativa non si estendesse all'ipotesi di «colpa grave e dolo delle persone delle quali l'assicurato deve rispondere a norma di legge».  ### al riguardo, che la propria responsabilità verso la banca mandante per il fatto dell' istituto te rzo trovava la sua fonte esclusivamente nel contratto e non in una no rma di legge, no n trovando applicazione, in part icolare, né l'art. 1715 cod. civ. né l'art.1228 cod. civ..  10. I m otivi appena illustrati (il secondo, il terzo e il quarto) possono essere esaminati congiuntamente in ragione dell'evide nte, 27 reciproca connessione. 
Essi sono manifestamente inammissibili. 
Ad onta della formale intestazione, le censure proposte attengono, nella sostanza, a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello espresso dalla Corte d'appell o, ome ttendo di considerare che l'accertamento delle circostanze di fatto (tra cui rientra l'individuazione dell'ambito di operatività delle p olizze assicurative), nonché l'apprezzamento delle risultanze istruttorie e il giudizio di rilevanza dei mezzi istruttori dedotti dalle parti, sono attività riservate al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499). 
Con particolare rig uardo alle doglianze con cui viene censurata l'interpretazione della portata e de i limiti delle p olizze assicurative fornita dalla Corte d'appello, va r ibadito che l'interpretazione del contratto, traducendosi in un'operazione di ricerca ed individuazione della comune volontà dei contraenti, costituisce un accertamento di fatto, riservato al gi udice di merito , non sind acabile in sede ###per violazione delle regole ermeneutiche, per vizio motivazionale o per omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (Cass. 4/04/2022, n. 10745; Cass. 14/07/2016; v. anche, tra le meno recenti, Cass. 22/06/2005, n. 13399), restando 28 invece inammissibile la critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice del merito, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, atteso che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data al contratto dal giudice del merito non deve essere l'unica possibile, né la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpre tazioni (Cass. 15/ 11/2017, n. 27136; Cass. 28/11/2017, n. 28319; vedi anche, tra le meno recenti, 2/05/2006, n. 10131 e Cass.20/11/2009, n. 24539). 
Ne discend e la manifesta inammissibilità del secondo, terzo e quarto motivo di ricorso.  11. Con il quinto motivo viene denunciata la «### e falsa applicazione dell'articolo 269 c.p.c.».  ### s.c.p.a. sostiene che la Corte d'appello sarebbe incorsa nella violazione e falsa applicazione dell'art. 269 cod. proc. civ. per aver trattato “per inciso”, pur avendolo dichiarato assorbito, il motivo di appello incidentale con il quale gli ### dei ###s, che avevano assunto il rischio derivante dal contratto di assicurazione n. 1860198, avevano eccepito l'inammissibilità della chiamata in causa. 
Il quin to motivo resta assorbito p er effetto del rigett o dei precedenti.  12. Con il sesto motivo viene denunciata la «### e falsa applicazione dell'articolo 92 c.p.c.». 
La società ricorrente invoca una riforma delle statuizioni sulle spese dei gradi di merito per effetto dell'accoglimento degli altri motivi di ricorso, o, in subordine, l'annullamento di quella emessa dal giudice 29 d'appello, per non avere disp osto la compensazione delle spe se in ragione dell'«assoluta novità delle questioni trattate». 
Anche questo motivo è inammissibile. 
Nella parte in cui invoca la riforma delle «decisioni in materia di spese contenute nelle sentenze della Corte d'Appello e del Tribunale di ### la società ricorrente pone, invero, un “non motivo” (Cass.9/12/2024, n. ###; Cass. 8/08/2024, n. 22452), dal momento che l'auspicata rinnovazione del regolamento delle spese, in senso ad essa favorevole, postulerebbe l'accoglimento delle altre doglianze proposte con il ricorso, che de ve ess ere invece complessivamente rigettato, per le ragioni che si sono andate esponendo. 
Invece, nella parte in cui si duole della mancata compensazione delle spese in ragione della assoluta novità delle questioni trattate, la ricorrente omette di considerare che la regola ch e deve guidare il giudice del merito nella regolazione delle spese processuali è quella fondata sulla socco mbenza (art.9 1 cod. proc. civ.), mentre la compensazione, parziale o totale, al verificarsi delle ragioni previste dall'art.92, secondo comma, cod. proc. ci v. (nella formulazione applicabile ratione temporis), è riservata al prudente apprezzamento del giudice e trova quindi fondament o in un potere di natu ra discrezionale, il cui esercizio è di no rma incensurabile in sede di legittimità - salvo che per illogicità, inesistenza o apparenza della motivazione (Cass. 03/07/2 019, n. 1781 6; Cass. 26/0 7/2021, 21400) - e che trova il suo unico limite nell'impossibilità di porre le spese a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 24/06/2003, n. ###; Cass. 26/11/2020, n. 26912). 
Ne discende la complessiva inammissibilità del motivo in esame.  13. In defi nitiva, il ricorso pro posto da Coo pservice s.c.p.a. va rigettato, per essere infondato il primo motivo e inammissibili gli altri.  14. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della società ricorr ente e vengo no liquidate come da dispositivo in favore di ciascuna parte controrico rrente, in ragione dell'at tività difensiva spiegata.  15. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, al competente ufficio di merito, dell'ulteriore importo a titolo di contributo u nificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso. 
Condanna la società ricorrente a rimborsare alle società controricorrenti le sp ese del giudizio di legittimit à, che liquida, per ciascuna di esse, in ### 12.200 ,00 per compe nsi, oltre le spese generali, gli esborsi liquidati in ### 200,00 e gli accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenz a dei presupposti processuali per il ver samento, d a parte del la società ricorrente, al competente ufficio d i merito, 31 dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a qu ello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto. 
Così deciso in ### nella ### di consiglio della ### 

Giudice/firmatari: Travaglino Giacomo, Spaziani Paolo

M
1

Corte di Cassazione, Sentenza n. 6575/2025 del 12-03-2025

... tema di p erfezioname nto attivo l'esimente della buona fede può astrattamente configurarsi, 33 di 36 affermandosi che «In tema di tributi doganali, lo stato soggettivo di buona fede dell'imp ortatore, richiesto dall'art. 220, comma secondo, lett. b), d el ### n. 2913 del 199 2 12 9383/17 R.G. (cosiddetto ### doganale comunit ario), ai fini dell'esenzione della contabilizzazione 'a posteriori', non ha valenza esimente 'in re ipsa', ma solo in quanto sia riconducibile ad una delle situazioni fattuali individuate dalla normativa comunitaria, tra le quali va annoverato l'errore incolpevole, ossia non rilevabile dal debitore di buona fede, nonostante la sua esperienza e diligenza, e che, per assume re rilievo scrimi nante, deve essere in o gni caso imputabile a comportamento attivo dell e autori tà doganali, non rientrandovi quello indott o da dichiarazioni inesatte dello stesso operatore» (Cass. n. ### del 2019; v. anche Cass. n. 5518 del 2013 e, soprattutto, Cass. n. 4918 del 2013, sempre in tema di perfezionamento attivo). 33.1.1. ###. 220 del CDC trova la disposizione corrispondente nell'art. 119 del CDU (v. Tavola di corrispondenza allegata al CDU e quella allegata al ### 450/2008), (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 15460/2023 R.G. proposto da: ### E ### dom iciliata in ###, 12, presso l'### . (ADS###) che la rappresenta e difende; -ricorrente e controricorrente incidentale contro ### elettiv amente domiciliat ###, presso lo studio dell'avvocato ### (M ###) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ### (###), ### (###), ### (###); -controricorrente e ricorrente incidentale avverso la SENTENZA di ### PERUGIA n. 54/2023 depositata il ### e sul ricorso iscritto al n. 15634/2023 R.G. proposto da: 2 di 36 ### elettivamente domiciliat ######, p resso lo studio dell'avvocato ### (###) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ### (###), ### (###), ### (###); -ricorrente contro ### elettivamente domiciliato in #### presso l'### . (ADS###) che lo rappresenta e difende; -controricorrente avverso la ### di ### PERUGIA n. 52/202 3 depositata il ###. 
Udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 20/11/2024 dal ### Sentito il ###, in persona del ### c he ha concluso, nel proc. RG 15460/2023, per l'accoglimento de l primo moti vo di ricorso, assorbiti l'altro motivo e il rico rso incidenta le e, nel p roc.  15634/2023, per l'accoglimento del ricorso. 
Sentiti l'avv. dello ### per l'### e gli avv.ti #### eschi ed ### per la società.  ### 1. Con bollette doganali in data ### la ### spa importava olio extravergine d'oliva di origine tunisina, scortato da docu mentazione del ### di provenienza, che, introdotto in deposito doganale, veniva successivamente vincolato al regime di traffico di perfezionamento attivo (T.P.A.) in sospensione di dazi, sulla base di autorizzazione dell'### delle ### di ### che 3 di 36 prevedeva la manipolaz ione usuale del prodotto e la sua riesportazione, a condizione che il prodotto importato e quello riesportato fosse di qualità extravergine.  2. In data 16.4. 2018 veniva prelevato un campione e, a seguito di controllo e analisi presso il ### d elle ### di Rom a, l'olio, clas sificato come extravergin e di oli va, risultava non conforme, in quanto in b ase alla valutazione organolettica (c.d. panel test) del campione, il prodo tto doveva essere ascritto alla qualità olio d'oliva vergine, piuttosto che come extravergine. Richieste ed eff ettuate le controanalisi, ai sensi dell'art. 2 par. 2 Reg. CEE 2 568/19 91, da parte di lab oratori accreditati dal C.O.I., veniva confermato, sempre sulla base della valutazione organolettica, il giudizio di non conformità dell'olio al dichiarato, da classificarsi come olio di oliva vergine.  3. Con separata ti ricorsi la ### lli spa ha impugn ato sia il provvedimento di decisione n. 22559/RU del ### tore dell'### delle ### di ### ia, confermato in via defini tiva dalla determina del ### per la ### la ### e l'### con il quale l'### delle ### ha proceduto alla riclassificazione qualitativa del prodotto come olio d'oliva vergine sia il conseguente l'avviso di pagamento prot. n. 11731/RU per dazi e il correlato provvedimento di irrogazione delle sanzioni ai sensi dell'art. 310 T.U.L.D..  4. Con rig uardo all'impugnazione dell'atto di classificaz ione doganale la ### (### di ### ha rigettato il ricorso de lla contribu ente e la Corte di giustizia tributaria (### di secondo grado dell'### con sentenza 52/2023, ha respinto l'appello.  5. Per quel che ancora interessa in questa sede, sulle questioni procedurali oggetto di gravame, la CGT ha osservato c he non è prevista la consegna dei verbali relativi ai controlli e alle operazioni svolte - atti interni del procedimento amministrativo che la parte 4 di 36 comunque può sempre richiedere - e comunque il procedimento di accertamento doganale si era concluso con la sottoscrizione del c.d.  verbale di controversia, ai sensi art. 65 d.P.R. n. 43/1973 (T.U.L.D.), consegnato alla parte, con indicazione degli elementi e documenti utilizzati nel giudizio di accertamento con, in allegato, i completi report di analisi; né può essere applicato l'art. 2 par. 2 del Reg. Cee 2568/1 991, che d ispone che almeno una delle due controanalisi, svolte a richiesta della parte, «deve essere effettuata da un panel riconosci uto dallo ### membro di produzione dell'olio», perché il ### produttore non fa parte del l'### 6. Quanto a lle contestazioni de l risultato e l'erro neità della classificazione della merce, h a respinto le critiche a p riori sull'attendibilità dell'esame organolettico, valutazione già svolta dal legislatore comunitario nel momento in cui ha inserito tale analisi fra q uelle necessarie per la classi ficazione della merce. Ha osservato, quindi, che gli e lementi forniti dalla ricorrente non potevano inficiare le risultanze del panel: non le analisi eseguite prima dell'imp ortazione da un laboratorio tunisino, essendo possibile una alterazione o m odificazione del prodotto, successivamente all'analisi, nel corso del trasporto o a seguito delle operazioni di miscelazione consentite, né quelle eseguite per conto della parte, che avevan o classific ato l'olio come extravergin e, perché secondo la norma di riferimento (art. 2, par. 2 e segg. del Reg. Ce 2568 cit ato) sono “le autorità nazionali” (nel caso, l'### delle ### e non le singole ditte ad individuare i panel di riferime nto e ad incaricarli del test che va svol to second o la procedura prevista dalla legge, che prevede la possibilità di difesa dalle richieste d ella p.a., conside rato che - da un lato - tale possibilità viene riconosciuta al cont ribuente con lo stesso meccanismo delle due controanalisi d i prova e - dall'altro lato - che le controanal isi veng ono svolte con procedura rigidame nte 5 di 36 procedimentalizzate, a garanzia del contraddittorio, con la partecipazione del contribu ente attraverso suoi esperti e la possibilità di sollevare obiezioni ne l corso dell'effe ttuazione dell'analisi.  7. Con riferim ento al ricorso contro l'avviso di pagamento e l'atto di irrogazione sanzioni, la CTP di ### ha acc olto parzialmente il ricorso ed ha annullato il provv edimento di irrogazione delle sanzioni.  8. La Corte d i giustizia tributaria di seco ndo grado, con sentenza n. 54/202 3, ha respint o sia l'appello principale della contribuente sia quello incide ntale dell'Ag enzia. Con riferimento all'appello principale, ha e scluso l'esimente per il pagamento d ei dazi doganali, ai sensi dell'art. 119 Reg. UE 952/2013, perché non ricorreva un “errore” delle autorità competenti: nella fattispecie il presunto errore non sarebbe stato compiuto né da ll'autorità doganale italiana, né da q uella tunisina, ma dal labo ratorio che aveva effettuato le analisi nel paese di origine mentre il “certificato amministrativo di verifica della qualità emesso dalla ### a tunisina”, che accompagnava la merc e non era stato tradotto in lingua italiana, essend o presente un documento in arabo e parzialmente in francese che non risultava comprensib ile e valutabile. Inoltre, non era stato nemmeno accertato che le analisi del prodotto effettuate prima della partenza non fossero corrette, e quindi che ci fosse st ato un errore, dato che le analis i in ### erano state effettuate a distanza di tempo dall'importazione, dopo che l'olio aveva subit o manipolazioni au torizzate in regime d i perfezionamento attivo. La Corte h a respint o anche i su ccessivi motivi d'appello con cui la società contribuente aveva riproposto le censure relative alla legittimità dell'atto presupposto di riclassificazione dell'olio.  9. La Corte h a respinto anche l'ap pello in cidentale con cui l'### delle ### ha chiest o la riforma della sentenz a nella 6 di 36 parte in cu i erano stat e annullate le sanzioni, ritenendo che nel caso in esame la società ricorrente avesse provato di avere fatto quanto era nelle sue p ossibilità , anche tenuto cont o della sua capacità professionale e del grado di diligenza esigibile, per ritenere corretta al momento della importazione la corrispondenza dell'olio importato alla categoria dichiarata di olio extra vergine di oliva.  10. Con ricorso n . 15460/2 3 RG l'### zia delle d ogane ha impugnato per cassazione la sentenza n. 54/2023 affidandosi a due motivi, ha resistito con controricorso la società che propone ricorso incidentale fondato su tredici motivi, al quale l'### ha resistito con controricorso.  11. Con ricorso n. 15634/23 RG la ### spa ha impugnato per cassazione la sentenza n. 52/2023, affidandosi a sette motivi; ha resistito con controricorso l'### RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Prelimin armente deve disporsi, per evidenti ragioni di connessione, la riunione del procedimen to n. 15634/23 RG al procedimento n. 15460 /23 RG e dev e trattarsi prioritariamente l'impugnazione contro la sentenza n. 52/2023. 
RICORSO n. 15634/23 RG 2. Con il primo motivo si ded uce, in relazione all'art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell'art. 43, comma 1-ter.5, del D.L. n. 83/2012, nonché dell'### del ### C.E. n. 2568/1991, anche in relazione all'art . 2697 c.c. e all'art. 115 c.p.c., laddove, con riferimento al rilievo che le analisi organolettiche di prima istanza svoltesi presso il ### delle ### di ### erano prive di q ualsivoglia verbalizzazione delle operazioni di analisi, circostanza denunz iata dalla p arte all'### sin dalla fase dei controlli e delle analis i, i ### di secondo grado hanno statuito che non sarebbe previsto l'obbligo di consegnare alla parte il verbale redatto dal “capo panel” durante lo svolgimento de ll'analisi organolettica e che sarebbe 7 di 36 semmai onere della parte richiederne copia m ediante istanza di accesso agli atti, facendo valere dinanzi al giudice amministrativo eventuali vizi del relativo diniego.  3. Con il secondo motivo, si deduce, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, consistente nell'esistenza di una formale richiesta da parte della ### all'### delle ### di ### di produrre il verbale della pro va organolett ica in prima analisi con esito di declassame nto de ll'olio. ### ici d'appello hanno tralasciato di considerare l'esist enza di una esplicita richiesta stragiudiziale della società all'Uff icio delle ### di ### gia affinché esso producesse la verbalizzazione completa del panel test effettuato dal ### delle ### di ### 4. Con il terzo motiv o si ded uce, in relazione all'art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2, paragrafo 2, del ### C.E. n. 2568/1991 e degli artt. 1, 2, 9, 20, 2 2 e dell'allegato B, paragrafo I. A.a).i) dell'Accordo internazionale del 2015 sull'o lio di oliva e le olive da tavola, pubblicato nella ### dell'### il 28 ottobre 2016 (L. n. 293/4) a seguito della Decisione U.E. 2016/1892 del Consiglio del 10 ottobre 2016, relativa alla firma e all'applicazione provvisoria da parte deg li ### mem bri dell'U.E. del pred etto ### internazionale a decorrere dal 1° gennaio 2017, laddove i ### d'appello hanno escluso la necessità, ai fini della validità dei test di assaggio commissionati dall'### doganale, che almeno una delle due controanalisi organ olettiche venga affid ata allo “### membro di produzione dell'olio” ( nel nostro caso, la ###. Si osserva che l'### pea (in rappresentanza di tutti i suoi ### mem bri produttori di olio d'oliva) e la ### aderiscono entrambe al ### e che la normativa promanante da tale organizzazione internazionale - tra cui, per quanto specificamente rileva, la norma C.O.I./T.20/Doc. n. 8 di 36 15/Rev.7 (anche nelle versioni ###8 e Rev.9), di tenore pressoché analogo all'art. 2, paragrafo 2, del ### C.E. n. 2568/1991 - vincola i suddet ti ### Questa normativa all'art. 10.4, ultimo paragrafo, dispone: «### il panel non confermi la dichiarazione della categoria di o lio di oliva sott o il profil o delle sue caratteristiche organolettiche, a richiesta dell'interessato le ### nazionali o i loro rappresentanti incaricano, senza alcu n ritardo, altri panel di effettuare due controanalisi, di cui almeno una deve essere eseguita da un panel riconosciu to dallo ### mem bro di produzione dell'olio».  5. Con il quarto motivo si ded uce, in relazione all'art. 36 0, comma 1, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza per omessa pronuncia, ex art. 112 c.p.c., con riferimento all'ulteriore vizio procedimentale consistente nell'avvenuto de corso, tra il prelievo dei campioni e quello dell'arrivo degli stessi al laboratorio in cui è stato svolto il primo panel test, di un termine maggiore rispetto a quello di cinque giorni previsto t ra la legge. Sin dal ricorso introduttiv o, la contribuente aveva evidenziato come la prova organol ettica di prima istanza fosse affetta da un ulte riore vizio procedimentale, consistente nel decorso di un termine superiore rispetto a quello che, ai sensi di legge, può intercorrere tra il prelievo del campione e l'arrivo del campione medesi mo presso il la boratorio in cui è svolto il test di assaggio. I ### d'appello non si sono pronunciati su tale doglianza, con conseguente nullità in parte qua della sentenza di secondo grado.  6. Con il quinto mot ivo si ded uce, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2, paragrafo 2, del ### ento C.E. n . 2568/1991, in combinato disposto con l'art. 2697 c.c. e con gli artt. 115 e 116 c.p.c., perché la pronuncia d'appello, in violazione delle norme in rubrica, tratta, di fatt o, la prova organolettica svo lta ne l rispetto dell o “schema procedurale” delineato d al legislatore comunitario alla stregua d i 9 di 36 una vera e propria prova legale, che, come tale, non ammette una prova contraria che esuli dai passagg i “rigidamen te procedimentalizzati” dalla stessa disciplina sovranaziona le. Ciò si evince tanto dal punto della sentenza dove viene affermato che il contribuente avrebbe potuto sollevare eccezioni durante lo svolgimento delle controanalisi, come se successiv amente tale possibilità fosse preclusa, quanto d all'ulterio re passo della pronuncia in cui viene sostenuto che le analisi organolettiche «ai sensi di legge» dovrebbero «necessariamente prevalere» su quelle commissionate privatamente dal contribuen te nel tentativo di offrire la prova contraria. Queste ultime sarebbero irrilevanti, solo perché «effettuate … al di fuori dello sch ema procedurale individuato dal legislatore comunitario». Così opinando, il Collegio regionale ha però considerato come facenti piena prova elementi probatori soggetti invece a va lutazione, recependoli senz a un effettivo apprezzamento critico e senza prendere in considerazione gli elementi di segno contrario offerti dalla società.  6.1. Per altro verso , i ### ici d'appello, nel la parte in cui sostengono che anche le analisi effe ttuate dalle ### tuni sine sul prod otto prima dell'importazione non potrebbero avere rilevanza, «considerato che è senz'altro possibile una alterazione o modificazione del prodotto, successivamente all'analisi, nel corso del trasporto o a seguito delle operazioni di miscelazione», hanno violato pure l'art. 115 c.p.c., dato ch e tale cenno alla possibile alterazione o modificazione del prod otto si riduce a una mera illazione e si fonda su prove inesistenti.  7. Con il sesto motivo si deduce , in re lazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p .c., nulli tà della sente nza perché fornita di motivazione meramente apparente, in viola zione degli artt. 36, comma 2, n. 4 e 61 del d.lgs. n. 546/1992, degli artt. 112, 132, comma 2, n. 4, e 118 disp. att. c.p.c., in combinato disposto con l'art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 54 6/1992 e dei principi generali 10 di 36 sulla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali sanciti dall'art.  111, commi 6 e 7, della ### laddove i ### d'appello sostengono che la contribuente non avrebbe «prodotto alcuna prova in grado di infici are il risult ato del pan el test», dato ch e quest'ultimo «è contrastato solo con altre analisi, effettuate però al di fuori de llo schema p rocedurale individuato dal le gislatore comunitario». Così esprimendosi, però, il Collegio regionale non ha esposto alcuna effettiva motivazione circa l'asserita insussistenza di prove in grado d i inficiare l'esito del panel test. Aggiunge la contribuente che, oltre alle anali si organolettiche svo lte privatamente, erano state addotte a dim ostrazione dell'inattendibilità dei test di assagg io effettuati dall'### doganale anche altri elementi, t ra i quali le risultanze delle analisi chimiche e organolettiche svolte dall'### doganale tunisina al momen to dell'esportazione verso l'### a, la coerenza tra il costo sostenuto dalla ### per l'acquisto dell'olio e il p rezzo m edio di mercato dell'olio e xtravergine e, infine , la difformità tra i presunti d ifetti rilevat i nelle due controanalisi. 
Inoltre, è imperscrutabile la ragion e per cui le analisi affidate dall'### delle ### e dei ### oli dovrebbero «necessariamente prevalere» su quelle scaturite dall'iniziativa del contribuente. Al contrario, è logicamen te irrile vante, ai fini della concreta attitudine dimostrativa della singola prova organolettica, che essa ricad a tra quelle rese “necessarie” dalla n orma comunitaria in sede di analisi e di eventuale controanalisi oppure che, invece, sia facoltativamente commissionata dal contribuente; oltretutto, come già dedotto con precedent e censu ra, ritenere diversamente equivarrebbe a trattare il procedimento probatorio delineato dalla norma alla stregua di una prova legal e, contrariamente al consolidato orientamento della st essa giurisprudenza di legittimità. 11 di 36 8. Con il settimo motivo si ded uce in relazione al l'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, che, se effettivamente valutati, avrebbero disvelato l'inattendibil ità delle prove organolettic he effettuate dall'### delle ### ossia: i) la congruità, rispetto al prezzo di mercato dell'olio extravergine, del costo sostenuto per l'acquisto dell'olio tunisino; ii) la diffo rmità tra i presunti difet ti dell'olio rilevati nelle due cont roanalisi e la mancata indicazione specifica del presunto difetto in sede di prima analisi; iii) gli esiti delle analisi condotte privatamente da ### presso laboratori di analisi accreditati, nient'affatto valutati dai ### d'appello, anche sul falso presupposto giuridico della presunta irrilevanza di dette analisi “private” nell'ambito della procedura dettata dalla legge. La pronuncia d'appello è inficiata dall'omesso esame delle circostanze indicate nella rubrica del presente motivo, deponenti per la natura extravergine dell'olio di oliva importato da ### e pe r la conseguente inattendibilità delle risultanze dei panel test svolti in sede di prima analisi e di controanalisi. Particolarmente significativo si palesa, soprattutto, l'omesso esame degli esiti delle analisi organolettiche commissionate privatam ente dalla contribuente, della cui esisten za i Giu dici d'appello danno conto, senza p erò analizzarne le risultanze, trince randosi dietro la loro presunta irrilevanza già sotto il profilo giuridico, p erché non previste dal regolamento comunitario in tema di panel test.  9. Va premesso che l'art. 2 par. 1 e 2 del ### n. 2568 del 1991 come modificato dal ### amento esecutivo ### 1348/2013 prevede che «1. Le caratteristi che degli oli figuranti nell'allegato I sono determinate in base ai seguent i m etodi di analisi: (..) i) per la valutazione delle caratteristiche organolettica degli oli d'oliva vergini, il metodo di cui all'allegato XII (..) 2. La verifica delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini da parte d elle au torità nazionali o dei loro rappresentanti è 12 di 36 effettuata da panel di assaggiatori riconosciuti dagli ### membri. 
Le caratteristi che organolettiche di un olio , ai sensi del primo comma, si consi derano conformi all a categoria di olio di oliva dichiarata se il panel di assag giatori riconosciuto dallo ### membro ne conferma la classi ficazione. Qual ora il panel non confermi la categor ia dichiarata , sotto il profilo d elle sue caratteristiche organolettiche, a richiesta dell'interessato le autorità nazionali o i loro rappresentanti incaricano altri panel riconosciuti di effettuare quanto prima due controanalisi, di cui almeno una deve essere effettuata da un panel riconosciuto dallo ### membro di produzione dell'olio. Le caratteristich e in questione sono considerate conformi a q uelle dichiarate se le d ue controanalisi confermano la classificazione dichiarata. In caso contrario il costo delle controanalisi è a carico dell'interessato».  9.1. ###. 1, par. 1, del Reg. citato, nel testo introdott o dal #### n. 19 89/2003, stabil isce che «### considerati ol i di oliva vergini ai sensi del punto 1, lettere a) e b), dell'allegato del regolamento n. 136/66/CEE gli o li le cui caratteristiche sono conformi a quelle in dicate rispettivamente nei punti 1 e 2 dell'allegato I del presente regolamento». Il citat o punt o 1 dell'### I descrive esattamente le caratteris tich e fisicochimiche (da accertarsi mediante analisi chimiche di laboratorio), nonché quelle organolettiche (mediana del difetto =0, mediana del fruttato >0) che la partita di olio in considerazione deve possedere per essere catalogata come extravergine.  9.2. Il metodo del panel test, uti lizzato per la verifica delle qualità organolettiche dell'olio, è disciplinato dall'art. 2, par. 2, del ### (e dall'###, ed è stato int rodotto nella vigente conformazione (ossia, con la costituzione di un panel di assaggiatori, competendo tale val utazione, in precedenza, ad un solo analista, almeno in prima battuta) dal #### n. 796/2002. 
Ciò perché, come si evince dal quinto considerando, «In base alle 13 di 36 esperienze maturate, il Consiglio oleicolo internazio nale ha elaborato un nuovo metodo per la valutazione delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini. Questo metodo si è rivelato più attendib ile e semplice di quello attualmente previ sto dall'allegato XII del regolamento (### n. 2568/ 91. È opportuno quindi sostituire il me todo previsto all'allegato XII con i l nuovo metodo per la valutazione delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini». Inoltre (sesto considerando) «Ai fini dell'applicazione del nuovo metodo di valutazione organolettica è necessario prevede re una procedura di arbitrato in caso di contrasto tra la cate goria dich iarata e q uella attribuita dal p anel riconosciuto che esegue la valutazione».  9.3. Dal sistema sommariamente delineato emerge che il combinato disposto del punto 1, lett. a), dell'### ato al ### (### n. 136/1966, degli artt. 1 e 2 del ### (### n. 2568/1991 e successive mod., nonché dell'### a quest'ultimo, delinea normativamente le caratteristiche dell'olio di oliva extravergine , stabilendo che esso deve rispondere a determinati requisiti fisico-chimici ed organolettici, ossia, quanto a questi ultimi, a specifiche caratteristiche apprezzabili dall'uomo per via sensoriale e, perciò, non oggettivam ente certific abili. In altre parole, affinché in ambito UE una parti ta di ol io d'oliva possa fregiarsi della qualità extravergine, occorre non soltanto che essa rispetti i parametri fisico-chimici di cui all'### I, punto 1, del ### in discorso, ma che essa superi anche l'an alisi organolettica di cui all'### dello ste sso. ### negativo anche solo di ta le ultima indagine è sufficiente a catalogare il prodotto come «non conforme alla categoria dichiarata ». Quanto precede, peraltro, è del tutto in linea con la nozione commerciale di olio di oliva e xtravergine , attualmente tratteggiata dalla norma ###T.15/NC n. 3/Rev. 12, eme ssa dal ### lio ### (C.O.I.), organizzazione intergovernativa nata sotto 14 di 36 il patrocinio dell'O.N.U. nel 1959, i cui membri - tra cui la UE e la stessa ### - sono i ### produttori di o lio di oliva su scala mondiale. Non è affatto casuale che, proprio al fine di rendere più efficaci e attendibili le valutazioni sensoriali in discorso, l'art. 2, par.  2, cit. è stato modificato dal #### n. 796/2002, che al quinto considerando fa esplicito riferiment o al «nuovo metodo per la valutazione delle caratteristiche o rganolettiche degli ol i di oliva vergini» elab orato proprio dal C.O.I. In definit iva, la congiunta valutazione chimica ed organo lettica dell'olio, ai fin i che interessano, è indefettibile non solo nell'ott ica normativa eurounitaria, ma prima ancora su base convenzionale, nel contesto internazionale del settore oleicolo (Cass. n. 13081 del 2020). 
Pertanto, non può prescind ersi, nella definizio ne dell'olio di oli va extravergine, da una valutazione sensoriale, ovviam ente demandata al fattore umano.  9.4. Questa normativa n on solo regola menta la valutazion e organolettica secondo un preciso e rigido schema procedimentale ma fissa anche le regole relative alla valutazione del suo risultato: 1) come si ricava dal paragrafo 1 dell'art . 2, la val utazione organolettica deve avvenire tramite i metodi previs ti dall'### 2) gli esiti della valutazione non lasciano spazio per diversi e ulteriori accertamenti: a) in caso di conferma o, per così dire, di esito positivo de l panel test la norm a pone una pre sunzione di conformità («le caratteristiche organolettiche di un olio, ai sensi del primo comma, si considerano conformi alla categoria di olio di oliva dichiarata se il panel di assag giatori riconosciuto dallo ### membro ne conferma la cl assificazione ») che non p revede prova contraria, perché «l'accertamento delle caratteristiche degl i oli di cui all'allegato deve avvenire tramite i metodi previsti», con esito, in questo caso, favorevole all'importatore; in caso di esito negativo resta la possibilità delle controanalisi, p revedendosi che «le 15 di 36 caratteristiche in questione sono conside rate conformi a que lle dichiarate se le due controanali si confermano la class ificazione dichiarata». Il che significa, p erò, che in caso di esito negat ivo, anche di uno solo dei test di controanalisi, nessuna altra prova può essere fornita per dimostrare la conformità, ponendosi al di fuori dello schema di prov a tipizzato, second o cui solo “le due controanalisi” effettuate, su richiesta dell'interessato, da parte dell'autorità nazionale o dai suoi rappresentanti, non altre, possono accertare la conformità del prodotto alle caratteristiche dichiarate.  10. Tanto pre messo, il primo moti vo è inammissibile e comunque infondato.  10.1. ### sulla questione ha motivato osservando che la normativa non prevede l'obbligo di consegnare alla parte il verbale redatto dal “capo panel” n ello svolgimento de lle analisi organolettiche, costituente atto inte rno, che tutti i report delle analisi erano stati consegnati alla parte in sede di sottoscrizione del verbale di controversia do ganale e che la ### avrebb e comunque potuto richiedere copia del verbale di analisi mediante istanza di accesso agli atti, impugnando l'eventuale diniego dinanzi al ### ice amministrativo per farne va lere eventuali profili di illegittimità.  10.2. La ricorrente, argome ntando sulla censura, osserva che in realtà aveva inteso dolersi «non ### della mancata consegna del verbale di analisi, bensì della stessa inesistenza - o, comunque, della non provata esistenza - del verbale med esimo, dato che quest'ultimo non era stato neppure pro dotto in giud izio d a controparte, cui spettava l'onere di dimostrare al ### tributario la puntuale e corretta verbalizzazione della prova organolettica da parte del capo panel», aggiungendo che la mancanza del verbale determinerebbe invalidità del test ai sensi dell'art. 43, comma 1- ter.5, del D.L. n. 83/2012. In questo modo, però, la censura, da un lato, devia dal paradigma della violazione di legge per introdurre un 16 di 36 profilo di vizio motivazionale, ponendo un prob lema di interpretazione della domanda data dal giudice di merito che non è sindacabile in sede ###on sotto il profi lo del viz io della motivazione e nei ristretti limiti del vigente art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. n. ### del 2024; Cass. n. 2373 del 2008); dall'altro, introduce una questione che ha carattere di novità, non risultando che fosse stata eccepit a, tra i motivi del ricorso introduttivo, l'invalidità del test per inesistenza del verbale.  10.3. In ogni caso, la deduzione dell'invalidità del test di prima istanza, in mancanza dell'ostensione del verbale delle operazioni, appare infondato.  10.3.1. Sul piano della normativa comunitaria, il punto 7.1.  dell'### al ### CE n. 2568/91 prevede che il capo panel «### un rendico nto relativo agli aspetti sopra citati, in cui dichiara che la prova si è svolta nel rispetto delle condi zioni previste» senza p rescrivere specifiche formalità né prevedere un obbligo di consegna dello stesso alla parte, rimanendo i risultati del rapporto di prova a sua disposizione, ai sensi dell'art. 25, comma 2, della legge 241/90.  10.3.2. Nel diritto interno, l'art. 43, comma 1 ter.5 del d.l.  83/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 134 (nella versione vigente ratione temporis, come modificato dall'art. 18 della legge del 30/10/2014 n. 161), dispone che: «Ai fini della validità delle prove organolettiche è redatto un verbale dal quale devono risultare i seguenti elementi: a) numero del verbale; b) data e ora del prelevamento dei campioni; c) descrizione delle partite di olio, con riferimento al quantitativo, alla provenienza del relativo prodotto, alla tipologia, ai recipienti; d ) nominati vo del capo del com itato di assaggio responsabile della prep arazione e della codificazione dei campioni ai sensi dell'allegato XII in materia di valutazi one organolettica dell'olio di o liva vergine, di cui al regolamento (### n. 2568/91 della ### dell'11 luglio 17 di ###, e successive modificazioni; e) attestazione dei requisiti dei campioni di cui al comma 1-ter.2; f) nominativi delle persone che partecipano all'accertamento come assaggiatori; g) dichiarazione attestante il rispetto delle condizioni per intervenire in una prova organolettica di cui al comma 1-ter.3; h) orario di inizio e di chiusura della procedura di prova». Tale disposizione però si applica alle analisi organolettiche effettuate sugli «oli di oliva extravergini che sono etich ett ati con la dicitura "### o "italiano", o che comunque evocano un'origine i taliana …» La n orma è, d unque, come da titolazione, volta a tutelare specificamente il ### in ### Ai sensi d ell'art. 43 1-quater, poi, «[…]per effettiva or igine si intende il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui è avvenuta la trasformazione sostanziale».  10.4. Posto quanto sopra, il giudice d'appello ha correttamente ritenuto che l'obbligo di consegnare il rendiconto non fosse previsto dal ### CE n. 2568 del 1991 né tantomeno sanzionata la mancata consegna del lo stesso, fatta salv a la facoltà della p arte di richiederne copia al ### ratorio d i analisi (ai sensi dell'art. 25, comma 2, della legg e n. 241/90), richiesta nella sp ecie non effettuata dalla società - secondo quanto affermato dalla sentenza con una valutazione di merito non sindacabile in sede ###ogni caso, l'invalidità del test di prima istanza sarebbe irrilevante perché non vi è stata conferma dell a classific azione nepp ure da parte di u na dell e due controan alisi, cosicché comunque «le caratteristiche organolettiche dell'o lio non possono considerarsi conformi alla categoria di olio di oliva dichiarata».  11. Il secondo motivo è inammissibile.  11.1. Ricorre una c.d. “dop pia conforme” - che preclud e l'impugnazione ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., salva la dimostrazione che le ragioni di fa tto poste rispet tivamente a fondamento della decisione di primo e di secondo grado siano tra 18 di 36 loro diverse (cfr., tra le ultime , Cass. n . 3 2019 del 2024) - e, comunque, la circostanza dedotta (secondo cui vi era stata formale richiesta all'### del verbale relativo al primo test) non ha carattere di “fatto storico decisivo” (come richiesto in relazione alla censura ex n. 5 dell'art. 360 comma 1 c.p.c., per tutte, n. 17005 del 2024); infatt i, come ris ulta dalla motivaz ione della CGT sulla qu estione, la d ecisione si regge su una pluralità di argomenti che non hanno omesso l'esam e della circostan za evidenziata, in riferimento alla quale si è segnalato che il rimedio era costitu ito dal ricorso al giudice ammin istrativo in caso di diniego.  12. Il terzo motivo è inammissibile e comunque infondato.  12.1. Della questione q uest a Corte si è già occupata, rigettandola con una duplice mo tivaz ione: in primo luog o, si è osservato che quando si prevede che d elle due controanalisi «almeno una deve essere effettuata da un panel riconosciuto dallo ### membro di produzione dell'olio», la normativa si riferisce agli ### membri dell'### e tale non è, nel caso di specie, il ### produttore (la ###, nei confronti della quale non può valere una normativa interna dell'### (Cass. n. 18748 del 2020; Cass. 13081 del 2020; Cass. n. 24994 del 2023); inoltre, an che ne lla prospettiva indicata dalla ricorrent e, «l'esito non potrebbe comunque essere favorevole alla società, in quanto lo stesso art. 2, par. 2, cit., preved e che «Le caratteristi che in questione sono considerate conformi a q uelle dichiarate se le d ue controanalisi confermano la classificazi one di chiarata» (Cass. n. 18 748 del 2020). Pertanto, la conferma del degradamento proveniente anche da un solo laboratorio non a vrebbe comunque consentito il ribaltamento dell'accertamento doganale.  12.2. La questione è riprop osta sotto un diverso profilo ch e non supera la seconda ratio innanzi evidenziata ed è pure infondato perché la norma invocata («…..di cui al meno una d eve essere 19 di 36 eseguita da un pan el riconosciut o dallo St ato membro di produzione dell'olio») non prevede che uno dei due panel sia “dello” S tato di produzione de ll'olia ma sia riconosciuto “dallo” ### produttore: la partecipazione tanto dell'### quanto della ### al C.O.I. vincola e ntrambe al riconoscimento dei panel di altro ### membro accreditati dal C.O.I.  13. Il quarto mo tivo è in fondato in quanto non ricorre un omesso esame ma un rigetto implicito della questione, essendo la decisione assunta dalla CGT in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, così da comp ortarne logicamen te il rigetto (Cass. 12652 del 2020). L a questione del l'invalidità della prova per mancato rispetto del termine di cinque giorni è pure infondata nel merito. ###. 2 par. 3, secondo comma, del ### prevede che «### salve le disp osizioni d ella norma ### O 5555 e del capitolo 6 della norma ### 661, i campioni prelevati sono messi quanto prima al riparo dalla luce e da fonti di calore elevato e sono inviati al laboratorio per le analisi entro il quinto giorno lavorativo successivo a quel lo del prelievo; altrimenti i cam pioni sono conservati in modo da evitarne i l degrado o il dann eggiamen to durante il trasporto o lo stoccaggi o in attesa di esser e inviat i al laboratorio». ### “altrimenti” fa comprendere che il termine di cinque giorni è ordinatorio e non perentorio, e non è condizione di validità della prova, indicandosi le cautele da osservare nel caso in cui il termine non venga rispettato.  14. Il quinto, il sesto e settimo motivo possono essere trattati unitariamente perché gravitano tutti intorno a l medesimo tema, quello del ruolo del giudice rispetto alla valutazione organolettica e della tutela dell'operatore. Essi sono per un verso inammissibili e per altro verso infondati.  14.1. I motivi sono inamm issib ili in primo luogo perché no n colgono il senso del decisum che è conforme al quadro normativo - regolamentare sopra esposto. 20 di 36 14.1.1. ### ha trattato la valutazione organolettica svolta proprio alla stregua di una prova tipizzata, svolgendo il controllo che la normat iva le consente: cioè ha va lutato, in concreto , il procedimento espletato, alla luce delle eccezioni sollevate dal ricorrente, e ha concluso per la correttezza del procedimento, così recependo il suo risultato , anche all'esito de lle due controanalisi, che aveva no confermato la non conformit à dello stesso al dichiarato. Correttamente ha escluso la valenza di prova a contrario delle certificazioni rela tive alle analisi commissionate da lla parte contribuente (per quanto svolte da laboratori “pubblici”), atteso che l'esatta corrisponden za della qualità del prodotto import ato e di quello riesportato può e ssere certificata, in forza dell a normativa comunitaria, solo da laborat ori siti n egli St ati membri (v. nello stesso senso, Cass., n. 18748 del 2020) incaricati dalle “### nazionali” in base alla procedura, nel contraddittorio con la parte interessata, puntualmente disc iplinata dall'art. 2, par. 2, del ### (### n. 2568/1991 e d all'### ch e prevede, al suo interno qualor a il panel di prima istanza non confermi la categoria dichiarata, l'incarico da parte delle autorità nazionali (o di loro rappresentanti), a richiesta dell'interessato, di altri panel riconosciuti per l'effettuazione di due controanalisi e, in ogni caso, la possibilità da parte dell'operatore, sempre all'interno della procedura tipizzata, di sindacare le modalità di svolgimento della prova medesima.  14.1.2. Altrettanto dicasi pe r gli ulteriori argomenti di prova proposti, che non sono idone i a dimostrare la conformità del prodotto alla categoria dichiarat a atteso che « Le caratteristi che organolettiche di un olio, ai sensi del primo comma, si considerano conformi alla categ oria di olio di oliva dichiarata se il panel d i assaggiatori riconosciuto dallo ### o membro ne conferma l a classificazione» ovvero, in caso di mancata conferma, «Le caratteristiche in questione sono conside rate conformi a que lle 21 di 36 dichiarate se le due controanali si confermano la class ificazione dichiarata».  14.1.3. Il quinto motivo, poi, è inammissibile laddove si censura la d ecisione con riferimento agli artt. 115 e 11 6 c. p.c.  perché «In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente ap prezzamento, dell e prove legali, ovvero abbia considerato come facenti p iena prova, recependoli senza apprezzamento criti co, eleme nti di prova soggetti invece a valutazione» (Cass. n. 1229/2019).  14.1.4. Il settimo motivo è inammissibile perché ricorre un a “doppia conforme” e perché le circostanze in fatto evidenziate non costituiscono fatti storici decisivi. La censura prevista dal novellato art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto st orico, principale o secondario, ossia di un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico - naturalistico, la cui esistenza risulti d alla senten za o dagli a tti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e che abbia cara ttere decisivo (vale a dire ch e, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) (Cass. 13024 del 2022; Cass. n. 14802 del 2017); non possono considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singo li e lementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice d i merito sulla base 22 di 36 delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass. n. 10525 del 2022).  14.2. Il sesto motivo è pure infondato, atteso che il ### invero, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all'art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, sepp ure non espressament e esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo seguito (Cass. n. 12131 del 2023). 
RICORSO n. 15460/23 RG 15. Con il primo motivo di ricorso l'### deduce «violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, ai sensi del punto 3 comma 1 dell'art. 360 cpc, per essere la Corte incorsa in contrasto con gli artt. 188 e 191 CDU» in quanto erroneamente la CGT aveva riferito l'importazio ne al deposito doganale in sospensione d'imposta mentre era al momento successivo del vincolo al regime di perfezionamento attivo che doveva essere riferito e verificato il rispetto degli obbligh i e delle condizioni pre visti per lo specifico regime e doveva essere accertata la qua lità della merce dalla dogana italiana; era a quel momento, quindi, che andava verificata la ricorrenza dell'esimente ai fini delle sanzioni secondo la disciplina di cui all'art. 303 del T.U.L.D. e dal d.lgs. n. 471/1997 e dall'art. 10 l. n. 212/2000.  16. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all'art. 360 comma1 n. 3 c.p.c., «violazione degli articoli 2, par. 2 e segg. del Reg. Ce 2568/ 91, 11 9, 120,124 del codice doganale de ll'unione 303 T.U.L.D. 6 ### 472.97 E 10 L 212.00 e 2697 del codice civile», perché erroneamente la CGT aveva riconosciuto la buona fede sulla base del risultato delle analisi effettuate presso il paese di espo rtazione; infatti, il regolam ento n. 2568/91 imp one allo 23 di 36 ### membro dell'unione europea di verificare la qualità dell'olio in entrata mediante u n panel di assagg iatori, sicché nessun effetto dispiega la certificaz ione dello ### d'origine, ed incomb e sull'operatore economico l'onere di dimostrare i presupposti della propria buona fede, cioè di un errore attivo che nemmeno usando la diligenza esattissima richiesta a un sogg etto professionale e imprenditoriale sarebbe stato riconoscibile.  17. Il primo motivo è ammissibile, non difettando di chiarezza e specificità (come eccepito invece dalla contribuente), ed è pure fondato; il secondo motivo resta assorbito.  17.1. Va premesso che ai sensi dell'art. 79 par.1 lett. c) del reg. n. 952/ 2013/UE (### sorge una obbligazione doganale all'importazione in seguito all'inosservanza di «una condi zione fissata per il vincolo di merci non unionali a un regime doganale o per la concession e, in virtu' dell'uso finale dell e merci, di un'esenzione dai dazi o di un'ali quota ridott a di dazio all'importazione». Ai sensi dell'art. 79 par. 2, lett. b), il momento in cui sorge l'obbligazione doganale è quello in cui: «è stata accettata una dichiaraz ione in dogana che vincola le merci a un regime doganale, qualora si constati a posteriori che non era soddisfatta una condizio ne stabilita per il vincolo de lle merci al regime in questione ..». ### l'art. 79 par. 4, «Nei casi di cui al paragrafo 1, lette ra c), il debitore è l a persona ten uta a rispettare le condizioni stabilite per il vincolo delle merci a un regime doganale o per la dichiarazione in dogana delle merci vincolate a tale regime doganale o per la concessione, a causa dell'uso finale delle merci, di un'esenzione dai dazi o di un'aliquota di dazio all'importazione ridotta. ### una dichiarazione in dogana redatta per uno dei regimi doganali di cui al paragrafo 1, lettera c), e i dati richiesti ai sensi del la normativa doganale relativa alle condizio ni che disciplinano il vincolo delle merci a tale regime doganale forniti alle autorità doganali comportan o la mancata riscossione totale o 24 di 36 parziale dei dazi all'importazione, è debitrice anche la persona che ha fornito i dati necessari a redigere la dichiarazione in dogana e che era o avr ebbe d ovuto ragi onevolmente essere a cono scenza della loro erroneità».  17.2. In questo caso, l'obbligazione doganale azionata deriva dalla inosservanza di una condizione prevista per l'applicazione del regime doganale sp eciale del perfezionamento att ivo, essendosi accertato che la merce importata non era conforme ai parametri previsti per la classificaz ione come olio ext ravergine d'o liva, che rientra tra le «condizioni stabilite per il vincolo delle merci» al regime del perfezionamento attivo.  17.3. Va altresì rammentato che l'ordinamento comunitario in materia doganale, pur armonizzato sul piano sostanziale, non lo è, al contrario, riguardo a quello sanzionatorio, demandat o al la legislazione dei singo li ### mem bri, comunque tenuti - in line a generale, allorquando manchi una disciplina comune - al rispetto dei principi comunitari di legalità, tas satività, proporzionalità ed effettività. Ciò valeva sotto la vigenza del CDC (reg.  2913/1992), che non conteneva alcuna regolamentazione relativa al pian o sanzionatorio (Cass. n. 16625 del 2020; per la giurisprudenza unionale, si vedano, in particolare, Corte Giust.  8.5.2008, cause C-95/07 e C-96/07, ### C.G. 12.7.2 012, causa C-284/11, ### C.G. 19 .7.2012, causa C-263/11, ### C.G. 20.6.2013, causa C-259/12, ### -###; C.G. 17.7.2014, causa C- 272/13, ### ma continua a valere sotto la vigenza del CDU (reg. n. 952/2013), con la conseguenza che occorre riferirsi alla disciplina sanzionatoria dettata dagli artt.  302 ss. d.P.R. n. 43 /1973 (T.U.L.D.), no nché dal d. lgs.  472/1997 e dall'art. 10 della legge n. 212 /2000 (### d el contribuente) (v. Cass. n. 16665 del 2020).  17.4. Per l'inquadrament o normativ o del tema relativo al le sanzoni non può che farsi riferimento agli artt. 5, 6 e 10 del d.lgs. 25 di 36 n. 472/1997, corpus normativo - quest'ultimo - che, come è noto, è ispirat o ai principi sanzionato ri di mat rice penalistica, già codificati nella legge n. 689/1981. Segnatamente, per quanto qui interessa, l'art. 5 introduce il principio di co lpevolezza, sicché ciascuno risponde della propria azione o omissione, cosci ente e volontaria, a titolo di d olo o colpa grave, che sussiste «quando l'imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non è possibi le dub itare ragionevolmente del significat o e della portata della norma violata e, di conseguenza, risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari»; l'art.  6, poi, p revede quale causa di non punibilit à l'errore sul fatto, quando la violazione ne sia conseguenza, sempre che l'errore non derivi da colpa. Occorre che «l'azione o l'omissione indicata dalla fattispecie sia volontaria, ossia compiuta con coscienza e volontà, e colpevole, ossia compi uta con dolo o negligenza, ma, una volta dimostrata dall'autorità ammini strativa la fattispecie tipica, grava sul trasgressore l'onere di prova dell'assenza di colpa, in virtù della presunzione posta dall'art. 3 della l egge 24 novembre 1981, 689» (Cass. n. 14030 del 2012; Cass. n. 13068 del 2011; Cass. 22329 del 2018).  17.5. Tanto premesso, la questione posta con il primo motivo, laddove distingue tra deposito doganale e sottoposizione al vincolo del perfeziona mento attivo, quale primo momento in cu i si può parlare di “importazione” della merce con verifica delle condizioni per l'applicazione del regime speciale, è fondata dovendo si aver riguardo al re gime de l perfezionamento attiv o a seguito della dichiarazione doganale, che costituisce il presupposto per l'applicazione delle sanzioni applicate ex art. 303 e segg. T.U.L.D.. 
I ### d'appello, invece, si sono limitati a valutare le circostanze esistenti al momento dell a introdu zione della merce in ### osservando che la società ricorrente aveva «provato di avere fatto quanto era in lei, an che te nuto conto d ella sua capacità 26 di 36 professionale e del grado di diligenza esigibile, per ritenere corretta al momento della importazione la corrispondenza dell'olio importato alla categoria dichiarata: olio extra vergine di oliva»; non solo «le analisi chimico-fisiche effettuate ne l paese di produzione (come peraltro quelle po i effettuate in ### e videnziavano parametri propri di tale categoria ma anche il ### eseguito nel paese di produzione presso un laboratorio accreditato C.O.I. (organismo di cui fa parte anch e l a ### a) aveva evidenziat o caratterist iche organolettiche proprie dell'olio extravergine» . Da ciò la ### ha concluso che la società avesse «ragionevoli motivi per ritenere la corrispondenza dell'olio importato a quello dichiarato, tanto più che il prezzo pagato sembra rientrare in quelli praticati sul mercato per olio extravergine di oliva».  17.6. La Corte non ha correttamente impostato la questione, laddove ha escluso la colpa dell'importatore dichiarante per il solo fatto che si era affidato alla documentazione formata nel ### di origine, confermata dalle analisi commissionate dallo stesso importatore prima del trasporto in ### perché seco ndo la normativa unionale sopra riportata il dichiarante è tenu to al «rispetto delle condizioni stabilite per il vincolo delle merci» (v. art.  79 cit.), il che implica una respon sabilità assai più estesa e una valutazione, ai fini dell'esonero dalla colpa, che non può limitarsi alla considerazione dei fatti precedenti all'introduzione della merce nel ### perché ad essi sono seguiti sino all'apertura del regime di perfezionamento una serie di operazioni (trasporto, conservazione e miscelaz ione) nella diretta respo nsabilità della P ietro ### come riconosciuto dalla stessa Corte di ### - che, pur tuttavia, non ne trae le conseguenze logiche e giuridiche corrette - laddove osserva che le difettosità rilevata a distanza di tempo dalle analisi compiut e in ### a, la cui erroneità n on era stata contestata dall'### né comunque accertata, poteva esser derivata da fatti successivi. 27 di 36 18. Con il pr imo motivo di ricorso i ncidentale si ded uce, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza perché inficiat a dalla violazione dell'art. 39, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 546/19 92 in quant o i G iudici d'appello non hanno disposto la sospensione del p resente giu dizio in attesa della definizione con sentenza passata in g iudicato della controversia pregiudicante, sorta dall'impugnazione della dec isione prot.  22559/RU.  19. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza per omessa pronuncia, ex art. 112 c.p.c. - «oppure, laddove si ravvisasse una pur sintetica pronuncia, perché fornita di motivazi one apparent e, in violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4 e 61 del D.Lgs. n. 546/1992, degli artt. 112, 132, comma 2, n. 4, e 118 disp. att. c.p.c., in combinato disposto con l 'art. 1, comma 2, de l D.Lgs. n . 546/199 2 e dei principi generali sulla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali sanciti dall'art. 111, commi 6 e 7, della ### -, in ordine alle censure, dedotte con il secondo e il terzo motivo d'appello, con le quali la contribuente si doleva dell'illegittimità del presupposto atto di declassam ento d ell'olio per inosservanza della procedura prevista dalla legge p er l'analisi organolettic a (c.d. panel test) e dell'inattendibilità in concreto della medesima prova organolettica. 
Anche in caso d i rigett o del p rimo motivo, la sen tenza sarebbe comunque nulla per omessa pronuncia sulle doglianze con le quali la contrib uente lamentava l'illegittimità del pre supposto atto di riclassificazione dell'olio di oliva per violazione dell a procedura prevista dalla legge per lo svolgimento dell'analisi organolettica e l'inattendibilità in concreto della medesima analisi.  20. Con il te rzo motivo si ded uce, in relazione all'art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell'art. 43, comma 1-ter.5, del D.L. n. 83/2012, nonché dell'### del ### C.E. n. 2568/1991, anche in relazione all'art . 2697 28 di 36 c.c. e all'art. 115 c. p.c., laddove la CGT ha statuito che il ### C.E. n. 2568/1991 non p revedrebbe l'ob bligo di consegnare alla parte il verbale redatto dal “capo panel” durante lo svolgimento dell'analisi organolettica e che sarebbe semmai onere della parte richiederne copia mediante istanza di accesso agli atti.  21. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, consistente nell'esistenza di una formale richiesta da parte della ### all'### delle ### di ### di produrre il verbale della pro va organolett ica in prima analisi con esito di declassamento dell'olio.  22. Con il qu into motivo si deduce, in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2, paragrafo 2, del ### C.E. n. 2568/1991 e degli artt. 1, 2, 19, 20, 22 e dell'allegato B, paragrafo I.A.a ).i) d ell'### internazionale del 2015 sull'o lio di oliva e le olive da tavola, pubblicato nella ### dell'### il 28 ottobre 2016 (L. n. 293/4) a seguito della Decisione U.E. 2016/1892 del ### del 10 ottobre 2016, relativa alla firma e all'applicazione provvisoria da parte deg li ### mem bri dell'U.E. del pred etto ### internazionale a decorrere dal 1° gennaio 2017, laddove la CGT ha escluso la necessità, ai fini della validità dei test di assaggio commissionati dall'### dogan ale, che almeno una delle due controanal isi organolettiche veng a affidata allo «### membro di produzion e dell'oli o», sulla considerazione che sia l'### (in rappresentanza di tut ti i suoi ### i membri produttori di olio d'oliva) sia l a ### a aderiscono entrambe al ### e che la normativa promanante da tale organizzazione int ernazionale - tra cui, per quanto specificamente rileva, la norma C.O.I./T.20/Doc. n. 15/Rev.7 (anche nelle versioni ###8 e Rev.9), di tenore pressoché analogo 29 di 36 all'art. 2, paragrafo 2, del Reg olamento C.E. n . 2568/19 91 - vincola i suddetti ### 23. Con il sesto m otivo si de duce, in relaz ione all'art. 360 , comma 1, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza per omessa pronuncia, ex art. 112 c.p.c., con riferimento all'ulteriore vizio procedimentale, anch'esso determinante l'invalidità della prova organolettica svolta in sede d i prima a nalisi, consiste nte nell'avve nuto decorso, tra il prelievo dei campioni e quello dell'arrivo degli stessi al laboratorio in cui è stato svolto il primo panel test, di un periodo superiore a quello massimo di cinque giorni previsto dalla legge.  24. Con il settimo motivo si deduce, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2, paragrafo 2, del ### ento C.E. n . 2568/1991, in combinato disposto con l'art. 2697 c.c. e con gli artt. 115 e 116 c.p.c., perché la CGT ha trattato, di fa tto, l a prova organolettica svolta nel rispetto dello “schema procedu rale” delineato da l legislatore comunitario alla stregua di una prova legale, che, come tale, non ammette una prova contraria che esuli dai passaggi “rigidamente procedimentalizzati” dalla stessa disciplina sovranaziona le, recependo i suoi risultati senza un effettivo apprezzamento critico e senza pren dere in considerazione gli elementi di segno contrar io offerti dalla società.  25. Con l'ottavo motivo si ded uce, in relazione all'art. 360 , comma 1, n. 4, c.p .c., nulli tà della sente nza perché fornita di motivazione meramente apparen te, in violazione degli artt. 36 , comma 2, n. 4 e 61 del D.Lgs. n. 546/1992, degli artt. 112, 132, comma 2, n. 4, e 118 disp. att. c.p.c., in combinato disposto con l'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992 e dei principi generali sulla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali sanciti dall'art.  111, commi 6 e 7, della ### laddove i ### d'appello, motivando per relationem con riferimento alla pronuncia resa nel giudizio sull'atto di d eclassamento, hanno aff ermato che la 30 di 36 contribuente non avrebbe «prodotto alcuna prova in grado di inficiare il risultato del panel test», dato che quest'ultim o «è contrastato solo con altre analisi, effettuate però al di fuori dello schema procedurale individuato dal legislatore comunitario». Così esprimendosi, però, il Collegio re gionale non ha espost o alcuna effettiva motivazione circa l'asserita insussistenza di prove in grado di inficiare l'esito del panel test.  26. Con il no no motivo si dedu ce, in relazione all'art. 360 , comma 1, n. 5, c.p.c., omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, che, se effettivamente valutati, avrebbero disvelato l'inattendibil ità delle prove organolettic he effettuate dall'### delle ### ossia: i) la congruità, rispetto al prezzo di mercato dell'olio extravergine, del costo sostenuto per l'acquisto dell'olio tunisino; ii) la mancata indicazione specifica del presunto difetto in sede di prima analisi; iii) gli esiti delle analisi condotte privatamente da ### presso laboratori di analisi accreditati, nient'affatto valutati dai ### d'appello, anch e sul falso presu pposto giuridico della presunta irrilevan za di dette analisi “private” nell'ambito della procedura dettata dalla legge.  27. Con il decimo motivo si deduce, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza perché inficiata dalla violazione degli artt. 115, 116 e 122 c.p.c., essendosi i ### d'appello sostanzialmente rifiutati di prendere in considerazione le certificazioni rilasciate dalle ### - anche doganali - tunisine e attestanti la qualità extravergine dell'olio di oliva importato d a ### sul presupp osto che tale d ocumentazione sarebbe stata prodotta in giudizio senza la t raduzione in lingua italiana e no n risulterebbe quindi “comprensibile e valutabile”, siccome redatta “in arabo e parzialm ente in francese”, così viola ndo le n orme processuali censite in rubrica e il principio second o cui “deve recisamente escludersi che il giudice possa rifiutarsi di esaminare una prova documentale sol perché non tradotta”. 31 di 36 28. Con l'undic esimo motiv o si ded uce, in relazione all'art.  360, comma 1, n. 3, c.p.c.), violazione e/o falsa applicazione degli artt. 119 e 120 del ### U.E. n. 952/2013, per aver negato la ricorre nza di un errore “attivo” d a parte dell e “autorità competenti”, che può essere “ qualsiasi autorità” - quindi, addirittura autorità diverse da quella doganale - “la qual e, nell'ambito delle sue competenze, fornisce elementi rilevanti per la riscossione dei dazi doganal i ed è quind i idonea a sus citare il legittimo affidamento del debitore” e, quindi, anche il laboratorio ufficiale del ### ero dell'### della ### accred itato presso il ### (di cui fa parte anche la ###.  29. Con il do dicesimo mo tivo si ded uce, in relazione all'art.  360, comma 1, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza perché fornita di motivazione meramente apparen te, in violazione degli artt. 36 , comma 2, n. 4 e 61 del d.lgs. n. 546/1992, degli artt. 112, 132, comma 2, n. 4, e 118 disp. att. c.p.c., in combinato disposto con l'art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 54 6/1992 e dei principi generali sulla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali sanciti dall'art.  111, commi 6 e 7, della ### laddove la CGT ha sostenuto, sempre con riferimento ai pre supposti per l'applicabilità dell'ar t.  119 del Rego lamento U. E. n. 952/2013, che «non risultereb be accertato» che le analisi organolettiche effettuate sull'olio di oliva prima della partenza dalla ### «non fossero corrette» e, quindi, «che ci sia st ato un errore [dell'### tunisina], dat o che le analisi in ### so no state eff ettuate a distanza di t empo dall'importazione, dopo che l'olio aveva subito manipolazi oni autorizzate in regime di perfezionamento attivo», senza indicare gli elementi di prova da cu i ha tratt o il proprio convinc imento circa l'asserita anteriorità d elle “manipolazioni” rispetto al campionamento e circa l'idoneità delle stesse a determinare persino una modifica della qualità complessiva dell'olio. 32 di 36 30. Con il tre dicesimo mo tivo si ded uce, in relazione all'art.  360 comma 1 n. 4 c.p.c ,, null ità della pro nuncia per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere i ### regionali affermano che l'olio acquistato da ### che al momento dell'esportazione dalla ### av rebbe potuto essere eff ettivamente extravergine (con conseguen te insussistenza di un “err ore” esimente della autorità tunisina), potrebbe aver perso detta qualità e acquistato le deteriori caratteristiche del semplice olio “vergine” a seguito delle miscelazioni con olio comunitario cui la ### e ra autorizzata; miscelazioni che, sempre secondo il Collegio d'appello, sarebbero avvenute prima che l'olio venisse campiona to ed esaminat o dall'### doganale di ### così giudicando sulla base di prove non introdott e dalle parti, atteso che la stessa Amm inistrazione doganale resistente non ha mai fornito in giudizio alcun riscontro del fatto che le presunte miscelaz ioni sono avvenute prim a de l campionamento dell'olio da parte dell'### delle ### di ### tanto meno l'### ha chiarito come e perché dette miscelazioni (autorizzate fino all'aggiunta massima di un 3% di olio extravergine di origine comunitaria) potessero comportare il declassamento a “vergine” dell'intero quant itat ivo risultante dalla miscelazione.  31. Il primo e il s econdo motivo risultano inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse una volta disposta la riunione tra i due giudizi.  32. I motivi dal terzo al nono riproducono i medesimi motivi di cui al ricorso contro la sentenza n. 52/2023 e, per essi, valgono le motivazioni sopra esposte (parr. 9 - 14).  33. I motivi d al d ecimo al tredicesimo, possono essere esaminati congiuntamente e sono, per un verso inammissibili, e, per altro verso, infondati.  33.1. Va premesso che anche in tema di p erfezioname nto attivo l'esimente della buona fede può astrattamente configurarsi, 33 di 36 affermandosi che «In tema di tributi doganali, lo stato soggettivo di buona fede dell'imp ortatore, richiesto dall'art. 220, comma secondo, lett. b), d el ### n. 2913 del 199 2 12 9383/17 R.G. (cosiddetto ### doganale comunit ario), ai fini dell'esenzione della contabilizzazione 'a posteriori', non ha valenza esimente 'in re ipsa', ma solo in quanto sia riconducibile ad una delle situazioni fattuali individuate dalla normativa comunitaria, tra le quali va annoverato l'errore incolpevole, ossia non rilevabile dal debitore di buona fede, nonostante la sua esperienza e diligenza, e che, per assume re rilievo scrimi nante, deve essere in o gni caso imputabile a comportamento attivo dell e autori tà doganali, non rientrandovi quello indott o da dichiarazioni inesatte dello stesso operatore» (Cass. n. ### del 2019; v. anche Cass. n. 5518 del 2013 e, soprattutto, Cass. n. 4918 del 2013, sempre in tema di perfezionamento attivo).  33.1.1. ###. 220 del CDC trova la disposizione corrispondente nell'art. 119 del CDU (v. Tavola di corrispondenza allegata al CDU e quella allegata al ### 450/2008), secondo cui «1. In casi diversi da que lli di cui all'articolo 116, p aragrafo 1, second o comma, e diversi da quell i di cu i agli articoli 117, 118 e 1 20 si procede al rimborso o allo sgravio d ell'im porto del dazio all'im portazione o all'esportazione se, per un errore delle auto rità competenti, l'importo corrispondente all'obbligazione doganale inizialme nte notificata era inferiore all'imp orto dovut o, purché sussistano le seguenti condizioni: a) l'errore non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debi tore, e b) il debitore ha agito in buona fede»; secondo lo stesso art. 1 19 par. 3, poi, «### il trattamen to preferenziale delle merci è concesso in base a un sistema di cooperazione amministrativa che coinvolge le autorità di un paese o di un territo rio non facent e parte del territorio doga nale dell'### il rilascio da parte di queste ultime di un certificato che si riveli inesatto costi tuisce un errore che non p oteva 34 di 36 ragionevolmente essere scoperto ai sensi del paragrafo 1, lettera a). Il rilascio di un certificato inesatto non costituisce tuttavia un errore se il certificato si basa su una situazione fattuale inesatta riferita dall'espo rtatore, salvo se è evidente che le autorità che hanno rilasciato il certificato sapevano o avrebb ero dovuto ragionevolmente sapere che le merci non soddi sfacevano le condizioni per poter beneficiare del trattame nto preferenziale. Il debitore è considerato in buona fede se può dimostrare che, per la durata delle o perazioni commerciali in q uestione, ha agito con diligenza per assicurarsi che fossero soddisfatte tutte le condizioni per il trattamento preferenziale».  33.2. ### ha osservato quanto segue: «la Corte ritiene che non sia dimostrato un errore dell'autorità doganale straniera e ciò a prescindere da ogni considerazione circa l'applicabilità dell'art. 119 reg. cee a paesi non membri. Peraltro non è nemmeno accertato che le anal isi del pro dotto effettuate prima della partenza non fossero corrette, e quindi che ci sia stato un errore, dato che le analisi in ### sono st ate effett uate distanza di tempo dall'importazione, dopo che l'olio aveva subito manipolazi oni autorizzate in regime di perfezionamento attivo».  33.2.1. A fronte di questa motivazio ne sono inammissi bili, perché non colgono la ratio decidendi della sentenza, le doglianze della ricorrente che insiste per la rilevanza della documentazione proveniente dalla ### attestante la qualità di olio extravergine d'oliva oggetto d i importazione, lamentando che la CGT avrebbe rifiutato di esaminare la conforme certificaz ione dell'### tunisina e avrebbe ritenuto provate le manipolazioni del prodotto, prima del campionamento, che avevano alterato natura e qualità dell'olio.  33.2.2. I ### d'appello, più che rifiutarsi di esaminare la certificazione dell'### doganale straniera, ne hanno segnalato l'irrilevanza: anche ragionando sul presupposto che la certificazione 35 di 36 dell'### tunisina asseveri che la merce esportata era olio extravergine d'oliva, correttam ente osservano che non sono comunque dimostrati i presupposti dell'esimente. Atteso che quella certificazione si è comunque rivelat a inesatt a, sulla base delle valutazioni organolettiche svolte dai competenti organi dello ### importatore per come stabilito dalla normativa comunitaria (reg. 
Cee n. 2568/91), era onere dell'importatore, da un lato, provare l'”errore attivo” dell'Au torità extra UE (cioè che «le autorità che hanno rilasciato il certificato sapevano o avrebb ero dovuto ragionevolmente sapere che le merci non soddi sfacevano le condizioni per poter beneficiare del trattame nto preferenziale») - rimasto del tutt o indimost rato, non essendosi nepp ure accertato che le analisi svolte in ### non fossero corrette - e, dall'altro, dimostrare di aver agito «per la durata delle operazioni commerciali in questione…con diligenza per assicurarsi che fossero soddisfatte tutte le condizioni per il trattamento preferenziale». Prive di rilievo, in que sto senso, sono anche le questioni sull a pro va ci rca le manipolazioni del prodotto prima d el test, perché era comunque onere dell'importatore , per andare esente da responsabilità, dimostrare di aver agito con diligenza durante tutta la durata delle operazioni.  34. Conclusivam ente, si deve accogliere il primo motivo di ricorso dell'Age nzia, assorbito il secondo, e si devono rigett are i ricorsi dell a società, cassando di conseguenza la senten za 54/2023 con rinvio al giudice del merito.  p.q.m.  riuniti i giudizi ind icati in epigrafe, accoglie il prim o motivo di ricorso dell'Age nzia, assorbito il secondo, rigetta i ricorsi della società, cassa di con seguenza la sentenza n. 54/2023 con rinvio alla Corte di g iustizia tributaria di secondo grado dell'### in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. 36 di 36 Così deciso in ### il ###.   

Giudice/firmatari: Bruschetta Ernestino Luigi, La Rocca Giovanni

M
2

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 39/2021 del 07-01-2021

... errato nel negare la violazione degli obblighi di buona fede sulla base del fatto che le norme richiamate abbiano a oggetto un regolamento contrattuale, mentre la ### e il ### non sono legati da alcun vincolo negoziale, in quanto sarebbe orientamento ampiamente condiviso dalla giurisprudenza di legittimità quello secondo cui il rispetto del principio di buona fede si pone a presidio di valori fondamentali dell'ordinamento da cui non si potrebbe prescindere anche nei casi in cui si versi al di fuori dei rapporti obbligatori diversi da quelli indicati dal legislatore. Con il settimo motivo di ricorso si censura "l'art. 132, com. II, num. 4), cpc, rilevante sia ex num. 4) sia ex num. 5, com. I, art. 360 cpc". La motivazione della Corte di ### risulterebbe apparente nella parte in cui qualifica come corretta la condotta del ### per il solo fatto che si fosse affidato a un pubblico ufficiale il quale, procedendo alla stipula, ha escluso l'esistenza di qualsiasi ostacolo all'acquisto dell'immobile. Inoltre, la Corte avrebbe omesso di esaminare il fatto decisivo attinente alla condotta del notaio che, nel momento in cui ha dovuto accertare che il bene immobile fosse libero da qualsiasi peso e (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso 22074-2018 proposto da: ### domiciliato in ### presso la ### della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall'avvocato ### giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente - contro ### domiciliato in ### presso la ### della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall'avvocato ### giusta procura in calce al controricorso; - ricorrente incidentale - nonchè ###'##### - intimati - avverso la sentenza n. 230/2018 della CORTE ### di ANCONA, depositata il ###; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2020 dal ###. ### Lette le memorie depositate dalle parti; MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE ### conveniva in giudizio davanti al Tribunale di ### ed ### chiedendo, in via principale, che il contratto di compravendita immobiliare stipulato tra i due convenuti venisse dichiarato nullo per illiceità del motivo, ovvero per simulazione assoluta, o in quanto contrario alle norme di buona fede, o in subordine inefficace nei confronti dell'attrice, con il risarcimento del danno; in via residuale chiedeva la risoluzione del contratto di compravendita immobiliare da lei stipulato col ### adducendo il grave inadempimento di quest'ultimo, e, di conseguenza il diritto al risarcimento del danno.  ### affermava, infatti, di aver acquistato dal ### con scrittura privata datata 28 settembre 1991, un immobile al prezzo di novantacinque milioni di lire, ed effettuato il pagamento dell'acconto dei primi venticinque milioni, veniva immessa nel godimento dell'appartamento. 
A luglio del 1994, l'attrice aveva versato ulteriori cinquantacinque milioni al venditore che, trasferitosi all'estero, non rispondeva ai diversi solleciti con i quali gli si chiedeva, in vista del completamento del pagamento, di addivenire al rogito notarile. 
Il 9 settembre 1994 il ### faceva pervenire alla ### una diffida ad adempiere al pagamento dei mancanti quindici milioni di lire entro il successivo 24 settembre, ma l'attrice rispondeva con una controdiffida nella quale lo invitava a presentarsi in data 10 ottobre 1994 davanti ad un notaio di ### con la documentazione necessaria per il perfezionamento dell'atto pubblico, ribadendo la disponibilità a pagare in detta sede quanto residuato. 
A causa dell'assenza in detta data del venditore, ### contattava nuovamente il venditore il quale, tramite il proprio procuratore, la informava di aver venduto l'immobile ad ### il 26 settembre 1994, e che l'atto di vendita era stato trascritto il giorno successivo e registrato in data 11 ottobre 1994. Pertanto, la ### agiva in giudizio proponendo nei loro confronti le domande di cui sopra. 
Con comparsa di risposta si costituiva in giudizio solo ### il quale chiedeva il rigetto delle domande attoree nonché, in via riconvenzionale, il rilascio dell'immobile ed un indennizzo per la sua occupazione sine titulo. 
Al termine dell'istruttoria, il Tribunale di ### con sentenza n. 680 del 2011, perveniva al rigetto di tutte le domande proposte da parte attrice, alla quale era subentrato ### quale erede della originaria attrice; il giudice di primo grado rigettava altresì la domanda riconvenzionale spiegata dal ### compensava le spese e non statuiva nulla nei confronti di ### rimasto contumace.  ### - quale avente causa per atto inter vivos da ### D'### erede di ### a sua volta subentrato in primo grado alla sorella ### quale erede della stessa - appellava la sentenza del Tribunale, riproponendo tutte le domande che dinanzi ad esso erano state avanzate.  ### si costituiva affinché la Corte pervenisse al rigetto del gravame e riproponeva, con appello incidentale, quanto domandato in via riconvenzionale in primo grado, chiedendo l'integrazione del contraddittorio nei confronti di ### D'### e degli eventuali eredi. 
La Corte di Appello di Ancona con sentenza n. 230/2018, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, dichiarando risolto il contratto di compravendita stipulato da ### con il ### per inutile decorso del termine intimato con la diffida ad adempiere, e condannando ### a restituire all'appellante la somma di C 41.316,55, oltre interessi, ed ### all'immediato rilascio dell'immobile illegittimamente occupato. 
Con riferimento all'azione proposta nei confronti del solo ### la Corte, riprendendo alcuni passaggi della sentenza impugnata, evidenziava che la diffida ad adempiere notificata dal ### il 20 settembre 1994 era pienamente giustificata dal fatto che il preliminare, il quale si era risolto per effetto dell'inutile decorso del termine, e ciò in quanto il contratto prevedeva che il pagamento totale del prezzo sarebbe dovuto avvenire già il 28 settembre 1993, ossia un anno prima della diffida. 
Dunque sosteneva la Corte che il ### aveva potuto disporre legittimamente dell'appartamento, dovendosi intendere risolto il preliminare ex artt. 1454 e 1455 c.c., a nulla valendo la controdiffida notificata da ### che, secondo i giudici di merito, mascherava unicamente un comportamento dilatorio della stessa, volto a procrastinare ulteriormente il termine per il pagamento del residuo del prezzo, ma dalla quale non si evincevano "motivi seri né tanto meno precisi per giustificare la mancata ottemperanza". 
Diversamente, le domande proposte nei confronti del ### e del ### volte a ottenere la dichiarazione di nullità del secondo contratto, venivano rigettate, anche alla luce dei \.1 principi dettati da Cass. 23158/2014, in base ai quali non può in alcun modo dichiararsi la nullità di tale accordo per illiceità dei motivi o per violazione degli obblighi di correttezza e buona fede. 
Relativamente all'azione volta ad ottenere la dichiarazione di simulazione assoluta del medesimo contratto, la Corte condivideva le affermazioni del giudice di primo grado in quanto tutte le deduzioni attoree non erano sufficienti a provare la nullità o l'inefficacia dell'atto pubblico di vendita; a detta dei giudici dell'appello, gli assunti del Tribunale apparivano logici e coerenti relativamente alla dimostrazione di un difetto di prova della simulazione, nonché non suscettibili di condurre a conclusioni univoche, anche alla luce della considerazione complessiva dei fatti di causa. 
Con riferimento all'azione revocatoria, la Corte territoriale richiamava il costante orientamento della giurisprudenza per rigettare la domanda, perché l'attore non aveva fornito la prova del consilium fraudis; inoltre, mancando qualsiasi credito risarcitorio da parte dell'### veniva escluso in radice anche l'eventus damni. 
Così deciso l'appello principale, la Corte passava ad analizzare l'appello incidentale proposto da ### relativo alla restituzione dell'immobile, ritenendolo parzialmente fondato, essendo venuto meno il titolo dell'### che lo legittimava ad occupare l'immobile; tuttavia non accoglieva la pretesa risarcitoria derivante dall'illegittima occupazione, risultando carente sotto il profilo probatorio, dal momento che, pur consapevole contrasto giurisprudenziale delineatosi in materia, non condivideva l'orientamento che considerava in re ipsa il danno subito dal proprietario a seguito dell'occupazione sine titulo, ma preferiva quello secondo cui, anche in suddetta ipotesi, il danneggiato debba provare l'effettiva entità del danno. 
Poiché il ### si era limitato a riportare indicativamente il valore del canone di locazione, senza dimostrare di aver perso occasioni favorevoli per la locazione, né di aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli a causa dell'occupazione dell'appartamento, la pretesa non poteva trovare accoglimento. 
Avverso la sentenza della Corte d'Appello di ### propone ricorso per cassazione, articolato in sette motivi.  ### ha resistito con controricorso e ha altresì proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi. 
Entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimità dell'udienza.  ### e D'### non hanno svolto difese in questa fase. 
Il primo motivo di ricorso è relativo "agli artt. 1453, 1454, 1455 cod. civ., rilevante sia ex num. 3) sia ex num. 5), com. I, art. 360 cpc". 
Parte ricorrente ritiene che la sentenza d'appello sia da censurare nella parte in cui ha affermato che allo spirare del termine ultimo indicato nella diffida, il contratto stipulato il 28 settembre 1991 doveva intendersi risolto in assenza del pagamento del saldo da parte della ### e che il ### potesse disporre nuovamente dell'appartamento. 
Infatti, i giudici dell'appello non avrebbero considerato l'insegnamento dettato dalla Cassazione secondo cui "l'eccezione inadempienti contractus consente di paralizzare la domanda di adempimento della controparte e di escludere il diritto della stessa di fare accertare o domandare la risoluzione", nonché quello relativo "al giudizio di comparazione in ordine al comportamento delle parti contrattuali, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi e all'oggettiva entità degli inadempimenti si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti, perché l'inadempimento dev'essere addebitato esclusivamente a quel contraente che, con il proprio comportamento abbia alterato il nesso di reciprocità che lega le obbligazioni assunte con il contratto, dando causa la giustificato inadempimento dell'altra parte". 
Il giudice a quo avrebbe altresì omesso di esaminare il fatto decisivo prospettato nella comparsa conclusionale, secondo cui a fronte dei numerosi solleciti della ### volti a rendere in forma pubblica l'atto di vendita, il ### restava inerte e ciò impedirebbe di qualificare come doloso o colposo, il ritardo della ### nell'adempimento della propria prestazione. 
Con il secondo motivo si censura "l'art. 132, com. II, num. 4), cpc., rilevante sia ex num. 4) sia ex num. 5, com. I, art. 360 cpc". 
La Corte avrebbe addebitato l'inadempimento in capo a ### attraverso una motivazione apparente laddove ha affermato che, avendo il ### e il ### stipulato davanti al notaio il loro contratto a poca distanza dalla scadenza del termine ultimo previsto nella diffida, anche la ### avrebbe potuto addivenire al rogito notarile, se solo avesse soddisfatto la richiesta del ### di pagare la parte restante del prezzo entro la data fissata nella diffida. 
Inoltre, la Corte avrebbe omesso di valutare i fatti decisivi relativi alla mancata dimostrazione della disponibilità dell'intero immobile, "l'inverosimile tempistica e l'incredibile semplificazione dell'atto pubblico del secondo contratto", malgrado vi fossero "oggettive difficoltà" relative all'esatta individuazione delle parti, dei beni e dei documenti relativi. 
I primi due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente e, in quanto infondati, devono essere rigettati. 
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte (recentemente ribadito da Cass. n. 13627/2017), quello secondo il quale nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, il giudice del merito è chiamato a comparare il comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti ed abbia causato il comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma. Tale accertamento, fondato sulla valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. 
La Corte d'appello ha reso un'ampia e logica motivazione, nel ritenere che, nel caso di specie, la condotta da ritenersi decisiva ai fini della risoluzione per inadempimento fosse quella della ### e non quella del ### al quale per converso nessun addebito poteva essere imputato, essendosi egli attenuto ai termini dell'accordo stipulato nel 1991. 
Sono stati ritenuti determinanti, infatti, ai fini dell'accertamento dell'inadempimento della ### la circostanza che la diffida era stata notificata dal ### dopo che era decorso un anno dalla data che le parti avevano concordato quale termine ultimo per il pagamento, e che l'ammontare del prezzo residuo di quindici milioni di lire impedisse di qualificare l'adempimento come di scarsa importanza. 
La ratio della norma di cui all'art. 1454 c.c. è quella di fissare con chiarezza la posizione delle parti rispetto all'esecuzione del negozio, mediante un formale avvertimento alla parte diffidata che l'intimante non è disposto a tollerare un ulteriore ritardo nell'adempimento, pena la risoluzione ope legis del contratto (Cass. n. 27530/2016; Cass. n. 3477/2012). 
Dunque, a nulla vale, nel caso di specie, l'aver opposto alla diffida una controdiffida, dal momento che è principio già statuito da questa Corte, che oggi si vuole ribadire, quello secondo il quale la controdiffida diretta a contestare la sussistenza di una qualsiasi delle condizioni cui è subordinata la risoluzione di diritto conseguente alla diffida ad adempiere, non sospende né evita tale effetto (Cass. n. 974/1971). 
Ciò, a maggior ragione nel momento in cui i giudici di merito hanno negato qualsiasi rilevanza nei termini di cui sopra alla controdiffida notificata dalla ### in quanto non solo non conteneva motivi apprezzabili tali da legittimare il mancato rispetto della diffida, ma lasciava trasparire unicamente un "comportamento dilatorio" dell'attrice, che ha acquistato ulteriore decisività anche "alla luce del pregresso contegno moroso". 
Queste dunque le motivazioni che hanno condotto all'addebito dell'inadempimento alla ### e non, come parte ricorrente adduce col presente ricorso, i vari impedimenti e inadempimenti legati alla stipula dell'atto pubblico, dedotti dalla stessa nella controdiffida, che, una volta ritenuti insussistenti dai giudici del merito, possono dirsi esaminati all'interno di una valutazione globale delle condotte delle parti e, pertanto, non risultano essere oggetto di un omesso esame, come prospettato dal ricorrente. 
Il terzo motivo denunzia la violazione del"l'art. 2644, com. II, cod. civ., rilevante ex num. 3), co. I, art. 360 cpc". 
Il giudice a quo, citando il precedente costituito da Cass. 23518/2014, avrebbe frainteso la questione che si poneva, spostando l'attenzione sul problema della distinzione tra frode alla legge e frode ai creditori, ma senza esaminare la più pertinente questione della responsabilità del venditore e del secondo acquirente all'interno di una vicenda di doppia alienazione immobiliare, che il ricorrente, in grado di appello, aveva prospettato mediante numerosi richiami alla dottrina e alla giurisprudenza, mostrando come oggi sia pacifico che è sufficiente la mera conoscenza della precedente alienazione per determinare una responsabilità del secondo acquirente che abbia trascritto per primo. 
Dunque, a prescindere dall'accoglimento o meno della domanda di nullità del secondo contratto di alienazione, parte ricorrente ritiene che il ### debba essere obbligato in solido al risarcimento dei danni nei confronti del ricorrente, e ciò sulla base di una giurisprudenza evolutasi a partire dagli anni ### dello scorso secolo, che ha sancito la responsabilità aquiliana del secondo acquirente per la semplice conoscenza della precedente vendita, senza richiedere l'ulteriore requisito della frode concertata con l'alienante. 
Anche questo motivo di ricorso non è meritevole di • accoglimento. L,7 Va evidenziato che la censura, così come articolata, non appare in grado di dimostrare che vi siano gli estremi per rinvenire un'effettiva violazione della norma richiamata in rubrica. 
Infatti, deve essere disattesa ogni affermazione volta a far ravvisare una responsabilità extracontrattuale in capo ad ### per il fatto di aver trascritto il secondo contratto di compravendita dell'immobile, dal momento che l'acquisto dell'appartamento, e la conseguente trascrizione dell'atto, sono avvenuti quando il termine indicato nella diffida era già spirato, e quindi in un momento successivo alla risoluzione di diritto della prima compravendita. 
Invero, una volta confermata l'intervenuta risoluzione del contratto per inadempimento della stessa parte acquirente, con il venir meno dell'efficacia del contratto con effetti ex tunc tra le parti, la seconda alienazione è comunque intervenuta allorquando la prima era ormai priva di effetti, essendo quindi esclusa la stessa astratta configurabilità di una pretesa risarcitoria quale conseguenza della seconda vendita. 
Non si versa, in effetti, in una situazione di doppia vendita immobiliare, dal momento che la conclusione del secondo accordo avvenne quando ormai il primo contratto si era risolto di diritto, per effetto del mancato adempimento entro il termine fissato nella diffida dal ### Quest'ultimo, consapevole della funzione della diffida ad adempiere aveva ormai correttamente inteso come risolto il rapporto con la ### e, dunque, nuovamente suscettibile di alienazione l'immobile. 
La quarta censura "è relativa agli articoli 2901 e seg. cod. civ., rilevante sia ex num. 3) sia ex num. 5), com. I, art. 360 cpc". 
Con riferimento al n. 3, il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha statuito in modo contraddittorio, che l'unico rimedio che l'ordinamento appresta ai creditori in queste circostanze sia quello che conduce alla sanzione dell'inefficacia, salvo poi ritenere che l'azione revocatoria proposta nei confronti dell'atto ### fosse infondata in quanto non si verteva in tema di revocatoria, non essendo dedotti e provati né il consilium fraudis, né l'eventus damni. 
Infatti, nell'atto di appello l'### aveva ripetutamente indicato il pericolo di un'incapienza generica del patrimonio del debitore nella condotta consapevole del doppio-venditore-debitore ### tale da recare pregiudizio alle garanzie patrimoniali di ### nonché prospettato la possibilità di avvalersi di tale istituto per una funzione restitutoria di un bene specifico. 
Con riferimento al n. 5, invece, la Corte avrebbe omesso di esaminare i fatti decisivi relativi al consilium fraudis, sia con riferimento al fatto che l'avv. ### fosse inizialmente avvocato del ### e successivamente procuratore del ### sia relativamente alla circostanza per cui la seconda alienazione si era perfezionata in tempi eccezionalmente rapidi rispetto allo spirare del termine previsto nella diffida, e senza alcuna traccia di modalità di pagamento del prezzo, con ciò dimostrando che in realtà vi fosse già da tempo un accordo tra le parti. 
Tale motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 
Va premesso che la vendita a terzi con atto trascritto di un bene immobile che abbia già formato oggetto, da parte del venditore, di una precedente alienazione si risolve nella violazione di un obbligo contrattualmente assunto nei confronti del precedente acquirente, determinando la responsabilità contrattuale dell'alienante con connessa presunzione di colpa ex art. 1218 c.c.; per converso la responsabilità del successivo acquirente, rimasto estraneo al primo rapporto contrattuale, può configurarsi soltanto sul piano extracontrattuale, ove trovi fondamento in una dolosa preordinazione volta a frodare il precedente acquirente o almeno nella consapevolezza dell'esistenza di una precedente vendita e nella previsione della sua mancata trascrizione e quindi nella compartecipazione all'inadempimento dell'alienante in virtù dell'apporto dato nel privare di effetti il primo acquisto, al cui titolare incombe di conseguenza la relativa prova a norma dell'art. 2697 c.c. ( Cass. n. 8403/1990 e 4090/1988). 
Per conservare la garanzia patrimoniale relativa a questo suo credito, il primo acquirente può esercitare l'azione revocatoria in merito alla seconda alienazione dell'immobile. Poiché, però, la revocanda alienazione è anteriore al credito da tutelare (che nasce solo con la trascrizione), la revocatoria può trovare accoglimento non per la mera consapevolezza della precedente vendita, bensì solo se sia provata la partecipazione del secondo acquirente alla dolosa preordinazione, in base a quanto previsto dall'art. 2901, n. 2, c.c., ossia alla specifica intenzione di pregiudicare la garanzia del futuro credito, che può essere desunta da obiettive circostanze (Cass. n. 759/1982). 
Nel caso di specie, contrariamente a quanto deduce il ricorrente, non solo i giudici del merito hanno ritenuto che difettasse di prova la circostanza della partecipazione del ### alla dolosa preordinazione dell'alienante, ma avendo dichiarato la risoluzione del primo accordo e ordinato la restituzione del prezzo da parte del ### sono pervenuti alla corretta conclusione per cui manchi un credito risarcitorio che l'### possa vantare, escludendo così a monte l'esistenza di un eventus damni, che rappresenta uno dei due indefettibili presupposti per la proposizione dell'azione. 
Inoltre le medesime considerazioni svolte in ordine alla conferma della statuizione dei giudici di merito quanto alla risoluzione per inadempimento della dante causa dell'odierno ricorrente, fa sì che fosse venuto meno il contratto che rappresenta la prima vendita, il che, oltre a confortare la legittimità della seconda alienazione, avvenuta come detto allorquando la risoluzione di diritto si era già perfezionata, conferma quanto asserito dalla sentenza di appello circa l'assenza di una qualsivoglia pretesa risarcitoria nei confronti sia del venditore che del secondo acquirente, mancando quindi l'esistenza del diritto di credito a garanzia del quale sarebbe dato il ricorso all'azione revocatoria. 
La quinta censura "è relativa all'art. 2729 cod. civ., rilevante sia ex num. 3) sia ex num. 5), com. I, art. 360 cpc". 
La sentenza sarebbe da censurare nella parte in cui ha statuito, conformemente alla decisione di primo grado, che la simulazione assoluta dell'atto notarile sia rimasta indimostrata e comunque urterebbe contro le risultanze processuali circa la condotta del ### volta a conseguire il possesso dell'immobile. In particolare, la Corte affermando che il pagamento del prezzo della vendita non era contestato, che il ### avesse manifestato una condotta costantemente volta a recuperare l'immobile e che non fossero stati dedotti comportamenti successivi alla stipula della compravendita, volti a far trasparire una volontà collusiva per recuperare indirettamente il bene, avrebbe omesso la valutazione sul contenuto della eccezione di simulazione, che viceversa non poteva che essere dimostrata se non mediante un insieme di presunzioni. 
Quanto affermato non consente di comprendere come la Corte abbia potuto condividere le conclusioni del Tribunale, in quanto non si potrebbe sostenere validamente che difetti in assoluto la prova di una simulazione se tale fatto sia dimostrabile mediante altri fatti a carattere presuntivo dedotti dall'attrice. 
Anche tale motivo di ricorso non risulta essere fondato e deve essere rigettato. 
Ancorchè prima facie la conferma della risoluzione per fatto imputabile al ricorrente potrebbe far propendere per una carenza di interesse all'accertamento della simulazione, posto che anche ove dimostrata la parte non ne trarrebbe alcun vantaggio, essendo venuto meno il suo titolo negoziale, l'interesse deve però ravvisarsi in relazione all'accoglimento della domanda riconvenzionale di rilascio del bene formulata dal ### che evidentemente presuppone il riconoscimento dell'avvenuto acquisto della proprietà da parte di questi, sicché ove l'acquisto fosse accertato come privo di effetti, verrebbe meno anche la giustificazione della condanna al rilascio. 
Ai fini del rigetto del motivo, va condiviso l'orientamento di questa Corte (Cass. n. 28224/2008; Cass. n. 22801/2014), secondo cui, in tema di simulazione assoluta del contratto, nel caso in cui la relativa domanda sia proposta da terzi estranei al negozio, spetta al giudice del merito valutare l'opportunità se fondare la decisione su elementi presuntivi, da considerare, non solo analiticamente, ma anche nella loro convergenza globale, così che l'apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico, presupposti che ricorrono nell'accertamento svolto, prima dal Tribunale, e poi dalla Corte d'Appello. 
In particolare, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che nessuno degli elementi forniti dall'appellante presentasse un grado di decisività tale da consentire di giungere a conclusioni univoche, anche alla luce di una considerazione complessiva degli stessi fatti, i quali al contrario contrastavano con una serie di condotte idonee a escludere l'esistenza di una simulazione assoluta. 
Con il sesto motivo si censurano gli "articoli 1175, 1176, 1366, 1375, cod. civ., rilevante ex num. 3), com. I, art. 360 cpc. 
La Corte avrebbe errato nel negare la violazione degli obblighi di buona fede sulla base del fatto che le norme richiamate abbiano a oggetto un regolamento contrattuale, mentre la ### e il ### non sono legati da alcun vincolo negoziale, in quanto sarebbe orientamento ampiamente condiviso dalla giurisprudenza di legittimità quello secondo cui il rispetto del principio di buona fede si pone a presidio di valori fondamentali dell'ordinamento da cui non si potrebbe prescindere anche nei casi in cui si versi al di fuori dei rapporti obbligatori diversi da quelli indicati dal legislatore. 
Con il settimo motivo di ricorso si censura "l'art. 132, com. II, num. 4), cpc, rilevante sia ex num. 4) sia ex num. 5, com. I, art. 360 cpc". 
La motivazione della Corte di ### risulterebbe apparente nella parte in cui qualifica come corretta la condotta del ### per il solo fatto che si fosse affidato a un pubblico ufficiale il quale, procedendo alla stipula, ha escluso l'esistenza di qualsiasi ostacolo all'acquisto dell'immobile. 
Inoltre, la Corte avrebbe omesso di esaminare il fatto decisivo attinente alla condotta del notaio che, nel momento in cui ha dovuto accertare che il bene immobile fosse libero da qualsiasi peso e impedimento, si è limitato ad affermare che "l'appartamento appartiene al venditore per metà...per l'altra metà in forza di successione della defunta moglie, asfaltando così ogni e qualsiasi difficoltà", relativa alla persona della moglie, nazionalità e figli della stessa. 
Il rigetto dei due motivi in esame, da trattare congiuntamente per la loro connessione, discende evidentemente dalle considerazioni svolte in occasione della disamina del terzo motivo di ricorso, in quanto, una volta ribadito che l'acquisto da parte del controricorrente è avvenuto allorquando il contratto in base al quale il ricorrente agisce in giudizio aveva ormai perso efficacia per l'avvenuta risoluzione di diritto, risulta preclusa in radice la possibilità di individuare nella condotta del ### la violazione di principio di buona fede tale da legittimare una pretesa di carattere risarcitorio ovvero conseguenze in ordine alla sorte del contratto di acquisto del bene. 
Il ricorso principale è quindi rigettato. 
Con il primo motivo del ricorso incidentale si denunzia "violazione ed errata o falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c.  e 132, co. 2, nn. 2, 4 e 5 c.p.c. ex art. 360 c.p.c. n. 4. Omessa pronuncia nei confronti di una delle parti chiamate in giudizio: litisconsorte processuale necessario D'###. 
La sentenza di primo grado venne pronunciata nei confronti di ### quale erede dell'originaria attrice ### Tuttavia, l'atto di appello fu promosso da ### quale avente causa per atto inter vivos di ### D'### moglie ed erede di ### la D'### aveva ceduto all'appellante i diritti litigiosi ad essa spettanti, ma il ### tanto in comparsa di costituzione in appello, quanto in sede di precisazioni delle conclusioni, dichiarava di non voler liberare la D'### chiedendo e ottenendo che il contraddittorio fosse integrato anche nei suoi confronti. In base a ciò, ### ritiene che ### D'### sia tuttora parte all'interno del presente giudizio; pertanto, avendo il giudice dell'appello omesso il suo nome tra i soggetti condannati in solido, si ritiene che ciò integri una violazione dell'art. 112 c.p.c. 
Tale doglianza risulta essere fondata. 
In base a quanto stabilisce l'art. 111 del codice di rito, il successore a titolo particolare per atto tra vivi di una delle parti del processo può intervenire volontariamente nel processo o esservi chiamato, ma ciò non comporta automaticamente l'estromissione dell'alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentano. Ne consegue che, nel giudizio di impugnazione contro la sentenza, il successore intervenuto in causa e l'alienante non estromesso sono litisconsorti necessari e che, se la sentenza è appellata da uno solo soltanto o contro uno soltanto dei medesimi, deve essere ordinata, anche d'ufficio, l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'altro, a norma dell'art. 331 c.p.c., dovendosi, in difetto, rilevare, anche d'ufficio, in sede di legittimità, il difetto di integrità del contraddittorio con rimessione della causa al giudice di merito per la eliminazione del vizio (cfr. Cass. n. 15905/2018). 
Dal momento, dunque, che il ### ha espressamente dichiarato in tutti i suoi scritti difensivi di appello di non voler liberare la D'### all'interno del processo oggi pendente davanti a questa Corte, non vi è spazio per ritenere che la stessa sia stata estromessa, ma al contrario deve tuttora considerarsi litisconsorte necessaria. 
Effettivamente la sentenza impugnata ha omesso ogni riferimento alla sua presenza in giudizio, nonostante fosse stata disposta l'integrazione del contradditorio, e tale omissione si è ripercossa anche sulla corretta regolamentazione delle spese di lite. 
Infatti, atteso che la medesima, ancorché contumace in appello, risulta essere soccombente rispetto alle sorti del giudizio, in accoglimento del motivo la sentenza impugnata deve essere cassata in parte qua, ma non palesandosi la necessità di ulteriori accertamenti in fatto, ritiene la Corte che la causa possa essere decisa nel merito, con la condanna della D'### in solido con l'odierno ricorrente principale al rimborso delle spese del giudizio di appello per la misura di quattro quinti ( e con compensazione del residuo quinto), come liquidate dalla Corte distrettuale). 
Con il secondo motivo di ricorso incidentale si deduce "violazione ed errata o falsa applicazione degli artt. 820, co. 3, c.c., 821, co. 3, c.c., 832 c.c., 1499 c.c., ex art. 360/1 n.3". 
La Corte, sebbene abbia ordinato il rilascio dell'appartamento in favore del ### costatando altresì l'illegittimità dell'occupazione dello stesso, ha respinto per mancanza di prova la domanda di risarcimento del danno patito dall'odierno controricorrente a seguito dell'illegittima occupazione, dal momento che lo stesso si sarebbe unicamente limitato a riportare in termini indicativi il valore del canone di locazione senza dimostrare la perdita di occasioni favorevoli per locarlo. 
Tale interpretazione sarebbe non condivisibile atteso il contrasto a cui perverrebbe con i principi, anche costituzionali, in materia di proprietà privata. 
Il motivo dev'essere rigettato. 
Come correttamente affermato dalla Corte territoriale, in tema di occupazione abusiva di immobili sussiste un contrasto giurisprudenziale che vede contrapporsi un orientamento che considera il danno in re ipsa (cfr. ex multis Cass. 9137/2018), ad un altro per cui il danno da occupazione abusiva debba comunque essere oggetto di dimostrazione da parte del danneggiato, richiedendo a tal fine che egli provi l'effettiva lesione derivante dall'abusiva occupazione (cfr. da ultimo, Cass. n. 13071/2018). 
Ritiene il Collegio di dover dare continuità alla più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. N. ###/2019; Cass. 1657/2019), che, ha rilevato che nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subìto dal proprietario è in realtà oggetto di una presunzione correlata alla normale fruttuosità del bene, presunzione che, tuttavia, essendo basata sull'id quod plerumque accidit, ha carattere relativo, iuris tantum, e quindi ammette la prova contraria (Cass. 7 agosto 2012, n. 14222; Cass. 15 ottobre 2015, n. 20823; Cass. 9 agosto 2016, n. 16670), non potendosi quindi correttamente sostenere che si tratti di un danno la cui sussistenza sia irrefutabile, posto che la locuzione "danno in re ipsa" va tradotta in altre ("danno normale" o "danno presunto"), più adatte ad evidenziare la base illativa del danno, collegata all'indisponibilità del bene fruttifero secondo criteri di normalità, i quali onerano l'occupante alla prova dell'anomala infruttuosità di uno specifico immobile. 
Avuto riguardo a tali principi, la sentenza impugnata appare incensurabile avendo evidenziato che il convenuto in realtà non solo non aveva provato ma ancor prima nemmeno allegato le circostanze dalle quali far discendere in via presuntiva l'esistenza del danno richiesto. 
Il motivo, lungi dal contrastare la correttezza di tale affermazione, si riduce ad una riproposizione della nozione di danno in re ipsa, ma in un'accezione, per quanto sopra esposto, che non può trovare riconoscimento nel nostro ordinamento, atteso che il danno da occupazione "sine titulo", in quanto particolarmente evidente, può essere agevolmente dimostrato sulla base di presunzioni semplici, ma un alleggerimento dell'onere probatorio di tale natura non può includere anche l'esonero dalla allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l'intenzione concreta del proprietario di mettere l'immobile a frutto (### 3, n. 13071, 25/5/2018, Rv.  648709). 
Nnel caso di specie, il ### non ha mai provato - né adeguatamente allegato le circostanze idonee a fondarlo - alcun danno derivante dall'occupazione sine titulo dell'immobile da parte delle sue controparti, ma ha semplicemente "riportato in maniera del tutto indicativa il valore del canone di locazione", senza mai dimostrare di aver perso occasioni favorevoli per locare l'immobile, ovvero di aver sofferto altri pregiudizi patrimoniali, lasciando così la sua pretesa sfornita di allegazione e prova, che correttamente i giudici di merito hanno provveduto a respingere. 
Le spese del presente giudizio seguono la prevalente soccombenza del ricorrente principale e dell'intimata D'### e si liquidano come da dispositivo, nulla dovendosi disporre quanto all'altro intimato che non ha svolto attività difensiva in questa sede. 
Poiché il ricorso principale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - ### di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.  PQM La Corte accoglie il primo motivo del ricorso incidentale e rigetta il ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dispone che le spese del giudizio di appello, previa compensazione di un quinto, siano poste per la residua quota, come liquidate dal giudice di appello, in solido a carico di D'### e ### Condanna, in solido tra loro, D'### e ### al rimborso delle spese del presente giudizio in favore di ### liquidandole nel complessivo importo di C 5.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 °A) sui compensi, ed accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall'art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso nella camera di consiglio del 20 novemb residente ### Oggi ir 7 GEN, 021 H ### vud4z,iiie ### B !###. 2018 n. 22074 sez. ### - ud. 20-11-2020 -22- 

Giudice/firmatari: Lombardo Luigi Giovanni, Criscuolo Mauro

M
1

Corte di Cassazione, Sentenza n. 1598/2023 del 19-01-2023

... il proprio comportamento ai canoni di correttezza e buona fede >> ; la condotta tenuta, valutata unitariamente e tenuto conto della delicatezza delle mansioni di capotreno rivestite dal ### esprimeva, per la sua intensità, una potenzialità negativa anche su futuro adempimento degli obblighi lavorativi. 4. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso ### sulla base di quattro motivi. La parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso illustrato con memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione dell'art. 132 cod. proc. civ. per mancanza assoluta di motivazione in relazione alla sussistenza di legittime normative contradette dal lavoratore. Lamenta che la Corte di merito nel formulare la valutazione di proporzionalità aveva del tutto omesso di individuare il precetto giuridico violato dal lavoratore in relazione al quale andava misurata la sussistenza e proporzionalità dell'addebito; la sentenza aveva, invece, dato per scontata la violazione di normative che il lavoratore era tenuto ad osservare 3 ma non aveva identificato il precetto violato, come indispensabile al fine della (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 21527/2020 R.G. proposto da: ### elettivamente domiciliato in ### SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell'avvocato ### che lo rappresenta e difende - ricorrente - contro ### in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ### L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato ### che la rappresenta e difende - controricorrente - avverso la SENTENZA della CORTE ### di ### n. 4479/2019 pubblicata il ###, R.G. n. 1814/2018; udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 16/11/2022 dal ### il P.M. in persona del ###. #### visto l'art.23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte.  ### 1. La Corte di appello di ### pronunziando in sede ###6/2018, ha respinto la domanda con la quale ### aveva chiesto accertarsi la illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli da ### s.p.a. il ###, a seguito di contestazione disciplinare relativa a tre episodi in cui il ricorrente, in servizio di scorta al treno in partenza da ### e diretto a ### aeroporto, servizio previsto e comandato ad "agente solo", invece di attendere alle sue attività di assistenza a clientela e di controlleria, contravvenendo alla normativa vigente (art.91 ter della ###, art. 9 ISPAT -### accompagnamento ### -, della ### n. 23 del 60151 2010 e della ### Divisionale 131101 2009), si era trattenuto in cabina guida, dalla quale, in mancanza dei presupposti per emettere un tale comando, aveva ordinato la partenza al macchinista in turno di condotta ed in due dei tre episodi contestatigli aveva turbato la regolarità della circolazione e provocato disservizio alla clientela e danno all'immagine alla società, avendo costretto l'azienda a sopprimere parzialmente il treno, per non avere dato ottemperanza all'ordine di farsi sostituire per non creare ulteriori disagi alla circolazione.  2. La sentenza rescindente, in accoglimento del terzo motivo di ricorso per cassazione con il quale il ricorrente aveva lamentato violazione e falsa interpretazione dell'art. 2106 cod. civ. e dell'art.  416 cod. proc. civ. in ordine alla presunta tardività della doglianza con cui si evidenziava la sproporzione tra infrazione e sanzione disciplinare espulsiva, ha cassato la sentenza di secondo grado in dichiarata condivisione dell'assunto del ricorrente per il quale i rilievi sulla sproporzione tra infrazione e sanzione disciplinare espulsiva sono da qualificare come mere difese, liberamente 2 deducibili in quanto non incidenti nel senso di una diversa qualificazione ai fini della causa petendi e come tali non soggetti a limiti temporali, e in relazione alla sostanza della critica rivolta alla sentenza impugnata quanto alla omessa disamina della proporzionalità della sanzione rispetto all'infrazione contestata.  3. Il giudice del rinvio, all'esito della ricognizione della disciplina collettiva in tema di sanzioni disciplinari, ha ritenuto il comportamento del lavoratore di gravità tale da ledere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto avrebbe comportato un pregiudizio per gli scopi aziendali «dovendosi ritenere determinante, a tal fine, l'influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di correttezza e buona fede >> ; la condotta tenuta, valutata unitariamente e tenuto conto della delicatezza delle mansioni di capotreno rivestite dal ### esprimeva, per la sua intensità, una potenzialità negativa anche su futuro adempimento degli obblighi lavorativi.  4. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso ### sulla base di quattro motivi. La parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso illustrato con memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ..  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione dell'art. 132 cod. proc. civ. per mancanza assoluta di motivazione in relazione alla sussistenza di legittime normative contradette dal lavoratore. Lamenta che la Corte di merito nel formulare la valutazione di proporzionalità aveva del tutto omesso di individuare il precetto giuridico violato dal lavoratore in relazione al quale andava misurata la sussistenza e proporzionalità dell'addebito; la sentenza aveva, invece, dato per scontata la violazione di normative che il lavoratore era tenuto ad osservare 3 ma non aveva identificato il precetto violato, come indispensabile al fine della valutazione di gravità dell'illecito; in particolare era stato dato per scontata che la violazione della normativa di cui alla ### (disposizioni di esercizio impresa ferroviaria) emanata da ### fosse legittima e cogente, senza dare motivazione alcuna, come necessario, in merito al prospettato contrasto di tali disposizioni con quelle adottate dall'### (### nazionale per la sicurezza delle ###, di rango superiore alle prime.  2. Con il secondo motivo deduce violazione del criterio di proporzionalità di cui all'art. 2106 cod. civ. in relazione alla verifica dell'elemento soggettivo sotto il profilo della consapevolezza della legittimità della previsione violata; pur ammesso che la difformità tra le norme di origine ### e quelle dettate da ### dovesse essere risolta nel senso della prevalenza di quest'ultime, la esistenza di tale contrasto determinava il venir meno nella condotta del ### di quella connotazione di pervicace ostilità e di ribellismo alla base del giudizio negativo della Corte.  3. Con il terzo motivo deduce violazione della proporzionalità di cui all'art. 2106 cod. civ. anche sotto il profilo della non gravità o tenuità dell'elemento oggettivo del supposto illecito; la Corte di merito non aveva onorato il mandato affidato perché non aveva considerato che secondo la disciplina collettiva nel caso di inosservanza di leggi, regolamenti e obblighi di servizio, la sanzione espulsiva, ai sensi dell'art. 58 c.c.n.l. può essere irrogata solo quando ne siano derivati danni gravi al materiale, all'armamento e a cose di terzi ed anche danni gravi alle persone, laddove quando quella inosservanza produce interruzione o turbativa nella regolarità o nella continuità di servizio, trova applicazione, ai sensi dell'art. 57 c.c.n.l., la misura conservativa della sospensione dal servizio e dalla retribuzione da 8 a 10 giorni.  4. Con il quarto motivo di ricorso deduce violazione dell'art. 384 cod. proc. civ. per non avere applicato il principio di diritto alla base della cassazione della sentenza di secondo grado che 4 imponeva di verificare se la condotta imputata fosse riconducibile ad una ipotesi sanzionata dall'autonomia collettiva con sanzione conservativa o meno.  5. Il primo motivo di ricorso deve essere respinto 5.1. Occorre premettere che la questione posta con il motivo in esame, che denunzia assenza di motivazione in relazione al profilo concernente la identificazione della condotta oggetto di addebito, anche in punto di possibile contrasto delle ### con le disposizioni emesse dall'### risulta superata in conseguenza del rigetto da parte della sentenza rescindente dei primi due motivi di ricorso per cassazione.  5.2. Dallo storico di lite della sentenza rescindente emerge, infatti, che con il primo motivo di ricorso per cassazione era stato denunziato omesso esame di un fatto decisivo, «sostenendosi che un fatto rilevante, costituito dal contrasto tra normativa di rango superiore (### E ### ed inferiore (### non era stato oggetto di valutazione e che la circostanza che il treno fosse in moto o in stato di arresto non avesse alcun rilievo ai fini considerati, perché era nella discrezionalità e professionalità del capotreno decidere la migliore ubicazione per l'espletamento del servizio e per finalità di sicurezza, che dovevano rilevare più del controllo dei passeggeri»; con il secondo motivo era stata «dedotta violazione e falsa applicazione del d. Igs. 162/2007 quale norma di rango superiore che stabilisce, attraverso le norme derivate ### e ### l'ubicazione del personale ai fini di sicurezza, sul rilievo che queste ultime prevedono che il posto di capotreno sia in cabina di guida nel senso di marcia e, al contrario, la ### 23 e circolare n. 1 del 31.10.09 dispongono che debba ubicarsi nella parte trainata per svolgere il suo servizio continuativamente a contatto con la clientela, salvo il caso in cui sia prevista la sua presenza in cabina dalla normativa vigente; si sostiene che vada privilegiato il profilo di sicurezza sancito dalle norme di rango superiore >> .  5 5.3. In relazione a tali motivi il giudice di cassazione si è così espresso: « premesso che il nuovo testo dell'art. 360, n. 5, c.p.c.  per effetto della modifica introdotta dal di. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla I. I. 7. agosto 2012, n. 134, è applicabile alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione (12 agosto 2012) e, pertanto, anche alla sentenza oggetto della presente impugnazione, depositata in data ###, il primo motivo va disatteso, perché nello stesso ricorso si ammette che il fatto - costituito dalla circostanza che la permanenza nella cabina di guida era, in base alla normativa applicabile, nella facoltà decisionale del capotreno sia a treno in movimento che a treno fermo - è stato esaminato, osservandosi che l'argomentare della sentenza impugnata sarebbe capzioso, il che dimostra l'insussistenza del vizio denunciato; 6. il secondo motivo è in parte inammissibile, laddove con riguardo a disposizioni sottoordinate (disposizioni regolamentari e direttive di circolazione) relative all'ubicazione del personale a fini di sicurezza e circolazione, non si indica dove e come le stesse siano state depositate nei gradi di merito, il che contravviene a principi sanciti dall'art. 366, primo comma, n 6, c.p.c. - che costituisce la consacrazione normativa del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione - per essere la trascrizione completa dei documenti che sono posti a fondamento dello stesso indispensabile ai detti fini, nonché dall'art.  369 c.p.c., comma 2, n. 4 (a pena di improcedibilità del ricorso), imposto al fine di porre il giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (cfr. Cass. 11.1.2016 n. 195, tra le tante, nonché Cass. S.U. 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. S. U. 3 novembre 2011, n. 22726). Quanto, poi, al richiamo del d. Igs. 162/2007, del quale si assume la violazione, in realtà, non si indica specificamente quale sia la norma di tale testo normativo che sia 6 stata disattesa, e peraltro, dall'esame dello stesso si evince solo che l'### preposta alla sicurezza del sistema ferroviario nazionale è incaricata a) di definire il quadro normativo in materia di sicurezza, b) di controllare, promuovere e, se del caso, imporre, le disposizioni e l'emanazione delle prescrizioni di esercizio da parte dei ### delle ### e delle imprese ferroviarie, in coerenza con il quadro normativo nazionale di cui alla lett. a), c) di stabilire i principi e le procedure e la ripartizione delle competenze degli operatori ferroviari in ordine all'emanazione delle disposizioni di cui alla lettera b) (art. 6, co. 2, D. Lgs. 162/07), ed ulteriormente che i ### dell'infrastruttura e le imprese ferroviarie emettono le prescrizioni e, se del caso, le disposizioni di esercizio necessarie ai fini delle lettere a) e b) del comma 2 dell'art.6 (art. 8, co. 4 d. Igs. cit.). il motivo è articolato in carenza di ogni puntualità e specificazione della critica rivolta alla decisione impugnata, adombrandosi nella sostanza che il dipendente abbia privilegiato l'applicazione di normativa attinente alla sicurezza rispetto a quella riguardante in generale la circolazione ferroviaria, con proposizioni che sono prive del necessario collegamento con il decisum e non consentono appieno la comprensione della questione devoluta».  5.4. Dalla motivazione della sentenza rescindente che sorregge il rigetto dei primi due motivi del precedente ricorso per cassazione del ### deriva che la condotta oggetto di addebito risultava ormai cristallizzata, anche sotto il profilo della identificazione del precetto violato, nei termini definiti dalla sentenza di secondo grado, richiamata dalla sentenza rescindente mediante il riferimento alla contestazione disciplinare; in conseguenza, nessun obbligo motivazionale era configurabile in relazione a tale profilo, essendo il mandato al giudice del rinvio limitato alla verifica di proporzionalità della sanzione rispetto ad un addebito già compiutamente identificato.  7 6. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto parte ricorrente, pur formalmente denunziando violazione di norme di diritto sotto il profilo della non corretta applicazione della clausola generale di cui all'art. 2106 cod. civ., non individua alcuno specifico contrasto con i criteri e principi desumibili dall'ordinamento generale nei parametri astratti ai quali ha fatto riferimento il giudice di merito nel ritenere proporzionata la sanzione espulsiva, come richiesto onde inficiare la relativa valutazione (Cass. 28492/ 2018, Cass. n. 7426/ 2018, Cass. n. 25144/2010, Cass. 7838/2005); le critiche articolate, infatti, tendono, piuttosto, a contestare la valutazione di proporzionalità del licenziamento in particolare in relazione alta considerazione dell'elemento soggettivo, richiamando la influenza che sull'atteggiamento psicologico del ricorrente avrebbe avuto il ### contrasto tra le discipline, di diverso rango, regolanti la materia; in tal modo parte ricorrente dimostra di sollecitare direttamente un diverso apprezzamento delle concrete circostanze del caso concreto, investendo un accertamento di fatto istituzionalmente riservato al giudice di merito ed incrinabile solo dalla deduzione, ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ., di omesso esame di un fatto, nel senso di fatto storico -fenomenico, che ove considerato avrebbe avuto attitudine, con carattere di certezza e non di mera probabilità, a determinare un diverso esito della lite (v.. per tutte Cass. Sez. Un. n. 8053/2014), fatto da evocare nel rispetto delle prescrizioni di cui all'art. 366, comma 1 n. 6 cod. proc.civ.; nello specifico, la circostanza invocata dal ricorrente relativa ad un preteso contrasto tra le normative disciplinanti la materia, oltre a non avere carattere decisivo nella verifica dell'atteggiamento psicologico del lavoratore, non è sorretta dall'autosufficiente riferimento agli atti e documenti di causa, non avendo parte ricorrente specificato se ed in quale atto e documento del giudizio di merito risultava che la incertezza circa le disposizioni applicabili aveva influito sull'elemento soggettivo della condotta.  8 7. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati.  7.1. La Corte territoriale si è attenuta al mandato ricevuto dalla sentenza di cassazione in quanto ha espressamente verificato l'eventuale riconducibilità della condotta ascritta a quelle punite dal contratto collettivo con sanzione meno grave del licenziamento per giusta causa ed ha escluso tale riconducibilità sulla base di valutazione che sostanzialmente teneva conto sia della pluralità di episodi verificatisi in un breve arco temporale sia della intensità dell'elemento soggettivo in quanto espressione, tra l'altro, di « una pervicace volontà di contestazione dei poteri datoriali in ordine ai modi di esecuzione della prestazione lavorativa»; in coerenza con il carattere meramente esemplificativo delle fattispecie sanzionate dal contratto collettivo con il licenziamento per giusta causa, il giudice del rinvio ha quindi affermato che la condotta in oggetto era punibile << a norma di legge».  7.2. Tale motivazione si sottrae alle censure articolate dovendo escludersi, alla luce della ricostruzione fattuale della condotta ascritta, la dedotta corrispondenza fra il concreto comportamento del ### e le fattispecie punite con misura conservativa dal contratto collettivo ed in particolare con quella dell'art. 57 c.c.n.I., invocata dal ricorrente, con la quale il giudice del rinvio si è espressamente confrontato ritenendo con valutazione congruamente motivata, la non sussumibilità nella stessa della concreta fattispecie.  8. In base alle superiori considerazioni si impone quindi il rigetto del ricorso con regolamento secondo soccombenza delle spese di lite liquidate ai sensi del D.M. n. 147/2022.  9. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma 9 ### estensore ### del comma 1 bis dell'art.13 d. P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. Un.  23535/2019) P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in C 4.500,00 per compensi professionali, C 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori, come per legge. 
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto. 
Così deciso in ### il 16 novembre 2022 

Giudice/firmatari: Raimondi Guido, Pagetta Antonella

M

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 29252/2021 del 20-10-2021

... l'eccezione di cui all'art. 1460 c.c. contraria a buona fede (Cass. 12791/2021, 22626/2016, 8880/2000), a rigore ciò non deve indurre a ritenere che la gravità idonea a compromettere il rapporto sinallagmatico fra le contrapposte prestazioni, ex art. 1460 c.c., debba essere tale da giustificare la risoluzione del contratto 20 n I c5' ###. n ,ons ### (Cass., 5232/1985), poiché la gravità dell'inadempimento è un presupposto specificamente previsto dalla legge per la risoluzione e trova ragione nella radicalità e definitività di tale rimedio, non ricorrente nell'eccezione di inadempimento, che non estingue il contratto (Cass. 1690/2006). 9. Nel caso in esame, può innanzitutto ritenersi superata l'obbiezione per cui l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. non sarebbe applicabile al contratto di società, in quanto contratto associativo (nel quale il sinallagma è sostituito dalla comunione di scopo, ossia la collaborazione tra i soci per conseguire un risultato comune) e non a prestazioni corrispettive, come formalmente richiede la norma; come visto, infatti, il diritto al compenso dell'amministratore di società - per vero nemmeno contemplato dalle norme codicistiche in tema (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA - c, sul ricorso 16551/2018 proposto da: ### S.r.l. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avvocato ### rappresentata e difesa dall'avvocato ### giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente - contro ### - intimata - avverso la sentenza n. 535/2017 della CORTE ### di ANCONA, pubblicata il ###; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/06/2021 dal consigliere #### 1. La società ### S.r.l. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dal Giudice del lavoro del Tribunale di ### per l'importo di ### 36.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di compenso (deliberato in data ###) per l'attività di amministratore unico svolta dalla signora ### dal 10/11/2003 al 24/11/2005.  1.1. Disposto il mutamento del rito, da lavoro a societario, ex d.lgs.  n. 5 del 2003, il tribunale ha rigettato l'opposizione e confermato il decreto ingiuntivo, pur dando atto dell'ammanco di cassa addebitabile alla ### - per ### 24.800,75 - accertato con sentenza del Tribunale di ### n. 745 del 2009.  1.2. La Corte d'appello di Ancona, dopo aver dichiarato inammissibili le istanze istruttorie reiterate dalla società appellante ed ammissibile, invece, la produzione della sopravvenuta sentenza della Corte d'appello di Ancona n. 353 del 2016 (confermativa della sopra menzionata sentenza del Tribunale di ### n. 745 del 2009), ha respinto l'appello proposto dalla società.  1.3. In particolare, la corte territoriale ha: i) rigettato i primi due motivi di appello, sulla pretesa nullità del decreto ingiuntivo perché emesso dal giudice del lavoro, in quanto mera questione di rito e non di competenza; ii) rigettato anche il terzo, il quarto e il quinto motivo (quest'ultimo poi dichiarato altresì assorbito, perché aspecifico) con i quali si deduceva: l'omesso esame dell'eccezione di inadempimento ex art. 1218 c.c.; l'erronea affermazione della natura non contrattuale del rapporto tra amministratore e società; l'omessa considerazione dei plurimi inadempimenti imputabili alla ### e della sua sistematica violazione dei doveri di amministratore, risultante dalla copiosa documentazione prodotta; iii) dichiarato infondati e inammissibili 2 n ### udis Pz3,1,1 ### c,[ (perché aspecifici) il sesto e settimo motivo d'appello sulla omessa pronuncia circa la tardiva costituzione della ### e l'inammissibilità della domanda subordinata di rideterminazione giudiziale del compenso, trattandosi di semplice emendatio libelli, poiché la delibera assembleare costituiva la prova del credito vantato dalla ### e la causa petendi era il diritto al compenso ex art.  2389 c.c. nascente dal rapporto organico; iv) rigettato l'ottavo motivo, dovendosi il petitum individuare nelle conclusioni riformulate dalla società con l'atto di riassunzione ex art. 7, d.lgs. 5/2003 e non nelle originarie conclusioni dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo; v) rigettato il nono motivo d'appello, sull'omesso esame della domanda subordinata di rideterminazione del compenso alla luce dell'ammanco di cassa e dell'insussistenza di attività per circa dodici mesi, in quanto la delibera assembleare del 3 novembre 2004 aveva fissato il compenso di ### 18.000,00 annui e il compenso è un diritto che nasce ex art. 2389 c.c. con l'assunzione della carica, restando irrilevanti «sia la dedotta assenza di attività d'impresa sino all'agosto 2004, sia l'inerzia della ### nel periodo intercorrente tra le proprie dimissioni e la nomina del nuovo amministratore».  2. Avverso detta decisione la ### s.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, corredato da memoria.  #### non ha svolto difese.  RAGIONI DELLA DECISIONE 2.1. Con il primo motivo si lamenta la violazione degli artt. 1460, 1218, 2392 comma 1, 2393 c.c., nonché 3 e 24 Cost., per non essere stato riconosciuto il diritto della società di limitarsi a sollevare l'eccezione di inadempimento per paralizzare la pretesa di compenso dell'amministratore, senza dover necessariamente proporre un'azione di responsabilità nei suoi confronti, di natura contrattuale.  3 Ic",551 R n CI Pi101.1 \ JI e,-;i 2.2. Il secondo mezzo denuncia la violazione degli artt. 2697 c.c., 115 c.p.c. e 10, comma 2-bis, d.lgs. n. 5 del 2003, in ordine alla ripartizione dell'onere della prova e all'onere di specifica contestazione a fronte dell'eccezione di inadempimento o non corretto adempimento sollevata dalla società e provata per tabulas (come da documenti allegati all'opposizione a decreto ingiuntivo, riportati da pag. 14 a pag.  19 del ricorso).  2.3. Il terzo denuncia la violazione degli artt. 426, 427, commi 1 e 5, c.p.c., per l'erroneo mutamento del rito (da lavoro a societario) senza annullamento del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo concesso da un giudice incompetente, o comunque secondo un rito sbagliato; in subordine si deduce che l'errore sulla scelta del rito da parte dell'attore in sede monitoria e la conferma del decreto ingiuntivo, oltre ad incidere sulle spese legali (liquidate da un giudice incompetente), avrebbero «precluso alla società opponente (tra l'altro) l'immediata proposizione della deliberata azione di responsabilità avverso l'ex amministratore (azione di spettanza della società, anche nelle s.r.I.)».  2.4. Con il quarto si adduce la nullità della sentenza, ex art. 360 4 c.p.c., con riferimento all'art. 112 c.p.c., poiché il secondo motivo di appello sarebbe stato meramente enunciato ma non anche esaminato.  2.5. La stessa censura di nullità (o in subordine la violazione dell'art.  9, comma 1, d.lgs. 5/2003) è veicolata dal quinto motivo, con riguardo alla «erronea individuazione delle conclusioni dell'esponente».  2.6. Il sesto mezzo denunzia, infine, la violazione degli artt. 1460, 1218 e 2697 c.c., con riferimento alla mancata valutazione dell'inerzia della ### nel periodo intercorrente tra le sue dimissioni e la 4 cus2_ nomina del nuovo amministratore, quantomeno ai fini della riduzion-g quantum del compenso invocato.  3. I primi due motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati, con assorbimento del sesto.  3.1. La questione principale posta con il ricorso è se la società possa opporsi al decreto ingiuntivo ottenuto dal suo ex amministratore, a titolo di compenso per l'incarico svolto, allegandone - in via di eccezione - l'inadempimento o il non corretto adempimento, pur senza aver proposto azione di responsabilità ex art. 2476, comma 1, 3.2. ### i giudici di appello, considerando che tra l'amministratore e la società sussiste un rapporto di immedesimazione organica (non già contrattuale) e che non è emersa l'esistenza di un rapporto parallelo tra la ### e la ### S.r.l., qualificabile come prestazione di lavoro subordinato, parasubordinato o autonomo ( Sez. U, 1545/2017), la sentenza di primo grado sarebbe corretta «nella parte in cui ha escluso l'inversione dell'onere probatorio derivante dalla tesi contrattualistica a fronte dell'eccezione di inadempimento sollevata dalla società debitrice [sul] diritto al compenso, ed in definitiva ha escluso l'operatività delle eccezioni (sia ex art. 1460 c.c. che nei sensi dell'art. 1218 c.c.) impeditive della pretesa creditoria, in assenza di una azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore», il quale «vanta nei confronti della società un diritto soggettivo perfetto al compenso, salvo che si accerti una sua responsabilità per danni».  3.3. Tale statuizione merita di essere riformata.  4. La configurazione del rapporto che lega l'amministratore alla società di capitali e, soprattutto, le plurime implicazioni - di carattere sostanziale e processuale - discendenti dalla sua natura, hanno da 5 n`11,1k,", sempre registrato, in dottrina e giurisprudenza, analisi tanto complesse quanto variegate negli approdi risolutivi.  4.1. E' noto come in dottrina si siano sempre fronteggiate la teoria cd. contrattualistica (per cui il conferimento all'amministratore del potere rappresentativo della società deriva non dalla legge o dallo statuto, bensì dal regolamento negoziale tra i due soggetti, costituenti autonomi centri di interessi, talora contrapposti) e la teoria cd.  organica o unilateralistica (per cui l'immedesimazione dell'organo nella persona giuridica, che rappresenta, esclude la configurabilità di un rapporto negoziale intersoggettivo, fonte di reciproci diritti e obblighi).  4.2. E' noto altresì che, nell'ambito della prima teoria, si distinguono diverse tesi, le quali declinano il predetto rapporto negoziale ora come "mandato" (per le similitudini evocate dagli artt. 2475-ter, 2476, 2476 e 2479 c.c.), ora come "contratto di amministrazione" sui generis, ora come "prestazione d'opera professionale", ovvero di "lavoro subordinato" o, più genericamente, "rapporto di para-subordinazione".  4.2. Nella giurisprudenza di legittimità, un risalente arresto nomofilattico sostenne che, nei rapporti societari interni, la posizione dell'amministratore di una società di capitali fosse «simile a quella del mandatario» e che - sotto il profilo processuale - «la controversia nella quale l'amministratore di una società di capitali, o ente assimilato, chieda la condanna della società stessa al pagamento di una somma dovuta per effetto dell'attività di esercizio delle funzioni gestorie, è soggetta al rito del lavoro ai sensi dell'art. 409, n. 3, cod.  proc. civ., atteso che, se verso i terzi estranei all'organizzazione societaria è configurabile, tra amministrazione e società, un rapporto di immedesimazione organica, all'interno dell'organizzazione ben sono configurabili rapporti di credito nascenti da un'attività come quella 6 n l( I '"n1'. c ,011`, cyt resa dall'amministratore, continua, coordinata e prevalentemente personale, non rilevando in contrario il contenuto parzialmente imprenditoriale dell'attività gestoria e l'eventuale mancanza di una posizione di debolezza contrattuale dell'amministratore nei confronti della società» (Cass. Sez. U, 10680/1994).  4.3. Dopo quasi cinque lustri lo stesso organo nomofilattico - nell'affrontare (risolvendola positivamente) la questione della pignorabilità del compenso dell'amministratore di una s.p.a. «senza i limiti previsti dall'art. 545, comma 4, c.p.c.» - ha corretto quella impostazione, sul rilievo che «il rapporto fra l'amministratore e la società debba essere ricondotto nell'ambito dei "rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario" cui fa riferimento l'art. 3, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 168 del 2003 per l'individuazione della competenza per materia del tribunale delle imprese. Rendendo così irrilevante» - a tali fini - «la distinzione fra l'attività a rilevanza esterna degli amministratori e il rapporto di natura obbligatoria di questi ultimi con la società». Di qui la massima per cui «l'amministratore unico o il consigliere di amministrazione di una s.p.a. sono legati alla stessa da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell'immedesimazione organica tra persona fisica ed ente e dell'assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dal n. 3 dell'art. 409 c.p.c.» (Sez. U, 1545/2017).  4.4. In realtà, l'arresto del 2017 - che ha affrontato il tema della qualificazione del rapporto tra amministratore e società di capitali sotto lo specifico angolo visuale della sua sussumibilità nei rapporti previsti dall'art. 409 n. 3) c.p.c., ai fini della perimetrazione della pignorabilità del compenso in relazione all'art. 545, comma 4, c.p.c. - ha sconfessato solo alcuni degli enunciati del precedente del 1994 7 2 :1 ###, Li ###,1e,1 (segnatamente quelli afferenti la qualificazione del rapporto come parasubordinato e la sua riconducibilità all'art. 409, n. 3, c.p.c.), aderendo invece ### alla premessa per cui «l'esistenza di un rapporto organico, in virtù del quale l'amministratore impersona la società all'esterno, non esclude la configurabilità, nei rapporti interni, di un vincolo di natura obbligatoria tra l'amministratore stesso e l'ente da lui gestito, né la conseguente distinzione, in quest'ambito, di due centri d'interesse contrapposti facenti rispettivamente capo alle parti di tale ultimo rapporto», enunciato sul quale ha «senz'altro concordato (seppure con i limiti dei quali si dirà in seguito), nella considerazione che l'immedesimazione organica può aver rilievo nei rapporti con i terzi, ma nei rapporti interni effettivamente sussiste una relazione obbligatoria tra soggetti affatto distinti tra loro».  4.5. In particolare, pur ricomprendendo tra i "rapporti societari" ex art. 3 d.lgs. 168/03 quello intercorrente tra società ed amministratori - «data l'essenzialità del rapporto di rappresentanza in capo a questi ultimi come rapporto che, essendo funzionale, secondo la figura della c.d. immedesimazione organica, alla vita della società, consente alla stessa di agire», in modo «non assimilabile, in quest'ordine di idee, né ad un contratto d'opera (in questo senso, cfr. già Cass. 22046/2014), né tanto meno ad un rapporto di tipo subordinato o parasubordinato (Cass. 14369/2015)» - le ### del 2017 hanno ritenuto «indispensabile precisare che tutto quanto finora affermato concerne la figura dell'amministratore societario nelle sue funzioni tipiche di gestione e rappresentanza dell'ente, ossia come soggetto che, immedesimandosi nella società, le consente di agire e raggiungere i propri fini imprenditoriali. Non è escluso, però, che s'instauri, tra la società e la persona fisica che la rappresenta e la gestisce, un autonomo, parallelo e diverso rapporto che assuma, secondo 8 l'accertamento esclusivo del giudice del merito, le caratteristiche di un rapporto subordinato, parasubordinato o d'opera».  4.6. Detto orientamento è stato ripreso, in alcune sue sfaccettature, da successive pronunce di questa Corte, nelle quali la questione ha invero continuato ad essere dipanata per lo più in chiave processualistica - ai fini del riparto di competenza tra giudice del lavoro e sezione specializzata in materia di impresa - o in ottica lavoristica, con affermazione, tra l'altro, dei seguenti principi: i) «il rapporto intercorrente tra la società di capitali ed il suo amministratore è di immedesimazione organica e ad esso non si applicano né l'art. 36 Cost. né l'art. 409, comma 1, n. 3) c.p.c.; ne consegue che è legittima la previsione statutaria di gratuità delle relative funzioni» ( 285/2019); ii) «il giudice del lavoro è competente funzionalmente a decidere in merito alla domanda di riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato, parasubordinato o d'opera, presentata dall'amministratore unico di una società, che abbia ad oggetto l'accertamento e l'esecuzione di un rapporto di lavoro che si sostanzia in attività estranee alle funzioni inerenti il rapporto organico» ( 12308/2019); iii) «l'amministratore unico e il consigliere di amministrazione di una società per azioni sono legati alla stessa da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell'immedesimazione organica tra persona fisica ed ente e dell'assenza del requisito della coordinazione, non è compreso fra quelli previsti dal n. 3 dell'art. 409 c.p.c., con la conseguenza che, in questa ipotesi, la cognizione della vertenza relativa all'azione di responsabilità esercitata contro di essi spetta alla sezione specializzata in materia di impresa di cui all'art. 3 d.lgs. n. 168 del 2003. Peraltro, ciò non esclude che, tra la detta società e la persona fisica che la rappresenta e gestisce, possa instaurarsi un autonomo, parallelo e 9 n I ti5"' ###. colp; diverso rapporto che assuma le caratteristiche di quello subordinato, parasubordinato o d'opera, con l'effetto che, in tali situazioni, la competenza a conoscere della medesima azione va riconosciuta al giudice del lavoro» (Cass. 345/2020). Non si registra, invece, una particolare elaborazione della giurisprudenza di legittimità (diversamente da quella di merito) sullo specifico tema - qui in disamina - dei rimedi azionabili giudizialmente, in via di azione o eccezione, nelle pur possibili controversie tra società a responsabilità limitata e amministratori in punto di compenso spettante a questi ultimi, in correlazione ai doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo per l'amministrazione della società, la cui eventuale inosservanza li rende solidalmente responsabili verso la società dei danni ad essa derivanti (art. 2476 c.c.) 4.7. Una particolare menziona_ merita, ai fini del decidere, l'orientamento espresso dalla prima sezione di questa Corte, la quale, muovendo dalla negazione della natura subordinata o parasubordinata del rapporto tra società e amministratori - in forza di quello stesso principio di immedesimazione organica che avrebbe avuto di lì a poco l'avallo delle sezioni unite - ha affermato: i) che «va attribuita alla cognizione della sezione specializzata in materia di impresa la controversia introdotta da un amministratore nei confronti della società e riguardante le somme da quest'ultima dovute in relazione all'attività esercitata, poiché la formulazione dell'art. 3, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 168 del 2003, facendo riferimento alle cause ed ai procedimenti "relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario", si presta a ricom prendere, quale specie di questi, tutte le liti che vedano coinvolti la società ed i suoi amministratori, senza poter distinguere fra quelle che riguardino IO cnnp,, I la ### e•A l'agire degli amministratori nell'espletamento del rapporto organico ed i diritti che, sulla base dell'eventuale contratto stipulato con la società, siano stati da quest'ultima riconosciuti a titolo di compenso» ( 2759/2016, 13956/2016); li) che «le controversie tra amministratori e società, anche se specificamente attinenti al profilo "interno" dell'attività gestoria ed ai diritti che ne derivano agli amministratori (quale, nella specie, quello al compenso), sono compromettibili in arbitri, ove tale possibilità sia prevista dagli statuti societari» ( 2759/2016).  4.8. Si tratta di un approdo importante poiché, ferma restando la riconduzione dei rapporti tra società e amministratori - caratterizzati, nella dimensione esterna, dal fenomeno intrasoggettivo della immedesimazione organica - al genus dei "rapporti societari" (e perciò attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa), dischiude icasticamente lo scenario - che nella dimensione interna appare indubitabilmente intersoggettivo - delle possibili controversie sui rapporti patrimoniali tra la società e la persona fisica investita delle funzioni dell'organo amministrativo cui è preposta, avuto riguardo non solo all'entità e disponibilità del diritto al compenso, ma anche ad ulteriori aspetti (si pensi, e.g., all'indennizzo per anticipata cessazione del rapporto, ex art. 2383 c.c.).  4.9. Viene così in rilievo una dicotomia tra i poteri e le funzioni dell'amministratore, che discendono direttamente dalla legge e dal contratto sociale (da un lato) e gli eventuali diritti connessi allo svolgimento dell'attività gestoria, con le correlate responsabilità (dall'altro). Dicotomia che, a ben vedere, rappresenta un ulteriore sviluppo logico della possibilità, ribadita dalle ### del 2017, che nei rapporti interni tra società e amministratori si ingeneri «una relazione obbligatoria tra soggetti affatto distinti tra loro», capace in I ultima analisi di integrare quella dualità di posizioni - tipica dei contratti sinallagmatici - che risulta invero testimoniata in modo cristallino da numerose norme dello stesso titolo V del libro V del codice civile, nelle quali le posizioni soggettive dell'amministratore e della società risultano chiaramente contrapposte (si pensi, a titolo esemplificativo, all'art. 2475-ter in tema di conflitto di interessi, all'art.  2476 in tema di responsabilità degli amministratori verso la società, agli artt. 2485 e 2486 in tema di responsabilità degli amministratori per i danni subiti dalla società al verificarsi di una causa di scioglimento).  5. Tra i suddetti diritti viene qui in emersione, in particolare, il diritto al compenso spettante agli amministratori per la gestione dell'impresa, la quale nelle s.r.l. è affidata - salvo diversa disposizione dell'atto costituivo - a uno o più soci, e deve essere svolta «nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma», attraverso il compimento delle «operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale» (art. 2475, comma 1, c.c., come novellato dall'art. 377 del d.lgs. 14/2019 -### a far tempo dal 16 marzo 2019).  5.1. Al riguardo si rammenta che il legislatore della riforma societaria del 2003 ha soppresso il rinvio all'art. 2389 c.c. contenuto nell'originario art. 2487, comma 2, c.c., senza introdurre in altro luogo (né nell'art. 2475 c.c., sull'amministrazione della società, né nell'art.  2479 c.c., sulla competenza dei soci alla nomina degli amministratori), una disciplina specifica sul compenso degli amministratori.  5.2. Ferma restando la preminenza di eventuali disposizioni dettate sul punto nell'atto costitutivo o nello statuto, il conseguente dubbio che detta abrogazione avesse fatto venir meno la presunzione di onerosità della funzione di amministratore di s.r.l. (tipica invece della pdol s.p.a.) è stato superato sia dalla dottrina, sia dalla giurisprudenza di merito, che da quella di legittimità: la prima con richiamo alle norme del codice civile in tema di mandato (anche per il rinvio contenuto nell'art. 2260 c.c. sulle società di persone) o di società per azioni (nonostante l'abrogazione del pregresso rinvio all'art. 2389 c.c.); la seconda anche con riferimento alla fonte normativa di cui agli artt.  2230 e 2233 (sulla disciplina del compenso nel contratto di prestazione d'opera intellettuale); la terza esclusivamente in direzione della persistente applicabilità della disciplina dettata per le società per azioni dagli artt. 2364 (per cui l'assemblea ordinaria determina il compenso se non stabilito dallo statuto) e 2389 (per cui i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea) del (Cass. 28911/2018).  5.3. In tal senso questa Corte ha affermato che il diritto alla percezione del compenso origina direttamente dall'accettazione della carica di amministratore, quale "diritto soggettivo perfetto" ad essere compensato per l'attività svolta in esecuzione dell'incarico affidatogli (Cass. 28911/2018, 15382/2017, 16764/2005, 1647/1997, 1554/1981), sebbene disponibile (Cass. 12592/2010) e perciò derogabile da una clausola dello statuto o da una delibera assembleare che sancisca la gratuità dell'incarico, così come rinunciabile attraverso una remissione del debito, anche tacita, purché idonea a rivelare inequivocabilmente la sottesa volontà abdicativa (Cass. 3657/2020, 28911/2018, 16530/2018, 15382/2017, 4261/2009, 16125/2006).  5.4. Inoltre, si è detto, il diritto al compenso può ben essere fatto valere in giudizio dall'amministratore, non solo in difetto di una specifica delibera assembleare che disponga la liquidazione del compenso, ma anche a fronte di una delibera che vi provveda in 13 165511nIl.t l< (l \ e,t misura non adeguata, potendo in tal caso ricorrersi alla determinazione, anche equitativa, del giudice (Cass. 28911/2018, 8897/2014, 1676/2005), purché venga allegata e provata la qualità e quantità delle prestazioni concretamente svolte (Cass. 28911/2018, 23004/2014) e senza che l'esercizio di tale diritto sia subordinato a una richiesta da rivolgere alla società amministrata durante lo svolgimento dell'incarico (Cass. 24139/2018).  5.5. Quest'ultima pronuncia merita una particolare segnalazione, poiché con essa la prima sezione di questa Corte, nell'affermare, in tema di s.r.I., che «l'amministratore di una società, con l'accettazione della carica, acquisisce il diritto ad essere compensato per l'attività svolta in esecuzione dell'incarico affidatogli», ha espressamente precisato «che, secondo i principi del sistema vigente, quello di amministratore di società è contratto che la legge presume oneroso (cfr., la norma dell'art. 1709 cod. civ. dettata con riferimento allo schema generale dell'agire gestorio e senz'altro applicabile anche alla materia societaria, come pure posta a presupposto delle previsioni dell'art. 2389 cod. civ., specificamente scritte per il tipo società per azioni)» (v. Cass. 24139/2018 cit., in motivazione); in tal guisa si è evocata, legittimandola, una visione di tipo contrattualistico, che il collegio condivide, riferita al tema del diritto al compenso dell'amministratore di società.  5.6. Può quindi dirsi che quel diritto al compenso origina autonomamente nell'ambito del rapporto di immedesimazione organica - proprio del contratto associativo (in base al quale gli atti compiuti dall'amministratore vengono imputati direttamente alla società di capitali per la quale egli agisce, nei confronti dei terzi, in forza della rappresentanza generale sancita dall'art. 2475-bis c.c.) - dando vita ad un diverso rapporto, non formalmente contrattuale ma 14 di tipo contrattuale, in seno al quale è ravvisabile un nesso sinallagmatico di corrispettività con gli obblighi che l'amministratore medesimo deve osservare in base alla legge e all'atto costitutivo, i quali, se violati, ne generano la responsabilità ### verso la società, ai sensi degli artt. 2476, 2485 e 2486 6. Ebbene, che quella appena menzionata sia una responsabilità di tipo contrattuale costituisce un approdo assodato in dottrina e giurisprudenza, con tutte le conseguenze che ne discendono, specie in tema di distribuzione dell'onere probatorio.  6.1. Anche di recente questa Corte ha ribadito la natura contrattuale della responsabilità dell'amministratore di società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata, con la conseguenza che quest'ultima - o il curatore, nel caso in cui l'azione sia proposta ex art.  146 I. fall. - può limitarsi «ad allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri», dovendo solo «provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestati, l'osservanza dei doveri» (Cass. 12567/2021), nonché «l'adempimento degli obblighi loro imposti» (Cass. 2975/2020; conf.  15470/2017, 22911/2010).  6.2. In applicazione di tale principio si è ad esempio statuito che, a fronte di disponibilità patrimoniali pacificamente fuoriuscite dall'attivo della società, ovvero con riguardo all'improprio utilizzo di giacenza di magazzino, la società che agisca per il risarcimento del danno nei confronti dell'amministratore - danno che comprende sia le perdite subite (danno emergente) che il mancato guadagno (lucro cessante) - può limitarsi ad allegare l'inadempimento, consistente nella distrazione delle suddette risorse, mentre compete all'amministratore la prova del 15 suo adempimento, consistente nella destinazione delle attività patrimoniali all'estinzione di debiti sociali, ovvero, rispettivamente, nella puntuale utilizzazione delle merci nell'esercizio dell'attività di impresa (v. Cass. 17441/2016, 16952/2016).  6.3. Sul punto, il nesso con l'ammanco di cassa per ### 24.800,75 addebitato alla ### - accertato dallo stesso Tribunale di ### con sentenza n. 745/2009, confermata dalla Corte d'appello di Ancona con sentenza n. 353/2016 - risulta evidente.  6.4. La natura pacificamente contrattuale della responsabilità degli amministratori (così come dei sindaci) verso la società comporta, tra l'altro, l'indubbia applicazione della regola posta dall'art. 1218 c.c. in tema di onere della prova della non imputabilità del fatto dannoso al fine di escludere la responsabilità per i danni cagionati ( 25056/2020), il cui regime di favor creditoris è notoriamente ispirato al principio di cd. persistenza del diritto (derivante dall'art. 2697, comma 2, c.c., che include l'adempimento tra le cause estintive dell'obbligazione) e di cd. vicinanza della prova.  6.5. Specularmente, la medesima natura contrattuale è stata attribuita alla responsabilità della società per azioni, ex art. 2383 c.c., in caso di revoca dell'amministratore, con recesso dal rapporto di amministrazione senza giusta causa, proprio avuto riguardo al «lucro cessante per i compensi residui non percepiti» (Cass. 2037/2018). Ciò rappresenta un'ulteriore conferma del nesso sinallagmatico rilevabile tra l'adempimento dei doveri gravanti sull'amministratore e la maturazione del diritto al compenso.  7. Dal quadro normativo e giurisprudenziale sopra delineato emerge dunque l'esistenza - in seno al rapporto tipicamente associativo che origina dal contratto di società ex art. 2247 c.c. - di un rapporto di tipo contrattuale a prestazioni corrispettive, caratterizzato dal Pa01,1 \—:11 t sinallagma tra l'obbligo dell'amministratore (inteso quale persona fisica investita delle funzioni dell'organo amministrativo cui è preposto) di rispettare i doveri imposti dalla legge e dall'atto costitutivo per l'amministrazione della società - con conseguente diritto della società di agire per il risarcimento dei danni in caso di loro violazione - ed il suo diritto (sia pure disponibile e rinunciabile) a conseguire dalla società amministrata il compenso per l'attività svolta, parimenti azionabile in via giudiziale sia in punto di an che di quantum.  7.1. Ciò non significa ricondurre quel "rapporto societario" ravvisato dalla giurisprudenza di questa Corte nella relazione organica tra amministratore e società (come tale non qualificabile come rapporto di lavoro subordinato o para-subordinato, o di mandato o di prestazione d'opera intellettuale ex art. 2230 c.c.) ad un contratto atipico, che pure sarebbe astrattamente configurabile - in ossequio al principio di autonomia negoziale ex art. 1322 c.c. - quantomeno per i profili non coperti dalla disciplina del titolo V del libro V del codice civile (in dottrina si segnalano i cd. directorship o management agreements frequenti nella prassi negoziale di origine anglosassone, ma anche possibili patti di non concorrenza, destinati ad operare dopo la cessazione dell'incarico gestorio).  7.2. E' infatti sufficiente leggere quel segmento di corrispettività, che si genera nel più ampio ambito del rapporto associativo, alla luce dell'autorevole insegnamento delle sezioni unite di questa Corte, per cui «la responsabilità nella quale incorre "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta" (art. 1218 c.c.) può dirsi contrattuale non soltanto nel caso in cui l'obbligo di prestazione derivi propriamente da un contratto, nell'accezione che ne dà il successivo art. 1321 c.c., ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall'inesatto adempimento di un'obbligazione preesistente, quale che t, p l< el1,1 e,t ne sia la fonte», potendo «discendere anche dalla violazione di obblighi nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di semplice "contatto sociale", ogni qual volta l'ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un determinato comportamento»; con la precisazione che anche la categoria delle "obbligazioni ex lege" (spesso ricondotta agli «altri atti o fatti idonei» a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico, cui allude l' art. 1173 c.c.) è soggetta a un regime che non si discosta da quello delle obbligazioni contrattuali in senso stretto, mentre le obbligazioni integranti la cd.  responsabilità da fatto lecito (come la gestione di affari altrui e l'arricchimento senza causa) non presuppongono l'inesatto adempimento di un obbligo precedente (di fonte legale o contrattuale che sia), né dipendono da comportamenti illeciti dannosi (Cass. U, 14712/2017; conf. Cass. Sez. U, 12477/2018; cfr. ex multis 25644/2017, in termini di "contatto qualificato" e Cass. 4153/2019, sulle prestazioni accessorie a obblighi legali).  7.3. Una volta riscontrata, nei termini sopra esposti, una relazione di tipo contrattuale e di natura corrispettiva (sia pure originata all'interno di un rapporto di natura associativa) tra il diritto al compenso dell'amministratore di società e l'obbligo da egli assunto di rispettare i doveri posti dalla legge e dal contratto sociale (statuto e atto costitutivo), non può non discenderne l'applicazione delle regole dettate dal codice civile in punto di responsabilità del debitore «che non esegue esattamente la prestazione dovuta» (art. 1218 c.c.) e di possibilità per il debitore di sollevare l'eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.), la quale include anche quella di inesatto adempimento (Cass. 9439/2008), in corrispondenza delle due figure della exceptio inadimpleti o non rite adimpleti contractus.  odi" 8. Orbene, secondo l'indirizzo consolidatosi a partire da Cass., U, 13533/2001, in tema di eccezione di inadempimento, il creditore che agisca per l'esecuzione del contratto, la sua risoluzione o il risarcimento dei danni subiti, ha solo l'onere di provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento del convenuto, cui spetta invece l'onere di provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ovvero il mancato adempimento per causa a sé non imputabile. Tuttavia, qualora il convenuto frapponga l'eccezione di inadempimento ex art.  1460 c.c., viene riversato sull'attore l'onere di neutralizzare l'eccezione, provando il proprio adempimento (Cass. 3232/1998); in tal caso risultano quindi invertiti i ruoli delle parti, poiché il convenuto eccipiente può limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento, mentre è il creditore-attore a dover dimostrare il proprio adempimento, ovvero il difetto di influenza del proprio operato sul nesso eziologico o sulla produzione del danno (ex plurimis Cass. 3373/2010, 23759/2016, 18858/2018, 3587/2021, 12719/2021).  8.1. In effetti, a fronte della exceptio inadimpleti contractus, il criterio di distribuzione dell'onere della prova rimane oggettivamente identico ma soggettivamente invertito nei ruoli, poiché, come detto, chi solleva l'eccezione può limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento, essendo l'originario attore a dover dimostrare, a sua volta, di avere adempiuto (Cass. 15328/2018, 826/2015). Ciò perché entra in gioco ancora una volta il principio di diritto vivente (ispirato all'art. 24 Cost.) della cd. riferibilità o vicinanza della prova - nel caso di specie utile ad ovviare alla difficoltà di fornire la prova di un fatto negativo, come l'inesattezza della prestazione - in base al quale la distribuzione degli oneri probatori supera l'orizzonte discretivo tra fatti costitutivi ed 19 estintivi o impeditivi del diritto, per tener conto della effettiva disponibilità dei mezzi di prova - intesa come concreta possibilità di dimostrare il fondamento della propria pretesa - affinché l'esercizio dei diritti non risulti impossibile o eccessivamente difficoltoso.  8.2. Sempre secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l'eccezione di cui all'art. 1460 c.c., al pari di ogni altra eccezione, non richiede l'adozione di forme speciali o formule sacramentali, né l'espressa invocazione della norma in questione, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla (onde paralizzare l'avversa domanda di adempimento) sia desumibile, in modo non equivoco, dall'insieme delle sue difese e, più in generale, dalla sua condotta processuale, secondo un'interpretazione del giudice di merito che non è censurabile in sede di legittimità, purché risulti ancorata a correnti canoni di ermeneutica processuale (Cass. 20870/2009; 11728/2002).  8.3. In particolare, in tema di procedimento monitorio si è affermato che integra eccezione d'inadempimento ex art. 1460 c.c. l'opposizione avverso un decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di una somma a titolo di corrispettivo contrattuale con cui la parte ingiunta si limiti a chiedere la revoca del decreto e, in via riconvenzionale, la pronuncia della risoluzione del contratto per l'altrui inadempimento, con la conseguenza che grava, in quel caso, sull'opposto l'onere di provare il proprio esatto adempimento (Cass. 22666/2009).  8.4. Inoltre si è detto che, sebbene la mancanza di gravità dell'inadempimento renda l'eccezione di cui all'art. 1460 c.c. contraria a buona fede (Cass. 12791/2021, 22626/2016, 8880/2000), a rigore ciò non deve indurre a ritenere che la gravità idonea a compromettere il rapporto sinallagmatico fra le contrapposte prestazioni, ex art. 1460 c.c., debba essere tale da giustificare la risoluzione del contratto 20 n I c5' ###. n ,ons ### (Cass., 5232/1985), poiché la gravità dell'inadempimento è un presupposto specificamente previsto dalla legge per la risoluzione e trova ragione nella radicalità e definitività di tale rimedio, non ricorrente nell'eccezione di inadempimento, che non estingue il contratto (Cass. 1690/2006).  9. Nel caso in esame, può innanzitutto ritenersi superata l'obbiezione per cui l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. non sarebbe applicabile al contratto di società, in quanto contratto associativo (nel quale il sinallagma è sostituito dalla comunione di scopo, ossia la collaborazione tra i soci per conseguire un risultato comune) e non a prestazioni corrispettive, come formalmente richiede la norma; come visto, infatti, il diritto al compenso dell'amministratore di società - per vero nemmeno contemplato dalle norme codicistiche in tema di s.r.l. - va ricondotto non tanto alla causa concreta del contratto di società (al cui interno pur si inscrive), quanto al rapporto sinallagmatico che si instaura tra amministratore e società, che prende origine dal rapporto di immedesimazione organica, ma se ne distacca concettualmente nel momento in cui il primo, con l'accettazione della nomina, assume verso la seconda l'obbligo di adempiere ai propri doveri, secondo il paradigma legale o pattizio del rapporto sociale - cui corrisponde la responsabilità contrattuale verso la società per il caso di inadempimento o non corretto adempimento delle correlate prestazioni - e matura al tempo stesso nei confronti della seconda il diritto al compenso, secondo un nesso di corrispettività rispetto all'attività gestoria svolta.  9.1. In effetti, la situazione evoca quella partitamente declinata, sempre nel campo dei rapporti associativi, per le società cooperative, in relazione alle quali si è affermato che «Il principio secondo il quale i rimedi generali dettati in tema di inadempimento contrattuale CH (risoluzione del contratto, "exceptio inadimpleti contractus" ecc.) non sono utilizzabili nel diverso ambito dei contratti societari (per essere questi ultimi caratterizzati non già dalla corrispettività delle prestazioni dei soci, bensì dalla comunione di scopo, sicché i rimedi invocabili sono quelli del recesso e dell'esclusione del socio) non si applica alle società cooperative, nelle quali il rapporto attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi ad oggetto prestazioni di collaborazione o di scambio tra socio e società si palesa ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all'organizzazione della vita sociale ed è caratterizzato non dalla comunione di scopo, ma dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e la retribuzione o il prezzo corrispettivo. In particolare, nell'ambito delle cooperative edilizie, un tale rapporto economico - giuridico, distinto da quello sociale, instaurandosi tra società e socio prenotatario a seguito dell'attribuzione dell'unità immobiliare costruita, caratterizza l'attribuzione come atto traslativo della proprietà a titolo oneroso, per cui riprendono vigore i rimedi generali volti a mantenere o ristabilire l'equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni. il rapporto attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi ad oggetto prestazioni di collaborazione o di scambio tra socio e società si palesa ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all'organizzazione della vita sociale ed è caratterizzato non dalla comunione di scopo, ma dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e la retribuzione o il prezzo corrispettivo» (Cass. 26222/2014, 694/2001).  9.2. Anche la pretesa inconciliabilità dell'art. 1460 c.c. - in quanto rimedio di carattere sospensivo e conservativo del contratto - con la proposizione dell'eccezione di inadempimento in un momento in cui il rapporto è già concluso, risulta superabile alla luce delle esposte 22 considerazioni. Invero, se - come sostenuto da parte della giurisprudenza di merito anche dopo l'arresto di Cass. Sez. U, 1595/2017) - la remunerazione dell'amministratore si pone in rapporto di dipendenza diretta con il corretto espletamento delle funzioni determinate dalla legge e dal contratto sociale, il pagamento del compenso non può ontologicamente restare indifferente alle possibili anomalie nell'adempimento dei relativi obblighi di fonte eterodeterminata, dovendosi perciò escludere ogni preteso automatismo nel suo riconoscimento. In tal senso risulta giustificata l'estensione, al rapporto remuneratorio intercorrente tra amministratore e società, del rimedio che l'art. 1460 c.c. ha istituito per rafforzare l'obbligo di adempimento delle obbligazioni nei contesti di corrispettività, anche se solo di natura lato sensu contrattuale.  9.3. Pertanto, il giudice è tenuto a procedere ad una valutazione comparativa dei comportamenti delle parti contrapposte tenendo conto non solo dell'elemento cronologico, ma anche (e soprattutto) dei rapporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute, e della loro incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto (Cass. 12978/2002).  9.4. In quest'ottica si comprende perché solo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica - nei quali l'esecuzione avviene mediante coppie di prestazioni in corrispondenza di tempo - la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che il sinallagma, alla cui tutela è preposto il rimedio ex art. 1460 c.c., va considerato separatamente per ciascuna coppia di prestazioni, con la conseguenza che l'eccezione d'inadempimento può essere sollevata unicamente rispetto alla prestazione corrispondente a quella richiesta all'eccipiente, restando escluse, ai sensi dell'art. 1458, primo comma, eum; \ ella e,t c.c., le prestazioni che siano state già ### eseguite ( 7550/2012).  9.5. Deve infatti ritenersi che, quand'anche l'amministratore sia (come nel caso di specie) già cessato dall'incarico, persista l'interesse della società a rifiutare il pagamento del compenso, facendo appunto valere l'eccezione ex art. 1460 c.c. con riguardo alle prestazioni non correttamente eseguite, sia pure limitatamente al corrispettivo maturato nello specifico periodo di riferimento per il quale sussistano i lamentati inadempimenti. Diversamente, la società resterebbe ingiustamente soggetta al criterio del "so/ve et repete".  9.6. Il quadro fattuale della vicenda - e, segnatamente, il più volte menzionato ammanco di cassa addebitato all'amministratrice - induce all'ulteriore precisazione che, in caso di responsabilità contrattuale (come quella ex art. 2476 c.c.), ben diverse sono - quanto a presupposti, funzione e distribuzione dell'onere probatorio le possibili eccezioni di compensazione e di inadempimento: la prima rilevando quale fatto estintivo dell'obbligazione, in presenza di due soggetti obbligati l'uno verso l'altro in forza di reciproci crediti e debiti (con conseguente onere della parte che la invoca di provare l'esistenza del proprio controcredito); la seconda integrando, invece, un fatto impeditivo dell'altrui pretesa di pagamento, avanzata nell'ambito di un contratto a prestazioni corrispettive nel concomitante inadempimento del creditore, nel qual caso il debitore può limitarsi ad allegare detto inadempimento, mentre grava sul creditore stesso l'onere di provare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione (v. Cass. Sez. U, 13533/2001; Cass. 23759/2016).  10. Un ultimo e decisivo aspetto viene in rilievo sotto il profilo processuale.  utit,t e,1 10.1. ### del giudice a quo per cui la società non potrebbe sollevare le eccezioni di inadempimento ex artt. 1218 e 1460 c.c. senza aver esercitato l'azione di responsabilità ex art. 2476 c.c., è destituito di fondamento; invero, ciò che può farsi valere in via di azione non può non farsi valere anche in via di eccezione - secondo il brocardo "plus semper in se continet quod est minus" - sicché appare pienamente legittima un'eccezione riconvenzionale che faccia valere la dedotta responsabilità dell'amministratore nei limiti della pretesa creditoria ex adverso azionata.  10.2. Al riguardo questa Corte ha già avuto occasione di affermare che «la parte evocata in giudizio per il pagamento di una prestazione rientrante in un contratto sinallagmatico può, invero, non solo formulare le domande ad essa consentite dall'ordinamento in relazione al particolare negozio stipulato, ma anche limitarsi ad eccepire - nel legittimo esercizio del potere di autotutela che l'art. 1460 espressamente attribuisce al fine di paralizzare la pretesa avversaria chiedendone il rigetto - l'inadempimento o l'imperfetto adempimento dell'obbligazione assunta da controparte, in qualunque delle configurazioni che questo può assumere, in esse compreso, quindi, il fatto che il bene consegnato in esecuzione del contratto risulti affetto da vizi o mancante di qualità essenziali» (Cass. 23345/2009).  10.3. Ancor più pregnante, ai fini del decidere, risulta l'orientamento di questa Corte che, in tema di opposizione allo stato passivo contro l'esclusione di un credito relativo a compensi derivanti dalla carica di componente del consiglio di amministrazione (nonché del collegio sindacale) di una società poi fallita, dà rilevanza, ai fini del rigetto della domanda, alla prova fornita dalla curatela fallimentare in relazione all'eccezione di inadempimento dei doveri inerenti alla carica, formulata ai sensi dell'art. 1460 c.c. (Cass. 25584/2018; cfr.  25 n 165.'1 2r i< 13207/2021 per il compenso professionale del sindaco di società di capitali).  11. Va conclusivamente affermato il seguente principio di diritto: "In tema di compenso spettante all'amministratore di società a responsabilità limitata, la società può far valere in via di eccezione riconvenzionale, ai sensi degli artt. 1218 e 1460 c.c., l'inadempimento o il non corretto adempimento degli obblighi assunti dall'amministratore in osservanza dei doveri imposti dalla legge o dall'atto costituivo, la cui violazione integra la responsabilità di tipo contrattuale ex art. 2476, primo comma, c.c., non venendo in rilievo, a tali fini, il rapporto societario di immedesimazione organica esistente, verso l'esterno, tra amministratore e società, bensì il nesso sinallagmatico, tipico del rapporto contrattuale, intercorrente tra il corretto svolgimento dell'attività di gestione dell'impresa e la maturazione del diritto al compenso in capo all'amministratore medesimo." 12. I restanti motivi terzo, quarto e quinto sono affetti da profili di inammissibilità e infondatezza.  12.1. In particolare il terzo, oltre a trascurare che la questione in rilievo non è di competenza, bensì di mero rito, risulta generico, per difetto di autosufficienza; vizio che investe ancor più il quarto motivo, il quale, nella sua estrema stringatezza, non riporta nemmeno i contenuti del motivo di appello di cui si lamenta il mancato esame, verosimilmente a causa della mancata comprensione della relativa ratio decidendi della sentenza impugnata; dal medesimo difetto è infine afflitto il quinto motivo, che difetta altresì di conducenza con riguardo all'atto processuale da prendere in considerazione per 26 2 ;I k l'individuazione delle pertinenti conclusioni formulate dalla parte nel giudizio di merito.  13. Per concludere, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, con assorbimento del sesto e rigetto dei motivi terzo, quarto e quinto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, affinché la Corte d'appello di Ancona, in diversa composizione, proceda alla valutazione, iuxta alligata et probata, dell'eccezione di inadempimento sollevata dalla società odierna ricorrente, secondo il principio di diritto sopra enunciato, nonché alla statuizione sulle spese processuali del presente giudizio.  P.Q.M.  Accoglie i primi due motivi di ricorso, rigetta il terzo, il quarto e il quinto, dichiara assorbito il sesto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio del 23/06/2021 

Giudice/firmatari: Scaldaferri Andrea, Vella Paola

Quanto ritieni utile questo strumento?

4.4/5 (22701 voti)

©2013-2025 Diritto Pratico - Disclaimer - Informazioni sulla privacy - Avvertenze generali - Assistenza

pagina generata in 0.301 secondi in data 28 dicembre 2025 (IUG:Q9-F8ECDA) - 1337 utenti online