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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 1180/2025 del 17-01-2025

... love ### Zara”, n. 1.531.892, registrato per la classe 30; “I love ### Zara”, n. 1.543.224, registrato per le classi 29, 31, 32 e 33; “### e figura di donna”, n. 1.586.100, registrato per le classi 29, 30, 31, 32, 33, e 43. Il tutto con ulteriore richiesta, tra le altre, di inibitoria all'uso dei marchi contestati. Tali domande si basavano sulla titolarità in capo all'attrice dei diritti anteriori sul marchio internazionale n. 752502, avente ad oggetto il marchio figurativo ### registrato per prodotti di abbigliamento (classe 25) e relativi servizi di v endita e promoziona li (classe 35), sostanzialmente “replicato” in quello europeo ### n. 8929952, avente ad oggetto la dicitura ### per tutte le classi di prodotti e servizi della classificazione di ### 3 1.1. Instauratosi il contraddittorio, si costituì la convenuta, chiedendo il rigetto delle avverse domande, perché infondate in fatto ed in diritto, altresì eccependo l'inammissibilità della domanda di inibitoria, generica e priva di allegazioni a supporto, nonché il difetto di comp etenza territoriale del Tribunale di Bologna a decidere della controversia in ragione della sede ###causa. 1.2. Con ordinanza del 26 (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso n. 1175/2024 r.g. proposto da: ### S.P.A., con sede in ### X ###, alla via ### n. 34, in p ersona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante ### nolo, rap presentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli #### e ### con cui elettivament e d omicilia presso lo studio di quest'ultimo in ### alla via ### n. 30.  - ricorrente - contro ### DISEÑO ### S.A. (“Inditex”), con sede in ### de la #### 15142 Arteixo (A ###, ### in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale alle liti a rogito ### munita di ### ai sensi della ### de l'Aia 5 ottobre 1961, sottoscritta in data 11 gennaio 2024, allegata al controricorso, dagli ### de ### (###) e ### (###), con i quali elettivamente domicilia presso l'indirizzo di posta elettronica certificata del primo.  - controricorrente - avverso la sentenza, n. 1173/2023, della CORTE DI APPELLO DI GENOVA, pubblicata il giorno 26/10/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 14/01/2025 dal ### dott. ### lette le conclusioni scritte del ###, in persona del ### dott. ### che ha chiesto rigettarsi il ricorso.  ### 1. Con atto notificato il 13 aprile 2017, ### de ### S.A. (di seguito anche, breviter, ### citò ### s.p.a. (già ### S.A., per il prosieguo anche, semplice mente ### innanzi al Tr ibunale di Bologna, chiedendo l'accertamento e la declaratoria di nullità per mancanza di novità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 25, lett. a), e 12, comma 1, lett.  d) ed e), c.p.i., dei seguenti marchi nazionali figurativi: “### green”, n. 1.483.461, registrato per le classi 30, 35, 42 e 43; “### e figura di donna”, n. 1.490.315, registrato per le classi 29, 30, 31, 32, 33, 35, 43; “I love ### Zara”, n. 1.531.892, registrato per la classe 30; “I love ### Zara”, n. 1.543.224, registrato per le classi 29, 31, 32 e 33; “### e figura di donna”, n. 1.586.100, registrato per le classi 29, 30, 31, 32, 33, e 43. Il tutto con ulteriore richiesta, tra le altre, di inibitoria all'uso dei marchi contestati. Tali domande si basavano sulla titolarità in capo all'attrice dei diritti anteriori sul marchio internazionale n. 752502, avente ad oggetto il marchio figurativo ### registrato per prodotti di abbigliamento (classe 25) e relativi servizi di v endita e promoziona li (classe 35), sostanzialmente “replicato” in quello europeo ### n. 8929952, avente ad oggetto la dicitura ### per tutte le classi di prodotti e servizi della classificazione di ### 3 1.1. Instauratosi il contraddittorio, si costituì la convenuta, chiedendo il rigetto delle avverse domande, perché infondate in fatto ed in diritto, altresì eccependo l'inammissibilità della domanda di inibitoria, generica e priva di allegazioni a supporto, nonché il difetto di comp etenza territoriale del Tribunale di Bologna a decidere della controversia in ragione della sede ###causa.  1.2. Con ordinanza del 26 ottobre 2017, il giudice adito dichiarò la propria incompetenza territoriale in favore della ### specializzata in materia di impresa del ### le di ### , innanzi al quale, pertanto, ### tempestivamente riassunse il giudizio e ### si costituì con comparsa di costituzione in riassunzione.  1.3. Con sentenza del 25 gennaio 2022, n. 155, il medesimo tribunale, respinta ogni diversa d omanda ed eccezione, rigettò tutt e le richieste dell'attrice, condannandola al pagamento delle spese di lite.  2. Pronunciand o sul gravame promosso da ### contro quella decisione, l'adita Corte di appello di ### con sentenza del 26 ottobre 2023, n. 1173, così, tra l'altro, dispose: «### la nullità dei marchi italiani n. ### depositato in data ###, n. ### depositato in data 15.11.2 011, n. ### depositato in data ### 2, ### depositato in data ### e n. ### depositato in data ### di cui è titolare l'appellata ### S.A.; 2) dispone il divieto di utilizzo da parte dell'appellata ### S.A. dell'uso dei marchi dichiarati nulli e dispone a carico della stessa una penale ex art. 124 C.P.I. pari a € 500,00 per ogni giorno di rita rdo nell'ese cuzione della sentenza oltre che per ogn i futura violazione del comando inibitorio; […]».  2.1. Per quanto qui di interesse, quella corte, descritto il contenuto dei motivi di impugnazione di ### e richiamato il proprio precedente costituito dalla sentenza n. 995 del 2023, pronunciata tra le stesse parti, opinò che: i) «In relazione al primo motivo di appello, effettivamente il Giudice di primo grado è incorso nell'errore denunciato dall'appellante, laddove ha ritenuto che l'indebito vantaggio per il titolare del marchio successivo (### s.p.a.) debba sussistere unita mente al p regiudizio p er il titola re del marchio anteriore, 4 mentre, secondo la Giurisprudenza citata nel richiamato precedente (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 27217 del 07/10/2021, Rv. 662721 - 01), vengono delineati come distinti e alternativi, e non concorrenti, i presupposti della tutela accordata dalla legge al marchio che gode di rino manza». Chiarì, inoltre, richiamando la corrispondente giurisprudenza di legittimità, che «l'art. 12, lett. f), del d .lgs. n. 30/05 , per escludere la nov ità del segn o posteriore, così come l'art. 20, lett. c), per attribuire al titolare di marchio registrato che gode di rinoma nza il diritt o di vieta re ai terzi l'uso della privativa, non richiedono - come per i marchi non rinomati - la sussistenza del requisito del rischio di confusione per il pubblico a causa dell'identità o della somiglianz a tra i segni, essendo sufficiente, ai fini del din iego di registrazione o per accordare la tu tela, che il contr affattore possa tra rre indebito vantaggio d al carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore ovvero che l'uso del segno senza giustificato motivo da parte del contraffattore possa recare pregiudizio al marchio di rinom anza. In particolare, il pregiudizio arrecato al carattere distintivo del marchio che gode di notorietà, indicato anche con il termine di “diluizione”, si manifesta quando risulta indebolita la sua idoneità ad identificare i prodotti o i servizi per i quali è sta to registrato, per il fatto che l'uso del segno identico o simile fa disperdere l'identità del marchio e della corrispondente presa nella mente del pubblico. Tale situazione si verificherà soprattutto qualora il marchio non sia più in grado di suscitare un'associazione immediata con i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato. Il pregiudizio arrecato alla notorietà, designato anche con il termine di “corrosione”, si verifica quando i prodotti o i servizi per i quali il segno identico o simile è usato dal terzo possono essere percepiti dal pubblico in modo tale che il potere di attrazione del marchio ne risulti compromesso … La nozione di “vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà d el ma rchio”, detto anche “para ssitismo”, va, invece, ricollegato non al pregiudizio subìto dal marchio, quanto piuttosto al vantaggio tratto dal terzo dall'uso del segno identico o simile al marchio. Essa comprende, in particolare, il caso in cui, grazie ad un trasferimento dell'immagine del marchio o delle car atteristiche d a questo proiettate sui 5 prodotti designati dal segno identico o simile, sussista un palese sfruttamento parassitario nella scia del marchio che gode di notorietà (sentenza nella causa C-487/07 cit., punto 41) senza che il titolare del marchio posteriore abbia dovuto operare sforzi propri in proposito e senza qualsivoglia remunerazione economica atta a compensare lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per crearlo e mant enerne l'imm agine (v. sempr e se ntenza nella causa C-487/07 cit., punto 49). […]. È sufficiente che ricorra anche uno solo di questi tre tipi di viola zione perché la disposizione va da app licata»; ii) «Quanto al secondo moti vo, effett ivamente il Giu dice di primo grado ha basato il diniego di protezione sull'esclusione del rischio di confusione, in ragione della diversità merceologica tra i rispettivi settori di riferimento. In tal modo, il ### ha erroneamente omesso di considerare che la tutela rafforzata che la legge italiana - in attuazione della direttiva CE 89/104 (vedi art. 5, n. 2) - riconosce ai marchi di rinomanza comporta (oltre all'estensione di detta tutela a settori merceologici non affini) che, relativamente a tale tipologia di marchi, si può del tutt o prescindere dall'accertamento d i un eventuale rischio di confusione tra segni (sul punto, vedi Cass. 26000/2018). Anche la Corte di Giustizia dell'### (vedi sentenza 18/6/2009, L'### e a., nella causa C-487/07, punto 36) ha osservato che, ai fini della configurabilità della fattispecie prevista dall'art. 5, n. 2, della direttiva 89/104 - di cui gli artt. 12, lett. f), e 20.1., lett. c), del d.lgs.  30/2005, oggetto della presente trattazione, costituiscono attuazione - se, da un lato, occorre un certo grado di somiglianza tra il marchio e il segno, a causa del quale il pubblico interessato mette in relazione il segno posteriore e il marchio notorio, dall'altro, non è richiesto che il grado di somiglianza tra il marchio notorio e il segno utilizzato dal terzo sia tale da ingenerare, nel pubblico interessato, un rischio di confusione. È, infatti, sufficiente che il grado di somiglianza tra il marchio notorio e il segno abbia come effetto che il pubblico interessato stabilisca un nesso tra il segno e il marchio (v. anche sentenze ### e ### , 23 ottobre 2003 , causa C- 408/2001, punti 29 e 31, 41)»; iii) «Per quanto attiene al terzo motivo di appello, effettivamente il Giudice di primo grado esclude l'esistenza del nesso 6 (definito dalla Giu risprudenza appena cita ta “un grado di similarità tra il marchio ed il segno, a causa del quale il pubblico interessato mette o può mettere in relazione il segno ed il marchio, stabilendo un collegamento tra gli stessi, quand 'anche non confondendoli”) tra il marchi o rinomato ### di ### e i marchi di ### assumendo: a) che, per i marchi ### che abbinano all'espressione “### Zara” l'immagine di una donna che reca il fascio di spighe, il nesso sarebbe da escludere perché “la differenziazione grafica è notevole e, unita alla intensità della differenziazione merceologica, … crea una notevole dista nza tra i due marchi”. Sul punto si rima nda alle considerazioni ampiamente svolte nel citato precedente di questa Corte [il riferimento è alla sentenza n. 995/2023. Ndr]; b) che, per i due marchi “I love pasta Zara”, è vero che “in essi il fatto che la parola ### sia assorbita in una locuzione più ampia che allontana la dicitura su confezione dalla mera presentazione del prodotto avvicina la possibilità di un uso generalizzato del marchio più ampio e in potenziale conflitto con la tutela del marchio notorio ZARA”, ma non vi sarebbe “in atti alcuna denuncia neppure di una possibilità concreta di tale uso”, non essendovi “allegazione di un ampliamento della gamma di prodotti offert i dalla convenuta”, né della “possibilità che la registrazione di tale marchio sia stata fatta a scopo difensivo o emulativo”. 
Sul punto si veda la decisione (citata nel precedente di questa Corte sopra riportato) della Corte di Giustizia, sentenza 1/4/2019, procedimento n. T- 655/17 che, dopo avere ribadito che le differenze tra i prodotti e i servizi coperti dai marchi in conflitto non possono di per sé escludere alcun rischio di ingiusto vantaggio derivante dall'uso del marchio richiesto, al paragrafo 41 precisa che “dalla giurisprudenza emerge che l'articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 non ha lo scopo di impedire la registrazione di qualsiasi marchio identico ad un marchio notorio o simile. ### di tale disposizione è, segnatamente, di consentire al titolare di un marchio anteriore nazionale o dell'### europea notorio di opporsi alla registrazione di marchi idonei a recare pregiudizio alla notorietà o al carattere distintivo del marchio anteriore o a trarre indebitamente vantaggio da tale notorietà o carattere distintivo. Va al riguardo precisato che il titolare del marchio anteriore non è 7 tenuto a dimostr are l'esistenz a di una lesione effettiva e att uale del suo marchio. Esso deve tuttavia addurre elementi che permettano di concludere prima facie nel senso di un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio o di pregiudizio”; da questo punto di vista, come correttamente prospettato dall'appellante, si deve rilevare che “il pubblico di riferimento del marchio ### di ### e dei marchi contenenti la parola ### di ### oggetto di contestazione è il medesimo. Si tratta, infatti, dello stesso pubblico composto dal consumatore medio di prodotti e servizi di uso comune, tanto di generi alimentari e servizi di ristorazione come di prodotti di abbigliamento, incluso in particolare il pubblico femminile: ossia lo stesso pubblico femminile che ben può comprare pasta a marchio “### ZARA” nei supermercati, ed articoli di abbigliamento a marchio ### nei negozi dell'appellante» (atto di appello pag. 24); ragion per cui, come rimarcato nel precedente di questa Corte, “nella specie essendo il pub blico di r iferimento il medesimo (cd. grande pubblico), vi è un rischio futuro d i indebito v anta ggio”, tutt 'altro che meramente ipotetico». La stessa corte, infine, dopo aver dato atto dell'assunto di ### secondo cui, «Da ultimo, è stato accertato, anche per via testimoniale, che l'uso del nome ### da parte del pastificio convenuto è collegato alla originaria effettiva provenienza della attività dalla città ### Sussistono quind i ragioni identitarie che possono essere ravvisate come “giusto motivo” per l'utilizzo di tale denominazione” (cfr. sentenza impugnata pag. 11 e 12, a cavaliere) ... tale capo della sentenza non è stato impugnato dall'appellante, con conseguente formazione del giudicato sul punto (pag. 17 comparsa di costituzione in appello)», osservò, al riguardo, che «il marchio in questione riguardava solo il codice 30, limitato al settore della produzione alimentare di pasta secca (codice 30 paste ali mentari) mentre i ma rchi successivamente registrati sono relativi anche ad altri settori merceologici. 
Da questo punto di vista, tali marchi rapprese ntano il tentativo di tra rre vantaggio dall'effetto trainante del marchio rinomato ### per espandere la propria attività commerciale oltre l'ambito originario. Tale considerazione è sufficiente altresì ad escludere la sussistenza del giusto motivo. A questo proposito non sussiste il giudicato eccepito da parte appellata. Sul punto, si 8 riporta per intero la motivazione della sentenza impugnata: “Da ultimo è stato accertato, anche per via testimoniale, che l'uso del nome ### da parte del pastificio convenuto è collegato alla originaria effettiv a p rovenienza della attività dalla città dalmata. Sussistono quindi ragioni identitarie che possono essere ravvisate come “giusto motivo” per l'utilizzo di tale denominazione se effettuato in modo non eccedente e quindi non interferente con la particolare connotazione del diritto dell'a ttrice” (pag. 11 - 12 sentenza i mpugnata). 
Appare infatti evidente che in tale frase non viene espresso alcun tipo di accertamento. Viene, in effetti, solo f ormulata un'ipotesi in ordine alla ravvisabilità del “giusto motivo” per l'utilizzo della denomin azione in questione, ma solo se e in quanto “effettuato in modo non eccedente e quindi non interferente con la particolare connotazione del diritto dell'attrice”: ciò che è da escludere alla luce delle considerazioni sopra svolte, che hanno condotto all'accoglimento dei motivi di appello».  3. Per la cassazione di questa sentenza, ### s.p.a. ha promosso ricorso affidato a cinque motivi. Ha resistito, con controricorso, ### S.A. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380- bis.1 cod. proc.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi: I) «(Ex art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.). Motivazione apparente della sentenza per aver la Corte d'Appello motivato la decisione per relationem mediante rinvio alla propria decisione n. 995/2023 emessa fra le parti in data 14 giugno 2 023 (pubblicat a il 15 settemb re 2023) in assenza d ei presupposti che giustificano l'adozione di tale tecnica redazionale e rendendo in tal modo incomprensibile la ratio decidendi della sentenza impugnata». In particolare, si ascrive alla corte distrettuale di avere motivato, in larga parte, le ragioni di accoglimento della domanda di nullità dei marchi dell'esponente per violazione dell'art. 12, lett. e), c.p.i., mediante il rinvio a quanto già statuito con la propria sentenza n. 995/2023, pronunciata tra le stesse parti, rendendo, così, sul punto, un a motivazione che, sebbene graficamente esistente in forza del r ichiamo al citato precedent e, risulta del tutto 9 apparente per difetto di individuazione della ratio decidendi posta a base della decisione . Ciò soprattutto stante l'asserita «non pertin enza del precedente richiamato rispetto alla fattispecie concreta che, con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello è stata chiamata ad esaminare»; II) «(Ex art. 360, primo comma, n. 3 ovvero n. 4, c.p.c.). Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all'art. 12, comma 1, lettera e), in combinato disposto con l'art. 25 lett. a), c.p.i., nonché in relazione ai criteri di matr ice giurisprudenziale e d ottrinale che disciplinano il giud izio d i interferenza fra marchi con r iferimento alla prova della sussistenza del presupposto di tutela del m archio rin omato consistente nell'indebi to vantaggio conseguito dal titolare del marchio successiv o dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio anteriore, ovvero motivazione solo apparente del capo della sentenza relativo all'accertamento della sussistenza dell'indebito vantaggio per ### conseguente all'uso dei marchi contestati». 
La censura riproduce l'analogo motivo già formulato dalla odierna ricorrente nell'impugnare, innanzi a questa Corte (giudizio n.r.g. 23758/ 2023), il richiamato precedente della Cor te di appello di ### costituito d alla sentenza n. 995/23; III) «(Ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). Violazione di legge per aver la Corte d 'Appello il legittimame nte escluso l'operatività della scriminante del giusto motivo prevista dall'art. 12, comma 1, lett. e), sulla base della pretesa intenzione di ### di trarre vantaggio dall'immagine del marchio ### di ### dando in tal modo errata applicazione alla suddetta norma». Si contesta il capo della sentenza impugnata che ha escluso che la storicità dell'attiv ità imprenditoriale legata all'antico ### agagnolo con sede ###### di cui ### ha raccolto l'eredità, costituisca un giusto motivo di utilizzo di detto marchio da parte della odierna ricorrente, sia p er pasta, sia per prodotti e servizi che costituiscon o la naturale espansione dell'a ttività imprenditoriale dell'esponente. In particolar e, si imputa alla corte genovese di avere «del tutto inopinatamente escluso la sussistenza del giusto motivo sulla base del preteso e indimostrato stato soggettivo di ### legato alla volontà di trarre vantaggio dall'immagine del 10 marchio ### di ### per espandere la propria attività commerciale in settori diversi da quello della produzione e del commercio di pa sta alimentare»; IV) «(Ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). Violazione degli artt. 2909 c.c., 324, 327 e 329, secondo comma, c.p.c., per aver la Corte d'Appello escluso che la statuizione relativa alla sussistenza di un giusto motivo ai sensi dell'art. 12, lett. e), c.p.i., contenuta nella sentenza del ### avesse carattere di accertamento idoneo al giudicato»; V) «(Ex art. 360, primo comma n. 3 c.p.c. ovvero n. 4 c.p.c.). Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all'art. 124 c.p.i., per aver la Corte d'Appello disposto l'inibitoria all'utilizzo dei marchi di ### in assenza dei presupposti di legge ovvero motivazione assente in relazione a l ragionamento che ha condotto la Corte d'Appello a disporre l'inibitoria all'uso dei mar chi di ### Si deduce che l'inibitor ia disposta dalla corte distrettuale, alla quale la parte motiva della sentenza nemmeno fa cenno per illustrare le ragioni per le quali è stata concessa, «è censurabile, tra l'altro, anche in quanto basata sull'accoglimento di una domanda avversaria del tutto indeterminata e priva di fondamento in fatto e in diritto, oltre che sfornita di qualsivoglia allegazione. La Corte d'Appello è quindi incorsa in errore disponendo la misura richiesta da ### in assenza del presupposto di concessione d ell'inibitoria rappresentato, come è noto, dall'uso d el marchio del quale viene dichiarata la nullità. Infatti, non può considerarsi sussistente alcuna c onsequenzialità o accessorietà tra la domanda di accertamento della nullità e quella di inibitoria all'uso del marchio dichiarato nullo, potendosi rilev are tale nesso esclu sivamente con la domanda di contraffazione che, come è noto, presuppone l'uso del marchio contestato».   2. Allo scrutinio delle descritte doglianze è opportuno anteporre alcune considerazioni di carattere generale.  2.1. Innanzitutto, è doveroso ricordare che, come sottolineato già nella premessa generale all'esame dei motivi del ricorso promosso da ### contro la sentenza della Corte di appello di ### n. 995/2023 (ricorso n.r.g.  23758/23), richiamandosi le corrispondenti conclusioni scritte ivi rassegnate 11 dal ###, il marchio notorio è un segno che, come rivela la stessa definizione, ha raggiunto, in uno specifico settore, un significativo grado di conoscenza tra il pubblico e, quindi, è idoneo a contraddistinguere un produttore che si è distinto in un determinato ambito a tal punto da renderlo universalmente conosciuto per le sue realizzazioni. Appartengono, dunque, al novero dei marchi notori i segni che contraddistinguono grandi catene di d istribuzione d ei prodotti a livello internazionale così co me produttori più di nicchia, ma la cui qualità di produzione li rende capofila nel settore di a ppartenenz a. Il comune denominatore di tutti i marchi che compongono il novero dei marchi “notori” o “rinomati” è, per l'appunto, la fama, cioè l'appartenere ad un gruppo di marchi conosciuti dai consumatori indipendentemente dall'uso che questi facciano dei prodotti. Si tratta, cioè, di segni che hanno una potenzialità intrinseca ultramerceologica, in quanto conosciuti dalla tot alità dei consumatori e , quindi, immediatamente riconoscibili anche quando applicati su prodotti non tipici nella cat egoria merceologica originaria. In vir tù di tale caratteristica, godono, a livello europeo, di una protezione supplementare non immediatamente vincolata ad un giudizio di confondibilità.  2.2. In secondo luogo, deve osservarsi che la Corte d'appello di ### mediante il richiamo a l pr oprio precedente costituito dalla sentenza 995/2023, ha individuato, sostanzialmente, nell'indebito vantaggio per ### la ragione della tutela ultramerceologica del marchio rinomato “Zara”, di titolarità di ### a ltresì evidenzia ndo un profilo di pregiudizio per quest'ultima nella misura in cui la stessa risult ava aver già sondato la possibilità di espandersi anche nello specifico settore nella distribuzione dei cibi e della ristorazione così come avevano effettuato, in precedenza, altre società detentrici di marchi altrettanto notori.  2.3. Da ultimo, occorre rimarcare che il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (specificamente invocato dalla ricorrente in tutte le prospettate censure) può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell'esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della 12 falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinen te perch é, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr., tra le più recenti, Cass. nn. 27328, 19423, 16448 e 5436 del 2024; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. nn. 5490, 3246 e 596 del 2022; Cass. nn. 40495, 28462, 25343, 4226 e 395 del 2021). È opportuno evidenziare, inoltre, che questa Corte, ancora recentemente (cfr., pure nelle rispettive motivaz ioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. ### del 2022, Cass. n. ### del 2022 e Ca ss. n. 13408 d el 2022), ha chiarito, tra l'altro, che : a) non integra violazione, né falsa app licazione d i norme di dir itto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuor i dell'amb ito inte rpretative ed applicativo della norma di legge; b) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa) ed err onea applicaz ione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutaz ione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c) le doglianze attinenti non già al l'erronea ricogn izione della fattispecie a stratta recata dalle norme di legge, bensì all'erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).  3. ### dunque, tutto quanto precede, il primo motivo di ricorso si rivela complessivamente infondato.  3.1. Invero, per m otivare in riferimento ai precedent i confo rmi, è sufficiente indicare, se non soltanto gli estremi - autorità, data di pubblicazione e numero di registro generale - della pronuncia richiamata, sempre se essa sia ag evolmente reperi bile, cert ament e la massima o i 13 passaggi essenziali in diritto esposti nel precedente: dopo di che, non è richiesto al giudice pure di ribadire gli argomenti con proprie parole o di esternare le proprie ragioni, tali che lo abbiano condotto a condividere quelle conclusioni. Nel richiam o di un p recedente confor me, peraltro, non va sottovalutato il fatto, nel senso che la su a somiglianza è il presupp osto indispensabile della legittimità del rinvio. Onde scongiurare il rischio di una motivazione apparente, dunque, non è sufficiente richiamare un generico orientamento giurisprudenziale, ma occorre che ne sia chiaro il contenuto.  3.2. Tanto premesso, la corte genovese, laddove ha fatto riferimento ad un proprio precedente (la sentenza n. 995/2023, pronunciata in data 14 giugno/14 settembre 202 3), peraltr o intervenuto tra le stesse parti ed esaustivamente indicato, ha adottato una tecnica di motivazione che è entrata a fare parte dell'ordinamento positivo a seguito della modifica del comma 1 dell'art. 118 disp. att. cod. proc. civ. disposta dall'art. 52, comma 5, della legge n. 69 del 2009, a decorrere dal 4 luglio (cfr. Cass. n. 14786 del 2016). Sul punto del richiamo ai precedenti, di cui all'ultima parte dell'art.  118 disp. att. cod. proc. civ., la qui condivisa giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 17640 del 2016 e Cass. n. 29017 del 2021), afferma che: «La sentenza di merito può essere motivata mediante rinvio ad altro precedente dello stesso uf ficio, in quanto il riferimento ai "precedenti conformi" contenuto nell'art. 118 disp. att. cod. proc. civ. non deve intendersi limitato ai prece denti di legittimità, ma si esten de anche a quell i di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell'ambito di un più ampio disegno di rid uzione dei tempi d el processo civile; in tal caso, la motivazione del precedente costituisce parte integrante d ella decisione, sicché la parte che intenda impugnarla ha l'onere di compiere una precisa analisi anche delle argomentazioni che vi sono inserite mediante l'operazione inclusiva del precedente, alla stregu a dei requisiti di specificità propri di ciascun modello di gravame, previo esame preliminare della sovrapponibilità del caso richiamato alla fattispecie in discussione». 14 3.3. Nella specie, la corte distrettuale ha identificato le due registrazioni di marchio anteriori azionate nel giudizio di merito da ### (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), specificando, con riferimento al marchio internazionale, esteso all'Ita lia, "### n. 75250 2 della odierna controricorrente, le classi di prodotto e servizio da esso rivendicati (25, 35) e p recisando che detto marchio internaz ionale r isulta "sostanzialmente replicato" nel secondo ma rchio a zionato da ### ov vero il marchio dell'### n. 8929952 "###. Tale ultimo marchio rivendica un catalogo molto più ampio di classi di prodotti e servizi, fra cui, appunto, le classi 2 5 ### e 35 (servizi di vendita), ovv ero esattamente le classi rivendicate dal marchio int ernazionale e per le quali il marchio ### di ### deve ritenersi notorio.  3.4. È palese, dunque, che quella corte ha identificato dettagliatamente il marchio anteriore ed i prodotti e servizi rivendicati da cui scaturiscono le prerogative di protezione riconosciute ai marchi notori ed ha richiamato (comunque in maniera più che suf ficiente) anche l'altr o marchio ### dell'### (n. 892 9952) che di fatt o replica il p recedente, pur aggiungendo una serie ulteriori di classi. Essa, inoltre, ha ritenuto nulli i marchi successivi della ricorrente a componente ### non già sulla base della loro conf ondibilità, bensì della rinomanza di quelli d ella controricorrente, sicché non è censurabile la modalità con la quale essa ha identificato le anteriorità invalidanti di ### 3.5. Nemmeno persuade, poi, l'assunto della ricorrente secondo cui la corte d'appello avrebbe erroneamente applicato la tecnica redazionale per relationem richiamando il proprio precedente, senza considerare che le due fattispecie avrebbero "presupposti di fatto e di diritto" diversi.  3.5.1. Infatti, il richiamo al proprio precedente come effettuato da quella corte ha inteso riguardare le ragioni per cui, anche in quella sede, la stessa corte valutò la rinomanza del marchio ### con riferimento alle classi 25 e 35, rispetto ad una marchio successivo di ### includente la parola ### ed a presc indere dalla registrazione anterior e richiamata (nell'ambito di un portafoglio marchi di ### sul segno ### che conta decine di 15 registrazioni), e la sussistenza delle condizioni di protezione di detto marchio notorio secondo i criteri dell'art. 12, comma 1, lett. e), c.p.i. È palese, in altri termini, che, a prescindere dalla diversità (meramente amministrativa) delle registrazioni sul marchio notorio ### rispettivamente azionate in giudizio da ### e dall'ovvia circostanza che, in ciascuno dei due procedimenti, ### ha tacciato di nullità diverse registrazioni di marchio in titolarità di ### accumunate dal fatto di possedere al proprio interno una componente verbale ### la questione giuridica in essi affrontata (tutela rafforzata del marchio rinomato e suoi presupposti) sia la stessa. Da tanto consegue che la corte territoriale, affatto legittimamente, si è avvalsa del rinvio al proprio menzionato precedente a vendo in esso rintracciato una regula iuris da questo estrapolabile (segnatamente in punto di notorietà del marchio registrato ### e di sussistenza dei presupposti di applicazione della tutela ultramerceologica, con corretto ridimensionamento del rapporto di alternanza fra indebito vanta ggio ed ingiusto danno) ; una regula iuris perfettamente suscettibile di applicazione ad altra fattispecie di interferenza fra marchi ### di ### da un lato, e marchi a componente verbale ### di ### dall'altro, posto che la medesima corte, come si è anticipato, ha fatto precedere comunque l'applicazione di tale regula iuris da un effettivo inquadramento delle diverse questioni di fa tto oggetto del giud izio in decisione.  4. Il secondo motivo di ricorso - assolutamente analogo al primo motivo del ricorso n. 23758-2023 - si rivela complessivamente inammissibile.  4.1. Invero, ribadito che il marchio notorio è tale in quanto conosciuto dalla generalità del pubblico e non è necessariamente legato alla distribuzione di prodotti di lusso o dai connotati di esclusività e raffinatezza, la motiva zione della corte d'appello, tu tt'altro che apparente (ben comprendendosene l'iter logico), risulta conforme ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità in casi analoghi e si fonda su di un ragionamento lineare nel quale r ichiam a quanto già affermato nella sua precedente decisione, n. 995/20 23, teso a dimo strare com e il comportamento della società ### fosse inquadrabile nell'ambito una tattica di agganciamento 16 ### f inalizzata a rendere affini, se non sovrap ponibili, il p roprio marchio con quello della nota catena di distr ibuzione di abbigliamento spagnola. Questa strategia appare delineata anche nei motivi di merito alla base della sentenza della Corte territoriale nel presente procedimento e si basa su un ap prezz amento globa le del marchio della società controricorrente.  4.2. Del tutto ultronea, invece, appare, in questa sede, la questione dell'inammissibilità di documenti a sseritamente depositati tar divamente, posto che nulla si rinviene, sul punto, nella sentenza impugnata.  4.3. Pienamente condivisibili, poi, sono le argomentazioni del ###, rinvenibili nelle sue conclusioni scritte (cfr. pag. 3 e ss.), laddove si è escluso che fosse conferente, nella odierna vicenda, il richiamo effettuato dalla ricorrente alla violazione dei criteri probatori dettati dalla sentenza Corte di ###/CPM (C-257/02).  4.3.1. Giova ricordare, peraltro, che pure la Corte di ### ia, nell'affermare che il titolare del marchio anteriore è tenuto a dimostrare l'esistenza di una violazione effettiva ed attuale del suo marchio ai sensi dell'art. 4, n. 4, lett. a), della direttiva, o di un rischio serio che una tale violazione si produca in fut uro, ha punt ualizzato che, allorquando è prevedibile che dall'uso che il titolare del marchio posteriore ha fatto del proprio marchio deriverà una tale violazione, il titolare del marchio anteriore non deve essere obbligato ad attendere che questa si avveri per poter far vietare detto uso. Eg li, dunque, deve /dovrà dimostrare l'esistenza di elementi che permettano di concludere per un rischio serio che la violazione abbia luogo in futuro. Pertanto, i canoni su cui si è fondata la decisione della corte d'appello appaiono essere conformi a tali principi.  4.4. Quanto, poi, alla sussistenza, nella vicenda in esame, di un indebito vantaggio per ### la corte, mediante il richiamo al proprio menzionato precedente (sent. n. 995/20 23) e tenut o conto degli elementi probatori forniti da ### ha inteso compiere una valutazione di tipo sia soggettivo che ogg ettivo, in applicazione dell'univoca giurispr udenza comunitaria in materia secondo cui occorre effett uare una valut azione globale, tenendo 17 conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Tra i quali figurano, in particolare, l'intensità delle notorietà ed il grado del carattere distintivo del marchio, il grado di somiglianza tra i marchi in conflitto, nonché la natura ed il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati, nella prospettiva di determinare - come, in effetti, la sentenza ha determinato - se, nelle condizioni oggettive d ate, risultasse, o m eno, probabile che, nel corso normale degli eventi, ### traesse o potesse trarre un ingiusto vantaggio dalla notorietà e da l carattere distint ivo del ma rchio ### della odierna controricorrente, attraverso un uso del termine ### oggetto della registrazione di marchio in causa esteso oltre al mercato della pasta.  4.5. In definitiva, l'odierna doglianza si rivela sostanzialmente volta ad ottenere un riesame delle conclusioni cui è giunta la corte distrettuale sulla base degli accertamenti, di natura chiaramente fattuale, da essa svolti, così dimenticando che: i) il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc.  deve essere dedotto , a pena di inammissibilità del motivo g iusta la disposizione dell'art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme as sertivamente violate , ma anche, e s oprattutto, mediant e specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzi onale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass., SU, n. ### del 202 4; Cass. nn. ### , 27328, 16448 e 15033 del 2024; Cass. nn. 13408 e 9014 del 2023; n. ### del 2022. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, «in tema di ricorso per cassazion e, l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'art. 360, comm a 1, n . 3), c. p.c., a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esa minarne il contenuto precettivo e di 18 raffrontarlo con le affermazioni in diritto conten ute nell a senten za impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che q ueste ultime c ontrastano col precetto nor mativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare - con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa»); ii) spetta al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le risultanze processuali, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le stesse, quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione e, quindi, a fondare la decisione; iii) il giudizio legittimità non può essere trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. ### del 2019; Cass. nn. ### e 40493 del 2021; Cass. nn . 3043 5, ### e ### del 2022; Ca ss. nn.  27522, ### e ### del 2023; Cass. nn. 10712, 19423, 25495 e ### del 2024).  5. Il terzo motivo di ricorso è parimenti inammissibile.  5.1. Infatti, la cort e distrettuale ha compiuto una valutazione complessiva del comportamento della società ricorrente, basandosi su una serie d i considerazioni puntuali che, nell'insieme, danno esaustivamente conto d el convinciment o della medesima corte circa la configurabilità di finalità di agganciamento da parte di ### 5.2. In definitiva, anche questa doglianza si risolve, sostanzialmente, in una richiesta di rivisitazione del merit o, sicché p ossono qui richiamarsi i principi tutti esposti alla fine del precedente motivo.  6. Il quarto motivo è complessivamente infondato.  6.1. Invero, la corte d'appello ha ritenuto che il capo della sentenza di prime cure investito da lla odierna censur a non contenesse alcun tipo di accertamento sul quale potesse essersi formato il giudicato in assenza di specifica impugnazione in sede di appello. Ha rilevato, altresì, che l'inciso 19 della sentenza in discussione, esaurite le argomentazioni in tema di indebito vantaggio, esprimesse una mera ipote si in ordine alla sussist enza di un giustificato motivo d'uso dei ma rchi contestati: ipotesi, comunque, da considerarsi condizionata alla circostanza - esclusa dalla corte genovese con statuizione ormai definitiva, atteso quanto si è detto disattendendosi i motivi precedenti - che no n fosse stato travalicato il confine dell'uso lecito del successivo marchio, attraverso sconfinamenti di campo volti ad approfittare delle prerogativ e di rinomanza e legittima aspet tativa in termini di espansione merceologica dell'altrui marchio o comunque in qualunque modo idonei a ledere il valore attrattivo del marchio noto.  6.2. Si tr atta di valutazione assolut amente coerent e con l'inciso suddetto, sicché da essa consegue che così da conseguirne che, nella misura in cui, per le ragioni già esposte, è stato accertato che detto travalicamento è avvenuto per il tramite della registrazione dei marchi in disputa, è venuto meno il presupp osto stesso dell'esimente ancora oggi invocat o dalla ricorrente.  6.3. A tanto deve aggiungersi che, giusta la recente Cass. n. 27246 del 2024, “In te ma di appello, la mancata impugnazione di una o più affermazioni contenute nella sentenza può dare luogo alla formazione del giudicato interno soltant o se le stesse siano conf igurabili come capi completamente autonomi, risolutivi di questioni controverse che, dotate di propria individualità ed autonomia, integrino una decisione del tutto indipendente, e non anche quando si tratti di mere argomentazioni, oppure della valutazione di presupposti necessari di fatto che, unitamente agli altri, concorrano a formare un capo unico della decisione” (conf. Cass. n. 20951 del 2022 e Cass. n. 40276 del 2021).  7. Il quinto motivo di ricorso, infine, non merita accoglimento.  7.1. È sicur amente vero che nessuna motivazione si rinviene nella sentenza impugnata r elativamente all'inibitoria pronunciata nel suo dispositivo.  7.2. Occorre tuttavia, da un lato, valorizzare la circostanza che, al punto II delle conclusioni rassegnate in appello da ### così come riportate 20 nell'epigrafe della sentenza predetta, è riportata una puntuale richiesta di inibitoria sostenuta da un provvedimento ai sensi dell'articolo 124 c.p.i.; dall'altro, considerare che, come cond ivisibilmente sostenuto dalla difesa della controricorrente, in una causa di nullità di marchio per interferenza non in forma di confondibilità con marchi ordinari, bensì in forma di lesione o approfittamento delle prerogative e del valore att rattivo accresciuto d el marchio anteriore rinomato, laddove si evidenza, peraltro, una situazione di pericolo il più delle volte potenziale o futura, la misura dell'inibitoria risulta, oltre che confor me a l dettato normativo, del tutto d overosa: ciò sia in ragione, appunto, del suo carattere preventivo alla luce del concreto pericolo della commissione del comportamento da inibire, sia per intuibili esigenze di certezza del diritto ai fini di un'efficace protezione del diritto di esclusiva.  8. In conclusione, dunque, il ricorso di ### s.p.a. deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudiz io di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, altresì dandosi atto, - in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU , n. 4315 del 2 020 - che, stante il ten ore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell'art. 1 3, comma 1-quater del d.P .R.  115/02, i presupposti processuali per il versa mento, da parte della menzionata ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il suo ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre «spetterà all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento».  PER QUESTI MOTIVI La Corte rigetta il ricorso di ### s.p.a. e la condanna al pagamento delle spese di q uesto giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, liquidate in complessivi € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge. 21 Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presup posti processuali per il versamento , da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### sezione civile 

causa n. 23758/23 R.G. - Giudice/firmatari: Scoditti Enrico, Campese Eduardo

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 1153/2025 del 17-01-2025

... ossia gli “alloggi temporanei” inclu si nella classe merceologica 43 . Nella specie, essendo il pubblico di riferimento il medesimo (cd. grande pubblico), vi è un rischio futuro d i indebito vantaggio nel caso in cui Ff auf decida di commercializzare dei prodotti con il marchio oggetto del presente procedimento. Ciò, a maggior ragione, vale per la classe merceologica 35, che com prende i servizi di “### à; gestione di affar i commercia li; 6 amministrazione commerciale; lavori di ufficio”. […]. Si tr atta, di tutta evidenza, di servizi accessori, pubb licitari, nei quali il rischio di indebito vantaggio è attuale stante l'ident ità dei segni grafici»; vi) r espinse interamente l'appello incidentale di ### ribadendo che il rebranding aveva «avuto lo scopo di r endere sim ili il marchio notorio anteri ore a quello posteriore, anche, e sopra ttutto, in considerazione della elimina zione dal marchio dell'elemento distintivo tra ### e pasta ### ossia la parola pasta. Come si evince dallo stesso atto di costituzione e appello incidentale, i marchi ### acquisiti da ### nel 2010 contenevano al loro interno la parola pasta. Solo nel marchio oggetto del presente procedimento il (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso n. 23758/2023 r.g. proposto da: ### S.P.A., con sede in ### X ###, alla via ### n. 34, in p ersona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante ### nolo, rap presentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli #### e ### con cui elettivament e d omicilia presso lo studio di quest'ultimo in ### alla via ### n. 30.  - ricorrente - contro ### DISEÑO ### S.A. (“Inditex”), con sede in ### de la #### 15142 Arteixo (A ###, ### in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale alle liti a rogito ### munita di ### ai sensi della ### de l'Aia 5 ottobre 1961, sottoscritta in data 18 dicembre 2023, allegata al controricorso, dagli ### de ### (###) e ### (###), con i quali elettivamente domicilia presso l'indirizzo di posta elettronica certificata del primo.  - controricorrente - avverso la sentenza, n. 995/2023, della CORTE DI APPELLO DI GENOVA, pubblicata il giorno 15/09/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 14/01/2025 dal ### dott. ### lette le conclusioni scritte del ###, in persona del ### dott. ### che ha chiesto rigettarsi il ricorso.  ### 1. Con atto notificato il 6 novembre 2014, ### de ### S.A.  (d'ora in avanti, anche, breviter, ###, titolare del marchio europeo 112755 (registrato il 3 gennaio 2001 per prodotti e servizi compresi nelle classi 3, 9, 14, 16, 24, 25, 28, 37 e 40), citò ### s.p.a. (allora ### S.A., per il prosieguo, più semplicem ente, ### innanzi al Tribunale di Bologna per ottenere l'accertamento d ella nullità del marchio nazionale figurativo n. 1.410.011 di quest'ulti ma, registrato per prodotti e serviz i contenuti nelle classi 29, 30, 31, 32, 33, 35 e 43, per mancanza di novità ai sensi del combinato disposto degli artt. 12, comma 1, lett. e), e 25, lett. a), c.p.i., in ragione della rinomanz a d el suddetto marchio a nteriore, con richiesta, tra le altre, di inibitoria all'uso dello stesso.  1.1. Instauratosi il contraddittorio, si costituì la convenuta, chiedendo il rigetto delle avverse domande, perché infondate in fatto ed in diritto, altresì eccependo l'inammissibilità di q uella di inibitoria, generica e priva di allegazioni a supporto, nonché il dif etto di competenza territoriale d el menzionato tribunale a decidere della controversia in ragione della sede ###causa.  1.2. Con ordinanza del 14 giugno 2017, il giudice adito dichiarò la propria incompetenza territoriale in favore della sezione specializzata in materia di 3 impresa del ### le di ### , innanzi al quale, pertanto, ### tempestivamente riassunse il giudizio e ### si costituì con comparsa di costituzione in riassunzione.  1.3. Con sentenza del 17 giugno 2019, n. 1605, il medesimo tribunale, respinta o ritenuta assorbita ogni diversa domanda ed eccezione, dichiarò la nullità del marchio nazionale n. 1.410.011, depositato in data 4 maggio 2010, limitatamente alla classe merceologica n. 43, e condannò la convenuta al pagamento delle spese di giudizio nella misura della metà.  2. Pronunciando sui gravami, principale ed incidentale, promossi contro quella decisione, r ispettivamente, da ### e da ### l'adita Corte di appello di ### con sentenza del 15 settembre 2023, n. 995, così, tra l'altro, dispose: «### l'appello principale proposto da ### S.A. avverso la sentenza n. 1605/2019 pronunciata inter partes dal ### di #### in data ### e, per l'effetto, dichiara la nullità del marchio nazionale n. 1.410.011, depositato in data 4 maggio 2010, anche in relazione ai prodotti e servizi delle classi 29, 30, 31, 32, 33 e 35; rigetta l'appello incidentale proposto da ### s.a. (ora ### s.p.a.); […]».  2.1. Per quanto qui di interesse, quella corte: i) spiegò, innanzitutto, che «### è titolare della registrazione del marchio dell'### 112755 per contraddistinguere i prodotti e i servizi delle classi 3, 9, 14, 16, 24, 25, 28, 37, e 40. […]; nel 2003, ### ha creato il marchio ### dedicato all'arredamento e agli accessori per la casa. La gamma di prodotti ### è ampia e si compone non solo di tessili per la casa, compresa la biancheria da letto, da bagno e da tavola, ma la stessa è integrata anche da stoviglie posate, bicchieri, utensili da cucina, libri di cucina e oggetti di decorazione della cucina ed in generale della casa. Inoltre, sono pubblicizzate anche newsletter di ricette; il marchio ### è l'asset più important e del ### anche in termini di fatturato che, nel 2018, era pari a 18.021 milioni di ### la holding lussemburghese ### S.A., che nelle more del procedimento ha spostato la propria sede ###### nel 2010 ha acquistato i marchi "###, dalla società italiana ### s.p.a.; 4 ### s.p.a. è la li cenziataria esclusiva dei suddetti m archi ed è specializzata nella produzione e comm ercializzazione di paste secche; nel 2010 ### ha registr ato il marchio n. 141001 1 (oggetto del presente procedimento) non solo per la classe 30 ma anche in relazione ai prodotti e servizi delle classi 29, 31, 32, 33, 35 e 43»; ii) precisò che «I segni distintivi oggetto del marchio italiano n. 1410011, depositato il 4 maggio 2010, e quelli oggetto del mar chio n. 1 12755, depositato il 1°april e 1995, dell'### sono del tutto sovrapponibili nella veste grafica, eccezion fatta per un piccolo riquadro nel quale è ritratta una donna con fascio di grano. Il marchio ### come risulta dalle produzioni dell'appellante e come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata, gode di rino manza nei paesi comunitari ed in particolare in ### dove sono presenti decine di punti vendita del marchio ### e diversi negozi ### È un brand presente sia nel settore dell'ab bigliament o che dell'arredamento nell 'e-commerce, mentre il marchio ### registrato nel 1988 è limitato al settore della produzione alimentare di pasta secca. Nella sua versione originaria, il marchio è completamente diverso da quello successivamente registrato (ed oggetto del presente procedimento), trattandosi di marchio figurativo che ritrae in un tondo una figura di donna con grandi spighe di grano, su uno sfondo di campi coltivati, unitamente alle parole “pasta ZARA” contenuta in un ovale allungato. Per la sentenza impugnata, la registrazione del nuovo marchio nel 2010 avrebbe avuto la funzione di evitare “sconf inamenti” di ### nel settore alim entare, mentre, secondo la prospett azione dell'a ppellante, il marchio successivo sarebbe stato registrato al fine di trarre un indebito vantaggio dalla rinomanza del segno anteriore senza che vi f osse un giustificato motivo per utilizzare lo stesso»; iii) ricordò che, «Ai sensi dell'art.  12, lett. e), del Codice della proprietà industriale (###: 1. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni che alla data del deposito della domanda: e) siano identici o simili ad un marchio già da altri registrato nello Stato o con efficacia nello Stato, in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in forza di un diritto di priorità o di una valida rivendicazione di preesistenza per prodotti o 5 servizi identici, affini o non affini, q uando il marchio anteriore god a nell'### o nello Stato, di rinomanza e quando l'uso di quello successivo senza giust o motivo trarr ebbe indebitament e vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno a nteriore o r echerebbe pregiudizio agli stessi»; iv) in accoglimento totale dell'appello principale di ### riconobbe sussistent i, nella specie, i requisiti d ella tutela ultramerceologica dei marchi di r inomanza in relazione gli anteriori ma rchi registrati di ### sul segno ### menzionati in atti a sostegno della domanda di nullità e contraffazione/inibitoria e dichiarò la nullità integrale del marchio n. 1410011 di ### per carenza di novità. Opinò, in proposito che, «Nel caso di specie, il rebranding del 2010, senza alcuna ragione oggettiva, ha reso il marchio posteriore sovrapponibile al marchio rinomato anteriore adottando lo stesso carattere grafico ed eliminando gli elementi distintivi tra i due marchi, ossia, la parola pasta e il tondo nel quale era contenuta la denominazione. Come peraltro evidenziato dalla stessa pronuncia di prime cure, non pare dubitabile il carattere distintivo e la notorietà del marchio ### rispetto a quello pasta ### (si vedano, sul punto, le indagini demoscopiche di cui agli allegati 41 e 43 fascicolo primo grado appellante). […]. ### ha allegato elementi concreti, di cui ha fornito la prova, dai quali risulta come altri brand del settore d ell'abbiglia mento e dell'arredamento (non necessariamente del lusso come ad esemp io ###, rivolgano la loro attenzione commerciale verso i settori del food and beverage genericamente inteso (com e produzione di prodott i alimentari, di ristorazione, del food influencer). La stessa ### per ### ha attivato sul sito internet, una newsletter di ricette per gli iscritti. Allo stesso modo, noti marchi, tra i quali proprio ### hanno esteso la loro attività nel settore dell'hotellerie, ossia gli “alloggi temporanei” inclu si nella classe merceologica 43 . Nella specie, essendo il pubblico di riferimento il medesimo (cd. grande pubblico), vi è un rischio futuro d i indebito vantaggio nel caso in cui Ff auf decida di commercializzare dei prodotti con il marchio oggetto del presente procedimento. Ciò, a maggior ragione, vale per la classe merceologica 35, che com prende i servizi di “### à; gestione di affar i commercia li; 6 amministrazione commerciale; lavori di ufficio”. […]. Si tr atta, di tutta evidenza, di servizi accessori, pubb licitari, nei quali il rischio di indebito vantaggio è attuale stante l'ident ità dei segni grafici»; vi) r espinse interamente l'appello incidentale di ### ribadendo che il rebranding aveva «avuto lo scopo di r endere sim ili il marchio notorio anteri ore a quello posteriore, anche, e sopra ttutto, in considerazione della elimina zione dal marchio dell'elemento distintivo tra ### e pasta ### ossia la parola pasta. 
Come si evince dallo stesso atto di costituzione e appello incidentale, i marchi ### acquisiti da ### nel 2010 contenevano al loro interno la parola pasta. Solo nel marchio oggetto del presente procedimento il segno distintivo scompare, come, peraltro, l'ovale allungato che aveva fino a quel momento caratterizzato il marchio. Anche il carattere grafico da sempre adottato muta passando al “times new roman” e divenendo, pertanto, indistinguibile dal marchio anteriore ### 3. Per la cassazione di questa sentenza, ### s.p.a. ha promosso ricorso affidato a cinque motivi. Ha resistito, con controricorso, ### S.A. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380- bis.1 cod. proc.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi: I) «(Ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., ovvero n. 4 c.p.c.). 
Violazione e falsa applicazione di legge in relazione all'art. 12, comma 1, lettera e), in combinato disposto con l'art. 25, lett. a), c.p.i., nonché in relazione ai criteri di matrice giurisprudenziale e dottrinale che disciplinano il giudiz io di confondibilità fr a marchi , con riferimento alla prova della sussistenza del presupp osto di tutela del marchio rinomato consistente nell'indebito vantaggio conseguito dal titolare del marchio successivo dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchi o ant eriore, ovvero motivazione solo apparente del capo della sentenza relativo all'accertamento della sussistenza dell'indebito vantaggio per ### conseguente all'uso del marchio contestato per prodotti alimentari compresi nelle classi 29, 30, 31, 32, 33, e per servizi compresi nella classe 35»; 7 II) «(Ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.). Violazione dell'art. 345, comma 3, c.p.c., per aver la Corte d'Appello basato la propria decisione su evidenze documentali in ammissibili, in parte prodotte in primo grado in violazione delle preclusioni di cui all'art. 183 c.p.c. e riprodotte in appello e, in parte, prodotte per la prima volta in appello in assenza delle condizioni di relativa ammissibilità»; III) «(Ex art. 360, primo comma, n. 5, ovvero n. 3, c.p.c.). Omesso esame di un fatto essenziale per non avere la Corte d'Appello considerato la natura denominativa d el marchio europeo n. 1127755 di ### di cui l'intimata assume la violazione, ovvero violazione di norma di legge per aver la Corte d 'Appello va lutato la nullità del mar chio ai sensi degli artt. 12, comma 1, lett. e), e 25, lett. a), c.p.i. sulla base di elementi riferiti alle modalità di uso in concreto del marchio a nteriore, anziché attenersi esclusivamente alle risultanze dell'atto di registrazione del marchio, come prescritto dai principi che presiedono il giudizio di confondibilità fra marchi nell'ambito della valutaz ione della fatti specie della nullità del marchio registrato»; IV) «(Ex art. 360, primo comma, n. 3 ovvero n. 5 c.p.c.). Errore di diritto per aver la Corte d'Appello consid erato il term ine “pasta” distintivo in relazione a prodotti alimentari, tra i quali la pasta, e a servizi di ristorazione, in violazione dell'art. 13, n. 1, lett. b), nonché dei principi che disciplinano il giudizio di confondibil ità fra ma rchi con particolare riferimento alla valutazione al grado di distintività del marchio, ovvero omesso esame di un fatto essenziale per non avere la Corte d'Appello considerato che, fin dagli anni 90, ### è titolare di un marchio privo del termine ### come attestato dalla registrazione italiana n. 592231 dell'esponente»; V) «(Ex art. 360, primo comma, n. 3, ovvero n. 4, c.p.c.). Violazione e falsa applicazione di legge in relazione all'art. 12, comma 1, lett. b), nonché dei principi che regolano il giudizio di confondibilità fra marchi, per non aver la Corte d 'Appello veri ficato la sussistenza dei presupposti di tu tela dell'indebito vantaggio e d el pregiudizio in relazione all'uso del m archi o contestato per servizi inclusi in classe 43, ovvero motivazione solo apparente 8 del capo d ella sentenz a relativo all 'accertamento della sussistenza dell'indebito vantaggio per ### conseguente all'uso del marchio contestato per servizi compresi nella classe 43».   2. Allo scrutinio delle descritte doglianze è opportuno anteporre alcune considerazioni di carattere generale.  2.1. Innanzitutto, è d overoso ricordare che, come rimarcato, affatto condivisibilmente, dal ### nelle sue conclusioni scritte, «il marchio notorio è un segno che, come rivela la stessa d efinizione, ha raggiunto, in uno specifico settore, un significativo grado di conoscenza tra il pubblico e, quindi, è idoneo a contraddistinguere un produttore che si è distinto in un determinato ambito a tal punto da renderlo universalmente conosciuto per le sue realizzaz ioni. Appartengono , quindi, al novero d ei marchi notori i segni che contraddistinguono grandi catene di distribuzione dei prodotti a livello internazionale così come produttori più di nicchia, ma la cui qualità di produzione li rende capofila nel settore di appartenenza. Il comune denominatore di tutti i marchi che compongono il novero dei marchi “notori” o “rinomati” è, per l'appunto, la fama, cioè l'appartenere ad un gruppo di marchi conosciuti dai consumatori indipendentemente dall'uso che questi facciano d ei prodotti. Si tratta, quindi, di segni che hann o una potenzialità intrinseca ultramerceologica, in quanto conosciuti dalla totalità dei consumator i e, quindi, immediatamente riconoscibili anche quando applicati su prodotti non tipici nella categoria merceologica originaria. In virtù di tale car atteristica, godono, a livello europeo , di una protezione supplementare non immediatamente vincola ta ad un giudizio di confondibilità».  2.2. In secondo luogo, deve osservarsi che la Corte d'appello di ### ha individ uato nell'indebito vantaggio p er ### la ragione della tutela ultramerceologica del marchio rinomato “Zara”, di tit olarità di Ind itex, sottolineando come le prove acquisite al fascicolo dessero contezza del fatto che ### avesse adottato degli accorgimenti per rendere più somigliante il suo m archio rispetto a quello della più nota società ivi app ellante, oggi controricorrente, ed evidenziando un profilo di pregiudizio per quest'ultima 9 nella misura in cui la stessa risultava av er già sondato la possibili tà d i espandersi anche nello specifico settore nella distribuzione dei cibi e della ristorazione così come aveva no effettuato in precedenza a ltre società detentrici di marchi altrettanto notori; 2.3. Da ultimo, occorre rimarcare che il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (specificamente invocato dalla ricorrente in tutte le prospettate censure) può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell'esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (inte sa com e sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinen te pe rché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr., tra le più recenti, Cass. nn. 27328, 19423, 16448 e 5436 del 2024; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. nn. 5490, 3246 e 596 del 2022; Cass. nn. 40495, 28462, 25343, 4226 e 395 del 2021). È opportuno evidenziare, inoltre, che questa Corte, ancora recentemente (cfr., pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. ### del 2022, Cass. n. ### del 2022 e Ca ss. n. 13408 d el 2022), ha chiarito, tra l'altro, che : a) non integra violazione, né falsa app licazione d i norme di dir itto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuor i dell'amb ito interp retative ed applicativo della norma di legge; b) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa) ed err onea applicaz ione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutaz ione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c) le doglianze attinenti non già al l'erronea ricogn izione d ella fattispecie a stratta recata 10 dalle norme di legge, bensì all'erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).  3. ### dunque, tutto quanto precede, il primo motivo di ricorso si rivela complessivamente insuscettibile di accoglimento.  3.1. Invero, ribadito che il marchio notorio è tale in quanto conosciuto dalla generalità del pubblico e non è necessariamente legato alla distribuzione di prodotti di lusso o dai connotati di esclusività e raffinatezza, l'assunto della ricorrente secondo cui, sostanzialmente, l'utilizzazione del marchio “Zara” non darebbe luogo ad alcun pregiudizio a lla società controricorrente, né attribuirebbe alcun vantaggio alla ricorrente perché si tratterebbe di un marchio p rivo di prestigio, non persuade, né convince l'ulteriore arg omentazione per cui, sui capi di a bbigliament o di ### il marchio non è evidente (cfr. amplius, pag. 13-14 del ricorso). Si tratta, infatti, di circostanza che, come condivisibilmente sostenuto dal ### nelle sue conclusioni scritte, «è facilmente spiegabile con la scelta della società spagnola di operare la distribuzione dei propri prodotti in negozi monomarca e non costituisce quindi un'implicita ammissione di assenza di prestigio».  3.2. La motivazione della corte d'appello, poi, tutt'altro che apparente (ben comprendendosene l'iter logico), risulta conforme ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità in casi analoghi e si fonda su di una esaustiva valutazione di un comportamento significativo che ha p ortato l'odierna ricorrente a rinunciare alla parte denominativa del proprio marchio - “pasta” (atteso che il marchio era i origine “### ZARA”) - per andare ad acquisire un marchio con spiccate cara tteristiche di confondibilità, anche grafica, con il marchio della controricorrente. Argomentazione, quest'ultima, già da sola suf ficiente, sotto il p rofilo logico, a giustificare l'applicazione dell'articolo 12, lett. e), c.p.i. Del resto, come ancora rimarcato dal ### nelle sue, qui condivise, conclusioni scritte, è evidente che, «se il titolare di un marchio usato esclusivamente in una determinata categoria merceologica lo modifica in maniera tale da renderlo simile e confondibile 11 con un marchio notorio, pur applicato fino a quel momento ad altre categorie merceologiche, non può che farlo se non mosso da ragioni di approfittamento ###».  3.3. Quanto, infine, alla sussistenza, nella vicend a in esame, di un indebito vantaggio per ### la corte territoriale ha tenuto in considerazione gli elementi probatori forniti da ### in primo grado ed ha compiuto una valutazione di tipo sia soggettivo che oggettivo, in applicazione dell'univoca giurisprudenza comunitaria in materia secondo cui occorre effettuare una valutazione globale, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Tra i quali figurano, in particolare, l'intensità delle notorietà ed il grado del carattere distintivo del marchio, il grado di somiglianza tra i marchi in conflitto, nonché la natura ed il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati, nella prospettiva di determinare - come, in effetti, la sentenza ha determinato - se, nelle condizioni oggettive date, risultasse, o meno, probabile che, nel corso normale degli eventi, ### traesse o potesse trarre un ingiusto vantaggio dalla notorietà e dal carattere distintivo del marchio ### della odierna controricorrente, attraverso un uso del termine ### oggetto della registrazione di marchio in causa esteso oltre al mercato della pasta.  3.4. In definitiva, l'odierna doglianza si rivela volta, sostanzialmente, ad ottenere un riesame delle conclusioni cui è giunta la corte distrettuale sulla base degli accertamenti, di natura chiaramente fattuale, da essa svolti, così dimenticando che: i) il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc.  deve essere dedotto , a pena di inammissibilità del motivo g iusta la disposizione dell'art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme as sertivamente violate , ma anche, e s oprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzi onale compito di verificare il 12 fondamento della lamentata violazione (cfr. tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass., SU, n. ### del 202 4; Cass. nn. ### , 27328, 16448 e 15033 del 2024; Cass. nn. 13408 e 9014 del 2023; n. ### del 2022. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, «in tema di ricorso per cassazion e, l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'art. 360, comm a 1, n . 3), c. p.c., a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esa minarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto conten ute nell a senten za impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che q ueste ultime c ontrastano col precetto nor mativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare - con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa»); ii) spetta al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le risultanze processuali, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le stesse, quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione e, quindi, a fondare la decisione; iii) il giudizio legittimità non può essere trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. ### del 2019; Cass. nn. ### e 40493 del 2021; Cass. nn . 3043 5, ### e ### del 2022; Ca ss. nn.  27522, ### e ### del 2023; Cass. nn. 10712, 19423, 25495 e ### del 2024).  4. Il secondo motivo di ricorso si rivela inammissibile.  4.1. Esso, invero, risulta carente di autosufficienza nella misura in cui non individ ua, esattamente, quali siano i docum enti specifici che non avrebbero dovuto avere ingresso nel procedimento (buona parte dei quali, peraltro, - è utile sottolinearlo - per stessa precisazione di ### erano stati 13 versati in atti dall'originaria attrice con la prima memoria ex art. 183, comma 6, cod. proc. civ., ben prima, dunque, dello sbarramento istruttorio delle seconde e terze memorie di cui alla medesima norma).  4.2. Alteris verbis, in violazione dell'art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc.  civ., la doglianza non specifica se i documenti tempestivamente prodotti fossero realmente insufficienti dal punto di vista probatorio così da necessitare, per l'accoglimento delle dom ande dell'attrice , l'ulteriore produzione asseritamente avvenuta in appello. Ciò senza dimenticare che, comunque, ai fini dello spostamento del brand “Zara” dall'abbigliamento ed arredamento al settore alimentare, la corte lig ure ha fatto riferimento a brand «non necessar iamente del lusso» (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata), sicché nemmeno è configurabile la decisività della censura.  4.3. Come si è già evidenziato disattendendosi il precedente motivo, la corte distrett uale ha compiuto una valuta zione complessiv a del comportamento della società ricorrente, basandosi su una serie d i considerazioni puntuali che, nell'insieme, danno esaustivamente conto del convincimento della medesima corte circa la configurabilità di finalità di agganciamento da parte di ### 4.4. Infine, è certamente condivisibile l'assunto di ### secondo cui (cfr. pag. 14 del controricorso), quanto alla newsletter per ricette attivata sul sito internet di ### ed inserita nel suo atto di citazione in appello in forma di link, non si tratta, a ben vedere, di una nuova produzione, bensì di una deduzione della difesa della parte ivi appellante che si pone nel solco delle prove già offerte nel giudizio di primo grado sul tema della naturale tendenza dei marchi della moda e del lifestyle alla brand extension verso settori solo apparentemente lontani quale quello dell'alimentazione.  4.5. In ogni caso, l'insistere della ricorrente su questo specifico punto dimostra che la stessa, isolando una delle varie considerazioni puntuali della corte distrettuale, perda di vista l'epicentro del ragionamento di quest'ultima che, come si è anticipato, va ben oltre valutazioni di dettaglio.  5. Il terzo motivo di ricorso, laddove lamenta un vizio motivazionale, è inammissibile già solo per l'affa tto dirimente ragione che non sono stati 14 minimamente rispettati gli oneri di allegaz ione puntualmente sanciti da Cass., SU, n. 8053 del 2014, per la deduzione del vizio di cui al novellato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc.  5.1. Ciò non senza evidenziare che, comunque, come sottolineato da ### (cfr. pag. 14-15 del controricorso), la corte d'appello ha apprezzato il m archio dell'intimata come risultante dalla registrazione europea 112755 ed ha applicato del tutto correttamente i consueti criteri del giudizio di interferenza fra marchi, basati sul confronto fra il marchio della cui novità occorre giudicare - nella specie il marchio italiano di ### "### e figura" 1410011 - ed il ricordo imperfetto del marchio anteriore, tenendo con ciò presente che il consumatore medio di riferimento normalmente non potrà esaminarli fianco a fianco, ma dovrà confrontare il ricordo mnemonico (e, quindi, imperfetto) del marchio che già gli è noto con il marchio successivo.  5.2. In altri termini, quindi, ciò che è stato oggetto di giudizio, da parte della corte territoriale, non è stato solo il marchio nel suo complesso, ma anche l'intenzione del titolare del marchio successivo interpretata alla luce delle modifiche apportate sul suo marchio anche sotto il profilo figurativo.  5.3. In ogni caso, anche a voler ammettere un giudizio esclusivamente basato sulla componente denominativa del marchio, l'esito sarebbe altrettanto infausto per la odierna ricorrente perché si dovrebbero mettere a raffronto la denominazione “ZARA” acquisita da ### con quella “ZARA” di ### rendendo ancora più evidente, così, il giudizio di confondibilità, che, in quel caso, si tramuterebbe in un vero e proprio giudizio di identità fra i due lemmi. Pertanto, la corte suddetta ha valutato il comportamento che ha privato il marchio dell'unica caratteristica che originariamente era distintiva fra i due marchi. Né può dirsi che la stessa, così operando, sia incorsa in un vizio motivazionale afferente i parametri di giudizio relativi alla confondibilità dei marchi.  6. il q uarto motivo di ricorso, poi, risulta complessivamente inammissibile perché nemmeno coglie appieno la ratio decidendi, in parte qua, della sentenza impugnata. 15 6.1. In proposito, basta ribadire le già esposte argomentazioni relative alle ragioni che hanno indotto la corte territoriale ad attribuire rilievo, tra l'altro, all'avvenuta r inuncia, da parte dell'odierna ricorr ente, alla parte denominativa - “pasta” - del proprio marchio.  6.1.1. In sostanza, nel porre l'accento sulla eliminazione, nel contesto del marchio di ### della componente verbale "pasta" e del tondo (nel quale era usualm ente contenuta la denominazione), - elementi che caratterizzavano e "distinguevano" i precedenti marchi della ricorrente - la corte d'appello non ha inteso certamente attribuire valenza distintiva ad un termine generico quale è, appunto, quello “pasta”, dotato di una ben precisa valenza ed aderenza significativa e concettuale al genere alimentare pasta. 
Essa, invece, ha considerato, affatto condivisibilmente, che, nel contesto del più ampio giudizio sulla notorietà del marchio ### della controricorrente e della sussistenza delle condizioni di tutela contro gli attacchi alla notorietà ed il par assitismo, non potesse non darsi rilievo ad una evoluzione de l marchio della ricorrente che è oggettiva e che, nel marchio n. 1410011, si è manifestata con l'abbandono di due elementi (il termine pasta ed il tondo) che insieme valevano, o potevano valere, a tenere maggiormente le distanze dal marchio ### di ### 7. Il q uinto motivo di r icorso, infine, si r ivela insuscettibile di accoglimento perché, come giustamente sottolineato dal ### nelle sue conclusioni scrit te, correttam ente la motivaz ione della corte distrettuale ha rimarcato che un marchio di carattere notorio deve essere protetto da tutte le possibili forme di registrazione per ogni classe che sottendono un intento di carattere approfittatorio.  7.1. È inn egabile, allora, che le r agioni dell'avvenuto rig etto dell'impugnazione incidentale in quella sede formulata da ### risultano espressamente svolte per relationem a quanto dalla medesima corte opinato con riguardo alla ivi riconosciuta tutela del marchio di ### 8. In conclusione, dunque, il ricorso di ### s.p.a. deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudiz io di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, altresì dandosi atto, - in assenza 16 di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU , n. 4315 del 2 020 - che, stante il ten ore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell'art. 1 3, comma 1-quater del d.P .R.  115/02, i presupposti processuali per il versa mento, da parte della menzionata ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il suo ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre «spetterà all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento».  PER QUESTI MOTIVI La Corte rigetta il ricorso di ### s.p.a. e la condanna al pagamento delle spese di q uesto giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, liquidate in complessivi € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presup posti processuali per il versamento , da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### sezione civile 

Giudice/firmatari: Scoditti Enrico, Campese Eduardo

M

Tribunale di Catania, Sentenza n. 1345/2025 del 03-03-2025

... pregiudizio della idoneità rispetto alla categoria merceologica cui il compratore intendeva destinare la cosa. Compendiati così i parametri giurisprudenziali con la normativa di riferimento, occorre adesso procedere all'esame delle questioni di merito poste a fondamento delle domande azionate nei confronti dei convenuti venditori. Dalla documentazione in atti emerge che i sig.ri ### e ### hanno stipulato con ### e ### in data ### un contratto di compravendita, per ### (rep. N.###, racc. n.20299), avente ad oggetto l'immobile sito ### di ### via Rua di sotto n.72, censito in catasto fabbricati al foglio 2, part. 521 sub.2, piano T.-1, cat. A/3, classe 7, vani catastali 5, il cui prezzo, pari a € 135.000,00, è stato integralmente versato dagli acquirenti. ### veniva all'uopo descritto come “casa formata da tre vani ed accessori al piano terra, con sovrastante locale di sgombero, accessorio e terrazza a livello al primo piano, con annessa corte al piano terra di pertinenza esclusiva”. In sede di stipula del contratto, parte venditrice dichiarava che le opere relative all'immobile in oggetto erano state eseguite in data anteriore al 1° settembre 1967 in conformità alle norme (leggi tutto)...

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N. 7048/2019 R.G.  ### nome del Popolo Italiano TRIBUNALE DI CATANIA Sezione Quinta Civile Il Tribunale di Catania, sezione quinta civile, in composizione monocratica, in persona del dott.  ### ha emesso la seguente ### nella causa civile iscritta al n. 7048/19 R.G.A.C., posta in decisione, previ gli incombenti di cui all'art. 281 quinquies c.p.c. cbn. disp. art. 190 c.p.c., all'udienza di precisazione delle conclusioni del 23 ottobre 2024, promossa da ### (C.F. ###) e ### (C.F. ###) rappresentati e difesi dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ####### n.63, giusta procura in atti; ATTORI contro ### (C.F. ###) e ### (C.F. ###) rappresentati e difesi dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat #######. Crispi n.177, giusta procura in atti; CONVENUTI e ### (C.F. ###), in proprio e nella qualità di titolare della ditta ### (P.IVA: ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat #######. ### n. 32/34, giusta procura in atti; CONVENUTO e ### S.P.A. (P.IVA ###), in persona del procuratore dott.ssa ### rappresentato e difeso dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ####### n. 81, giusta procura in atti; CONVENUTO e ### (C.F. ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ####### n. 85, giusta procura in atti; CONVENUTO nonché nei confronti di ### S.P.A. (P.IVA ###), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ####### n.6, giusta procura in atti.  ###: ###.  ###'udienza di precisazione delle conclusioni del 23.10.2024 le parti hanno precisato come in verbale.  ### atto di citazione notificato il #### e ### convenivano in giudizio innanzi questo ### e ### chiedendo di accertare la responsabilità degli stessi per l'illegittimità amministrativa ed urbanistica dello stato di fatto dell'immobile venduto e conseguentemente dichiarare la nullità del contratto di compravendita rogato dal notaio ### in data ###, rep 35.881 e racc 20.299, per violazione dell'art. 40 comma 2 l. 47/1985 o in subordine per accertato dolo da parte dei venditori trattandosi di atto viziato da errore essenziale; in via ulteriormente subordinata esperivano azione di risoluzione del contratto per grave responsabilità da inadempimento ex art 1453 Conseguentemente chiedevano la condanna dei convenuti: alla restituzione in favore dell'istituto di credito ### spa della somma di € 100.000,00 quale corrispettivo ricevuto in virtù dell'erogato mutuo fondiario per l'acquisto dell'immobile, maggiorata degli interessi legali dalla data del rogito fino al soddisfo; al risarcimento della somma di € 3.700,00, quale compenso corrisposto al notaio, e della somma di € 3.630,00 quale compenso corrisposto al mediatore, oltre spese di istruttoria ed incasso rateale del mutuo per € 2.499,37, oltre imposta sostitutiva, interessi passivi corrisposti dagli attori al ### spa già dalla prima rata di mutuo sino alla ultima corrisposta e/o da corrispondere e quant'altro previsto nel contratto di mutuo ipotecario rogato dal notaio; al rimborso altresì della somma di € 130,00 annuale per 25 anni epoca della cessazione del mutuo per assicurazione fabbricato per incendio o scoppio accesa con ### spa a garanzie del mutuante; nonché al risarcimento di ulteriori voci di danno eventualmente emerse in corso di causa. 
In particolare gli attori asserivano di essersi rivolti, nel maggio 2013, all'agenzia immobiliare “### Immobiliare” di ### al fine di reperire nel territorio di ### di ### un fabbricato da adibire ad abitazione.  ###, quindi, proponeva ai sig.ri ### e ### un immobile sito in ### di ### via Rua di ### n.72, in catasto al foglio 2 part. 521, sub.1, cat A/3, cl.1, cons. 5 vani, di proprietà di ### e ### Gli odierni attori in data ### sottoscrivevano una proposta di acquisto immobiliare - corrispondendo all'agenzia immobiliare un compenso pari ad € 3.630,00 mediante assegno circolare - e, non avendo la disponibilità necessaria per l'acquisto, procedevano all'accensione di un mutuo presso il ### s.p.a. per l'importo di € 100.000,00. 
In data ### quindi i sig.ri ### e ### stipulavano con i sig.ri ### e ### il contratto di compravendita ai rogiti del notaio ### rep. 35.881 racc.20.299 per un corrispettivo pari a € 135.000,00 e contestualmente concludevano con l'istituto di credito contratto di mutuo ipotecario ai rogiti del medesimo notaio rep. 35.882 e racc. 20.300 per l'importo di € 105.000,00; al professionista veniva corrisposta per l'attività svolta la somma di € 3.700,00. 
Successivamente, nell'ambito dei sopralluoghi effettuati presso la suddetta abitazione per la verifica della regolarità urbanistica, veniva emessa l'ordinanza di demolizione e ripristino n.5/2017 del 2.5.2017 - cui hanno fatto seguito altri atti istruttori - ove venivano riscontrati rilevanti abusi edilizi. 
Gli acquirenti pertanto decidevano di conferire ad un proprio tecnico di fiducia l'incarico di accertare la conformità dell'abitazione acquistata rispetto al provvedimento concessorio, al catasto e alle planimetrie. 
Effettivamente all'esito della perizia emergevano gravi difformità tra l'unica licenza edilizia sussistente - risalente al 1950 - e la planimetria catastale depositata. Ed in particolare si accertava una discrasia tra la descrizione dell'immobile contenuta nell'atto di acquisto dei venditori e conforme al suddetto titolo edilizio (ove l'immobile era descritto come “casa terrana per civile abitazione composta di tre vani e tre accessori con sovrastante soffitta e con annesso cortiletto a piano terra”) rispetto a quella contenuta nell'atto di compravendita da parte degli odierni attori (“tre vani ed accessori al piano terra, con sovrastante locale di sgombero, accessorio e terrazza a livello al primo piano, con annessa corte al piano terra di proprietà esclusiva”). 
Emergeva peraltro che i convenuti, prima della stipula della suddetta compravendita, avevano dichiarato una variazione catastale per l'attuale consistenza dello stato dei luoghi - difforme rispetto al loro atto di provenienza - producendo all'uopo una planimetria aggiornata con le relative modifiche, non supportate però da alcun provvedimento amministrativo. 
Alla luce di tale ricostruzione, con il medesimo atto di citazione, gli odierni attori convenivano altresì in giudizio ### in qualità di mediatore professionale e titolare della ### “### Immobiliare”, l'istituto di credito ### s.p.a. e il notaio ### deducendo per ciascuno di essi diversi profili di responsabilità. 
Con riferimento al mediatore chiedevano l'accertamento e dichiarazione della sua responsabilità professionale e conseguentemente la condanna alla restituzione della somma di € 3.630,00, oltre interessi legali dal pagamento al soddisfo, pagata a titolo di provvigione (come risultante dalla fattura n.1 del 6.9.2013) e non dovuta per la conclusione dell'affare, e al risarcimento dei danni in solido con gli altri convenuti. 
Veniva poi contestualmente citato in giudizio l'istituto di credito ### spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, al fine di ottenere la dichiarazione di responsabilità per non avere svolto, in vista della concessione del mutuo ipotecario, tutti gli accertamenti istruttori anche di natura tecnica ed amministrativa che involgevano la verifica della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile e il suo valore economico, ingenerando in tal modo negli acquirenti il legittimo affidamento circa la regolarità amministrativa. Gli attori deducevano inoltre che la somma erogata a mutuo era superiore al 230% del valore dell'immobile con conseguente nullità del contratto di mutuo fondiario rogato dal ### in data ### rep. 35.882 e racc. 20.300 per violazione del combinato disposto dell'art. 38 comma 2 d.lgs. 385/93 e delibera ### del 22.4.1995 e illegittimità degli interessi e nullità dell'iscrizione ipotecaria sul bene immobile compravenduto; che il contratto di mutuo fondiario e della relativa iscrizione erano comunque nulli per illiceità della causa ex art 1343 c.c. per violazione di norme urbanistiche nonché per illiceità dell'oggetto ex art 1346 trattandosi di immobile parzialmente abusivo. Chiedevano pertanto la condanna dell'istituto di credito: alla restituzione in favore degli attori delle somme versate a titolo di sorte capitale, interessi e spese in esecuzione di detto contratto, oltre interessi al soddisfo; alla cancellazione dell'iscrizione ipotecaria dipendente dal dedotto mutuo; infine al risarcimento dei danni in solido con gli altri convenuti. 
Gli acquirenti dell'immobile chiedevano infine di accertare e dichiarare la grave responsabilità professionale del notaio ### ai sensi degli artt.1176 comma 2 e art. 1218 c.c. e di ottenere - conseguentemente alla declaratoria di nullità del contratto di compravendita e del contratto di mutuo ipotecario - la condanna al risarcimento dei danni in favore degli attori per la somma di € 135.000,00 oltre interessi di mutuo corrisposti e da corrispondere sino al passaggio in giudicato della sentenza quale risarcimento di danni, nonché al rimborso delle spese sostenute, comprensive anche del compenso corrisposto al mediatore, e alla restituzione della somma di € 3.700,00 al medesimo corrisposta per compensi e spese a mezzo assegno circolare. 
Con comparsa di costituzione e risposta del 21.1.2020 si costituivano in giudizio ### e ### eccependo preliminarmente la decadenza e prescrizione della domanda di risoluzione del contratto ex art. 1497 c.c. o ex art. 1453 c.c.; contestavano in ogni caso la fondatezza della domanda attorea asserendo la validità del contratto di compravendita e la mancata prova degli abusi edilizi riscontrati nonché della imputabilità degli stessi ai venditori. 
Si costituiva altresì in giudizio ### il quale preliminarmente chiedeva la chiamata in causa del terzo ### S.p.a. formulando domanda di manleva e garanzia nei confronti della compagnia assicuratrice; nel merito poi contestava la sussistenza della responsabilità per l'attività professionale svolta asserendo che la pianta fornita al mediatore da parte dei venditori, risalente al 1939, riproduceva un immobile su due piani e della consistenza urbanistica perfettamente coincidente a quella del 2012, e che quindi nessuna informazione era stata taciuta agli attori né era stata data un'informazione diversa e non verificata o non controllata al fine di invogliare l'acquisto. 
Si costituiva in giudizio anche l'istituto di credito ### s.p.a. chiedendo il rigetto di tutte le domande di parte attrice in quanto infondate in fatto e diritto ed in particolare della domanda di nullità del mutuo per violazione del limite di finanziabilità ex art.38, comma 2, d.lgs. 385/1993 e/o per violazione di norme urbanistiche imperative o illiceità dell'oggetto e la domanda di annullamento di garanzia ipotecaria, con conseguente accertamento dell'obbligo degli attori del pagamento del mutuo secondo le modalità previste nel piano di ammortamento allegato al contratto di mutuo. 
Il convenuto ### s.p.a. formulava contestualmente domanda di garanzia, in caso di condanna alla restituzione delle somme a favore degli attori, nei confronti di tutti gli altri convenuti. 
Si costituiva in giudizio anche il notaio ### evidenziando che l'atto pubblico di compravendita, con cui nel 2013 gli attori avevano acquistato la proprietà dell'immobile, era conforme alle prescrizioni in materia urbanistica che la legge impone ai notai, non avendo alcun obbligo di indagare sulla veridicità delle dichiarazioni, né quello di accertare le qualità e la materiale regolarità urbanistica di un immobile compravenduto. 
A seguito della chiamata in causa si costituiva in giudizio anche la compagnia assicuratrice ### s.p.a. la quale contestava in fatto e in diritto le domande proposte dagli attori asserendo la correttezza dell'operato della società di mediazione immobiliare e associandosi alle difese spiegate dal mediatore convenuto; deduceva, in ogni caso, con riferimento alla domanda di manleva e di garanzia, le limitazioni risultanti dalla polizza assicurativa. 
All'udienza fissata per la prima comparizione delle parti, il Giudice concedeva alle parti i termini di cui all'art. 183 comma VI c.p.c. per il deposito di memorie istruttorie e rinviava la causa all'udienza del 17.6.2020. 
Alla successiva udienza il Giudice si pronunciava sulle richieste istruttorie formulate dalle parti ammettendo gli interrogatori formali e le prove per testi, riservandosi solo all'esito di disporre la consulenza tecnica d'ufficio; con il medesimo provvedimento emetteva un ordine di esibizione nei confronti dell'istituto di credito. 
Nelle more del presente giudizio, gli odierni attori proponevano innanzi questo ### ricorso per ottenere il sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. dei beni immobili di proprietà di ### e ### fino alla concorrenza della somma di € 300.000,00, stante l'avvenuto tentativo da parte degli stessi di vendita di un immobile sito in ### Nel detto sub procedimento, identificato al n. R.G. 7048-1/2019, si costituivano in giudizio ### e ### i quali chiedevano dichiararsi infondata in fatto ed in diritto la domanda cautelare ex art. 671 c.p.c., non sussistendone i relativi presupposti. 
Con ordinanza del 12.4.2022 il Giudice, ravvisati i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, accoglieva il ricorso presentato dagli attori autorizzando il chiesto provvedimento di sequestro conservativo. 
All'udienza del 17.10.2022 nel presente giudizio, a seguito dell'assunzione delle prove ammesse, il Giudice disponeva la chiesta consulenza tecnica, nominando l'ing. ### e successivamente - a seguito di rinuncia - l'ing. ### al fine di accertare e verificare: 1) l'entità e l'epoca di realizzazione degli abusi edilizi contestati, nonché il valore economico residuale, dell'immobile sito in ### di ### via Rua di ### n° 72 in ### al fg. 2, part. 521, sub 1, cat. A/3, cl. 1, cons. 5 vani, oggetto di causa, alla data del 06.09.2013 e la percentuale della somma erogata a mutuo rispetto allo stesso valore residuale dell'immobile a cagione degli abusi edilizi lamentati; 2) la regolarità urbanistica ed amministrativa, o meno, dell'immobile oggetto di causa ### 2 particella 521 sub 1 del Comune di ### di ### alla data del 27 luglio 2012, epoca della variazione catastale per diversa distribuzione dei vani ed ampliamento, e del 6 settembre 2013 quale epoca della compravendita tra le parti del presente giudizio e ciò sulla scorta della documentazione prodotta dalle parti e di quella presente nei ### accertando altresì la rilevabilità o meno degli abusi edilizi sulla scorta dei documenti prodotti dalle parti e presenti nei ### anche accedendo alle aerofotogrammetrie storiche ed altri strumenti informatici, nonché il valore dell'immobile oggetto di causa alla data del 6 settembre 2013 sia al lordo che al netto della sua incommerciabilità, giusta consulenza tecnica di parte a firma dell'ingegnere ### allegato 17 di parte attrice e altresì l'autore degli abusi edilizi lamentati dagli attori sulla scorta di documenti acquisiti e dello stato di fatto. 
La causa perveniva quindi all'udienza del 15.5.2023, in occasione della quale il Giudice, non ravvisati gli estremi per il richiamo del consulente tecnico d'ufficio, rinviava per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 18.12.2023. 
In detta udienza le parti hanno precisato le proprie conclusioni e il Giudice, trattenuta la causa in decisione, ha assegnato alle parti i termini di legge ex art 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. 
Tuttavia con ordinanza del 18.7.2024, il Giudice rimetteva la causa sul ruolo per mancato adempimento da parte dell'istituto di credito all'ordine di esibizione emesso con ordinanza del 17.6.2020 e, rinnovato l'ordine, rinviava nuovamente per la precisazione delle conclusioni al 23.10.2024. 
In detta udienza le parti hanno precisato le proprie conclusioni e il Giudice, trattenuta la causa in decisione, ha assegnato alle parti i termini di legge ex art 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. 
IN DIRITTO 1. Responsabilità dei venditori - ### e ### odierni attori convenivano in giudizio - contestando la sussistenza di una serie di difformità riscontrate nell'immobile acquistato - ### e ### quali venditori del suddetto bene formulando domanda di nullità dell'atto di compravendita per violazione dell'art. 40 comma 2 l.47/1985, in subordine domanda di annullamento ex artt. 1429 e 1497 c.c. ricorrendo un consenso viziato dall'errore essenziale ingenerato dal dolo dei venditori, in via ulteriormente gradata domanda di risoluzione del contratto per aliud pro alio, oltre alla richiesta di risarcimento dei danni. 
Com'è noto l'art. 40 comma 2, legge 28.02.1985 n. 47 dispone che “gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'art. 35”. 
La ratio della disposizione è stata individuata nella volontà del legislatore di reprimere e scoraggiare gli abusi edilizi attraverso lo strumento della invalidazione del traffico giuridico avente ad oggetto costruzioni non conformi alle prescrizioni urbanistiche. 
La suddetta previsione di legge, quindi, ricollega la sanzione della nullità agli atti di trasferimento di beni immobili privi della indicazione degli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria, indipendentemente dallo stato di buona o mala fede dell'alienante e dalla conoscenza o meno da parte dell'acquirente dell'eventuale irregolarità urbanistica del bene oggetto del contratto. 
Tale rigore risulta temperato dalla facoltà di sanatoria, anche unilaterale dell'atto, mediante dichiarazione integrativa avente il medesimo contenuto, che si rende possibile però solo nei casi in cui l'omissione originaria non sia dipesa dall'insussistenza della licenza/concessione ovvero dall'inesistenza della domanda in sanatoria. 
In merito all'interpretazione di questa disposizione di legge si sono affermati due distinti orientamenti.  ### un primo filone giurisprudenziale (c.d. della nullità formale) ai fini della validità dell'atto di trasferimento è sufficiente la sola menzione della dichiarazione richiesta dalla legge, a nulla rilevando la concreta abusività dell'immobile, la quale incide eventualmente solo sul piano dell'inadempimento. 
Le dichiarazioni prescritte costituiscono quindi un requisito formale del contratto, con la conseguenza che l'eventuale assenza delle stesse comporta già di per sé la nullità dell'atto a prescindere dalla regolarità urbanistica dell'immobile che ne costituisce l'oggetto (cfr. Cass. civ. sent. n. 8147/2000; Cass. civ. sent. n.5068/2001; Cass. civ. sent. n.5898/2004). 
Altro orientamento invece propone una lettura diversa della disposizione in esame ravvisando, accanto alla suddetta nullità di tipo formale, anche una ipotesi di nullità di natura sostanziale da ravvisare in caso di atti di trasferimento aventi ad oggetto immobili non in regola con la normativa urbanistica ( Cass. Civ., 17.10.2013, n. 23591). 
A fronte di tale contrasto giurisprudenziale sono intervenute le ### della Suprema Corte (sentenza n.8230 del 22.3.2019) le quali, aderendo alla tesi della nullità formale, hanno enunciato i seguenti principi di diritto: “la nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, e dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, va ricondotta nell'ambito dell'art. 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile. In presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato”.  ### menzione del titolo abilitativo nell'atto di trasferimento rappresenta quindi un imprescindibile requisito di validità del contratto, purché però il provvedimento concessorio sia realmente esistente ed effettivamente riferibile all'immobile oggetto dell'atto. 
Alla luce della pronuncia della Suprema Corte, ai fini della validità dell'atto di trasferimento il requisito più complesso da verificare è quello della “concreta riferibilità del titolo all'immobile”. Ed infatti, pur nel rispetto della esistenza e veridicità della concessione e della sua riferibilità iniziale al bene, può accadere che siano effettuati interventi edilizi e urbanistici tali da interrompere il nesso di collegamento tra il titolo edilizio ed il fabbricato stesso. 
Pertanto quando vengono effettuate modifiche della superficie o della volumetria complessiva degli edifici che portano alla realizzazione di una costruzione in tutto o in parte diversa da quella autorizzata, il permesso di costruire rilasciato per il manufatto originario perde il requisito richiesto della riferibilità con conseguente nullità dell'atto traslativo. 
Ne consegue dunque che nell'ipotesi di dichiarazione totalmente mancante - a cui viene equiparata la dichiarazione mendace - l'atto di trasferimento incorre automaticamente nella sanzione della nullità, mentre in costanza di una dichiarazione reale e riferibile all'immobile il contratto sarà in conclusione valido, a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo in esso menzionato. 
Tuttavia l'art. 40 della suddetta legge dispone un regime speciale per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, prevedendo che in questi casi in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 l.15/1968, attestante che l'opera risulti iniziata in un momento anteriore alla suddetta data. 
Questa semplificazione permette quindi di validare atti traslativi di immobili realizzati prima del 1° settembre 1967 anche senza la espressa menzione del titolo abilitativo di riferimento, ma non ne dimostra la conformità urbanistica la quale va accertata confrontando il titolo abilitativo sulla base del quale l'immobile è stato autorizzato con lo stato di fatto in cui lo stesso si trova. 
Sulla scia del richiamato arresto delle ### la giurisprudenza di legittimità ha precisato che le regole suenunciate devono ritenersi applicabili anche nell'ipotesi di costruzione iniziata anteriormente al 1° settembre 1967, rispetto alla quale l'art. 40, comma 2, L. n. 47 del 1985 prevede, in luogo dell'indicazione degli estremi della concessione, la dichiarazione rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo attestante la sussistenza del presupposto cronologico stabilito dalla legge. 
In questo caso, la nullità comminata dalla legge può dirsi esistente soltanto se la dichiarazione non risulti riferibile all'immobile oggetto dell'atto traslativo ovvero se quanto dichiarato nell'atto (e cioè che l'opera è iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967) non corrisponda alla realtà (cfr. Cass. sent.  n. ###/2022). 
In linea con l'indirizzo giurisprudenziale segnalato, deve qui ribadirsi che, ai fini della validità del negozio traslativo, è richiesta soltanto la corrispondenza della dichiarazione della parte alienante -resa contestualmente alla stipula dell'atto o recuperata successivamente mediante il procedimento di conferma previsto dal comma 3 dello stesso articolo - rispettivamente a un titolo edilizio realmente rilasciato dall'autorità competente e recante gli estremi indicati o all'elemento cronologico della data di inizio delle opere (cfr. Cass. ord. n.23394/2023). 
In tal senso, la cennata dichiarazione assolve la funzione di assicurare all'acquirente la possibilità di condurre le opportune indagini finalizzate alla verifica della regolarità urbanistica - anche sul piano sostanziale - del bene compravenduto, onde consentirgli di determinarsi consapevolmente, nel caso di riscontrata difformità edilizia, in ordine alla scelta di stipulare egualmente l'atto nonché di apprezzare l'effettivo valore commerciale da attribuire al bene medesimo in relazione alla sua diversa qualità giuridica. 
Qualora venga accertata la difformità dell'immobile rispetto al titolo edilizio all'acquirente resta comunque salva la possibilità di agire in giudizio per chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore ove ne ricorrano i presupposti, come nell'ipotesi di compravendita di aliud pro alio. 
La consegna di aliud pro alio, infatti, dà luogo all'ordinaria azione contrattuale di risoluzione ai sensi dell'art. 1453 c.c., stante l'assoluta eterogeneità del bene consegnato rispetto a quello pattuito per natura, individualità, consistenza e destinazione nonché per la sua inidoneità ad assolvere allo scopo economico-sociale della res promessa e, quindi, a fornire l'utilità presagita. In tema di compravendita, il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.) e la mancanza di qualità promesse o essenziali (1497 c.c.), presupponendo l'appartenenza della cosa al genere pattuito, differiscono dalla consegna di aliud pro alio, che si determina quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale o a quella ritenuta essenziale dalle parti (Cass. sent. n. 8649/2024; sent. n.23604/2023). 
Cosicché, in tema di compravendita, il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.) e la mancanza di qualità promesse o essenziali (1497 c.c.), presupponendo l'appartenenza della cosa al genere pattuito, differiscono dalla consegna di aliud pro alio, che si determina quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale o a quella ritenuta essenziale dalle parti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8649 del 02/04/2024; ### 2, Sentenza 23604 del 02/08/2023; ### 2, Ordinanza n. ### del 13/12/2022; ### 2, Ordinanza n. 28069 del 14/10/2021; ### 2, Sentenza n. 7557 del 23/03/2017; ### 2, Sentenza n. 6596 del 05/04/2016; ### 1, Sentenza n. 2313 del 05/02/2016; ### 2, Sentenza n. 28419 del 19/12/2013; ### 2, Sentenza n. 10916 del 18/05/2011; ### 3, Sentenza n. 18859 del 10/07/2008; ### 2, Sentenza n. 5202 del 07/03/2007; Sez. 1, Sentenza n. 11018 del 21/12/1994). 
Si ricade nel campo di operatività della garanzia edilizia in senso tecnico per vizi redibitori (rilevante sul piano oggettivo), con riferimento alla cosa consegnata, qualora questa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all'uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Si ha, invece, mancanza di qualità essenziali quando - in ragione delle alterazioni subite - la cosa appartenga, per sua natura o per gli elementi che la caratterizzano, ad un tipo o ad una specie diversa da quella pattuita, pur rimanendo nell'ambito dello stesso genere. Per contro, sussiste consegna di aliud pro alio, che dà luogo all'azione contrattuale di risoluzione ai sensi dell'art. 1453 c.c., qualora il bene consegnato sia completamente eterogeneo rispetto a quello pattuito per natura, individualità, consistenza e destinazione, cosicché, appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere allo scopo economico-sociale della res promessa e, quindi, a fornire l'utilità presagita. 
La vendita di aliud pro alio dà luogo ad un'ordinaria azione di risoluzione contrattuale ed è dunque totalmente svincolata dai termini e dalle condizioni di cui all'art. 1495 Presuppone, infatti, che la causa concreta che aveva giustificato l'atto traslativo non sia realizzabile in modo irrimediabile (in ragione dell'accertamento del fatto che le caratteristiche del calcestruzzo fornito non fossero, a monte, assolutamente adatte a realizzare la pavimentazione industriale, per l'appartenenza della cosa fornita ad altro genere merceologico, alla stregua della minore capacità di resistenza dedotta), tanto da pregiudicare la stessa identità della cosa acquistata (e i connessi interessi sottesi al programma negoziale), e non già che vi sia la mera carenza di requisiti sanabili, non costituenti un elemento di identificazione del bene e senza un definitivo pregiudizio della idoneità rispetto alla categoria merceologica cui il compratore intendeva destinare la cosa. 
Compendiati così i parametri giurisprudenziali con la normativa di riferimento, occorre adesso procedere all'esame delle questioni di merito poste a fondamento delle domande azionate nei confronti dei convenuti venditori. 
Dalla documentazione in atti emerge che i sig.ri ### e ### hanno stipulato con ### e ### in data ### un contratto di compravendita, per ### (rep. N.###, racc. n.20299), avente ad oggetto l'immobile sito ### di ### via Rua di sotto n.72, censito in catasto fabbricati al foglio 2, part. 521 sub.2, piano T.-1, cat. A/3, classe 7, vani catastali 5, il cui prezzo, pari a € 135.000,00, è stato integralmente versato dagli acquirenti.  ### veniva all'uopo descritto come “casa formata da tre vani ed accessori al piano terra, con sovrastante locale di sgombero, accessorio e terrazza a livello al primo piano, con annessa corte al piano terra di pertinenza esclusiva”. 
In sede di stipula del contratto, parte venditrice dichiarava che le opere relative all'immobile in oggetto erano state eseguite in data anteriore al 1° settembre 1967 in conformità alle norme urbanistiche all'epoca vigenti e che successivamente non erano intervenute modifiche edilizie per le quali era necessario richiedere autorizzazione amministrativa; contestualmente veniva dichiarata la conformità dell'immobile ai dati catastali risultanti nel ### di ### di ### e alla planimetria depositata in catasto. 
A seguito dei sopralluoghi effettuati dalle competenti autorità veniva emessa un'ordinanza di demolizione e ripristino nei confronti dei proprietari dell'immobile da parte del Comune di ### di ### (n. 5/2017) e una serie di atti istruttori susseguenti all'esito dei quali emergeva che “l'immobile è difforme dalla licena edilizia n.29/1950 del 17.12.1950 per via di abusi edilizi effettuati successivamente, riconducibili alla ristrutturazione consistenti nell'ampliamento del piano terra e nella realizzazione di una sopraelevazione, con relativa terrazza”. 
Gli odierni attori quindi accertavano che l'unica licenza edilizia sussistente risaliva al 1950 quando l'allora proprietario aveva trasformato l'immobile in una civile abitazione terrana composta da tre vani, un ripostiglio, una cucina ed un bagno, oltre cortile e tetto. 
Tale consistenza era rimasta invariata anche al momento dell'acquisto da parte dei convenuti venditori, risalente al 24.7.2001, ove la descrizione dell'immobile era perfettamente speculare a quella di cui sopra. 
La modifica dei luoghi appare per la prima volta nell'atto di compravendita oggetto della presente controversia determinando una profonda difformità tra lo stato di fatto descritto nell'atto di vendita del 2001 e quello successivo del 2013. 
In quella sede emergeva peraltro che i venditori avevano dichiarato, prima della stipula dell'atto di compravendita, presso il ### U.P. di ### n. ### una variazione catastale al fine di creare una corrispondenza tra lo stato dei luoghi iniziale e quello successivo alle modifiche intervenute, depositando la planimetria aggiornata. 
Le contestazioni mosse dagli odierni attori quindi riguardano la serie di difformità riscontrate nell'immobile per lavori realizzati in mancanza di un provvedimento concessorio. 
Procedendo ad esaminare in ordine le richieste avanzate dagli attori, con riferimento alla domanda di nullità dell'atto pubblico di compravendita ex art. 40 L. n. 47/1985 è necessario accertare la sussistenza dei requisiti sovracitati, richiesti dalla normativa di riferimento e specificati dalla giurisprudenza di legittimità. 
Anzitutto dall'esperimento delle prove testimoniali, in particolare dalla deposizione del dante causa nei confronti del venditore, è emersa una diversa e maggiore consistenza dell'immobile rispetto a quella esistente all'epoca in cui ne era proprietario. Il teste, infatti, ha confermato che il primo piano comprendeva solo una piccola terrazza - con capienza massima di 2 persone -, che non vi era una scala interna all'immobile e di non essere mai entrato nel sottotetto, che pertanto era a quel tempo inutilizzato. 
È opportuno quindi soffermare l'attenzione sulle risultanze dell'elaborato del CTU ed in particolare sull'esito delle ricerche condotte dal consulente volte alla verifica della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile. 
Invero, il C.T.U. ha innanzitutto ricostruito cronologicamente la storia urbanistica dell'immobile oggetto della presente controversia, affermando che “La prima planimetria documentale risale al 1939 come risulta agli atti catastali registrata al foglio 2, part. 521 sub. 1. Nel 1950 l'immobile a seguito della concessione edilizia n. 29/1950 del 17-12- 1950 viene trasformato in civile abitazione costituita da tre vani, un ripostiglio, una cucina e un locale wc. 
Tale planimetria rilevata e approvata all'interno della concessione edilizia non risulta mai essere stata registrata come variazione in catasto, ma mostra la presenza della corte interna che rimane invariata fino al 1976 come si riscontra visionando l'aerofotogrammetria. 
La successiva documentazione catastale presente all'agenzia dell'entrate è del 2012, dove la particella 522 viene soppressa e l'immobile presenta un unico identificativo e la consistenza dell'immobile è modificata da un ampliamento e diversa distribuzione interna con una consistenza di 5 vani distribuiti tra piano terra e piano primo”; ed ancora circa la ricostruzione delle vicende riguardanti l'immobile: “Il primo atto abilitativo risulta essere quello relativo al rilascio della licenza edilizia n. 29/1950 del 17-12-1950 a nome di ### il quale a suo tempo risultava proprietario dell'immobile. 
Tale concessione autorizzava il cambio di destinazione d'uso dell'immobile, il quale originariamente come risulta dagli atti catastali del 27/10/1939, era destinato a cantina e fienile. È da sottolineare che come sopra detto, al cambio di destinazione da deposito a civile abitazione non fu mai dato seguito ad un aggiornamento catastale. Successivamente a questa data non risultano rilasciate altre autorizzazioni o concessioni edilizie per un'eventuale ristrutturazione e/o trasformazione dell'immobile. Al contrario agli atti del comune si rileva la presenza di una cospicua documentazione relativa agli abusi commessi. 
Il riscontro di tali abusi viene rilevato esaminando una variazione catastale presentata in data ### dai proprietari di quel periodo (I #### e ### i quali hanno denunciato le variazioni catastali del proprio immobile senza nessun supporto di titolo abilitativo rilasciato dal comune di ### di ### Tali abusi vengono infatti accertati a seguito di una denuncia per realizzazione di una tettoia realizzata nel terrazzo senza autorizzazione; da ciò ne sono scaturiti vari sopralluoghi eseguiti dalla polizia municipale e dall'ufficio tecnico del comune di ### di ### e rispettivamente in data ###; 20/03/2017 e 06/04/2017. A seguito dei su citati sopralluoghi il comune ha emanato un'ordinanza di demolizione con n. 5/2017 del 02/05/2017. 
Successivamente alle varie istanze della sig. ### al fine di ottenere la revoca dell'ordine di demolizione sono state emesse note di riscontro con totale inammissibilità delle richieste confermando in pieno la demolizione delle opere abusivamente realizzate con il ripristino dello stato originario dei luoghi. 
Il perito nominato dall'ufficio, con argomentazioni logiche, congrue, immuni da censure e pertanto pienamente condivisibili da questo ### ha poi effettivamente rilevato plurimi profili di difformità dell'immobile nei fatti realizzato e compravenduto rispetto al progetto depositato ed assentito dalla competente autorità e ha infatti rilevato conclusivamente che “pertanto dalle considerazioni su esposte e dalla documentazione esaminata si può con certezza affermare che l'immobile in questione sito in ### di ### n. 72, in catasto al foglio 2, part. 521 sub. 1 alla data odierna risulta essere difforme urbanisticamente, in quanto notevolmente diverso per come riscontrato dai sopralluoghi effettuati all'ultimo titolo abilitativo rilasciato. Infatti la licenza edilizia n. 29/1950 (ultimo ed unico titolo abilitativo rilasciato per l'immobile in oggetto), autorizzava alla costruzione di una unità abitativa composta da n. 3 vani, un ripostiglio, una cucina ed un gabinetto, nonché di un cortile interno indicato nel grafico approvato ed allegato alla suddetta licenza edilizia. Situazione ben diversa riscontrata alla data odierna dalla sottoscritta la quale ha accertato una notevole diversa distribuzione interna, chiusura di una porzione di cortile interno; realizzazione di scala esterna nella porzione residuale del cortile per l'accesso al lastrico solare in origine copertura; nonché la costruzione di un locale con WC scaturito dal recupero del sottotetto e messo in comunicazione al vano sottostante da una scala a chiocciola”; ed ancora: “Il riscontro degli abusi viene rilevato dalla successiva denuncia delle variazioni catastali dell'immobile senza nessun supporto di titolo abilitativo e a seguito di una denuncia per realizzazione di una tettoia realizzata nel terrazzo; da ciò ne è derivata un'ordinanza di demolizione al quale risulta essere inammissibile la revoca. Pertanto si può con certezza affermare che l'immobile in questione alla data odierna risulta essere difforme urbanisticamente”. 
Nell'individuare il lasso temporale di realizzazione degli abusi e gli autori degli stessi il consulente ha evidenziato che “gli abusi riscontrati siano principalmente stati realizzati negli anni successivi al 1976 (come visionato nella sovrapposizione dell'aerofotogrammetria del 1976 dove la sagoma dell'edificio risulta essere invariata) quindi tale considerazione ci conduce ad affermare che tali abusi siano stati effettuati successivamente a questa data. Esaminando inoltre l'atto di vendita del 24/07/2001 registrato a ### il ### al n. 8447, in cui si trasferiva la proprietà dai sigg. ### e D'### ai ### e Cucè ### si legge la descrizione dell'immobile in vendita che ne indica la consistenza in n. 3 vani e tre accessori (cucina, bagno, ripostiglio), con annesso cortiletto a piano terra. Fin qui la consistenza descritta risulta essere proprio quella indicata nel titolo edilizio rilasciato nel 1950, ma dopo aggiunge con soprastante soffitta (non riscontrabile nel titolo edilizio del 1950), quindi il primo abuso per la realizzazione della soffitta è attribuibile ai ### e D'### che ne confermano l'esistenza nell'atto di trasferimento dell'immobile. 
In data ### i coniugi ### e Cucè ### denunciano all'### delle ### variazione catastale con planimetrie che illustrano lo stato attuale dei luoghi. Detta variazione catastale evidenzia una notevole trasformazione dell'immobile realizzata senza nessun titolo autorizzativo rilasciato da parte del Comune di #### di ### e quindi mettendo palesemente alla luce tutte le opere abusive precedentemente descritte. Dalla cronologia degli atti la ristrutturazione pesante eseguita abusivamente sull'immobile sito in via ### n. 72 ### di ### è attribuibile ai coniugi ### e ### i quali ne hanno denunciato la loro realizzazione con la presentazione della variazione catastale e ancor più in data antecedente all'atto di vendita a favore dei ### e ### che acquistano con rogito in data ###. 
Dopo la data del 6/9/2013 con titolarità dell'immobile ai coniugi ### e ### gli altri abusi riscontrati per come anche accertato dai verbali di sopralluogo della P.M. del 17 e 20 marzo del 2017 nonché dal sopralluogo tecnico del 6/04/2017, relativamente alla copertura del cortile esterno dove insiste il vano scala e al cambio di destinazione d'uso del locale di sgombero posto a primo piano e struttura precaria per pergolato su terrazzo, sono attribuibili ai ### e ### Salvatore”. 
Ciò posto, nella fattispecie in esame è pacifico e documentale che nel contratto del 6.9.2013 sia stata inserita la dichiarazione con la quale i venditori attestavano che le opere realizzate sul fondo alienato erano iniziate anteriormente al 1° settembre 1967 e parimenti non è controverso che tale dichiarazione si riferisca proprio all'immobile ivi costruito e sia veritiera nella parte in cui attestava l'inizio delle opere in epoca antecedente al 1° settembre 1967, almeno nella fase anteriore agli abusi accertati.  ###, infatti, ha confermato che la maggior parte dell'opera di edificazione dell'immobile oggetto di compravendita è stata iniziata prima della suddetta data spartiacque. 
È vero che sulla scorta delle risultanze della c.t.u. svolta è stato accertato che dopo quella data l'immobile venduto ha subito importanti modifiche urbanistiche non autorizzate, ma per come già evidenziato eventuali difformità rispetto allo stato di fatto originario risultano irrilevanti sotto il profilo della validità dell'atto - senza che al riguardo si riveli di una qualche utilità la distinzione in termini di variazioni essenziali e non essenziali (cfr. Cass. n. 15587/2022) -, non incidendo sulla riferibilità ai beni della dichiarazione sostitutiva resa dai venditori e potendo produrre le loro conseguenze unicamente sul terreno della responsabilità. 
Ne deriva che, sussistendo il requisito di forma richiesto dalla legge, la presenza di difformità della costruzione rispetto al titolo abilitativo non comporta nullità del contratto, ma può assumere rilevanza in termini di inadempimento. 
Va inoltre escluso che la nullità del contratto possa derivare dalla non veridicità della dichiarazione con la quale i venditori avevano attestato che successivamente al 1° settembre 1967 non erano state eseguite modifiche richiedenti il rilascio di apposito titolo abilitativo, essendo anche questo un aspetto estraneo all'ambito di applicabilità della norma di cui all'art. 40, comma 2, L. n. 47 del 1985 e potenzialmente rilevante ai soli fini dell'affermazione di un'eventuale responsabilità contrattuale dei dichiaranti Ne deriva quindi il rigetto della domanda attorea di nullità del contratto. 
A questo punto, quindi, occorre verificare se il profilo della conformità urbanistica - non rilevante nel perimetro della nullità - possa incidere sull'attivazione di rimedi di natura negoziale, ossia se le difformità riscontrate, essendo in grado di pregiudicare in maniera rilevante l'utilizzo del bene, possano integrare un inadempimento di parte venditrice e determinare la risoluzione del contratto per aliud pro alio. 
In via preliminare, alla luce dei principi giurisprudenziali sovracitati, non risulta condivisibile l'eccezione difensiva, sollevata da parte convenuta, di decadenza e prescrizione dell'azione formulata di risoluzione del contratto per mancato rispetto del termine di cui all'art. 1495 Ed infatti il rimedio risolutorio azionato dagli odierni attori rientra non nell'alveo della disciplina dei rimedi di natura edilizia, quanto piuttosto nella disciplina generale dell'art. 1453 c.c. stante che si ritiene sussistente, nel caso in esame, l'inadempimento di parte convenuta costituito dalla consegna di aliud pro alio. In tal modo quindi la tutela dell'acquirente è sottratta ai brevi termini di prescrizione e decadenza previsti dalla disciplina dei vizi e della mancanza della qualità della cosa e l'azione resta invece esperibile entro il termine di prescrizione ordinaria e non è soggetta ad alcun onere di denuncia. 
Va pertanto disattesa l'eccezione sollevata dai convenuti di decadenza degli acquirenti dalla garanzia per i vizi per tardività della denunzia come pure l'eccezione di prescrizione, rimasta indimostrata, stante il termine decennale di maturazione. 
Procedendo quindi ad esaminare nel merito la suddetta azione di risoluzione del contratto l'indagine del ctu ha rilevato che le difformità riscontrate integrano abusi edilizi non sanabili per cui è stata emessa un'ordinanza di demolizione che impone la rimessa in pristino dello stato dei luoghi, da cui consegue sia una significativa riduzione della metratura dell'immobile sia una sostanziale riduzione e differente distribuzione dei locali. 
Con il ripristino delle condizioni dell'immobile in conformità al titolo edilizio si realizzano dunque delle modifiche ingenti e sostanziali che portano ad un mutamento delle esigenze abitative manifestate al momento dell'acquisto, motivo per il quale si ritiene sussistente una ipotesi di vendita di aliud pro alio. 
Le citate e accertate difformità dello stato di fatto dell'immobile rispetto a quello progettuale, impedendo l'utilizzazione dello stesso in conformità alle esigenze abitative degli acquirenti, manifestate al momento dell'acquisto, determinano infatti la vanificazione della funzionalità economico-sociale dell'immobile come prospettata e l'incapacità di soddisfare i concreti bisogni che hanno indotto gli odierni attori ad effettuare l'acquisto. 
Le difformità riscontrate e la impossibilità, appurata dal ### di conseguire la sanatoria delle opere dunque integrano un'ipotesi di inadempimento all'obbligazione assunta dai venditori di garanzia della conformità urbanistica dell'immobile di gravità tale da legittimare l'applicazione dell'invocato rimedio caducatorio. 
Né il rimedio risolutorio può trovare un ostacolo nel fatto che è stato accertato, sempre in sede di consulenza tecnica d'ufficio, che alcuni degli abusi sono stati realizzati proprio dagli attori successivamente all'acquisto, trattandosi all'uopo di modifiche non incidenti in misura rilevante sullo stato dei luoghi. Ed infatti il consulente tecnico ha espressamente chiarito che le opere di ristrutturazione “pesante” sono state eseguite dai venditori così come emerge dalle variazioni catastali denunciate in data ### e dalla relativa planimetria aggiornata depositata nel 2012; tale aspetto è stato ulteriormente specificato in sede di risposta alle osservazioni formulate dai consulenti tecnici di parte ove il CTU ha ribadito che le opere relative al vano che precedentemente era un “locale di sgombero” sono state realizzate in epoca antecedente all'atto di vendita a favore degli acquirenti, ai quali quindi viene imputato solo il cambio di destinazione d'uso del suddetto locale. 
Alla luce di tutto ciò il contratto di compravendita oggetto del presente giudizio deve considerarsi risolto (per gli effetti vedi infra par. 5).  2. Responsabilità del mediatore - ### odierni attori convenivano in giudizio altresì ### in proprio e quale titolare della ditta “### immobiliare” deducendo di essersi rivolti alla predetta agenzia al fine di reperire un fabbricato da destinare a civile abitazione e che l'immobile oggetto della presente controversia era stato allora proposto dal mediatore previa rassicurazione circa la regolarità e conformità urbanistica dello stesso. 
In particolare gli acquirenti lamentavano la dichiarazione resa dal mediatore, all'atto di stipula della proposta di acquisto immobiliare in data ###, avente ad oggetto la conformità alla normativa edilizia ed urbanistica vigente, in ogni caso antecedente al 1967. 
Chiedevano all'uopo la condanna del mediatore alla restituzione della provvigione debitamente corrisposta (fattura n.1 del 6.9.2013) e non dovuta per la conclusione dell'affare, oltre al risarcimento dei danni patiti dagli stessi.  ### il profilo della responsabilità del mediatore è ormai affermato l'indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'art. 1759, 1 comma, c.c., laddove impone al mediatore di comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla sua conclusione, deve essere letto in coordinazione con gli artt. 1175 e 1176 dello stesso codice, nonché al lume della disciplina dettata dalla legge n. 39 del 1989, attuativa della ### 2006/123, che ha posto in risalto la natura professionale dell'attività del mediatore, subordinandone l'esercizio all'iscrizione in un apposito ruolo, che richiede determinati requisiti di cultura e competenza e condizionando all'iscrizione stessa la spettanza del compenso. 
Con la conseguenza che il mediatore, pur non essendo tenuto, in difetto di un incarico particolare in proposito, a svolgere, nell'adempimento della sua prestazione, specifiche indagini di natura tecnicogiuridica (come l'accertamento della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile oggetto del trasferimento), al fine di individuare circostanze rilevanti circa la conclusione dell'affare a lui non note, è gravato, tuttavia, di un obbligo di corretta informazione, secondo il criterio della media diligenza professionale, il quale comprende, in senso positivo, l'obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che si richiede al mediatore, nonché, in senso negativo, il divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su circostanze delle quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle (cfr. Cass. sent. n. 5107/1999; Cass. sent.  n.18140/2015). 
Ne consegue che, qualora il mediatore dia informazioni su circostanze di cui non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, le quali si rivelino poi inesatte e non veritiere, ovvero ometta di comunicare circostanze da lui non conosciute ma conoscibili con l'ordinaria diligenza professionale, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l'effetto, dal cliente ( sent. n. 16009/2003). 
Nel caso in esame alla stregua di tali principi non può che affermarsi l'inadempimento da parte del mediatore ### all'obbligo di informazione previsto dall'art. 1759 È vero che l'accertamento della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile oggetto del trasferimento non rientrava nell'alveo della prestazione richiesta al mediatore, ma è altrettanto vero che nel modulo sottoscritto dalle parti, predisposto dal mediatore stesso, si dava espressamente atto della regolarità edilizia ed urbanistica dell'immobile, nonostante le profonde ed evidenti difformità dell'abitazione rispetto al provvedimento concessorio che potevano essere rilevate usando l'ordinaria diligenza ovvero la capacità professionale richiesta dal ruolo. 
Non è condivisibile l'obiezione difensiva secondo cui la bontà dell'immobile sia stata ricavata dalla descrizione contenuta nell'atto precedente di acquisto del 2001, la quale includeva la presenza di una “sovrastante soffitta”, e dalla corrispondenza delle planimetrie prodotte. 
Ed infatti sotto il primo profilo la enunciazione di una “sovrastante soffitta” non può ritenersi sovrapponibile alla esistenza di un piano superiore con annesso WC; secondariamente è stata accertata la non corrispondenza tra la planimetria risalente al 1939 e quella del 2012, il che dimostra che le variazioni emergenti andavano adeguatamente riscontrate. Anzi, come già evidenziato, il deposito della planimetria aggiornata era stato proprio necessario per i venditori per rendere conforme lo stato di fatto dell'immobile esistente prima dell'atto di vendita rispetto alla planimetria risultante al catasto. 
Ancora occorre evidenziare che il mancato controllo e le mancate verifiche da parte di altri professionisti o autorità competenti non assurge a giustificazione per la propria negligenza. 
Ne discende quindi che essendo le difformità dell'immobile circostanza nota al mediatore ovvero - anche se non nota - in ordine alla quale aveva l'onere di controllare la veridicità delle informazioni ricevute, può ritenersi che il convenuto non abbia assolto l'obbligo di corretta informazione, in base al criterio della media diligenza professionale, il quale comprende l'obbligo di comunicare non solo le circostanze note al mediatore ma anche quelle conoscibili con la diligenza professionale richiesta ad un mediatore professionale, per quanto sopra esposto. 
Dall'affermata responsabilità del mediatore per il mancato assolvimento degli obblighi su di esso gravanti discende automaticamente l'obbligo di restituzione in favore degli acquirenti del compenso indebitamente percepito. 
Nessun'altra voce di danno, invece, deve essere risarcita nei confronti degli attori stante l'assenza di adeguata prova.  2.1 Domanda di manleva nei confronti della compagnia assicuratrice Il mediatore convenuto esperiva contestualmente domanda di manleva nei confronti della compagnia assicuratrice ### s.p.a. chiedendo, nell'ipotesi di accoglimento della domanda attorea, la condanna della assicurazione al pagamento delle somme a qualsiasi titolo riconosciute nei confronti degli attori. 
Costituitasi in giudizio, ### s.p.a. asseriva in primis la correttezza dell'operato della società di mediazione immobiliare e deduceva poi in ogni caso la limitazione di cui all'art.8 della polizza assicurativa secondo cui la copertura riguardava solo le perdite patrimoniali involontariamente cagionate a terzi (compresi i clienti) ed in ogni caso l'operatività della franchigia pari a € 750,00. 
Considerato che, in virtù di quanto detto sopra, l'unica voce di danno per la quale il mediatore è stato condannato è la restituzione della provvigione che gli era stata indebitamente corrisposta e che, alla luce dell'ambito di applicazione della polizza, la copertura assicurativa non si estende al compenso percepito dal mediatore, il quale non rientra nella nozione di “danno involontariamente causato a terzi”, ne deriva che la domanda di manleva non può trovare accoglimento.  3. Responsabilità dell'istituto bancario - ### s.p.a. 
Gli odierni attori convenivano in giudizio altresì l'istituto di credito mutuante al fine di ottenerne la dichiarazione di responsabilità per non avere svolto, in vista della concessione del mutuo, tutti gli accertamenti istruttori anche di natura tecnica e amministrativa che involgevano la verifica della regolarità edilizia e urbanistica dell'immobile ed il suo valore economico, ingenerando negli acquirenti il legittimo affidamento circa la regolarità amministrativa dell'acquisto. 
Deducevano in particolare che per ottenere la disponibilità necessaria per procedere alla conclusione dell'atto di compravendita, stipulavano un contratto di mutuo ipotecario con l'istituto di credito ### s.p.a. in data ### - contestualmente alla stipula dell'atto di compravendita - ai rogiti del medesimo notaio (rep. N.###, racc n.20300) per un importo di € 105.000,00 da rimborsare in n. 300 rate mensili di € 601,37, oltre una rata di € 335,25 per interessi di preammortamento da pagare anticipatamente per un totale complessivo di € 180.784,04. 
Gli acquirenti contestavano che l'esito positivo dell'attività istruttoria svolta dall'istituto di credito, cui ha fatto seguito il consenso alla erogazione del mutuo, ha determinato l'insorgenza del legittimo affidamento da parte degli stessi sulla regolarità amministrativa dell'immobile. 
Deducevano quindi la nullità del contratto di mutuo ai sensi dell'art. 38 comma d.lgs. n.385/93 per violazione del limite di finanziabilità dell'80% del valore del bene che la somma erogata a mutuo era superiore al 230% del valore del valore dell'immobile. 
In ogni caso si riteneva il contratto nullo per illiceità della causa ex art. 1343 c.c. per violazione di norme urbanistiche nonché ex art. 1346 c.c. trattandosi di immobile parzialmente abusivo, ossia di oggetto connotato da impossibilità giuridica. 
Conseguentemente, chiedevano, la nullità del contratto di mutuo, la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria e la restituzione delle somme versate in conseguenza dello stipulato contratto, nonché il risarcimento dei danni patiti in solido con tutti i convenuti.  ### il profilo della domanda di nullità per violazione dell'art. 38 comma 2 d.lgs. 385/1993 sono di recente intervenute le ### della Corte di Cassazione (sent. n. ###/2022) pronunciandosi definitivamente sulla sorte del contratto di mutuo fondiario concesso in violazione dei suddetti limiti e affermando il seguente principio di diritto: “In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all'articolo 38, secondo comma, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell'oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione - qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all'### di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell'ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. articoli 51 ss. e 53 t.u.b.) - la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l'interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito”. 
Ne deriva, quindi, che nonostante l'esito della consulenza tecnica che - mediando i valori di mercato del metodo di stima analitico e sintetico - ha dedotto un valore complessivo, alla data della stipula del contratto, dei beni pari a € 86.752,50 a cui sottraendo i valori di spesa per la regolarizzazione degli abusi sanabili risulta un valore residuale pari a € 54.752,50, con conseguente indicazione della percentuale di mutuo erogato rispetto al prezzo residuale pari al 182,65%, questo non potrà incidere agli effetti della validità del contratto. 
Per queste ragioni si deve concludere per l'infondatezza della contestazione della validità del mutuo e dell'ipoteca che fa riferimento alla dedotta violazione dell'art. 38 comma 2 TUB, indipendentemente dalla valutazione del valore dell'immobile e del suo rapporto col finanziamento erogato ed indipendentemente anche dalla incidenza su tale valore e su tale rapporto. 
Parimenti non può ritenersi fondata l'eccezione di nullità del contratto di mutuo per illiceità dell'oggetto o della causa, atteso che la sentenza delle ### della Suprema Corte n. 8230/19 ha chiaramente affermato che in caso di difformità urbanistiche del bene non solo non è ravvisabile alcuna nullità ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.c., ma nemmeno può parlarsi di nullità ai sensi del comma 2 della norma citata, poiché il carattere abusivo del bene non va ad incidere né sull'oggetto né sulla causa del negozio in quanto la regolarità urbanistica dell'immobile è estranea a tali elementi del contratto.  ### il profilo del lamentato legittimo affidamento ingenerato negli acquirenti è bene evidenziare che l'istituto bancario, dopo la richiesta di concessione di mutuo, ha svolto l'istruttoria interna, anche sulla base della perizia sull'immobile effettuata dalla società incaricata, la quale accertava l'epoca di costruzione dell'immobile (antecedente al 1.9.1967) e la valutazione dello stesso in complessivi € 161.000,00.  ### quindi, confortata dalla perizia estimativa e dalla relazione preliminare notarile concedeva il mutuo in parola. 
Deve sul punto condividersi quanto sostenuto dall'istituto di credito convenuto secondo cui scopo della perizia della banca è solo quello di comprendere quale valore potrebbe avere un bene sul mercato, onde verificare la tenuta della garanzia ipotecaria nel caso di inadempimento e, dunque, di vendita forzata.  ###à del perito, infatti, è funzionale all'approvazione della richiesta di mutuo (che, nel caso di specie, è stato ottenuto) e si estrinseca unicamente nei confronti della banca e non anche dei mutuatari; di modo che, un'eventuale negligenza da parte del tecnico incaricato nella stima dell'immobile prima dell'erogazione del mutuo può produrre delle conseguenze verso questa se la natura abusiva del bene è idonea a pregiudicare la realizzazione del credito dell'istituto in sede di esecuzione forzata. 
Rigettate quindi le domande di nullità del contratto di mutuo e di accertamento della responsabilità dell'istituto di credito, nel caso qui in esame occorre porre l'attenzione su un altro aspetto, ovvero il legame sussistente tra il contratto di compravendita e il contratto di mutuo. Ed infatti la riscontrata risoluzione del contratto di compravendita impone, dunque, di esaminare gli effetti che questa produce sulle sorti del contratto di mutuo fondiario stipulato dagli acquirenti insieme al convenuto #### s.p.a., siccome legato al primo da un indissolubile collegamento negoziale. 
Il collegamento negoziale è lo strumento o il meccanismo attraverso il quale le parti realizzano un'operazione economica unitaria, combinando una pluralità di negozi distinti, i quali - pur mantenendo la propria individualità negoziale - sono legati da un nesso di reciproca ovvero unilaterale dipendenza, tale per cui le vicende dell'uno si ripercuotono sull'altro. Lo schema del collegamento negoziale consente in definitiva di superare la formale distinzione di due o più contratti e di valorizzare l'unicità socio-economica dell'operazione, Gli elementi alla base del collegamento negoziale sono due: la pluralità di contratti e la connessione intercorrente tra gli stessi. 
Per stabilire se ricorra un collegamento negoziale, trattandosi di materia in cui è sovrana l'autonomia privata, occorre rifarsi alla volontà delle parti e ricercare, oltre i diversi schemi negoziali - ognuno produttivo dei suoi effetti e pertanto almeno in apparenza indipendente - se ricorra un collegamento specifico, per cui gli effetti dei vari negozi si coordinino per l'adempimento di una funzione unica; in altre parole se al di sopra della singola funzione dei vari negozi si possa individuare una funzione della fattispecie negoziale considerata nel suo complesso, per cui le vicende o, addirittura, la disciplina di ciascuno di essi siano variamente legati all'esistenza ed alla sorte dell'altro. (Cass. sent. n.474/1994) Applicando siffatte coordinate ermeneutiche al caso in esame, deve ravvisarsi tra il contratto di mutuo e il contratto di compravendita per cui è causa l'esistenza di un collegamento negoziale derivante dalla volontà di realizzare una complessa operazione economica, capace di trascendere le singole pattuizioni negoziali. 
Dal punto di vista oggettivo depongono in tal senso la contestualità dei contratti, stipulati in pari data, presso lo stesso notaio e recanti numeri di repertorio notarile consecutivi, e la concessione dell'ipoteca, a garanzia del mutuo, proprio sull'unità immobiliare oggetto di compravendita. 
Inoltre, nel contratto di compravendita, all'articolo relativo alla previsione del prezzo e alle modalità di versamento dello stesso, espressamente era stato previsto che, con riferimento alla somma di € 100.000,00, parte acquirente assumeva l'obbligo di pagarlo alla parte venditrice con netto ricavo di un mutuo fondiario che parte acquirente procedeva a contrarre nella stessa data con ### s.p.a. 
Era stato quindi testualmente previsto in sede di vendita che l'assunzione del debito, tramite la stipula del mutuo, fosse finalizzata all'adempimento, da parte degli acquirenti dell'obbligo di pagamento del corrispettivo in favore dei venditori ### e ### Anche nel contratto di mutuo è stata fatta espressa menzione dello scopo del finanziamento, tanto che si era stabilito che il mutuo veniva concesso per l'acquisto dell'immobile ad uso abitativo. 
Peraltro, la conclusione del contratto di compravendita è avvenuta in un momento immediatamente antecedente rispetto al mutuo, il che rende ancora più evidente la funzionalizzazione del prestito alla soddisfazione. 
Difatti, gli acquirenti si risolvevano alla stipula del mutuo al fine di adempiere all'obbligazione derivante dal contratto di compravendita; analogamente, la banca mutuante si risolveva alla conclusione del mutuo contando sulla garanzia ipotecaria, concessa dal mutuatario sull'immobile appena acquistato. 
Tali elementi consentono senza dubbio di ritenere integrata un'ipotesi di c.d. mutuo di scopo, atteso che il prestito di denaro in favore dei sig.ri ### e ### aveva una precisa e prefissata “destinazione d'uso” della somma mutuata, ossia l'acquisto dell'immobile di cui al presente giudizio. 
È evidente, dunque, che tale contratto perseguiva lo scopo, entrato a far parte dello schema causale del negozio, di consentire al mutuatario l'acquisto del bene e altresì lo scopo dei venditori di ricevere il pagamento del prezzo.  ### risoluzione della compravendita immobiliare rende inevitabilmente privo di causa concreta il mutuo fondiario di scopo concluso, in pari data, da ### e ### con l'istituto di credito ### s.p.a.  4. Responsabilità del notaio - ### odierni attori convenivano in giudizio altresì il notaio rogante ### al fine di accertare la responsabilità professionale dello stesso ai sensi dell'art.1176 comma 2 c.c. per non aver comparato lo stato di fatto dei luoghi riportato nell'atto di compravendita del 6.9.2013 con la consistenza risultante dall'atto di provenienza del 24.7.2001, comparazione che avrebbe messo in luce la modifica dello stato dei luoghi e la falsa dichiarazione dei venditori circa l'assenza di interventi edilizi successivi al 1967. 
Il convenuto eccepiva di avere, in sede di rogito del contratto di compravendita, raccolto le dichiarazioni urbanistiche del venditore e di avere correttamente valutato la documentazione prodotta, elemento che emerge dal fatto che i due atti (quello del 2001 e quello del 2013) riportavano la medesima consistenza dell'immobile di tre vani più accessori, includendo la presenza di un secondo livello: nel primo (quello del 2001) si discorreva di sovrastante soffitta; nel secondo (quello del 2013) di un locale di sgombero. 
Come ha più volte chiarito la giurisprudenza di legittimità, quale principio generale in tema di responsabilità professionale del notaio, che nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio dell'attività di notaio, il professionista è tenuto ad una prestazione che, pur rivestendo i caratteri dell'obbligazione di mezzi e non di risultato, non può ritenersi circoscritta al compito di mero accertamento della volontà delle parti e di direzione della compilazione dell'atto, estendendosi, per converso, a tutte quelle ulteriori attività, preparatorie e successive, funzionali ad assicurare la serietà e la certezza del rogito e, in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico (non meno che del risultato pratico) del negozio divisato dalle parti, con la conseguenza che l'inosservanza di tali obblighi accessori dà luogo a responsabilità ex contractu per inadempimento dell'obbligazione di prestazione d'opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità (ex multis Cass. Civ. sent.  1228/2003; v. anche sent. 7283/2021). 
Orbene se il notaio incaricato della redazione di un contratto per la compravendita di immobile non può limitarsi a procedere al mero accertamento della volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell'atto, rientra nondimeno tra i doveri del professionista non solo l'obbligo di informazione dei contraenti in merito a tutte le circostanze rilevanti ai fini della stipula dell'atto ma anche il dovere di consiglio ovvero di dissuasione, consistente nell'avvertire le parti di tutte le circostanze utili o rilevanti ai fini del rogito, allo scopo di porre in condizione i contraenti di stipulare un atto valido. 
Il dovere di informazione e di consiglio del notaio non può estendersi fino a ricomprendere la rappresentazione di fatti, atti o circostanze non prevedibili al momento della stipula dell'atto. 
Deve pertanto ritenersi estraneo all'obbligo di diligenza relativo all'attività esercitata dal notaio quello di fornire informazioni o consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post, e dunque giammai sulla base di circostanze future meramente ipotetiche (Cass. Civ. ord. 20297/2019). 
Il notaio che abbia autenticato le sottoscrizioni delle parti in calce ad una scrittura privata di vendita di una unità immobiliare compresa in un edificio, senza avere ricevuto dalle parti un incarico specifico di assistenza e consulenza, quindi non può essere considerato responsabile di una dichiarazione invalida resa dalla parte relativamente alla rispondenza dello stato di fatto della singola porzione immobiliare alla concessione edilizia relativa all'intero edificio, non estendendosi la fede privilegiata propria dell'atto notarile al contenuto delle dichiarazioni rese dalle parti, onde non è configurabile alcuna attività obbligatoria di accertamento da parte del notaio, che non ne abbia ricevuto specifico incarico, sulla veridicità delle dichiarazioni stesse. 
Fermi i principi di cui sopra, si osserva che i compiti di verifica e di accertamento del notaio non possono estendersi fino a ricomprendere le indagini sulla regolarità urbanistica del bene oggetto della compravendita, in considerazione del fatto che il notaio rogante è chiamato ad accertare la provenienza del bene e a verificarne la libertà da pesi o vincoli. 
Nel caso in esame si osserva che dall'esame del rogito, oggetto del presente giudizio, a firma del notaio ### risulta che il professionista, dopo l'ammonimento ai sensi di legge circa le sanzioni in caso di mendaci dichiarazioni, abbia regolarmente raccolto le dichiarazioni dei venditori circa l'epoca di costruzione del fabbricato e la conformità urbanistica dello stesso. 
Peraltro dalla documentazione consegnata in sede di rogito (atto di provenienza del 2001 e planimetrie) non emergeva alcuna divergenza tale da poter indurre il notaio a ritenere mendaci le dichiarazioni dei venditori. 
Le risultanze della esperita consulenza tecnica hanno affermato che le modifiche edilizie realizzate in forza della concessione n.29/1950 non sono mai state comunicate al catasto, motivo per cui le uniche planimetrie a disposizione al momento del rogito erano quella originaria del 1939 e quella successiva del 2012 depositata dai venditori, in cui risultava un ampliamento del piano terra e un vano sottotetto. 
Lo stesso professionista, in sede di interrogatorio formale, ha infatti evidenziato che la documentazione allora presentata non escludeva che tali modifiche - essendo la planimetria originaria risalente al 1939 - fossero intervenute comunque ante 1967, come espressamente dichiarato dai venditori in sede di stipula del contratto di compravendita e per cui non era necessario indicare il titolo edilizio corrispondente. 
Non vi era dunque nessun dovere del notaio di segnalare l'esistenza nei documenti di incongruenze che facessero temere l'esistenza di abusi edilizi, essendo comunque un onere gravante sulla parte acquirente quello di accertare la consistenza dell'immobile che si intendeva acquistare. 
Deve, quindi, escludersi la configurabilità di un obbligo giuridico a carico del pubblico ufficiale rogante di verificare la rispondenza al vero di quanto dichiarato dal venditore, dovendo il notaio verificare che nell'atto risultino gli estremi della conformità agli strumenti urbanistici o della concessione in sanatoria o ancora della domanda di condono presentata unitamente all'avvenuto versamento di somme a titolo di oblazione. 
In altri termini della veridicità delle dichiarazioni rese al notaio in merito alla regolarità urbanistica del cespite ovvero alla non ancora raggiunta regolarità urbanistica dell'immobile all'atto della compravendita (nel rogito si fa espresso riferimento alla domanda di condono) risponde il solo dichiarante, ossia la parte venditrice, in relazione ad un generale obbligo giuridico di affermare il vero, in ossequio ai principi di buona fede e correttezza che presidiano la responsabilità contrattuale, laddove è configurabile una responsabilità del professionista soltanto nella ipotesi di non conformità dell'atto rispetto alla dichiarazione ricevuta (Cass. sent. n.11628/2012). 
Essendo stato quindi rogato l'atto in conformità alle prescrizioni di legge, non si ritiene sussistente alcuna responsabilità in capo al convenuto notaio, con conseguente rigetto della relativa domanda risarcitoria.  5. Richieste risarcitorie ### con riferimento al contratto di compravendita gli attori hanno domandato la condanna dei venditori: 1) alla restituzione del corrispettivo pagato; 2) alla restituzione della somma di € 3.700,00 quale compenso corrisposto al notaio ### e di € 3.630,00 quale compenso corrisposto al mediatore ### oltre spese di istruttoria ed incasso rateale del mutuo per € 2.499,37, oltre imposta sostitutiva, interessi passivi corrisposti al ### s.p.a. e la somma di € 130,00 annuale per 25 anni per assicurazione fabbricato per incendio o scoppio accesa con ### spa a garanzia del mutuante; 3) al risarcimento di ulteriori voci di danno. 
Alla pronuncia di risoluzione del contratto consegue, anzitutto, quale effetto restitutorio determinato dalla caducazione ex tunc del rapporto negoziale, il ripristino della situazione antecedente con conseguente condanna dei venditori convenuti alla restituzione dell'importo percepito a titolo di corrispettivo in occasione e per effetto dell'operazione negoziale intercorsa tra le parti e conseguente condanna degli attori alla restituzione dell'immobile. 
Giova anzitutto chiarire che le domande restitutorie avanzate vanno qualificate come ripetizione di indebito ai sensi dell'art. 2033 c.c.; infatti “qualora venga acclarata la mancanza di una causa adquirendi - tanto nel caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, quanto in quello di qualsiasi altra causa che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente - l'azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo” (Cass. sent. n.14013/2017). 
Anzitutto, quindi, la risoluzione del contratto di compravendita legittima gli acquirenti ad ottenere dai convenuti venditori, la restituzione di quanto da questi incassato, pari alla somma di € 135.000,00 (così come risulta dall'atto notarile), che altrimenti verrebbe dagli stessi indebitamente trattenuta (art. 2033 c.c.). 
Tuttavia alla luce dell'esistente e accertato collegamento negoziale tra il contratto di compravendita e quello di mutuo, una volta caducati entrambi i negozi, incombe sui venditori l'obbligo di restituire direttamente all'istituto di credito la somma ricevuta sulla base del risolto contratto di mutuo. 
Sul punto, va fatta applicazione del principio per il quale, essendo stato il mutuatario obbligato ad impiegare la somma per l'acquisto dell'immobile, la risoluzione della compravendita del bene - che, come già accertato, importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo - legittima il mutuante a richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore (Cass. 19.5.2003 n. 7773; Cass.23.4.2001 n. 5966; Cass. 21.7.1998 7116; Cass. 20.1.1994 n. 474; 16.2.2010 n. 3589). 
Ne deriva quindi che i venditori vanno condannati alla restituzione della somma pari a € 105.000,00 concessa a mutuo direttamente nei confronti dell'istituto di credito. 
In seguito all'accoglimento della domanda principale incidente sulla validità del contratto gli odierni attori hanno chiesto, a titolo risarcitorio, la somma di € 3.700,00 quale compenso corrisposto al notaio ### e di € 3.630,00 quale compenso corrisposto al mediatore, oltre spese di istruttoria ed incasso rateale del mutuo per € 2.499,37, oltre imposta sostitutiva, interessi passivi corrisposti al ### spa e la somma di € 130,00 annuale per 25 anni per assicurazione fabbricato per incendio o scoppio accesa con ### spa a garanzia del mutuante. 
Invero la domanda risarcitoria può trovare accoglimento limitatamente alle spese strettamente correlate alla conclusione della compravendita e che possono ritenersi conseguenza immediata e diretta del pregiudizio subito, ossia il compenso corrisposto nei confronti del notaio per la relativa attività professionale svolta (per un importo pari a € 3.700,00). 
Con riferimento al compenso spettante al mediatore, infatti, l'accertata responsabilità dello stesso e il conseguente obbligo di restituzione della provvigione rende priva di fondamento la relativa richiesta risarcitoria. 
In merito alle somme corrisposte a titolo di spese di istruttoria e di interessi all'istituto di credito mutuante e le somme per la copertura assicurativa, va osservato come le stesse rientrino in una scelta volontaria e autonoma di parte attrice - quella di ricorrere ad un finanziamento da cui è conseguito l'esborso di interessi ovvero di stipulare una polizza assicurativa - così che tali voci di danno non possono essere considerate direttamente imputabili alla società convenuta. 
Parimenti non può trovare accoglimento la domanda risarcitoria avanzata dagli attori relativamente alle ulteriori voci di danno emerse in corso di causa, in quanto generica e non ulteriormente suffragata a livello documentale. 
Ne deriva, quindi, che il risarcimento del danno va riconosciuto in favore di ### e ### nei limiti anzidetti. 
Rispetto al contratto di mutuo gli attori hanno chiesto la condanna ### s.p.a. alla rifusione delle somme versate - a titolo sia di capitale che di interessi - in esecuzione del contratto di mutuo. 
Il convenuto ### S.P.A. ha però agito “in manleva” nei confronti degli altri convenuti, chiedendo di essere tenuto indenne di quanto sarà eventualmente condannato a versare agli attori. 
La domanda risarcitoria avanzata dagli attori nei confronti dell'istituto di credito avente ad oggetto il risarcimento dei danni va rigettata non essendo stata fornita adeguata prova circa l'effettivo pregiudizio patito. 
Al contrario con riferimento alla chiesta restituzione delle somme versate a titolo di sorte capitale e di interessi e spese in esecuzione del contratto di mutuo la domanda merita di essere accolta. Ed infatti sebbene non sia stata fornita adeguata prova circa l'effettivo versamento delle rate del mutuo da parte degli odierni attori, il convenuto ha implicitamente riconosciuto l'avvenuto pagamento in esecuzione del contratto di finanziamento, chiedendo la condanna degli attori alla restituzione del solo capitale “residuo”, con ciò ammettendo che una parte dello stesso sia stata già corrisposta. 
Pertanto l'istituto di credito, in forza della caducazione dei contratti, ha diritto a ricevere da parte dei venditori la restituzione del capitale concesso a mutuo e corrispondentemente deve essere condannato a restituire nei confronti degli attori acquirenti quanto già percepito in esecuzione del contratto ora risolto. 
La domanda di manleva formulata dal convenuto istituto di credito nei confronti degli altri soggetti, va rigettata atteso che non vi è alcun rapporto contrattuale tra l'istituto di credito e gli altri convenuti, per cui una eventuale responsabilità - oltre che provata nei suoi elementi costitutivi - dovrebbe discendere dall'applicazione dei principi di cui all'art. 2043 cod. civ., ed il termine di prescrizione quinquennale alla data dell'avanzata domanda è scaduto.  6. ### spese, come liquidate nel dispositivo, tenuto conto del principio della soccombenza e degli esiti della controversia, vanno così regolamentate: gli attori hanno diritto alla rifusione delle spese processuali da parte dei convenuti soccombenti (#### e ###, in solido tra loro; rispetto alle domande avanzate nei confronti del convenuto ### s.p.a., tenendo conto dell'esito della CTU e del recente principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione a ### nonché considerando l'effettiva risoluzione del contratto di mutuo con contestuale condanna dell'istituto di credito alla restituzione delle somme già versate, si ritiene opportuno compensare le spese tra gli attori e il convenuto; rispetto, invece, alle domande avanzate nei confronti del convenuto ### gli attori sono risultati soccombenti e, dunque, vanno condannati a rifondere le spese. 
Con riferimento alla posizione della terza chiamata in causa, nell'ambito della chiamata di manleva da parte del mediatore ### nei confronti della compagnia assicuratrice, reputando la stessa giustificata in virtù della concreta e attuale operatività della polizza assicurativa ed essendo stata rigettata la domanda solo per motivi inerenti alla qualificazione delle somme oggetto della condanna, si ritiene opportuno compensare le spese tra le parti.  P.Q.M.  ### di ### - sezione quinta civile, in persona del sottoscritto giudice istruttore in funzione di giudice unico, uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da ### e ### contro ###### s.p.a., ### disattesa ogni ulteriore istanza, così provvede: 1) accoglie la domanda di risoluzione e, per l'effetto, dichiara risolto il contratto di compravendita intercorso tra i sig.ri ### e ### e i sig.ri ### e ### rogato dal #### in data ### (rep 35.881, racc 20.299), avente ad oggetto l'immobile sito ### di ### via Rua di sotto n.72, censito in catasto fabbricati al foglio 2, part. 521 sub.2, piano T.-1, cat. A/3, classe 7; 2) dichiara altresì risolto il contratto di mutuo fondiario intercorso tra i sig.ri ### e ### e il ### s.p.a. rogato dal #### in data ### (rep. 35.882 e racc. 20.300) per l'importo di € 105.000,00; 3) condanna i sig.ri ### e ### alla restituzione in favore degli attori del prezzo di vendita pari a € 135.000,00, oltre interessi dal pagamento al saldo, di cui € 100.000,00 da corrispondere direttamente all'istituto di credito ### s.p.a.; 4) condanna l'istituto di credito ### s.p.a. alla restituzione nei confronti degli attori delle somme già versate e riscosse in esecuzione del mutuo; 5) condanna parte attrice alla restituzione del predetto immobile; 6) condanna ### alla restituzione della somma di € 3.630,00 quale compenso indebitamente ricevuto, oltre interessi legali dal pagamento al saldo; 7) condanna i convenuti soccombenti #### e ### alla rifusione nei confronti dell'attore dell'importo di € 3.700,00, corrisposto a titolo di compenso nei confronti del notaio; 8) rigetta la domanda di manleva esercitata dal convenuto ### nei confronti della compagnia assicuratrice ### s.p.a.; 9) rigetta le altre domande risarcitorie; 10) compensa le spese processuali tra il convenuto ### e la terza chiamata in causa ### s.p.a.; 11) compensa le spese processuali tra gli attori ### e ### e il convenuto ### s.p.a.; 12) condanna in solido i convenuti #### e ### alla rifusione in favore degli attori delle spese di giudizio, liquidate in complessivi € 22.500,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali, IVA e CPA come per legge; 13) condanna in solido i convenuti ### e ### alla rifusione in favore degli attori delle spese inerenti al sub procedimento di sequestro conservativo, liquidate in complessivi € 6.600,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali, IVA e CPA come per legge; 14) condanna gli attori ### e ### alla rifusione in favore del notaio ### delle spese di giudizio liquidate in complessivi € 14.000,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali, IVA e CPA come per legge. 
Così deciso in ### 3 marzo 2025 Il Giudice Istruttore Dott. ### presente provvedimento è stato redatto sotto le mie cure dalla dott.ssa #### in ### (D.M. 22 ottobre 2024).  ### dott. ### 

causa n. 7048/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Marino Giorgio

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Corte d'Appello di L'Aquila, Sentenza n. 1521/2024 del 09-12-2024

... 2001 e successivamente rinnovata in relazione alla classe merceologica n. 9 (commercializzazione di insegne luminose), nonché di svolgere attività commerciale in riferimento all'intero ambito nazionale, anche tramite web, dolendosi che le convenute, utilizzando la dicitura “### Alba”, di per sé confusiva rispetto al marchio di essa attrice, ponevano in essere atti violativi dei diritti di privativa di ### 1.2. Le convenute, nel costituirsi, avevano eccepito la nullità del marchio, ritenuto debole, in quanto carente del requisito della novità, la diversità della classe merceologica di riferimento (solo la 9 l'attrice, la 9 e la 11 esse convenute), la diversità dell'ambito territoriale di riferimento, operando l'attrice in Napoli, le convenute in ### e, in ogni caso, il preuso del marchio di fatto da parte di entrambe. 1.3. Il Tribunale ha innanzitutto ritenuto infondate l'eccezione di nullità (non configurandosi nello specifico un marchio cd. debole) e quella relativa alla diversità degli ambiti territoriali, avendo entrambe le parti provato di operare sull'intero territorio nazionale (docc. 2 e 5 indice di parte attrice e doc. 4 bis indice di parte convenuta) - anche tramite (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'###'### composta dai ### magistrati: Dott. ### rel. 
Dott. ### S. ###. ### riunito in ### di Consiglio ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile in grado d'appello iscritta al n. 246/2021 R.G., posta in deliberazione all'udienza collegiale del 25.09.2024 svoltasi con trattazione scritta e vertente TRA ### S.R.L. in persona dell'A.U. sig. ### con sede in Napoli alla via ### degli ### n°24 ed elettivamente domiciliata in Napoli alla via F. Crispi n°111, presso lo studio dell'avv. ### che la rappresenta e difende in virtù di procura conferitagli su foglio separato ai sensi del D.M 44/2011 #### S.R.L.S. con sede ###, in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro tempore ###ra ### e per la ### 1978 S.R.L.S.  con sede ###, in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro tempore ### rappresen tate e difese tra loro dall'Avv. ### unitamente e disgiuntamente all'Avv. ### de ### entrambi del ### di ### e, ai fini del presente giudizio, elettivamente domiciliat ###### alla ###. ### n. 69 giusta procura alle liti ex art. 83 c.p.c. allegata alla comparsa di costituzione e risposta d'appello; APPELLATE #### così conclude: “affinché voglia l'adita Corte d'Appello di L'### a parziale riforma della sentenza impugnata: A) nel merito, accogliere il presente appello e riformare la decisione impugnata nei termini indicati nell'atto introduttivo, tenendo conto che il Tribunale ha già riconosciuto in via definitiva (per cui è passata in cosa giudicata, non avendo controparte formulato appello incidentale in merito) sia la validità e la paternità del marchio “### Neon” in capo all'### S.r.l., sia la possibilità/probabilità di confusione e, quindi, la confondibilità tra i due marchi oggetto del giudizio, con l' 1) accertare e dichiarare la decadenza e/o l'inesistenza dal “preuso” del marchio “### Neon” e della denominazione sociale “### Alba” in capo alle ditte ### 1978 S.r.l.s. e ### S.r.l.s. in data antecedente e successiva all'intervenuta registrazione dello stesso ### da parte dell'### S.r.l.; B) per l'effetto e conseguentemente alla parziale riforma della sentenza impugnata, con l' 1) ordinare la modifica alle odierne appellate ### S.r.l.s. e ### 1978 S.r.l.s. del marchio da loro utilizzato “### NEON” o “### ALBA” ed inibire alle stesse l'uso del marchio “### NEON” in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo per la commercializzazione, l'offerta in vendita, la diffusione e la promozione dei propri prodotti commerciali richiamanti il suindicato logo; 2) inibire alle odierne appellate ### S.r.l.s. e ### 1978 S.r.l.s. ogni ulteriore compimento degli atti di concorrenza sleale, come meglio indicati in narrativa; 3) ordinare alle ditte ### S.r.l.s.  e ### 1978 S.r.l.s. il ritiro dal commercio e la distruzione di tutto il materiale utilizzato per la commercializzazione, l'offerta in vendita, la diffusione e la promozione di tutti i propri prodotti con il segno e marchio “### NEON” o “### ALBA”; 4) ordinare la pubblicazione dell'integrale sentenza, o del dispositivo della stessa, ex art. 126 C.P.I. e 2600 c.c., a caratteri doppi del normale e su due colonne, sui quotidiani il ### di Napoli, ### e ### della Sera, nonché sui relativi siti internet sia di parte attrice (www.albaneon.com), che delle odierne convenute (http://www.gruppomastromauro.it/, http://www.neonalba.eu/ e http://www.neonalba.it/); 5) ordinare che la pubblicazione - di cui al punto 4) - avvenga a cura ed a spese del ### S.r.l.s. e ### 1978 S.r.l.s., per un periodo non inferiore a tre settimane e disponendo che la ricevuta dei rispettivi pagamenti costituisca titolo esecutivo per il recupero delle spese, se quest'ultime verranno anticipate dall'### S.r.l. a seguito dell'inerzia delle condannate; 6) fissare, ex art. 131 C.P.I. e 614 bis c.p.c. una penale di € 1.000,00 - o della diversa somma che verrà ritenuta di giustizia - per ogni inosservanza dei provvedimenti di inibitoria e di ritiro dal commercio relativi alla contraffazione del marchio e di € 3.000,00 relativi alla concorrenza sleale che saranno disposti con l'emananda sentenza di riforma e di € 5.000,00 per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione di tali provvedimenti; 7) condannare le appellate al risarcimento di ogni danno derivante dalla descritta contraffazione del marchio “### NEON” e concorrenza sleale, nella misura che risulterà dall'analisi dell'istruttoria già espletata; C) In caso di accoglimento del presente gravame, condannare le appellate alla restituzione delle spese e degli onorari relativi sia al primo grado di giudizio, che della procedura esecutiva presso terzi incardinata da controparte per il recupero coatto delle somme, laddove l'### S.r.l. le ha già versate alle ditte ### 1978 S.r.l.s. e ### S.r.l.s., come da ordinanza emessa dal Tribunale di Napoli (RG 4022/2021); D) condannare le ditte ### 1978 S.r.l.s. e ### S.r.l.s., in persona dei loro legali rappresentanti p.t., al pagamento delle spese e degli onorari di entrambi i giudizi, oltre accessori di legge. E) In via subordinata e nel caso in cui l'adita Corte ritenga nella denegata e non creduta ipotesi che le ditte ### 1978 S.r.l.s. e ### S.r.l.s. abbiano consolidato il “preuso” del marchio “### Neon” e della denominazione sociale “### si chiede che venga accertato che lo stesso (“preuso”) sia di natura locale e non nazionale, ritenuto che i documenti prodotti in atti siano di dubbia provenienza ed originalità e/o fanno presumere un'attività commerciale circoscritta all'### così come hanno sostenuto le medesime appellate. 
Le società appellate così concludono: “Per questi motivi si confida nell'integrale reiezione del proposto appello, come detto inammissibile ed infondato, ed altresì dell'istanza ex art. 283 c.p.c. anch'essa manifestamente carente dei presupposti di legge. 
OGGETTO: appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di L'### in materia di impresa del 3/02/2021 n. 83/2021 RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1.Con l'appello oggetto di causa, ### srl ha impugnato la sentenza del Tribunale di L'#### in materia di ### del 3/02/2021 n. 83/2021, che ha respinto, condannandola alle spese, la domanda da essa proposta nei confronti di due società: ### S.r.l.s.  (di seguito “Gruppo”), nonchè ### 1978 S.r.l.s. (di seguito “Neon”) volta a sentir: 1) inibire alle convenute l'utilizzo della dicitura “Alba” e “Neon”, in qualunque forma, anche quale denominazione sociale, e a qualunque fine, pubblicitario, commerciale o promozionale; 2) ordinare alle convenute il ritiro dal commercio e la distruzione di tutto il materiale, connotato dalla predetta dicitura, utilizzato a fini commerciali; 3) ordinare la pubblicazione del dispositivo della presente sentenza sui quotidiani e sui siti web dell'attrice e delle convenute a spese di quest'ultime; 3) fissare una penale di € 1.000,00 per ogni inosservanza alle statuizioni derivanti dal presente provvedimento ovvero per ogni giorno di ritardo nell'adempimento; 4) condannare le convenute al risarcimento del danno, da liquidarsi anche in via equitativa, in favore dell'attrice.  1.1.A sostegno della propria domanda, ### aveva allegato di essere titolare del marchio registrato “### Neon”, oggetto di domanda di registrazione n. 834723 depositata presso U.I.M.B., in data 21 ottobre 1998, ottenuta in data 31 gennaio 2001 e successivamente rinnovata in relazione alla classe merceologica n. 9 (commercializzazione di insegne luminose), nonché di svolgere attività commerciale in riferimento all'intero ambito nazionale, anche tramite web, dolendosi che le convenute, utilizzando la dicitura “### Alba”, di per sé confusiva rispetto al marchio di essa attrice, ponevano in essere atti violativi dei diritti di privativa di ### 1.2. Le convenute, nel costituirsi, avevano eccepito la nullità del marchio, ritenuto debole, in quanto carente del requisito della novità, la diversità della classe merceologica di riferimento (solo la 9 l'attrice, la 9 e la 11 esse convenute), la diversità dell'ambito territoriale di riferimento, operando l'attrice in Napoli, le convenute in ### e, in ogni caso, il preuso del marchio di fatto da parte di entrambe.  1.3. Il Tribunale ha innanzitutto ritenuto infondate l'eccezione di nullità (non configurandosi nello specifico un marchio cd. debole) e quella relativa alla diversità degli ambiti territoriali, avendo entrambe le parti provato di operare sull'intero territorio nazionale (docc. 2 e 5 indice di parte attrice e doc. 4 bis indice di parte convenuta) - anche tramite web. Dopo aver analizzato le caratteristiche dei marchi utilizzati dalle parti ha invece ritenuto sussistente il rischio di confondibilità tra gli stessi ai sensi dell'art. 21 comma 2 cpi; ha quindi ritenuto evidente la stretta affinità, prossima alla identità, tra i marchi in conflitto, in ragione delle due locuzioni “Alba” e “Neon” che ne rappresentano il “cuore” e a cui si aggancia la vis actractiva.  1.4. E' pertanto passato ad indagare l'ultimo profilo, consistente nella verifica della sussistenza, o meno, del preuso del marchio in capo alle convenute antecedentemente all'intervenuta registrazione dello stesso da parte dell'attrice, dando atto che queste hanno prodotto (cfr. doc. 4 bis indice di parte convenuta) n. 20 documenti di trasporto, emessi da ### all'epoca titolare della ditta individuale ### di ### nel periodo compreso tra il ### e il ###, tutti raffiguranti il marchio di cui le convenute assumono essere titolari e tutti relativi alla realizzazione e consegna, e quindi alla commercializzazione, di insegne luminose.   1.5. Inoltre, dalla disamina della visura camerale prodotta dalle convenute (doc. 4) e relativa alla ditta ### di ### ha evidenziato come tale impresa sia stata costituita nel 1984, sia poi stata dichiarata fallita in data ### (rectius 1997), e che avesse a oggetto, tra l'altro, la commercializzazione di insegne luminose. Ha quindi sottolineato la significatività dell'ulteriore documentazione versata in atti (docc. 6-7-8-9 di parte convenuta), da cui si evince come: 1) in data ###, sia poi stata costituita, per lo svolgimento della medesima attività, ### S.r.l., il cui capitale sociale risulta detenuto per il 90% da ### e per il 10% da ### zetti; 2) in data ###, sia poi stata costituita, per lo svolgimento della medesima attività, ### con la produzione (doc. 7 bis) di n. 4 documenti di trasporto attestanti l'utilizzo del marchio per cui è causa, benché contraddistinto dalla dicitura “nuova”; 3) in data ###, sia poi stata costituita, per lo svolgimento della medesima attività, ### di ### con la produzione (doc. 8 bis) di n. 2 documenti di trasporto attestanti l'utilizzo del marchio per cui è causa; 3) in data ###, sia poi stata costituita, per lo svolgimento della medesima attività, ### ria ### con la produzione (doc. 9 bis) di n. 6 documenti di trasporto attestanti l'utilizzo del marchio per cui è causa.  1.6. Ha poi ritenuto significativa la ricorrenza delle medesime persone nelle compagini delle società convenute, visto che: 1) ### iscritta nel registro delle imprese in data ###, era unicamente amministrata da ### anche socia della stessa, per la quota del 90%, unitamente a ### socio per il 10% (cfr. doc. 12 indice di parte convenuta); 2) ### iscritta nel registro delle imprese in data ###, era unicamente amministrata da ### anche socia della stessa, per la quota del 80%, unitamente a ### socio per il 20% (doc. 10 ter).  1.7. Ha pertanto concluso che i coniugi ### sin dal 1978, spendendo la ragione sociale ### e il marchio di fatto sopra descritto, hanno svolto, presso la città di ### l'attività commerciale di realizzazione e vendita di insegne luminose, il che comprova la continuità dell'uso sia del marchio “### Neon”, sia della ragione sociale “### Alba” nel corso degli anni, a partire dal 1985 sino a oggi. Del resto, le compagini sociali delle società sopra descritte danno conto della costante presenza di ### quale socio delle stesse, unitamente a ### 1.8. Ha peraltro ritenuto non essere a tanto ostativo, in ordine al preuso del marchio per cui è causa, l'intervenuto fallimento in data ### dell'impresa individuale di ### stante la notoria autonomia delle vicende del marchio, quale componente dell'azienda, rispetto all'attività d'impresa stessa, tanto che esso può formare oggetto di alienazione da parte della curatela. Ha pertanto concluso per l'utilizzo del marchio “### Neon” e della denominazione sociale “### Alba” sia da parte di ### sia di in data antecedente (quantomeno a partire dal 15.3.1985) alla registrazione dello stesso da parte dell'attrice, avvenuta solo in data ###.  1.9.Dando poi atto della necessità di accertare che il marchio di fatto avesse notorietà generale o locale (nel qual ultimo caso sarebbe stata consentita la coesistenza con il marchio registrato in ragione della diversità degli ambiti interessati), ha concluso nel primo senso escludendo che esso abbia rivestito rilevanza locale in ragione dei documenti di trasporto prodotti dalle convenute e facenti riferimento a varie città d'######## L'######### ecc ed ha quindi respinto la domanda, condannando l'attrice alle spese, liquidate in € di € 15.353,00 per compensi, oltre R.S.G. (15%), C.P.A. (4%) e I.V.A.  (22%).  2. Nel proporre appello, ### srl ha censurato la decisione sulla base di due profili, che saranno delibati partitamente ed ha concluso come in epigrafe.  3. Nel costituirsi in giudizio, le appellate ne hanno contrastato gli assunti ed hanno concluso come in epigrafe.  4.Con l'appello ### srl ha censurato la sentenza per: 4.1) Violazione ed errata motivazione in riferimento agli artt. 24 e 26 (lettera c.) del codice di proprietà industriale. ### l'appellante, ha errato il primo giudice nel ritenere, violando la legge vigente in materia, che le ditte convenute, attraverso le persone fisiche presenti all'interno delle compagini sociali evocate in giudizio, abbiano utilizzato il marchio ### o ### in maniera continuata dal 1985 fino al 2014 e 2016 (anno di costituzione delle odierne appellate).  4.2. In proposito, ha denunciato la superficialità con cui il Tribunale ha esaminato la copiosa documentazione prodotta da controparte senza peraltro tener conto degli artt. 9 e 42 della ### (R.D.n. 929 del 1942) sull'uso del marchio e la sua decadenza, ma anche degli artt. 9 e 10 della direttiva CEE 89/104 del 21 dicembre 1988 (in materia di titolarità del marchio, sua trasfe ribilità, tolleranza di utilizzazione, licenza d'uso), nonché del ### della ### artt. 24 (secondo cui “A pena di decadenza il marchio deve formare oggetto di uso effettivo da parte del titolare o con il suo consenso, e tale uso non deve essere sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo che il mancato uso non sia giustificato da un motivo legittimo”) e 26, che prevede che il marchio decade, appunto, “per non uso ai sensi dell'art.  24”, nuovamente eccependo l'inammissibilità e l'irritualità delle produzioni avversarie, debitamente contestate in prime cure come di “dubbia provenienza”.  4.3. In buona sostanza, partendo dal presupposto che la srl ### ha registrato il marchio “### Neon” in data ###, il Tribunale avrebbe errato a ritenere in essere “il preuso” continuato ad opera delle convenute e nel quinquennio precedente a quello dell'avvenuta registrazione e in quello successivo, non avendo dato rilievo alla determinante circostanza che, dopo i documenti di trasporto prodotti dalle appellate e risalenti agli anni 1985 e 1986, non ne erano stati prodotti altri con riferimento ai successivi due quinquenni e, quindi, dal 1987 al 1998.  4.4. Altra svista del Tribunale riguarda la data in cui la ditta ### di ### è fallita, indicata il ### in luogo del 21/12/1997, ossia un anno prima della avvenuta registrazione del marchio ad opera di ### senza che vi fosse documentazione che attestasse la vigenza del marchio nel periodo successivo e, ciononostante, il Tribunale ne aveva ritenuto la valenza e vigenza, asserendo l'uso senza soluzione di continuità del marchio ### a partire dal 29/12/1997 al 22/01/2004 (anno di costituzione della ditta ### S.r.l.) 4.5. Ha poi evidenziato come le ditte ### di ### (costituita il ### allorché la decadenza del marchio si era ampiamente verificata in epoca precedente) avente oggetto sociale diverso (realizzazione di arredi in metallo per negozi) e la ### S.r.l. (costituita il ###) non avevassero alcuna continuità con il marchio ### né tale circostanza era stata dimostrata in corso di causa dalle odierne appellate in merito alla loro titolarità, che si acquista unicamente per atti inter vivos o mortis causa. Il Tribunale, nel proprio excursus riepilogativo del preuso continuato del marchio, neppure aveva preso in considerazione la ### menti, “saltando” dal 1997 (anno del fallimento) al 2004 (anno di costituzione della ### S.r.l.), ed ha evidenziato che anche i documenti di trasporto facenti capo alla ### (doc. 5 bis) erano non attendibili, contenendo la dicitura “### di ### Paolo”, costituita molti anni dopo (14/10/2009), pur recando il ### della ditta ### 1.4.2) Anche per quanto riguarda la ditta ### S.r.l. (compagine sociale considerata dal Tribunale per la successione del “preuso”), costituita il ###, non era stata fornita la prova della continuità del preuso, rilevando come i documenti di trasporto e le fatture prodotte contengano un codice fiscale e partita Iva diversi da quelli ricavabili dalla visura ### e per di più non contengano alcun riferimento al marchio, dal cui uso peraltro le appellate erano già decadute già alla data del fallimento della ditta individuale.  4.6. Ha poi censurato la decisione nella parte in cui ha applicato il principio che il marchio tra ditte diverse (per ragioni sociali, individuazione dei soci, oggetto…) si può tramandare per un semplice “rapporto di sangue” stigmatizzando la condotta della famiglia ### che nel tempo ha aperto e chiuso tante società, rilevando difettare la prova del trasferimento del marchio dopo il fallimento di ### di ### non operando la relativa presunzione in caso di fallimento.  4.7. Ha quindi censurato la decisione impugnata anche laddove ha ritenuto che il preuso, oltre che continuativo negli anni, fosse stato effettuato a livello non locale ma nazionale sulla base di sporadici documenti neppure attendibili.  5.Ha poi censurato la sentenza nella parte in cui, nonostante avesse ritenuto che il marchio di fatto utilizzato dalle convenute fosse realmente confondibile con quello da essa registrato nel 1998, l'aveva condannata a rifondere le spese di lite alla controparte in ragione di un preuso del marchio di fatto del quale non poteva essere certamente a conoscenza al momento della domanda (all'uopo evidenziando come mai la convenuta avesse risposto alle proprie diffide invocando il preuso) ed ha concluso come in epigrafe.  6. ### è fondato e merita accoglimento.  6.1. Va premesso che il giudizio circa la idoneità del marchio di fatto “### Alba” a creare confusione con quello “### Neon”, regolarmente registrato dall'appellante, è intangibile, non essendo stata siffatta pronuncia posta in discussione da un appello incidentale e condizionato delle convenute.  6.2. Oggetto del presente giudizio, pertanto, è solo l'accertamento del preuso - che, si badi, deve essere effettivo e continuato nel tempo - riconosciuto dal Tribunale alle convenute appellate, ravvisandolo, peraltro, su scala nazionale, sin dalla costituzione della prima ditta individuale, ### di ### avvenuta nel 1984 (18/06/194) e fino alla costituzione delle convenute (anni 2014 una e 2016 l'altra).  6.3. Orbene, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la tutela del marchio non registrato trova fondamento nella funzione distintiva che esso assolve in concreto e, pertanto, presuppone la sua utilizzazione effettiva, con la conseguenza che essa non è esperibile in rapporto a segni distintivi di un'attività d'impresa mai esercitata (nel caso esaminato da Cass n. 9889/2016, ad esempio, è stata cassata la decisione impugnata, che aveva omesso di delimitare chiaramente, in termini temporali e territoriali, il preuso fattuale del marchio "Bellussi" effettuato dalla controricorrente, nè aveva individuato esattamente, nel passaggio del marchio di fatto dalla società estintasi a quella che si assumeva esserle succeduta, la dicitura oggetto del marchio stesso). Più in particolare la Corte di Cassazione (Cass. Sez. 1, n. 3224 del 01/04/1994 e la citata Cass. Sez.1 n. 9889/2016) con riferimento ad un'ipotesi in cui chi vantava il preuso sosteneva di essere succeduto nell'utilizzo del marchio iniziato da altro soggetto, ha affermato che “la Corte territoriale ha mancato di verificare, sul piano diacronico, il passaggio del marchio dalla società estintasi a quella che si assume ad essa succeduta […] con la necessaria delimitazione dei termini temporali dell'attività di preuso e del riscontro del suo carattere continuo e non interrotto…”. Inoltre, nella sentenza richiamata, ha avuto modo di citare un principio di diritto affermato con altra pronuncia (12326/2015), secondo cui, in tema di segni distintivi di fatto, va chiarita la differenza tra l'uso del segno come ditta-denominazione sociale e l'uso del segno come marchio per contraddistinguere prodotti e servizi forniti. Da ciò deriva la necessità, in caso di affermazione del possesso di un marchio di fatto, che colui il quale chieda di affermare il conseguimento di un proprio diritto fornisca una prova completa sia del “preuso” della ditta denominazione sociale, sia di quello del segno in funzione di marchio (e della conseguente notorietà dello stesso).  6.4. Deve invero considerarsi che la protezione del preuso si ricollega ad un'esigenza di tutela dell'uso effettivo. ### è sostitutivo della pubblicità del marchio conseguente alla registrazione; mentre il marchio registrato può appartenere a chiunque assuma l'iniziativa di procedere alla registrazione, per l'acquisto del diritto sul marchio di fattova ribadito - occorre l'uso effettivo e quindi l'esercizio di un'attività imprenditoriale. ### effettivo del segno deve essere stato omogeneo e costante nel tempo, e quindi non deve essere sporadico, casuale, occasionale o comunque non continuativo (Tribunale di ### 16 gennaio 2018). Infatti, l'utilizzazione effettiva del segno rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie e la sua assenza determina di per sé l'impossibilità di realizzare una delle condizioni indispensabili per la sua tutela qualora, a seguito dell'interruzione del suo uso e della conseguente perdita di notorietà, sia trascorso un rilevante lasso di tempo.  6.5. Nel caso in esame, non è stata correttamente delimitata in termini temporali l'attività di preuso rivendicata e poi riconosciuta alle convenute appellate, né sono stati adeguatamente individuati i negozi aventi ad oggetto il trasferimento del marchio da una ditta o società all'altra, presunti solo in quanto si trattava di società o ditte individuali costituite dai membri della medesima famiglia, senza considerare che non vi è proprio la prova della ridetta continuità nell'uso del marchio da parte delle convenute oggi appellate, a parte la evidente confusione effettuata tra l'uso del segno come ditta-denominazione sociale e l'uso del segno come marchio, che si evince dalla copiosa e disorganica documentazione prodotta.  6.6. All'uopo è bene richiamare, come ha fatto l'appellante, le disposizioni relative all'utilizzo del marchio, che ne sanciscono la decadenza per il non uso protrattosi per cinque anni (art. 24 CPI secondo cui “A pena di decadenza il marchio deve formare oggetto di uso effettivo da parte del titolare o con il suo consenso, e tale uso non deve essere sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo che il mancato uso non sia giustificato da un motivo legittimo”) e 26, che prevede che il marchio decade, appunto, “per non uso ai sensi dell'art. 24”. Peraltro, questa ha correttamente evidenziato come non possa trovare applicazione alla fattispecie la disposizione di cui all'art. 28 CPI invocata dalle appellate, non essendovi stata alcuna tolleranza da parte propria, avendo essa tempestivamente diffidato le ditte facenti capo alla famiglia ### zetti-### non appena venuta a conoscenza dell'uso improprio del marchio (v. doc. 9 fascicolo di parte di I grado).  6.7. La prova della continuità dell'uso effettivo non è stata data dalle appellate, tale assunto trovando conforto nell'evidente inadeguatezza e inconferenza della documentazione all'uopo da queste prodotta e che sarà nel prosieguo analizzata, apparendo comunque determinante la circostanza, evidenziata dall'appellante, che, dopo i documenti di trasporto prodotti dalle appellate e risalenti agli anni 1985 e 1986, non ne sono stati prodotti altri con riferimento ai successivi due quinquenni e, quindi, dal 1987 al 1998. Si tratta, come si è detto, di circostanza determinante proprio in quanto i documenti di trasporto risalenti agli anni 1985 e 1986 sono praticamente gli unici che contengono anche l'indicazione del marchio “### Alba”, a differenza della stragrande maggioranza degli altri, relativi, però ai decenni successivi. Pertanto, se nel 1985-86 poteva ritenersi configurata una situazione di preuso del marchio in quel periodo, questa, all'atto della registrazione del marchio “### Neon” da parte dell'appellante era decisamente e da tempo venuta meno, non essendoci alcuna prova della ridetta effettività e “continuità” dell'uso, stante l'assenza totale di qualsivoglia documentazione relativa a tutto il decennio successivo, con l'inevitabile conclusione che, alla data della registrazione del 21/10/1998, non era riscontrabile alcuna situazione di preuso del marchio di fatto “### Alba” da parte delle società convenute; queste si sono costituite molto dopo, negli anni 2014 e 2016, ma il Tribunale ha ravvisato un elemento di continuità, sotto il profilo soggettivo, nella presenza dei medesimi familiari nelle compagini sociali o nelle ditte individuali che si sono freneticamente susseguite (stanti le iscrizioni e le repentine cancellazioni evincibili dalle visure ### allegate) negli anni dal 1985 in poi (il riferimento al 1978 è evidentemente errato).  6.8. Vi è poi un dato significativo, costituito dal fallimento della ditta individuale dichiarato nel 1997, a seguito del quale il Tribunale ha ricostruito le vicende del marchio considerando le società e le ditte che si sono avvicendate negli anni successivi aventi più o meno ad oggetto anche la realizzazione e vendita di insegne luminose e partecipate dai familiari del ### ossia Maria ### e il figlio ### Tuttavia, la documentazione relativa al periodo successivo (1998/2004) neppure è significativa in tal senso, anzi.  6.9. Ed invero, i n. 6 documenti di trasporto prodotti sub doc. 5 bis non recano alcuna indicazione del marchio e già questo basta, senza considerare che in quel periodo il doc 5 (visura ### certifica l'iscrizione della ### damenti di ### (iscritta il ### cancellata l'8.7.2004), avente peraltro un oggetto diverso, quale la realizzazione di arredi in metallo, mentre i documenti di trasporto intestano - si badi - a ### di ### che invece è stata iscritta alla ### anni dopo (14/10/2009, cancellata il ###, doc. 8) e altrettanto deve osservarsi con riferimento ai documenti di trasporto e fatture relativi alla ### iscritta il ### e cancellata il ###, che non contengono alcuna indicazione circa il marchio, a prescindere dalla non significatività degli stessi ai fini della continuità del preuso, nonché con riferimento ai documenti di trasporto sub 8 bis, relativi alla ditta individuale ### 7. ### del marchio è presente solo in documenti ancora successivi e relativi pure a ditte ancora diverse (cfr doc. sub 7 bis relativi alla ditta Mastromauro ### iscritta il ### e cancellata il ### e sub 9 bis relativi - si badi - ad altra ditta con la medesima denominazione iscritta però il ### e cancellata il ###), né è stata fornita aliunde la prova dell'utilizzo del marchio.  7.1. Non vi è chi non veda come non possa certamente ravvisarsi un uso continuativo di un marchio di fatto che, seppur risultante dalla documentazione di trasporto degli anni 1985/1986 della ditta ### di ### fallita nel 1997, non è assolutamente provato per tutto il decennio successivo sicché non era riscontrabile all'atto della registrazione della società appellante nel 1998, ma neppure dopo, nel periodo successivo per quanto s'è appena detto.  7.2. ### dell'appello fa ritenere assorbito il motivo sulle spese.  8. In conclusione, va accolta la domanda attrice e, per l'effetto, le convenute dovranno rifonderle le spese dell'intero giudizio, che si liquidano come in dispositivo (con applicazione tariffa media cause indeterminabili complessità alta, fase di trattazione/istruttoria al minimo).  8.1. Non può invece disporsi la condanna delle convenute alla restituzione in favore dell'attrice appellante delle somme versate a titolo di spese del primo grado del giudizio, oggetto dell'ordinanza di assegnazione del Tribunale di Napoli (RG 4022/2021) stante la mancata prova del pagamento.  9. Non può, infine, essere accolta la domanda risarcitoria, presente nelle sole conclusioni, in difetto della prova del danno.  P.Q.M.  1)Accoglie l'appello e, in riforma della sentenza impugnata, ordina alle odierne appellate ### S.r.l.s. e ### 1978 S.r.l.s. la modifica del marchio da loro utilizzato “### NEON” o “### ALBA” ed inibisce alle stesse l'uso del marchio “### NEON” in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo per la commercializzazione, l'offerta in vendita, la diffusione e la promozione dei propri prodotti commerciali richiamanti il suindicato logo; 2) ordina alle appellate ### S.r.l.s. e ### 1978 S.r.l.s.  il ritiro dal commercio e la distruzione di tutto il materiale utilizzato per la commercializzazione, l'offerta in vendita, la diffusione e la promozione di tutti i propri prodotti con il segno e marchio “### NEON” o “### ALBA”; 3) ordina la pubblicazione del dispositivo della presente sentenza, ex art. 126 C.P.I. e 2600 c.c., a caratteri doppi del normale e su due colonne, sui quotidiani il ### di Napoli, ### e ### della ### nonché sui relativi siti internet sia di parte attrice (www.albaneon.com), che delle odierne convenute (http://www.gruppomastromauro.it/, http://www.neonalba.eu/ e http://www.neonalba.it); 4) ordina che la pubblicazione - di cui al punto 4) - avvenga, per il periodo di sei giorni, a cura ed a spese del ### S.r.l.s. e ### 1978 S.r.l.s. e a spese di queste ultime, spese che, ove anticipate dall'appellante a seguito dell'inerzia delle condannate, potranno essere oggetto di rivalsa nei loro confronti; 5) fissa, ex art. 131 C.P.I. e 614 bis c.p.c. una penale di € 500,00 per ogni inosservanza dei provvedimenti di inibitoria e di ritiro dal commercio relativi al marchio e di € 200,00 per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione di tali provvedimenti; 6) condanna ### 1978 S.r.l.s. e ### S.r.l.s., in solido tra loro, a rifondere alla società appellante le spese dell'intero giudizio, che liquida, quanto al primo grado, in € 11.268,00, oltre € 1.036,00 per spese vive, nonché rimborso spese generali ed accessori di legge e, quanto al secondo grado, in € 12.154,00, oltre € 804,00 per spese vive, nonché rimborso spese generali ed accessori di legge. 
Così deciso nella camera di consiglio da remoto del 20/11/2024 ### est. ### S.

causa n. 246/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Fabrizio Silvia Rita, Filocamo Francesco Salvatore

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 11760/2023 del 22-12-2023

... registrato in data 4 gennaio 2018 con il n. ###1236 per la classe merceologica n. 41, non possiede i requisiti di legge per una valida registrazione in quanto anticipato nella componente più distintiva e significativa dai marchi dell'attrice che importano notorietà e dichiararne, quindi, la nullità per mancanza dei requisiti e/o presupposti di legge ai sensi degli artt. 12, 14, 19, 20, 25 CPI e/o con la miglior formula 2) dichiarare che il marchio “### ACADEMY” figurativo depositato da ### s.r.l. in data 18 ottobre 2016 registrato in data 4 gennaio 2018 con il n. ###1236 per la classe merceologica n. 41, di cui in atti costituisce contraffazione di tutti i marchi “CIBUS” di ### di ### a cominciare in particolare da quello depositato in data 7 giugno 1985 registrato in data 20 ottobre 1986 con il ### e rinnovato da ultimo in data 25 febbraio 2015 registrato in data 26 giugno 2015 con il n. ###; 3) inibire a ### s.r.l. l'uso del marchio “### ACADEMY” di cui sopra; r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 3 4) accertare e dichiarare che il marchio “### ACADEMY” di ### s.r.l. di cui in atti viola i diritti anteriori dell'attrice sui citati marchi e su tutti i suoi segni (leggi tutto)...

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N. 29686/2022 R.Gen.Aff.Cont. 
N. ###/2018 Reg.Gen.Aff.Cont.  REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI III SEZIONE CIVILE Sezione specializzata in materia di impresa Il Tribunale di Napoli, in composizione collegiale, così composto: Dott. ##### est.  ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 29686/2022 R.Gen.Aff.Cont., trattenuta in decisione con i termini di cui all'art. 190 c.p.c., tra ### S.p.A. C.F. e P.IVA ###, con sede in 43126 Baganzola - #### delle ### 393°, rapp.ta e difesa dall'avv.  ### e ### - ATTORE - contro ### s.r.l. in liquidazione, C.F. e P. IVA ### in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede ###5 Salerno, via ### n. 10 Piano 4 Int. 8 - CONVENUTA - r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 2 Oggetto: azione art. 22 ###: Per l'attore: 1) accertare e dichiarare che il marchio “### ACADEMY” figurativo depositato da ### s.r.l. in data 18 ottobre 2016 registrato in data 4 gennaio 2018 con il n. ###1236 per la classe merceologica n. 41, non possiede i requisiti di legge per una valida registrazione in quanto anticipato nella componente più distintiva e significativa dai marchi dell'attrice che importano notorietà e dichiararne, quindi, la nullità per mancanza dei requisiti e/o presupposti di legge ai sensi degli artt. 12, 14, 19, 20, 25 CPI e/o con la miglior formula 2) dichiarare che il marchio “### ACADEMY” figurativo depositato da ### s.r.l. in data 18 ottobre 2016 registrato in data 4 gennaio 2018 con il n. ###1236 per la classe merceologica n. 41, di cui in atti costituisce contraffazione di tutti i marchi “CIBUS” di ### di ### a cominciare in particolare da quello depositato in data 7 giugno 1985 registrato in data 20 ottobre 1986 con il ### e rinnovato da ultimo in data 25 febbraio 2015 registrato in data 26 giugno 2015 con il n. ###; 3) inibire a ### s.r.l. l'uso del marchio “### ACADEMY” di cui sopra; r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 3 4) accertare e dichiarare che il marchio “### ACADEMY” di ### s.r.l. di cui in atti viola i diritti anteriori dell'attrice sui citati marchi e su tutti i suoi segni distintivi; 5) inibire l'uso e/o la registrazione come elemento costitutivo di marchio, denominazione sociale, ditta, insegna o nome a dominio o a qualsiasi altro titolo del segno ### 6) ordinare la pubblicazione, a cura della attrice ed a spese della convenuta, dell'intestazione e del dispositivo della sentenza che accolga la domanda attorea, in caratteri doppi del normale e con i nomi delle parti in grassetto, per una volta, su un quarto di pagina de “### 24 ore” o “### di Parma” e, per una volta, su un'intera pagina di un periodico di settore; 7) fissare una somma per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento che accolga la domanda di parte attrice; 8) fissare una somma dovuta dalla convenuta all'attrice per ogni violazione od inosservanza constatata successivamente al deposito della sentenza che accolga la domanda attorea; 9) ordinare a ### s.r.l. di ritirare l'eventuale materiale pubblicitario in circolazione riportante la scritta “### ACADEMY”; 10) condannare la convenuta a risarcire a parte attrice i danni conseguenti il suo comportamento di cui in atti in via equitativa. 
Per il convenuto: r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 4 - in via preliminare, accertare la cessata materie del contendere in relazione alla richiesta di declaratoria di nullità del marchio “### Academy” e comunque respingere le domande tutte proposte dall'attrice, in quanto infondate, assolvendone nel miglior modo il convenuto; - nel merito, accertare e dichiarare la nullità del marchio #### di titolarità di ### di ### S.p.A; ###'attore deduce che: - di essere titolare fin dal 1985 del marchio ### con marchio nazionale e dal 1999 con marchio comunitario, marchio utilizzato per la promozione dell'industria alimentare italiana nel settore fieristico anche internazionale; - in ### il marchio è registrato per le classi 16,18,25,28,29,30,35,41,42,43; - la società convenuta aveva depositato un marchio nominativo in parte identico, ### in data 10 ottobre 2016, per una identica classe, la 41, tra quelle oggetto di registrazione; - di aver scritto alla convenuta contestando il deposito e diffidando a fare uso del marchio nel 2019, intimando il ritiro del marchio registrato, ma di aver avuto un riscontro solo nel 2022, quando la ### s.r.l. si dichiarava disponibile a concludere una licenza di marchio; r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 5 - era evidente pertanto la contraffazione tra i due marchio con la legittimità dell'azione promossa. 
Il convenuto si costituiva solo con comparsa conclusionale del 03.11.2023, deducendo: - che l'attrice inviava il 1 agosto 2022 una missiva alla convenuta domandando l'eliminazione della parola ### dal marchio ### - che ### s.r.l. rispondeva, in data ###, all. 1, di essere pronta ad una soluzione bonaria con un accordo di cessione del marchio ### per euro 2.000,00; - che questa comunicazione non aveva seguito, risultando invece che in data ### parte attrice notificasse l'atto di citazione a ### s.r.l.; - che allora ### s.r.l. si dichiarava disponibile a rinunciare al proprio marchio registrato in cambio della mancata iscrizione a ruolo della causa da parte di ### di ### - che rimanendo fedele alle trattative ### s.r.l. in data 31 marzo rinunciava al marchio presso l'### - che era pertanto cessata la materia del contendere. 
Parte attrice in replica alla comparsa di costituzione della società, costituitasi tardivamente, contestava le modalità e le tempistiche dei tentativi di conciliazione, versava in atti alcuni documenti scambiati tra le parti relativi ai tentativi di conciliazione.  r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 6 Nel merito Il collegio osserva che per effetto della rinuncia al marchio depositata dalla ### s.r.l. e accettata dall'ente preposto è cessata la materia del contendere circa l'esistenza della contraffazione ragione per cui per questa parte delle domande si dovrà provvedere solo ai fini della verifica della soccombenza virtuale per l'attribuzione delle spese legali. 
Con riferimento alla domanda risarcitoria, connessa alla domanda per la tutela del diritto di privativa, si deve osservare che l'attrice non ha osservato i principi di cui all'art. 2697 c.c. in tema di allegazione, limitandosi a chiedere in maniera stringata la liquidazione equitativa del danno senza allegare alcuna forma di fattispecie pregiudizievole, se non una pagina web tratta da un socialnetwork, dalla quale non è dato di comprendere l'effettivo ambito di applicazione del marchio e la sua durata nel tempo. Per questa parte la domanda deve intendersi rigettata. 
Ai fini della soccombenza virtuale non vi è dubbio che l'azione introdotta da ### di ### sia un legittimo uso del diritto attributo dall'art. 20 CPI al titolare di un marchio registrato e che la registrazione del marchio ### marchio complesso, si sovrapponga in parte al marchio ### peraltro in una stessa classe di registrazione, ragione per cui ai fini della soccombenza virtuale si deve affermare la fondatezza della domanda.  r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 7 Per la quantificazione delle spese in sede di liquidazione si terrà conto, con compensazione del 25%, della soccombenza reale della parte attrice per la domanda risarcitoria, che sarà già decurtata in dispositivo.  P.Q.M.  Il tribunale, come in epigrafe composto, definitivamente pronunciando nel giudizio r.g.a.c. 29686/2022 tra le parti come innanzi individuate, rappresentate e difese, ogni diversa domanda ed eccezione respinta: 1) dichiara cessata la materia del contendere per le domande attoree da 1 a 9; 2) rigetta la domanda attorea n.10); 3) condanna parte convenuta al pagamento dei compensi di causa che qui si liquidano in euro 4450,00 oltre spese vive.  ###, 19.12.2023 

Il giudice
est. Il presidente #####


causa n. 29686/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Fucito Mario, Graziano Nicola, Ultimo Antonietta

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