blog dirittopratico

3.630.930
documenti generati

v5.2
Motore di ricerca Sentenze Civili
CSPT
torna alla pagina iniziale

Banca Dati della Giurisprudenza Civile

La Banca Dati gratuita "autoalimentata" dagli utenti di Diritto Pratico!

 
   
   
   
 
Legenda colori:
Corte di Cassazione
Corte d'Appello
Tribunale
Giudice di Pace
già visionate
appuntate
M
23

Corte di Cassazione, Sentenza n. 1892/2025 del 27-01-2025

... conseguenza che il suo credito per la cessione delle quote si era ridotto ad ### 1.108.950,00, sebbene la ### contabilizzasse un debito residuo di ### 1.697.400. Inoltre, la ### “in data 7 dicembre 2010 ha ricevuto dalla società ## er s.r.l. la somma di € 1.811.0 00,00 a mezzo assegni circolari ed ha prestato il proprio consenso per la 3 di 7 cancellazione dell'ipoteca” ( sent. CTR, p. 3). Alla fine la ### aveva ricevuto l'im porto complessivo di ### 3.2 68.850,00, superiore di ### 702.048,00 rispetto al corrispettivo pattuito per la cessione delle quote societarie. ### motivava l'in congruenza con un protocollo d'in tesa intercorso tra i coniugi, acquisito nel corso di indagine penale nei confronti del marito, ove si prevedeva che ### versasse alla mo glie separata la somma di ### (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso proposto da: ### rappresent ata e difesa, in virtù di procura speciale stesa a margine del ricorso, dagli Avv.ti ### e ### del ### di Napoli, che hanno indicato recapito ### ed elettivamente domiciliata presso lo stud io dell'Avv.to ### alla via ### n. 103 in Roma; - ricorrente - contro ### delle ### , in p ersona de l ### legale rappresentante pro tempo re, rappresent ata e difesa, ex lege , dall'### dello Stato, e d omiciliata presso i suoi uffici, alla via dei ### n. 12 in Roma; - controricorrente - avverso la sentenza n. 5551, pronunciata dalla ### della ### il ###, e pubblicata il ###; ascoltata la relazione svolta dal ### Oggetto: Irpef 2003 - ### di quote societarie - Simulazione - ### superamento del tasso soglia - Ai fini de lla punibilità p enale della condotta - ### 2 di 7 raccolte le conclusioni del P.M., s.### il quale ha confermat o la rich iesta di accogliment o del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente, dall'Avv.  ### che ha chiesto l'accoglimento dell'impugnativa e, per la controricorrente, dall'Avvocato dello ### che ha domandato il rigetto del ricorso; la Corte osserva: Fatti di causa 1. ### ia delle ### notificava il 1 2.1.2013 a Boldon i ### l'avviso di acc ertamento n. ### 1105852/2 013 con il quale richiedeva maggiori tributi a tito lo di ### addizionale comunale, accessori e sanzioni, con riferimento all'anno 2003.  ### ricorrente aveva stipulato una cessione di proprie quote societarie della ### e della ### partecipata dal coniuge separato della B oldoni, ### F erlaino, e controllan te della ### A garanzia del credito vantato dalla ### era stata costituita ipoteca su un immobile di pregio sito in Napoli al corso ### n. 130 , di proprietà della ## er ### cont rollata dalla ### per l'importo di ### 2.566.800,00. La società ### cedeva l'immobil e ad un terzo, e la transazione era rego lata, quanto all'importo di ### 2.566.800,00, mediant e cancell azione dell'ipoteca iscritta sul fabbricato. 
L'### delle ### evidenziava però che dagli estratti conto della ### emergeva che, al luglio 2010, la contribuente aveva ricevuto ### pagamenti mensili di ### 10.350,00, protrattisi con costanza dal gennaio 2003 al luglio 2010, con la conseguenza che il suo credito per la cessione delle quote si era ridotto ad ### 1.108.950,00, sebbene la ### contabilizzasse un debito residuo di ### 1.697.400. Inoltre, la ### “in data 7 dicembre 2010 ha ricevuto dalla società ## er s.r.l. la somma di € 1.811.0 00,00 a mezzo assegni circolari ed ha prestato il proprio consenso per la 3 di 7 cancellazione dell'ipoteca” ( sent. CTR, p. 3). Alla fine la ### aveva ricevuto l'im porto complessivo di ### 3.2 68.850,00, superiore di ### 702.048,00 rispetto al corrispettivo pattuito per la cessione delle quote societarie.  ### motivava l'in congruenza con un protocollo d'in tesa intercorso tra i coniugi, acquisito nel corso di indagine penale nei confronti del marito, ove si prevedeva che ### versasse alla mo glie separata la somma di ### 10.350,00 per venti anni ed otto m esi, e riportav a pure l'impegno ai fi ni dell'iscrizione dell'ipoteca. Riteneva, in conseguenza, che le somme corrisposte alla ricorrente fossero in parte rico nducibili al versamento di un assegno di mantenimento in evasione d'imposta.  2. ### impugnava l'avviso di accertamento innanzi alla ### ione ### di Napoli, proponendo contestazioni processuali e di m erito e lamentando , tra l'alt ro, l'intervenuta decadenza dell'### finanziaria dal potere di eserci tare l'azione tributaria, non ricorr endo u n'ipotesi in cui possa ritenersi operante il raddoppio dei termini utili per procedere all'accertamento. ### riteneva infondate le difese proposte dalla contribuente e rigettava il suo ricorso.  3. La contribue nte spiegav a appello avverso la pronuncia sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, rinnovando le proprie censure, innanzi alla ### della ### la quale reputava anch'essa infondate le tesi dell'impugnante, e confermava la piena validità ed efficacia dell'atto impositivo.  4. Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia del giudice del gravame, ### affidandosi a due motivi di ricorso. L'### delle ### resiste mediante controricorso.  4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il ###, nella persona del s.### 4 di 7 ed ha dom andato l'accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. 
Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. p roc. civ., la contribuente contesta la violazione dell'art. 43 del Dpr n. 600 del 1973, anche in relazione agli artt. 4 e 5 del D.Lgs n. 74 de l 2000, nonché dell'art. 2 del D.Lgs. n. 128 del 2015 e dell'art. 1, comma 132, della legge n. 208 del 2015, per non avere la CTR rilevato che l'A mministrazione finanziaria, quando ha notificato l'atto impositivo, era o rmai decaduta dal potere di esercitare la pretesa tributaria.  2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la violazione degli artt. 1414, 1417 e 2697 cod. civ., anche in relazione agli artt. 1362 e ss., 2727 e 2729 cod. civ., ed agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente applicato le regole della prova presuntiva, ritenendo accertata una simulazione negoziale rimasta in vece contrastata e comunque indimostrata.  3. Con il primo motiv o di ricorso la contribuente critic a la decisione impugnata perché, quando è stata esercitata la pretesa tributaria, l'### fi nanziaria era ormai decaduta dal potere di provvedervi. 
Risultano essere dati pacifici, ne l presente giudizio, che la controversia attiene a tribu ti richiesti in relazione all'an no 2003 nella misura di ### 49.341,00, mentre la soglia di rilevanza penale della condotta risultava fissata a £. 150.000.000, corrispondenti ad € 77. 478,00, e l'avviso di accertamento è stato n otificat o all'odierna ricorrente il ###.  3.1. Scrive la CTR che i termini quinquennali di accertamento sono raddoppiati in presenza di una condotta del contribuente che importa l'obbligo d ella denuncia penale, indipendenteme nte dalla 5 di 7 presentazione della denu ncia, e “la ‘preventiva' va lutazione delle soglie di punibilità (peraltro riservata esclusivamente al giudice e non certo all'### tenuta alla denuncia) non è di per sé stessa d'imp edimento all'app licazione del termine raddoppiato per l'accertamento” (sent. CTR, p. 6).  3.2. Risulta invero corretta l'affermazione della CTR secondo cui non compete all'### finanziaria, e neppure al giudice tributario, accertare che un re ato, completo nei suoi elementi oggettivi ed oggettivi, sia stato commesso, ai fini del raddoppio dei termini di accertamento. Neppure rileva se la denuncia penale sia stata presentata e quando. 
Tuttavia nel caso di specie deve osservarsi che è la stessa contestazione mossa dall'Amm inistrazione finanziaria, la quale richiede il paga mento di ### 49.341,00, una cifra largamente inferiore rispetto alla soglia di punibilità penale all'epoca vigente, pari ad € 77.478,00, ad evidenziare che la condotta contestata non risultava penalmente rilevante, non vi era pertanto obbligo d i denuncia e l'### delle ### no n poteva vantare titolo per beneficiare del raddoppio dei termini di accertamento. 
Questa Corte di legi ttimità h a già avu to occasione di chiarire che “in tema di accertamento tributario, i termini sono raddoppiati ex artt. 43, comma 3, d.P.R. n. 60 0 del 1973 e 57, comma 3, d.P.R. n. 633 del 1972 in presenza di seri indizi, con conseguente obbligo di denuncia pen ale, de l reato di dichiarazione infedele, integrabile anche da condotte elusi ve a fini fiscali ( nella sp ecie operazioni riconducibili all 'abuso del diritto commesse anteriormente alla depenalizzazione operata dall'art. 10 b is st.contr.), purché riconducibili a quelle previst e dagli artt. 37, comma 3, e 37 bis, d.P.R. n. 600 d el 1973, richiedend o la fattispecie di cui all'art. 4, d.lgs . n. 7 4 del 2 000 la mera indicazione, anche senza l'uso d i mezzi fraudolenti, di elemen ti attivi per un ammo ntare inferiore a quello eff ettivo ed elementi 6 di 7 passivi fittizi quando ricorrano le altre condizioni ivi previste e si superino le relative soglie di punibilità”, Cass. sez. V, 28.4.2021, 11156 (evidenza aggiunta); e si è pure specificato che “In tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini ex artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R.  633 del 1972 presuppone che nella condotta del contribuente sia astrattamente configurabile, al "tempus commissi delicti", il reato di dich iarazione infedele, con conseguente obblig o di denun cia penale ed a prescindere dalla sua effettiva comunicazione, mentre è irrilevante che la medesima condotta, inizialmente violativa dei soli obblighi fiscali, nelle more del termine ordinario di decadenza del potere accertativo abbia assunto anche rilevanza penale”, sez. V, 13.10.2022, n. 29988.  4. Il primo motivo di ricorso proposto dalla contribuente risulta quindi fondato e deve perciò essere accolto, rimanendo assorbito il secondo. La decisione impugnata deve essere pertanto cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte di legittimità può decidere nel merito ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., accogliendo l'origin ario ricorso della contribuente ed annullando l'atto impositivo.  5. Possono essere compensate tra le parti le spese di lite dei gradi di merit o del p rocesso, mentre le spese d el giudizio di legittimità seguono l'ordinario crite rio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in consid erazione dell a natura delle questioni affrontate e del valore della causa. 
La Corte di Cassazione, P.Q.M.  accoglie il primo motiv o di ricors o proposto da ### assorbit o il secondo, cassa la decisio ne impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'originario ricorso della contribuente ed annulla l'avviso di accertamento impugnato. 7 di 7 Compensa tra le parti le spese di lite dei gradi di merito de l giudizio, e condanna la controricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio d i legittimità in favore della ricorrent e, liquidandole in complessivi ### 4.100,00, per compensi, oltre 15% per le spese generali, ### 200,00 per esborsi ed accessori come per legge.   Così deciso in ### il 17 gennaio 2025.   

Giudice/firmatari: Cirillo Ettore, Di Marzio Paolo

M
3

Corte d'Appello di Salerno, Sentenza n. 809/2025 del 29-09-2025

... e ### alla restituzione al ### delle quote della beneficiaria, la ### s.r.l., atteso che la ricostituzione della garanzia patrimoniale in favore della massa dei creditori, conseguente al positivo esperimento del rimedio revocatorio, non potrebbe che avvenire a mezzo la restituzione alla società scissa di dette quote; infatti, come correttamente osservato dall'appellato ### il trasferimento del compendio scisso alla newco ### s.r.l., ha anche determinato la creazione delle nuove quote che nell'atto di scissione sono state assegnate ai soci della società scissa anziché alla fallita ### s.r.l. (v. atto di scissione del 15.11.2011, nel fascicolo dell'appellato). Con il quinto motivo gli appellanti principali si dolgono della affermazione di effetti restitutori in favore della ### non (leggi tutto)...

testo integrale

anc REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI SALERNO I SEZIONE CIVILE La Corte di Appello di ### riunita in ### di Consiglio nelle persone di: dott.ssa ### dott. ### dott.ssa ### rel. est.  ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile n. 1032/23 avente ad oggetto l'appello avverso la sentenza n. 1655/23 emessa dal Tribunale di ###, pubblicata il ### TRA ### s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., ### s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., e ### in proprio e quale avente causa di ### tutti rapp.ti e difesi dall'avv.  ### - ### - E ### s.r.l., in persona del ### p.t., rapp.to e difeso dall'avv. ### - ### - appellante incidentale - Conclusioni: come da atto di costituzione e note di precisazione delle conclusioni ### del giudizio di primo grado nonché il contenuto delle posizioni difensive delle parti sono stati puntualmente esposti nella sentenza impugnata alla quale, in detta parte, va fatto testuale rinvio. 
Con la sentenza n. 1655/23 il Tribunale di ###, ha così statuito: “A) con riferimento al giudizio avente r.g. n. 1877/2013: ###) accoglie l'azione revocatoria proposta dal ### s.r.l. (già ### s.r.l., fall. n. 18/2012 del 05.07.2012); ###) dichiara l'inefficacia ex art. 66 l.f. ed art. 2901 c.c., nei confronti della massa dei creditori del ### s.r.l. (fall. n. 18/2012), dell'atto sottoscritto il ###, avente ad oggetto il conferimento alla ### s.r.l. del “ramo d'azienda relativo alla vendita all'ingrosso di prodotti per ingegneria, da cantiere e di altra strumentazione commercializzata con i marchi “GEOMAX” e “LEICA”, ramo di azienda comprendente anche la seguente consistenza immobiliare: complesso immobiliare costituito dal fabbricato sito in ### alla via ### n. 98 (ex n. 24), dell'estensione di mq 459 coperti (di cui mq 365 posti al piano terra e mq 94 posti al piano interrato) e di mq 150 di area scoperta, identificata in ### di ### al foglio 10, part. 273, sub 4, cat. C/1 R.C.  3.073,48 (relativamente alla porzione di fabbricato posta al piano terra, comprensiva dell'area scoperta pertinenziale), nonché al folio 10, part.  273, sub 31, cat. C/6, R.C. 121,37 (relativamente alla porzione di fabbricato posta al piano interrato); ###) condanna la ### s.r.l. alla restituzione del suindicato ramo di azienda in favore del ### s.r.l. (fall. n. 18/2012); ###) dichiara l'inefficacia ex art. 66 l.l. ed art. 2901 c.c., nei confronti della massa dei creditori del ### s.r.l. (fall. n. 18/2012), dell'atto di scissione parziale rogato il ###, per effetto della quale la ### s.r.l. ha trasferito alla ### s.r.l. (oggi ### s.r.l.) il ramo di azienda composto - tra le altre cose - dal 99% della partecipazione societaria nella ### s.r.l., quest'ultima proprietaria del seguente immobile: fabbricato sito in ### alla via ### 98 (ex n. 24), dell'estensione di mq 459 coperti (di cui mq 365 posti al piano terra e mq 94 posti al piano interrato) e di mq 150 di area scoperta, identificata in ### di ### al foglio 10, part. 273, sub 4, cat. 
C/1 R.C. 3.073,48 (relativamente alla porzione di fabbricato posta al piano terra, 20 comprensiva dell'area scoperta pertinenziale), nonché al folio 10, part. 273, sub 31, cat. C/6, R.C. 121,37 (relativamente alla porzione di fabbricato posta al piano interrato); ###) condanna la ### s.r.l. alla restituzione del suindicato ramo di azienda in favore del ### s.r.l. (fall. n. 18/2012); ###) condanna ### e ### alla restituzione, in favore del ### s.r.l. (fall. n. 18/2012) delle rispettive quote di partecipazione al capitale della ### s.r.l.; ###) condanna ### s.r.l., ### s.r.l., ### e ### al pagamento in solido delle spese di giudizio in favore del ### s.r.l. (fall. n. 18/2012), che si liquidano in euro 11.000,00 per compensi ed euro 458,00 per esborsi documentati, oltre spese generali (15%), iva e cpa come per legge, nonché al rimborso delle spese di ctu ove la curatela abbia già provveduto al pagamento anticipato delle stesse; B) con riferimento al giudizio avente r.g. n. 5013/2017: ###) rigetta la domanda del ### s.r.l. (fall. n. 18/2012); ###) compensa integralmente le spese di lite.” In relazione al giudizio iscritto al n. 1877/13 R.G., il Tribunale ha preliminarmente escluso che la domanda di revoca della scissione parziale ex art. 64 l.f. formulata con la memoria ex art. 183 n. 1 potesse integrare una nuova domanda, come eccepito dai convenuti, ritenendola, invece, una mera precisazione della domanda originaria, siccome relativa alla medesima vicenda processuale dedotta in giudizio. 
Nel merito, alla luce delle coordinate normative e giurisprudenziali tracciate e tenuto conto delle risultanze della CTU espletata in corso di causa, ha revocato l'atto del 30.12.09 con il quale la fallita ### s.r.l.  (allora ### s.r.l.) ha costituito la società ### s.r.l. (partecipata al 99% dalla ### s.r.l. ed all'1% da ###, assegnandole un capitale di euro 100.000,00 e trasferendole il ramo d'azienda “relativo alla vendita all'ingrosso di prodotti per ingegneria, da cantiere e di altra strumentazione commercializzata con i marchi “GEOMAX” e “LEICA”, comprensivo del complesso immobiliare costituito dal fabbricato sito in ### alla via ### n. 98 (ex n. 24), dell'estensione di mq 459 coperti (di cui mq 365 posti al piano terra e mq 94 posti al piano interrato) e di mq 150 di area scoperta, identificata in ### di ### al foglio 10, part. 273, sub 4, cat. C/1 R.C. 3.073,48 (relativamente alla porzione di fabbricato posta al piano terra, comprensiva dell'area scoperta pertinenziale), nonché al folio 10, part.  273, sub 31, cat. C/6, R.C. 121,37 (relativamente alla porzione di fabbricato posta al piano interrato). 
Escluso che tale atto potesse qualificarsi come atto a titolo gratuito -atteso che, come riscontrato dal ### a fronte di tale conferimento del ramo di azienda della ### s.r.l. a quest'ultima era stata assegnata una quota di partecipazione al capitale sociale della ### s.r.l. del 99% oltre alla riserva di sovrapprezzo di euro 755.394,00 - il Giudice di primo grado ha, in primo luogo, accertato la sussistenza dell'eventus damni, ravvisato nella mancata soddisfazione di ingenti debiti della fallita ### s.r.l. (allora ### s.r.l.) sorti prima dell'atto di conferimento nei confronti di ### sud, ### delle #### s.p.a., ###, ### s.p.a. e di taluni lavoratori. 
Quanto alla scientia damni, integrata dalla mera conoscibilità da parte del debitore del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie, il Tribunale ha ritenuto che la società in bonis non potesse non essere a conoscenza della propria rilevante esposizione debitoria all'epoca dell'atto di conferimento, tenuto conto della notifica, nel marzo del 2008, di una cartella di pagamento per euro 409.343,80 e della consistente esposizione debitoria risultante dalla situazione contabile al 30.11.09 e del bilancio al 21.12.2009, riportante debiti per oltre 5.600.000,00.
Il Tribunale, infine, ha desunto la consapevolezza in capo al terzo del pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori della conferente nella circostanza che l'intera operazione negoziale conclusa dalla ### s.r.l.  (allora ### s.r.l.) in favore della ### s.r.l. era stata posta in essere da soggetti partecipanti in entrambe le società: la ### s.r.l. (allora ### s.r.l.) era, infatti partecipata al 99% da ### ed all'1% da ### mentre la ### s.r.l., il cui amministratore unico era ### era partecipata al 99% dalla ### s.r.l. (allora ### s.r.l.) ed al'1% da ### a tanto si aggiunga che subito dopo il conferimento d'azienda, comprensivo dell'immobile, quest'ultimo era stato concesso in locazione alla conferente, che aveva così continuato ad utilizzarlo.  ### s.r.l. è stata, quindi, condannata alla restituzione del citato ramo d'azienda in favore del ### s.r.l. 
Il Tribunale ha parimenti ritenuto revocabile l'atto di scissione parziale de 15.3.11, per effetto del quale, come osservato dal ### se, da un lato, l'immobile posto a garanzia dei crediti (anche privilegiati) della scissa ### s.r.l. è stato sottratto ai creditori di quest'ultima e trasferito alle newco ### s.r.l. (oggi ### s.r.l.) a garanzia di crediti chirografari, dall'altro, sono state lasciati alla fallita i debiti verso banche, erario ed enti previdenziali, così consentendo alla newco ### s.r.l. di proseguire l'attività fino a quel momento esercitata dalla scissa ### s.r.l. 
Quanto, invece, al presupposto soggettivo, il primo Giudice ha ritenuto accertata la conoscenza del pregiudizio arrecato ai creditori di quest'ultima, ribadendo quanto rilevato in ordine alla avvenuta esecuzione dell'intera operazione da parte di soggetti aventi ruoli apicali in entrambe le società. 
Per effetto della dichiarazione di inefficacia ex artt. 66 l.f. e 2901 c.c. la ### s.r.l. è stata, dunque, condannata alla restituzione dell'azienda in favore del fallimento ### s.r.l. e ### e ### alla restituzione delle rispettive quote di partecipazione al capitale della ### s.r.l.
In relazione al giudizio iscritto al n. 5013/17 R.G., il Tribunale, disattese le eccezioni preliminari di carenza della procura alle liti e di improcedibilità dell'azione, sollevate dalla società convenuta ### s.r.l., ha, invece, rigettato la domanda della ### sulla base del rilievo per cui l'accoglimento dell'azione revocatoria dell'atto di scissione impedisce di esperire il rimedio “endosocietario” previsto dall'art. 2506 quater c.c., il cui presupposto è proprio l'esistenza di un atto di scissione valido ed efficace. 
Avverso detta pronuncia, con atto di citazione ritualmente notificato il ###, le società ### s.r.l. e ### s.r.l. nonchè ### in proprio e quale avente causa di ### hanno proposto appello, affidato a sei motivi, così concludendo: “### 2. dichiarare ammissibile e fondato il presente appello e, in accoglimento integrale di tutti i motivi dedotti in narrativa, rigettando tutte le difese, istanze ed eccezioni ex adverso articolate, per tutti i motivi meglio esposti nel presente atto, riformare la sentenza #### 1655/2023 pubblicata il ### all'esito del procedimento civile R.G.  1877/2013, accogliendo tutte le conclusioni avanzate in prime cure e che qui di seguito si riportano: 1) accertare e dichiarare l'improponibilità, inammissibilità ed improcedibilità delle domande tutte formulate dal ### S.r.l. e comunque rigettare, in ogni caso, le domande tutte formulate dal ### S.r.l. poiché infondate, sia in fatto che in diritto, oltre che non provate, con l'adozione di tutti i provvedimenti opportuni e consequenziali, nonché ordinarsi la cancellazione della trascrizione dell'atto di citazione presso la competente ### dei ### di ### con esonero di qualsivoglia responsabilità del ### 2) Condannare il ### attesa la temerarietà della lite ex art. 96 c.p.c., al risarcimento dei danni tutti, diretti ed indiretti, patrimoniali e non patrimoniali, nessun eccettuato, nella misura che sarà determinata e ritenuta di giustizia in via equitativa dall'adito ### 3) Condannare in ogni caso il ### al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio, nonché dei giudizi ante causam, oltre spese generali del 15% ex art. 2 D.M. 55/2014, IVA e ### con attribuzione al sottoscritto difensore quale anticipatario.  ###: 3. con vittoria di spese e compenso del doppio grado di giudizio e di ogni altra spesa connessa e consequenziale e con salvezza di ogni altro diritto, azione e ragione e di meglio ed ulteriormente dedurre anche in ragione delle difese di controparte;”. 
Si è costituito il ### s.r.l. che, nel resistere al gravame, ha proposto appello incidentale, affidato a due motivi, così concludendo: “### II) dichiarare inammissibile e/o rigettare l'appello principale e confermare in parte qua la sentenza n. 1655/2023 del ### di ### ex adverso gravata; III) in accoglimento del primo motivo dell'appello incidentale proposto, ed in riforma del capo con esso impugnato della sentenza n. 1655/2023 del ### di ### condannare l'appellante principale #### S.R.L., ai sensi dell'art. 2506 quater c.c., al pagamento della somma di €. 453.095,00 oltre interessi ex d. lgs. 231/02 dal 15.03.2011; IV) in accoglimento del secondo motivo dell'appello incidentale proposto, ed in riforma del capo con esso impugnato della sentenza n. 1655/2023 del ### di ### condannare gli appellanti principali, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite relative al primo grado del giudizio in misura non inferiore ai minimi previsti dal D.M. 55/2014 per lo scaglione da 2 MLN/€ a 4 MLN/€ (tenendo conto dell'attivo distratto con gli atti revocati, come risultante dalla CTU in 3,7 MLN/€) e quindi in non meno di €. 28.668, come dettagliato in narrativa; ovvero, in subordine, in misura non inferiore ai minimi previsti dal D.M. 55/2014 per lo scaglione da 1 MLN/€ a 2 MLN/€ (tenendo conto dell'netto patrimoniale distratto con gli atti revocati, come risultante dalla CTU in 1,3###€) e quindi in non meno di €. 28.668, come innanzi dettagliato l'appellante principale ### S.R.L., ai sensi dell'art. 2506 quater c.c., al pagamento della somma di €. 453.095,00 oltre interessi ex d. lgs. 231/02 dal 15.03.2011; in ogni caso, oltre esborsi, spese generali, accessori di legge e spese di ### come già statuito dalla sentenza impugnata. 
V) condannare gli attori, in solido, al pagamento delle spese di lite relative al presente grado di giudizio.” Assegnati i termini di cui all'art. 352 c.p.c. - nel testo attualmente vigente e applicabile ratione temporis - all'esito dell'udienza del 24.4.2025 - sostituita ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c. - la decisione è stata riservata al Collegio con provvedimento depositato il ###.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di gravame, gli appellanti principali contestano il rigetto dell'eccezione di mutatio libelli, assumendo che la richiesta di revocatoria della scissione societaria del 15.3.11 anche ex art. 64 l.f. fosse una domanda diversa rispetto a quella formulata in citazione, con la sua conseguente inammissibilità. 
Nel merito eccepiscono, in ogni caso, la infondatezza di tale domanda, non potendosi qualificare detta scissione come atto a titolo gratuito, atteso che gli elementi contabili e patrimoniali assegnati alla newco risultavano composti da attivo per € 1.815.116,00 e passivo per € 1.541.700,00. 
Il motivo va dichiarato inammissibile in quanto, per come formulato, si risolve in una critica priva di specificità; infatti gli appellanti neanche argomentano, a supporto della doglianza, in quali termini la qualificazione di detto atto come “oneroso” possa incidere sulla decisione di accoglimento della domanda, tanto più che il giudice di primo grado, nell'argomentare sull'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità di detta domanda (proposta dalla curatela nella memoria n. 1 ex art. 183, sesto co.,c.p.c.), ha specificato che “la precisazione che segue non sia rilevante ai fini della decisione” (v. sent. pag. 10). 
Del resto risulta dalla sentenza impugnata che il giudice di primo grado ha specificamente motivato sulla consapevolezza del pregiudizio da parte della beneficiaria (tanto che gli appellanti, con altro motivo, ne eccepiscono l'insussistenza), stato soggettivo del tutto irrilevante in tema di revocatoria di atti a titolo gratuito. 
Il motivo va pertanto dichiarato inammissibile. 
Con il secondo motivo, gli appellanti principali lamentano la insussistenza dei presupposti per la revocatoria del conferimento del ramo di azienda da parte della ### s.r.l. (poi denominata ### s.r.l.) in favore della ### s.r.l. contestualmente fondata dalla prima e dal socio di maggioranza nonché amministratore, ### In particolare negano, innanzitutto, che dalla suddetta operazione sia derivato un pregiudizio alle ragioni dei creditori (eventus damni) evidenziando che il conferimento era stato effettuato sulla base di una perizia giurata di stima da cui emergevano attività per € 1.892.593,00 e passività per € 1.038.201,00, importo che la ### s.r.l. si era, dunque, accollata, così liberando la ### s.r.l. 
Gli appellanti principali aggiungono, inoltre, che, seppur le attività risultassero prevalenti rispetto alle passività, la ### s.r.l. aveva sottoscritto il 99% del capitale sociale della ### s.r.l. (avente valore nominale di € 99.000,00 ma valore reale di € 856.616,00), sicché all'operazione doveva attribuirsi un valore sostanzialmente neutro. 
La buona fede delle parti sarebbe poi dimostrata, secondo gli appellanti principali, dalla circostanza che la ### s.r.l. non aveva proceduto né alla distribuzione della riserva di sovrapprezzo iscritta in bilancio né alla alienazione del complesso immobiliare conferito. 
Quanto alla mancata soddisfazione degli ingenti debiti anteriori al 31.12.2009, gli appellanti principali evidenziano: 1. che la Cartella di ### n. ###230885000, oggetto di istanza di rateazione, era stata regolarmente pagata fino al 30.4.11, per poi essere oggetto di un nuovo provvedimento di concessione di rateazione “in proroga”, impugnato per un errore di calcolo, ma comunque concesso per un importo inferiore a quello indicato dalla ### 2. che l'Avviso di ### n. ###/2012 non rappresenta un debito definitivo, ma solo potenziale - che per tale ragione non avrebbe dovuto essere ammesso al passivo - attesa la presentazione, da parte di ### di una istanza di accertamento con adesione; 3. che le posizioni “#### lavoratori subordinati e contenzioso tributario” erano contestate ed oggetto di contenzioso; 4. che il debito esistente nei confronti della ### di € 99.468,10 era garantito da titoli per l'importo complessivo di € 100.000,00, con la conseguente possibilità, per la ### di consentire alla banca creditrice l'escussione dei titoli, così riducendo le passività, ovvero di escutere essa stessa i titoli ed ammettere la banca per l'intero credito. 
Il motivo è infondato e va rigettato. 
Va rammentato che, in tema di azione revocatoria ordinaria proposta a norma degli artt. 2901 c.c. e 66 l.f., l'eventus damni, quale presupposto oggettivo dell'azione richiede che il curatore dimostri la consistenza dei crediti sorti dopo l'atto impugnato ed ammessi al passivo del fallimento, la sussistenza al momento dell'atto di una situazione patrimoniale della società debitrice idonea a compromettere la realizzazione dei crediti sociali ed il mutamento qualitativo o quantitativo della garanzia costituita dal patrimonio della società. 
Nel quadro di tale costante indirizzo anche una variazione qualitativa del patrimonio del debitore giustifica un'azione revocatoria e tale deve ritenersi la sostituzione di un complesso aziendale, peraltro comprensivo di immobili, con partecipazioni societarie, come avvenuto nella specie con l'atto di conferimento del ramo di azienda impugnato; è noto che queste sono soggette a maggiori mutamenti di valore in ragione dell'alea che contraddistingue ogni attività imprenditoriale, rispetto a quello dei beni conferiti (sul tema, da ultimo, con ampia trattazione, Cass. 20232/2023; in precedenza Cass. n. 10359/1996; Cass. n. 2817/1995). È evidentemente diverso il valore di una quota di partecipazione societaria, collegato intrinsecamente al patrimonio netto della società e al suo andamento economico-finanziario, dal valore oggettivo di un ramo di azienda, costituito nella specie da beni mobili e da un immobile di consistente valore, oltretutto molto più facilmente suscettibili di liquidazione e collocazione sul mercato.  ### di conferimento impugnato risulta avere in concreto pregiudicato le ragioni creditorie esistenti nei confronti della ### s.r.l. in quanto ha comportato la sostituzione di cespiti patrimoniali determinati e aggredibili in via esecutiva (del valore complessivo di euro 1892.596, attribuito dalla perizia giurata allegata all'atto costitutivo della ### s.r.l.) on un cespite, la quota di partecipazione al capitale della conferitaria ### s.r.l. del valore nominale di euro 99.000,00, ontologicamente di qualità deteriore ai fini della liquidazione esecutiva in quanto esposto al rischio di impresa proprio della partecipazione al capitale di società commerciale. 
La sorte della partecipazione nella ### S.r.l. che, a seguito di scissione parziale della ### s.r.l., veniva conferita appena un anno dopo nella new co ### s.r.l., del resto, comprova tale assunto. 
Del tutto fuori luogo ai fini che qui rilevano è l'assunto degli appellanti secondo cui l'atto impugnato sarebbe atto sostanzialmente neutro perché, seppur le attività risultassero prevalenti rispetto alle passività, il valore reale della quota sottoscritta dalla ### s.r.l. fosse pari ad euro 856.616,00 stante la variabilità del patrimonio netto sulla base del quale va calcolato il valore reale di una quota. 
A nulla rileva, invece, il rilievo degli appellanti secondo cui a fronte del trasferimento del ramo di azienda, conferito alla società ### s.r.l., quest'ultima si sarebbe assunta una debitoria di euro 1.038,201,00. 
Al di là del fatto che questa costituiva solo una parte di quella totale all'epoca gravante sulla conferente che rimaneva gravata di debiti in gran parte di natura erariale, è dirimente osservare che in ipotesi di trasferimento di azienda o di cessione di ramo di azienda (cui va equiparato in conferimento in società) la sorte delle attività cedute è disciplinata dall'art. 2560 c.c. il quale in modo univoco e senza alcuna possibilità di fraintendimento recita che "l'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi abbiano consentito." La responsabilità solidale, in tutto o in parte, della società conferitaria per i debiti della conferente non esclude la sussistenza dell'eventus damni; invero l'art. 2901 c.c. richiede che l'atto dispositivo, qual è il conferimento di un ramo di azienda, si traduca in una menomazione del patrimonio del disponente, così da pregiudicare la facoltà del creditore di soddisfarsi sul medesimo, tuttavia non esige, quale ulteriore requisito, anche l'impossibilità o difficoltà del creditore di conseguire aliunde la prestazione, avvalendosi di rapporti con soggetti diversi. Pertanto, nel caso di solidarietà passiva, l'eventus damni va accertato con esclusivo riferimento alla situazione patrimoniale del debitore convenuto con quella azione, non rilevando l'indagine sull'eventuale solvibilità dei coobbligati (Cass. ###/2019; Cass. n. 6486/2011; Cass. n. 12770/2007; Cass. 11251/1990). 
In altri termini non elimina il pregiudizio negativo ingenerato dall'uscita del cespite dal patrimonio del debitore e della conseguente maggior difficoltà nella realizzazione del credito l'eventuale responsabilità solidale, in tutto o in parte della società conferitaria. 
Né valgono ad inficiare le conclusioni cui è pervenuto il primo giudice le contestazioni di alcuni debiti; in ordine ad esse il ### si è già pronunciato con motivazione non oggetto di specifica critica. 
Rimane comunque dimostrata la consistente debitoria rimasta insoddisfatta alla data del fallimento in capo alla ### s.r.l. (già ### s.r.l.) dall'avvenuta ammissione al passivo del ### appellato dei crediti esistenti alla data dell'atto impugnato, come già rilevato dal primo giudice, con argomentazioni affatto scalfite dalle doglianze proposte dagli appellanti. 
Quanto alla contestazione dell'elemento soggettivo, giova rammentare che su detto piano, ai sensi dell'art. 2901 c.c., "quando l'atto di disposizione patrimoniale a titolo oneroso è successivo al sorgere del credito, ai fini dell'azione revocatoria ordinaria, è sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore alienante e del terzo acquirente, della diminuzione della garanzia generica per la riduzione della consistenza patrimoniale del primo (scientia damni), non essendo necessaria la collusione tra gli stessi (consilium fraudis), né occorrendo la conoscenza, da parte del terzo, dello specifico credito per cui è proposta l'azione; la prova di tale consapevolezza può essere fornita con ogni mezzo, anche per presunzioni" (cfr. ex multis, Cass., n. 23666/2015), "fondate sulla qualità delle parti del negozio e sulla sua tempistica rispetto alla pretesa del creditore" (cfr.  n. 6795/2014; conf. Cass. n. 25016/2008) o "valutando unitariamente tutte le attività negoziali poste in essere dalle parti e tendenti tutte alla sottrazione della garanzia patrimoniale dei creditori" (cfr. Cass. 1904/2000). 
Corretta è, dunque, la logica derivazione della scientia damni dalla sostanziale sovrapponibilità della compagine della società conferente con quella della beneficiaria nonché della pacifica circostanza dell'avvenuta concessione in locazione dell'immobile alla ### s.r.l., immediatamente dopo il conferimento del ramo di azienda, e della continuità del suo utilizzo da parte della di quest'ultima per l'esercizio della sua attività. 
Nel caso di specie la consapevolezza del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie, da parte sia del debitore che del terzo contraente, è insita nella qualità stessa delle parti dell'atto pregiudizievole impugnato, ossia nel fatto che la società conferente (all'epoca denominata ### s.r.l.), il cui socio di maggioranza era ### unitamente a quest'ultimo, fondava la conferitaria ### s.r.l., il cui amministratore unico veniva nominato nella persona di ### socio anche della ### s.r.l. 
Il terzo ed il quarto motivo vanno congiuntamente esaminati perché all'evidenza fra loro connessi. 
Con il terzo motivo di gravame gli appellanti principali deducono la inammissibilità della revocatoria della scissione societaria.
Oltre a sostenere che siffatta operazione debba ritenersi priva del carattere dispositivo richiesto dalla relativa disciplina, assumono che l'unica azione concessa dal legislatore ai creditori della società scissa è l'opposizione all'operazione ai sensi dell'art. 2503 c.c., cui si affiancano i rimedi successivi previsti dall'art. 2506 quater c.c. (responsabilità solidale della beneficiaria nei confronti dei creditori della scissa nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto assegnatole mediante l'operazione e azione risarcitoria a favore dei soci o dei terzi). 
Il rimedio revocatorio sarebbe, pertanto, incompatibile con tali strumenti “speciali” di garanzia espressamente previsti in materia di scissione societaria. 
Con particolare riferimento ai debiti erariali, invece, specifica tutela viene ravvisata nella responsabilità del conferitario, solidalmente con il conferente, salvo il beneficio di escussione, entro i limiti del valore del ramo di azienda conferito, per il pagamento di imposte e sanzioni dell'ultimo triennio (art. 14, comma 1, d. lgs. 472/1997). 
Diversamente opinando, secondo gli appellanti principali, si finirebbe col penalizzare irreversibilmente la beneficiaria, vanificando il senso dell'operazione con il concreto rischio, peraltro, di incostituzionalità degli gli artt. 66 l.f. e 2901 c.c., in rapporto con l'art. 2506 quater c.c. e con le ulteriori norme in tema di scissione, per violazione degli artt. 3, 24, e 41 della Costituzione. 
Con il quarto motivo gli appellanti principali censurano la pronuncia impugnata laddove afferma la sussistenza dei presupposti per la revocatoria della scissione societaria. 
In particolare, assumono che la scientia damni ed il consilium fraudis non erano stati dimostrati dalla ### né potevano essere provati per presunzioni e che la consapevolezza del terzo era addirittura inconfigurabile, in quanto la società beneficiaria non preesisteva alla scissione. 
Deducono, inoltre, che l'operazione non aveva avuto intento fraudolento né effetto pregiudizievole, ma che aveva invece prodotto effetti favorevoli per la ### S.r.l. (poi ### S.r.l.), che nel 2011 si era “liberata” di ingenti debiti, pagati dalla ### S.r.l. 
Gli appellanti principali rimarcano, quindi, tanto la natura onerosa dell'operazione, effettuata in piena trasparenza, con l'accollo in capo alla ### s.r.l. di ingentissimi debiti, a fronte dell'attribuzione di minima parte dell'attivo patrimoniale, quanto la mancata sottrazione, da parte di quest'ultima, alla responsabilità ex art. 2506 quater c.c., non essendo stati effettuati atti dispositivi sulla partecipazione nella ### s.r.l. né atti dispositivi di questa dell'immobile di sua proprietà.  ### gli appellanti principali avrebbe, inoltre, errato il primo Giudice nell'affermare che l'immobile posto a garanzia dei crediti (anche privilegiati) della scissa ### s.r.l. era stato sottratto ai creditori di quest'ultima e trasferito alla newco ### s.r.l. a garanzia di crediti chirografari e con evidente lesione della par condicio creditorum, in quanto con la scissione non era stato operato alcun trasferimento dell'immobile, già di proprietà della ### s.r.l. ed, in ogni caso, gli elementi attivi assegnati in sede di scissione erano stati posti a garanzia di tutti i creditori della scissa nonché degli ulteriori creditori ad essa non assegnati, in virtù della responsabilità solidale di cui all'art. 2506 quater Relativamente ai debiti ante 30.12.09 assegnati alla ### s.r.l., gli appellanti principali evidenziano, poi, che alcune posizioni debitorie erano sensibilmente diminuite post scissione. 
Contestano, infine, la statuizione con la quale il Giudice di prime cure ha condannato ### e ### “alla restituzione, in favore del ### s.r.l. (fall. n. 18/2012) delle rispettive quote di partecipazione al capitale della ### s.r.l.”, trattandosi di statuizione che si spinge a determinare modifiche della struttura societaria della ### S.r.l. e che nulla ha a che vedere con le attribuzioni patrimoniali assegnate a tale società in occasione della scissione, né con la funzione dell'azione revocatoria. 
I motivi non possono trovare accoglimento.
Al di là del fatto che essi, in parte, si limitano a riproporre le originarie difese senza confutare specificamente le argomentazioni poste a fondamento della decisione, è sufficiente ricordare che la scissione parziale - la quale si configura come un'operazione straordinaria, disciplinata dagli artt. 2506 s. c.c., come modificati dal D.Lgs. n. 6 del 2003, consistente nel trasferimento di parte del patrimonio societario ad una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, contro l'assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa - si traduce in una fattispecie traslativa, che comporta l'acquisizione in capo alla beneficiaria di valori patrimoniali prima non presenti nel suo patrimonio (ex multis Cass. Sez. U n. 23225/2016; Cass. n. ###/2018, Cass. n. 6967/2023). 
Quanto alla contestata ammissibilità dell'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. avente ad oggetto un atto di scissione societaria, si osserva che l'art.  2504 quater c.c., che esclude la declaratoria di invalidità dell'atto di scissione una volta avvenuta l'iscrizione del registro delle imprese, risulta pienamente compatibile con la natura e gli effetti dell'azione revocatoria, strumento di conservazione della garanzia patrimoniale, che agisce sul piano della mera inopponibilità dell'atto al creditore pregiudicato. 
In tema la giurisprudenza di legittimità, come già posto in evidenza dal primo giudice, è ferma sul principio, qui condiviso, per cui "conformemente a quanto statuito dalla Corte di ### (con sentenza del 30 gennaio 2020 in causa C-394/18), la revocatoria ordinaria dell'atto di scissione societaria è ammissibile, poiché mira ad ottenere l'inefficacia relativa di tale atto, così da renderlo inopponibile al solo creditore pregiudicato (al contrario di ciò che si verifica nell'opposizione dei creditori sociali prevista dall'art. 2503 c.c., che è finalizzata a farne valere l'invalidità), dovendosi ritenere che la tutela dei creditori, a fronte di atti societari, si estende sino a ricomprendervi, sia pure in via mediata, qualsiasi attribuzione patrimoniale, a sua volta, "indiretta" ivi contenuta" (Cass. 12047/2021, 2754/2020, ###/2019); ciò vale anche per l'analoga azione del curatore ex art. 66 l.f., per cui è causa (Cass. n. 2153/2021).
Sulla base di tali considerazioni l'azione revocatoria deve ritenersi ammissibile anche ove diretta contro un atto di scissione (rectius: contro gli effetti patrimoniali scaturenti dall'atto di scissione), proprio perché, mediante tale azione, non si mira a ricostituire l'assetto societario preesistente all'atto di scissione, ma solo alla reintegrazione della garanzia patrimoniale del debitore inciso da tale operazione mediante la declaratoria di inefficacia dei trasferimenti patrimoniali scaturiti dalla stessa. 
Quanto all'ulteriore doglianza con la quale, nella sostanza, gli appellanti contestano la revocabilità dell'atto di scissione impugnato perché inidonea ad arrecare un pregiudizio ai creditori della scissa essendo la società beneficiaria solidalmente obbligata per i debiti erariali con la società scissa ai sensi dell'art. 14, comma 1, d. lgs. 472/1997, si osserva, innanzitutto, che la normativa invocata è riferibile alle cessioni di azienda (oltre a non essere applicabile ratione temporis perché entrata in vigore nell'anno 2015, v. Cass. n. ###/2019), atteso che alla scissione, anche parziale (v. Cass. n. 13059/2015 e n. 2222/2016) si applica l'art. 173 del TUIR e l'art. 15, comma 2, del D.Lgs. 472/1997; in ogni caso è dirimente osservare che il pregiudizio alle ragioni creditorie va accertato con esclusivo riferimento al patrimonio del debitore e non effettuando indagini sull'eventuale solvibilità dei condebitori solidali” (Cass. 6486/2011; 12770/2007; Cass. 11251/1990). 
Quanto ai paventati profili di incostituzionalità degli “artt. 66 l.f. e 2901 c.c., in rapporto con l'art. 2506 quater c.c. e con le ulteriori norme in tema di scissione” per violazione degli artt. 3, 24, e 41 della ### (v. atto di appello pagg.39,40, 41), essi appaiono infondati alla luce di quanto appena rilevato in merito alla possibilità per i creditori di agire con diverse forme per la tutela dei propri diritti nei confronti dei debitori nonché del dirimente rilievo secondo cui la declaratoria di inefficacia del trasferimento patrimoniale scaturente dalla scissione non incide sugli aspetti soggettivi e organizzativi delle società interessate. 
Nella specie, come accertato dal CTU nominato nel giudizio di primo grado (le cui conclusioni contenenti anche le risposte alle osservazioni del ctp dei convenuti, condivise dal giudice di primo grado, non sono state oggetto di specifica critica da parte degli appellanti), non può negarsi che l'operazione di scissione della società poi fallita ha determinato un pregiudizio concreto alle ragioni dei creditori posto che: “…b) una consistente parte del patrimonio sociale, del valore contabile dichiarato in atti di €. 1.815.116, comprensiva della quota di partecipazione pari al 99% nella società ### srl (proprietaria dell'immobile) viene trasferita, senza corrispettivo alcuno, dalla vecchia ### srl (cioè, dalla società fallita, ora denominata ### srl) alla ### srl, le cui quote di partecipazione venivano assegnate per il 99% a ### e per 1% a ### (docc. 19‐21). 1.8. Il ###, a completamento del disegno, ### si disfaceva della partecipazione di controllo (99%) nella ### srl, ormai svuotata dell'attivo e destinata al fallimento, trasferendola alla ### srl (doc. 29)… la ### srl si è spogliata prima (il ###) in favore di ### srl dell'immobile acquistato nel 2001, trasformandolo nella partecipazione pari al 99% della ### srl; e poi, il ###, si è spogliata in favore dei suoi soci ### e ### e della ### attualmente denominata ### srl dell'azienda comprendente il 99% della società ### srl, alla quale la proprietà immobiliare era stata trasferita. 
Allo stato, risultano insoddisfatti i seguenti crediti della fallita ### srl, sorti prima del 30.12.2009 (data del conferimento immobiliare): ### spa per ruoli d'imposta anno 2004, cartella n. R ######, notificata il ###, per €.  409.343,80 (doc, 12); ### spa per ruoli d'imposta anno 2004, cartella n. R ######7200190000 notificata il ### per €. 150.212,90 (doc. 13); ### delle ### in base al verbale ###/2012 relativo all'anno d'imposta 2008, che ha accertato maggiori imposte evase per €. 268.015 (doc, 14); #### spa, ammesso al passivo per crediti risalenti al 2005, per €. 178.818,24 oltre interessi moratori maturati alla data del fallimento (doc. 15/e); ### ammesso al passivo per crediti risalenti al 8/2009‐11/2009, per €. 158.532,08 oltre interessi moratori maturati alla data del fallimento (doc, 15/h); ### spa, ammesso al passivo per crediti risalenti al 05/2009, per €. 99.468,10 oltre interessi (doc. 15/n); i lavoratori ######## ammessi al passivo per ragioni di credito in parte maturate prima del 30.12.2009 (doc. 15/d‐f‐g‐ H‐m). 
Risultano parimenti insoddisfatti i seguenti crediti della fallita ### srl, sorti tra il ### ed ii 15.03.2011 (data della scissione): ### srl, ammesso al passivo per crediti risalenti ai febbraio/maggio 2011, per €. 19.934,55 oltre interessi maturati alla data del fallimento (doc. 15/a); ### srl, ammesso al passivo per crediti risalenti al 02/2011, per €. 15.270,20 oltre interessi moratori maturati alla data del fallimento (doc. 15/b). 
A fronte di tali accertamenti, aventi riscontro documentale e fatti pacifici, si rivela destituito di pregio e di fondamento l'assunto degli appellanti secondo cui “l'operazione non aveva avuto intento fraudolento né effetto pregiudizievole, ma che aveva invece prodotto effetti favorevoli per la ### S.r.l. (poi ### S.r.l.), che nel 2011 si era “liberata” di ingenti debiti, pagati dalla ### S.r.l” e “che alcune posizioni debitorie erano sensibilmente diminuite post scissione”. 
Neanche la critica vertente sulla ritenuta esistenza dell'elemento soggettivo risulta fondata. 
Sul punto il ### ha così argomentato “… per quanto concerne la conoscenza del pregiudizio recato ai creditori della scissa ### s.r.l., è sufficiente osservare che la neocostituita ### s.r.l. era partecipata al 99% da ### (quest'ultimo anche amministratore unico) ed all'1% da ### sicché anche stavolta l'intera operazione negoziale veniva posta in essere da soggetti aventi ruoli apicali in entrambe le società. 
Ancora, le quote della newco ### erano detenute da ### e ### e non già dalla scissa ### s.r.l., da ciò essendo conseguita la sottrazione ai creditori della fallita della garanzia patrimoniale su tutto l'attivo trasferito”. 
Anche in questo caso corretta è la logica ricostruzione dell'elemento soggettivo operata dal primo giudice e che, in quanto non specificamente contestata in fatto in alcuna delle sue articolazioni, vale a depotenziare radicalmente la generica affermazione degli appellanti principali secondo cui la curatela “non ha provato l'elemento soggettivo” e che detto elemento “non può essere provato per presunzioni”, affermazione quest'ultima in contrasto con la giurisprudenza sopra richiamata in tema di prova dell'elemento soggettivo nell'ambito dell'azione revocatoria. 
Inconcludente è poi l'affermazione secondo cui non sarebbe configurabile il consilium fraudis nella società beneficiaria, la ### s.r.l., perché non ancora esistente e priva di personalità giuridica. 
È noto che gli stati soggettivi di buona o mala fede, di scienza o di ignoranza di determinate circostanze non possono essere riferiti alla persona giuridica come tale, poiché presuppongono atteggiamenti psichici ipotizzabili solo rispetto agli esseri umani. 
Appunto per questo si ritiene che, quando l'acquisto è riconducibile all'attività dei soggetti che costituiscono il necessario tramite dell'azione della persona giuridica (i c.d. organi), assumono rilevanza gli stati soggettivi di colui che ha posto in essere l'atto, giusta un principio che, enunciato espressamente dal legislatore in tema di rappresentanza (art.  1391 c.c.), va ritenuto applicabile anche in relazione all'attività delle persone giuridiche. 
Prima dell'iscrizione della costituenda società, la verifica in capo ad essa della scientia damni passa allora necessariamente per il tramite dell'atteggiamento psichico dei soci fondatori. 
Nella specie questi ultimi sono stati ### e ### ossia gli stessi componenti della società scissa poi fallita, la ### s.r.l.  (che contestualmente veniva denominata ### s.r.l.), i quali non potevano non conoscere la consistente debitoria, soprattutto di natura erariale, di cui continuava ad essere gravata in via esclusiva la scissa e alla quale alcuna quota di partecipazione veniva assegnata nella società di nuova costituzione; anzi, dalle complessive operazioni poste in essere, ossia quelle oggetto di impugnazione da parte della curatela, emerge, per le modalità e i tempi della loro esecuzione, un chiaro intento fraudolento volto allo “svuotamento” patrimoniale della società ### s.r.l.  (denominata in sede di scissione ### s.r.l.), che già alla data della prima operazione di conferimento del ramo aziendale (2009) aveva integralmente perso il capitale sociale, continuava ad essere gravata da consistente debitoria, era rimasta priva di beni aziendali e di altre risorse per farne fronte, tanto che solo un anno dopo l'avvenuta scissione veniva dichiarata fallita. 
Pure priva di fondamento è la critica concernente l'avvenuta condanna dei soci ### e ### alla restituzione al ### delle quote della beneficiaria, la ### s.r.l., atteso che la ricostituzione della garanzia patrimoniale in favore della massa dei creditori, conseguente al positivo esperimento del rimedio revocatorio, non potrebbe che avvenire a mezzo la restituzione alla società scissa di dette quote; infatti, come correttamente osservato dall'appellato ### il trasferimento del compendio scisso alla newco ### s.r.l., ha anche determinato la creazione delle nuove quote che nell'atto di scissione sono state assegnate ai soci della società scissa anziché alla fallita ### s.r.l.  (v. atto di scissione del 15.11.2011, nel fascicolo dell'appellato). 
Con il quinto motivo gli appellanti principali si dolgono della affermazione di effetti restitutori in favore della ### non previsti dall'art. 66 l.f. 
A loro avviso, l'accoglimento dell'azione revocatoria in materia fallimentare non produrrebbe, infatti, effetti restitutori in favore del fallito, comportando la sola inefficacia dell'atto rispetto alla massa dei creditori, così da consentirne l'assoggettamento alla esecuzione concorsuale. 
Il motivo è infondato e va rigettato.  ### degli appellanti principali è in netto contrasto con il consolidato principio reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, pienamente condiviso da questa Corte, secondo cui “l'azione revocatoria in ambito fallimentare ha un fisiologico effetto recuperatorio (cfr.  10233/2017; Cass. 15982/2018; Cass. ###/2018): in particolare è stato chiarito, in un caso parzialmente sovrapponibile a quello in esame in cui all'accoglimento di essa era seguita la condanna dell'acquirente alla restituzione dell'immobile al fallimento, che tale capo della decisione "come già chiarito da questa Corte (Cass. n. 17590 del 2005 cit.), assume, piuttosto, carattere derivativo della pronuncia di accoglimento della domanda revocatoria, sanzionando l'obbligo da essa nascente di porre il bene nella piena disponibilità della massa. Infatti, a differenza che nell'azione revocatoria ordinaria, il cui vittorioso esperimento consente al creditore istante di aggredire solo successivamente, con esecuzione individuale, il bene oggetto dell'atto revocato, l'accoglimento della revocatoria fallimentare si inserisce in una procedura esecutiva già in atto, caratterizzata dalla acquisizione di tutti i beni che devono garantire le ragioni dei creditori (vedi Cass. Sez. 1 n. 3757 del 1985; Cass. Sez. 1 2936 del 1978). ### del bene revocato alla massa attiva della procedura non ne comporta, pertanto, unicamente il recupero alla funzione di garanzia generale dei creditori sancita dall'art. 2740 c.c. a carico del patrimonio del debitore esecutato, ma conferisce al curatore (cui compete, ai sensi della L.Fall., art. 31, l'amministrazione del patrimonio del fallito, anche per quanto concerne i beni sopravvenuti) il potere di apprensione del bene medesimo non soltanto per sottoporlo ad espropriazione, ma anche per gestirlo nell'interesse della massa." (cfr. Cass. ###/2018 in motivazione).” (così Cass. n.22153/2021). 
Con il sesto motivo gli appellanti principali contestano la disciplina delle spese di lite. 
Oltre a ritenere ingiusta la soccombenza nel primo grado del giudizio, essi censurano il criterio di attribuzione delle spese adottato in quanto iniquo e contraddittorio. 
Mentre, infatti, nel giudizio iscritto al n. 5013/17 R.G. al rigetto delle domande della ### è seguita la compensazione delle spese per la “novità della questione” e la circostanza che “l'ammissibilità della revocatoria dell'atto di scissione parziale - con le conseguenti ricadute circa i rapporti con il rimedio di cui all'art. 2506 quater c.c. - è stata ammessa dalla giurisprudenza di legittimità soltanto successivamente all'instaurazione del giudizio”, nel giudizio iscritto al n. 1877/2013 R.G., pur vertente sulla medesima questione ritenuta nuova (l'ammissibilità o meno della revocatoria di scissione), il Giudice ha optato per la condanna alle spese delle parti convenute. 
Il motivo è infondato e va rigettato. 
La condanna dei convenuti al pagamento delle spese di lite per il giudizio iscritto al n. 1877/2013 R.G. è stata chiaramente fondata sul principio della soccombenza in conformità al disposto di cui all'art. 91 c.p.c. che disciplina il principio generale di soccombenza, secondo cui: "Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa". 
Va rammentato poi che la compensazione delle spese del giudizio è l'espressione di un potere discrezionale attribuito dalla legge e non un diritto delle parti, sebbene il giudice non possa mai addebitare le spese a una parte totalmente vittoriosa senza gravi ed eccezionali ragioni. 
In ogni caso, la decisione del primo giudice non si è fondata solo sulla questione dibattuta (l'ammissibilità della revocatoria dell'atto di scissione) che avrebbe potuto costituire in ipotesi una ragione per la loro compensazione. 
Passando all'esame dell'impugnazione proposta dall'appellato ### (come illustrata nell'atto di costituzione), essa - nella parte in cui ha ad oggetto l'autonoma statuizione di rigetto della domanda ex art. 2506 quater c.c., proposta in diverso giudizio, recante il n. 5013/2017 R.G., riunito in primo grado per ragioni di opportunità” (v. ordinanza del 1° dicembre 2022) a quello iscritto al n. 1877/2013 R.G. (avente ad oggetto l'azione revocatoria)- va dichiarata inammissibile. 
Nella specie, ad avviso di questa Corte, Il termine per l'impugnazione della decisione deve ricondursi alla data del 13.09.2023 (v. notifica della sentenza nel fascicolo degli appellanti), nella quale lo stesso ### ha eseguito la notificazione della sentenza nei confronti degli appellanti; infatti “In tema di notificazione della sentenza ai sensi dell'art. 326 cod.  proc. civ., il termine breve di impugnazione di cui al precedente art. 325, decorre, anche per il notificante, dalla data in cui la notifica viene eseguita nei confronti del destinatario, in quanto gli effetti del procedimento notificatorio, quale la decorrenza del termine predetto, vanno unitariamente ricollegati al suo perfezionamento e, proprio perché interni al rapporto processuale, sono necessariamente comuni ai soggetti che ne sono parti” (Cass. S.U. n° 6278/2019); sicché alla data del deposito della comparsa contenente l'appello avverso la decisione di rigetto della domanda proposta ai sensi dell'art. 2506 quater c.c., avvenuto il ###), il termine breve per l'impugnazione era ampiamente decorso. 
Va dunque, esaminato l'altro motivo, questo da qualificarsi come appello incidentale, con il quale la ### contesta la statuizione relativa alla liquidazione delle spese nel giudizio iscritto al n. 1877/2013 R.G., poste a carico dei soccombenti, siccome operata facendo riferimento ai criteri di cui al d.m. n. 55/2014 (come modificato dai d.m. n. 37/2018 e 147/2022) relativi ai giudizi di valore indeterminabile. 
Assume che il valore della controversia era ben determinabile all'esito dell'istruttoria, tenuto conto della documentazione prodotta in atti e della espletata CTU (che ha quantificato in 3,7 MLN/€ l'attivo distratto con gli atti revocati ed in 1,3 MLN/€ il netto patrimoniale distratto con gli atti revocati) e che, pertanto, il ### erroneamente applicando lo scaglione previsto per le cause di valore indeterminabile, abbia liquidato un compenso inferiore ai minimi tariffari previsti per lo scaglione corretto. 
Il motivo è infondato. 
Nei giudizi di revocatoria il valore della causa non si determina con riferimento al valore dei cespiti sottratti alla garanzia dei creditori. 
Infatti il D.M. n. 155 del 2014, art. 5, come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 e dal D.M. 147/22, stabilisce, con specifico riferimento ai giudizi per azioni surrogatorie e revocatorie, che nella liquidazione dei compensi a carico del soccombente deve aversi riguardo all'entità economica della ragione di credito alla cui tutela l'azione è diretta. 
E ciò, peraltro, in conformità con l'univoco orientamento della Suprema Corte, in forza del quale il valore della causa relativa ad azione revocatoria si determina in base al credito vantato dall'attore, a tutela del quale viene proposta l'azione revocatoria stessa (Cass., n. 3697/2020; Cass. 10089/2014; Cass., n. 18348/2004). 
Nella specie, tuttavia, in mancanza di una specifica indicazione da parte dell'appellante incidentale del complessivo ammontare dei crediti a tutela dei quali è stata esperita l'azione, correttamente il giudice di primo grado ha considerato la causa di valore indeterminabile; ciò in conformità al disposto di cui al comma 5 del menzionato articolo secondo cui “### il valore effettivo della controversia non risulti determinabile mediante l'applicazione dei criteri sopra enunciati, la stessa si considererà di valore indeterminabile”. 
Alla luce delle considerazioni tutte che precedono l'appello proposto dal ### avverso la statuizione di rigetto della domanda ex art. 2506 quater c.c. (n. 5013/2017 R.G.) va dichiarato inammissibile perché tardivo e gli appelli, principale e incidentale, vanno rigettati con la conferma della sentenza impugnata. 
Stante la reciproca soccombenza, le spese di lite vanno integralmente compensate tra le parti. 
Sussistono, infine, i presupposti per il versamento, da parte degli appellanti principali e dell'appellante incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione proposta.  P.Q.M.  La Corte, ###, nella composizione di cui in intestazione, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: 1. dichiara inammissibile l'appello proposto dal ### avverso la statuizione di rigetto della domanda ex art. 2506 quater c.c. (n. 5013/2017 R.G.); 2. rigetta l'appello principale e incidentale e conferma la sentenza impugnata; 3. compensa tra le parti le spese di lite; 4. dà atto della sussistenza dei presupposti perché gli appellanti, principali e incidentale, siano tenuti al versamento del contributo in misura doppia rispetto a quanto stabilito per l'introduzione del presente giudizio, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, DPR n. 115/2002.  ### nella ### di consiglio del 23 settembre 2025 ### estensore ### dr.ssa ### dr.ssa

causa n. 1032/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Del Forno Maria Elena, Giuliano Giuliana

M
2

Tribunale di Genova, Sentenza n. 331/2025 del 25-07-2025

... Alla luce di tale norma, in caso di cessione di azienda (o di ramo d'azienda), l'alienante non è liberato dalle obbligazioni conseguenti all'esercizio dell'impresa, insorte prima della cessione, se non con il consenso dei creditori. Mentre la responsabilità per detti debiti si estende, ex lege, al cessionario, che diviene obbligato in solido, solo se “risultano dai libri contabili obbligatori”. La giurisprudenza è univoca, da lungo tempo, nell'affermare che in caso di cessione d'azienda (o di un suo ramo) o di conferimento di essa in una società “… la società conferitaria risponde dei debiti, inerenti l'azienda risultanti dai libri contabili obbligatori, ed il conferente non è liberato dai debiti suddetti, se il creditore non vi abbia consentito, restando escluso che la mera (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE di GENOVA Sezione Lavoro Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 2815/2023 promossa dai sig.ri: -### nata a ### il 21 marzo 1943 (####), -### nato a ### il 10 aprile 1970 (####) e -### nato a ### il 25 giugno 1971 (####), in proprio e nella qualità di eredi del sig. ### (nato a ### il 18 febbraio 1944 e deceduto in ### il 9 settembre 2021), elettivamente domiciliati in #### della ### 14/18 presso e nello studio dell'avv. ### B. Storace, che li rappresenta e difende anche in via disgiunta con l'avv. ### in forza di procura allegata al ricorso depositato in via telematica (#### e ###) -ricorrenti
CONTRO ### spa con sede in #### 220 (P. Iva ### - CF ###) in persona del legale rappresentante pro tempore e ###.  ### nato a ### il 13 marzo 1965, codice fiscale ###, in virtù dei poteri conferitigli dal Consiglio di ### del 21 dicembre 2021, rappresentata e difesa dall'### (pec: ###) del foro di ### per procura allegata alla memoria di costituzione, elettivamente domiciliata nello studio dell'Avv. ### in #### 2/32 -convenuto
Conclusioni delle parti ### “previa ogni occorrenda pronunzia, ritenuta per i motivi esposti la responsabilità della convenuta, condannare ### s.p.a. al risarcimento in favore dei ricorrenti - quali eredi del sig. ### - del danno non patrimoniale complessivamente patito dal dante causa, da quantificarsi in € 356.400,00 o nella diversa somma che sarà determinata dal Giudice Ill.mo nel rispetto dei principi esposti, nonché al risarcimento in favore dei ricorrenti - a titolo proprio - del danno non patrimoniale per la perdita del congiunto, da quantificarsi in € 265.835,00 per la sig.ra ### € 242.280,00 per il sig. ### ed € 222.090,00 per la sig. ### (tabella danno parentale “integrata” ### 2022), salva diversa determinazione equitativa da parte del Giudice Ill.mo; vinte le spese e competenze di giudizio, da liquidarsi con distrazione in favore dei difensori antistatari”; ### “Piaccia al Tribunale Ill.mo, contrariis reiectis, per tutti i motivi esposti nel presente atto: In via preliminare, gradata: a) Dichiarare il difetto di legittimazione passiva e/o il difetto di titolarità passiva e comunque l'estraneità ai fatti di causa di ### e conseguentemente respingere immediatamente il ricorso; b) Dichiarare l'incompetenza per materia del Giudice del ### adito, in quanto competente il Giudice Ordinario a decidere sulle domande formulate in ricorso; c) Dichiarare l'inammissibilità della domanda di risarcimento dei danni alla luce della normativa di assicurazione sugli infortuni e malattie professionali dei lavoratori. 
Nel merito, ferme le predette assorbenti eccezioni e relative domande d) Respingere tutte le richieste risarcitorie dei ### in quanto infondate sia in fatto che in diritto e comunque non provate; e) Nella denegata ipotesi di mancato accoglimento delle superiori domande, in via subordinata, accertare e dichiarare la responsabilità e/o corresponsabilità del sig. ### per i fatti di cui è causa, pertanto, respingere in tutto o in parte le domande attoree ai sensi dell'art. 1227 cc. 
Con vittoria delle spese di lite”. 
Motivi della decisione 1. Con ricorso depositato telematicamente in data ###, i sig.ri #### e ### in proprio e quali eredi del sig.  ### (nel seguito, per brevità, anche solo il “de cuius”, o il “dante causa”, o il “lavoratore”), marito dalla prima e padre degli altri ricorrenti, deceduto in ### il 9 settembre 2021 (doc. 1 ric.), in tesi a seguito di malattia professionale (mesotelioma pleurico) riconducibile all'attività lavorativa svolta presso ### (ritenuta dante causa della convenuta), hanno convenuto in giudizio ### (nel seguito, per brevità, anche solo “FINTECNA”), per sentirla condannare a risarcirli, quali eredi del de cuius, del danno non patrimoniale patito da questi in vita, nonché, “a titolo proprio”, del danno non patrimoniale conseguente alla perdita del rapporto parentale. 
I ricorrenti hanno dedotto, a tale scopo, quanto segue. 
Il sig. ### è deceduto, il 9 settembre 2021, a causa di un mesotelioma pleurico metastatico (v. ancora doc. 1 ric.), diagnosticatogli nel luglio/agosto 2020 (v. doc.  sanitaria, docc. 1, 2 e da 23 a 27 ric.). 
Il de cuius aveva lavorato, dal 27.1.1971 al 30 aprile 1985, presso lo stabilimento siderurgico ### di ### - ### con mansioni di “addetto centro rimpiazzi”, di “agganciatore e deviatore carri ferroviari” presso il reparto ### ferroviaria - MOF (1971-28.2.1976), infine (dal 1°.3.1976 al 30.4.1985) di “riparatore meccanico” presso il reparto ### - ### (nel seguito, “MANGRU”) del ### centrale di manutenzione - Scm (doc. 11, curriculum professionale rilasciato da ### oggi ###. 
Il menzionato rapporto lavorativo è riconducibile all'odierna convenuta, come risulta dal predetto ### professionale (doc. 11 ric.), rilasciato al de cuius da ### (allora ### quale avente causa delle società siderurgiche pubbliche ex datrici di lavoro durante il periodo considerato, e come confermato dal compendio documentale offerto in comunicazione (docc. da 35 a 52 ric.). 
Nello stabilimento di ### i materiali contenenti amianto sono stati ampiamente utilizzati, fino all'inizio degli anni '90. 
Quale addetto al reparto ### ferroviaria (###, il sig. ### circolava nelle varie arre dello stabilimento, caricando, scaricando e trasportando ghisa, acciaio, materie prime, semilavorati, ma anche (nella zona dell'acciaieria e dell'altoforno) materiali occorrenti per la colatura dell'acciaio nelle lingottiere, scorie e materiali provenienti dalle pulizie, dal rifacimento delle siviere, dalle camere dei fumi. 
Inoltre, si occupava della manutenzione dei carri ferroviari e dei locomotori e così, in particolare, della regolazione e sostituzione degli impianti frenanti che montavano ferodi in amianto. 
Gli operatori del reparto ### si occupavano della manutenzione e della riparazione di tutti gli organi ed apparati dei carriponte e degli altri mezzi di sollevamento in uso presso lo stabilimento e così, in particolare, dell'ispezione, regolazione, manutenzione e sostituzione degli elementi di attrito ### degli organi frenanti dei predetti mezzi, contenenti amianto almeno fino al 1992.  ###à di manutenzione in questione prevedeva anche la realizzazione dei ferodi, la sostituzione dei pannelli in amianto posti a protezione delle cabine delle gru esposte a intense fonti di calore e la collaborazione con gli elettricisti, che operavano sulle parti elettriche dei mezzi, isolate con amianto. 
In occasione degli interventi effettuati in prossimità di impianti a caldo, il sig.  ### e i suoi colleghi dovevano indossare, inoltre, tute, cappotte e guanti di amianto e talvolta proteggersi con pannelli di amianto. 
Tutte le operazioni di esercizio e di manutenzione avvenivano senza alcuna precauzione volta ad evitare o ad abbattere i livelli d'inquinamento e l'inalazione delle fibre d'amianto. 
Gli ambienti di lavoro, nello stabilimento, erano, più in generale, molto polverosi e inquinati; polveri e sostanze erano costantemente in sospensione a causa della continua movimentazione dei materiali, dell'assenza di adeguati impianti di aspirazione e abbattimento e della mancata adozione di precauzioni di sorta. ### non ha mai fornito al lavoratore e ai suoi colleghi mezzi di protezione dalle polveri e dalle fibre, né li ha informati circa la pericolosità delle polveri contenenti fibre di amianto e circa le cautele da adottare in presenza di dette polveri.  “All'interno dello stabilimento non è mai stata esercitata vigilanza sull'effettivo uso dei mezzi individuali di protezione contro le polveri nocive”.  “Le istruzioni lavorative impartite dalla stessa azienda ### e relative ai reparti di cokeria, fonderia, acciaieria, fucinatura e laminazione imponevano l'uso di amianto grezzo e in manufatti (da trattare anche con getti di aria compressa per la pulizia dei pezzi) senza indicare alcuna specifica misura protettiva atta a limitare almeno gli effetti nocivi dell'inalazione di polveri e fibre disperse”.   Nell'allegata relazione del dott. ### <<… ex responsabile dello ### di ### ma perfettamente calzante anche per quello di ### inviata da ### all'INAIL in data ### (ved. doc. 17), è riportato che “amianto e materiali che in vario modo lo contenevano furono di uso comune a ### come in tutte le altre realtà produttive. Essi vennero impiegati: per la coibentazione termica e l'isolamento degli impianti; in alcune fasi dei cicli di produzione e di manutenzione; quali componenti di tessuti e materiali con i quali venivano confezionati indumenti di lavoro e di sicurezza”.  7. Per quanto attiene le attività alle quali il sig. ### è stato lungamente addetto, in tale documento così si descrive l'attività del personale del reparto ### “eseguono le ispezioni e la manutenzione, programmata o di pronto intervento, su tutti gli organi (di movimento, di sollevamento, di frenatura) elettrici, meccanici, oleodinamici dei carroponti e degli apparecchi di sollevamento dello stabilimento”;[…] “le operazioni di manutenzione programmata e di pronto intervento effettuate dal personale di stabilimento… prevedevano l'impiego di materiali contenenti amianto… gli interventi erano relativi a… ripristino e la manutenzione dei freni di gru, carroponti e locomobili vari. La manutenzione e la sostituzione di pannelli anticalore montati su locomobili”>>.  <<Ai lavoratori addetti agli stabilimenti di ### e ### con mansioni sia operaie, sia di impiegato tecnico, è stata riconosciuta dall'### l'esposizione qualificata ad amianto ex l.  n. 257/1992 fino a tutto l'anno 1992 (doc.22 Linee guida #### 8.3.2001)>>.  Il lavoratore nell'estate 2020 ha iniziato ad accusare tosse persistente e difficoltà respiratorie. I successivi accertamenti hanno portato alla diagnosi di mesotelioma, di cui il sig.  ### è sempre stato consapevole.   La malattia ha avuto un decorso rapido e severo e, pertanto, ha richiesto quasi da subito l'adozione della terapia del dolore, somministrata grazie all'assistenza dell'#### la malattia, il de cuius è stato amorevolmente assistito dalla moglie e dai figli.   L'### ha riconosciuto la natura professionale della malattia che ha colpito il sig.  ### e, a seguito di domanda amministrativa del 16.6.2021, ha riconosciuto allo stesso, con provvedimento del 7.9.2021, “una menomazione psicofisica che dava diritto alla costituzione di una rendita diretta” per invalidità dell'80% (docc. 28 e 30 ric.). Inoltre, è stata accordata la rendita ai superstiti, a favore della sig.ra ### odierna ricorrente (docc. 29 e 30 ric.).   ### professionale della patologia non è, dunque, in discussione. 
Del resto, il mesotelioma è tipicamente riconducibile all'esposizione all'amianto, tanto che è considerato un tumore maligno “patognomonico”, cioè, indicante la sua origine. Nella quasi totalità dei casi diagnosticati è infatti documentabile una sicura esposizione all'amianto, mentre nei pochissimi casi restanti tale esposizione non può essere esclusa in termini assoluti. 
Nel caso di specie, l'esposizione è stata determinata da circa 15 anni di lavoro (dal 1971 al 1985), trascorsi svolgendo “… mansioni comportanti esposizione quotidiana all'amianto, in ambienti lavorativi caratterizzati da presenza di polveri, senza alcuna misura di isolamento delle fonti inquinanti, abbattimento o aspirazione e senza mezzi di protezione individuale”. 
A distanza di circa 45 anni dall'inizio dell'esposizione, il lavoratore ha iniziato ad accusare i sintomi della malattia, in perfetta compatibilità cronologica con il c.d. tempo di latenza del mesotelioma stimato dal ### (###. 
La condotta datoriale omissiva (e commissiva, consistente nell'adozione di modalità lavorative tali da esporre i lavoratori, senza difesa, ad un potente cancerogeno) è tanto più grave considerata, da un lato, la rilevante dimensione e l'importanza dell'azienda ex datrice di lavoro, dall'altro lato la piena conoscenza (o comunque la conoscibilità) a livello scientifico, già in epoca di molto anteriore all'inizio del rapporto di lavoro, del pericolo costituito dalle polveri di amianto anche sotto il particolare profilo della loro cancerogenicità.
Comunque, configurandosi una violazione dell'art. 2087 c.c., una volta che il lavoratore abbia allegato e provato l'obbligazione lavorativa, il danno e la riconducibilità di questo alla prestazione lavorativa, incombe al datore di lavoro provare di aver adempiuto al proprio obbligo di sicurezza, ovvero che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile (prova liberatoria). 
Come premesso, dei danni subiti dai ricorrenti deve rispondere ### quale società in cui sono confluiti i rapporti giuridici riconducibili alle vecchie gestioni “pubbliche” degli stabilimenti siderurgici di ### “riassumibili sotto la denominazione di ITALSIDER”.  1.1. ### si è ritualmente costituita in giudizio, con memoria depositata telematicamente, chiedendo dichiararsi il difetto di legittimazione passiva e/o di titolarità passiva e comunque la propria estraneità ai fatti di causa, con conseguente reiezione del ricorso. In subordine, dichiararsi l'incompetenza per materia del Giudice del lavoro, sia in merito alle domande di risarcimento del danno jure proprio (in quanto ex art. 2043 c.c.), sia in relazione alle altre domande, fondate sulla disciplina del trasferimento d'azienda (art. 2560 c.c.).   ### il proprio coinvolgimento sarebbe ancor meno giustificabile dato che il ricorrente non ha fatto menzione del precedente periodo lavorativo (1.8.1957 - 31.12.1973), presso altra datrice di lavoro, e neppure della prosecuzione dell'attività lavorativa (dall'1.5.1985 al 31.8.1995) presso lo ### di ### “… ma alle dipendenze di ### di ### del ### - ### fusa nel 1977 in ### - ### c.f. 1435690158, oggi in ### Straordinaria…”. 
In ulteriore subordine, la resistente chiede la reiezione delle domande, in quanto infondate nel merito, perché l'attività lavorativa svolta dal sig. ### non ne ha comportato l'esposizione ad amianto, perché, in ogni caso, le conoscenze scientifiche e tecniche del tempo e gli strumenti allora a disposizione non avrebbero consentito di prevenire l'inalazione delle fibre, perché nessuna specifica norma di legge in materia di salubrità degli ambienti di lavoro è stata violata, perché non vi è prova del nesso causale tra l'attività lavorativa e la malattia del sig.  ### perché la diagnosi di mesotelioma appare poco probabile. 
In estremo subordine, la resistente ha invocato l'applicabilità dell'art. 1227 c.c. nel caso dell'accertamento giudiziale del mancato utilizzo, da parte del de cuius, dei presidi a tutela della propria salute.  1.2. La causa è stata istruita documentalmente e con l'escussione di alcuni testi (###### e ###. È stata licenziata, poi, CTU medico legale. Al termine della ### la causa è stata discussa oralmente dai difensori delle parti (che hanno infine richiamato le conclusioni di cui ai rispettivi atti) e decisa con dispositivo letto nell'udienza del 24.3.2025.  2. Le domande sono fondate, nei termini e per le ragioni che seguono.  3. Innanzitutto, a fronte dell'eccezione d'incompetenza (per materia) di cui alla memoria di ### deve osservarsi quanto segue. 
In caso di morte del lavoratore avvenuta in conseguenza del rapporto di lavoro (a seguito di infortunio sul lavoro, ovvero di malattia professionale), gli eredi del lavoratore deceduto subentrano nel patrimonio del de cuius e, dunque, anche nel diritto al risarcimento del danno conseguente all'infortunio o alla malattia professionale, già entrato a far parte del patrimonio del dante causa. 
In relazione a tale danno (patrimoniale e/o non patrimoniale) gli eredi si trovano nella medesima posizione del lavoratore deceduto e l'azione da loro esperibile (detta iure successionis) conserva tutte le caratteristiche dell'azione di cui era titolare il de cuius, con conseguente configurabilità di una responsabilità di natura ### contrattuale e attribuzione della controversia al giudice del lavoro. 
E' ben vero che, “… in tema di risarcimento del danno per sinistro verificatosi durante la prestazione lavorativa, il risarcimento può essere richiesto al datore di lavoro con due distinte azioni una proposta a titolo di responsabilità contrattuale e l'altra a titolo di responsabilità extracontrattuale, la scelta tra le due azioni e l'eventuale loro esercizio cumulativo nel processo rientrano nel potere dispositivo della parte, con la conseguenza che, ove la parte opti per una di esse, non è consentito al giudice, in violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., sostituirsi all'attore nella scelta che avrebbe potuto operare ed accogliere la domanda in base ad un titolo diverso (Cass 6 agosto 2002, n. 11766, Cass. 29 settembre 2003, n 14498)” (Cass. n. 2506/2012).  “[A]l fine di qualificare l'azione come proposta a titolo di responsabilità contrattuale del datore di lavoro non rileva il mero richiamo dell'art. 2087 cod. civ. o delle altre disposizioni legislative strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro, occorrendo, invece, la specifica deduzione di un comportamento inadempiente del datore di lavoro, dal quale, secondo la prospettazione attorea, sia derivato il danno lamentato (Cass. 27 luglio 2010, n. 17547; ### 8 luglio 2008, n 18623, Cass. SU 11 luglio 2001, n 9385)” ###.
Nella specie, non pare potersi dubitare che i ricorrenti, quali eredi del de cuius, abbiano dedotto e posto a base delle domande (iure hereditario) gli inadempimenti datoriali degli obblighi di sicurezza e di salvaguardia della salute del lavoratore, così invocando la responsabilità contrattuale di controparte. 
Comunque, in caso di esercizio cumulativo - ma, nella specie, a tenore del ricorso, quanto meno residuale e subordinato alla mancata individuazione di specifici inadempimenti contrattuali - dell'azione (iure hereditario) per responsabilità aquiliana, la causa risulterebbe unica ed inscindibile, da trattarsi, dunque, in simultanueus processus innanzi al giudice del lavoro. 
I congiunti del lavoratore (che possono coincidere o meno con gli eredi e la cui legittimazione attiva - in questo caso - prescinde comunque dalla qualità di eredi) possono, inoltre, far valere il diritto, iure proprio, al risarcimento del pregiudizio personale (patrimoniale e/o non patrimoniale) conseguente al decesso del congiunto (in relazione alla sofferenza e al turbamento psichico, all'eventuale lesione all'integrità psico-fisica e/o alla perdita economica che possano avere subito, quali soggetti più vicini, legati da vincoli familiari al de cuius). 
I ricorrenti hanno proposto, nel presente giudizio, anche domanda di risarcimento iure proprio. 
Pur esistendo alcune decisioni di diverso segno, si ritiene di aderire all'indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte, secondo cui anche tale tipo di pretesa risarcitoria rientra nella competenza del Giudice del lavoro, in quanto “per controversie relative a rapporti di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 409, n. 1, c.p.c., debbono intendersi non solo quelle relative alle obbligazioni propriamente caratteristiche del rapporto di lavoro, ma tutte le controversie in cui la pretesa fatta valere in giudizio si ricolleghi direttamente al detto rapporto, nel senso che questo, pur non costituendo la causa petendi di tale pretesa, si presenti come antecedente e presupposto necessario, e non già meramente occasionale, della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale, essendo irrilevante l'eventuale non coincidenza delle parti in causa con quelle del rapporto di lavoro” (Cass. n. 17092/2012). 
Alla luce di tale ricostruzione, anche le domande risarcitorie proposte iure proprio devono essere trattate con il rito del lavoro, essendo tale rito applicabile, ai sensi dell'art. 409 c.p.c., a qualsiasi controversia che trovi nel rapporto di lavoro la ragione giustificativa della domanda, ancorché la causa si svolga tra soggetti diversi da quelli del rapporto di lavoro medesimo.
Comunque, se anche si volesse ritenere che la domanda iure proprio non dia luogo ad una controversia di lavoro, si dovrebbe pur sempre rammentare che <<[a]lla luce del nuovo testo dell'art. 38, primo comma, cod. proc. civ., si è verificato un tendenziale avvicinamento tra la competenza per territorio derogabile e quella inderogabile, posto che quest'ultima può ormai essere rilevata solo entro un ristretto limite di tempo; ne consegue che, qualora due domande connesse siano proposte in uno stesso giudizio, tra le stesse parti e riguardino lo stesso fatto, la competenza per territorio inderogabile, prevista per una delle due domande, cede alla competenza determinata secondo le regole che disciplinano la connessione, per consentire la realizzazione del "simultaneus processus">> (Cass. ord. n. 18606/2005, ex multis). 
Pertanto, la riunione dei giudizi relativi alle domande proposte dai ricorrenti iure proprio e iure hereditario risulterebbe comunque possibile ed anzi opportuna “a fronte della medesimezza dei fatti storici e delle stesse causae petendi a sostegno delle domande”, con conseguente applicabilità dell'art. 40 c.p.c. (v. Cass. n. 10578/2018; v. inoltre, per un'ipotesi di riunione innanzi alla ### lavoro della S.C. dei ricorsi proposti avverso le decisioni di merito sulle separate domande, formulate rispettivamente per il risarcimento del danno iure proprio e di quello iure hereditario, Cass. n. 18503/2016, nella quale si è anche evidenziato che l'esigenza di riunione e trattazione congiunta consegue alla necessità di rispettare i principi del giusto processo di cui all'art. 111 Cost e della sua ragionevole durata). 
Pertanto, l'eccezione d'incompetenza del Giudice del lavoro sollevata dalla difesa della convenuta (recte, d'inapplicabilità del rito del lavoro, dato che la ripartizione delle cause tra sezione lavoro e sezioni ordinarie del tribunale non implica l'insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all'interno dello stesso ufficio: cfr. Cass. ord. n. 20494/2009, ord. n. 15391/2004, S.U. n. 1045/2000) deve essere respinta.  3.1. ### della convenuta, riferita all'inerenza della causa alla (sola?) disciplina in materia di trasferimento d'azienda [v. pag. 35 della memoria di costituzione: “la prospettata responsabilità di ### spa, così descritta nel ricorso, non scaturisce dall'art. 2087 c.c., bensì, eventualmente, dalla diversa disciplina del trasferimento d'azienda e in particolare dall'art. 2560 c.c. (sulla sorte dei debiti nei conferimenti)”] risulta incomprensibile, prima ancora che infondata. 
È evidente, infatti, che la vertenza concerne il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti in vita dal de cuius a causa della dedotta malattia professionale e di quelli, del pari non patrimoniali, sofferti dai familiari per la perdita del congiunto a causa della stessa patologia. Sussistendo gli estremi della responsabilità datoriale, occorre individuare il soggetto obbligato al risarcimento dei danni. Ma non per questo la causa cessa di essere una causa di lavoro. 
Comunque, più in generale, non sfuggono certo alla competenza funzionale del giudice del lavoro l'accertamento del credito del lavoratore, nascente dall'attività lavorativa svolta, e la conseguente condanna al pagamento, anche qualora la condanna stessa debba pronunciarsi in danno del cedente e/o del cessionario dell'azienda e/o dell'avente causa del datore di lavoro. 
Anche in questo caso, la vertenza non cessa di essere una causa di lavoro.  4. Numerose sentenze della ### lavoro del Tribunale di ### ed anche della ### lavoro della Corte di Appello di ### (da ultimo altresì confermate dalla Suprema Corte: v.  infra), hanno affermato la “legittimazione passiva” (o “titolarità passiva”) di ### a fronte di domande proposte da familiari ed eredi di lavoratori che hanno sviluppato gravi patologie a seguito di esposizione ad amianto avvenuta durante la prestazione dell'attività lavorativa alle dipendenze della c.d. prima ### o comunque delle società siderurgiche pubbliche, presso lo stabilimento siderurgico di ### - ### È utile rammentare, tra le più recenti pronunce della ### quella in data ###, nel proc. n. 1351/2018 RG, e quella in data ###, nel proc. n. 133/2021 RG, che saranno ampiamente richiamate nel seguito.  4.1. Ebbene, è pacifico tra le parti che il sig. ### abbia lavorato presso il detto stabilimento, quale dipendente di ### “pubblica” - la “prima” ### nel seguito per brevità “###”, poi “### ITALSIDER” -, tra il ### e il ### (v. infra). 
Assumono rilievo, al fine di verificare se l'obbligazione risarcitoria insorta in capo alla ### “pubblica” (nel seguito, per semplicità, anche solo “ITALSIDER”), per effetto (come si vedrà nel seguito) della violazione da parte di essa degli obblighi di cui all'art. 2087 e della normativa a tutela della salute dei lavoratori (nonché del generale principio del neminem laedere), si sia trasferita in capo a ### diverse vicende societarie, verificatesi tra il 1981 e il 2000.  4.2. È utile rammentare, allora, che nel periodo in questione è sempre stato vigente l'art.  2560 c.c. (rubricato “### relativi all'azienda ceduta”), ai sensi del quale: “### non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. 
Nel trasferimento di un'azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l'acquirente della azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”. 
Alla luce di tale norma, in caso di cessione di azienda (o di ramo d'azienda), l'alienante non è liberato dalle obbligazioni conseguenti all'esercizio dell'impresa, insorte prima della cessione, se non con il consenso dei creditori. Mentre la responsabilità per detti debiti si estende, ex lege, al cessionario, che diviene obbligato in solido, solo se “risultano dai libri contabili obbligatori”. 
La giurisprudenza è univoca, da lungo tempo, nell'affermare che in caso di cessione d'azienda (o di un suo ramo) o di conferimento di essa in una società “… la società conferitaria risponde dei debiti, inerenti l'azienda risultanti dai libri contabili obbligatori, ed il conferente non è liberato dai debiti suddetti, se il creditore non vi abbia consentito, restando escluso che la mera conoscenza del conferimento da parte del creditore e l'assenso ad emettere le fatture a nome della società conferitaria equivalgano a consenso alla liberazione del conferente dalla responsabilità per i succitati debiti” (Cass. n. 19454/2004). 
Pertanto, se la cessione è avvenuta senza che la cedente sia stata liberata dai debiti relativi all'azienda ceduta, “si determina una situazione di coobbligazione solidale fra la cedente ed il cessionario verso i creditori per detti debiti” (Cass. n. 12310/1999; conf. Cass n. 5341/1980); salvo rimanere essi a carico della sola cedente, se non risultino dalle scritture contabili. 
Nel periodo in considerazione, inoltre, le previsioni vigenti di cui all'art. 2112 (rubricato “### dell'azienda”) sono state le seguenti. 
Dapprima: “1. In caso di trasferimento dell'azienda, se l'alienante non ha dato disdetta in tempo utile, il contratto di lavoro continua con l'acquirente, e il prestatore di lavoro conserva i diritti derivanti dall'anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento.  2. ### è obbligato in solido con l'alienante per tutti i crediti che il prestatore di lavoro aveva al tempo del trasferimento in dipendenza del lavoro prestato, compresi quelli che trovano causa nella disdetta data dall'alienante, sempreché l'acquirente ne abbia avuto conoscenza all'atto del trasferimento, o i crediti risultino dai libri dell'azienda trasferita o dal libretto di lavoro. 3. Con l'intervento delle organizzazioni professionali alle quali appartengono l'imprenditore e il prestatore di lavoro, questi può consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.  4. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto dell'azienda”. 
Quindi, per effetto della novella di cui all'art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428: “1. In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.  2. ### e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.  3. ### è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario.  4. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto dell'azienda”. 
Dunque, ai sensi della prima formulazione dell'art. 2112 c.c., di cui sopra, la mancata prosecuzione del rapporto di lavoro con il cessionario, non determinava l'incondizionata liberazione del successore <<… dalle obbligazioni già esistenti in capo al dante causa nei confronti del prestatore d'opera, tant'è che la prima parte del secondo comma del già citato art.  2112 cod. civ. lo dichiara solidamente obbligato con "l'alienante per tutti i creditori che il prestatore di lavoro aveva al tempo del trasferimento in dipendenza del lavoro prestato, compresi quelli che trovano causa nella disdetta data dall'alienante" e ne consente la liberazione solo nella ipotesi in cui esistendo la disdetta [o comunque la soluzione di continuità del rapporto] e non potendo, perciò, presumersi la continuità del rapporto, il successore fornisca la prova di non essere venuto a conoscenza, per circostanze non imputabili alla sua negligenza, della esistenza dei debiti verso il lavoratore>> (Cass. n. 369/1988).  <<In mancanza di tale disdetta, e quindi perdurando il rapporto con l'acquirente, trova integrale applicazione il primo comma dell'art. 2112 cit., che garantisce al prestatore di lavoro la conservazione dei diritti derivanti dall'anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento.
Consegue che in questa ultima ipotesi l'acquirente, cessionario dell'azienda, è pienamente responsabile per i crediti del lavoratore, anche sorti anteriormente alla cessione, senza poter addurre la mancata conoscenza, o conoscibilità, degli stessi>> ###.  ### la successiva riscrittura, l'esonero del cessionario da responsabilità consegue all'insussistenza del rapporto di lavoro al momento del trasferimento (salva ovviamente l'applicazione dell'art. 2560 c.c.). Detta disciplina, dovuta alla novella di cui all'art. 47 della legge 29 dicembre 1990 n. 428 (di attuazione della direttiva del Consiglio delle ### europee n. 77\187 del 14 febbraio 1977), prevede infatti la solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti vantati dal lavoratore al momento del trasferimento d'azienda (a prescindere dalla conoscenza o conoscibilità degli stessi da parte del cessionario), ma esige all'uopo “… la vigenza del rapporto di lavoro e quindi non è riferibile ai crediti maturati nel corso di rapporti di lavoro cessati ed esauriti anteriormente al trasferimento d'azienda, così come peraltro espressamente prevede l'art. 3, punto 1, della citata direttiva, salva in ogni caso l'applicabilità dell'art. 2560 cod. civ.” (Cass. n. 12899/1997).   Dunque, essendo pacificamente cessato, il rapporto di lavoro de quo, nel 1985, dopo il trasferimento d'azienda del 1981 (e prima di quello del 1987), di cui infra, la seconda stesura dell'art. 2112 c.c. qui non rileva (a vantaggio dell'art. 2560 c.c.).   In ogni caso, ai sensi d'entrambe le menzionate formulazioni dell'art. 2112 c.c., delle obbligazioni nei confronti del lavoratore, relative all'azienda ceduta, esistenti al momento del trasferimento, continuava a rispondere la cedente, salva la liberazione da parte del creditore. 
Ebbene, di una tale liberazione non vi è alcuna traccia in atti. 
Per altro verso, è evidente che le obbligazioni risarcitorie qui in discussione non potevano risultare dalle scritture obbligatorie, al momento delle cessioni di cui infra, e non potevano essere conosciute dalle cessionarie, onde il secondo comma dell'art. 2560 c.c. non ha potuto certamente operare, al pari del secondo comma dell'art. 2112 c.c. nella sua originaria stesura.  4.3. Tuttavia, come chiarito dai giudici di legittimità, nulla impediva e impedisce alle parti, cedente e cessionaria, di pattuire nel contratto di cessione che la seconda “succeda” (senza effetto liberatorio della cedente nei confronti dei creditori che non vi abbiano consentito, in ossequio al 1° co. dell'art. 2560 c.c.) “nel complesso dei rapporti attivi e passivi inerenti [all'azienda o] al ramo di azienda ceduto, anche al di là di quanto previsto dall'art. 2560 c.c. (senza alcun riferimento cioè alle risultanze contabili o contenute nei libri obbligatori). volontà in tal senso delle parti deve ricercarsi nelle clausole contrattuali” (Cass. n. 5086/2012, relativa a fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto corretto il ragionamento della Corte territoriale, che aveva affermato la legittimazione passiva e la responsabilità della società cessionaria d'azienda, convenuta per il risarcimento del danno differenziale per malattia professionale contratta da un dipendente della cedente, <<sulla base della interpretazione delle clausole… del contratto…, che "andando oltre" la previsione di legge, hanno stabilito "la piena successione dell'acquirente in tutti i rapporti, anche obbligatori, facenti capo al ramo di azienda ceduto, indipendentemente dalle risultanze dei libri contabili obbligatori>>; v. già, in senso analogo, Cass. n. 612/1962, secondo cui <<### di una azienda commerciale non risponde dei debiti inerenti all'azienda ceduta, se non risultano dai libri obbligatori. Peraltro, l'acquirente può rinunziare alla eccezione, relativa ai debiti non risultanti dai libri obbligatori, che lo esonera da responsabilità verso il creditore, assumendo a suo carico il debito, senza pregiudicare in ogni caso la posizione del cedente, il quale non è liberato dai debiti per effetto dell'alienazione dell'azienda>>). 
Lo stesso discorso vale per la facoltà delle parti del negozio di cessione di derogare all'analoga disciplina legale ex art. 2112 c. 2 c.c. nel testo anteriore alla novella del 1990 (ma anche in quello successivo), non per liberare il cedente, ma per aggiungere alla responsabilità di quest'ultimo nei confronti del ### lavoratore quella del cessionario. 
Tornando alle vicende d'interesse, la I ### è azienda fondata nel 1897, la cui visura camerale è stata prodotta da parte ricorrente sub doc. 48. 
E' pacifico e comunque documentalmente provato che nel settembre 1981, con l'atto di “### di aumento di capitale mediante conferimento di complessi aziendali” a rogito not. ### di ### (doc. 36 ric.), I ### abbia conferito alla #### (la cui visura camerale è sub doc. 49 ric.) i propri complessi aziendali, tra cui il “### di ###Cornigliano”, oltre che immobili, partecipazioni sociali e flotta aziendale, “il tutto costituente la quasi totalità della propria azienda”; conferimento dei complessi aziendali, avvenuto “… nella universalità di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi che li compongono e che ad essi sono pertinenti” (art. 1); dunque compresi “i debiti ed i crediti con le relative garanzie”, “i diritti, gli obblighi, gli interessi e le aspettative nei confronti di chiunque” (ancora art. 1).
Non sembra dubitabile, dunque, che per effetto della appena menzionata cessione, la ### sia succeduta, oltre che nel rapporto di lavoro, anche nell'obbligazione risarcitoria nei confronti del sig. ### e degli odierni ricorrenti (riferita al periodo di lavoro presso I ###, per volontà delle parti dell'atto di conferimentocessione (anche in deroga alla disciplina legale). 
Comunque, data la prosecuzione del rapporto di lavoro, la cessionaria #### era <<pienamente responsabile per i crediti del lavoratore, anche sorti anteriormente alla cessione, senza poter addurre la mancata conoscenza, o conoscibilità, degli stessi>> (v. supra). 
Quindi, nel 1985, con atto a rogito not. ### (doc. 5 conv. e 39 ric.), la ### ha ceduto a ### S.p.A. (poi ### v. visura camerale, doc. 6 conv.) “il proprio complesso aziendale relativo al ramo di impresa della ### costituito dall'aera a caldo - con esclusione del blooming e del treno di laminazione a caldo - del suo centro siderurgico “### Sinigaglia” di ### come descritto e riconosciuto… nella relazione di stima…”. 
In questo caso, l'atto di cessione non ha previsto alcun passaggio di debiti alla cessionaria, in deroga alla disciplina legale. Comunque, non ne sarebbe potuta derivare la liberazione della cedente ### nei confronti dei creditori. 
A seguito del passaggio alle dipendenze di ### S.p.A. (v. estratto conto contributivo, doc. 10 ric.), solo con il consenso del prestatore di lavoro - creditore (e, quindi, in primo luogo, del sig. ### sarebbe potuta intervenire “la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro” / “dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta” (artt. 2112 co. 3 e 2560 co. 1 c.c. vigenti ratione temporis). 
Pertanto, le obbligazioni risarcitorie (riferite tanto al periodo di lavoro alle dipendenze della I ### quanto al periodo di lavoro alle dipendenze della ### sono rimaste in capo alla ### Nel 1987, dopo la cessazione del rapporto di lavoro del sig. ### alle dipendenze delle società “pubbliche”, con atto nuovamente a rogito not. ### (doc.  37 ric.) ### ha ceduto alla (### c.f. ###, cioè alla c.d.) ### (la cui visura camerale è sub doc. 50 ric.), “tutti i complessi aziendali costituenti l'intera azienda della conferente, nella universalità di tutti i rapporti attivi e passivi e di tutti i beni che li compongono e che ad essi sono pertinenti, nulla escluso ed eccettuato salvo la sola esclusione…” di due cespiti, cioè della partecipazione azionaria della ### e dei debiti verso amministratori e sindaci, come da art. 1 dell'atto, il quale prosegue prevedendo che “### derogare alla ricordata universalità del conferimento, si precisa a solo titolo esemplificativo che in esso sono tra l'altro compresi:… f) i debiti ed i crediti con le relative garanzie…; g) i diritti, gli obblighi, gli interessi e le aspettative nei confronti di chiunque”. 
Anche in questo caso, dunque, come nel 1981, la cessionaria, qui la ### è succeduta altresì nelle obbligazioni risarcitorie de quibus (pur senza liberazione della #### in questo caso ancora obbligata ex art. 2560 c.c. vigente). 
La resistente ha prodotto copia delle perizie di stima (docc. 4 e 8 conv.), in quanto “costituenti parte integrante e sostanziale del conferimento del 1981 e del conferimento del 1987, aventi lo stesso valore delle pattuizioni contenute negli atti a cui sono connesse, come da volontà espressa in premessa”, al fine di dimostrare che in entrambi i casi l'obbligazione de qua, non contemplata dalle perizie, sarebbe stata esclusa dai trasferimenti e sarebbe rimasta in capo alle cedenti. 
La questione della rilevanza delle dette perizie, in particolare di quella del 1987, è stata affrontata dalla Corte di Appello di ### che ha ritenuto, condivisibilmente, che essa non sia <<idonea ad inficiare le valutazioni svolte dal giudice di primo grado (cfr. ### sent. n. 95/2020)>>, che erano sovrapponibili a quelle qui accolte e condivise (### sent. n. 334/2024). 
Le indicazioni di cui alle perizie, più in generale, debbono ritenersi irrilevanti, a fronte delle indicate pattuizioni, le sole che possono determinare l'effettivo oggetto delle cessioni, secondo la volontà delle parti (v. supra). E ciò vale, tanto più, a fronte di obbligazioni all'epoca non formalizzate (in scritture contabili o in documenti) e non quantificabili. 
Nel 1990 la ### è stata incorporata in ### (c.d. ### pubblica) e quindi cancellata dal ### delle imprese (doc. 50 ric.). Con la fusione si sono trasferite anche le obbligazioni in discorso. 
Nel 1993 ### (società diversa da ### del gruppo ### quest'ultima avente sede a ### come da visura camerale sub doc. 7 conv.) è stata oggetto di atto di scissione, previa messa in liquidazione, come da progetto di scissione prodotto in copia da entrambe le parti (docc. 38 ric., 11 a, 11 b conv.).
La scissione ha dato luogo alla costituzione di due nuove società e al trasferimento alle stesse, in via di scissione parziale, di due rami aziendali di ### (in liquidazione: v.  visura camerale doc. 51 ric.) con i relativi elementi patrimoniali. “Tali rami di azienda… riguardano l'uno le attività riguardanti il settore dei laminati piani speciali, costituito dai complessi produttivi di ### e ### (divisione ###…, l'altro le attività riguardanti il settore dei prodotti piani comuni, costituito dai complessi produttivi di ######## (divisione ###, da una parte di funzioni centrali necessarie per la gestione di quanto sopra e dalle partecipazioni societarie e similari e dalle passività specifiche al ramo aziendale in oggetto. 
A seguito della scissione resteranno a ### tutte le attività e passività riguardanti le gestioni stralcio… [tra cui ###, una parte di funzioni centrali necessarie per la gestione di quanto sopra ed alcune partecipazioni” (1.). 
Per quanto d'interesse, il secondo “ramo” aziendale comprendeva il complesso di ### e i rami d'azienda sono stati trasferiti “… con la garanzia per le sopravvenienze passive, ivi incluse quelle di carattere tributario e insussistenza di attivo” e le società beneficiarie hanno avuto facoltà di “rivalersi sulla società scissa nel caso in cui tali sopravvenienze o insussistenze di attivo si verificassero dopo la data di decorrenza degli effetti della scissione, ma fossero inerenti a periodo antecedenti” (punto B, 5.4.). Si è previsto, inoltre, che IRI si facesse carico “dell'assistenza finanziaria della ### da liquidare per consentire alla stessa (e a quelle sue controllate parimenti messe in liquidazione) di far fronte al loro indebitamento verso terzi, anche con riferimento alle sopravvenienze passive e insussistenze di attivo che ai sensi del punto precedente dovessero essere alla stessa imputate” (punto B, 5.5.). 
A seguito della scissione parziale, “### gli elementi patrimoniali dell'attivo e del passivo non indicati quale oggetto di trasferimento alle società beneficiarie ### e ### srl rimangono in capo alla società scissa ILVA” (B, 5.7). 
Occorre precisare, a questo punto, che <<[n]ella disciplina dettata dagli art. 2504-septies e ss. cod. civ. (applicabile "ratione temporis"), la scissione parziale di una società, consistente nel trasferimento di parte del suo patrimonio ad una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, contro l'assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa, si traduce in una fattispecie effettivamente traslativa, che comporta l'acquisizione da parte della nuova società di valori patrimoniali prima non esistenti nel suo patrimonio; detto trasferimento non determina l'estinzione della società scissa ed il subingresso di quella risultante dalla scissione nella totalità dei rapporti giuridici della prima…>> [Cass. n. 5874/2012; v. anche Cass. n. 9897/1998, secondo cui, ai fini dell'eventuale applicazione dell'art. 2112 c.c., <<… nel caso di scissione totale o parziale di società a norma degli artt. 2504-septies e seguenti cod. civ., può verificarsi o meno un trasferimento di azienda dalla società soggetta a scissione alla società, o ad una delle società, cui sia trasferito il patrimonio, o una sua parte, della società scissa, e deve quindi verificarsi, con riferimento alle modalità specifiche dell'operazione e sulla base dei principi applicabili nella materia, se si sia verificato un mutamento di titolarità dell'azienda (o di suo ramo autonomo), permanendo inalterata la sua struttura organica>>; peraltro, anche dopo la modifica della disciplina in materia di scissione, si continua a ritenere che <<la scissione parziale di una società, disciplinata dagli artt. 2506 ss. c.c., come modificati dal d.lgs. n. 6 del 2003, consistente nel trasferimento di parte del suo patrimonio ad una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, contro l'assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa, si traduce in una fattispecie effettivamente traslativa, che comporta l'acquisizione in capo alla nuova società di valori patrimoniali prima non presenti nel suo patrimonio, senza che ciò determini l'estinzione della società scissa ed il subingresso di quella risultante dalla scissione nella totalità dei rapporti giuridici della prima>>]. 
In effetti, come evidenziato dai ricorrenti, la disciplina in materia di scissioni societarie applicabile ratione temporis, non richiamava (nell'art. 2504 nonies c.c.) quella relativa agli effetti (di tipo successorio) della fusione (art. 2504 bis c.c., secondo cui “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte”). 
La scissione in questione ha dato luogo al trasferimento a ### (v. visura camerale: doc. 12 conv.) del ramo di attività concernente i laminati piani comuni, comprendente i complessi produttivi sopra indicati e, pertanto, lo stabilimento di #### Si tratta, dunque, di cessione di (ramo di) azienda, che ### alla luce della disciplina ad essa propria (v. sopra), può avere comportato la “successione” della conferitaria in tutti i pregressi rapporti passivi di ### benché non conoscibili e (quindi anche) in deroga alla previsione di legge (art. 2560 c.c.), perché nel progetto di scissione non vi è traccia di una tale volontà, come deve ricavarsi dalla specifica individuazione degli elementi patrimoniali (attivi e passivi) da trasferire, nel novero dei quali non potevano certamente ricadere quelli non contabilizzati e, in particolare, quelli in considerazione (punto B, 4.4.). Coerentemente, si prevedeva - come accennato - la permanenza in capo a ### di tutti gli elementi del passivo non ### indicati quale oggetto di trasferimento alla beneficiaria (B, 5.7) e che di eventuali sopravvenienze passive inerenti al periodo precedente la scissione, si facesse carico la scissa (B, 5.4.), ### per il caso in cui i creditori avessero potuto, per previsione di legge, pretenderne il pagamento dalla beneficiaria.   In ogni caso, come già osservato, la cessione (per quanto ipoteticamente estesa a tutti i rapporti passivi) non avrebbe potuto comportare (ex art. 2560 c.c.) la liberazione di #### verso i creditori non consenzienti.  ### ha avallato, con recenti decisioni, la ricostruzione della scissione del 1993 (di cui anche a svariati precedenti della ### di ### di ###, secondo cui l'elemento del passivo relativo alla <<responsabilità in relazione all'azione risarcitoria connessa all'attività lavorativa svolta dai dipendenti ###> è <<rimasto in capo alla società pubblica>> ### (v. Cass. ord. n. 27716/2024 e ord. n. 27574/2024). 
Peraltro, ai sensi dell'art. 2504 decies c.c. allora vigente, in caso di scissione, “ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa trasferito o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società a cui essi fanno carico”; ferma, dunque, la responsabilità illimitata di tale ultima società (scissa o beneficiaria, nella specie ### come detto), cui il debito è assegnato in base al progetto di scissione.  <<La prova della sussistenza, in concreto, di tale limite [ove applicabile] (che, pertanto, costituisce un'eccezione rispetto alla domanda proposta nei suoi confronti: Cass. n. 15088 del 2001) e della sua esatta misura (vale a dire la quota di loro spettanza di "quanto al momento della scissione era effettivamente disponibile per il soddisfacimento dei creditori"; Cass. n. 4455 del 2016, in motiv.), quale fatto impeditivo, in tutto o in parte, di tale obbligazione (che, altrimenti, in quanto solidale, si estenderebbe all'intera prestazione non eseguita), grava, a norma dell'art. 2697 c.c., comma 2, su ciascuna delle società beneficiarie, anche in ragione della vicinanza delle stesse all'oggetto della relativa dimostrazione” (v. di recente Cass. ###/2021, che peraltro applica principi generali validi anche in relazione alla pregressa normativa). E nulla ha dedotto, in merito a detto limite, ### Ancor prima, a seguito della già avvenuta cessione (nel 1985) dell'area a caldo dello stabilimento di ### ove il sig. ### aveva prestato l'attività lavorativa, i debiti in questione, rimasti in capo ad ### per il tramite della II ### non potevano più considerarsi, al momento della scissione parziale, passività “specifiche al ramo aziendale ceduto” (laminati piani) e non potevano costituire, pertanto, oggetto del conferimento. 
Ancora, in base all'art. 2504 octies, terzo comma, c.c., applicabile ratione temporis, vi era responsabilità solidale di tutte le società (scissa e beneficiaria/e) per gli elementi del passivo la cui destinazione non fosse desumibile dall'atto di scissione.  ### non può ritenersi estranea alle obbligazioni in discorso neanche in base alla disciplina relativa alla scissione ###. 
E' il caso di rammentare, a conforto delle conclusioni accolte, che l'operazione di scissione è stata deliberata in funzione del processo di privatizzazione delle aziende IRI (che era l'unico socio di ### in liquidazione, detta anche ### pubblica, appunto), comportando l'attribuzione dei ### cespiti redditivi alle due società beneficiarie, in vista dell'individuazione di soci anche maggioritari o acquirenti.   Essendo pacifico tra le parti che la scissione sia avvenuta nel 1993, non si comprende perché, in relazione ad essa, la resistente invochi l'applicazione dell'art. 10, lett. e), d.l. 332/94 (convertito con modificazioni dalla legge di conversione 474/94), norma entrata in vigore solo nel giugno 1994.   Comunque, con recente sentenza la ### ha ritenuto correttamente motivata la decisione della ### di appello di ### con cui si è esclusa l'applicabilità della norma alla scissione de qua (Cass. ord. n. 27716/2024). 
Dunque, le obbligazioni oggetto di causa, rimaste in capo a ### sono giunte, per via di fusione per incorporazione, nella incorporante ### in liquidazione, nel seguito “IRITECNA” (v. visura camerale, doc. 52 ric., in particolare pp. 29, 79). 
Nel 2000, infine, ### si è fusa per incorporazione in ### (v. visura camerale, doc. 52, in particolare pp. 5 e 29), la quale ultima è pertanto succeduta nella universalità dei rapporti, attivi e passivi, della prima. 
Come indicato nei precedenti della ### sopra citati, i menzionati atti di fusione per incorporazione, secondo la disciplina vigente prima della riforma del diritto societario di cui al d.lgs. n. 6/2003 e della modifica dell'art. 2504-bis c.c., “realizzavano una successione a titolo universale corrispondente alla successione mortis causa e producevano gli effetti dell'estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi della società incorporante”. 
Insomma, i delineati passaggi portano a ritenere, in modo del tutto lineare, che ### sia titolare (dal lato passivo) delle obbligazioni in questione. 
Anche tale conclusione è stata di recente condivisa dalla ### che ha confermato le decisioni del Giudice di II grado con cui era stata respinta l'eccezione di carenza di titolarità passiva di ### e ritenuta quest'ultima “successore a titolo universale delle società ### e ### Italsider” (Cass. ord. n. 27574/2024 cit.), sui presupposti, tra l'altro, dell'oggetto del conferimento del 1987 e della disciplina ex art. 2504 octies c.c. vigente ratione temporis (conf. Cass. ord. n. 27716/2024 cit.).  4.3.1. Ma vi è di più. 
Nelle produzioni documentali si rinvengono chiari riscontri del fatto che la stessa convenuta si è ritenuta (in tempi “non sospetti”) titolare passiva delle obbligazioni traenti causa dalle prestazioni lavorative rese alle dipendenze della I ### e della #### e, così, in particolare, dalla prestazione lavorativa del sig. ### Infatti, come evidenziato in ricorso, ### ha compilato (adempimento di competenza del datore di lavoro) il curriculum lavorativo del sig. ### (doc. 11 ric.) funzionale all'inoltro ad ### (v. anche interrogatorio libero del procuratore di parte convenuta, che ha affermato di non avere “… motivo di dubitare che il curriculum professionale… sia stato rilasciato da ###” e che i curricula erano “finalizzati all'eventuale riconoscimento di benefici Inail”). 
Nel predetto curriculum non vi è alcuna “precisazione” circa il motivo per cui è stato rilasciato proprio da ### (poi ###. Mentre è ragionevole ritenere che, se la società lo avesse rilasciato, non quale “datrice di lavoro”, ma quale semplice detentrice degli archivi ### ve lo avrebbe indicato. 
Anzi, dal documento si ricava chiaramente che ### (almeno in allora) sposava la ricostruzione qui accolta. Comunicava infatti al lavoratore: “Le inviamo attestato delle posizioni di lavoro da Lei ricoperte presso la ### in ### [cioè ### pubblica], incorporata per fusione dalla ### in ### in data ###, in qualità di lavoratore dipendente, presso lo stabilimento siderurgico di Cornigliano” (doc.11 ric.). 
È emerso altresì, in sede d'interrogatorio libero della parte, che ### ha la disponibilità degli archivi della “vecchia” ###
Ancora, le produzioni attoree indicano chiaramente che, ancora nel 2015, ### costituendosi in giudizio in vertenze analoghe a quella che ne occupa, lungi dall'eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva, affermava che “solo in conseguenza degli atti di fusione per incorporazione… è divenuta titolare dei rapporti giuridici attivi e passivi già facenti capo alla società ### Spa” (doc. 42 ric.). 
Nelle relazioni presentate al ### dalla ### dei ### (quale organo vigilante ex l.  n. 259/1958), come anche nelle relazioni di bilancio e nelle relazioni sulla gestione della ### la titolarità passiva di quest'ultima, a fronte delle azioni risarcitorie per malattie asbesto-correlate contratte dai dipendenti degli stabilimenti ex ### non è posta in discussione (v. docc. da 43 a 47 ric.), tanto che vi si manifesta l'impegno a dare corso alle opportune iniziative conciliative. 
È opportuno qui precisare, infine, che nel seguito, venuta meno la necessità di distinguere l'una società dall'altra, si utilizzerà il termine “ITALSIDER” per indicare la (I e la #### datrici di lavoro del sig. ### nel periodo 1971-1985.  5. È pacifico, dunque, che il sig. ### abbia lavorato alle dipendenze dell'### presso il ### di ### - ### tra il ### e il ###. 
Ciò risulta, d'altra parte, dal curriculum professionale rilasciato da ### (doc. 11 ric.), nonché (almeno a partire dal 1974) dall'estratto conto contributivo ### (doc. 10 ric.) Quanto alle mansioni svolte, il curriculum appena menzionato indica che il lavoratore è stato impiegato, sempre presso lo ### di ### dal 27.1.71 al 28.2.72 quale Addetto rimpiazzi, presso l'### dal 1.3.71 al 28.2.76 quale Agganciatore deviatore carri ferr., presso l'### (### ferroviaria); dal 1.3.76 al 30.4.1985 quale ### meccanico, presso l'### (### del ### centrale di manutenzione (### (doc. 11 ric.). 
Il teste LINDEI ha confermato, peraltro, la correttezza del dato documentale, riferendo che al momento della sua assunzione da parte d'### avvenuta nel 1976, il de cuius “già lavorava alle dipendenze dell'### al ### (manutenzione gru)”. 
Il predetto curriculum deve ritenersi predisposto dall'odierna resistente [v. interrogatorio libero del procuratore speciale, che ha dichiarato, come in parte accennato, <<… non ho motivo di dubitare che il curriculum professionale di cui al doc. 11 ric. sia stato rilasciato da ### che nell'ambito delle politiche tenute dalle ex partecipate statali, in sede di accompagnamento verso le privatizzazioni, si è resa disponibile a rilasciare curricula ad alcuni lavoratori, finalizzati all'eventuale riconoscimento di benefici ### redigendoli sulla base della documentazione degli archivi della vecchia ### che aveva conservato, non essendo ad essi interessato il privato cessionario. Della ricerca documentale dei dati e della conseguente compilazione dei curriculum, si occupava talvolta una società all'uopo incaricata, che mi pare si chiamasse ### Devo ritenere che i curricula venissero sottoscritti da qualcuno della struttura aziendale dell'ufficio personale. Non c'era certamente da parte dell'azienda alcuna volontà difensiva e peraltro neppure confessoria, in tali circostanze>>; nonché comunicazione ### - doc. 30 ric. -, nella quale si menziona il curriculum professionale, come facente parte della pratica amministrativa riferita al lavoratore], che non ne ha specificamente contestate le indicazioni, essendosi limitata a negarne genericamente il valore probatorio e di atto confessorio, nonché a porne in dubbio la riferibilità a sé (con difesa ben poco plausibile, trattandosi - per stessa ammissione di ### - di documento “ufficiale”, predisposto per l'inoltro all'###. 
Né la deduzione della resistente, secondo cui il curriculum sarebbe stato rilasciato per il solo fine di “indicare le mansioni e i luoghi del lavoro del dipendente per le valutazioni riservate all'### in merito ai benefici in materia di amianto”, può in alcun modo costituire smentita del contenuto del documento, tanto più che ### disponeva degli archivi delle danti causa (v.  supra). 
Dal menzionato curriculum, dunque, risulta che il ricorrente ha sempre lavorato nell'ambito dello ### di ### e, in particolare, nell'ambito del reparto MOF e poi, per oltre 9 anni, nell'ambito del reparto ### 5.1. Le caratteristiche delle attività lavorative presso il reparto MOF sono descritte nel documento proveniente da “### - ### Sinigaglia”, datato dicembre 1974, offerto in comunicazione dai ricorrenti (doc. 18 ric.). Se ne ricava che il personale si occupava, tra l'altro, per quanto concerne l'area LAM (###: 1) di predisporre i carri ferroviari da caricare presso l'area ### di ritirarli a carico avvenuto, di “impostarli” sui binari di sosta e di pesarli, di coadiuvare il “locomotore del Piazzale” nelle operazioni di movimentazione dei carri e di pesatura; 2) di predisporre i carri interni per il trasferimento delle lamiere e l'evacuazione dei rottami, di ritirare i carri carichi, di “impostarli” sui binari di sosta, di pesarli se del caso, coadiuvando nelle operazioni il “locomotore del Piazzale”; 3) di effettuare analoghe operazioni riguardanti i carri interni carichi di bramme o di lingotti; 4) di effettua analoghe operazioni con riguardo ai carri F.S. carichi di terra refrattaria o sabbia; 5) di controllare, prima di movimentarli, la regolarità del carico dei carri e di richiedere gli interventi eventualmente necessari; di eseguire “altre manovre non programmate su richiesta di LAM”. 
Per quanto riguarda l'area ACC (###: 1) di predisporre i carri interni da caricare presso l'area ACC con scorie, fondi e detriti di colata, di ritirarli a carico avvenuto, di “impostarli” sui binari di sosta e di movimentarli; 2) della movimentazione dei carri per l'evacuazione delle lingottiere fuori uso e per il rientro delle lingottiere nuove; [manca una facciata] 5) e 6) del compimento delle operazioni sub 1) con riguardo ai carri F.S. e ai carri interni per scarico rottame ed inoltre dell'impostazione degli stessi carri F.S, a scarico avvenuto, sul binario di pulizia; 7) di controllare, prima di movimentarli, la regolarità del carico dei carri e di richiedere gli interventi eventualmente necessari; di eseguire “altre manovre non programmate su richiesta di ###ROT”. 
In tal senso anche le dichiarazioni del teste ### il quale ha confermato quanto indicato nei capitoli di prova da 11 a 13 del ricorso e, dunque, che gli addetti MOF “circolavano nelle varie aree [dello ### caricando, scaricando e trasportando ghisa, acciaio, materie prime, semilavorati ecc… Ad esempio, per mezzo dei c.d. “sottomarini”, la ghisa colata dall'altoforno era trasportata in acciaieria; sempre con l'impiego di carri ferroviari, si movimentava l'acciaio dalla ### allo ### e dalla ### alle ### nonché alla movimentazione delle paiole… ### zona acciaieria e altoforno l'operatore MOF provvedeva, inoltre, al trasporto scorie, al carico e al trasporto di materiali provenienti dal rifacimento delle siviere, delle camere dei fumi e dalle pulizie varie nonché al carico, scarico, trasporto e sistemazione dei materiali necessari per colare l'acciaio nelle lingottiere”. 
Il teste ha precisato, infine, che “… gli addetti MOF ed in particolare un macchinista e due manovratori a terra, si occupavano di agganciare i carri e di accompagnarli/trainarli/spingerli lungo il tragitto, ad esempio tra l'acciaieria e altoforno, l'acciaieria e discarica scorie. Non dovevano intervenire direttamente sui materiali”. 
Per quanto riguarda le operazioni di controllo sui carri ferroviari e sulla rete ferroviaria interna, in base al documento del dicembre 1974, consistevano principalmente: nell'ispezione dei carri ferroviari interni e F.S. e dei relativi carichi; nei controlli giornalieri della rete ferroviaria, comprensiva degli scambi; nella segnalazione di eventuali anomalie.
Inoltre, competevano agli operatori MOF le operazioni di verifica e pronto intervento relative ai locomotori.  5.2. Le attività svolte dai lavoratori presso il reparto ### sono state descritte, con sufficiente dettaglio e in modo univoco, dai testi ### e ### Il teste ### già collega del sig. ### presso il reparto, ha ricordato che: -il reparto era costituito da circa 140 lavoratori, che comprendevano sia elettricisti, sia ispezionatori, sia assistenti, sia meccanici; -il de cuius, quale meccanico, “si occupava della manutenzione delle gru e soprattutto dei carri ponte, che erano più di 100. Si occupava delle riparazioni, della sostituzione dei materiali che si usuravano, dell'ingrassaggio e delle altre operazioni di volta in volta necessarie”; inoltre, occasionalmente predisponeva, in officina, i ferodi nuovi con cui sostituire quelli usurati; -i meccanici del reparto dovevano lavorare anche sul piano di scorrimento delle gru, ad esempio per sostituire ruote e binari; -“vi erano anche, con turni che coprivano le 24 ore, squadre di pronto intervento, costituite da 4/5 lavoratori, di cui almeno due elettricisti e due meccanici”, di cui, a turno, facevano parte tutti gli addetti, compreso il sig. ### “il compito di dette squadre era di intervenire a fronte di qualsiasi emergenza che interessasse gru e carri ponte, per garantirne la continuità di funzionamento”; -delle operazioni da svolgersi su cavi elettrici, resistenze e caminetti ci occupavamo gli elettricisti (dei quali il teste faceva parte); quando gli elettricisti operavano, “… era normale che nella zona vi fossero anche i meccanici perché l'impianto era fermo e quello era il momento per effettuare gli interventi di manutenzione”; -durante gli interventi dei meccanici e degli elettricisti del reparto ### “veniva fermata la singola gru, ma tutte le altre attività dello stabilimento proseguivano regolarmente”. 
Il teste (di parte convenuta) ### (come dal medesimo riferito: dal 1974 addetto alla sicurezza presso l'ufficio sicurezza per area altiforni, cokeria e agglomerazione, pur occupandosi anche di altri reparti; dal 1985 responsabile del reparto sicurezza e ambiente delle acciaierie di ### dal 1990 responsabile di produzione altoforno) ha confermato, in buona sostanza, che i meccanici del reparto ### si occupavano della sostituzione dei ferodi dei carriponte, pur non sapendo riferire se essi provvedessero anche alla realizzazione dei nuovi ferodi (ha precisato “certamente i meccanici del ### smontavano le ganasce portandole in officina e poi le rimontavano sulle gru”). 
Anche il teste ### (a propria volta operatore del reparto ### dal 1989 circa) ha ribadito che il personale del reparto si occupava dei ferodi dei carriponte.   6. Le risultanze dell'istruttoria in merito all'esposizione del sig. ### a (inalazione di) polveri, in particolare di amianto, e alla nocività dell'ambiente di lavoro, discendono sia dalle dichiarazioni dei testi escussi, sia da alcune produzioni documentali di parte ricorrente.  6.1. Iniziando dalle emergenze della prova orale, i testi (anche quello più qualificato, cioè il sig. ### hanno indicato unanimemente che i ferodi dei carriponte erano costituiti da materiale a base di asbesto. 
In particolare, ha riferito il teste ### che: -i carriponte di cui si occupavano erano oltre 100 e ognuno poteva avere da 4 a 6 motori elettrici, muniti di un grosso apparato frenante; -i meccanici si occupavano, tra l'altro, della sostituzione dei ferodi dei detti freni, che erano realizzati utilizzando un “nastro… costituito da amianto, che era l'unico materiale all'epoca utilizzato per questo tipo di apparati”; -“nell'officina si sagomavano a misura, tagliandoli e forandoli, [i]… nastri per realizzare i ferodi dei freni, che venivano poi inchiodati sui ceppi dei freni stessi, mediante borchie di alluminio. Si utilizzava il seghetto a mano per tagliare i nastri e il trapano a colonna per forarli. Si utilizzava l'aria compressa per eleminare i trucioli dal piano di lavoro del trapano e non vi era alcun tipo di cautela, tanto che ci trovavamo a passare in molti per l'officina quando venivano eseguite le operazioni”; -come detto, “il sig. ### si occupava occasionalmente, come gli altri meccanici del reparto, di sagomare i ferodi e di installarli sulle gru e sui carri ponte. Ovviamente, si occupava anche di rimuovere i ferodi usurati, da sostituire”; -“gli apparati frenanti non erano schermati e la polvere di amianto che si staccava dai ferodi si posava nella zona circostante”; -“le cabine delle gru collocate vicino ai forni (forni a spinta, blooming, treno a caldo e decapaggio, zincatura, stagnatura, ricottura) erano coibentate con materiale a base di amianto, in fogli”; -“… nei caminetti spegni arco delle gru era presente materiale a base di amianto; inoltre [gli]… elettricisti posizionava[no] un cordino in amianto, del diametro di circa 8 mm tutto attorno alle resistenze per evitare che con la dilatazione toccassero le une contro le altre, variando la resistenza. Ogni gru/carroponte, aveva tantissime resistenze, perché i motori erano a corrente continua”; “il cordino in amianto si presentava con una matassa, che veniva maneggiata senza attenzione e da cui erano ricavati i pezzi di misura tagliandolo con le forbici”; -delle operazioni svolte su cavi elettrici, resistenze e caminetti si occupavano gli elettricisti, che non adottavano “alcuna cautela per evitare dispersione di polveri e materiale”, perché non conoscevano i rischi connessi; -come visto, i meccanici si trovavano ad operano sui medesimi carriponte/gru contemporaneamente agli elettricisti, dunque, anche quando questi ultimi operavano su e/o con materiali contenenti amianto; -quando operavano sul piano di scorrimento delle gru (v. supra), i meccanici “potevano trovarsi a poca distanza dalle tubazioni per la conduzione del vapore, che erano coibentate con amianto a vista. Per un lavoro a regola d'arte si doveva ricoprire la coibentazione dei tubi con il gesso, ma gli urti e l'usura potevano scoprire il coibente”; -per quanto concerne, più in generale, le diverse aree dello stabilimento ove il personale del reparto ### era chiamato ad operare, particolarmente insalubri erano il reparto treno a caldo e il reparto zincatura, dove respiravano “i fumi dello zinco”, e il reparto decapaggio, dove inalavamo “i vapori dell'acido solforico”; -all'interno dei capannoni non vi erano “… aree destinate a determinate lavorazioni, isolate dal restante contesto, per evitare dispersione di fumi e polveri, se non presso l'alto forno dove vi era la cd camera di decompressione, utilizzata in occasione delle colate”; -egli non ha mai utilizzato maschere o mascherine per la protezione delle vie respiratorie, mentre non gli è noto come si siano comportati, al riguardo, il sig. ### e gli altri colleghi; nessuno gli ha mai detto di utilizzare la mascherina; -ai lavoratori del reparto ### non sono mai state date indicazioni “circa le modalità di trattamento dei materiali in amianto e le cautele da adottare” ed essi non erano “per nulla consapevoli della pericolosità dell'asbesto”. 
Il teste ha anche riferito di avere ottenuto il riconoscimento dei benefici previdenziali per l'esposizione ad amianto, “in relazione al lavoro svolto presso il reparto ###”.
Il teste ### ha dichiarato che: -“della questione amianto si è iniziato a parlare e a trattare, con direttive interne, a partire dall'inizio degli anni '70, quando dagli USA erano giunte notizie in merito alla possibile nocività dell'asbesto. Dapprima si è stabilito di sostituire gli indumenti di sicurezza e i guanti contenenti amianto, con altri che ne fossero privi. Poi, a partire dalla metà degli anni '70, la sede di via ### ha dato disposizione perché, in sede di rifacimento degli impianti o di grosse manutenzioni, il materiale coibente in amianto venisse rimosso e sostituito con altri materiali”; -l'esaurimento degli indumenti e delle protezioni in magazzino ha richiesto pochissimo tempo, “in quanto il personale era molto numeroso (nel complesso 10.000 lavoratori) e i materiali non venivano lesinati. Probabilmente, quindi, solo alcuni saldatori particolarmente affezionati al proprio grembiule amiantato, hanno continuato ad utilizzare indumenti a base di amianto negli anni successivi. Si cercava di convincere anche questi lavoratori a dismettere i grembiuli contenenti amianto”; -“in magazzino erano a disposizione, già dalla fine degli anni ‘60, maschere in gomma di marca ### o ### dotate di filtri multipli in carta. Esse erano utilizzate soprattutto dal settore ‘muraria' in occasione delle demolizioni in acciaieria e nei forni a pozzo. Operazioni che comportavano il sollevarsi di moltissima polvere. Si cercava anche di bagnare, ma trattandosi di materiali caldi, ciò provocava vapore che ostacolava le operazioni e l'agibilità della zona. Si utilizzavano anche dei particolari aspiratori, detti eiettori ad aria compressa, per aspirare le polveri e disperderle all'esterno dei capannoni”; -“l'utilizzo di dette maschere, [perfino] in quelle particolari lavorazioni, era raccomandato ma, trattandosi di apparati pesanti e ingombranti, gli operatori appena potevano le toglievano”; -“verso il 1974/75 sono stati introdotti i primi impianti di aspirazione con elettrofiltri presso il reparto agglomerazioni, dove erano presenti polveri minerali in quantità. Poi, via via, sono stati introdotti impianti di aspirazione anche negli altri reparti. Dapprima in acciaieria, quindi nei campi di colata dell'alto forno, poi anche presso i laminatoi. ### di introdurre gli aspiratori era connessa anche al problema della silicosi…”; -egli non ricorda “… che siano state svolte specifiche attività di formazione del personale in merito ai rischi dell'amianto, anche perché la politica aziendale era piuttosto di rimuovere il problema alla radice, sostituendo i materiali”; comunque, “l'argomento era… affrontato pressoché quotidianamente in azienda e i capi reparto erano stati informati dall'ufficio sicurezza dei rischi connessi all'amianto, così che potevano anche riferirne ai sottoposti”; -per quanto attiene, più specificamente, alle mansioni degli operatori ### “certamente negli anni '70 i ferodi delle gru erano ancora a base di amianto… I freni delle gru erano a tamburo. Le ganasce erano esterne alla puleggia e montavano i ferodi contenenti amianto, inchiodati con perni in ottone. La zona circostante evidenziava depositi di polvere derivante dall'usura dei ferodi. Quando essi erano consumati, le ganasce venivano smontate e portate in officina dove si smontavano i ferodi usurati e utilizzandoli come misura, si sagomavano su pannelli più grandi i nuovi ferodi a misura che venivano anche forati con il trapano per consentire il passaggio dei perni… Certamente i meccanici del ### smontavano le ganasce portandole in officina e poi le rimontavano sulle gru. Normalmente chi si occupava delle operazioni sui ferodi, ne curava sia la rimozione che la sostituzione con i nuovi”; -“fino al 1978 circa, si sono utilizzate trecce in amianto per coibentare i cavi elettrici delle gru e dei carri ponte operanti nelle zone in cui erano esposti a particolari fonti di calore (altoforno, forni a pozzo, acciaieria). Era… necessario sostituire periodicamente la treccia perché a seguito dell'esposizione a forte calore carbonizzava e si sfaldava, rischiando di lasciare scoperti i cavi elettrici. A partire dal 1978 circa, in occasione degli interventi di manutenzione, invero frequenti, la treccia a base di amianto è stata sostituita con altri materiali. Delle operazioni si occupavano le squadre di man gru composte da meccanici ed elettricisti”; -“anche le cabine di gru e carriponte poste nelle zone di grande calore, erano coibentate con pannelli a base amianto. Essi non erano sottoposti a particolare usura e sono stati poi sostituiti, nel tempo, con materiale non pericoloso”. 
Anche il teste ### ha riferito che “soprattutto nei primi anni in cui h[a] lavorato nel reparto [### al quale è stato assegnato nel 1989 circa], i ferodi dei freni erano fatti di amianto e vi erano anche tubature coibentate con amianto. Successivamente questi materiali sono stati smaltiti e sono state anche smaltite… le scorte di magazzino…”; probabilmente nei primi anni '90 si è provveduto alla sostituzione dell'amianto con altri materiali.  6.2. Passando alla documentazione, elementi indiziari possono trarsi dalla “relazione sugli impianti e le produzioni dello stabilimento ### di ### Campi”, prodotta da parte ricorrente (doc. 17 ric.), con timbro di ricevuta dell'### in data ### e successiva lettera di trasmissione all'### di una versione in parte modificata dell'annessa tabella delle esposizioni (con timbro di ricevuta ### del 26.1.1999). 
La relazione era destinata a fornire specifiche informazioni all'### in merito all'esposizione ad amianto del personale ### in funzione del riconoscimento dei “benefici” ### in materia di amianto (v. pag. 1). 
E' vero che la relazione concerne uno stabilimento diverso da quello di ### nel quale ha operato il ricorrente, ma è altresì vero che si tratta di stabilimento dell'### inoltre accorpato a quello di ### a costituirne una divisione, tra la fine degli anni '60 e la seconda metà degli anni '70 (v. doc. 17 ric.). È pertanto ragionevole ritenere che i materiali in uso e i cicli lavorativi svolti in entrambe le sedi, fossero pressoché coincidenti. 
Lo stabilimento di ### ha cessato la produzione nei primi giorni del 1989, dopo un processo di ristrutturazione iniziato alla fine degli anni '70. 
Ebbene, nella menzionata relazione si indicava, tra l'altro, che: -appariva opportuna la valutazione dell'esposizione ad amianto, tra l'altro, del personale MOF e ### (pp. 23 e 25); -“amianto e materiali che in vario modo lo contenevano furono di uso comune a ### come in tutte le altre unità produttive. Essi vennero impiegati: per la coibentazione termica e l'isolamento di impianti; in alcune fasi dei cicli di produzione e di manutenzione; quali componenti di tessuti e materiali con i quali venivano confezionati indumenti di lavoro e di sicurezza. ### si protrasse fino ai primi anni '80; successivamente, sulla base della normativa di legge, i capitolati vennero modificati ed il loro impiego fu rapidamente azzerato con l'esaurirsi delle scorte”. 
Vi sono, pertanto, elementi per ritenere che anche nella prima metà degli anni '80 la presenza di amianto fosse diffusa. 
Nell'annessa tabella delle esposizioni e successivo aggiornamento (in cui sono indicate le operazioni comportanti esposizione ad amianto, gli operatori in esse impiegati, il tempo di realizzazione degli interventi e quello di manipolazione dell'asbesto) sono presenti, tra l'altro, diverse “voci” (colonna “denominazione intervento”) attinenti ad operazioni sui freni e ad interventi elettrici sui carriponte (con individuazione nelle “guaine” e nei “ferodi” dei materiali contenenti amianto).
Le medesime tabelle menzionano, altresì, svariate operazioni sui locomotori (v. pag. 37 della rettifica), relative ad es. alle “protezioni su tubi di scarico locomotori” e alla “sistemazione pannelli anticalore su locomotori”.  6.3. Così pure, dalla relazione ###, ### - ### e ### degli ambienti di lavoro, a firma del ### dott. M. 
BRUZZONE, sub doc. 21 ric. - che si comprende riferita alle ### di ### (v. anche elenco allegati) - si ricava che l'amianto era “ancora presente”, (quanto meno) nei primi anni ‘90, nei “ferodi e giunti a frizione dei carriponte”, con rischio di esposizione per i manutentori, come anche nelle “tubazioni di fluidi caldi attraverso diverse aree o capannoni dello stabilimento”, con rischio di esposizione non solo per i manutentori, ma anche per gli “altri addetti”.  6.4. ### relazione del CTU prof. ing. GAGGERO (causa r.g. 1438/2011 Tribunale di ### - ### lavoro) si indica che solo dopo il 1984 si è cessato di utilizzare DPI a base di amianto e che i vari ambienti di lavoro erano generalmente caratterizzati da “fibre di amianto aerodisperse” e vi era, dunque, un inquinamento “di fondo”.   Altri elementi indiziari, circa l'esposizione ad amianto degli addetti ### possono trarsi dalla relazione del #### nella causa ### innanzi al Tribunale di Savona (doc. 15 ric.), nella quale si indica (pag. 5) che con alta probabilità l'esposizione ad amianto interessava anche gli addetti al trasporto [poco importa che, nella specie, si trattasse di trasporto con mezzi stradali, anziché ferroviari] di detriti, residui e scorie, che nello svolgimento delle incombenze “incontravano” materiali, edili e non, contenenti amianto, dato che l'amianto era “ampiamente utilizzato negli impianti industriali siderurgici come coibente”. 
Non vi è da dubitare dell'utilizzabilità delle dette CTU quali “prove atipiche”.   6.5. I verbali delle testimonianze rese in vertenze analoghe all'odierna (doc. 19 ric.), anch'essi utilizzabili quali prove atipiche, confermano e pongono in evidenza l'ampio utilizzo di amianto presso lo ### di ### sia nelle lavorazioni (quale materiale coibente ed isolante, ad es., per quanto qui rileva, applicato sulle tubazioni del vapore), che quale componente dei dispositivi di protezione individuale; quanto meno fino all'adozione dei divieti di legge. 
Così pure la relazione del CTU dott. ### [doc. 13 ric., nella quale si riporta, tra l'altro: “riguardo ai rischi lavorativi presso lo stabilimento dell'### di ### è noto che le lavorazioni ivi svolte abbiano comportato in vari reparti esposizione a diversi cancerogeni, e in particolare all'amianto. ### di patologie legate all'amianto (sia asbestosi sia mesoteliomi sia cancri polmonari) nei lavoratori della siderurgia, e in particolare dello ### di ### è un fatto assodato; io stesso ho avuto modo in passato di esaminare anche l'incidenza negli ultimi decenni di patologie neoplastiche dell'apparato respiratorio tra i lavoratori dell'###.  6.6. Infine, in base alle “### di indirizzo per il riconoscimento dei benefici previdenziali dovuti all'esposizione all'amianto…” per l'impresa “### ‘### - GENOVA”, dell'8.3.2001 (doc. 22 ric.), i benefici previdenziali in materia di amianto sono stati riconosciuti, tra gli altri addetti ai centri di manutenzione, ai “manutentori meccanici/elettricisti/riparatori elettrici” del ### a tutto il 1992. 
Più in generale, nel documento tutte le esposizioni sono state ritenute sussistenti fino al 1989 almeno.  6.7. La convenuta contesta l'utilizzabilità del doc. 16 ric., che nella prospettazione attrice è costituito dalle dichiarazioni dei responsabili di reparto RSU e MOF circa i rischi di esposizione ad amianto per il personale ### che sarebbero legati soprattutto alle attività svolte presso l'acciaieria in sinergia con gli operatori di fossa/colata, gli addetti alle materozze e gli addetti ai forni ### nonché alle attività di manutenzione dei locomotori. 
In effetti, si tratta di documento non sottoscritto e di incerta provenienza, di cui, pertanto, non si terrà conto.  6.8. Il quadro probatorio delineato è tale, comunque, da dimostrare che nell'intero periodo di lavoro presso ### il sig. ### ha inalato fibre di amianto, ancora ampiamente presenti e diffuse nel 1985. 
Ciò vale, in particolare, per il periodo di assegnazione al reparto ### tenuto conto della composizione dei ferodi e della manipolazione dell'amianto anche da parte degli elettricisti del reparto, che operavano in sinergia con i meccanici. Ma l'esposizione vi è stata anche nel periodo precedente, con riguardo alle mansioni di agganciatore/deviatore carri e, comunque, a fronte dell'inquinamento “di fondo”, presente in diversi ambiti dello stabilimento, frequentati dagli operatori ### Infatti, era a quel tempo ampio l'utilizzo dell'amianto quale coibente e isolante termico, a costituire materiali e parti senza dubbio presenti anche nei carichi trasportati dai carri, talvolta nella forma di pericolose scorie. 
Ne emerge, inoltre, la mancata adozione, nel periodo in questione, di strumenti (anche individuali) finalizzati a limitare l'inalazione delle fibre e ad abbatterne la diffusione e di serie iniziative volte ad informare i lavoratori della pericolosità dell'amianto, in generale e in relazione alle specifiche lavorazioni.  7. Dimostrata la “nocività” dell'attività lavorativa, protrattasi per un periodo apprezzabile, ai fini dell'affermazione della responsabilità della convenuta debbono prendersi in considerazione i seguenti principi di diritto, ormai ben consolidati: -<<la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ma non è circoscritta alla violazione di regole d'esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, essendo sanzionata dalla norma l'omessa predisposizione di tutte le misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della maggiore o minore possibilità di indagare sull'esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico. Pertanto, qualora sia accertato che il danno è stato causato dalla nocività dell'attività lavorativa per esposizione all'amianto, è onere del datore di lavoro provare di avere adottato, pur in difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia, essendo irrilevante la circostanza che il rapporto di lavoro si sia svolto in epoca antecedente all'introduzione di specifiche norme per il trattamento dei materiali contenenti amianto, quali quelle contenute nel d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277, successivamente abrogato dal d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81>> (Cass. n. 18626/2013); -dunque, <<in materia di tutela della salute del lavoratore, il datore di lavoro è tenuto, ai sensi dell'art. 2087 c.c., a garantire la sicurezza al meglio delle tecnologie disponibili, sicché, con riferimento alle patologie correlate all'amianto, l'obbligo, risultante dal richiamo effettuato dagli artt. 174 e 175 del d.P.R. n. 1124 del 1965 all'art. 21 del d.P.R. n. 303 del 1956, norma che mira a prevenire le malattie derivabili dall'inalazione di tutte le polveri (visibili od invisibili, fini od ultrafini) di cui si è tenuti a conoscere l'esistenza, comporta che non sia sufficiente, ai fini dell'esonero da responsabilità, l'affermazione dell'ignoranza della nocività dell'amianto a basse dosi secondo le conoscenze del tempo, ma che sia necessaria, da parte datoriale, la dimostrazione delle cautele adottate in positivo, senza che rilevi il riferimento ai valori limite di esposizione agli agenti chimici (cd. tlv, "threshold limit value") poiché il richiamato articolo 21 non richiede il superamento di alcuna soglia per l'adozione delle misure di prevenzione prescritte>> (Cass. n. 18503/2016); -d'altra parte, <<La conoscenza della nocività dell'amianto per la salute risale all'inizio del 1900 (se ne parla già nel r.d.14.6.1909 n. 442 in tema di lavori ritenuti insalubri; idem, nel d.lgt.  6/1916 n.1136 e nel r.d.1720/1936). ### un'acquisizione, divenuta patrimonio comune della giurisprudenza di merito e di legittimità, la conoscenza della pericolosità dell'esposizione all'amianto per il rischio di mesotelioma (ma lo stesso vale per le placche pleuriche asbesto correlate) risale almeno ai primi anni sessanta, sia in ambito scientifico che imprenditoriale (tanto che, in relazione a tale ultimo ambito, si cita la nota iniziativa delle ferrovie inglesi di bonificare le carrozze già nel 1968; cfr. Cass. sez IV 43786/2010 e Cass. sez. IV ###/2010). 
Mentre l'asbestosi - pure essa una malattia mortale o comunque produttrice di una significativa abbreviazione della vita - è stata inserita nell'elenco tipizzato delle malattie professionali dalla legge 455/1943… In relazione alla medesima obiezione cronologica riferita all'epoca della conoscenza della nocività dell'amianto, va pure tenuto conto del risalente e consolidato orientamento di legittimità (a partire da Cass. pen. 27.6.1979; 14.4.1994 est. Battisti; 6858/90; 988/2003; ###/2003; 988/2003; ###/2003; 8204/2003; 7630/2005; Cass. Sez. IV 43786/2010 e Cass. sez. IV ###/2010) secondo il quale l'accertamento di questa epoca non rileva ai fini della responsabilità del datore perché le misure protettive da adottare sarebbero state comunque quelle già prescritte dall'ordinamento per l'asbestosi (malattia anch'essa mortale e comunque gravemente invalidante) ossia quelle prescritte per tutelare il medesimo bene salute offeso (dall'una o dall'altra malattia). Ciò in quanto, ai fini del nesso causale tra colpa ed evento, quest'ultimo va considerato come grave danno alla salute del lavoratore e non inteso come specifico evento concretamente poi verificatosi (Cass. IV, 5919/1991, ### IV, 5037/2000, ### Cass. IV, 4675/07, ### Cass. IV, 21513/09, ### Cass.### 43786/2010 e Cass. sez IV ###/2010)>> (Cass. ord. n. 18044/2025); -onde, <<all'epoca di svolgimento del rapporto di lavoro [nel caso esaminato dalla S.C., dal febbraio 1946 al febbraio del 1979]… era ben nota l'intrinseca pericolosità delle fibre dell'amianto… Da tali premesse… derivava l'obbligo del datore di lavoro, evidenziato dalla richiamata giurisprudenza, di adottare misure idonee a ridurre il rischio connaturale all'impiego di materiale contenente amianto, in relazione alla norma di chiusura di cui all'art. 2087 c.c. e più specificamente al D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 21 ove si stabilisce, recependo le indicazioni prevenzionistiche già affermatesi, che nei lavori che danno normalmente luogo alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare provvedimenti atti ad impedirne o ridurne, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambiente di lavoro, soggiungendosi che le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione, cioè devono avere caratteristiche adeguate alla pericolosità delle polveri. Soccorrono quindi le norme dello stesso D.P.R. n. 303 ove si disciplina il dovere del datore di lavoro di evitare il contatto dei lavoratori con polveri nocive: così l'art. 9, che prevede il ricambio d'aria, l'art. 15, che impone di ridurre al minimo il sollevamento di polvere nell'ambiente mediante aspiratori, l'art. 18, che proibisce l'accumulo delle sostanze nocive, l'art. 19, che impone di adibire locali separati per le lavorazioni insalubri, l'art. 20, che difende l'aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi specificamente mediante l'uso di aspiratori, l'art. 25, che prescrive, quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, che i lavoratori siano forniti di apparecchi di protezione>> (Cass. n. 6352/2015); -in ogni caso, vale il principio di chiusura per cui, <<in tema di responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 cod. civ., qualora sia accertato che il danno è stato causato dalla nocività dell'attività lavorativa per esposizione all'amianto, è onere del datore di lavoro provare di avere adottato, pur in difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia, escludendo l'esposizione della sostanza pericolosa, anche se ciò imponga la modifica dell'attività dei lavoratori, assumendo in caso contrario a proprio carico il rischio di eventuali tecnopatie>> (Cass. n. 10425/2014); -e <<… l'imperizia, nella quale rientra l'ignoranza delle necessarie conoscenze tecnicoscientifiche, è uno dei parametri integrativi al quale commisurare la colpa, e non potrebbe risolversi in esimente da responsabilità per il datore di lavoro>> (Cass. n. 17252/2016).   7.1. ### specie, parte convenuta non ha dimostrato di aver posto in essere tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno. 
In particolare, ai sensi del già ricordato art. 21 d.P.R. n. 303/1956 (vigente nel periodo per cui è causa): “Nei lavori che danno luogo normalmente alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambito di lavoro, nell'ambiente di lavoro. 
Le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione nella atmosfera.  Ove non sia possibile sostituire il materiale di lavoro polveroso, si devono adottare procedimenti lavorativi in apparecchi chiusi ovvero muniti di sistemi di aspirazione e di raccolta delle polveri, atti ad impedirne la dispersione. ### deve essere effettuata, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo di produzione delle polveri.   Quando non siano attuabili le misure tecniche di prevenzione indicate nel comma precedente, e la natura del materiale polveroso lo consenta, si deve provvedere all'inumidimento del materiale stesso.   Qualunque sia il sistema adottato per la raccolta e la eliminazione delle polveri, il datore di lavoro è tenuto ad impedire che esse possano rientrare nell'ambiente di lavoro…”.   Ai sensi dell'art. 19 del medesimo d.P.R. n. 303/1956: “Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare ogni qualvolta è possibile in luoghi separati le lavorazioni pericolose o insalubri allo scopo di non esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni”. 
Ai sensi del successivo art. 25, quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, i lavoratori devono essere forniti di apparecchi di protezione.  ### specie, non soltanto la convenuta non ha dato prova dell'adozione di tali prescrizioni, ma dall'espletata istruttoria è risultata positivamente dimostrata la relativa violazione. 
Segnatamente, è comprovato che ### ha omesso di predisporre le misure e le cautele atte a preservare l'integrità psicofisica del lavoratore sul luogo di lavoro, sotto i seguenti profili: -le operazioni implicanti la manipolazione dell'amianto venivano compiute senza precauzioni volte ad evitare l'inalazione e la dispersione delle fibre (si pensi ad es. alle procedure di smontaggio degli apparati frenanti di carriponte e gru, di trasporto degli stessi in officina, di montaggio dei ferodi con rivettatura/chiodatura, agli interventi degli elettricisti su gru e carriponte, alle operazioni di sagomatura e foratura dei ferodi; attività, tutte, compiute con mezzi inadeguati e senza cautele di sorta, come se nessun rischio vi fosse); -non si adottavano sistemi di ritenzione delle polveri, che ne impedissero o limitassero la dispersione nell'ambiente di lavoro (ad es., i freni di gru e carriponte, a tamburo, avevano le ganasce esterne alla puleggia, cosicché le polveri derivanti dall'usura si disperdevano all'esterno dell'apparato); -non vi erano, nello stabilimento, sistemi di aspirazione diffusi ed efficaci (sono stati introdotti solo gradualmente, a partire dagli anni '70, e in determinati settori; spesso non hanno risolto il problema della polverosità); tanto meno vi erano sistemi di aspirazione dedicati alle operazioni di manutenzione di gru e carriponte; -non si prevedevano adeguati interventi di rimozione delle polveri (così, ad es., di quelle derivanti dall'usura dei ferodi o dal taglio e dalla foratura degli stessi); -non si sono adottate misure organizzative per separare le lavorazioni comportanti produzione di polveri nocive dalle altre attività (sia in generale, sia con riguardo agli interventi di manutenzione in questione, che venivano svolti senza isolare i luoghi di lavoro ed anzi in presenza di altri lavoratori, addetti a mansioni differenti, sia con riguardo alla realizzazione dei ferodi, che avveniva semplicemente in officina e a cura di personale non specializzato); -all'interno dello stabilimento, l'utilizzo dei mezzi individuali di protezione contro le polveri nocive era riservato a pochissime attività, diverse da quelle in considerazione (v. dich.  testimoniali); comunque era tollerato il mancato utilizzo e/o non veniva esercitata un'efficace vigilanza sull'uso (come è noto, ai sensi dell'art. 2087 c.c. e dell'art. 4 lett. c) D.P.R.  547/1955, il datore di lavoro è tenuto non soltanto a predisporre le misure necessarie a garantire l'incolumità del lavoratore, ma anche ad esigere che i lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione, con conseguente responsabilità del datore di lavoro per i danni conseguenti all'omessa vigilanza sull'utilizzo dei d.p.i.); -gli operai, e così il de cuius, non sono stati direttamente e dettagliatamente informati della pericolosità delle polveri contenenti fibre di amianto e delle cautele da adottare in presenza di tali polveri; -non si è provveduto, comunque, fino al termine del periodo di lavoro del de cuius, alla sostituzione dei materiali contenenti amianto con altri materiali privi di amianto, benché la pericolosità dell'inalazione dovesse essere conosciuta.   8. Al fine di accertare il nesso causale tra la nocività dell'attività lavorativa, la patologia contratta dal sig. ### e il decesso, è stata espletata CTU medico legale.  ### prof. ### ha svolto, conclusivamente, le seguenti considerazioni medico legali: <<Dal raccordo anamnestico basato sulla documentazione medica si evince che il #### fumatore, a seguito di tosse insistente, dolore toracico in sede mammaria destra e calo ponderale, eseguiva in data ### un Rx torace che evidenziava una lesione polmonare destra. 
Successivamente, il paziente era sottoposto ad una PET il ### presso l'### che riconosceva una “…### e disomogenea ipercaptazione del tracciante a carico delle note lesioni solide polmonari del lobo superiore di destra poste in stretto rapporto con la pleura costale; si evidenziano inoltre iniziali processi infiltrativi a carico degli archi costali contigui (maggiormente la ### costa)…” ### della lesione (referto biopsia del 25/08/2020) evidenziava una positività per ####-40 e focalmente per Wt-1 e CK-###/### e negatività per ###1, ###Ep4, ### e CK-5/& conducendo alla diagnosi di mesotelioma pleurico con aspetti prevalenti del tipo sarcomatoide. A questo punto, il #### era seguito periodicamente dall'ambulatorio oncologico presso l'### dove era stabilito un trattamento chemioterapico con schema ### + ### Dopo 4 cicli di terapia con ottima tolleranza, il paziente si presentava in buone condizioni generali; alla Tc successiva (20/11/2020) si visualizzava una complessiva riduzione di spessore delle note lesioni pleuriche a destra e si confermava il continuo dello schema chemioterapico sopra nominato. Dalla documentazione clinica esaminata risulta che, anche nelle successive visite oncologiche di controllo, il paziente manteneva una buona risposta alle cure (“### 6 cicli di terapia + 2 di mantenimento con solo ### con ottima tolleranza”) ma riferiva scarso controllo del dolore. Nel referto della Tc del 19/2/2021, risultava un “apprezzabile aumento dello spessore delle note lesioni pleuriche a dx”; inoltre, il paziente (che, come riportato precedentemente, lamentava uno scarso controllo del dolore) era indirizzato presso la radioterapia per un'eventuale valutazione di trattamento antalgico. E, a seguire, era considerato il passaggio alla terapia di II linea con ### per os. 
Dopo 8 cicli di terapia, il referto dell'esame diagnostico Tc eseguito in data ### continuava a mostrare un aumento delle lesioni pleuriche presenti a destra… Le condizioni cliniche del paziente non miglioravano e portarono al decesso avvenuto in data ###.  […] Il mesotelioma pleurico è la forma più frequente di mesotelioma ossia, una neoplasia maligna primitiva che riguarda le cellule del mesotelio, strato epiteliale della sierosa che riveste gli organi, in questo caso la pleura.  […]
La tipologia di tumori che colpiscono la pleura si differenziano in primitivi e secondari; l'interessamento metastatico è molto più̀ comune rispetto ai tumori primitivi. 
Come detto, tra i tumori primitivi figura il mesotelioma, la cui frequenza è maggiore tra gli uomini e, in ### l'incidenza è maggiore nelle regioni settentrionali. La mortalità dovuta al mesotelioma rappresenta circa il 4% della mortalità globale per tumori in quasi tutte le età ed in entrambi i sessi.  ### (### definisce il mesotelioma come direttamente attribuibile all'esposizione all'amianto (o asbesto) infatti, il rischio di mesotelioma aumenta con l'incremento dell'esposizione cumulativa a tale minerale. ### è riconosciuto dall'### internazionale per la ricerca sul cancro (### come cancerogeno di gruppo 1, ossia quelle con evidenza massima di cancerogenicità. 
Per asbesto ### si intende un insieme di cristalli idrati di silice che si uniscono formando delle fibre; sulla base di vari studi epidemiologici l'esposizione professionale all'asbesto è legata all'insorgenza di varie lesioni: placche fibrose pleuriche, versamenti pleurici, fibrosi interstiziale, carcinoma polmonare, mesoteliomi, neoplasie della laringe e probabilmente altre patologie neoplastiche. Essendo l'asbesto costituito da fibre minerali, la presenza di queste nell'ambiente determina la possibilità di inalazione da parte dell'uomo, conferendogli la nota pericolosità, anche in presenza di pochi elementi fibrosi. 
Una volta inalate, le fibre tendono a depositarsi all'interno delle vie aeree e sulle cellule polmonari, dove possono permanere anche per molti anni, determinando l'eventuale insorgenza di malattie come l'asbestosi o di tumori polmonari. Gli anfiboli sono ritenuti più pericolosi rispetto al crisotilo in quanto hanno forma dritta e rigida e possono disporsi parallelamente alla direzione del flusso aereo ed essere facilmente trasportati in profondità̀ nei polmoni, ove penetrano nelle cellule epiteliali e raggiungono l'interstizio (al contrario dei crisotili che, essendo più̀ solubili, vengono più̀ facilmente intrappolati nelle vie respiratore superiori e, pertanto, rimossi dall'apparato muco ciliare). 
La diagnosi di mesotelioma può essere complicata e necessita di un approccio multidisciplinare mediante correlazione tra gli aspetti cito-istologici e i dati clinici e radiologici, ma la diagnosi definitiva richiede comunque la conferma bioptica; infatti, l'OMS identifica tre istotipi principali di mesoteliomi: la variante epiteliode (70-85% dei casi); la variante bifasica (10-25%) e la variante sarcomatoide (circa il 10% dei casi). Inoltre, secondo le linee guida ### è utile usufruire delle indagini immunoistochimiche per confermare la differenziazione mesoteliale ricercando i seguenti marker: calretinina, WT-1; cotcheratina 5 (o anche CK 5/6) il ###-40 (queste, in particolare, per l'istotipo epitelioide); ma anche la positività per ###/### (questo per quanto riguarda l'istotipo sarcomatoide, che tende a mantenere la positività per le citocheratine, perdendo l'espressione dei classici marcatori mesoteliali). 
Nel 1997 ad ### un gruppo di esperti ha definito alcuni criteri per valutare la correlazione tra l'esposizione ad asbesto e l'insorgenza di patologie ad esso associabili. ### aveva l'obiettivo di «discutere le patologie associate all'amianto e raggiungere un consenso sui migliori criteri per diagnosi e attribuzione in rapporto all'amianto». Da questo incontro emersero le seguenti conclusioni inerenti alla consecutio, su base probabilistica, tra esposizione professionale all'amianto e il mesotelioma: -un numero di fibre di asbesto (all'interno del polmone) superiore all'intervallo di base; -oppure delle prove radiografiche e/o cliniche di lesioni correlate all'esposizione di amianto (ad esempio l'asbestosi e/o… placche pleuriche); -oppure delle prove istopatologiche di contenuto anomalo di amianto polmonare. 
Pur tuttavia, in assenza di tali marcatori, una storia significativa di esposizione occupazionale (sia essa domestica e/o lavorativa) può ritenersi sufficiente per l'attribuzione del nesso di causa tra la stessa esposizione ed il mesotelioma maligno. In generale, per poter correlare la patologia neoplastica pleurica con l'esposizione all'asbesto, è necessario considerare i seguenti punti: • la grande maggioranza dei casi di mesotelioma è dovuta all'esposizione all'amianto; • il mesotelioma può verificarsi anche in presenza di un basso livello di esposizione all'amianto; • circa l'80% dei pazienti affetti da mesotelioma ha avuto una importante esposizione professionale all'amianto; • una esposizione breve o di basso livello deve essere considerata sufficiente affinché́ il mesotelioma possa essere correlato alla professione; • sono necessari almeno 10 anni dalla prima esposizione lavorativa all'amianto (sebbene nella maggior parte dei casi l'intervallo di latenza sia più lungo); • nessuna incidenza del fumo di sigaretta nell'insorgenza della patologia.  […]
Il mesotelioma pleurico maligno è oggetto di una specifica rilevazione epidemiologica da parte del ### (### in quanto, tale patologia è correlata al tema delle patologie amianto-correlate e per tale motivo, è attualmente attenzionata perché, secondo valutazioni epidemiologiche, in questo periodo vi è la massima incidenza di mesotelioma considerando la lunga latenza della patologia e il frequente utilizzo dell'amianto dal secondo dopoguerra fino agli anni 80. Il rischio di sviluppare un mesotelioma pleurico maligno è incrementato sia tra i lavoratori esposti ad amianto sia nelle persone con esposizione non occupazionale ad asbesto o altre fibre minerali asbestiformi. ### i dati del VI rapporto del ### (### dei ### si stima che l'esposizione non lavorativa sia responsabile del 10,8% dei casi di mesotelioma pleurico in ### il rischio aumenta con l'incremento dell'esposizione cumulativa alle fibre di amianto. 
I dati di questo rapporto del ### affermano che la latenza mediana tra l'esposizione e l'insorgenza della patologia è di 48 anni con una deviazione standard di 11,4 anni e una distribuzione gaussiana. Studi recenti hanno rivalutato la relazione tra l'incidenza di mesotelioma e tempo dalla prima esposizione all'amianto: una recente analisi di vari studi dimostra come, dopo circa 45 anni dalla prima esposizione all'asbesto, la tendenza di incremento dell'incidenza e della mortalità̀ del mesotelioma pleurico tenda a rallentare. È anche possibile che vi sia una stabilizzazione o una riduzione del rischio al cessare dell'esposizione.  […] Valutando il caso di specie, dalla disamina della documentazione in atti, si evince che il #### era impiegato presso ### dal 1971 fino al 1985, quindi considerando i fattori di durata ed esposizione, è ragionevole pensare che questa abbia avuto inizio al momento dell'assunzione, in quanto il #### in qualità addetto alla manutenzione delle gru ### e dei carri ponte, era esposto con costanza agli ambienti lavorativi in cui erano svolte attività di manutenzione e riparazione. Altresì è noto come tra i materiali utilizzati nelle industrie siderurgiche, l'amianto avesse un ruolo predominante per le sue caratteristiche termoisolanti, fonoassorbenti e di resistenza, oltre al costo relativamente basso. Si consideri, anche, che dalla valutazione delle testimonianze fornite, non erano presenti in tutti i reparti dei corretti sistemi di aspirazione, in quanto introdotti inizialmente nel 1974/1975 presso il reparto di agglomerazione e, in seguito, negli altri reparti. Inoltre, considerando l'occupazione del periziando, quale meccanico, poteva succedere che potesse dover lavorare anche sul piano di scorrimento delle gru.
In questi casi poteva accadere di trovarsi a poca distanza dalle tubazioni per la conduzione di vapore, che erano coibentate con amianto a vista; così come il posizionamento delle cabine delle gru, posizionate vicino ai forni coibentati anch'essi con amianto. Altresì si evince anche che non vi erano aree destinate a determinate lavorazioni, isolate dal contesto circostante, per vitare la dispersione di polveri. Si può presupporre però che da metà degli anni '80 l'impiego dell'amianto sia stato ridimensionato, fino a essere regolamentato all'inizio degli anni '90 con l'entrata in vigore della ### 257; è plausibile, in accordo con tali dati, che anche nell'ambiente lavorativo in oggetto possa esserci stata una graduale diminuzione dell'esposizione, in concordanza con il progredire delle conoscenze scientifiche e la crescente attenzione in termini di prevenzione.  […] È ampiamente citato in ### oltre che universalmente condiviso, come l'ambiente siderurgico-meccanico sia stato storicamente interessato da concentrazioni di polveri di asbesto (e altre sostanze) significativamente superiori all'ambiente urbano. Non si può dunque esimersi dall'affermare che il #### sia stato esposto a un quantitativo continuativo di amianto per un periodo prolungato, almeno fino alla metà degli anni 80'. 
Può essere utile fare un piccolo excursus rapportando l'esposizione professionale del #### ai ### di ### valutando la soddisfazione oggettiva di ogni singolo criterio. 
La prima considerazione da fare è la diagnosi della patologia neoplastica: si tratta di un mesotelioma pleurico, fortemente attribuibile all'esposizione alle fibre di asbesto. Si può dedurre che tra l'inizio dell'esposizione (1971) e l'insorgenza della patologia, clinicamente manifesta da aprile [recte agosto] 2020 (almeno da quanto appreso dalla documentazione in atti), è possibile quantificare un tempo di latenza di circa 49 anni, ampiamente superiore ai 10 anni minimi necessari a correlare la patologia all'esposizione. Tra i criteri, viene identificata “una storia professionale di esposizione breve o di bassa entità” affinché il mesotelioma possa essere considerato professionalmente correlato. Al netto di ciò, valutando gli anni di esposizione del #### e della professione da lui stesso svolta (sempre evinte dalla documentazione in atti), si rileva un'esposizione costante per diversi anni presso settori di manutenzione che utilizzavano amianto nella maggior parte dei processi produttivi. Quindi, al fine di soddisfare l'associazione patologia-amianto, possiamo considerare soddisfatta l'esposizione cumulativa all'amianto così come definita nei ### di ###
Per stabilire il nesso di causalità tra l'esposizione all'amianto e la patologia neoplastica è sufficiente che siano soddisfatti i ### di ### in quanto standardizzati ed universalmente accettati nella comunità scientifica>>.  8.1. ### di parte resistente ha formulato osservazioni critiche, che però riguardano il quesito posto al ### piuttosto che le risposte del prof. #### il CTP dott. ### infatti: <<### è sottoposto un quesito difettoso persino per i parametri a cui la ### di ### ha abituato la convenuta nella ormai lunga storia del contenzioso fra ex maestranze ### e ### S.p.A.  […] Il procedimento e, perciò, la CTU disposta nell'ambito di quest'ultimo prendono le mosse dal presupposto, preteso e destituito di fondamento, per il cui il #### abbia inalato amianto solo e per via dell'obbligazione con ex ### scotomizzando, anche solo in ipotesi, pregresse e decisive esposizioni al minerale, quali potevano essere confermate - o escluse - da una parvenza di serietà nella ricostruzione dell'anamnesi lavorativa, famigliare e residenziale, peraltro richiesta - o quantomeno, non esclusa - dal quesito, laddove il Giudice autorizza il proprio consulente ad acquisire ogni altra informazione utile. Nulla, quindi, impediva all'ausiliario del Giudice di adempiere al proprio dovere di completezza rimpinguando l'esangue fascicolo d'### quantomeno con l'estratto conto retributivo ### e le informazioni desumibili dal ### La risposta del CTU al quesito è pertanto viziata in radice dall'assunto, totalmente apodittico, che il #### abbia lavorato solo per ### a dispetto del fatto che vi sia stato assunto intorno ai 25 anni di età, ossia all'esito di probabili altre esperienze lavorative, possibilmente consimili, date le specifiche mansioni di manutentore immediatamente - almeno così pare - attribuite presso lo stabilimento di ### Stesso dicasi per il servizio militare (nota e frequente occasione di esposizione ad amianto) e per i trascorsi famigliari e residenziali. 
Al netto di ciò, la risposta al quesito è obbligata e la ### di fatto, inutile. Tecnicamente, un aspetto critico dell'elaborato risiede nel continuo ricorso a formule dubitative riguardo ai livelli di concentrazione inalatoria di amianto che si presumono presso gli ambienti di lavoro ex ### A parere di chi scrive, il CTU bene farebbe, non essendo troppo tardi, a ricordare al proprio committente che non esistono rilievi ambientali a sostegno di tale ipotesi e che il criterio analogico con cui si pretende di indurre le stime, ammesso nell'ambito delle cause per i benefici ex l. 257/92, è perentoriamente escluso dalla procedura civile. ### della prova resta quindi in capo a parte attrice, ovviamente non in grado di sostenere validamente il carattere di necessità e autonoma sufficienza dell'amianto eventualmente respirato dal de cuius in ### quale causa del mesotelioma che lo ha condotto a morte. Anche l'eccesso di casi di mesotelioma pleurico presso detta azienda rispetto a quello della popolazione generale non può essere addotto a prova di un nesso di causa anche solo più probabile del contrario, costituendo al più una legge di copertura, ma fallendo la verifica del nesso di causalità individuale, per il quale è richiesta la dimostrazione - non fornita dal CTU - di un rischio relativo almeno doppio in studi scientifici, note - ossia standardizzate - tutte le altre variabili indipendenti (livelli di concentrazione in ff/l /anni, pregresse esposizioni, etc.) sconosciute nel caso di specie>>. 
Insomma, dette critiche, da un lato integrano sterili polemiche, dall'altro trovano piena confutazione nella relazione del prof. ### Si aggiunga che l'estratto conto contributivo è agli atti, ma non indica il precedente datore di lavoro del sig. ### e che, comunque, i dati relativi all'esposizione presso ### appaiono sufficienti ai fini dell'attribuzione all'attività lavorativa de qua del ruolo, quanto meno, di concausa della malattia e del conseguente decesso. Ma sul punto si tornerà tra breve.   8.2. Le illustrate valutazioni del CTU in merito all'origine lavorativa della patologia che ha determinato il decesso del sig. ### appaiono pienamente condivisibili, perché aderenti alle risultanze dell'istruttoria e ampiamente motivate, nonché conformi alle indicazioni della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione del nesso di causalità, sotto il profilo della dipendenza dell'evento dai suoi antecedenti fattuali, deve essere compiuta sulla base delle migliori cognizioni scientifiche disponibili, ma, ove esse non consentano di raggiungere un'assoluta certezza della derivazione causale, la regola di giudizio muta sostanzialmente nel processo penale ed in quello civile, <<… in quanto nel primo vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (cfr. Cass. Pen. S.U. 11 settembre 2002, ###, Franzese), mentre nel secondo vige la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", stante la diversità dei valori in gioco nel processo penale tra accusa e difesa, e l'equivalenza di quelli in gioco nel processo civile tra le due parti contendenti, come rilevato da attenta dottrina che ha esaminato l'identità di tali standars delle prove in tutti gli ordinamenti occidentali, con la predetta differenza tra processo civile e penale (in questo senso vedansi: Cass. S.U. 11/01/2008, n. 576; Cass. S.U. 11/01/2008, n. 582. Cass.16.10.2007, 21619; Cass. 18.4.2007, n. 9238)… Il principio ha avuto larga diffusione in tema di prova del nesso causale. Anche la ### di ### è indirizzata ad accettare che la causalità non possa che poggiarsi su logiche di tipo probabilistico… ### standard di "certezza probabilistica" in materia civile non può essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa - statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana). Nello schema generale della probabilità come relazione logica va determinata l'attendibilità dell'ipotesi sulla base dei relativi elementi di conferma (c.d.  evidence and inference nei sistemi anglosassoni). 
Sennonché esigenze di coerenza e di armonia dell'intero processo civile comportano che tale principio della probabilità prevalente si applichi anche allorché vi sia un problema di scelta di una delle ipotesi, tra loro incompatibili o contraddittorie, sul fatto, quando tali ipotesi abbiano ottenuto gradi di conferma sulla base degli elementi di prova disponibili. In questo caso la scelta da porre a base della decisione di natura civile va compiuta applicando il criterio della probabilità prevalente. Bisogna in sede di decisione sul fatto scegliere l'ipotesi che riceve il supporto relativamente maggiore sulla base degli elementi di prova complessivamente disponibili. Trattasi, quindi, di una scelta comparativa e relativa all'interno di un campo rappresentato da alcune ipotesi dotate di senso, perché in vario grado probabili, e caratterizzato da un numero finito di elementi di prova favorevoli all'una o all'altra ipotesi>> (Cass., 5 maggio 2009 n. 10285, ex multis). 
Come evidenziato in dottrina, “probabilità logica” vuol dire che per ritenere sussistente il nesso causale devono trovare risposta affermativa tre interrogativi: a) l'antecedete causale è confermato dalla statistica? b) le peculiarità del caso concreto sono coerenti con le statistiche e/o con le leggi scientifiche? c) mancano altre possibili cause nel caso concreto? Se l'antecedente causale soddisfa tutte e tre le domande, esso è la causa “più probabile che non”. Se la risposta al terzo quesito dovesse essere negativa, lo è qualora, esaminate tutte le cause alternative, risulti la più probabile.  8.3. Né la qualificazione della fattispecie quale ipotesi di condotta penalmente rilevante commissiva, ovvero omissiva, o mista (sia commissiva che omissiva), può portare a differenti conclusioni.  ### recente giurisprudenza della Cassazione penale, invero, le condotte del datore di lavoro <<… hanno struttura di reati commissivi, incentrati sulla esposizione di lavoratori alle fibre di amianto aerodisperse…; la componente omissiva… in realtà attiene alla connotazione colposa della condotta, essendo costituita dalla mancata adozione delle misure prevenzionali imposte dalla legge ("la condotta attribuibile ai responsabili dell'azienda è, nel suo nucleo significativo, attiva; giacché l'esposizione all'agente lesivo in modo improprio è frutto di una determinazione di tipo organizzativo che ha evidentemente un rilievo condizionante, giacché se il lavoratore non fosse stato addetto a quella pericolosa lavorazione l'evento non si sarebbe verificato"- ### 4, n. 43786 del 17/09/2010 - dep. 13/12/2010, ### e altri, Rv. 248943)” (Cass. pen., 16 aprile 2018, n. 16715; cfr. anche Cass., 18 maggio 2018 n. 22022). ### si tratta pur sempre di valutare se detta esposizione sia stata la causa (quanto meno) “più probabile che non” della patologia.   La causalità omissiva, invece, è una causalità “normativa e non materiale”, perché ciò che non esiste (l'omissione) non può creare nulla (v. Cass. S.U. 576/2008). ### in ipotesi d'imputazione dell'evento di danno ad una omissione colposa, la riferibilità causale dell'evento alla condotta omissiva postula l'individuazione dell'esistenza di un dovere, generico o specifico (con funzione preventiva), di tenere un determinato comportamento e, quindi, l'accertamento che l'evento non si sarebbe verificato se l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli (c.d. giudizio controfattuale), con esclusione di fattori alternativi.   ### del rapporto di causalità ipotetica richiede, dunque, la formulazione di un'ipotesi controfattuale, che pone il comportamento alternativo dovuto al posto dell'omissione, al fine di verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato.   Anche in questo caso lo standard di “certezza probabilistica” richiesto non può essere quello della certezza assoluta: è sufficiente la “probabilità” (o “certezza probabilistica”, secondo la definizione della S.C.), da valutarsi non solo su base statistica (perché le statistiche potrebbero mancare e, comunque, non possono tenere conto delle specificità del caso concreto), ma sulla base degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica).  Insomma, anche in questo caso deve operare il criterio della preponderanza dell'evidenza (o “più probabile che non”). 
Rileva altresì, ancor prima, il fatto che nella specie - come già osservato - siano state violate svariate norme con funzione preventiva dell'esposizione del lavoratore alle polveri nocive. 
Né può dubitarsi della reale efficacia delle misure preventive violate ai fini della prevenzione del danno. Ma sul punto si tornerà nel seguito.  8.4. Poi, ### secondo la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 18267/2013), <<è scientificamente assodato che la tossicità dell'amianto si manifesta principalmente in caso di inalazione delle relative fibre e che il rischio per la salute è direttamente legato alla quantità ed al tipo di fibre inalate, alla loro stabilità chimica nonché ad una predisposizione personale a sviluppare la malattia. 
In particolare, in base alle attuali conoscenze scientifiche sui rischi da esposizione all'amianto, le fibre di amianto inalate possono produrre principalmente le seguenti patologie: l'asbestosi (patologia non tumorale del polmone), il carcinoma (patologia tumorale del polmone), il mesotelioma (patologia tumorale della pleura o del peritoneo), tumori del tratto gastrointestinale, della laringe e di altre sedi. Inoltre, mentre è scientificamente pacifica la dosedipendenza dell'asbestosi e del carcinoma polmonare, per quanto riguarda il mesotelioma, il discorso si presenta decisamente più complesso. 
In altre parole, la scienza medica ha appurato che, mentre nel mesotelioma pleurico, nei soggetti suscettibili esposti ad amianto, l'effetto cancerogeno può essere conseguente ad una "dose" estremamente bassa, al contrario, per tutti gli altri tumori - compreso il carcinoma polmonare da amianto - dosi basse non producono effetti epidemiologicamente dimostrabili…>>. 
Comunque, anche nel caso del mesotelioma, l'entità dell'esposizione non è irrilevante. 
Pur <<… non essendovi certezze circa la dose [anche molto bassa] sufficiente a scatenare l'insorgenza del mesotelioma pleurico…, la scienza medica riconosce un rapporto esponenziale tra dose cancerogena assorbita determinata dalla durata e dalla concentrazione dell'esposizione alle polveri di amianto e risposta tumorale">>; onde <<la prevalente giurisprudenza di legittimità (tra tutte, Cass. pen. Sez. IV, n. 988 del 11.7.2002, Rv. 227000, Macola) "… ha ritenuto corretta, anche per il mesotelioma, la teoria scientifica di un processo patologico che mette in crisi la teoria della dose ‘killer' o della dose 'trigger', che viene squalificata come frutto di artificio">> (Cass. 8292/2019).  8.5. È evidente, alla luce delle premesse, che ai fini dell'accertamento del nesso causale tra patologia ed esposizione lavorativa, occorre fare riferimento, non solo all'astratta possibilità che la patologia stessa sia conseguenza dell'inalazione dell'amianto, ma anche agli specifici elementi di conferma (e allo stesso tempo di esclusione di altri possibili fattori alternativi) emersi dall'istruttoria. A partire, ovviamente, dal dato specifico relativo all'entità dell'esposizione ad amianto, del quale già si è detto, anche riprendendo le indicazioni di cui alla ### Si veda <<[i]n punto da ultimo, Cass. n. 28458 del 05/11/2024 secondo cui “in tema di risarcimento del danno, una volta accertata la presenza di uno dei fattori di rischio (nel caso di specie l'esposizione all'amianto), che scientificamente si pongono come idonei antecedenti causali della malattia, prima, e del decesso, poi, va affermata la sussistenza del nesso di causalità tra quel fattore di rischio e la malattia e quindi il decesso, anche eventualmente in termini di concausalità, in presenza della non occasionale esposizione all'agente patogeno, di determinate modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, dell'assenza di strumenti di protezione individuale, salvo che sussista altro fattore, estraneo all'attività lavorativa e/o all'ambiente lavorativo, da solo idoneo a determinare la malattia e/o, poi, il decesso.  13.- Pertanto solo qualora possa ritenersi con certezza che l'intervento di un fattore estraneo all'attività lavorativa sia stato di per sé sufficiente a produrre l'infermità che ha portato al decesso il lavoratore deve escludersi l'esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge ( 26 marzo 2015 n. 6105; Cass. 11 novembre 2014 n. 23990); mentre per contro va negato che la modesta efficacia del fattore professionale sia sufficiente ad escludere l'operatività del principio di equivalenza causale (Cass. 12 ottobre 1987 n. 7551, Cass. 8 ottobre 2007 n. 21021). 
Deve perciò evidenziarsi che l'ordinamento vigente ammette il giudizio sulla correlazione causale tra fatto ed evento anche in termini di apporto concausale. Ciò significa che chi sia stato esposto all'amianto per motivi professionali (anche soltanto ambientali) ha diritto di vedersi riconosciuta l'origine professionale della malattia, quand'anche nel giudizio risultino altre esposizioni o altre condizioni di confondimento (ambientali o legati ad altri fattori extraprofessionali) che non assurgano, però al ruolo di fattori alternativi di tipo esclusivo.
E la ricorrenza di tali fattori alternativi deve essere allegata e dimostrata in giudizio dal datore di lavoro.  14.- Inoltre in relazione alle malattie asbesto correlate, deve essere considerata, attraverso il giudizio demandato al ctu, la rilevanza della dose complessiva (Cass. sentenza n. 18503/2016) posto che il mesotelioma è malattia dose correlata (in cui rilevano le dosi iniziali e quelle successive) caratterizzata dall'effetto acceleratore della latenza; da cui discende che le dosi successive all'iniziazione del processo cancerogenetico possono essere ritenute causali ed inoltre che le misure omesse nel corso del tempo potrebbero diminuire l'intensità dell'esposizione, la progressione della malattia ed allungare la vita del lavoratore esposto; in quanto l'esposizione continuativa, intensa e massiccia diminuisce la latenza della malattia ed influisce perciò sul più rapido decorso della stessa.  15.- Pertanto, ai fini della responsabilità del datore di lavoro è necessario accertare che la malattia che ha afflitto il singolo lavoratore sia insorta, si sia aggravata o si sia manifestata in un più breve periodo di latenza per effetto dell'esposizione a rischio, così come verificata ( sez. IV pen. n. ###/2013)>> (Cass. ord. n. 4092/2025; conf. Cass. ord. 18097/2025).  8.6. Il dato relativo all'esposizione ad amianto del sig. ### nel periodo di lavoro presso ### apprezzabile (in particolar modo nel periodo di adibizione al reparto ### e prolungata, appare già di per sé decisivo, anche perché si tratta di <<malattia tabellata… ove l'origine professionale della malattia è sorretta da presunzione legale e dove il nesso di causalità presuppone solo la dimostrazione di esserne affetto e di essere stato addetto alla lavorazione nociva (Cass. n. 13024/2017)>> (Cass. n. ###/2023, relativa ad azione promossa dagli eredi di un lavoratore, deceduto per mesotelioma maligno epitelioide, nei confronti del datore di lavoro dello stesso, ai fini del risarcimento del danno). 
Si aggiunga che <<… il riconoscimento della malattia da parte dell'### per esposizione all'amianto pur non essendo un elemento assorbente o di prova legale ai fini del nesso di causa è comunque un elemento da considerare almeno ai fini della prova del fattore di rischio e dell'esposizione all'agente nocivo (posto che la malattia è sì tabellata ma in quanto sia provata l'esposizione all'amianto, sia pure non qualificata)>> (Cass. ord. n. 4092/2025).  ### specie il riconoscimento vi è stato (v. supra).  8.7. Pertanto, alla luce di tutte le premesse, tenuto conto del fatto che, anche nel caso del mesotelioma, l'entità dell'esposizione ha un ruolo nella “causazione” della malattia e valutata l'entità ### dei livelli d'inquinamento cui il sig. ### è stato esposto per una decina d'anni e più presso il centro siderurgico, alle dipendenze di ### non può dubitarsi dell'esistenza del nesso causale (o, quanto meno, concausale) tra l'attività lavorativa in considerazione e il mesotelioma sviluppato dallo stesso lavoratore, anche volendo aderire (ma non si vede come, perché si tratta di semplice illazione) alla tesi del CTP di parte resistente circa la possibile esposizione ad asbesto nel periodo di lavoro anteriore. 
Anche i dati epidemiologici relativi ai casi di mesotelioma presso i lavoratori dell'### (v. in particolare CTU dott. ### doc. 13 ric.) costituiscono un elemento di conferma della correttezza di tale conclusione.  8.8. Guardando ai temi propri della causalità omissiva, non può neppure dubitarsi della reale efficacia delle misure preventive violate dalla datrice di lavoro (v. supra) ai fini della prevenzione del danno. 
Infatti, va ribadito il decisivo concetto per cui, in carenza di efficaci misure preventive di tipo “comune” (ad es. uso di protezioni per le vie respiratorie), il datore di lavoro avrebbe dovuto fare ricorso a rimedi più “drastici”, in termini di modifica dell'attività dei lavoratori e/o dei cicli produttivi e/o di sostituzione dei materiali impiegati, onde prevenire i ### rischi connessi all'esposizione ad amianto, assumendo altrimenti “a proprio carico il rischio di eventuali tecnopatie”. 
Come già rilevato, poi, <<… nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione la regola contenuta nell'art. 41 c.p.c. Ciò comporta che il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento… (cfr. Cass. n. 23990 del 2014; Cass. n. 15107 del 2005; Cass. n. 8033 del 2002).  11. Con particolare riferimento ai profili oggetto di censura, questa ### in sede penale, ha affermato che "il rapporto causale, sia nella causalità commissiva che in quella omissiva, va riferito non solo al verificarsi dell'evento prodottosi ma anche in relazione alla natura e ai tempi dell'offesa nel senso che dovrà riconoscersi il rapporto in questione non solo nei casi in cui sia provato che l'intervento doveroso omesso (o quello corretto in luogo di quello compiuto nella causalità commissiva) avrebbe evitato il prodursi dell'evento in concreto verificatosi, o ne avrebbe cagionato uno di intensità lesiva inferiore, ma altresì nei casi in cui sia provato che l'evento si sarebbe verificato in tempi significativamente (non minuti od ore) più lontani ovvero ancora quando, alla condotta colposa omissiva o commissiva, sia ricollegabile un'accelerazione dei tempi di latenza di una malattia provocata da altra causa (o che non sia possibile ricollegare eziologicamente alla condotta in questione)" (Cass. pen. n. 988 dell'11.7.02/14.1.03, in motivazione). Si è aggiunto che, in questi casi, "non v'è quindi dubbio che una morte avvenuta in un giorno successivo sia un fatto diverso, dal punto di vista naturalistico prima ancora che giuridico">> (Cass. n. 27952/2018).   Pertanto, non può <<… essere accolta l'ulteriore obiezione con la quale… si sostiene che all'epoca della condotta mancassero i mezzi per evitare l'evento, potendo lo stesso evento… essere cagionato anche dalla ingestione di poche fibre. Talché, mancando le misure protettive per le piccole dosi, se anche fossero state adottate quelle dettate per le dosi più elevate, l'evento non sarebbe stato evitato; mancherebbe perciò il nesso di causa tra omissione ed evento. 
Sul punto deve obiettarsi, in base alla giurisprudenza di legittimità (cfr. pure, sul tema della colpa, Cass. sez IV ###/2010; Cass. Sez. IV 43786/2010) che le misure omesse (quelle informative, igieniche, sanitarie) sarebbero state sicuramente utili ed avrebbero evitato l'insorgenza della malattia con un indice di seria probabilità (Cass. sez. IV ###/2010). 
Si tratta di una affermazione che è tratta dall'esistenza di studi epidemiologici, i quali hanno dimostrato che ad una diminuzione nell'ambiente di lavoro della dose iniziale di esposizione ad amianto - attraverso la successiva introduzione di standard igienici e di sistemi di protezione vigenti al momento della condotta di cui si tratta - è corrisposto nei lavoratori una marcata riduzione nella frequenza delle malattie da amianto. Ma anche perché la stessa evidenza si desume dalla constatazione del numero di malati, incomparabilmente più elevato, presente tra i lavoratori rispetto agli esposti per motivi non professionali, in considerazione dell'ampio impiego dell'amianto (che ha conosciuto migliaia di utilizzazioni e che si potrebbe considerare praticamente un inquinante ubiquitario); un dato che indica quindi come il livello di pericolosità della sostanza aumenti in relazione alla dose ( esposizione quantitativa e qualitativa), mentre riducendo la stessa si riducono le malattie. 
Ciò vale a dimostrare ulteriormente… che l'azione doverosa del datore di lavoro (le misure di igiene omesse) risulti causale rispetto all'evento (potendolo evitare o ritardare)>> (Cass. ord.  18044/2025).
È evidente, allora, che (anche solo) alla maggiore esposizione conseguente all'omessa adozione delle cautele indicate deve riconoscersi la capacità d'incidere sul processo patologico e di costituire un antecedete causale della patologia e del decesso causato da mesotelioma.  8.9. Come noto, la “casualità giuridica” trova fondamento e disciplina nell'art. 1223 c.c., secondo il quale il risarcimento deve comprendere solo i danni che siano “conseguenza immediata e diretta” della condotta altrui (v. Cass. S.U. n. 576/2008). E tali debbono ritenersi quelli determinati da ciascuna delle condotte “umane” che hanno concorso a determinare l'evento, tanto più quando non sia possibile ascrivere determinati effetti all'una e/o all'altra.   Pertanto, l'eventuale (del tutto ipotetica e indimostrata) esposizione ad amianto presso il precedente datore di lavoro, ovvero (più ragionevolmente) presso ### (atteso che il sig.  ### ha continuato a lavorare alle dipendenze di tale ultima società), non solo non rileverebbero dal punto di vista della causalità materiale (governata dal principio dell'equivalenza delle cause), ma non potrebbero neppure “limitare” l'obbligazione risarcitoria della convenuta sotto l'aspetto della c.d. “causalità giuridica”. ### che all'uopo rilevi se si tratti, quanto a quest'ultimo, di concetto relativo ad una ### regola causale (cfr. Cass. 21255/2013, nonché, più di recente, Cass. n. 28986/2019, in linea con la migliore dottrina), ovvero, più semplicemente, finalizzato a delimitare l'area dei danni risarcibili (cfr. Cass. 3893/2016). 
Diversa l'ipotesi in cui alla causazione del danno abbia concorso la condotta della vittima: in questo caso il risarcimento è suscettibile di riduzione, ai sensi, però, dell'art. 1227 co. 1 Come chiarito dai giudici di legittimità, <<[l]'art. 1227, comma 1, cod. civ. prevede: “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate”.  15. È orientamento consolidato di questa ### che l'art. 1227, comma 1, cod. civ. sia una norma che disciplina la causalità tra condotta e danno, fissando un limite al principio della condicio sine qua non (v. Cass. n. 23426 del 2014 e precedenti ivi citati, fra cui Cass. n. 17152 del 2002) e così escludendo che possa farsi carico al danneggiante di quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile>> (Cass. ord. n. ###/2022). 
La convenuta pretenderebbe (come da domanda subordinata) che il Tribunale faccia applicazione dell'art. 1227 c.c., in conseguenza dell'accertamento della “responsabilità e/o corresponsabilità del sig. ### per i fatti di cui è causa”. Ma nulla è emerso, che possa configurare una ###responsabilità) del de cuius. 
Pertanto, anche tale difesa risulta infondata.  10. Stante la fondatezza del ricorso, deve procedersi alla quantificazione ### del danno iure proprio. 
I testi escussi (### e ### rispettivamente nuora e consuocero del de cuius) hanno descritto l'intensità del vincolo familiare che legava i ricorrenti al de cuius, l'amorevole assistenza prestata dalla moglie e dai figli e il rapido e doloroso progredire della malattia, cui i ricorrenti hanno assistito consapevoli ed impotenti. 
I testimoni hanno precisato che: il figlio ### e la sua famiglia vivevano, a ### nel medesimo palazzo del genitore, ove entrambi i figli si recavano quotidianamente a pranzo; ### non viveva molto distante; il de cuius si occupava assiduamente dei nipoti ed in particolare della più piccola, con cui aveva un rapporto particolare; le famiglie del de cuius e dei figli condividevano un'abitazione, a ### dove trascorrevano le estati assieme; spesso il lavoratore ha trascorso le vacanze assieme ai figli e alle loro famiglie (in ### verso il 2006/2007, in ### due volte in ### con ### e famiglia; in ### con ###; il rapporto tra il lavoratore e la moglie era “normale”, essi erano sposati da molti anni e “hanno festeggiato assieme il 50.mo anno di matrimonio”; la vedova “… aveva problemi al ginocchio e alla schiena, che ne comprometteva la deambulazione e pertanto si è trovata anche senza l'importante sostegno che le forniva il marito nelle attività quotidiane”; dal punto di vista morale la sofferenza della signora ### dopo tanti anni di matrimonio, “è stata particolarmente intensa, anche perché l'incalzare della malattia non le ha neppure consentito di metabolizzare quanto stava avvenendo”. 
Quanto premesso consente di ritenere dimostrata, o quantomeno di presumere - secondo l'id quod plerumque accidit -, l'esistenza di un danno non patrimoniale dei congiunti a seguito del decesso del sig. ### La famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost., è infatti, secondo il comune sentire, luogo privilegiato per l'instaurarsi di peculiari rapporti di affetto, solidarietà, frequentazione e reciproco affidamento. 
Debbono valutarsi congiuntamente, qui, anche al fine di evitare inammissibili duplicazioni, sia la lesione dell'equilibrio emotivo-soggettivo del danneggiato che, in una dimensione dinamico-relazionale, l'impedita prosecuzione concreta di una relazione personale (v. Cass. ord. n. 9857/2022). 
Come indicato dalle ### Unite della ### (Cass. Sez. Un. 11 novembre 2008, 26972, punto 4.8): <<… la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato ...>>. 
Così, non è ammessa la liquidazione sia del danno da perdita del rapporto parentale che del danno esistenziale, “… poiché il primo già comprende lo sconvolgimento dell'esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca>> (Cass. ord. n. ###/2018). 
Più in generale, <<Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art.  2059 c.c. preclude… la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza [nella specie morale, psichica] patite dalla persona…, fermo restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso…>> (Cass. n. 15491/2014). 
In assenza di criteri normativi di sorta, la liquidazione del danno non patrimoniale subito dai prossimi congiunti deve avvenire in via equitativa, ex art. 1226 Devesi all'uopo tenere conto, appunto, di tutte le conseguenze pregiudizievoli derivate dalla patologia e dal decesso, nonché delle specificità delle singole vicende (c.d. personalizzazione), ed assicurarsi, inoltre, l'adozione di parametri uniformi, tali per cui a parità di danno consegua parità di risarcimento. 
Ebbene, di recente la ### ha ritenuto che <<In tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella>> (Cass. n. 10579/2021; conf. Cass. ord. 26300/2021).
Ne è conseguito il superamento del sistema di liquidazione c.d. a forchetta di cui alla ### milanesi, al quale è stato preferito, appunto, in sistema a punto che (già) caratterizzava le ### “romane”.   Nel 2022, l'### sulla ### di ### ha recepito le indicazioni della giurisprudenza, adottando il sistema a punti, onde appare possibile procedere alla liquidazione del danno iure proprio facendo applicazione delle ### milanesi. 
L'### partendo dai valori monetari previsti dalla precedente formulazione "a forbice”, ha ricavato il "valore punto" per il caso di perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati nonché per il caso di perdita di fratelli / nipoti rispettivamente (aggiornamento 2024) di € 3.911,00 e di € 1.698,20 e ha proposto poi un calcolo a punti basato su cinque parametri (con un tetto massimo, per i familiari più stretti, di euro 391.103,18). 
I parametri sono i seguenti: A) età della vittima primaria: fino a 28 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico-relazionale); sono previsti vari scaglioni anagrafici, per cui all'aumentare dell'età della vittima, diminuiscono i punti attribuiti (da un massimo di 28, appunto, ad un minimo di 4 punti per l'intervallo da 91 a 100 anni); B) età della vittima secondaria: fino a 28 punti; anche per questo parametro valgono le considerazioni sopra esposte sub A); C) convivenza tra le due vittime: 16 punti nel caso di convivenza; 8 punti nel caso in cui, pur non essendo conviventi, la vittima primaria e secondaria abitino nello stesso stabile o complesso condominiale; D) sopravvivenza di altro/i congiunto/i: fino a 16 punti (ad esempio, se il danneggiato perde il genitore, si verificherà se, a prescindere dalla convivenza, sono in vita l'altro genitore e/o i fratelli del danneggiato; se il danneggiato perde il figlio, si verificherà se, a prescindere dalla convivenza, sono in vita il coniuge/assimilati ed altri eventuali figli; se il danneggiato perde il coniuge/assimilati, si verificherà se, a prescindere dalla convivenza, vi sono dei figli in vita); E) qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta: fino a 30 punti, graduabili in ragione, sia della sofferenza interiore patita, sia dello stravolgimento della vita della vittima secondaria (dimensione dinamico-relazionale).  10.1. Debbono essere quantificati, dunque, i danni risarcibili ai singoli familiari, mediante applicazione dei suddetti parametri. Con la precisazione che il quantum deve essere calcolato, in oggi, alla luce delle ### aggiornate nel 2024 (mentre nel ricorso si fa riferimento ai valori inferiori, allora vigenti, delle ### del 2022). 
Ebbene, si reputa equo quantificare il danno per perdita del rapporto parentale in: -euro 308.969,00 (79 punti x € 3.911,00) per la sig.ra ### dovendosi attribuire, per il parametro A 12 punti, per il B 12, per il C 16, per il D 9 e per l'E 30; quanto all'ultimo parametro, esso appare congruo, tenendo conto che si è trattato, per la vedova, della perdita del compagno di una vita, con cui ha avuto due figli e con cui conviveva e condivideva ogni aspetto della quotidianità; che ella si è fatta carico, assieme ai figli, di assistere il marito ed ha vissuto, dunque, impotente, momento per momento, la sua malattia, le sofferenze, l'agonia fino al decesso; che notevole è stato, dopo il decesso, il peso della solitudine e dell'assenza della principale figura di riferimento per la quotidianità; -euro 281.592,00 (72 punti x € 3.911,00) per il sig. ### dovendosi attribuire, per il parametro A 12 punti, per il B 18, per il C 8 (residenza nel medesimo stabile/condominio), per il D 9 e per l'E 25 (su 30); tale ultimo punteggio appare congruo, alla luce delle emergenze istruttorie, particolarmente significative in merito alla qualità e all'intensità della relazione perduta (vi è prova, tra l'altro, di frequentazioni/contatti assidui e della condivisione delle vacanze); relazione testimoniata anche dalla vicinanza al genitore nella fase della malattia, fino al decesso, con le conseguenze già esaminate trattando della vedova; -euro 254.215,00 per il sig. ### (65 punti x € 3.911,00); per questi vale quanto indicato per il fratello; le uniche differenze derivano dall'attribuzione, per il parametro B di 20 punti, per il parametro C di 0 punti (non risiedendo nel medesimo stabile del genitore) e per il parametro D di 24 punti; si tratta, quanto a quest'ultimo, di punteggio solo lievemente inferiore a quello del fratello, quantificato tenendo conto che nell'abitazione bifamiliare di ### soggiornava abitualmente ### e della minore condivisione dei periodi di vacanza. 
Sulle somme dovute a titolo di risarcimento del danno iure proprio, spettano gli interessi di legge dalla data della sentenza al saldo. 
Infatti, “con la sentenza definitiva che decide sulla liquidazione di un'obbligazione di valore, da effettuarsi in valori monetari correnti, si determina la conversione del debito di valore in debito di valuta con il riconoscimento da tale data degli interessi corrispettivi. Ne consegue che è preclusa l'ulteriore rivalutazione monetaria derivante dall'eventuale ritardo nell'esecuzione del giudicato, valendo, in tale ipotesi, i criteri previsti dalla legge per il debito di valuta” (Cass., 14 aprile 2011, n. 8507).  11. Venendo alla quantificazione del danno iure hereditario, occorre premettere che la questione della risarcibilità agli eredi del danno ("biologico", "morale-catastrofale", "tanatologico") patito dalla vittima deceduta in conseguenza della condotta altrui, è stata definita dalla ### secondo le seguenti linee guida: <<-alla vittima può essere risarcita la perdita di un bene avente natura non patrimoniale, nella misura in cui la persona fisica sia ancora in vita: la vicenda "acquisitiva del diritto" alla reintegrazione della perdita subita presuppone, infatti, la capacità giuridica, riconoscibile soltanto ad un soggetto esistente (art. 2 c.c., comma 1).  -i danni non patrimoniali risarcibili alla vittima (soggetto deceduto a causa delle lesioni subite alla propria integrità psicofisica) e trasmissibili "jure hereditatis", possono pertanto consistere: a) nel "danno biologico" (cd. "danno terminale") determinato dalla lesione al bene salute quale danno-conseguenza consistente nella invalidità psicofisica - intesa come stato di incapacità determinato dall'inevitabile decorso della patologia con esito letale contratta a causa della lesione alla salute - perdurata nel periodo che va dal momento della lesione (che si caratterizza appunto per non essere emendabile e dunque non consente guarigione, ed in quanto letale conduce) fino all'exitus. Dalla lesione del bene-salute possono derivare, infatti: a1) conseguenze invalidanti della capacità psicofisica del soggetto, che residuano dopo la guarigione ed assumono carattere permanente - in quanto inemendabili - in relazione alla residua durata della vita; a2) conseguenze anch'esse inemendabili ma "letali", tali da condurre inevitabilmente la persona alla morte che sopravviene, di regola, a breve distanza di tempo. In quest'ultimo caso, laddove il soggetto permanga in vita per un tempo comunque apprezzabile, viene in rilievo la nozione di "danno biologico terminale", categoria meramente descrittiva, in quanto priva di una sua specificità giuridica e di una dimensione ontologica differente rispetto alla nozione di "danno biologico". ### distintivo del danno cd. terminale, è da individuare, infatti, esclusivamente in relazione all'aspetto fenomenologico della natura mortale o non mortale della lesione, dovendo aversi riguardo, ai fini dell'accertamento del danno-conseguenza, in ogni caso alla durata della vita che intercorre tra l'evento lesivo ed il decesso: anche la liquidazione del danno ### "terminale" viene effettuata valutando la incidenza negativa sulla capacità dinamico-relazionale del soggetto (sostanzialmente annichilita), prodotta da una lesione personale ###, durante il tempo necessario - di regola breve - alla evoluzione dell'iniziale stato patologico fino al suo ineluttabile esito… Analogamente all'accertamento del danno biologico, anche il danno cd. terminale, in quanto danno-conseguenza, è oggetto di accertamento in fatto, e presuppone che le conseguenze pregiudizievoli sulla capacità psicofisica del soggetto si siano effettivamente prodotte, atteso che oggetto della "perdita" non è la morte, ma è pur sempre il tempo biologico commisurato alle perdute attività quotidiane che il soggetto avrebbe potuto altrimenti compiere, a tal fine necessitando - con riguardo alle lesioni mortali - che tra l'evento lesivo e il momento del decesso sia intercorso un "apprezzabile lasso temporale", cioè una durata idonea a correlare la diminuita validità alle capacità umane che si esplicano nel vivere quotidiano. Non vi è, pertanto, accertamento di danno biologico-terminale laddove la morte sia stata immediata, tale essendo considerata - per convenzione medico legale - anche la morte intervenuta prima dello spirare delle 24 ore di durata del giorno, non essendo ritenuto valutabile in medicina legale, in termini di danno biologico, un grado percentuale di invalidità commisurato soltanto ad ore, minuti o secondi (cfr. ### cass. Sez. 3, Sentenza n. 1877 del 30/01/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 15491 del 08/07/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 22228 del 20/10/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 23183 del 31/10/2014; da ultimo: ### cass. Sez. 3, Ordinanza n. 18056 del 05/07/2019); b) nel "danno morale cd. soggettivo" (cd. "danno catastrofale"), consistente nello stato di sofferenza spirituale per intima paura o patema d'animo sopportato dalla vittima nell'assistere alla progressiva distruzione della propria condizione esistenziale verso l'ineluttabile fine-vita: in questo caso l'accertamento in fatto dell'"an", ossia della esistenza del danno-conseguenza, presuppone la prova della "cosciente e lucida percezione", da parte del soggetto leso, dell'ineluttabilità della propria fine. Tale prova rimane, pertanto, esclusa laddove la morte sia sopraggiunta nella immediatezza delle lesioni inferte alla vittima, o sia pervenuta dopo un apprezzabile lasso di tempo, ma con soggetto leso inconsapevole o che versava in stato di incoscienza (cfr. ### cass. Sez. 3, Sentenza n. 6754 del 24/03/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 7126 del 21/03/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 13537 del 13/06/2014); c) rimane, invece, esclusa la risarcibilità del danno consistente nella "perdita del bene-vita" (cd.  "danno tanatologico"), quale bene autonomo e diverso rispetto al bene-salute (oggetto di distinti diritti: artt. 2 e 32 Cost.), fruibile solo in natura ed esclusivamente dal titolare ed insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, tanto se il decesso si verifichi immediatamente, quanto nel caso in cui si verifichi dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità "jure hereditatis" di tale pregiudizio, in ragione - nel primo caso - della simultanea assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, e - nel secondo caso - della mancanza di utilità fruibili dal soggetto e delle quali possa configurarsi la perdita in uno spazio di vita brevissimo inidoneo a tradurre l'evento-morte in una mera estensione del pregiudizio alla salute nel quale sono implicate le nozioni di malattia, guarigione e postumi invalidanti, le quali tutte sono inconfigurabili e, se preesistenti, scompaiono con la morte stessa (cfr. ### cass. Sez. U, Sentenza n. 15350 del 22/07/2015 che, dando seguito alle indicazioni della sentenza della ### costituzionale 27 ottobre 1994 n. 372, compone in tal modo il contrasto giurisprudenziale insorto dopo il precedente contrario di ### cass. Sez. 3, Sentenza n. 1361 del 23/01/2014)>> (Cass. 29492/2019; conf. Cass. Cass. n. 12041/2020).   Dunque, non solo in caso di patologia che conduca la vittima alla morte senza possibilità di guarigione e/o stabilizzazione dei postumi, ma, più in generale, in tutti i casi di lesione del bene-salute, deve tenersi conto, secondo le più recenti indicazioni dei ### di legittimità, della <<… duplice componente fenomenologica del danno non patrimoniale, avuto riguardo sia agli effetti che la lesione del diritto della salute ha comportato nella dimensione dinamico-relazionale del soggetto danneggiato, sia alle conseguenze subite dallo stesso nella sua sfera interiore, sub specie di sofferenza, di paura, di angoscia, di disperazione…>> (Cass. ord. n. ###/2022). 
La valorizzazione, da parte della ### della duplice componente del danno non patrimoniale, ha sollecitato anche la “revisione” ### delle ### milanesi per la liquidazione del danno permanente da lesioni all'integrità psico-fisica, nelle quali, in luogo dell'indicazione della sola aliquota percentuale di aumento del punto di danno biologico per la componente di sofferenza soggettiva, si è introdotta la specifica indicazione dell'aumento in termini monetari (secondo quanto indicato dall'### nei “criteri orientativi, “anche allo scopo di richiamare gli operatori ad una attenta verifica in merito all'an debeatur e alla congruità degli importi liquidati in relazione alla detta componente”). Analogamente, sono state riviste le ### per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione temporanea del bene salute, con l'esplicitazione anche dei “valori monetari delle due componenti del danno non patrimoniale ‘temporaneo' corrispondente a un giorno di inabilità temporanea al 100%”. 11.1. Il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale patito dal sig. ### a causa della patologia tumorale che lo ha condotto alla morte (non immediata), dunque, era pacificamente trasmissibile e si è trasmesso agli eredi, odierni ricorrenti (v. doc. 8 ric.). 
Si indica nella CTU che <<### quanto emerso dalla disamina della documentazione clinica, i primi sintomi della patologia emergevano in data ### contestualmente al ricovero in ### a seguito del presentarsi di una tosse insistente, dolore toracico in sede mammaria destra e calo ponderale… Il periziando era seguito presso il reparto di ### di ### ove si sottoponeva periodicamente a visite di controllo. Una volta iniziata lo schema chemioterapico con ### e ### il paziente presentava un'iniziale riduzione delle lesioni. Però, dopo 6 cicli terapeutici più due di mantenimento (visita del 22/02/21) il sig. ### lamentava una scarsa tolleranza del dolore, ma anche un apprezzabile peggioramento delle lesioni pleuriche che aumentavano di dimensioni per cui veniva introdotto il trattamento radioterapico. Le condizioni cliniche del paziente continuano a peggiorare, presentava inappetenza e astenia, che hanno comportato la sospensione, per un periodo, del piano terapeutico. 
In base a quanto esposto si possono motivatamente assegnare: • Un periodo di inabilità temporanea al 50% di complessivi giorni 202 comprendenti le settimane a partire dalla diagnosi di mesotelioma e i primi mesi di chemioterapia. ### questo complessivo lasso temporale, pur non essendovi una documentazione comprovante uno stato di malessere tale da comportare l'ospedalizzazione del #### si ritiene che il de cuius soffrisse di problematiche respiratorie soprattutto in virtù della tosse resistente e dolore in sede mammaria destra, unitamente ai cicli di chemioterapia previsti per il trattamento di tale patologia.  • Un periodo di inabilità temporanea al 75% di totali giorni 129 comprensivi del periodo in cui il periziando si sottoponeva al trattamento chemioterapico e introduzione di radioterapia per scarso controllo del dolore. Il paziente, inoltre, lamentava inappetenza e astenia.  • Un periodo di inabilità temporanea totale di ultimi giorni 67, in virtù dell'ultimo periodo della malattia che ha portato al decesso del ### Costanzo…>>. 
Circa l'incidenza dei postumi sulle abituali attività non lavorative del de cuius, ha indicato il prof. ### <<Dalla disamina della documentazione clinica emerge che la patologia neoplastica si manifestava inizialmente con una tosse stizzosa continua e un calo del ponderale.
Ebbene, in considerazione di questi aspetti è possibile desumere che già in quell'epoca il #### avesse subito una limitazione delle attività del quotidiano legate ai problemi respiratori. 
Si può immaginare che egli abbia subito limitazioni nello svolgimento di sforzi moderati propri nel quotidiano di una persona di quell'età, come ad esempio camminate, trasporto di sacchi della spesa, esercizio di determinati hobby ed attività sportive, passare del tempo con i nipoti, etc. 
Per le caratteristiche stesse della patologia neoplastica in oggetto, caratterizzata da una rapida evoluzione nel tempo e prognosi infausta, non stupisce il repentino deterioramento del quadro clinico nei mesi successivi che gli ha precluso lo svolgere delle normali attività, di dover essere assistito dai figli e dalla moglie. Il paziente, comunque, sempre grazie all'aiuto dei figli, poteva visitare ### dove aveva l'abitudine di recarsi (soprattutto prima della diagnosi), con la famiglia, durante i fine settimana.  … Si può stimare approssimativamente che il paziente avesse subito delle limitazioni nelle attività di sforzo moderato, mentre poi, durante il periodo di trattamento della patologia neoplastica si verificava un peggioramento delle condizioni cliniche che probabilmente precludevano gran parte delle attività di vita quotidiana per cui si rendeva necessario l'ausilio da parte di terze persone>>. 
Ai fini della quantificazione del danno, deve ancora precisarsi che secondo la ### il danno biologico terminale è “danno biologico da invalidità temporanea assoluta” la cui liquidazione equitativa va effettuata “commisurando la componente del danno biologico all'indennizzo da invalidità temporanea assoluta” (Cass. n. 17577/2019; conf. Cass. 8292/2019, Cass. ord. n. ###/2022; Cass. ord. n. 5618/2025; v. anche Cass. ord. n. 15395/2016, secondo cui il danno biologico terminale “… va liquidato - quanto meno - negli importi previsti dalle tabelle relative alla invalidità temporanea assoluta…”). 
La liquidazione sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea deve essere adeguata, peraltro, “… alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte” (Cass. ord. n. ###/2022; conf. Cass. ord. n. 5618/2025). 
Per quanto attiene alla quantificazione della componente di sofferenza psichica (danno catastrofale), invece, la natura peculiare del pregiudizio (“consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita”) <<… comporta la necessità di una liquidazione che si affidi a un criterio equitativo denominato “puro” − ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso - che sappia tener conto della sofferenza interiore psichica di massimo livello, correlata alla consapevolezza dell'approssimarsi della fine della vita, la quale deve essere misurata secondo criteri di proporzionalità e di equità adeguati alla sua particolare rilevanza ed entità, e all'enormità del pregiudizio sofferto a livello psichico in quella determinata circostanza>> (Cass. ord.  ###/2022; conf., tra le altre, Cass. n. 23183/2014).  <<Ai fini della sussistenza del danno catastrofale, la durata di tale consapevolezza non rileva ai fini della sua oggettiva configurabilità, ma per la sua quantificazione secondo i suindicati criteri di proporzionalità e di equità (in termini: Cass. n. 16592/2019; v. pure Cass. 23153/2019, n. 21837/2019)>> (Cass. ord. n. ###/2022).   I testi ### hanno dato riscontro della consapevolezza, in capo al sig. ### della patologia da cui era affetto, riferitagli dai sanitari fin dal momento della diagnosi. Hanno anche ricordato (in particolare ### che gli operatori dell'### che ben presto hanno preso in carico il ### a causa dei forti dolori, lo hanno tenuto informato della situazione relativa alla malattia.   Pertanto, si può parlare anche della consapevolezza dell'approssimarsi della fine e della lucida attesa della morte.   11.2. Le due voci di danno, dunque, vanno tenute distinte e liquidate con criteri diversi.  ### recente giurisprudenza di legittimità, ai fini della quantificazione del danno iure hereditario, non è corretto il ricorso alle ### milanesi relative alla liquidazione del danno non patrimoniale c.d. terminale, perché esse s'ispirano, tra l'altro, ai principi della <<unitarietà ed onnicomprensività del concetto di “danno terminale”, tale da ricomprendere al suo interno ogni aspetto biologico e sofferenziale connesso alla percezione della morte imminente, dovendo dunque intendersi la categoria del danno terminale comprensiva del danno biologico temporaneo “ordinario” (pertanto assorbito) e dei pregiudizi “altrove definiti come danno biologico terminale, da lucida agonia o morale catastrofale”>>. 
Ed infatti, la decisione appena citata (Cass. ord. n. ###/2022) ha censurato la decisione di merito, emessa in un procedimento avente ad oggetto proprio il risarcimento del danno a favore dei congiunti ed eredi di un operaio deceduto per mesotelioma di origine professionale, con la quale si era <<… ricondotto ad unità il danno, qualificato come danno biologico terminale, ricomprendente anche il danno morale catastrofale>>.
Conclusivamente, ai fini della liquidazione del danno biologico terminale deve utilizzarsi l'indennizzo da invalidità temporanea assoluta di cui alle tabelle ### con opportuna personalizzazione. 
Per quanto concerne il danno “catastrofale” (componente morale), esso è risarcibile solo ove vi sia stata, in capo alla vittima primaria - dante causa, la "cosciente e lucida percezione" dell'ineluttabilità della propria fine. Che qui vi è stata. 
In caso positivo, si devono stabilire i parametri di cui avvalersi, alla luce di quanto riferito in merito all'inutilizzabilità (quanto meno in modo pedissequo) delle ### ad hoc per il danno terminale e tenendo conto che il semplice utilizzo dei valori monetari riferiti alla componente morale del danno non patrimoniale da invalidità “temporanea” appare del tutto insoddisfacente, perché inidoneo a valorizzare il di più di sofferenza conseguente alla consapevolezza della fine imminente (in tal senso, da ultimo, Cass. ord. n. 5618/2025, cit.). 
Ed infatti, le indicazioni della ### sono nel senso che il danno morale catastrofale possa apprezzarsi, appunto, “con criterio equitativo puro” (v. ex plurimis Cass. ord.  n. 15395/2016), correlato alle circostanze del caso e commisurato all'enormità della sofferenza e del pregiudizio sofferto a livello psichico (v. supra).  ### ha peraltro ribadito, in una recente decisione (dunque attenta all'autonoma rilevanza della componente “morale” del danno) che <<per ottenere uniformità di trattamento a livello nazionale, per questa ultima voce di danno si reputa comunemente necessario fare riferimento al criterio di liquidazione adottato dal Tribunale di ### per l'ampia diffusione sul territorio, appunto, nazionale e per il riconoscimento attribuito dalla giurisprudenza di legittimità, alla stregua, in linea generale e in applicazione dell'art. 3 Cost., del parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico a norma degli artt. 1226 e 2056 c.c., salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono (cfr. Cass. 12408/2011, n. 27562/2017; v. anche Cass. n. 9950/2017)>> (Cass. ord. n. ###/2022). 
Ne consegue che, ai fini della quantificazione del danno morale “catastrofale” secondo criteri di uniformità, sembrano possibili due alternative: l'utilizzo del parametro riferito all'invalidità temporanea, da incrementarsi, però, in considerazione dell'abnormità della sofferenza (v., in tal senso, Cass. ord. n. 5618/2025, cit.); l'utilizzo del parametro di cui alle ### milanesi relative al danno terminale, previo scorporo della componente “morale”, atteso che il difetto di esse è stato individuato dalla ### di cassazione proprio nella mancata differenziazione delle due componenti di danno. 
Pur a fronte dell'ampio utilizzo effettuato fino ad epoca recente, presso la ### lavoro del Tribunale di ### e a livello nazionale, di tali ultime ### ritiene il Tribunale, alla luce anche della durata non brevissima, nel caso in trattazione, della cennata “consapevolezza”, di fare ricorso alla prima opzione.  11.3. Dunque, poiché la malattia ### ha condotto il sig. ### al decesso e non si è risolta in esiti permanenti, il danno biologico (“terminale”) risarcibile è quello previsto per un'invalidità temporanea del 100% (benché il CTU abbia quantificato la stessa invalidità temporanea in misura inferiore, per il periodo anteriore agli ultimi 67 giorni di vita del de cuis) protrattasi per 398 giorni, con adeguata personalizzazione (nella misura di 2 volte per i primi 202 giorni, quando - secondo il CTU - la situazione appariva meno compromessa, con apparente buona risposta alla chemioterapia; e di 3 volte per i successivi 196 giorni: v. supra), tenendo conto che, seppur ### limitato nella durata, il danno è stato di rilevante intensità ed entità, per la crescente compromissione della capacità di attendere alle ordinarie occupazioni, per la sofferenza fisica provata e per l'esito infausto intervenuto (v.  supra). 
Per una somma di euro 83.328,00 (202 gg. x 84 euro x 2 = 33.936,00; 196 giorni x 84 euro x 3 = 49.392,00; 33.936,00 + 49.392,00 = 83.328,00).  11.4. Il danno morale catastrofale, del pari pacificamente trasmissibile agli eredi, deve ritenersi risarcibile, con riguardo al periodo di malattia, tra la diagnosi e il decesso. 
Tenuto conto della piena consapevolezza della diagnosi - che, anche in base alle nozioni dell'uomo comune, consente ben poco spazio a concrete speranze di recupero - e dell'evolversi della patologia, appare equo procedere alla liquidazione del danno catastrofale utilizzando l'importo tabellare relativo all'invalidità temporanea (euro 31 al giorno), da personalizzarsi, tuttavia - in considerazione della ben più rilevante entità del danno morale in questione, rispetto a quello sofferto da chi attraversi un periodo di malattia, giungendo a guarigione -, con modalità analoghe a quelle utilizzate per il danno biologico, in particolare nella misura del quintuplo (v., per il ricorso ad analoghi criteri, Cass. ord. n. 5618/2025 cit. e i precedenti in essa citati). Si giunge così alla somma di (398 gg. x 31 euro x 5) euro 61.690,00. 12. E' ormai ius receptum che <<Ai sensi dell'art. 10, comma 1, D.P.R. n. 1124 del 1965, l'assicurazione obbligatoria prevista dal decreto citato esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nell'ambito dei rischi coperti dall'assicurazione, con i suoi limiti oggettivi e soggettivi, per cui laddove la copertura assicurativa non interviene per mancanza di presupposti, l'esonero non opera; in tali casi, per il risarcimento dei danni convenzionalmente definiti "complementari", vigono le regole generali del diritto comune previste in caso di inadempimento contrattuale (principio ribadito da questa ### sulla scorta di ### cost. n. 356 del 1991, più volte: Cass. n. 1114 del 2002; Cass. 16250 del 2003; Cass. n. 8386 del 2006; Cass. n. 10834 del 2010; Cass. n. 9166 del 2017).  6.3.2. ### del datore di lavoro non opera anche quando ricorre il meccanismo previsto dai commi dell'art. 10 citato successivi al primo, allorquando venga accertato che i fatti da cui deriva l'infortunio o la malattia "costituiscano [come peraltro nel caso de quo] reato sotto il profilo dell'elemento soggettivo e oggettivo" (così ### cost. n. 102 del 1981), per cui la responsabilità permane "per la parte che eccede le indennità liquidate" dall'### ed il risarcimento "è dovuto" dal datore di lavoro. Di qui la nozione di danno cd. "differenziale", inteso come quella parte di risarcimento che eccede l'importo dell'indennizzo coperto dall'assicurazione obbligatoria e che resta a carico del datore di lavoro ove il fatto sia riconducibile ad un reato perseguibile d'ufficio [come l'omicidio colposo de quo]; parallelamente l'art. 11 del D.P.R. n. 1124 del 1965, nella ricorrenza del medesimo presupposto, consente all'### di agire in regresso nei confronti del datore di lavoro "per le somme pagate a titolo di indennità" (cfr. Cass. n. 9166 del 2017).  6.3.3. E' escluso "che le prestazioni eventualmente erogate dall'### esauriscano di per sé e a priori il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato" (principio affermato a partire da Cass. n. 777 del 2015, con molte successive conformi, tra cui: Cass. n. 13689 del 2015; Cass. n. 3074 del 2016; Cass. n. 9112 del 2019).  6.3.4. Con la conseguenza che il lavoratore potrà richiedere al datore di lavoro il risarcimento del danno cd. "differenziale", allegando in fatto circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio, ed il giudice, accertata in via incidentale autonoma l'illecito di rilievo penale, potrà liquidare la somma dovuta dal datore, detraendo dal complessivo valore monetario del danno civilistico, calcolato secondo i criteri comuni, quanto indennizzabile dall'### con una operazione di scomputo che deve essere effettuata ex officio ed anche se l'### non abbia in concreto provveduto all'indennizzo (Cass. n. 9166 del 2017; successive conformi: Cass. n. 13819 del 2017; Cass. n. 20932 del 2018)>> (Cass. n. 12041/2020).  ### specie, alla luce di quanto ampiamente esposto e delle evidenziate inadempienze datoriali degli obblighi finalizzati alla salvaguardia della salute del lavoratore, poi deceduto, a fronte di un rischio che doveva ritenersi noto, non vi è dubbio che siano ravvisabili gli estremi del reato, procedibile d'ufficio, di cui all'art. 589 co. 2° c.p.  12.1. Quanto alla limitazione del risarcimento del danno al solo danno differenziale, deve rilevarsi che tra i rischi non coperti dall'assicurazione obbligatoria ### per i quali la limitazione di responsabilità non opera, rientrano non solo il danno “in franchigia” (danno biologico inferiore al 6%), ma anche il danno da invalidità temporanea e il danno morale, siccome, appunto, l'### non eroga prestazioni finalizzate al relativo ristoro (cfr. Cass. ord.  ###/2023). 
E' stata liquidata, poi, la rendita a favore del coniuge superstite, ma si tratta di prestazione avente finalità diversa, perché “volta ad indennizzare soltanto il danno patrimoniale dei congiunti” (Cass. ord. n. 17655/2020).   Pertanto, nulla deve essere detratto dall'ammontare del danno biologico e del danno morale. E il danno iure hereditario rimane pari ad euro 145.018,00 (euro 83.328 per danno biologico terminale; euro 61.690 per danno morale catastrofale). 
Tale danno viene equitativamente quantificato nell'attualità. 
Sulla somma così liquidata spettano poi la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sul capitale annualmente rivalutato dalla data della sentenza sino al saldo ai sensi dell'art. 429 c.p.c., norma applicabile anche al risarcimento del danno subito dal lavoratore per la mancata predisposizione, da parte dell'imprenditore, delle misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei dipendenti, essendo tale danno di origine contrattuale e strettamente connesso con lo svolgimento del rapporto di lavoro (v. Cass., 8 aprile 2002, n. 5024; Cass., 18 febbraio 2004, n. 3213; Cass., 1 luglio 2004, n. 12098; Cass., 10 settembre 2010, n. 19348; Cass., 1 luglio 2011, n. 14507).  13. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto del valore di causa, ai sensi del DM n. 55/2014 come modificato dal DM n. 147/2022, nonché di un incremento complessivo del 30% (ex art. 4 del D.M. n. 55/2014) in ragione dell'assistenza, da parte dei difensori, di tre soggetti nella medesima posizione processuale, aventi però posizioni scarsamente differenziate, tali da comportare un modesto incremento dell'impegno difensivo. Con distrazione a favore dei difensori di parte attrice, antistatari. 
Alla luce del medesimo criterio della soccombenza, le spese delle CTU debbono essere definitivamente poste a carico della convenuta.  14. Poiché nella fattispecie sono ravvisabili gli estremi del reato p. e p. dall'art. 589 co. 2° c.p. in relazione al decesso del sig. ### deve essere disposta la trasmissione degli atti alla ### della Repubblica di ### per le determinazioni di competenza sull'azione penale.  P.Q.M.  Il Giudice, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria deduzione, eccezione e conclusione: dichiara tenuta e pertanto condanna ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere ai ricorrenti, pro-quota, quali eredi del sig. ### a titolo di risarcimento iure hereditatis del danno non patrimoniale patito dal congiunto, la somma complessiva di euro 145.018,00 (euro 83.328,00 per danno biologico; euro 61.690,00 per danno morale); oltre interessi e rivalutazione monetaria sulla somma annualmente rivalutata dalla data della presente sentenza al saldo; dichiara altresì tenuta e conseguentemente condanna ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a risarcire ai ricorrenti, iure proprio, il danno per perdita del congiunto sig. ### quantificato nella misura di euro 308.969,00 per la sig.ra ### di euro 281.592,00 per il sig. ### e di euro 254.215,00 per il sig. ### oltre interessi di legge dalla data della presente sentenza al saldo; condanna infine la convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, a rifondere ai ricorrenti le spese di lite, spese che liquida in complessivi euro 31.980,00 per onorari, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, rimborso contributo unificato ed accessori di legge; con distrazione a favore degli avvocati ### B. STORACE e ### - pone definitivamente a carico della convenuta le spese della ### - riserva il deposito della motivazione nel termine di giorni 60.  ### il 24 marzo 2025.   IL GIUDICE ###

causa n. 2815/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Grillo Stefano

M
6

Tribunale di Cremona, Sentenza n. 371/2025 del 18-07-2025

... incertezze i rapporti oggetto della cessione (in questo ordine di idee, oltre alla citata Cass. n. ### del 2017, cfr. Cass. 13/06/2019, n. 15884). Ne deriva che, qualora l'avviso pubblicato in G.U. contenga i criteri che consentano in modo inequivoco l'individuazione dei crediti ceduti (o comunque venga raggiunta in giudizio, in altro modo, la dimostrazione che il credito per cui è causa facesse parte della cessione) tale circostanza deve considerarsi provata” (c.f.r. Cass. sent. 4277/2023; v. anche Cass., ord. n. 21821/2023). La Suprema Corte ha altresì precisato che laddove, come nel caso di specie, non sia contestata l'esistenza del contratto di cessione in sé ma solo l'inclusione dello specifico credito controverso nell'ambito di quelli rientranti nell'operazione conclusa dagli (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CREMONA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 1568/2023 promossa da: ### (C.F. ###), nata a ### il ### e residente in ### dello ### 32, rappresentata e difesa dagli Avv. ti ### (C.f.  ###) del ### di ### e ### (C.f. ###) del ### di ### ed elettivamente domiciliata presso lo studio della prima in ### C.so Roma 26; ATTRICE/OPPONENTE contro ### (C.F. ###), con ### in ####, ### 1, e per essa, ### S.P.A. (C.F. ###), con sede ####### n. 15/17, in persona del procuratore speciale pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. ### (C.F. ###) del ### di ### elettivamente domiciliata presso lo ### della stessa, sito in #### n. 11; CONVENUTO/OPPOSTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione, ### ha proposto opposizione avverso precetto notificatole in data ### da ### s.r.l., e per essa ### s.p.a., chiedendo accogliersi le seguenti conclusioni: “### all'###mo giudice adito, contrariis rejectis, per i motivi sopra esposti, così giudicare: - in via preliminare e cautelare, sospendere, anche inaudita altera parte, l'efficacia esecutiva del titolo posto a fondamento della minacciata esecuzione forzata; - ### in via preliminare di rito: - ### il difetto del titolo esecutivo per difetto di forma dell'atto modificato, così come meglio indicato in narrativa; - ### denegata ipotesi in cui si voglia considerare l'atto modificato quale titolo esecutivo, dichiararsi la nullità del precetto per preventiva mancata notifica del titolo esecutivo e mancata indicazione della data dell'apposizione della formula esecutiva; - Dichiararsi la carenza di legittimazione della ### srl e per essa di ### spa, in quanto non è stata provata la sua titolarità del credito qui azionato; - nel merito, accertare e dichiarare che la ### srl, e per essa la ### spa non ha diritto a procedere ad esecuzione forzata nei confronti dell'opponente, per i motivi tutti svolti in narrativa; - In ogni caso accertare e dichiarare la signora ### liberata da ogni e qualsiasi obbligazione nei confronti dell'opposta per i motivi svolti in narrativa, con ogni statuizione di legge - In via subordinata alla luce di quanto esposto in atti, si chiede che in caso di denegato accoglimento, anche parziale, delle domande dell'opposta, l'odierna opponente sia tenuta a corrispondere al ### srl e per essa di ### spa esclusivamente le eventuali somme nella misura effettivamente provata dall'opposta, con ogni statuizione di legge - In ogni caso: con vittoria di spese e competenze di causa”. 
Si è costituita in giudizio ### s.r.l., e per essa ### s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, chiedendo a sua volta: “### all'###mo Tribunale adito, ogni contraria istanza, eccezione, difesa e deduzione disattesa, così giudicare: In via preliminare: - Rigettare la chiesta istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo in quanto infondata in fatto e in diritto. In via preliminare di rito: - ### l'eccezione di difetto di forma del titolo esecutivo, in quanto mai modificato e per l'effetto accertare e dichiarare la piena validità ed efficacia dello stesso. - Accertare e dichiarare che la concessione di un accordo di moratoria non costituisce modifica del titolo esecutivo, e per l'effetto accertare e dichiarare la piena validità ed efficacia del contratto di mutuo per cui si discute. - ### l'eccezione di mancata notifica del titolo esecutivo in quanto infondata in fatto e in diritto e, per l'effetto, accertare e dichiarare la piena validità ed efficacia dell'atto di precetto notificato. - ### l'eccezione di carenza di legittimazione attiva di ### e, per l'effetto, accertare e dichiarare la sua piena legittimazione attiva. Nel merito, in via principale: - Accertare e dichiarare il diritto di ### a procedere ad esecuzione forzata nei confronti della ###ra ### garante per fideiussione sino alla concorrenza di € 2.278.696,43 in relazione al contratto di mutuo per cui è causa. In via istruttoria: ### le istanze istruttorie ex adverso formulate, con espressa riserva di ulteriormente dedurre, eccepire, provare e produrre; In ogni caso: - Con vittoria di spese e competenze, oltre accessori (### CPA e spese generali) come per Legge”. 
Con ordinanza del 13/2/2025, il Giudice ha accolto l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo e, ritenuta la causa matura per la decisione, ha fissato l'udienza per la rimessione della causa in decisione, assegnando alle parte i termini di cui all'art. 189 c.p.c. per il deposito delle note scritte contenenti la precisazione delle conclusioni, delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ###udienza del 3/6/2025, il Giudice ha trattenuto la causa in decisione.  ### promossa da ### non può essere accolta, per le ragioni che seguono.  ### ha invero eccepito: a) la nullità del precetto notificato, derivante: dalla mancata notifica del titolo esecutivo e dalla mancata indicazione della data in cui sarebbe stata emessa la formula esecutiva, dal difetto del titolo esecutivo posto alla sua base; b) il difetto di legittimazione (rectius, di titolarità attiva) del creditore precettante, non avendo egli provato l'inclusione del credito azionato nella cessione intervenuta in data ###; c) la nullità di varie clausole contrattuali (del contratto di mutuo fondiario e della fideiussione in esso inserita) in quanto vessatorie ai sensi del codice del consumo. 
Orbene, in ordine ai lamentati vizi del precetto e del titolo esecutivo azionato (motivi che vanno ricondotti all'opposizione ex art. 617 comma 1 c.p.c.), essi sono infondati. 
In primo luogo, infatti, ai sensi dell'art. 41 TUB, “Nel procedimento di espropriazione relativo a crediti fondiari è escluso l'obbligo della notificazione del titolo contrattuale esecutivo”. 
Tale privilegio - in quanto dettante una disciplina speciale, di indubbio favore processuale per il procedente, per qualsivoglia espropriazione promossa dal creditore fondiario (ed anche dal suo cessionario ai sensi dell'art. 58 TUB), in deroga alla regola generale dell'art. 479 cod. proc. civ. - è stato ritenuto applicabile dalla giurisprudenza anche qualora l'esecuzione sia proposta non solo nei confronti del debitore originario, ma anche nei confronti di un soggetto diverso dal debitore contrattuale, in particolare nei confronti del terzo proprietario (v. Cass. sent. n. 27848/2022; v. anche, come obiter dictum, Cass. sent. n. 11191/2022), e anche nei confronti degli eredi del debitore. 
Ciò si ritiene derivante dalla circostanza che sia il debitore (in quanto partecipante all'atto di mutuo) sia il terzo proprietario (in quanto datore di ipoteca) sia gli eredi del debitore (in quanto appunto aventi causa dallo stesso) siano in possesso del titolo da loro (o dai loro danti causa) sottoscritto, e ciò dunque giustifica l'esclusione dell'obbligo della notificazione di un atto che già si suppone essere nelle mani del destinatario, avendo lo stesso partecipato alla sua formazione. 
In virtù di ciò, oltre che della circostanza relativa all'ampio contenuto letterale della norma (che non specifica che l'esecuzione così intrapresa sia rivolta esclusivamente nei confronti del debitore), fa ritenere che tale privilegio del creditore vada senz'altro esteso anche all'esecuzione intrapresa nei confronti dell'odierno fideiussore, e ciò in quanto nel caso in esame i fideiussori (tra cui l'opponente) hanno partecipato all'atto di mutuo innanzi al notaio rogante, pattuendo all'interno dello stesso atto di mutuo il proprio impegno in garanzia di quella obbligazione. 
I fideiussori dunque non sono - nel caso di specie - soggetti terzi rispetto alla stipula del contratto e non hanno assunto obblighi in relazione ad un titolo diverso, accessorio al contratto fondiario. 
In secondo luogo, con riferimento alla “mancata indicazione della data di apposizione della formula esecutiva”, si rileva che l'atto di precetto impugnato è stato notificato in data ###, ossia successivamente all'entrata in vigore del nuovo disposto degli artt. 474-475 c.p.c., con cui è stata eliminata la necessità dell'apposizione della formula esecutiva. 
Tale novella si applica ai precetti notificati dopo il ### (### art. 35 c. 1 e 8 d.lgs. 149/2022 come mod. dall'1 c 380 L. 197/2022) e dunque - giocoforza - successivamente a tale data viene meno l'onere per il creditore precettante di ottenere il rilascio della formula esecutiva sul titolo (ancorchè formatosi anteriormente al 1/3/2023) e dunque anche l'obbligo di indicarla nel precetto. 
Peraltro, l'esigenza di indicare la data di apposizione del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà del titolo deriva dall'art. 654 c.p.c., applicabile tuttavia solo al caso in cui il titolo azionato sia un decreto ingiuntivo. 
Al contrario, il contratto di mutuo fondiario, essendo regolato da una normativa del tutto speciale rispetto alle disposizioni codicistiche, costituisce ab origine titolo esecutivo poiché ha natura contrattuale e, come espressamente indicato dall'art. 41, comma 1, ### è esente dalla notificazione al debitore (v. Cass. n. 11242/2022) o, in questo caso, al fideiussore, che ha anche lui partecipato e sottoscritto il contratto di mutuo. 
Ancora, è infondato ed in ogni caso è rimasto indimostrato il dedotto (contenuto solo nella memoria ex art. 171 ter c.p.c. n. 1) mancato rispetto del limite di finanziabilità ex art. 39 TUB, che nella prospettiva dell'opponente priverebbe del suddetto privilegio fondiario l'odierno creditore. 
Infatti: a) non è stato né dedotto né dimostrato il valore dei beni sui quali è stata concessa ipoteca di primo grado, rispetto al valore del finanziamento; b) neppure è stato dedotto e dimostrato che l'importo erogato dal mutuo fondiario, sommato al capitale residuo dei mutui garantiti da ipoteche precedenti, risulti superiore all'80% del valore dei beni; c) in ogni caso, la Suprema Corte a ### (Cass., S.U., sent. ###/2022) ha recentemente affermato i seguenti principi di diritto: “In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 38, comma 2, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell'oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione - qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all'### di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell'ambito della "vigilanza prudenziale" (cfr. art. 51 ss. e art. 53 t.u.b.) - la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l'interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito” ed inoltre “qualora i contraenti abbiano inteso stipulare un mutuo fondiario corrispondente al modello legale (finanziamento a medio o lungo termine concesso da una banca garantito da ipoteca di primo grado su immobili), essendo la loro volontà comune in tal senso incontestata (o, quando contestata, accertata dal giudice di merito), non è consentito al giudice riqualificare d'ufficio il contratto, al fine di neutralizzarne gli effetti legali propri del tipo o sottotipo negoziale validamente prescelto dai contraenti per ricondurlo al tipo generale di appartenenza (mutuo ordinario) o a tipi contrattuali diversi, pure in presenza di una contestazione della validità sotto il profilo del superamento del limite di finanziabilità, la quale implicitamente postula la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario”. 
In terzo luogo, non può dirsi inesistente il titolo esecutivo azionato in quanto nel 2012 sarebbe stata concessa - tramite una mera scrittura privata - una moratoria/modifica contrattuale del mutuo originario che “toglie valore al titolo modificato”. 
Il titolo azionabile - anche in presenza della moratoria concessa, che ha peraltro riguardato meramente i termini relativi alla restituzione dell'importo mutuato e quindi alla scadenza delle rate - rimane il mutuo fondiario originario e l'eventuale invalidità della moratoria concessa (perché non vi ha partecipato l'odierna opponente o perché vi sarebbe un difetto di forma) comporterebbe unicamente la conseguenza per cui tale modifica non sarebbe opponibile all'odierna opponente, la quale non potrebbe beneficiare della moratoria ai tempi concessa al debitore (in suo favore). 
In altre parole, invocare l'inefficacia dell'atto modificativo non si traduce nella nullità totale del precetto fondato (in larghissima parte) sul mutuo, ma semmai - a tutto voler concedere - nella inefficacia parziale del precetto con riferimento a quanto preteso in applicazione della modifica e dunque, in concreto, nella impossibilità per il creditore (e per l'opponente) di applicare tale atto modificativo, senza dubbio favorevole alla parte debitrice (essendo stato sospeso il rimborso del capitale per un certo periodo): l'opponente peraltro non ha dedotto e dimostrato che l'inoperatività della modifica contrattuale comporterebbe una maggiorazione del credito ingiunto con il precetto (essendo invece verosimile l'esatto contrario). 
Infine, la dedotta (contenuta ancora una volta nella memoria ex art. 171 ter c.p.c. n. 1) indeterminatezza dell'importo precettato è eccezione generica ed infondata, in quanto: a) il titolo/mutuo azionato contiene in sé tutte le condizioni economiche applicabili al rapporto (peraltro, non essendovi obbligo del creditore di notificare il titolo, non vi era neppure l'obbligo di produrre il piano di ammortamento delle rate) e quindi la possibilità del debitore di ricostruire il debito dovuto, ricadendo al contrario sull'opponente l'onere di dimostrare che il creditore non si sarebbe attenuto alle condizioni pattuite; b) la creditrice ha chiarito e dimostrato che quanto incassato in virtù della garanzia ### pattuita è stato contabilizzato e tenuto in conto (doc. 11) nell'importo precettato. 
Quanto poi alla titolarità attiva del credito, va premesso che sebbene la giurisprudenza di legittimità abbia affermato che “la pubblicazione sulla ### e/o l'iscrizione nel registro, ai sensi dell'art. 58, comma 2 TUB, non attengono al perfezionamento della fattispecie traslativa, né alla produzione del relativo effetto; non hanno valenza costitutiva e neanche di sanatoria di eventuali vizi dell'atto; non fanno parte della documentazione contrattuale inerente appunto alla fattispecie traslativa”, potendo “costituire, al più, elemento indicativo dell'esistenza materiale di un fatto di cessione, come intervenuto tra due soggetti in un dato momento e relativo” senza dare “contezza - in questa sua "minima" struttura informativa - degli specifici e precisi contorni dei crediti che vi sono inclusi ovvero esclusi, nè tanto meno consente di compulsare la reale validità ed efficacia dell'operazione materialmente posta in essere” ha comunque chiarito che, tuttavia, “la norma dell'art. 58, comma 2 TUB, se non impone che un contenuto informativo minimo, consente tuttavia che la comunicazione relativa alla cessione da pubblicare in ### contenga più diffuse e approfondite notizie. Con la conseguenza, assunta questa diversa prospettiva, che - qualora il contenuto pubblicato nella ### indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta (in relazione, prima di ogni altra cosa, al necessario rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 c.c.), sui crediti inclusi/esclusi dall'ambito della cessione - detto contenuto potrebbe anche risultare in concreto idoneo, secondo il "prudente apprezzamento" del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito (per questa linea si confronti, in particolare, la pronuncia di Cass., 13 giugno 2019, n. 15884)” (c.f.r. Cass., sez. I, sent. 5617/2020). 
Anche recentemente, la Suprema Corte ha affermato che “in tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca ex art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993 - contratto a forma libera - è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell'avviso di pubblicazione sulla ### recante l'indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché sia possibile individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione (in questo ordine di idee, oltre alla citata Cass. n. ### del 2017, cfr. Cass. 13/06/2019, n. 15884). Ne deriva che, qualora l'avviso pubblicato in G.U.  contenga i criteri che consentano in modo inequivoco l'individuazione dei crediti ceduti (o comunque venga raggiunta in giudizio, in altro modo, la dimostrazione che il credito per cui è causa facesse parte della cessione) tale circostanza deve considerarsi provata” (c.f.r. Cass. sent. 4277/2023; v. anche Cass., ord. n. 21821/2023). 
La Suprema Corte ha altresì precisato che laddove, come nel caso di specie, non sia contestata l'esistenza del contratto di cessione in sé ma solo l'inclusione dello specifico credito controverso nell'ambito di quelli rientranti nell'operazione conclusa dagli istituti bancari, l'indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell'avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella ### può ben costituire adeguata prova dell'avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione (Cass. 17944/2023). 
Nel caso di specie, si ritiene che parte opposta abbia in ogni caso compiutamente dimostrato di essere titolare del credito ingiunto, avendo all'uopo prodotto: a) ### della ### della ### del 06/06/2020, ### n. 66 (doc. 5 opposta), da cui si evince che “le ### e la ### renderanno disponibili nella pagina web: https://www.bper.it/, fino alla loro estinzione, i dati indicativi dei ### con allegata la lista dei crediti ceduti”; b) la suddetta lista dei crediti ceduti (doc. 8 opposta) da cui si evince il numero (### della posizione, che corrisponde a quello indicato nella dichiarazione di cessione redatta dalla cedente ### (doc. 9 opposta); c) la dichiarazione con cui la ### cedente attesta l'avvenuta inclusione nella cessione suddetta del credito in esame (doc. 9 citato), elemento documentale considerato "rilevante, potenzialmente decisivo" già in Cass. Civile, sez. III, ord. 10200/2021. 
Pertanto, è fuor di dubbio che nella suddetta cessione fosse incluso il credito in esame. 
Infine, non può condividersi la tesi di parte opponente per cui la stessa ricoprirebbe, in relazione al debito in esame, la qualifica di consumatore, ovvero di persona fisica che ha agito per scopi estranei alla propria attività professionale. 
Infatti, può essere riconosciuta la qualifica di consumatore alla persona fisica che, fuori dall'ambito della propria attività professionale eventualmente svolta, presti una fideiussione a garanzia di soggetto professionale, qualora vi sia prova che il contratto sia stato stipulato dal fideiussore per finalità non inerenti l'attività professionale: ciò si verifica quando, non sussistano collegamenti funzionali con la società garantita, che possono individuarsi nel ricoprire la carica di amministratore o di avere una importante partecipazione nel suo capitale sociale. 
Orbene, nel caso di specie, è pacifico che ### all'epoca della sottoscrizione del mutuo e della fideiussione, fosse in possesso di quote (pari al 15% del totale) della società debitrice ### salumi s.r.l. e che - inoltre - fosse coniugata con ### possessore di una ulteriore quota del 15% delle partecipazioni societarie. 
La quota del 15% posseduta dall'opponente non può certo dirsi trascurabile, specialmente se aggiuntiva a quella posseduta dal marito, facente parte dunque del medesimo nucleo familiare.  ###, peraltro, ha prestato anche fideiussione in favore della suddetta società, con ciò a voler aumentare il vincolo funzionale e l'interesse economico proprio nell'andamento della società.
E' peraltro del tutto irrilevante: a) il motivo (del tutto personale) per cui la ### avrebbe acquistato le quote sociali - avendo al contrario peraltro ella ammesso (a pag. 6 della citazione) che si trattava di fare un piccolo “investimento” (ossia di investire un capitale nella società ### confidando dunque nel positivo progredire della stessa in modo da poter ricevere ricavi dalla suddetta partecipazione, e dunque anche l'interesse a che la società potesse ottenere il finanziamento); b) la circostanza per cui l'opponente lavorasse per altra società, non essendo affatto vietato o anomalo interessarsi di più ambiti professionali, effettuando appunto investimenti in altri campi; c) la circostanza per cui ella fosse convinta che l'ulteriore obbligo fideiussorio fosse “una mera formalità”, essendovi ulteriori garanzie. 
A nulla rileva poi che il tempo di detenzione delle quote sia stato limitato nel tempo, ciò che rileva è il momento nel quale la garanzia è stata rilasciata. 
Non può dunque negarsi il coinvolgimento professionale ed economico della ### nell'andamento della società debitrice principale, il che esclude in nuce la possibilità di qualificarla quale consumatore. 
In ogni caso, anche peraltro a voler considerare l'odierna opponente come consumatrice, non potrebbe applicarsi al caso di specie la normativa consumeristica relativa alla vessatorietà delle clausole contrattuali. 
Il contratto (di mutuo e di fideiussione) è stato redatto con rogito notarile innanzi ad un ### - che ha appunto lui stesso, fino a prova contraria, redatto l'atto e che viceversa non risulta dimostrato che sia stato predisposto dal professionista. 
Come chiarito dalla giurisprudenza, infatti: a) “il consumatore che agisca in giudizio ha l'onere di allegare e provare che il contratto è stato predisposto dal “professionista” e che le clausole costituenti il contratto corrispondono a quelle vessatorie di cui all'art. 33, comma 2, del citato d.lgs, spettando viceversa al “professionista” superare tale presunzione, dando prova che la singola clausola contrattuale sia stata oggetto di specifica trattativa ex art. 34, comma 4, d.lgs. n. 206 del 2005” (v. 
Cass. sent. n. 24262/2008; Cass. ord. n. 4140/2024); b) “allorquando il testo contrattuale utilizzato da un consumatore venga predisposto da un notaio o da altri professionisti (quali ad esempio un avvocato o un commercialista) l'applicabilità della disciplina di tutela del consumatore in argomento, può ritenersi del pari esclusa se e in quanto il consumatore abbia avuto la possibilità di concretamente incidere, anche provocandone la modifica o l'integrazione, sul contenuto del contratto da tali soggetti predisposto su incarico di una o di entrambe le parti” (v. Cass. ord. n. 4140/2024). 
In altre parole, il consumatore deve allegare e provare che il contratto sia stato predisposto dal professionista (e nel caso in cui sia stato redatto da un ### deve anche allegare di non aver avuto la concreta possibilità di incidere sul suo contenuto), e ciò è il presupposto senza il quale non si può procedere all'accertamento della vessatorietà e dello squilibrio delle clausole (e quindi non può attivarsi l'opposto onere della prova, ricadente sul professionista, relativo alle circostanze per cui vi è stata su ogni clausola trattativa specifica e che non sussista lo squilibrio contrattuale paventato). 
Nel caso di specie, l'opponente non ha né tempestivamente dedotto (se non tardivamente in sede di comparsa conclusionale) né dimostrato che il contratto sia stato predisposto dalla ### (e neppure dal ### su incarico della banca), né tantomeno che la ### non abbia avuto la possibilità di concretamente incidere, anche provocandone la modifica o l'integrazione, sul contenuto del contratto da tali soggetti predisposto su incarico di una o di entrambe le parti.
Si è limitata ad allegare che la trattativa ha certamente coinvolto la clausola sulla variabilità del tasso di interesse, deducendo che viceversa non vi sia stata trattativa sulle altre clausole: ma si tratta di due profili diversi! ### infatti al convenuto professionista l'onere di dimostrare la trattativa, solo dopo tuttavia che il consumatore avesse allegato e provato che il contratto fosse stato predisposto unicamente dal professionista e allegato di non aver avuto la concreta possibilità di incidere sul suo contenuto. 
Ciò in quanto la clausola non potrebbe comunque dirsi vessatoria - o comunque non occorre accertarne l'avvenuta trattativa specifica o l'assenza di squilibrio contrattuale - qualora l'atto non sia stato redatto dal professionista (che non ha quindi imposto il suo potere contrattuale maggiore) e qualora il consumatore abbia potuto incidere sul contenuto contrattuale (pur non volendolo in concreto fare). 
Peraltro, val la pena di osservare che tale difetto di allegazione e prova (del consumatore) non può essere neppure superato ragionando per presunzioni, dal momento che la L. (c.d. ###) prescrive al notaio, nella redazione degli atti notarili, di indagare la volontà delle parti e sotto la propria direzione e responsabilità di curare la compilazione integrale dell'atto (art. 47), di leggere l'atto alle parti (art. 51 n. 8, obbligo peraltro sanzionato con la nullità dell'atto ex art. 58 n. 6), nonché che “Le aggiunte o variazioni che le parti volessero fare dopo le sottoscrizioni loro e dei testimoni, ma prima che il notaro abbia sottoscritto, si debbono eseguire mediante apposita dichiarazione, lettura dell'aggiunta o variazione, menzione di tale lettura e nuova sottoscrizione” (art. 52).  ### il ### (pubblicato in G.U. 177 del 30 luglio 2008), “compete al notaio svolgere di persona, in modo effettivo e sostanziale, tutti i comportamenti necessari: per l'indagine sulla volontà delle parti, da svolgere, in modo approfondito e completo, mediante proposizione di domande e scambio di informazioni intese a ricercare anche i motivi e le possibili modificazioni della determinazione volitiva come prospettatagli; - per la direzione della compilazione dell'atto nel modo più congruente alla accertata volontà delle parti” (art. 1 ### - ###) ed inoltre egli è tenuto a “informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta, in tutti gli aspetti della normale indagine giuridica demandatagli e consigliare professionalmente le stesse, anche con la proposizione di impostazioni autonome rispetto alla loro volontà e intenzione”, a “dare alle parti i chiarimenti richiesti o ritenuti utili a integrazione della lettura dell'atto per garantire ad esse il riscontro con le decisioni assunte e la consapevolezza del valore giuridicamente rilevante dell'atto, con speciale riguardo ad obblighi e garanzie particolari e a clausole di esonero o limitative di responsabilità, nonché agli adempimenti che possono derivare dall'atto, valendosi, per questo ultimo aspetto, anche di separata documentazione illustrativa In sintesi, tra i compiti principali del notaio c'è quindi quello di accertarsi che l'atto da questi sottoscritto corrisponda pedissequamente alla volontà dei firmatari” (art.  42 ###. II). 
Si deve quindi presumere, in assenza di allegazione e prova contraria, che il ### rogante si sia conformato a tali obblighi normativi e deontologici. 
Dall'inapplicabilità della tutela consumeristica, discende l'infondatezza delle eccezioni di vessatorietà delle clausole contrattuali che da tale tutela dipendono. 
Da ultimo, è inammissibile perché tardiva (in quanto proposta solo in sede di comparsa conclusionale, tranne per la clausola derogativa del disposto di cui all'art. 1957 c.c., non consentendo alla controparte adeguato diritto di difesa sul punto) la deduzione per cui “### clausole peraltro riproducono pedissequamente il contenuto delle clausole 2 - 6- 8 dello schema uniforme ABI già sanzionate come nulle con l'arcinoto provvedimento 55/2005 su parere conforme dell'### della ### e del ### e dichiarate nulle dalla Cass. S.U. n. 41194/2021 in diretta applicazione dei principi fondanti della UE, in quanto frutto di manovre distorsive della concorrenza e del mercato e contrastanti con la normativa antitrust (l. 287/1990)”. 
In ogni caso, essa appare anche sfornita del tutto di prova, non avendo l'opponente prodotto né lo schema ABI sanzionato né il provvedimento dell'### citato, lacuna certamente non superabile, non essendo gli stessi atti normativi o pronunce giurisprudenziali, tramite il principio iura novit curia né tantomeno considerando tali accertamenti quali “fatto notorio”. 
Il titolo azionato con il precetto, ed in esso richiamato, infatti, contiene tutte le condizioni economiche applicabili al concesso mutuo, e non è necessario che tali indicazioni siano riportate nell'atto di precetto, dove è indicato quanto dovuto dal debitore in conformità all'ammortamento del mutuo sottoscritto. E' onere semmai del debitore che svolga opposizione al precetto e/o all'esecuzione - secondo gli ordinari criteri dell'onere della prova, non essendo sufficiente lamentare genericamente l'assenza nel precetto dell'intera ricostruzione del rapporto - dimostrare che il credito si è estinto per adempimento o per altra causa o dimostrare che la somma precettata non deriva dall'applicazione delle clausole contrattuali concordate. 
Quanto da ultimo alla deduzione per cui la concessione della moratoria del mutuo non sarebbe stata “autorizzata” dal fideiussore, nella consapevolezza da parte della banca “del peggioramento delle condizioni economiche e patrimoniali del debitore e del rischio che potesse non essere in grado di soddisfare le proprie obbligazioni” (circostanza quest'ultima di cui, peraltro, vi è allegazione generica e non vi è prova, per cui l'eccezione è altresì infondata nel merito), si rileva che l'odierno fideiussore peraltro ha pattuito (art. 6 lett. l del contratto e della fideiussione, clausola di cui come detto non può saggiarsi la vessatorietà nel caso di specie) che eventuali proroghe e dilazioni del credito non avrebbero richiesto il consenso dei garanti, in deroga espressa al disposto di cui all'art. 1956 Pertanto, l'opposizione proposta dalla parte attrice opponente dev'essere rigettata. 
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, in ragione del valore, della natura della controversia e dell'effettiva attività svolta dalle parti nel giudizio, e tenendo conto dei parametri di cui al D.M. 55/2014, come modificati dal D.M. 37/2018.  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 1568/2023 R.G., così dispone: RIGETTA l'opposizione proposta da ### CONDANNA parte opponente a rifondere a parte opposta le spese del giudizio, che si liquidano in euro 29.154,00 per compensi, oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge. 
Così deciso in ### il 18 luglio 2025 Il GIUDICE dott.

causa n. 1568/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Luigi Enrico Calabro'

M
40

Corte d'Appello di Milano, Sentenza n. 745/2025 del 17-03-2025

... o ubicazione. Naturalmente con la cessione di quote il cessionario continua l'attività della società in cui è subentrato. Sotto il primo profilo, si osserva che sia nella cessione d'azienda che nella cessione di quote vi è la successione nei contratti: - l'acquirente dell'azienda subentra automaticamente nei contratti dell'azienda ceduta che non siano però di carattere strettamente personale del venditore; - il cedente risponde in solido con l'alienante dei debiti dell'azienda ceduta sorti anteriormente alla cessione purché siano iscritti in contabilità; - i contratti di lavoro continuano automaticamente dopo la cessione e le parti rispondono in solido per i debiti verso dipendenti non ancora pagati; - con la cessione di quota il cedente si svincola completamente dai contratti (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE ### di ### sezione civile La Corte, composta dai signori magistrati: Dott.ssa ###ssa #### est.  ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. sopra riportato promossa da: ### a.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore per la carica l'amministratrice unica, ###ra ### rappresentata e difesa, congiuntamente ed anche disgiuntamente, dall'avv. ### del ### di ### avente codice fiscale: ###, e dall'avv. ### del ### di ### avente codice fiscale: ###, elettivamente domiciliat ###### al n° 26 presso lo studio dell'avv. ##### 24 ### S.p.A. ### n. ### - ###694938 - in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti ### e ### del ### di ### presso il cui studio in ### via ### n. 17, è elettivamente domiciliata; ###: licenza d'uso ### Le parti concludono come da rispettivi fogli di P.C. depositati ### E IN DIRITTO DELLA DECISIONE ### ha impugnato, con atto di citazione regolarmente notificato, la sentenza n. 4782/2024, pubblicata il ###, con cui il Tribunale di ### definendo il giudizio da essa introdotto con atto di citazione in riassunzione a seguito di pronuncia di incompetenza per valore emessa dal giudice di pace, ha dichiarato la carenza di legittimazione passiva della convenuta il ### 24 ### s.p.a. e condannato l'attrice alla rifusione delle spese di lite. 
Il giudizio di primo grado è stato introdotto dall'odierna appellante con atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo n. 24194/17 con cui le è stato ingiunto di pagare al ### 24 ### s.p.a. la somma di € 4.355,58 a titolo di corrispettivo del canone di licenza d'uso del software gestionale “### 24 Commercialisti” per l'anno 2014. 
Con i motivi di opposizione ### ha contestato il credito azionato ed ha formulato domanda di riduzione del prezzo (ex art.1492 c.c., per analogia tra il contratto di licenza d'uso e la vendita) per almeno il 50% in ragione di pretese anomalie di gestione riscontrate nel funzionamento del software nel periodo maggio 2014 - settembre 2015, relativamente alla parte del programma dedicata alla compilazione delle denunce IMU dei clienti proprietari di c.d.  “immobili-merce” per il periodo d'imposta 2013-2014. 
In via riconvenzionale, ha chiesto la condanna della casa editrice al risarcimento dei danni asseritamente patiti per tali malfunzionamenti, quantificati nella somma di € 50.000,00 (o di quella accertata in sede istruttoria) e costituiti dagli accertamenti fiscali ricevuti dai clienti a causa del mancato invio delle denunce IMU per gli anni 2013-2014, con ulteriore dichiarazione di manleva e garanzia per i danni richiesti in futuro a ### dai propri clienti. 
Assunte le prove testimoniali e la chiesta ### con provvedimento del 12.5.2021 il Giudice di ### di ### preso atto che la domanda riconvenzionale di ### superava la propria competenza per valore, ha sospeso il giudizio di opposizione ed ha assegnato alle parti il termine di legge per la riassunzione della causa innanzi al Tribunale competente. 
Costituendosi in giudizio l'opposta ha dedotto l'infondatezza delle domande di ### eccependo: il difetto di legittimazione passiva della casa editrice; l'improcedibilità della domanda di ### per intervenuta decadenza dalla garanzia e la prescrizione dell'azione nei termini previsti dall'art. 1495 c.c. ex adverso invocato; l'infondatezza della domanda di riduzione del prezzo; l'infondatezza/mancata dimostrazione dei lamentati vizi e dei danni reclamati; il concorso di colpa del creditore. 
Nel corso del giudizio innanzi al ### ha chiesto la rimessione in istruttoria della causa per integrazione della CTU sui quesiti 6, 7 e 8 già formulati dal Giudice di ### nonché autorizzarsi la produzione dei documenti 1, 2, 3, 4 e 5. 
Con provvedimento del 16.6.2022 il ### ha rigettato la richiesta di produzioni dei documenti 1, 2 e 5 di parte attrice in quanto datati 20.12.2017 e dunque inammissibili perché tardivi, mentre ha ammesso i restanti documenti 3 e 4, apparentemente formatisi in epoca successiva allo scadere dei termini istruttori, salvo valutarne la rilevanza nel prosieguo. 
Con provvedimento del 22.09.2022, in seguito all'acquisizione del fascicolo d'ufficio della causa di opposizione a D.I., il ### ha rigettato la richiesta di integrazione della ### ritenendo i quesiti indicati da ### già revocati dal Giudice di ### esplorativi (quesito 6), vertenti su questioni giuridiche e non tecniche (quesito 7) ed inconferenti (quesito 8). La causa è stata quindi rinviata all'udienza del 30.01.2024 per la precisazione delle conclusioni e successivamente trattenuta in decisione.  ### con nota depositata il ###, ha precisato le proprie conclusioni reiterando la richiesta di rimessione della causa in istruttoria e chiedendo “la condanna della ### 24 Ore, per il titolo risarcitorio e di garanzia dedotto, al pagamento, per ora, della somma di € 91.380,45 per danni e risarcimenti già definiti, con la considerazione che i danni e le richieste risarcitorie dei clienti ancora oggi non possono essere compiutamente contabilizzati”. Con la comparsa conclusionale la convenuta ha dichiarato di non accettare il contradditorio sulle conclusioni e domande nuove formulate da controparte nella nota depositata il ###.  ### con la pronuncia impugnata, premesso che “la presente causa, come già rilevato dal Giudice nel provvedimento del 22.09.2022, deve intendersi circoscritta alla sola domanda di risarcimento del danno di € 50.000,00”, ha evidenziato come la maggior somma reclamata fosse “fondata su documenti la cui produzione non è stata ammessa dal Giudice. A ciò si aggiunga, come osservato dalla convenuta, che gli asseriti vizi del programma risalgono alle dichiarazioni IMU relative al periodo di imposta 2013-2014, compilate nel periodo 2014-2015 e che eventuali accertamenti fiscali sarebbero certamente già emersi, essendo ormai ampiamente prescritti i termini”. 
Il primo giudice ha quindi esaminato l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla convenuta opposta, la quale aveva allegato che “alla data del 16.05.2014 (inizio dei lamentati malfunzionamenti), non era più titolare del software in questione, pur essendo rimasta titolare dei crediti derivanti dalle fatture emesse sino alla data del 28.05.2014 (cfr. atto di cessione delle quote a ### s.p.a. del 15.04.2014 sub doc. 1 fasc. ### 24 Ore); che tale circostanza era stata comunicata a controparte (cfr. comunicazioni sub doc. 4, 5 e 11 fasc.  ###; che ### sapeva quindi che dal mese di maggio 2014 ### era subentrata in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi derivanti dal contratto per cui è causa, nonché nella gestione operativa del software, inclusa l'assistenza e l'aggiornamento; che il CTU accertava, analizzando gli aggiornamenti scaricati nel server di ### che l'ultima versione del software ### 24 Commercialisti di competenza de ### 24 Ore era la n. 01.01.00 del 17.04.2014 (cfr. sub doc. 4 relazione ###ssa Cerenzia, pagg. 8 e 11), con ciò presumendosi che le versioni successive scaricate da ### fossero di competenza della società cessionaria delle quote; che nonostante ciò ### reclama gli asseriti danni solo nei confronti della casa editrice, senza prendere in considerazione il coinvolgimento di ### quale titolare del software e quindi diretta ed unica eventuale responsabile dei lamentati malfunzionamenti”. 
Sulla scorta di quanto allegato e documentato dalla convenuta opposta il ### rilevato come fosse pacifica la conclusione di contratto di licenze d'uso nell'anno 2011 da parte dell'attrice con ### 24 ### s.p.a. che prevedeva un servizio di aggiornamento e manutenzione dei prodotti concessi in licenza d'uso ed un servizio di assistenza relativo al funzionamento di dette licenze (cfr. condizioni generali di contratto, nn. 5 e 6), ad canone annuo di € 3.420,00 oltre ### ha ritenuto provato “documentalmente come l'ultima versione del software “### 24 Commercialisti” di competenza de ### 24 Ore sia stata scaricata dall'attrice il ### (cfr. doc. 4 relazione ###ssa Cerenzia, pagg. 8 e 11). Sempre documentalmente risulta come, in data ###, con atto a rogito ### (doc. 3 fasc. convenuta), avente efficacia legale dal 28/5/14 (data di esecuzione), la ### 24 ### s.p.a. ha ceduto l'intera partecipazione azionaria della 24 ore ### s.p.a. (società del gruppo produttrice dei software gestionali, quali quello per cui è causa) alla società ### s.p.a., che ne diveniva socio unico (doc. 2 fasc. convenuta - cfr. pag. 74); che in data ### la società 24 ore ### s.p.a. cambiava denominazione sociale in ### s.p.a. ( visura sub doc. 2, pag. 66), per essere poi successivamente incorporata in Teamsystem”.  ### ha richiamato giurisprudenza della Suprema Corte in tema di disciplina applicabile alla cessione totalitaria di quote societarie, ed ha osservato che “nel caso di specie, la convenuta, in data ###, con atto a rogito ### avente efficacia legale dal 28/5/14, ha ceduto l'intera partecipazione azionaria della 24 ore ### s.p.a. alla società ### s.p.a., che ne diveniva socio unico. ###, nei propri scritti difensivi, si è limitata a svolgere argomentazioni sulla cessione di azienda, mentre non ha fornito alcun elemento in ordine all'interpretazione del contratto di compravendita di partecipazioni societarie, né sui suoi effetti. Va considerato che le due operazioni hanno diverse caratteristiche sia sotto il profilo giuridico-contrattuale sia sotto il profilo fiscale: chi acquista l'azienda ha l'obbligo di astenersi dall'intraprendere una nuova attività imprenditoriale che si ponga in concorrenza con l'azienda ceduta per oggetto o ubicazione. Naturalmente con la cessione di quote il cessionario continua l'attività della società in cui è subentrato. Sotto il primo profilo, si osserva che sia nella cessione d'azienda che nella cessione di quote vi è la successione nei contratti: - l'acquirente dell'azienda subentra automaticamente nei contratti dell'azienda ceduta che non siano però di carattere strettamente personale del venditore; - il cedente risponde in solido con l'alienante dei debiti dell'azienda ceduta sorti anteriormente alla cessione purché siano iscritti in contabilità; - i contratti di lavoro continuano automaticamente dopo la cessione e le parti rispondono in solido per i debiti verso dipendenti non ancora pagati; - con la cessione di quota il cedente si svincola completamente dai contratti dell'azienda di cui era socio. Questo perché esce dalla compagine sociale e sarà quindi il nuovo socio a beneficiare o a sopportare crediti e debiti della società. Nel caso di specie, dal maggio 2014, per effetto della cessione dell'intera partecipazione azionaria, il funzionamento e l'assistenza del software in questione, sono passati in capo a ### onde non sussiste la legittimazione passiva della convenuta per la domanda di risarcimento dei danni proposta dall'attrice nei suoi confronti”.  ********** 
Con l'impugnazione in esame ### critica la sentenza del ### ritenendo (secondo e terzo motivo di appello) che abbia errato nel dichiarare la carenza di legittimazione passiva della convenuta il ### 24 Ore rispetto all'azione risarcitoria proposta e reiterata nel giudizio riassunto a seguito della pronuncia di incompetenza per valore del Giudice di ### A sostegno della doglianza l'appellante deduce che “è fin troppo evidente che, con l'atto notarile del 15-4-2014, la ### 24 Ore ha ceduto l'intero pacchetto azionario della 24 ORE ### s.p.a. alla ### s.p.a (le ultime due estranee alla vertenza) e giammai tale atto notarile potrebbe produrre effetti traslativi nei contratti d'uso in corso tra la ### 24 Ore e la ### o altri diversi contraenti; gli altri documenti confermano tale assunto. Da quanto esposto deriva la manifesta e chiara fondatezza dell'appello in ordine all'illegittimità della pronunziata carenza di legittimazione passiva della ### 24 Ore. Risulta, infatti, di palmare evidenza che il rapporto contrattuale per cui è causa ed anche il suo sinallagma coinvolgono le sole ### ed ### 24 Ore e non altri soggetti, i quali, all'esame di tutti i documenti in atti e cennati sopra, debbono considerarsi terzi per i quali, rebus sic stantibus, apparirebbe del tutto illegittimo ipotizzare un qualsiasi coinvolgimento nel rapporto contrattuale in esame. Ma vi è di più: come confermato dall'ulteriore contratto inter partes sottoscritto il ### (doc.to n° 3 nella memoria del 2-5-2018 ex art. 183 c.p.c. autorizzata dal Giudice di ###, la ### agiva con la giustificata consapevolezza di avere come controparte contrattuale la ### 24 Ore con cui si relazionava per l'uso delle varie licenze dei software gestionali, a cui inoltrava le relative richieste di assistenza e con la quale contraeva in data ulteriore contratto per un nuovo modulo a corollario del rapporto contrattuale in corso”. 
La doglianza, che non inficia in alcun modo l'articolato percorso argomentativo posto dal ### a fondamento della sentenza impugnata, è infondata. 
La stessa parte appellante ammette la pacifica circostanza per la quale, con l'atto notarile del 15.4.2014, la convenuta il ### 24 ### s.p.a. ha ceduto l'intero pacchetto azionario alla ### s.p.a.. 
Ora, per giurisprudenza di legittimità citata anche dal ### (si veda Cass., n. 7470/2024), la cessione totalitaria di quote societarie è soggetta ad una disciplina codicistica difforme da quella che regola la cessione d'azienda, sotto il profilo sia del regime di responsabilità per i debiti, sia della continuazione della medesima attività imprenditoriale, il che osta alla possibilità di qualificare la cessione di quote quale cessione d'azienda, in mancanza di elementi intrinseci all'atto soggetto a registrazione da cui inferire una diversa volontà delle parti.  ### quanto argomentato dalla Corte, chi aliena un'azienda soggiace ad una peculiare disciplina legale perché, ad esempio, ha l'obbligo di astenersi dall'intraprendere una nuova attività imprenditoriale che si ponga in concorrenza con l'azienda ceduta per oggetto o ubicazione (art. 2557 cod. civ.) e, nel contempo, cede all'acquirente crediti, debiti e rapporti contrattuali inerenti all'azienda ceduta ed all'impresa con essa esercitata (artt. 2558, 2559, 2560 e 2112 cod. civ.) e neppure è liberato dei debiti anteriori al trasferimento se i creditori non vi abbiano acconsentito. Diversamente - prosegue la Corte - “con la compravendita delle quote societarie (art. 2479 cod. civ.), il cessionario continua, naturalmente, l'attività della società in cui è subentrato come socio ed i debiti della società gravano su di essa con totale liberazione del soggetto che ha ceduto la partecipazione, anche senza il consenso dei creditori. 
Significativo appare, anche, il regime di responsabilità solidale del cessionario dell'azienda o del ramo d'azienda, per i debiti tributari concernenti le annualità pregresse, dettato dall'art.  14, d.lgs. n. 472 del 1997. Tanto, a riprova della diversità degli effetti giuridici degli atti (cessione delle partecipazioni sociali e cessione dell'azienda) qui considerati, fatta salva, ovviamente, la valutazione della portata degli effetti derivanti dall'eventuale inserimento, nel singolo atto traslativo tassato, di clausole pattizie in relazione ad obiettivi ulteriori che le parti intendano, in concreto, raggiungere avuto riguardo alle caratteristiche della società ed alla situazione patrimoniale dei contraenti ( v. Cass. del 5.12.2023, n. ###; Cass. del 5.12.2023, n. ###, in motivazione)”.  ### sia nella cessione d'azienda che nella cessione di quote vi è la successione nei contratti; l'acquirente dell'azienda subentra automaticamente nei contratti dell'azienda ceduta che non siano però di carattere strettamente personale del venditore; il cedente risponde in solido con l'alienante dei debiti dell'azienda ceduta sorti anteriormente alla cessione purché siano iscritti in contabilità; i contratti di lavoro continuano automaticamente dopo la cessione e le parti rispondono in solido per i debiti verso dipendenti non ancora pagati; con la cessione di quota il cedente si svincola completamente dai contratti dell'azienda di cui era socio, in quanto esce dalla compagine sociale e sarà quindi il nuovo socio a beneficiare o a sopportare crediti e debiti della società. 
Nella vicenda in esame è provato documentalmente come l'ultima versione del software “### 24 Commercialisti” di competenza de ### 24 Ore sia stata scaricata dall'attrice il ### (cfr. doc. 4, relazione ###ssa Cerenzia, pagg. 8 e 11). 
Sempre documentalmente risulta come, in data ###, con atto notarile, ### 24 ### s.p.a.  ha ceduto l'intera partecipazione azionaria della 24 ore ### s.p.a. (società del gruppo produttrice dei software gestionali, quali quello per cui è causa) alla società ### s.p.a., che ne diveniva socio unico (doc. 2 fasc. convenuta - cfr. pag. 74). Successivamente, in data ###, la società 24 ore ### s.p.a. cambiava denominazione sociale in ### s.p.a. ( visura sub doc. 2, pag. 66), per essere poi successivamente incorporata in #### alla data del 16.5.2014 (di inizio dei lamentati e pretesi malfunzionamenti), la convenuta non era più titolare del software in questione, pur essendo rimasta titolare dei crediti derivanti dalle fatture emesse sino alla data del 28.05.2014 (cfr. atto di cessione delle quote a ### s.p.a. del 15.04.2014, sub doc. 1 fasc. di parte convenute). Tale circostanza, inoltre, era stata comunicata a ### (cfr. comunicazioni sub doc. 4, 5 e 11 fasc. opponente). 
Contrariamente all'assunto dell'appellante, pertanto, ### sapeva che dal mese di maggio 2014 ### era subentrata in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi derivanti dal contratto per cui è causa, nonché nella gestione operativa del software, inclusa l'assistenza e l'aggiornamento. 
Infine, e come già evidenziato, il CTU ha accertato, analizzando gli aggiornamenti scaricati nel server di ### che l'ultima versione del software ### 24 Commercialisti di competenza de ### 24 Ore era la n. 01.01.00 del 17.04.2014, con ciò presumendosi che le versioni successive scaricate da ### fossero di competenza della società cessionaria delle quote. 
A front di ciò, ### - che ha reclamato gli asseriti danni solo nei confronti della casa editrice, senza prendere in considerazione il coinvolgimento di ### quale titolare del software e quindi diretta ed unica eventuale responsabile dei lamentati malfunzionamenti - anche in questa sede si è limitata a svolgere argomentazioni generiche sugli effetti della cessione totalitaria di quote, mentre nessun elemento, in ordine alle regole di interpretazione del contratto, è stato fornito per resistere alle puntuali argomentazioni spese dal ### a sostegno della pronuncia impugnata. 
Il rigetto del secondo e del terzo motivo di gravame comporta l'assorbimento di tutti gli ulteriori motivi, con cui sono riproposte dall'appellante le questioni attinenti all'an ed al quantum del chiesto risarcimento del danno.  *****  ### va rigettato e l'appellante va condannata alla refusione delle spese del grado in favore dell'appellata, liquidate come in dispositivo in base ai parametri del D.M. n. 147/2022, tenuto conto del valore della causa determinato sulla scorta del valore della domanda risarcitoria - € 52.000,00 ad € 260.000,00 - e con l'applicazione dei valori medi per le fasi di studio, introduttiva e decisoria, e dei valori minimi per la fase di trattazione in assenza di attività istruttoria. 
Segue, infine, la declaratoria della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo pari al contributo unificato, ex art. 13 c. 1-quater del D.P.R. del 30/05/2002 n. 115, trattandosi di controversia promossa dopo l'entrata in vigore (il ###) della modifica introdotta con l'art. 1 c. 17 L. n. 228/2012.  P.Q.M.  La Corte d'Appello di ### definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ### a.r.l., così provvede: 1) RIGETTA l'appello; 2) CONDANNA l'appellante al rimborso delle spese processuali del grado, in favore dell'appellata il ### 24 ### s.p.a., liquidate in complessivi euro 12.154,00, oltre rimborso spese forfetario al 15%, iva e c.p.a..; 3) Dà atto che sussistono i presupposti di legge per il versamento a carico dell'appellante dell'ulteriore importo pari al contributo unificato versato. 
Così deciso, in ### il 4 febbraio 2025 ### estensore ###ssa ###ssa

causa n. 1729/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Federici Maria Grazia, Del Corvo Alessandra

Quanto ritieni utile questo strumento?

4.4/5 (22172 voti)

©2013-2025 Diritto Pratico - Disclaimer - Informazioni sulla privacy - Avvertenze generali - Assistenza

pagina generata in 0.407 secondi in data 23 novembre 2025 (IUG:ZR-396D2F) - 3414 utenti online