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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA SEZIONE OTTAVA CIVILE In composizione monocratica, in persona del Giudice Unico, Dr. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di primo grado iscritta al n. ###/2021 del R.G., pendente tra ### (C.F. ###), con gli Avv.ti ### e #### E ### (C.F. ###), con l'Avv. #### NONCHÉ ### (C.F. ###) - ### (C.F. ###), con l'Avv. ###### OGGETTO: Cessione dei crediti. ### parte attrice: “### l'ecc.mo Tribunale adito, ### e dichiarato l'inadempimento del debitore ceduto ### condannare il cessionario ### al pagamento dell'intero importo del credito ceduto di ### 95,000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria a far data dal 1/1/2008 così come indicato nella Sentenza n. 1438/2020 del Tribunale di Roma depositata il ###.
Condannare il convenuto ### ed i chiamati in causa: ######## al pagamento del danno non patrimoniale per il pregiudizio sofferto, per aver usato indebitamente il nome dell'attore per propri fini occulti, per aver causato un accertamento dell'### delle ### contro il sig. BAE e per avergli fatto ipotecare l'immobile per tasse non pagate e da lui non dovute. Si chiede valutarsi tale pregiudizio secondo equità.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio da distrarsi a favore dei sottoscritti procuratori antistatari.» Per parte convenuta: “### l'On.le Tribunale adito disattesa ogni contraria richiesta, provvedere come segue: a) accertare che nulla è dovuto tra le parti per i fatti narrati da parte attrice per essere stati gli attuali chiamati in causa gli autori della condotta in danno dell'attore e di tutti conseguenti danni causati al sig. ### b) accertato e dichiarato che i terzi chiamati in causa sig. ### sig.ra ### e sig. ### sono responsabili dei fatti per cui è causa, condannarli e obbligarli a manlevare e tenere integralmente indenne il convenuto da qualsivoglia pretesa pecuniaria avanzata da parte attrice con riguardo ai fatti lamentati dall'attore ### e, conseguentemente, c) condannare gli stessi terzi a qualsivoglia pagamento o esborso connesso ai fatti per cui è causa.
Con vittoria di spese e competenze professionali, oltre rimborso forfettario 15%, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge”.
Per i terzi chiamati: “### all'On.mo Tribunale così provvedere: In rito: dichiarare nulla la domanda giudiziaria proposta da ### nei confronti della comparente perché carente dei requisiti prescritti dall'art. 163 co 3) e 4) c.p.c..
Nel merito: respingere la domanda perché infondata in fatto ed in diritto.
Accertare e dichiarare che ### ha promosso lite temeraria avendo agito in giudizio con mala fede e colpa grave.
Condannarlo ex art. 96 c.p.c., in favore di ### al risarcimento del danno che si richiede nella misura di € 15.000,00 o in quella diversa che fosse ritenuta equa.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari, spese generali, Iva e CPA”.
Si chiede la liquidazione delle spese in favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Succinta esposizione dei fatti oggetto di causa. #### ha convenuto in giudizio il sig. ### (suo cognato, marito della sorella), deducendo che questi gli aveva chiesto, nel 2003, di aiutarlo ad aprire un'attività di ristorazione coreana, da esercitarsi presso un locale di ### non avendo il sig. ### i requisiti formali per la titolarità di un esercizio commerciale, l'azienda venne aperta a nome del sig. ### con l'accordo che, entro il luglio del 2004, lo ### avrebbe acquisito i titoli abilitativi, estromettendo l'odierno attore; in realtà -secondo la tesi esposta in citazioneil convenuto continuò a gestire l'attività in nome dell'attore e, addirittura, in seguito, avendo avuto problemi con dei creditori, la lasciò in gestione a soggetti terzi e, in particolare, al sig. ### ed alla di lui moglie ### nonché al sig. ### consentendo loro di continuare ad utilizzare sia la partita IVA del ### sia la sua tessera ### per gli acquisti. ### -a suo dire totalmente ignaro ed all'oscuro del prosieguo della gestione dell'attività a suo nomericeveva, nel 2009, una cartella esattoriale da ### di circa 200 mila euro (con ipoteca sulla casa), per imposte e sanzioni non pagate, relative al ristorante in questione, per gli anni dal 2003 al 2005; il sig. ### si riconosceva responsabile di tali debiti e, a pagamento del proprio debito nei confronti del cognato, gli cedeva, con atto del 1° aprile 2018 (doc. 2 citazione), il credito da lui vantato nei confronti della società ### srl, per il pagamento del prezzo di acquisto dell'azienda di ristorazione, ceduta nel 2006, pari ad € 100.000,00 (di cui € 5.000,00 già versati a titolo di acconto contestualmente alla stipula).
La cessione del credito era fatta pro solvendo; il sig. BAE agiva giudizialmente nei confronti della ### srl, quale debitrice ceduta, ottenendo una sentenza di condanna della residua somma di € 95.000,00 (detratto l'acconto di 5 mila, già pagato) ed intimava precetto per complessivi 188 mila circa, comprensivo di interessi e spese di lite; non essendo, però, riuscito ad ottenere la somma, ha dunque agito nei confronti del sig. ### quale cedente pro solvendo, a fronte dell'insolvenza del debitore ceduto.
In aggiunta, ha chiesto la condanna del convenuto (e, poi, dei terzi chiamati) al risarcimento del danno non patrimoniale ed esistenziale da lui subito per la vicenda oggetto di causa.
Il convenuto, costituitosi in giudizio, ha sostanzialmente, ammesso quanto sostenuto dall'attore, non disconoscendo le proprie sottoscrizioni apposte in calce agli atti allegati, sostenendo, tuttavia, che il danno era stato cagionato dalla condotta dei sig.ri ### Han e ### cui lui si era rivolto, trovandosi in difficoltà nella gestione del ristorante, cedendola nell'anno 2005 e, successivamente, trasferendogli formalmente l'azienda, nel 2006; ha poi precisato che l'utilizzo della partita IVA e dei dati personali del sig. ### da parte dei nuovi titolari dell'azienda, era avvenuto a sua insaputa, dal momento che i terzi chiamati gli avevano assicurato che avrebbero gestito il ristorante a nome loro e che fossero in possesso dei requisiti per farlo.
Mentre il sig. ### è rimasto contumace, si sono costituiti gli altri due chiamati, sig.ri ### ed ### contestando totalmente le avverse domande, eccependo il loro difetto di legittimazione e la loro estraneità ai fatti di causa. 2. Diritto. 2.1. Domanda principale dell'attore nei confronti del convenuto; cessione di credito.
Deve essere accolta la domanda principale, svolta dal sig. Bae nei confronti del convenuto ### e fondata sul contratto di cessione di credito in data ###.
Invero, il convenuto non ha sostanzialmente contestato tale richiesta, che, comunque, è pienamente documentata in giudizio, atteso che è stato prodotto il contratto (doc. 2 citazione), la cui sottoscrizione non è stata disconosciuta dal sig. ### il quale, nel medesimo atto, in premessa, si riconosceva espressamente responsabile della gestione del ristorante in nome del sig. Bae e dei conseguenti danni economici a lui derivati, richiamando la propria lettera in data ### (pag. 2, ultimo capoverso) e, quindi, si dichiarava debitore del ### a tale scopo cedendogli gratuitamente il credito da lui vantato nei confronti della ### srl, in forza dell'atto di cessione di azienda del 2006 (doc. 8 citazione).
La cessione era espressamente pattuita pro solvendo (art. 3: «la cessione del credito si intende stipulata a condizione che risulti la solvenza del creditore ceduto»), con conseguente responsabilità del cedente, in caso di inadempimento del debitore ceduto ex art. 1267 c.c. (art. 4 del contratto: «…a tal fine il #### dichiara di rispondere dell'eventuale insolvenza del debitore ceduto»).
È pure incontestata, da un lato, l'esistenza del credito (ed il suo ammontare), anche oggetto di una sentenza di condanna, emessa dal Tribunale di ### in favore del sig. ### nei confronti della ### srl (doc. 11 citazione) e, dall'altro, l'insolvenza del debitore ceduto (circostanza priva di riscontri documentali, ma non contestata dal convenuto).
Ne consegue che il cedente, in forza della garanzia pro solvendo da lui prestata, deve rispondere del debito, che, in linea capitale ammonta ad € 95.000,00, cui vanno aggiunti gli interessi (come del resto già riconosciuti nella sentenza citata), dalla data dell'1.01.2008, che erano stati espressamente indicati quale parte della cessione, ma non anche la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta e non di valore.
Nell'atto di cessione dell'1.04.2018, l'ammontare complessivo del debito, comprensivo di accessori a quella data, era indicato in € 171.744,51, dovendosi poi calcolare gli ulteriori interessi legali maturati e maturandi, sino al soddisfo. 2.2. Domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali.
Non si ritiene, invece, accoglibile la domanda ulteriore di risarcimento del danno, formulata dall'attore, inizialmente nei soli confronti del convenuto e, successivamente, estesa anche ai terzi chiamati.
Deve infatti evidenziarsi come tale richiesta riguardi esclusivamente i danni “non patrimoniali” asseritamente subiti dal sig. Bae a causa della vicenda dedotta in giudizio e, segnatamente, dell'indebito utilizzo del suo nome e della sua partita ### nella gestione del ristorante, da parte del convenuto ### e dei terzi chiamati.
Dal che discende, in primo luogo, l'assoluta irrilevanza della contestata condotta di utilizzo della carta ### a lui intestata, in quanto tale condotta (ove pure, in ipotesi, dimostrata a carico delle controparti), avrebbe determinato, al più, danni patrimoniali, che però non sono stati in alcun modo allegati né provati e per cui, in effetti, non è stata formulata alcuna specifica richiesta risarcitoria (anzi, dalla complessiva lettura degli atti, sembrerebbe che non sia stato accollato al Bae alcun addebito per tali acquisiti, che sarebbero comunque stati pagati).
A ben vedere, l'unica vicenda che l'attore indica quale fonte dei danni non patrimoniali da lui subiti, è quella dell'accertamento fiscale a suo carico da parte dell'### delle ### e della conseguente emissione di una cartella esattoriale per debiti di imposta, per oltre 200.000,00 euro, che avrebbe portato all'iscrizione di ipoteca su un immobile di sua proprietà (coincidente con la sua abitazione) ed al pignoramento del bene.
Ebbene, innanzi tutto non può non evidenziarsi come manchi la prova di tale evento, ovvero dell'iscrizione ipotecaria sull'immobile e/o del pignoramento del bene, e, quindi, dell'inizio di un'esecuzione forzata sullo stesso; l'unico documento prodotto in proposito dall'attore (doc. 10 citazione), pur rubricato come “iscrizione ipotecaria”, è, in realtà, la sola lettera di preavviso di iscrizione ipotecaria, che però non è accompagnata da alcun riscontro oggettivo sul fatto che tale ipoteca sia stata poi effettivamente costituita sul bene (riscontro che avrebbe dovuto essere dato tramite la produzione della certificazione ipocatastale); si noti, che, nel medesimo documento, si dà anche atto che è pendente ricorso davanti alla ### avverso la cartella esattoriale, ricorso del cui esito non si ha alcuna notizia e che ben avrebbe potuto bloccare o sospendere l'esecuzione coattiva da parte dell'esattore.
Già questa carenza probatoria rende difficilmente configurabili le conseguenze negative, sul piano morale ed emotivo, dedotte dall'attore a sostegno della propria domanda risarcitoria.
Ma vi è di più, perché, sebbene il danno non patrimoniale, per sua natura, è suscettibile di quantificazione equitativa, non essendo oggettivamente dimostrabile nella sua consistenza, è assolutamente pacifico in giurisprudenza che ciò non esclude il primario onere, in capo a chi lo deduce in giudizio, quanto meno di allegarlo ed indicarlo in maniera specifica, ovvero di dedurre tutti gli elementi oggettivi sulla base dei quali il Giudice potrà, eventualmente, applicare il criterio equitativo, ai soli fini della quantificazione del danno.
Per giurisprudenza assolutamente consolidata, il ricorso al criterio equitativo ex art. 1226 c.c. per la liquidazione del danno può essere effettuato soltanto relativamente al quantum del danno stesso e solo nel caso di impossibilità o grave difficoltà di tale prova, mentre non può fungere quale criterio generale e di salvaguardia, idoneo a supplire a carenze probatorie (Cass. n. 4894 del 14/05/1998, n. 6414 del 17/05/2000; n. 7073 del 9/05/2003; n. 17677 del 29/07/2009; n. 18748 del 19/08/2010; n. 10607 del 30/04/2010; n. 20990 del 12/10/2011; 27447 del 19/12/2011 e n. 4310 del 22/02/2018) o, ancor meno come nel caso di specie, a carenze di allegazione della parte che chiede il risarcimento; in sostanza, a fronte della mancata indicazione e prova del fatto costitutivo da parte del richiedente il giudice non potrà d'ufficio, integrare l'omissione della parte, procedendo in via equitativa alla liquidazione di un danno che non è stato dimostrato nemmeno nell'an.
Essendo questi i principi fondanti in materia, si rileva come, dall'atto introduttivo, non sia possibile trarre quali siano, in concreto, gli elementi in base ai quali il sig. Bae chieda il risarcimento di un danno non patrimoniale, che sia distinto ed autonomo dal danno patrimoniale subito e già compensato dall'accoglimento della domanda principale, al di là dell'uso di espressioni alquanto generiche, relative all'ansia derivata dalla situazione creatasi, nonché al fatto che “la convinzione di non poter più riprendere una normale vita sociale ne hanno danneggiato e modificato completamente il modus vivendi” (così, testualmente, pag. 12 della citazione).
Ed invero, tali espressioni appaiono richiamare chiaramente la figura del c.d. “danno esistenziale”, che è infatti espressamente invocato dall'attore (si veda, in particolare, pag. 11 della citazione); si deve allora affermare l'inconsistenza giuridica di tale deduzione.
È noto come, dopo numerosi anni di incertezze e discrasie giurisprudenziali in materia di danno non patrimoniale, è giunta la pronuncia chiarificatrice della Suprema Corte di Cassazione a ### n. 26972 del 11/11/2008 (e delle altre due sentenze “gemelle”, nn. 26973 e 26974, depositate in pari data), che ha messo definitivamente ordine nella categoria dei danni, cercando di ridurre non solo le categorie di danno non patrimoniale alle due essenziali (danno biologico e morale), ma anche di limitare più in generale l'area dei pregiudizi risarcibili, allargata a dismisura dalla giurisprudenza di merito (soprattutto dai giudici di pace); senza qui ripercorrere l'articolato e dotto iter argomentativo della citata pronuncia, è sufficiente evidenziare come la stessa abbia avuto come principale obbiettivo proprio il ridimensionamento di quella categoria di danno, ribattezzata dalla dottrina e dalla giurisprudenza come “esistenziale”, «inteso come pregiudizio non patrimoniale, distinto dal danno biologico, in assenza di lesione dell'integrità psicofisica, e dal c.d. danno morale soggettivo, in quanto non attinente alla sfera interiore del sentire, ma alla sfera del fare non reddituale del soggetto» (così la sentenza citata in motivazione); ancora la Suprema Corte, nel ripercorrere la figura in esame, ricordava che si riconosceva un danno esistenziale «nel caso in cui il fatto illecito limita le attività realizzatrici della persona umana, obbligandola ad adottare nella vita di tutti i giorni comportamenti diversi da quelli passati» e che «il pregiudizio era individuato nella alterazione della vita di relazione, nella perdita della qualità della vita, nella compromissione della dimensione esistenziale della persona.
Pregiudizi […] non consistenti in una sofferenza, ma nel non poter più fare secondo i modi precedentemente adottati». Dopo aver analizzato tale figura, la Cassazione ha quindi messo in luce la carenza giuridica posta alla base del filone giurisprudenziale che accoglieva la risarcibilità di simili danni, consistente nella mancata individuazione, ai fini del requisito dell'ingiustizia del danno ex art. 2043 c.c., di quale fosse l'interesse giuridicamente rilevante leso dal fatto illecito. Il supremo consesso, ricordando ancora come sue precedenti pronunce avessero ricondotto il danno non patrimoniale, non più nell'ambito dell'art. 2043 c.c., ma in quello dell'art. 2059 c.c., «unica norma disciplinante il risarcimento del danno non patrimoniale» ha poi concluso che «la tutela risarcitoria di questo danno è data, oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di lesione di specifici diritti inviolabili della persona, e cioè in presenza di una ingiustizia costituzionalmente qualificata, di danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere»; quindi, seppure come rilevato da numerosi commentatori, la pronuncia in esame non ha certo eliminato dall'ambito giuridico il concetto di danno esistenziale lo ha però fortemente limitato, riconducendolo ai soli casi di pregiudizio di un diritto costituzionalmente tutelato, e non invece di lesione o disturbo a qualsiasi aspetto della vita umana.
Merita ancora riportare alcuni passaggi testuali della motivazione, poiché risultano particolarmente chiarificatori ed attinenti al caso di specie: la Cassazione ha infatti affermato «la tutela risarcitoria sarà riconosciuta se il pregiudizio sia conseguenza della lesione almeno di un interesse giuridicamente protetto, desunto dall'ordinamento positivo, ivi comprese le convenzioni internazionali […], e cioè purché sussista il requisito dell'ingiustizia generica secondo l'art. 2043 c.c.. E la previsione della tutela penale costituisce sicuro indice della rilevanza dell'interesse leso. In assenza di reato, e al di fuori dei casi determinati dalla legge, pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purché conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Ipotesi che si realizza, ad esempio, nel caso dello sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di congiunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale), poiché il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.).
In questo caso, vengono in considerazione pregiudizi che, in quanto attengono all'esistenza della persona, per comodità di sintesi possono essere descritti e definiti come esistenziali, senza che tuttavia possa configurarsi una autonoma categoria di danno. Altri pregiudizi di tipo esistenziale attinenti alla sfera relazionale della persona, ma non conseguenti a lesione psicofisica, e quindi non rientranti nell'ambito del danno biologico (comprensivo, secondo giurisprudenza ormai consolidata, sia del c.d. “danno estetico” che del c.d. “danno alla vita di relazione”), saranno risarcibili purché siano conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona diverso dal diritto alla integrità psicofisica.
Palesemente non meritevoli dalla tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità.
Non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici». ### espresso dalla citata sentenza è stato poi confermato da tutti i successivi arresti giurisprudenziali ed è ormai pacificamente accolto ed applicato dalla giurisprudenza di merito; tra le pronunce più recenti di legittimità, si veda Cass. sez. 6-3, n. 27229 del 16/11/2017, che ha ribadito come: «il danno cd. esistenziale è integrato esclusivamente in presenza di uno “sconvolgimento esistenziale” e non del mero “sconvolgimento dell'agenda” o della perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, e, pertanto, non ricorre a fronte di meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress o violazioni del diritto alla tranquillità».
Ancora, merita richiamare le cc.dd. Sentenze di ###bis, ovvero le dieci sentenze della ### della Cassazione, depositate tutte in data ###, dalla n. 28985 alla n. 28994: sebbene in tali più recenti pronunce si sia superata la rigida dicotomia tra danno biologico e danno morale, reintroducendo un'autonoma figura di danno non patrimoniale, spesso denominato danno “dinamico-relazionale” (cfr., tra le dieci sentenze ### bis, Cass. sez. 3, n. 28989 dell'11.11.2019), resta fermo il principio basilare che il danno debba pur sempre riguardare diritti costituzionalmente tutelati o interessi primari del soggetto, che superi una determinata soglia di rilevanza e che, soprattutto, sia specificamente allegato e dimostrato da chi agisce per il risarcimento.
Ovviamente, la ritenuta insussistenza dei danni, assorbe la questione della individuazione dei loro effettivi responsabili. 2.3. Domande di manleva del convenuto nei confronti dei terzi chiamati.
Posto che il convenuto ha chiesto di essere manlevato dai tre chiamati, in relazione a tutte le somme che egli sarebbe stato condannato a pagare in favore dell'attore, è quindi evidente che la domanda di garanzia riguarda sia la richiesta principale di pagamento del debito di cui alla cessione di credito, sia quella di risarcimento del danno.
Ebbene, in relazione alla prima domanda (l'unica accolta), è palese il difetto di legittimazione passiva dei tre chiamati: invero, unico soggetto legittimato rispetto alla domanda di adempimento della cessione del credito pro solvendo, sarebbe stato il debitore ceduto, ovvero la società ### srl, dei cui debiti i tre odierni chiamati non possono certo essere chiamati a rispondere, trattandosi di soggetti distinti e di una società di capitali, con totale autonomia patrimoniale.
In relazione alla seconda domanda, quella risarcitoria, si rimanda a quanto detto sopra, a proposito della sua infondatezza nel merito, per assenza di prova in ordine alla stessa esistenza dei danni. 3. Spese di lite.
Le spese seguono la soccombenza e, pertanto, quelle sostenute da parte attrice sono compensate nella misura di un terzo (stante il rigetto della domanda risarcitoria) e poste, per i restanti due terzi, a carico del convenuto ### quelle sostenute dai due chiamati costituiti, sono poste interamente a carico del convenuto, risultato soccombente nei loro confronti in relazione a tutte le pretese avanzate; la misura è liquidata in base ai parametri di cui al DM 13.08.2022, n. 147 - tenuto conto del valore della causa, della sua natura, tipologia e durata, della complessità dell'attività svolta - in complessivi € 9.300,00 (di cui € 2.500,00 per la fase di studio, € 1.500,00 per quella introduttiva, € 3.000,00 per la fase istruttoria ed € 2.300,00 per la decisionale), e, quindi, operata la compensazione per il convenuto, in € 6.200,00, oltre spese generali forfettarie al 15%, IVA e CPA come per legge; all'attore spetta altresì il rimborso delle spese vive, di € 786,00 (CU e diritti di cancelleria), da porsi sempre a carico del convenuto, nella misura di due terzi, e, quindi, per € 524,00.
Per quanto riguarda la posizione dei terzi chiamati, tenuto conto del fatto che, pur costituitisi con due atti formalmente distinti, sono stati assistiti dal medesimo difensore e tutti gli atti avevano identico contenuto, si ritiene di operare una liquidazione unica, salvo l'aumento ex art. 4 DM 55/14, e così per complessivi € 9.300,00 (di cui € 2.500,00 per la fase di studio, € 1.500,00 per quella introduttiva, € 3.000,00 per la fase istruttoria ed € 2.300,00 per la decisionale), e, quindi, operato l'aumento pari al 10%, in € 10.230,00, oltre spese generali forfettarie al 15%, IVA e CPA come per legge.
Compensi e spese liquidati in favore di entrambe le parti, da distrarsi in favore dei rispettivi procuratori, dichiaratisi antistatari.
Nulla, invece, deve essere disposto con riferimento alle spese del terzo chiamato rimasto contumace. P.Q.M. il Tribunale di ### definitivamente pronunciando nella causa n. ###/2021, respinta ogni diversa domanda, eccezione e difesa, così provvede: - accoglie la domanda principale dell'attore nei confronti del convenuto, di garanzia pro solvendo del debito ceduto e, per l'effetto, condanna ### al pagamento, in favore di ### della somma capitale di € 95.000,00, oltre interessi legali dall'1.01.2008 (pari a complessivi € 171.744,51 alla data dell'1.04.2018), al saldo effettivo; - rigetta la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali; - rigetta la domanda di manleva del convenuto nei confronti dei terzi chiamati; - condanna il convenuto ### alla refusione, in favore dell'attore ### SOO, dei due terzi (2/3) delle spese di lite, che liquida in complessivi € 6.200,00, oltre accessori di legge ed € 524,00 per rimborso spese, compensando il restante terzo (1/3) tra le parti; somme da distrarsi ex art. 93 c.p.c. in favore dei procuratori antistatari, Avv.ti #### e ### - condanna il convenuto ### alla refusione, in favore dei terzi chiamati costituiti, ### e ### in solido tra loro, delle spese di lite, che liquida in complessivi € 10.230,00, oltre accessori di legge; somme da distrarsi ex art. 93 c.p.c. in favore del procuratore antistatario, Avv. ### - nulla sulle spese nei confronti del terzo contumace ### Così deciso in ### in data ###. Il Giudice Dr.
causa n. 32499/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Coderoni Mario