REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE ### DI ANCONA seconda sezione civile, riunita in camera di consiglio con l'intervento dei ###ri Magistrati Dott.ssa ###ssa ### L.C. #### D'### Ausil. Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile in grado di appello iscritta al N. 1061 del Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell'anno 2020 e promossa DA ### (### Fisc. ###), elettivamente domiciliato in ####, al ### 22, presso e nello studio dell'Avv. ### del medesimo ### che lo rappresenta e difende per procura speciale allegata in calce all'atto di citazione in appello, #### (### Fisc. ###), elettivamente domiciliato in ####, alla ### 16, presso e nello studio dell'Avv. ### che lo rappresenta e difende per procura speciale allegata alla comparsa di costituzione in appello e già in atti nel giudizio in primo grado, ### E #### (### Fisc. ###), elettivamente domiciliata in ####, alla Via IV Novembre, 65, presso e nello studio dell'Avv. ### , del ### di ### che la rappresenta e difende per procura speciale allegata alla comparsa di costituzione in appello, ### appello avverso l'ordinanza ex artt. 702 bis e 702 ter c.p.c. del Tribunale Civile di ### datata e depositata il ###, relativa al procedimento civile N. 2902/2019 R.G., in materia di: locazioni e comodato di immobile urbano; oggetto: occupazione senza titolo di immobile.
Conclusioni: le parti concludevano come da note telematiche, ai sensi dell'art. 83 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18 convertito in ### 24.04.2020 n. 27, successivamente modificato dal D.L. 30.04.2020 n. 28, depositate per l'udienza del 19 ottobre 2022.
FATTI DI CAUSA Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale adito, visti gli artt. 702 bis e 702 ter c.p.c., in accoglimento del ricorso proposto dai fratelli ### e ### comproprietari dell'immobile di civile abitazione, sito in ####, alla ### civico 33, condannava ### a rilasciare detto bene ai rispettivi titolari, libero da persone o cose, al distacco delle utente a sé intestate, all'asporto dei propri effetti personali e alla consegna delle chiavi nel termine di venti giorni dalla data del provvedimento, nonché a versare alla controparte una indennità di occupazione per complessivi € 500,00= mensili decorrenti dal novembre 2018 fino alla restituzione, rigettando la domanda riconvenzionale di usucapione, spiegata dal resistente a carico del quale poneva le spese processuali, liquidate in € 4.406,50= oltre accessori di legge, da distrarsi in favore dei difensori dei ricorrenti, dichiaratisi antistatari.
Nel premettere che, su ordine del Giudice, era stato espletato il procedimento di mediazione obbligatoria con esito negativo, e che la causa posta alla propria attenzione, poiché documentale, potesse essere decisa mantenendo il rito sommario senza necessità di ulteriore attività istruttoria e, quindi, del mutamento di rito in ordinario, il Tribunale, a sostegno della ritenuta fondatezza della richiesta di rilascio avanzata dai ricorrenti, innanzitutto rilevava, stante l'eccezione di prescrizione sollevata dal resistente nei confronti della zia paterna, ### che il diritto di proprietà è imprescrittibile, per poi chiarire, tramite richiamo al consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. Civ. 17941/2013), che qualora l'attore non chieda l'accertamento della propria titolarità sul bene, né agisca affermandone il possesso del convenuto bensì la detenzione senza titolo, trattasi di esercizio di un'azione personale volta a ottenere la restituzione del bene per mancanza originaria o sopravvenuta del titolo.
In secondo luogo, il Tribunale evidenziava di essere stata fornita, dai ricorrenti, prova documentale della loro legittimazione sostanziale, peraltro ammessa dallo stesso resistente nell'atto difensivo “(pag. 5)”, laddove li indicava quali intestatari dell'immobile, come pure la circostanza che la propria relazione con il bene non traesse origine da un contratto, trattandosi dell'abitazione in cui i genitori lo avevano cresciuto; da ciò derivando doversi qualificare gli anni trascorsi “in loco” da esso resistente, “a partire dalla prima infanzia”, in termini di “mera detenzione” conseguente alla scelta, dei predetti genitori, di destinare l'immobile a dimora familiare e di lasciarvi vivere il figlio, stante il chiaro principio, espresso in proposito dalla giurisprudenza (Cass. Civ. 27411/2019), secondo il quale “il solo fatto della convivenza non pone di per sé in essere, nelle persone che convivono con chi possiede il bene, un potere sulla cosa che possa essere configurato come possesso sulla medesima, ovvero come una sorta di compossesso”.
Quanto alla domanda riconvenzionale di usucapione, posto l'onere, del detentore che assuma di avere acquisito, a tale titolo, un diritto reale sul bene, di dedurre e dimostrare l'interversione del possesso e il relativo protrarsi per il periodo di legge (Cass. Civ. 26327/2016), il Tribunale rilevava che nella vicenda in esame detta interversione fosse collocabile nell'autunno 2018, ossia quando ### successivamente al trasferimento del padre presso altra abitazione, iniziava a utilizzare l'immobile contro la volontà dei prossimi congiunti e ad apportavi modifiche - quali la sostituzione delle serrature, l'allaccio di nuove utenze a proprio nome, l'installazione di telecamera - “nonostante la loro opposizione” comprovata dalla corrispondenza loro prodotta, così risultando evidente come tra il momento dell'interversione del possesso e quello della proposizione di usucapione difettasse il decorso del termine utile al riguardo, con conseguente duplice condanna del resistente al rilascio dell'immobile ai rispettivi proprietari, al distacco delle utenze a suo nome, all'asporto dei propri beni personali e alla consegna delle relative chiavi, nonché al pagamento, in favore degli stessi, di una indennità di occupazione, pari all'importo di € 500,00= mensili a far data dal novembre 2018, giacché fino al mese precedente (come allegato nel ricorso introduttivo e confermato da ### nella comparsa di costituzione) vi aveva abitato anche il ricorrente ### e, pertanto, non sarebbe stato possibile locarlo a terzi per ricavarne frutti.
Con atto ritualmente notificato, ### impugnava tempestivamente la predetta decisione, prospettando le ragioni di doglianza riportate in parte motiva, conveniva, infatti, in giudizio il di lui genitore, ### e la zia paterna, ### chiedendo, all'adita Corte, in via preliminare: di disporre la sospensione della provvisoria esecutività dell'ordinanza gravata; in via principale: in totale riforma della predetta ordinanza, di respingere le domande avanzate dai ricorrenti, poiché infondate in fatto e in diritto; in via riconvenzionale: a) di accertare e dichiarare che esso resistente in primo grado, in virtù di possesso pacifico, non violento, continuo, mai interrotto e protrattosi per oltre venti anni, fosse divenuto proprietario per usucapione del diritto di abitazione ovvero, in subordine, del diritto di uso dell'immobile sito nel Comune di ####, censito presso il locale ### al ### 19, mappale 630, subb. 1 e 2, e al ### dello stesso Comune al ### 19, mappali 215, 628 e 630 (E.U.), esonerando il ### da ogni responsabilità; b) conseguentemente ordinare al competente ### del ### di ### e ### di procedere alla trascrizione, nei pubblici registri, dell'acquisto a titolo originario per usucapione, del diritto di abitazione o in subordine di uso in proprio favore contro ### e ### Vinte le spese del doppio grado di giudizio; in via istruttoria: 1) di ammettere interrogatorio formale dei ricorrenti e prova testimoniale sui capitoli da 1 a 8, articolati nell'atto di citazione in appello, recante anche le generalità dei testi da escutere, salvo altri; 2) di concedere i termini ex art. 183 c.p.c.. ###, inoltre, con ricorso ai sensi degli artt. 351 e 283 c.p.c., avanzava richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ordinanza gravata contestandone, in primo luogo, la “manifesta illegittimità, erroneità e contraddittorietà”, evidenziata nei motivi d'impugnazione, per poi sottolineare la ricorrenza, nella fattispecie, sia del requisito del “fumus boni iuris”, avendo il Giudice, nel rigettare la propria domanda riconvenzionale, fatto confusione tra l'usucapione del diritto di proprietà sull'immobile di che trattasi e quello al semplice uso e/o abitazione dello stesso bene, sia del “periculum in mora”, stante la brevità del termine di rilascio, disposto senza tener conto dell'emergenza epidemiologica in atto all'attualità e, conseguentemente, della difficoltà di reperire altro alloggio, nonché considerata la messa in esecuzione del provvedimento da parte dei ricorrenti, sebbene residenti altrove, e la disponibilità, dichiarata da esso resistente, all'acquisto del bene, posto in vendita dai proprietari, “a un prezzo di mercato da concordare”.
Entrambi gli appellati resistevano, autonomamente, all'istanza di inibitoria chiedendone il rigetto sulla duplice considerazione dell'infondatezza dei motivi di gravame e dell'insussistenza dei presupposti di legge per il relativo accoglimento.
Quanto al merito, questi ultimi, con rispettivi atti di costituzione, previo richiamo alle deduzioni e produzioni svolte in sede di sospensiva, rispetto alla cui decisione lamentavano di essere state valutate le sole difese dell'appellante, concludevano per il rigetto del proposto gravame con conferma dell'ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. emessa, dal Tribunale di ### in data ### e vittoria delle spese di lite del grado, opponendosi alle richieste istruttorie articolate da ### nell'atto di impugnazione, oltre a riportarsi alle rispettive istanze formulate in proposito nel ricorso introduttivo del procedimento di rilascio.
Con provvedimento datato 28.04.2021, l'intestata Corte, sulla riflessione che, nella fattispecie, l'esecuzione del rilascio in pendenza dell'appello, “con le attività materiali specificate (liberazione del bene e distacco delle utenze)”, avrebbe consolidato “anticipatamente l'esito provvisorio del giudizio, prefigurando il compimento di onerose e irragionevoli attività ripristinatorie entro un arco di tempo contenuto nell'ipotesi di esito difforme in secondo grado”, sospendeva, fino alla decisione del proposto gravame, l'efficacia esecutiva e l'esecuzione dell'ordinanza ex artt. 702 bis e 702 ter c.p.c. del Tribunale di ### emessa il ###, limitatamente alle condanne, ivi disposte a carico di ### di rilasciare ai ricorrenti, l'immobile di loro proprietà, libero da persone o cose, distaccare le utenze a suo nome, asportare i propri beni personali e consegnarne entro venti giorni le chiavi, nonché di pagare a ### e ### l'indennità di occupazione per € 500,00= mensili decorrenti dal novembre 2018.
Quindi la causa, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe precisate, veniva trattenuta in decisione all'udienza del 19.10.202, concedendo i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di note conclusionali e repliche. MOTIVI DELLA DECISIONE ### a sostegno della proposta impugnazione, poneva i seguenti motivi: 1) “Eccezione preliminare di violazione dell'art. 702 bis, comma 7°, c.p.c., per mancato mutamento del rito”. ### l'appellante, nella vicenda in esame vi sarebbero stati tutti i presupposti per l'accoglimento della richiesta, dallo stesso avanzata, di mutamento del rito da sommario a ordinario e, pertanto, il Giudice di primo grado avrebbe errato decidendo “la causa allo stato degli atti senza dare corso all'istruttoria”, con grave compromissione del proprio diritto di difesa, stanti le contestazioni da esso rivolte avverso le deduzioni dei ricorrenti, la domanda riconvenzionale spiegata per vedersi riconoscere il diritto di abitazione o di uso a titolo di intervenuta usucapione e le prove articolate ai fini dell'assolvimento dell'onere probatorio posto a suo carico; quindi insisteva nell'invocata riforma dell'ordinanza emessa dal Tribunale così da poter rimediare alle lacune dell'istruzione sommaria mediante l'introduzione delle prove ritualmente articolate nel grado precedente e reiterate in appello. 2) “Eccezione preliminare di violazione del principio del contraddittorio”.
Altra critica atteneva alla “grave violazione del principio del contraddittorio posta in essere da controparte e non rilevata dal Giudice di primo grado”, sebbene inficiante l'intero procedimento e tale da comportare la nullità dell'ordinanza impugnata; violazione consistita nell'avere, i ricorrenti, “furbescamente approfittato delle note di trattazione scritta, autorizzate con ordinanza del 21.07.2020, per produrre surrettiziamente nuovi documenti, anziché limitarsi alle istanze e conclusioni, come previsto dalla predetta ordinanza, impedendo a esso resistente di formulare, in merito, proprie osservazioni e difese” prima che il procedimento venisse deciso, trattandosi di documentazione sicuramente considerata rilevante a tal fine, tanto da contestarne il confezionamento “ad hoc”, dimostrabile in corso di causa attraverso l'articolazione di prova contraria. 3) “Manifesta illogicità dell'ordinanza. Violazione del divieto di decidere ‘ultrapetitum' di cui all'art. 112 c.p.c.. Mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Infondatezza della domanda di rilascio”.
Poiché nella memoria di replica del 30.03.2020 i ricorrenti avevano chiarito (alle pagg. 1 e 5) che la domanda dagli stessi proposta era finalizzata all'accertamento della detenzione senza titolo dell'immobile da parte di esso ### nonché alla rivendicazione del loro diritto di proprietà sullo medesimo bene, del quale chiedevano di poter rientrare nel pieno e legittimo possesso, l'appellante deduceva essere indubbio trattarsi di azione reale e non di azione personale di restituzione, cosicché detti ricorrenti sarebbero stati onerati dal “fornire la piena prova (mediante la cosiddetta “probatio diabolica”) del rispettivo diritto di proprietà “attraverso l'acquisto originario”, risalendo a ritroso fino al ventennio precedente, in modo da escludere l'acquisizione della titolarità del bene in capo al terzo per usucapione “(che trasferisce all'occupante il diritto di proprietà dopo il possesso della cosa per vent'anni in maniera continuativa e non clandestina)”, per poi richiamare quanto “non a caso” recitato dall'art. 948 c.c., circa l'imprescrittibilità dell'azione di rivendicazione, fatti “salvi gli effetti dell'acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione”.
Pertanto il Tribunale, stante la qualifica della domanda come azione reale, avrebbe errato nello statuire, sulla stessa, alla stregua di un'azione personale, affermando che la parte ricorrente non fosse tenuta “a fornire la ‘probatio diabolica' richiesta nell'azione di rivendicazione”, tanto da essersi pronunciato oltre i limiti del “petitum” e delle eccezioni delle parti, con conseguente “vizio di ultrapetizione o extrapetizione e di manifesta illogicità”. ### ribadiva, altresì, di non aver posto in essere alcuno spossessamento, “essendo nato e cresciuto nell'immobile ‘de quo'” presso cui, ancora all'attualità, viveva e risiedeva, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti i quali, volontariamente, in tempi diversi si erano trasferiti altrove lasciando detto bene nella propria disponibilità, per poi evidenziare anche l'omessa dimostrazione sia “di un rapporto obbligatorio personale ‘inter partes'”, sia “dell'avvenuta consegna e del successivo venir meno dello stesso titolo giustificativo della detenzione”, tant'è che “mai” era “stato sottoscritto tra le parti” alcun “contratto di comodato, di locazione o quant'altro”, e tantomeno corrisposto dal resistente un canone di affitto; quindi “in entrambi i casi” la domanda avrebbe dovuto essere respinta rivelandosi infondata in fatto e in diritto. 4) “Erroneità e contraddittorietà della ordinanza di rigetto della domanda riconvenzionale - ### dell'obbligo di motivazione - ### dei fatti - ### dell'art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.”. ### ordinanza veniva, poi, contestata, dall'appellante, con riferimento al rigetto della domanda riconvenzionale di intervenuta usucapione, in suo favore, del diritto di uso e di abitazione dell'immobile oggetto del giudizio, sull'assunto che il Tribunale, oltre all'omessa motivazione circa la ritenuta insufficienza del decorso del termine di legge previsto a tal fine, avrebbe errato nel collocare la propria interversione del possesso nell'autunno del 2018, semplicemente collegandola all'epoca in cui ### si trasferiva altrove.
Il Giudice, infatti, nonostante la corretta osservazione del principio secondo il quale il detentore di un bene, che assuma di averne usucapito un diritto reale, è tenuto a dedurre e provare l'interversione del possesso e il rispettivo protrarsi per il tempo stabilito dalla legge in proposito, si sarebbe di fatto limitato a “liquidare la questione”, individuando, nel trasferimento presso altro alloggio di ### l'avvenuta interversione del possesso da parte di esso appellante, senza considerare che, almeno nei confronti della comproprietaria al 50% di detto immobile, ### non più abitante “in loco” da oltre venti anni, risultassero dimostrati entrambi i ricordati presupposti, valevoli a dichiarare maturato, in capo al resistente, l'acquisto a titolo originario degli invocati diritti.
In ogni caso, anche rispetto a ### l'aver collocato l'interversione del possesso nell'autunno 2018 risulterebbe errato, attesa l'implicita conferma, da ambedue le controparti, che esso appellante, sin da quando la zia paterna era andata via dall'immobile, aveva esercitato pacificamente, pubblicamente, continuativamente il diritto di abitazione o, in subordine, di uso dello stesso e, quindi, il relativo possesso, tant'è che, per la prima e unica volta, da vent'anni, ne richiedevano il rilascio e il pagamento di una indennità, sebbene, sotto l'aspetto soggettivo, la sua permanenza presso detto bene, lungi dall'essere considerata semplice ospitalità, muoveva dalla “convinzione di esercitare un diritto di abitazione, come, appunto, desumibile da tutta una serie di comportamenti incompatibili con una presenza breve o saltuaria, quale la residenza determinata dall'abituale e volontaria dimora”, risultante dal certificato anagrafico prodotto e, ancora, dalla “disponibilità delle chiavi, mantenuta anche dopo il trasloco del padre, l'intestazione delle utenze e l'installazione di telecamere di sicurezza, l'effettuazione di lavori di straordinaria e ordinaria manutenzione per il miglior godimento, ecc.”, tutti elementi idonei a comprovare la fondatezza della domanda riconvenzionale, proposta contro i ricorrenti, di usucapione del diritto di abitazione o di uso dell'immobile loro intestato. 5) “illegittimità della condanna al pagamento della indennità per occupazione senza titolo”. ### lamentava il difetto di motivazione anche rispetto alla propria condanna al pagamento di una indennità di occupazione decorrente dal novembre 2018, sia perché non si sarebbe trattato di una occupazione senza titolo, quanto piuttosto “di esercizio del diritto di abitazione ovvero di uso” protrattosi da oltre venti anni e, quindi, “incompatibile con qualsiasi indennizzo”, sia perché essendo il suo possesso in buona fede, ossia nell'ignoranza di ledere l'altrui diritto “(art. 1147 c.c.)”, ciò escluderebbe qualsiasi obbligo di indennizzo, sia perché, per stessa ammissione dei ricorrenti, l'immobile, stante il pessimo stato di conservazione, avrebbe necessitato di interventi manutentivi straordinari, e, per questo, impossibile da locare a terzi e poterne ricavare frutti, contrariamente all'affermazione del Giudice, con la conseguenza che, “anche nella denegata ipotesi di fondatezza della domanda di rilascio”, alcuna indennità di occupazione spetterebbe alla controparte, “né per il passato, né per il futuro”, considerato il principio espresso dalla Suprema Corte “(Cass. Civ. 17 giugno 2013 n. 15111 - Cass. Civ. 11 gennaio 2005 n. 378)”, secondo il quale il danno in questione “non può ritenersi sussistente ‘in re ipsa' e coincidente con l'evento …” dovendo, pertanto, il richiedente, fornire la prova di una effettiva lesione del proprio patrimonio, derivante, ad esempio - come specificato nella citata pronuncia - dall'impossibilità di concedere il bene in locazione, o di utilizzarlo direttamente e tempestivamente, o, di avere sia perso l'occasione di venderlo a terzi a prezzo conveniente, sia sofferto altre situazioni pregiudizievoli, la cui valutazione, rimessa al Giudice del merito, può basarsi su presunzioni gravi precise e concordanti. ###, quindi, nell'evidenziare l'assenza, nella fattispecie, della prova relativa a detto danno, assumeva che la domanda avanzata dai ricorrenti avrebbe dovuto essere respinta, per poi insistere nella richiesta di ammissione delle istanze istruttorie “articolate in primo grado”, richiamate nell'atto di impugnazione e ivi reiterate nelle conclusioni.
Il proposto appello è solo parzialmente fondato, viene, quindi accolto nei limiti e per le ragioni che seguono.
La doglianza prospettata nel primo motivo di gravame, relativa all'eccepita lesione del diritto di difesa di parte resistente (odierna appellante) per mancato mutamento del rito, non può essere accolta, avendo, il Tribunale, nell'evidenziare trattarsi di “procedimento documentale”, debitamente esplicitato le ragioni valevoli a escludere la necessità di un'ulteriore attività istruttoria; ragioni che, a ben guardare, risultano essere in linea con il consolidato principio di diritto in forza del quale il Giudice, cui compete valutare se sia opportuna la trasformazione del rito sommario in giudizio ordinario, è solo tenuto alla preventiva disamina circa la compatibilità tra l'istruzione semplificata, propria del procedimento ex art. 702 bis c.p.c., e la risoluzione delle questioni prospettate dalle parti, la cui sola rinvenuta complessità, poiché implicante un approfondimento, comporterebbe doversi disporre il mutamento del rito al fine di garantire, a ciascun contendente, l'esercizio del rispettivo diritto di difesa (cfr. Cass. Civ. 10.05.2022 n. 14734; Cass. 14.03.2017 n. 6563).
Infatti, dalla lettura dell'ordinanza impugnata si evince chiaramente che la risoluzione della controversia mantenendo il rito sommario di cognizione, è stata intrapresa solo a seguito dell'analisi, effettuata dal Giudice, degli elementi probatori offerti sia dai ricorrenti, ### e ### e della posizione difensiva assunta da parte resistente, all'evidenza inidonea, considerata la non complessità della vicenda posta alla propria attenzione, a superare quanto dimostrato per documenti a supporto della domanda introduttiva del procedimento, volta a ottenere la condanna dell'odierno appellante al rilascio dell'immobile, cointestato al di lui genitore e alla zia paterna, dallo stesso detenuto senza titolo e contro la volontà di detti comproprietari, peraltro riconosciuti tali dal medesimo ### Sempre a proposito dell'insussistenza, nella vicenda in esame, di valide ragioni per l'accoglimento del primo motivo di gravame, si ricorda l'arresto giurisprudenziale di legittimità secondo il quale la compromissione del diritto di difesa non può ritenersi insita - come, invece, intenderebbe l'odierno appellante - nella mancata trasformazione del rito, essendo necessario, in sede di impugnazione, dimostrare, attraverso la precisa indicazione delle attività probatorie non potute esperire, lo specifico pregiudizio processuale concretamente derivato, alla parte che se ne dolga, dalla decisione della controversia senza ulteriore istruttoria (cfr. Cass. 05.02.2019 n. 3230; Cass. Civ. 25.05.2018 n. 13071 in motivazione; Cass. 19.01.2017 n. 1332; Cass. Civ. 27.01.2015 n. 1448); dimostrazione non fornita da ### limitatosi solo ad affermare che “il risultato sarebbe stato molto probabilmente diverso” se non gli “fosse stata negata la possibilità di espletare le prove articolate”, restando, pertanto, la lamentata lesione del proprio diritto difensivo, a livello di mera ipotesi, priva, in quanto tale, del grado di autosufficienza indispensabile all'individuazione della doglianza dedotta in appello (cfr. già cit.
Cass. Civ. n. 3230/2019 in motivazione).
Né può essere condivisa la contestata violazione del principio del contraddittorio, oggetto del secondo motivo di gravame, dalla quale, secondo l'appellante, conseguirebbe la nullità dello stesso provvedimento impugnato per il solo fatto di avere, parte ricorrente, prodotto nuovi documenti in allegato alle note di trattazione scritta autorizzate con ordinanza del 21.07.2020, poiché, così come nel rito ordinario, in cui non è prevista alcuna immediata decadenza per la mancata indicazione dei mezzi di prova negli atti introduttivi, stanti le ulteriori facoltà di deduzioni istruttorie consentite nella fase di trattazione, anche nel procedimento ex art. 702 bis c.p.c., tale attività è pacificamente esercitabile fino alla pronuncia della decisione (cfr. sul punto: Cass. Civ. 31.08.2021 n. 23677; Cass. Civ. 07.01.2021 46), tanto più considerando che dette eccepite allegazioni, peraltro costituite da documentazione formatasi successivamente alla proposizione del ricorso, non hanno affatto determinato l'esito del giudizio.
Ugualmente prive di apprezzamento si rivelano le censure di illogicità dell'ordinanza, di ultrapetizione, di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato e di infondatezza della domanda di rilascio, contenute nel terzo motivo d'impugnazione, in quanto a prescindere dalla qualifica dell'azione come di rivendicazione, quindi di natura reale, piuttosto che di restituzione del bene e, pertanto, di carattere personale, in entrambi i casi il risultato pratico è lo stesso, oltre alla considerazione di essere stata comunque fornita, da parte ricorrente, sia la prova documentale della rispettiva titolarità del bene immobile in questione, neanche contestata dall'odierno appellante, sia dei relativi titoli di provenienza (cfr. doc. 2, all.ti da 1 a 4 al ricorso introduttivo e docc. B-F-G all.ti alle note autorizzate il ### comprensivi della certificazione ventennale) valevoli a ritenere adempiuto anche l'onere della cosiddetta “probatio diabolica”, laddove si volesse individuare l'oggetto del giudizio in termini di azione reale di rivendicazione, tenuto, altresì, conto, per un verso, della totale assenza di elementi dimostrazione, spettante a ### di alcun titolo legittimante la sua occupazione di detto immobile, e, per altro verso, delle diffide, agli atti, rivolte al medesimo dai proprietari del bene onde opporsi alla perdurare della detenzione esercitata contro la loro volontà.
Le precedenti osservazioni conducono, poi, a escludere la fondatezza anche della eccepita erroneità e contraddittorietà dell'ordinanza in riferimento al rigetto della domanda riconvenzionale spiegata dal resistente, dell'omessa motivazione e travisamento dei fatti, nonché della violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., ovvero delle doglianze contenute nel quarto motivo d'appello, dal momento che, sebbene sia indubbia la possibilità di usucapire tanto il diritto di uso, quanto quello di abitazione di un immobile altrui, nella fattispecie ciò è chiaramente impedito dall'assenza di uno dei presupposti utili a tal fine, ossia, nello specifico, il protrarsi, per il periodo stabilito dalla legge, dell'utilizzo del bene da parte del richiedente l'usucapione del diritto reale di godimento, esercitato non più come detenzione bensì quale possesso.
Al riguardo, infatti, muovendo dal pacifico indirizzo giurisprudenziale di legittimità, recentemente ribadito (cfr. Cass. Civ. 25.02.2022 n. 6330; Cass. 24.11.2020 n. 26688; Cass. Civ 25.10.2019 n. 27411), in forza del quale la presunzione del possesso “ad usucapionem”, di cui all'art. 1141 c.c., non opera quando la relazione con il bene derivi dalla convivenza nell'immobile con il proprietario possessore, non può non rilevarsi che dalle emergenze istruttorie, fornite dal confronto dei documenti prodotti da ciascun contendente, si evince come l'odierno appellante abbia iniziato a manifestare l'intenzione di escludere i legittimi titolari dal godimento del loro immobile, tramite l'esercizio di un potere di fatto in nome proprio, solo dopo il trasferimento altrove del ricorrente ### avvenuto nell'ottobre del 2018, giacché, fino a quel momento, lo stesso appellante era mero detentore di detto bene presso cui, peraltro, aveva smesso di dimorare dal rispettivo matrimonio, avvenuto nel 2010, per stabilirsi, unitamente alla moglie, ### presso un appartamento sito in frazione ### del Comune di ### (cfr. docc.ti da 2 a 4 all.ti al ricorso introduttivo), così da risultare incontestabile l'insussistenza, in capo a ### del perdurare del possesso dell'immobile per il lasso di tempo necessario a invocare l'intervenuta usucapione anche solo del diritto di uso e/o di abitazione, a fronte dell'azione ex art. 702 bis c.p.c., proposta dai ricorrenti nel 2019, ossia a distanza di un solo anno dall'interversione del possesso sul bene, riconducibile alle attività poste in essere dall'odierno appellante; circostanze, tutte, esaustivamente motivate nell'impugnata ordinanza, meritevole, pertanto, di conferma in punto di rigetto della domanda riconvenzionale.
Quanto, infine, all'eccepita illegittimità del provvedimento impugnato per avere condannato l'odierno appellante al pagamento, in favore degli originari ricorrenti, di una indennità di occupazione dell'immobile di che trattasi, pari all'importo di € 500,00= mensili a far data dal novembre 2018, ossia dal mese successivo al trasferimento altrove di ### nel premettere essere indubbia la sussistenza del diritto dei proprietari a ottenere, dall'illegittimo utilizzatore del bene, un ristoro a fronte della ostacolata possibilità di conseguire l'utilità da esso ricavabile - nella fattispecie, la perdita di occasioni di vendita -, stante la presunzione “iuris tantum” della normale fruttuosità dello stesso bene, la quale è superabile solo dalla prova contraria, di spettanza dell'occupante, ma non fornita nel caso in esame, circa “la anomala infruttuosità di quello specifico immobile” (cfr. Cass. Civ. 10.11.2021 ###; Cass. Civ. 07.01.2021 n. 39; Cass. Civ. 01.07.2021 n. 18716), si osserva che la somma liquidata dal Giudice, notoriamente determinabile sulla base di presunzioni semplici con riferimento al cosiddetto “danno figurativo” corrispondente al valore locativo dello stesso bene (cfr. Cass. Civ. 09.08.2016, Cass. Civ. S.U. n. ###/2022), appare essere iniqua rispetto alle precarie condizioni igienico-sanitarie e manutentive dell'immobile all'attualità dei fatti oggetto del procedimento, come comprovate dalla relazione a firma del #### (cfr. doc. F all.to alle note di trattazione scritta per gli appellati, datate 30.03.2020), il quale, considerato trattarsi di abitazione di tipo popolare risalente alla prima metà del '900, nonché valutata la bassa commerciabilità dovuta, appunto, alle riscontrata scarsa manutenzione, ne ha indicato il prezzo di locazione in € 340,00= mensili.
Ebbene, ritenuta detta quantificazione dell'indennizzo da occupazione senza titolo dell'immobile di proprietà di ### e ### maggiormente rispondente sia agli oggettivi criteri indicati dal ricordato C.T. di parte ricorrente sia alle nozioni di comune esperienza in materia, l'intestata Corte, in parziale accoglimento del quinto motivo d'impugnazione, condanna ### alla corresponsione, in favore di parte appellata, dell'importo mensile di € 340,00=, a far data, come correttamente stabilito nella gravata ordinanza, dal mese di novembre 2018 fino alla riconsegna del bene ai rispettivi titolari.
Alla luce delle considerazioni che precedono e in osservanza dei richiamati orientamenti giurisprudenziali di legittimità, l'intestata Corte accoglie parzialmente l'appello.
Le spese di lite tanto di primo quanto di secondo grado vengono, in virtù del parziale accoglimento dell'appello, compensate tra le parti nella misura del 30% e liquidate, per il residuo in favore di parti attrici/appellate come da dispositivo. P. Q. M. La Corte d'Appello di Ancona, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ### nei confronti di ### e ### nonché avverso l'ordinanza ex artt. 702 bis e 702 ter c.p.c., emessa, dal Tribunale Civile di ### in data ###, relativa al procedimento N. 2902/2019 R.G., ogni diversa domanda, eccezione, richiesta ed istanza disattese o assorbite così provvede: - accoglie parzialmente l'appello e, per l'effetto, in parziale riforma dell'ordinanza ex artt. 702 bis e 702 ter c.p.c., emessa, dal Tribunale Civile di ### in data ###, relativa al procedimento N. 2902/2019 R.G., condanna l'appellante a versare agli appellati, quale indennità di occupazione senza titolo del loro immobile, la somma di € 340,00= mensili dal mese di novembre 2018 al rilascio; - condanna, altresì, ### a rifondere agli appellati le spese di lite tanto di primo quanto di secondo grado del grado che, compensate nella misura del 30%, vengono, per il residuo, liquidate, quanto al primo grado, in complessivi € 4.180,00 di cui € 280,00 per esborsi, € 900,00 per la fase di studio, € 700,00 per la fase introduttiva, € 1.100,00 per la fase di trattazione, € 1.200,00 per la fase decisionale, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore dei difensori dichiaratisi antistatari; e, quanto al secondo grado, per ciascuno degli appellati, in complessivi € 3.200,00=, di cui € 1.000,00= per la fase di studio, € 800,00= per la fase introduttiva ed € 1.400,00= per la fase decisionale, oltre al 15% a titolo di rimborso spese generali, I.v.a. e C.a.p., come per legge; - fermo il resto.
Ancona, lì 15 novembre 2023 Il G. A. #### D'###ssa ###
causa n. 1061/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Federico D'Incecco, Marchetti Neda, Ercoli Maria Ida