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N. 7048/2019 R.G. ### nome del Popolo Italiano TRIBUNALE DI CATANIA Sezione Quinta Civile Il Tribunale di Catania, sezione quinta civile, in composizione monocratica, in persona del dott. ### ha emesso la seguente ### nella causa civile iscritta al n. 7048/19 R.G.A.C., posta in decisione, previ gli incombenti di cui all'art. 281 quinquies c.p.c. cbn. disp. art. 190 c.p.c., all'udienza di precisazione delle conclusioni del 23 ottobre 2024, promossa da ### (C.F. ###) e ### (C.F. ###) rappresentati e difesi dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ####### n.63, giusta procura in atti; ATTORI contro ### (C.F. ###) e ### (C.F. ###) rappresentati e difesi dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat #######. Crispi n.177, giusta procura in atti; CONVENUTI e ### (C.F. ###), in proprio e nella qualità di titolare della ditta ### (P.IVA: ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat #######. ### n. 32/34, giusta procura in atti; CONVENUTO e ### S.P.A. (P.IVA ###), in persona del procuratore dott.ssa ### rappresentato e difeso dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ####### n. 81, giusta procura in atti; CONVENUTO e ### (C.F. ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ####### n. 85, giusta procura in atti; CONVENUTO nonché nei confronti di ### S.P.A. (P.IVA ###), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ####### n.6, giusta procura in atti. ###: ###. ###'udienza di precisazione delle conclusioni del 23.10.2024 le parti hanno precisato come in verbale. ### atto di citazione notificato il #### e ### convenivano in giudizio innanzi questo ### e ### chiedendo di accertare la responsabilità degli stessi per l'illegittimità amministrativa ed urbanistica dello stato di fatto dell'immobile venduto e conseguentemente dichiarare la nullità del contratto di compravendita rogato dal notaio ### in data ###, rep 35.881 e racc 20.299, per violazione dell'art. 40 comma 2 l. 47/1985 o in subordine per accertato dolo da parte dei venditori trattandosi di atto viziato da errore essenziale; in via ulteriormente subordinata esperivano azione di risoluzione del contratto per grave responsabilità da inadempimento ex art 1453 Conseguentemente chiedevano la condanna dei convenuti: alla restituzione in favore dell'istituto di credito ### spa della somma di € 100.000,00 quale corrispettivo ricevuto in virtù dell'erogato mutuo fondiario per l'acquisto dell'immobile, maggiorata degli interessi legali dalla data del rogito fino al soddisfo; al risarcimento della somma di € 3.700,00, quale compenso corrisposto al notaio, e della somma di € 3.630,00 quale compenso corrisposto al mediatore, oltre spese di istruttoria ed incasso rateale del mutuo per € 2.499,37, oltre imposta sostitutiva, interessi passivi corrisposti dagli attori al ### spa già dalla prima rata di mutuo sino alla ultima corrisposta e/o da corrispondere e quant'altro previsto nel contratto di mutuo ipotecario rogato dal notaio; al rimborso altresì della somma di € 130,00 annuale per 25 anni epoca della cessazione del mutuo per assicurazione fabbricato per incendio o scoppio accesa con ### spa a garanzie del mutuante; nonché al risarcimento di ulteriori voci di danno eventualmente emerse in corso di causa.
In particolare gli attori asserivano di essersi rivolti, nel maggio 2013, all'agenzia immobiliare “### Immobiliare” di ### al fine di reperire nel territorio di ### di ### un fabbricato da adibire ad abitazione. ###, quindi, proponeva ai sig.ri ### e ### un immobile sito in ### di ### via Rua di ### n.72, in catasto al foglio 2 part. 521, sub.1, cat A/3, cl.1, cons. 5 vani, di proprietà di ### e ### Gli odierni attori in data ### sottoscrivevano una proposta di acquisto immobiliare - corrispondendo all'agenzia immobiliare un compenso pari ad € 3.630,00 mediante assegno circolare - e, non avendo la disponibilità necessaria per l'acquisto, procedevano all'accensione di un mutuo presso il ### s.p.a. per l'importo di € 100.000,00.
In data ### quindi i sig.ri ### e ### stipulavano con i sig.ri ### e ### il contratto di compravendita ai rogiti del notaio ### rep. 35.881 racc.20.299 per un corrispettivo pari a € 135.000,00 e contestualmente concludevano con l'istituto di credito contratto di mutuo ipotecario ai rogiti del medesimo notaio rep. 35.882 e racc. 20.300 per l'importo di € 105.000,00; al professionista veniva corrisposta per l'attività svolta la somma di € 3.700,00.
Successivamente, nell'ambito dei sopralluoghi effettuati presso la suddetta abitazione per la verifica della regolarità urbanistica, veniva emessa l'ordinanza di demolizione e ripristino n.5/2017 del 2.5.2017 - cui hanno fatto seguito altri atti istruttori - ove venivano riscontrati rilevanti abusi edilizi.
Gli acquirenti pertanto decidevano di conferire ad un proprio tecnico di fiducia l'incarico di accertare la conformità dell'abitazione acquistata rispetto al provvedimento concessorio, al catasto e alle planimetrie.
Effettivamente all'esito della perizia emergevano gravi difformità tra l'unica licenza edilizia sussistente - risalente al 1950 - e la planimetria catastale depositata. Ed in particolare si accertava una discrasia tra la descrizione dell'immobile contenuta nell'atto di acquisto dei venditori e conforme al suddetto titolo edilizio (ove l'immobile era descritto come “casa terrana per civile abitazione composta di tre vani e tre accessori con sovrastante soffitta e con annesso cortiletto a piano terra”) rispetto a quella contenuta nell'atto di compravendita da parte degli odierni attori (“tre vani ed accessori al piano terra, con sovrastante locale di sgombero, accessorio e terrazza a livello al primo piano, con annessa corte al piano terra di proprietà esclusiva”).
Emergeva peraltro che i convenuti, prima della stipula della suddetta compravendita, avevano dichiarato una variazione catastale per l'attuale consistenza dello stato dei luoghi - difforme rispetto al loro atto di provenienza - producendo all'uopo una planimetria aggiornata con le relative modifiche, non supportate però da alcun provvedimento amministrativo.
Alla luce di tale ricostruzione, con il medesimo atto di citazione, gli odierni attori convenivano altresì in giudizio ### in qualità di mediatore professionale e titolare della ### “### Immobiliare”, l'istituto di credito ### s.p.a. e il notaio ### deducendo per ciascuno di essi diversi profili di responsabilità.
Con riferimento al mediatore chiedevano l'accertamento e dichiarazione della sua responsabilità professionale e conseguentemente la condanna alla restituzione della somma di € 3.630,00, oltre interessi legali dal pagamento al soddisfo, pagata a titolo di provvigione (come risultante dalla fattura n.1 del 6.9.2013) e non dovuta per la conclusione dell'affare, e al risarcimento dei danni in solido con gli altri convenuti.
Veniva poi contestualmente citato in giudizio l'istituto di credito ### spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, al fine di ottenere la dichiarazione di responsabilità per non avere svolto, in vista della concessione del mutuo ipotecario, tutti gli accertamenti istruttori anche di natura tecnica ed amministrativa che involgevano la verifica della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile e il suo valore economico, ingenerando in tal modo negli acquirenti il legittimo affidamento circa la regolarità amministrativa. Gli attori deducevano inoltre che la somma erogata a mutuo era superiore al 230% del valore dell'immobile con conseguente nullità del contratto di mutuo fondiario rogato dal ### in data ### rep. 35.882 e racc. 20.300 per violazione del combinato disposto dell'art. 38 comma 2 d.lgs. 385/93 e delibera ### del 22.4.1995 e illegittimità degli interessi e nullità dell'iscrizione ipotecaria sul bene immobile compravenduto; che il contratto di mutuo fondiario e della relativa iscrizione erano comunque nulli per illiceità della causa ex art 1343 c.c. per violazione di norme urbanistiche nonché per illiceità dell'oggetto ex art 1346 trattandosi di immobile parzialmente abusivo. Chiedevano pertanto la condanna dell'istituto di credito: alla restituzione in favore degli attori delle somme versate a titolo di sorte capitale, interessi e spese in esecuzione di detto contratto, oltre interessi al soddisfo; alla cancellazione dell'iscrizione ipotecaria dipendente dal dedotto mutuo; infine al risarcimento dei danni in solido con gli altri convenuti.
Gli acquirenti dell'immobile chiedevano infine di accertare e dichiarare la grave responsabilità professionale del notaio ### ai sensi degli artt.1176 comma 2 e art. 1218 c.c. e di ottenere - conseguentemente alla declaratoria di nullità del contratto di compravendita e del contratto di mutuo ipotecario - la condanna al risarcimento dei danni in favore degli attori per la somma di € 135.000,00 oltre interessi di mutuo corrisposti e da corrispondere sino al passaggio in giudicato della sentenza quale risarcimento di danni, nonché al rimborso delle spese sostenute, comprensive anche del compenso corrisposto al mediatore, e alla restituzione della somma di € 3.700,00 al medesimo corrisposta per compensi e spese a mezzo assegno circolare.
Con comparsa di costituzione e risposta del 21.1.2020 si costituivano in giudizio ### e ### eccependo preliminarmente la decadenza e prescrizione della domanda di risoluzione del contratto ex art. 1497 c.c. o ex art. 1453 c.c.; contestavano in ogni caso la fondatezza della domanda attorea asserendo la validità del contratto di compravendita e la mancata prova degli abusi edilizi riscontrati nonché della imputabilità degli stessi ai venditori.
Si costituiva altresì in giudizio ### il quale preliminarmente chiedeva la chiamata in causa del terzo ### S.p.a. formulando domanda di manleva e garanzia nei confronti della compagnia assicuratrice; nel merito poi contestava la sussistenza della responsabilità per l'attività professionale svolta asserendo che la pianta fornita al mediatore da parte dei venditori, risalente al 1939, riproduceva un immobile su due piani e della consistenza urbanistica perfettamente coincidente a quella del 2012, e che quindi nessuna informazione era stata taciuta agli attori né era stata data un'informazione diversa e non verificata o non controllata al fine di invogliare l'acquisto.
Si costituiva in giudizio anche l'istituto di credito ### s.p.a. chiedendo il rigetto di tutte le domande di parte attrice in quanto infondate in fatto e diritto ed in particolare della domanda di nullità del mutuo per violazione del limite di finanziabilità ex art.38, comma 2, d.lgs. 385/1993 e/o per violazione di norme urbanistiche imperative o illiceità dell'oggetto e la domanda di annullamento di garanzia ipotecaria, con conseguente accertamento dell'obbligo degli attori del pagamento del mutuo secondo le modalità previste nel piano di ammortamento allegato al contratto di mutuo.
Il convenuto ### s.p.a. formulava contestualmente domanda di garanzia, in caso di condanna alla restituzione delle somme a favore degli attori, nei confronti di tutti gli altri convenuti.
Si costituiva in giudizio anche il notaio ### evidenziando che l'atto pubblico di compravendita, con cui nel 2013 gli attori avevano acquistato la proprietà dell'immobile, era conforme alle prescrizioni in materia urbanistica che la legge impone ai notai, non avendo alcun obbligo di indagare sulla veridicità delle dichiarazioni, né quello di accertare le qualità e la materiale regolarità urbanistica di un immobile compravenduto.
A seguito della chiamata in causa si costituiva in giudizio anche la compagnia assicuratrice ### s.p.a. la quale contestava in fatto e in diritto le domande proposte dagli attori asserendo la correttezza dell'operato della società di mediazione immobiliare e associandosi alle difese spiegate dal mediatore convenuto; deduceva, in ogni caso, con riferimento alla domanda di manleva e di garanzia, le limitazioni risultanti dalla polizza assicurativa.
All'udienza fissata per la prima comparizione delle parti, il Giudice concedeva alle parti i termini di cui all'art. 183 comma VI c.p.c. per il deposito di memorie istruttorie e rinviava la causa all'udienza del 17.6.2020.
Alla successiva udienza il Giudice si pronunciava sulle richieste istruttorie formulate dalle parti ammettendo gli interrogatori formali e le prove per testi, riservandosi solo all'esito di disporre la consulenza tecnica d'ufficio; con il medesimo provvedimento emetteva un ordine di esibizione nei confronti dell'istituto di credito.
Nelle more del presente giudizio, gli odierni attori proponevano innanzi questo ### ricorso per ottenere il sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. dei beni immobili di proprietà di ### e ### fino alla concorrenza della somma di € 300.000,00, stante l'avvenuto tentativo da parte degli stessi di vendita di un immobile sito in ### Nel detto sub procedimento, identificato al n. R.G. 7048-1/2019, si costituivano in giudizio ### e ### i quali chiedevano dichiararsi infondata in fatto ed in diritto la domanda cautelare ex art. 671 c.p.c., non sussistendone i relativi presupposti.
Con ordinanza del 12.4.2022 il Giudice, ravvisati i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, accoglieva il ricorso presentato dagli attori autorizzando il chiesto provvedimento di sequestro conservativo.
All'udienza del 17.10.2022 nel presente giudizio, a seguito dell'assunzione delle prove ammesse, il Giudice disponeva la chiesta consulenza tecnica, nominando l'ing. ### e successivamente - a seguito di rinuncia - l'ing. ### al fine di accertare e verificare: 1) l'entità e l'epoca di realizzazione degli abusi edilizi contestati, nonché il valore economico residuale, dell'immobile sito in ### di ### via Rua di ### n° 72 in ### al fg. 2, part. 521, sub 1, cat. A/3, cl. 1, cons. 5 vani, oggetto di causa, alla data del 06.09.2013 e la percentuale della somma erogata a mutuo rispetto allo stesso valore residuale dell'immobile a cagione degli abusi edilizi lamentati; 2) la regolarità urbanistica ed amministrativa, o meno, dell'immobile oggetto di causa ### 2 particella 521 sub 1 del Comune di ### di ### alla data del 27 luglio 2012, epoca della variazione catastale per diversa distribuzione dei vani ed ampliamento, e del 6 settembre 2013 quale epoca della compravendita tra le parti del presente giudizio e ciò sulla scorta della documentazione prodotta dalle parti e di quella presente nei ### accertando altresì la rilevabilità o meno degli abusi edilizi sulla scorta dei documenti prodotti dalle parti e presenti nei ### anche accedendo alle aerofotogrammetrie storiche ed altri strumenti informatici, nonché il valore dell'immobile oggetto di causa alla data del 6 settembre 2013 sia al lordo che al netto della sua incommerciabilità, giusta consulenza tecnica di parte a firma dell'ingegnere ### allegato 17 di parte attrice e altresì l'autore degli abusi edilizi lamentati dagli attori sulla scorta di documenti acquisiti e dello stato di fatto.
La causa perveniva quindi all'udienza del 15.5.2023, in occasione della quale il Giudice, non ravvisati gli estremi per il richiamo del consulente tecnico d'ufficio, rinviava per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 18.12.2023.
In detta udienza le parti hanno precisato le proprie conclusioni e il Giudice, trattenuta la causa in decisione, ha assegnato alle parti i termini di legge ex art 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Tuttavia con ordinanza del 18.7.2024, il Giudice rimetteva la causa sul ruolo per mancato adempimento da parte dell'istituto di credito all'ordine di esibizione emesso con ordinanza del 17.6.2020 e, rinnovato l'ordine, rinviava nuovamente per la precisazione delle conclusioni al 23.10.2024.
In detta udienza le parti hanno precisato le proprie conclusioni e il Giudice, trattenuta la causa in decisione, ha assegnato alle parti i termini di legge ex art 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
IN DIRITTO 1. Responsabilità dei venditori - ### e ### odierni attori convenivano in giudizio - contestando la sussistenza di una serie di difformità riscontrate nell'immobile acquistato - ### e ### quali venditori del suddetto bene formulando domanda di nullità dell'atto di compravendita per violazione dell'art. 40 comma 2 l.47/1985, in subordine domanda di annullamento ex artt. 1429 e 1497 c.c. ricorrendo un consenso viziato dall'errore essenziale ingenerato dal dolo dei venditori, in via ulteriormente gradata domanda di risoluzione del contratto per aliud pro alio, oltre alla richiesta di risarcimento dei danni.
Com'è noto l'art. 40 comma 2, legge 28.02.1985 n. 47 dispone che “gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'art. 35”.
La ratio della disposizione è stata individuata nella volontà del legislatore di reprimere e scoraggiare gli abusi edilizi attraverso lo strumento della invalidazione del traffico giuridico avente ad oggetto costruzioni non conformi alle prescrizioni urbanistiche.
La suddetta previsione di legge, quindi, ricollega la sanzione della nullità agli atti di trasferimento di beni immobili privi della indicazione degli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria, indipendentemente dallo stato di buona o mala fede dell'alienante e dalla conoscenza o meno da parte dell'acquirente dell'eventuale irregolarità urbanistica del bene oggetto del contratto.
Tale rigore risulta temperato dalla facoltà di sanatoria, anche unilaterale dell'atto, mediante dichiarazione integrativa avente il medesimo contenuto, che si rende possibile però solo nei casi in cui l'omissione originaria non sia dipesa dall'insussistenza della licenza/concessione ovvero dall'inesistenza della domanda in sanatoria.
In merito all'interpretazione di questa disposizione di legge si sono affermati due distinti orientamenti. ### un primo filone giurisprudenziale (c.d. della nullità formale) ai fini della validità dell'atto di trasferimento è sufficiente la sola menzione della dichiarazione richiesta dalla legge, a nulla rilevando la concreta abusività dell'immobile, la quale incide eventualmente solo sul piano dell'inadempimento.
Le dichiarazioni prescritte costituiscono quindi un requisito formale del contratto, con la conseguenza che l'eventuale assenza delle stesse comporta già di per sé la nullità dell'atto a prescindere dalla regolarità urbanistica dell'immobile che ne costituisce l'oggetto (cfr. Cass. civ. sent. n. 8147/2000; Cass. civ. sent. n.5068/2001; Cass. civ. sent. n.5898/2004).
Altro orientamento invece propone una lettura diversa della disposizione in esame ravvisando, accanto alla suddetta nullità di tipo formale, anche una ipotesi di nullità di natura sostanziale da ravvisare in caso di atti di trasferimento aventi ad oggetto immobili non in regola con la normativa urbanistica ( Cass. Civ., 17.10.2013, n. 23591).
A fronte di tale contrasto giurisprudenziale sono intervenute le ### della Suprema Corte (sentenza n.8230 del 22.3.2019) le quali, aderendo alla tesi della nullità formale, hanno enunciato i seguenti principi di diritto: “la nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, e dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, va ricondotta nell'ambito dell'art. 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile. In presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato”. ### menzione del titolo abilitativo nell'atto di trasferimento rappresenta quindi un imprescindibile requisito di validità del contratto, purché però il provvedimento concessorio sia realmente esistente ed effettivamente riferibile all'immobile oggetto dell'atto.
Alla luce della pronuncia della Suprema Corte, ai fini della validità dell'atto di trasferimento il requisito più complesso da verificare è quello della “concreta riferibilità del titolo all'immobile”. Ed infatti, pur nel rispetto della esistenza e veridicità della concessione e della sua riferibilità iniziale al bene, può accadere che siano effettuati interventi edilizi e urbanistici tali da interrompere il nesso di collegamento tra il titolo edilizio ed il fabbricato stesso.
Pertanto quando vengono effettuate modifiche della superficie o della volumetria complessiva degli edifici che portano alla realizzazione di una costruzione in tutto o in parte diversa da quella autorizzata, il permesso di costruire rilasciato per il manufatto originario perde il requisito richiesto della riferibilità con conseguente nullità dell'atto traslativo.
Ne consegue dunque che nell'ipotesi di dichiarazione totalmente mancante - a cui viene equiparata la dichiarazione mendace - l'atto di trasferimento incorre automaticamente nella sanzione della nullità, mentre in costanza di una dichiarazione reale e riferibile all'immobile il contratto sarà in conclusione valido, a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo in esso menzionato.
Tuttavia l'art. 40 della suddetta legge dispone un regime speciale per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, prevedendo che in questi casi in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 l.15/1968, attestante che l'opera risulti iniziata in un momento anteriore alla suddetta data.
Questa semplificazione permette quindi di validare atti traslativi di immobili realizzati prima del 1° settembre 1967 anche senza la espressa menzione del titolo abilitativo di riferimento, ma non ne dimostra la conformità urbanistica la quale va accertata confrontando il titolo abilitativo sulla base del quale l'immobile è stato autorizzato con lo stato di fatto in cui lo stesso si trova.
Sulla scia del richiamato arresto delle ### la giurisprudenza di legittimità ha precisato che le regole suenunciate devono ritenersi applicabili anche nell'ipotesi di costruzione iniziata anteriormente al 1° settembre 1967, rispetto alla quale l'art. 40, comma 2, L. n. 47 del 1985 prevede, in luogo dell'indicazione degli estremi della concessione, la dichiarazione rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo attestante la sussistenza del presupposto cronologico stabilito dalla legge.
In questo caso, la nullità comminata dalla legge può dirsi esistente soltanto se la dichiarazione non risulti riferibile all'immobile oggetto dell'atto traslativo ovvero se quanto dichiarato nell'atto (e cioè che l'opera è iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967) non corrisponda alla realtà (cfr. Cass. sent. n. ###/2022).
In linea con l'indirizzo giurisprudenziale segnalato, deve qui ribadirsi che, ai fini della validità del negozio traslativo, è richiesta soltanto la corrispondenza della dichiarazione della parte alienante -resa contestualmente alla stipula dell'atto o recuperata successivamente mediante il procedimento di conferma previsto dal comma 3 dello stesso articolo - rispettivamente a un titolo edilizio realmente rilasciato dall'autorità competente e recante gli estremi indicati o all'elemento cronologico della data di inizio delle opere (cfr. Cass. ord. n.23394/2023).
In tal senso, la cennata dichiarazione assolve la funzione di assicurare all'acquirente la possibilità di condurre le opportune indagini finalizzate alla verifica della regolarità urbanistica - anche sul piano sostanziale - del bene compravenduto, onde consentirgli di determinarsi consapevolmente, nel caso di riscontrata difformità edilizia, in ordine alla scelta di stipulare egualmente l'atto nonché di apprezzare l'effettivo valore commerciale da attribuire al bene medesimo in relazione alla sua diversa qualità giuridica.
Qualora venga accertata la difformità dell'immobile rispetto al titolo edilizio all'acquirente resta comunque salva la possibilità di agire in giudizio per chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore ove ne ricorrano i presupposti, come nell'ipotesi di compravendita di aliud pro alio.
La consegna di aliud pro alio, infatti, dà luogo all'ordinaria azione contrattuale di risoluzione ai sensi dell'art. 1453 c.c., stante l'assoluta eterogeneità del bene consegnato rispetto a quello pattuito per natura, individualità, consistenza e destinazione nonché per la sua inidoneità ad assolvere allo scopo economico-sociale della res promessa e, quindi, a fornire l'utilità presagita. In tema di compravendita, il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.) e la mancanza di qualità promesse o essenziali (1497 c.c.), presupponendo l'appartenenza della cosa al genere pattuito, differiscono dalla consegna di aliud pro alio, che si determina quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale o a quella ritenuta essenziale dalle parti (Cass. sent. n. 8649/2024; sent. n.23604/2023).
Cosicché, in tema di compravendita, il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.) e la mancanza di qualità promesse o essenziali (1497 c.c.), presupponendo l'appartenenza della cosa al genere pattuito, differiscono dalla consegna di aliud pro alio, che si determina quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale o a quella ritenuta essenziale dalle parti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8649 del 02/04/2024; ### 2, Sentenza 23604 del 02/08/2023; ### 2, Ordinanza n. ### del 13/12/2022; ### 2, Ordinanza n. 28069 del 14/10/2021; ### 2, Sentenza n. 7557 del 23/03/2017; ### 2, Sentenza n. 6596 del 05/04/2016; ### 1, Sentenza n. 2313 del 05/02/2016; ### 2, Sentenza n. 28419 del 19/12/2013; ### 2, Sentenza n. 10916 del 18/05/2011; ### 3, Sentenza n. 18859 del 10/07/2008; ### 2, Sentenza n. 5202 del 07/03/2007; Sez. 1, Sentenza n. 11018 del 21/12/1994).
Si ricade nel campo di operatività della garanzia edilizia in senso tecnico per vizi redibitori (rilevante sul piano oggettivo), con riferimento alla cosa consegnata, qualora questa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all'uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Si ha, invece, mancanza di qualità essenziali quando - in ragione delle alterazioni subite - la cosa appartenga, per sua natura o per gli elementi che la caratterizzano, ad un tipo o ad una specie diversa da quella pattuita, pur rimanendo nell'ambito dello stesso genere. Per contro, sussiste consegna di aliud pro alio, che dà luogo all'azione contrattuale di risoluzione ai sensi dell'art. 1453 c.c., qualora il bene consegnato sia completamente eterogeneo rispetto a quello pattuito per natura, individualità, consistenza e destinazione, cosicché, appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere allo scopo economico-sociale della res promessa e, quindi, a fornire l'utilità presagita.
La vendita di aliud pro alio dà luogo ad un'ordinaria azione di risoluzione contrattuale ed è dunque totalmente svincolata dai termini e dalle condizioni di cui all'art. 1495 Presuppone, infatti, che la causa concreta che aveva giustificato l'atto traslativo non sia realizzabile in modo irrimediabile (in ragione dell'accertamento del fatto che le caratteristiche del calcestruzzo fornito non fossero, a monte, assolutamente adatte a realizzare la pavimentazione industriale, per l'appartenenza della cosa fornita ad altro genere merceologico, alla stregua della minore capacità di resistenza dedotta), tanto da pregiudicare la stessa identità della cosa acquistata (e i connessi interessi sottesi al programma negoziale), e non già che vi sia la mera carenza di requisiti sanabili, non costituenti un elemento di identificazione del bene e senza un definitivo pregiudizio della idoneità rispetto alla categoria merceologica cui il compratore intendeva destinare la cosa.
Compendiati così i parametri giurisprudenziali con la normativa di riferimento, occorre adesso procedere all'esame delle questioni di merito poste a fondamento delle domande azionate nei confronti dei convenuti venditori.
Dalla documentazione in atti emerge che i sig.ri ### e ### hanno stipulato con ### e ### in data ### un contratto di compravendita, per ### (rep. N.###, racc. n.20299), avente ad oggetto l'immobile sito ### di ### via Rua di sotto n.72, censito in catasto fabbricati al foglio 2, part. 521 sub.2, piano T.-1, cat. A/3, classe 7, vani catastali 5, il cui prezzo, pari a € 135.000,00, è stato integralmente versato dagli acquirenti. ### veniva all'uopo descritto come “casa formata da tre vani ed accessori al piano terra, con sovrastante locale di sgombero, accessorio e terrazza a livello al primo piano, con annessa corte al piano terra di pertinenza esclusiva”.
In sede di stipula del contratto, parte venditrice dichiarava che le opere relative all'immobile in oggetto erano state eseguite in data anteriore al 1° settembre 1967 in conformità alle norme urbanistiche all'epoca vigenti e che successivamente non erano intervenute modifiche edilizie per le quali era necessario richiedere autorizzazione amministrativa; contestualmente veniva dichiarata la conformità dell'immobile ai dati catastali risultanti nel ### di ### di ### e alla planimetria depositata in catasto.
A seguito dei sopralluoghi effettuati dalle competenti autorità veniva emessa un'ordinanza di demolizione e ripristino nei confronti dei proprietari dell'immobile da parte del Comune di ### di ### (n. 5/2017) e una serie di atti istruttori susseguenti all'esito dei quali emergeva che “l'immobile è difforme dalla licena edilizia n.29/1950 del 17.12.1950 per via di abusi edilizi effettuati successivamente, riconducibili alla ristrutturazione consistenti nell'ampliamento del piano terra e nella realizzazione di una sopraelevazione, con relativa terrazza”.
Gli odierni attori quindi accertavano che l'unica licenza edilizia sussistente risaliva al 1950 quando l'allora proprietario aveva trasformato l'immobile in una civile abitazione terrana composta da tre vani, un ripostiglio, una cucina ed un bagno, oltre cortile e tetto.
Tale consistenza era rimasta invariata anche al momento dell'acquisto da parte dei convenuti venditori, risalente al 24.7.2001, ove la descrizione dell'immobile era perfettamente speculare a quella di cui sopra.
La modifica dei luoghi appare per la prima volta nell'atto di compravendita oggetto della presente controversia determinando una profonda difformità tra lo stato di fatto descritto nell'atto di vendita del 2001 e quello successivo del 2013.
In quella sede emergeva peraltro che i venditori avevano dichiarato, prima della stipula dell'atto di compravendita, presso il ### U.P. di ### n. ### una variazione catastale al fine di creare una corrispondenza tra lo stato dei luoghi iniziale e quello successivo alle modifiche intervenute, depositando la planimetria aggiornata.
Le contestazioni mosse dagli odierni attori quindi riguardano la serie di difformità riscontrate nell'immobile per lavori realizzati in mancanza di un provvedimento concessorio.
Procedendo ad esaminare in ordine le richieste avanzate dagli attori, con riferimento alla domanda di nullità dell'atto pubblico di compravendita ex art. 40 L. n. 47/1985 è necessario accertare la sussistenza dei requisiti sovracitati, richiesti dalla normativa di riferimento e specificati dalla giurisprudenza di legittimità.
Anzitutto dall'esperimento delle prove testimoniali, in particolare dalla deposizione del dante causa nei confronti del venditore, è emersa una diversa e maggiore consistenza dell'immobile rispetto a quella esistente all'epoca in cui ne era proprietario. Il teste, infatti, ha confermato che il primo piano comprendeva solo una piccola terrazza - con capienza massima di 2 persone -, che non vi era una scala interna all'immobile e di non essere mai entrato nel sottotetto, che pertanto era a quel tempo inutilizzato.
È opportuno quindi soffermare l'attenzione sulle risultanze dell'elaborato del CTU ed in particolare sull'esito delle ricerche condotte dal consulente volte alla verifica della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile.
Invero, il C.T.U. ha innanzitutto ricostruito cronologicamente la storia urbanistica dell'immobile oggetto della presente controversia, affermando che “La prima planimetria documentale risale al 1939 come risulta agli atti catastali registrata al foglio 2, part. 521 sub. 1. Nel 1950 l'immobile a seguito della concessione edilizia n. 29/1950 del 17-12- 1950 viene trasformato in civile abitazione costituita da tre vani, un ripostiglio, una cucina e un locale wc.
Tale planimetria rilevata e approvata all'interno della concessione edilizia non risulta mai essere stata registrata come variazione in catasto, ma mostra la presenza della corte interna che rimane invariata fino al 1976 come si riscontra visionando l'aerofotogrammetria.
La successiva documentazione catastale presente all'agenzia dell'entrate è del 2012, dove la particella 522 viene soppressa e l'immobile presenta un unico identificativo e la consistenza dell'immobile è modificata da un ampliamento e diversa distribuzione interna con una consistenza di 5 vani distribuiti tra piano terra e piano primo”; ed ancora circa la ricostruzione delle vicende riguardanti l'immobile: “Il primo atto abilitativo risulta essere quello relativo al rilascio della licenza edilizia n. 29/1950 del 17-12-1950 a nome di ### il quale a suo tempo risultava proprietario dell'immobile.
Tale concessione autorizzava il cambio di destinazione d'uso dell'immobile, il quale originariamente come risulta dagli atti catastali del 27/10/1939, era destinato a cantina e fienile. È da sottolineare che come sopra detto, al cambio di destinazione da deposito a civile abitazione non fu mai dato seguito ad un aggiornamento catastale. Successivamente a questa data non risultano rilasciate altre autorizzazioni o concessioni edilizie per un'eventuale ristrutturazione e/o trasformazione dell'immobile. Al contrario agli atti del comune si rileva la presenza di una cospicua documentazione relativa agli abusi commessi.
Il riscontro di tali abusi viene rilevato esaminando una variazione catastale presentata in data ### dai proprietari di quel periodo (I #### e ### i quali hanno denunciato le variazioni catastali del proprio immobile senza nessun supporto di titolo abilitativo rilasciato dal comune di ### di ### Tali abusi vengono infatti accertati a seguito di una denuncia per realizzazione di una tettoia realizzata nel terrazzo senza autorizzazione; da ciò ne sono scaturiti vari sopralluoghi eseguiti dalla polizia municipale e dall'ufficio tecnico del comune di ### di ### e rispettivamente in data ###; 20/03/2017 e 06/04/2017. A seguito dei su citati sopralluoghi il comune ha emanato un'ordinanza di demolizione con n. 5/2017 del 02/05/2017.
Successivamente alle varie istanze della sig. ### al fine di ottenere la revoca dell'ordine di demolizione sono state emesse note di riscontro con totale inammissibilità delle richieste confermando in pieno la demolizione delle opere abusivamente realizzate con il ripristino dello stato originario dei luoghi.
Il perito nominato dall'ufficio, con argomentazioni logiche, congrue, immuni da censure e pertanto pienamente condivisibili da questo ### ha poi effettivamente rilevato plurimi profili di difformità dell'immobile nei fatti realizzato e compravenduto rispetto al progetto depositato ed assentito dalla competente autorità e ha infatti rilevato conclusivamente che “pertanto dalle considerazioni su esposte e dalla documentazione esaminata si può con certezza affermare che l'immobile in questione sito in ### di ### n. 72, in catasto al foglio 2, part. 521 sub. 1 alla data odierna risulta essere difforme urbanisticamente, in quanto notevolmente diverso per come riscontrato dai sopralluoghi effettuati all'ultimo titolo abilitativo rilasciato. Infatti la licenza edilizia n. 29/1950 (ultimo ed unico titolo abilitativo rilasciato per l'immobile in oggetto), autorizzava alla costruzione di una unità abitativa composta da n. 3 vani, un ripostiglio, una cucina ed un gabinetto, nonché di un cortile interno indicato nel grafico approvato ed allegato alla suddetta licenza edilizia. Situazione ben diversa riscontrata alla data odierna dalla sottoscritta la quale ha accertato una notevole diversa distribuzione interna, chiusura di una porzione di cortile interno; realizzazione di scala esterna nella porzione residuale del cortile per l'accesso al lastrico solare in origine copertura; nonché la costruzione di un locale con WC scaturito dal recupero del sottotetto e messo in comunicazione al vano sottostante da una scala a chiocciola”; ed ancora: “Il riscontro degli abusi viene rilevato dalla successiva denuncia delle variazioni catastali dell'immobile senza nessun supporto di titolo abilitativo e a seguito di una denuncia per realizzazione di una tettoia realizzata nel terrazzo; da ciò ne è derivata un'ordinanza di demolizione al quale risulta essere inammissibile la revoca. Pertanto si può con certezza affermare che l'immobile in questione alla data odierna risulta essere difforme urbanisticamente”.
Nell'individuare il lasso temporale di realizzazione degli abusi e gli autori degli stessi il consulente ha evidenziato che “gli abusi riscontrati siano principalmente stati realizzati negli anni successivi al 1976 (come visionato nella sovrapposizione dell'aerofotogrammetria del 1976 dove la sagoma dell'edificio risulta essere invariata) quindi tale considerazione ci conduce ad affermare che tali abusi siano stati effettuati successivamente a questa data. Esaminando inoltre l'atto di vendita del 24/07/2001 registrato a ### il ### al n. 8447, in cui si trasferiva la proprietà dai sigg. ### e D'### ai ### e Cucè ### si legge la descrizione dell'immobile in vendita che ne indica la consistenza in n. 3 vani e tre accessori (cucina, bagno, ripostiglio), con annesso cortiletto a piano terra. Fin qui la consistenza descritta risulta essere proprio quella indicata nel titolo edilizio rilasciato nel 1950, ma dopo aggiunge con soprastante soffitta (non riscontrabile nel titolo edilizio del 1950), quindi il primo abuso per la realizzazione della soffitta è attribuibile ai ### e D'### che ne confermano l'esistenza nell'atto di trasferimento dell'immobile.
In data ### i coniugi ### e Cucè ### denunciano all'### delle ### variazione catastale con planimetrie che illustrano lo stato attuale dei luoghi. Detta variazione catastale evidenzia una notevole trasformazione dell'immobile realizzata senza nessun titolo autorizzativo rilasciato da parte del Comune di #### di ### e quindi mettendo palesemente alla luce tutte le opere abusive precedentemente descritte. Dalla cronologia degli atti la ristrutturazione pesante eseguita abusivamente sull'immobile sito in via ### n. 72 ### di ### è attribuibile ai coniugi ### e ### i quali ne hanno denunciato la loro realizzazione con la presentazione della variazione catastale e ancor più in data antecedente all'atto di vendita a favore dei ### e ### che acquistano con rogito in data ###.
Dopo la data del 6/9/2013 con titolarità dell'immobile ai coniugi ### e ### gli altri abusi riscontrati per come anche accertato dai verbali di sopralluogo della P.M. del 17 e 20 marzo del 2017 nonché dal sopralluogo tecnico del 6/04/2017, relativamente alla copertura del cortile esterno dove insiste il vano scala e al cambio di destinazione d'uso del locale di sgombero posto a primo piano e struttura precaria per pergolato su terrazzo, sono attribuibili ai ### e ### Salvatore”.
Ciò posto, nella fattispecie in esame è pacifico e documentale che nel contratto del 6.9.2013 sia stata inserita la dichiarazione con la quale i venditori attestavano che le opere realizzate sul fondo alienato erano iniziate anteriormente al 1° settembre 1967 e parimenti non è controverso che tale dichiarazione si riferisca proprio all'immobile ivi costruito e sia veritiera nella parte in cui attestava l'inizio delle opere in epoca antecedente al 1° settembre 1967, almeno nella fase anteriore agli abusi accertati. ###, infatti, ha confermato che la maggior parte dell'opera di edificazione dell'immobile oggetto di compravendita è stata iniziata prima della suddetta data spartiacque.
È vero che sulla scorta delle risultanze della c.t.u. svolta è stato accertato che dopo quella data l'immobile venduto ha subito importanti modifiche urbanistiche non autorizzate, ma per come già evidenziato eventuali difformità rispetto allo stato di fatto originario risultano irrilevanti sotto il profilo della validità dell'atto - senza che al riguardo si riveli di una qualche utilità la distinzione in termini di variazioni essenziali e non essenziali (cfr. Cass. n. 15587/2022) -, non incidendo sulla riferibilità ai beni della dichiarazione sostitutiva resa dai venditori e potendo produrre le loro conseguenze unicamente sul terreno della responsabilità.
Ne deriva che, sussistendo il requisito di forma richiesto dalla legge, la presenza di difformità della costruzione rispetto al titolo abilitativo non comporta nullità del contratto, ma può assumere rilevanza in termini di inadempimento.
Va inoltre escluso che la nullità del contratto possa derivare dalla non veridicità della dichiarazione con la quale i venditori avevano attestato che successivamente al 1° settembre 1967 non erano state eseguite modifiche richiedenti il rilascio di apposito titolo abilitativo, essendo anche questo un aspetto estraneo all'ambito di applicabilità della norma di cui all'art. 40, comma 2, L. n. 47 del 1985 e potenzialmente rilevante ai soli fini dell'affermazione di un'eventuale responsabilità contrattuale dei dichiaranti Ne deriva quindi il rigetto della domanda attorea di nullità del contratto.
A questo punto, quindi, occorre verificare se il profilo della conformità urbanistica - non rilevante nel perimetro della nullità - possa incidere sull'attivazione di rimedi di natura negoziale, ossia se le difformità riscontrate, essendo in grado di pregiudicare in maniera rilevante l'utilizzo del bene, possano integrare un inadempimento di parte venditrice e determinare la risoluzione del contratto per aliud pro alio.
In via preliminare, alla luce dei principi giurisprudenziali sovracitati, non risulta condivisibile l'eccezione difensiva, sollevata da parte convenuta, di decadenza e prescrizione dell'azione formulata di risoluzione del contratto per mancato rispetto del termine di cui all'art. 1495 Ed infatti il rimedio risolutorio azionato dagli odierni attori rientra non nell'alveo della disciplina dei rimedi di natura edilizia, quanto piuttosto nella disciplina generale dell'art. 1453 c.c. stante che si ritiene sussistente, nel caso in esame, l'inadempimento di parte convenuta costituito dalla consegna di aliud pro alio. In tal modo quindi la tutela dell'acquirente è sottratta ai brevi termini di prescrizione e decadenza previsti dalla disciplina dei vizi e della mancanza della qualità della cosa e l'azione resta invece esperibile entro il termine di prescrizione ordinaria e non è soggetta ad alcun onere di denuncia.
Va pertanto disattesa l'eccezione sollevata dai convenuti di decadenza degli acquirenti dalla garanzia per i vizi per tardività della denunzia come pure l'eccezione di prescrizione, rimasta indimostrata, stante il termine decennale di maturazione.
Procedendo quindi ad esaminare nel merito la suddetta azione di risoluzione del contratto l'indagine del ctu ha rilevato che le difformità riscontrate integrano abusi edilizi non sanabili per cui è stata emessa un'ordinanza di demolizione che impone la rimessa in pristino dello stato dei luoghi, da cui consegue sia una significativa riduzione della metratura dell'immobile sia una sostanziale riduzione e differente distribuzione dei locali.
Con il ripristino delle condizioni dell'immobile in conformità al titolo edilizio si realizzano dunque delle modifiche ingenti e sostanziali che portano ad un mutamento delle esigenze abitative manifestate al momento dell'acquisto, motivo per il quale si ritiene sussistente una ipotesi di vendita di aliud pro alio.
Le citate e accertate difformità dello stato di fatto dell'immobile rispetto a quello progettuale, impedendo l'utilizzazione dello stesso in conformità alle esigenze abitative degli acquirenti, manifestate al momento dell'acquisto, determinano infatti la vanificazione della funzionalità economico-sociale dell'immobile come prospettata e l'incapacità di soddisfare i concreti bisogni che hanno indotto gli odierni attori ad effettuare l'acquisto.
Le difformità riscontrate e la impossibilità, appurata dal ### di conseguire la sanatoria delle opere dunque integrano un'ipotesi di inadempimento all'obbligazione assunta dai venditori di garanzia della conformità urbanistica dell'immobile di gravità tale da legittimare l'applicazione dell'invocato rimedio caducatorio.
Né il rimedio risolutorio può trovare un ostacolo nel fatto che è stato accertato, sempre in sede di consulenza tecnica d'ufficio, che alcuni degli abusi sono stati realizzati proprio dagli attori successivamente all'acquisto, trattandosi all'uopo di modifiche non incidenti in misura rilevante sullo stato dei luoghi. Ed infatti il consulente tecnico ha espressamente chiarito che le opere di ristrutturazione “pesante” sono state eseguite dai venditori così come emerge dalle variazioni catastali denunciate in data ### e dalla relativa planimetria aggiornata depositata nel 2012; tale aspetto è stato ulteriormente specificato in sede di risposta alle osservazioni formulate dai consulenti tecnici di parte ove il CTU ha ribadito che le opere relative al vano che precedentemente era un “locale di sgombero” sono state realizzate in epoca antecedente all'atto di vendita a favore degli acquirenti, ai quali quindi viene imputato solo il cambio di destinazione d'uso del suddetto locale.
Alla luce di tutto ciò il contratto di compravendita oggetto del presente giudizio deve considerarsi risolto (per gli effetti vedi infra par. 5). 2. Responsabilità del mediatore - ### odierni attori convenivano in giudizio altresì ### in proprio e quale titolare della ditta “### immobiliare” deducendo di essersi rivolti alla predetta agenzia al fine di reperire un fabbricato da destinare a civile abitazione e che l'immobile oggetto della presente controversia era stato allora proposto dal mediatore previa rassicurazione circa la regolarità e conformità urbanistica dello stesso.
In particolare gli acquirenti lamentavano la dichiarazione resa dal mediatore, all'atto di stipula della proposta di acquisto immobiliare in data ###, avente ad oggetto la conformità alla normativa edilizia ed urbanistica vigente, in ogni caso antecedente al 1967.
Chiedevano all'uopo la condanna del mediatore alla restituzione della provvigione debitamente corrisposta (fattura n.1 del 6.9.2013) e non dovuta per la conclusione dell'affare, oltre al risarcimento dei danni patiti dagli stessi. ### il profilo della responsabilità del mediatore è ormai affermato l'indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'art. 1759, 1 comma, c.c., laddove impone al mediatore di comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla sua conclusione, deve essere letto in coordinazione con gli artt. 1175 e 1176 dello stesso codice, nonché al lume della disciplina dettata dalla legge n. 39 del 1989, attuativa della ### 2006/123, che ha posto in risalto la natura professionale dell'attività del mediatore, subordinandone l'esercizio all'iscrizione in un apposito ruolo, che richiede determinati requisiti di cultura e competenza e condizionando all'iscrizione stessa la spettanza del compenso.
Con la conseguenza che il mediatore, pur non essendo tenuto, in difetto di un incarico particolare in proposito, a svolgere, nell'adempimento della sua prestazione, specifiche indagini di natura tecnicogiuridica (come l'accertamento della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile oggetto del trasferimento), al fine di individuare circostanze rilevanti circa la conclusione dell'affare a lui non note, è gravato, tuttavia, di un obbligo di corretta informazione, secondo il criterio della media diligenza professionale, il quale comprende, in senso positivo, l'obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che si richiede al mediatore, nonché, in senso negativo, il divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su circostanze delle quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle (cfr. Cass. sent. n. 5107/1999; Cass. sent. n.18140/2015).
Ne consegue che, qualora il mediatore dia informazioni su circostanze di cui non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, le quali si rivelino poi inesatte e non veritiere, ovvero ometta di comunicare circostanze da lui non conosciute ma conoscibili con l'ordinaria diligenza professionale, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l'effetto, dal cliente ( sent. n. 16009/2003).
Nel caso in esame alla stregua di tali principi non può che affermarsi l'inadempimento da parte del mediatore ### all'obbligo di informazione previsto dall'art. 1759 È vero che l'accertamento della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile oggetto del trasferimento non rientrava nell'alveo della prestazione richiesta al mediatore, ma è altrettanto vero che nel modulo sottoscritto dalle parti, predisposto dal mediatore stesso, si dava espressamente atto della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile, nonostante le profonde ed evidenti difformità dell'abitazione rispetto al provvedimento concessorio che potevano essere rilevate usando l'ordinaria diligenza ovvero la capacità professionale richiesta dal ruolo.
Non è condivisibile l'obiezione difensiva secondo cui la bontà dell'immobile sia stata ricavata dalla descrizione contenuta nell'atto precedente di acquisto del 2001, la quale includeva la presenza di una “sovrastante soffitta”, e dalla corrispondenza delle planimetrie prodotte.
Ed infatti sotto il primo profilo la enunciazione di una “sovrastante soffitta” non può ritenersi sovrapponibile alla esistenza di un piano superiore con annesso WC; secondariamente è stata accertata la non corrispondenza tra la planimetria risalente al 1939 e quella del 2012, il che dimostra che le variazioni emergenti andavano adeguatamente riscontrate. Anzi, come già evidenziato, il deposito della planimetria aggiornata era stato proprio necessario per i venditori per rendere conforme lo stato di fatto dell'immobile esistente prima dell'atto di vendita rispetto alla planimetria risultante al catasto.
Ancora occorre evidenziare che il mancato controllo e le mancate verifiche da parte di altri professionisti o autorità competenti non assurge a giustificazione per la propria negligenza.
Ne discende quindi che essendo le difformità dell'immobile circostanza nota al mediatore ovvero - anche se non nota - in ordine alla quale aveva l'onere di controllare la veridicità delle informazioni ricevute, può ritenersi che il convenuto non abbia assolto l'obbligo di corretta informazione, in base al criterio della media diligenza professionale, il quale comprende l'obbligo di comunicare non solo le circostanze note al mediatore ma anche quelle conoscibili con la diligenza professionale richiesta ad un mediatore professionale, per quanto sopra esposto.
Dall'affermata responsabilità del mediatore per il mancato assolvimento degli obblighi su di esso gravanti discende automaticamente l'obbligo di restituzione in favore degli acquirenti del compenso indebitamente percepito.
Nessun'altra voce di danno, invece, deve essere risarcita nei confronti degli attori stante l'assenza di adeguata prova. 2.1 Domanda di manleva nei confronti della compagnia assicuratrice Il mediatore convenuto esperiva contestualmente domanda di manleva nei confronti della compagnia assicuratrice ### s.p.a. chiedendo, nell'ipotesi di accoglimento della domanda attorea, la condanna della assicurazione al pagamento delle somme a qualsiasi titolo riconosciute nei confronti degli attori.
Costituitasi in giudizio, ### s.p.a. asseriva in primis la correttezza dell'operato della società di mediazione immobiliare e deduceva poi in ogni caso la limitazione di cui all'art.8 della polizza assicurativa secondo cui la copertura riguardava solo le perdite patrimoniali involontariamente cagionate a terzi (compresi i clienti) ed in ogni caso l'operatività della franchigia pari a € 750,00.
Considerato che, in virtù di quanto detto sopra, l'unica voce di danno per la quale il mediatore è stato condannato è la restituzione della provvigione che gli era stata indebitamente corrisposta e che, alla luce dell'ambito di applicazione della polizza, la copertura assicurativa non si estende al compenso percepito dal mediatore, il quale non rientra nella nozione di “danno involontariamente causato a terzi”, ne deriva che la domanda di manleva non può trovare accoglimento. 3. Responsabilità dell'istituto bancario - ### s.p.a.
Gli odierni attori convenivano in giudizio altresì l'istituto di credito mutuante al fine di ottenerne la dichiarazione di responsabilità per non avere svolto, in vista della concessione del mutuo, tutti gli accertamenti istruttori anche di natura tecnica e amministrativa che involgevano la verifica della regolarità edilizia e urbanistica dell'immobile ed il suo valore economico, ingenerando negli acquirenti il legittimo affidamento circa la regolarità amministrativa dell'acquisto.
Deducevano in particolare che per ottenere la disponibilità necessaria per procedere alla conclusione dell'atto di compravendita, stipulavano un contratto di mutuo ipotecario con l'istituto di credito ### s.p.a. in data ### - contestualmente alla stipula dell'atto di compravendita - ai rogiti del medesimo notaio (rep. N.###, racc n.20300) per un importo di € 105.000,00 da rimborsare in n. 300 rate mensili di € 601,37, oltre una rata di € 335,25 per interessi di preammortamento da pagare anticipatamente per un totale complessivo di € 180.784,04.
Gli acquirenti contestavano che l'esito positivo dell'attività istruttoria svolta dall'istituto di credito, cui ha fatto seguito il consenso alla erogazione del mutuo, ha determinato l'insorgenza del legittimo affidamento da parte degli stessi sulla regolarità amministrativa dell'immobile.
Deducevano quindi la nullità del contratto di mutuo ai sensi dell'art. 38 comma d.lgs. n.385/93 per violazione del limite di finanziabilità dell'80% del valore del bene che la somma erogata a mutuo era superiore al 230% del valore del valore dell'immobile.
In ogni caso si riteneva il contratto nullo per illiceità della causa ex art. 1343 c.c. per violazione di norme urbanistiche nonché ex art. 1346 c.c. trattandosi di immobile parzialmente abusivo, ossia di oggetto connotato da impossibilità giuridica.
Conseguentemente, chiedevano, la nullità del contratto di mutuo, la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria e la restituzione delle somme versate in conseguenza dello stipulato contratto, nonché il risarcimento dei danni patiti in solido con tutti i convenuti. ### il profilo della domanda di nullità per violazione dell'art. 38 comma 2 d.lgs. 385/1993 sono di recente intervenute le ### della Corte di Cassazione (sent. n. ###/2022) pronunciandosi definitivamente sulla sorte del contratto di mutuo fondiario concesso in violazione dei suddetti limiti e affermando il seguente principio di diritto: “In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all'articolo 38, secondo comma, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell'oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione - qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all'### di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell'ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. articoli 51 ss. e 53 t.u.b.) - la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l'interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito”.
Ne deriva, quindi, che nonostante l'esito della consulenza tecnica che - mediando i valori di mercato del metodo di stima analitico e sintetico - ha dedotto un valore complessivo, alla data della stipula del contratto, dei beni pari a € 86.752,50 a cui sottraendo i valori di spesa per la regolarizzazione degli abusi sanabili risulta un valore residuale pari a € 54.752,50, con conseguente indicazione della percentuale di mutuo erogato rispetto al prezzo residuale pari al 182,65%, questo non potrà incidere agli effetti della validità del contratto.
Per queste ragioni si deve concludere per l'infondatezza della contestazione della validità del mutuo e dell'ipoteca che fa riferimento alla dedotta violazione dell'art. 38 comma 2 TUB, indipendentemente dalla valutazione del valore dell'immobile e del suo rapporto col finanziamento erogato ed indipendentemente anche dalla incidenza su tale valore e su tale rapporto.
Parimenti non può ritenersi fondata l'eccezione di nullità del contratto di mutuo per illiceità dell'oggetto o della causa, atteso che la sentenza delle ### della Suprema Corte n. 8230/19 ha chiaramente affermato che in caso di difformità urbanistiche del bene non solo non è ravvisabile alcuna nullità ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.c., ma nemmeno può parlarsi di nullità ai sensi del comma 2 della norma citata, poiché il carattere abusivo del bene non va ad incidere né sull'oggetto né sulla causa del negozio in quanto la regolarità urbanistica dell'immobile è estranea a tali elementi del contratto. ### il profilo del lamentato legittimo affidamento ingenerato negli acquirenti è bene evidenziare che l'istituto bancario, dopo la richiesta di concessione di mutuo, ha svolto l'istruttoria interna, anche sulla base della perizia sull'immobile effettuata dalla società incaricata, la quale accertava l'epoca di costruzione dell'immobile (antecedente al 1.9.1967) e la valutazione dello stesso in complessivi € 161.000,00. ### quindi, confortata dalla perizia estimativa e dalla relazione preliminare notarile concedeva il mutuo in parola.
Deve sul punto condividersi quanto sostenuto dall'istituto di credito convenuto secondo cui scopo della perizia della banca è solo quello di comprendere quale valore potrebbe avere un bene sul mercato, onde verificare la tenuta della garanzia ipotecaria nel caso di inadempimento e, dunque, di vendita forzata. ###à del perito, infatti, è funzionale all'approvazione della richiesta di mutuo (che, nel caso di specie, è stato ottenuto) e si estrinseca unicamente nei confronti della banca e non anche dei mutuatari; di modo che, un'eventuale negligenza da parte del tecnico incaricato nella stima dell'immobile prima dell'erogazione del mutuo può produrre delle conseguenze verso questa se la natura abusiva del bene è idonea a pregiudicare la realizzazione del credito dell'istituto in sede di esecuzione forzata.
Rigettate quindi le domande di nullità del contratto di mutuo e di accertamento della responsabilità dell'istituto di credito, nel caso qui in esame occorre porre l'attenzione su un altro aspetto, ovvero il legame sussistente tra il contratto di compravendita e il contratto di mutuo. Ed infatti la riscontrata risoluzione del contratto di compravendita impone, dunque, di esaminare gli effetti che questa produce sulle sorti del contratto di mutuo fondiario stipulato dagli acquirenti insieme al convenuto #### s.p.a., siccome legato al primo da un indissolubile collegamento negoziale.
Il collegamento negoziale è lo strumento o il meccanismo attraverso il quale le parti realizzano un'operazione economica unitaria, combinando una pluralità di negozi distinti, i quali - pur mantenendo la propria individualità negoziale - sono legati da un nesso di reciproca ovvero unilaterale dipendenza, tale per cui le vicende dell'uno si ripercuotono sull'altro. Lo schema del collegamento negoziale consente in definitiva di superare la formale distinzione di due o più contratti e di valorizzare l'unicità socio-economica dell'operazione, Gli elementi alla base del collegamento negoziale sono due: la pluralità di contratti e la connessione intercorrente tra gli stessi.
Per stabilire se ricorra un collegamento negoziale, trattandosi di materia in cui è sovrana l'autonomia privata, occorre rifarsi alla volontà delle parti e ricercare, oltre i diversi schemi negoziali - ognuno produttivo dei suoi effetti e pertanto almeno in apparenza indipendente - se ricorra un collegamento specifico, per cui gli effetti dei vari negozi si coordinino per l'adempimento di una funzione unica; in altre parole se al di sopra della singola funzione dei vari negozi si possa individuare una funzione della fattispecie negoziale considerata nel suo complesso, per cui le vicende o, addirittura, la disciplina di ciascuno di essi siano variamente legati all'esistenza ed alla sorte dell'altro. (Cass. sent. n.474/1994) Applicando siffatte coordinate ermeneutiche al caso in esame, deve ravvisarsi tra il contratto di mutuo e il contratto di compravendita per cui è causa l'esistenza di un collegamento negoziale derivante dalla volontà di realizzare una complessa operazione economica, capace di trascendere le singole pattuizioni negoziali.
Dal punto di vista oggettivo depongono in tal senso la contestualità dei contratti, stipulati in pari data, presso lo stesso notaio e recanti numeri di repertorio notarile consecutivi, e la concessione dell'ipoteca, a garanzia del mutuo, proprio sull'unità immobiliare oggetto di compravendita.
Inoltre, nel contratto di compravendita, all'articolo relativo alla previsione del prezzo e alle modalità di versamento dello stesso, espressamente era stato previsto che, con riferimento alla somma di € 100.000,00, parte acquirente assumeva l'obbligo di pagarlo alla parte venditrice con netto ricavo di un mutuo fondiario che parte acquirente procedeva a contrarre nella stessa data con ### s.p.a.
Era stato quindi testualmente previsto in sede di vendita che l'assunzione del debito, tramite la stipula del mutuo, fosse finalizzata all'adempimento, da parte degli acquirenti dell'obbligo di pagamento del corrispettivo in favore dei venditori ### e ### Anche nel contratto di mutuo è stata fatta espressa menzione dello scopo del finanziamento, tanto che si era stabilito che il mutuo veniva concesso per l'acquisto dell'immobile ad uso abitativo.
Peraltro, la conclusione del contratto di compravendita è avvenuta in un momento immediatamente antecedente rispetto al mutuo, il che rende ancora più evidente la funzionalizzazione del prestito alla soddisfazione.
Difatti, gli acquirenti si risolvevano alla stipula del mutuo al fine di adempiere all'obbligazione derivante dal contratto di compravendita; analogamente, la banca mutuante si risolveva alla conclusione del mutuo contando sulla garanzia ipotecaria, concessa dal mutuatario sull'immobile appena acquistato.
Tali elementi consentono senza dubbio di ritenere integrata un'ipotesi di c.d. mutuo di scopo, atteso che il prestito di denaro in favore dei sig.ri ### e ### aveva una precisa e prefissata “destinazione d'uso” della somma mutuata, ossia l'acquisto dell'immobile di cui al presente giudizio.
È evidente, dunque, che tale contratto perseguiva lo scopo, entrato a far parte dello schema causale del negozio, di consentire al mutuatario l'acquisto del bene e altresì lo scopo dei venditori di ricevere il pagamento del prezzo. ### risoluzione della compravendita immobiliare rende inevitabilmente privo di causa concreta il mutuo fondiario di scopo concluso, in pari data, da ### e ### con l'istituto di credito ### s.p.a. 4. Responsabilità del notaio - ### odierni attori convenivano in giudizio altresì il notaio rogante ### al fine di accertare la responsabilità professionale dello stesso ai sensi dell'art.1176 comma 2 c.c. per non aver comparato lo stato di fatto dei luoghi riportato nell'atto di compravendita del 6.9.2013 con la consistenza risultante dall'atto di provenienza del 24.7.2001, comparazione che avrebbe messo in luce la modifica dello stato dei luoghi e la falsa dichiarazione dei venditori circa l'assenza di interventi edilizi successivi al 1967.
Il convenuto eccepiva di avere, in sede di rogito del contratto di compravendita, raccolto le dichiarazioni urbanistiche del venditore e di avere correttamente valutato la documentazione prodotta, elemento che emerge dal fatto che i due atti (quello del 2001 e quello del 2013) riportavano la medesima consistenza dell'immobile di tre vani più accessori, includendo la presenza di un secondo livello: nel primo (quello del 2001) si discorreva di sovrastante soffitta; nel secondo (quello del 2013) di un locale di sgombero.
Come ha più volte chiarito la giurisprudenza di legittimità, quale principio generale in tema di responsabilità professionale del notaio, che nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio dell'attività di notaio, il professionista è tenuto ad una prestazione che, pur rivestendo i caratteri dell'obbligazione di mezzi e non di risultato, non può ritenersi circoscritta al compito di mero accertamento della volontà delle parti e di direzione della compilazione dell'atto, estendendosi, per converso, a tutte quelle ulteriori attività, preparatorie e successive, funzionali ad assicurare la serietà e la certezza del rogito e, in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico (non meno che del risultato pratico) del negozio divisato dalle parti, con la conseguenza che l'inosservanza di tali obblighi accessori dà luogo a responsabilità ex contractu per inadempimento dell'obbligazione di prestazione d'opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità (ex multis Cass. Civ. sent. 1228/2003; v. anche sent. 7283/2021).
Orbene se il notaio incaricato della redazione di un contratto per la compravendita di immobile non può limitarsi a procedere al mero accertamento della volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell'atto, rientra nondimeno tra i doveri del professionista non solo l'obbligo di informazione dei contraenti in merito a tutte le circostanze rilevanti ai fini della stipula dell'atto ma anche il dovere di consiglio ovvero di dissuasione, consistente nell'avvertire le parti di tutte le circostanze utili o rilevanti ai fini del rogito, allo scopo di porre in condizione i contraenti di stipulare un atto valido.
Il dovere di informazione e di consiglio del notaio non può estendersi fino a ricomprendere la rappresentazione di fatti, atti o circostanze non prevedibili al momento della stipula dell'atto.
Deve pertanto ritenersi estraneo all'obbligo di diligenza relativo all'attività esercitata dal notaio quello di fornire informazioni o consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post, e dunque giammai sulla base di circostanze future meramente ipotetiche (Cass. Civ. ord. 20297/2019).
Il notaio che abbia autenticato le sottoscrizioni delle parti in calce ad una scrittura privata di vendita di una unità immobiliare compresa in un edificio, senza avere ricevuto dalle parti un incarico specifico di assistenza e consulenza, quindi non può essere considerato responsabile di una dichiarazione invalida resa dalla parte relativamente alla rispondenza dello stato di fatto della singola porzione immobiliare alla concessione edilizia relativa all'intero edificio, non estendendosi la fede privilegiata propria dell'atto notarile al contenuto delle dichiarazioni rese dalle parti, onde non è configurabile alcuna attività obbligatoria di accertamento da parte del notaio, che non ne abbia ricevuto specifico incarico, sulla veridicità delle dichiarazioni stesse.
Fermi i principi di cui sopra, si osserva che i compiti di verifica e di accertamento del notaio non possono estendersi fino a ricomprendere le indagini sulla regolarità urbanistica del bene oggetto della compravendita, in considerazione del fatto che il notaio rogante è chiamato ad accertare la provenienza del bene e a verificarne la libertà da pesi o vincoli.
Nel caso in esame si osserva che dall'esame del rogito, oggetto del presente giudizio, a firma del notaio ### risulta che il professionista, dopo l'ammonimento ai sensi di legge circa le sanzioni in caso di mendaci dichiarazioni, abbia regolarmente raccolto le dichiarazioni dei venditori circa l'epoca di costruzione del fabbricato e la conformità urbanistica dello stesso.
Peraltro dalla documentazione consegnata in sede di rogito (atto di provenienza del 2001 e planimetrie) non emergeva alcuna divergenza tale da poter indurre il notaio a ritenere mendaci le dichiarazioni dei venditori.
Le risultanze della esperita consulenza tecnica hanno affermato che le modifiche edilizie realizzate in forza della concessione n.29/1950 non sono mai state comunicate al catasto, motivo per cui le uniche planimetrie a disposizione al momento del rogito erano quella originaria del 1939 e quella successiva del 2012 depositata dai venditori, in cui risultava un ampliamento del piano terra e un vano sottotetto.
Lo stesso professionista, in sede di interrogatorio formale, ha infatti evidenziato che la documentazione allora presentata non escludeva che tali modifiche - essendo la planimetria originaria risalente al 1939 - fossero intervenute comunque ante 1967, come espressamente dichiarato dai venditori in sede di stipula del contratto di compravendita e per cui non era necessario indicare il titolo edilizio corrispondente.
Non vi era dunque nessun dovere del notaio di segnalare l'esistenza nei documenti di incongruenze che facessero temere l'esistenza di abusi edilizi, essendo comunque un onere gravante sulla parte acquirente quello di accertare la consistenza dell'immobile che si intendeva acquistare.
Deve, quindi, escludersi la configurabilità di un obbligo giuridico a carico del pubblico ufficiale rogante di verificare la rispondenza al vero di quanto dichiarato dal venditore, dovendo il notaio verificare che nell'atto risultino gli estremi della conformità agli strumenti urbanistici o della concessione in sanatoria o ancora della domanda di condono presentata unitamente all'avvenuto versamento di somme a titolo di oblazione.
In altri termini della veridicità delle dichiarazioni rese al notaio in merito alla regolarità urbanistica del cespite ovvero alla non ancora raggiunta regolarità urbanistica dell'immobile all'atto della compravendita (nel rogito si fa espresso riferimento alla domanda di condono) risponde il solo dichiarante, ossia la parte venditrice, in relazione ad un generale obbligo giuridico di affermare il vero, in ossequio ai principi di buona fede e correttezza che presidiano la responsabilità contrattuale, laddove è configurabile una responsabilità del professionista soltanto nella ipotesi di non conformità dell'atto rispetto alla dichiarazione ricevuta (Cass. sent. n.11628/2012).
Essendo stato quindi rogato l'atto in conformità alle prescrizioni di legge, non si ritiene sussistente alcuna responsabilità in capo al convenuto notaio, con conseguente rigetto della relativa domanda risarcitoria. 5. Richieste risarcitorie ### con riferimento al contratto di compravendita gli attori hanno domandato la condanna dei venditori: 1) alla restituzione del corrispettivo pagato; 2) alla restituzione della somma di € 3.700,00 quale compenso corrisposto al notaio ### e di € 3.630,00 quale compenso corrisposto al mediatore ### oltre spese di istruttoria ed incasso rateale del mutuo per € 2.499,37, oltre imposta sostitutiva, interessi passivi corrisposti al ### s.p.a. e la somma di € 130,00 annuale per 25 anni per assicurazione fabbricato per incendio o scoppio accesa con ### spa a garanzia del mutuante; 3) al risarcimento di ulteriori voci di danno.
Alla pronuncia di risoluzione del contratto consegue, anzitutto, quale effetto restitutorio determinato dalla caducazione ex tunc del rapporto negoziale, il ripristino della situazione antecedente con conseguente condanna dei venditori convenuti alla restituzione dell'importo percepito a titolo di corrispettivo in occasione e per effetto dell'operazione negoziale intercorsa tra le parti e conseguente condanna degli attori alla restituzione dell'immobile.
Giova anzitutto chiarire che le domande restitutorie avanzate vanno qualificate come ripetizione di indebito ai sensi dell'art. 2033 c.c.; infatti “qualora venga acclarata la mancanza di una causa adquirendi - tanto nel caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, quanto in quello di qualsiasi altra causa che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente - l'azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo” (Cass. sent. n.14013/2017).
Anzitutto, quindi, la risoluzione del contratto di compravendita legittima gli acquirenti ad ottenere dai convenuti venditori, la restituzione di quanto da questi incassato, pari alla somma di € 135.000,00 (così come risulta dall'atto notarile), che altrimenti verrebbe dagli stessi indebitamente trattenuta (art. 2033 c.c.).
Tuttavia alla luce dell'esistente e accertato collegamento negoziale tra il contratto di compravendita e quello di mutuo, una volta caducati entrambi i negozi, incombe sui venditori l'obbligo di restituire direttamente all'istituto di credito la somma ricevuta sulla base del risolto contratto di mutuo.
Sul punto, va fatta applicazione del principio per il quale, essendo stato il mutuatario obbligato ad impiegare la somma per l'acquisto dell'immobile, la risoluzione della compravendita del bene - che, come già accertato, importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo - legittima il mutuante a richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore (Cass. 19.5.2003 n. 7773; Cass.23.4.2001 n. 5966; Cass. 21.7.1998 7116; Cass. 20.1.1994 n. 474; 16.2.2010 n. 3589).
Ne deriva quindi che i venditori vanno condannati alla restituzione della somma pari a € 105.000,00 concessa a mutuo direttamente nei confronti dell'istituto di credito.
In seguito all'accoglimento della domanda principale incidente sulla validità del contratto gli odierni attori hanno chiesto, a titolo risarcitorio, la somma di € 3.700,00 quale compenso corrisposto al notaio ### e di € 3.630,00 quale compenso corrisposto al mediatore, oltre spese di istruttoria ed incasso rateale del mutuo per € 2.499,37, oltre imposta sostitutiva, interessi passivi corrisposti al ### spa e la somma di € 130,00 annuale per 25 anni per assicurazione fabbricato per incendio o scoppio accesa con ### spa a garanzia del mutuante.
Invero la domanda risarcitoria può trovare accoglimento limitatamente alle spese strettamente correlate alla conclusione della compravendita e che possono ritenersi conseguenza immediata e diretta del pregiudizio subito, ossia il compenso corrisposto nei confronti del notaio per la relativa attività professionale svolta (per un importo pari a € 3.700,00).
Con riferimento al compenso spettante al mediatore, infatti, l'accertata responsabilità dello stesso e il conseguente obbligo di restituzione della provvigione rende priva di fondamento la relativa richiesta risarcitoria.
In merito alle somme corrisposte a titolo di spese di istruttoria e di interessi all'istituto di credito mutuante e le somme per la copertura assicurativa, va osservato come le stesse rientrino in una scelta volontaria e autonoma di parte attrice - quella di ricorrere ad un finanziamento da cui è conseguito l'esborso di interessi ovvero di stipulare una polizza assicurativa - così che tali voci di danno non possono essere considerate direttamente imputabili alla società convenuta.
Parimenti non può trovare accoglimento la domanda risarcitoria avanzata dagli attori relativamente alle ulteriori voci di danno emerse in corso di causa, in quanto generica e non ulteriormente suffragata a livello documentale.
Ne deriva, quindi, che il risarcimento del danno va riconosciuto in favore di ### e ### nei limiti anzidetti.
Rispetto al contratto di mutuo gli attori hanno chiesto la condanna ### s.p.a. alla rifusione delle somme versate - a titolo sia di capitale che di interessi - in esecuzione del contratto di mutuo.
Il convenuto ### S.P.A. ha però agito “in manleva” nei confronti degli altri convenuti, chiedendo di essere tenuto indenne di quanto sarà eventualmente condannato a versare agli attori.
La domanda risarcitoria avanzata dagli attori nei confronti dell'istituto di credito avente ad oggetto il risarcimento dei danni va rigettata non essendo stata fornita adeguata prova circa l'effettivo pregiudizio patito.
Al contrario con riferimento alla chiesta restituzione delle somme versate a titolo di sorte capitale e di interessi e spese in esecuzione del contratto di mutuo la domanda merita di essere accolta. Ed infatti sebbene non sia stata fornita adeguata prova circa l'effettivo versamento delle rate del mutuo da parte degli odierni attori, il convenuto ha implicitamente riconosciuto l'avvenuto pagamento in esecuzione del contratto di finanziamento, chiedendo la condanna degli attori alla restituzione del solo capitale “residuo”, con ciò ammettendo che una parte dello stesso sia stata già corrisposta.
Pertanto l'istituto di credito, in forza della caducazione dei contratti, ha diritto a ricevere da parte dei venditori la restituzione del capitale concesso a mutuo e corrispondentemente deve essere condannato a restituire nei confronti degli attori acquirenti quanto già percepito in esecuzione del contratto ora risolto.
La domanda di manleva formulata dal convenuto istituto di credito nei confronti degli altri soggetti, va rigettata atteso che non vi è alcun rapporto contrattuale tra l'istituto di credito e gli altri convenuti, per cui una eventuale responsabilità - oltre che provata nei suoi elementi costitutivi - dovrebbe discendere dall'applicazione dei principi di cui all'art. 2043 cod. civ., ed il termine di prescrizione quinquennale alla data dell'avanzata domanda è scaduto. 6. ### spese, come liquidate nel dispositivo, tenuto conto del principio della soccombenza e degli esiti della controversia, vanno così regolamentate: gli attori hanno diritto alla rifusione delle spese processuali da parte dei convenuti soccombenti (#### e ###, in solido tra loro; rispetto alle domande avanzate nei confronti del convenuto ### s.p.a., tenendo conto dell'esito della CTU e del recente principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione a ### nonché considerando l'effettiva risoluzione del contratto di mutuo con contestuale condanna dell'istituto di credito alla restituzione delle somme già versate, si ritiene opportuno compensare le spese tra gli attori e il convenuto; rispetto, invece, alle domande avanzate nei confronti del convenuto ### gli attori sono risultati soccombenti e, dunque, vanno condannati a rifondere le spese.
Con riferimento alla posizione della terza chiamata in causa, nell'ambito della chiamata di manleva da parte del mediatore ### nei confronti della compagnia assicuratrice, reputando la stessa giustificata in virtù della concreta e attuale operatività della polizza assicurativa ed essendo stata rigettata la domanda solo per motivi inerenti alla qualificazione delle somme oggetto della condanna, si ritiene opportuno compensare le spese tra le parti. P.Q.M. ### di ### - sezione quinta civile, in persona del sottoscritto giudice istruttore in funzione di giudice unico, uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da ### e ### contro ###### s.p.a., ### disattesa ogni ulteriore istanza, così provvede: 1) accoglie la domanda di risoluzione e, per l'effetto, dichiara risolto il contratto di compravendita intercorso tra i sig.ri ### e ### e i sig.ri ### e ### rogato dal #### in data ### (rep 35.881, racc 20.299), avente ad oggetto l'immobile sito ### di ### via Rua di sotto n.72, censito in catasto fabbricati al foglio 2, part. 521 sub.2, piano T.-1, cat. A/3, classe 7; 2) dichiara altresì risolto il contratto di mutuo fondiario intercorso tra i sig.ri ### e ### e il ### s.p.a. rogato dal #### in data ### (rep. 35.882 e racc. 20.300) per l'importo di € 105.000,00; 3) condanna i sig.ri ### e ### alla restituzione in favore degli attori del prezzo di vendita pari a € 135.000,00, oltre interessi dal pagamento al saldo, di cui € 100.000,00 da corrispondere direttamente all'istituto di credito ### s.p.a.; 4) condanna l'istituto di credito ### s.p.a. alla restituzione nei confronti degli attori delle somme già versate e riscosse in esecuzione del mutuo; 5) condanna parte attrice alla restituzione del predetto immobile; 6) condanna ### alla restituzione della somma di € 3.630,00 quale compenso indebitamente ricevuto, oltre interessi legali dal pagamento al saldo; 7) condanna i convenuti soccombenti #### e ### alla rifusione nei confronti dell'attore dell'importo di € 3.700,00, corrisposto a titolo di compenso nei confronti del notaio; 8) rigetta la domanda di manleva esercitata dal convenuto ### nei confronti della compagnia assicuratrice ### s.p.a.; 9) rigetta le altre domande risarcitorie; 10) compensa le spese processuali tra il convenuto ### e la terza chiamata in causa ### s.p.a.; 11) compensa le spese processuali tra gli attori ### e ### e il convenuto ### s.p.a.; 12) condanna in solido i convenuti #### e ### alla rifusione in favore degli attori delle spese di giudizio, liquidate in complessivi € 22.500,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali, IVA e CPA come per legge; 13) condanna in solido i convenuti ### e ### alla rifusione in favore degli attori delle spese inerenti al sub procedimento di sequestro conservativo, liquidate in complessivi € 6.600,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali, IVA e CPA come per legge; 14) condanna gli attori ### e ### alla rifusione in favore del notaio ### delle spese di giudizio liquidate in complessivi € 14.000,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in ### 3 marzo 2025 Il Giudice Istruttore Dott. ### presente provvedimento è stato redatto sotto le mie cure dalla dott.ssa #### in ### (D.M. 22 ottobre 2024). ### dott. ###
causa n. 7048/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Marino Giorgio