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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 7198/2023 del 10-03-2023

... primo caso possono al più configurarsi le gravi ed eccezionali regioni per disporre la compensazione delle spese (art. 92 c.p.c. ), che resta facoltativa ed il cui mancato esercizio non è censurabile in cassazione (Cass. s.u. ###/2022). In que ste ipotesi il sindacat o di legittimità ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale dette spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, mentre vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudic e di merito, la valutazione dell'opportunità di compensarle in tutto o in p arte ( 18128/2020; Cass. 24502/2017; Cass. 19613/2017; 8421/2017) 8. Il prim o motivo del ricorso in cidentale di ### ali denuncia la violazione delle LL. 143/1949, 143/1958, 340/176, dei 15 di 18 DD.MM. 21.8.1958,25.2.1965, 18.11.1971, 13.4.1976, 29.6.1981, 11.6.1987, degli artt. 16, comma 4, e 1 7, comma 1 4 ter, L. 109/1994, nonché la violazione del principio di ragionevolezza. Si lamenta che la Corte, pur avendo ammesso che i professionisti avevano elaborato i progetti architettonici esecutivi e di massima delle strutture e degli impianti, abbia riconosciuto (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 8249/2017 R.G. proposto da ### S.P.A., in perso na del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. ### con domicilio eletto in ### via ### n. 54.  - RICORRENTE contro ###, in perso na del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. G iuseppe ### con domicilio eletto in ### via degli ### n. 268/A.  -CONTRORICORRENTE-RICORRENTE INCIDENTALE e ### rappresent ato e difeso dall'avv. ### ppo ### con domicilio eletto in #### delle ### 18.  -CONTRORICORRENTE-RICORRENTE INCIDENTALE e ### E ### -###: compensi professionali 2 di 18 avverso la sentenza della Corte d'appello di ### n. 2576/2016, pubblicata in data ###. 
Udita la relazione sv olta ne lla camera di consiglio del giorno 21.12.2022 dal #### 1. ###à di gestione per il realizzo s.p.a. (da ora ### s.p.a.) ha proposto distinte opposizioni ai decreti ingiuntivi ottenuti dalla ### S tilianova (da ora ###, società di ingegneria internazionale di diritto bulgaro , e da ### a titolo di compenso - rispettivamente - per la progettazione degli interventi volti al recupero e alla valorizzazione dell'area dell'antica filanda in località ### in ### o mediante realizzazione di residenze sanitarie assistite per an ziani (###, nonché per la valorizzazione di immobil i siti in località S. Gemini di ### mediante la costruzione di una struttura alberghiera. 
La società opponente ha eccepito la mancanza dei necessari poteri rappresentativi in capo al funz ionari ### e ### che aveva no sottoscritto gli atti di incarico e le istanze amministrative; h a dedotto che l'elaborato costituiva una progettazione di massima e non una progettazione esecutiva, come invece sostenut o dai professionisti, disconoscendo la documentazione depositata in giudizio.  ### si è costituita, chiedendo la chiamata in causa ### e ### per essere manlevata. ### ha insistito per la conferma delle ingiunzioni. 
Disposta l'integrazion e del contraddittorio e la riunione dei d ue giudizi ad una te rza causa in cui la ### ave va chiesto il pagamento del saldo del compenso, il Tribunale ha respinto le 3 di 18 opposizioni, accogliendo anche la domanda di pagamento proposta in via ordinaria, regolando le spese. 
La sentenza, impugnata in via principale dalla S.G.R. s.p.a. e in via incidentale dalla ### e di ### è stata parzialmente riformata in appello. 
Respinta l'eccezione di improcedibilit à del gravame e riten uta la ritualità della costituzione in giudizio dell'appellante principale pur senza il d eposito dell'originale dell'atto di citazione, la Corte distrettuale ha ritenuto che la collaborazione professionale affondasse le proprie radici in una prassi consolidata di affidamento di incarichi di progettazione urbanist ica, coerentem ente con gli scopi sociali di liquidazione del beni alle migliori condizioni possibili. 
Ha evidenziato che la S.G.R. s.p.a. era stata costituita dai maggiori creditori della ### con lo scopo di liquidarne il patrimonio e che, ai sensi dell'art. 2 dello Statuto, la società aveva i l potere di gest irne i beni in vista della loro successiva vendita, potendo porre in essere anche gli interventi di manutenzione indispensabili per la conservazione e valorizzazione del patrimonio im mobiliare residuo . Erano dunque coerenti con l'oggetto sociale anche le attività di progettazione, considerato che la Reg ione avrebbe contributo alla realizzazione della RSA con investimenti a fondo perduto, con un e vide nte vantaggio per la società, risultando notevolmente accresciuto il valore degli immobili destinati alla vendita. 
Vi era poi - secondo la pronuncia - una copiosa documentazione che dimostrava la legittimità dell'operato degli ing. ### e ### era stata intessuta, difatti, tutta una rete di attività rispetto alla quale era improbabile che a muovere le fila fosse stato un soggetto estraneo alla società ed era ampiamente provato lo svolgimento di un iter che trovava un inequivoco presupposto nel 4 di 18 pregresso conferimento dell'in carico di progettazione, pur se non formalizzato per iscritto. 
Le acquisizioni processuali conducevano, infatti, a ritenere che il rapporto era stato costituito per facta concludentia dai funzionari muniti del potere di im pegnare la società, dato il ruolo da essi rivestito nell'ambito dell'organizzazione aziendale, a prescindere dai limiti delle procure rilasciate dalla ### La Corte d i merito ha infine revocato i decreti ingiu ntivi ed ha quantificato il compenso in € 203.386 in favore della ### e di € 153.894 in favore dell'arch. Re ali, osser vando che i pro getti risultavano perfettamente de finiti in senso architettonico e planivolumetrico ed erano assimilabili ad un livello di progettazione intermedio in grado di cond urre all'otte nimento del pe rmesso a costruire, ma non erano idonei all a immediata e secuzione delle opere, necessitando di sostanziali integrazioni. 
Per la cas sazione della sentenza la S ### s.p.a., quale avente causa dalla S.G.R., propone ricorso in sei motivi.  ### e ### hanno proposto separati controricorsi, con ricorsi incid entali in due motivi, cui la Sm ia ha replicato con controricorso ex art. 371, comma quarto, c.p.c.. 
In prossimità dell'adun anza camerale le parti hanno depositato memorie illustrative.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione degli artt. 2697, 2727 e 27 29 c.c., sostenendo ch e la pronuncia abbia desunto la prova del conferimento dell'incarico da due fax del 12.6. 1997 e del 2.4.2017 immediatamente disconosciuti e di 5 di 18 cui non era stata confermata l'au tenticit à, documenti d i cui non poteva tenersi conto ai fini della decisione. 
Nell'accertare il perfezionament o del rapp orto professionale la Corte avre bbe poi dato rilievo ad elementi presuntivi p rivi di univocità e gravità, non tenendo conto della qualità delle parti e della natura e dell'oggetto del contratto, che non si prestava, per la sua rilevanz a economica, al perfeziona mento per facta concludentia. 
Erano irrilevan ti anche le missive, datate 4 .8.1997 e 11 .2. 1997, non riguardan ti la progettazione esecutiv a, non ché le lettere del 16.10.1996 del 30.1.1997, del 7.3. 1997, inviat e dal Comune di ### e non riferibili ai cont raenti, peraltro relative al la pratica ammin istrativa di rilascio della concessione e non al perfezionamento del contratto professionale. 
Il motivo è inammissibile. 
Nel richiamare una pluralità di documenti di cui contesta la valenza probatoria, il ricorso non ne riproduce minimamente il contenuto, tralasciando che questa Corte non ha il potere di accedere agli atti di causa ove siano dedotte violazioni di norme sostanziali. 
La ricorrente estrae, poi, quasi a campione, dalla notevole massa di acquisizioni processuali, un nu mero limitatissimo di att i, proponendone una personale lettura, che non può avere ingresso in cassazione. 
Le contestazioni sollevate in ricorso non inficiano, pertanto, con la dovuta compiutezza, l'art icolato impianto argomentativo della sentenza, che ha ricostruito l'i ntero iter d i perfeziona mento del contratto di incarico mediante l'esame di una notevole mole di atti, ritenuti convergenti nel loro significato probatorio, giungendo alla motivata conclusione che la collaborazione professionale era stata il frutto di una prassi negoziale consolidata tra le parti. 6 di 18 Quanto ai fax d el giugno e aprile 1997, la Corte di me rito li h a ritenuti non decisivi, evidenziando c he vi era altra “copiosa documentazione che comprovava la legittimità dell'op erato dei protagonisti, sia interni alla S.G.R., in g. Frosin a e ing.  ### come dei professionisti esterni ### e arch. Reali” (cfr. sentenza, pag. 15). 
Dai num erosi documenti, compresi que lli volti al rilascio dei permessi a costruire, era eme rsa la prova - secondo il giudice distrettuale - di una rete di attiv ità di cui erano parte attiva soggetti interni ed esterni a ### proprio in considerazione della particolare rilevanza economi ca dell'operazione, era improb abile che l'affare fosse stato deciso a ll'insapu ta della società, real e beneficiaria della valorizzazione degli immobili, o che quest'ultima non si si fosse av veduta di u n'eventuale macchin azione ai suoi danni. 
Gli atti d ei procedimenti di rilascio delle concessioni edilizie non hanno costituto - dunque - l'esclusiva fonte del convincimento del giudice, ma elementi rafforzativi pos ti in raffronto alle rest anti acquisizioni di causa. 
Non era infine preclusa la prova indiretta del contratto di incarico, potendo il giudice valore anche le presunzioni (o la prova per testi) in deroga al limite fissato dall'art. 2721, comma 1 c.c., in virtù del potere discrezionale conferito dall'art. 2721, comma 2 c. c., in relazione alla qualità delle parti, alla natura del contratto e ad ogni altra circostanza. 
Il relat ivo apprezzamento - sorretto, nella specie, da ampia e logica motiva zione - appare incensurabile (Cass. 23692 /2004; Cass. 136 21/2004; Cass. 575/1982; Cass. 5746/1981; 1741/1975; Cass. 4314/1974). 7 di 18 2. Il second o motivo denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per aver la Corte dist rettuale omesso di considerare che la SGR ave va conferito, prima del giugno 1997, d ue distinti incarichi di progettazione urbanistica in vista dell'espletamento delle procedure amministrative volte alla valorizzazione dei siti di ### e di ### I documenti di cui h a t enuto conto la sentenza riguardavano i rapporti instaurati precedentemente e non l'incarico oggetto di causa. 
Il motivo è inammissibile. 
Riguardo al perfezionamento del contratto di incarico, la pronuncia ha risolto le questioni in fatto, su punti dirimenti, in modo conforme alla decisione del Tribunale, che ha riformato solo relativamente al quantum debeatur, senza porre in dubbio che la società, tramite i suoi funzionari, avesse effettivamente confe rito l'incarico de lla progettazione relativa alle residenze di ### e ### di cui si discute nel presente giudizio. 
Una dive rsa valutazione, derivante dall'omessa considerazione di elementi documental i, è preclusa, stante il disposto dell'art. 348 ter, commi IV e V, c.p.c.. 
Il fatt o storico del conferimento d ell'incarico appare inol tre esaminato, non potendo procedersi ad un ulteriore apprezzamento delle prove sulla base di una diversa interpretazione degli atti di causa, profilo che concerne il merito della lite, non censurabile in cassazione sotto i profili dedotti in ricorso (Cass. s.u. 8053/2014).  3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 2384 e 2384 bis c.c., sostenendo che l'oggetto sociale non ricomprendeva anche la possibilità di conferire incarichi di progettazione esecutiva per la realizzazione di una residenza per anziani, avendo la società il solo scopo di acquisire il patrimonio di ### e di procedere alla 8 di 18 sua liqu idazione senza finalità di lucro , considerato inoltre ch e il potere di autorizzare atti di valore superiore ai duecento milioni di lire competeva al Consiglio di amminist razione e no n ai singoli funzionari. 
Si sostiene che anche in passato erano stati conferiti solo incarichi estimativi e di progettazione urbanistica e mai di progettazione di massima o esecutiva, in coerenza con l'oggetto sociale, i cui limiti erano opponibili ai terzi ai sensi dell'art. 2384 bis c.c.. 
Il motivo non è fondato. 
La senten za ha stabilito che l'at tività d i progettazione era compatibile con lo scopo sociale, interpre tand o le clausole statutarie in raffronto con la relazione illustrativa di bilancio 1999, ove era p revisto ch e le finalità di gestione e conservazione del patrimonio immobiliare acquisito da ### non escludevano la valorizzazione dei cespiti, sia pure in previsione della successiva vendita a terzi. 
Ha poi spiegato che la progettazione era finalizzata all'ottenimento delle concessioni amministrative per la costruzione della ### alla cui realizz azione la ### av rebbe cont ribuito per il 50% delle spese edili, strutturali, impiantistiche e di arredamento allestimento, mediante somme erogate a fond o perduto, con un importante ritorno economico per la ricorrente, data la consistente lievitazione del valore di mercato dei cespiti destinati alla vendita. 
Era p erciò necessaria la p redisposizione di un proget to architettonico ai fini della concessione edilizia e per ot tenere la preventiva approvazione dell '### sanitaria ### secondo le previsioni della normativa regionale. 
A conferma della compatibilità dell'operazione con lo scopo sociale, si è e videnzia to che la realizzazione delle RSA non avreb be comportato un impegno diretto di spesa da parte di ### essendo 9 di 18 programmato solo l'avvio della procedu ra al fine di ottenere la concessione per le opere che sarebbero state realizzate dai futuri acquirenti. 
Appare - in defi nitiva - correttamente valorizzato il profilo funzionale delle attività deliberate (e degli incarichi professionali ad esse strumentali) rispetto all'oggetto sociale, ponendo in rilievo che la società si era fatta carico di svolgere tutta l'attività preparatoria - di caratte re tecnico ed amminis trativo - volta alla successiva realizzazione - ad opera dei potenziali acquirenti - delle ### ma pur sempre ne ll'ottica della liquidazione del patrimonio alle condizioni più favorevoli. 
In effe tti, per stabilire se una data attività sia coerente con l'oggetto sociale e si a vincolant e per la società ai sensi dell'art.  2384 c.c., deve val utarsi la strument alità, diretta o indiretta, dell'atto rispetto all'oggetto sociale, inteso come la specifica attività economica concordata d ai soci nell'atto cost itutivo in vist a del perseguimento dello scopo di lucro proprio dell'ente. 
Non sono sufficien ti n é il criterio della astratta pre visione, ne llo statuto, del tip o di atto posto in essere ( la cui elencazio ne non potrebbe mai essere completa, data la serie infinita di atti, di vario tipo, funzionali all'e sercizio di una determinata at tività, né assicurando l'espressa previsione statutaria di un atto tipico che lo stesso sia, in concreto, rivolto allo svolgimento di quella attività), né il criterio della conformità dell'atto all'interesse della società (cfr., letteralmente, Cass. 16416/2002; Cass. 17761/2016; 61213/2017). 
Giova infine rammentare che l'interpretazione dell'atto costitutivo e dello statuto di una società, così come quella di ogni atto contrattuale, richiedendo l'accertame nto della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio, si traduce in 10 di 18 un'indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, ed è pertanto censurabile in sede di legittimità soltanto nel caso in cui la mot ivazione tale da non consentire di ricostruire l'"iter" logico seguito dal giudi ce per attribuire all'atto un determin ato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche (Cass. 26683/2006; Cass. 2836/1987; Cass. 3330/1979). 
Su tali premesse, ribadita l'incensurabilità dell'accertamento delle attività ricomprese nell'ogg etto sociale, non può darsi rilievo alle previsioni degli artt. 2384 e 2384 bis c.c., norme che si riferiscono al diver so caso in cui gli o rgani rappresentativi abbiano posto in essere atti in violazione dei limiti dello statuto o dei poteri legali di rappresentanza, non coerenti con gli scopi perseguiti dalla società.  4. Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., sostenendo che con la domanda monitoria era stato chiesto il compe nso per la progettazione esecutiva, men tre la s entenza, violando il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ha ricono sciuto il compenso per la progettazione urbanistica finalizzata al rilascio della concessione edilizia. 
Il motivo è infondato. 
La Corte d i merito - dando conto che il comp enso era stato richiesto per la progettazione esecutiva - ha valutato i medesimi elaborati posti a fond amento della richiesta di pagam ento e, in adesione alle conclusioni del c.t.u., ha evidenziato che mancavano i calcoli esecutivi e i grafici e che la progett azione aveva le connotazioni che caratterizzano i progett i de finitivi, idonei per l'ottenimento del permesso a costruire (cfr. sentenza, pag. 27). 
Non è qui ndi ravvis abile alcuna diversità - dal punto di vista oggettivo - tra le prestazioni per le quali la sentenza ha riconosciuto il compenso e quelle che Int arh e il ### i avevano sostenuto di aver effettuato in esecuzione degli incarichi ricevuti e 11 di 18 per le quali hann o chiesto il pagam ento, avendo la sent enza operato solo una div ersa quali ficazione delle attività professionali concretamente svolte.  ###. 112 c.p.c. implica, invece, il divieto di attribuire alla parte un bene non richiesto, o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispo ndenza nella do manda e deve ritenersi violato ogni qualvolt a il giudice, interferendo nel p otere d ispositivo delle parti, alteri alcu no degli element i identificativi dell'azione ("petitum" e "causa petendi"; Cass. 9255/2021). 
La norma non osta alla possibilità di una qualificazione giuridica dei fatti acquisiti al processo (Cass. 513/2019; Cass. 11289/2018). 
Ad ulteriore confutazione del motivo di censura è utile evidenziare che - a pag. 29 della pronuncia - la Corte di merito ha spiegato di non poter ricon oscere il corrispettivo p er la progettazione esecutiva, oggetto di domanda, ma solo quanto spettante per la progettazione di massima e per un progett o preventivo o sommario, poiché quello esecutivo implicava un impegno di risorse non compatibile con i limiti degli scopi sociali della commit ten te, che non potevano non esser noti ai professionisti, avendo essi già collaborato con SGR “secondo un sistema già praticato in passato”.  5. Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 2206 e ss.  c.c., per aver il giudice ricon osciuto agli ing. Fro sina ed ### la qualifica di procuratori commerciali , pur e ssendo essi prepost i allo svolgimento di atti d i natura puramente esecutiva, senza possibil ità di adottare scelte riservate all'imprenditore. 
Il pot ere di rappresentanza generale ch e compete ai procuratori commerciali sarebbe sempre contenuto nei limiti dell'oggett o sociale e, comunque, lo specifico affare doveva ritenersi atto di alta 12 di 18 amministrazione che eccedeva dai poteri attribuiti con le procure, i cui limiti erano pienamente opponibili ai terzi. 
Il motivo è infondato. 
Come si è in p recedenza e videnzia to, il giudice distrettuale ha motivatamente negato che l'affare fosse incompatibile con lo scopo sociale, potendo SGR legittimamente perseguire la valorizzazione del patrimonio immobiliare e, dunque, anche mediante la prevista realizzazione delle RSA (nel senso innanzi precisato) con i benefici derivanti dalle erogazioni pubbliche accordate all'interven to edificatorio. 
Tale premessa, che qui trova conferma, conduce a neg are che l'operazione fosse sottratta alle com petenze d el Consiglio di amministrazione, né trova alcun avallo nella pronuncia che l'affare fosse stato autonomamente deliberato dai procuratori commerciali in virtù di una loro scelta gestionale della quale fosse all'oscuro - o di cui fosse stata inconsapevole vittima - la società. 
Era stata, invece, “intessuta tutta una rete di attività cui avevano partecipato diversi soggetti in terni ed esterni, rispetto alla quale rete è improbabile che a muovere le fila fosse stato un soggetto estraneo alla società, con le conseguenze e i rischi propri legati al considerevole impegno di spesa derivante alfa società committente, senza che ciascuno degli altri organi coinvolti si rendesse conto per tempo della macchinazione. Il carattere assolutamente dirompente degli accadimenti prospettati da S.G .R., diretti a scardinare ogni interno riparto di competenz e, di interesse, in ipotesi, anche penalistico, è contraddetto dalla portata stessa dell'affare, diretto a produrre notevole incremento patrimoniale dei beni di proprietà della S.G.R. che qui si pretende lesa, né è pensabile il concorso di una pluralità di persone, avvero le quali S.G.R. non ha esercitato alcuna iniziativa”. 13 di 18 E' ap parso in prop osito decisivo il ruolo rivestito dai fun zionari nell'ambito della compagine sociale, precisando che il potere di rappresentanza, rispetto allo specifico affare considerato, costituiva l'effetto naturale della loro collocazione nell'organizzazione dell'impresa, che poi aveva utilizzato i risultati dell'attività svolta, non venendo ne ppure in rilievo i limi ti della procura, essendo il potere rappresentativo diretta emanazione delle mansioni affidate ai singoli funzionari e connaturale al ruolo ricoperto (cfr. sentenza, pag. 24 e 35). 
Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente - l'### e il ### non avevano ag ito motu proprio, ma nell'esercizio di un potere che aveva anche trovato avall o nel convergente operato degli altri organi sociali rispetto a un'operazione che non eccedeva dall'oggetto sociale e che detti funzionari non avevano - comunque - autonomamente deliberato (cfr. sentenza, pag. 25 e 26).  6. Il sesto motivo denuncia la violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, 336, comma 2, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., per aver la sentenza immotivatame nte respinto la domanda di restituzione delle maggiori somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado a causa della manca ta indic azione degli importi da restituire, che erano invece agevolmente quantificabili mediante il calcolo matem atico della differenza tra le somme og getto della condanna di primo grado e quelli minori liquidate in appello. 
Il motivo è infondato. 
Il vizio di motivazione è insussist ente: nel sostenere che l'appellante non aveva specificato l'ammontare dell'importo oggetto della domanda di restituzione, la sentenza ha - sia p ure con motivazione sintetica - inteso riferirsi alla somm a effettivam ente versata in esecuzione della sentenza di primo grado, trattandosi di dato imprescindibile per calcolare il dovuto. 14 di 18 In mancan za di allegazione e di p rova deg li esborsi sostenuti - prova che compete va alla ricorren te (Cass. 11115/2021) - il giudice ha legittimament e motivazione esente da vizi logici, ha negato il diritto al rimborso, non potendosi diversamente stabilire l'eventuale spettanza e l'e satto ammontare delle somme da restituire, in confronto alle somme defi nitivamente liquidate in appello.  7. Il settimo motivo lament a la violazione dell'art. 91 c.p.c., affermando che la ricorrente non doveva risp ondere delle spese, essendo i professionisti parzialmente soccombenti a seguito della notevole riduzione delle richieste economiche avanzate in giudizio. 
Il motivo è infondato.  ### in misura minore a quella richiesta di una domanda costituita da un unico capo non dà luogo a soccombenza parziale, la quale postula il rigetto di domande contrapposte o l'accoglimento parziale di una domanda articolata in più capi. 
Nel primo caso possono al più configurarsi le gravi ed eccezionali regioni per disporre la compensazione delle spese (art. 92 c.p.c. ), che resta facoltativa ed il cui mancato esercizio non è censurabile in cassazione (Cass. s.u. ###/2022). 
In que ste ipotesi il sindacat o di legittimità ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale dette spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, mentre vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudic e di merito, la valutazione dell'opportunità di compensarle in tutto o in p arte ( 18128/2020; Cass. 24502/2017; Cass. 19613/2017; 8421/2017) 8. Il prim o motivo del ricorso in cidentale di ### ali denuncia la violazione delle LL. 143/1949, 143/1958, 340/176, dei 15 di 18 DD.MM. 21.8.1958,25.2.1965, 18.11.1971, 13.4.1976, 29.6.1981, 11.6.1987, degli artt. 16, comma 4, e 1 7, comma 1 4 ter, L.  109/1994, nonché la violazione del principio di ragionevolezza. 
Si lamenta che la Corte, pur avendo ammesso che i professionisti avevano elaborato i progetti architettonici esecutivi e di massima delle strutture e degli impianti, abbia riconosciuto quanto spettante per la sola progettazione di massima e nulla abbia liquidato per la progettazione degli arredi. 
Il second o motivo del ricorso in cidentale denuncia la violazione dell'art. 111 Cost., censurando la contraddittorietà della decisione per aver affe rmato che il R eali aveva elaborato un progetto definitivo, liquidando il solo compenso spettante per la redazione di un progetto di massima. 
Il prim o motivo del ricorso in cidentale della ### denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo, sostenendo che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto ch e, come emerso anche dalla c.t.u., la ricorrente era stat a incaricata d i redigere una progettazione di livello intermedio (tra quello di massima e quello esecutivo) assimilabile alla progettazione definitiva ed utile ad ottenere il permesso a costruire, ma che doveva altresì presentare un grado di dettaglio pari alla progettazione esecutiva, per cui il compenso doveva essere quantificato in applicazione dei parametri previsti per quest'ultima attività, sulla base del parere di congruità del Consiglio dell'ordine professionale. 
Il second o motivo del ricorso in cidentale denuncia la violazione dell'art. 111 Cost., lamentando che la Corte di merito, pur avendo stabilito che la società aveva elab orato una progettazione definitiva, abbia riconosciuto il compenso per una progettazione di massima. 16 di 18 Il terzo motivo ripropone le questioni ritenute assorbite dalla Corte di appello riguardo alla ratifica degli incarichi conferiti alla società dall'ing. ### e alla responsabilità professionale di quest'ultimo verso la ### I due motivi del ri corso di ### ed i primi due motivi del ricorso della I ntarh possono essere e saminati congiuntamen te e vanno dichiarati inammissibili per le ragioni che seguono. 
La Corte di merito ha dato motivatamente conto delle ragioni per le quali, pur avendo affermato che i tecnici avevano elaborato una progettazione definitiva, ha poi liquidato il compenso per quella di massima, specificando a pag. 29 della sent enza - sia pure con riferimento alla maggiorazione per i ncarico sospeso - che la redazione di un progetto esecutivo avrebbe richiesto un impegno di risorse non comp atibile con i limiti d egli scopi sociali della committente - che non potevano essere ignorati dai professionisti - avendo essi già collaborato con la S.G.R. per le medesime finalità e secondo sistema già praticato in passato. 
La riduzione delle spett anze professionali, rispetto alle richieste recepite anche nel parere di congruità de l Consiglio dell'ordine professionale, non è scaturita da un'errata valu tazione o d a un travisamento del contenuto de lla prestazione sv olta, ma dalla constatazione che non era stato reda tto un proget to ese cutivo e che potevano, comunque, liquidarsi solo importi corrispondenti alle attività che la società, compati bilmente con l'oggetto sociale, avrebbe potuto commissionare. 
Appare dunque valorizzata l'impossibilità che la società assumesse un ben p iù gravoso impegno economico, statuizion e quest'ultim a con cui non si confrontano minimamente i due ricorsi incidentali, proponendo censure non pertinenti rispetto al contenuto effettivo della pronuncia. 17 di 18 Non sussiste alcun omesso esame di circostanze decisive, avendo il giudice esaminato le prestazioni svolte e motivatamente disatteso le richieste della società. 
In conclus ione, è respinto il ricorso princip ale, mentre il ricorso incidentale di ### è dichiarato inammissibile. 
I primi due motivi del ricorso incidentale della ### sono, per le medesime ragioni, inammis sibili, mentre il terzo è assorbito, essendo proposto in via condizionata all'accogliment o del ricorso principale. 
Le spese di legittimità sono integralmente compensate in relazione all'esito del presente giudizio. 
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussi stenza dei presu pposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorr enti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a qu ello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.  P.Q.M.  rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibili entrambi i ricorsi incidentali e compensa le spese del presente giudizio di legittimità. 
Dà atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell a ricorrente principa le e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo d i contributo unif icat o, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art.  13, se dovuto. 18 di 18 Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### 

Giudice/firmatari: Di Virgilio Rosa Maria, Fortunato Giuseppe

M

Tribunale di Ragusa, Sentenza n. 1788/2025 del 23-12-2025

... gravità dell'inadempimento, deve tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l'alterazione dell'equilibrio contrattuale (### 3, n. 7187 del 4 marzo 2022; ### 6-3, n. 8220 del 24 marzo 2021). Infatti, la gravità dell'inadempimento ai sensi dell'art. 1455 c.c. va commisurata all'interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto e non alla convenienza, per detta parte, della domanda di risoluzione rispetto a quella di condanna all'adempimento (### 1, n. 8212 del 27 aprile 2020; ### 3, 4022 del 20 febbraio 2018)” (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 10/04/2025, n. 9399. Nei medesimi termini si veda anche Cass. civ., sez. II, ord., 05/03/2024, n. 5843). Nella specie, appare che l'unico inadempimento rilevante possa eventualmente individuarsi nell'esercizio da parte della sig.ra ### dell'azione di impugnazione del testamento e, cioè, del titolo legittimante la proprietà dell'immobile di cui si discute (come, tra l'altro, può evincersi dal ricorso monitorio). Tenuto conto delle circostanze soggettive ed oggettive da cui dovrebbe desumersi l'alterazione del sinallagma contrattuale, deve, tuttavia, (leggi tutto)...

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R.G. 744/2020 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI RAGUSA Sezione Civile Il tribunale, nella persona del giudice monocratico dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al numero di r.g. 744/2020, a cui è stata riunita la causa iscritta al numero di r.g. 1459/2020, pendente tra: ### (###), nata a ### il ### e residente ###, con il patrocinio dell'avv. ### (###), con elezione di domicilio in ### via ### n. 200, presso lo studio dell'avv. ### e ### (###), nata a ### il ### e residente ###, ### (###), nata a ### il ### e residente ###, nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale sulla minore ### (###), nata a ### il ### e residente ###, ### (###), nata a ### il ### e residente ###, e ### (###), nato a ### il ### e residente ###, con il patrocinio dell'avv. ### (###), con elezione di domicilio in ### viale del ### n. 10, presso il di lui studio ### contro ### S.R.L. UNIPERSONALE (###), in persona del legale rappresentante, con sede ###### c.da Fortugnello, strada provinciale 25 km 1,4 s.n.c., con il patrocinio dell'avv. ### (###), con elezione di domicilio in ### via dott. ### n. 16, presso il di lui studio ### Svolgimento del processo Nel procedimento iscritto al n. r.g. 744/2020, con atto di opposizione al decreto ingiuntivo n. 112/2020, emesso dal tribunale di ### (n. r.g. 5127/2019) in data ###, regolarmente notificato, e avverso il pedissequo atto di precetto, la sig.ra ### conveniva in giudizio la società ### s.r.l.  unipersonale per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “[v]oglia l'On.le Tribunale adito ritenuta la narrativa del presente atto: 1) in via preliminare, revocare e/o sospendere la provvisoria esecuzione accordata al decreto ingiuntivo n° 112/2020; 2) nel merito: dichiarare la nullità del decreto opposto e del pedissequo atto di precetto; 3) subordinatamente, accertare l'insussistenza e l'infondatezza della pretesa creditoria azionata dichiarando nullo e, pertanto, improduttivo di giuridici effetti, l'opposto decreto ed il pedissequo atto di precetto; 4) in accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale, condannare la ### s.r.l. unipersonale, in persona del suo l.r.p.t., al pagamento della somma di € 3.900,00 a titolo di indennità di occupazione maturata dal 10/02/2020 oltre a quella successivamente maturanda ed ancora interessi legali sino all'effettivo soddisfo. Con vittoria di spese e compensi del giudizio”. 
Allegava, a tal fine, che: - per effetto del contratto preliminare di vendita del 27/06/2018, la società opposta versava in favore di ###### e ### un totale di euro 14.000,00, a titolo di caparra confirmatoria. In data successiva, la società opposta versava alla sig.ra ### quale esercente la responsabilità genitoriale sulle minori ### e ### (quest'ultima ormai maggiorenne) la somma di euro 22.000,00; - con ricorso del 20/12/2019, la società opposta chiedeva l'emissione di un decreto ingiuntivo per l'importo di euro 50.000,00, oltre interesse e spese, di cui euro 28.000,00, a titolo di doppio della caparra confirmatoria, e di euro 22.000,00, a titolo di acconto versato in favore della sig.ra ### - in accoglimento del ricorso monitorio, il tribunale di ### emetteva il chiesto decreto ingiuntivo ingiungendo alla sig.ra ### in solido agli altri promittenti, il pagamento dell'importo di euro 50.000,00, oltre interessi; - in data ###, la società opposta notificava il decreto ingiuntivo, dichiarato provvisoriamente esecutivo, unitamente all'atto di precetto; - il pagamento dell'importo azionato presupponeva la risoluzione del contratto preliminare di vendita, sebbene la società opposta non abbia attivato apposito giudizio di cognizione, né presentava formale diffida ad adempiere e neppure l'atto presentava apposita clausola risolutiva espressa; - nel preliminare di vendita, i promittenti venditori, inclusa la sig.ra ### in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sulle allora figlie minorenni, si impegnavano a vendere l'immobile ivi descritto e, contestualmente alla stipula, la società promissaria acquirente versava, pro-quota, l'importo totale di euro 14.000,00. Il saldo sarebbe stato versato solo al momento della stipula del definitivo di vendita; - la stipula dell'atto pubblico di vendita non avveniva nella data prevista del 04/08/2018, atteso che solo il ### veniva adottata la determina dell'I.R.S.A.P. di autorizzazione alla vendita dell'immobile oggetto del preliminare; - la sig.ra ### informava la società opposta di aver promosso l'azione di impugnazione del testamento, il titolo da cui perveniva l'immobile, dichiarando, altresì, di “essere titolare della quota promessa in vendita, mantenendo ovviamente fermo l'impegno, assunto nel preliminare, di tenere indenne la ### s.r.l. da ogni eventuale spesa, costo o danno di fronte a pretese o diritti vantati da altri in relazione alla successione ereditaria”; - i promittenti venditori dichiaravano, a fronte delle comunicazioni del 22/02/2019 e del 11/03/2019, di essere disponibili alla stipula del definitivo; - la società opposta continuava ad occupare l'immobile occupato; - la somma di euro 22.000,00 veniva versata “nell'interesse esclusivo e proprio della ###ra ### e non già delle minori ### e ### le uniche legittimate a ricevere il pagamento del prezzo esclusivamente con le modalità fissate dal Tribunale di ### nel provvedimento autorizzativo del 21/06/2018 che -lo si ribadisceera perfettamente conosciuto dalla ### s.r.l.”; - le somme reclamate non erano comunque dovute, anche considerato che il preliminare di vendita non prevedeva alcun regime di solidarietà tra i promittenti venditori, i quali, invero, si impegnavano a vendere nei limiti della loro quota; - atteso che il definitivo non veniva stipulato e che la società opposta riteneva risolto il preliminare alla data del 10/01/2019, la stessa doveva corrispondere l'indennità di occupazione dell'immobile originariamente concesso in comodato. 
Concludeva, dunque, come sopra precisato. 
Con comparsa ritualmente depositata inerente l'avversaria istanza ex art. 649 c.p.c. si costituiva in giudizio la società ### s.r.l. unipersonale per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “piaccia all'On.le Tribunale adito respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, rigettare l'avversa istanza di revoca e/o sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto non sussistendone i presupposti di legge per i motivi di cui in premessa o per quelli eventualmente diversi che appariranno di giustizia. Il tutto con espressa riserva di costituirsi in vista della prima udienza di trattazione fissata per il ### e di spiegare le difese e le domande che si riterranno opportune. ### ogni altro diritto. Con vittoria di spese e compensi”. 
Deduceva, a tal fine, che: - la richiesta di revoca della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto risultava inammissibile, atteso che il giudice era titolare del solo potere di sospensione e non già di revoca; - nel ricorso monitorio, la società opposta richiamava l'art. 1385 c.c. per esigere il doppio della caparra confirmatoria e, dunque, non risultava necessario introdurre il giudizio per la declaratoria di risoluzione del preliminare, né l'invio di una diffida ad adempiere e neppure il testo prevedeva una clausola risolutiva espressa; - nel preliminare di vendita, “le parti hanno inoltre dato atto dell'avvenuto pagamento in favore della promissaria venditrice, integrante con ogni evidenza una parte contrattuale complessa, della complessiva somma di € 14.000,00, precisando che la stessa era stata versata dalla promittente acquirente ### s.r.l. titolo di caparra confirmatoria. Il termine entro il quale procedere alla stipula del definitivo era sta[t]o inizialmente fissato per il ### e, poi, al 10.01.2019”; - la sig.ra ### comunicava alla società opposta di aver introdotto un giudizio di impugnazione del testamento del dante causa sig. ### e, dunque, del titolo di acquisto dell'immobile descritto nel preliminare di vendita; - nessuno dei componenti la parte venditrice si presentava all'appuntamento del 10/01/2019 presso il notaio per la stipula del definitivo; - preso atto dell'inadempimento, con nota del 20/02/2019 la società opposta chiedeva il pagamento dell'importo di euro 28.000,00, a titolo del doppio della caparra confirmatoria già versata; - l'iniziativa giudiziaria promossa dalla sig.ra ### pregiudicava il pacifico trasferimento dell'immobile oggetto del preliminare; - la sig.ra ### come risultava dalla quietanza allegata al ricorso monitorio, accettava l'importo di euro 22.000,00 in qualità di esercente la responsabilità genitoriale delle figlie ### e ### e a titolo di acconto per la cessione dell'immobile; - del tutto correttamente, la società opposta agiva per l'ingiunzione solidale dei promittenti venditori ed odierni opponenti, “considerato che l'immobile in esame costituiva e costituisce un unicum inscindibile promesso in vendita da tutti i proprietari in comunione delle singole quote indivise, costituenti come detto un'unica parte contrattuale complessa”. 
Concludeva, dunque, come in premessa. 
Con provvedimento del 26/10/2020, il giudice, esaminati gli atti del giudizio, a scioglimento della riserva assunta all'udienza, sospendeva l'efficacia provvisoriamente esecutiva del decreto ingiuntivo opposto. 
In occasione dell'udienza di prima comparizione, si costituiva la società opposta per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “piaccia all'On.le Tribunale adito respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa: - in via principale, rigettare sotto ogni profilo l'avversa opposizione, ivi compresa la domanda riconvenzionale, in quanto inammissibile e infondata per le causali di cui in premessa o per quelle eventualmente diverse che appariranno di giustizia e, per l'effetto, confermare integralmente il decreto ingiuntivo opposto; - in subordine e per la invero denegata ipotesi di accoglimento anche solo parziale dell'avversa opposizione, dire e ritenere in ogni caso legittimo il recesso ex art. 1385, secondo comma, c.c. operato dalla ### s.r.l.. e, per l'effetto, condannare la sig.ra ### al pagamento del doppio della caparra confirmatoria e alla restituzione dell'ulteriore acconto versato dalla ### s.r.l., in solido con gli altri elementi soggettivi della parte promissaria venditrice o, in via ulteriormente gradata, pro quota. Il tutto oltre interessi legali dal dovuto alla data di deposito del ricorso monitorio e oltre interessi moratori ex art. 5 del D.Lgs. n. 231/2002 maturati e maturandi da tale data sino all'effettivo soddisfo; - in via ulteriormente gradata e per l'ipotesi di rigetto delle superiori domande, dire e ritenere risolto il contratto preliminare per inadempimento della parte promittente venditrice e, per l'effetto, condannare la sig.ra ### alla restituzione di tutte le somme versate dalla ### s.r.l. a titolo di caparra e di ulteriore acconto prezzo in solido con gli altri elementi soggettivi della parte promissaria venditrice o, in via ulteriormente gradata, pro quota. Il tutto oltre interessi legali dal dovuto alla data di deposito del ricorso monitorio e oltre interessi moratori ex art. 5 del D.Lgs.  231/2002 maturati e maturandi da tale data sino all'effettivo soddisfo; - in caso di accoglimento anche solo parziale dell'avversa domanda riconvenzionale, compensare le somme che risulteranno eventualmente dovute alla sig.ra ### con il maggior credito vantato nei confronti della stessa dalla ### s.r.l.-. ### ogni altro diritto. Con vittoria di spese e compensi della presente fase”. 
Rispetto alle argomentazioni già esposte con la comparsa limitata all'esame dell'avversaria istanza formulata ai sensi dell'art. 649 c.p.c., la società opposta deduceva, altresì, che: - la società non prestava acquiescenza al provvedimento del giudice nella parte in cui non riconosceva - prima facie - infondate le avverse eccezioni; - la domanda di condanna al pagamento dell'importo di euro 3.900,00 a titolo di indennità per occupazione dell'immobile di cui al preliminare risultava inammissibile e infondata; - alcun termine era stato fissato nel contratto di comodato per la restituzione dell'immobile e, in ogni caso, parte opponente non aveva mai richiesto formalmente la restituzione.  ### decidente, divenuto assegnatario delle cause iscritte ai nn. r.g. 744/2020 e 1459/2020, ritenuta “la connessione oggettiva e, parzialmente, soggettiva, lato opposta” tra le due cause, disponeva la riunione del procedimento iscritto al n. r.g. 1459/2020 in quello identificato con n. r.g. 744/2020. 
Nel procedimento iscritto al n. r.g. 1459/2020, con atto di opposizione al decreto ingiuntivo n. 112/2020, emesso dal tribunale di ### (n. r.g. 5127/2019) in data ###, regolarmente notificato, e avverso il pedissequo atto di precetto, i sigg. ##### quale esercente la responsabilità genitoriale sulle figlie minori ### e ### convenivano in giudizio la società ### s.r.l. unipersonale per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni “[c]odesto On.Le Tribunale di [###, adito e competente, contrariis rejectis, v o g l i a: previa immediata sospensione con decreto, inaudita altera parte, degli effetti del D.I. n° 112/2020 emesso dal Tribunale Civile di ### nel proc. mon. R.G. n° 5127/2019 - del 23 gennaio 2020, unitamente al pedissequo atto di precetto del 12 febbraio 2020, notificati succ., indi accogliere la presente opposizione e così declarare e statuire: 1°) in via pregiudiziale, accogliere integralmente le eccezioni, istanze e difese formulate da parte opponente per tutte le ragioni spiegate nella superiore narrativa, indi, ritenere e dichiarare la revoca, ovvero l'annullamento nonché l'invalidità, illegittimità, infondatezza ed inefficacia del D.I.  112/2020 emesso nel procedimento monitorio-### di cui al RG n. 5127/2019 - e del pedissequo compiegato precetto, opposti, specificati infra e descritti in epigrafe, per tutte le eccezioni e ragioni spiegate nella superiore narrativa. 2°) senza recesso, nel merito, accogliere integralmente le domande e difese di merito, avanzate da parte opponente per tutti i motivi spiegati nella medesima superiore narrativa, indi, ritenere e dichiarare la revoca, ovvero l'annullamento nonché l'invalidità, illegittimità, infondatezza ed inefficacia del D.I. n. 112/2020 emesso nel procedimento monitorio - ### di cui al RG n. 5127/2019 - e del pedissequo compiegato precetto, opposti, meglio specificati infra e descritti in epigrafe. 3°) ammettere tutti i mezzi istruttori utili e conducenti e, sin d'ora, ammettere la prova documentale che qui si offre in produzione. Ed altresì, nei concedendi termini di cui all'art. art. 183, comma VI nn. 1, 2 e 3 del ### di ###. 4°) Con ogni altra statuizione necessaria e consequenziale e con vittoria di spese e compensi del presente giudizio, oltre IVA e CPA e spese generali come per legge, da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore antistatario, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 93 CPC”. 
Allegavano, a tal fine, che: - il decreto ingiuntivo opposto era stato emesso in data ### e, dunque, oltre il termine di trenta giorni previsto dall'art. 641, co. 1, c.p.c.; - il decreto ingiuntivo opposto era stato emesso senza l'espresso avvertimento di cui all'art. 641, co. 1, c.p.c.; - il decreto ingiuntivo opposto era stato emesso senza “i presupposti e le condizioni richiesti seriamente dalla disciplina inerente il procedimento speciale, azionando il quale l'odierna parte opposta ha inteso eludere proponendo la domanda monitoria corredandola - giova ribadire - su elementi fattuali parziali e, preordinatamente, pseudo-giustificativi”; - il preliminare di compravendita del 27/06/2018 prevedeva espressamente la cessione dell'immobile mediante la cessione delle singole quote di proprietà; - la somma di euro 22.000,00 veniva consegnata dalla società opposta ad una “ben distinta promittente venditrice”; - la società opposta conseguiva il possesso dell'immobile sin dalla stipula del preliminare di vendita; - il termine per la stipula dell'atto definitivo di vendita veniva rinviato a “data successiva, previo concordamento con tutti i promittenti”; - la stipula del rogito era stata regolarmente curata da ogni promittente venditore; - con diffida del 10/06/2019, i sigg. #### e ### diffidavano la società opposta alla stipula dell'atto definitivo di vendita; - con nota del 10/06/2019, la società opposta optava “per l'azione di risoluzione e non per l'azione di recesso, come preordinatamente predicato nella narrativa del ricorso monitorio”; - la promissaria non partecipava, altresì, alla stipula fissata per il giorno 26/02/2020. 
Concludevano, dunque, come in premessa. 
Con comparsa ritualmente depositata, si costituiva in giudizio la società ### s.r.l. unipersonale per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “piaccia all'On.le ### adito respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa: - in via preliminare rigettare l'avversa istanza di sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto non sussistendone i presupposti di legge per i motivi di cui in premessa o per quelli eventualmente diversi che appariranno di giustizia; - nel merito dire e ritenere la sig.ra ### carente della potestà genitoriale sulla figlia maggiorenne ### - ancora nel merito, rigettare sotto ogni profilo l'avversa opposizione in quanto inammissibile e infondata per le causali di cui in premessa o per quelle eventualmente diverse che appariranno di giustizia e, per l'effetto, confermare integralmente il decreto ingiuntivo opposto; in subordine e per la invero denegata ipotesi di accoglimento anche solo parziale dell'avversa opposizione, condannare comunque gli opponenti al pagamento della somma ingiunta e/o di quell'altra eventualmente inferiore che sarà ritenuta dovuta, risulterà dovuta, oltre interessi legali dal dovuto alla data del deposito della domanda e oltre interessi moratori ex art. 5 del D.Lgs. n. 231/2002 maturati e maturandi da tale data sino all'effettivo soddisfo, nonché delle spese e dei compensi della fase monitoria.  ### ogni altro diritto. Con vittoria di spese e compensi della presente fase”. 
Deduceva, a tal fine, che: - la sig.ra ### non poteva costituirsi quale soggetto esercente la responsabilità genitoriale della sig.ra ### in quanto oramai maggiorenne; - il termine per l'emissione del decreto ingiuntivo non risultava avere natura perentoria; - la mancanza dell'espresso avvertimento non impediva il raggiungimento dello scopo previsto dalla norma; - la società opposta allegava in sede monitoria la prova documentale relativa all'esistenza e all'ammontare del credito vantato nei confronti degli odierni opponenti; - l'importo di euro 22.000,00 veniva corrisposto dalla società opposta in favore della sig.ra ### esercente la responsabilità genitoriale sulle figlie minori, nelle modalità da lei indicate; - la sig.ra ### anche lei promittente venditrice, comunicava alla società opposta di aver intrapreso un'azione giudiziaria volta alla “declaratoria di nullità assoluta del testamento - anche - del suo dante causa sig. ### e, quindi, del titolo di acquisto dell'immobile oggetto del citato preliminare. In buona sostanza, quindi, la sig.ra ### ha disconosciuto la validità dell'atto di provenienza di una parte dell'immobile, con la precisazione che nessuno dei componenti della parte promittente venditrice si è presentato al predetto appuntamento, a conferma dell'impossibilità di procedere alla stipula”; - con nota del 20/02/2019, la società opposta chiedeva il pagamento del doppio della caparra confirmatoria già versata; - la convocazione della società opposta per il ### era successiva al deposito del ricorso monitorio e della notifica del decreto ingiuntivo; - l'immobile promesso in vendita costituiva un unicum inscindibile e, dunque, l'obbligazione assunta si presentava in termini di solidarietà e non già di parziarietà; - controparte non muoveva alcuna specifica censura inerente al pedissequo atto di precetto. 
Concludeva, dunque, come sopra precisato. 
Con provvedimento del 22/04/2025, il giudice, disposta la riunione dei procedimenti iscritti ai nn. r.g.  744/2020 e 1459/2020, e ritenuta la causa matura per la decisione, la rinviava per precisazione delle conclusioni e, infine, all'udienza ex art. 281-sexies c.p.c., all'esito della quale, fatte precisare le conclusioni e data la parola alle parti per la discussione, pronunciava la presente sentenza a scioglimento della riserva ivi assunta. 
Motivi della decisione Con separati atti di opposizione, riuniti per ragioni di connessione oggettiva e, parzialmente, soggettiva, gli odierni opponenti adivano l'intestato tribunale proponendo opposizione al decreto ingiuntivo 112/2020, emesso dal tribunale di ### (n. r.g. 5127/2019) in data ### - e avverso il pedissequo atto di precetto -, con il quale la società opposta aveva conseguito l'ingiunzione al pagamento di euro 50.000,00, oltre interessi e spese. 
Considerato che, secondo la prospettazione di parte opposta, il credito discenderebbe da una obbligazione solidale e ritenuto che tutti gli odierni opponenti hanno proposto opposizione sulla base delle medesime doglianze (o secondo argomentazioni comunque assimilabili), appare opportuno procedere ad una trattazione unitaria delle cause. 
Prima di procedere all'esame nel merito del rapporto sotteso al decreto ingiuntivo, come di seguito meglio precisato, preme, anzitutto, muovere dalle eccezioni (formulate nell'atto di opposizione di cui al procedimento iscritto al n. r.g. 1459/2020) relative alla regolarità formale del decreto ingiuntivo opposto. 
Con una prima doglianza, parte opponente ha lamentato l'emissione del decreto ingiuntivo oltre il termine di trenta giorni di cui all'art. 641, co. 1, c.p.c.: “[s]e esistono le condizioni previste nell'articolo 633, il giudice, con decreto motivato da emettere entro trenta giorni dal deposito del ricorso […]”. 
In particolare, parte opponente ha dedotto che il decreto ingiuntivo sarebbe stato emesso in data ###, oltre il termine di trenta giorni dal deposito del ricorso del 20/12/2019, e, per l'effetto, il decreto ingiuntivo opposto andrebbe “revocato e/o declarato nullo, invalido, illegittimo e caducato, unitamente al precetto, con ogni pedissequa statuizione favor appelans” (cfr. opposizione n. r.g.  1459/2020). 
Tale eccezione di ritto non è meritevole di accoglimento, attesa la natura ordinatoria del predetto termine. 
Come è noto, l'art. 152, co. 2, c.p.c. prevede espressamente la natura ordinatoria dei termini fissati dalla legge, salvo non previsto diversamente: “[i] termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”. Stante il tenore letterale della norma, è fuor di dubbio che un termine possa ritenersi perentorio nei soli casi espressamente previsti dalla legge. 
Al di fuori di essi, per consolidata giurisprudenza, può desumersi la perentorietà del termine solo alla luce della sua ratio (cfr., Cass. civ., sez. V, sent., 02/08/2023, n. 23584, da ultimo richiamata anche da Cass. civ., sez. V, ord., 23/05/2025, n. 13805: “si resta nel solco di principi consolidati nel ritenere che un termine possa considerarsi perentorio anche a ragione dello scopo perseguito e della funzione assolta, pur in assenza di un'espressa indicazione della norma (cfr. sul punto, Cass., Sez. U. 23 dicembre 2004, n. 23832; Cass., Sez. T., 9 gennaio 2004, n. 138; Cass., Sez. U. 5 giugno 1998, n. 524; Cass., I, 6 giugno 1997 n. 5074; con riferimento al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 12, c. 2, v. Cass., Sez. V, 30 giugno 2010, n. 15473; Cass., Sez. V, 18 novembre 2009, n. 24301)”. 
Tanto premesso, l'art. 641, co. 1, c.p.c. omette di qualificare il termine ivi previsto di trenta giorni dal deposito del ricorso come termine perentorio. Trattasi, evidentemente, di termine meramente ordinatorio, atteso che il predetto termine non riguarda un'attività rimessa alle parti in lite, bensì un'attività sottoposta unicamente all'autorità giurisdizionale, la cui inerzia non causa alcun nocumento all'ingiunto, mentre l'invalidità del provvedimento danneggerebbe irragionevolmente il ricorrente incolpevole. Poiché una tale conclusione si porrebbe nettamente in contrasto con i principi costituzionali e sovranazionali che governano il giusto processo, è indubbia, per l'odierno decidente, la natura ordinatoria del termine di cui all'art. 641, co. 1, c.p.c. 
La doglianza non è, dunque, meritevole di accoglimento, poiché manifestamente infondata. 
Con una seconda doglianza, parte opponente ha lamentato l'emissione del decreto ingiuntivo in assenza dell'espresso avvertimento di cui all'art. 641, co. 1, c.p.c.: “[…] il giudice, con decreto motivato da emettere entro trenta giorni dal deposito del ricorso, ingiunge all'altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste o invece di queste la somma di cui all'articolo 639 nel termine di quaranta giorni, con l'espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione a norma degli articoli seguenti e che, in mancanza di opposizione, si procederà a esecuzione forzata”. 
In particolare, parte opponente deduce che il decreto ingiuntivo sarebbe stato emesso in assenza dell'avvertimento “che, in mancanza di opposizione, si procederà a esecuzione forzata” e, dunque, pregiudicando l'effettiva conoscenza “delle conseguenze, fattuali e giuridiche, persino pregiudizievoli che andrebbe a patire in caso di mancata opposizione. […] Il vizio de quo rende nullo, invalido radicale e viziato il provvedimento monitorio in esame!” (cfr. opposizione n. r.g. 1459/2020). 
Sebbene risulti documentale l'assenza dell'espresso avvertimento, la doglianza non è comunque meritevole di accoglimento, atteso il raggiungimento dello scopo del decreto ingiuntivo opposto, la cui conoscenza ha consentito un'opposizione tempestiva dagli ingiuntivi. 
Omettendo ogni considerazione sull'assenza dell'espresso avvertimento di cui si discute su di un decreto ingiuntivo già provvisoriamente esecutivo (e, dunque, già idoneo all'esecuzione forzata), è sufficiente notare che “[l']atto processuale, poi, può dirsi inesistente soltanto se manchi totalmente degli estremi e dei requisiti essenziali per la sua qualificazione come atto del tipo o della figura giuridica considerati, ovvero se sia inidoneo non solo a produrre gli effetti processuali propri degli atti riconducibili a detto tipo o figura, ma persino ad essere preso in considerazione sotto il profilo giuridico” (cfr. Cass. civ., s.u., sent., 10/10/1997, n. 9859. Sulla differenza tra atto processuale nullo e radicalmente inesistente si rimanda alla più recente Cass. civ., sez. II, sent., 16/12/2024, n. ###: “[l']atto processuale è inesistente solamente se privo degli elementi necessari alla sua qualificazione come atto inquadrabile e riconoscibile in una astratta fattispecie giuridica, nel qual caso si considera tamquam non esset e, pertanto, insuscettibile di sanatoria; mentre è viceversa nullo, e come tale sanabile ex art. 156, ultimo comma, cod. proc. civ., qualora sia soltanto privo di un elemento, (o inficiato da un vizio), essenziale ai fini della produzione di effetti processuali (Cass., Sez. III, 29 marzo 2004, n. 6194)”). 
Nel caso che qui occupa, è evidente che il decreto ingiuntivo opposto non sia inesistente, poiché presenta tutti gli elementi essenziali che consentono di giuridicamente inquadrarlo come tale. In particolare, il decreto ingiuntivo, immediatamente esecutivo, contiene l'espresso avvertimento che “la parte ingiunta che ha diritto di proporre opposizione contro il presente decreto avanti questo ### nel termine perentorio di quaranta giorni dalla notifica e che in mancanza il decreto diverrà definitivo” (cfr. d.i.  opposto). 
Anche a voler riconoscere che l'assenza dell'espresso avvertimento di cui si discute (“in mancanza di opposizione, si procederà a esecuzione forzata”) costituisca un vizio avente carattere di nullità (qualora si ritenesse che l'avvertimento costituisca elemento essenziale ai fini della produzione di effetti processuali), lo scopo dell'avvertimento di cui all'art. 641 c.p.c. è stato raggiunto: il destinatario del decreto ingiuntivo ha promosso l'azione di opposizione chiedendo la sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto. 
Non solo, in definitiva, appare ridonante affermare che, in mancanza di opposizione, si procederà ad esecuzione forzata rispetto ad un decreto ingiuntivo già esecutivo (e, quindi, idoneo immediatamente all'esecuzione coattiva), ma, in ogni caso, l'assenza di questo avvertimento costituisce un vizio di mera irregolarità formale dell'atto processuale o di nullità sanabile e non già di inesistenza del decreto ingiuntivo opposto. 
La doglianza non è meritevole di accoglimento. 
Esaminate le doglianze inerenti a vizi di forma del decreto ingiuntivo opposto, appare opportuno procedere all'esame nel merito della presente controversia. 
In via preliminare, occorre rammentare che il giudizio di cognizione che si apre in conseguenza dell'opposizione di cui agli artt. 645 e ss. c.p.c. non ha ad oggetto l'impugnazione del decreto ingiuntivo opposto, quanto piuttosto l'accertamento del credito azionato in fase monitoria. In questo senso si è pronunciato il ### secondo il quale: “[d]eve dirsi quindi stabilizzato nella giurisprudenza di queste ### quanto già affermava la sentenza 7 luglio 1993, n. 7448: ‘l'opposizione prevista dall'art. 645 c.p.c. non è un'actio nullitatis o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, ma è un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio', non quale ‘giudizio autonomo, ma come fase ulteriore (anche se eventuale) del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo'” (cfr. Cass. civ., s.u., sent., 31/01/2022, n. 927). 
La Suprema Corte ha, quindi, ribadito che l'opposizione a decreto ingiuntivo rappresenta una prosecuzione, rectius una fase ulteriore del procedimento monitorio, seppur eventuale. Infatti, “si è dinanzi a un giudizio ordinario, ma con una precisazione. Venendo generato da un'altra fattispecie processuale, quella monitoria, che può rimanere perfettamente autonoma non dando luogo ad esso, la stessa pronuncia del 2022 gli riconosce, implicitamente, la natura di species, poiché valorizza un legame di ‘prosecuzione' con il procedimento monitorio: ovvero, da un lato afferma che si tratta di «un ordinario giudizio sulla domanda del creditore», ma dall'altro subito lo specifica in quanto dotato di un quid pluris rispetto proprio a «un ordinario giudizio sulla domanda del creditore». E tale quid pluris si può ripartire, a ben guardare, in tre componenti: il giudizio «si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio»; detta ‘prosecuzione' non costituisce un post hoc, bensì un propter hoc perché avviene «non quale giudizio autonomo»; infine, questo difetto di autonomia lo rende qualificabile «fase ulteriore - anche se eventuale - del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo». Il decreto ingiuntivo, pertanto, deve ritenersi radicalmente innestato in una fattispecie che è unica se si sviluppa, e se si sviluppa ritrova la tutela paritaria: il che è logico, in quanto nella «fase ulteriore» compare la sostanza di ogni processo costituzionalmente accettabile, cioè il contraddittorio. Questa lettura di un istituto inserito nel sistema in fase precostituzionale depura, invero, l'art. 645 c.p.c. da un tenore strettamente letterale, ‘sbrigativo' nel farlo rientrare in toto nel giudizio ordinario, pur essendo sorto in un'epoca di ben diversa sensibilità valoriale rispetto a quella odierna: è quindi una lettura che percepisce la specialità dell'opposizione a decreto ingiuntivo, riprendendo e confermando una pronuncia nomofilattica coeva alla forte riforma del 1990, cioè ### un., 7 luglio 1993, n. 7448, ut supra visto” ( Cass. civ, s.u., sent., 15/10/2024, n. 26727). 
Da ciò consegue che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il criterio dell'onere della prova sia ripartito fra le parti secondo la regola generale di cui all'art. 2697 c.c.: “[c]hi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda”. 
Incombe, quindi, in capo al creditore opposto, quale attore in senso sostanziale, la piena prova del credito azionato, residuando in capo al debitore opponente, convenuto in senso sostanziale, allegare fatti estintivi, impeditivo ovvero modificativi: “[v]a premesso in diritto che è uniformemente sostenuto in giurisprudenza di legittimità e di merito che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non si verifica alcuna inversione dell'onere della prova, nel senso che è sempre il creditore, opposto ma attore in senso sostanziale a dover provare il diritto per cui ha agito (in via monitoria), ed il debitore, opponente, ma convenuto in senso sostanziale a dover allegare fatti modificativi o estintivi di quel diritto (ex plurimis Cass. 25499/2021, Cass. 24629/2015, Cass. 21101/2015)” (cfr. app. Napoli, sent., 17/01/2024, n. 156). 
Per unanime giurisprudenza spetta, dunque, al creditore opposto l'onere probatorio, il cui mancato rispetto determina l'accoglimento dell'opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo azionato in via monitoria. A tal fine, il giudice dell'opposizione non è chiamato a stabilire se il decreto ingiuntivo opposto sia stato legittimamente emesso, quanto piuttosto accertare il fondamento della pretesa creditoria secondo gli ordinari mezzi del giudizio di cognizione. 
La stessa giurisprudenza è unanime nell'affermare che “[l']opposizione al decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad esaminare se l'ingiunzione sia stata legittimamente emessa, ma deve procedere ad una autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti sia dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa dedotta con il ricorso sia dall'opponente per contestarla e, a tal fine, non è necessario che la parte che ha chiesto l'ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda di pronuncia sul merito della pretesa creditoria, essendo sufficiente che resista all'opposizione e chieda conferma del decreto opposto” (cfr. Cass. civ., sez. VI, ord., 28/05/2019, n. 14486). 
Stante i citati canoni ermeneutici, nel giudizio che qui occupa il giudice non è chiamato “alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all'accertamento, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza, e non a quello anteriore della domanda o dell'emissione del provvedimento opposto dei fatti costitutivi del diritto in contestazione” (cfr. Cass. civ., sez. I, sent., 21/02/2007, n. 4103). Il giudice deve, pertanto, procedere, nel contraddittorio fra le parti, ad una nuova valutazione di merito, finalizzata all'accertamento dell'esistenza e della validità della pretesa creditoria azionata con il ricorso per decreto ingiuntivo e, solo laddove la domanda risulti fondata, deve accoglierla. 
Ciò premesso, si osserva che in materia contrattuale, in applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., il creditore opposto ha, anzitutto, l'onere di provare la fonte del proprio credito e allegare l'inadempimento del debitore. Il debitore opposto, al contrario, deve provare la sussistenza di fatti estintivi (modificativi e/o impeditivi) dell'obbligazione asseritamente inadempiuta. Deve essere, infatti, “evidenziato che, conformemente all'orientamento sviluppato dalla Suprema Corte in materia di ripartizione dell'onere della prova, il creditore che agisce per l'adempimento dell'obbligazione è tenuto solo a provare la sussistenza di una valida fonte della propria pretesa creditoria, incombendo sul debitore l'onere di dimostrare il fatto estintivo dell'altrui diritto di credito (cfr. Cass., S.U., 30/10/2001, sent. n. 13533). 
Tale principio trova applicazione anche nel caso di giudizio di opposizione decreto ingiuntivo, in cui la posizione di attore sostanziale è ricoperta dal creditore opposto, convenuto formale” (cfr. trib. Trapani, sent., 14/10/2024, n. 664). 
Come è noto, colui il quale agisca in giudizio per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l'adempimento dovrà solo dimostrare la fonte, legale o negoziale, del proprio diritto, nonché dedurre l'altrui inadempimento (o inesatto adempimento). A fronte di detta allegazione, spetterà, dunque, al debitore allegare i fatti estintivi, impeditivi ovvero modificati, quali, a titolo di esempio, l'altrui inadempimento ovvero il proprio esatto adempimento (cfr. la nota Cass. civ., s.u., 30/10/2001, n. 13533: “deve affermarsi che il creditore, sia che agisca per l'adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte: sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall'avvenuto adempimento. Eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile nel caso in cui il debitore, convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno da inadempimento, si avvalga dell'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c. per paralizzare la pretesa dell'attore. 
In tale eventualità i ruoli saranno invertiti”). 
Stante i predetti canoni ermeneutici, nel caso che qui occupa, l'onere di provare l'esistenza del credito per cui è causa spetta al preteso creditore opposto. 
Nella specie, il credito vantato dall'opposta nei confronti dei promittenti venditori si fonderebbe sul contratto preliminare di compravendita immobiliare, stipulato in data ###, la cui esistenza e formulazione, così come allegata in atti, oltre che documentata, è pacifica fra le parti.  ### quanto emerge dalla proposta di acquisto formulata in data ###, parte opposta si impegnava all'acquisto dell'immobile, distinto al catasto fabbricati del comune di ### al foglio 143, particella 344 (sub. 2, 3, 4, 5, 6 e 7), al prezzo convenuto in complessivi euro 150.000,00. Per la predetta vendita, parte acquirente versava un importo totale di euro 14.000,00 “a titolo di caparra confirmatoria e di acconto sul prezzo. ### parte venditrice, rilascia quietanza, ciascuno per la propria quota, per la detta complessiva somma di euro 14.000,00. Il saldo del prezzo, pari ad euro 136.000,00, verrà corrisposto dalla parte acquirente al momento della stipula dell'atto pubblico definitivo, cui dovrà addivenirsi entro il 4 agosto 2018” (cfr. preliminare di vendita). 
Orbene, è indubbio che l'importo di euro 14.000,00 versato dal promissario acquirente in favore del promittente venditore integri una caparra confirmatoria. 
Sul punto, recente giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che “[i]n ordine alla differenza tra caparra confirmatoria e cauzione, è già stato posto il principio che la consegna di una somma di denaro effettuata dall'uno all'altro dei contraenti al momento della conclusione di un negozio ha natura di caparra confirmatoria quando risulti che le parti hanno inteso perseguire gli scopi di cui all'art. 1385 cod. civ., ovvero attribuirle la funzione di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento - secondo il meccanismo della ritenzione della caparra o della esazione del doppio di essa - qualora la parte non inadempiente abbia esercitato il diritto di recesso; invece la consegna di denaro ha natura di deposito cauzionale qualora essa sia stata conferita a garanzia di un eventuale obbligo di risarcimento del danno a carico del cauzionante; la funzione del deposito cauzionale è quella propria della garanzia, consentendo al creditore di soddisfarsi sulla somma ove il cauzionante abbia cagionato un danno e per l'ammontare del danno (Cass. Sez. 3 4-3-2004 n. 4411 Rv. 570784-01; Cass. Sez. 3 22-3-2007 n. 6966 Rv. 596763-01)” (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 04/04/2024, n. 8989). 
Lo schema negoziale realizzato dalle parti, tenuto conto anche del tenore letterale del preliminare di compravendita, persegue la funzione sottesa all'art. 1385 c.c.: “[s]e al momento della conclusione del contratto una parte dà all'altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. 
Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra parte può recedere da contratto ed esigere il doppio della caparra”. 
Pertanto, occorre preliminarmente verificare se, la pretesa creditoria azionata in via monitoria, sia stata adeguatamente provata. 
Con nota del 20/02/2019, la società opposta “ha, quindi, preso atto del gravissimo inadempimento della parte venditrice [il riferimento è al giudizio di impugnazione del testamento attivato dalla sig.ra ### e della impossibilità di procedere alla stipula del definitivo per colpa della parte promittente venditrice, con conseguente venir meno del rapporto contrattuale” e, dunque, agiva in sede monitoria “per ottenere la condanna della promittente venditrice al versamento del complessivo importo di euro € 50.000,00, di cui: - € 28.000,00 pari al doppio dell'importo (€ 14.000,00) complessivamente versato a titolo di caparra confirmatoria, anche ai sensi dell'art. 1385 c.c. (cfr. doc. 1); - € 22.000,00 pari all'acconto prezzo successivamente corrisposto (cfr. doc. 2)” (cfr. ricorso monitorio). 
Per quanto riguarda la caparra confirmatoria, il riferimento all'art. 1385 c.c. presuppone che parte opposta abbia esercitato il diritto di recesso dal contratto preliminare di vendita, chiedendo così la restituzione del doppio della caparra confirmatoria versata. Accanto a detta restituzione, parte opposta ha, altresì, preteso il pagamento di una somma ulteriore pari ad euro 22.000,00, quale acconto ulteriore sul prezzo dell'immobile promesso in vendita. 
Appare, dunque, dirimente richiamare la più recente giurisprudenza di legittimità che ha chiarito e precisato i termini di qualificazione di un'azione giudiziale nelle forme di recesso o risoluzione del contratto: “come sancito già da Cass. Sez. U, Sentenza n. 553 del 14/01/2009, la domanda di ritenzione della caparra confirmatoria (o di condanna al pagamento del suo doppio) è legittimamente proponibile, nell'incipit del processo, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dalla parte nell'introdurre l'azione «caducatoria» degli effetti del contratto: se quest'azione dovesse essere definita «di risoluzione contrattuale» in sede di domanda introduttiva, sarà compito del giudice, nell'esercizio dei suoi poteri officiosi di interpretazione e qualificazione in iure della domanda stessa, convertirla formalmente in azione di recesso (nello stesso senso Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 91 del 03/01/2024; ### 2, Ordinanza ### del 24/11/2023). Conclusione, quest'ultima, alla quale si coniuga l'orientamento di questa Corte a mente del quale la domanda di risoluzione del contratto non costituisce domanda nuova rispetto a quella con cui il contraente non inadempiente abbia originariamente chiesto la declaratoria della legittimità del proprio recesso ex art. 1385, secondo comma, c.c., con contestuale incameramento della caparra confirmatoria (o condanna al pagamento del suo doppio), essendo l'azione di recesso un'ipotesi di risoluzione ex lege (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21317 del 30/07/2024). Il diritto di recesso è, infatti, una evidente forma di risoluzione stragiudiziale del contratto, che presuppone pur sempre l'inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell'inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale: esso costituisce null'altro che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accumunano tanto i presupposti - l'inadempimento della controparte - quanto le conseguenze - la caducazione ex tunc degli effetti del contratto - (Cass. Sez. 2, Sentenza 2969 del 31/01/2019). Sicché assume rilievo dirimente, come nella fattispecie, la circostanza processuale che sia stata espressamente richiesta, a supporto della domanda risolutoria comunque formalmente qualificata, la ritenzione della caparra confirmatoria ricevuta ovvero l'esazione del doppio di quella data. Per converso, la domanda diretta ad ottenere la risoluzione per inadempimento presuppone l'esercizio dell'opzione contemplata dall'art. 1385, terzo comma, c.c., ossia la volontà di ottenere la pronuncia costitutiva della risoluzione giudiziale ex art. 1453 c.c., con il conseguente risarcimento del danno regolato dalle norme generali, come tale rimesso alla determinazione dell'autorità giudiziaria e subordinato alla dimostrazione dell'an e del quantum debeatur. E tanto perché l'esercizio del potere di recesso conferito ex lege è indifferibilmente collegato (fino a costituirne un precipitato) alla volontà di avvalersi della ### caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c., che ha la funzione di liquidare convenzionalmente il danno da inadempimento in favore della parte non inadempiente (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 5854 del 05/03/2024; ### 2, Ordinanza n. 20532 del 29/09/2020; ### 2, Sentenza n. 8417 del 27/04/2016; ### 2, Sentenza n. 17923 del 23/08/2007). Cosicché una domanda di recesso, ancorché non formalmente proposta nei termini di esercizio del recesso, può ritenersi egualmente, anche se implicitamente, avanzata in causa dalla parte adempiente, quando la stessa abbia richiesto la condanna della controparte, la cui inadempienza sia stata dedotta quale ragione giustificativa della pronunzia di risoluzione del contratto, alla restituzione del doppio della caparra a suo tempo corrisposta (ovvero l'accertamento del diritto a trattenere quella ricevuta), quale unica ed esaustiva sanzione risarcitoria di tale inadempienza (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8773 del 03/04/2024; ### 2, Ordinanza n. 5854 del 05/03/2024; ### 2, Sentenza n. 23209 del 31/07/2023; ### 2, Ordinanza n. 26856 del 13/09/2022; ### 2, Ordinanza n. 21504 del 07/07/2022; ### 2, Sentenza n. 19801 del 12/07/2021; ### 6-2, Ordinanza 27262 del 24/10/2019; ### 2, Ordinanza n. 25146 del 08/10/2019; ### 2, Ordinanza n. 22657 del 27/09/2017; ### 2, Sentenza n. 21854 del 15/10/2014; ### 2, Sentenza n. 28204 del 17/12/2013; ### 2, Sentenza n. 2032 del 01/03/1994; ### 2, Sentenza n. 2596 del 24/05/1978). Viceversa, va qualificata in termini di declaratoria di risoluzione giudiziale per inadempimento - soggetta, pertanto, alla relativa disciplina generale -, e non quale esercizio del diritto potestativo di recesso, la domanda con cui la parte non inadempiente, che abbia corrisposto la caparra, chieda, oltre alla risoluzione del contratto, la condanna della controparte al pagamento del doppio della caparra versata e il ristoro degli ulteriori danni asseritamente patiti - ovvero la parte che l'abbia corrisposta chieda, ad integrazione dell'invocata risoluzione, l'accertamento del diritto a ritenerla, oltre alla riparazione dell'ulteriore nocumento patito - (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. ### del 24/11/2023; ### 2, Ordinanza n. 21504 del 07/07/2022; ### 2, Ordinanza n. 18392 del 08/06/2022; ### 2, Sentenza n. 20957 del 08/09/2017; ### 3, Sentenza n. 18850 del 20/09/2004; ### 2, Sentenza n. 1301 del 29/01/2003). Alla stregua della predetta ricostruzione, la parte non inadempiente non può, in tal caso (ossia ove abbia richiesto il risarcimento del danno ulteriore), pretendere il pagamento del doppio della caparra (ovvero esercitare il diritto ad incamerarla definitivamente), poiché, in questa evenienza, essa perde la sua funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21085 del 04/07/2022; ### 2, Ordinanza n. 40292 del 15/12/2021; ### 2, Ordinanza n. 21559 del 07/10/2020; ### 2, Ordinanza 25146 del 08/10/2019; ### 2, Sentenza n. 8571 del 27/03/2019; ### 6-2, Ordinanza n. 24824 del 09/10/2018). Ebbene, in ordine all'interpretazione del giudice di merito relativa alla natura dell'azione spiegata, la richiesta formulata in termini di domanda ‘dichiarativa' di risoluzione, con l'aggiuntiva pretesa di ricevere il doppio della caparra versata (ovvero di ritenere quella ricevuta), deve essere correttamente qualificata, avendo riguardo non tanto al nomen iuris utilizzato dalla parte nell'introdurre l'azione caducatoria degli effetti del contratto (ossia volta ad ottenere lo scioglimento del rapporto), ma soprattutto attribuendo il giusto rilievo alla congiunta e funzionale richiesta di pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata (o di ritenzione di quella acquisita), che connota la domanda nel senso della sua implicita accessorietà all'esercizio del diritto potestativo di recesso, quale ulteriore ipotesi di risoluzione ex lege” (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 07/11/2025, n. 29482). 
Tanto premesso, sia a voler qualificare la cessazione dell'atto preliminare nei termini di risoluzione per inadempimento del promittente venditore, sia per recesso del promissario acquirente, è noto che, ai sensi dell'art. 1455 c.c., l'inadempimento allegato deve essere di non “scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra”. 
Per giurisprudenza consolidata, “a norma dell'art. 1455 cod. civ., il giudice chiamato a provvedere sulla domanda di risoluzione del contratto per inadempimento deve porsi, anche di ufficio, il problema della gravità o meno dell'inadempimento ed è tenuto ad indicare, in ipotesi di accoglimento della domanda, il motivo per cui, nel caso concreto, ritiene l'inadempimento di non scarsa importanza. In particolare, il giudice, per valutare la gravità dell'inadempimento, deve tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l'alterazione dell'equilibrio contrattuale (### 3, n. 7187 del 4 marzo 2022; ### 6-3, n. 8220 del 24 marzo 2021). Infatti, la gravità dell'inadempimento ai sensi dell'art. 1455 c.c. va commisurata all'interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto e non alla convenienza, per detta parte, della domanda di risoluzione rispetto a quella di condanna all'adempimento (### 1, n. 8212 del 27 aprile 2020; ### 3, 4022 del 20 febbraio 2018)” (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 10/04/2025, n. 9399. Nei medesimi termini si veda anche Cass. civ., sez. II, ord., 05/03/2024, n. 5843). 
Nella specie, appare che l'unico inadempimento rilevante possa eventualmente individuarsi nell'esercizio da parte della sig.ra ### dell'azione di impugnazione del testamento e, cioè, del titolo legittimante la proprietà dell'immobile di cui si discute (come, tra l'altro, può evincersi dal ricorso monitorio). 
Tenuto conto delle circostanze soggettive ed oggettive da cui dovrebbe desumersi l'alterazione del sinallagma contrattuale, deve, tuttavia, escludersi che l'inadempimento allegato dalla società opposta possa ritenersi rilevante ai fini di una risoluzione/recesso contrattuale, e ciò per le seguenti ragioni. 
Dalla documentazione in atti e, in particolare, dal preliminare di compravendita, risulta l'impegno delle parti ad addivenire alla stipula dell'atto pubblico definitivo alla data del 04/08/2018. Detto termine sarebbe stato rinviato concordemente da parte acquirente ed alienante a data successiva, che l'odierna opposta individua al 10/01/2019. 
Tenuto conto delle contestazioni svolte da entrambe le opponenti, parte opposta si è sottratta a quell'onere di allegazione minimale che avrebbe, quanto meno, preteso la produzione in atti dell'accordo concordato (o l'intimazione proveniente da una delle parti) della stipula del contratto definitivo e/o il verbale notarile di mancata comparizione presso il di lui studio ai fini della stipula. 
Sul punto, preme rilevare che la missiva del 03/01/2019 inoltrata dalla sig.ra ### oltre a preannunciare l'intenzione di impugnare il testamento, fa espresso riferimento alla “prossima vendita dell'immobile” (cfr. all. 4 comparsa n. r.g. 744/2020 e all. 2 comparsa n. r.g. 1459/2020), senza precisare alcuna data. 
Non risulta, dunque, documentalmente provato che le parti avessero individuato la data del 10/01/2019 come termine per la stipula del contratto definitivo. 
In ogni caso, deve rilevarsi come la mera assenza non appare qualificabile come grave inadempimento, specie in assenza di un termine essenziale per la compravendita.  ### canto, dalla condotta tenuta dalle parti non emergerebbe alcuna volontà di disattendere alla stipula del contratto definitivo, anche tenuto conto che nell'atto preliminare si evince che parte opposta si trova già “nella detenzione dell'immobile in qualità di comodataria” (cfr. preliminare). A ciò aggiungasi: - la missiva del 03/01/2019 fa riferimento alla vendita futura dell'immobile oggetto del preliminare; - la missiva del 10/06/2019 contiene la diffida alla “promissaria acquirente a volere procedere alla stipula del rogito nelle modalità concordate, presso idoneo ### in nomina” (cfr. all. opposizione r.g. 1459/2020); - nel verbale di mancata comparizione de 26/02/2020 (data comunque successiva all'emissione del decreto ingiuntivo opposto), a firma del notaio dott. ### si fa riferimento all'invito rivolto alla società opposta di presentarsi “per oggi alle ore 15.00 presso il mio studio, in ordine all'esecuzione di preliminare intercorso tra le parti avente ad oggetto immobile sito in Ragusa” e che “la controparte società ### S.R.L. non si è presentata come peraltro preannunciato con PEC di data odierna inviata alla signora ### Michela” (cfr. memoria opponente ex art. 183, co. 6, c.p.c., II termine, n. r.g.  744/2020. Il riferimento a tale adunanza si rinviene anche nell'atto di opposizione di cui al n. r.g.  1459/2020). 
Si ribadisce, dunque, che in assenza della fissazione di un termine per la stipula dell'atto definitivo di vendita, anche tenuto conto della mancata prova dell'adunanza del 10/01/2019, l'unico inadempimento rilevante ai fini del recesso/risoluzione del contratto dovrebbe rinvenirsi nell'intrapresa azione giudiziale svolta dalla sig.ra ### Come è noto, i principali obblighi del venditore si rinvengono nella consegna del bene oggetto dell'acquisto con trasmissione della proprietà su di esso, nonché nella garanzia dall'evizione e dai vizi della cosa. 
Se vi sia, tuttavia, pericolo che il venditore possa sottrarsi dall'evizione del bene, il compratore potrà sospendere il proprio obbligo di adempiere al versamento di quanto pattuito, salvo che il venditore presti idonea garanzia e che il pericolo di rivendica fosse noto al tempo della vendita, così come previsto dall'art. 1481 c.c.: [i]l compratore può sospendere il pagamento del prezzo, quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi, salvo che il venditore presti idonea garanzia. Il pagamento non può essere sospeso se il pericolo era noto al compratore al tempo della vendita”. 
Se in linea puramente teorica, quindi, il compratore ha diritto alla sospensione del pagamento, detta facoltà “costituisce applicazione alla compravendita del principio generale ‘inadimplenti non est adimplendum', disciplinato all'art. 1460 cod. civ., e richiede che l'esercizio dell'autotutela così riconosciuta sia conforme a buona fede: il pericolo di perdere la proprietà o parte di essa deve cioè essere serio e concreto e risultare inoltre attuale, non già soltanto ipotizzabile in futuro o meramente presuntivo (cfr., in particolare, Cass. 8002/2012). […] La norma in esame è dettata per la compravendita ma trova pacificamente applicazione per analogia anche per i contratti preliminari di compravendita. 
Al riguardo si è infatti ripetutamente pronunciata in senso affermativo la giurisprudenza di legittimità già negli anni '80 (cfr. Cass. n. 3450/1984; Cass. n. 402/1985), fondando un orientamento interpretativo ormai consolidato che riconosce il diritto del promissario acquirente a rifiutare la stipula del contratto definitivo e a sospendere il pagamento del prezzo quando, in relazione al bene promesso in vendita, sussista il pericolo attuale e concreto di evizione da parte di terzi e fino a quando non venga eliminato tale pericolo - salvo che il promittente venditore presti idonea garanzia - (cfr. Cass. n.24340/2011; 8002/2012; Cass. n.3390/2016; Cass. n.###/2019; Cass. n.###/2019). La giurisprudenza di legittimità ha costantemente sottolineato l'importanza della sussistenza dei presupposti oggettivi necessari per l'operatività della sospensione riconosciuta dall'art.1481 c.c., ribadendo ripetutamente che il pericolo di evizione deve essere effettivo, e non meramente presuntivo o putativo, e che esso non si può quindi risolvere in un mero timore soggettivo che l'evizione possa verificarsi […] ### ad un contratto preliminare il ricorso al disposto dell'art.1481 c.c. permette la sospensione dell'obbligazione di contrarre il contratto definitivo e del pagamento del prezzo (ove siano previsti pagamenti in acconto prima e in vista della stipula del definitivo), ferma restando la possibilità che prima della stipula la parte promittente venditrice trovi una soluzione alla questione e/o offra idonea garanzia: è questa la forma di tutela riconosciuta al promissario acquirente per l'ipotesi di pericolo di evizione. […] Dalla sospensione dell'obbligazione di contrarre il contratto definitivo in capo al promissario acquirente deriva cioè da una parte l'impossibilità per il promittente venditore di far valere nei suoi confronti l'obbligo a contrarre e, dall'altra, la necessità che il pericolo di evizione sia ‘neutralizzato' prima della stipula del contratto definitivo, a nulla valendo per l'operatività della disposizione in esame l'imposizione unilaterale di termini intermedi (potenzialmente rilevanti nell'ambito proprio dell'adempimento contrattuale).  ### del pericolo di evizione unitamente alle iniziative della parte promissaria acquirente per la sollecita definizione del rischio evidenziato e della sua incidenza sull'oggetto promesso in vendita, con indicazione di un termine entro cui la parte promittente venditrice avrebbe dovuto operare, riguardano più propriamente il profilo di sussistenza dei presupposti per l'esercizio del recesso, ex art.1385 c.c., primo tra tutti l'inadempimento della controparte, presupposti che debbono essere esaminati con l'utilizzo degli stessi criteri - in particolare quanto a gravità e proporzionalità - previsti dagli art.1453 e 1455 c.c. - così già Cass. n.398/1989” (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 25/07/2025, n. 21254). 
In altri termini, il compratore, qualora sussista il pericolo concreto ed attuale di evizione, può rifiutarsi di concludere il contratto definitivo fino a quando non venga meno detto pericolo: ciò anche se il pericolo non sia determinato da colpa del venditore, atteso che il presupposto della colpevolezza risulta necessario unicamente per la responsabilità da inadempimento. 
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, l'impossibilità di applicare l'art. 1481 c.c. (poiché manchi un pericolo concreto ed effettivo di rivendica) non è “argomento sufficiente per negare al promissario, ignaro della provenienza, la facoltà di rifiutare la stipula del definitivo avvalendosi del rimedio generale dell'art. 1460 c.c. Non si può negare a priori che già il rischio teorico che l'acquirente possa trovarsi un giorno esposto alla pretesa del legittimario, con i correlativi impedimenti alla circolazione del bene che da subito quel rischio di porta dietro, possa rappresentare, nelle singole situazioni concreto, un elemento idoneo a pregiudicare la conformità del risultato traslativo attuabile con il definitivo rispetto a quello programmato con il preliminare” (cfr. Cass. civ., sez. II, sent., 12/12/2019, n. ###, di cui si riporta anche il principio di diritto: “[i]n tema di preliminare di vendita, la provenienza del bene da donazione, anche se non comporta per sé stessa un pericolo concreto e attuale di perdita del bene, tale da abilitare il promissario ad avvalersi del rimedio dell'art. 1481 c.c., è comunque circostanza influente sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell'acquisto programmato con il preliminare. In quanto tale essa non può essere taciuta dal promittente venditore, pena la possibilità che il promissario acquirente, ignaro della provenienza, possa rifiutare la stipula del contratto definitivo, avvalendosi del rimedio generale dell'art. 1460 c.c., se ne ricorrono gli estremi”). 
Inoltre, sempre in diritto, deve ricordarsi che il regolamento contrattuale, anche quello del contratto preliminare, è interpretato, nonché integrato in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 1374 e 1375 c.c. quale declinazione codicistica dell'art. 2 Cost., dal canone di buona fede nell'esecuzione del contratto, determinate obbligazioni volte alla salvaguardia dei rispettivi interessi perseguiti, noti alla controparte, ma nei limiti di un reciproco sacrificio non apprezzabile (Cass. civ., sez. III, sent., 06/02/2023, n. 3483: “[l]a clausola generale (nell'applicazione pratica e in dottrina indicata anche come "principio" o come "criterio") di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1175 c.c. (cfr. Cass., 20/8/2015, n. 16990; Cass., 2/30/2012, n. 16754; Cass., 11/5/2009, n. 10741), oltre che regola (artt.  1337, 1358, 1375 e 1460 c.c.) di comportamento (quale dovere di solidarietà, fondato sull'art. 2 Cost.  (v. Cass., 6/5/2020, n. 8495; Cass., 10/11/2010, n. 22819; Cass., 22/1/2009, n. 1618; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, 28056), che trova applicazione a prescindere alla sussistenza di specifici obblighi contrattuali, in base al quale il soggetto è tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonché volto alla salvaguardia dell'utilità altrui nei limiti dell'apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità: v. Cass., 2/4/2021, n. 9200; Cass., 29/1/2018, n. 2057; Cass., 27/4/2011, 9404; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 20/2/2006, n. 3651. V. altresì Cass., 24/9/1999, n. 10511; Cass., 20/4/1994, n. 3775), nonchè criterio di determinazione della prestazione contrattuale (costituendo invero fonte - altra e diversa sia da quella eteronoma suppletiva ex art. 1374 c.c. (in ordine alla quale v. la citata Cass., 27/11/2012, n. 20991) che da quella cogente ex art. 1339 c.c. (in relazione alla quale Cass., 10/7/2008, n. 18868; Cass., 26/1/2006, n. 1689; Cass., 22/5/2001, n. 6956. V. altresì Cass., 9/11/1998, n. 11264)- di integrazione del comportamento dovuto (v. Cass., 29/1/2018, n. 2057; Cass., 30/10/2007, n. 22860), là dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio, che non si sostanzi cioè in attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (v. Cass., 30/3/2005, 6735; Cass., 9/2/2004, n. 2422), come ad esempio in caso di specifica tutela giuridica, contrattuale o extracontrattuale, non potendo considerarsi implicare financo l'intrapresa di un'azione giudiziaria (v. 
Cass., 21/8/2004, n. 16530), anche a prescindere dal rischio della soccombenza (v. Cass., 15/1/1970, 81)), quale criterio d'interpretazione del contratto ex art. 1366 c.c. (v. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882; Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628) si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628). 
Esso pertanto non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/5/2011, 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell'accordo negoziale. ### di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi avuto riguardo alla causa concreta del contratto (con riferimento dell'incarico conferito al professionista, e al notaio in particolare, cfr. Cass., Sez. Un., 31/7/2012, n. 13617. V. anche Cass., 28/1/2003, n. 1228; Cass., 13/6/2002, n. 8470; per il riferimento alla serietà e certezza dell'atto giuridico da rogarsi e alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell'atto medesimo cfr. altresì Cass., 28/11/2007, n. 24733, e, conformemente, Cass., 5/12/2011, n. 26020), e cioè con lo scopo pratico dalle parti perseguito mediante la stipulazione, o, in altre parole, con l'interesse che l'operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare (cfr. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973; Cass., 7/10/2008, n. 24769; Cass., 24/4/2008, 10651; Cass., 20/12/2007, n. 26958; Cass., 11/6/2007, n. 13580; Cass., 22/8/2007, n. 17844; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 27/7/2006, n. 17145; Cass., 8/5/2006, n. 10490; Cass., 14/11/2005, n. 22932; Cass., 26/10/2005, n. 20816; Cass., 21/10/2005, n. 20398. V. altresì Cass., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 6/8/1997, n. 7266; Cass., 3/6/1993, n. 3800; e, più recentemente, Cass., 25/2/2009, n. 4501; Cass., 12/11/2009, n. 23941; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947; Cass., 18/3/2010, n. 6538; Cass., 9/3/2011, n. 5583; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 27/11/2012, n. 20991). La causa, da intendersi - come detto - quale scopo pratico dalle parti perseguito mediante la stipulazione, l'interesse che l'operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare, assume dunque decisivo rilievo ai fini ### dell'interpretazione del contratto, e della corretta individuazione del significato e della portata ad esso da riconoscere”).  ### queste premesse, nel caso di specie, deve ritenersi che: - il contegno tenuto da ### non integra un inadempimento contrattuale, nemmeno alla luce del canone di buona fede, in quanto la stipulazione, insieme ad altri coeredi vocati per testamento, di un preliminare di compravendita di uno dei beni devoluti ai medesimi non può determinare il venir meno del diritto soggettivo della stessa, pena il superamento del limite di apprezzabilità del sacrificio giustificabile per la tutela dell'altrui interesse, ad impugnare il testamento indicato nell'atto quale fonte del titolarità del diritto compromesso; - la decisione di quest'ultima, in epoca successiva alla conclusione del contratto preliminare, di contestare la validità dell'atto fonte della sua vocazione all'eredità del de cuius, dante causa del cespite, potrebbe tutt'al più determinare una sua responsabilità pre-contrattuale, per omissione, per violazione dell'art. 1337 c.c., laddove tale iniziativa non fosse giustificata da fatti sopravvenuti, né nota alla controparte durante le trattative; l'art. 1337 c.c. integra, tuttavia, una norma di comportamento che non influisce sulla validità ed efficacia del negozio stipulato, e che può determinare una diversa responsabilità civile, non invocata in questa sede; - il recesso dell'opposta è, pertanto, inefficace, non sussistendo un avverso inadempimento (cfr., in generale, Cass. civ., sez. II, ord., 03/04/2024, n. 8773 “va senz'altro condivisa la ricostruzione dottrinaria secondo la quale il diritto di recesso è una evidente forma di risoluzione stragiudiziale del contratto, che presuppone pur sempre l'inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell'inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale: esso costituisce null'altro che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accumunano tanto i presupposti - l'inadempimento della controparte - quanto le conseguenze - la caducazione ex tunc degli effetti del contratto - (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2969 del 31/01/2019; ### U, Sentenza n. 553 del 14/01/2009) […]. 
Per cui, ai fini della legittimità del recesso di cui all'art. 1385 c.c., come in materia di risoluzione contrattuale, non è sufficiente l'inadempimento, ma occorre anche la verifica circa la non scarsa importanza prevista dall'art. 1455 c.c., dovendo il giudice tenere conto dell'effettiva incidenza dell'inadempimento sul sinallagma contrattuale e verificare se, in considerazione della mancata o ritardata esecuzione della prestazione, sia da escludere per la controparte l'utilità del contratto alla stregua dell'economia complessiva del medesimo ”); - non vi sono, pertanto, nemmeno i presupposti per la risoluzione del contratto, domandata dall'opposta, per l'inadempimento dei promissari venditori; - deve, parimenti, ritenersi la legittimità del contegno tenuto da parte opposta, da sussumersi nell'art.  1460 c.c., in considerazione della sopravvenuta concreta incertezza, determinata proprio da uno dei promissari venditori, del titolo di vocazione, e quindi del loro titolo provenienza, non potendosi pretendere, da parte di quest'ultimi, pena la violazione del principio di buona fede, che il primo, ossia il promissario acquirente, verifichi, ora per allora, dopo la conclusione del preliminare in cui la fonte del diritto compromesso era espressamente indicato, il nuovo titolo di vocazione invocato dalle controparti (successione legittima), in vista del pagamento di una somma considerevole. 
In conclusione, deve accogliersi l'opposizione, con rigetto della domanda di parte opposta. 
Quanto alla domanda riconvenzionale svolta dal ### con la quale la stessa ha chiesto all'intestato tribunale di condannare la società opposta al pagamento di una indennità per occupazione sine titulo dell'immobile oggetto del preliminare, la stessa non è meritevole di accoglimento per mancata allegazione del danno ### patito dalla parte acquirente. 
Come è noto, il regime di responsabilità civile richiede, anzitutto, la necessaria dimostrazione di un danno rispetto ad un interesse giuridicamente tutelato dall'ordinamento e, di conseguenza, la dimostrazione che tale danno sia causalmente connesso alla condotta in concreto tenuta dal danneggiante con dolo o colpa. 
Da ciò discende che, affinché vi sia un danno risarcibile per lesione del bene costituente l'oggetto del diritto di proprietà, non è sufficiente dimostrare che l'evento lesivo abbia determinato una “lesione del diritto di proprietà, ma affinchè un danno risarcibile vi sia, perfezionandosi così la fattispecie del danno ingiusto, è necessario che al profilo dell'ingiustizia, garantito dalla violazione del diritto, si associ quello del danno conseguenza, e perciò la perdita subita e/o il mancato guadagno che, sulla base del nesso di causalità giuridica, siano conseguenza immediata e diretta dell'evento dannoso” (cfr. Cass. civ., s.u., sent., 15/11/2022, n. ###). 
In effetti, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, nella sua più autorevole composizione, ha chiarito che non vi possa essere danno ingiusto senza il danno conseguenza: “se sussiste solo il fatto lesivo, ma non vi è un danno-conseguenza, non vi è l'obbligazione risarcitoria” (cfr. Cass. civ., s.u., sent., 11/01/2008, n. 576; conf. in Cass. civ., n. ###/2022, cit.). 
Tale principio è stato ribadito dalla più recente giurisprudenza di legittimità, che ha avuto modo di specificare che “[l]e sezioni unite, infatti, con sentenza del 15.11.2022 n. ###, in tema di prova del danno da violazione del diritto di proprietà e di altri diritti reali, hanno optato per una mediazione fra la teoria normativa del danno, emersa nella giurisprudenza della II sezione Civile, e quella della teoria causale, sostenuta dalla III sezione Civile. La questione se la violazione del contenuto del diritto, in quanto integrante essa stessa un danno risarcibile, sia suscettibile di tutela non solo reale, ma anche risarcitoria, è stata risolta dalle sezioni unite in senso positivo, ed è stato dato seguito al principio di diritto, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, in caso di violazione della normativa sulle distanze tra costruzioni, al proprietario confinante compete sia la tutela in forma specifica finalizzata al ripristino della situazione antecedente, sia la tutela in forma risarcitoria (ex multis Cass. 27.6.2024 17758; Cass. 18.7.2013 n. 17635). Le sezioni unite hanno poi confermato la linea evolutiva della giurisprudenza di questa sezione, nel senso che la locuzione ‘danno in re ipsa' va sostituita con quella di ‘danno presunto' o ‘danno normale', privilegiando la prospettiva della presunzione basata su specifiche circostanze da cui inferire il pregiudizio allegato. Le sezioni unite hanno, altresì, definito il danno risarcibile in presenza di violazione del contenuto del diritto di proprietà: esso riguarda non la cosa ma il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo della cosa stessa, sicché il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione. Il nesso di causalità giuridica si stabilisce così fra la violazione del diritto di godere della cosa, integrante l'evento di danno condizionante il requisito dell'ingiustizia, e la concreta possibilità di godimento che è stata persa a causa della violazione del diritto medesimo, quale danno conseguenza da risarcire. Nel caso in cui la prova sia fornita attraverso presunzioni, l'attore ha l'onere di allegare il pregiudizio subito, anche mediante le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza (Cass. 27.6.2024 n. 17758). Ulteriormente questa sezione, sulla base della composizione del contrasto compiuta dalle sezioni unite, ha affermato che ‘### in caso di violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni, l'attore richieda il risarcimento del danno determinatosi prima della riduzione in pristino, quale effetto dell'abusiva imposizione di una servitù sul proprio fondo e quindi della limitazione del relativo godimento, deve dunque riconoscersi che lo stesso non è sottratto da un onere di allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l'intenzione di utilizzare l'immobile nel periodo dell'illegittima ingerenza del peso costituito dalla costruzione. La domanda del danno per l'abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo onera, dunque, il ricorrente di indicare gli elementi, le modalità e le circostanze della situazione, da cui, in presenza dei requisiti richiesti dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ., possa desumersi l'esistenza e l'entità del concreto pregiudizio patrimoniale subito; ciò consente poi al giudice di far uso delle presunzioni semplici, divenendo allora comunque in re ipsa (non il danno, ma) la prova del pregiudizio' (Cass. 19.3.2025 n. 7290; 22.11.2023 n.###)” (cfr. Cass. civ., sez. II, sent., 18/04/2025, n. 10329). 
Il predetto canone ermeneutico ribadito dalla seconda sezione della Corte di Cassazione è stato, altresì, confermato anche dalla sua terza sezione che ha utilmente precisato i presupposti applicativi desumibili dalla pronuncia a sezioni unite: “[t]utti i suddetti princìpi sono stati ribaditi dalle ### di questa Corte, con specifico riferimento al danno da abusiva occupazione d'un immobile (Cass. Sez. U., 15/11/2022, n. ###). La sentenza appena ricordata ha stabilito che: -) il ‘danno' in senso giuridico non consiste solo nella lesione d'un diritto (come vollero i fautori della c.d. ‘teoria normativa del danno'), ma esige che da quella lesione sia derivato un concreto pregiudizio (secondo la c.d. ‘teoria causale del danno'); -) la lesione del diritto di proprietà, quando sia consistita non in una lesione diretta del bene, ma nella perduta possibilità di goderne, può costituire un danno risarcibile soltanto ove il proprietario alleghi e dimostri che la perdita del frutto del godimento sia stata ‘specifica' e ‘concreta' [...]; -) se così non fosse, ‘il risarcimento spetterebbe sempre a fronte della denuncia della compressione del diritto di godere della cosa quale astratta posizione riconosciuta dall'ordinamento, senza che si dia possibilità della prova contraria' (secondo la c.d. ‘teoria del danno irrefutabile')” (cfr. Cass. civ., sez. III, ord., 28/07/2025, n. 21607). 
In altri termini, il proprietario che presenti un'istanza di risarcimento del danno è tenuto ad allegare il danno subito a causa della pretesa occupazione dell'immobile sine titulo e, in caso di contestazione specifica, è tenuto a provarlo, anche tramite nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza o mediante presunzioni semplici. 
Nel giudizio che qui occupa, l'attrice riconvenzionale non ha allegato alcuna particolare compromissione del proprio diritto proprietario ovvero la diminuzione del valore dello stesso a causa della condotta tenuta da controparte, anche considerato che la convenuta riconvenzionale pacificamente e legittimamente godeva dell'immobile (è la stessa attrice riconvenzionale, d'altro canto, ad allegare un contratto di comodato su parte dell'immobile di epoca precedente alla stipula del preliminare). A ciò aggiungasi che, ante causam, non risulti alcuna richiesta formale di rilascio dell'immobile, né richiesta di pagamento di alcuna somma di denaro per l'occupazione dell'immobile e neppure viene dimostrata la volontà di parte proprietaria di destinare l'immobile a finalità diverse dalla vendita in favore dell'occupante. 
Parte attrice si è, dunque, sottratta dall'onere di allegazione dei fatti posti a fondamento della propria pretesa e, in particolare, non ha provato gli elementi di fatto da cui desumersi l'esistenza e l'entità del danno subito. 
Il mancato assolvimento dell'onere di allegazione e dell'onere probatorio non può, d'altronde, essere superato in forza del potere di liquidazione del danno in via equitativa, atteso che detto potere, “conferito al giudice dall'art. 1226 cod. civ., costituisce espressione del più generale potere di cui all'art. 115 cod.  proc. civ. ed il suo esercizio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, senza necessità della richiesta di parte, dando luogo ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, con l'unico limite di non potere surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza (ex multis Cass. 29 aprile 2022, n. 13515; Cass. 22 febbraio 2018, n. 4310; Cass. 12 ottobre 2011, 20990)” (cfr. Cass. civ., sez. lav., ord., 06/07/2023, n. 19111. Sul punto si richiama, altresì, Cass., 21607/2025, cit.: “[è] dunque evidente che in tanto è consentito al giudice il ricorso alla liquidazione equitativa, in quanto sia stata previamente dimostrata l'esistenza certa, ovvero altamente verosimile, d'un effettivo pregiudizio. È l'impossibilità di quantificare un danno certamente esistente che rende possibile il ricorso alla stima equitativa. Se, invece, è l'esistenza stessa d'un pregiudizio economico ad essere incerta, eventuale, possibile ma non probabile, spazio non v'è alcuno per l'invocabilità dell'art.  1226 c.c. Questo principio costituisce da oltre cinquant'anni jus receptum nella giurisprudenza di legittimità (a parte da, ### 3, Sentenza n. 1536 del 19/06/1962, secondo cui ‘la valutazione equitativa del danno presuppone che questo, pur non potendo essere provato nel suo preciso ammontare, sia certo nella sua esistenza ontologica'; nello stesso senso, ex plurimis, ### 2, Sentenza. n. 838 del 03/04/1963; Sez. 3, Sentenza n. 1327 del 22/05/1963; [...]). Ne consegue che in tanto il giudice di merito può avvalersi del potere equitativo di liquidazione del danno, in quanto abbia previamente accertato che un danno esista, indicando le ragioni del proprio convincimento. Ciò vuol dire che, nel caso di danno patrimoniale consistito nella distruzione di un bene, il ricorso alla liquidazione equitativa in tanto è ammissibile, in quanto sia certo (per essere stato debitamente provato da chi si afferma danneggiato) che la cosa distrutta avesse un concreto valore oggettivo, e non meramente ipotetico o d'affezione”). 
Tutto ciò premesso e considerato, parte attrice non ha assolto all'onere di allegazione e all'onere probatorio su di lei gravante, per cui la domanda di risarcimento del danno non è meritevole di accoglimento. 
In ragione del reciproco contegno, che ha determinato da un lato la legittima inerzia dell'opponente ma, al tempo stesso, l'inefficacia del recesso, le spese di lite devono essere compensate.  P.Q.M.  Il tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione assorbita e/o disattesa, così provvede: - accoglie la domanda di opposizione a decreto ingiuntivo proposta da ### (###), ### (###), ### (###), nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale sulla minore #### (###), ### (###) e ### (###) e, per l'effetto; - revoca il decreto ingiuntivo n. 112/2020, emesso dal tribunale di ### (n. r.g. 5127/2019) in data ###; - rigetta la domanda riconvenzionale formulata da ### (###); - rigetta le domande proposte da ### S.R.L. UNIPERSONALE (###); - compensa le spese di lite. 
Così deciso in ### 22/12/2025.  

Il giudice
dott. ###


causa n. 744/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Antonio Pianoforte

M
1

Tribunale di Bari, Sentenza n. 4131/2025 del 12-11-2025

... docc. 12 e 13, fasc. parte opponente). Peraltro, tali circostanze sono state confermate dalle dichiarazioni testimoniali rese all'udienza del 27.01.2017 dall'Avv. ### difensore delle controparti nei procedimenti possessori, dalle quali è emerso che l'attività di assistenza e rappresentanza in udienza è stata effettivamente espletata per la maggior parte, se non in via esclusiva, dall'Avv. ### così come quella di corrispondenza volta ad individuare una soluzione bonaria delle controversie. In particolare, il teste ### della cui attendibilità non v'è motivo per cui dubitare, neppure alla luce della immotivata esclusione operata dal giudice di prime cure, trattandosi di soggetto estraneo alle questioni di cui è causa, ha riferito che “l'avv. ### è stato presente in una o due udienze riguardanti il giudizio di merito dell'azione possessoria. Tuttavia, in dette circostanze era comunque sempre presente l'avv. ### Garofalo” e che “confermo integralmente la circostanza di cui al n. 16 del ridetto verbale di udienza, precisando che tutti i contatti verbali riguardo alla individuazione di soluzioni transattive di contenzioso in atto, sono direttamente intercorse solo tra il sottoscritto e (leggi tutto)...

testo integrale

n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI TERZA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del dott. ### in funzione di Giudice Unico d'appello, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 3425/2018 R.G., cui è riunito il n. 3727/2018 R.G., avente ad oggetto: Prestazione d'opera intellettuale/ appello avverso sentenza del Giudice di ### di ### n. 1774/2017, depositata il ###, e non notificata, vertente tra , elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell'atto di citazione in appello del 21.02.2018, - APPELLANTE - contro Avv. ### elettivamente domiciliato in ### di ####, al ### n. 190, presso lo studio dell'avv. ### giusta procura in calce alla comparsa di costituzione in appello del 7.05.2018, depositata telematicamente in data ###, - APPELLATO - -### All'esito delle note scritte depositate telematicamente dalle parti per l'udienza di precisazione delle conclusioni del 19.06.2025 celebrata mediante trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., come da precedente provvedimento ritualmente comunicato, le parti hanno concluso riportandosi ai propri scritti difensivi, e la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini ex lege di 60 giorni per il deposito di comparse conclusionali e di successivi 20 giorni per il deposito di brevi memorie di replica ex artt. 352 e 190, comma 1, c.p.c.  -RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione in appello del 21.02.2018, ritualmente notificato in data ###, impugnava la sentenza del Giudice di ### di ### n. 1774/2017, depositata in data ###, non notificata, con la quale il Giudice di prima istanza rigettava l'opposizione e, conseguentemente, confermava in ogni sua parte il decreto ingiuntivo n. 967/2015 del 12.02/3.03.2015 (R.G. n. 1282/2015), notificato in data 31.03/9.04.2015, con il quale è stato ingiunto il pagamento della somma di €. 3.311,41 in favore dell'Avv. ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### per compensi professionali in relazione all'attività da egli svolta nell'ambito di due giudizi civili, di seguito meglio precisati, sino alla rinuncia all'incarico del 13.11.2013, con compensazione delle spese di lite. 
In particolare, nel primo grado di giudizio l'opponente , premesso che “ad istanza dell'Avv.  ### il Giudice di ### di ### con decreto n.967/15 emesso in data 12.2/3.3.2015, e notificato ai sensi dell'art. 140 c.p.c. in data 31.3/9.4.2015 ha ingiunto all'odierno opponente, sig. , il pagamento della complessiva somma di €. 3.311,41 = oltre interessi legali a far data dal 19.2.2014 (epoca della costituzione in mora) sino al soddisfo, nonché l'ulteriore somma di €. 526,00= per spese (€. 76,00) e competenze (€. 450,00) della procedura monitoria, oltre rimborso forfettario del 15%, Iva e ### ( relativa copia allegatadoc. 1 in fascicolo di parte);- a base della richiesta del detto provvedimento ingiuntivo, il professionista ricorrente ha assunto: di aver svolto in favore del sig. attività di assistenza e rappresentanza processuale ai fini dell'instaurazione della fase di merito e delle relative udienze di due cause possessorie presso il Tribunale di #### Dist. di Rutigliano; di aver maturato per tali giudizi ed attività connesse i compensi di cui alle rispettive due parcelle; di aver a suo tempo inutilmente sollecitato il pagamento delle relative somme a mezzo racc. A.R. del 19.2.2014; di aver conseguentemente proceduto a richiedere al competente Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di ### parere di congruità, che ha ottenuto in data ###”, ha chiesto, nel merito, di accogliere l'opposizione, in quanto nessuna difesa era stata svolta in via esclusiva ed in suo favore dall'Avv. ### e, in ogni caso, nessun importo era da lui dovuto in quanto già corrisposto mediante pagamento in contanti, e, per l'effetto, chiedeva di annullare, revocare o rendere nullo il decreto ingiuntivo opposto, nonché di condannare l'Avv. ### al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., con vittoria delle spese di lite. 
Con comparsa di costituzione e risposta si costituiva nel giudizio di primo grado l'opposto Avv. ### il quale instava per il rigetto dell'opposizione in quanto infondata, in fatto ed in diritto, attesa “la carente articolazione della difesa di parte convenuta e la sua intrinseca contraddittorietà” (cfr. pag. 14, note conclusive 1° grado), chiedendo la conferma in toto del decreto monitorio e la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata ex art 96, comma 3, c.p.c., con vittoria delle spese di lite. 
All'esito dell'attività istruttoria svolta nel giudizio di primo grado, consistita nell'espletamento dell'interrogatorio formale dell'opposto, nonché nell'assunzione della prova testimoniale richiesta dall'opponente, il Giudice di prime cure, con la citata sentenza n. 1774/2017 (n. R.G. 5200/2015) rigettava l'opposizione, ritenendo provata l'attività difensiva da parte dell'Avv. ### e non provate le contestazioni spiegate da parte opponente in quanto “smentite dalle vicende processuali soprattutto a fronte della documentazione prodotta dall'opposto. Infatti, va considerato che le contestazioni di non debenza devono essere supportate con prove certe e inconfutabili non soltanto ipotizzarne la infondatezza della pretesa, contestando l'altrui operato con affermazioni per lo più generiche ed imprecise. Le prove orali espletate - infattinon hanno confortato l'assunto dell'istante poiché smentite dagli atti processuali. […] Tutte le volte in cui un cliente contesta una qualsivoglia prestazione ovvero singole voci di spesa della prestazione professionale espletata, asserendo che la relativa attività è stata espletata ma non eseguita la singola voce di ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### spese ovvero onerate le somme ovvero compensate, deve darne la prova certa. Non spetta all'avvocato dimostrare lo svolgimento delle singole mansioni e di convincere il cliente sulle prestazioni eseguite e non onorate allorché richieste. […] La parcella è assistita da una presunzione di veridicità che opera fino a prova contraria e probabilmente l'opponente non l'ha fornita. […] Nei fatti l'opponente non ha fornito una prova rigorosa onde poter smentire l'assunto del professionista fondato su una presunzione di veridicità […] confortata altresì da un parere di congruità rilasciato da un ### a ciò deputato”, riconoscendo, in tal guisa, al professionista il pagamento della somma ingiunta a titolo di compenso professionale e compensando le spese del giudizio, “stante l'esito globale della causa” (cfr. pp. 3-4 sentenza 1° grado). 
Con l'odierno gravame, ha impugnato tale pronuncia in quanto il Giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere che l'Avv. ### avesse assolto l'onere della prova su di esso incombente circa l'effettivo conferimento ed espletamento dell'incarico affidatogli, in violazione della regola prevista dall'art.  2697 c.c. e che, basandosi su una erronea valutazione delle risultanze istruttorie, non avrebbe tenuto conto sia del fatto che “l'istruttoria ha inconfutabilmente dimostrato che l'attività difensiva è stata svolta in via pressoché esclusiva dall'Avv. ### Garofalo”, sia dell'intervenuta estinzione dell'obbligazione “con i pagamenti in contanti effettuati, la cui prova è stata offerta tramite la testimonianza del figlio, indebitamente svalutata dal primo Giudice”, considerato, peraltro, che “l'importo preteso e ingiunto è palesemente errato e frutto di una falsa applicazione delle norme tariffarie” in ragione della inapplicabilità del rimborso forfettario previsto dal D.M. 55/2014, della duplicazione della voce relativa alla “fase studio” e della non debenza del rimborso per il costo del parere di congruità. 
Con comparsa di costituzione e risposta, depositata telematicamente in data ###, si costituiva anche nel presente giudizio d'appello l'Avv. ### il quale eccepiva, in via preliminare, l'inammissibilità dell'appello ex artt. 342 e 348 bis c.p.c., e nel merito contestava tutto quanto esposto, dedotto ed eccepito in ordine alla gravata sentenza del Giudice di primo grado, eccependo l'infondatezza dei motivi di gravame a fronte della irreprensibilità formale e sostanziale della ridetta sentenza, nonché chiedendo la riforma della sentenza del Giudice di ### nella parte in cui ha disposto la compensazione delle spese del giudizio ex art. 92 c.p.c. nonostante la mancanza dei presupposti previsti dalla legge, con condanna al pagamento di un somma equitativamente determinata ex art. 96 c.p.c. 
Con separato atto di appello del 21.02.2018 (n. R.G. 3727/2018) veniva proposta impugnazione dall'Avv.  ### avverso la medesima sentenza n. 1774/2017, relativamente alla sola statuizione sulla compensazione delle spese processuali disposta in prime cure, e all'esito della rituale instaurazione del contraddittorio anche in detto giudizio di appello, veniva successivamente disposta con ordinanza del 13.06.2018 assunta dal precedente giudice designato, la riunione del detto procedimento al presente, in quanto precedentemente iscritto al n. 3425/2018 R.G, con cui il giudice designato “dato atto della connessione oggettiva e soggettiva del presente fascicolo a quello recante RG n. 3727/2018, dispone la riunione del presente fascicolo recante RG n. 3727/2018” (cfr. ordinanza in calce al verbale del 13.06.2018). 
Le cause così riunite, venivano istruite esclusivamente mediante acquisizione del fascicolo di prime cure, stante il carattere meramente documentale delle stesse e, dopo una serie di rinvii disposti in ragione del gravoso ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### carico del ruolo, sono state successivamente decise da questo Giudice, nelle more designato per la trattazione del presente procedimento, all'udienza di precisazione delle conclusioni del 19.06.2025, celebrata mediante trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., come da precedente provvedimento, ritualmente comunicato, non essendo stata chiesta la trattazione nelle forme ordinarie in aula di Tribunale, sulle conclusioni rassegnate dalle parti nelle rispettive note scritte depositate telematicamente, e con la concessione dei termini ex lege di 60 giorni per il deposito di comparse conclusionali e di successivi 20 giorni per il deposito di brevi memorie di replica ex artt. 352 e 190, co. 1 c.p.c. 
In via preliminare, e in rito, ritiene questo giudice che l'eccezione di inammissibilità dell'appello ex artt.  342 e 348 bis c.p.c. sia infondata e deve essere rigettata. 
Ed invero, come noto, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, la specificità dei motivi di appello richiesta dall'art. 342 c.p.c., impone all'appellante di individuare con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le censure in concreto mosse alla motivazione della sentenza impugnata, in modo che alle argomentazioni svolte nella medesima sentenza vengano contrapposte quelle dell'appellante, volte ad incrinare il percorso logico-giuridico delle prime (cfr. ex multis, Cass. civ., 11.10.2006, n. 21816; Cass. civ., 21.01.2011, n. 1924; Cass. civ., 31.03.2010, n. 7786); nell'atto di appello, invero, alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi, a pena di inammissibilità del gravame, rilevabile d'ufficio e non sanabile per effetto dell'attività difensiva della controparte, una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice (cfr. Cass. civ., 19.10.2009, n. 22123; Cass. civ., 1.02.2007, n. 2217; Cass. civ., 28.11.2003, n. 18229), con la conseguenza che i motivi stessi devono essere più o meno articolati a seconda della maggiore o minore specificità della motivazione (cfr. Cass., S.U., 8.04.2008, n. 9038; Cass. civ., 13.09.2006, n. 19661; Cass. civ., 29.10.2004, n. 20987), non ritenendosi necessaria la specifica indicazione delle norme di diritto invocate a fondamento dell'appello (cfr. Cass. civ., 27.02.2004, n. 3974), e risultando necessario, quindi, che risultino esposte con sufficiente grado di specificità le sole ragioni sulle quali si fonda l'impugnazione (cfr. Cass. civ., 15.01.2009, n. 806; Cass. civ., 11.10.2006, n. 21745). 
Ancora più di recente è stato ribadito dalla giurisprudenza di legittimità con orientamento pressoché granitico e consolidato che “nel giudizio di appello - che non è un "novum iudicium" - la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall'appellante attraverso specifici motivi e tale specificità esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell'appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono. Ne consegue che, nell'atto di appello, ossia nell'atto che, fissando i limiti della controversia in sede di gravame consuma il diritto potestativo di impugnazione, alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi, a pena di inammissibilità del gravame, rilevabile d'ufficio e non sanabile per effetto dell'attività difensiva della controparte, una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, al qual fine non è sufficiente che l'atto di appello consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate, ma è altresì necessario, pur quando la sentenza di primo grado sia censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità da correlare, peraltro, con la motivazione della sentenza impugnata” (cfr. Cass. civ., sez. I, n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### 27.09.2016, n. 18932; in senso conforme, Cass. civ., Sez. Un., n. 16 del 2000; Cass. civ., sez. 3, ord. 5.05.2017, n. 10916, per la quale l'art. 342 c.p.c. «impone all'appellante di individuare, in modo chiaro ed inequivoco, il "quantum appellatum", formulando, rispetto alle argomentazioni adottate dal primo giudice, pertinenti ragioni di dissenso che consistono, in caso di censure riguardanti la ricostruzione dei fatti, nell'indicazione delle prove che si assumono trascurate o malamente valutate ovvero, per le doglianze afferenti questioni di diritto, nella specificazione della norma applicabile o dell'interpretazione preferibile, nonché, in relazione a denunciati "errores in procedendo", nella precisazione del fatto processuale e della diversa scelta che si sarebbe dovuta compiere»; Cass. civ., sez. 6-2, ord. 14.09.2017, n. 21336; nonché da ultimo, Cass. S.U., 16.11.2017, n. 27199, secondo cui «Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv.  con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata»; Cass. civ., sez. 6-3, ord. 30.05.2018, n. 13535, nella quale viene ribadito che non occorre ai fini dell'ammissibilità dell'appello “l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, ovvero la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata, tenuto conto della permanente natura di "revisio prioris instantiae" del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”; in termini, Cass. civ., sez. 6-3, ord. 8.02.2018, n. 3115, secondo cui “### che intenda dolersi di una erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado può limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare "ex novo" le prove già raccolte e sottoporgli le argomentazioni difensive già svolte in primo grado, senza che ciò comporti di per sé l'inammissibilità dell'appello”). 
Detto in altre parole, la norma di cui innanzi esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell'appellante, volte ad incrinarne il fondamento logico-giuridico della decisione gravata. 
Orbene, nel caso di specie, i motivi di impugnazione risultano formulati ed evincibili in relazione alla critica mossa all'intero corpo motivazionale della sentenza gravata, sicché l'eccezione di inammissibilità è priva di pregio giuridico. 
Nel merito, l'appello è parzialmente fondato e va pertanto in parte accolto nei limiti e per le ragioni di seguito indicate. 
Parte appellante, con i primi due motivi di appello, che si ritiene di dover trattare congiuntamente per le questioni che essi pongono, ha sostanzialmente denunciato la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., “per avere il Giudice di ### ritenuto che sul gravasse l'onere di provare la non veridicità delle prestazioni professionali riportate nella parcella dell'avv. ### poiché detta parcella, in quanto vistata dall'ordine professionale, era assistita da una presunzione di veridicità tanto da avere un valore probatorio ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### assoluto. Così violando il principio che chi intende far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, onere che nel giudizio ordinario di opposizione a decreto ingiuntivo resta a carico del creditore opposto e, pertanto, il ### avrebbe dovuto provare le prestazioni eseguite e la misura degli importi richiesti, essendo vietato al giudice di assumere come base di calcolo per la determinazione del compenso le esposizioni indicate nella parcella e contestate dal (cfr. pag. 12 dell'atto di citazione in appello), nonché la violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c., “per aver il Giudice di ### omesso, nella valutazione delle risultanze istruttorie, di indicare le prove idonee a sorreggere la decisione fornendo congrua ed esatta motivazione per controllare il criterio logico seguito, nonché di valutare e tenere in debito conto la circostanza circa il conferimento del mandato anche all'avv. ### che, come emerge dagli atti, ha svolto tutta l'attività, oggi vantata dal ### il quale, invece, non è andato oltre la mera sottoscrizione degli atti senza svolgere alcuna effettiva prestazione professionale e, quindi, senza possibilità di pretendere il pagamento in contestazione. ” (cfr. pag. 16, atto di citazione in appello). 
Ed invero, il giudice di pace ha apoditticamente ritenuto provato “per presunzioni” l'avvenuto conferimento e svolgimento dell'incarico professionale da parte dell'Avv. ### in favore del ove si consideri che nella parte motiva della sentenza n. 1774/2017, qui gravata, si legge, quanto all'attività professionale svolta dall'opposto, “risulta che al professionista Avv. ### sia stato conferito l'incarico professionale dal ### onde incardinare il giudizio dinanzi il Tribunale di ### Distaccata di ### per le due cause possessorie recanti il n. R.G. 372/2011 e R.G. n. 779/2011. Lo stesso istante deduce di aver conferito il mandato ai due professionisti (### e ### per cui ha errato il pagamento dell'intero, salvo poi contestare, al professionista ### di non aver effettivamente svolto alcuna prestazione di quelle indicate nel procedimento monitorio. Tutte le contestazioni e asserzioni sollevate in atti dall'opponente, non possono essere accolte perché smentite dalle vicende processuali soprattutto a fronte della documentazione prodotta dall'opposto. Infatti, va considerato che le contestazioni di non debenza devono essere supportate con prove certe ed inconfutabili non soltanto ipotizzarne la infondatezza della pretesa, contrastando l'altrui operato con affermazioni per lo più generiche ed imprecise. Le prove orali espletate - infatti - non hanno confortato l'assunto dell'istante poiché smentite dagli atti processuali. Anche le dichiarazioni rese dal -figlio del talvolta discordanti - comunqueaffatto esaustive per contrastare una qualsivoglia attività professionale confermata agli atti da prestazioni -comunqueeseguite e non contestate nei termini e con le modalità all'uopo contemplate. Tutte le volte in cui un cliente contesta una qualsivoglia prestazione ovvero singole voci di spesa della prestazione professionale espletata, asserendo che la relativa attività è stata espletata ma non eseguita la singola voce di spese ovvero onerate le somme ovvero compensate, deve darne la prova certa. Non spetta all'avvocato dimostrare lo svolgimento delle singole mansioni e di convincere il cliente sulle prestazioni eseguite e non onorate allorché richieste. […] La parcella è assistita da una presunzione di veridicità che opera fino a prova contraria e probabilmente l'opponente non l'ha fornita.” ( pp. 3-4, sentenza 1° grado). 
Dunque, sulla base di tali argomentazioni, il giudice di primo grado ha rigettato l'opposizione proposta dal ritenendo che, a fronte delle risultanze probatorie prodotte dall'Avv. ### e della presunzione di ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### veridicità, sino a prova contraria, che assiste la parcella vidimata dal Consiglio dell'Ordine, l'opponenteodierno appellante non avesse fornito alcuna prova utile a smentire l'assunto del professionista creditore. 
Orbene, in proposito, occorre, anzitutto, circoscrivere il perimetro della pretesa creditoria avuto riguardo all'attività professionale espletata dall'Avv. ### nell'ambito dei due procedimenti possessori (R.G.  372/2011 e R.G. n. 779/2011), con la conseguenza che è soltanto con riferimento a tale attività che devono essere vagliate in sede di gravame le conclusioni raggiunte dal giudice di prime cure in ordine all'assolvimento dei rispettivi oneri probatori incombenti sulle parti del rapporto professionale. 
Ciò premesso, è, dunque, opportuno richiamare la più recente giurisprudenza che si è ormai consolidata nel ritenere che, a fronte di una richiesta giudiziale di pagamento del compenso avanzata dall'avvocato, il cliente possa limitarsi a contestare, anche genericamente, la richiesta, spettando al professionista dare prova dell'attività svolta ex art. 2697 c.c.; una contestazione, ancorché generica, è, infatti, idonea ad investire il giudice del poteredovere di dare corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a determinare l'onere probatorio a carico del professionista in ordine all'attività da egli svolta e alla corretta applicazione della tariffa o dei parametri previsti dalla legge. 
Ne discende che, anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in cui si verifica una sostanziale inversione delle posizioni processuali assunte dalle parti, in caso di contestazione circa il corretto adempimento dell'incarico professionale, vale in ogni caso il principio generale affermato dalla giurisprudenza secondo cui in materia di inadempimento contrattuale, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (v. ex multis, Cass. civ., S.U. n. 13533/01, secondo cui, “il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa”; cfr. altresì, più di recente, Cass. civ., 12.04.2006, n. 8615; Cass. civ., 13.06.2006, n. 13674; Cass. civ., 12.02.2010, n. 3373; Cass. civ., 15.07.2011, n. 15659; Cass. civ., 20.01.2015, n. 826). 
In altre parole, il creditore deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo, costituito dall'avvenuto adempimento, ovvero che l'inadempimento è dipeso da fatto a lui non imputabile, ovvero ancora che, pur esistendo, non è stato causa del danno. 
Più precisamente, è stato osservato che “il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l'eccepisca; soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l'onere della prova viene nuovamente a n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### gravare sul creditore, il quale contro deduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico” (cfr. Cass. civ., sez. 3, 4.10.2011, n. 20288; in senso conforme, più recentemente, Cass. civ., sez. 6-3, ord. 16.07.2019, n. 19039). 
Detto principio sul riparto dell'onere della prova trova applicazione anche nell'ipotesi in cui il professionista abbia agito, come nel caso che ci occupa, con ricorso monitorio per chiedere il pagamento della prestazione ed il cliente abbia eccepito l'inadempimento; anche in questo caso, infatti, la prova dell'avvenuto conferimento dell'incarico e dell'effettivo espletamento dello stesso incombe sul professionista, anche in virtù del noto principio sulla c.d. vicinanza della prova (cfr. Cass. civ., n. ###/2023). Prova che il professionista, gravato di detto onere, può peraltro fornire con ogni mezzo e quindi anche mediante dichiarazioni testimoniali assunte in giudizio, purché chiare, precise e concordanti, rese da altri professionisti operanti nel medesimo settore della cui collaborazione si è avvalso per la corretta esecuzione dell'incarico professionale assunto. 
Infine, è altrettanto noto che, secondo l'indirizzo della giurisprudenza di legittimità prevalente, “nei giudizi aventi per oggetto l'accertamento di un credito vantato dal professionista, relativamente al compenso dovutogli per le prestazioni professionali eseguite in favore del cliente, la prova, non solo dell'avvenuto conferimento dell'incarico, ma anche dell'effettivo espletamento dello stesso incombe al professionista: principio che vale non solo quando il giudizio si svolga a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo ( Cassazione n. 5987 del 1994), ma anche quando questo tratta origine da un'azione di accertamento negativo” (cfr. Cass. civ., sez. 3, 31.10.2013, n. 24568). 
A tale riguardo, infatti, vale la pena rammentare che, con riferimento ai crediti per prestazioni professionali, sempre secondo la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, “mentre ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo a norma dell'art. 636 cod. proc. civ. la prova dell'espletamento dell'opera e dell'entità delle prestazioni può essere utilmente fornita con la produzione della parcella e del relativo parere della competente associazione professionale, tale documentazione non è più sufficiente nel giudizio di opposizione, il quale si svolge secondo le regole ordinarie della cognizione e impone, quindi, al professionista, nella sua qualità di attore, di fornire gli elementi dimostrativi della pretesa, con la conseguenza che il giudice di merito non può assumere come base di calcolo per la determinazione del compenso le esposizioni di detta parcella contestate dal debitore” [cfr. Cass. civ., sez. 3, 17.03.2006, n. 5884; in senso conforme, già Cass. civ., sez. 2, 13.04.1999, n. 3627; Cass. civ., sez. 2, 20.04.2006, n. 9254; e, più recentemente, v. Cass. civ., ord. 24120/2020 secondo cui “In tema di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di diritti ed onorari richiesti dall'avvocato, la contestazione mossa da quest'ultimo circa la pretesa fatta valere dall'opposto sulla base della parcella corredata dal parere del Consiglio dell'Ordine non deve avere carattere specifico, potendo essere anche generica, risultando comunque idonea ad investire il giudice del potere - dovere di dar corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a determinare l'onere probatorio a carico del professionista in ordine all'attività svolta e alla corretta applicazione della tariffa”; Cass. civ., n. 6734/2020; Cass. civ., n. 11790/2019; Cass. civ., n. 230/2016”].  ### ermeneutica appena richiamata ha, in tal guisa, condotto la giurisprudenza di legittimità più recente a rivalutare la portata probatoria della vidimazione della parcella da parte del Consiglio dell'Ordine, n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### giungendo, da ultimo, ad affermare che “la parcella corredata dal parere espresso dal competente Consiglio dell'Ordine d'appartenenza del professionista ha, per il combinato disposto degli artt. 633, comma 1 n. 2 e 636, comma 1 cod. proc. civ., valore di prova privilegiata e carattere vincolante per il giudice esclusivamente ai fini della pronunzia dell'ingiunzione, ma non nel successivo giudizio in contraddittorio, introdotto dall'ingiunto con l'opposizione ex art. 645 cod. proc. civ.; la parcella vistata, infatti, costituisce una semplice dichiarazione unilaterale del professionista su cui l'organo associativo si è limitato ad esprimere un parere di congruità, senza effettuare controllo alcuno di effettività e di consistenza quanto alla prestazione. In conseguenza, in ipotesi di opposizione del cliente assistito, è rimessa al libero apprezzamento del giudice l'effettività e la consistenza delle prestazioni eseguite ovvero l'applicazione della tariffa pertinente e la rispondenza ai parametri stabiliti delle somme richieste, né è necessaria, al fine di tale valutazione sul fondamento della pretesa nel rispetto del principio dispositivo, una specifica contestazione da parte dell'opponente perché l'avvocato creditore opposto assume la veste sostanziale di attore ed è su di lui che incombono i relativi oneri probatori ex art. 2697 cod. civ.”(cfr. Cass. civ., sez. II, 17.09.2025, n. 25539; in senso conforme v. anche Cass. civ., n. 5138/2019; Cass. civ., sez. II, 11.01.2016, n. 230; Cass. civ., sez. VI -
II, 10.01.2023, n. 357). 
Ne segue, più sinteticamente, l'irrilevanza probatoria nell'ordinario giudizio di cognizione instaurato a seguito dell'opposizione, sia della parcella predisposta dal professionista sia della sua congruità vistata dal consiglio dell'ordine di appartenenza, residuando, perciò, in capo al professionista l'onere di provare i fatti costitutivi posti a fondamento della propria pretesa e senza che tale onere possa ritenersi opportunamente assolto mediante la mera allegazione di tale documentazione, come erroneamente ritenuto dal giudice di prime cure nella parte della sentenza in cui apoditticamente sostiene che “non spetta all'avvocato dimostrare lo svolgimento delle singole mansioni e di convincere il cliente sulle prestazioni eseguite e non onorate allorché richieste. Questo perché per il professionista garantisce già l'iscrizione in un albo che è sinonimo di probità e integrità morale. La parcella assistita da una presunzione di veridicità che opera fino a prova contraria […]” (cfr. pag. 3 sentenza 1° grado). 
In definitiva, il giudice di prime cure, discostandosi immotivatamente da quanto diffusamente evidenziato nella giurisprudenza di legittimità consolidata innanzi richiamata, nel ritenere a monte esonerato il professionista dalla prova dell'effettivo svolgimento dell'incarico sulla base della garanzia di veridicità offerta tanto dall'iscrizione all'albo quanto dal controllo di conformità della parcella da parte del Consiglio dell'Ordine, è erroneamente giunto ad un inammissibile inversione dell'onere della prova, imputando a valle, in capo al cliente debitore, l'onere di fornire la prova delle contestazioni mosse con l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo, senza, tuttavia, tenere conto sia del fatto che il avesse specificamente contestato la fondatezza della pretesa creditoria, sia del fatto che tale contestazione è ammessa dalla giurisprudenza di legittimità anche attraverso censure generiche. 
Inquadrate in questi termini le regole in tema di corretta ripartizione dell'onere probatorio, pacifico e incontestato tra le parti è il conferimento dell'incarico in favore dell'Avv. ### da parte del trattandosi di circostanza dedotta da quest'ultimo nei propri scritti difensivi e provata dalla documentazione allegata ai ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### rispettivi fascicoli di parte del giudizio di opposizione (cfr. docc. da 1 a 4 dell'all. A, fasc. parte appellata), così come rilevato anche dal giudice di prime cure nella parte della sentenza impugnata, ove si legge “risulta che al professionista Avv. ### sia stato conferito l'incarico professionale dal ### onde incardinare il giudizio dinanzi il Tribunale di ### Distaccata di ### per le due cause possessorie recanti il n. R.G. 372/2011 e R.G. n. 779/2011” (cfr. pag. 3 della motivazione della sentenza gravata). 
Ne segue, dunque, che nella specie, l'Avv. ### avrebbe dovuto fornire riscontro delle concrete attività effettivamente svolte attraverso l'allegazione e la deduzione di specifiche circostanze idonee a rappresentare i fatti costitutivi dei diritti da lui azionati inerenti, per ciascuno dei procedimenti possessori, lo svolgimento dell'attività di “ritiro del fascicolo di parte inerente la fase sommaria; esecuzione delle copie di tutti gli atti e documenti; fase studio della controversia ed esame dei precedenti atti riguardanti la fase sommaria della citata azione possessoria, consultazione con contestuale esposizione e spiegazione di pareri orali al cliente; fase introduttiva del giudizio comprensiva della redazione e del deposito in ### dell'istanza ex art.  703, comma 4, c.p.c.; presa visione e ritiro del decreto di fissazione d'udienza per l'inizio del giudizio di merito; ritiro ed esame della memoria di costituzione di controparte; assistenza e rappresentanza in udienza” (cfr. pp. 1-2, ricorso per decreto ingiuntivo). 
Ebbene, dall'esame del materiale probatorio in atti emerge come l'Avv. ### ha solo in parte adempiuto in prime cure l'onus probandi su di lui gravante, avuto riguardo alla documentazione riversata in atti, ovverosia la ricostruzione cronologica dei fatti oggetto delle vicende possessorie (doc. 5) ed il verbale di sopralluogo del 10.04.2013, redatto dal medesimo difensore e ratificato dal (cfr. doc. 15, allegato alla denuncia querela). 
Tali documenti, invero, consentono di ritenere effettivamente espletata l'attività inerente allo studio delle controversie e all'esame degli atti riguardanti la fase sommaria di entrambi i procedimenti possessori. 
Nondimeno, risultano sfornite di riscontro probatorio le restanti attività descritte nel ricorso monitorio e di cui è stato azionato il pagamento, tenuto conto, altresì, del fatto che l'attività relativa alla fase introduttiva del giudizio, oltre che quella di assistenza in udienza, è stata svolta dall'Avv. ### in compartecipazione con l'Avv. ### circostanze, queste ultime, che risultano per tabulas dalla documentazione allegata da parte opposta-odierna appellata nel giudizio n. R.G.3425/2018 - in particolare, le istanze di prosecuzione del giudizio possessorio ex art. 703, comma 4, c.p.c., (doc. 5 e 15), queste ultime recanti la sottoscrizione dell'Avv. ### unitamente a quella del co-difensore, Avv. ### e i verbali delle udienze del 4.01.2012 (doc.12) e del 2.07.2013 (doc. 13) - oltre che dalle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale dallo stesso Avv.  ### ascoltato all'udienza del 26.06.2016 (cfr. verbale di udienza del 26.06.2016 nella parte in cui dichiara che “il sig. veniva ricevuto contestualmente all'avv. ### e da me presso lo studio ### in via ### n. 153. ###. veniva convocato da entrambi gli avvocati telefonicamente. Una volta lì conferiva contestualmente con il sottoscritto e con il collega Garofalo”). 
Tali elementi probatori, invero, non consentono di ritenere che l'attività di redazione degli atti, così come quella di rappresentanza in udienza sia stata svolta personalmente dall'Avv. ### in particolare, dai verbali delle udienze risulta che ogni difesa ed eccezione è stata svolta e sollevata prevalentemente dall'Avv. ### figurando il ### come mero difensore comparso in udienza così come dalle comunicazioni di cancelleria, ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### inerenti l'autorizzazione a prendere visione del fascicolo relativo al procedimento R.G. n. 13299/2011 e quella di fissazione dell'udienza, risulta che esse sono state trasmesse all'indirizzo di posta elettronica dell'Avv.  ### (cfr. docc. 12 e 13, fasc. parte opponente). 
Peraltro, tali circostanze sono state confermate dalle dichiarazioni testimoniali rese all'udienza del 27.01.2017 dall'Avv. ### difensore delle controparti nei procedimenti possessori, dalle quali è emerso che l'attività di assistenza e rappresentanza in udienza è stata effettivamente espletata per la maggior parte, se non in via esclusiva, dall'Avv. ### così come quella di corrispondenza volta ad individuare una soluzione bonaria delle controversie. 
In particolare, il teste ### della cui attendibilità non v'è motivo per cui dubitare, neppure alla luce della immotivata esclusione operata dal giudice di prime cure, trattandosi di soggetto estraneo alle questioni di cui è causa, ha riferito che “l'avv. ### è stato presente in una o due udienze riguardanti il giudizio di merito dell'azione possessoria. Tuttavia, in dette circostanze era comunque sempre presente l'avv. ### Garofalo” e che “confermo integralmente la circostanza di cui al n. 16 del ridetto verbale di udienza, precisando che tutti i contatti verbali riguardo alla individuazione di soluzioni transattive di contenzioso in atto, sono direttamente intercorse solo tra il sottoscritto e l'avv. ### Per quanto riguarda la corrispondenza se ho indicato anche l'avv. ### in indirizzo dovrebbe risultare per tabulas poiché al momento non ricordo” (cfr. verbale d'udienza del 27.01.2017). 
Pertanto, il materiale probatorio in atti, nel complesso esaminato, restituisce due dati sufficientemente certi: per un verso, che l'Avv. ### abbia maturato il diritto ad ottenere il compenso entro i limiti dell'attività inerente la “fase studio”, effettivamente svolta e provata in sede di opposizione, e, per altro verso, che rispetto alla restante attività il medesimo, disattendendo l'onere probatorio su di lui incombente, non ha dimostrato alcunché in merito alle circostanze di tempo e di luogo del compimento delle singole attività giudiziali, residuando, rispetto a tali attività, evidenti lacune probatorie che non consentono di ricondurre al difensore l'asserita attività di difesa scritta e orale descritta nei propri scritti difensivi. 
Ora, circoscritto entro tale perimetro il rapporto professionale esistente tra l'Avv. ### ed il non colgono nel segno le contestazioni sollevate da parte opponente-odierna appellante circa la natura “amichevole” dei rapporti intercorrenti con il ### e l'intervenuta estinzione dell'obbligazione pecuniaria a seguito del pagamento in contanti degli importi richiesti. 
Ed invero, con riferimento alla prima circostanza, tenuto conto della presunzione di onerosità del mandato professionale intercorso tra le parti, in conformità al condiviso orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “la presunzione di onerosità del mandato, stabilita dall'art. 1709 c.c., ha carattere relativo e può essere superata dalla prova della sua gratuità, desumibile dalle circostanze del rapporto” ( Cass. civ., n. 17384/2018; in termini analoghi Cass. civ., sez. II, del 23.11.2016 n. 23893; Cass. civ., 14682/2014), giova precisare come, nel contratto d'opera intellettuale, l'onerosità costituisce un elemento non essenziale dell'accordo, sicché, per esigere il pagamento spetta al professionista l'onere di provare il conferimento dell'incarico e l'adempimento dello stesso, non essendo a ciò necessaria anche la prova della ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### pattuizione del compenso, mentre, al beneficiario, il dovere di dimostrare l'eventuale accordo sulla gratuità della prestazione, prova che, nella vicenda de qua, è del tutto carente. 
Difatti, parte opponente-odierna appellante, dopo aver illustrato nell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo i rapporti di “cordialità e amicizia” intercorsi tra le parti in epoca anteriore l'instaurazione del giudizio e aver fatto cenno alla necessità dell'Avv. ### di partecipare a tale esperienza professionale per “acquisire una preziosa esperienza professionale e iniziare a maturare per il futuro i requisiti occorrenti per l'accesso agli elenchi dei difensori abilitati al gratuito patrocinio” (cfr. pag. 3), ha omesso, tuttavia, di fornire qualsivoglia elemento probatorio da cui desumere la natura sostanzialmente gratuita dell'incarico assunto dall'Avv. ### Né, tanto meno, la testimonianza resa da all'udienza del 24.01.2017, figlio dell'odierno appellante, può ritenersi esaustiva ai fini dell'adempimento dell'onere probatorio richiesto dalla giurisprudenza di legittimità, considerato il tenore delle dichiarazioni rese: generiche, inconferenti e a tratti contraddittorie nella parte in cui il teste, pur riferendo degli asseriti rapporti amichevoli risalenti nel tempo ha, altresì, ammesso di alcuni pagamenti effettuati dal padre in favore dell'Avv. ### (cfr. verbale di udienza del 24.01.2017, nella parte in cui riferisce che “confermo la circostanza sub 1 del verbale del 4.1.2015. Preciso all'uopo che mio padre conosce il ### da molto tempo sin da quando io ero molto piccolo. Preciso che veniva a casa ed in qualche occasione si è fermato anche a pranzo. In altre occasioni siamo anche andati fuori a mangiare insieme. Con riferimento alla circostanza sub 8 la confermo e preciso che mi è stata riferita da mio padre” e, al contempo, riferisce che “posso confermarvi le somme date, posso confermavi il mese ma non ricordo il giorno con esattezza. Il pagamento è avvenuto sempre di pomeriggio. Confermo il pagamento di ### 1000,00 del mese di marzo 2013 ma non ricordo il taglio della banconota”). 
Inoltre, in merito ai suddetti asseriti pagamenti in contanti, circostanza quest'ultima che sarebbe suscettibile di integrare una causa estintiva dell'obbligazione assunta, il teste si è limitato acriticamente a confermare i capitoli di prova vertenti su date ed importi specifici (nella parte in cui riferisce “con riferimento alle circostanze sub 9,10,11,12,13 del verbale del 9.12.2015 che mi leggete posso confermarvi le date, posso confermarvi il mese, ma non ricordo il giorno con esattezza” e ancora “confermo la circostanza sub 14”), senza, tuttavia, essere in grado di riferire ulteriori dettagli sugli incontri né sulle modalità di pagamento ovvero sul taglio delle banconote (cfr. nella parte in cui riferisce che “confermo il pagamento di ### 1000,00 del mese di marzo 2013 ma non ricordo il taglio delle banconote”). 
In primo luogo, deve evidenziarsi come appare a dir poco singolare che il teste fosse stato presente in ogni occasione dei dedotti pagamenti che sarebbero avvenuti presso il domicilio del padre anche per piccoli importi, né si profila credibile quanto dichiarato dal teste considerato, peraltro, che lo stesso si è limitato a confermare circostanze capitolate su date ed importi specifici, senza tuttavia essere in grado di riferire gli orari degli incontri né le modalità del pagamento (ovvero il taglio delle banconote tenuto conto, ad esempio, che nel mese di marzo 2013 sarebbe stato corrisposto l'importo di €. 1.000,00) né la durata degli incontri avvenuti con il padre. ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### dubbia attendibilità delle dichiarazioni rese dal teste, rimasta del resto priva di spiegazione anche negli scritti difensivi di parte opponente-odierna appellante, influisce inevitabilmente sulla credibilità del testimone, anche in considerazione dei legami di filiazione che intercorrono con l'appellante, rispetto ai quali, giova rilevare che, attesa l'insussistenza di un divieto di testimoniare sancito per i parenti dall'art. 247 c.p.c., per effetto della sentenza della Corte cost. n. 248/1994, che non consente al giudice di merito un'aprioristica valutazione di non credibilità delle deposizioni, non può neppure escludersi che l'esistenza di uno dei vincoli in essa indicati possa, in concorso con ogni altro utile elemento, essere considerato dal giudice di merito - la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità, ove motivata - ai fini della verifica della maggiore o minore attendibilità delle deposizioni stesse (cfr. ex multis, Cass. civ., n. 98/2019). 
Da ciò consegue, dunque, che, le dichiarazioni rese dal teste , sia in merito ai rapporti pregressi intercorrenti tra le parti sia in merito a presunti pagamenti degli importi azionati, presentino profili di dubbia attendibilità e credibilità in ragione tanto del tenore delle dichiarazioni rese quanto dal rapporto di filiazione con l'odierno appellante, sicché, in forza di tali elementi, è inverosimile che l'Avv. ### abbia richiesto il pagamento degli importi presso il domicilio del debitore e che alcuna quietanza sia stata richiesta dal al momento del loro versamento. 
Ciò detto, ritenuta raggiunta la prova in punto dell'an, entro i limiti suddetti, e venendo all'esame degli ulteriori motivi di appello relativi al quantum della pretesa risarcitoria, resta, dunque, da determinare il compenso spettante all'opposto-odierno appellato. 
Parte appellante lamenta in proposito la violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. “per non avere il Giudice di ### in via subordinata, rideterminato in minus il credito del ### omettendo di valutare e tenere in debito conto le circostanze, ritualmente eccepite e provate circa: a) la minima partecipazione del ### unitamente all'avv. ### agli atti e verbali di causa, ritualmente documentata; b) l'inclusione nella parcella di voci ed importi non dovuti a norma di legge come il rimborso forfettario, non previsto sotto la vigenza dei parametri di cui al D.M. n. 140/2012” (cfr. p. 27, atto di citazione in appello). 
A tale riguardo, deve tenersi presente, per un verso, come innanzi già evidenziato, che la parcella corredata dal parere del competente Consiglio dell'Ordine non è vincolante per il giudice chiamato a rideterminare il compenso professionale e, per altro verso, che il cliente è obbligato a corrispondere all'avvocato i compensi nella misura stabilita nei suoi specifici confronti dal giudice innanzi al quale il professionista abbia proposto la relativa domanda di pagamento, il cui ammontare va determinato da detto giudice, avendo riguardo all'importanza dell'opera prestata, alla quantità di lavoro svolto dal professionista ed al valore economico e sociale dell'attività in relazione al risultato prefisso (cfr. Cass. civ., sez. 6-1, ord. 14.03.2011, 5953; Cass. civ., sez. 2, 13.12.2001, n. 15757; Cass. civ., sez. 2, 22.12.1994, n. 11065; Cass. civ., 2, 10.06.1977, n. 2407; Cass. civ., sez. 2, 3.05.1969, n. 1478); sicché, in ipotesi di difesa della medesima parte da più difensori, come nel caso di specie, in virtù di quanto disposto dall'art. 11, D.M. 140/2012, ratione temporis applicabile tenuto conto della data di esaurimento del mandato e di conclusione dell'incarico (i.e. la rinuncia al mandato intervenuta in data ###, doc. 21), il compenso dovuto a ciascun professionista deve ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### essere determinato in base alle circostanze del singolo caso concreto e, dunque, in base all'attività personalmente ed effettivamente svolta. 
Sotto tale profilo, pertanto, giova, altresì, precisare che la valutazione dell'attività effettivamente svolta deve essere condotta complessivamente, tenendo, dunque, in considerazione sia quella espletata per il giudizio R.G. n. 732/2011 sia per quello R.G. n. 779/2011, riuniti con ordinanza del 2.07.2013 (cfr. all. A, doc. 27), in forza di quanto previsto dall'art. 4, co. 1, D.M. 140/2012 secondo cui “### liquidazione il giudice deve tenere conto del valore e della natura e complessità della controversia, del numero e dell'importanza e complessità delle questioni trattate, con valutazione complessiva anche a seguito di riunione delle cause, dell'eventuale urgenza della prestazione”. 
La giurisprudenza di legittimità successiva alla sua entrata in vigore, in continuità con l'indirizzo ermeneutico prevalente, ha, per vero, precisato che “in tema di compenso spettante al difensore, nell'ipotesi di più cause, successivamente riunite, deve essere liquidato un distinto onorario per ciascuna di esse, con riguardo alle attività compiute prima della riunione” (cfr. Cass. civ., sez. II, 3.09.2013, n. 20147, in senso conforme v. anche Cass. civ., sez. lav., 22.07.2009, n. 17095; Cass. civ., sez. II, 6.12.2002 n. 17354). 
Ne segue, pertanto, che per l'attività personalmente e concretamente espletata dall'Avv. ### circoscritta esclusivamente alla “fase di studio e ricostruzione cronologica dei fatti di causa” e alla “fase introduttiva”, deve essere determinato il compenso avendo riguardo alla ### A, con riferimento alla sezione inerente i compensi per attività svolte innanzi, tra l'altro, al “tribunale ordinario”, scaglione di valore indeterminato o indeterminabile relativamente alla controversia R.G. n. 732/2011, e del valore pari ad €. 5.200,00 per quella R.G. n. 779/2011, nonché avendo riguardo alla complessità e importanza delle questioni trattate e degli elementi emersi in relazione all'effettivo apporto offerto dall'Avv. ### nel concorso con l'attività espletata dall'Avv. ### ne consegue, pertanto, che deve ritenersi congrua l'applicazione dei valori minimi previsti dalla tariffa professionale per ciascuna delle fasi prese in considerazione, sicché l'importo da riconoscere al professionista va complessivamente rideterminato nei seguenti termini: - per il giudizio RG. n. 732/2011: €. 600,00 per la fase studio, ed €. 300,00 per la fase introduttiva; - per il giudizio R.G. 779/2011: €. 275,00 per la fase studio, ed €. 150,00 per la fase introduttiva. 
Nulla deve essere invece riconosciuto a titolo di rimborso spese forfettario richiesto dall'Avv.  ### come previsto dal D.M. n. 55/2014, non potendo ritenersi applicabile ratione temporis ai detti giudizi, il disposto di cui all'art. 13, comma 10, della legge 31.12.2012, n. 247 (in vigore dal 2.02.2013), il quale necessitava comunque del DM attuativo intervenuto soltanto nel marzo del 2014, quando orami era stata già conclusa l'attività del professionista per l'intervenuta rinuncia in data ###. 
Sul punto, invero, è opportuno precisare che il d.lgs. n. 140/2012, innovando la precedente disciplina in tema di onorari professionali, ha introdotto il sistema dei parametri per il calcolo delle competenze basato su un criterio di liquidazione per fasi ed ha tacitamente abrogato il diritto dell'avvocato a percepire il rimborso forfetario delle spese, poi previsto nuovamente soltanto nel successivo D.M. n. 55/2014. 
Nonostante l'implicita abrogazione, la legge n. 247/2012 ha previsto, all'art. 13, comma 10, che “### al compenso per la prestazione professionale, all'avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell'interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfetarie, la cui misura massima è determinata dal decreto di cui al comma 6, unitamente ai criteri di determinazione e documentazione delle spese vive”; decreto che, come innanzi evidenziato, è stato emanato soltanto nell'aprile del 2014, con l'adozione del D.M n. 55/2014 che ha determinato un rimborso forfettario nella misura del 15% degli onorari determinati in base ai parametri. 
Tuttavia il disposto di cui all'art. 13, comma 10, della legge 31.12.2012, n. 247, benché in vigore dal 2.02.2013, necessitava del DM attuativo intervenuto soltanto nel marzo del 2014, sicché sul punto nulla spetta all'appellato a titolo di rimborso spese forfettarie. 
Quanto, infine, alla richiesta di liquidazione delle spese sostenute per il parere di congruità finalizzato all'emissione del decreto ingiuntivo, deve darsi conto dell'indirizzo giurisprudenziale prevalente in sede di legittimità secondo cui “l'acquisizione del parere dell'ordine professionale è obbligatoria nel procedimento d'ingiunzione, secondo quanto prescritto dall'art. 636, primo comma, cod. proc. civ., quando l'ammontare del relativo credito non sia determinato in base a tariffe fisse. Al di fuori del predetto ambito, la necessità del parere non è in funzione del procedimento giudiziale adottato, camerale o a cognizione piena, né dipende dal fatto che il credito sia azionato dal professionista stesso o dai suoi eredi, ma è dettata dalla tipologia del corrispettivo, nel senso che è indispensabile soltanto se esso non possa essere determinato in base a tariffe, ovvero queste, pur esistenti, non siano vincolanti” (cfr. Cass. civ., n. 236/2011; Cass. civ., n. 10428/2005). 
In proposito, le ### della Corte di cassazione hanno poi chiarito che “anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 9, comma 5, L. n. 27/2012, l'abrogazione delle tariffe professionali ha mantenuto in vigore l'art. 636 c.p.c., per cui l'avvocato che intende agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può avvalersi del procedimento per ingiunzione regolato dagli artt. 633 e 636 c.p.c., ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, rilasciato sulla base dei parametri per compensi professionali di cui alla L. 31 dicembre 2012, n. 247 e di cui ai relativi decreti ministeriali attuativi” (Cass. civ., S.U., 19427/2021). 
Ne segue, dunque, che, essendo rimasta immutata la previsione di cui all'art. 636 c.p.c. anche a seguito dell'intervento normativo, la giurisprudenza di legittimità più recente ha ritenuto di doversi uniformare al precedente orientamento giurisprudenziale e ha, pertanto, affermato che “le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell'ordine devono restare a carico del ricorrente ove tale parere sia dedotto a sostegno di pretesa giudicata infondata (Cass. n. 705 del 1983) o allorquando il decreto sia stato comunque revocato e la controversia venga decisa all'esito del giudizio di opposizione, come nel caso di specie, con il parziale accoglimento della pretesa del difensore (Cass. 12681/2017; Cass. 24481/2021)” ( Cass. civ., sez. II, 13.09.2024, n. 24640). 
Pertanto, in applicazione dei criteri ermeneutici elaborati dalla giurisprudenza di legittimità al caso di specie, stante il parziale accoglimento dell'impugnazione con la conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto e l'ulteriore conseguente parziale accoglimento della pretesa creditoria del difensore, deve ritenersi n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### che le spese sostenute da quest'ultimo per ottenere il parere del Consiglio dell'ordine devono rimanere a carico dello stesso. 
In definitiva, le considerazioni sin qui svolte consentono di ritenere l'appello parzialmente fondato, con la conseguenza che la sentenza del giudice di pace deve, dunque, essere riformata e deve essere revocato il decreto ingiuntivo opposto e, per l'effetto, in accoglimento parziale della domanda avanzata dall'opposto in prime cure, deve essere condannato il al pagamento in favore dell'Avv. ### della somma complessiva di €. 1.325, 00, oltre CPA e ### se dovuta, come per legge. 
Quanto alla domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. reciprocamente avanzata da entrambe le parti, va ribadito che in base al granitico orientamento della Suprema Corte di cassazione, “ai fini della condanna per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. è necessaria la condotta dolosa o colposa dell'attore o del resistente in giudizio, unitamente alla certezza dell'infondatezza delle proprie argomentazioni. La condanna della parte per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. postula, oltre alla soccombenza totale e non parziale in giudizio, che l'istante deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un danno conseguente al comportamento processuale, doloso o colposo grave, della controparte: cioè deve provarsi la consapevolezza o l'ignoranza (derivante dal mancato uso di un minimo di diligenza) dell'infondatezza delle proprie tesi ovvero del carattere irrituale o fraudolento dei mezzi adoperati per agire o resistere in giudizio” (cfr. Cass. civ., sez. I, n. 6675/2015). 
Nel caso di specie, tuttavia, non ricorrono i caratteri della responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., in quanto entrambe le parti non hanno allegato gli elementi di fatto, desumibili dagli atti di causa, necessari ad identificare concretamente l'esistenza di un danno da lite temeraria ed idonei a consentire al giudice la relativa liquidazione, anche se equitativa (si veda sul punto, ex pluribus, Cass. civ., n. 27383 del 12.12.2005), sicché le relative domande devono essere rigettate, rendendosi comunque le stesse idonee astrattamente ad acuire il clima particolarmente litigioso ed astioso già esistente tra le parti. 
In conclusione, la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. reciprocamente avanzata da entrambe le parti deve essere rigettata, restando assorbita ogni ulteriore questione ed eccezione sollevata dalle medesime. 
Per quanto riguarda la regolamentazione delle spese complessive di lite, noto il principio secondo cui, “Il potere del giudice d'appello di procedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il corrispondente onere deve essere attribuito e ripartito in ragione dell'esito complessivo della lite, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d'impugnazione” (cfr. ex multis, Cass. civ., 14.10.2013, n. 23226; v. in tale senso, civ., sez. 6-3, ord. 24.01.2017, n. 1775, secondo cui “In materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice d'appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d'ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell'esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all'art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle ### n. 3425/2018 R.G.  cui è riunito il n. 3727/2018 R.G. 
Dott. ### spese”), deve ritenersi che la parziale reciproca soccombenza, unitamente alla complessità delle questioni esaminate e della situazione di obiettiva incertezza, tenuto conto delle oggettive difficoltà degli accertamenti in fatto, consentono di compensare ai sensi dell'art. 92 c.p.c. integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio tra le parti ai sensi dell'art. 92 co. 2 c.p.c., nella versione ratione temporis vigente alla data di introduzione del presente giudizio, tenuto conto, peraltro, della pronuncia della Corte Costituzione n. 77/2018, secondo cui, “È costituzionalmente illegittimo il secondo comma dell'articolo 92 del c.p.c. nel testo modificato dall'articolo 13, comma 1, Dl 12 settembre 2014 n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014 n. 162, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, oltre che nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”.  P.Q.M.  Il Tribunale Ordinario di #### sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente decidendo sull'appello proposto da avverso la sentenza del Giudice di ### di ### n. 1774/2017, depositata in data ###, non notificata, nella causa iscritta al n. R.G. 3425/2018, cui è riunita quella R.G. 3727/2018, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e domanda, così provvede: 1) accoglie parzialmente, per le ragioni indicate in motivazione, l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, revoca il decreto ingiuntivo n. 967/2015 del 12.2/3.03.2015, accoglie parzialmente la domanda proposta dall'Avv. ### e condanna a l pagamento in favore dell'Avv. ### a titolo di compenso professionale, per l'attività svolta nei giudizi civili instaurati innanzi al Tribunale di ### iscritti ai nn. R.G. 732/2011 e 779/2011, della somma complessiva di €. 1.325,00, oltre CAP e ### se dovuta, come per legge, ed oltre gli interessi legali dalla pronuncia sino al saldo; 2) compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio. 
Così deciso in ### il ###. 
Si precisa che, in relazione ad eventuali dati sensibili contenuti nel provvedimento, in caso di riproduzione del provvedimento per finalità di divulgazione scientifica non dovrà essere riportata l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi della/e parte/i cui i dati sensibili si riferiscono nei termini di cui alle ### del ### per la ### e ai sensi del d.lgs. n. 196/2003, come modificato dal d.lgs. n. 101/2018, nonché del #### 2016/679 del 27.04.2016.   

Il Giudice
Dott. ####


causa n. 3425/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Luca Sforza

M
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Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sentenza n. 4077/2025 del 17-12-2025

... pertanto, integralmente rigettata. Ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c., costituite dalla particolare complessità tecnico-amministrativa della vicenda, dalla lunga durata del procedimento pubblico, nonché dalla non manifesta infondatezza originaria della pretesa attorea, maturata in un quadro procedimentale obiettivamente articolato e dall'esito non immediatamente prevedibile P.Q.M. ### in composizione monocratica, definitivamente pronunziando nella causa promossa come in narrativa, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: - rigetta integralmente la domanda attorea; - compensa integralmente le spese di lite tra le parti, per gravi ed eccezionali ragioni ex art. 92, comma 2, c.p.c. Così, 15/12/2025 Il Giudice dott. (leggi tutto)...

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n. 4047/2020 r.g.a.c.  REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di ### nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. R.G. 4047/2020 promossa da: ### nata il ### a #### (C.F.: ###), ### nata il 09/044/1960 a #### (C.F.: ###), ### nata il ### a ### (### (C.F.: ###), ### nata il ### a #### (C.F.: ###), ### nata il ### a #### (C.F.: ###), in proprio e nella qualità di eredi del sig. ### nato il ### a #### e deceduto in data ### tutti rappresentati e difesi dall'Avv.  ### domiciliati presso lo studio sito ### n. 93 a #### -attori - contro ### (C.F.: ###) in persona del ### p.t. rappresentato e difeso dall'Avv. ### (C.F.: ###), domiciliati presso lo studio dell'Avv. ### sito in ### alla ### alla P.zzo Centauro -convenuto CONCLUSIONI: come in atti ### esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione notificato il 9 giugno 2020 le odierne attrici convenivano in giudizio il ### di ### chiedendone la condanna, in via principale, al risarcimento dei danni asseritamente patiti in conseguenza: a) dell'omessa predisposizione e realizzazione degli interventi di messa in sicurezza dell'immobile di proprietà familiare, sito in #### distinto in ### al foglio 8, particella 375, sub 1 e 2; b) dell'illegittimo comportamento serbato dall'amministrazione nell'ambito della procedura espropriativa attivata in relazione al medesimo immobile, procedura poi non condotta a compimento. 
Le attrici esponevano, in sintesi, che il fabbricato di famiglia, inserito nel tessuto edilizio del centro storico di ### era stato interessato, a decorrere dal 2000, da fenomeni di dissesto idrogeologico del versante e da eventi atmosferici straordinari che avevano provocato lesioni agli edifici prospicienti ### a seguito dei sopralluoghi effettuati dai tecnici incaricati dal ### e dal ### provinciale dei ### del ### il ### aveva emesso l'ordinanza n. 1 del 24 gennaio 2003, con la quale il fabbricato era stato dichiarato inabitabile/inagibile e ne era stato ordinato lo sgombero immediato; successivamente, la ### del Consiglio dei ### - ### di ###, con D.P.C.M. n. 3322 del 2003, aveva stanziato specifici finanziamenti per la riparazione dei danni e il ripristino delle condizioni di sicurezza degli edifici e delle infrastrutture danneggiati dagli eventi atmosferici del 24-26 gennaio 2003, inserendo tra gli interventi anche quello relativo a ### del ### di ### Nell'ambito di tale programma, il ### aveva elaborato un progetto definitivo di intervento, incentrato sulla demolizione e successiva ricostruzione, previa espropriazione, di diversi fabbricati prospicienti ### tra cui quello delle attrici. 
Con nota prot. n. 3606 del 22 novembre 2012, il ### del ### del ### aveva comunicato alle eredi ### l'avvio del procedimento diretto all'approvazione del progetto definitivo ai fini della dichiarazione di pubblica utilità e dell'espropriazione del fabbricato di loro proprietà, allegando il piano particellare di esproprio e l'elenco ditte. Con successivo provvedimento prot. n. 1698 del 6 maggio 2013 era stata notificata alle medesime l'offerta di indennità provvisoria di esproprio, quantificata in euro 16.690,66, sulla base delle risultanze dello stesso piano particellare e delle stime tecniche. Con nota prot.  205 del 16 gennaio 2014, infine, il ### aveva comunicato la “conclusione del procedimento espropriativo” e, per effetto della deliberazione consiliare n. 35 del 23 dicembre 2013, aveva dichiarato decaduto il vincolo preordinato all'esproprio gravante sull'immobile in questione, alla luce del parere non favorevole espresso dalla ### ai ### e ### che non aveva autorizzato il progetto nella sua originaria configurazione.  ### la prospettazione attorea, l'intera vicenda avrebbe determinato un grave e ingiustificato sacrificio delle loro prerogative dominicali e personali: da un lato, la protratta inagibilità dell'immobile, con impossibilità di utilizzarlo e di trarne reddito; dall'altro, la frustrazione delle aspettative riposte nei lavori di risanamento e nella procedura espropriativa, rimasta inconclusa. 
Veniva quindi richiesto il ristoro dei danni patrimoniali (per perdita di godimento, deprezzamento del bene, spese sopportate) e non patrimoniali. 
Si costituiva il ### di ### contestando integralmente la domanda, sia in rito che nel merito.  ###, dopo aver ricostruito diffusamente l'iter amministrativo avviato all'indomani degli eventi franosi e delle avversità atmosferiche degli anni 2000-2003, sottolineava come: - le ordinanze di sgombero e i successivi provvedimenti di monitoraggio dei dissesti fossero stati adottati in un contesto di grave rischio per la pubblica e privata incolumità, sul presupposto di una situazione di pericolo connessa alle condizioni statiche degli edifici e del versante, non imputabile all'ente locale; - il procedimento espropriativo non si fosse mai perfezionato, essendo mancata l'emanazione del decreto di esproprio e dell'atto di immissione in possesso, anche in ragione del parere negativo della ### che aveva ritenuto non compatibile la demolizione dei fabbricati prospicienti ### con la tutela dei valori storico-architettonici del centro; - la proprietà del bene non fosse mai stata trasferita e l'indennità di esproprio fosse rimasta allo stadio meramente provvisorio, mai accettata dalle proprietarie; - nessuna concreta prova fosse stata offerta circa l'esistenza di specifici danni patrimoniali o non patrimoniali causalmente riferibili a un comportamento antigiuridico del ### essendo la situazione di inagibilità riconducibile esclusivamente allo stato strutturale dell'immobile e del terreno. 
All'udienza del 21 settembre 2021 la causa veniva trattata in modalità cartolare; il giudice si riservava, quindi, per pronunciarsi sulle richieste istruttorie formulate dalle parti. Con successiva ordinanza, sciolta la riserva, venivano sollecitati chiarimenti sul thema probandum e sulle istanze istruttorie ### memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. le attrici articolavano capitoli di prova per testi e chiedevano lo svolgimento di consulenza tecnica d'ufficio. ### con memoria del 29 aprile 2021, si opponeva alle richieste istruttorie, contestando la rilevanza dei capitoli e il carattere meramente esplorativo della chiesta ### All'udienza cartolare del 7 marzo 2023 il giudice, lette le note di udienza, riteneva la causa matura per la decisione “senza necessità di assunzione di alcun mezzo istruttorio in quanto di natura documentale”, osservando in particolare che la prova per testi articolata dalle attrici riguardava circostanze già oggetto di prova documentale o comunque suscettibili di accertamento solo documentale, e reputando superflua la CTU alla luce della consulenza tecnica di parte e degli atti amministrativi acquisiti. La causa veniva, quindi, rinviata per la precisazione delle conclusioni. 
All'udienza del 17 giugno 2025 le parti precisavano le conclusioni, insistendo sulle rispettive domande ed eccezioni, e il giudice tratteneva la causa in decisione, assegnando i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, puntualmente depositate.  ### vicenda, pur connotata da evidente complessità amministrativa e da un lungo arco temporale, può essere letta in maniera lineare se si distinguono con chiarezza i piani su cui si collocano i diversi fatti: da un lato, il dissesto idrogeologico e la conseguente dichiarazione di inagibilità dell'immobile; dall'altro, il procedimento espropriativo e di finanziamento delle opere pubbliche mai giunto a compimento. 
È da tale distinzione che occorre muovere per verificare se ricorrano, nel caso di specie, i presupposti della responsabilità risarcitoria invocata dalle attrici. 
Sulla vicenda amministrativa e sul procedimento espropriativo va rilevato che dagli atti amministrativi prodotti in giudizio, in particolare dalla nota del ### e del ### dell'### del 20 giugno 2002, dalle comunicazioni ai vari organi di ###, dai verbali di sopralluogo del ### e dell'### di ### fino all'ordinanza di sgombero del 24 gennaio 2003, emerge un quadro di dissesto del versante su cui insiste il centro storico di ### con specifico riferimento al fronte edilizio di ###
Le lesioni ai fabbricati e i fenomeni di instabilità del terreno vengono descritti come progressivi e riconducibili alla particolare natura geologica dei luoghi; onde la necessità, più volte ribadita anche dal ### provinciale dei ### del ### di procedere allo sgombero di alcune unità abitative, tra cui quella del de cuius ### per ragioni di sicurezza statica.  ### n. 1 del 24 gennaio 2003, con la quale il fabbricato in parola è dichiarato “ad horas” inabitabile e inagibile e ne viene disposto lo sgombero, è adottata all'esito di tali sopralluoghi e si inserisce, dunque, in un contesto di emergenza. 
Successivamente la ### del Consiglio dei ### - ### di ###, con il citato D.P.C.M. n. 3322/2003, destina al ### di ### fondi straordinari per interventi di riparazione dei danni e di mitigazione del rischio nel centro abitato. ### comunale elabora, quindi, un progetto che - nella sua configurazione originaria prevede, per il tratto di ### in cui rientra il fabbricato delle attrici, la demolizione dei manufatti prospicienti la strada con successiva ricostruzione, previa espropriazione degli immobili privati. 
A tal fine, con deliberazione di ### n. 59 del 4 giugno 2010, viene approvato il progetto definitivo; con deliberazione consiliare n. 23 del 13 novembre 2012 si procede alla rimodulazione del progetto in funzione delle risorse effettivamente disponibili; con deliberazione di G.C. n. 18 del 26 aprile 2013 è infine approvato il progetto definitivo dell'intervento per l'importo di euro 1.239.627,21, predisposto dal R.T.P. ### e ###
Il responsabile dell'### geom. Izzo, provvede a dare avvio al procedimento espropriativo, mediante la comunicazione prot. n. 3606 del 22 novembre 2012 alle proprietarie, corredata dal piano particellare di esproprio, e successivamente con la notifica della determinazione dell'indennità provvisoria (prot. 1698 del 6 maggio 2013). 
Contestualmente, con atto prot. 1697 della stessa data, viene dichiarata la pubblica utilità dell'opera, ai sensi degli artt. 12 e 13 del d.P.R. 327/2001, con fissazione del termine quinquennale per il compimento delle espropriazioni e dei lavori. 
Su tale assetto interviene, però, il parere negativo della ### ai ### e ### per le province di ### e ### espresso con nota prot. n. 23584 del 27 novembre 2013 e acquisito agli atti comunali in data 2 dicembre 2013.  ### ritiene che la demolizione dei fabbricati prospicienti ### “modificherebbe irreparabilmente i segni dell'evoluzione urbana del centro storico nonché la sua immagine visiva”, considerandola non coerente con i principi di tutela e conservazione del complesso immobiliare.  ### comunale, con deliberazione n. 35 del 23 dicembre 2013, prende atto di tale parere e, ritenendo non più attuabile l'intervento progettato nei termini originari, dichiara espressamente “decaduto il vincolo preordinato all'esproprio” ai sensi del d.P.R. 327/2001, disponendo che non si proceda alla demolizione dei fabbricati e che i proprietari dovranno provvedere a propria cura e spese agli eventuali interventi strutturali sugli edifici.
In attuazione di detta deliberazione, con nota prot. n. 205 del 16 gennaio 2014 il responsabile del ### comunica alle attrici la “conclusione del procedimento espropriativo” e la “decadenza del vincolo preordinato all'esproprio” sull'immobile di loro proprietà in ### foglio 8, particella 169-154-331 e correlate subalterni. 
È pacifico che non sia mai stato emanato alcun decreto di esproprio; non vi sia mai stata immissione in possesso del bene da parte del ### l'indennità offerta sia rimasta allo stadio provvisorio, non essendo intervenuta accettazione da parte delle proprietarie; la proprietà dell'immobile non sia mai fuoriuscita dalla sfera giuridica della famiglia ### Su tali basi deve essere svolta la successiva valutazione in diritto. 
Sulla qualificazione della domanda e sulla giurisdizione, le attrici non chiedono l'annullamento di provvedimenti amministrativi, né la restituzione del bene, bensì esclusivamente il risarcimento del danno asseritamente derivante dalla permanenza, per lungo tempo, della situazione di inagibilità del fabbricato, che ne avrebbe impedito l'utilizzo e dall'inerzia e dalle scelte dell'amministrazione nella gestione del procedimento espropriativo e degli interventi di messa in sicurezza. 
La domanda ha, pertanto, natura puramente risarcitoria e si colloca nella scia della giurisprudenza che, a partire da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, riconosce la risarcibilità, ex art. 2043 c.c., anche della lesione di interessi legittimi da parte della pubblica amministrazione, quando essa si traduca in un danno ingiusto conseguente a un comportamento colpevole dell'ente. In tali ipotesi, quando l'azione non sia strumentale all'annullamento dell'atto ma miri soltanto a conseguire il ristoro del pregiudizio, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario (cfr., in senso conforme, Cass. civ., Sez. Un., 23 dicembre 2008, n. ###). 
Nella specie, la giurisdizione di questo ### deve quindi ritenersi sussistente e non è controversa tra le parti. 
Posta tale premessa, occorre verificare se, alla luce del materiale documentale acquisito, ricorrano i presupposti della responsabilità aquiliana dell'amministrazione, vale a dire, un fatto illecito, consistente in un atto o in un comportamento antigiuridico; un danno ingiusto; il nesso causale tra fatto e danno; l'elemento soggettivo almeno della colpa; la prova, gravante sull'attore ex art. 2697 c.c., tanto dell'an che del quantum debeatur. 
Nel caso concreto tali requisiti non risultano integrati. 
Invero, il primo nucleo della doglianza riguarda l'ordinanza di sgombero del 2003 e i successivi atti connessi alla situazione di emergenza determinata dal dissesto del versante. 
Dagli atti emerge che tale provvedimento è stato adottato all'esito di ripetuti sopralluoghi tecnici, su sollecitazione del ### e del ### dei ### del ### e che esso è motivato dal “quadro fessurativo caratteristico di un cedimento fondale nei fabbricati di proprietà di alcuni privati cittadini” e dall'esigenza di “salvaguardare la pubblica e privata incolumità”. 
Le attrici non hanno impugnato detto provvedimento nelle competenti sedi né hanno allegato, in questo giudizio, elementi concreti idonei a dimostrarne l'illegittimità o l'arbitrarietà. La consulenza tecnica di parte, peraltro non ammessa quale ### si limita a prospettare possibili diversi interventi di consolidamento, ma non esclude il pericolo statico accertato nel 2003. 
In assenza di specifiche allegazioni e prove contrarie, deve ritenersi che l'ordinanza di sgombero sia stata adottata nell'esercizio dei poteri di protezione civile del ### ai sensi dell'art. 54 del d.lgs. 267/2000, in presenza di una situazione di effettivo rischio per l'incolumità delle persone. In tale contesto, l'eventuale pregiudizio derivante dall'impossibilità di utilizzare l'immobile non può qualificarsi come “danno ingiusto”, ma come conseguenza di un provvedimento legittimo, giustificato dalla necessità di prevenire eventi dannosi maggiori. 
La giurisprudenza ha chiarito che il danno conseguente a provvedimenti legittimi dell'amministrazione, adottati nell'esercizio dei poteri autoritativi, è di regola non risarcibile, salvo che una specifica norma lo preveda, ovvero ricorrano particolari condizioni di irragionevolezza o sproporzione tali da configurare violazione dei principi di solidarietà e di uguaglianza (cfr. Cass. civ., Sez. III, 19 giugno 2015, n. 12718). 
Tali condizioni non sono state qui dimostrate. 
Il secondo profilo attiene alle modalità di svolgimento e alla mancata conclusione del procedimento espropriativo. Anche in questo caso, è documentale e circostanza pacifica che l'espropriazione non si è mai perfezionata; la dichiarazione di pubblica utilità è venuta meno per effetto della deliberazione consiliare n. 35/2013, che ha preso atto del parere negativo della ### e ha dichiarato decaduto il vincolo preordinato all'esproprio e che non vi è mai stato spossessamento del bene in favore del ###
Non si è verificata, dunque, né un'espropriazione in senso tecnico, né un'occupazione appropriativa o usurpativa. 
La proprietà è rimasta sempre in capo alle attrici, sia pure su un immobile dichiarato inagibile. 
La mera pendenza, per un periodo di tempo limitato (dal 2012 al 2014), di un procedimento espropriativo poi non condotto a termine non integra, di per sé, un illecito civile, ove l'amministrazione si sia mantenuta entro i limiti di legge. La previsione di un vincolo preordinato all'esproprio e la successiva dichiarazione di pubblica utilità costituiscono esercizio di poteri autoritativi, con effetti conformativi sul diritto di proprietà, che l'ordinamento tipizza e disciplina nel d.P.R. 327/2001. 
Perché da tale vicenda possa scaturire responsabilità risarcitoria occorrerebbe dimostrare che l'ente abbia tenuto condotte contra legem (ad esempio, occupando sine titulo il bene, ovvero protraendo illegittimamente il vincolo oltre i termini massimi previsti), ovvero che abbia determinato un sacrificio eccedente e sproporzionato rispetto alla funzione perseguita. 
Nel caso concreto, gli atti amministrativi mostrano, piuttosto, che il ### una volta sopravvenuto il parere negativo della ### ha prontamente rimodulato le proprie scelte, rinunciando alla demolizione dei fabbricati e dichiarando espressamente la decadenza del vincolo preordinato all'esproprio, con conseguente conclusione del procedimento. Non risultano periodi di protrazione del vincolo oltre i termini legali, né risultano occupazioni materiali del bene.
Le stesse attrici non allegano specifiche violazioni procedimentali o temporali, limitandosi a denunciare, in termini generici, l'“illegittimità” del comportamento dell'ente. 
Pertanto, sotto tale profilo, difetta il requisito del fatto antigiuridico. 
Anche a voler ipotizzare, in astratto, profili di responsabilità dell'amministrazione per ritardi o carenze nell'attuazione degli interventi di messa in sicurezza, la domanda risarcitoria non potrebbe comunque essere accolta per carenza di prova del danno e del nesso causale. 
La causa, come rammentato, è stata espressamente qualificata dal Giudice come “di natura documentale”, con esclusione dell'ammissione di prove orali e di ### In tale cornice, l'onere probatorio gravante sulle attrici non può ritenersi assolto. 
Non vi è prova documentale di canoni di locazione perduti, di attività economiche non potute svolgere nell'immobile, o di altre utilità concretamente mancate a causa dell'inagibilità; di spese sostenute per sistemazioni abitative alternative imputabili al provvedimento di sgombero; di un effettivo deprezzamento del bene imputabile alla condotta dell'ente e non, piuttosto, alla situazione oggettiva di dissesto del versante; di danni non patrimoniali specificamente correlati a condotte illegittime del ### La consulenza tecnica di parte, depositata dalle attrici, contiene valutazioni estimative e ipotesi di interventi strutturali, ma non può sopperire all'assenza di prova documentale del danno-evento e del danno-conseguenza. La stessa stima del valore venale del bene, redatta nell'ambito del piano particellare di esproprio dal ### è finalizzata alla determinazione dell'indennità in ipotesi di espropriazione, non alla quantificazione di un danno da illecito. 
Va rammentato che, secondo costante giurisprudenza, incombe su chi agisce per il risarcimento l'onere di dimostrare non solo l'esistenza dell'illecito, ma anche l'effettività e l'entità del pregiudizio patito, nonché il nesso eziologico tra condotta e danno (tra le molte, Cass. civ., Sez. III, 30 gennaio 2013, n. 2165). 
In mancanza di tali elementi, la domanda non può trovare accoglimento. 
Nel caso di specie, l'inagibilità del fabbricato deriva dalle condizioni strutturali accertate già nel 2003; la mancata esecuzione di opere pubbliche di consolidamento non può, da sola, essere fonte di responsabilità risarcitoria, in assenza di una specifica violazione di obblighi giuridici e di un danno differenziale adeguatamente allegato e provato. 
La complessa vicenda che ha interessato l'immobile di proprietà delle attrici è indubbiamente fonte di disagio e di frustrazione delle loro legittime aspettative di recupero del bene. 
Tuttavia, il ruolo del giudice civile è limitato alla verifica della sussistenza dei presupposti di legge per la condanna risarcitoria. 
In tale prospettiva, la domanda non può essere accolta. 
Mancano, infatti: l'individuazione di un comportamento antigiuridico dell'amministrazione comunale, la prova di un danno ingiusto differenziato rispetto alla situazione di pericolo e di dissesto preesistente, nonché la dimostrazione del nesso eziologico tra eventuali ritardi o scelte amministrative e i pregiudizi prospettati. 
La domanda va, pertanto, integralmente rigettata.
Ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c., costituite dalla particolare complessità tecnico-amministrativa della vicenda, dalla lunga durata del procedimento pubblico, nonché dalla non manifesta infondatezza originaria della pretesa attorea, maturata in un quadro procedimentale obiettivamente articolato e dall'esito non immediatamente prevedibile P.Q.M.  ### in composizione monocratica, definitivamente pronunziando nella causa promossa come in narrativa, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: - rigetta integralmente la domanda attorea; - compensa integralmente le spese di lite tra le parti, per gravi ed eccezionali ragioni ex art. 92, comma 2, c.p.c. 
Così, 15/12/2025 Il Giudice dott.

causa n. 4047/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Rita Di Salvo

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Giudice di Pace di Eboli, Sentenza n. 403/2025 del 13-12-2025

... la situazione di diritto al mutare di determinate circostanze avute presenti al momento dell'emissione di un precedente provvedimento, quanto piuttosto nell'esercizio di un potere punitivo puro soltanto correlato all'interesse di cui la P.A. è portatrice ed in realtà espressione della potestà punitiva. Si tratta, quindi, di atti che incidono direttamente s u d i u n diritto , paralizzandolo temporaneamente e l'eventuale illegittima sospensione che il giudice è chiamato ad accertare con l'opposizione, potrebbe costituire lesione di tale diritto. Passando, così, ad esaminare i motivi del ricorso, è pacifico il principio di diritto fissato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. n. 13800/2009 e n. 11369/2005) secondo cui esula dall'ambito del procedimento disciplinato dalla ### 689/81 e dai relativi poteri del giudice di pace l'accertamen to dell'esis ten za di un reato ipo tizzato nel relativo verbale di accertamento (redat to ai soli fini penali), di m odo che, quando ricorrono i presupposti indicati nell'art. 223 C.d.S., detta competenza è limitata alla verifica della legittimità della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, nei termini (leggi tutto)...

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N.RG 258 / 2025 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI EBOLI Il Giudice di ### di ### Dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile R.G. n. 258 / 2025 vertente tra ### (CF ###) - Avv. ### - Avv. ### -RICORRENTE contro Prefettura di ### in persona del ### in carica, (CF ###), rappresentata e difesa dall'### di ### (CF ###) - Avv. ### Avv. ### -RESISTENTE
Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con ricorso, depositato nei termini di legge, ### ha proposto opposizione avverso il decreto ### M_#### 17/12/2024 - ### protocollo procedimento M_##### 04/12/2024, emes so dalla ### di ### di sospensione della patente di guida ### cat. “AMB” e di ogni altro eventuale documento di guida in suo possesso per la durata di anni uno decorrente dalla data del ritiro e, precisamente , dal 26.11.2024 al 26.11.2025, attesa la violazione delle disposizioni di cui all'art. 187, comma 1, C.d.S., “perché coinvolto in un sinistro stradale risultava positivo all'uso di cocain a comme ssa in d ata 26/11/2 024 a lle ore 12 :00 con ve icolo tipo ### TUCSON targa ### . 
Il ricorrente deduce l'illegittimità del provvedimento impugnato per difetto di prova in ordine alla guida in stato di alterazion e psicofi sica per aver a ssunto sostanze stupefacenti, essendosi sottoposto di sua esclusiva iniziativa, in pari data, all'esame tossicologico presso l'### di ### con esito su base ematica assente e su base urinaria > 300. 
Chiede, pertanto, l'annullamento dell'atto impugnato, previa la sospensione della sua efficacia esecutiva.  ### di ### si è costituita in giudizio a mezzo dell'Avvocatura del Comune di ### che ha contestato le argomentazioni di parte ricorrente e ha chiesto il rigetto dell'opposizione. 
Concess a l a sospensi one dell'effi cacia es ecut iva del decreto opp osto, visto il provvediment o de l magistra to collaborat ore del ### ente del ### nale nel ### dell'### del ### e d i pac e, dot t. Andr ea Luc e, di riunio ne al presente procedimento, per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, di quello recante n. 739/2025 R.G., avente ad oggetto opposizione al sequestro amministrativo dell'autoveicolo ### tg. ### all'udienza del 5.12.2025, precisate le conclusioni, il giudicante ha riservato la causa a sentenza, dando lettura del dispositivo in aula. 
Va osservat o c he n el sistema del C. d.S . la stru ttura sosta nziale delle norme che prevedono misura accessorie è tale da costruire i poteri sanzionatori in forme prive di discrezionali tà amministrat iva , in qu ant o la l egge deter mina rigorosa mente e direttamente le situazioni, i presupposti di fatto e gli effetti dell'atto punitivo e, inoltre, impone in termini di obbligatorietà l'applicazione delle misure accessorie, siano esse di natura afflittiva o ripristinatoria. 
Sulla scorta di ciò, la stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 31/1996) ha ritenuto che tutti i provvedimen ti di sospens ione d ella pat ente siano oppon ibili d avanti al giudice, in forza del collegamento istituibile tra l'art. 218 e l'art. 205 C.d.S. (come affermato dalla stess a giurispruden za di legittimit à, t ra le tan te C ass. Civ.  11490/2008).
Sotto il profilo procedimentale, nel sistema sanzionatorio degli artt. 210 e ss. C.d.S. si riscontrano tre modelli di fondo: quello che interessa nel caso che ci occupa prevede che l'irrogazione della sanzione accessoria scaturisca da un atto amministrativo, di cui al procedimento ex art. 223 C.d.S. 
Così posta la questione, la situazion e giuridi ca soggett iv a s u cui i ncide l 'atto di sospensione della patente è indubbiamente un diritto soggettivo pieno, sorto a seguito del rilascio dell'abilitazione alla guida ed in sè non comprimibile per ragioni di pubblico interesse se non nei casi e nelle ipotesi previste dalla legge. 
La sospensione opera come at to che n on viene po sto in essere per adeguare la situazione di diritto al mutare di determinate circostanze avute presenti al momento dell'emissione di un precedente provvedimento, quanto piuttosto nell'esercizio di un potere punitivo puro soltanto correlato all'interesse di cui la P.A. è portatrice ed in realtà espressione della potestà punitiva. 
Si tratta, quindi, di atti che incidono direttamente s u d i u n diritto , paralizzandolo temporaneamente e l'eventuale illegittima sospensione che il giudice è chiamato ad accertare con l'opposizione, potrebbe costituire lesione di tale diritto. 
Passando, così, ad esaminare i motivi del ricorso, è pacifico il principio di diritto fissato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. n. 13800/2009 e n. 11369/2005) secondo cui esula dall'ambito del procedimento disciplinato dalla ### 689/81 e dai relativi poteri del giudice di pace l'accertamen to dell'esis ten za di un reato ipo tizzato nel relativo verbale di accertamento (redat to ai soli fini penali), di m odo che, quando ricorrono i presupposti indicati nell'art. 223 C.d.S., detta competenza è limitata alla verifica della legittimità della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, nei termini indicati dall'art. 223 e dall'art. 205: sicché il giudice di pace può conoscere dell'eventuale inesistenza dei fatti contestati anche ai fini penali, ma solo entro i limiti in cu i c iò s er va a val uta re la su ssis tenza dei p resupposti per l'applicazione di detta sanzione amministrativa e non oltre. 
La prova della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della sanzione che ci occupa, allo stato, è documentale e rinviene dalla certificazione medica in atti rilasciata dal ### di ### ia dell'A.S. L. di Saler no - ### dio ### ero di ####, che evidenz ia un risulta to positi vo ai metaboli ti del la cocaina all'esame tossicologico delle urine e un risultato negativo per la presenza di cocaina in circolo all'esame esame ematico.
Sul punto, si evidenzia che l'esame delle urine è previsto come strumento idoneo di accertamento preliminare e/o confermativo ai sensi dell'art. 187, commi 2 e 2-bis C.d.S., del D.M. 18 giugno 2019 (modalità di accertament o dell'us o d i sostanze stupefacenti) e delle linee guida del Ministero della ### Tale normativa prevede espressamente che l'accertamento possa essere effettuato anche mediante prelievo di campioni biologic i dive rsi dal san gue, tr a c ui le u rin e, da sott op orre a test di screening e di conferma di laboratorio. 
Il test urinario consente di rilevare metaboliti di sostanze stupefacenti che permangono nell'organismo anche oltre la fase di alterazione, costituendo prova dell'assunzione recente della sostanza, elemento che, unitamente agli altri indizi (comportamento, dichiarazioni, sintomatologia), legittima la contestazione della violazione. ### del sangue, pur potendo fornire indicazioni sull'attualità dell'effetto della sostanza, non esclud e automaticament e l'assunz io ne e la pos sibile alte razione p sico-fisica al momento del fatto, soprattutto quando v i è prossim ità tempor ale tra gu ida e assunzione. 
La Corte di Cassazion e h a pi ù volt e ribadit o c he ai fi ni del la configurabili tà della contravvenzio ne di gui da so tto l'influe nza di sos tanze stupef ace nti, lo stato di alterazione psico-fisica del conducente può essere desunto da altri elementi, quali deposizioni raccolte al momento dell'incidente unitamente agli accertamenti biologici o da indici comportamentali, e non necessariamente attraverso l'espletamento di una specifica analisi medica. 
In ogni caso, la sospensione ### della patente nel caso dell'art. 223 C.d.S., adottata cioè nell'ipotes i d i reat o pe r l e qual i è previ sta la p ena acc essoria della sospensione della patente, diverse da quelle indicate nell'art. 222 C.d.S., secondo quanto già affermato dalla Corte regolatrice (Cass. Civ. n. 13063/2009; n. 10176/2001) costituisce da parte del ### un "atto dovuto", in relazione al quale al ### è conferita discrezionalità solo circa la durata della misura, dovendosi sempre irrogare la sospensione a seguito della denuncia per uno dei suddetti reati. 
Alla luce di tali considerazioni l'opposizione proposta avverso il suindicato decreto di sospensione della patente di guida va rigettata. 
Stess a sort e merit a l'opposizio ne propo sta a vve rso il ver bale di sequestro amministrativo dell'autoveicolo ### tg. ### operato dalla ### di ### avente come presupposto il medesimo accertamento (di cui al p.v. n. 114135 del 26.11.2024 redatto dalla ### di ### a carico del ricorrente ###, atteso che i motivi di opposizione sono identici a quelli esposti nel procedimento n. 258/2025 R.G.  ### complessivo del giudizio induce a ritenere la sussistenza di eccezionali ragioni per la compensazione delle spese di lite. 
P.T.M.  ### di ### di ### definitivamente pronunciando nella controversia in atti, uditi i procuratori presenti ed ogni contraria istanza disattesa, così provvede: rigetta l'opposizione proposta da ### e, per l'effetto, conferma il decreto ### M_#### 17/12/2024 - ### protocollo procedimento M_##### 04/12/2024 - di sospensione della patente di guida n. ### cat. “AMB” e di ogni altro eventuale documento di guida in suo possesso, emesso dalla ### di ### nonché il verbale di sequestro amministrativo (art. 213 C.d.S.) dell'autoveicolo ### tg. ### operato dalla ### e de l ### e d i ### a i n data 25.03.2025; compensa le spese di giudizio; revoca la sospensione dell'efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati. 
Così deciso in ### il #### di ###ssa ###

causa n. 258/2025 R.G. - Giudice/firmatari: Lucia Savino

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