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Tribunale di Sassari, Sentenza n. 765/2024 del 20-06-2024

... la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, era stato risolto ex art. 1456, c.c., come dichiarato con ordinanza di questo tribunale in data 20 settembre 2017 che aveva disposto il rilascio del bene locato. Le clausole vessatorie, secondo la previsione di cui agli artt. 1341 e 1342, c.c., sono state specificamente richiamate, non solo attraverso il relativo numero di riferimento, ma anche nel loro contenuto, quindi sottoscritte dalla società utilizzatrice, con la dicitura testuale “si approvano specificamente le pattuizioni tutte contenute nelle seguenti clausole”. Fra queste sono espressamente richiamate le pattuizioni di cui all'art. 12, inerenti alla decadenza dal beneficio del termine e alla penale, ossia al risarcimento dovuto alla concedente a seguito della (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO ### di SASSARI II sezione CIVILE ### nella persona del ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 992/2021 promossa da: ### (C.F. ###), ### (C.F.  ###) e ### & C. S.A.S. ### (C.F.  ###), con il patrocinio dell'avv. ### OPPONENTI contro #### quale mandataria di ### s.p.a., col patrocinio dell'avv. ### presso cui è elettivamente domiciliata OPPOSTA Oggetto: leasingrisoluzione del contratto ### PER ###: “### il decreto ingiuntivo opposto per incertezza, illiquidità ed inesigibilità dell'importo ingiunto agli odierni opponenti per tutti i motivi spiegati in narrativa e per l'effetto 1)### e dichiarare la nullità e/o inefficacia della clausola penale contenuta nel contratto di leasing perchè vessatoria e comunque eccessiva e procedere a norma dell'art. 1384 c.c. alla riduzione secondo equità - ove necessario anche mediante apposita C.T.U. o onerando parte opposta al ricalcolo; 2)### le poste di dare/avere fra la concedente e l'utilizzatrice sulla base della stima dell'immobile oggetto del contratto di leasing - mediante apposita C.T.U. tecnica - alla data della risoluzione del contratto avvenuta in data ###, o in via meramente subordinata alla data del 30.01.2018 o in via ulteriormente subordinata all'attualità, con riserva di agire a seguito di istruttoria per la differenza nei confronti della concedente; 3)### in ogni caso le poste di dare/avere fra la concedente e l'utilizzatrice depurando l'importo ingiunto da ogni pretesa duplicata, inutile, superflua e non giustificata, onerando parte opposta al ricalcolo; 4)### in ogni caso le difese avverse e la domanda riconvenzionale spiegata perché infondata in fatto e diritto per tutti i motivi illustrati; 5)Con vittoria di competenze e spese del procedimento” PER ###: “1) ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta; 2) rigettare ogni avversa domanda come formulata ex adverso con l'atto di opposizione perché infondata, in fatto ed in diritto, per i motivi di cui all'espositiva che precede e, per l'effetto, confermare il decreto ingiuntivo opposto; 3) con vittoria di spese, competenze professionali, 15% per spese generali ex D.M. n. 55/2014 ed accessori di legge anche della fase monitoria. In subordine e in via riconvenzionale, 1) ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta; 2) previo accertamento e conseguente declaratoria di intervenuta risoluzione ope legis del contratto di leasing immobiliare n. ###/132655 del 02.03.2009 in data ### per i motivi di cui sopra e/o per quelli contenuti ordinanza del 20.09.2017, rigettare ogni avversa domanda e/o pretesa azionata ex adverso perché infondata in fatto ed in diritto stante le previsioni contrattuali di cui agli artt. 12 e 13 delle condizioni generali del contratto di leasing soprarichiamato (legittimate, ora, anche dal disposto legislativo di cui all'art. 1, commi 136 - 140 delle legge n. 134 del 04.08.2017); 3) in subordine, nella deprecata e improbabile ipotesi codesto ###mo accerti e dichiari nulla e/o inefficace la “clausola penale contenuta nel contratto di leasing” e proceda “a norma dell'art. 1384 c.c. alla riduzione secondo equità” come richiesto da parte opponente, condannare la ### & C. S.a.s. di ### in persona del suo socio accomandatario pro tempore, corrente in ### e i #### e #### nella loro qualità di fideiussori della predetta società ed in solido con essa, entrambi residenti in ### al pagamento della somma di € 179.257,86, ovvero nella maggiore o minore somma accertanda, per contratto dovuta anche tenuto conto delle date di richiesta e di intervenuto rilascio forzoso dell'immobile oggetto del contratto (e relative spese occorse) e del protratto godimento/uso (anche sine titulo) fattone dagli opponenti pur inadempienti al patto di leasing per i motivi di cui all'espositiva che precede da valutarsi in sede ###d'ora si richiede anche al fine determinare il valore locativo dell'immobile e dell'indebito deprezzamento conseguente l'uso, oltre interessi convenzionali di mora sul capitale dovuto dal 09.01.2021 al saldo e/o per legge; 4) con vittoria di spese e competenze professionali ex D. M. 55/2014, 15% per spese generali ed accessori di legge anche della fase monitoria. Si insiste, in ogni caso e per mero scrupolo, per l'ammissione di tutte le istanze istruttorie e deduzioni di prova dedotte (…)”.  RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con citazione notificata il 23 marzo 2021 la ### & C., s.a.s. di #### e ### questi ultimi anche in qualità di fideiussori e ### anche quale socia accomandataria, proponevano tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo n. 63 del 5 febbraio 2021 con cui era stato ingiunto loro il pagamento in solido della somma di € 179.257,86 oltre interessi e spese, che ### assumeva dovutale in seguito alla risoluzione per inadempimento dell'utilizzatrice di un leasing stipulato il 2 marzo 2009. Contratto che aveva ad oggetto sia la concessione di un terreno sito in località ### di ### zona artigianale/commerciale, che l'importo di € 197.967,00 destinato alla costruzione di un capannone mediante appalti a terze imprese scelte dalla stessa società utilizzatrice. 
Esponeva la ricorrente in monitorio di aver già promosso un precedente giudizio in esito al quale, risolto il leasing per inadempimento della ### dal 28 dicembre 2015, era stato ordinato il rilascio dell'immobile, liberato solo il 30 gennaio 2018 in esito ad esecuzione forzata e riallocato da ### il 20 novembre 2020 per il corrispettivo di 170.000 euro, al netto dell'### Gli opponenti eccepivano che la somma portata nel decreto non era dovuta, in quanto pretesa sulla base di documenti di formazione unilaterale, quali le fatture emesse dalla concedente, fondate su un “report” delle spese che questa assumeva sostenute, prive di giustificazione e non documentate. 
Contestavano anche il credito portato dalla fattura emessa per € 84.340,13 avente ad oggetto “penalità risarcitoria - addebito” (doc. prod. cp n°14) che ### assumeva dovutale per la differenza dell'intero importo ancora dovutole alla data della risoluzione del contratto, ossia dal 1° febbraio 2016, pari ad € 254.340,13 (doc.15 cp), portata in detrazione la somma di € 170.000,00 proveniente appunto dalla riallocazione del bene. 
Rilevavano come la clausola penale prevista alla pag. 5 del contratto fosse vessatoria e inefficace in quanto non specificamente sottoscritta dall'utilizzatrice ai sensi dell'art. 1341, Eccepivano inoltre che le conseguenze della risoluzione poste a carico dell'inadempiente non erano coerenti con la disciplina, da ritenersi applicabile benché sopravvenuta, di cui all'art. 1, comma 138, della ### 124/2017. Domandavano quindi la riduzione della penale, ai sensi dell'art. 1384, c.c., perché pattuita in contrasto con la richiamata disposizione laddove prevedeva che il concedente era tenuto a corrispondere all'utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato. Assumevano infatti che la concedente non si fosse uniformata a detta prescrizione, conseguendo in esito alla risoluzione un vantaggio ben maggiore del margine di guadagno che avrebbe ricavato dal compiuto adempimento del contratto. 
Rilevavano, ancora, l'usurarietà degli interessi di mora, pattuiti nel contratto nella misura dell'11.60%, superiori al tasso soglia previsto e pertanto non dovuti. 
Contestavano infine la congruità del prezzo al quale ### aveva ottenuto la riallocazione dell'immobile, palesemente inferiore ai valori di mercato, non stimati dalla concedente, e frutto di un'inerzia che aveva pregiudicato i diritti dell'utilizzatrice. Osservavano anche al riguardo come l'instaurazione da parte della concedente di un giudizio diretto al rilascio dell'immobile fosse superflua ed ingiustificata, dato che sin dalla data del 27 luglio 2015 la società utilizzatrice aveva comunicato alla società di leasing l'impossibilità di saldare i canoni maturandi, manifestando la propria disponibilità alla restituzione delle chiavi e al rilascio del capannone. 
Chiedevano quindi che il valore di mercato dell'immobile fosse opportunamente rideterminato secondo i prezzi correnti di mercato e concludevano per la revoca del decreto ingiuntivo, come trascritto in epigrafe. 
Si costituiva ### s.p.a., attraverso la sua mandataria e rappresentante ### s.c.p.a. e contestava le ragioni a fondamento dell'opposizione, chiedendone il rigetto. 
Precisava che il credito vantato era stato calcolato al netto dell'importo di € 170.000,00 derivante dalla riallocazione dell'immobile e che ammontava alla data del 1° febbraio 2016 a 254.340,13 euro, dovuti quale residuo debito costituito dall'importo dei canoni maturati e non pagati al febbraio 2016, maggiorato della differenza tra il residuo credito a quella data (€ 254.340,13) e la somma ricavata dalla riallocazione del bene (€ 170.000,00) e pari quindi ad € 84.340,13. Sulla somma oggetto dell'ingiunzione, di 179.275,86 euro, erano dovuti comunque gli interessi convenzionali di mora. 
Sottolineava come per ben quattro anni, dal 1° febbraio 2014, cui datava l'inadempimento, al 30 gennaio 2018, e per oltre due anni dalla risoluzione del contratto, la società opponente aveva goduto del capannone senza corrispondere alcun canone in adempimento del leasing. 
Negava la previsione di clausole vessatorie non specificamente sottoscritte, che fosse eccessiva la concordata penale e contestava la lamentata incongruità del costo di riallocazione del bene, del tutto adeguato alla sua consistenza ed alle effettive condizioni del mercato locale. 
Contestava infine la pattuizione di interessi di mora usurari e formulava le conclusioni riportate in epigrafe, agendo anche in via subordinata riconvenzionale, come sopra trascritto. 
La causa, istruita solo con produzioni documentali, era assunta in decisione all'udienza del 7 novembre 2023 sulle riferite conclusioni, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190, c.p.c.  ***  ### non è fondata e dev'essere disattesa. 
Deve premettersi che il contratto di leasing, stipulato anche per il finanziamento dell'edificazione del capannone artigianale alle condizioni di cui in espositiva, era stato concluso fra le parti il 2 marzo 2009 (doc. 5 monitorio) e, a seguito della missiva in data 28 dicembre 2015 con cui ### aveva comunicato all'utilizzatrice la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, era stato risolto ex art. 1456, c.c., come dichiarato con ordinanza di questo tribunale in data 20 settembre 2017 che aveva disposto il rilascio del bene locato. 
Le clausole vessatorie, secondo la previsione di cui agli artt. 1341 e 1342, c.c., sono state specificamente richiamate, non solo attraverso il relativo numero di riferimento, ma anche nel loro contenuto, quindi sottoscritte dalla società utilizzatrice, con la dicitura testuale “si approvano specificamente le pattuizioni tutte contenute nelle seguenti clausole”. Fra queste sono espressamente richiamate le pattuizioni di cui all'art. 12, inerenti alla decadenza dal beneficio del termine e alla penale, ossia al risarcimento dovuto alla concedente a seguito della risoluzione. La relativa eccezione d'inefficacia è pertanto infondata. 
Posto che nella specie non trova applicazione la nuova disciplina introdotta dalla L.124 del 2017, essendosi il rapporto già definitivamente esaurito con la risoluzione intimata dalla concedente nel 2015 in forza della clausola risolutiva espressa prevista dal contratto, ### dichiarata con la richiamata ordinanza di accertamento della risoluzione e di rilascio, dall'importo dovuto alla concedente, e in particolare dal valore del corrispettivo residuo ancora dovuto e contrattualmente previsto a carico dell'utilizzatore, è stata operata ai sensi della clausola contrattuale di cui all'art. 12, lett. C, la detrazione “di quanto il concedente abbia ricavato, al netto di tasse e spese, con la vendita o con il riutilizzo dell'immobile”. Il quantum da detrarre è dunque contrattualmente rapportato al valore di realizzo conseguito dalla concedente a seguito della riottenuta disponibilità del bene e alla sua riallocazione e non al suo verosimile valore di mercato che, quindi, non assume rilevanza. ### parte, posto che ### anche considerato il persistente inadempimento da parte della società utilizzatrice e le palese difficoltà di riscossione del credito maturato, aveva tutto l'interesse a riallocare il bene al massimo prezzo realizzabile nelle date condizioni del mercato locale, deve anche sottolinearsi come l'opponente non abbia offerto alcuna prova a dimostrazione dell'affermata incongruenza di quanto realizzato rispetto al potenziale valore di mercato del cespite, non producendo alcuna documentazione al riguardo (ad esempio, attestante i rilevamenti elaborati dall'O.M.I. e comunque quelli risultanti “da pubbliche rilevazioni di mercato elaborate da soggetti specializzati”, come previsto dall'art. 1, co. 139, L. citata) e non rivestendo dirimente significato probatorio la perizia di parte, anch'essa non corredata da alcun documento a supporto delle relative argomentazioni. In definitiva, una volta appurato il valore di realizzo del bene, l'onere di dimostrarne la palese incongruità rispetto a quello di mercato, argomento su cui insiste l'opponente, è a carico di chi la invochi, rammentandosi che è interesse della parte inadempiente dare la prova che, per la congiuntura del mercato e per le caratteristiche e l'ubicazione dell'immobile, ### non l'aveva proficuamente riallocato. 
Quanto agli interessi di mora, non se ne ravvisa la dedotta usurarietà. 
E' documentato, e indiscusso, che il tasso di mora pattuito era pari all'11.60% annuo, rientrante pertanto nella soglia disciplinata dal ### del MEF del 19 dicembre 2008, in vigore dal 1° gennaio 2009, il cui art. 2, co. 2°, prevede che ai fini della determinazione degli interessi usurari ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, i tassi rilevati devono essere aumentati della metà. 
Prosegue il DM (art. 3 co. 4) stabilendo che “I tassi effettivi globali medi (…) non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento” e che “l'indagine statistica condotta a fini conoscitivi dalla ### d'### e dall'### italiano dei cambi ha rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”. Applicati tali criteri e verificati i tassi soglia all'epoca vigenti, dovendo farsi riferimento alla data della pattuizione, il limite stabilito dal citato DM per i leasing strumentali del terzo trimestre di riferimento per l'anno 2009, cui deve ricondursi quello per cui è causa, era pari al 10.23 per gli interessi corrispettivi e, con la maggiorazione media di 2.1 punti percentuali, il tasso moratorio pattuito in contratto resta al di sotto in tale limite. 
Il calcolo proposto dall'odierna attrice è dunque erroneo, rilevandosi, inoltre, che la maggiorazione applicata appare del tutto coerente coi principi stabiliti dalle ### con la sentenza 19597/2020 e che, alla stregua dei criteri sin qui richiamati, non vanno annoverati nel calcolo costi che non possono essere conteggiati ai fini del superamento del tasso soglia, siccome eterogenei e non cumulabili con gli interessi. 
Quanto alla penale pattuita per l'inadempimento dell'utilizzatore, che ha funzione risarcitoria, essendo diretta a ristorare la concedente del danno patrimoniale subito sia in termini di corresponsione della quota capitale non restituitale, sia per il mancato conseguimento del ricavo atteso dall'esatto adempimento del contratto, deve osservarsi che nella specie la restituzione alla concedente di tutti i canoni maturandi sino al naturale termine del rapporto, attualizzati al tasso dell'1%, è anche temperata (in coerenza con lo spirito della L. 124/2017) dalla previsione del diritto dell'utilizzatore inadempiente ad ottenere quanto il concedente percepisca dalla rivendita o reimpiego in leasing del bene (secondo la nota formula dello “scaduto + scadere - bene”: v. art. 14 delle condizioni generali di locazione finanziaria), formula che non consente di ritenere eccessiva la penale a carico dell'inadempiente, tanto più ove si consideri che nella specie il godimento del bene da parte dell'utilizzatrice si era protratto ben oltre la risoluzione del rapporto. Non risulta, infatti, documentata da parte opponente alcuna concreta ed effettiva disponibilità al rilascio dell'immobile, anche perché la missiva datata 27 luglio 2015 (prod.1 opponente) non risulta sia mai stata inviata a ### Prima ancora, sulla mancanza di un rilascio spontaneo del bene locato, nonostante l'avvenuta risoluzione del contratto risalisse al dicembre 2015, ha già statuito l'ordinanza, irrevocabile, del 20 settembre 2017, emessa da queto tribunale in esito a procedimento sommario celebrato nella contumacia dell'utilizzatrice. Provvedimento che ### ha dovuto mettere in esecuzione, sostenendo quindi spese ulteriori per il recupero coattivo del bene. 
Non ravvisandosi, dunque, sulla base di quanto sin qui esposto, elementi che consentano di ritenere violate le regole contrattuali e il principio della necessaria e corretta decurtazione del costo di allocazione dell'immobile a seguito della risoluzione del contratto, appare superfluo il ricorso alla sollecitata consulenza tecnica contabile, dovendosene ribadire l'irrilevanza. 
Al rigetto dell'opposizione consegue la condanna degli opponenti alla rifusione delle spese di lite, liquidate in favore dell'opposta, secondo la soccombenza.  P.Q.M.  Definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra e contraria istanza, rigetta l'opposizione proposta da ### & C. s.a.s. di ### in persona del suo socio accomandatario, ### e ### confermando per l'effetto il decreto ingiuntivo opposto. 
Condanna gli opponenti alla rifusione in favore dell'opposta ### s.p.a., rappresentata dalla mandataria ### s.c.p.a., delle spese processuali, liquidate in complessivi € 13.000,00, oltre rimborso forfetario, iva e cpa come per legge. 
Sassari, 19 giugno 2024 Il giudice ### 

causa n. 992/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Deiana Stefania

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Corte d'Appello di L'Aquila, Sentenza n. 894/2024 del 27-06-2024

... 32 si è risolto di diritto mediante la clausola risolutiva espressa e pertanto non è necessario assumere a riferimento il momento (chiaramente successivo anche al recesso della controparte) in cui è stata depositata la sentenza n. 170/20 (sulla quale meglio si dirà). Lo schema della vendita con riserva di proprietà non comporta se non dopo il pagamento dell'ultima rata l'effetto traslativo sicchè il bene (oggetto dell'accordo con ### è continuato ad essere nella disponibilità del proprietario originario. Ulteriore profilo di censura ha riguardato l'errata valutazione del requisito della gravità dell'inadempimento di ### srl che non ha inteso addivenire alla sottoscrizione dell'atto pubblico. ### motivo si è appuntato sull'errato accoglimento (evidentemente quale conseguenza della (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE ### DI L'### composta dai ### magistrati: Dott.ssa ###ssa #### rel.  ha pronunciato, ai sensi dell'art. 350 bis cpc, la seguente SENTENZA nella causa civile in grado d'appello iscritta al n. 1087/2023 R.G. trattenuta in decisione all'udienza del 18 giugno 2024 sostituita dal deposito di note e vertente TRA • CIELLE F.### srl (p iva ###) rappresentata e difesa dall'avv. ### del foro di L'### ed ivi elettivamente domiciliata presso il suo studio giusta procura in atti; APPELLANTE E • ### srl ( p iva ###,) rappresentata e difesa dall'avv. ### e dall'avv. ### entrambi del foro di L'### ed ivi elettivamente domiciliata presso lo studio del primo giusta procura in atti; ### OGGETTO: appello avverso sentenza n. 223/23 del 30 marzo 2023 del Tribunale di L'### in tema di risoluzione contratto preliminare di compravendita. 
Conclusioni: i procuratori delle parti hanno discusso la causa mediante il deposito delle note di trattazione scritta in atti.  RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1.1.Il Tribunale di L'### ha rigettato la domanda proposta da ### F.lli ### srl (di seguito, e per brevità ## srl) nei confronti di ### srl avente ad oggetto la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di compravendita del 19 ottobre 2017 e di risarcimento danni, stimati inizialmente nell'importo di € Sentenza a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024 pag. 2/11 306.132,00 (per danno emergente e lucro cessante) e successivamente, in sede di prima memoria ex art. 183 comma VI cpc, ridotto in € 274.646,00. 
Allo stesso tempo, però, il giudice del ### ha parzialmente accolto (tanto da compensare per tale ragione, nella misura della metà, le spese di lite) la riconvenzionale ritualmente spiegata dalla convenuta di riconoscimento della fondatezza del recesso dal medesimo rapporto negoziale per inadempimento della promittente alienante e di condanna, secondo quanto stabilito dall'art. 1385 cod civ, alla restituzione del doppio della caparra (quantificata, per le ragioni che si andranno ad esporre, nell'ordine di € 132.000,00).  1.2.Per ragioni di ordine sistematico, risulta sin da subito opportuno procedere ad una sintetica ricostruzione della cornice, peraltro di chiara connotazione documentale, al cui interno la vicenda che ci occupa deve essere inquadrata. 
Tra le parti, e quindi in epoca antecedente al rapporto negoziale sopra menzionato, sono stati sottoscritti due altri contratti preliminari; un primo, del 7 marzo 2015 avente ad oggetto i beni siti in L'### e catastalmente identificati al fg 5 p.lla 2346 sub 21, 22 e 34 per un importo complessivo di € 300.000 (con la specifica previsione che quanto all'ultimo sub il prezzo sarebbe stato di € 100.000); un secondo accordo, intervenuto invece in data 1 settembre 2015 costituito in realtà da due preliminari aventi rispettivamente ad oggetto il sub 33 ed il sub 34 (prezzo finale € 118.000 con termine per la redazione del definitivo entro il 7 marzo 2016) ed il sub 21 e sub 22 (corrispettivo finale di € 200.000 e firma del rogito entro l'anno). 
Con il preliminare del 19 ottobre 2017, le parti hanno certamente (sul punto in effetti non è stata sollevata neppure alcuna contestazione) inteso novare gli accordi precedentemente assunti in quanto gli immobili oggetto del preliminare sono risultati diversi trattandosi del sub 58 (ex 21), 85 (ex 32), 67 (ex 33-34), 60, 32, 66, 68 e la quota di 2/4 (corrispondente a due posti auto) del sub 61. 
Anche la misura del prezzo è stata rideterminata essendo stato previsto un importo di € 381.000,00 una cui parte versata al momento della firma, un'altra mediante conferimenti mensili ed il residuo al momento della firma dell'atto pubblico. 
Sentenza a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024 pag. 3/11 1.3. ### la prospettazione di ## srl, la controparte non avrebbe voluto procedere alla firma dell'atto pubblico nonostante l'invito a presentarsi dinanzi al ### designato. 
Attraverso la riconvenzionale, invece, ### srl ha fornito una rappresentazione dei fatti diametralmente opposta evidenziando in particolare i profili di inadempimento della controparte consistenti: a) nel non aver la disponibilità del bene immobile individuato al sub 32; b) nel non aver conseguito dal ### le necessarie autorizzazioni; c) nella mancata liberazione del bene da vincoli e trascrizioni.  1.4. Queste, in estrema sintesi, le principali argomentazioni poste a fondamento della motivazione della decisione: - l'immobile distinto al sub 32 è stato oggetto di un precedente accordo di vendita (con patto di riservato; dominio dell'anno 2013) intercorso tra ## srl e altra società (###; - ## srl è rientrata nel possesso del predetto bene soltanto con la sentenza del Tribunale di L'### n. 170/20; - al momento dell'esercizio da parte di ### srl del recesso dal preliminare, la società attrice è risultata inadempiente sicchè la sua domanda non può trovare accoglimento; - quanto alla riconvenzionale, è sufficiente osservare che la pretesa restitutoria (doppio della caparra) può essere accolta soltanto in parte e limitatamente all'ammontare di € 16.000 essendo possibile qualificare alla stregua di caparra unicamente i versamenti effettuati per € 8.000,00, ma non i restanti; 1.5. La pronunzia del tribunale aquilano è stata tempestivamente impugnata da ## srl attraverso l'articolazione di cinque motivi. 
La prima doglianza ha riguardato la violazione dell'art. 281 sexies cpc in quanto è stato disposto, una volta rigettate le prove, il rinvio all'udienza di discussione non assegnando alle parti alcun termine per memorie conclusive. 
Le restanti censure si sono appuntate invece sul merito della lite avendo nel dettaglio riguardato la violazione (o meglio l'errata applicazione) degli articoli 1456 cod civ e 1523 cod Sentenza a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024 pag. 4/11 In altri termini, per ## srl il giudice di prime cure non ha considerato che l'accordo relativo al sub 32 si è risolto di diritto mediante la clausola risolutiva espressa e pertanto non è necessario assumere a riferimento il momento (chiaramente successivo anche al recesso della controparte) in cui è stata depositata la sentenza n. 170/20 (sulla quale meglio si dirà). 
Lo schema della vendita con riserva di proprietà non comporta se non dopo il pagamento dell'ultima rata l'effetto traslativo sicchè il bene (oggetto dell'accordo con ### è continuato ad essere nella disponibilità del proprietario originario. 
Ulteriore profilo di censura ha riguardato l'errata valutazione del requisito della gravità dell'inadempimento di ### srl che non ha inteso addivenire alla sottoscrizione dell'atto pubblico.  ### motivo si è appuntato sull'errato accoglimento (evidentemente quale conseguenza della fondatezza delle pregresse doglianze) della riconvenzionale.  1.6.### ha resistito all'impugnazione deducendone l'infondatezza ed evidenziando come deve ritenersi passato in giudicato il capo della sentenza che ha rigettato la domanda di risarcimento danni (assorbita nel mancato accoglimento della domanda di risoluzione del preliminare). 
Ad ogni buon conto (tanto in parte motiva che in quella dispositiva come verrà chiarito nel prosieguo), ### srl ha lamentato l'errata quantificazione della caparra confirmatoria sulla quale poi operare il raddoppio in quanto a tale fine devono considerarsi tutti i pagamenti effettuati in esecuzione del preliminare del 19 ottobre 2017 per un totale di € 66.000 e non invece € 8.000,00 come deciso. 
Rigettata l'istanza di inibitoria, il giudizio di appello è stato istruito mediante l'acquisizione delle produzioni documentali offerte dalle parti e del fascicolo (peraltro integralmente in formato telematico) d'ufficio del primo grado. 
All'esito dell'udienza del 18 giugno 2024, sostituita dal deposito di note ai sensi dell'art. 127 ter cpc, le parti, a cui è stato assegnato termine per il deposito di memorie conclusive, hanno discusso la causa che pertanto può essere decisa ai sensi dell'art. 350 bis cpc. 
Sentenza a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024 pag. 5/11 2. Preliminarmente, va dichiarata l'inammissibilità delle richieste istruttorie che parte appellante ## srl ha reiterato nel libello introduttivo del presente giudizio.  ### infatti, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità ““Le istanze istruttorie non accolte in primo grado e reiterate con l'atto di appello, ove non siano state riproposte in sede di precisazione delle conclusioni, sia in primo grado che nel giudizio di gravame, devono reputarsi rinunciate, a prescindere da ogni indagine sulla volontà della parte interessata, così da esonerare il giudice del gravame dalla valutazione sulla relativa ammissione o dalla motivazione in ordine alla loro mancata ammissione. La ricordata interpretazione degli articoli 189, 345 e 346 del Cpc (secondo cui l'istanza istruttoria non accolta nel corso del giudizio, che non venga riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, deve reputarsi tacitamente rinunciata), in particolare, non contrasta con gli articoli 47 e 52 della ### né con gli articoli 2 e 6 del ### di ### del 13 dicembre 2007 (ratificato con legge 2 agosto 2008, n. 130), né con gli articoli 24 e 111 della ### non determinando alcuna compromissione dei diritti fondamentali di difesa e del diritto ad un giusto processo, poiché dette norme processuali, per come interpretate, senza escludere né rendere disagevole il diritto di difendersi provando, subordinano, piuttosto, lo stesso ad una domanda della parte che, se rigettata dal giudice dell'istruttoria, va rivolta al giudice che decide la causa, così garantendosi anche il diritto di difesa della controparte, la quale non deve controdedurre su quanto non espressamente richiamato” (cfr Cass Civ, ### 12.1.2023 n. ###). 
Orbene, nella fattispecie (attenendosi a quanto riportato negli atti di causa) è accaduto che: - Con ordinanza del 16 marzo 2023, il primo giudice ha rigettato le istanze istruttorie (ritenendo, in definitiva, la causa documentalmente già sufficientemente istruita) formulate dalle parti e quindi anche da ## srl; - All'udienza di precisazione delle conclusioni (sostituita dal deposito di note), il procuratore della predetta società si è riportato ai precedenti scritti difensivi ed in particolare alla prima memoria ex art 183 comma VI cpc senza quindi insistere per l'ammissione delle prove; Sentenza a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024 pag. 6/11 - La richiesta pertanto formulata in appello deve ritenersi inammissibile facendo buon governo dei principi di diritto sopra citati; 3.1.In assenza di ulteriori questioni preliminari, e venendo dunque al merito, è possibile procedere alla disamina dell'appello proposto da ## srl che, in quanto infondato in fatto, oltre che in diritto, deve essere rigettato per le ragioni di seguito meglio illustrate. 
Il primo motivo, riferito alla violazione dell'art. 281 sexies cpc e quindi più strettamente afferente al rito, risulta infondato e di conseguenza non meritevole di accoglimento. 
E' sufficiente osservare a tale riguardo che: - Come già anticipato, rigettando le istanze istruttorie il giudice di prime cure ha fissato l'udienza di precisazione delle conclusioni e di discussione ai sensi dell'art. 281 sexies cpc; - Non ha concesso alcun termine ulteriore per il deposito di scritti difensivi finali e pertanto ha dichiarato (in sentenza) l'inutilizzabilità (perché irrituali) delle note che CL ha egualmente depositato in via telematica in data 19 marzo 2023; - Non è superfluo rilevare che l'art. 281 sexies cpc, nella sua formulazione previgente, rappresenta una modalità di definizione della lite rimessa alla valutazione discrezionale del giudice non essendo subordinata ad alcuna specifica istanza in tal senso formulata dalle parti; - La norma, inoltre, a differenza dell'art. 281 quinquies cpc, non prevede alcuna concessione di termine per memorie essendo evidente la ratio perseguita dal legislatore di elevare il requisito dell'oralità a parametro per l'estrinsecazione delle prerogative delle parti; - Nelle note depositate da ## srl in data 19 marzo 2023 lo stesso procuratore della parte non ha sollevato alcun tipo di questione sulla scelta del giudice chiedendo che la causa fosse decisa con richiamo ai precedenti scritti difensivi non lamentando alcuna concreta ed effettiva vulnerazione delle proprie prerogative difensive; Per tali ragioni, quindi, il motivo deve essere rigettato. 
Sentenza a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024 pag. 7/11 3.2. Le restanti doglianze sollevate da ## srl (in quanto strettamente connesse fra loro) ben possono essere trattate congiuntamente ed a tal fine merita osservare quanto segue. 
Con il preliminare del 19 ottobre 2017, oltre che alle condizioni già illustrate, le parti hanno posto a carico del promittente alienante (## srl) di garantire la libera proprietà dei beni, impegnandosi prima della sottoscrizione del definitivo “ad ottenere le necessarie autorizzazioni occorrenti all'alienazione degli immobili” nonché a liberare gli stessi da vincoli e trascrizioni che in effetti sono state poi specificatamente indicate nel preliminare (trattasi dell'ipoteca in favore di ### e di ### a garanzia di un mutuo rispettivamente del 2004 e del 2007 trascrizione del marzo 2010 in favore di ### di ### e ###. 
Dalla disamina, poi, del materiale documentale versato in atti, è ulteriormente emerso che: - Nel maggio 2013, ## srl ha ceduto (con patto di riservato dominio) a ###O l'immobile identificato al fg 5 p.lla 2346 sub 32; - Tale contratto, tuttavia, è stato risolto (giusta diffida del 18 febbraio 2014) dalla parte venditrice avvalendosi, a seguito dell'inadempimento della controparte dell'obbligazione di pagamento del corrispettivo posta a suo carico, della clausola risolutiva espressa di cui all'art. 7; - Con sentenza n. 170/20 il Tribunale di L'### ha accolto la domanda di ## srl e di conseguenza ha dichiarato la risoluzione (oramai già intervenuta) del contratto del 2013 ordinando a ### il rilascio dell'immobile; - Tale rilascio e quindi il ritorno nella disponibilità materiale della proprietaria ## srl si è però avuto soltanto in data 28 luglio 2020; - Prima di tali accadimenti, segnatamente in data 7 ottobre 2019, l'odierna appellante ha invitato ### srl dinanzi al ### in L'### per la firma del rogito (indicando anche un termine ultimo per l'8 novembre 2019); - È altresì pacifico (ma comunque anche documentato per tabulas dalla nota redatta nella circostanza proprio dal ### che il rogito non è stato sottoscritto; - Peraltro, dal carteggio epistolare intercorso tra le parti è risultato che già in data 20 ottobre 2019 ### srl ha lamentato l'impossibilità di dare esecuzione al preliminare in quanto “alcune delle particelle” (chiaro il riferimento al sub 32) Sentenza a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024 pag. 8/11 non erano nella disponibilità della controparte e con successiva nota del 12 dicembre 2019 ha intimato alla stessa il recesso instando per il pagamento del doppio della caparra confirmatoria corrisposta; 3.3.Dal quadro probatorio così tratteggiato possono trarsi le seguenti considerazioni conclusive.  ### srl ha promesso in vendita gli immobili a ### srl, pur essendone in effetti ancora formalmente proprietaria, non aveva la disponibilità materiale dell'edificio contraddistinto al sub 32. 
All'epoca, infatti (essendo iniziato nel 2016) risultava ancora pendente il giudizio (poi definito con la sentenza n. 170/20) instaurato per sentire dichiarare la risoluzione verificatasi con l'esercizio della clausola risolutiva espressa e soprattutto, come quale effetto dello scioglimento del contratto, ottenere la restituzione del bene. 
Nonostante tale quadro, l'odierna appellante ha sollecitato la sottoscrizione dell'atto pubblico indicando, nella nota del 7 ottobre 2019, anche il termine ultimo entro cui il rogito avrebbe dovuto essere concluso. 
Ne deriva, di conseguenza, che alcun inadempimento può essere ascritto in capo a ### srl in quanto è chiaro che non avrebbe avuto alcun senso logico, prima ancora che giuridico addivenire alla firma dell'atto pubblico quando la parte acquirente non avrebbe potuto materialmente disporre del bene che quindi sarebbe stato trasferito solo sulla carta. 
A quanto sin qui esposto, deve poi aggiungersi che ## srl non ha fornito la prova di aver assolto agli altri obblighi assunti con la firma del preliminare. 
Tanto vale innanzitutto per la cancellazione delle due iscrizioni ipotecarie e della trascrizione di cui è fatta menzione nel preliminare. 
La documentazione prodotta in atti (vale a dire la nota di ### spa del 29 dicembre 2017) non può consentire un diverso inquadramento dei fatti in quanto essa riguarda il semplice nulla osta alla restrizione dell'ipoteca in favore di ### di ### spa (già ### spa) per cui è comunque indispensabile la redazione di un atto notarile di cui, tuttavia, non vi è traccia. 
Sentenza a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024 pag. 9/11 Allo stesso tempo, ## srl non ha fornito neanche la dimostrazione di aver conseguito le autorizzazioni necessarie descritte nel preliminare. 
Trattasi, all'evidenza, di adempimenti essenziali il cui mancato assolvimento consente di ritenere ampiamente giustificato il recesso esercitato da ### srl ricorrendo anche il requisito della gravità (richiesto dall'art. 1453 cod civ). 
Come noto, secondo la posizione unanime della giurisprudenza ed anche della più autorevole dottrina, tale requisito riveste una duplice connotazione oggettiva e soggettiva nel senso che deve essere vagliato in relazione al caso specifico ed alle effettive esigenze delle parti. 
Orbene, la presenza di vincoli sul bene, la mancata disponibilità di una parte dello stesso sono certamente fattori idonei a ritenere condivisibile la soluzione a cui è pervenuto il primo giudice. 
Per tali essenziali ragioni, l'appello principale deve essere rigettato.  4. In conclusione, qualche doveroso cenno si impone sulla richiesta di ### srl di riconoscimento di una somma, a titolo di doppio della caparra confirmatoria, superiore rispetto a quella invece attribuita dal giudice di prime cure. 
In effetti, nella parte motiva della comparsa di costituzione, la predetta società si è così espressa “### alla domanda ex art. 1385 c.c. si ritiene comunque errata la decisione del Tribunale nella parte in cui ha statuito: “### novazione dei contratti preliminari del 01/09/2015 impone al Tribunale di far riferimento unicamente al contratto del 19/10/2017. Ed alla lettura di esso, si evince che l'unica somma corrisposta da ### in favore di ### - a titolo di caparra confirmatoria - ammonti a euro 8.000,00. Le altre diverse somme ivi contemplate vengono previste quali mere modalità di pagamento del prezzo.”. Invero, sebbene le parti abbiano inteso con il contratto preliminare del 19/10/2017 unire in una unica scrittura tutte le unità immobiliari precedenti e, conseguentemente, adeguare il prezzo complessivo della vendita, le somme che in forza dei precedenti contratti erano state consegnate “a titolo di caparra confirmatoria” vengono tutte richiamate e scomputate dal prezzo finale, con la conseguenza che è evidente la volontà di non mutare la destinazione di quelle somme già date ma di confermarne la concessione proprio con le medesime finalità stabilite al Sentenza a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024 pag. 10/11 tempo delle cessioni. Da quanto sopra doveva conseguire la condanna di controparte alla restituzione della somma di euro 88.000,00 (e non 16.000,00) pari al doppio della caparra versata: euro 36.000,00 con le due differenti scritture del 01/09/2015 ed euro 8.000,00 con la scrittura del 19/10/2017.”(cfr pag. 14). 
In sede di conclusioni, così dimostrando come il proprio intento fosse realmente quello di censurare sul punto la decisione del Tribunale, ha aggiunto “nel merito rigettare l'appello proposto perché infondato in fatto ed in diritto, confermando la condanna dell'appellante al rimborso di una somma doppia alla caparra versata dalla promittente acquirente, nella misura evidenziata, oltre interessi” (cfr pag 16). 
Superata in tal modo la questione della qualificazione, vertendosi chiaramente in un'ipotesi di impugnazione incidentale, peraltro tempestiva (perché introdotta nel rispetto del termine perentorio di 20 giorni prima la data dell'udienza di comparizione), si tratta di scendere nel merito e quindi verificare la fondatezza della doglianza. 
Le argomentazioni di ### srl però non colgono nel segno e di conseguenza non possono essere condivise. 
A supportare, ed in maniera decisiva tale soluzione interpretativa, vi è il chiaro contenuto del preliminare del 19 ottobre 2017. 
Infatti, nella parte dedicata alle modalità di corresponsione del prezzo della cessione, le parti hanno così concordato; la somma di € 8.000, versata con la firma del preliminare, a titolo di caparra confirmatoria; € 22.000 in rate mensile dell'importo di € 1.000,00 a partire dal 1 gennaio 2018; € 35.000, anche in tal caso con identiche rate, ma a partire dal momento in cui ## srl sarebbe rientrata nel possesso del sub 32; la restante parte al tempo della firma del rogito. 
In questi casi, non può che farsi riferimento ai principi di ordine generale in tema di ermeneutica contrattuale e segnatamente al criterio letterale. 
Muovendo da questa premessa, allora, risulta di sin troppa chiara evidenza che la parte del corrispettivo complessivo (pari cioè ad € 381.000,00) riferita alla caparra confirmatoria è circoscritta alla somma di € 8.000,00. 
In maniera assai chiara, le parti hanno chiarito che tanto l'importo di € 22.000 che quello di € 35.000 devono intendersi alla stregua di acconti e le stesse modalità del loro versamento (in modalità rateale) dà conferma di tale assunto. 
Sentenza a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024 pag. 11/11 ### srl, poi, nell'atto di costituzione si è genericamente limitata a dedurre l'errore in cui sarebbe incorso il primo giudice senza comunque offrire alla valutazione del Collegio in grado di consentire un diverso inquadramento dei fatti.  5. ### infine alle spese di lite del presente grado, la soccombenza reciproca consente di procedere alla loro integrale compensazione.  6. Visto l'esito dell'appello e visto l'art. 13 co. 1 quater del D.P.R. n. 115/02, come modificato dall'art. 1 comma 17 L. 228/12, che prevede l'obbligo del versamento, per l'appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in caso di rigetto integrale della domanda (ovvero di definizione negativa, in rito, del gravame), previsto per i procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013 (cfr. Cass. SS.UU.  9938/14), dichiara che l'appellante principale e l'appellante incidentale sono tenuti al pagamento di un ulteriore importo pari a quello già dovuto a titolo di contributo unificato.  P.Q.M.  La Corte di Appello di L'### sezione civile, definitivamente pronunciando sull'appello come sopra proposto avverso la sentenza del Tribunale di L'### 223/23 così decide nel contraddittorio delle parti: a) rigetta, per le causali di cui in motivazione, l'appello principale; b) rigetta, per le medesime causali, l'appello incidentale; c) compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado; d) manda alla ### per l'adeguamento del contributo unificato; Così deciso nella camera di consiglio da remoto del 20 giugno 2024 ### estensore dott. ### dott.ssa ### a verbale (art. 350 bis cpc) del 27/06/2024

causa n. 1087/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Orlandi Nicoletta, Dell'Orso Andrea

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Tribunale di Genova, Sentenza n. 1373/2024 del 02-05-2024

... tenore della sopra richiamata clausola risolutiva espressa contenuta nell'articolo 5 dell'accordo in esame, articolo che in ogni caso, per quanto sopra illustrato, contiene una predeterminazione della gravità dell'inadempimento anche soltanto nel caso di ritardo nei pagamenti, deve ritenersi fondata la domanda di risoluzione del contratto di locazione da considerarsi implicitamente proposta con l'intimazione dello sfratto per morosità, e, comunque, esplicitamente avanzata dall'attore nella memoria integrativa del 30/11/2023. Per le pregresse argomentazioni in ordine alle specifiche previsioni contrattuali, risulta poi superflua la disamina delle questioni sollevate dalla convenuta a proposito della pretesa scarsa importanza dell'inadempimento, come tale perciò asseritamente inidoneo a (leggi tutto)...

Repubblica Italiana In Nome del Popolo Italiano Il Tribunale di Genova Terza Sezione Civile In persona del giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA resa ai sensi dell'art. 429 c.p.c.  nella causa iscritta al n. R.G. 9848/2023 e promossa da: ### nato a #### il ###, c.f.: ###, rappresentato e difeso, per mandato in atti, anche disgiuntamente tra loro, dagli Avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliato in #### di ### 22/2 -attore - contro ### di ### & C. s.a.s., c.f. e p.iva: ###7, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliat ###Bixio 34/3, presso e nello studio dell'Avv. ### che la rappresenta e difende per mandato in atti - convenuta ### Come da verbale d'udienza del 2/5/2024, cui si fa rinvio. 
FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato, ### intimava sfratto per morosità alla s.a.s. ### di ### esponendo tra l'altro: -di essere proprietario dell'unità immobiliare sita in ####, ### 15/A; - di avere concesso l'immobile in locazione ad uso non abitativo alla società convenuta, con contratto del 25/9/2017, avente durata di sei anni, rinnovabile per lo stesso periodo; - che il contratto medesimo era stato registrato all'### delle #### di ### il ###; - che il canone mensile ammontava ad € 2.000,00; - che la conduttrice aveva omesso di corrispondere due mensilità, maturando una morosità (tenuto conto degli adeguamenti ### pari ad € 4.240,00. 
Concludeva, pertanto, chiedendo il rilascio dell'immobile. 
Con comparsa del 12/10/2023, si costituiva la convenuta, la quale si opponeva alla convalida dello sfratto, evidenziando di avere provveduto al pagamento di tutti i canoni e sostenendo che l'inadempimento, privo del requisito della gravità, non aveva comportato un'alterazione del sinallagma contrattuale. 
All'udienza del 27/10/2023 era disposta la trasformazione del rito, dopo di che, previo deposito delle memorie integrative, veniva esperito, con esito negativo, il tentativo di conciliazione tra le parti. 
Infine, all'udienza del 2 maggio 2024 le parti medesime procedevano alla discussione della vertenza e, all'esito, la causa era trattenuta in decisione, ai sensi dell'art. 429 c.p.c.. 
Tanto premesso, le domande del ### appaiono fondate e meritano, quindi, accoglimento per le ragioni di seguito esplicitate. 
Ed invero, occorre evidenziare, da un lato, che il contratto di locazione stipulato il ### - avente ad oggetto l'immobile sito in #### 15 A, adibito ad uso magazzino per “prodotti per l'abbigliamento della persona e per la casa” - prevede, alla clausola n. 5 (tra l'altro approvata specificamente per iscritto), che “Il pagamento del canone non potrà essere sospeso né ritardato da pretese o eccezioni del ### di qualunque specie e natura … il mancato puntuale pagamento in tutto o in parte e per qualsiasi causa, anche di una sola rata del canone, costituisce il ### in mora, con la conseguente risoluzione di diritto del contratto per grave inadempimento ex art. 1455 C.C. a danno e spese del ### stesso”, e, dall'altro, che dalla documentazione contabile prodotta da ### s.a.s. (doc. n. 1 allegato alla comparsa del 12/10/2023) si evince che detta società ha pagato in ritardo i canoni di locazione relativi ai mesi di giugno 2023 (versamento del 4/10/2023), luglio 2023 (versamento del 17/8/2023), agosto 2023 (12/9/2023) e settembre 2023 (3/10/2023). 
Sotto quest'ultimo, profilo, giova infatti precisare che, in forza dell'art. 3 del citato contratto, il canone doveva essere corrisposto dalla conduttrice “entro e non oltre il 10° giorno di inizio di ogni mese …”. 
Alla luce dell'inequivocabile tenore della sopra richiamata clausola risolutiva espressa contenuta nell'articolo 5 dell'accordo in esame, articolo che in ogni caso, per quanto sopra illustrato, contiene una predeterminazione della gravità dell'inadempimento anche soltanto nel caso di ritardo nei pagamenti, deve ritenersi fondata la domanda di risoluzione del contratto di locazione da considerarsi implicitamente proposta con l'intimazione dello sfratto per morosità, e, comunque, esplicitamente avanzata dall'attore nella memoria integrativa del 30/11/2023. 
Per le pregresse argomentazioni in ordine alle specifiche previsioni contrattuali, risulta poi superflua la disamina delle questioni sollevate dalla convenuta a proposito della pretesa scarsa importanza dell'inadempimento, come tale perciò asseritamente inidoneo a determinare uno squilibrio dei rapporti contrattuali; per le stesse ragioni, appare privo di pregio, ai fini che qui interessano, il richiamo della s.a.s. ### al principio di cui all'art. 1375 c.c.. 
Dall'accoglimento della domanda di risoluzione discende poi la fondatezza di quella finalizzata al rilascio dell'unità immobiliare, rilascio che va ordinato - considerate le ragioni dello stesso e le condizioni delle parti, in giorni sessanta dalla presente sentenza. 
In virtù del principio della soccombenza, l'odierna società convenuta deve condannarsi al pagamento delle spese di giudizio (valore compreso nello scaglione tra € 1.100,01 ed € 5.200,00, con esclusione della fase istruttoria), su cui, peraltro, appare congruo applicare la riduzione del 50% rispetto al parametro medio previsto dal D.M. 147/2022 per la fase decisionale, tenuto conto del numero di questioni trattate.  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, risolve il contratto di locazione stipulato tra le parti il ### (registrato il ###), avente ad oggetto l'immobile sito in ####, #### per le ragioni esposte in parte motiva e, per l'effetto, condanna la convenuta ### di ### & C. s.a.s., a rilasciare il medesimo immobile libero da persone e cose, a favore dell'attore ### entro il termine di sessanta giorni dalla data della presente sentenza. 
Condanna, altresì, la medesima società convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, a favore dell'attore ### delle spese di lite che liquida in € 76,00 per esborsi e in € 1.275,50 per compensi, oltre 15% di spese forfettarie, IVA e CPA come per legge. 
Genova, 2 maggio 2024 

Il Giudice
dott. ###


causa n. 9848/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Repetto Francesco, La Mantia Alberto

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Corte d'Appello di Napoli, Sentenza n. 2615/2021 del 05-07-2021

... materiale il fatto contemplato dalla clausola risolutiva, era però conforme ai principi di buona fede in quanto ciò avrebbe condotto ad escludere la ricorrenza della colpa e, quindi, la sussistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto. 11 - Le censure proposte con il secondo motivo non possono essere accolte. Risulta, innanzi tutto, irrilevante la doglianza relativa alla omessa ammissione delle prove orali da parte del primo giudice. Infatti, indipendentemente da ogni valutazione nel merito, risulta corretto e conforme agli orientamenti di legittimità (Cass. sent n. 25157/2008; Cass. sent n. 16290/2016) affermare che le istanze probatorie disattese dal giudice del primo grado debbono intendersi rinunciate se non siano state reiterate in sede di precisazione delle conclusioni e (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI -Sezione III Civile così composta: dott. ### dott. ### dott. ### ausiliario ### riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in secondo grado iscritta al n. 4474 del R.G.A.C. dell'anno 2016, posta in deliberazione all'udienza collegiale del 13 gennaio 2021, vertente tra #### codice fiscale ###, ### codice fiscale ###, e ### codice fiscale ###, rappresentati e difesi dall'avv. ### codice fiscale ### e con lui elettivamente domiciliat ###c/o la sig.ra ### come da procura in atti appellanti e ### S.P.A. - GRUPPO BNP PARIBAS, codice fiscale ###, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dall'avv. ### codice fiscale ###, e dall'avv. ### codice fiscale ###, come da procura in atti appellata ### appello avverso la sentenza n° 648/2016, resa dal Tribunale di Avellino e pubblicata il 16 marzo 2016 CONCLUSIONI DEI PROCURATORI DELLE PARTI Per gli appellanti: “I. in via preliminare, ai sensi dell'art. 283 c.p.c., sospendere l'esecuzione della sentenza impugnata; ammettere, ai sensi dell'art. 345 c.p.c., la produzione della comunicazione inviata dagli appellanti alla banca in data ###, ove ritenuto necessario, previa ammissione della prova testimoniale a tal riguardo articolata; disporre la consulenza tecnica d'ufficio richiesta dagli appellanti con l'atto introduttivo del giudizio e, solo gradatamente, ammettere le prove orali (interrogatorio e prova testimoniale) articolate dagli appellanti con l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo. II. Nel merito in riforma della sentenza impugnata, accogliere integralmente le conclusioni rassegnate con l'atto introduttivo del giudizio come infra riportate in corsivo: dichiarare nullo e/o revocare il decreto ingiuntivo opposto e/o pronunziarne l'annullamento per tutti i motivi in precedenza esposti. In accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dagli opponenti: A. dichiarare l'inadempimento contrattuale della banca opposta agli obblighi assunti con il contratto di finanziamento. B. Dare atto della legittimità della condotta mantenuta dai mutuatari opponenti e, comunque, della non imputabilità, per le ragioni in precedenza precisate, del mancato pagamento delle rate scadute del finanziamento e dell'insussistenza delle condizioni legittimanti la risoluzione e la revoca del contratto di finanziamento. C. In adempimento dei patti del contratto di finanziamento e previa declaratoria dei corrispondenti diritti degli opponenti e conseguente condanna della banca all'adempimento dei corrispettivi obblighi contrattuali: individuare il periodo di utilizzo del finanziamento; individuare la data di inizio dell'ammortamento del finanziamento; individuare, in conformità di quanto in precedenza precisato, il tasso di interesse dovuto dagli opponenti alla banca sia nel corso del periodo di utilizzo del finanziamento, che nel corso del successivo periodo di ammortamento ed, eventualmente, anche di quello di preammortamento ove configurabile, formare il piano di ammortamento del finanziamento; determinare le somme dovute dagli opponenti per le rate del finanziamento maturate nel periodo di utilizzo e per quelle successivamente scadute; operare il frazionamento del mutuo fra le distinte unità immobiliari, autonome ed indipendenti realizzate dagli opponenti. III. Condannare la banca appellata all'integrale refusione delle spese e competenze del doppio grado di giudizio, oltre rimborso di spese generali, iva e cpa, come per legge, con distrazione, nonché al pagamento e/o rimborso del costo dell'indagine tecnica d'ufficio.” Per la banca appellata: “- ### l'istanza di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza impugnata in quanto nonne ricorrono i presupposti di legge;- ### inammissibile e comunque rigettare l'appello proposto dai sigg.ri ### avverso la sentenza n. 648/2016 del Tribunale di Avellino perché del tutto infondato in fatto e diritto e, per l'effetto, rigettare la avversa domanda riconvenzionale e confermare la sentenza impugnata.- In ogni caso, condannare parte appellante alle spese e competenze del doppio grado di giudizio, oltre rimborso forfettario, IVA e ###”.  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1 - Con atto di citazione notificato in data ##### e ### proponevano opposizione al decreto ingiuntivo 905/2011, emesso ad istanza della ### del ### s.p.a dal Tribunale di Avellino per l'importo di euro 199.133,71, oltre interessi e spese, quale importo preteso a seguito della risoluzione del contratto di finanziamento stipulato con atto pubblico del 6/4/2007.  1.1 - A sostegno dell'opposizione assumevano che, con l'atto indicato, la ### aveva concesso loro un finanziamento, garantito da ipoteca, prestata da ### di euro 180.000,00, destinato all'acquisto di un suolo ed alla sua utilizzazione ai fini dell'edificazione di un immobile, da erogarsi in una o più soluzioni, entro il termine di tre anni dalla data di stipula, con l'espressa pattuizione che, in difetto di richiesta dei mutuatari entro i successivi tre anni, si sarebbe configurata la rinuncia parziale al finanziamento per la parte non erogata. 
Nel suddetto contratto era, poi, previsto l'obbligo per i mutuatari di restituire la somma finanziata nel termine massimo di trent'anni, mediante pagamento in rate semestrali o mensili comprensive di sorta capitale ed interessi, da calcolarsi al tasso fisso o variabile da convenirsi in sede di stipula dell'atto o degli atti integrativi di quietanza. ### del mutuo sarebbe stato preceduto da un periodo di utilizzo, nel corso del quale sulle somme erogate sarebbero stati dovuti, fino alla stipula dell'atto di erogazione o di quietanza, gli interessi in via semestrale posticipata alle scadenze semestrali al tasso del 6,50 % annuo.  1.3 - Assumevano, poi, gli opponenti di avere ricevuto, in due tranches, complessivi euro 160.000,00; lamentavano di non avere ricevuto l'erogazione a saldo dei residui 20.000,00 euro, e che non si era addivenuti nel triennio né alla stipula dell'atto di quietanza e di determinazione del tasso di interesse, né all'inizio dell'ammortamento del finanziamento, nonostante le richieste in tal senso dagli stessi formulate.  1.4 - Adducevano, da ultimo, la violazione, da parte della banca, degli obblighi contrattualmente assunti per non avere la BNL erogato l'intera somma di euro 180.000,00 inizialmente pattuita; per non aver stipulato l'atto finale di erogazione e quietanza, propedeutico all'entrata in ammortamento del mutuo, pur essendone maturate, a loro dire, le condizioni; per aver richiesto la ### in pagamento, interessi di importo difforme rispetto alle pattuizioni contrattuali; per aver ritenuto indebitamente risolto il contratto, con conseguente decadenza dal beneficio del termine pur in difetto di una condotta inadempiente degli opponenti. Chiedevano, pertanto, caducarsi il decreto ingiuntivo opposto e spiegavano domanda riconvenzionale per l'accertamento dell'inadempimento contrattuale della banca e, in subordine, la determinazione del dovuto in conformità delle previsioni contrattuali.  2 - Si costituiva ritualmente la banca opposta la quale concludeva per la infondatezza della domanda riconvenzionale avversaria e la richiesta di conferma del decreto ingiuntivo opposto.  3 - Concessa la parziale provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto ed espletata CTU tecnico - contabile, la causa veniva riservata in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti all'udienza del 22/12/2015.  4 - Con sentenza n° 648/2016, il Tribunale di Avellino così decideva in dispositivo: “- Revoca il decreto ingiuntivo opposto e condanna gli opponenti in solido a corrispondere alla ### opposta la complessiva somma di euro195.592,66, oltre ulteriori interessi da calcolarsi come in motivazione dal 15.9.2010 al saldo;- Condanna gli opponenti in solido al pagamento delle spese processuali sostenute dalla ### opposta, che liquida in complessivi euro 7.000,00, oltre rimborso spese forfettarie in misura del 15 %, oltre ulteriori accessori come per legge;- ### definitivamente a carico degli opponenti in solido le spese dell'espletata c.t.u., come separatamente liquidate, con onere di restituzione a controparte di quanto eventualmente anticipato a tale titolo”.  4.1 - In motivazione il Tribunale, affermava che, contrariamente all'assunto di parte opponente, dagli atti di causa non emergeva che i mutuatari, dopo l'erogazione dei primi 160.000,00 euro ed entro il termine triennale contrattualmente fissato, avessero mai richiesto -come, invece, era loro onere a termini dell'art. 2 del contratto di finanziamentola stipula dell'atto di erogazione finale e quietanza del finanziamento stesso, né che fosse stata loro concessa proroga a tal fine. Il primo giudice osservava, infatti, che l'unica manifestazione di volontà formalizzata dagli opponenti nel triennio (e, cioè, il fax inoltrato alla banca il ###) risultava indicativa della loro volontà di rinunciare, come era loro facoltà, all'erogazione del residuo importo del finanziamento, piuttosto che di riceverne l'erogazione finale e quietanza di pagamento, con definitiva determinazione del tasso di interesse da applicare in fase di ammortamento. 
Infatti, nella suddetta comunicazione, gli opponenti prendevano atto dell'erogazione, fino a quel momento, della somma di euro 160.000,00 e proponevano di pagare gli interessi maturati sino al 21/10/2008 e non corrisposti (pari ad euro 13.567,78) nella misura del 50 %. Per il Tribunale, dunque, la ### aveva ritenuto correttamente realizzate le condizioni previste dall'art. 2 del contratto di finanziamento, e cioè la rinuncia alla residua parte di finanziamento e la cristallizzazione del tasso di interesse da applicare al rapporto nella misura fissa del 6,5 annuo fino a quel momento applicata. Per tanto, per il primo giudice, non sussisteva, nel caso di specie, alcun inadempimento della banca atteso che la stessa aveva fatto puntuale applicazione delle previsioni contrattuali approvate da entrambe le parti. Risultava, difatti, incontestata l'erogazione dell'importo finanziato di euro 160.000,00. Parimenti incontestato era il mancato pagamento degli interessi contrattuali maturati sulle somministrazioni erogate, dal che era legittimamente discesa, a tenore dell'art. 12 del capitolato di patti e condizioni allegato al contratto di finanziamento (in atti in produzione monitoria), la risoluzione del contratto e la decadenza dei mutuatari dal beneficio del termine, con onere di restituzione dell'intero importo del finanziamento ricevuto, maggiorato degli interessi contrattuali (calcolati al tasso fisso operante per il periodo di utilizzo) e degli interessi moratori. 
Con riguardo, poi, agli interessi moratori il Tribunale, tra le due opzioni di calcolo fornite dal ### riteneva preferibile quella applicativa del tasso effettivo globale medio per mutui a tasso fisso (e non per mutui a tasso variabile), non essendo le parti mai addivenute alla stipula dell'atto di erogazione finale e quietanza e alla definitiva opzione tra tasso fisso o variabile da applicare alla fase di ammortamento. 
Il Tribunale individuava, poi, il periodo temporale di calcolo degli interessi, con quello correttamente indicato dal CTU e coincidente con il periodo di effettivo utilizzo del finanziamento, con scadenza al 6/4/2010, e non, come invece operato dalla banca, al 30/6/2010 (data di scadenza della rata semestrale). Il calcolo così effettuato dal consulente -che, per il primo giudice, risultava immune da vizi logici e metodologiciconsentiva di accertare la debenza, a titolo di interessi contrattuali e moratori sull'importo finanziato, dell'importo complessivo di euro 33.431,07 (euro 29.625,75 per interessi contrattuali ed euro 3.805,32 per interessi di mora), a fronte del superiore importo a tale titolo richiesto in monitorio (pari ad euro 36.972,12), con un differenza, a favore degli opponenti, di euro 3.541.05. 
A tali importi per il Tribunale dovevano essere aggiunti quelli per spese, diritti, oneri e polizza richiesti in monitorio, pari complessivamente ad euro 2.161,59, così per un totale complessivo di euro 195.592,66, nonché gli ulteriori interessi maturati successivamente al 14/10/2010. In tali termini, quindi, doveva essere, in definitiva ridimensionata la pretesa azionata in monitorio, ed in tali ristretti limiti doveva essere accolta l'opposizione proposta.  5 - Avverso detta sentenza i sig.ri ### e ### proponevano appello sulla base di tre motivi e proponevano contestuale istanza di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza.  6 - Si costituiva ritualmente la ### del ### s.p.a. la quale, concludeva per l'inammissibilità ovvero il rigetto dell'avverso gravame.  7 - Con ordinanza del 26/1/2017 la Corte rigettava l'istanza di sospensione proposta dagli appellati. Quindi, alla udienza del 13/1/2021, i procuratori delle parti precisavano le conclusioni e chiedevano che la causa fosse posta in decisione. La Corte tratteneva la causa in decisione con assegnazione dei termini di legge per il deposito delle conclusionali e delle repliche.  MOTIVI DELLA DECISIONE 8 - Con il primo motivo di gravame gli appellanti censurano la sentenza gravata in quanto il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda riconvenzionale proposta dagli opponenti in prime cure; con conseguente nullità parziale della decisione stessa. Tale domanda riconvenzionale era finalizzata sostanzialmente ad ottenere la declaratoria di inadempimento della banca alle obbligazioni contrattuali assunte con l'atto di finanziamento; inadempimento antecedente a quello degli stessi opponenti in prime cure. Per gli appellanti, dunque, l'esame della domanda riconvenzionale “avrebbe dovuto essere anteposto all'esame della domanda di pagamento della somma erogata” di cui al giudizio monitorio.  9 - Il motivo, così come introdotto dagli appellanti, non risulta fondato. Infatti, il Tribunale ha valutato la domanda riconvenzionale di declaratoria di inadempimento della banca, proposta dagli opponenti in prime cure, affermando testualmente che “alcun inadempimento della ### può dirsi dunque realizzato nel caso di specie, avendo la stessa fatto puntuale applicazione delle previsioni contrattuali approvate da entrambe le parti”. Il vizio di omessa pronuncia ovvero di non corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato non risulta, quindi, sussistere con la conseguenza che il motivo in esame deve essere rigettato.  10 - Con il secondo motivo di gravame gli appellanti censurano la sentenza del Tribunale nella parte in cui il primo giudice non ha ritenuto provata la circostanza della tempestiva richiesta alla banca, da parte degli opponenti in prime cure, della erogazione della ulteriore somma di euro 20.000,00 e, quindi, della stipula dell'atto di erogazione finale e quietanza del finanziamento, con conseguente ammortamento dello stesso. Per gli appellanti, infatti, tale richiesta era stata tempestivamente formulata in forma verbale e, quindi, la sentenza è viziata perché il primo giudice non ha ammesso le prove orali articolate dagli opponenti sul punto (prove la cui ammissione viene reiterata in sede di gravame) e risulta comunque provata dalla comunicazione fax datata 24/1/2008 (documento che gli appellanti depositano per la prima volta nel giudizio di gravame, affermando di aver reperito tale comunicazione, andata smarrita per fatto a loro non imputabile, solo in prossimità della notifica dell'appello) che comprova la tempestiva richiesta degli appellanti e dal fax del 30/10/2008 (quest'ultimo ritualmente depositato nel corso del primo giudizio) che doveva essere correttamente interpretato come richiesta di integrale erogazione del finanziamento e di cui, invece, il Tribunale ha offerto una “esegesi” errata perché contraria ai canoni ermeneutici di legge. 
In particolare, con riguardo alla comunicazione fax del 24/1/2008, gli appellanti ne affermano la legittimità del deposito in grado di appello in quanto il suddetto documento non era stato reperito nel primo giudizio per fatto agli stessi non imputabile, non essendo stato a suo tempo reperito nella documentazione che gli appellanti avevano fornito ad altro avvocato che li rappresentava nella fase precontenziosa. 
La sentenza gravata, quindi, secondo gli appellanti, risulterebbe errata perché il primo giudice non ha considerato che -antecedentemente all'inadempimento degli appellanti in ordine all'omesso pagamento degli interessi contrattualmente dovutisussisteva il ben più grave inadempimento della banca che non aveva dato corso all'erogazione dell'ultimo importo richiesto e, quindi, all'ammortamento del mutuo sulla base di nuovi tassi di interesse da convenire tra le parti. Sussisteva, quindi, per gli appellanti un rapporto di causa-effetto tra l'antecedente -e più graveinadempimento della banca ed il successivo -e meno grave inadempimento degli opponenti. Ne consegue, per gli appellanti, che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare prioritario e prevalente l'inadempimento della banca e, quindi, accogliere la domanda riconvenzionale proposta dagli opponenti in prime cure.  10.1 - Gli appellanti, in subordine, chiedono alla Corte di valutare la nullità, per evidente vessatorietà, ex artt. 33 e 36 del D.lgs n. 206/2005, dell'articolo 2 del contratto di finanziamento perché configurerebbe una “ipotesi di una del tutto inconfigurabile ed improbabile rinunzia tacita al finanziamento”, con “conseguente declaratoria, in riforma della sentenza impugnata ed in accoglimento della domanda riconvenzionale” della legittimità della condotta di essi appellanti e condanna della banca all'adempimento degli obblighi assunti mediante determinazione da parte del giudice del contenuto specifico di tali obblighi in termini di interessi, di piano di ammortamento e di frazionamento, da determinarsi mediante ### 10.2 - Da ultimo, gli appellanti censurano la decisione del Tribunale anche nella parte in cui il primo giudice ha ritenuto che dal mancato pagamento degli interessi contrattuali da parte degli opponenti era legittimamente discesa, a tenore dell'art. 12 del capitolato allegato al contratto di finanziamento, la risoluzione del contratto e la decadenza degli opponenti dal beneficio del termine. Per gli appellanti, infatti, il Tribunale avrebbe dovuto valutare se la condotta del debitore, pur realizzando sotto il profilo materiale il fatto contemplato dalla clausola risolutiva, era però conforme ai principi di buona fede in quanto ciò avrebbe condotto ad escludere la ricorrenza della colpa e, quindi, la sussistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto.  11 - Le censure proposte con il secondo motivo non possono essere accolte. 
Risulta, innanzi tutto, irrilevante la doglianza relativa alla omessa ammissione delle prove orali da parte del primo giudice. Infatti, indipendentemente da ogni valutazione nel merito, risulta corretto e conforme agli orientamenti di legittimità (Cass. sent n. 25157/2008; Cass. sent n. 16290/2016) affermare che le istanze probatorie disattese dal giudice del primo grado debbono intendersi rinunciate se non siano state reiterate in sede di precisazione delle conclusioni e non possono pertanto essere riproposte in appello. Nel caso di specie, gli opponenti in prime cure, all'udienza di precisazione delle conclusioni del 22/12/2015, non hanno reiterato la richiesta di assunzione delle prove testimoniali non ammesse dal Tribunale ma hanno concluso soltanto “per l'accoglimento dell'opposizione in uno alla domanda riconvenzionale spiegata dagli opponenti”. ### reiterazione specifica delle istanze non soltanto esonera il giudice del gravame dalla valutazione sulla relativa ammissione (Cass. sent. n. 5028/18; Cass. sent.  16886/16) e ciò a prescindere da ogni indagine sulla volontà della parte interessata, ma esclude anche che le suddette richieste istruttorie possano essere utilmente riproposte nel giudizio di appello. Dal che consegue che l'assunto degli appellanti circa la loro reiterata richiesta verbale di erogazione dell'intero finanziamento continua ad essere sfornito di valido supporto probatorio.  11.1 - Ogni questione in ordine all'ammissibilità del documento nuovo rappresentato dalla comunicazione a mezzo fax datata 24.1.2008, con la quale gli opponenti/appellanti richiedono il saldo del finanziamento pari ad euro 20.000,00 e l'ammortamento dello stesso in rate mensili, deve ritenersi preliminarmente superata dall'irrilevanza del suddetto documento ai fini della decisione, per le ragioni che di seguito si espongono. 
E invero, si osserva che la mancanza di riscontro da parte della ### a fronte del sollecito dell'erogazione dell'ultima tranche di 20.000,00 di cui al citato fax del 24.1.2008, non avrebbe impedito agli interessati di reiterare la richiesta in un momento successivo, atteso che il triennio per la stipula dell'atto di erogazione finale e quietanza del finanziamento, ai sensi dell'art. 2 del contratto, sarebbe scaduto nell'aprile del 2010. 
La circostanza che con la successiva comunicazione del 30.10.2008 gli opponenti/appellanti (che hanno prodotto tale comunicazione) non abbiano reiterato la richiesta di erogazione finale - non potendosi, peraltro, escludere che la precedente comunicazione inoltrata a mezzo fax in data 24 gennaio 2008 non fosse andata a buon fine - evidenzia senza dubbio una loro sopravvenuta carenza di interesse alla stipula dell'atto di erogazione finale, atteso che gli stessi propongono “di evadere il pagamento degli interessi siccome maturati sino al 21 ottobre 2008 (euro 13.567,78) nella misura del 50%” e null'altro aggiungono con riguardo all'erogazione finale dell'importo di euro 20.000,00. 
Si osserva, peraltro, con riguardo alla possibilità che la comunicazione a mezzo fax del 24 gennaio 2008 non sia andata a buon fine, che dall'articolo 9 del contratto di finanziamento in atti, si evince che la ### aveva eletto speciale domicilio ad ogni “effetto del presente atto” in ### presso l'agenzia che aveva erogato il finanziamento. Quindi, per poter spiegare effetti nei confronti della banca, la comunicazione degli appellanti avrebbe dovuto essere inviata al domicilio eletto e non, invece, essere indirizzata a “BNL SEDE” e segnatamente a tale “Dottoressa Pidiri” di cui non risulta allegato - nel primo grado di giudizio - l'effettivo ruolo e la sussistenza di poteri in ordine al contratto per cui è causa.   11.3 - Anche la censura circa la rilevanza probatoria della comunicazione fax del 30/10/2008 e della erronea “esegesi” che il Tribunale ne avrebbe offerto, in violazione dei canoni ermeneutici degli articoli 1362 e seguenti del codice civile, non è fondata. 
Infatti, soltanto l'ambiguità della manifestazione di volontà o, meglio, della dichiarazione contenuta nell'atto impone una indagine che vada al di là del testo letterale. È questo il postulato del principio in claris non fit interpretatio dal quale discende, per l'interprete, l'esonero dall'applicazione dei criteri sussidiari codicistici (Cass. n. 12957/2004). Quindi, la chiarezza del testo è una condizione che presuppone l'univocità delle parole e delle espressioni di cui si compone l'atto; mentre la contestualizzazione richiesta dal comma 1 dell'art. 1362 codice civile, per l'individuazione del senso da attribuire alle parole utilizzate, presuppone la incapacità delle sole parole o di una sola espressione di fornire il segno di quanto sia stato voluto. 
Nel caso di specie, il contenuto letterale della comunicazione del 30/10/2008 e l'univocità delle parole in esso utilizzate rendono inequivocabile la volontà degli scriventi e non lasciano adito ad interpretazioni difformi delle espressioni in esso contenute. Anche applicando il canone interpretativo della buona fede, non può ragionevolmente desumersi dal contenuto letterale del documento in esame, alcuna volontà degli opponenti in prime cure di richiedere la stipula dell'atto finale di erogazione e quietanza del finanziamento ed ammortamento dello stesso. Con la ridetta comunicazione del 30/10/2008 gli odierni appellanti si erano, infatti, limitati a dare atto dell'erogazione dell'importo di euro 160.000,00 e dell'omesso pagamento degli interessi convenuti su tale importo, tanto da richiedere di poter pagare gli interessi maturati fino al 21/10/2008, pari ad euro 13.567,78, nella misura del 50%. La chiarezza del testo è tale da escludere qualsivoglia difforme o ulteriore manifestazione di volontà.  11.4 - Anche il profilo di censura che invoca la declaratoria di ufficio della nullità dell'articolo 2 del contratto di finanziamento ai sensi artt. 33 e 36 del D.lgs 206/2005 perché di contenuto sostanzialmente vessatorio, non risulta meritevole di accoglimento. Infatti, il contenuto del suddetto articolo -in virtù del quale il finanziamento si doveva intendere rinunciato se non fosse intervenuta la richiesta dei sig.ri ### ed ### di stipulazione dell'atto di erogazione finale e quietanza del finanziamento stesso - oltre a non rientrare nella vasta casistica -seppur non tassativacontemplata dall'articolo 33 citato, non risulta comportare alcuno squilibrio di diritti e obblighi a danno del consumatore.  11.5 - Diversamente da quanto affermato dagli appellanti, nessun inadempimento può essere imputato alla banca la quale, come correttamente motivato dal primo giudice, ha fatto puntuale applicazione delle previsioni contrattuali a fronte del grave inadempimento dei sig.ri ### e ### i quali, ai sensi dell'articolo 3 del contratto, avrebbero dovuto provvedere a corrispondere durante il “periodo di utilizzo”, al più tardi entro il ###, gli interessi convenuti nella misura del 6,50% sulle somme effettivamente erogate. Tale obbligazione evidentemente non era stata adempiuta dagli appellanti i quali erano consapevoli del loro inadempimento, avendo infatti richiesto di saldare il loro debito (non ancora pagato alla data del 30/10/2008) nella misura del 50% del dovuto.  12 - Con il terzo motivo di gravame gli appellanti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto di calcolare l'interesse corrispettivo, convenuto al 6,50% per il “periodo di utilizzo”, fino alla data del 6/4/2010 e non, invece, sino alla data del 2/8/2007, giorno dell'ultima erogazione o, gradatamente, alla data di “ultimazione della costruzione” nel mese di gennaio 2008. Gli appellanti, inoltre, censurano la sentenza di primo grado per aver “cumulato all'applicazione del predetto tasso contrattuale indebitamente elevato, anche l'applicazione del tasso di mora” previsto dall'articolo 4 del contratto, superando, “contra legem”, la soglia anti usura ed ingenerando, in ogni caso, la fattispecie dell'anatocismo. In fine, gli appellanti ritengono che, ai sensi dell'art.  1248 codice civile, per il periodo successivo al 2/8/2007 l'interesse passivo dovuto sulle somme erogate debba essere quello legale, non avendo potuto le parti determinarlo convenzionalmente “per ragioni ascrivibili alla banca”.  13 - Il motivo in esame non può essere accolto per le ragioni che di seguito si espongono. 
Va condiviso l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale in forza dell'art. 3 della delibera ### del 9 febbraio 2000 è consentito l'anatocismo in caso di inadempimento da parte del mutuatario dell'obbligo di restituzione delle singole rate. Tale possibilità è tuttavia subordinata alla stipulazione di un'apposita pattuizione - anteriore al sorgere del credito per interessi - che indichi che gli interessi moratori sono dovuti anche sulla quota parte degli interessi corrispettivi delle rate scadute. 
Nella fattispecie in esame deve ritenersi che sia stato pattuito che sull'intera rata, rimasta impagata, comprensiva di interessi, vadano calcolati gli interessi moratori. 
Tanto si evince dall'art. 4 del contratto di finanziamento, il quale dispone che “### somma dovuta per qualsiasi titolo in dipendenza del presente contratto, rimasta non pagata, produrrà di pieno diritto, dal giorno della scadenza, gli interessi di mora a carico dei ‘### e a favore della ‘###, interessi non suscettibili di capitalizzazione periodica”. Il riferimento ad “ogni somma” induce a ritenere che gli interessi moratori debbano essere conteggiati sull'intera rata scaduta, comprensiva anche degli interessi corrispettivi. 
La doglianza in ordine all'usurarietà degli interessi applicati non può essere esaminata, atteso che risulta genericamente formulata ed è priva di riferimenti al periodo in cui il tasso di interesse avrebbe superato il limite di quello soglia antiusura. 
Il profilo di censura circa l'errata individuazione da parte del Tribunale del “periodo di utilizzo” su cui calcolare l'interesse corrispettivo convenuto nella misura del 6,50 %, non merita accoglimento. Innanzi tutto, la circostanza dell'avvenuta ultimazione della “costruzione finanziata” che dovrebbe intendersi, per gli appellanti, quale termine finale del “periodo di utilizzo” risulta meramente affermata ma non provata dagli opponenti in prime cure, non risultando traccia, agli atti del giudizio, dei sopralluoghi asseritamente effettuati dai “tecnici designati dalla banca” i quali avrebbero constatato l'ultimazione dei lavori. In ogni caso, il “periodo di utilizzo” risulta contrattualmente convenuto dalle parti -ai sensi del combinato disposto degli articoli 2, comma 1, e 3, comma 5, del contratto di finanziamentoin “tre anni dalla data di stipulazione” del contratto stesso, avvenuta il ###. Per tanto, risulta corretta la decisione del primo giudice che ha individuato nella data del 6/4/2010 il termine del periodo di utilizzo, quantificando, a tale data, l'esatto importo degli interessi corrispettivi pattuiti sul capitale per tutto il periodo di utilizzo. 
Per quanto esposto l'appello va rigettato Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. 
Sussistono i presupposti di cui all'art.13, comma 1 quater del dPR 30-5-2012, 115, per il versamento, con riferimento alla parte appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione P.Q.M.  la Corte di Appello di Napoli definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ##### e ### così provvede: - rigetta l'appello; - condanna #### e ### al pagamento in favore della ### del ### s.p.a. delle spese processuali, spese che si liquidano in euro 7.800,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, iva e cpa; - dà atto che per effetto della odierna decisione sussistono i presupposti di cui all'art. 13 comma 1-quater DPR 115/2002 per il versamento, con riferimento alla parte appellante incidentale, dell'ulteriore contributo unificato di cui all'art.  13-quater comma 1-bis DPR 115/2002. 
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio in data 9 giugno 2021 ### estensore ##### 

causa n. 4474/2016 R.G. - Giudice/firmatari: Di Lorenzo Maria, Torre Massimo

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Tribunale di Grosseto, Sentenza n. 421/2020 del 30-06-2020

... di credito, osserva il Tribunale che la clausola risolutiva espressa (in tal senso è la qualificazione che ad essa hanno assegnato le parti, stante il richiamo all'art. 1456 c.c.) opera di diritto allorché la parte nel cui interesse è pattuita dichiari all'altra che intende avvalersene. La banca, con la comunicazione con la quale ha preannunciato la revoca degli affidamenti, ha concesso alla controparte un termine di 5 giorni per il rientro dell'esposizione debitoria, trascorsi i quali avrebbe provveduto alla revoca immediata degli affidamenti, il che non è altro che la comunicazione di volersi avvalere della clausola risolutiva. Il termine di 15 giorni previsto dall'art. 9, lett. c), invocato dagli opponenti, non è un preavviso di risoluzione (infatti, l'art. 9 riguarda i casi in cui il (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Grosseto Contenzioso CIVILE Il Tribunale, nella persona del giudice unico dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA EX ART. 281 sexies c.p.c.  nella causa civile di I ### iscritta al N. 1816/2015 R.G.  promossa da: ### in proprio e in qualità di legale rappresentate della #### S.A.S. ### & c. rappresentati e difesi dall'avv.  ### ed elettivamente domiciliati in ### 8 - #### presso lo studio del difensore avv. #### contro: ### E ### D'### rappresentata e difesa dall'avv. ### ed elettivamente domiciliata in ### PUCCINI 162 58011 CAPALBIO, presso lo studio del difensore avv. ### CONVENUTA OPPOSTA CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da note di precisazione delle conclusioni depositate in via telematica sulla scorta del provvedimento del giudice che ha disposto la celebrazione del giudizio con modalità di trattazione scritta ex art. 83, comma 7 D.L. 18/2020 MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Il presente giudizio è stato introdotto nel giugno del 2015 dagli attori indicati in epigrafe in opposizione al decreto ingiuntivo n. 324/15 emesso dal Tribunale di Grosseto in favore della banca odierna opposta per il pagamento, in solido tra loro, da parte del ### in qualità di garante in virtù di fideiussione omnibus prestata in data 20 settembre 2004 a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni nascenti da qualunque rapporto intrattenuto dalla società con la banca, nei limiti dell'importo massimo garantito di €100.000, e della società ### S.a.s., in qualità di debitore principale, della somma di €101.198,89 quale residuo non pagato del contratto di finanziamento a medio termine concesso mediante apertura di credito in c/c n. 66391 in data 20 dicembre 2010.  2. A fondamento dell'opposizione gli attori hanno proposto i seguenti motivi: - “inefficacia probatoria della prova scritta posta a fondamento della richiesta”; - “illegittimità della clausola contrattuale di capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito - violazione del divieto di anatocismo”; - “interessi usurari”; - “illegittima applicazione della clausola risolutiva espressa”.  3. Si è costituita in giudizio la banca opposta contestando in fatto e in diritto le ragioni degli opponenti e chiedendo il rigetto dell'opposizione con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto.  4. Negata la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto con ordinanza del 26 aprile 2016, il precedente giudice istruttore ha concesso alle parti i termini di cui all'art. 183, comma 6 c.p.c. per lo scambio delle memorie istruttorie.  5. ### ha provveduto al deposito della sola memoria n. 2 con la quale ha chiesto l'emissione di un ordine di esibizione avente ad oggetto “i contratti base a partire dall'anno 2004, di tutti gli estratti conto comprensivi delle ricevute di versamento, delle schede della ### e di quant'altro inerente i rapporti bancari impugnati; nonché di un completo rendiconto che indichi tra l'altro da una parte il capitale effettivamente erogato dalla ### dall'altra le remunerazioni, le competenze ed i guadagni percetti dalla stessa con riferimento all'intero periodo dei rapporti, con specificazione degli interessi ultralegali applicati, delle illegittime commissioni di massimo scoperto, degli illegittimi interessi anatocistici trimestrali, dei giorni di valuta, delle spese non documentate e dei costi, competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese dalla Banca” e l'ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio “che individui e verifichi i parametri economico, finanziari, normativi ed i criteri contabili sulla base della documentazione in parte prodotta ed in parte da prodursi da parte della ### opposta con riferimento al conto corrente di corrispondenza e della fideiussione di cui è causa”, laddove la banca non ha articolato alcuna istanza istruttoria limitandosi ad opporsi all'ammissione della richiesta consulenza in quanto generica ed esplorativa.  6. Con ordinanza del 24 giugno 2020 il giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, ha rinviato all'odierna udienza per la precisazione delle conclusioni e la discussione orale della causa, incombenti espletati dalle parti mediante deposito di note scritte in via telematica sulla scorta dell'art. 83, comma 7 D.L. 18/20 e dell'esigenza di limitare il rischio di contagio da ###19.  7. ### è infondata e deve essere rigettata in quanto i motivi proposti risultano affetti da un radicale difetto di allegazione e comunque infondati. 
Quanto all'inidoneità probatoria della documentazione prodotta a sostegno della richiesta di emissione del decreto ingiuntivo, è sufficiente ricordare come l'atto di opposizione introduca un ordinario giudizio di cognizione avente ad oggetto l'accertamento dell'an e del quantum della pretesa azionata in via monitoria, la cui dimostrazione spetta alla parte opposta secondo le ordinarie regole di riparto dell'onere della prova, sicché alcun rilievo assumono in questa sede le questioni riguardanti l'eventuale originaria mancanza dei presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo, che risultano assorbite. 
Ciò posto, la banca ha pienamente dimostrato la fondatezza del proprio credito depositando copia del contratto di conto corrente n. 66391 del 16 settembre 2004 contenente tutte le condizioni normative ed economiche applicabili al rapporto (doc. 9 all. comparsa di risposta), regolarmente sottoscritta con firme riferibile all'opponente ### e non disconosciute, il contratto di apertura di credito del 20 dicembre 2010 (doc. 10 all. comparsa di risposta), regolato sul predetto conto corrente, parimenti sottoscritto, la lettera di fideiussione omnibus prestata dal medesimo ### (produzione peraltro non necessario avuto riguardo al fatto che non è in contestazione tra le parti l'assunzione dell'impegno di garanzia e l'importo del massimale garantito) nonché la serie completa degli estratti conto a far data dall'inizio del rapporto.  ### della prova è stato dunque pienamente soddisfatto secondo le indicazioni e i principi provenienti dalla consolidata giurisprudenza di legittimità. 
A fronte di tali produzioni, gli opponenti hanno mosso contestazioni assolutamente generiche e non circostanziate rispetto ai rapporti contrattuali dedotti in giudizio. 
Per quanto concerne l'applicazione di interessi anatocistici, osserva il Tribunale che entrambi i contratti (c/c nell'anno 2004 e apertura di credito nell'anno 2010) sono stati conclusi in epoca successiva all'entrata in vigore della delibera ### del 7 febbraio 2000, la quale consente la capitalizzazione infrannuale degli interessi a patto che tale condizione sia stata specificamente approvata dal cliente e che la capitalizzazione avvenga secondo il criterio della reciprocità, con riferimento alla periodicità della capitalizzazione. 
Pertanto, infondato è il richiamo degli opponenti al divieto posto dall'art. 1283 c.c., espressamente derogato dall'art. 120 T.U.B. nella formulazione ratione temporis applicabile e dalla delibera interministeriale che ne costituisce attuazione. 
Quanto all'eccezione di usurarietà delle condizioni applicate, non è stato neanche allegato il tasso soglia che risulterebbe nella specie essere stato superato dalla pattuizione contrattuale, né la categoria di operazione di riferimento e neppure il TEG rilevabile in concreto, sicché la richiesta di una consulenza tecnica sul punto si rivela palesemente esplorativa in quanto diretta all'accertamento di un fatto neppure compiutamente allegato. 
Peraltro, gli opponenti non si sono avvalsi della facoltà di depositare la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., momento processuale che avrebbe costituito la sede per specificare dettagliatamente l'eccezione proposta nell'atto di citazione, né hanno provveduto al deposito di una relazione tecnica di parte nella successiva memoria, pur avendo la banca prodotto tutta la documentazione sopra menzionata fin dal deposito della compara di risposta. 
Si appalesa poi come inammissibile la richiesta di emissione di un ordine di esibizione nei termini indicati dagli attori in quanto ha ad oggetto documenti tutti già presenti agli atti (contratti; estratti conto) e peraltro neanche specificamente indicati in quanto genericamente riferiti al rapporto in contestazione e in parte neanche a veri e propri documenti ma ad un facere (nella parte in cui si chiede di fornire un rendiconto della gestione, funzione peraltro già compiutamente assolta dagli estratti conto agli atti). 
Da ultimo, quanto all'invocata violazione dell'art. 9, lett. c) del contratto di apertura di credito, osserva il Tribunale che la clausola risolutiva espressa (in tal senso è la qualificazione che ad essa hanno assegnato le parti, stante il richiamo all'art. 1456 c.c.) opera di diritto allorché la parte nel cui interesse è pattuita dichiari all'altra che intende avvalersene. 
La banca, con la comunicazione con la quale ha preannunciato la revoca degli affidamenti, ha concesso alla controparte un termine di 5 giorni per il rientro dell'esposizione debitoria, trascorsi i quali avrebbe provveduto alla revoca immediata degli affidamenti, il che non è altro che la comunicazione di volersi avvalere della clausola risolutiva. 
Il termine di 15 giorni previsto dall'art. 9, lett. c), invocato dagli opponenti, non è un preavviso di risoluzione (infatti, l'art. 9 riguarda i casi in cui il contratto può essere risolto immediatamente) ma un termine di adempimento dell'obbligazione restitutoria, che decorre dalla comunicazione della volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, trascorso il quale il credito può considerarsi pienamente esigibile. 
Pertanto, l'avere la banca concesso un termine inferiore a quello previsto dalla clausola contrattuale in questione è condotta che non determina l'inefficacia della dichiarazione risolutiva e, dunque, la reviviscenza del rapporto. 
Ad oggi, il termine è decorso senza che sia intervenuto alcun pagamento, sicché il credito azionato dalla banca in via monitoria deve essere considerato esigibile oltre che pienamente provato. 
Per le ragioni suesposte, l'opposizione deve essere rigettata e gli opponenti condannati, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite, che vengono liquidate come in dispositivo in ragione del valore della lite e dei parametri di cui al DM 55/14.  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza o eccezione disattesa: - Rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. n. 324/15, già munito di clausola di provvisoria esecuzione; - Condanna gli opponenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite in favore della convenuta, che liquida in €9.000 oltre accessori di legge se dovuti. 
Il giudice dà atto che, nel corso dell'udienza, terminata la camera di consiglio, i procuratori delle parti non sono presenti alla pronuncia del provvedimento, del quale viene data pubblicazione mediante lettura. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio del 30 giugno 2020 Verbale chiuso alle ore 14:35 

Il giudice
Dott. ###


causa n. 1816/2015 R.G. - Giudice/firmatari: Bello Valerio

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