R.G.L. n. 924/2021 TRIBUNALE DI ASTI REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il giudice dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento portante il n. 924 degli affari contenziosi civili dell'anno 2021 promosso da ### rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### D'### per procura in calce al ricorso ed elettivamente domiciliata presso il loro studio sito in ### via ### n. 61 parte ricorrente #### S.P.A. in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv.to ### per procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliat ####### n. 5 parte convenuta ### domanda di risarcimento del danno non patrimoniale ### per parte ricorrente: come in ricorso per le parti resistenti: come in memoria di costituzione SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato in data ### la ricorrente in epigrafe indicata conveniva in giudizio R.F.I. ### S.p.A. e, premesso di essere erede di ### deceduto il ### a seguito di mesotelioma pleurico, ne chiedeva la condanna al risarcimento dei danni subiti, sia iure hereditario che iure proprio, quantificati in € 606.046, previo accertamento dell'origine professionale della patologia che aveva condotto al decesso il proprio dante causa.
R.G.L. n. 924/2021 A sostegno della domanda precisava che il di lei padre aveva prestato servizio alle dipendenze della convenuta, all'epoca ### dello Stato, dal 10/08/1972 al 01/01/2002, operando quale manovratore in prevalenza presso la stazione ferroviaria di ### oltre che presso altre stazioni del ### quali ### e ### Evidenziava che nell'espletamento delle mansioni di manovratore, consistenti nello sgancio e aggancio dei vagoni dei rotabili e dei carri merce, nonché nella modifica manuale degli scambi delle linee ferroviarie direttamente sui binari e nella conduzione dei locomotori, il de cuius era stato costantemente esposto all'inalazione di polveri di amianto.
Ritualmente instauratosi il contraddittorio, resisteva in giudizio R.F.I. ### S.p.A., che eccepiva l'incompetenza funzionale dell'adito giudice in relazione alla domanda di risarcimento dei danni avanzata iure proprio, la carenza di legittimazione passiva ai sensi dell'art. 13 D.Lgs. n. 38/2000 e l'infondatezza nel merito della domanda attorea, deducendo l'osservanza degli obblighi di sicurezza in capo alla datrice di lavoro (anche in termini di formazione e di informazione del personale), oltre alla mancata segnalazione di presunte inefficienze sui dispositivi di protezione consegnati al personale, nonché l'insussistenza dell'esposizione diretta ed ambientale alle polveri di amianto da parte del sig. ### Esperito vanamente il tentativo di conciliazione, rinnovato in corso di causa, la controversia veniva istruita con l'esame dei testi indotti dalle parti, con acquisizione documentale e con CTU medico legale affidata al dott. ### indi all'udienza del 08/03/2024 i procuratori delle parti discutevano la causa, che, sulle conclusioni di cui ai rispettivi atti defensionali, è stata decisa come da separato dispositivo. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. È in primo luogo priva di pregio l'eccezione di incompetenza funzionale del giudice del lavoro quanto alla domanda di risarcimento avanzata iure proprio, in quanto di “competenza” esclusiva della sezione civile.
Vanno infatti ravvisate evidenti ragioni di connessione ed esigenze di opportunità in ordine alla trattazione congiunta delle due domande, stante la connessione che tra le stesse intercorre: entrambe presuppongono, infatti, l'accertamento dell'insorgenza in capo al lavoratore di una malattia professionale determinata dall'esposizione all'amianto da quest'ultimo subita nell'ambiente di lavoro, con applicazione del R.G.L. n. 924/2021 prevalente rito speciale del lavoro alla luce del disposto di cui all'art. 40, comma 3. c.p.c., o come meglio evidenziato dalla Suprema Corte “esigenze derivanti dalla necessità di rispettare i principi del giusto processo di cui all'art. 111 Cost e della sua ragionevole durata” che “sussistono considerata l'opportunità di una trattazione unitaria dei due giudizi attinenti alle conseguenze risarcitorie relative ad un medesimo fatto storico come sopra specificato” (cfr. Cass. civ. n. 18503/2016).
Del resto, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “### è stato più volte affermato da questa Corte e va qui nuovamente enunciato, “per controversie relative a rapporti di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 409 c.p.c., n. 1, debbono intendersi non solo quelle relative alle obbligazioni propriamente caratteristiche del rapporto di lavoro, ma tutte le controversie in cui la pretesa fatta valere in giudizio si ricolleghi direttamente al detto rapporto, nel senso che questo, pur non costituendo la “causa petendi” di tale pretesa, si presenti come antecedente e presupposto necessario, e non già meramente occasionale, della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale, essendo irrilevante l'eventuale non coincidenza delle parti in causa con quelle del rapporto di lavoro” (v. Cass. 22-3-2002 n. 4129).” (Cass. civ. n. 17092/2012). 1.1 Si aggiunga che la trattazione della controversia da parte del giudice adito con un rito diverso da quello eventualmente previsto dalla legge non determina inammissibilità della domanda o la nullità del procedimento e della sentenza successivamente emessa, se la parte non deduca e dimostri che dall'erronea adozione del rito sia derivata una lesione del diritto di difesa, del contraddittorio o un diverso regime probatorio (cfr. tra le tante Cass. civ. n. ###/2018; Cass. civ. n. 23038/2018), lesione del diritto di difesa che nella specie non è stata nemmeno prospettata dalla resistente. Né d'altro canto vi è evidenza alcuna che la celebrazione del processo secondo il rito del lavoro, anche sulla domanda proposta iure proprio, abbia prodotto una concreta lesione del diritto di difesa o abbia minorato garanzie del contraddittorio per le parti. ### secondo cui la trattazione unitaria si tradurrebbe, anche sotto il profilo del rito, in una vulnerazione dei diritti di difesa della parte convenuta appare all'evidenza apodittica, non essendo supportata da adeguate e sufficienti argomentazioni. 2. Sempre in via preliminare deve essere disattesa l'eccezione di difetto di legittimazione passiva, dovendosi osservare come l'attuale regime di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 38/2000 preveda l'estensione della copertura assicurativa obbligatoria gestita R.G.L. n. 924/2021 dall'I.N.A.I.L. anche al danno biologico. Ne consegue che le somme eventualmente erogate dall'### non esauriscono il diritto al risarcimento del danno biologico in capo all'assicurato, il quale ben può agire nei confronti del proprio datore di lavoro al fine di ottenere il c.d. danno differenziale, ovvero “quella parte di risarcimento che eccede l'importo dell'indennizzo dovuto in base all'assicurazione obbligatoria” (cfr. Cass. civ. n. ###/2017). 2.1. La prospettiva del citato art. 13, infatti, non è quella di fissare in via generale ed omnicomprensiva gli aspetti risarcitori del danno biologico, ma solo quella di definire i meri aspetti indennitari agli specifici ed unici fini dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali. Dunque, l'erogazione effettuata dall'I.N.A.I.L. è strutturata in termini di mero indennizzo, il quale - a differenza del risarcimento - è svincolato dalla sussistenza di un illecito (contrattuale o aquiliano) e, di conseguenza, può essere disposto anche a prescindere dall'elemento soggettivo di chi ha realizzato la condotta dannosa e da una sua responsabilità. Pertanto, la differenza strutturale e funzionale tra l'erogazione I.N.A.I.L. e### art. 3 del citato decreto ed il risarcimento del danno biologico, preclude di poter ritenere che le somme eventualmente a tale titolo versate dall'istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo al soggetto infortunato od ammalato, nel senso che esse devono semplicemente detrarsi dal totale del risarcimento spettante al lavoratore (cfr. Cass. civ. n. 777/2015), di guisa che il lavoratore ben potrà agire in giudizio nei confronti del proprio datore di lavoro, al fine di ottenere l'integrale risarcimento dei danni subiti. 2.2. Peraltro, nel caso di specie, avuto riguardo alla specifica prospettazione formulata in ricorso, occorre pure considerare il condivisibile orientamento della Suprema Corte che, in relazione al danno alla salute che abbia determinato la morte dopo un apprezzabile lasso temporale (c.d. “danno biologico terminale”), ha precisato come tale pregiudizio si configuri quale danno biologico da invalidità temporanea assoluta (sempre presente - anche se non vi sia “consapevolezza” - che si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso, con eventuale “personalizzazione” in relazione agli ulteriori aspetti “soggettivi” ed “esistenziali”), per la cui liquidazione può ben farsi riferimento alle tabelle relative all'invalidità temporanea.
A tale danno può poi sommarsi una componente di sofferenza psichica (c.d. “danno catastrofale”, anche definito come “danno morale terminale” o “danno da lucida R.G.L. n. 924/2021 agonia”), configurabile come pregiudizio non patrimoniale (sempre temporaneo) di natura peculiare, che comporta la necessità di una liquidazione che si affidi ad un criterio equitativo puro - ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso concreto - che sappia tener conto della enormità del pregiudizio (cfr. Cass. civ. n. 23183/2014; Cass. civ. n. 21060/2016).
Ne consegue che, nella fattispecie in esame in questa sede ###può invocare alcun esonero (nemmeno parziale) rispetto alla propria eventuale responsabilità, vertendosi in un'ipotesi in cui non vi è alcuna copertura assicurativa dell'I.N.A.I.L.: quest'ultimo, infatti, non risponde del danno biologico temporaneo (ma solo di quello patrimoniale temporaneo, coperto dall'indennità giornaliera e### D.P.R. 1124/1965), tanto meno di quelli “esistenziali” e/o “morali”.
Trattasi, pertanto, di ### danni (non “differenziali”, bensì) “complementari” (secondo la dizione offerta dalla Suprema Corte nella sentenza n. 9166/2017), il cui importo va posto integralmente a carico del datore di lavoro, naturalmente ove si dimostri che questi abbia effettivamente posto in essere una condotta violativa dell'art. 2087 c.c. 3. Ciò premesso, e venendo al merito della vicenda, la ricorrente esercita sia un'azione di responsabilità di tipo contrattuale (iure hereditatis), lamentando l'inosservanza da parte del datore di lavoro della previsione di cui all'art. 2087 c.c., sia un'azione di responsabilità aquiliana, ai sensi dell'art. 2043 c.c., in relazione ai danni dalla stessa patiti per la perdita del congiunto. 3.1. Con riferimento in particolare al danno invocato iure hereditatis (ovvero il danno non patrimoniale, nelle componenti del danno biologico, tanatologico e morale), come è noto la responsabilità del datore di lavoro, e### art. 2087 c.c., non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, bensì di responsabilità di natura contrattuale, sicché sul piano della ripartizione dell'onere probatorio incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito un danno alla salute a causa dell'attività lavorativa svolta (o sugli eredi che esercitano l'azione risarcitoria iure hereditatis) l'onere di provare l'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi, gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le suddette circostanze, l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno, sì che non possa essere a lui addebitabile R.G.L. n. 924/2021 l'inadempimento all'obbligo di sicurezza previsto dalla norma (Cass. civ. n. 12445/2006; Cass. civ. n. 3788/2009; Cass. n. 2038/2013; Cass. civ. n. 24742/2018). 4. ### le superiori premesse ed essendo pacifico tra le parti che il dante causa della ricorrente abbia lavorato alle dipendenze delle ### dello Stato, svolgendo dalla data di assunzione sino alla risoluzione del rapporto di lavoro, intervenuta il ###, le mansioni di manovratore, implicanti la movimentazione dei carichi nelle operazioni di aggancio e sgancio dei rotabili, la manovra dei deviatori a mano e il trasporto fanali, ad avviso del Tribunale le circostanze descritte in ricorso hanno trovato puntuale conferma nel corso della espletata istruttoria.
È in particolare emerso che sig. ### era addetto alla manovra dei convogli e si occupava di effettuare operazioni di composizione e scomposizione degli stessi, scarto e reintegro dei vagoni, dovendo staccare le carrozze dei treni, agganciarle al locomotore per condurle su diversi binari e riagganciarle ad altri treni; acquisita la qualifica di primo tecnico manovra dal 17/7/1995 (cfr. doc. 2 in atti di parte resistente), il lavoratore veniva altresì assegnato alla guida dei locomotori. 4.1. Orbene, le allegazioni di parte ricorrente sono state confermate dai testi escussi, le cui dichiarazioni meritano d'essere di seguito testualmente riportate.
In particolare, la teste ### ha precisato “Ho lavorato presso la convenuta dal 14.8.1972 al 30.5.2000 espletando per lo più mansioni di manovratore; all'inizio ho prestato servizio presso la stazione di ### e dal 1986 al 1994 presso la stazione di ### in quest'ultima sede con mansioni di manovratore. Ho conosciuto il #### con il quale ho avuto di lavorare diverse volte tra il 1986 e il 1994, nel senso che abbiamo fatto parte della stessa squadra c.d. di manovra o lavorato in stazione nello stesso turno. […] Le operazioni di aggancio e sgancio dei rotabili erano fatte manualmente e comportavano anche lo scollegamento delle condutture di aria che permettevano il riscaldamento dei treni e la frenata; si trattava di condotte morbide, poiché altrimenti non ci sarebbe stato il modo di collegarle e riagganciarle. Non so dire di cosa fosse rivestita questa conduttura, nè l'ho appreso in seguito alla cessazione del mio rapporto di lavoro. […] Gli agganci del locomotore avvenivano in stazione, gli altri nel piazzale dello scalo. Preciso che le operazioni in questione richiedevano che l'addetto passasse sotto i respingenti delle vetture, quindi operando in uno spazio largo non superiore al metro. Mi viene chiesto come si presentavano le condutture; ricordo che nei treni merci, forse perché meno mantenuti, alcune volte le condutture erano scure e si R.G.L. n. 924/2021 presentavano logorate con filamenti color sabbia. Per effettuare queste operazioni ci sono stati consegnati un casco, le scarpe antinfortunistiche e dei guanti spessi, credo di cuoio, ciò per evitare che il grasso presente nei magli dei ganci ostacolasse la presa”.
Il teste ### ha dichiarato: “Ho lavorato presso la resistente dal 1990/91 fino al marzo/aprile 2011, se mal non ricordo, e ho espletato mansioni di manovratore. Ho lavorato presso varie stazioni…presso quella di ### dal 2000 al 2005 e in seguito e fino a cessazione del mio rapporto di lavoro ho prestato servizio ad ### stazione denominata “### smistamento”. […] Ho conosciuto il #### con il quale ho lavorato in tutto l'arco di permanenza presso la stazione di ### Preciso che all'epoca il #### era primo tecnico di manovra e dunque era assegnato a mansioni superiori a quelle da me espletate. Solo di rado accadeva che il predetto si occupasse delle operazioni di aggancio e sgancio dei rotabili e ciò accadeva quando erano assegnati allo stesso turno due primi tecnici di manovra. […] Il Sig. ### si occupava della conduzione del mezzo e del controllo del livello dell'olio e del grasso del motore della locomotiva. […] Le operazioni di aggancio e di sgancio dei rotabili comportavano lo scollegamento delle condotte che trasportavano l'aria necessaria per il funzionamento dei freni o di energia elettrica. Non so dire se le condotte in questione fossero rivestite di amianto. Posso solo dire che quando erano collegate, erano vicine alle rotaie, poteva fuoruscire della polvere. […] La mansione di manovratore richiedeva un prolungato stazionamento in prossimità delle ruote dei rotabili, con la precisazione che solo quelli destinati al trasporto di persone erano dotati di freni a disco. […] I treni merci avevano invece i c.d. ceppi, ossia materiale frenante soggetto a usura. […] Tengo a precisare che il manovratore si occupava delle operazioni di aggancio e sgancio anche delle stazioni ferroviarie limitrofe a quella principale, collocate nell'arco di una ventina di chilometri”.
Il teste ### ha altresì evidenziato: “Ho lavorato per le ### dello Stato dal 10.1.1972 al 31.12.2007. Sono stato assunto come gestore e in seguito ho svolto mansioni di assistente in movimento, di tecnico e poi di primo tecnico titolare, ruoli che ho assunto tra il 1980 e il 1985, infine nel 1992 sono divenuto capostazione, mansione che ho mantenuto fino alla cessazione del mio rapporto di lavoro. Fino al 1974 ho lavorato presso diverse stazioni ferroviarie contemporaneamente, nel senso che ero un jolly e venivo inviato dove era necessaria la mia presenza. Dal 1975 al 1985 sono stato assegnato alla stazione di ### fino al 1992 sono stato assegnato alla stazione di ### e infine dal 1992 alla cessazione del rapporto di lavoro a quella di ### d'### […] Il Sig.
R.G.L. n. 924/2021 ### faceva parte della squadra manovratori che si occupava di prelevare i vagoni ferroviari vuoti e portare quelli pieni nelle stazioni di #### d'### e ### […] In quanto manovratore il #### si occupava dell'aggancio e sgancio dei vagoni, operazione che comportava il collegamento e scollegamento delle condotte per la frenatura del treno. […] È emerso che le condotte erano rivestite da una tela costituita da amianto. […] So per averlo appreso da mio zio, che ha lavorato a lungo presso un'officina delle ferrovie che per i freni erano usate pastiglie composte da una mescola fatta in amianto e che da un certo momento le ### hanno smesso di usarli.
Per lo stesso motivo so che erano coibentati in amianto anche i pannelli e i quadri elettrici delle locomotive. Aggiungo che prima di far partite il treno di regola veniva testato il funzionamento dei freni, ma anche in questo caso non visto lo sprigionamento di polveri. […] Confermo che l'attività di manovratore comportava anche la conduzione dei locomotori, operazione che ho visto svolgere dal #### già nel periodo in cui era assegnato preso la stazione di ### […] Si sapeva già dagli anni ‘80 che il pietrisco utilizzato tra i binari era composto da amianto e proveniva da particolari cave, come quella di ### […] Rientrava altresì tra le mansioni del manovratore quella di stazionamento sulla banchina per assistere al transito dei treni e controllare che i freni funzionassero. […] Peraltro durante tale stazionamento poteva capitare che passassero treni in velocità che sollevavano le polveri che si depositavano sul pietrisco”. 4.2. In definitiva la prova testimoniale ha dimostrato la violazione da parte del datore di lavoro dell'art. 2087 c.c., non avendo questi adottato quelle cautele di sicurezza necessarie a tutelare la salute del lavoratore.
La Suprema Corte ha sul punto precisato che il datore di lavoro “deve predisporre a tutela della sicurezza del lavoratore non soltanto le misure prescritte dal legislatore che rappresentano lo “standard” minimale, ma anche tutte quelle che siano praticate normalmente o, in concreto, siano richieste dalla specificità del rischio connesso all'attività lavorativa, la cui prova liberatoria, correlata alla diligenza esigibile, è a carico della parte datoriale che dovrà provare di aver adottato tutte quelle cautele che, benché non dettate dalla legge, siano consigliate dalle conoscenze sperimentali e tecniche o dagli “standard” di sicurezza normalmente osservati”(Cass. civ. n. ###/2022).
Quanto poi al nesso causale tra inosservanza degli obblighi di protezione e malattia professionale, la Suprema Corte ha puntualizzato che “in materia di risarcimento danni causati da malattia professionale, l'onere della prova del nesso causale tra prestazione R.G.L. n. 924/2021 lavorativa e danno, incombe su colui che ne chiede il riconoscimento, che potrà a tal fine avvalersi anche delle certificazioni I.N.A.I.L. - nello specifico riferite all'esposizione all'amianto e all'origine professionale della malattia - la cui rilevanza probatoria, sia pure non dirimente, non è subvalente rispetto all'accertamento giudiziale, una volta che detti documenti siano entrati a far parte, nel contraddittorio tra le parti, del materiale probatorio utilizzabile e### art. 115 c.p.c., comma 1”(Cass. civ. n. 678/2023) e che “in tema di risarcimento del danno, il nesso causale tra l'esposizione ad amianto e il decesso intervenuto per tumore polmonare può ritenersi provato quando, sulla scorta delle risultanze scientifiche e delle evidenze già note al momento dei fatti e secondo il criterio del “più probabile che non”, possa desumersi che la non occasionale esposizione all'agente patogeno - in relazione alle modalità di esecuzione delle incombenze lavorative, alle mansioni svolte e all'assenza di strumenti di protezione individuale - abbia prodotto un effetto patogenico sull'insorgenza o sulla latenza della malattia” (Cass. civ. n. 13512/2022).
Non può non sottolinearsi come il datore di lavoro sia responsabile se ometta di adottare le idonee misure protettive ovvero se non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente (cfr e### plurimis Cass. civ. n. 15112/2020; Cass. civ. n. 16026/2018; Cass. civ. n. 14468/2017; Cass. civ. n. 27127/2013; Cass. civ. n. 9661/2012; Cass. civ. n. 5493/2006). 5. Rilevano, inoltre, ai fini della decisione gli esiti della consulenza tecnica d'ufficio: il C.T.U., dopo aver illustrato la natura della patologia in argomento, con accurati approfondimenti e stralci di letteratura specializzata, ha esaminato la specifica esposizione alla sostanza nociva nella vita lavorativa del sig. ### giungendo ad affermare l'elevata probabilità che dalla data di assunzione il predetto sia stato esposto a fibre di amianto, poiché adibito a lavorazioni svolte in ambienti nei quali il minerale era disperso nell'aria. 5.1. ### ha in particolare evidenziato che “### è riconosciuto come principale responsabile dei casi di mesotelioma pleurico maligno. ### secondo i dati ### l'asbesto è individuabile quale agente causale di una quota intorno all'80% dei casi di mesotelioma maligno. Il restante 20% comprende una minoranza di casi collegabili ad agenti alternativi all'asbesto (erionite, trattamenti radianti) e una maggioranza di casi in cui non è identificabile un agente causale. Nell'ambito dell'80% dei mesoteliomi maligni da asbesto, le quote correlabili a un'esposizione professionale, familiare e nell'ambiente di R.G.L. n. 924/2021 vita (residenza, luoghi frequentati) sono stimate rispettivamente al 70%, intorno al 5% e in misura inferiore al 4%”, rimarcando che “### in genere, l'impossibilità di identificare una soglia di esposizione all'asbesto al di sotto della quale non si riscontri un rischio di mesotelioma è una circostanza segnalata dalla letteratura in materia da oltre venti anni”. 5.2. Nella relazione peritale viene altresì sottolineato che “a tutt'oggi non è stato possibile identificare una soglia di esposizione all'asbesto al di sotto della quale non risulti un rischio di mesotelioma. È pertanto probabile che il mesotelioma del ### fosse stato causato dall'esposizione all'asbesto subita per via dell'attività svolta alle dipendenze di RFI”, argomento che il consulente impiega per disattendere le osservazioni critiche sollevate dal CTP della convenuta, il quale, oltre a evidenziare l'assenza di prova quanto alla provenienza del ballast, ha - tra l'altro - rilevato il costante rispetto dei limiti di legge quanto all'amianto contenuto nel pietrisco utilizzato nelle stazioni.
Orbene oltre a quanto rammentato dal ### già sotto il profilo scientifico sufficiente a confortare le conclusioni peritali, è altresì utile aggiungere come l'accertata eziologia professionale della neoplasia sia altresì correlata esposizione all'amianto presente nelle tubazioni per la frenatura dei treni e nelle condotte di riscaldamento delle locomotive a vapore, circostanza provata per tabulas dalla circolare a firma del ### e ### delle ### dello Stato del 5/07/1983 e dal documento finale di un'indagine in tema di esposizione ad asbesto nelle officine delle ### dello Stato (cfr. doc. 2 e 3 in atti di parte ricorrente). Detta documentazione attesta il massiccio impiego dell'asbesto nell'isolamento termico, acustico ed elettrico dei rotabili, in particolare in guarnizioni, freni a disco, isolamento termico di tubi, isolamento elettrico, sotto forma di amianto spruzzato o in fiocchi, cartone di amianto, amiantite, pasticche frenanti, corde e nastri, che, pur essendo in origine poco o niente friabili, potevano però diventarlo a seguito del degrado causato da fattori ambientali, anche se la possibilità di aerodispersione era inferiore rispetto all'amianto spruzzato. 6. Si tratta di riscontro idoneo e sufficiente, in quanto la prova del nesso causale deve avere un grado di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'eziopatogenesi professionale, questa può essere ravvisata in presenza di un elevato grado di probabilità, per accertare il quale il giudice deve valutare le conclusioni probabilistiche del consulente, desunte anche da dati epidemiologici (cfr. Cass. civ. n. 9226/2007; Cass. civ. n. 14308/2006; Cass. civ. n. 12559/2006; Cass. civ. n. 16119/2005).
R.G.L. n. 924/2021 6.1. Di contro la mancata dimostrazione da parte di RFI di avere adottato ogni misura idonea a preservare l'integrità fisica del proprio dipendente contro il rischio amianto assume valenza decisiva al fine del riconoscimento della responsabilità, in ragione del fatto che la pericolosità della lavorazione dell'amianto era nota già in epoca ben anteriore al 1970, epoca a cui risale la conoscenza non tanto della correlazione tra patologie tumorali ed esposizione ad asbesto, quanto del carattere c.d. dose indipendente del mesotelioma (arg. e### Cass. civ. n. 4721/98). Posto che ciò che rileva, ai fini della configurabilità di un'omissione assistita da colpa grave, come tale equiparabile alla omissione dolosa, è la conoscenza della nocività dell'asbesto per la salute dei lavoratori a prescindere poi dalla tipologia di danno effettivamente verificatosi, la tempistica delle conoscenze scientifiche conduce ad un'affermazione di responsabilità in capo a ### quale datrice di lavoro, per la patologia pleurica contratta dal sig. ### Si è, infatti, in presenza di soggetto la cui consistenza imprenditoriale, dimensione ed organizzazione erano tali da rendere esigibile la massima diligenza nell'adozione di tutte le precauzioni possibili per la tutela da inalazioni di polveri aerodisperse.
Al contrario, sotto quest'ultimo aspetto, i testi hanno concordemente riferito che nessun idoneo dispositivo sia stato mai fornito ai lavoratori. 7. Va inoltre rimarcato che nel caso di specie la causa lavorativa è stata l'unica eziologicamente rilevante nella causazione della patologia che ha causato il decesso del de cuius: come infatti precisato dall'ausiliario nelle note integrative depositate il ###, in relazione all'attività e###tralavorativa effettuata dal sig. ### e segnalata nella valutazione del ### dei ### “l'attività e###tralavorativa in oggetto è consistita nella costruzione di una piccola tettoia in ### Tale segnalazione, peraltro, non è stata accompagnata da alcuna informazione sul tempo richiesto dall'installazione della tettoia né sulla condizione delle lastre utilizzate. A tale riguardo va tenuto presente che l'### se non logorato, fa parte dei materiali contenenti asbesto a matrice compatta. Date tali circostanze, l'eventualità di un rapporto concausale tra l'attività e###tralavorativa e il mesotelioma del ### non è quantificabile in base a un criterio di probabilità, ma va considerata unicamente quale possibilità. Si ricorda che in ambito medico legale il termine possibile viene riferito alle situazioni in cui può tanto esservi quanto non esservi un rapporto eziologico. Mancano pertanto gli elementi che consentirebbero di definire se e in che misura l'attività e###tralavorativa del ### avesse contributo al determinismo del mesotelioma diagnosticatogli nel 2015”.
R.G.L. n. 924/2021 7.1. In ogni caso va ricordato che ad avviso del Supremo Collegio nella determinazione dell'evento va applicata la regola contenuta nell'art. 41 c.p. ”alla stregua della quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito alla produzione dell'evento, salvo il temperamento previsto nello stesso art. 41 c.p. in forza del quale il nesso eziologico è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l'evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni” (cfr.
Cass. civ. n. 15153/2011; Cass. civ. n. 14770/2008; Cass. civ. n. 6722/2003; Cass. civ. n. 17959/2005; in quest'ultima fattispecie la Corte di Cassazione, accertata l'esposizione dell'interessato, deceduto per carcinoma polmonare, a rischio ambientale costituito dalla presenza di polvere di amianto, ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva riconosciuto la dipendenza da causa da servizio, senza che rilevasse in senso contrario la circostanza che la consulenza tecnica avesse evidenziato il tabagismo del dipendente quale concausa della patologia”). 8. Alla accertata l'ascrivibilità alla società convenuta, ai sensi dell'art. 2087 c.c., della malattia discende la responsabilità della stessa nel decesso del dante causa dell'odierna ricorrente e per l'effetto l'obbligo di risarcimento del danno. ### sopra accennato, la ricorrente agisce in questa sede per il risarcimento del danno non patrimoniale, sia biologico differenziale iure hereditatis, che da perdita parentale iure proprio. 8.1. Orbene, per quanto concerne il danno azionato iure hereditaris deve ribadirsi la configurabilità e trasmissibilità del danno non patrimoniale nelle due componenti di danno biologico “terminale”, cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta, configurabile in capo alla vittima nell'ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo (cfr. Cass. civ. n. 26727/2018; Cass. civ. n. 21060/2016; Cass. civ. n. 23183/2014; Cass. civ. n. 22228/2014; Cass. civ. n. 15491/2014) e di danno morale “terminale o catastrofale”, ossia del danno consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita, quando vi sia la prova della sussistenza di un suo stato di coscienza nell'intervallo tra l'evento lesivo e la morte, con conseguente acquisizione di una pretesa risarcitoria trasmissibile agli eredi (Cass. civ. n. 13537/2014; Cass. civ. n. 7126/2013; Cass. civ. n. 2564/2012). 8.2. Quanto ai criteri di liquidazione, da una parte si è confermata la correttezza di tecniche di liquidazione del danno “terminale” commisurate alle tabelle che stimano R.G.L. n. 924/2021 l'inabilità temporanea assoluta con opportuni “fattori di personalizzazione”, i quali tengano conto dell'entità e dell'intensità delle conseguenze derivanti dalla lesione della salute in vista del prevedibile e###itus (cfr. Cass. n. 12041/2020; Cass. civ. n. 15491/2014, Cass. civ. n. 23053/2009, Cass. civ. n. 9959/2006, Cass. civ. n. 3549/2004), dall'altra è stata data continuità al principio espresso dalle Suprema Corte con pronuncia n. 12041/2020, nella quale è stato chiarito che: a) in caso di malattia professionale o infortunio sul lavoro con esito mortale, che abbia determinato il decesso non immediato della vittima, al danno biologico terminale, consistente in un danno biologico da invalidità temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso), può sommarsi una componente di sofferenza psichica (danno catastrofale), sicché, mentre nel primo caso la liquidazione può essere effettuata sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea, nel secondo la natura peculiare del pregiudizio comporta la necessità di una liquidazione che si affidi ad un criterio equitativo puro, che tenga conto della “enormità” del pregiudizio, giacché tale danno, sebbene temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, tanto da esitare nella morte (cfr. Cass. Civ. n. 23183/2014; Cass. civ. n. 15491/2014); b) si tratta di danni che vanno tenuti distinti e liquidati con criteri diversi; c) per il danno biologico da invalidità temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso) la liquidazione può ben essere effettuata sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea e deve essere effettuata in relazione alla menomazione dell'integrità fisica patita dal danneggiato sino al decesso; tale danno, qualificabile come danno “biologico terminale”, dà luogo ad una pretesa risarcitoria, trasmissibile iure hereditatis da commisurare soltanto all'inabilità temporanea, adeguando tuttavia la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte; d) invece il danno catastrofale - che integra un danno non patrimoniale di natura del tutto peculiare consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita - comporta la necessità di una liquidazione che si affidi a un criterio equitativo denominato “puro” ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso - che sappia tener conto della sofferenza interiore psichica di massimo livello, correlata alla consapevolezza dell'approssimarsi della fine della vita, la quale deve essere misurata secondo criteri di R.G.L. n. 924/2021 proporzionalità e di equità adeguati alla sua particolare rilevanza ed entità, e all'enormità del pregiudizio sofferto a livello psichico in quella determinata circostanza (si veda Cass. civ. n. 23183/2014); e) ai fini della sussistenza del danno catastrofale, la durata di tale consapevolezza non rileva ai fini della sua oggettiva configurabilità, ma per la sua quantificazione secondo i suindicati criteri di proporzionalità e di equità (in termini Cass. civ. n. 16592/2019; Cass. civ. n. 23153/2019 e Cass. civ. n. 21837/2019; Cass. civ. n. 23845/2023). 9. Individuati in tale ambito i danni risarcibili, occorre richiamare brevemente la storia clinica del de cuius deceduto in data ### all'età di 63 anni, siccome ricostruita dal CTU alla luce della documentazione medica in atti, e in particolare: - persistendo da circa un anno tosse non produttiva, il sig. ### veniva ricoverato dal 13 al 17 ottobre 2015 presso l'### di ### a seguito di versamento pleurico e ivi sottoposto a TC toracica, con riscontro di placche pleuriche bilaterali; - il ### il sig. ### veniva nuovamente ricoverato presso il ### dell'### di ### per toracentesi, con esame citologico sul liquido drenato che risultava compatibile con un mesotelioma pleurico; - il ### veniva eseguita presso l'### di ### videotoracoscopia con biopsie pleuriche su ispessimenti delle pleure parietale e viscerale in corrispondenza del lobo polmonare inferiore, seguita da talcaggio, con diagnosi definitiva di mesotelioma pleurico epitelioide c### (stadio ###; - l'11/12/2015, sempre presso l'### di ### veniva eseguita TC di controllo che evidenziava accentuazione degli ispessimenti pleurici e infiltrazione dell'adipe mediastinico; - dal 28/12/2015 al 29/2/2016 il sig. ### veniva sottoposto a un protocollo di cure sperimentali (### e ### in combinazione con ### basato su campi elettrici), che non influiva sulla progressione della neoplasia; - dal maggio-giugno 2016 seguiva chemioterapia con vinorelbina, con analogo risultato; - il ### veniva effettuata seduta antalgica percutanea per lesioni infiltrante parietale sinistra; - in occasione di controllo effettuato in data ### veniva attestato un netto peggioramento delle condizioni di salute. 9.1. Tanto sopra precisato, possono prendersi a riferimento ai fini della liquidazione del danno le ### elaborate dell'### sulla Giustizia Civile di #### R.G.L. n. 924/2021 2021 (vanno infatti applicate le ### vigenti al momento della liquidazione, v. Cass. civ. n. ###/2019) che, in ragione del costante utilizzo giurisprudenziale, hanno assunto una vocazione “nazionale” in quanto “recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell'equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno ridurre) - al di là delle diversità in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell'equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno ridurre) - al di là delle diversità (si veda Cass. civ. n. 17018/2018, Cass. Civ. n. 19992/2015, Cass. civ. n. 20895/2015, Cass. civ. n. 12408/2011).
Dette tabelle sono state predisposte tenendo conto dei seguenti principi: a. unitarietà e onnicomprensività del concetto di danno terminale, che ricomprende al suo interno ogni aspetto biologico e sofferenziale connesso alla percezione della morte imminente; b. durata limitata del danno, derivante dalla stessa definizione del danno come terminale (durata temporanea convenzionalmente stabilita in un periodo massimo di 100 giorni, oltre il quale il danno terminale non può prolungarsi, risultando risarcibile il solo danno biologico temporaneo ordinario); c. coscienza del danneggiato, sicché occorre la comprovata percezione della fine imminente; d. l'intensità decrescente, basata sull'esperienza medico legale, secondo la quale il danno tende a decrescere col passare del tempo, dal momento che la massima sofferenza è percepita nel periodo immediatamente successivo all'evento lesivo per poi scemare nella fase successiva (tale criterio verosimilmente non è perfettamente in linea con la gravità ingravescente della patologia che ha condotto a morte il de cuius, ma resta comunque applicabile anche nella presente fattispecie, sia pure con un calcolo a ritroso, ipotizzando la massima sofferenza nei giorni immediatamente precedenti il decesso); e. il metodo tabellare, che - pur nella ribadita difficoltà di individuare una “regola” che valga per tutte le variegate fenomenologie di danno terminale - assegna a ciascun giorno di sofferenza, nei limiti del tetto di 100 giorni complessivi, un valore progressivamente - e convenzionalmente - decrescente, sino ad agganciarsi, al 100° giorno, alla valutazione del danno biologico temporaneo ordinario; f. la tabella prevede in particolare la liquidazione di un danno terminale massimo, non ulteriormente personalizzabile, fino al tetto di 30.000,00 euro per tre giorni e poi una cifra giornaliera inferiore, decrescente nel tempo (nella presente fattispecie da calcolarsi R.G.L. n. 924/2021 a ritroso dal giorno del decesso), a partire dal quarto giorno e personalizzabile, in relazione alle circostanze del caso concreto e al particolare sconvolgimento che risulti di volta in volta provato (con una personalizzazione che viene proposta nel limite massimo del 50%); g. valori convenzionali: il valore del quarto giorno è stato individuato in 1.000,00 euro, mentre la progressiva diminuzione giornaliera è stata calcolata, con i necessari arrotondamenti, in modo tale da giungere, alla fine del periodo, a un valore (98,00 euro nel 2018, aumentato a 99,00 euro nel 2021) pari a quanto pro die stabilito dalla ### per il danno biologico temporaneo standard. Il tutto, naturalmente, al netto della eventuale personalizzazione che, come detto, l'### propone entro il limite massimo del 50%. 9.2. Chiarito il quadro di riferimento ed applicate le ### in questione, va evidenziato che, sulla base della documentazione in atti, il de cuius ebbe consapevolezza dell'esito sfavorevole quoad vitam già a decorrere dal primo ricovero in data ### stante gli esiti dell'esame citologico sul liquido drenato, che risultava compatibile con un mesotelioma pleurico, previsione confermata dalle risultanze dell'esame istologico definitivo, con diagnosi di “mesotelioma pleurico varietà epitelioide”, consegnato al sig. ### in occasione del controllo presso l'### di ### in data ###, cui è seguito il decesso in data ###.
Vi è prova, dunque, del decorso di un considerevole lasso di tempo tra il manifestarsi della patologia professionale e la morte del lavoratore, nonché della sicura lucidità del soggetto, ossia della coscienza del proprio destino, e della eccezionale sofferenza patita durante i mesi di malattia che hanno portato al decesso. 9.3. Passando alla quantificazione del danno, facendo applicazione di tali criteri orientativi, si rileva innanzitutto che i giorni di inabilità temporanea trascorsi dalla prima manifestazione della malattia al decesso ammontano al numero di 298. Di questi, 100 giorni potranno essere risarciti secondo le ### di ### del 2021 specificamente elaborate per il danno terminale, gli altri 198 con i criteri per il normale danno biologico temporaneo che si ritiene di determinare nella misura del 100% quanto ai giorni di ricovero ospedaliero, sia in reparto che in ### pari a 12 (dal 13 al 17 ottobre 2015; il ###; dal 4 al 9 novembre 2015), nella misura del 50% i restanti giorni fino al 30/11/2015, trattandosi di un fase caratterizzata da dolore discretamente controllato e da assenza di tosse stizzosa e dispnea da sforzo, R.G.L. n. 924/2021 come rilevato in occasione di visita oncologica presso l'### di ### dell'11/11/2015, e nella misura del 70% i successivi 150 giorni decorrenti dall'1/12/2015, stante la progressione della malattia e l'inefficacia della terapia chemioterapica.
Va in proposito precisato che, sebbene le ### di ### siano impostate in senso decrescente, nel caso specifico - come sopra anticipato - appare più aderente al decorso della patologia risarcire i primi 198 giorni nei termini sopra illustrati e gli ultimi 100 come danno terminale di intensità crescente: invero, il de cuius, risultati inefficaci un protocollo di cure sperimentali attuato nel dicembre 2015/febbraio 2016 e un trattamento chemioterapico con vinorelbina attuato nel maggio/giugno 2016, veniva preso in carico dal ### di ### della Asl di ### con sottoposizione a terapia domiciliare. Subentrava quindi sintomatologia dolorosa, con definitivo aggravamento delle condizioni di salute, di guisa che gli effetti invalidanti della malattia, in uno con la percezione della natura inguaribile della stessa e del destino di morte, sono stati crescenti e non decrescenti nel tempo, diventando potenzialmente massimi in prossimità dell'e###itus.
Ciò chiarito si deve in definitiva riconoscere: a. per i primi 192 giorni il risarcimento da invalidità temporanea pari a € 13.365 (12 giorni ### € 99, valore massimo giornaliero del danno biologico temporaneo standard, cioè pari al 100%, secondo le ### di ### 2021, pari a € 1.188; 150 giorni al 70%, pari a € 10.395, e 36 giorni al 50%, pari a € 1.782); b. per gli ultimi 100 giorni prima del decesso, secondo le menzionate ### milanesi il danno terminale (cfr. pag. 81 della ### 2021) che ammonta a € 53.235,00 per i giorni dal 100° al 4°; c. un aumento del 50% degli importi di cui ai punti a. e b., applicando la massima personalizzazione (da reputarsi dovuta alla luce del notevolissimo sconvolgimento provocato sull'esistenza del de cuius nei terribili mesi che lo hanno portato dalla diagnosi al decesso, in un susseguirsi di ricoveri e terapie rivelatesi vane), così pervenendosi all'importo di € 99.900; d. per gli ultimi 3 giorni € 30.000,00 (ossia l'importo massimo previsto dalle ###, in considerazione dell'età (63 anni) al momento del decesso e quindi dell'aspettativa di vita e della ormai acquisita R.G.L. n. 924/2021 consapevolezza della fine, già formatasi nelle settimane precedenti, della rapidità e dolorosità del decorso infausto. Si legge infatti nel certificato di morte “Causa di morte, sequenza di condizioni morbose, lesioni o avvelenamenti che ha condotto a morte: 1. Mesotelioma pleurico 2. Versamento pleurico 3. Insufficienza cardiorespiratoria 4. Collasso cardiocircolatorio”.
Si giunge così a una somma totale di € 196.500. 9.4. Da tale importo non si ritiene di detrarre quanto erogato dall'I.N.A.I.L. al lavoratore, alla luce del principio affermato dalla Suprema Corte, secondo cui “in tema di danno cd. differenziale, la diversità strutturale e funzionale tra l'erogazione I.N.A.I.L. e### art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 ed il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici non consente di ritenere che le somme versate dall'istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del pregiudizio subito dal soggetto infortunato o ammalato, con la conseguenza che il giudice di merito, dopo aver liquidato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l'indennizzo erogato dall'I.N.A.I.L. secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale; pertanto, occorre dapprima distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest'ultimo alla quota I.N.A.I.L. rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, dall'importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall'importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita I.N.A.I.L. destinata a ristorare il danno biologico permanente” (e### plurimis Cass. civ. n. 9112/2019; si veda altresì Cass. civ. n. 17655/2020; Cass. civ. n. 4972/2018), ciò in quanto l'attuale sistema assicurativo non copre il danno biologico temporaneo, poiché in base all'art. 13 del D.Lgs. n. 38/2000 e all'art. 66, comma 1 n. 2, D.P.R. n. 1124/1965 il danno biologico risarcibile dall'I.N.A.I.L. è solo quello relativo all'inabilità permanente (Cass. civ. n. ###/2022; Cass. civ. n. 6503/2022). 10. Occorre a questo punto analizzare la pretesa risarcitoria azionata iure proprio dalla ricorrente. ### rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, il pregiudizio risarcibile conseguente alla perdita del rapporto parentale che spetta iure proprio ai prossimi congiunti si R.G.L. n. 924/2021 ricollega alla lesione della relazione che legava i familiari al defunto e richiede la prova dell'effettività e della consistenza di tale relazione, dovendo il giudice verificare la sussistenza della interiore sofferenza morale soggettiva e di quella riflessa sul piano dinamico relazionale e apprezzare la gravità ed effettiva entità del danno in considerazione dei concreti rapporti col congiunto, anche ricorrendo ad elementi presuntivi quali la maggiore o minore prossimità del legame parentale la qualità dei legami affettivi, la sopravvivenza di altri congiunti, la convivenza o meno col danneggiato, l'età delle parti ed ogni altra circostanza del caso (cfr. Cass. civ. n. 18284/2021; Cass. civ. n. 28989/2019).
Nel caso in esame, è pacifico lo stretto legame familiare esistente tra la ricorrente e il de cuius, ulteriormente rafforzato dalla mancanza di una analoga relazione affettiva con la di lei madre, circostanza riferita dalla teste ### cugina dell'istante, la quale ha testualmente precisato: “di mia cugina si è per lo più occupato mio zio, in quanto, fino a quando vivevano insieme, mia zia aveva orari di lavoro proibitivi; in seguito dopo la separazione, ### ha scelto di restare con il padre, del quale si è presa cura, occupandosi anche delle faccende domestiche” e ancora “mio zio ha ricevuto supporto principalmente da mia cugina, che lo ha seguito nel suo percorso terapeutico, sostenendolo anche sotto il profilo morale, con l'aiuto sporadico di noi familiari”.
Risulta dunque provato, oltre al rapporto di convivenza tra il de cuius e la ricorrente, il diretto coinvolgimento di costei nella cura e accudimento del padre durante l'intero decorso della malattia (si veda relazione della dott.sa ### cfr. doc. 14 in atti di parte ricorrente). 10.1. Ciò posto, in tema di liquidazione equitativa di tale danno, occorre richiamare i principi affermati dalla più recente giurisprudenza di legittimità, che sullo specifico profilo in esame ha evidenziato quanto segue: “Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, ferma restando la possibilità che la valutazione equitativa si traduca nell'utilizzo di un sistema di liquidazione diverso (il quale attinga, ove reputato utile, anche alla fonte rappresentata dall'intervallo di valori numerici offerto dalla versione della tabella milanese anteriore a quella del giugno 2022), purché R.G.L. n. 924/2021 sorretto da un'adeguata motivazione che dia conto delle circostanze prese in considerazione dal giudice per la quantificazione del danno risarcibile nel caso concreto” (Cass. civ. n. 5948/2023; in termini Cass. civ. n. 10579/2021).
La Corte di Cassazione ha, peraltro, ritenuto le tabelle di ### pubblicate nel giugno del 2022 “idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema "a punto variabile" (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione "a forbice") che prevede l'attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti all'età della vittima primaria e secondaria, alla convivenza tra le stesse, alla sopravvivenza di altri congiunti e alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa "pura", purché sorretta da adeguata motivazione” (cfr. Cass. civ. n. ###/2022). 10.2. In base a tali tabelle, vanno quindi attribuiti alla ricorrente 16 punti per l'età della vittima all'epoca del decesso (63 anni), 22 punti per l'età del congiunto (33 anni), 16 punti per la convivenza, 16 punti l'assenza di altri familiari nel nucleo primario, per un totale di 70 punti.
Per quanto attiene al punteggio variabile relativo a qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto, come previsto nelle tabelle, ai fini dell'attribuzione dei punti si potrà tener conto sia delle circostanze obiettive di cui ai parametri precedenti e delle conseguenziali valutazioni presuntive, sia di ulteriori circostanze allegate e provate, tra cui, in via semplificativa, quelle relative alla entità delle frequentazioni e dei contatti, alla condivisione di vacanze, di festività, di attività lavorative ed e###tralavorative, alla presenza attività di assistenza sanitaria/domestica, alla particolare penosità e durata della malattia della vittima primaria laddove determini una maggiore sofferenza nella vittima secondaria.
Nel caso in esame, alla luce di quanto emerso dall'istruttoria, si ritiene che possa essere attribuito alla ricorrente il numero massimo di punti pari a 30, considerando i dati presuntivi in ordine alla intensità della sofferenza derivante dallo stretto legame familiare con la vittima, la giovane età della ricorrente al momento del decesso del proprio congiunto, che per lei rappresentava un unico punto di riferimento, in assenza di altri più stretti familiari, e tenuto conto che la ricorrente ha sempre prestato assistenza R.G.L. n. 924/2021 al padre sin dalla comparsa dei primi sintomi, assistendolo costantemente sia durante i ricoveri ospedalieri che durante la permanenza a casa.
In base a tali criteri, moltiplicando il numero di punti attribuiti all'attrice per il valore del punto base (pari a € 3.365,00), si arriva alla somma di € 336.500.
Tale somma, così come l'importo liquidato a titolo di danno iure hereditatis, è già calcolata all'attualità. 11. Sulle somme riconosciute sono inoltre dovuti gli interessi compensativi per la ritardata corresponsione dell'equivalente pecuniario del danno, posto che, nelle obbligazioni di valore, il debitore è in mora dal momento della produzione dell'evento di danno; peraltro, avuto riguardo ai principi enunciati dalla sentenza n. 1712/1995 delle ### della Corte di Cassazione, al fine di evitare un lucro ingiustificato per il creditore e per meglio rispettare la funzione compensativa dell'interesse legale riconosciuto sulla somma rivalutata, gli interessi devono essere calcolati non sulla somma rivalutata (o espressa in moneta attuale) al momento della liquidazione, né sulla somma originaria, ma debbono essere computati sulla somma originaria che via via si incrementa, a partire dal livello iniziale fino a quello finale, nei singoli periodi trascorsi. 11.1. Ai soli fini del calcolo degli interessi compensativi, sulla somma pari al danno liquidato all'attualità deve essere, anzitutto, operata la devalutazione alla data del fatto (novembre 2015, data della diagnosi, quanto al danno riconosciuto iure hereditario e agosto 2016, data del decesso del de cuius, quanto al danno riconosciuto iure proprio); l'importo così devalutato deve essere, quindi, rivalutato, secondo la variazione degli indici ### del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati, dalla data del fatto all'effettivo soddisfo. Spettano, infine, alla ricorrente gli interessi legali dalla data della presente sentenza (che ha operato la conversione del debito di valore in debito di valuta) sino al saldo effettivo. 12. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo, alla luce dei valori minimi dello scaglione di riferimento tenuto conto del decisum, in considerazione della particolarità delle questioni di diritto trattate e della complessità dell'istruttoria, con distrazione in favore del difensore antistatario.
Per le medesime ragioni devono essere poste a carico della resistente le spese di ### come liquidate in corso di causa.
Va altresì rimborsato il compenso della consulenza di parte, trattandosi di importo finalizzato alla formulazione di allegazioni difensive di natura tecnica, che la parte R.G.L. n. 924/2021 vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsare, salvo che non siano ritenute superflue ed eccessive (cfr. e### plurimis Cass. civ. n. 84/2013); nella specie, sono state indicate spese per € 1.000, eccessive nella misura eccedente la liquidazione delle spese del CTU - pari ad € 700 -, sicché va rifuso l'importo entro quest'ultima cifra. P.Q.M. Uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando, disattese ogni diversa domanda, eccezione e istanza, condanna parte resistente a pagare alla ricorrente la somma di € 533.400 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, oltre interessi nella misura legale da calcolarsi sulla predetta somma previamente devalutata alla data del fatto, come indicata in parte motiva, e rivalutata anno per anno secondo gli indici ### e ulteriori interessi legali dalla presente pronuncia al saldo effettivo.
Condanna parte resistente a rimborsare a parte ricorrente le spese di lite, che si liquidano in € 14.600, oltre € 1.543 per esborsi, ### CPA e rimborso forfettario delle spese generali nelle misure di legge, con distrazione in favore del procuratore antistatario.
Pone definitivamente a carico di parte resistente le spese di ### liquidate in corso di causa.
Visto l'art. 429 c.p.c. indica in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione della sentenza.
Così deciso in ### 08/03/2024 ### n. 924/2021
causa n. 924/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Lo Bello Ivana