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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE di GENOVA Sezione Lavoro Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 2815/2023 promossa dai sig.ri: -### nata a ### il 21 marzo 1943 (####), -### nato a ### il 10 aprile 1970 (####) e -### nato a ### il 25 giugno 1971 (####), in proprio e nella qualità di eredi del sig. ### (nato a ### il 18 febbraio 1944 e deceduto in ### il 9 settembre 2021), elettivamente domiciliati in #### della ### 14/18 presso e nello studio dell'avv. ### B. Storace, che li rappresenta e difende anche in via disgiunta con l'avv. ### in forza di procura allegata al ricorso depositato in via telematica (#### e ###) -ricorrenti
CONTRO ### spa con sede in #### 220 (P. Iva ### - CF ###) in persona del legale rappresentante pro tempore e ###. ### nato a ### il 13 marzo 1965, codice fiscale ###, in virtù dei poteri conferitigli dal Consiglio di ### del 21 dicembre 2021, rappresentata e difesa dall'### (pec: ###) del foro di ### per procura allegata alla memoria di costituzione, elettivamente domiciliata nello studio dell'Avv. ### in #### 2/32 -convenuto
Conclusioni delle parti ### “previa ogni occorrenda pronunzia, ritenuta per i motivi esposti la responsabilità della convenuta, condannare ### s.p.a. al risarcimento in favore dei ricorrenti - quali eredi del sig. ### - del danno non patrimoniale complessivamente patito dal dante causa, da quantificarsi in € 356.400,00 o nella diversa somma che sarà determinata dal Giudice Ill.mo nel rispetto dei principi esposti, nonché al risarcimento in favore dei ricorrenti - a titolo proprio - del danno non patrimoniale per la perdita del congiunto, da quantificarsi in € 265.835,00 per la sig.ra ### € 242.280,00 per il sig. ### ed € 222.090,00 per la sig. ### (tabella danno parentale “integrata” ### 2022), salva diversa determinazione equitativa da parte del Giudice Ill.mo; vinte le spese e competenze di giudizio, da liquidarsi con distrazione in favore dei difensori antistatari”; ### “Piaccia al Tribunale Ill.mo, contrariis reiectis, per tutti i motivi esposti nel presente atto: In via preliminare, gradata: a) Dichiarare il difetto di legittimazione passiva e/o il difetto di titolarità passiva e comunque l'estraneità ai fatti di causa di ### e conseguentemente respingere immediatamente il ricorso; b) Dichiarare l'incompetenza per materia del Giudice del ### adito, in quanto competente il Giudice Ordinario a decidere sulle domande formulate in ricorso; c) Dichiarare l'inammissibilità della domanda di risarcimento dei danni alla luce della normativa di assicurazione sugli infortuni e malattie professionali dei lavoratori.
Nel merito, ferme le predette assorbenti eccezioni e relative domande d) Respingere tutte le richieste risarcitorie dei ### in quanto infondate sia in fatto che in diritto e comunque non provate; e) Nella denegata ipotesi di mancato accoglimento delle superiori domande, in via subordinata, accertare e dichiarare la responsabilità e/o corresponsabilità del sig. ### per i fatti di cui è causa, pertanto, respingere in tutto o in parte le domande attoree ai sensi dell'art. 1227 cc.
Con vittoria delle spese di lite”.
Motivi della decisione 1. Con ricorso depositato telematicamente in data ###, i sig.ri #### e ### in proprio e quali eredi del sig. ### (nel seguito, per brevità, anche solo il “de cuius”, o il “dante causa”, o il “lavoratore”), marito dalla prima e padre degli altri ricorrenti, deceduto in ### il 9 settembre 2021 (doc. 1 ric.), in tesi a seguito di malattia professionale (mesotelioma pleurico) riconducibile all'attività lavorativa svolta presso ### (ritenuta dante causa della convenuta), hanno convenuto in giudizio ### (nel seguito, per brevità, anche solo “FINTECNA”), per sentirla condannare a risarcirli, quali eredi del de cuius, del danno non patrimoniale patito da questi in vita, nonché, “a titolo proprio”, del danno non patrimoniale conseguente alla perdita del rapporto parentale.
I ricorrenti hanno dedotto, a tale scopo, quanto segue.
Il sig. ### è deceduto, il 9 settembre 2021, a causa di un mesotelioma pleurico metastatico (v. ancora doc. 1 ric.), diagnosticatogli nel luglio/agosto 2020 (v. doc. sanitaria, docc. 1, 2 e da 23 a 27 ric.).
Il de cuius aveva lavorato, dal 27.1.1971 al 30 aprile 1985, presso lo stabilimento siderurgico ### di ### - ### con mansioni di “addetto centro rimpiazzi”, di “agganciatore e deviatore carri ferroviari” presso il reparto ### ferroviaria - MOF (1971-28.2.1976), infine (dal 1°.3.1976 al 30.4.1985) di “riparatore meccanico” presso il reparto ### - ### (nel seguito, “MANGRU”) del ### centrale di manutenzione - Scm (doc. 11, curriculum professionale rilasciato da ### oggi ###.
Il menzionato rapporto lavorativo è riconducibile all'odierna convenuta, come risulta dal predetto ### professionale (doc. 11 ric.), rilasciato al de cuius da ### (allora ### quale avente causa delle società siderurgiche pubbliche ex datrici di lavoro durante il periodo considerato, e come confermato dal compendio documentale offerto in comunicazione (docc. da 35 a 52 ric.).
Nello stabilimento di ### i materiali contenenti amianto sono stati ampiamente utilizzati, fino all'inizio degli anni '90.
Quale addetto al reparto ### ferroviaria (###, il sig. ### circolava nelle varie arre dello stabilimento, caricando, scaricando e trasportando ghisa, acciaio, materie prime, semilavorati, ma anche (nella zona dell'acciaieria e dell'altoforno) materiali occorrenti per la colatura dell'acciaio nelle lingottiere, scorie e materiali provenienti dalle pulizie, dal rifacimento delle siviere, dalle camere dei fumi.
Inoltre, si occupava della manutenzione dei carri ferroviari e dei locomotori e così, in particolare, della regolazione e sostituzione degli impianti frenanti che montavano ferodi in amianto.
Gli operatori del reparto ### si occupavano della manutenzione e della riparazione di tutti gli organi ed apparati dei carriponte e degli altri mezzi di sollevamento in uso presso lo stabilimento e così, in particolare, dell'ispezione, regolazione, manutenzione e sostituzione degli elementi di attrito ### degli organi frenanti dei predetti mezzi, contenenti amianto almeno fino al 1992. ###à di manutenzione in questione prevedeva anche la realizzazione dei ferodi, la sostituzione dei pannelli in amianto posti a protezione delle cabine delle gru esposte a intense fonti di calore e la collaborazione con gli elettricisti, che operavano sulle parti elettriche dei mezzi, isolate con amianto.
In occasione degli interventi effettuati in prossimità di impianti a caldo, il sig. ### e i suoi colleghi dovevano indossare, inoltre, tute, cappotte e guanti di amianto e talvolta proteggersi con pannelli di amianto.
Tutte le operazioni di esercizio e di manutenzione avvenivano senza alcuna precauzione volta ad evitare o ad abbattere i livelli d'inquinamento e l'inalazione delle fibre d'amianto.
Gli ambienti di lavoro, nello stabilimento, erano, più in generale, molto polverosi e inquinati; polveri e sostanze erano costantemente in sospensione a causa della continua movimentazione dei materiali, dell'assenza di adeguati impianti di aspirazione e abbattimento e della mancata adozione di precauzioni di sorta. ### non ha mai fornito al lavoratore e ai suoi colleghi mezzi di protezione dalle polveri e dalle fibre, né li ha informati circa la pericolosità delle polveri contenenti fibre di amianto e circa le cautele da adottare in presenza di dette polveri. “All'interno dello stabilimento non è mai stata esercitata vigilanza sull'effettivo uso dei mezzi individuali di protezione contro le polveri nocive”. “Le istruzioni lavorative impartite dalla stessa azienda ### e relative ai reparti di cokeria, fonderia, acciaieria, fucinatura e laminazione imponevano l'uso di amianto grezzo e in manufatti (da trattare anche con getti di aria compressa per la pulizia dei pezzi) senza indicare alcuna specifica misura protettiva atta a limitare almeno gli effetti nocivi dell'inalazione di polveri e fibre disperse”. Nell'allegata relazione del dott. ### <<… ex responsabile dello ### di ### ma perfettamente calzante anche per quello di ### inviata da ### all'INAIL in data ### (ved. doc. 17), è riportato che “amianto e materiali che in vario modo lo contenevano furono di uso comune a ### come in tutte le altre realtà produttive. Essi vennero impiegati: per la coibentazione termica e l'isolamento degli impianti; in alcune fasi dei cicli di produzione e di manutenzione; quali componenti di tessuti e materiali con i quali venivano confezionati indumenti di lavoro e di sicurezza”. 7. Per quanto attiene le attività alle quali il sig. ### è stato lungamente addetto, in tale documento così si descrive l'attività del personale del reparto ### “eseguono le ispezioni e la manutenzione, programmata o di pronto intervento, su tutti gli organi (di movimento, di sollevamento, di frenatura) elettrici, meccanici, oleodinamici dei carroponti e degli apparecchi di sollevamento dello stabilimento”;[…] “le operazioni di manutenzione programmata e di pronto intervento effettuate dal personale di stabilimento… prevedevano l'impiego di materiali contenenti amianto… gli interventi erano relativi a… ripristino e la manutenzione dei freni di gru, carroponti e locomobili vari. La manutenzione e la sostituzione di pannelli anticalore montati su locomobili”>>. <<Ai lavoratori addetti agli stabilimenti di ### e ### con mansioni sia operaie, sia di impiegato tecnico, è stata riconosciuta dall'### l'esposizione qualificata ad amianto ex l. n. 257/1992 fino a tutto l'anno 1992 (doc.22 Linee guida #### 8.3.2001)>>. Il lavoratore nell'estate 2020 ha iniziato ad accusare tosse persistente e difficoltà respiratorie. I successivi accertamenti hanno portato alla diagnosi di mesotelioma, di cui il sig. ### è sempre stato consapevole. La malattia ha avuto un decorso rapido e severo e, pertanto, ha richiesto quasi da subito l'adozione della terapia del dolore, somministrata grazie all'assistenza dell'#### la malattia, il de cuius è stato amorevolmente assistito dalla moglie e dai figli. L'### ha riconosciuto la natura professionale della malattia che ha colpito il sig. ### e, a seguito di domanda amministrativa del 16.6.2021, ha riconosciuto allo stesso, con provvedimento del 7.9.2021, “una menomazione psicofisica che dava diritto alla costituzione di una rendita diretta” per invalidità dell'80% (docc. 28 e 30 ric.). Inoltre, è stata accordata la rendita ai superstiti, a favore della sig.ra ### odierna ricorrente (docc. 29 e 30 ric.). ### professionale della patologia non è, dunque, in discussione.
Del resto, il mesotelioma è tipicamente riconducibile all'esposizione all'amianto, tanto che è considerato un tumore maligno “patognomonico”, cioè, indicante la sua origine. Nella quasi totalità dei casi diagnosticati è infatti documentabile una sicura esposizione all'amianto, mentre nei pochissimi casi restanti tale esposizione non può essere esclusa in termini assoluti.
Nel caso di specie, l'esposizione è stata determinata da circa 15 anni di lavoro (dal 1971 al 1985), trascorsi svolgendo “… mansioni comportanti esposizione quotidiana all'amianto, in ambienti lavorativi caratterizzati da presenza di polveri, senza alcuna misura di isolamento delle fonti inquinanti, abbattimento o aspirazione e senza mezzi di protezione individuale”.
A distanza di circa 45 anni dall'inizio dell'esposizione, il lavoratore ha iniziato ad accusare i sintomi della malattia, in perfetta compatibilità cronologica con il c.d. tempo di latenza del mesotelioma stimato dal ### (###.
La condotta datoriale omissiva (e commissiva, consistente nell'adozione di modalità lavorative tali da esporre i lavoratori, senza difesa, ad un potente cancerogeno) è tanto più grave considerata, da un lato, la rilevante dimensione e l'importanza dell'azienda ex datrice di lavoro, dall'altro lato la piena conoscenza (o comunque la conoscibilità) a livello scientifico, già in epoca di molto anteriore all'inizio del rapporto di lavoro, del pericolo costituito dalle polveri di amianto anche sotto il particolare profilo della loro cancerogenicità.
Comunque, configurandosi una violazione dell'art. 2087 c.c., una volta che il lavoratore abbia allegato e provato l'obbligazione lavorativa, il danno e la riconducibilità di questo alla prestazione lavorativa, incombe al datore di lavoro provare di aver adempiuto al proprio obbligo di sicurezza, ovvero che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile (prova liberatoria).
Come premesso, dei danni subiti dai ricorrenti deve rispondere ### quale società in cui sono confluiti i rapporti giuridici riconducibili alle vecchie gestioni “pubbliche” degli stabilimenti siderurgici di ### “riassumibili sotto la denominazione di ITALSIDER”. 1.1. ### si è ritualmente costituita in giudizio, con memoria depositata telematicamente, chiedendo dichiararsi il difetto di legittimazione passiva e/o di titolarità passiva e comunque la propria estraneità ai fatti di causa, con conseguente reiezione del ricorso. In subordine, dichiararsi l'incompetenza per materia del Giudice del lavoro, sia in merito alle domande di risarcimento del danno jure proprio (in quanto ex art. 2043 c.c.), sia in relazione alle altre domande, fondate sulla disciplina del trasferimento d'azienda (art. 2560 c.c.). ### il proprio coinvolgimento sarebbe ancor meno giustificabile dato che il ricorrente non ha fatto menzione del precedente periodo lavorativo (1.8.1957 - 31.12.1973), presso altra datrice di lavoro, e neppure della prosecuzione dell'attività lavorativa (dall'1.5.1985 al 31.8.1995) presso lo ### di ### “… ma alle dipendenze di ### di ### del ### - ### fusa nel 1977 in ### - ### c.f. 1435690158, oggi in ### Straordinaria…”.
In ulteriore subordine, la resistente chiede la reiezione delle domande, in quanto infondate nel merito, perché l'attività lavorativa svolta dal sig. ### non ne ha comportato l'esposizione ad amianto, perché, in ogni caso, le conoscenze scientifiche e tecniche del tempo e gli strumenti allora a disposizione non avrebbero consentito di prevenire l'inalazione delle fibre, perché nessuna specifica norma di legge in materia di salubrità degli ambienti di lavoro è stata violata, perché non vi è prova del nesso causale tra l'attività lavorativa e la malattia del sig. ### perché la diagnosi di mesotelioma appare poco probabile.
In estremo subordine, la resistente ha invocato l'applicabilità dell'art. 1227 c.c. nel caso dell'accertamento giudiziale del mancato utilizzo, da parte del de cuius, dei presidi a tutela della propria salute. 1.2. La causa è stata istruita documentalmente e con l'escussione di alcuni testi (###### e ###. È stata licenziata, poi, CTU medico legale. Al termine della ### la causa è stata discussa oralmente dai difensori delle parti (che hanno infine richiamato le conclusioni di cui ai rispettivi atti) e decisa con dispositivo letto nell'udienza del 24.3.2025. 2. Le domande sono fondate, nei termini e per le ragioni che seguono. 3. Innanzitutto, a fronte dell'eccezione d'incompetenza (per materia) di cui alla memoria di ### deve osservarsi quanto segue.
In caso di morte del lavoratore avvenuta in conseguenza del rapporto di lavoro (a seguito di infortunio sul lavoro, ovvero di malattia professionale), gli eredi del lavoratore deceduto subentrano nel patrimonio del de cuius e, dunque, anche nel diritto al risarcimento del danno conseguente all'infortunio o alla malattia professionale, già entrato a far parte del patrimonio del dante causa.
In relazione a tale danno (patrimoniale e/o non patrimoniale) gli eredi si trovano nella medesima posizione del lavoratore deceduto e l'azione da loro esperibile (detta iure successionis) conserva tutte le caratteristiche dell'azione di cui era titolare il de cuius, con conseguente configurabilità di una responsabilità di natura ### contrattuale e attribuzione della controversia al giudice del lavoro.
E' ben vero che, “… in tema di risarcimento del danno per sinistro verificatosi durante la prestazione lavorativa, il risarcimento può essere richiesto al datore di lavoro con due distinte azioni una proposta a titolo di responsabilità contrattuale e l'altra a titolo di responsabilità extracontrattuale, la scelta tra le due azioni e l'eventuale loro esercizio cumulativo nel processo rientrano nel potere dispositivo della parte, con la conseguenza che, ove la parte opti per una di esse, non è consentito al giudice, in violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., sostituirsi all'attore nella scelta che avrebbe potuto operare ed accogliere la domanda in base ad un titolo diverso (Cass 6 agosto 2002, n. 11766, Cass. 29 settembre 2003, n 14498)” (Cass. n. 2506/2012). “[A]l fine di qualificare l'azione come proposta a titolo di responsabilità contrattuale del datore di lavoro non rileva il mero richiamo dell'art. 2087 cod. civ. o delle altre disposizioni legislative strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro, occorrendo, invece, la specifica deduzione di un comportamento inadempiente del datore di lavoro, dal quale, secondo la prospettazione attorea, sia derivato il danno lamentato (Cass. 27 luglio 2010, n. 17547; ### 8 luglio 2008, n 18623, Cass. SU 11 luglio 2001, n 9385)” ###.
Nella specie, non pare potersi dubitare che i ricorrenti, quali eredi del de cuius, abbiano dedotto e posto a base delle domande (iure hereditario) gli inadempimenti datoriali degli obblighi di sicurezza e di salvaguardia della salute del lavoratore, così invocando la responsabilità contrattuale di controparte.
Comunque, in caso di esercizio cumulativo - ma, nella specie, a tenore del ricorso, quanto meno residuale e subordinato alla mancata individuazione di specifici inadempimenti contrattuali - dell'azione (iure hereditario) per responsabilità aquiliana, la causa risulterebbe unica ed inscindibile, da trattarsi, dunque, in simultanueus processus innanzi al giudice del lavoro.
I congiunti del lavoratore (che possono coincidere o meno con gli eredi e la cui legittimazione attiva - in questo caso - prescinde comunque dalla qualità di eredi) possono, inoltre, far valere il diritto, iure proprio, al risarcimento del pregiudizio personale (patrimoniale e/o non patrimoniale) conseguente al decesso del congiunto (in relazione alla sofferenza e al turbamento psichico, all'eventuale lesione all'integrità psico-fisica e/o alla perdita economica che possano avere subito, quali soggetti più vicini, legati da vincoli familiari al de cuius).
I ricorrenti hanno proposto, nel presente giudizio, anche domanda di risarcimento iure proprio.
Pur esistendo alcune decisioni di diverso segno, si ritiene di aderire all'indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte, secondo cui anche tale tipo di pretesa risarcitoria rientra nella competenza del Giudice del lavoro, in quanto “per controversie relative a rapporti di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 409, n. 1, c.p.c., debbono intendersi non solo quelle relative alle obbligazioni propriamente caratteristiche del rapporto di lavoro, ma tutte le controversie in cui la pretesa fatta valere in giudizio si ricolleghi direttamente al detto rapporto, nel senso che questo, pur non costituendo la causa petendi di tale pretesa, si presenti come antecedente e presupposto necessario, e non già meramente occasionale, della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale, essendo irrilevante l'eventuale non coincidenza delle parti in causa con quelle del rapporto di lavoro” (Cass. n. 17092/2012).
Alla luce di tale ricostruzione, anche le domande risarcitorie proposte iure proprio devono essere trattate con il rito del lavoro, essendo tale rito applicabile, ai sensi dell'art. 409 c.p.c., a qualsiasi controversia che trovi nel rapporto di lavoro la ragione giustificativa della domanda, ancorché la causa si svolga tra soggetti diversi da quelli del rapporto di lavoro medesimo.
Comunque, se anche si volesse ritenere che la domanda iure proprio non dia luogo ad una controversia di lavoro, si dovrebbe pur sempre rammentare che <<[a]lla luce del nuovo testo dell'art. 38, primo comma, cod. proc. civ., si è verificato un tendenziale avvicinamento tra la competenza per territorio derogabile e quella inderogabile, posto che quest'ultima può ormai essere rilevata solo entro un ristretto limite di tempo; ne consegue che, qualora due domande connesse siano proposte in uno stesso giudizio, tra le stesse parti e riguardino lo stesso fatto, la competenza per territorio inderogabile, prevista per una delle due domande, cede alla competenza determinata secondo le regole che disciplinano la connessione, per consentire la realizzazione del "simultaneus processus">> (Cass. ord. n. 18606/2005, ex multis).
Pertanto, la riunione dei giudizi relativi alle domande proposte dai ricorrenti iure proprio e iure hereditario risulterebbe comunque possibile ed anzi opportuna “a fronte della medesimezza dei fatti storici e delle stesse causae petendi a sostegno delle domande”, con conseguente applicabilità dell'art. 40 c.p.c. (v. Cass. n. 10578/2018; v. inoltre, per un'ipotesi di riunione innanzi alla ### lavoro della S.C. dei ricorsi proposti avverso le decisioni di merito sulle separate domande, formulate rispettivamente per il risarcimento del danno iure proprio e di quello iure hereditario, Cass. n. 18503/2016, nella quale si è anche evidenziato che l'esigenza di riunione e trattazione congiunta consegue alla necessità di rispettare i principi del giusto processo di cui all'art. 111 Cost e della sua ragionevole durata).
Pertanto, l'eccezione d'incompetenza del Giudice del lavoro sollevata dalla difesa della convenuta (recte, d'inapplicabilità del rito del lavoro, dato che la ripartizione delle cause tra sezione lavoro e sezioni ordinarie del tribunale non implica l'insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all'interno dello stesso ufficio: cfr. Cass. ord. n. 20494/2009, ord. n. 15391/2004, S.U. n. 1045/2000) deve essere respinta. 3.1. ### della convenuta, riferita all'inerenza della causa alla (sola?) disciplina in materia di trasferimento d'azienda [v. pag. 35 della memoria di costituzione: “la prospettata responsabilità di ### spa, così descritta nel ricorso, non scaturisce dall'art. 2087 c.c., bensì, eventualmente, dalla diversa disciplina del trasferimento d'azienda e in particolare dall'art. 2560 c.c. (sulla sorte dei debiti nei conferimenti)”] risulta incomprensibile, prima ancora che infondata.
È evidente, infatti, che la vertenza concerne il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti in vita dal de cuius a causa della dedotta malattia professionale e di quelli, del pari non patrimoniali, sofferti dai familiari per la perdita del congiunto a causa della stessa patologia. Sussistendo gli estremi della responsabilità datoriale, occorre individuare il soggetto obbligato al risarcimento dei danni. Ma non per questo la causa cessa di essere una causa di lavoro.
Comunque, più in generale, non sfuggono certo alla competenza funzionale del giudice del lavoro l'accertamento del credito del lavoratore, nascente dall'attività lavorativa svolta, e la conseguente condanna al pagamento, anche qualora la condanna stessa debba pronunciarsi in danno del cedente e/o del cessionario dell'azienda e/o dell'avente causa del datore di lavoro.
Anche in questo caso, la vertenza non cessa di essere una causa di lavoro. 4. Numerose sentenze della ### lavoro del Tribunale di ### ed anche della ### lavoro della Corte di Appello di ### (da ultimo altresì confermate dalla Suprema Corte: v. infra), hanno affermato la “legittimazione passiva” (o “titolarità passiva”) di ### a fronte di domande proposte da familiari ed eredi di lavoratori che hanno sviluppato gravi patologie a seguito di esposizione ad amianto avvenuta durante la prestazione dell'attività lavorativa alle dipendenze della c.d. prima ### o comunque delle società siderurgiche pubbliche, presso lo stabilimento siderurgico di ### - ### È utile rammentare, tra le più recenti pronunce della ### quella in data ###, nel proc. n. 1351/2018 RG, e quella in data ###, nel proc. n. 133/2021 RG, che saranno ampiamente richiamate nel seguito. 4.1. Ebbene, è pacifico tra le parti che il sig. ### abbia lavorato presso il detto stabilimento, quale dipendente di ### “pubblica” - la “prima” ### nel seguito per brevità “###”, poi “### ITALSIDER” -, tra il ### e il ### (v. infra).
Assumono rilievo, al fine di verificare se l'obbligazione risarcitoria insorta in capo alla ### “pubblica” (nel seguito, per semplicità, anche solo “ITALSIDER”), per effetto (come si vedrà nel seguito) della violazione da parte di essa degli obblighi di cui all'art. 2087 e della normativa a tutela della salute dei lavoratori (nonché del generale principio del neminem laedere), si sia trasferita in capo a ### diverse vicende societarie, verificatesi tra il 1981 e il 2000. 4.2. È utile rammentare, allora, che nel periodo in questione è sempre stato vigente l'art. 2560 c.c. (rubricato “### relativi all'azienda ceduta”), ai sensi del quale: “### non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito.
Nel trasferimento di un'azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l'acquirente della azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.
Alla luce di tale norma, in caso di cessione di azienda (o di ramo d'azienda), l'alienante non è liberato dalle obbligazioni conseguenti all'esercizio dell'impresa, insorte prima della cessione, se non con il consenso dei creditori. Mentre la responsabilità per detti debiti si estende, ex lege, al cessionario, che diviene obbligato in solido, solo se “risultano dai libri contabili obbligatori”.
La giurisprudenza è univoca, da lungo tempo, nell'affermare che in caso di cessione d'azienda (o di un suo ramo) o di conferimento di essa in una società “… la società conferitaria risponde dei debiti, inerenti l'azienda risultanti dai libri contabili obbligatori, ed il conferente non è liberato dai debiti suddetti, se il creditore non vi abbia consentito, restando escluso che la mera conoscenza del conferimento da parte del creditore e l'assenso ad emettere le fatture a nome della società conferitaria equivalgano a consenso alla liberazione del conferente dalla responsabilità per i succitati debiti” (Cass. n. 19454/2004).
Pertanto, se la cessione è avvenuta senza che la cedente sia stata liberata dai debiti relativi all'azienda ceduta, “si determina una situazione di coobbligazione solidale fra la cedente ed il cessionario verso i creditori per detti debiti” (Cass. n. 12310/1999; conf. Cass n. 5341/1980); salvo rimanere essi a carico della sola cedente, se non risultino dalle scritture contabili.
Nel periodo in considerazione, inoltre, le previsioni vigenti di cui all'art. 2112 (rubricato “### dell'azienda”) sono state le seguenti.
Dapprima: “1. In caso di trasferimento dell'azienda, se l'alienante non ha dato disdetta in tempo utile, il contratto di lavoro continua con l'acquirente, e il prestatore di lavoro conserva i diritti derivanti dall'anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento. 2. ### è obbligato in solido con l'alienante per tutti i crediti che il prestatore di lavoro aveva al tempo del trasferimento in dipendenza del lavoro prestato, compresi quelli che trovano causa nella disdetta data dall'alienante, sempreché l'acquirente ne abbia avuto conoscenza all'atto del trasferimento, o i crediti risultino dai libri dell'azienda trasferita o dal libretto di lavoro. 3. Con l'intervento delle organizzazioni professionali alle quali appartengono l'imprenditore e il prestatore di lavoro, questi può consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. 4. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto dell'azienda”.
Quindi, per effetto della novella di cui all'art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428: “1. In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. 2. ### e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. 3. ### è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. 4. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto dell'azienda”.
Dunque, ai sensi della prima formulazione dell'art. 2112 c.c., di cui sopra, la mancata prosecuzione del rapporto di lavoro con il cessionario, non determinava l'incondizionata liberazione del successore <<… dalle obbligazioni già esistenti in capo al dante causa nei confronti del prestatore d'opera, tant'è che la prima parte del secondo comma del già citato art. 2112 cod. civ. lo dichiara solidamente obbligato con "l'alienante per tutti i creditori che il prestatore di lavoro aveva al tempo del trasferimento in dipendenza del lavoro prestato, compresi quelli che trovano causa nella disdetta data dall'alienante" e ne consente la liberazione solo nella ipotesi in cui esistendo la disdetta [o comunque la soluzione di continuità del rapporto] e non potendo, perciò, presumersi la continuità del rapporto, il successore fornisca la prova di non essere venuto a conoscenza, per circostanze non imputabili alla sua negligenza, della esistenza dei debiti verso il lavoratore>> (Cass. n. 369/1988). <<In mancanza di tale disdetta, e quindi perdurando il rapporto con l'acquirente, trova integrale applicazione il primo comma dell'art. 2112 cit., che garantisce al prestatore di lavoro la conservazione dei diritti derivanti dall'anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento.
Consegue che in questa ultima ipotesi l'acquirente, cessionario dell'azienda, è pienamente responsabile per i crediti del lavoratore, anche sorti anteriormente alla cessione, senza poter addurre la mancata conoscenza, o conoscibilità, degli stessi>> ###. ### la successiva riscrittura, l'esonero del cessionario da responsabilità consegue all'insussistenza del rapporto di lavoro al momento del trasferimento (salva ovviamente l'applicazione dell'art. 2560 c.c.). Detta disciplina, dovuta alla novella di cui all'art. 47 della legge 29 dicembre 1990 n. 428 (di attuazione della direttiva del Consiglio delle ### europee n. 77\187 del 14 febbraio 1977), prevede infatti la solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti vantati dal lavoratore al momento del trasferimento d'azienda (a prescindere dalla conoscenza o conoscibilità degli stessi da parte del cessionario), ma esige all'uopo “… la vigenza del rapporto di lavoro e quindi non è riferibile ai crediti maturati nel corso di rapporti di lavoro cessati ed esauriti anteriormente al trasferimento d'azienda, così come peraltro espressamente prevede l'art. 3, punto 1, della citata direttiva, salva in ogni caso l'applicabilità dell'art. 2560 cod. civ.” (Cass. n. 12899/1997). Dunque, essendo pacificamente cessato, il rapporto di lavoro de quo, nel 1985, dopo il trasferimento d'azienda del 1981 (e prima di quello del 1987), di cui infra, la seconda stesura dell'art. 2112 c.c. qui non rileva (a vantaggio dell'art. 2560 c.c.). In ogni caso, ai sensi d'entrambe le menzionate formulazioni dell'art. 2112 c.c., delle obbligazioni nei confronti del lavoratore, relative all'azienda ceduta, esistenti al momento del trasferimento, continuava a rispondere la cedente, salva la liberazione da parte del creditore.
Ebbene, di una tale liberazione non vi è alcuna traccia in atti.
Per altro verso, è evidente che le obbligazioni risarcitorie qui in discussione non potevano risultare dalle scritture obbligatorie, al momento delle cessioni di cui infra, e non potevano essere conosciute dalle cessionarie, onde il secondo comma dell'art. 2560 c.c. non ha potuto certamente operare, al pari del secondo comma dell'art. 2112 c.c. nella sua originaria stesura. 4.3. Tuttavia, come chiarito dai giudici di legittimità, nulla impediva e impedisce alle parti, cedente e cessionaria, di pattuire nel contratto di cessione che la seconda “succeda” (senza effetto liberatorio della cedente nei confronti dei creditori che non vi abbiano consentito, in ossequio al 1° co. dell'art. 2560 c.c.) “nel complesso dei rapporti attivi e passivi inerenti [all'azienda o] al ramo di azienda ceduto, anche al di là di quanto previsto dall'art. 2560 c.c. (senza alcun riferimento cioè alle risultanze contabili o contenute nei libri obbligatori). volontà in tal senso delle parti deve ricercarsi nelle clausole contrattuali” (Cass. n. 5086/2012, relativa a fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto corretto il ragionamento della Corte territoriale, che aveva affermato la legittimazione passiva e la responsabilità della società cessionaria d'azienda, convenuta per il risarcimento del danno differenziale per malattia professionale contratta da un dipendente della cedente, <<sulla base della interpretazione delle clausole… del contratto…, che "andando oltre" la previsione di legge, hanno stabilito "la piena successione dell'acquirente in tutti i rapporti, anche obbligatori, facenti capo al ramo di azienda ceduto, indipendentemente dalle risultanze dei libri contabili obbligatori>>; v. già, in senso analogo, Cass. n. 612/1962, secondo cui <<### di una azienda commerciale non risponde dei debiti inerenti all'azienda ceduta, se non risultano dai libri obbligatori. Peraltro, l'acquirente può rinunziare alla eccezione, relativa ai debiti non risultanti dai libri obbligatori, che lo esonera da responsabilità verso il creditore, assumendo a suo carico il debito, senza pregiudicare in ogni caso la posizione del cedente, il quale non è liberato dai debiti per effetto dell'alienazione dell'azienda>>).
Lo stesso discorso vale per la facoltà delle parti del negozio di cessione di derogare all'analoga disciplina legale ex art. 2112 c. 2 c.c. nel testo anteriore alla novella del 1990 (ma anche in quello successivo), non per liberare il cedente, ma per aggiungere alla responsabilità di quest'ultimo nei confronti del ### lavoratore quella del cessionario.
Tornando alle vicende d'interesse, la I ### è azienda fondata nel 1897, la cui visura camerale è stata prodotta da parte ricorrente sub doc. 48.
E' pacifico e comunque documentalmente provato che nel settembre 1981, con l'atto di “### di aumento di capitale mediante conferimento di complessi aziendali” a rogito not. ### di ### (doc. 36 ric.), I ### abbia conferito alla #### (la cui visura camerale è sub doc. 49 ric.) i propri complessi aziendali, tra cui il “### di ###Cornigliano”, oltre che immobili, partecipazioni sociali e flotta aziendale, “il tutto costituente la quasi totalità della propria azienda”; conferimento dei complessi aziendali, avvenuto “… nella universalità di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi che li compongono e che ad essi sono pertinenti” (art. 1); dunque compresi “i debiti ed i crediti con le relative garanzie”, “i diritti, gli obblighi, gli interessi e le aspettative nei confronti di chiunque” (ancora art. 1).
Non sembra dubitabile, dunque, che per effetto della appena menzionata cessione, la ### sia succeduta, oltre che nel rapporto di lavoro, anche nell'obbligazione risarcitoria nei confronti del sig. ### e degli odierni ricorrenti (riferita al periodo di lavoro presso I ###, per volontà delle parti dell'atto di conferimentocessione (anche in deroga alla disciplina legale).
Comunque, data la prosecuzione del rapporto di lavoro, la cessionaria #### era <<pienamente responsabile per i crediti del lavoratore, anche sorti anteriormente alla cessione, senza poter addurre la mancata conoscenza, o conoscibilità, degli stessi>> (v. supra).
Quindi, nel 1985, con atto a rogito not. ### (doc. 5 conv. e 39 ric.), la ### ha ceduto a ### S.p.A. (poi ### v. visura camerale, doc. 6 conv.) “il proprio complesso aziendale relativo al ramo di impresa della ### costituito dall'aera a caldo - con esclusione del blooming e del treno di laminazione a caldo - del suo centro siderurgico “### Sinigaglia” di ### come descritto e riconosciuto… nella relazione di stima…”.
In questo caso, l'atto di cessione non ha previsto alcun passaggio di debiti alla cessionaria, in deroga alla disciplina legale. Comunque, non ne sarebbe potuta derivare la liberazione della cedente ### nei confronti dei creditori.
A seguito del passaggio alle dipendenze di ### S.p.A. (v. estratto conto contributivo, doc. 10 ric.), solo con il consenso del prestatore di lavoro - creditore (e, quindi, in primo luogo, del sig. ### sarebbe potuta intervenire “la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro” / “dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta” (artt. 2112 co. 3 e 2560 co. 1 c.c. vigenti ratione temporis).
Pertanto, le obbligazioni risarcitorie (riferite tanto al periodo di lavoro alle dipendenze della I ### quanto al periodo di lavoro alle dipendenze della ### sono rimaste in capo alla ### Nel 1987, dopo la cessazione del rapporto di lavoro del sig. ### alle dipendenze delle società “pubbliche”, con atto nuovamente a rogito not. ### (doc. 37 ric.) ### ha ceduto alla (### c.f. ###, cioè alla c.d.) ### (la cui visura camerale è sub doc. 50 ric.), “tutti i complessi aziendali costituenti l'intera azienda della conferente, nella universalità di tutti i rapporti attivi e passivi e di tutti i beni che li compongono e che ad essi sono pertinenti, nulla escluso ed eccettuato salvo la sola esclusione…” di due cespiti, cioè della partecipazione azionaria della ### e dei debiti verso amministratori e sindaci, come da art. 1 dell'atto, il quale prosegue prevedendo che “### derogare alla ricordata universalità del conferimento, si precisa a solo titolo esemplificativo che in esso sono tra l'altro compresi:… f) i debiti ed i crediti con le relative garanzie…; g) i diritti, gli obblighi, gli interessi e le aspettative nei confronti di chiunque”.
Anche in questo caso, dunque, come nel 1981, la cessionaria, qui la ### è succeduta altresì nelle obbligazioni risarcitorie de quibus (pur senza liberazione della #### in questo caso ancora obbligata ex art. 2560 c.c. vigente).
La resistente ha prodotto copia delle perizie di stima (docc. 4 e 8 conv.), in quanto “costituenti parte integrante e sostanziale del conferimento del 1981 e del conferimento del 1987, aventi lo stesso valore delle pattuizioni contenute negli atti a cui sono connesse, come da volontà espressa in premessa”, al fine di dimostrare che in entrambi i casi l'obbligazione de qua, non contemplata dalle perizie, sarebbe stata esclusa dai trasferimenti e sarebbe rimasta in capo alle cedenti.
La questione della rilevanza delle dette perizie, in particolare di quella del 1987, è stata affrontata dalla Corte di Appello di ### che ha ritenuto, condivisibilmente, che essa non sia <<idonea ad inficiare le valutazioni svolte dal giudice di primo grado (cfr. ### sent. n. 95/2020)>>, che erano sovrapponibili a quelle qui accolte e condivise (### sent. n. 334/2024).
Le indicazioni di cui alle perizie, più in generale, debbono ritenersi irrilevanti, a fronte delle indicate pattuizioni, le sole che possono determinare l'effettivo oggetto delle cessioni, secondo la volontà delle parti (v. supra). E ciò vale, tanto più, a fronte di obbligazioni all'epoca non formalizzate (in scritture contabili o in documenti) e non quantificabili.
Nel 1990 la ### è stata incorporata in ### (c.d. ### pubblica) e quindi cancellata dal ### delle imprese (doc. 50 ric.). Con la fusione si sono trasferite anche le obbligazioni in discorso.
Nel 1993 ### (società diversa da ### del gruppo ### quest'ultima avente sede a ### come da visura camerale sub doc. 7 conv.) è stata oggetto di atto di scissione, previa messa in liquidazione, come da progetto di scissione prodotto in copia da entrambe le parti (docc. 38 ric., 11 a, 11 b conv.).
La scissione ha dato luogo alla costituzione di due nuove società e al trasferimento alle stesse, in via di scissione parziale, di due rami aziendali di ### (in liquidazione: v. visura camerale doc. 51 ric.) con i relativi elementi patrimoniali. “Tali rami di azienda… riguardano l'uno le attività riguardanti il settore dei laminati piani speciali, costituito dai complessi produttivi di ### e ### (divisione ###…, l'altro le attività riguardanti il settore dei prodotti piani comuni, costituito dai complessi produttivi di ######## (divisione ###, da una parte di funzioni centrali necessarie per la gestione di quanto sopra e dalle partecipazioni societarie e similari e dalle passività specifiche al ramo aziendale in oggetto.
A seguito della scissione resteranno a ### tutte le attività e passività riguardanti le gestioni stralcio… [tra cui ###, una parte di funzioni centrali necessarie per la gestione di quanto sopra ed alcune partecipazioni” (1.).
Per quanto d'interesse, il secondo “ramo” aziendale comprendeva il complesso di ### e i rami d'azienda sono stati trasferiti “… con la garanzia per le sopravvenienze passive, ivi incluse quelle di carattere tributario e insussistenza di attivo” e le società beneficiarie hanno avuto facoltà di “rivalersi sulla società scissa nel caso in cui tali sopravvenienze o insussistenze di attivo si verificassero dopo la data di decorrenza degli effetti della scissione, ma fossero inerenti a periodo antecedenti” (punto B, 5.4.). Si è previsto, inoltre, che IRI si facesse carico “dell'assistenza finanziaria della ### da liquidare per consentire alla stessa (e a quelle sue controllate parimenti messe in liquidazione) di far fronte al loro indebitamento verso terzi, anche con riferimento alle sopravvenienze passive e insussistenze di attivo che ai sensi del punto precedente dovessero essere alla stessa imputate” (punto B, 5.5.).
A seguito della scissione parziale, “### gli elementi patrimoniali dell'attivo e del passivo non indicati quale oggetto di trasferimento alle società beneficiarie ### e ### srl rimangono in capo alla società scissa ILVA” (B, 5.7).
Occorre precisare, a questo punto, che <<[n]ella disciplina dettata dagli art. 2504-septies e ss. cod. civ. (applicabile "ratione temporis"), la scissione parziale di una società, consistente nel trasferimento di parte del suo patrimonio ad una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, contro l'assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa, si traduce in una fattispecie effettivamente traslativa, che comporta l'acquisizione da parte della nuova società di valori patrimoniali prima non esistenti nel suo patrimonio; detto trasferimento non determina l'estinzione della società scissa ed il subingresso di quella risultante dalla scissione nella totalità dei rapporti giuridici della prima…>> [Cass. n. 5874/2012; v. anche Cass. n. 9897/1998, secondo cui, ai fini dell'eventuale applicazione dell'art. 2112 c.c., <<… nel caso di scissione totale o parziale di società a norma degli artt. 2504-septies e seguenti cod. civ., può verificarsi o meno un trasferimento di azienda dalla società soggetta a scissione alla società, o ad una delle società, cui sia trasferito il patrimonio, o una sua parte, della società scissa, e deve quindi verificarsi, con riferimento alle modalità specifiche dell'operazione e sulla base dei principi applicabili nella materia, se si sia verificato un mutamento di titolarità dell'azienda (o di suo ramo autonomo), permanendo inalterata la sua struttura organica>>; peraltro, anche dopo la modifica della disciplina in materia di scissione, si continua a ritenere che <<la scissione parziale di una società, disciplinata dagli artt. 2506 ss. c.c., come modificati dal d.lgs. n. 6 del 2003, consistente nel trasferimento di parte del suo patrimonio ad una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, contro l'assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa, si traduce in una fattispecie effettivamente traslativa, che comporta l'acquisizione in capo alla nuova società di valori patrimoniali prima non presenti nel suo patrimonio, senza che ciò determini l'estinzione della società scissa ed il subingresso di quella risultante dalla scissione nella totalità dei rapporti giuridici della prima>>].
In effetti, come evidenziato dai ricorrenti, la disciplina in materia di scissioni societarie applicabile ratione temporis, non richiamava (nell'art. 2504 nonies c.c.) quella relativa agli effetti (di tipo successorio) della fusione (art. 2504 bis c.c., secondo cui “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte”).
La scissione in questione ha dato luogo al trasferimento a ### (v. visura camerale: doc. 12 conv.) del ramo di attività concernente i laminati piani comuni, comprendente i complessi produttivi sopra indicati e, pertanto, lo stabilimento di #### Si tratta, dunque, di cessione di (ramo di) azienda, che ### alla luce della disciplina ad essa propria (v. sopra), può avere comportato la “successione” della conferitaria in tutti i pregressi rapporti passivi di ### benché non conoscibili e (quindi anche) in deroga alla previsione di legge (art. 2560 c.c.), perché nel progetto di scissione non vi è traccia di una tale volontà, come deve ricavarsi dalla specifica individuazione degli elementi patrimoniali (attivi e passivi) da trasferire, nel novero dei quali non potevano certamente ricadere quelli non contabilizzati e, in particolare, quelli in considerazione (punto B, 4.4.). Coerentemente, si prevedeva - come accennato - la permanenza in capo a ### di tutti gli elementi del passivo non ### indicati quale oggetto di trasferimento alla beneficiaria (B, 5.7) e che di eventuali sopravvenienze passive inerenti al periodo precedente la scissione, si facesse carico la scissa (B, 5.4.), ### per il caso in cui i creditori avessero potuto, per previsione di legge, pretenderne il pagamento dalla beneficiaria. In ogni caso, come già osservato, la cessione (per quanto ipoteticamente estesa a tutti i rapporti passivi) non avrebbe potuto comportare (ex art. 2560 c.c.) la liberazione di #### verso i creditori non consenzienti. ### ha avallato, con recenti decisioni, la ricostruzione della scissione del 1993 (di cui anche a svariati precedenti della ### di ### di ###, secondo cui l'elemento del passivo relativo alla <<responsabilità in relazione all'azione risarcitoria connessa all'attività lavorativa svolta dai dipendenti ###> è <<rimasto in capo alla società pubblica>> ### (v. Cass. ord. n. 27716/2024 e ord. n. 27574/2024).
Peraltro, ai sensi dell'art. 2504 decies c.c. allora vigente, in caso di scissione, “ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa trasferito o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società a cui essi fanno carico”; ferma, dunque, la responsabilità illimitata di tale ultima società (scissa o beneficiaria, nella specie ### come detto), cui il debito è assegnato in base al progetto di scissione. <<La prova della sussistenza, in concreto, di tale limite [ove applicabile] (che, pertanto, costituisce un'eccezione rispetto alla domanda proposta nei suoi confronti: Cass. n. 15088 del 2001) e della sua esatta misura (vale a dire la quota di loro spettanza di "quanto al momento della scissione era effettivamente disponibile per il soddisfacimento dei creditori"; Cass. n. 4455 del 2016, in motiv.), quale fatto impeditivo, in tutto o in parte, di tale obbligazione (che, altrimenti, in quanto solidale, si estenderebbe all'intera prestazione non eseguita), grava, a norma dell'art. 2697 c.c., comma 2, su ciascuna delle società beneficiarie, anche in ragione della vicinanza delle stesse all'oggetto della relativa dimostrazione” (v. di recente Cass. ###/2021, che peraltro applica principi generali validi anche in relazione alla pregressa normativa). E nulla ha dedotto, in merito a detto limite, ### Ancor prima, a seguito della già avvenuta cessione (nel 1985) dell'area a caldo dello stabilimento di ### ove il sig. ### aveva prestato l'attività lavorativa, i debiti in questione, rimasti in capo ad ### per il tramite della II ### non potevano più considerarsi, al momento della scissione parziale, passività “specifiche al ramo aziendale ceduto” (laminati piani) e non potevano costituire, pertanto, oggetto del conferimento.
Ancora, in base all'art. 2504 octies, terzo comma, c.c., applicabile ratione temporis, vi era responsabilità solidale di tutte le società (scissa e beneficiaria/e) per gli elementi del passivo la cui destinazione non fosse desumibile dall'atto di scissione. ### non può ritenersi estranea alle obbligazioni in discorso neanche in base alla disciplina relativa alla scissione ###.
E' il caso di rammentare, a conforto delle conclusioni accolte, che l'operazione di scissione è stata deliberata in funzione del processo di privatizzazione delle aziende IRI (che era l'unico socio di ### in liquidazione, detta anche ### pubblica, appunto), comportando l'attribuzione dei ### cespiti redditivi alle due società beneficiarie, in vista dell'individuazione di soci anche maggioritari o acquirenti. Essendo pacifico tra le parti che la scissione sia avvenuta nel 1993, non si comprende perché, in relazione ad essa, la resistente invochi l'applicazione dell'art. 10, lett. e), d.l. 332/94 (convertito con modificazioni dalla legge di conversione 474/94), norma entrata in vigore solo nel giugno 1994. Comunque, con recente sentenza la ### ha ritenuto correttamente motivata la decisione della ### di appello di ### con cui si è esclusa l'applicabilità della norma alla scissione de qua (Cass. ord. n. 27716/2024).
Dunque, le obbligazioni oggetto di causa, rimaste in capo a ### sono giunte, per via di fusione per incorporazione, nella incorporante ### in liquidazione, nel seguito “IRITECNA” (v. visura camerale, doc. 52 ric., in particolare pp. 29, 79).
Nel 2000, infine, ### si è fusa per incorporazione in ### (v. visura camerale, doc. 52, in particolare pp. 5 e 29), la quale ultima è pertanto succeduta nella universalità dei rapporti, attivi e passivi, della prima.
Come indicato nei precedenti della ### sopra citati, i menzionati atti di fusione per incorporazione, secondo la disciplina vigente prima della riforma del diritto societario di cui al d.lgs. n. 6/2003 e della modifica dell'art. 2504-bis c.c., “realizzavano una successione a titolo universale corrispondente alla successione mortis causa e producevano gli effetti dell'estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi della società incorporante”.
Insomma, i delineati passaggi portano a ritenere, in modo del tutto lineare, che ### sia titolare (dal lato passivo) delle obbligazioni in questione.
Anche tale conclusione è stata di recente condivisa dalla ### che ha confermato le decisioni del Giudice di II grado con cui era stata respinta l'eccezione di carenza di titolarità passiva di ### e ritenuta quest'ultima “successore a titolo universale delle società ### e ### Italsider” (Cass. ord. n. 27574/2024 cit.), sui presupposti, tra l'altro, dell'oggetto del conferimento del 1987 e della disciplina ex art. 2504 octies c.c. vigente ratione temporis (conf. Cass. ord. n. 27716/2024 cit.). 4.3.1. Ma vi è di più.
Nelle produzioni documentali si rinvengono chiari riscontri del fatto che la stessa convenuta si è ritenuta (in tempi “non sospetti”) titolare passiva delle obbligazioni traenti causa dalle prestazioni lavorative rese alle dipendenze della I ### e della #### e, così, in particolare, dalla prestazione lavorativa del sig. ### Infatti, come evidenziato in ricorso, ### ha compilato (adempimento di competenza del datore di lavoro) il curriculum lavorativo del sig. ### (doc. 11 ric.) funzionale all'inoltro ad ### (v. anche interrogatorio libero del procuratore di parte convenuta, che ha affermato di non avere “… motivo di dubitare che il curriculum professionale… sia stato rilasciato da ###” e che i curricula erano “finalizzati all'eventuale riconoscimento di benefici Inail”).
Nel predetto curriculum non vi è alcuna “precisazione” circa il motivo per cui è stato rilasciato proprio da ### (poi ###. Mentre è ragionevole ritenere che, se la società lo avesse rilasciato, non quale “datrice di lavoro”, ma quale semplice detentrice degli archivi ### ve lo avrebbe indicato.
Anzi, dal documento si ricava chiaramente che ### (almeno in allora) sposava la ricostruzione qui accolta. Comunicava infatti al lavoratore: “Le inviamo attestato delle posizioni di lavoro da Lei ricoperte presso la ### in ### [cioè ### pubblica], incorporata per fusione dalla ### in ### in data ###, in qualità di lavoratore dipendente, presso lo stabilimento siderurgico di Cornigliano” (doc.11 ric.).
È emerso altresì, in sede d'interrogatorio libero della parte, che ### ha la disponibilità degli archivi della “vecchia” ###
Ancora, le produzioni attoree indicano chiaramente che, ancora nel 2015, ### costituendosi in giudizio in vertenze analoghe a quella che ne occupa, lungi dall'eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva, affermava che “solo in conseguenza degli atti di fusione per incorporazione… è divenuta titolare dei rapporti giuridici attivi e passivi già facenti capo alla società ### Spa” (doc. 42 ric.).
Nelle relazioni presentate al ### dalla ### dei ### (quale organo vigilante ex l. n. 259/1958), come anche nelle relazioni di bilancio e nelle relazioni sulla gestione della ### la titolarità passiva di quest'ultima, a fronte delle azioni risarcitorie per malattie asbesto-correlate contratte dai dipendenti degli stabilimenti ex ### non è posta in discussione (v. docc. da 43 a 47 ric.), tanto che vi si manifesta l'impegno a dare corso alle opportune iniziative conciliative.
È opportuno qui precisare, infine, che nel seguito, venuta meno la necessità di distinguere l'una società dall'altra, si utilizzerà il termine “ITALSIDER” per indicare la (I e la #### datrici di lavoro del sig. ### nel periodo 1971-1985. 5. È pacifico, dunque, che il sig. ### abbia lavorato alle dipendenze dell'### presso il ### di ### - ### tra il ### e il ###.
Ciò risulta, d'altra parte, dal curriculum professionale rilasciato da ### (doc. 11 ric.), nonché (almeno a partire dal 1974) dall'estratto conto contributivo ### (doc. 10 ric.) Quanto alle mansioni svolte, il curriculum appena menzionato indica che il lavoratore è stato impiegato, sempre presso lo ### di ### dal 27.1.71 al 28.2.72 quale Addetto rimpiazzi, presso l'### dal 1.3.71 al 28.2.76 quale Agganciatore deviatore carri ferr., presso l'### (### ferroviaria); dal 1.3.76 al 30.4.1985 quale ### meccanico, presso l'### (### del ### centrale di manutenzione (### (doc. 11 ric.).
Il teste LINDEI ha confermato, peraltro, la correttezza del dato documentale, riferendo che al momento della sua assunzione da parte d'### avvenuta nel 1976, il de cuius “già lavorava alle dipendenze dell'### al ### (manutenzione gru)”.
Il predetto curriculum deve ritenersi predisposto dall'odierna resistente [v. interrogatorio libero del procuratore speciale, che ha dichiarato, come in parte accennato, <<… non ho motivo di dubitare che il curriculum professionale di cui al doc. 11 ric. sia stato rilasciato da ### che nell'ambito delle politiche tenute dalle ex partecipate statali, in sede di accompagnamento verso le privatizzazioni, si è resa disponibile a rilasciare curricula ad alcuni lavoratori, finalizzati all'eventuale riconoscimento di benefici ### redigendoli sulla base della documentazione degli archivi della vecchia ### che aveva conservato, non essendo ad essi interessato il privato cessionario. Della ricerca documentale dei dati e della conseguente compilazione dei curriculum, si occupava talvolta una società all'uopo incaricata, che mi pare si chiamasse ### Devo ritenere che i curricula venissero sottoscritti da qualcuno della struttura aziendale dell'ufficio personale. Non c'era certamente da parte dell'azienda alcuna volontà difensiva e peraltro neppure confessoria, in tali circostanze>>; nonché comunicazione ### - doc. 30 ric. -, nella quale si menziona il curriculum professionale, come facente parte della pratica amministrativa riferita al lavoratore], che non ne ha specificamente contestate le indicazioni, essendosi limitata a negarne genericamente il valore probatorio e di atto confessorio, nonché a porne in dubbio la riferibilità a sé (con difesa ben poco plausibile, trattandosi - per stessa ammissione di ### - di documento “ufficiale”, predisposto per l'inoltro all'###.
Né la deduzione della resistente, secondo cui il curriculum sarebbe stato rilasciato per il solo fine di “indicare le mansioni e i luoghi del lavoro del dipendente per le valutazioni riservate all'### in merito ai benefici in materia di amianto”, può in alcun modo costituire smentita del contenuto del documento, tanto più che ### disponeva degli archivi delle danti causa (v. supra).
Dal menzionato curriculum, dunque, risulta che il ricorrente ha sempre lavorato nell'ambito dello ### di ### e, in particolare, nell'ambito del reparto MOF e poi, per oltre 9 anni, nell'ambito del reparto ### 5.1. Le caratteristiche delle attività lavorative presso il reparto MOF sono descritte nel documento proveniente da “### - ### Sinigaglia”, datato dicembre 1974, offerto in comunicazione dai ricorrenti (doc. 18 ric.). Se ne ricava che il personale si occupava, tra l'altro, per quanto concerne l'area LAM (###: 1) di predisporre i carri ferroviari da caricare presso l'area ### di ritirarli a carico avvenuto, di “impostarli” sui binari di sosta e di pesarli, di coadiuvare il “locomotore del Piazzale” nelle operazioni di movimentazione dei carri e di pesatura; 2) di predisporre i carri interni per il trasferimento delle lamiere e l'evacuazione dei rottami, di ritirare i carri carichi, di “impostarli” sui binari di sosta, di pesarli se del caso, coadiuvando nelle operazioni il “locomotore del Piazzale”; 3) di effettuare analoghe operazioni riguardanti i carri interni carichi di bramme o di lingotti; 4) di effettua analoghe operazioni con riguardo ai carri F.S. carichi di terra refrattaria o sabbia; 5) di controllare, prima di movimentarli, la regolarità del carico dei carri e di richiedere gli interventi eventualmente necessari; di eseguire “altre manovre non programmate su richiesta di LAM”.
Per quanto riguarda l'area ACC (###: 1) di predisporre i carri interni da caricare presso l'area ACC con scorie, fondi e detriti di colata, di ritirarli a carico avvenuto, di “impostarli” sui binari di sosta e di movimentarli; 2) della movimentazione dei carri per l'evacuazione delle lingottiere fuori uso e per il rientro delle lingottiere nuove; [manca una facciata] 5) e 6) del compimento delle operazioni sub 1) con riguardo ai carri F.S. e ai carri interni per scarico rottame ed inoltre dell'impostazione degli stessi carri F.S, a scarico avvenuto, sul binario di pulizia; 7) di controllare, prima di movimentarli, la regolarità del carico dei carri e di richiedere gli interventi eventualmente necessari; di eseguire “altre manovre non programmate su richiesta di ###ROT”.
In tal senso anche le dichiarazioni del teste ### il quale ha confermato quanto indicato nei capitoli di prova da 11 a 13 del ricorso e, dunque, che gli addetti MOF “circolavano nelle varie aree [dello ### caricando, scaricando e trasportando ghisa, acciaio, materie prime, semilavorati ecc… Ad esempio, per mezzo dei c.d. “sottomarini”, la ghisa colata dall'altoforno era trasportata in acciaieria; sempre con l'impiego di carri ferroviari, si movimentava l'acciaio dalla ### allo ### e dalla ### alle ### nonché alla movimentazione delle paiole… ### zona acciaieria e altoforno l'operatore MOF provvedeva, inoltre, al trasporto scorie, al carico e al trasporto di materiali provenienti dal rifacimento delle siviere, delle camere dei fumi e dalle pulizie varie nonché al carico, scarico, trasporto e sistemazione dei materiali necessari per colare l'acciaio nelle lingottiere”.
Il teste ha precisato, infine, che “… gli addetti MOF ed in particolare un macchinista e due manovratori a terra, si occupavano di agganciare i carri e di accompagnarli/trainarli/spingerli lungo il tragitto, ad esempio tra l'acciaieria e altoforno, l'acciaieria e discarica scorie. Non dovevano intervenire direttamente sui materiali”.
Per quanto riguarda le operazioni di controllo sui carri ferroviari e sulla rete ferroviaria interna, in base al documento del dicembre 1974, consistevano principalmente: nell'ispezione dei carri ferroviari interni e F.S. e dei relativi carichi; nei controlli giornalieri della rete ferroviaria, comprensiva degli scambi; nella segnalazione di eventuali anomalie.
Inoltre, competevano agli operatori MOF le operazioni di verifica e pronto intervento relative ai locomotori. 5.2. Le attività svolte dai lavoratori presso il reparto ### sono state descritte, con sufficiente dettaglio e in modo univoco, dai testi ### e ### Il teste ### già collega del sig. ### presso il reparto, ha ricordato che: -il reparto era costituito da circa 140 lavoratori, che comprendevano sia elettricisti, sia ispezionatori, sia assistenti, sia meccanici; -il de cuius, quale meccanico, “si occupava della manutenzione delle gru e soprattutto dei carri ponte, che erano più di 100. Si occupava delle riparazioni, della sostituzione dei materiali che si usuravano, dell'ingrassaggio e delle altre operazioni di volta in volta necessarie”; inoltre, occasionalmente predisponeva, in officina, i ferodi nuovi con cui sostituire quelli usurati; -i meccanici del reparto dovevano lavorare anche sul piano di scorrimento delle gru, ad esempio per sostituire ruote e binari; -“vi erano anche, con turni che coprivano le 24 ore, squadre di pronto intervento, costituite da 4/5 lavoratori, di cui almeno due elettricisti e due meccanici”, di cui, a turno, facevano parte tutti gli addetti, compreso il sig. ### “il compito di dette squadre era di intervenire a fronte di qualsiasi emergenza che interessasse gru e carri ponte, per garantirne la continuità di funzionamento”; -delle operazioni da svolgersi su cavi elettrici, resistenze e caminetti ci occupavamo gli elettricisti (dei quali il teste faceva parte); quando gli elettricisti operavano, “… era normale che nella zona vi fossero anche i meccanici perché l'impianto era fermo e quello era il momento per effettuare gli interventi di manutenzione”; -durante gli interventi dei meccanici e degli elettricisti del reparto ### “veniva fermata la singola gru, ma tutte le altre attività dello stabilimento proseguivano regolarmente”.
Il teste (di parte convenuta) ### (come dal medesimo riferito: dal 1974 addetto alla sicurezza presso l'ufficio sicurezza per area altiforni, cokeria e agglomerazione, pur occupandosi anche di altri reparti; dal 1985 responsabile del reparto sicurezza e ambiente delle acciaierie di ### dal 1990 responsabile di produzione altoforno) ha confermato, in buona sostanza, che i meccanici del reparto ### si occupavano della sostituzione dei ferodi dei carriponte, pur non sapendo riferire se essi provvedessero anche alla realizzazione dei nuovi ferodi (ha precisato “certamente i meccanici del ### smontavano le ganasce portandole in officina e poi le rimontavano sulle gru”).
Anche il teste ### (a propria volta operatore del reparto ### dal 1989 circa) ha ribadito che il personale del reparto si occupava dei ferodi dei carriponte. 6. Le risultanze dell'istruttoria in merito all'esposizione del sig. ### a (inalazione di) polveri, in particolare di amianto, e alla nocività dell'ambiente di lavoro, discendono sia dalle dichiarazioni dei testi escussi, sia da alcune produzioni documentali di parte ricorrente. 6.1. Iniziando dalle emergenze della prova orale, i testi (anche quello più qualificato, cioè il sig. ### hanno indicato unanimemente che i ferodi dei carriponte erano costituiti da materiale a base di asbesto.
In particolare, ha riferito il teste ### che: -i carriponte di cui si occupavano erano oltre 100 e ognuno poteva avere da 4 a 6 motori elettrici, muniti di un grosso apparato frenante; -i meccanici si occupavano, tra l'altro, della sostituzione dei ferodi dei detti freni, che erano realizzati utilizzando un “nastro… costituito da amianto, che era l'unico materiale all'epoca utilizzato per questo tipo di apparati”; -“nell'officina si sagomavano a misura, tagliandoli e forandoli, [i]… nastri per realizzare i ferodi dei freni, che venivano poi inchiodati sui ceppi dei freni stessi, mediante borchie di alluminio. Si utilizzava il seghetto a mano per tagliare i nastri e il trapano a colonna per forarli. Si utilizzava l'aria compressa per eleminare i trucioli dal piano di lavoro del trapano e non vi era alcun tipo di cautela, tanto che ci trovavamo a passare in molti per l'officina quando venivano eseguite le operazioni”; -come detto, “il sig. ### si occupava occasionalmente, come gli altri meccanici del reparto, di sagomare i ferodi e di installarli sulle gru e sui carri ponte. Ovviamente, si occupava anche di rimuovere i ferodi usurati, da sostituire”; -“gli apparati frenanti non erano schermati e la polvere di amianto che si staccava dai ferodi si posava nella zona circostante”; -“le cabine delle gru collocate vicino ai forni (forni a spinta, blooming, treno a caldo e decapaggio, zincatura, stagnatura, ricottura) erano coibentate con materiale a base di amianto, in fogli”; -“… nei caminetti spegni arco delle gru era presente materiale a base di amianto; inoltre [gli]… elettricisti posizionava[no] un cordino in amianto, del diametro di circa 8 mm tutto attorno alle resistenze per evitare che con la dilatazione toccassero le une contro le altre, variando la resistenza. Ogni gru/carroponte, aveva tantissime resistenze, perché i motori erano a corrente continua”; “il cordino in amianto si presentava con una matassa, che veniva maneggiata senza attenzione e da cui erano ricavati i pezzi di misura tagliandolo con le forbici”; -delle operazioni svolte su cavi elettrici, resistenze e caminetti si occupavano gli elettricisti, che non adottavano “alcuna cautela per evitare dispersione di polveri e materiale”, perché non conoscevano i rischi connessi; -come visto, i meccanici si trovavano ad operano sui medesimi carriponte/gru contemporaneamente agli elettricisti, dunque, anche quando questi ultimi operavano su e/o con materiali contenenti amianto; -quando operavano sul piano di scorrimento delle gru (v. supra), i meccanici “potevano trovarsi a poca distanza dalle tubazioni per la conduzione del vapore, che erano coibentate con amianto a vista. Per un lavoro a regola d'arte si doveva ricoprire la coibentazione dei tubi con il gesso, ma gli urti e l'usura potevano scoprire il coibente”; -per quanto concerne, più in generale, le diverse aree dello stabilimento ove il personale del reparto ### era chiamato ad operare, particolarmente insalubri erano il reparto treno a caldo e il reparto zincatura, dove respiravano “i fumi dello zinco”, e il reparto decapaggio, dove inalavamo “i vapori dell'acido solforico”; -all'interno dei capannoni non vi erano “… aree destinate a determinate lavorazioni, isolate dal restante contesto, per evitare dispersione di fumi e polveri, se non presso l'alto forno dove vi era la cd camera di decompressione, utilizzata in occasione delle colate”; -egli non ha mai utilizzato maschere o mascherine per la protezione delle vie respiratorie, mentre non gli è noto come si siano comportati, al riguardo, il sig. ### e gli altri colleghi; nessuno gli ha mai detto di utilizzare la mascherina; -ai lavoratori del reparto ### non sono mai state date indicazioni “circa le modalità di trattamento dei materiali in amianto e le cautele da adottare” ed essi non erano “per nulla consapevoli della pericolosità dell'asbesto”.
Il teste ha anche riferito di avere ottenuto il riconoscimento dei benefici previdenziali per l'esposizione ad amianto, “in relazione al lavoro svolto presso il reparto ###”.
Il teste ### ha dichiarato che: -“della questione amianto si è iniziato a parlare e a trattare, con direttive interne, a partire dall'inizio degli anni '70, quando dagli USA erano giunte notizie in merito alla possibile nocività dell'asbesto. Dapprima si è stabilito di sostituire gli indumenti di sicurezza e i guanti contenenti amianto, con altri che ne fossero privi. Poi, a partire dalla metà degli anni '70, la sede di via ### ha dato disposizione perché, in sede di rifacimento degli impianti o di grosse manutenzioni, il materiale coibente in amianto venisse rimosso e sostituito con altri materiali”; -l'esaurimento degli indumenti e delle protezioni in magazzino ha richiesto pochissimo tempo, “in quanto il personale era molto numeroso (nel complesso 10.000 lavoratori) e i materiali non venivano lesinati. Probabilmente, quindi, solo alcuni saldatori particolarmente affezionati al proprio grembiule amiantato, hanno continuato ad utilizzare indumenti a base di amianto negli anni successivi. Si cercava di convincere anche questi lavoratori a dismettere i grembiuli contenenti amianto”; -“in magazzino erano a disposizione, già dalla fine degli anni ‘60, maschere in gomma di marca ### o ### dotate di filtri multipli in carta. Esse erano utilizzate soprattutto dal settore ‘muraria' in occasione delle demolizioni in acciaieria e nei forni a pozzo. Operazioni che comportavano il sollevarsi di moltissima polvere. Si cercava anche di bagnare, ma trattandosi di materiali caldi, ciò provocava vapore che ostacolava le operazioni e l'agibilità della zona. Si utilizzavano anche dei particolari aspiratori, detti eiettori ad aria compressa, per aspirare le polveri e disperderle all'esterno dei capannoni”; -“l'utilizzo di dette maschere, [perfino] in quelle particolari lavorazioni, era raccomandato ma, trattandosi di apparati pesanti e ingombranti, gli operatori appena potevano le toglievano”; -“verso il 1974/75 sono stati introdotti i primi impianti di aspirazione con elettrofiltri presso il reparto agglomerazioni, dove erano presenti polveri minerali in quantità. Poi, via via, sono stati introdotti impianti di aspirazione anche negli altri reparti. Dapprima in acciaieria, quindi nei campi di colata dell'alto forno, poi anche presso i laminatoi. ### di introdurre gli aspiratori era connessa anche al problema della silicosi…”; -egli non ricorda “… che siano state svolte specifiche attività di formazione del personale in merito ai rischi dell'amianto, anche perché la politica aziendale era piuttosto di rimuovere il problema alla radice, sostituendo i materiali”; comunque, “l'argomento era… affrontato pressoché quotidianamente in azienda e i capi reparto erano stati informati dall'ufficio sicurezza dei rischi connessi all'amianto, così che potevano anche riferirne ai sottoposti”; -per quanto attiene, più specificamente, alle mansioni degli operatori ### “certamente negli anni '70 i ferodi delle gru erano ancora a base di amianto… I freni delle gru erano a tamburo. Le ganasce erano esterne alla puleggia e montavano i ferodi contenenti amianto, inchiodati con perni in ottone. La zona circostante evidenziava depositi di polvere derivante dall'usura dei ferodi. Quando essi erano consumati, le ganasce venivano smontate e portate in officina dove si smontavano i ferodi usurati e utilizzandoli come misura, si sagomavano su pannelli più grandi i nuovi ferodi a misura che venivano anche forati con il trapano per consentire il passaggio dei perni… Certamente i meccanici del ### smontavano le ganasce portandole in officina e poi le rimontavano sulle gru. Normalmente chi si occupava delle operazioni sui ferodi, ne curava sia la rimozione che la sostituzione con i nuovi”; -“fino al 1978 circa, si sono utilizzate trecce in amianto per coibentare i cavi elettrici delle gru e dei carri ponte operanti nelle zone in cui erano esposti a particolari fonti di calore (altoforno, forni a pozzo, acciaieria). Era… necessario sostituire periodicamente la treccia perché a seguito dell'esposizione a forte calore carbonizzava e si sfaldava, rischiando di lasciare scoperti i cavi elettrici. A partire dal 1978 circa, in occasione degli interventi di manutenzione, invero frequenti, la treccia a base di amianto è stata sostituita con altri materiali. Delle operazioni si occupavano le squadre di man gru composte da meccanici ed elettricisti”; -“anche le cabine di gru e carriponte poste nelle zone di grande calore, erano coibentate con pannelli a base amianto. Essi non erano sottoposti a particolare usura e sono stati poi sostituiti, nel tempo, con materiale non pericoloso”.
Anche il teste ### ha riferito che “soprattutto nei primi anni in cui h[a] lavorato nel reparto [### al quale è stato assegnato nel 1989 circa], i ferodi dei freni erano fatti di amianto e vi erano anche tubature coibentate con amianto. Successivamente questi materiali sono stati smaltiti e sono state anche smaltite… le scorte di magazzino…”; probabilmente nei primi anni '90 si è provveduto alla sostituzione dell'amianto con altri materiali. 6.2. Passando alla documentazione, elementi indiziari possono trarsi dalla “relazione sugli impianti e le produzioni dello stabilimento ### di ### Campi”, prodotta da parte ricorrente (doc. 17 ric.), con timbro di ricevuta dell'### in data ### e successiva lettera di trasmissione all'### di una versione in parte modificata dell'annessa tabella delle esposizioni (con timbro di ricevuta ### del 26.1.1999).
La relazione era destinata a fornire specifiche informazioni all'### in merito all'esposizione ad amianto del personale ### in funzione del riconoscimento dei “benefici” ### in materia di amianto (v. pag. 1).
E' vero che la relazione concerne uno stabilimento diverso da quello di ### nel quale ha operato il ricorrente, ma è altresì vero che si tratta di stabilimento dell'### inoltre accorpato a quello di ### a costituirne una divisione, tra la fine degli anni '60 e la seconda metà degli anni '70 (v. doc. 17 ric.). È pertanto ragionevole ritenere che i materiali in uso e i cicli lavorativi svolti in entrambe le sedi, fossero pressoché coincidenti.
Lo stabilimento di ### ha cessato la produzione nei primi giorni del 1989, dopo un processo di ristrutturazione iniziato alla fine degli anni '70.
Ebbene, nella menzionata relazione si indicava, tra l'altro, che: -appariva opportuna la valutazione dell'esposizione ad amianto, tra l'altro, del personale MOF e ### (pp. 23 e 25); -“amianto e materiali che in vario modo lo contenevano furono di uso comune a ### come in tutte le altre unità produttive. Essi vennero impiegati: per la coibentazione termica e l'isolamento di impianti; in alcune fasi dei cicli di produzione e di manutenzione; quali componenti di tessuti e materiali con i quali venivano confezionati indumenti di lavoro e di sicurezza. ### si protrasse fino ai primi anni '80; successivamente, sulla base della normativa di legge, i capitolati vennero modificati ed il loro impiego fu rapidamente azzerato con l'esaurirsi delle scorte”.
Vi sono, pertanto, elementi per ritenere che anche nella prima metà degli anni '80 la presenza di amianto fosse diffusa.
Nell'annessa tabella delle esposizioni e successivo aggiornamento (in cui sono indicate le operazioni comportanti esposizione ad amianto, gli operatori in esse impiegati, il tempo di realizzazione degli interventi e quello di manipolazione dell'asbesto) sono presenti, tra l'altro, diverse “voci” (colonna “denominazione intervento”) attinenti ad operazioni sui freni e ad interventi elettrici sui carriponte (con individuazione nelle “guaine” e nei “ferodi” dei materiali contenenti amianto).
Le medesime tabelle menzionano, altresì, svariate operazioni sui locomotori (v. pag. 37 della rettifica), relative ad es. alle “protezioni su tubi di scarico locomotori” e alla “sistemazione pannelli anticalore su locomotori”. 6.3. Così pure, dalla relazione ###, ### - ### e ### degli ambienti di lavoro, a firma del ### dott. M.
BRUZZONE, sub doc. 21 ric. - che si comprende riferita alle ### di ### (v. anche elenco allegati) - si ricava che l'amianto era “ancora presente”, (quanto meno) nei primi anni ‘90, nei “ferodi e giunti a frizione dei carriponte”, con rischio di esposizione per i manutentori, come anche nelle “tubazioni di fluidi caldi attraverso diverse aree o capannoni dello stabilimento”, con rischio di esposizione non solo per i manutentori, ma anche per gli “altri addetti”. 6.4. ### relazione del CTU prof. ing. GAGGERO (causa r.g. 1438/2011 Tribunale di ### - ### lavoro) si indica che solo dopo il 1984 si è cessato di utilizzare DPI a base di amianto e che i vari ambienti di lavoro erano generalmente caratterizzati da “fibre di amianto aerodisperse” e vi era, dunque, un inquinamento “di fondo”. Altri elementi indiziari, circa l'esposizione ad amianto degli addetti ### possono trarsi dalla relazione del #### nella causa ### innanzi al Tribunale di Savona (doc. 15 ric.), nella quale si indica (pag. 5) che con alta probabilità l'esposizione ad amianto interessava anche gli addetti al trasporto [poco importa che, nella specie, si trattasse di trasporto con mezzi stradali, anziché ferroviari] di detriti, residui e scorie, che nello svolgimento delle incombenze “incontravano” materiali, edili e non, contenenti amianto, dato che l'amianto era “ampiamente utilizzato negli impianti industriali siderurgici come coibente”.
Non vi è da dubitare dell'utilizzabilità delle dette CTU quali “prove atipiche”. 6.5. I verbali delle testimonianze rese in vertenze analoghe all'odierna (doc. 19 ric.), anch'essi utilizzabili quali prove atipiche, confermano e pongono in evidenza l'ampio utilizzo di amianto presso lo ### di ### sia nelle lavorazioni (quale materiale coibente ed isolante, ad es., per quanto qui rileva, applicato sulle tubazioni del vapore), che quale componente dei dispositivi di protezione individuale; quanto meno fino all'adozione dei divieti di legge.
Così pure la relazione del CTU dott. ### [doc. 13 ric., nella quale si riporta, tra l'altro: “riguardo ai rischi lavorativi presso lo stabilimento dell'### di ### è noto che le lavorazioni ivi svolte abbiano comportato in vari reparti esposizione a diversi cancerogeni, e in particolare all'amianto. ### di patologie legate all'amianto (sia asbestosi sia mesoteliomi sia cancri polmonari) nei lavoratori della siderurgia, e in particolare dello ### di ### è un fatto assodato; io stesso ho avuto modo in passato di esaminare anche l'incidenza negli ultimi decenni di patologie neoplastiche dell'apparato respiratorio tra i lavoratori dell'###. 6.6. Infine, in base alle “### di indirizzo per il riconoscimento dei benefici previdenziali dovuti all'esposizione all'amianto…” per l'impresa “### ‘### - GENOVA”, dell'8.3.2001 (doc. 22 ric.), i benefici previdenziali in materia di amianto sono stati riconosciuti, tra gli altri addetti ai centri di manutenzione, ai “manutentori meccanici/elettricisti/riparatori elettrici” del ### a tutto il 1992.
Più in generale, nel documento tutte le esposizioni sono state ritenute sussistenti fino al 1989 almeno. 6.7. La convenuta contesta l'utilizzabilità del doc. 16 ric., che nella prospettazione attrice è costituito dalle dichiarazioni dei responsabili di reparto RSU e MOF circa i rischi di esposizione ad amianto per il personale ### che sarebbero legati soprattutto alle attività svolte presso l'acciaieria in sinergia con gli operatori di fossa/colata, gli addetti alle materozze e gli addetti ai forni ### nonché alle attività di manutenzione dei locomotori.
In effetti, si tratta di documento non sottoscritto e di incerta provenienza, di cui, pertanto, non si terrà conto. 6.8. Il quadro probatorio delineato è tale, comunque, da dimostrare che nell'intero periodo di lavoro presso ### il sig. ### ha inalato fibre di amianto, ancora ampiamente presenti e diffuse nel 1985.
Ciò vale, in particolare, per il periodo di assegnazione al reparto ### tenuto conto della composizione dei ferodi e della manipolazione dell'amianto anche da parte degli elettricisti del reparto, che operavano in sinergia con i meccanici. Ma l'esposizione vi è stata anche nel periodo precedente, con riguardo alle mansioni di agganciatore/deviatore carri e, comunque, a fronte dell'inquinamento “di fondo”, presente in diversi ambiti dello stabilimento, frequentati dagli operatori ### Infatti, era a quel tempo ampio l'utilizzo dell'amianto quale coibente e isolante termico, a costituire materiali e parti senza dubbio presenti anche nei carichi trasportati dai carri, talvolta nella forma di pericolose scorie.
Ne emerge, inoltre, la mancata adozione, nel periodo in questione, di strumenti (anche individuali) finalizzati a limitare l'inalazione delle fibre e ad abbatterne la diffusione e di serie iniziative volte ad informare i lavoratori della pericolosità dell'amianto, in generale e in relazione alle specifiche lavorazioni. 7. Dimostrata la “nocività” dell'attività lavorativa, protrattasi per un periodo apprezzabile, ai fini dell'affermazione della responsabilità della convenuta debbono prendersi in considerazione i seguenti principi di diritto, ormai ben consolidati: -<<la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ma non è circoscritta alla violazione di regole d'esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, essendo sanzionata dalla norma l'omessa predisposizione di tutte le misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della maggiore o minore possibilità di indagare sull'esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico. Pertanto, qualora sia accertato che il danno è stato causato dalla nocività dell'attività lavorativa per esposizione all'amianto, è onere del datore di lavoro provare di avere adottato, pur in difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia, essendo irrilevante la circostanza che il rapporto di lavoro si sia svolto in epoca antecedente all'introduzione di specifiche norme per il trattamento dei materiali contenenti amianto, quali quelle contenute nel d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277, successivamente abrogato dal d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81>> (Cass. n. 18626/2013); -dunque, <<in materia di tutela della salute del lavoratore, il datore di lavoro è tenuto, ai sensi dell'art. 2087 c.c., a garantire la sicurezza al meglio delle tecnologie disponibili, sicché, con riferimento alle patologie correlate all'amianto, l'obbligo, risultante dal richiamo effettuato dagli artt. 174 e 175 del d.P.R. n. 1124 del 1965 all'art. 21 del d.P.R. n. 303 del 1956, norma che mira a prevenire le malattie derivabili dall'inalazione di tutte le polveri (visibili od invisibili, fini od ultrafini) di cui si è tenuti a conoscere l'esistenza, comporta che non sia sufficiente, ai fini dell'esonero da responsabilità, l'affermazione dell'ignoranza della nocività dell'amianto a basse dosi secondo le conoscenze del tempo, ma che sia necessaria, da parte datoriale, la dimostrazione delle cautele adottate in positivo, senza che rilevi il riferimento ai valori limite di esposizione agli agenti chimici (cd. tlv, "threshold limit value") poiché il richiamato articolo 21 non richiede il superamento di alcuna soglia per l'adozione delle misure di prevenzione prescritte>> (Cass. n. 18503/2016); -d'altra parte, <<La conoscenza della nocività dell'amianto per la salute risale all'inizio del 1900 (se ne parla già nel r.d.14.6.1909 n. 442 in tema di lavori ritenuti insalubri; idem, nel d.lgt. 6/1916 n.1136 e nel r.d.1720/1936). ### un'acquisizione, divenuta patrimonio comune della giurisprudenza di merito e di legittimità, la conoscenza della pericolosità dell'esposizione all'amianto per il rischio di mesotelioma (ma lo stesso vale per le placche pleuriche asbesto correlate) risale almeno ai primi anni sessanta, sia in ambito scientifico che imprenditoriale (tanto che, in relazione a tale ultimo ambito, si cita la nota iniziativa delle ferrovie inglesi di bonificare le carrozze già nel 1968; cfr. Cass. sez IV 43786/2010 e Cass. sez. IV ###/2010).
Mentre l'asbestosi - pure essa una malattia mortale o comunque produttrice di una significativa abbreviazione della vita - è stata inserita nell'elenco tipizzato delle malattie professionali dalla legge 455/1943… In relazione alla medesima obiezione cronologica riferita all'epoca della conoscenza della nocività dell'amianto, va pure tenuto conto del risalente e consolidato orientamento di legittimità (a partire da Cass. pen. 27.6.1979; 14.4.1994 est. Battisti; 6858/90; 988/2003; ###/2003; 988/2003; ###/2003; 8204/2003; 7630/2005; Cass. Sez. IV 43786/2010 e Cass. sez. IV ###/2010) secondo il quale l'accertamento di questa epoca non rileva ai fini della responsabilità del datore perché le misure protettive da adottare sarebbero state comunque quelle già prescritte dall'ordinamento per l'asbestosi (malattia anch'essa mortale e comunque gravemente invalidante) ossia quelle prescritte per tutelare il medesimo bene salute offeso (dall'una o dall'altra malattia). Ciò in quanto, ai fini del nesso causale tra colpa ed evento, quest'ultimo va considerato come grave danno alla salute del lavoratore e non inteso come specifico evento concretamente poi verificatosi (Cass. IV, 5919/1991, ### IV, 5037/2000, ### Cass. IV, 4675/07, ### Cass. IV, 21513/09, ### Cass.### 43786/2010 e Cass. sez IV ###/2010)>> (Cass. ord. n. 18044/2025); -onde, <<all'epoca di svolgimento del rapporto di lavoro [nel caso esaminato dalla S.C., dal febbraio 1946 al febbraio del 1979]… era ben nota l'intrinseca pericolosità delle fibre dell'amianto… Da tali premesse… derivava l'obbligo del datore di lavoro, evidenziato dalla richiamata giurisprudenza, di adottare misure idonee a ridurre il rischio connaturale all'impiego di materiale contenente amianto, in relazione alla norma di chiusura di cui all'art. 2087 c.c. e più specificamente al D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 21 ove si stabilisce, recependo le indicazioni prevenzionistiche già affermatesi, che nei lavori che danno normalmente luogo alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare provvedimenti atti ad impedirne o ridurne, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambiente di lavoro, soggiungendosi che le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione, cioè devono avere caratteristiche adeguate alla pericolosità delle polveri. Soccorrono quindi le norme dello stesso D.P.R. n. 303 ove si disciplina il dovere del datore di lavoro di evitare il contatto dei lavoratori con polveri nocive: così l'art. 9, che prevede il ricambio d'aria, l'art. 15, che impone di ridurre al minimo il sollevamento di polvere nell'ambiente mediante aspiratori, l'art. 18, che proibisce l'accumulo delle sostanze nocive, l'art. 19, che impone di adibire locali separati per le lavorazioni insalubri, l'art. 20, che difende l'aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi specificamente mediante l'uso di aspiratori, l'art. 25, che prescrive, quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, che i lavoratori siano forniti di apparecchi di protezione>> (Cass. n. 6352/2015); -in ogni caso, vale il principio di chiusura per cui, <<in tema di responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 cod. civ., qualora sia accertato che il danno è stato causato dalla nocività dell'attività lavorativa per esposizione all'amianto, è onere del datore di lavoro provare di avere adottato, pur in difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia, escludendo l'esposizione della sostanza pericolosa, anche se ciò imponga la modifica dell'attività dei lavoratori, assumendo in caso contrario a proprio carico il rischio di eventuali tecnopatie>> (Cass. n. 10425/2014); -e <<… l'imperizia, nella quale rientra l'ignoranza delle necessarie conoscenze tecnicoscientifiche, è uno dei parametri integrativi al quale commisurare la colpa, e non potrebbe risolversi in esimente da responsabilità per il datore di lavoro>> (Cass. n. 17252/2016). 7.1. ### specie, parte convenuta non ha dimostrato di aver posto in essere tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno.
In particolare, ai sensi del già ricordato art. 21 d.P.R. n. 303/1956 (vigente nel periodo per cui è causa): “Nei lavori che danno luogo normalmente alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambito di lavoro, nell'ambiente di lavoro.
Le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione nella atmosfera. Ove non sia possibile sostituire il materiale di lavoro polveroso, si devono adottare procedimenti lavorativi in apparecchi chiusi ovvero muniti di sistemi di aspirazione e di raccolta delle polveri, atti ad impedirne la dispersione. ### deve essere effettuata, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo di produzione delle polveri. Quando non siano attuabili le misure tecniche di prevenzione indicate nel comma precedente, e la natura del materiale polveroso lo consenta, si deve provvedere all'inumidimento del materiale stesso. Qualunque sia il sistema adottato per la raccolta e la eliminazione delle polveri, il datore di lavoro è tenuto ad impedire che esse possano rientrare nell'ambiente di lavoro…”. Ai sensi dell'art. 19 del medesimo d.P.R. n. 303/1956: “Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare ogni qualvolta è possibile in luoghi separati le lavorazioni pericolose o insalubri allo scopo di non esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni”.
Ai sensi del successivo art. 25, quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, i lavoratori devono essere forniti di apparecchi di protezione. ### specie, non soltanto la convenuta non ha dato prova dell'adozione di tali prescrizioni, ma dall'espletata istruttoria è risultata positivamente dimostrata la relativa violazione.
Segnatamente, è comprovato che ### ha omesso di predisporre le misure e le cautele atte a preservare l'integrità psicofisica del lavoratore sul luogo di lavoro, sotto i seguenti profili: -le operazioni implicanti la manipolazione dell'amianto venivano compiute senza precauzioni volte ad evitare l'inalazione e la dispersione delle fibre (si pensi ad es. alle procedure di smontaggio degli apparati frenanti di carriponte e gru, di trasporto degli stessi in officina, di montaggio dei ferodi con rivettatura/chiodatura, agli interventi degli elettricisti su gru e carriponte, alle operazioni di sagomatura e foratura dei ferodi; attività, tutte, compiute con mezzi inadeguati e senza cautele di sorta, come se nessun rischio vi fosse); -non si adottavano sistemi di ritenzione delle polveri, che ne impedissero o limitassero la dispersione nell'ambiente di lavoro (ad es., i freni di gru e carriponte, a tamburo, avevano le ganasce esterne alla puleggia, cosicché le polveri derivanti dall'usura si disperdevano all'esterno dell'apparato); -non vi erano, nello stabilimento, sistemi di aspirazione diffusi ed efficaci (sono stati introdotti solo gradualmente, a partire dagli anni '70, e in determinati settori; spesso non hanno risolto il problema della polverosità); tanto meno vi erano sistemi di aspirazione dedicati alle operazioni di manutenzione di gru e carriponte; -non si prevedevano adeguati interventi di rimozione delle polveri (così, ad es., di quelle derivanti dall'usura dei ferodi o dal taglio e dalla foratura degli stessi); -non si sono adottate misure organizzative per separare le lavorazioni comportanti produzione di polveri nocive dalle altre attività (sia in generale, sia con riguardo agli interventi di manutenzione in questione, che venivano svolti senza isolare i luoghi di lavoro ed anzi in presenza di altri lavoratori, addetti a mansioni differenti, sia con riguardo alla realizzazione dei ferodi, che avveniva semplicemente in officina e a cura di personale non specializzato); -all'interno dello stabilimento, l'utilizzo dei mezzi individuali di protezione contro le polveri nocive era riservato a pochissime attività, diverse da quelle in considerazione (v. dich. testimoniali); comunque era tollerato il mancato utilizzo e/o non veniva esercitata un'efficace vigilanza sull'uso (come è noto, ai sensi dell'art. 2087 c.c. e dell'art. 4 lett. c) D.P.R. 547/1955, il datore di lavoro è tenuto non soltanto a predisporre le misure necessarie a garantire l'incolumità del lavoratore, ma anche ad esigere che i lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione, con conseguente responsabilità del datore di lavoro per i danni conseguenti all'omessa vigilanza sull'utilizzo dei d.p.i.); -gli operai, e così il de cuius, non sono stati direttamente e dettagliatamente informati della pericolosità delle polveri contenenti fibre di amianto e delle cautele da adottare in presenza di tali polveri; -non si è provveduto, comunque, fino al termine del periodo di lavoro del de cuius, alla sostituzione dei materiali contenenti amianto con altri materiali privi di amianto, benché la pericolosità dell'inalazione dovesse essere conosciuta. 8. Al fine di accertare il nesso causale tra la nocività dell'attività lavorativa, la patologia contratta dal sig. ### e il decesso, è stata espletata CTU medico legale. ### prof. ### ha svolto, conclusivamente, le seguenti considerazioni medico legali: <<Dal raccordo anamnestico basato sulla documentazione medica si evince che il #### fumatore, a seguito di tosse insistente, dolore toracico in sede mammaria destra e calo ponderale, eseguiva in data ### un Rx torace che evidenziava una lesione polmonare destra.
Successivamente, il paziente era sottoposto ad una PET il ### presso l'### che riconosceva una “…### e disomogenea ipercaptazione del tracciante a carico delle note lesioni solide polmonari del lobo superiore di destra poste in stretto rapporto con la pleura costale; si evidenziano inoltre iniziali processi infiltrativi a carico degli archi costali contigui (maggiormente la ### costa)…” ### della lesione (referto biopsia del 25/08/2020) evidenziava una positività per ####-40 e focalmente per Wt-1 e CK-###/### e negatività per ###1, ###Ep4, ### e CK-5/& conducendo alla diagnosi di mesotelioma pleurico con aspetti prevalenti del tipo sarcomatoide. A questo punto, il #### era seguito periodicamente dall'ambulatorio oncologico presso l'### dove era stabilito un trattamento chemioterapico con schema ### + ### Dopo 4 cicli di terapia con ottima tolleranza, il paziente si presentava in buone condizioni generali; alla Tc successiva (20/11/2020) si visualizzava una complessiva riduzione di spessore delle note lesioni pleuriche a destra e si confermava il continuo dello schema chemioterapico sopra nominato. Dalla documentazione clinica esaminata risulta che, anche nelle successive visite oncologiche di controllo, il paziente manteneva una buona risposta alle cure (“### 6 cicli di terapia + 2 di mantenimento con solo ### con ottima tolleranza”) ma riferiva scarso controllo del dolore. Nel referto della Tc del 19/2/2021, risultava un “apprezzabile aumento dello spessore delle note lesioni pleuriche a dx”; inoltre, il paziente (che, come riportato precedentemente, lamentava uno scarso controllo del dolore) era indirizzato presso la radioterapia per un'eventuale valutazione di trattamento antalgico. E, a seguire, era considerato il passaggio alla terapia di II linea con ### per os.
Dopo 8 cicli di terapia, il referto dell'esame diagnostico Tc eseguito in data ### continuava a mostrare un aumento delle lesioni pleuriche presenti a destra… Le condizioni cliniche del paziente non miglioravano e portarono al decesso avvenuto in data ###. […] Il mesotelioma pleurico è la forma più frequente di mesotelioma ossia, una neoplasia maligna primitiva che riguarda le cellule del mesotelio, strato epiteliale della sierosa che riveste gli organi, in questo caso la pleura. […]
La tipologia di tumori che colpiscono la pleura si differenziano in primitivi e secondari; l'interessamento metastatico è molto più̀ comune rispetto ai tumori primitivi.
Come detto, tra i tumori primitivi figura il mesotelioma, la cui frequenza è maggiore tra gli uomini e, in ### l'incidenza è maggiore nelle regioni settentrionali. La mortalità dovuta al mesotelioma rappresenta circa il 4% della mortalità globale per tumori in quasi tutte le età ed in entrambi i sessi. ### (### definisce il mesotelioma come direttamente attribuibile all'esposizione all'amianto (o asbesto) infatti, il rischio di mesotelioma aumenta con l'incremento dell'esposizione cumulativa a tale minerale. ### è riconosciuto dall'### internazionale per la ricerca sul cancro (### come cancerogeno di gruppo 1, ossia quelle con evidenza massima di cancerogenicità.
Per asbesto ### si intende un insieme di cristalli idrati di silice che si uniscono formando delle fibre; sulla base di vari studi epidemiologici l'esposizione professionale all'asbesto è legata all'insorgenza di varie lesioni: placche fibrose pleuriche, versamenti pleurici, fibrosi interstiziale, carcinoma polmonare, mesoteliomi, neoplasie della laringe e probabilmente altre patologie neoplastiche. Essendo l'asbesto costituito da fibre minerali, la presenza di queste nell'ambiente determina la possibilità di inalazione da parte dell'uomo, conferendogli la nota pericolosità, anche in presenza di pochi elementi fibrosi.
Una volta inalate, le fibre tendono a depositarsi all'interno delle vie aeree e sulle cellule polmonari, dove possono permanere anche per molti anni, determinando l'eventuale insorgenza di malattie come l'asbestosi o di tumori polmonari. Gli anfiboli sono ritenuti più pericolosi rispetto al crisotilo in quanto hanno forma dritta e rigida e possono disporsi parallelamente alla direzione del flusso aereo ed essere facilmente trasportati in profondità̀ nei polmoni, ove penetrano nelle cellule epiteliali e raggiungono l'interstizio (al contrario dei crisotili che, essendo più̀ solubili, vengono più̀ facilmente intrappolati nelle vie respiratore superiori e, pertanto, rimossi dall'apparato muco ciliare).
La diagnosi di mesotelioma può essere complicata e necessita di un approccio multidisciplinare mediante correlazione tra gli aspetti cito-istologici e i dati clinici e radiologici, ma la diagnosi definitiva richiede comunque la conferma bioptica; infatti, l'OMS identifica tre istotipi principali di mesoteliomi: la variante epiteliode (70-85% dei casi); la variante bifasica (10-25%) e la variante sarcomatoide (circa il 10% dei casi). Inoltre, secondo le linee guida ### è utile usufruire delle indagini immunoistochimiche per confermare la differenziazione mesoteliale ricercando i seguenti marker: calretinina, WT-1; cotcheratina 5 (o anche CK 5/6) il ###-40 (queste, in particolare, per l'istotipo epitelioide); ma anche la positività per ###/### (questo per quanto riguarda l'istotipo sarcomatoide, che tende a mantenere la positività per le citocheratine, perdendo l'espressione dei classici marcatori mesoteliali).
Nel 1997 ad ### un gruppo di esperti ha definito alcuni criteri per valutare la correlazione tra l'esposizione ad asbesto e l'insorgenza di patologie ad esso associabili. ### aveva l'obiettivo di «discutere le patologie associate all'amianto e raggiungere un consenso sui migliori criteri per diagnosi e attribuzione in rapporto all'amianto». Da questo incontro emersero le seguenti conclusioni inerenti alla consecutio, su base probabilistica, tra esposizione professionale all'amianto e il mesotelioma: -un numero di fibre di asbesto (all'interno del polmone) superiore all'intervallo di base; -oppure delle prove radiografiche e/o cliniche di lesioni correlate all'esposizione di amianto (ad esempio l'asbestosi e/o… placche pleuriche); -oppure delle prove istopatologiche di contenuto anomalo di amianto polmonare.
Pur tuttavia, in assenza di tali marcatori, una storia significativa di esposizione occupazionale (sia essa domestica e/o lavorativa) può ritenersi sufficiente per l'attribuzione del nesso di causa tra la stessa esposizione ed il mesotelioma maligno. In generale, per poter correlare la patologia neoplastica pleurica con l'esposizione all'asbesto, è necessario considerare i seguenti punti: • la grande maggioranza dei casi di mesotelioma è dovuta all'esposizione all'amianto; • il mesotelioma può verificarsi anche in presenza di un basso livello di esposizione all'amianto; • circa l'80% dei pazienti affetti da mesotelioma ha avuto una importante esposizione professionale all'amianto; • una esposizione breve o di basso livello deve essere considerata sufficiente affinché́ il mesotelioma possa essere correlato alla professione; • sono necessari almeno 10 anni dalla prima esposizione lavorativa all'amianto (sebbene nella maggior parte dei casi l'intervallo di latenza sia più lungo); • nessuna incidenza del fumo di sigaretta nell'insorgenza della patologia. […]
Il mesotelioma pleurico maligno è oggetto di una specifica rilevazione epidemiologica da parte del ### (### in quanto, tale patologia è correlata al tema delle patologie amianto-correlate e per tale motivo, è attualmente attenzionata perché, secondo valutazioni epidemiologiche, in questo periodo vi è la massima incidenza di mesotelioma considerando la lunga latenza della patologia e il frequente utilizzo dell'amianto dal secondo dopoguerra fino agli anni 80. Il rischio di sviluppare un mesotelioma pleurico maligno è incrementato sia tra i lavoratori esposti ad amianto sia nelle persone con esposizione non occupazionale ad asbesto o altre fibre minerali asbestiformi. ### i dati del VI rapporto del ### (### dei ### si stima che l'esposizione non lavorativa sia responsabile del 10,8% dei casi di mesotelioma pleurico in ### il rischio aumenta con l'incremento dell'esposizione cumulativa alle fibre di amianto.
I dati di questo rapporto del ### affermano che la latenza mediana tra l'esposizione e l'insorgenza della patologia è di 48 anni con una deviazione standard di 11,4 anni e una distribuzione gaussiana. Studi recenti hanno rivalutato la relazione tra l'incidenza di mesotelioma e tempo dalla prima esposizione all'amianto: una recente analisi di vari studi dimostra come, dopo circa 45 anni dalla prima esposizione all'asbesto, la tendenza di incremento dell'incidenza e della mortalità̀ del mesotelioma pleurico tenda a rallentare. È anche possibile che vi sia una stabilizzazione o una riduzione del rischio al cessare dell'esposizione. […] Valutando il caso di specie, dalla disamina della documentazione in atti, si evince che il #### era impiegato presso ### dal 1971 fino al 1985, quindi considerando i fattori di durata ed esposizione, è ragionevole pensare che questa abbia avuto inizio al momento dell'assunzione, in quanto il #### in qualità addetto alla manutenzione delle gru ### e dei carri ponte, era esposto con costanza agli ambienti lavorativi in cui erano svolte attività di manutenzione e riparazione. Altresì è noto come tra i materiali utilizzati nelle industrie siderurgiche, l'amianto avesse un ruolo predominante per le sue caratteristiche termoisolanti, fonoassorbenti e di resistenza, oltre al costo relativamente basso. Si consideri, anche, che dalla valutazione delle testimonianze fornite, non erano presenti in tutti i reparti dei corretti sistemi di aspirazione, in quanto introdotti inizialmente nel 1974/1975 presso il reparto di agglomerazione e, in seguito, negli altri reparti. Inoltre, considerando l'occupazione del periziando, quale meccanico, poteva succedere che potesse dover lavorare anche sul piano di scorrimento delle gru.
In questi casi poteva accadere di trovarsi a poca distanza dalle tubazioni per la conduzione di vapore, che erano coibentate con amianto a vista; così come il posizionamento delle cabine delle gru, posizionate vicino ai forni coibentati anch'essi con amianto. Altresì si evince anche che non vi erano aree destinate a determinate lavorazioni, isolate dal contesto circostante, per vitare la dispersione di polveri. Si può presupporre però che da metà degli anni '80 l'impiego dell'amianto sia stato ridimensionato, fino a essere regolamentato all'inizio degli anni '90 con l'entrata in vigore della ### 257; è plausibile, in accordo con tali dati, che anche nell'ambiente lavorativo in oggetto possa esserci stata una graduale diminuzione dell'esposizione, in concordanza con il progredire delle conoscenze scientifiche e la crescente attenzione in termini di prevenzione. […] È ampiamente citato in ### oltre che universalmente condiviso, come l'ambiente siderurgico-meccanico sia stato storicamente interessato da concentrazioni di polveri di asbesto (e altre sostanze) significativamente superiori all'ambiente urbano. Non si può dunque esimersi dall'affermare che il #### sia stato esposto a un quantitativo continuativo di amianto per un periodo prolungato, almeno fino alla metà degli anni 80'.
Può essere utile fare un piccolo excursus rapportando l'esposizione professionale del #### ai ### di ### valutando la soddisfazione oggettiva di ogni singolo criterio.
La prima considerazione da fare è la diagnosi della patologia neoplastica: si tratta di un mesotelioma pleurico, fortemente attribuibile all'esposizione alle fibre di asbesto. Si può dedurre che tra l'inizio dell'esposizione (1971) e l'insorgenza della patologia, clinicamente manifesta da aprile [recte agosto] 2020 (almeno da quanto appreso dalla documentazione in atti), è possibile quantificare un tempo di latenza di circa 49 anni, ampiamente superiore ai 10 anni minimi necessari a correlare la patologia all'esposizione. Tra i criteri, viene identificata “una storia professionale di esposizione breve o di bassa entità” affinché il mesotelioma possa essere considerato professionalmente correlato. Al netto di ciò, valutando gli anni di esposizione del #### e della professione da lui stesso svolta (sempre evinte dalla documentazione in atti), si rileva un'esposizione costante per diversi anni presso settori di manutenzione che utilizzavano amianto nella maggior parte dei processi produttivi. Quindi, al fine di soddisfare l'associazione patologia-amianto, possiamo considerare soddisfatta l'esposizione cumulativa all'amianto così come definita nei ### di ###
Per stabilire il nesso di causalità tra l'esposizione all'amianto e la patologia neoplastica è sufficiente che siano soddisfatti i ### di ### in quanto standardizzati ed universalmente accettati nella comunità scientifica>>. 8.1. ### di parte resistente ha formulato osservazioni critiche, che però riguardano il quesito posto al ### piuttosto che le risposte del prof. #### il CTP dott. ### infatti: <<### è sottoposto un quesito difettoso persino per i parametri a cui la ### di ### ha abituato la convenuta nella ormai lunga storia del contenzioso fra ex maestranze ### e ### S.p.A. […] Il procedimento e, perciò, la CTU disposta nell'ambito di quest'ultimo prendono le mosse dal presupposto, preteso e destituito di fondamento, per il cui il #### abbia inalato amianto solo e per via dell'obbligazione con ex ### scotomizzando, anche solo in ipotesi, pregresse e decisive esposizioni al minerale, quali potevano essere confermate - o escluse - da una parvenza di serietà nella ricostruzione dell'anamnesi lavorativa, famigliare e residenziale, peraltro richiesta - o quantomeno, non esclusa - dal quesito, laddove il Giudice autorizza il proprio consulente ad acquisire ogni altra informazione utile. Nulla, quindi, impediva all'ausiliario del Giudice di adempiere al proprio dovere di completezza rimpinguando l'esangue fascicolo d'### quantomeno con l'estratto conto retributivo ### e le informazioni desumibili dal ### La risposta del CTU al quesito è pertanto viziata in radice dall'assunto, totalmente apodittico, che il #### abbia lavorato solo per ### a dispetto del fatto che vi sia stato assunto intorno ai 25 anni di età, ossia all'esito di probabili altre esperienze lavorative, possibilmente consimili, date le specifiche mansioni di manutentore immediatamente - almeno così pare - attribuite presso lo stabilimento di ### Stesso dicasi per il servizio militare (nota e frequente occasione di esposizione ad amianto) e per i trascorsi famigliari e residenziali.
Al netto di ciò, la risposta al quesito è obbligata e la ### di fatto, inutile. Tecnicamente, un aspetto critico dell'elaborato risiede nel continuo ricorso a formule dubitative riguardo ai livelli di concentrazione inalatoria di amianto che si presumono presso gli ambienti di lavoro ex ### A parere di chi scrive, il CTU bene farebbe, non essendo troppo tardi, a ricordare al proprio committente che non esistono rilievi ambientali a sostegno di tale ipotesi e che il criterio analogico con cui si pretende di indurre le stime, ammesso nell'ambito delle cause per i benefici ex l. 257/92, è perentoriamente escluso dalla procedura civile. ### della prova resta quindi in capo a parte attrice, ovviamente non in grado di sostenere validamente il carattere di necessità e autonoma sufficienza dell'amianto eventualmente respirato dal de cuius in ### quale causa del mesotelioma che lo ha condotto a morte. Anche l'eccesso di casi di mesotelioma pleurico presso detta azienda rispetto a quello della popolazione generale non può essere addotto a prova di un nesso di causa anche solo più probabile del contrario, costituendo al più una legge di copertura, ma fallendo la verifica del nesso di causalità individuale, per il quale è richiesta la dimostrazione - non fornita dal CTU - di un rischio relativo almeno doppio in studi scientifici, note - ossia standardizzate - tutte le altre variabili indipendenti (livelli di concentrazione in ff/l /anni, pregresse esposizioni, etc.) sconosciute nel caso di specie>>.
Insomma, dette critiche, da un lato integrano sterili polemiche, dall'altro trovano piena confutazione nella relazione del prof. ### Si aggiunga che l'estratto conto contributivo è agli atti, ma non indica il precedente datore di lavoro del sig. ### e che, comunque, i dati relativi all'esposizione presso ### appaiono sufficienti ai fini dell'attribuzione all'attività lavorativa de qua del ruolo, quanto meno, di concausa della malattia e del conseguente decesso. Ma sul punto si tornerà tra breve. 8.2. Le illustrate valutazioni del CTU in merito all'origine lavorativa della patologia che ha determinato il decesso del sig. ### appaiono pienamente condivisibili, perché aderenti alle risultanze dell'istruttoria e ampiamente motivate, nonché conformi alle indicazioni della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione del nesso di causalità, sotto il profilo della dipendenza dell'evento dai suoi antecedenti fattuali, deve essere compiuta sulla base delle migliori cognizioni scientifiche disponibili, ma, ove esse non consentano di raggiungere un'assoluta certezza della derivazione causale, la regola di giudizio muta sostanzialmente nel processo penale ed in quello civile, <<… in quanto nel primo vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (cfr. Cass. Pen. S.U. 11 settembre 2002, ###, Franzese), mentre nel secondo vige la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", stante la diversità dei valori in gioco nel processo penale tra accusa e difesa, e l'equivalenza di quelli in gioco nel processo civile tra le due parti contendenti, come rilevato da attenta dottrina che ha esaminato l'identità di tali standars delle prove in tutti gli ordinamenti occidentali, con la predetta differenza tra processo civile e penale (in questo senso vedansi: Cass. S.U. 11/01/2008, n. 576; Cass. S.U. 11/01/2008, n. 582. Cass.16.10.2007, 21619; Cass. 18.4.2007, n. 9238)… Il principio ha avuto larga diffusione in tema di prova del nesso causale. Anche la ### di ### è indirizzata ad accettare che la causalità non possa che poggiarsi su logiche di tipo probabilistico… ### standard di "certezza probabilistica" in materia civile non può essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa - statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana). Nello schema generale della probabilità come relazione logica va determinata l'attendibilità dell'ipotesi sulla base dei relativi elementi di conferma (c.d. evidence and inference nei sistemi anglosassoni).
Sennonché esigenze di coerenza e di armonia dell'intero processo civile comportano che tale principio della probabilità prevalente si applichi anche allorché vi sia un problema di scelta di una delle ipotesi, tra loro incompatibili o contraddittorie, sul fatto, quando tali ipotesi abbiano ottenuto gradi di conferma sulla base degli elementi di prova disponibili. In questo caso la scelta da porre a base della decisione di natura civile va compiuta applicando il criterio della probabilità prevalente. Bisogna in sede di decisione sul fatto scegliere l'ipotesi che riceve il supporto relativamente maggiore sulla base degli elementi di prova complessivamente disponibili. Trattasi, quindi, di una scelta comparativa e relativa all'interno di un campo rappresentato da alcune ipotesi dotate di senso, perché in vario grado probabili, e caratterizzato da un numero finito di elementi di prova favorevoli all'una o all'altra ipotesi>> (Cass., 5 maggio 2009 n. 10285, ex multis).
Come evidenziato in dottrina, “probabilità logica” vuol dire che per ritenere sussistente il nesso causale devono trovare risposta affermativa tre interrogativi: a) l'antecedete causale è confermato dalla statistica? b) le peculiarità del caso concreto sono coerenti con le statistiche e/o con le leggi scientifiche? c) mancano altre possibili cause nel caso concreto? Se l'antecedente causale soddisfa tutte e tre le domande, esso è la causa “più probabile che non”. Se la risposta al terzo quesito dovesse essere negativa, lo è qualora, esaminate tutte le cause alternative, risulti la più probabile. 8.3. Né la qualificazione della fattispecie quale ipotesi di condotta penalmente rilevante commissiva, ovvero omissiva, o mista (sia commissiva che omissiva), può portare a differenti conclusioni. ### recente giurisprudenza della Cassazione penale, invero, le condotte del datore di lavoro <<… hanno struttura di reati commissivi, incentrati sulla esposizione di lavoratori alle fibre di amianto aerodisperse…; la componente omissiva… in realtà attiene alla connotazione colposa della condotta, essendo costituita dalla mancata adozione delle misure prevenzionali imposte dalla legge ("la condotta attribuibile ai responsabili dell'azienda è, nel suo nucleo significativo, attiva; giacché l'esposizione all'agente lesivo in modo improprio è frutto di una determinazione di tipo organizzativo che ha evidentemente un rilievo condizionante, giacché se il lavoratore non fosse stato addetto a quella pericolosa lavorazione l'evento non si sarebbe verificato"- ### 4, n. 43786 del 17/09/2010 - dep. 13/12/2010, ### e altri, Rv. 248943)” (Cass. pen., 16 aprile 2018, n. 16715; cfr. anche Cass., 18 maggio 2018 n. 22022). ### si tratta pur sempre di valutare se detta esposizione sia stata la causa (quanto meno) “più probabile che non” della patologia. La causalità omissiva, invece, è una causalità “normativa e non materiale”, perché ciò che non esiste (l'omissione) non può creare nulla (v. Cass. S.U. 576/2008). ### in ipotesi d'imputazione dell'evento di danno ad una omissione colposa, la riferibilità causale dell'evento alla condotta omissiva postula l'individuazione dell'esistenza di un dovere, generico o specifico (con funzione preventiva), di tenere un determinato comportamento e, quindi, l'accertamento che l'evento non si sarebbe verificato se l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli (c.d. giudizio controfattuale), con esclusione di fattori alternativi. ### del rapporto di causalità ipotetica richiede, dunque, la formulazione di un'ipotesi controfattuale, che pone il comportamento alternativo dovuto al posto dell'omissione, al fine di verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato. Anche in questo caso lo standard di “certezza probabilistica” richiesto non può essere quello della certezza assoluta: è sufficiente la “probabilità” (o “certezza probabilistica”, secondo la definizione della S.C.), da valutarsi non solo su base statistica (perché le statistiche potrebbero mancare e, comunque, non possono tenere conto delle specificità del caso concreto), ma sulla base degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica). Insomma, anche in questo caso deve operare il criterio della preponderanza dell'evidenza (o “più probabile che non”).
Rileva altresì, ancor prima, il fatto che nella specie - come già osservato - siano state violate svariate norme con funzione preventiva dell'esposizione del lavoratore alle polveri nocive.
Né può dubitarsi della reale efficacia delle misure preventive violate ai fini della prevenzione del danno. Ma sul punto si tornerà nel seguito. 8.4. Poi, ### secondo la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 18267/2013), <<è scientificamente assodato che la tossicità dell'amianto si manifesta principalmente in caso di inalazione delle relative fibre e che il rischio per la salute è direttamente legato alla quantità ed al tipo di fibre inalate, alla loro stabilità chimica nonché ad una predisposizione personale a sviluppare la malattia.
In particolare, in base alle attuali conoscenze scientifiche sui rischi da esposizione all'amianto, le fibre di amianto inalate possono produrre principalmente le seguenti patologie: l'asbestosi (patologia non tumorale del polmone), il carcinoma (patologia tumorale del polmone), il mesotelioma (patologia tumorale della pleura o del peritoneo), tumori del tratto gastrointestinale, della laringe e di altre sedi. Inoltre, mentre è scientificamente pacifica la dosedipendenza dell'asbestosi e del carcinoma polmonare, per quanto riguarda il mesotelioma, il discorso si presenta decisamente più complesso.
In altre parole, la scienza medica ha appurato che, mentre nel mesotelioma pleurico, nei soggetti suscettibili esposti ad amianto, l'effetto cancerogeno può essere conseguente ad una "dose" estremamente bassa, al contrario, per tutti gli altri tumori - compreso il carcinoma polmonare da amianto - dosi basse non producono effetti epidemiologicamente dimostrabili…>>.
Comunque, anche nel caso del mesotelioma, l'entità dell'esposizione non è irrilevante.
Pur <<… non essendovi certezze circa la dose [anche molto bassa] sufficiente a scatenare l'insorgenza del mesotelioma pleurico…, la scienza medica riconosce un rapporto esponenziale tra dose cancerogena assorbita determinata dalla durata e dalla concentrazione dell'esposizione alle polveri di amianto e risposta tumorale">>; onde <<la prevalente giurisprudenza di legittimità (tra tutte, Cass. pen. Sez. IV, n. 988 del 11.7.2002, Rv. 227000, Macola) "… ha ritenuto corretta, anche per il mesotelioma, la teoria scientifica di un processo patologico che mette in crisi la teoria della dose ‘killer' o della dose 'trigger', che viene squalificata come frutto di artificio">> (Cass. 8292/2019). 8.5. È evidente, alla luce delle premesse, che ai fini dell'accertamento del nesso causale tra patologia ed esposizione lavorativa, occorre fare riferimento, non solo all'astratta possibilità che la patologia stessa sia conseguenza dell'inalazione dell'amianto, ma anche agli specifici elementi di conferma (e allo stesso tempo di esclusione di altri possibili fattori alternativi) emersi dall'istruttoria. A partire, ovviamente, dal dato specifico relativo all'entità dell'esposizione ad amianto, del quale già si è detto, anche riprendendo le indicazioni di cui alla ### Si veda <<[i]n punto da ultimo, Cass. n. 28458 del 05/11/2024 secondo cui “in tema di risarcimento del danno, una volta accertata la presenza di uno dei fattori di rischio (nel caso di specie l'esposizione all'amianto), che scientificamente si pongono come idonei antecedenti causali della malattia, prima, e del decesso, poi, va affermata la sussistenza del nesso di causalità tra quel fattore di rischio e la malattia e quindi il decesso, anche eventualmente in termini di concausalità, in presenza della non occasionale esposizione all'agente patogeno, di determinate modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, dell'assenza di strumenti di protezione individuale, salvo che sussista altro fattore, estraneo all'attività lavorativa e/o all'ambiente lavorativo, da solo idoneo a determinare la malattia e/o, poi, il decesso. 13.- Pertanto solo qualora possa ritenersi con certezza che l'intervento di un fattore estraneo all'attività lavorativa sia stato di per sé sufficiente a produrre l'infermità che ha portato al decesso il lavoratore deve escludersi l'esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge ( 26 marzo 2015 n. 6105; Cass. 11 novembre 2014 n. 23990); mentre per contro va negato che la modesta efficacia del fattore professionale sia sufficiente ad escludere l'operatività del principio di equivalenza causale (Cass. 12 ottobre 1987 n. 7551, Cass. 8 ottobre 2007 n. 21021).
Deve perciò evidenziarsi che l'ordinamento vigente ammette il giudizio sulla correlazione causale tra fatto ed evento anche in termini di apporto concausale. Ciò significa che chi sia stato esposto all'amianto per motivi professionali (anche soltanto ambientali) ha diritto di vedersi riconosciuta l'origine professionale della malattia, quand'anche nel giudizio risultino altre esposizioni o altre condizioni di confondimento (ambientali o legati ad altri fattori extraprofessionali) che non assurgano, però al ruolo di fattori alternativi di tipo esclusivo.
E la ricorrenza di tali fattori alternativi deve essere allegata e dimostrata in giudizio dal datore di lavoro. 14.- Inoltre in relazione alle malattie asbesto correlate, deve essere considerata, attraverso il giudizio demandato al ctu, la rilevanza della dose complessiva (Cass. sentenza n. 18503/2016) posto che il mesotelioma è malattia dose correlata (in cui rilevano le dosi iniziali e quelle successive) caratterizzata dall'effetto acceleratore della latenza; da cui discende che le dosi successive all'iniziazione del processo cancerogenetico possono essere ritenute causali ed inoltre che le misure omesse nel corso del tempo potrebbero diminuire l'intensità dell'esposizione, la progressione della malattia ed allungare la vita del lavoratore esposto; in quanto l'esposizione continuativa, intensa e massiccia diminuisce la latenza della malattia ed influisce perciò sul più rapido decorso della stessa. 15.- Pertanto, ai fini della responsabilità del datore di lavoro è necessario accertare che la malattia che ha afflitto il singolo lavoratore sia insorta, si sia aggravata o si sia manifestata in un più breve periodo di latenza per effetto dell'esposizione a rischio, così come verificata ( sez. IV pen. n. ###/2013)>> (Cass. ord. n. 4092/2025; conf. Cass. ord. 18097/2025). 8.6. Il dato relativo all'esposizione ad amianto del sig. ### nel periodo di lavoro presso ### apprezzabile (in particolar modo nel periodo di adibizione al reparto ### e prolungata, appare già di per sé decisivo, anche perché si tratta di <<malattia tabellata… ove l'origine professionale della malattia è sorretta da presunzione legale e dove il nesso di causalità presuppone solo la dimostrazione di esserne affetto e di essere stato addetto alla lavorazione nociva (Cass. n. 13024/2017)>> (Cass. n. ###/2023, relativa ad azione promossa dagli eredi di un lavoratore, deceduto per mesotelioma maligno epitelioide, nei confronti del datore di lavoro dello stesso, ai fini del risarcimento del danno).
Si aggiunga che <<… il riconoscimento della malattia da parte dell'### per esposizione all'amianto pur non essendo un elemento assorbente o di prova legale ai fini del nesso di causa è comunque un elemento da considerare almeno ai fini della prova del fattore di rischio e dell'esposizione all'agente nocivo (posto che la malattia è sì tabellata ma in quanto sia provata l'esposizione all'amianto, sia pure non qualificata)>> (Cass. ord. n. 4092/2025). ### specie il riconoscimento vi è stato (v. supra). 8.7. Pertanto, alla luce di tutte le premesse, tenuto conto del fatto che, anche nel caso del mesotelioma, l'entità dell'esposizione ha un ruolo nella “causazione” della malattia e valutata l'entità ### dei livelli d'inquinamento cui il sig. ### è stato esposto per una decina d'anni e più presso il centro siderurgico, alle dipendenze di ### non può dubitarsi dell'esistenza del nesso causale (o, quanto meno, concausale) tra l'attività lavorativa in considerazione e il mesotelioma sviluppato dallo stesso lavoratore, anche volendo aderire (ma non si vede come, perché si tratta di semplice illazione) alla tesi del CTP di parte resistente circa la possibile esposizione ad asbesto nel periodo di lavoro anteriore.
Anche i dati epidemiologici relativi ai casi di mesotelioma presso i lavoratori dell'### (v. in particolare CTU dott. ### doc. 13 ric.) costituiscono un elemento di conferma della correttezza di tale conclusione. 8.8. Guardando ai temi propri della causalità omissiva, non può neppure dubitarsi della reale efficacia delle misure preventive violate dalla datrice di lavoro (v. supra) ai fini della prevenzione del danno.
Infatti, va ribadito il decisivo concetto per cui, in carenza di efficaci misure preventive di tipo “comune” (ad es. uso di protezioni per le vie respiratorie), il datore di lavoro avrebbe dovuto fare ricorso a rimedi più “drastici”, in termini di modifica dell'attività dei lavoratori e/o dei cicli produttivi e/o di sostituzione dei materiali impiegati, onde prevenire i ### rischi connessi all'esposizione ad amianto, assumendo altrimenti “a proprio carico il rischio di eventuali tecnopatie”.
Come già rilevato, poi, <<… nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione la regola contenuta nell'art. 41 c.p.c. Ciò comporta che il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento… (cfr. Cass. n. 23990 del 2014; Cass. n. 15107 del 2005; Cass. n. 8033 del 2002). 11. Con particolare riferimento ai profili oggetto di censura, questa ### in sede penale, ha affermato che "il rapporto causale, sia nella causalità commissiva che in quella omissiva, va riferito non solo al verificarsi dell'evento prodottosi ma anche in relazione alla natura e ai tempi dell'offesa nel senso che dovrà riconoscersi il rapporto in questione non solo nei casi in cui sia provato che l'intervento doveroso omesso (o quello corretto in luogo di quello compiuto nella causalità commissiva) avrebbe evitato il prodursi dell'evento in concreto verificatosi, o ne avrebbe cagionato uno di intensità lesiva inferiore, ma altresì nei casi in cui sia provato che l'evento si sarebbe verificato in tempi significativamente (non minuti od ore) più lontani ovvero ancora quando, alla condotta colposa omissiva o commissiva, sia ricollegabile un'accelerazione dei tempi di latenza di una malattia provocata da altra causa (o che non sia possibile ricollegare eziologicamente alla condotta in questione)" (Cass. pen. n. 988 dell'11.7.02/14.1.03, in motivazione). Si è aggiunto che, in questi casi, "non v'è quindi dubbio che una morte avvenuta in un giorno successivo sia un fatto diverso, dal punto di vista naturalistico prima ancora che giuridico">> (Cass. n. 27952/2018). Pertanto, non può <<… essere accolta l'ulteriore obiezione con la quale… si sostiene che all'epoca della condotta mancassero i mezzi per evitare l'evento, potendo lo stesso evento… essere cagionato anche dalla ingestione di poche fibre. Talché, mancando le misure protettive per le piccole dosi, se anche fossero state adottate quelle dettate per le dosi più elevate, l'evento non sarebbe stato evitato; mancherebbe perciò il nesso di causa tra omissione ed evento.
Sul punto deve obiettarsi, in base alla giurisprudenza di legittimità (cfr. pure, sul tema della colpa, Cass. sez IV ###/2010; Cass. Sez. IV 43786/2010) che le misure omesse (quelle informative, igieniche, sanitarie) sarebbero state sicuramente utili ed avrebbero evitato l'insorgenza della malattia con un indice di seria probabilità (Cass. sez. IV ###/2010).
Si tratta di una affermazione che è tratta dall'esistenza di studi epidemiologici, i quali hanno dimostrato che ad una diminuzione nell'ambiente di lavoro della dose iniziale di esposizione ad amianto - attraverso la successiva introduzione di standard igienici e di sistemi di protezione vigenti al momento della condotta di cui si tratta - è corrisposto nei lavoratori una marcata riduzione nella frequenza delle malattie da amianto. Ma anche perché la stessa evidenza si desume dalla constatazione del numero di malati, incomparabilmente più elevato, presente tra i lavoratori rispetto agli esposti per motivi non professionali, in considerazione dell'ampio impiego dell'amianto (che ha conosciuto migliaia di utilizzazioni e che si potrebbe considerare praticamente un inquinante ubiquitario); un dato che indica quindi come il livello di pericolosità della sostanza aumenti in relazione alla dose ( esposizione quantitativa e qualitativa), mentre riducendo la stessa si riducono le malattie.
Ciò vale a dimostrare ulteriormente… che l'azione doverosa del datore di lavoro (le misure di igiene omesse) risulti causale rispetto all'evento (potendolo evitare o ritardare)>> (Cass. ord. 18044/2025).
È evidente, allora, che (anche solo) alla maggiore esposizione conseguente all'omessa adozione delle cautele indicate deve riconoscersi la capacità d'incidere sul processo patologico e di costituire un antecedete causale della patologia e del decesso causato da mesotelioma. 8.9. Come noto, la “casualità giuridica” trova fondamento e disciplina nell'art. 1223 c.c., secondo il quale il risarcimento deve comprendere solo i danni che siano “conseguenza immediata e diretta” della condotta altrui (v. Cass. S.U. n. 576/2008). E tali debbono ritenersi quelli determinati da ciascuna delle condotte “umane” che hanno concorso a determinare l'evento, tanto più quando non sia possibile ascrivere determinati effetti all'una e/o all'altra. Pertanto, l'eventuale (del tutto ipotetica e indimostrata) esposizione ad amianto presso il precedente datore di lavoro, ovvero (più ragionevolmente) presso ### (atteso che il sig. ### ha continuato a lavorare alle dipendenze di tale ultima società), non solo non rileverebbero dal punto di vista della causalità materiale (governata dal principio dell'equivalenza delle cause), ma non potrebbero neppure “limitare” l'obbligazione risarcitoria della convenuta sotto l'aspetto della c.d. “causalità giuridica”. ### che all'uopo rilevi se si tratti, quanto a quest'ultimo, di concetto relativo ad una ### regola causale (cfr. Cass. 21255/2013, nonché, più di recente, Cass. n. 28986/2019, in linea con la migliore dottrina), ovvero, più semplicemente, finalizzato a delimitare l'area dei danni risarcibili (cfr. Cass. 3893/2016).
Diversa l'ipotesi in cui alla causazione del danno abbia concorso la condotta della vittima: in questo caso il risarcimento è suscettibile di riduzione, ai sensi, però, dell'art. 1227 co. 1 Come chiarito dai giudici di legittimità, <<[l]'art. 1227, comma 1, cod. civ. prevede: “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate”. 15. È orientamento consolidato di questa ### che l'art. 1227, comma 1, cod. civ. sia una norma che disciplina la causalità tra condotta e danno, fissando un limite al principio della condicio sine qua non (v. Cass. n. 23426 del 2014 e precedenti ivi citati, fra cui Cass. n. 17152 del 2002) e così escludendo che possa farsi carico al danneggiante di quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile>> (Cass. ord. n. ###/2022).
La convenuta pretenderebbe (come da domanda subordinata) che il Tribunale faccia applicazione dell'art. 1227 c.c., in conseguenza dell'accertamento della “responsabilità e/o corresponsabilità del sig. ### per i fatti di cui è causa”. Ma nulla è emerso, che possa configurare una ###responsabilità) del de cuius.
Pertanto, anche tale difesa risulta infondata. 10. Stante la fondatezza del ricorso, deve procedersi alla quantificazione ### del danno iure proprio.
I testi escussi (### e ### rispettivamente nuora e consuocero del de cuius) hanno descritto l'intensità del vincolo familiare che legava i ricorrenti al de cuius, l'amorevole assistenza prestata dalla moglie e dai figli e il rapido e doloroso progredire della malattia, cui i ricorrenti hanno assistito consapevoli ed impotenti.
I testimoni hanno precisato che: il figlio ### e la sua famiglia vivevano, a ### nel medesimo palazzo del genitore, ove entrambi i figli si recavano quotidianamente a pranzo; ### non viveva molto distante; il de cuius si occupava assiduamente dei nipoti ed in particolare della più piccola, con cui aveva un rapporto particolare; le famiglie del de cuius e dei figli condividevano un'abitazione, a ### dove trascorrevano le estati assieme; spesso il lavoratore ha trascorso le vacanze assieme ai figli e alle loro famiglie (in ### verso il 2006/2007, in ### due volte in ### con ### e famiglia; in ### con ###; il rapporto tra il lavoratore e la moglie era “normale”, essi erano sposati da molti anni e “hanno festeggiato assieme il 50.mo anno di matrimonio”; la vedova “… aveva problemi al ginocchio e alla schiena, che ne comprometteva la deambulazione e pertanto si è trovata anche senza l'importante sostegno che le forniva il marito nelle attività quotidiane”; dal punto di vista morale la sofferenza della signora ### dopo tanti anni di matrimonio, “è stata particolarmente intensa, anche perché l'incalzare della malattia non le ha neppure consentito di metabolizzare quanto stava avvenendo”.
Quanto premesso consente di ritenere dimostrata, o quantomeno di presumere - secondo l'id quod plerumque accidit -, l'esistenza di un danno non patrimoniale dei congiunti a seguito del decesso del sig. ### La famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost., è infatti, secondo il comune sentire, luogo privilegiato per l'instaurarsi di peculiari rapporti di affetto, solidarietà, frequentazione e reciproco affidamento.
Debbono valutarsi congiuntamente, qui, anche al fine di evitare inammissibili duplicazioni, sia la lesione dell'equilibrio emotivo-soggettivo del danneggiato che, in una dimensione dinamico-relazionale, l'impedita prosecuzione concreta di una relazione personale (v. Cass. ord. n. 9857/2022).
Come indicato dalle ### Unite della ### (Cass. Sez. Un. 11 novembre 2008, 26972, punto 4.8): <<… la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato ...>>.
Così, non è ammessa la liquidazione sia del danno da perdita del rapporto parentale che del danno esistenziale, “… poiché il primo già comprende lo sconvolgimento dell'esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca>> (Cass. ord. n. ###/2018).
Più in generale, <<Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. preclude… la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza [nella specie morale, psichica] patite dalla persona…, fermo restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso…>> (Cass. n. 15491/2014).
In assenza di criteri normativi di sorta, la liquidazione del danno non patrimoniale subito dai prossimi congiunti deve avvenire in via equitativa, ex art. 1226 Devesi all'uopo tenere conto, appunto, di tutte le conseguenze pregiudizievoli derivate dalla patologia e dal decesso, nonché delle specificità delle singole vicende (c.d. personalizzazione), ed assicurarsi, inoltre, l'adozione di parametri uniformi, tali per cui a parità di danno consegua parità di risarcimento.
Ebbene, di recente la ### ha ritenuto che <<In tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella>> (Cass. n. 10579/2021; conf. Cass. ord. 26300/2021).
Ne è conseguito il superamento del sistema di liquidazione c.d. a forchetta di cui alla ### milanesi, al quale è stato preferito, appunto, in sistema a punto che (già) caratterizzava le ### “romane”. Nel 2022, l'### sulla ### di ### ha recepito le indicazioni della giurisprudenza, adottando il sistema a punti, onde appare possibile procedere alla liquidazione del danno iure proprio facendo applicazione delle ### milanesi.
L'### partendo dai valori monetari previsti dalla precedente formulazione "a forbice”, ha ricavato il "valore punto" per il caso di perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati nonché per il caso di perdita di fratelli / nipoti rispettivamente (aggiornamento 2024) di € 3.911,00 e di € 1.698,20 e ha proposto poi un calcolo a punti basato su cinque parametri (con un tetto massimo, per i familiari più stretti, di euro 391.103,18).
I parametri sono i seguenti: A) età della vittima primaria: fino a 28 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico-relazionale); sono previsti vari scaglioni anagrafici, per cui all'aumentare dell'età della vittima, diminuiscono i punti attribuiti (da un massimo di 28, appunto, ad un minimo di 4 punti per l'intervallo da 91 a 100 anni); B) età della vittima secondaria: fino a 28 punti; anche per questo parametro valgono le considerazioni sopra esposte sub A); C) convivenza tra le due vittime: 16 punti nel caso di convivenza; 8 punti nel caso in cui, pur non essendo conviventi, la vittima primaria e secondaria abitino nello stesso stabile o complesso condominiale; D) sopravvivenza di altro/i congiunto/i: fino a 16 punti (ad esempio, se il danneggiato perde il genitore, si verificherà se, a prescindere dalla convivenza, sono in vita l'altro genitore e/o i fratelli del danneggiato; se il danneggiato perde il figlio, si verificherà se, a prescindere dalla convivenza, sono in vita il coniuge/assimilati ed altri eventuali figli; se il danneggiato perde il coniuge/assimilati, si verificherà se, a prescindere dalla convivenza, vi sono dei figli in vita); E) qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta: fino a 30 punti, graduabili in ragione, sia della sofferenza interiore patita, sia dello stravolgimento della vita della vittima secondaria (dimensione dinamico-relazionale). 10.1. Debbono essere quantificati, dunque, i danni risarcibili ai singoli familiari, mediante applicazione dei suddetti parametri. Con la precisazione che il quantum deve essere calcolato, in oggi, alla luce delle ### aggiornate nel 2024 (mentre nel ricorso si fa riferimento ai valori inferiori, allora vigenti, delle ### del 2022).
Ebbene, si reputa equo quantificare il danno per perdita del rapporto parentale in: -euro 308.969,00 (79 punti x € 3.911,00) per la sig.ra ### dovendosi attribuire, per il parametro A 12 punti, per il B 12, per il C 16, per il D 9 e per l'E 30; quanto all'ultimo parametro, esso appare congruo, tenendo conto che si è trattato, per la vedova, della perdita del compagno di una vita, con cui ha avuto due figli e con cui conviveva e condivideva ogni aspetto della quotidianità; che ella si è fatta carico, assieme ai figli, di assistere il marito ed ha vissuto, dunque, impotente, momento per momento, la sua malattia, le sofferenze, l'agonia fino al decesso; che notevole è stato, dopo il decesso, il peso della solitudine e dell'assenza della principale figura di riferimento per la quotidianità; -euro 281.592,00 (72 punti x € 3.911,00) per il sig. ### dovendosi attribuire, per il parametro A 12 punti, per il B 18, per il C 8 (residenza nel medesimo stabile/condominio), per il D 9 e per l'E 25 (su 30); tale ultimo punteggio appare congruo, alla luce delle emergenze istruttorie, particolarmente significative in merito alla qualità e all'intensità della relazione perduta (vi è prova, tra l'altro, di frequentazioni/contatti assidui e della condivisione delle vacanze); relazione testimoniata anche dalla vicinanza al genitore nella fase della malattia, fino al decesso, con le conseguenze già esaminate trattando della vedova; -euro 254.215,00 per il sig. ### (65 punti x € 3.911,00); per questi vale quanto indicato per il fratello; le uniche differenze derivano dall'attribuzione, per il parametro B di 20 punti, per il parametro C di 0 punti (non risiedendo nel medesimo stabile del genitore) e per il parametro D di 24 punti; si tratta, quanto a quest'ultimo, di punteggio solo lievemente inferiore a quello del fratello, quantificato tenendo conto che nell'abitazione bifamiliare di ### soggiornava abitualmente ### e della minore condivisione dei periodi di vacanza.
Sulle somme dovute a titolo di risarcimento del danno iure proprio, spettano gli interessi di legge dalla data della sentenza al saldo.
Infatti, “con la sentenza definitiva che decide sulla liquidazione di un'obbligazione di valore, da effettuarsi in valori monetari correnti, si determina la conversione del debito di valore in debito di valuta con il riconoscimento da tale data degli interessi corrispettivi. Ne consegue che è preclusa l'ulteriore rivalutazione monetaria derivante dall'eventuale ritardo nell'esecuzione del giudicato, valendo, in tale ipotesi, i criteri previsti dalla legge per il debito di valuta” (Cass., 14 aprile 2011, n. 8507). 11. Venendo alla quantificazione del danno iure hereditario, occorre premettere che la questione della risarcibilità agli eredi del danno ("biologico", "morale-catastrofale", "tanatologico") patito dalla vittima deceduta in conseguenza della condotta altrui, è stata definita dalla ### secondo le seguenti linee guida: <<-alla vittima può essere risarcita la perdita di un bene avente natura non patrimoniale, nella misura in cui la persona fisica sia ancora in vita: la vicenda "acquisitiva del diritto" alla reintegrazione della perdita subita presuppone, infatti, la capacità giuridica, riconoscibile soltanto ad un soggetto esistente (art. 2 c.c., comma 1). -i danni non patrimoniali risarcibili alla vittima (soggetto deceduto a causa delle lesioni subite alla propria integrità psicofisica) e trasmissibili "jure hereditatis", possono pertanto consistere: a) nel "danno biologico" (cd. "danno terminale") determinato dalla lesione al bene salute quale danno-conseguenza consistente nella invalidità psicofisica - intesa come stato di incapacità determinato dall'inevitabile decorso della patologia con esito letale contratta a causa della lesione alla salute - perdurata nel periodo che va dal momento della lesione (che si caratterizza appunto per non essere emendabile e dunque non consente guarigione, ed in quanto letale conduce) fino all'exitus. Dalla lesione del bene-salute possono derivare, infatti: a1) conseguenze invalidanti della capacità psicofisica del soggetto, che residuano dopo la guarigione ed assumono carattere permanente - in quanto inemendabili - in relazione alla residua durata della vita; a2) conseguenze anch'esse inemendabili ma "letali", tali da condurre inevitabilmente la persona alla morte che sopravviene, di regola, a breve distanza di tempo. In quest'ultimo caso, laddove il soggetto permanga in vita per un tempo comunque apprezzabile, viene in rilievo la nozione di "danno biologico terminale", categoria meramente descrittiva, in quanto priva di una sua specificità giuridica e di una dimensione ontologica differente rispetto alla nozione di "danno biologico". ### distintivo del danno cd. terminale, è da individuare, infatti, esclusivamente in relazione all'aspetto fenomenologico della natura mortale o non mortale della lesione, dovendo aversi riguardo, ai fini dell'accertamento del danno-conseguenza, in ogni caso alla durata della vita che intercorre tra l'evento lesivo ed il decesso: anche la liquidazione del danno ### "terminale" viene effettuata valutando la incidenza negativa sulla capacità dinamico-relazionale del soggetto (sostanzialmente annichilita), prodotta da una lesione personale ###, durante il tempo necessario - di regola breve - alla evoluzione dell'iniziale stato patologico fino al suo ineluttabile esito… Analogamente all'accertamento del danno biologico, anche il danno cd. terminale, in quanto danno-conseguenza, è oggetto di accertamento in fatto, e presuppone che le conseguenze pregiudizievoli sulla capacità psicofisica del soggetto si siano effettivamente prodotte, atteso che oggetto della "perdita" non è la morte, ma è pur sempre il tempo biologico commisurato alle perdute attività quotidiane che il soggetto avrebbe potuto altrimenti compiere, a tal fine necessitando - con riguardo alle lesioni mortali - che tra l'evento lesivo e il momento del decesso sia intercorso un "apprezzabile lasso temporale", cioè una durata idonea a correlare la diminuita validità alle capacità umane che si esplicano nel vivere quotidiano. Non vi è, pertanto, accertamento di danno biologico-terminale laddove la morte sia stata immediata, tale essendo considerata - per convenzione medico legale - anche la morte intervenuta prima dello spirare delle 24 ore di durata del giorno, non essendo ritenuto valutabile in medicina legale, in termini di danno biologico, un grado percentuale di invalidità commisurato soltanto ad ore, minuti o secondi (cfr. ### cass. Sez. 3, Sentenza n. 1877 del 30/01/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 15491 del 08/07/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 22228 del 20/10/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 23183 del 31/10/2014; da ultimo: ### cass. Sez. 3, Ordinanza n. 18056 del 05/07/2019); b) nel "danno morale cd. soggettivo" (cd. "danno catastrofale"), consistente nello stato di sofferenza spirituale per intima paura o patema d'animo sopportato dalla vittima nell'assistere alla progressiva distruzione della propria condizione esistenziale verso l'ineluttabile fine-vita: in questo caso l'accertamento in fatto dell'"an", ossia della esistenza del danno-conseguenza, presuppone la prova della "cosciente e lucida percezione", da parte del soggetto leso, dell'ineluttabilità della propria fine. Tale prova rimane, pertanto, esclusa laddove la morte sia sopraggiunta nella immediatezza delle lesioni inferte alla vittima, o sia pervenuta dopo un apprezzabile lasso di tempo, ma con soggetto leso inconsapevole o che versava in stato di incoscienza (cfr. ### cass. Sez. 3, Sentenza n. 6754 del 24/03/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 7126 del 21/03/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 13537 del 13/06/2014); c) rimane, invece, esclusa la risarcibilità del danno consistente nella "perdita del bene-vita" (cd. "danno tanatologico"), quale bene autonomo e diverso rispetto al bene-salute (oggetto di distinti diritti: artt. 2 e 32 Cost.), fruibile solo in natura ed esclusivamente dal titolare ed insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, tanto se il decesso si verifichi immediatamente, quanto nel caso in cui si verifichi dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità "jure hereditatis" di tale pregiudizio, in ragione - nel primo caso - della simultanea assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, e - nel secondo caso - della mancanza di utilità fruibili dal soggetto e delle quali possa configurarsi la perdita in uno spazio di vita brevissimo inidoneo a tradurre l'evento-morte in una mera estensione del pregiudizio alla salute nel quale sono implicate le nozioni di malattia, guarigione e postumi invalidanti, le quali tutte sono inconfigurabili e, se preesistenti, scompaiono con la morte stessa (cfr. ### cass. Sez. U, Sentenza n. 15350 del 22/07/2015 che, dando seguito alle indicazioni della sentenza della ### costituzionale 27 ottobre 1994 n. 372, compone in tal modo il contrasto giurisprudenziale insorto dopo il precedente contrario di ### cass. Sez. 3, Sentenza n. 1361 del 23/01/2014)>> (Cass. 29492/2019; conf. Cass. Cass. n. 12041/2020). Dunque, non solo in caso di patologia che conduca la vittima alla morte senza possibilità di guarigione e/o stabilizzazione dei postumi, ma, più in generale, in tutti i casi di lesione del bene-salute, deve tenersi conto, secondo le più recenti indicazioni dei ### di legittimità, della <<… duplice componente fenomenologica del danno non patrimoniale, avuto riguardo sia agli effetti che la lesione del diritto della salute ha comportato nella dimensione dinamico-relazionale del soggetto danneggiato, sia alle conseguenze subite dallo stesso nella sua sfera interiore, sub specie di sofferenza, di paura, di angoscia, di disperazione…>> (Cass. ord. n. ###/2022).
La valorizzazione, da parte della ### della duplice componente del danno non patrimoniale, ha sollecitato anche la “revisione” ### delle ### milanesi per la liquidazione del danno permanente da lesioni all'integrità psico-fisica, nelle quali, in luogo dell'indicazione della sola aliquota percentuale di aumento del punto di danno biologico per la componente di sofferenza soggettiva, si è introdotta la specifica indicazione dell'aumento in termini monetari (secondo quanto indicato dall'### nei “criteri orientativi, “anche allo scopo di richiamare gli operatori ad una attenta verifica in merito all'an debeatur e alla congruità degli importi liquidati in relazione alla detta componente”). Analogamente, sono state riviste le ### per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione temporanea del bene salute, con l'esplicitazione anche dei “valori monetari delle due componenti del danno non patrimoniale ‘temporaneo' corrispondente a un giorno di inabilità temporanea al 100%”. 11.1. Il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale patito dal sig. ### a causa della patologia tumorale che lo ha condotto alla morte (non immediata), dunque, era pacificamente trasmissibile e si è trasmesso agli eredi, odierni ricorrenti (v. doc. 8 ric.).
Si indica nella CTU che <<### quanto emerso dalla disamina della documentazione clinica, i primi sintomi della patologia emergevano in data ### contestualmente al ricovero in ### a seguito del presentarsi di una tosse insistente, dolore toracico in sede mammaria destra e calo ponderale… Il periziando era seguito presso il reparto di ### di ### ove si sottoponeva periodicamente a visite di controllo. Una volta iniziata lo schema chemioterapico con ### e ### il paziente presentava un'iniziale riduzione delle lesioni. Però, dopo 6 cicli terapeutici più due di mantenimento (visita del 22/02/21) il sig. ### lamentava una scarsa tolleranza del dolore, ma anche un apprezzabile peggioramento delle lesioni pleuriche che aumentavano di dimensioni per cui veniva introdotto il trattamento radioterapico. Le condizioni cliniche del paziente continuano a peggiorare, presentava inappetenza e astenia, che hanno comportato la sospensione, per un periodo, del piano terapeutico.
In base a quanto esposto si possono motivatamente assegnare: • Un periodo di inabilità temporanea al 50% di complessivi giorni 202 comprendenti le settimane a partire dalla diagnosi di mesotelioma e i primi mesi di chemioterapia. ### questo complessivo lasso temporale, pur non essendovi una documentazione comprovante uno stato di malessere tale da comportare l'ospedalizzazione del #### si ritiene che il de cuius soffrisse di problematiche respiratorie soprattutto in virtù della tosse resistente e dolore in sede mammaria destra, unitamente ai cicli di chemioterapia previsti per il trattamento di tale patologia. • Un periodo di inabilità temporanea al 75% di totali giorni 129 comprensivi del periodo in cui il periziando si sottoponeva al trattamento chemioterapico e introduzione di radioterapia per scarso controllo del dolore. Il paziente, inoltre, lamentava inappetenza e astenia. • Un periodo di inabilità temporanea totale di ultimi giorni 67, in virtù dell'ultimo periodo della malattia che ha portato al decesso del ### Costanzo…>>.
Circa l'incidenza dei postumi sulle abituali attività non lavorative del de cuius, ha indicato il prof. ### <<Dalla disamina della documentazione clinica emerge che la patologia neoplastica si manifestava inizialmente con una tosse stizzosa continua e un calo del ponderale.
Ebbene, in considerazione di questi aspetti è possibile desumere che già in quell'epoca il #### avesse subito una limitazione delle attività del quotidiano legate ai problemi respiratori.
Si può immaginare che egli abbia subito limitazioni nello svolgimento di sforzi moderati propri nel quotidiano di una persona di quell'età, come ad esempio camminate, trasporto di sacchi della spesa, esercizio di determinati hobby ed attività sportive, passare del tempo con i nipoti, etc.
Per le caratteristiche stesse della patologia neoplastica in oggetto, caratterizzata da una rapida evoluzione nel tempo e prognosi infausta, non stupisce il repentino deterioramento del quadro clinico nei mesi successivi che gli ha precluso lo svolgere delle normali attività, di dover essere assistito dai figli e dalla moglie. Il paziente, comunque, sempre grazie all'aiuto dei figli, poteva visitare ### dove aveva l'abitudine di recarsi (soprattutto prima della diagnosi), con la famiglia, durante i fine settimana. … Si può stimare approssimativamente che il paziente avesse subito delle limitazioni nelle attività di sforzo moderato, mentre poi, durante il periodo di trattamento della patologia neoplastica si verificava un peggioramento delle condizioni cliniche che probabilmente precludevano gran parte delle attività di vita quotidiana per cui si rendeva necessario l'ausilio da parte di terze persone>>.
Ai fini della quantificazione del danno, deve ancora precisarsi che secondo la ### il danno biologico terminale è “danno biologico da invalidità temporanea assoluta” la cui liquidazione equitativa va effettuata “commisurando la componente del danno biologico all'indennizzo da invalidità temporanea assoluta” (Cass. n. 17577/2019; conf. Cass. 8292/2019, Cass. ord. n. ###/2022; Cass. ord. n. 5618/2025; v. anche Cass. ord. n. 15395/2016, secondo cui il danno biologico terminale “… va liquidato - quanto meno - negli importi previsti dalle tabelle relative alla invalidità temporanea assoluta…”).
La liquidazione sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea deve essere adeguata, peraltro, “… alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte” (Cass. ord. n. ###/2022; conf. Cass. ord. n. 5618/2025).
Per quanto attiene alla quantificazione della componente di sofferenza psichica (danno catastrofale), invece, la natura peculiare del pregiudizio (“consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita”) <<… comporta la necessità di una liquidazione che si affidi a un criterio equitativo denominato “puro” − ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso - che sappia tener conto della sofferenza interiore psichica di massimo livello, correlata alla consapevolezza dell'approssimarsi della fine della vita, la quale deve essere misurata secondo criteri di proporzionalità e di equità adeguati alla sua particolare rilevanza ed entità, e all'enormità del pregiudizio sofferto a livello psichico in quella determinata circostanza>> (Cass. ord. ###/2022; conf., tra le altre, Cass. n. 23183/2014). <<Ai fini della sussistenza del danno catastrofale, la durata di tale consapevolezza non rileva ai fini della sua oggettiva configurabilità, ma per la sua quantificazione secondo i suindicati criteri di proporzionalità e di equità (in termini: Cass. n. 16592/2019; v. pure Cass. 23153/2019, n. 21837/2019)>> (Cass. ord. n. ###/2022). I testi ### hanno dato riscontro della consapevolezza, in capo al sig. ### della patologia da cui era affetto, riferitagli dai sanitari fin dal momento della diagnosi. Hanno anche ricordato (in particolare ### che gli operatori dell'### che ben presto hanno preso in carico il ### a causa dei forti dolori, lo hanno tenuto informato della situazione relativa alla malattia. Pertanto, si può parlare anche della consapevolezza dell'approssimarsi della fine e della lucida attesa della morte. 11.2. Le due voci di danno, dunque, vanno tenute distinte e liquidate con criteri diversi. ### recente giurisprudenza di legittimità, ai fini della quantificazione del danno iure hereditario, non è corretto il ricorso alle ### milanesi relative alla liquidazione del danno non patrimoniale c.d. terminale, perché esse s'ispirano, tra l'altro, ai principi della <<unitarietà ed onnicomprensività del concetto di “danno terminale”, tale da ricomprendere al suo interno ogni aspetto biologico e sofferenziale connesso alla percezione della morte imminente, dovendo dunque intendersi la categoria del danno terminale comprensiva del danno biologico temporaneo “ordinario” (pertanto assorbito) e dei pregiudizi “altrove definiti come danno biologico terminale, da lucida agonia o morale catastrofale”>>.
Ed infatti, la decisione appena citata (Cass. ord. n. ###/2022) ha censurato la decisione di merito, emessa in un procedimento avente ad oggetto proprio il risarcimento del danno a favore dei congiunti ed eredi di un operaio deceduto per mesotelioma di origine professionale, con la quale si era <<… ricondotto ad unità il danno, qualificato come danno biologico terminale, ricomprendente anche il danno morale catastrofale>>.
Conclusivamente, ai fini della liquidazione del danno biologico terminale deve utilizzarsi l'indennizzo da invalidità temporanea assoluta di cui alle tabelle ### con opportuna personalizzazione.
Per quanto concerne il danno “catastrofale” (componente morale), esso è risarcibile solo ove vi sia stata, in capo alla vittima primaria - dante causa, la "cosciente e lucida percezione" dell'ineluttabilità della propria fine. Che qui vi è stata.
In caso positivo, si devono stabilire i parametri di cui avvalersi, alla luce di quanto riferito in merito all'inutilizzabilità (quanto meno in modo pedissequo) delle ### ad hoc per il danno terminale e tenendo conto che il semplice utilizzo dei valori monetari riferiti alla componente morale del danno non patrimoniale da invalidità “temporanea” appare del tutto insoddisfacente, perché inidoneo a valorizzare il di più di sofferenza conseguente alla consapevolezza della fine imminente (in tal senso, da ultimo, Cass. ord. n. 5618/2025, cit.).
Ed infatti, le indicazioni della ### sono nel senso che il danno morale catastrofale possa apprezzarsi, appunto, “con criterio equitativo puro” (v. ex plurimis Cass. ord. n. 15395/2016), correlato alle circostanze del caso e commisurato all'enormità della sofferenza e del pregiudizio sofferto a livello psichico (v. supra). ### ha peraltro ribadito, in una recente decisione (dunque attenta all'autonoma rilevanza della componente “morale” del danno) che <<per ottenere uniformità di trattamento a livello nazionale, per questa ultima voce di danno si reputa comunemente necessario fare riferimento al criterio di liquidazione adottato dal Tribunale di ### per l'ampia diffusione sul territorio, appunto, nazionale e per il riconoscimento attribuito dalla giurisprudenza di legittimità, alla stregua, in linea generale e in applicazione dell'art. 3 Cost., del parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico a norma degli artt. 1226 e 2056 c.c., salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono (cfr. Cass. 12408/2011, n. 27562/2017; v. anche Cass. n. 9950/2017)>> (Cass. ord. n. ###/2022).
Ne consegue che, ai fini della quantificazione del danno morale “catastrofale” secondo criteri di uniformità, sembrano possibili due alternative: l'utilizzo del parametro riferito all'invalidità temporanea, da incrementarsi, però, in considerazione dell'abnormità della sofferenza (v., in tal senso, Cass. ord. n. 5618/2025, cit.); l'utilizzo del parametro di cui alle ### milanesi relative al danno terminale, previo scorporo della componente “morale”, atteso che il difetto di esse è stato individuato dalla ### di cassazione proprio nella mancata differenziazione delle due componenti di danno.
Pur a fronte dell'ampio utilizzo effettuato fino ad epoca recente, presso la ### lavoro del Tribunale di ### e a livello nazionale, di tali ultime ### ritiene il Tribunale, alla luce anche della durata non brevissima, nel caso in trattazione, della cennata “consapevolezza”, di fare ricorso alla prima opzione. 11.3. Dunque, poiché la malattia ### ha condotto il sig. ### al decesso e non si è risolta in esiti permanenti, il danno biologico (“terminale”) risarcibile è quello previsto per un'invalidità temporanea del 100% (benché il CTU abbia quantificato la stessa invalidità temporanea in misura inferiore, per il periodo anteriore agli ultimi 67 giorni di vita del de cuis) protrattasi per 398 giorni, con adeguata personalizzazione (nella misura di 2 volte per i primi 202 giorni, quando - secondo il CTU - la situazione appariva meno compromessa, con apparente buona risposta alla chemioterapia; e di 3 volte per i successivi 196 giorni: v. supra), tenendo conto che, seppur ### limitato nella durata, il danno è stato di rilevante intensità ed entità, per la crescente compromissione della capacità di attendere alle ordinarie occupazioni, per la sofferenza fisica provata e per l'esito infausto intervenuto (v. supra).
Per una somma di euro 83.328,00 (202 gg. x 84 euro x 2 = 33.936,00; 196 giorni x 84 euro x 3 = 49.392,00; 33.936,00 + 49.392,00 = 83.328,00). 11.4. Il danno morale catastrofale, del pari pacificamente trasmissibile agli eredi, deve ritenersi risarcibile, con riguardo al periodo di malattia, tra la diagnosi e il decesso.
Tenuto conto della piena consapevolezza della diagnosi - che, anche in base alle nozioni dell'uomo comune, consente ben poco spazio a concrete speranze di recupero - e dell'evolversi della patologia, appare equo procedere alla liquidazione del danno catastrofale utilizzando l'importo tabellare relativo all'invalidità temporanea (euro 31 al giorno), da personalizzarsi, tuttavia - in considerazione della ben più rilevante entità del danno morale in questione, rispetto a quello sofferto da chi attraversi un periodo di malattia, giungendo a guarigione -, con modalità analoghe a quelle utilizzate per il danno biologico, in particolare nella misura del quintuplo (v., per il ricorso ad analoghi criteri, Cass. ord. n. 5618/2025 cit. e i precedenti in essa citati). Si giunge così alla somma di (398 gg. x 31 euro x 5) euro 61.690,00. 12. E' ormai ius receptum che <<Ai sensi dell'art. 10, comma 1, D.P.R. n. 1124 del 1965, l'assicurazione obbligatoria prevista dal decreto citato esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nell'ambito dei rischi coperti dall'assicurazione, con i suoi limiti oggettivi e soggettivi, per cui laddove la copertura assicurativa non interviene per mancanza di presupposti, l'esonero non opera; in tali casi, per il risarcimento dei danni convenzionalmente definiti "complementari", vigono le regole generali del diritto comune previste in caso di inadempimento contrattuale (principio ribadito da questa ### sulla scorta di ### cost. n. 356 del 1991, più volte: Cass. n. 1114 del 2002; Cass. 16250 del 2003; Cass. n. 8386 del 2006; Cass. n. 10834 del 2010; Cass. n. 9166 del 2017). 6.3.2. ### del datore di lavoro non opera anche quando ricorre il meccanismo previsto dai commi dell'art. 10 citato successivi al primo, allorquando venga accertato che i fatti da cui deriva l'infortunio o la malattia "costituiscano [come peraltro nel caso de quo] reato sotto il profilo dell'elemento soggettivo e oggettivo" (così ### cost. n. 102 del 1981), per cui la responsabilità permane "per la parte che eccede le indennità liquidate" dall'### ed il risarcimento "è dovuto" dal datore di lavoro. Di qui la nozione di danno cd. "differenziale", inteso come quella parte di risarcimento che eccede l'importo dell'indennizzo coperto dall'assicurazione obbligatoria e che resta a carico del datore di lavoro ove il fatto sia riconducibile ad un reato perseguibile d'ufficio [come l'omicidio colposo de quo]; parallelamente l'art. 11 del D.P.R. n. 1124 del 1965, nella ricorrenza del medesimo presupposto, consente all'### di agire in regresso nei confronti del datore di lavoro "per le somme pagate a titolo di indennità" (cfr. Cass. n. 9166 del 2017). 6.3.3. E' escluso "che le prestazioni eventualmente erogate dall'### esauriscano di per sé e a priori il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato" (principio affermato a partire da Cass. n. 777 del 2015, con molte successive conformi, tra cui: Cass. n. 13689 del 2015; Cass. n. 3074 del 2016; Cass. n. 9112 del 2019). 6.3.4. Con la conseguenza che il lavoratore potrà richiedere al datore di lavoro il risarcimento del danno cd. "differenziale", allegando in fatto circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio, ed il giudice, accertata in via incidentale autonoma l'illecito di rilievo penale, potrà liquidare la somma dovuta dal datore, detraendo dal complessivo valore monetario del danno civilistico, calcolato secondo i criteri comuni, quanto indennizzabile dall'### con una operazione di scomputo che deve essere effettuata ex officio ed anche se l'### non abbia in concreto provveduto all'indennizzo (Cass. n. 9166 del 2017; successive conformi: Cass. n. 13819 del 2017; Cass. n. 20932 del 2018)>> (Cass. n. 12041/2020). ### specie, alla luce di quanto ampiamente esposto e delle evidenziate inadempienze datoriali degli obblighi finalizzati alla salvaguardia della salute del lavoratore, poi deceduto, a fronte di un rischio che doveva ritenersi noto, non vi è dubbio che siano ravvisabili gli estremi del reato, procedibile d'ufficio, di cui all'art. 589 co. 2° c.p. 12.1. Quanto alla limitazione del risarcimento del danno al solo danno differenziale, deve rilevarsi che tra i rischi non coperti dall'assicurazione obbligatoria ### per i quali la limitazione di responsabilità non opera, rientrano non solo il danno “in franchigia” (danno biologico inferiore al 6%), ma anche il danno da invalidità temporanea e il danno morale, siccome, appunto, l'### non eroga prestazioni finalizzate al relativo ristoro (cfr. Cass. ord. ###/2023).
E' stata liquidata, poi, la rendita a favore del coniuge superstite, ma si tratta di prestazione avente finalità diversa, perché “volta ad indennizzare soltanto il danno patrimoniale dei congiunti” (Cass. ord. n. 17655/2020). Pertanto, nulla deve essere detratto dall'ammontare del danno biologico e del danno morale. E il danno iure hereditario rimane pari ad euro 145.018,00 (euro 83.328 per danno biologico terminale; euro 61.690 per danno morale catastrofale).
Tale danno viene equitativamente quantificato nell'attualità.
Sulla somma così liquidata spettano poi la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sul capitale annualmente rivalutato dalla data della sentenza sino al saldo ai sensi dell'art. 429 c.p.c., norma applicabile anche al risarcimento del danno subito dal lavoratore per la mancata predisposizione, da parte dell'imprenditore, delle misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei dipendenti, essendo tale danno di origine contrattuale e strettamente connesso con lo svolgimento del rapporto di lavoro (v. Cass., 8 aprile 2002, n. 5024; Cass., 18 febbraio 2004, n. 3213; Cass., 1 luglio 2004, n. 12098; Cass., 10 settembre 2010, n. 19348; Cass., 1 luglio 2011, n. 14507). 13. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto del valore di causa, ai sensi del DM n. 55/2014 come modificato dal DM n. 147/2022, nonché di un incremento complessivo del 30% (ex art. 4 del D.M. n. 55/2014) in ragione dell'assistenza, da parte dei difensori, di tre soggetti nella medesima posizione processuale, aventi però posizioni scarsamente differenziate, tali da comportare un modesto incremento dell'impegno difensivo. Con distrazione a favore dei difensori di parte attrice, antistatari.
Alla luce del medesimo criterio della soccombenza, le spese delle CTU debbono essere definitivamente poste a carico della convenuta. 14. Poiché nella fattispecie sono ravvisabili gli estremi del reato p. e p. dall'art. 589 co. 2° c.p. in relazione al decesso del sig. ### deve essere disposta la trasmissione degli atti alla ### della Repubblica di ### per le determinazioni di competenza sull'azione penale. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria deduzione, eccezione e conclusione: dichiara tenuta e pertanto condanna ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere ai ricorrenti, pro-quota, quali eredi del sig. ### a titolo di risarcimento iure hereditatis del danno non patrimoniale patito dal congiunto, la somma complessiva di euro 145.018,00 (euro 83.328,00 per danno biologico; euro 61.690,00 per danno morale); oltre interessi e rivalutazione monetaria sulla somma annualmente rivalutata dalla data della presente sentenza al saldo; dichiara altresì tenuta e conseguentemente condanna ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a risarcire ai ricorrenti, iure proprio, il danno per perdita del congiunto sig. ### quantificato nella misura di euro 308.969,00 per la sig.ra ### di euro 281.592,00 per il sig. ### e di euro 254.215,00 per il sig. ### oltre interessi di legge dalla data della presente sentenza al saldo; condanna infine la convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, a rifondere ai ricorrenti le spese di lite, spese che liquida in complessivi euro 31.980,00 per onorari, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, rimborso contributo unificato ed accessori di legge; con distrazione a favore degli avvocati ### B. STORACE e ### - pone definitivamente a carico della convenuta le spese della ### - riserva il deposito della motivazione nel termine di giorni 60. ### il 24 marzo 2025. IL GIUDICE ###
causa n. 2815/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Grillo Stefano