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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 6784/2020 del 16-10-2020

... personali. Ancora, ha dedotto che, dall'esame degli estratti conto, si evincevano indebiti prelievi da parte dell'amministratore, sig. ### per i quali egli non aveva mai fornito alcuna giustificazione, per complessivi € 713.688, con conseguente responsabilità in solido con gli amministratori di fatto, per aver omesso qualsiasi controllo teso ad impedire il verificarsi dell'evento dannoso. Infine, la curatela ha contestato l'omessa consegna delle scritture contabili, reperite solo parzialmente dalla GdF che ha accertato, per il 2008, 2009 e 2010, la mancata istituzione, tra l'altro, del libro giornale 2010, del libro degli inventari e dei beni ammortizzabili; inoltre, il sistema illecito di commercializzazione ideato portava a ritenere non attendibili anche le scritture rinvenute. In ordine alla quantificazione del danno, la curatela l'ha commisurato all'importo delle sanzioni ed interessi sul debito tributario, nonostante l'agenzia non si fosse ancora insinuata al passivo, oltre l'importo delle distrazioni e per gli ulteriori addebiti, attesa la parzialità ed inattendibilità della documentazione contabile, ha invocato il criterio equitativo della differenza tra attivo e passivo o quello (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE di ### specializzata in materia di imprese Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di imprese, nelle persone dei seguenti magistrati: dott. ### dott. ### dott. ### riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 17288 del ### degli ### dell'anno 2014, avente ad oggetto: ### di responsabilità contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generale e i liquidatori delle società e delle mutue assicuratrici, pendente ###.D.C. S.r.l., in persona del curatore p.t., rappresentato e difeso dall'avv.  ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli, alla ### n. 51, giusta autorizzazione del g.d., dr. ### del 22.5.2014, per mandato a margine dell'atto di citazione; #### (C.F. ###) e ### (C.F. ###) rappresentati e difesi dagli avv. ### e ### presso lo studio dei quali sono elettivamente domiciliat ###, per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta; ###' ### (C.F. ###), nato a #### l'11.1.1974; CONVENUTO - ### in decisione all'udienza del 6.2.2020, previa concessione dei termini di cui all'art.  190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e repliche. 
Conclusioni: come in atti.  MOTIVI della DECISIONE 1. Il fallimento della ### S.r.l., esercente l'attività di produzione e commercio di olii e vini, ha promosso azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore formale, sig. ### nonché nei confronti dei sigg. ### e ### che, da elementi emersi durante accertamenti di polizia tributaria, risulterebbero amministratori di fatto della società, dichiarata fallita con sentenza del 2011, e come tali, erano stati individuati nel processo verbale di constatazione espressamente quali soggetti autori delle violazioni contestate. Tali elementi probatori sarebbero desumibili dalle intercettazioni telefoniche da cui si evincerebbero ripetuti rapporti con clienti e fornitori, curati direttamente dai germani ### che si occupavano altresì della gestione del personale dipendente, al quale gli stessi impartivano direttive lavorative e gestionali, nonchè dei pagamenti degli ordinativi effettuati e delle merci acquistate; inoltre, le vendite con soggetti esteri venivano gestite da ### ed erano finalizzate ad esportare nei paesi comunitari prodotti alcoolici in contrabbando ed, ancora, i germani ### in particolare ### supervisionavano la gestione amministrativo-contabile e la tenuta dei registri obbligatori ai fini delle accise. Inoltre, il ruolo gestorio sarebbe confermato dal fatto che ### aveva espresso la volontà di mettere in liquidazione la società, a causa della pressante situazione debitoria, e continuare l'attività con una società di nuova costituzione, la ### amministrata dalla moglie ed esercente la medesima attività, con gli stessi clienti e negli stessi locali, senza aver alcun titolo giustificativo e ponendo in essere con la fallita una cessione di azienda, come ritenuto la ### di ### e non già una cessione di singoli beni, tra l'altro senza che vi fosse neppure prova del pagamento in contanti. La curatela, ha inoltre dedotto la disponibilità di parte delle scritture contabili rinvenute dalla GdF presso un locale in ### riferibile a ### che secondo i militari si occupava anche direttamente della tenuta della contabilità. Ha dedotto che il verbale redatto dalla GdF ha un valore probatorio pieno con riferimento agli accertamenti compiuti direttamente dai militari ed ai dati da essi raccolti, come gli elementi a supporto dell'attività di ingerenza nella gestione sociale da parte dei germani ### risultanti dalle intercettazioni telefoniche, eseguite direttamente dagli organi inquirenti e riportate nel verbale di contestazione, mentre gli altri accertamenti assumono valore probatorio se concretano indizi gravi, precisi e concordanti. Quanto al fallimento, ha evidenziato che l'amministratore, in sede di interrogatorio reso al curatore, ha ricondotto la causa del dissesto alla mancata riscossione di crediti per circa 5 milioni di euro, dei quali però non vi era traccia nella documentazione contabile e negli accertamenti della GdF e, comunque, l'inattendibilità delle scritture contabili impedirebbe qualsiasi tentativo di recupero dell'attivo risultante dall'ultimo bilancio depositato, relativo all'esercizio 2009; quanto al passivo, esso consisteva in particolare in debiti tributari portati da quattro avvisi di accertamento emessi dall'### delle ### Ciò premesso, le condotte contestate agli amministratori, in quanto contrarie agli obblighi derivanti dalla legge o dallo statuto sono: - la gestione della società in conflitto di interessi per aver organizzato un sistema di “commercializzazione” di contrabbando (come stabilito dalla ### di ### in forza del quale erano state sottratte risorse alla società destinandole all'utilizzo personale; - la prosecuzione dell'attività nonostante l'avvenuta perdita del capitale sociale; - l'esecuzione di condotte depauperative del patrimonio sociale, quali ### sottrazione di somme destinate alla società ed impiego extrasociale delle risorse e ### alienazione di beni aziendali a prezzo vile, mai versato o di cui non era mai stata fornita la prova del pagamento; - l'omessa tenuta di documenti e scritture contabili obbligatorie; - la mancata consegna al curatore delle scritture contabili obbligatorie. Quanto al contrabbando di alcoolici attuato sfruttando il differente importo delle accise e dell'IVA nei diversi paesi comunitari, la curatela ha dedotto che gli amministratori hanno conseguito cospicui profitti personali riversando sulla società esclusivamente i costi per l'acquisto delle merci, nonché l'ingente debito tributario derivante dagli accertamenti fiscali delle imposte evase; in estrema sintesi, attraverso il sistema di contrabbando di alcolici posto in essere dagli amministratori (soprattutto quelli di fatto) i costi di acquisto della merce e di funzionamento dell'azienda sono stati posti a carico della società, mentre gli utili della commercializzazione degli alcolici, gonfiati dall'evasione delle imposte e delle accise, sono stati distratti dal patrimonio sociale, mediante la loro materiale appropriazione da parte degli amministratori. In ordine alla perdita del capitale sociale, la curatela ha dedotto che, in seguito delle indagini compiute dagli organi inquirenti (culminati nel verbale di accertamento predisposto dalla ### di ### in data 6 novembre 2012) era emerso che la società aveva reso dichiarazioni fiscali infedeli con riferimento agli anni 2007, 2008 e 2009, in cui aveva omesso l'indicazione di utili che avrebbero determinato il pagamento di rilevanti importi a titolo di tributi che, se correttamente contabilizzati, avrebbero eroso il capitale sociale; attesa l'assenza delle scritture contabili, non era possibile individuare l'esatto momento in cui si era verificata la perdita del capitale sociale, che sicuramente, però, poteva farsi risalire all'esercizio 2007, in cui il capitale sociale ammontava ad € 10.000 ed il patrimonio netto ad euro 94.655,00: considerando le tasse evase per lo stesso anno che, stando a quanto accertato dall'### delle ### ammontavano ad euro 255.270,00 (oltre sanzioni) che, dunque, avrebbero comportato una maggiore debitoria a carico della società per detto importo, si determinava una conseguente perdita di esercizio per il rilevante importo di euro 220.413,00 (utile di esercizio esposto euro 34.857,00 meno euro 255.270,00 per le imposte non versate). Malgrado la situazione, la società aveva continuato ad operare, ponendo in essere una serie di nuove operazioni documentate dal risultato degli esercizi successivi, dal verbale di contestazione della ### di ### e dalle parziali scritture contabili a disposizione della curatela, condotta che ha determinato l'accumulo di ulteriori passività derivanti sia dalla gestione ordinaria dell'impresa, sia, soprattutto, dalla debitoria tributaria documentata dal verbale di accertamento. In ordine al contestato omesso pagamento delle imposte, parte attrice ha dedotto che esso concreta violazione dei doveri di legge e comporta un danno per la società, in quanto gli amministratori non avevano coperto con gli importi destinati al pagamento delle imposte altri debiti, ma se ne erano appropriati per fini esclusivamente personali. Ancora, ha dedotto che, dall'esame degli estratti conto, si evincevano indebiti prelievi da parte dell'amministratore, sig. ### per i quali egli non aveva mai fornito alcuna giustificazione, per complessivi € 713.688, con conseguente responsabilità in solido con gli amministratori di fatto, per aver omesso qualsiasi controllo teso ad impedire il verificarsi dell'evento dannoso. Infine, la curatela ha contestato l'omessa consegna delle scritture contabili, reperite solo parzialmente dalla GdF che ha accertato, per il 2008, 2009 e 2010, la mancata istituzione, tra l'altro, del libro giornale 2010, del libro degli inventari e dei beni ammortizzabili; inoltre, il sistema illecito di commercializzazione ideato portava a ritenere non attendibili anche le scritture rinvenute. In ordine alla quantificazione del danno, la curatela l'ha commisurato all'importo delle sanzioni ed interessi sul debito tributario, nonostante l'agenzia non si fosse ancora insinuata al passivo, oltre l'importo delle distrazioni e per gli ulteriori addebiti, attesa la parzialità ed inattendibilità della documentazione contabile, ha invocato il criterio equitativo della differenza tra attivo e passivo o quello della differenza tra i netti patrimoniali, chiedendo la condanna al risarcimento danni pari a complessivi € 9.047.887,04 ovvero € 5.532.553,56 pari al deficit fallimentare ovvero € 5.338.736,16 pari al differenziale tra i netti patrimoniali. 
I convenuti non si costituivano, per cui ne veniva dichiarata la contumacia; successivamente, però, si costituivano i fratelli ### depositando comparsa di costituzione avente anche il contenuto della memoria di cui all'art. 183, co. 6, n. 1 c.p.c.  non negando innanzitutto di aver eseguito alcune della attività descritte dalla curatela ma contestando che fossero espressione di un potere gestorio, in quanto invece rientravano nelle mansioni loro affidate dall'amministratore con regolare contratto di lavoro, mai negato dalla curatela ed, anzi, accertato dal tribunale all'esito del giudizio di opposizione allo stato passivo per l'insinuazione del credito per ### che aveva effetto preclusivo nell'ambito del fallimento di ogni questione sull'esistenza del credito e l'efficacia del titolo da cui derivava, ossia il rapporto di lavoro quali impiegati, dunque neppure con funzioni dirigenziali; hanno contestato le intercettazioni che, del resto, riguardavano solo ### negando la volontà di sciogliere la ### del resto mai posta in liquidazione, nonché la creazione ad hoc della ###, che esisteva già dal 2006. Hanno, poi, negato l'utilizzabilità delle intercettazioni in procedimento diverso da quello in cui erano state disposte, ai sensi dell'art. 270 c.p.p., nonché perché prive di riscontri documentali e non oggetto di verifica in sede dibattimentale ed hanno contestato l'efficacia probatoria privilegiata del verbale di accertamento, quanto alla veridicità delle dichiarazioni rese al pubblico ufficiale da terzi, liberamente valutabili dal giudice; hanno, dunque, negato la loro legittimazione passiva e riferito che, per quanto a loro conoscenza, la continuazione dell'attività da parte della ### era avvenuta per effetto di una cessione dalla società fallita o, come riferito dall'amministratrice della prima, per effetto della cessazione della stessa e che, comunque, era onere del curatore pretendere il pagamento del prezzo di cessione. Quanto all'illecita commercializzazione di alcolici, oggetto anche di procedimento penale, hanno dedotto, in particolare, quanto a ### che, occupandosi dei rapporti con clienti e fornitori, anche esteri, era chiaro che fosse stato, suo malgrado, coinvolto dalle indagini, anche se si era limitato ad eseguire le disposizioni dell'amministratore; hanno, poi, negato la prova dell'esistenza del danno ed, in particolare, degli ingenti guadagni dell'attività illecita e della distrazione in favore dei loro patrimoni personali Nel corso del giudizio, disposta ed espletata ### il fallimento ha, poi, ridotto la domanda, all'esito di indagini patrimoniali sui convenuti, ad euro 936.087,27.  2. ### è solo in parte fondata e, pertanto, merita accoglimento nei limiti di cui in prosieguo. 
La curatela attrice ha proposto la domanda nei confronti dell'amministratore di diritto, nonché dei sigg. ### contestando loro di aver ricoperto il ruolo di amministratori di fatto della società, in particolare per aver utilizzato la stessa nell'ambito di un complesso sistema di commercializzazione di alcolici in contrabbando, da loro ideato, in violazione delle normative comunitarie in materia di IVA ed accise, come dimostrerebbe il diretto coinvolgimento nei rapporti con clienti e fornitori, nella gestione del personale, nell'effettuazione dei pagamenti e degli ordinativi, nella tenuta delle scritture contabili, rinvenute nell'ambito di operazioni di perquisizioni effettuate nei loro confronti in un locale nella disponibilità di ### Ebbene, è noto che può individuarsi quale amministratore di fatto il soggetto che, benché privo di una corrispondente investitura formale, si accerti essersi inserito nella gestione dell'impresa, impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, ove tale ingerenza, lungi dall'esaurirsi nel compimento di atti eterogenei ed occasionali, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza (cfr. Cass. civ., sez. I, 01/03/2016, n. 4045; Trib. Napoli, sez. ### 18/01/2019, n. 795); dunque, l'amministratore di fatto di una società di capitali, pur privo di un'investitura formale, esercita sotto il profilo sostanziale, nell'ambito sociale, un'influenza che trascende la titolarità delle funzioni, con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratori di diritto, sicché può concorrere con questi ultimi a cagionare un danno alla società attraverso il compimento o l'omissione di atti di gestione (cfr. Cass. civ., sez. I, 18/09/2017, n. 21567). 
Tale influenza dominante deve essere affermata esistente con riferimento alla figura di ### Invero, dalle intercettazioni compiute dalla polizia giudiziaria e trascritte nel processo verbale di constatazione della ### di ### di Napoli del 6.11.2012 ( all. 4 fascicolo parte attrice), si evince che ### era inserito pienamente nella gestione dell'impresa sociale, condizionandone le scelte operative; il contenuto delle intercettazioni richiamate nel PVC (cfr. pp. 56 e 101) è indicativo della gestione da parte sua, in prima persona, del commercio illegale di alcolici, come si evince chiaramente dalla circostanza che egli trattava direttamente con gli altri soggetti coinvolti, avendo un ruolo primario nella ideazione e strutturazione della commercializzazione illecita dei prodotti alcolici, indirizzando dunque le scelte operative della società nella vendita verso paesi europei, come l'### o la ### A conferma di tale assunto, dalle intercettazioni risulta, altresì, che la stessa continuazione dell'attività d'impresa era rimessa alla valutazione di ### che dunque chiaramente era il soggetto che determinava le sorti dell'impresa sociale, indirizzandone la gestione in maniera chiaramente non episodica, ma sistematica, fino ad assumere la decisione di cessare l'attività. Infatti, risulta che è stato proprio lui a decidere di dismettere l'attività della VDC e continuare con una nuova società che aveva come amministratore la moglie e, prima di lei, lo stesso ### ossia la GRA che, poi, ha mutato denominazione in ###. 
Ebbene dal PVC si evince che all'inizio dell'esercizio 2010 sono state emesse più fatture di vendita di impianti e macchinari dalla società fallita in favore di tale società; in quell'anno la società acquirente era amministrata da ### (cfr. visura in atti), che ha assunto tale carica dal 4.10.2006, ossia dalla costituzione, fino al 3.12.2010, quando gli è succeduto ### e, successivamente, dal 25.1.2011 la moglie, ### Tale società sarebbe stata non operativa fino al 2011; dalle visure camerali delle due società risulta, poi, che l'unità locale della società fallita adibita a stabilimento, sita nel comune di #### alla via ### delle ### è cessata con causale “### Azienda”, ed è il medesimo indirizzo ove poi la ### ha continuato la medesima attività, con gli stessi clienti e fornitori, richiedendo la voltura in suo favore dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività prima intestata alla madre dei sigg. de ### Ebbene, l'esame complessivo di tali elementi porta chiaramente a ritenere che ### era pienamente inserito nella gestione della società poi fallita, dirigendone l'attività di commercio di alcolici, anche in maniera illecita, curando direttamente i rapporti con i clienti e gli altri soggetti coinvolti e determinando le stesse sorti dell'impresa sociale fino alla decisione di cessarne di fatto l'attività, per proseguirla con una diversa società direttamente riferibile allo stesso, che inizialmente ne era anche amministratore. 
Quanto alla valutazione dei vari elementi di prova, va innanzitutto respinta la contestazione dei convenuti di inutilizzabilità delle intercettazioni ai sensi dell'art. 270 c.p.p.. 
Invero, le intercettazioni telefoniche o ambientali, effettuate in un procedimento penale, sono pienamente utilizzabili nel procedimento civile, purché siano state legittimamente disposte nel rispetto delle norme costituzionali e procedimentali, non ostandovi i limiti previsti dall'art. 270 c.p.p., norma riferibile al solo procedimento penale deputato all'accertamento delle responsabilità penali dell'imputato o dell'indagato, sicché si giustificano limitazioni più stringenti in ordine all'acquisizione della prova, in deroga al principio fondamentale della ricerca della verità materiale (cfr. Cass. civ., SS.UU., 12/02/2013, n. 3271); peraltro, non può ipotizzarsi alcuna lesione del diritto di difesa della parte nei cui confronti le stesse vengono fatte valere, che può, in quel giudizio, contestare la legittima effettuazione ed il contenuto, nonchè dedurre e produrre mezzi di prova in senso contrario, ivi esse assumendo il valore di elementi indiziari, come tali liberamente valutabili dal giudice, ai fini del proprio convincimento sui fatti di causa, sulla base delle regole che disciplinano le prove per presunzioni (cfr. Cass. civ., sez. I, 2/2/2016, n. 1948). 
Ebbene, nel caso di specie, nessuna specifica contestazione i convenuti hanno mosso avverso il provvedimento che ha disposto le intercettazioni, né hanno dedotto e provato elementi utili a scalfirne il contenuto. 
Del pari non pertinenti sono le contestazioni mosse dai convenuti al processo verbale di constatazione sulla scorta di pretese violazioni della normativa tributaria (ad es.  in materia di termini di decadenza dell'accertamento), che possono esclusivamente dar luogo all'impugnazione dinanzi al giudice tributario, che del resto, nella specie, non pare essere stata proposta, per cui non possono in alcun modo incidere sul valore probatorio che assumono in questa sede ###condivisibile è, altresì, la difesa del sig. ### circa la compatibilità delle attività contestate dalla curatela con l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società fallita, accertato anche dagli organi fallimentari in sede di ammissione al passivo del credito per ### che dunque non potrebbero portare a configurare alcun ruolo gestorio. 
Ebbene, premesso che è ormai pacifica la possibilità di coesistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la carica di amministratore di società, che va confermata vieppiù nell'ipotesi in cui tale ruolo sia ricoperto solo in via di fatto, va considerato che dal contratto di lavoro di ### dallo stesso prodotto in atti, si ricava che egli era stato assunto come operaio e non già come impiegato, come invece da lui sostenuto, per cui nelle relative mansioni chiaramente non possono farsi rientrare i rapporti con clienti e fornitori, né tanto meno il ruolo di indirizzo dell'attività d'impresa di commercializzazione dei prodotti alcolici ed organizzazione, anche illecita, della stessa. Del resto, anche la qualifica di impiegato eventualmente ricoperta non avrebbe potuto giustificare i compiti direttivi di fatto espletati dal convenuto, che dunque non possono ritenersi in alcun modo rientrare nel rapporto di lavoro subordinato.   In conclusione, dunque, deve ritenersi provato il ruolo di amministratore di fatto ricoperto da ### soggetto funzionalmente inserito nella gestione delle attività sociali, anche illecite, dettandone le direttive ed indirizzandone le scelte operative, fino alla decisione di cessare di fatto l'attività, per proseguirla con una diversa società, dallo stesso direttamente e formalmente amministrata.   3. La medesima conclusione non può trarsi, invece, quanto alla posizione del fratello ### La curatela ha dedotto a riguardo che quest'ultimo si sarebbe occupato della gestione del personale, impartendo allo stesso direttive sul lavoro da svolgere, nonché della tenuta della contabilità, affidata al personale amministrativo sotto sua diretta supervisione, tanto che le scritture contabili sarebbero state rinvenute presso un locale deposito allo stesso riferibile.   Ebbene, mentre manca qualsiasi prova del primo assunto, la tenuta e la conservazione delle scritture contabili non è un elemento che da solo può dare la prova di quel coinvolgimento sistematico nella gestione dell'impresa atto a configurare un ruolo di amministratore in via di fatto.   Del resto, in questo caso l'attività di tenuta della contabilità potrebbe essere del tutto compatibile con il rapporto di lavoro subordinato come la qualifica di impiegato esistente tra lo stesso e la società.   La domanda, dunque, nei suoi confronti è infondata.   4. Accertato il ruolo di amministratore di fatto di ### va valutata la sua responsabilità per le violazioni contestate dalla curatela, unitamente alla responsabilità dell'amministratore di diritto, sig. ### Va premesso, in diritto, che l'amministratore di fatto di una società di capitali, pur privo di un'investitura formale, esercita sotto il profilo sostanziale, nell'ambito sociale, un'influenza che trascende la titolarità delle funzioni, con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratori di diritto, sicché può concorrere con questi ultimi a cagionare un danno alla società attraverso il compimento o l'omissione di atti di gestione (cfr. Cass. civ. n. 21567/2017 cit.).   Dunque, le norme che regolano l'attività e la responsabilità degli amministratori di capitali sono applicabili anche all'amministratore di fatto, cioè la persona che, benché priva della corrispondente investitura formale, si accerti essersi inserita nella gestione della società stessa, impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, ove tale ingerenza, lungi dall'esaurirsi nel compimento di atti eterogenei ed occasionali, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza.   La prima contestazione riguarda l'illecita attività di commercializzazione di prodotti alcolici, in violazione della normativa tributaria comunitaria, che ha dato luogo all'emissione da parte dell'### delle ### di quattro avvisi di accertamento per imposte evase, con relative sanzioni ed interessi, relativi agli esercizi dal 2007 al 2009.   Ebbene, alla luce degli elementi su esposti deve dirsi accertata la responsabilità di ### quale amministratore di fatto della società fallita, atteso che dalle intercettazioni eseguite dalla polizia giudiziaria è emerso il ruolo direttivo da lui ricoperto nell'organizzazione dell'attività di commercializzazione con l'estero di prodotti alcolici, in violazione delle disposizioni tributarie che regolano la circolazione tra i vari paesi dell'### Di tale violazione, dunque, lo stesso deve rispondere unitamente all'amministratore di diritto sig. ### il quale ha consentito al ### di ingerirsi nella gestione dell'impresa sociale e di porre in essere tali comportamenti illeciti, senza nulla fare per impedire il compimento degli stessi, a tutela degli interessi della società e dei creditori sociali, in violazione dunque degli obblighi sullo stesso gravanti per legge.   Il danno va quantificato nell'importo delle sanzioni irrogate e degli interessi maturati a carico della società, quantificati nella CTU in atti - del tutto condivisibile perché adeguatamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici - in € 3.071.131.   A nulla vale la contestazione dell'assenza di istanza di ammissione al passivo da parte dell'### delle ### in quanto se ciò esclude il danno per i creditori sociali, che non devono concorrere con la stessa nel soddisfacimento delle rispettive ragioni, non vale ad eludere il danno che il comportamento illecito accertato determina al patrimonio sociale, gravato del maggior debito tributario per interessi e sanzioni, di cui la società è comunque tenuta a rispondere in virtù degli avvisi di accertamenti notificatigli in caso ritorni in bonis. 
E' noto, infatti, che la curatela che promuove azione di responsabilità ai sensi dell'art. 146 L.Fall. cumula sia l'azione spettante alla società che quella dei creditori sociali, per cui può far valere sia il danno arrecato dai comportamenti illeciti dell'organo gestorio al patrimonio sociale, che il danno arrecato alla massa dei creditori, come del resto espressamente indicato da parte attrice nel caso di specie. 
Infondata è l'eccezione dei convenuti di nullità della CTU in quanto avrebbe esaminato documentazione non prodotta ritualmente in giudizio, perché risulta, invece, che la curatela ha prodotto regolarmente i bilanci sociali (derivando le discordanze rilevate da una mero mutamento della denominazione sociale della società fallita) e gli avvisi di accertamento, concretanti i documenti fondamentali sui quali si sono fondate le indagini del consulente d'ufficio.   4. Conseguentemente risulta provata anche la responsabilità per l'ulteriore contestazione riguardante la continuazione dell'attività d'impresa nonostante il verificarsi della causa di scioglimento di cui all'art. 2484, co. 1, n. 4 c.c., per riduzione del capitale per perdite al di sotto del limite legale; invero, come correttamente ricostruito dal ### opportunamente rettificando i dati dei bilanci approvati dalla società con l'inserimento del maggior debito tributario derivante dagli avvisi di accertamento, risulta che il capitale sociale era completamente eroso fin dall'esercizio 2007, in quanto il maggior debito d'imposta di € 255.270,00 aveva eroso completamente il capitale sociale di € 10.000, determinando un patrimonio netto negativo di € 195.472,00.   Ai sensi dell'art. 2486 c.c., al verificarsi di una causa di scioglimento gli amministratori conservano il potere di gestire la società ma solo ai fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale, con conseguente responsabilità per i danni arrecati alla società, ai soci e ai creditori sociali in caso di violazione di tale obbligo. 
Nel caso di specie, la prosecuzione dell'attività d'impresa nonostante l'avvenuta perdita del capitale sociale è provata dalle domande di insinuazione al passivo depositate in atti, dalle quali si rileva, in particolare, l'acquisto di beni strumentali all'esercizio dell'attività di impresa (contenitori metallici, etichette per vini, fornitura di vino da tavola) che evidenziano la continuazione dell'attività medesima ben oltre il momento in cui si è verificata la perdita del capitale sociale (cfr. all.24-28). 
Il danno va chiaramente quantificato nell'importo delle forniture effettuate nonostante il verificarsi della causa di scioglimento, rimaste poi inadempiute e che hanno, dunque, aggravato ulteriormente il dissesto. 
Non può essere condivisa la difesa dei convenuti secondo i quali la curatela non avrebbe specificato, come sarebbe stato suo onere, le nuove operazioni non consentite fino alla memoria istruttoria, con la quale ha provveduto altresì al deposito delle domande di ammissione al passivo degli ulteriori crediti sorti per effetto di queste, in quanto dalla lettura dell'atto di citazione si evince, invero, che la curatela sin dall'introduzione del giudizio ha allegato che l'illegittima prosecuzione dell'attività d'impresa risultava confermata dal risultato degli esercizi successivi, dalle parziali scritture contabili in possesso della curatela e dall'accumulo di ulteriori passività derivanti dalla gestione ordinaria dell'impresa fino al fallimento, poi provate col deposito delle domande di ammissione al passivo effettuato nei termini concessi ai sensi dell'art. 183, co. 6, c.p.c..   Comunque, l'esatta quantificazione del danno derivante da tale ulteriore violazione degli obblighi di legge appare superflua, attesa la riduzione della domanda da parte della curatela, la quale nel corso del giudizio ha limitato la richiesta di condanna ad € 936.087,27, danni già ampiamente integrati dalle violazioni tributarie di cui sopra, che - lo si ribadisce - hanno arrecato pregiudizio al patrimonio sociale per sanzioni ed interessi pari a complessivi € 3.071.131.  5. Evidente è, altresì, la violazione da parte dell'amministratore di diritto, col concorso dell'amministratore di fatto, degli obblighi di conservazione dell'integrità del patrimonio sociale, per effetto dei prelievi non giustificati effettuati sui c/c della società. 
La curatela ha contestato ed ha provato, con la produzione degli estratti dei c/c ( all. 13, 14, 15 e 16), prelievi in contanti per importi cospicui, pari a complessivi € 713.688, effettuati dal 19.7.2007 al 9.2.2011, di cui non si rinviene in contabilità, anche considerata la parziarietà della stessa, alcuna giustificazione causale e rispetto ai quali il convenuto, rimasto contumace, non ha dato alcun ausilio. 
Ne deriva la responsabilità dello stesso per la violazione degli obblighi di corretta gestione a presidio dell'integrità del patrimonio sociale gravanti sugli amministratori, condotta di cui deve rispondere solidalmente anche l'amministratore di fatto, il quale ben avrebbe dovuto evitare gli indebiti prelievi, atteso che l'essersi ingerito nella gestione dell'impresa comporta l'applicazione anche a suo carico delle norme che regolano gli obblighi e le responsabilità degli amministratori di società di capitali. 
Anche in tal caso, attesa la limitazione della domanda di condanna, nessuna quantificazione del danno conseguente si impone. 
Restano assorbite, dunque, le ulteriori contestazioni mosse dalla curatela.   Deve dunque concludersi per l'accoglimento dell'azione nei confronti dell'amministratore di diritto, ### e dell'amministratore di fatto, ### con conseguente condanna degli stessi in solido al risarcimento dei danni come quantificati dalla curatela, in esito alla rimodulazione della domanda in € 936.087,27.  6. La regolazione delle spese di lite, ivi comprese quelle di ### segue la soccombenza, mentre si ritiene sussistano giusti motivi per compensare le stesse nei confronti del convenuto ### costituitosi unitamente al fratello soccombente e, comunque, considerando il coinvolgimento dello stesso nell'attività illecita accertata dagli organi di polizia tributaria. 
Atteso che la curatela è stata ammessa al gratuito patrocinio, con decreto del g.d.  del tribunale di Napoli, in data ###, ai sensi dell'art. 144 D.P.R. n. 115/02, il pagamento va eseguito in favore dello Stato, stante il disposto dell'art. 132 T.U. cit.. 
I compensi vanno determinati, ai sensi dell'art. 82 T.U. Spese di Giustizia, in modo da non superare i valori medi delle tariffe professionali vigenti al momento della decisione. 
In ragione dell'esito complessivo del giudizio, dell'oggetto e del valore dello stesso, come ridotto da parte attrice, dell'attività difensiva espletata, possono essere liquidati compensi complessivi pari ad € 25.000,00.  P. Q. M.  Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di imprese, definitivamente pronunciando sulla controversia come sopra proposta tra le parti, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - Accoglie la domanda nei confronti di ### e ### e, per l'effetto, condanna gli stessi in solido al risarcimento dei danni in favore di parte attrice, nella misura di complessivi € 936.087,27, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo; - Respinge la domanda nei confronti di ### - Condanna i convenuti ### e ### in solido al pagamento delle spese legali in favore dello Stato, ai sensi dell'art. 133 T.U. Spese di Giustizia, che liquida in € 3.372,00 per spese prenotate a debito ed € 25.000,00 per compensi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge; - Condanna i convenuti ### e ### in solido al pagamento delle spese di ### liquidate in separato decreto; - Compensa integralmente le spese del giudizio tra la curatela attrice ed il convenuto ### Napoli, 8.10.2020 ### dott. ### dott. ### n. 17288/2014

causa n. 17288/2014 R.G. - Giudice/firmatari: De Rose Patrizia, Grimaldi Ilaria, Raffone Dario

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Tribunale di Grosseto, Sentenza n. 902/2025 del 03-12-2025

... interpretativo, di aderire a quello che ritiene che per la consegna della documentazione contrattuale non debba applicarsi il termine decennale previsto dall'articolo 119 TUB deponendo in tal senso il chiaro tenore letterale dell'articolo 119 comma 4 TUB che riferisce infatti il predetto obbligo di conservazione decennale unicamente alla “ copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni” (quali ad esempio, la richiesta di copia di assegni, di bonifici, di prelievi allo sportello o degli estratti conto), tale non essendo certamente il contratto, come è avvenuto nel caso di specie. Tali conclusioni non possono essere inficiate dalla pronuncia della Cassazione n.###/2022 citata dall' opponente, che si riferisce unicamente al periodo di conservazione degli estratti conto, ritenendolo condivisibilmente limitato al decennio. Ed infatti dalla lettura della sentenza emerge il chiaro riferimento alla documentazione di cui all'articolo 119 comma 4 TUB (id est a quella relativa alle singole operazioni e agli estratti conto) e al relativo obbligo di conservazione decennale, obbligo che opera anche con riferimento ai contratti conclusi anteriormente (leggi tutto)...

testo integrale

TRIBUNALE DI GROSSETO UDIENZA del 03/12/2025 tenuta dal giudice dr.ssa ### ore 10.15 compaiono: l'Avv. ### in sostituzione dell'Avv. ###, per la convenuta opposta, riportandosi integralmente alle note conclusive depositate, contesta l'inconferenza della giurisprudenza ex adverso menzionata con l'odierna fattispecie, avendo essa ad oggetto decisioni sul merito delle domande ripetitorie della correntista e non sulla consegna documentale ingiunta all'istituto di credito con specifico riferimento ai contratti di apertura di conto corrente. Sul punto si deposita, ex multis, sentenza n.580/2024 del 14.06.2024 del Tribunale di Grosseto. 
E si ricorda anche Tribunale di Potenza, sentenza n.1028/2025 Tribunale di ### sentenza n.311/2025, Tribunale di Benevento sentenza 158/2023 che hanno sottolineato che, rappresentando il contratto la genesi costitutiva del rapporto, la prescrizione decennale di cui al combinato disposto del TUB e del codice civile, non decorre dalla data di redazione, bensì, dalla data di estinzione del rapporto di conto e quindi in termini coerenti con lo spirare dei diritti potenzialmente vantati dal correntista e/o dalla banca. Contesta altresì che l'opposta ha fornito ampia prova della esistenza delle linee di credito di cui ha chiesto copia della fonte contrattuale. Chiede il rigetto dell'opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto con condanna della banca al pagamento delle spese di soccombenza, ivi incluse quelle di mediazione, come da nota spese che è stata allegata; ### del lavoro in sostituzione dell' Avv. ### l'avvocato ### il quale contesta quanto extra verso dedotto, nonché le note avversarie depositate e conclude come l'atto di opposizione
I procuratori a questo punto si allontanano dall'aula dichiarando di rinunciare ad assistere alla lettura della sentenza. 
Il giudice si ritira in camera di consiglio; quindi, tornato in aula, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo e depositando motivazione contestuale. 
Il Giudice dott.ssa ### TRIBUNALE DI GROSSETO CONTENZIOSO In nome del ### il giudice dott.ssa ### nella causa n° 704/2021 tra le parti: Attore: ### (P.IVA ###) con l'avv. #### Convenuto: D'### D'### & C (P. IVA.  ###) con l'avv. ### all'udienza del 03/12/2025 ha pronunciato la seguente
Con atto di citazione ritualmente notificato ### del ### spa, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, si è opposta al decreto ingiuntivo n. 112/2021 con il quale il Tribunale di Grosseto aveva ingiunto all'istituto bancario la consegna della documentazione richiesta ai sensi dell'articolo 119 TUB dalla società D'### sas del geom. D'### & C. e, in particolare: la copia del contratto di conto corrente bancario contraddistinto con il n. 880, la copia dei contratti relativi ai conti anticipi 280011 e n. 290034, nonché la copia dei contratti di apertura di credito in conto corrente. La banca opponente ha, in particolare, eccepito l'insussistenza del diritto del ricorrente ad ottenere la consegna della copia dei contratti, riferendosi l'articolo 119 TUB unicamente alla documentazione relativa alle singole operazioni bancarie e, in ogni caso, ha dedotto l'insussistenza del diritto di ottenere copia della documentazione di formazione anteriore al decennio, termine previsto dall'articolo 119 TUB quale periodo massimo di conservazione della documentazione bancaria. 
Ed infine ha rilevato l'inammissibilità della domanda monitoria riferita ai contratti di affidamento in conto corrente, essendo del tutto genericamente formulata e non potendo ritenersi riferita a cosa determinata nella prospettiva di cui all'articolo 633 c.p.c. La convenuta opposta, costituendosi in giudizio, ha chiesto il rigetto dell'opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto. Esperito con esito negativo il tentativo obbligatorio di mediazione, la causa è stata istruita su base documentale e rimessa in decisone all'udienza odierna nelle forme di cui all'articolo 281 sexies c.p.c. ### è infondata. Deve preliminarmente osservarsi, in via generale, che con riferimento ai rapporti bancari, il legislatore accorda al “cliente” un utile strumento per ottenere dalla banca la documentazione relativa ai rapporti intrattenuti ed alle operazioni attuate. Invero, già nell'art. 8 della legge n. 154 del 17 febbraio 1992 (norme sulla trasparenza bancaria), al comma quarto, era espressamente previsto il diritto del cliente di ottenere dalla banca copia della documentazione di ogni singola operazione attuata in relazione a determinati contratti bancari, quali quello di deposito e di conto corrente. In particolare, la disposizione citata così recitava: “Il cliente ha diritto di ottenere, entro un congruo termine, e comunque non oltre sessanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere a partire dal quinto anno precedente nell'ambito di rapporti di deposito o conto corrente, con facoltà per gli enti e i soggetti di cui all'art. 2 di ottenere il rimborso delle spese Una maggiore tutela è stata, poi, contemplata dall'art. 119, ultimo comma, del D.Lgs. n. 385/1993 (### che, nel testo vigente, prevede in particolare quanto segue: “Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno il diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni”. 
Con la disposizione da ultimo citata -nel testo modificato dall'art. 24 del D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 342- il diritto, già riconosciuto espressamente dalla legge sulla trasparenza bancaria, è stato notevolmente ampliato, a) con la previsione della facoltà di richiedere la documentazione inerente a qualsiasi contratto perfezionato; b) con l'ulteriore previsione per cui il “cliente” o i suoi aventi causa hanno il diritto di chiedere la documentazione delle operazioni realizzate negli ultimi dieci anni e non più soltanto di quelle degli ultimi cinque anni. A fronte di ciò è stato ampliato e fissato in novanta giorni -e non più in sessantail termine entro il quale la banca deve evadere la richiesta di consegna della documentazione. Analogo diritto è riconosciuto al cliente di ricevere dalla banca lo stesso documento contrattuale in base all'articolo 117 TUB. Ed infatti, la disposizione di cui all'art. 119 TUB - dettata con riferimento alla “documentazione inerente a singole operazioni” - non ricomprende, nel suo ambito di operatività, il diritto alla consegna di copia dei contratti; diritto che, tuttavia, trova fondamento nel disposto dell'art. 117 TUB, oltre che nel generale principio solidaristico e nei doveri di correttezza e buona fede nella esecuzione del rapporto. Va, ancora, rimarcato che anche nel TUF come nei ### emanati dalla ### risulta variamente previsto il diritto del cliente investitore di ottenere la documentazione contrattuale e quella relativa alle operazioni di investimento realizzate per il tramite dell'intermediario finanziario; diritto che, comunque, anche in tal caso trova fondamento nei doveri di correttezza e buona fede, oltre che negli obblighi di trasparenza ed informazione. Dunque, la banca è tenuta a fornire, oltre alla documentazione propriamente indicata nell'articolo 119 TUB, altresì copia dei contratti bancari stipulati con il cliente. In un contesto di tal tipo, il “cliente-attore”, avendo dunque specifici strumenti per procurarsi la documentazione relativa alle operazioni attuate nell'ambito dei rapporti intrattenuti con la banca, può avvalersi del rimedio di cui all'art. 210 c.p.c.  (o, come nella specie di altra iniziativa giudiziaria quale il ricorso allo strumento monitorio), quando deduca e dimostri di essersi tempestivamente attivato per ottenere, ex art. 119 TUB, la consegna della documentazione bancaria necessaria per gli accertamenti richiesti e di non aver ottenuto fattivo riscontro. In tal senso si è anche recentemente pronunciata la Corte di Cassazione la quale, discostandosi da un precedente indirizzo, ha condivisibilmente previsto che “il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell'amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni (ivi compresi gli estratti conto), può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l'istanza di cui all'articolo 210 c.p.c. in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, che senza giustificazione non vi abbia ottemperato; né la stessa documentazione può essere acquisita in sede di consulenza tecnica d'ufficio contabile, ove essa abbia ad oggetto fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse e, prima ancora, compiutamente allegati ( cfr. Cass. 24641/2021). Ed infatti, l'istanza rivolta in giudizio alla banca ex art. 119 TUB si risolve in un'azione di adempimento. Ed un'azione di adempimento introdotta — non quando l'inadempimento non si è ancora consumato, e nemmeno quando ancora non si è verificata la mora, ma prima ancora — quando l'obbligazione non è ancora attuale, non ha evidentemente alcun senso, se non altro avuto riguardo alla sussistenza dell'interesse ad agire, ex articolo 119 TUB, che consiste nell'idoneità della pronuncia richiesta ad apportare un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice (cfr. anche Cass. 4 maggio 2012, n. 6749, tra le altre). In sostanza, deve ritenersi che la norma di cui all'articolo 119 TUB ha carattere sostanziale e non processuale, non avendo con essa il legislatore in alcun modo inteso derogare alle regole processuali che presiedono al riparto degli oneri probatori. In applicazione del suindicato principio e venendo al caso di specie, deve rilevarsi l'ammissibilità dell'ingiunzione di pagamento riferita al contratto di conto corrente e ai contratti inerenti ai rapporti di conto anticipi, essendo infatti documentalmente provato che il ricorso per decreto ingiuntivo era stato preceduto dalla relativa richiesta ex articolo 119 TUB, con la quale infatti il ricorrente aveva espressamente chiesto alla convenuta opposta, con la pec in atti regolarmente da quest'ultima ricevuta, la consegna della documentazione contrattuale per cui è causa (cfr. pec ricevuta dalla banca in data ###- doc n. 3 allegato al fascicolo monitorio), mentre il ricorso per decreto ingiuntivo è stato depositato in data ### ( come si evince dall'esame del fascicolo monitorio) e, dunque, ampiamente decorso il termine di novanta giorni previsto ex lege. Ciò premesso e venendo al merito della decisione e, in particolare, al profilo attinente al periodo di conservazione della documentazione contrattuale questo Giudice ritiene, pur consapevole dell'esistenza di un diverso orientamento interpretativo, di aderire a quello che ritiene che per la consegna della documentazione contrattuale non debba applicarsi il termine decennale previsto dall'articolo 119 TUB deponendo in tal senso il chiaro tenore letterale dell'articolo 119 comma 4 TUB che riferisce infatti il predetto obbligo di conservazione decennale unicamente alla “ copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni” (quali ad esempio, la richiesta di copia di assegni, di bonifici, di prelievi allo sportello o degli estratti conto), tale non essendo certamente il contratto, come è avvenuto nel caso di specie. Tali conclusioni non possono essere inficiate dalla pronuncia della Cassazione n.###/2022 citata dall' opponente, che si riferisce unicamente al periodo di conservazione degli estratti conto, ritenendolo condivisibilmente limitato al decennio. Ed infatti dalla lettura della sentenza emerge il chiaro riferimento alla documentazione di cui all'articolo 119 comma 4 TUB (id est a quella relativa alle singole operazioni e agli estratti conto) e al relativo obbligo di conservazione decennale, obbligo che opera anche con riferimento ai contratti conclusi anteriormente all'entrata in vigore del ### È dunque in tal senso che deve intendersi il riferimento ai contratti contenuto in sentenza e non nel senso che anche per i contratti vi è un obbligo di conservazione di dieci anni, trattandosi di aspetto non direttamente trattato nel caso de quo. Testualmente, infatti, si legge nella parte motiva della sentenza, che “in tema di rapporti bancari la limitazione, entro il limite del decennio, del termine di conservazione della documentazione bancaria oggi espressa nell'articolo 119 comma 4 d ultimo citato, corrisponde ad un principio generale (cfr. art. 2220 c.c), che in quanto tale non può non trovare applicazione, evidentemente, anche per i contratti conclusi all'entrata in vigore del menzionato d.lgs e, ancor prima, della legge n. 154/1992, in quest'ultimo poi trasfusa). Pur ribadendo che si tratta di questione controversa, non vi è dunque alcun riferimento diretto, nella suindicata pronuncia, alla disciplina applicabile all'obbligo di conservazione della documentazione contrattuale che, come già detto, trova la sua fonte diretta nell'articolo 117 TUB. Quanto, infine, ai rapporti di apertura di credito in conto corrente la domanda avanzata in sede ###può essere ritenuta inammissibile, trattandosi di richiesta -all'evidenzariferita ai soli contratti di apertura di credito collegati ed accessori rispetto al contratto di conto corrente per cui è causa, potendosi dunque anche in questo caso ritenere determinato l'oggetto dell'ingiunzione opposta. Conclusivamente, dunque, l'opposizione deve essere respinta con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto. 
Le spese sono liquidate in base ai parametri di cui al D.M n 55/2014 e succ. mod. e integr. (per le cause di valore indeterminabile di bassa complessità), ma con diminuzione del 50% rispetto ai parametri base della fase istruttoria e della fase decisoria, considerata la natura documentale della causa e l'attività difensiva concretamente svolta dalle parti. Le stesse devono essere liquidate direttamente al difensore della parte convenuta opposta, dichiaratosi antistatario.  P.Q.M.  Il Tribunale di Grosseto, in persona del Giudice designato, dott.ssa ### decidendo nella causa R.G n. 704/2021, così provvede: ###'### e, per l'effetto, ###. 
CONDANNA l'opponente ### s.p.a, al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 5.261,00, oltre rimborso forfetario delle spese del 15%, iva e cpa come per legge, disponendo che le stesse siano corrisposte direttamente al difensore della convenuta opposta, società D'### sas del geom. D'### & C., dichiaratosi antistatario Si comunichi.
Grosseto, 3.12.2025 Il Giudicedott.ssa

causa n. 704/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Frosini Claudia

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Corte d'Appello di Brescia, Sentenza n. 1051/2025 del 29-10-2025

... giurisprudenza di legittimità, da quantificarsi tenuto conto del dettato dell'art.1284 cc, ivi compreso, tra l'altro, il penultimo comma, fermo il diritto, oltre che all'accertamento del saldo, in accoglimento di ogni proposto appello incidentale, alla ripetizione delle sole rimesse solutorie non prescritte (che risultino tali dopo il ricalcolo del saldo), nel denegatissimo caso in cui il conto fosse ritenuto tuttora aperto; #### (EVENTUALMENTE, #### 1. in sede di ricalcolo del saldo, tenere conto anche degli estratti prodotti dall'appellante in forma più leggibile dall'apertura del contratto di conto corrente, stornando tutte le rimesse che, tolto ogni addebito che risulti privo di giustificazione in virtù della nullità parziale del contratto di conto corrente, risultino ripristinatorie oppure solutorie ma non prescritte (tenuto conto dell'interruzione della prescrizione, come già dedotto in primo grado e qui ribadito); 2. accertare e dichiarare, nel solo caso di previo rilievo d'ufficio, la nullità delle pattuizioni di cui al contratto n.2583 del 19.8.2020 relative alla commissione di disponibilità fondi e alla penale di sconfinamento, per violazione dell'art.2 bis del D.L. 185 del (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### civile, composta dai ###: Dott. ##### rel.est.  ha pronunciato la seguente ### nella causa civile n. 368/2022 R.G. promossa con atto di citazione notificato in data ### e posta in decisione all'udienza collegiale del 28.5.2025 d a ####.C. - con sede ###### in via ### 51 e sede ###via ### n. 17 - codice fiscale ### - in persona del ### e legale rappresentante, assistita, rappresentata e difesa, anche in via disgiunta tra di loro, per procura alle liti in calce al presente atto ex art. 83, comma ### cod. proc. civ., dagli avvocati ### e ### -ed elettivamente R.Gen. N. 368/2022 OGGETTO: ### (deposito bancario, apertura di credito, cassetta di sicurezza) domiciliat ####### in via ### n. 20.e APPELLANTE c o n t r o ### S.R.L., società con socio unico, codice fiscale e partita IVA ### con sede in 24050 Ghisalba ###, via ### n.30 A, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa in giudizio, come da procura in atti espressamente conferita anche per il presente grado di giudizio, dall'### del ### di ### con studio in 25086 Rezzato ###, in via ### n.29, e presso quest'ultimo elettivamente domiciliat ###punto: appello a sentenza del Tribunale di Bergamo n.243/22 pubblicata in data #### l'appellante In parziale riforma della sentenza n. 243/2022, emessa dal Tribunale di Bergamo, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa e reietta, voglia la Corte d'Appello adita accogliere le seguenti conclusioni: In via principale: respingersi tutte le domande, ivi compreso l'appello incidentale, avanzate dalla società ### S.r.L. nei confronti della ### di ### dell'### e del ### s.c. per tutte le ragioni esposte nell'atto introduttivo di questo giudizio, siccome palesemente inammissibili oltre che nulle, prescritte (quanto meno per tutto il periodo antecedente il 2010) nonché infondate sia in fatto che in diritto. 
In via istruttoria: attesa la integrale contestazione della relazione tecnica depositata dal C.T.U. Dr. ### per tutte le ragioni esposte in primo grado dal Consulente di ### nonché dalla difesa della ### di ### dell'### e del ### s.c. e dettagliatamente descritte e riformulate nell'atto di appello di questo giudizio, disporsi la riconvocazione del predetto C.T.U. o a suo giudizio assegni ad altro ### d'### e ciò affinché la Corte d'Appello ordini la rinnovazione del procedimento di consulenza tecnica d'ufficio. 
Con vittoria di spese e competenze professionali di entrambi i gradi del giudizio. 
Per l'appellata ### rejectis, spese del presente grado di giudizio rifuse, con IVA e CPA come per legge, ### la Corte di Appello di ###ma: ###: Dichiarare inammissibile l'appello ex adverso proposto ex art.342 cpc, in accoglimento di quanto eccepito al punto 1 (diviso in parti) della comparsa di costituzione e risposta; #### PRINCIPALE (####: in accoglimento delle medesime domande proposte in primo grado, come da ultimo precisate con note del 9.11.2021 (doc.1v), nonché tenuto conto dell'avvenuto condizionamento, in sede di comparsa conclusionale, della domanda di nullità totale del contratto di mutuo n.ri 99417 e 52639 del 23.4.2015, al previo rilievo d'ufficio, ex art.1422 cc, della suddetta per mancanza di causa, con riguardo alla concreta funzione economicoindividuale del finanziamento, ovvero, come meglio si preciserà in sede di atti difensivi finali, tenuto conto di uno scopo comune alle parti, quello della destinazione dell'intera somma di cui la prestito al ridimensionamento del saldo passivo di conto corrente, per rendere possibile modificare il limite dell'apertura di credito (senza che ve ne fosse effettiva necessità, tolte le rimesse prive di giustificazione), nonché, come già dedotto in sede di comparsa di risposta, del collegamento tra il mutuo e la modifica al fido, come attestato dal doc.C -006-richiesta rinnovazione fido ###S.r.l. pag. 3 del relativo pdf, ovvero “### di concessione di fido del 10 marzo 2015” prodotto da controparte in sede ###particolare dai termini, riferiti al contratto di mutuo per cui è causa, “destinato alla riduzione dell'apertura in c/c da 1.200.000,00 a 600.000,00”, da leggere, quale prova dell'accordo tra le parti ex art.1325 cc n.1, unitamente a ###2bis__d.c._ec._o._s.__da_11_98_a_12_05__I.pdf prodotto in sede costituzione da parte convenuta appellata (pag.11 del file pdf ): accertare e dichiarare, nel solo caso di esercizio del relativo potere di rilievo d'ufficio, la nullità del contratto di mutuo fondiario n.ri 99417 e 52639 del 23.4.2015, nonché della modifica del medesimo avvenuta nel 2016, in accoglimento di quanto dedotto nel punto 3a della parte in diritto della comparsa di costituzione e risposta, per conseguenza ricalcolando il saldo del conto corrente n. 2980/70 stornando tanto l'accredito della somma erogata, quanto l'addebito delle relative rate; #### SUBORDINATA: Preso atto dell'avvenuta chiusura del mutuo da parte della banca, già prima dell'introduzione del giudizio di primo grado con raccomandata erroneamente datata 6.4.2020, ma spedita il ### prodotta dall'appellante in detto giudizio come doc.1 , considerato anche l'esito dell'interrogazione del sito delle ### di cui al doc.1bis, entrambi contenuti nel doc.1a nel presente grado, oppure in virtù dell'esercizio del diritto di recesso avvenuto a opera della banca con lettera del 26.11.2020, e/o in considerazione della email pec dell'8.2.2022 di ### per le ragioni più diffusamente esposte in atti (cfr. il punto 2 della parte in diritto della comparsa di costituzione e risposta), previa detrazione, dal dovuto, come già richiesto in primo grado, se del caso, considerata anche la diffida ad adempiere dell'8.2.2022 (nei limiti del possibile, come più diffusamente dedotto in atti e in sede di compensazione impropria; paragrafi 3b e 4 della parte in diritto del medesimo atto difensivo), quanto spettante alla banca in virtù del mutuo n.ri 99417 e 52639 del 23.4.2015, qualora sia ritenuto valido, operata la decurtazione e/o compensazione impropria di cui ai già citati paragrafi del medesimo primo atto nel presente giudizio (fatta ogni debita considerazione circa l'applicabilità o meno dell'art.1458 cc, nella parte relativa ai contratti di durata, al mutuo e tenuto conto della retroattività o meno della diffida, con ogni conseguenza sulla necessità o meno di stornare l'erogazione della somma piuttosto che le rate già pagate) ai sensi e per gli effetti di cui all'art.2033 cc o altra norma applicabile (jura novit curia), condannare l'istituto di credito appellante alla corresponsione della differenza eventualmente risultante in favore di ### S.r.l., con interessi dal pagamento o dalla domanda di primo grado, a seconda della ritenuta mala fede o buona fede del percipiente come per legge e rivalutazione monetaria nei limiti di quanto ### consentito dall'art.1224 cc, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, da quantificarsi tenuto conto del dettato dell'art.1284 cc, ivi compreso, tra l'altro, il penultimo comma, fermo il diritto, oltre che all'accertamento del saldo, in accoglimento di ogni proposto appello incidentale, alla ripetizione delle sole rimesse solutorie non prescritte (che risultino tali dopo il ricalcolo del saldo), nel denegatissimo caso in cui il conto fosse ritenuto tuttora aperto; #### (EVENTUALMENTE, #### 1. in sede di ricalcolo del saldo, tenere conto anche degli estratti prodotti dall'appellante in forma più leggibile dall'apertura del contratto di conto corrente, stornando tutte le rimesse che, tolto ogni addebito che risulti privo di giustificazione in virtù della nullità parziale del contratto di conto corrente, risultino ripristinatorie oppure solutorie ma non prescritte (tenuto conto dell'interruzione della prescrizione, come già dedotto in primo grado e qui ribadito); 2. accertare e dichiarare, nel solo caso di previo rilievo d'ufficio, la nullità delle pattuizioni di cui al contratto n.2583 del 19.8.2020 relative alla commissione di disponibilità fondi e alla penale di sconfinamento, per violazione dell'art.2 bis del D.L. 185 del 2008, convertito in legge 2 del 2009 e per conseguenza stornare anche le rimesse relative, in sede di ricalcolo del saldo. 
In via istruttoria: si chiede che sia disposto un supplemento di perizia di ufficio per tenere conto di: - l'eventuale rilievo della nullità d'ufficio del mutuo, con conseguente accoglimento dell'appello incidentale sul punto a ciò condizionato; - l'eventuale rilievo della nullità delle condizioni contrattuali relative a commissione di disponibilità fondi (che tale è, anche se impropriamente denominata ### e penale di sconfinamento, con conseguente accoglimento dell'appello incidentale sul punto a ciò condizionato; - necessità di tener conto della compensazione, anche impropria, tra il credito dell'appellata e rate di mutuo scadute e a scadere, se ritenuto valido, in modo diverso a seconda che il mutuo sia ritenuto nullo oppure valido ma risolto; - necessità di considerare anche le risultanze degli estratti conto prodotti dall'apertura del rapporto (1996) dalla convenuta, in forma ffmaggiormente leggibile, dato che a ciò mai ci si è opposti e neppure ora ci si oppone, prestando anzi il consenso ex art.198 cpc, come già avvenuto nel precedente grado, per il caso in cui fosse stata riaperta l'istruttoria.  ### atto di citazione in data #### s.r.l. citava in giudizio, avanti il Tribunale di Bergamo, ### di ### dell'### e del ### ed esponeva di aver acceso nell'anno 1996 contratto di conto corrente bancario presso la ### di ### di ### ora fusa nella convenuta e, successivamente nell'anno 2015 (rep.99417, racc. 52639 ###, un contratto di mutuo fondiario. Deduceva che nel corso di tali rapporti erano state addebitate somme illegittime a titolo di commissioni di massimo scoperto e di commissioni sostitutive, mai pattuite e comunque prive di causa, che erano stati applicati interessi anatocistici e che le condizioni contrattuali erano rimaste indeterminate. Lamentava inoltre la nullità del mutuo perché stipulato solo al fine di ripianare altri debiti verso la banca, nonché con applicazione di tassi usurari e indeterminati a causa della pattuizione della clausola floor. 
Chiedeva pertanto accertarsi la nullità delle clausole del conto corrente in essere e, quanto al rapporto di mutuo, chiedeva dichiararsene la nullità o comunque l'usurarietà delle pattuizioni relative agli interessi, nonché la condanna della controparte alla restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto a quelle legittimamente dovute. 
Si costituiva in giudizio in data ### la ### di ### dell'### e del ### contestando integralmente le avverse pretese ed evidenziando la validità delle clausole relative alle c.m.s indicate nel rapporto di conto corrente e di capitalizzazione trimestrale degli interessi; rilevava la piena legittimità del mutuo sia con riferimento alla giustificazione della erogazione delle somme sia con riguardo agli interessi applicati; eccepiva in ogni caso l'inammissibilità della domanda attorea relativa al conto corrente in quanto priva d'interesse, perché il conto era ancora aperto, ed in ogni caso la prescrizione del diritto a ripetere ogni addebito avvenuto prima del decennio dall'introduzione del giudizio. 
Chiedeva pertanto il rigetto delle avverse domande. 
Esperita consulenza tecnica d'ufficio depositata in data ###, la causa era posta in decisione all'udienza in data ### con termini per il deposito di conclusionali e repliche. In quella sede, la società correntista rinunciava alle doglianze relative alla nullità del mutuo, sollecitando una pronuncia d'ufficio in tal senso. 
Con sentenza del 28.1.2022 n. 243/2022 il Tribunale di Bergamo in composizione monocratica accertava e dichiarava l'illegittimità di parte degli addebiti in conto corrente e il conseguente saldo a credito della correntista pari a € 673.376,96 e la validità del contratto di mutuo, compensando le spese di giudizio e di consulenza per un quarto e ponendo la parte restante a carico della banca convenuta. 
Il Tribunale riteneva segnatamente che: - risultava prodotto in atti (doc.2 bis parte attrice) il contratto di apertura di conto corrente n.2980/70 acceso in data ### presso la filiale di ### della banca convenuta. Erano stati altresì allegati al fascicolo di parte attrice gli estratti conto relativi al periodo decorrente dal primo trimestre 1996 al terzo trimestre 2020, di cui alcuni (31.3.1996-30.9.1998, 31.12.1998 1 31.12.1999) riscontrati non leggibili da parte del consulente, nonchè lettere di concessione di affidamento datate 4.2.1999, 30.6.2000, 27.2.2001, 9.7.2002, 20.2.2006, 8.1.2008 e una lettera-contratto di apertura di credito in data ###. Da tali documenti e sino a quello ultimo indicato non emergevano specificatamente determinati i tassi attivi e passivi applicati al rapporto né le modalità di relativa applicazione, ne conseguiva l' indeterminatezza dei tassi stessi con conseguente necessaria applicazione del tasso sostitutivo Bot per il relativo periodo (31.3.1996- 19.8.2010); le condizioni contrattuali relative ai tassi, presenti secondo la prospettazione della ### nel contratto con richiamo di quelle in vigore dal 7.11.1994 e dall'1.1.1995 asseritamente allegate al contratto di conto corrente non erano dimostrate, non risultando adeguata prova dell'allegazione del documento al contratto nè, tanto meno, esso risultava sottoscritto dalla parte attrice nella parte relativa all'indicazione dei tassi e nella veste di legale rappresentante della società; - d'altra parte, essendo stato il contratto stipulato in data ### avrebbero dovuto applicarsi le condizioni con decorrenza 1.1.1995, le quali tuttavia tacevano in merito al tasso di interesse attivo e passivo applicabile al rapporto; infine l'indicazione di ‘tassi passivi - su tutte le forme di raccolta dalla clientela T.U.S. -7,00% e tassi attivi su tutte le forme di impiego dalla clientela ### rate… ###…' risultava assolutamente generica sia in ordine al tipo di operazione per la quale il tasso è applicato sia in merito alla forbice in concreto utilizzata; - analogamente fino alla data del 19.8.2010 non risultava alcuna pattuizione adeguata in merito alla commissione di massimo scoperto o ad essa sostitutiva: segnatamente, quella contenuta nella comunicazione in data ### non riportava le modalità di calcolo ed applicazione dell'onere; - non risultava alcuna nuova pattuizione in merito all'applicazione di interessi anatocistici; determinando tale applicazione un peggioramento delle condizioni del cliente essa doveva essere pattuita ai sensi dell'articolo 7 della delibera ### del 2 febbraio 2000; pertanto detti addebiti dovevano essere espunti, perché non era intervenuta alcuna nuova pattuizione successiva alla delibera; - in punto all'eccezione di prescrizione, fermo che la mancata contestazione degli estratti conto non precludeva l'esame delle doglianze attoree, e ferma la sussistenza di aperture di credito, non si rilevavano rimesse solutorie prescritte; - non ostava all'ammissibilità della domanda di accertamento il fatto che il conto fosse ancora aperto, in quanto l'interesse della correntista sussisteva, sul piano pratico, al fine della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime, del ripristino, da parte della correntista, di una maggiore estensione dell'affidamento concessole, siccome eroso da addebiti contra legem, nonché per l'escussione di un saldo maggiore alla chiusura del conto; - la domanda di ripetizione era, invece, inammissibile in quanto l'attrice non aveva provato di aver chiuso il conto prima dell'instaurazione del giudizio: non aveva prodotto la cartolina di ricevimento della raccomandata in data ### spedita alla banca convenuta, né poteva ritenersi all'uopo idonea la produzione dell'esito dell'interrogazione del sito internet delle ### atteso che, da un lato, esso indicava data di spedizione (4 aprile) antecedente a quella riportata sulla lettera (6 aprile) e, da altro lato, dal predetto esito non risultava il soggetto che aveva in concreto ritirato il plico e dunque la qualifica di incaricato alla relativa ricezione. Infine, un'eventuale presunzione di consegna non poteva essere affermata neppure alla luce della movimentazione del conto da parte della cliente: risultava infatti che in data #### aveva effettuato un giroconto per € 100 su tale rapporto e che in data ### era stato depositato sul medesimo conto l'importo di un assegno di € 14.500 alla stessa intestato; - il mutuo era valido, poiché ### non aveva provato che la somma mutuata non era stata messa a sua disposizione dalla banca ma che era stata immediatamente destinata al ripianamento dei debiti sussistenti nei confronti della banca; non era peraltro chiaro il saldo a debito nel rapporto di mutuo e con quali modalità nel tempo esso si era determinato in senso riduttivo rispetto alla cifra inizialmente indicata come mutuata; la somma precettata risultava peraltro contestata in atti, e una consulenza tecnica in tal senso sarebbe stata esplorativa; le domande in punto di usurarietà del mutuo non erano state riportate in sede di precisazione delle conclusioni. 
Avverso la sentenza proponeva appello la ### chiedendo la riforma della sentenza ed il rigetto delle domande proposte da ### srl. 
Si costituiva ### srl e contestava la fondatezza dell'appello chiedendone il rigetto; inoltre, proponeva appello incidentale relativamente alla mancata prova della chiusura del conto e alla mancata compensazione, sollecitando inoltre una pronuncia d'ufficio relativamente alla validità del mutuo. 
Senza ulteriore istruttoria, all'udienza del 28.5.1025 le parti precisavano le conclusioni e la Corte tratteneva la causa in decisione assegnando i termini ex art. 190 c.p.c.  MOTIVI DELLA DECISIONE ### spa ha eccepito l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art.342 cpc.  ### è infondata dal momento che l'atto introduttivo del presente grado contiene l'esposizione di tutti gli elementi richiesti dalla citata norma nel testo vigente ratione temporis, essendo possibile individuare sia le opposte censure mosse alla sentenza appellata, tanto in punto di ricostruzione dei fatti, quanto in punto di diritto, sia gli argomenti che l'appellante intende contrapporre a quelli adottati dal giudice di primo grado a sostegno della decisione. Va ricordato che in questo senso si è già pronunciata la Cassazione a sezioni ### (27199/2017) che ha chiarito che <<Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l.  83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata>>.  ### va, quindi, disattesa. 
Procedendo, quindi, all'esame dei motivi di appello proposti dalla ### con il primo motivo essa lamenta che il Tribunale non abbia tenuto conto del comportamento processuale di ### nel corso del processo di primo grado, che sarebbe stato sanzionabile ai sensi dell'art.116 cpc, così violando l'art 112 cpc. 
Segnatamente, la società avrebbe dato corso a plurime produzioni documentali irrituali e pertanto inammissibili, oltre la scadenza dei termini di cui al codice di rito; inoltre, avrebbe omesso di produrre gli estratti conto sin dall'apertura del conto (avvenuta nel 1996) fino al 31.10.1998, pur avendoli a disposizione come risulterebbe dall'elaborato peritale di parte oltre che dalla loro mancata richiesta in sede di mediazione, dall'esame dei quali avrebbe potuto evincersi che le condizioni di cui alla delibera ### del 2000 erano già state applicate dalla ### prima della sua stessa entrata in vigore, con la conseguenza che l'introduzione della circolare del 9.2.2000 non avrebbe comportato aggravamento delle condizioni in precedenza applicate. 
In secondo luogo, la domanda di mediazione prodotta dalla società appellata non sarebbe stata quella originale, nella quale, tra gli allegati, risultavano gli scalari da giugno 1996 in poi, ma sarebbe stata alterata. 
Infine, la società appellante avrebbe irritualmente depositato una pec datata 13.11.2021 con allegata una perizia del dott. ### del 2018 non avente data certa. 
Tutto ciò configurerebbe un vero e proprio abuso del processo. 
Il motivo è infondato. 
La nuova documentazione prodotta dalla difesa di ### alla udienza di precisazione delle conclusioni nel presente grado (doc.ti 10, 10 bis e 11) è ammissibile in quanto di formazione successiva alla proposizione dell'appello: essa risulta, tuttavia, irrilevante ai fini del decidere, in quanto la vicenda in sede penale e disciplinare, pur avendo avuto origine dal presente procedimento, è del tutto estranea alle questioni agitate nel presente giudizio e non può, dunque, essere valorizzata ai sensi dell'art. 116 cpc. 
Parimenti irrilevante è la questione relativa alla differenza tra i due moduli di domanda di mediazione prodotti dalla correntista posto che l'appellante non contesta la regolarità del procedimento di mediazione e la procedibilità della domanda, ma solo una pretesa condotta processuale scorretta derivante dal fatto che in uno di essi risulterebbero indicati, tra gli allegati, anche gli estratti conto dal 1996 al 1998 in poi, non prodotti in giudizio, e ciò avrebbe impedito alla banca di potere dimostrare l'applicazione della pari periodicità della capitalizzazione anche ante 2000.  ## disparte la considerazione che la produzione incompleta da parte del correntista non impediva alla banca di produrre gli estratti conto e la documentazione mancante, di cui essa aveva certamente la disponibilità, ove ritenuta essenziale al fine di provare la periodicità della capitalizzazione applicata ante 2000, come peraltro l'istituto di credito ha fatto, rileva il Collegio che la loro produzione da cui si evincerebbe la applicazione di fatto della periodicità della capitalizzazione, contrariamente a quanto ritiene l'appellante, non sarebbe comunque valsa ad escludere la nullità della capitalizzazione ante delibera ### 2000, derivante dalla violazione dell'art. 1283 cc, e la conseguente necessità di una specifica pattuizione per la sussistenza di un peggioramento delle precedenti condizioni per i motivi che più diffusamente si esporranno in occasione dell'esame del quarto motivo di appello. 
Quanto al fatto che la perizia di parte del dott. ### risulterebbe indicata quale allegato solo in uno dei due moduli di domanda di mediazione in atti e che quindi non ne sarebbe provata la data, appare sufficiente evidenziare che la perizia di parte è qualificabile come mero atto difensivo e non rientra, pertanto, nel novero dei nuovi mezzi di prova e non soggiace quindi al divieto dei “nova” previsto dall'art. 345 cpc, ma può essere prodotta in ogni momento, anche per la prima volta in appello (cfr.  28.06.2024 n. 17851), a nulla quindi rilevando a quando essa risalga e se fosse stata o meno già allegata alla domanda di mediazione originale. 
Nessun abuso del processo è, pertanto, configurabile, con conseguente rigetto del primo motivo di gravame. 
Con il secondo motivo l'appellante censura la decisione del primo giudicante nella parte in cui essa stabilisce che dai documenti prodotti non risultavano determinati i tassi attivi e passivi applicati al rapporto né le loro modalità di applicazione, che non vi era adeguata prova che le condizioni richiamate dal contratto prodotto e ad esso allegate fossero quelle in vigore dal 7.11.1994 e dall'1.1.1995, né risultava che il documento contenente tali condizioni fosse stato sottoscritto da parte attrice relativamente all'indicazione dei tassi né da un soggetto legale rappresentante della società; inoltre, essendo stato il contratto stipulato in data ### avrebbero dovuto trovare applicazione le condizioni con decorrenza in data ###, le quali non dicevano nulla in merito all'interesse attivo e passivo derivante dal rapporto; la formula con riferimento a prime rate e top rate era assolutamente generica e non forniva indicazioni rispetto alla formula utilizzata in concreto per la determinazione del tasso.  ### la banca appellante, invece, le condizioni economiche allegate alla convenzione di conto corrente del 16 aprile 1996 farebbero esplicito riferimento al ### di ### (###, ossia il tasso con cui ### d'### concedeva prestiti agli ### di ### poi sostituito con il TUR (tasso ufficiale di riferimento) nel 2003, disponendo che la determinazione si realizzi attraverso una maggiorazione o riduzione di tale tasso. Il tasso, dunque, sarebbe determinato o comunque determinabile per relationem, ma il Tribunale non ne avrebbe tenuto conto, in violazione dell'art. 112 cpc. 
Il capo della sentenza impugnata sarebbe viziato anche per inesistenza della motivazione. Segnatamente sarebbe errata la parte della pronuncia in cui il giudice non avrebbe considerato provate le condizioni relative ai tassi, in quanto il documento originale relativo alle condizioni contrattuali, unico foglio fronte-retro, sarebbe stato sottoscritto dal sig. ### quale legale rappresentante di ### srl nella stessa data (16 aprile 1996) della sottoscrizione della convenzione di c/c; inoltre, in tale documento sarebbero riportate tre date a cui farebbero riferimento tre blocchi di condizioni (interessi attivi e passivi, commissioni di tenuta conto e valute, spese per operazione): dunque i tassi sarebbero stati correttamente determinati per relationem come ritenuto ammissibile dalla Suprema Corte. 
Il motivo è infondato. 
Nessuna omessa motivazione è, innanzitutto, configurabile avendo il giudice espressamente dato atto del perché ha ritenuto di non tenere conto della determinazione del tasso per relationem, affermando, con riferimento alla tesi difensiva della ### secondo cui le condizioni contrattuali relative ai tassi sarebbero state presenti nel contratto con richiamo a quelle in vigore dal 7.11.1994 e dall'1.1.1995 allegate al contratto di conto corrente, che di tale allegazione inscindibile al contratto non vi fosse adeguata prova in atti e che essendo stato il contratto stipulato in data ### avrebbero dovuto trovare applicazione le condizioni con decorrenza 1.1.1995 le quali tuttavia nulla dicevano in merito al tasso di interesse attivo e passivo applicabile al rapporto.  ### del tribunale risulta, peraltro, condivisibile. 
Ai sensi dell'art. 117, comma 4, ### i contratti devono indicare il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati ed in caso di inosservanza di tale disposizione si applica il tasso previsto al comma 7 del medesimo articolo. 
Il contratto di conto corrente n. 2980/70 del 16.04.1996 (cfr. doc. 3) prevedeva che esso sarebbe stato regolato “dalle condizioni economiche riportate nell'allegato prospetto, che forma parte integrante e sostanziale della lettera di cui sopra”. 
Sin dall'atto di citazione in giudizio ### che lo ha prodotto unitamente alla perizia di parte versata in atti, ha contestato che il doc. 3 bis ottenuto dalla banca a seguito dell'istanza ex art 119 TUB, costituisse il prospetto richiamato nel contratto di conto corrente o fosse comunque mai stato ad esso allegato, spettando quindi alla banca provare il contrario. 
Ritiene il Collegio, come già affermato dal Tribunale, che tale prova non sia stata fornita. 
Manca, infatti, nel contratto di conto corrente, qualsiasi indicazione che permetta di individuare quali sarebbero state le condizioni economiche applicabili e quale sarebbe stato il prospetto allegato, né vi è alcun riferimento alle condizioni economiche in quel momento vigenti o ai “### e condizioni in vigore dal 7/11/1994” e “dal 01/01/95”, né infine vi è il richiamo al doc. 3 bis riportante questi ultimi tassi. 
Parimenti, in quest'ultimo documento non vi è alcun riferimento alla società correntista e/o al c/c n. 2980 del quale esso, in tesi, avrebbe dovuto costituire il prospetto allegato. Non vi sono, inoltre, altri indizi che possano anche solo fare presumere che il suddetto documento coincidesse con l'”allegato prospetto” al contratto di conto corrente, come ad esempio la data corrispondente a quella di stipula del contratto di conto corrente (16.4.1996) o la numerazione progressiva delle pagine, non essendo datato nè numerato. 
Irrilevante è, infine, la circostanza, più volte richiamata dalla banca, che tale documento risulti sottoscritto, trattandosi di documento che è stato prodotto in giudizio in primis dalla stessa correntista che sin dall'inizio ha contestato trattarsi del documento richiamato dal contratto e la sua estraneità alla vicenda contrattuale e tenuto conto che la previsione dell'art. 214 cpc opera solo nel caso in cui il documento sottoscritto sia stato prodotto dalla controparte (cfr. in questo senso Cass. 1.12.2016 24539; Cass. 19.09.2022 n. 27362). 
Quanto, infine, al fatto che le condizioni contrattuali sarebbero state contenute negli estratti conto comunicati alla correntista è priva di rilievo non potendo tale comunicazione unilaterale sostituire la previsione contrattuale prevista a pena di nullità, e ciò rende irrilevante anche la mancanza di contestazione degli estratti conto da parte della correntista. 
Non vi è, dunque, prova, come già ritenuto dal primo giudice, che tale documento fosse allegato al contratto di c/c n. 2980 e ciò appare sufficiente a giustificare il rigetto della doglianza. 
Con il terzo motivo l'appellante si duole dell'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ritiene insussistente, fino alla data del 19.08.2010, una pattuizione adeguata delle commissioni di massimo scoperto, poiché la comunicazione resa in data ### non riportava le modalità di applicazione e calcolo di tale onere e non recava la sottoscrizione della società correntista. 
I parametri di riferimento al contrario sarebbero stati pattuiti nella predetta comunicazione: la commissione sarebbe stata determinata nel minimo (0,125%) e nel massimo (0,500%), così come sarebbero stati determinati i giorni valuta; gli interessi creditori sarebbero stati capitalizzati annualmente e quelli debitori trimestralmente. 
Il motivo è infondato. 
Dirimente appare la considerazione che nessun riferimento alla cms è contenuto nel contratto di conto corrente n. 2890/70 (ed invero neppure nel doc. 3 bis richiamato, infondatamente, dalla ### quale parte integrante di esso) con la conseguenza che la successiva comunicazione del 8.1.2008, non sottoscritta dalla correntista, anche ove ritenuta determinata, non potrebbe sanare la mancata previsione originaria in contratto. Non può, infatti, utilmente richiamarsi la clausola n. 16 del contratto di conto corrente che prevedeva la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali tramite comunicazione semplice con lettera al correntista in quanto la successiva comunicazione delle condizioni contrattuali non può sanare e colmare la carenza originaria di qualsiasi previsione in ordine alla cms. 
La facoltà di variare il tasso di interesse, commissioni e spese spetta, infatti, all'istituto di credito solo allorchè esse siano state validamente pattuite all'atto del sorgere del rapporto ovvero, in seguito, tramite accordo sottoscritto da entrambe le parti, accordo nella specie carente sin dall'origine con riguardo alla cms. 
Il motivo va, quindi, respinto. 
Con il quarto motivo l'appellante si duole dell'erroneità della pronuncia relativa all'anatocismo, segnatamente nella parte in cui il primo giudicante non lo ritiene pattuito, neppure a seguito della delibera ### del febbraio 2000. 
Sostiene l'appellante che la ### avrebbe, al contrario, applicato la medesima periodicità di capitalizzazione degli interessi attivi e passivi già prima dell'entrata in vigore della delibera ### del 2000, come risulterebbe dagli scalari di giugno 1996, marzo 1997 e giugno 1997. Pertanto non sarebbe stato necessario, dopo la delibera del ### del 9.2.2000, un ulteriore consenso espresso del cliente, in quanto le condizioni applicate post-2000 non comportavano alcun peggioramento rispetto alle precedenti, fermo l'adempimento dell'onere di pubblicazione in ### e di comunicazione per iscritto alla clientela, regolarmente eseguito dalla ### Il motivo è destituito di fondamento.  ### ha allegato che dopo l'entrata in vigore della ### 9 febbraio 2000, ha provveduto ad adeguare la capitalizzazione degli interessi effettuando la pubblicazione delle nuove condizioni (capitalizzazione trimestrale sia per gli interessi passivi che per quelli attivi) nella ### e inviando alla società correntista la comunicazione delle modifiche nell'estratto conto, e di non avere, invece, stipulato un'apposita convenzione scritta, al pari di quella richiesta per la stipulazione dei contratti soggetti alla nuova disciplina, non sussistendo alcun peggioramento rispetto alle condizioni precedenti, stante l'applicazione di fatto della capitalizzazione trimestrale anche per gli interessi attivi. 
La tesi non può essere accolta. 
E', infatti, noto e consolidato il principio espresso dalla celebre sentenza della Corte di Cassazione del 16.3.1999 n. 2374 (e le successive n. 3096 e n. 3845) e successivamente ribadito dalle ### della Suprema Corte con sentenza n. 21095/2004 (nello stesso senso successivamente: Cass. SS.UU. n. 24418/2010; Cass. 17.08.2016 n. 17150; Cass. 14.3.2018 n. 6251) che ritiene illegittima la prassi dell'anatocismo bancario in quanto rispondente ad un mero uso negoziale e non normativo, vietato ai sensi dell'art. 1283 c.c., con conseguente nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi per il contrasto con il divieto di anatocismo sancito dall'art. 1283 c.c., e necessità di ricalcolare gli interessi a debito del correntista senza operare capitalizzazione alcuna; la SC ha successivamente affermato che l'art. 1283 cc osta anche ad una eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale e non può essere ipotizzato come esistente un uso, anche non normativo, di capitalizzazione con quella cadenza o comunque con applicazione di una capitalizzazione con periodicità più estesa di quella trimestrale (cfr.  SS.UU n. 24418/2010. Cfr. in senso conforme Cass. 3.9.2013 n. 20172 e Cass. 6.5.2015 n. 9127). 
Stante la illegittimità della previsione della capitalizzazione degli interessi per violazione del divieto di anatocismo previsto dall'art. 1283 cc a nulla rileva, pertanto, che la ### nonostante l'espressa previsione di cui all'art. 7 del contratto di conto corrente n. 2980/70, di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e annuale per gli interessi attivi, abbia applicato di fatto la medesima periodicità anche per gli interessi attivi, ciò non valendo a sanare la nullità della clausola anatocistica. 
Tutte le questione sollevate dall'appellante in ordine alla allegazione degli estratti conto dal 1996 al 1998 alla domanda di mediazione e alla loro mancata produzione in giudizio da parte della società correntista, nonché alla illeggibilità degli scalari 1996/1998 prodotti dalla banca, come già anticipato in occasione dell'esame del primo motivo di gravame, rimangono dunque assorbite. 
E' noto altresì che successivamente alla pronuncia di incostituzionalità dell'art. 25, comma 3, D.Lgs. n. 342 del 1999, <<le clausole anatocistiche inserite in contratti di conto corrente conclusi prima dell'entrata in vigore della delibera ### 9 febbraio 2000 sono radicalmente nulle, con conseguente impraticabilità del giudizio di comparazione previsto dal comma 2 dell'art. 7 della delibera del ### teso a verificare se le nuove pattuizioni abbiano o meno comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, sicché in tali contratti perché sia introdotta validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa pattuizione formulata nel rispetto dell'art. 2 della predetta delibera>> (Cass., n. 9140/2020; Cass., n. 29420- 2020)” (cfr Cass. 2.4.2024 n. 8639. Cfr anche Cass. 21 ottobre 2019, 26769, non massimata; Cass. 21 ottobre 2019, n. 26779, non massimata). 
Sull'interpretazione dell'art. 7, secondo comma, delibera ### 9 febbraio 2000, era, peraltro, sorto recentemente un contrasto all'interno della ### della Cassazione (cfr. ord 5054 e 5064 del 2024 e ord.  interlocutoria n.13167 del 14 maggio 2024), che è stato risolto dalla recentissima pronuncia della SC n. 28215 del 4.11.2024, la quale ha affermato come non vi siano ragioni per discostarsi dal consolidato precedente orientamento espresso dalla sentenza della SC n. 9140 del 2020 sopra riportato (e dalle successive ordinanze conformi) che ha <<escluso la possibilità per le banche di procedere all'adeguamento contrattuale mediante la pubblicazione nella ### e la comunicazione al correntista non già in ragione di una valutazione comparativa espressiva del carattere peggiorativo delle nuove condizioni rispetto a quelle precedenti, esito della nullità di queste ultima e, dunque, dell'assenza di una valida ed efficace pattuizione anatocistica, quanto in virtù della impraticabilità di una siffatta comparazione discendente proprio dalla mancanza di uno dei termini di raffronto a causa della nullità della relativa previsione negoziale>>. 
Alla luce del principio sopra esposto, gli adempimenti posti in essere dalla ### appellante (pubblicazione in GU e invio di comunicazione) non sono sufficienti per il periodo successivo al 2000, ad assicurare la legittimità degli addebiti a titolo di capitalizzazione degli interessi, a tal fine occorrendo un'apposita convenzione scritta, al pari di quella richiesta per la stipulazione dei contratti soggetti alla nuova disciplina, che le parti nella specie non hanno stipulato. 
Ne discende la illegittimità degli addebiti a titolo di capitalizzazione degli interessi a debito applicati dalla ### anche per il periodo successivo al 30 giugno 2000. 
Giustamente quindi il Tribunale, in ossequio agli orientamenti giurisprudenziali sopra riportati, ha epurato il conto corrente n. 2980/70 da ogni capitalizzazione per tutta la durata del rapporto. 
Con il quinto motivo l'appellante si duole dell'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui essa ha ritenuto che i pagamenti fossero tutti ripristinatori e non solutori e che, pertanto, l'eccezione di prescrizione fosse infondata. 
Al contrario, secondo la banca appellante, poichè l'atto di citazione era stato notificato in data ###, tutti gli addebiti eventualmente illegittimi effettuati in epoca anteriore al 4.6.2010 dovrebbero ritenersi inattaccabili per intervenuta prescrizione in quanto le rimesse annotate in epoca anteriore sarebbero state effettuate su conto scoperto e dovrebbero ritenersi solutorie; i documenti 4 e 4bis prodotti dalla ### infatti, non costituivano aperture di credito ma mere comunicazioni, per ammissione della cliente stessa, con eccezione dell'apertura di credito in data ### che corrispondeva a un negozio con tutti gli elementi necessari, inclusa la sottoscrizione. 
Ne discende la inattendibilità della consulenza tecnica che non ha rilevato rimesse solutorie (oltre ad avere ritenuto illeggibili solo gli estratti conto del 1996, 1997 e 1998 prodotti dalla banca) e la necessità di riconvocare il ctu al fine di effettuare nuovi conteggi che tengano conto della prescrizione. 
Il motivo è infondato. 
Il Tribunale ha fatto corretta applicazione dell'orientamento ormai consolidato della Suprema Corte secondo cui il correntista che agisca per la ripetizione delle somme a suo dire indebitamente corrisposte dalla banca e alla quale quest'ultima abbia eccepito la prescrizione del diritto alla ripetizione dell'indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, grava l'onere di dimostrare il carattere meramente ripristinatorio e non solutorio delle rimesse effettuate sul conto corrente e, ancor prima, l'onere di provare l'esistenza di un contratto di apertura di credito, che consenta di qualificare tutti o alcuni versamenti come meramente ripristinatori della disponibilità accordata (cfr. sul punto, tra le tante: Cass. ord n. 8035 del 26.3.2025; Cass. sent. sez. I n. 2660 del 30.01.2019; Cass. n. 27704 del 30.10.2018). A tal fine, peraltro, la SC ha ritenuto che il giudice possa valorizzare la prova della stipula di un contratto di apertura di credito ritualmente acquisita anche in difetto di specifica allegazione del correntista, in quanto la deduzione circa l'esistenza di un impedimento al decorso della prescrizione determinato dalla esistenza di un'apertura di credito costituisce una eccezione in senso lato e non in senso stretto ( Cass. 8053/25 cit; Cass. ord. n. 3127 del 6.12.2019). 
Ciò posto, l'orientamento di legittimità più recente, da cui non vi è ragione di discostarsi, ha affermato che ai fini della prova della natura ripristinatoria delle rimesse non può ritenersi insussistente una apertura di credito per il solo fatto che il correntista non abbia fornito la prova della stipulazione del contratto in forma scritta, in quanto la rilevazione del vizio di nullità per difetto del requisito di cui all'art. 117, comma primo, del d.lgs. n. 385 del 1993, non corrisponde all'interesse della correntista al quale resterebbe in tal modo precluso l'accoglimento della domanda di ripetizione imponendo di attribuire natura solutoria a tutti i versamenti effettuati sul conto corrente nel corso del rapporto. 
Non essendo dunque rilevabile d'ufficio la nullità, deve ritenersi che non sia preclusa alla società correntista la possibilità di fornire la prova della concessione dell'affidamento attraverso mezzi diversi dalla produzione del documento contrattuale con ogni mezzo, quali gli estratti conto o i riassunti scalari, attestanti il reiterato adempimento da parte della ### di ordini di pagamento impartiti dalla correntista, anche in assenza di provvista, le risultanze del libro fidi attestanti l'esistenza di una delibera di concessione di un finanziamento, la segnalazione alla ### dei ### della ### d'### la stabilità dell'esposizione, l'entità del saldo debitore, la previsione di una commissione di massimo scoperto, le voci quali “spese gestione fido” e “revisione fido”, nella misura in cui essi, anche in compresenza, possano essere considerati idonei a dimostrare, in via di presunzione, l'esistenza di un accordo tra le parti per l'utilizzazione da parte della correntista d'importi eccedenti la disponibilità esistente sul conto ed i limiti di tale utilizzazione (cfr. in tal senso Cass. 24.01.2024 4621; Cass. ord. 8035/25) . 
Nella specie tale prova, come giustamente ritenuto dal Tribunale, emerge dalle comunicazioni inviate dalla ### alla società correntista e prodotte sub all. 4bis, in cui si dà atto della richiesta di affidamento da parte di ### srl rivolta alla banca e in cui quest'ultima comunica che il competente ### ha concesso la linea di credito a valere sul c/c n. 2980, indicandone l'importo (euro 1.600.000,00 con comunicazione del 30.06.2000, reiterata con comunicazione del 27.02.2001; euro 826.000 per il fido di conto corrente generico ed euro 500.000,00 per MT fondiari con comunicazione del 9.7.2002; euro 1.200.000,00 fino a revoca con comunicazione in data ###). Da tali comunicazioni si ricava, inequivocabilmente, che il conto era affidato nonché i limiti dell'affidamento concesso. 
Nessuna critica specifica è stata mossa ai conteggi del ctu che, sulla base del corretto presupposto che il conto corrente era affidato, non ha rilevato rimesse solutorie ma solo ripristinatorie. Non può quindi essere accolta la richiesta di richiamo del ctu per procedere al riconteggio del saldo ritenendo il conto corrente non affidato. 
Il motivo va quindi respinto. 
Con il sesto motivo l'istituto di credito appellante si duole della decisione di primo grado di considerare ammissibile la domanda di accertamento della nullità delle clausole, nonostante il conto corrente risultasse ancora aperto.  ### proposta da ### srl sarebbe stata infatti sostanzialmente un'azione di condanna finalizzata al pagamento o alla restituzione di somme corrisposte indebitamente: l'azione di ripetizione dell'indebito, infatti, anche quando consequenziale a una previa azione di accertamento della nullità parziale del contratto, sarebbe comunque soggetta all'onere di allegazione e prova delle somme indebitamente versate; nel caso di specie l'unico pagamento rilevante sarebbe il versamento del saldo finale, a seguito della chiusura del conto. Dunque il correntista potrebbe sempre agire anche a conto aperto per l'accertamento della nullità parziale del contratto, ma qualora voglia agire per la ripetizione delle rimesse solutorie dovrebbe individuare i singoli versamenti aventi funzione solutoria. Nel caso di specie, la correntista non aveva, invece, individuato i singoli versamenti di cui ha domandato la restituzione. 
Pertanto, l'inammissibilità della domanda di ripetizione travolgerebbe anche la domanda di accertamento negativo, essendo la seconda strumentale alla prima.  ### di accertamento di un credito irripetibile sarebbe inoltre inammissibile per carenza di interesse ai sensi dell'art.100 cpc in quanto si tratterebbe di azione volta ad ottenere l'accertamento di un fatto e non di un diritto. 
Non sarebbe comunque provata, secondo l'appellante, la chiusura del conto in quanto ### srl non aveva provato la ricezione della raccomandata di recesso del 6.4.2020 non avendo mai prodotto la cartolina di ritorno; inoltre, pur essendo la lettera datata 6 aprile 2020, il tagliando delle poste riportava come data di spedizione quella di due giorni prima (4 aprile 2020); l'esito di spedizione recava ### quale indirizzo di consegna, quando la lettera doveva invece essere consegnata a ### la stessa società aveva versato sul conto un assegno per € 14.500,00 in data ### e aveva continuato a utilizzare la procedura di home banking, infine non poteva ravvisarsi abuso nella condotta della banca che aveva continuato ad addebitare sul conto corrente le rate del mutuo perché così era previsto in contratto. 
Quest'ultimo motivo va esaminato unitamente al primo motivo di appello incidentale proposto dalla società ### s.r.l., con cui la società appellata si duole dell'erronea statuizione del primo giudice in merito alla mancata chiusura del conto corrente, con conseguente inammissibilità della domanda di ripetizione, poiché la cartolina di ricevimento della raccomandata spedita in data ### non era stata prodotta, né poteva rilevare l'interrogazione al sito di ### che indicava una data di spedizione antecedente a quella riportata sulla lettera e non dava riscontro dell'avvenuta ricezione del plico, ferma la sussistenza di accrediti e addebiti sul conto anche in data successiva. 
Sostiene, infatti, la società che, ai sensi dell'art.7 ultimo paragrafo del contratto di conto corrente, era prevista la possibilità per il correntista di recedere dal contratto di conto corrente e dalla convenzione d'assegno, facendo addebitare le rate su altro conto, tramite semplice raccomandata, e non necessariamente raccomandata con ricevuta di ritorno. 
Ai sensi della corrente giurisprudenza, inoltre, la schermata del sito di ### avrebbe valore probatorio relativamente all'avvenuto invio della missiva, da cui conseguirebbe la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art 1335 cc, conoscenza mai smentita dall'### Quanto all'indicazione sulla missiva del luogo di “Martinengo” quale indirizzo di ricezione sarebbe dovuta solo al fatto che a ### ove si trova la sede ###vi sarebbe più un ufficio postale, dunque, l'invio sarebbe stato comunque evaso presso l'ufficio postale di #### srl aveva inoltre inviato una raccomandata di recesso ulteriore in data ### prodotta in allegato alla memoria di cui all'art.183 c.VI n.1, doc.32 in primo grado, anticipata da pec, per cui il conto sarebbe stato comunque da ritenersi chiuso a quella data e l'addebito delle rate sul conto corrente dopo tale data sarebbe stato comunque indebito e abusivo. Infine la ### stessa aveva prodotto una raccomandata datata 26.11.2020 in cui essa stessa recedeva dai contratti di conto corrente e d'assegno, oltre che dal mutuo (doc. 14 BCC). 
Il conto doveva quindi considerarsi chiuso almeno alla data del 20.10.2020, con conseguente ammissibilità della domanda di ripetizione del saldo allora pari a € 943.932,45, o al più tardi alla data del 27.11.2020, con saldo calcolabile solo una volta acquisiti gli estratti conto mancanti: tale acquisizione sarebbe possibile in quanto sarebbe già stata esperita la richiesta di cui all'art.119 TUB. 
Il motivo di appello incidentale è fondato nei limiti che si espongono, mentre è infondato il quinto motivo di appello principale. 
Ai sensi dell'art. 1422 cc <<l'azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione dell'azione di ripetizione>>. E' pertanto soggetta a prescrizione l'azione di ripetizione dell'indebito (art.2033 cc), mentre quella di accertamento della nullità, totale o parziale, del contratto, o di singole clausole di esso, è da ritenersi imprescrittibile. 
Con ordinanza n. 21646 del 5.9.2018, la Suprema Corte, investita del ricorso avverso la pronuncia con cui il giudice del merito aveva affermato che il rigetto della domanda relativa all'indebito - ritenuta inammissibile a rapporto di conto corrente aperto - avrebbe travolto anche le domande presupposte aventi ad oggetto la richiesta di accertamento della nullità di clausole contrattuali e la rideterminazione del saldo, in quanto strumentali all'accoglimento della domanda di condanna, non potendo l'esame di tali domande ed il connesso interesse ad esse prescindere dalla richiesta restitutoria, ha affermato che “Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte distrettuale … il correntista, in una situazione quale quella in esame, contrassegnata dall'assenza di rimesse solutorie da lui eseguite, ha comunque un interesse di sicura consistenza a che si accerti, prima della chiusura del conto, la nullità o validità delle clausole anatocistiche, l'esistenza o meno di addebiti illegittimi operati in proprio danno e, da ultimo, l'entità del saldo ### ricalcolato, depurato delle appostazioni che non potevano aver luogo. Tale interesse rileva, sul piano pratico, almeno in tre direzioni: quella della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime; quella del ripristino, da parte del correntista, di una maggiore estensione dell'affidamento a lui concesso, siccome eroso da addebiti contra legem; quella della riduzione dell'importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere a seguito della cessazione del rapporto (allorquando, cioè, dovranno regolarsi tra le parti le contrapposte partite di debito e credito). Sotto questi tre profili la domanda di accertamento di cui si dibatte prospetta, dunque, per il soggetto che la propone, un sicuro interesse, in quanto è volta al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile, che non può attingersi senza la pronuncia del giudice. Come lucidamente osservato dalle ### di questa Corte, il correntista, sin dal momento dell'annotazione in conto di una posta, avvedutosi dell'illegittimità dell'addebito in conto, ben può agire in giudizio per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo favore delle risultanze del conto stesso: e potrà farlo, se al conto accede un'apertura di credito bancario, proprio allo scopo di recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido concessogli”(Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418, in motivazione; nel medesimo senso, sempre in motivazione, Cass. 15 gennaio 2013, n. 798. In senso conforme, di recente, si è espressa Cass. 16602/2024, in motivazione). 
Correttamente, quindi, il primo giudice ha statuito sul merito delle domande di accertamento proposte, giacché l'acclarata l'insussistenza di rimesse solutorie non escludeva un interesse della correntista rispetto alle pronunce invocate. 
Ritiene, peraltro, il Collegio, qui discostandosi dalla sentenza impugnata, che il conto corrente 2980/70 fosse in realtà da ritenersi già chiuso prima della introduzione del giudizio o comunque nel corso dello stesso. 
Non si condivide, infatti, la conclusione del Tribunale secondo cui la società correntista non avrebbe fornito la prova di essere receduta dal rapporto di conto corrente con la lettera raccomandata datata 4 aprile 2020 non avendo prodotto la cartolina ricevimento della raccomandata. 
La Suprema Corte, con principio ormai consolidato, ritiene che <<la produzione in giudizio di un telegramma, o di una lettera raccomandata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art. 1335 c.c., fondata sulle univoche e concludenti circostanze della suddetta spedizione e sull'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico>> (cfr. Cass. 10.01.2025 656; Sez. L. n. 24015, 12/10/2017, Rv. 646099; conf. Cass. nn. 511/2019, 17204/2016, 17417/2007, 8073/2002, 758/2006, 23920/2013). 
A questo principio non si è conformata la decisione qui gravata. 
Al fine di vincere la presunzione di ricezione della predetta raccomandata non appare dirimente la circostanza che la data riportata sulla lettera di recesso (6 aprile 2020) sia di due giorni successiva a quella riportata nella ricevuta di spedizione (4 aprile 2020), ben potendo tale discordanza ricondursi ad un mero errore materiale non avendo, del resto, la ### neppure allegato di avere ricevuto una diversa missiva da parte della correntista datata 4 aprile 2020 o con data immediatamente antecedente. 
Nulla dimostra poi il fatto che dalla interrogazione del sito ### (cfr. doc. 1 bis della correntista) risulti la indicazione, quale destinatario, dell'### di ### anziché di ### poiché lo stesso è avvenuto con riferimento sia alla successiva raccomandata del 19/20.11.2020 inviata dalla correntista (cfr. timbro dell'ufficio di ### apposto sull'avviso di ricevimento) con cui è stato notificato l'atto di precetto allegato dall'appellata sub 2 alla nota di deposito dell'11.10.2021 (doc. 1u), anch'essa consegnata dall'### postale di ### (come si evince dal timbro stampigliato), la cui consegna al destinatario è pacifica. 
Rileva, peraltro, la Corte che, anche a volere diversamente ritenere valorizzando, come fatto dal Tribunale, la successiva operatività della correntista sul conto rimasto aperto (a giustificazione della quale, in effetti, nulla di convincente ha dedotto la correntista), varrebbe comunque il recesso esercitato da ### con la successiva raccomandata A/R del 19.10.2020, consegnata alla banca il giorno successivo, come da avviso di ricevimento prodotto in atti sub doc. 1n, e la cui ricezione è peraltro confermata dalla stessa banca nella missiva di risposta del 26.11.2020. 
Quand'anche, infine, si volesse accogliere l'obiezione della ### in ordine alla necessità di regolare preventivamente il rapporto di mutuo concesso prima di potere procedere alla chiusura del conto corrente su cui venivano regolate le rate, giova sottolineare che la stessa ### con missiva inviata a mezzo PEC in data 26 novembre 2020, ha comunicato il recesso e la chiusura del conto corrente n. 2980 nonché la revoca e la decadenza dal beneficio del termine del mutuo fondiario in essere. 
Non vi è dubbio, dunque, che il conto corrente n. 2980 sia stato chiuso al più tardi nel corso del presente giudizio e ciò rende ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito sin dall'inizio regolarmente introdotta dalla correntista, essendo sufficiente che il conto sia chiuso al momento della decisione (cfr. in questo senso Cass. 15.6.2018 n. 15797 che a sua volta richiama Cass. 18.12.2014 n. 26769, secondo cui “è sufficiente che la condizione dell'azione sussista al tempo della decisione, poichè la sua sopravvenienza rende proponibile l'azione "ab origine", indipendentemente dal momento in cui si verifichi"). 
Con il secondo motivo d'appello incidentale ### srl lamenta l'omessa pronuncia del giudice di primo grado in merito alla nullità del mutuo, pur sussistendo i requisiti per una pronuncia d'ufficio e ferma la rinuncia alla domanda di nullità. Segnatamente il giudice avrebbe errato nel ritenere sussistente un difetto di allegazione in merito alla circostanza per cui il mutuo sarebbe stato immediatamente destinato a ripianare una situazione debitoria preesistente. 
Al contrario la società avrebbe allegato a pag.2 della citazione in primo grado la sussistenza di un saldo negativo sul conto corrente (dove poi sarebbe stato erogato il mutuo) per oltre un milione di euro. Sarebbe inoltre provato l'immediato impiego della somma per il ripianamento del debito della società in quanto il passivo del conto, successivamente alla data dell'erogazione, si era ridotto ad € 600.000,00, il che sarebbe evidenza dell'immediato impiego delle somme per il pagamento del preesistente debito. Tale situazione, poiché soggetta a rilievo d'ufficio, non incontrerebbe le preclusioni di allegazione imposte alle parti. 
Sussisterebbe inoltre un collegamento negoziale tra il mutuo e la modifica dell'apertura di credito: entrambi i negozi sarebbero stati stipulati con l'unico fine di ridurre l'entità del fido e corredare di garanzia ipotecaria l'esposizione, che sarebbe stata tuttavia in realtà inesistente, alla luce del ricalcolo effettuato dal consulente tecnico, in quanto l'effettivo saldo del conto in quel momento come accertato dalla consulenza tecnica sarebbe stato pari a € 900.000,00, ben superiore quindi all'ammontare del finanziamento; infine, in sede ###data 10 marzo 2015 la ### stessa aveva affermato che il mutuo era destinato alla riduzione dell'apertura di credito (doc. C- 006). Il relativo documento farebbe piena prova ex art.2735 cc quanto meno delle circostanze sfavorevoli all'istituto di credito, in ordine al collegamento tra mutuo e riduzione dell'apertura di credito; si rinverrebbe riscontro di tale collegamento anche nel doc.2 bis del fascicolo di parte, prodotto sin dalla comparsa di costituzione. Dunque il mutuo stesso non avrebbe avuto ragion d'essere, perchè non sarebbe stato necessario ridurre l'esposizione della ### allora insussistente. 
Si tratterebbe di questione distinta rispetto a quella relativa alla validità del mutuo solutorio, in quanto la sentenza di Cass. n.11055 del 27.4.2025 la riterrebbe questione separata e riservata al giudizio del giudice di merito. 
Il motivo è infondato. 
Anzitutto va escluso il vizio di omessa motivazione avendo, al contrario, il Tribunale espresso il motivo per cui ha ritenuto di non rilevare di ufficio la nullità del mutuo per cui è causa, affermando che la società attrice non aveva provato <<che la somma mutuata non era stata messa a sua disposizione dalla banca ma che era stata immediatamente destinata al ripianamento dei debiti sussistenti nei confronti della banca>> e si era invece limitata <<ad affermare che alla data di stipula del mutuo esisteva una propria esposizione debitoria verso la banca di oltre un milione di euro; analoga affermazione è stata svolta dal perito dell'attrice nella propria relazione>>.  ### questa Corte ritiene, peraltro, che non vi siano i presupposti per il rilievo d'ufficio della nullità del mutuo. 
Con sentenza del 5 marzo 2025 n. 5841 le ### sono, infatti, intervenute sulla questione relativa alla validità del mutuo cd. solutorio in quanto destinato a ripianare debiti pregressi, escludendone la nullità in quanto, in sintesi, con l'accredito delle somme sul conto corrente, anche con una mera operazione contabile, il contratto di mutuo è da intendersi perfettamente concluso e la disponibilità giuridica della somma effettivamente conseguita e ciò a prescindere dal successivo impiego delle somme; le ### hanno, inoltre, escluso che si tratti di “mutuo di scopo” o di pactum de non potendo in quanto lo spostamento di denaro costituisce il presupposto dell'operazione: l'accredito in conto corrente delle somme erogate non solo è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo, ma anzi proprio la possibilità di un loro impiego è condizione per estinguere il debito già esistente. Hanno quindi concluso che l'utilizzo concreto delle somme da parte del mutuatario risulta in definitiva giuridicamente irrilevante, e, quindi, inidoneo tanto ad inficiare la validità del contratto sotto il profilo della causa, quanto ad influire sul sinallagma contrattuale. 
Non vi sono, pertanto, i presupposti per il rilievo della nullità del mutuo per cui è causa sol perché la somma mutuata è stata destinata a ripianare la preesistente situazione debitoria o a ridurre l'affidamento di euro 1.200.000,00, concesso. 
Con il terzo motivo, subordinato al rigetto del secondo, ### srl lamenta la mancata rilevazione dell'avvenuta risoluzione del mutuo in virtù della diffida ad adempiere in data ###, nonché la mancata compensazione impropria delle somme dovute in forza del mutuo stesso con quelle riconosciute a credito della correntista. 
Sarebbero infatti applicabili i principi espressi in ### U, Sentenza 23225 del 2016, in materia di compensazione, anche se oggetto della domanda non sarebbe mai stata una domanda o un'eccezione di compensazione, ma la mera volontà di detrarre dal proprio credito quanto ancora dovuto in forza del mutuo, ove ritenuto valido.  ### poi a volere ritenere che la domanda avesse avuto ad oggetto una compensazione, ancorchè impropria, l'istituto sarebbe stato applicabile poiché sussisterebbero i requisiti di cui all'articolo 1243 cc: la negazione del credito non avrebbe fatto venir meno la certezza dello stesso, in quanto, come la CTU avrebbe dimostrato, le contestazioni di controparte erano manifestamente infondate e quindi inidonee a far venir meno tale requisito; il credito sarebbe inoltre liquido ed esigibile, in quanto il conto dovrebbe considerarsi al più tardi chiuso durante il giudizio di primo grado, date le plurime comunicazioni di recesso da parte di ### Non osterebbe all'operatività della compensazione la pendenza sub iudice del credito: esso sarebbe certo o quantomeno accertabile in questa sede, perché questo sarebbe il giudice competente all'accertamento (pag 39 citazione); esso sarebbe poi liquido e comunque esigibile perchè il conto sarebbe chiuso, e in ogni caso l'esigibilità non dipenderebbe dalla chiusura del conto ma dalla mera esigibilità delle somme. 
Tale esigibilità sussiste sia per il conto corrente sia per il mutuo, che il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto risolto già in data ###, per iniziativa della ### a causa dell'assenza di fondi sul conto corrente stesso su cui erano addebitate le rate. Ebbene, la risoluzione non sarebbe avvenuta allora in quanto il conto, epurato dagli addebiti illegittimi, sarebbe stato in positivo: sarebbe invece avvenuta successivamente, con pec in data ### inviata dalla società mutuataria (divenuta efficace 15 giorni dopo ai sensi e per gli effetti dell'art.1454 cc) a seguito dell'esito del giudizio di primo grado, quando la ### avrebbe mancato di dare riscontro alla richiesta ivi contenuta di ricevere l'accredito di quanto dovuto, detratto quanto spettante alla ### stessa in forza del mutuo. 
Il motivo va accolto nei limiti che seguono. 
Con lettera del 26.11.2000, trasmessa dalla ### via Pec e la cui ricezione da parte di ### non è stata contestata, l'istituto di credito ha risolto il contratto comunicando la revoca del mutuo fondiario per il mancato pagamento di n. 18 rate scadute e la decadenza dal beneficio del termine: il contratto di mutuo deve, pertanto, intendersi risolto a quella data per il non contestato mancato pagamento, a quella data, delle predette rate. ### dunque di qualsiasi rilievo è la successiva diffida ad adempiere ex art 1454 cc inviata da ### srl l'8.2.2022, essendo il contratto di mutuo già risolto. 
Non può, conseguentemente, essere accolta la richiesta della società correntista di compensare le sole rate già scadute alla data della chiusura del conto, continuando ad addebitare le rate scadute successivamente, non essendo il mutuo più in essere ed essendo la correntista decaduta dal beneficio del termine del mutuo. 
Dal saldo a credito della correntista come accertato dal c.t.u., pari ad euro 673.376,96, va dunque detratto il debito complessivo ancora dovuto a titolo di mutuo e pari ad euro 582.486,64 (di cui euro 548.782,26 per capitale ed il resto per interessi, già detratti gli interessi di mora, pari ad euro 2.157,01, cfr. lettera della banca del 26.11.2020), con conseguente condanna della banca appellata al pagamento della differenza.  ***** 
In conclusione, l'appello va respinto, mentre va accolto, nei limiti indicati, l'appello incidentale proposto da ### srl. 
Per l'effetto, la sentenza impugnata va parzialmente riformata in quanto: -va dichiarata ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito avanzata ab origine dalla società correntista stante l'intervenuta chiusura del conto corrente n. 2980 al più tardi il ###; -per l'effetto, la banca appellante va condannata al pagamento della somma di euro 90.890,32, oltre interessi ex art. 1284, quarto comma cc, dalla domanda giudiziale al saldo. Non è dovuta rivalutazione trattandosi di debito di valuta e non di valore e non avendo la correntista neppure allegato di avere subito un maggior danno ex art 1224 cc. 
Quanto alle spese occorre tener conto dell'esito complessivo del giudizio. 
Infatti <<In tema di spese processuali, l'accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un'unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall'art. 92, comma 2, c.p.c.>> (Cass. S.U. ###/2022). 
Ciò premesso, ritiene la Corte, valutato l'esito complessivo della lite, sussistere una parziale soccombenza di ### con riferimento alla usurarietà del mutuo, alla cui domanda la società correntista ha rinunciato solo all'esito ### della ctu. 
Si ritiene, pertanto, che vada disposta la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio nella misura di 1/5 mentre la residua parte va posta a carico della ### appellante e va liquidata come in dispositivo in conformità ai parametri medi di liquidazione di cui al D.M. n. 147/2022 dello scaglione di riferimento in base all'importo della domanda accolta (scaglione compreso tra € 52.000 ed € 260.000, nei limite del quale è stata peraltro contenuta la domanda), ad eccezione della fase istruttoria di secondo grado per la quale si applicano i parametri minimi in relazione all'attività effettivamente svolta.  P . Q . M . 
La Corte d'### di ### sezione prima civile, definitivamente pronunciando, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo n.243/22 pubblicata in data ###, appellata da ### di ### dell'### e del ### e, in via incidentale da ### srl: -in parziale accoglimento dell'appello incidentale dichiarata ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito avanzata da ### s.r.l. e, per l'effetto, condanna la banca appellante al pagamento in favore dell'appellata della somma di euro 90.890,32, oltre interessi ex art. 1284, quarto comma cc, dalla domanda giudiziale al saldo; -rigetta l'appello proposto da ### di ### dell'### e del ### -compensa nella misura di 1/5 le spese di entrambi i gradi del processo e condanna ### di ### dell'### e del ### al pagamento della residua parte in favore di ### srl, spese che nel complesso liquida: -per il giudizio di primo grado in euro 2.552,00 per la fase di studio, euro 1.628,00 per la fase introduttiva, euro 5.670,00 per la fase istruttoria ed euro 4.253,00 per la fase decisoria -per il presente grado in euro 2.977,00 per la fase di studio, euro 1.911,00 per la fase introduttiva, euro 2.163,00 per la fase istruttoria ed euro 5.103,00 per la fase decisoria oltre rimborso del contributo unificato ove corrisposto e delle spese forfettarie nella misura del 15%, Iva e cpa come per legge; -pone definitivamente le spese di ctu nella misura già liquidata in atti a carico di ### di ### dell'### e del ### Sussistono i presupposti, ai sensi dell'art 13 comma 1, quater del DPR 115/2002, del pagamento del doppio del contributo unificato a carico di ### di ### dell'### e del ### deciso in ### nella camera di consiglio del 15 ottobre 2025 ##### 

causa n. 368/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Cesare Massetti, Pallini Alda, Laneri Annamaria

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Tribunale di Pisa, Sentenza n. 1064/2025 del 17-11-2025

... emesso dal Giudice, sono stati depositati in atti gli estratti conto del conto corrente n.21174 già aperto presso la ### (in seguito divenuta ### di ### e ###, intestato alla società M.### M.### e A.### s.n.c ### c.d. detto conto dedicato. ### di ### e ### nel depositare gli allegati estratti conto, ha precisato che: - l'assegno di ### per cui è causa è stato tratto sul conto corrente intestato allo stesso ### all'epoca acceso sulla stessa ### di ### con valuta 2.10.2013 e scarico 7.10.2013. Ma il versamento di tale assegno non risulta effettuato sul conto corrente c.d. dedicato relativo al versamento dei premi di polizza, come risulta dall'estratto conto al 31.12.2013, depositato in atti. La documentazione prodotta dalla ### di ### e ### ha quindi dimostrato che l'assegno di ### posto a base del decreto ingiuntivo, è stato addebitato sul conto corrente dell'opposto sempre acceso, all'epoca, sulla stessa banca, ma non è emerso che tale assegno sia stato incassato sul conto corrente c.d. dedicato, conto sul quale la ### a### spa aveva possibilità di verifica. ### accredito su conti ### 11 di 15 correnti intestati alla società ma estranei al c.d. conto dedicato non ha alcuna rilevanza (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Pisa Sezione Unica Il Tribunale di Pisa, in composizione monocratica nella persona del Giudice On. dr.ssa ### pronuncia, Sentenza nella causa civile in primo grado iscritta al RGC n 4619/2016 promossa da: ### s.p.a. P.Iva ###, con sede ###### via ### n.45, già denominata ### s.p.a. quale incoroporante di ### spa, ### di ### di ### s.p.a, ### s.p.a., il tutto con effetto dal 6.1.2014, giusto atto di fusion del 31.12.2013 a rogito ### di ### ( ### 53712, Racc. ###) in persona del suo procuratore ad negotia dott### munito di poteri di rappresentanza legale in forza di procura speciale del 23.9.2008 in autentica ### dott. ### di ### ai nn.120646/3517 rep/fasc., rappresentata e difesa dall'Avv. ### ( cf.:###) ed elettivamente domiciliat #######, via ### 1, gista procura rilasciata in calce all'atto di citazione in opposizione.  ###. ### dichiara in conformità al disposto dell'art. 2 comma 3 lettera a) del DL 35/2005, covertito con L.80/2005, che gli avvisi e le notifiche possono essere effettuate al numero di fax 050/543607 o all'indirizzo ### attrice opponente contro ### (codice fiscale ###), nato a ### il 2 febbraio 1964 e residente in 55049 Viareggio, ### via ### n. 80, rappresentato e ### 2 di 15 difeso, come da procura allegata al decreto ingiuntivo n. 1070/2016, dall'avvocato ### (codice fiscale ###) ed elettivamente domiciliat ###5 ### via ### n. 48; convenuto opposto contro #### & ### snc, con sede in #### loc. Ghezzano, V.le ### n.14 P.IVA ###, in persona del legale rappresetante sig. ###nonché ### residente in ### Vecchiano, cdo fisc.### , ### residente a #### cod.  fisc.###, rappresentati e difesi disgiuntamente dall'avv. ### (###, /////////////////////////////////////////////////////###; ### ed elettivamente domiciliati presso e nello studio del medesimo in calce alla comparsa di costituzione; terzi chiamati in manleva e contro ### nato a ### il ###, c.f.: ###, residente in ### Filettole, via ###52, terzo chiamato contumace Avente per oggetto : “### a D.I. 
Passata in decisione ex art.190 c.p.c. con rinuncia ad ulteriori termini. 
Sulle seguenti conclusioni:” Nell'interesse di parte attrice opponente: Voglia il Tribunale adito, rigettata ogni contraria istanza:” a)Accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva della ### spa con riferimento all'ingiunzione di pagamento per le motivazioni espresse in narrativa, con ogni consequenziale pronuncia di ragione e di legge. II) ###: 1)### e dichiarare l'illegittimità e/o la nullità e/o inefficacia del decreto ingiuntivo n.1070/2016 D.I. R.G.2864/2016 R.G.C. emesso in data ### dal Tribunale di ### per i motivi tutti esposti in narrativa, e conseguentemente revocarlo in ogni sua parte e statuizione; 2) ### subordinata a) ### e dichiarare che nessuna somma è dovuta dalla ### spa al #### per nessuna ragione, e quindi respingere la domanda attrice, perché infondata in ogni sua parte e statuizione.  b) In via riconvenzionale e di regresso :### denegata ipotesi in cui il Giudice accolga, in tutto o in parte la domanda attrice, con condanna della ### spa al pagamento di una qualsiasi somma a favore del ### dichiarare la ### snc, in persona dei soci illimitatamente responsabili, nonché i soci illimitatamente responsabili, ##### in solido tra loro e con la società in nome collettivo, tenuti a rilevare completamente indenne la ### s.p.a. , e quindi condannare la ### snc in solido con i soci a corrispondere e/o a restituire alla ### spa quanto dalla medesima dovesse essere pagato in forza dell'emananda sentenza. 3) Con vittoria di spese e compensi del giudizio”. 
Nell'interesse di parte convenuta opposta: “Piaccia all'###mo Tribunale di ### disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, in riforma dell'ordinanza con la quale ha negato la concessione della provvisoria esecuzione, concederla, dal momento che l'opposizione non risulta fondata su prova scritta, né appare di pronta soluzione. Nel merito, confermare il decreto ingiuntivo ### 4 di 15 opposto e, comunque, accertare l'esistenza del credito di cui al decreto ingiuntivo D.I.  1070/2016 Tribunale di ### e per l'effetto condannare la ### S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede ###al pagamento, in favore del signor ### della somma di €.  7.000,00 oltre interessi legali dalla data dell'incasso del pagamento al saldo effettivo, ### altresì l'###mo Tribunale adito rigettare, in quanto inammissibile, improcedibile e, comunque, infondata la domanda di compensazione spiegata, in via subordinata, dai terzi chiamati, #### & sereni ### s.n.c., ### e ### nei confronti del signor ### Vinte le spese. In via istruttoria insiste per l'accoglimento delle richieste di cui alla memoria ex art. 183 comma VI n. 2 c.p.c. ed alla note e repliche 25.01.2021 e 25.02.2022. 
Nell'interesse dei terzi chiamati costituiti #### & ### nonchè ### e #### l'Ecc.mo Tribunale di ### contariis reiectis, in accoglimento dei motivi di cui in premessa della comparsa di costituzione respingere le domande tutte formulate nei confronti dei terzi chiamati in causa per la palese infondatezza in fatto ed in diritto; In via subordinata, compensare eventualmente percepite dal ricorrente opposto per restituzione diretta da parte del ### fino a concorrenza del credito vantato. Con vittoria di compensi, spese gen.e spese di lite. 
Nell'interesse di ### contumace, nessuno conclude. 
FATTO E DIRITTO 1.Con atto di ### data 6.9.2016 notificava il decreto ingiuntivo n.1070/2016 D.I., 2864/2016 R.G. emesso il ### dal Tribunale di ###con il quale si ingiungeva di pagare alla ### la complessiva somma di €.7.000,00 oltre agli interessi legali dalla data del pagamento al saldo ed oltre le spese legali liquidate in €.540,00 per onorari, €.145,00 per spese vive, oltre spese generali al 12,5%; Iva e Cap ed oltre alle successive occorrende. ### di essere creditore della ### spa, già ### spa, per aver corrisposto, all'### n.0268 di ### la somma di €.7.000,00 a mezzo assegno bancario non trasferibile, emesso il ###, nella prospettiva di aderire a offerte commerciali relative a prodotti assicurativi/finanziari proposte dalla ### La somma portata dall'assegno bancario assumena che era stata regolarmente incassata da ### spa che non avrebbe provveduto ad erogare alcuna prestazione assicurativa/finanziaria in favore del ### il quale avrebbe maturato il credito per la restituzione della somma di €.7.000,00. 
Proponeva opposizione avverso il suddetto decreto ingiuntivo ### spa con atto di citazione dispiegando contestualmente domanda di autorizzazione alla chiamata di terzi in causa, individuati nella società ### s.n.c. e nei soci illimitatamente responsabili, #### e ### titolari dell'### n.0268 di ### precisando le seguenti conclusioni, confermate nella memoria ex art.  183 VI comma n.1) c.p.c.: ### preliminare: I) “### e dichiarare la carenza di legittimazione passiva della ### spa con riferimento all'ingiunzione di pagamento per le motivazioni espresse in narrativa, con ogni consequenziale pronuncia di ragione e di legge ; II) ### 1)#### e dichiarare l'illegittimità e/o la nullità e/o inefficacia del decreto ingiuntivo n.1070/2016 D.I. R.G.2864/2016 R.G.C. emesso in data ### dal Tribunale di ### per i motivi tutti esposti in narrativa, e conseguentemente revocarlo in ogni sua parte e statuizione; 2) ### subordinata a) :### e dichiarare che nessuna somma è dovuta dalla ### spa al #### per nessuna ragione, e quindi respingere la domanda attrice, perché infondata in ogni sua parte e statuizione. b) In via riconvenzionale e di regresso:” ### denegata ipotesi in cui il Giudice accolga, in tutto o in parte la domanda attrice, con condanna della ### spa al pagamento di una qualsiasi somma a favore del ### dichiarare la ### 6 di 15 ### snc, in persona dei soci illimitatamente responsabili, nonché i soci illimitatamente responsabili, ##### in solido tra loro e con la società in nome collettivo, tenuti a rilevare completamente indenne la ### s.p.a. , e quindi condannare la ### snc in solido con i soci a corrispondere e/o a restituire alla ### spa quanto dalla medesima dovesse essere pagato in forza dell'emananda sentenza. 3) Con vittoria di spese e compensi del giudizio.” Il Giudice autorizzava la chiamata dei terzi in causa per l'udienza del 30.3.2017. Si costituiva nei termini il #### contestando in fatto ed in diritto la domanda di parte attrice opponente e chiedendo la condanna di ### spa al pagamento della somma di €.7.000,00 oltre spese legali, interessi ed accessori, previa dichiarazione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto. ### che in data ### corripondeva alla ### S.p.a.,oggi ### presso l'### 0268 la somma di euro 7.000,00, a mezzo assegno bancario ### di ### di ### emesso in pari data, per aderire ad offerte commerciali relative a prodotti/ finanziari da parte di ### ma ### ,che pur incassava l'assegno, non provvedeva ad erogare alcuna prestazione assicurativa/finanziaria in favore del #### che la ### spa, quale impresa mandante, era responsabile ai sensi degli articoli 1228 e 2049 c.c. e quindi tenuta a rispondere verso i clienti per i danni che in buona fede sarebbero stati arrecati dall'illecito comportamento del mandatario. ### inoltre dichiarava di non estendere la propria domanda nei confronti dei terzi chiamati. Si costituivano la ### snc, nonché i soci illimitatamente responsabili, ### e ### esponendo di non aver mai intrattenuto rapporti commerciali con il ### se non relativamente a polizze assicurative regolarmente stipulate che peraltro venivano seguite dal socio estromesso ### in ### 7 di 15 virtù del rapporto di amicizia di quest'ultimo con i fratelli #### poi i terzi chiamati che nei mesi di settembre-ottobre 2014, avendo scoperto la commissione di gravi fatti da parte del socio ### sporgevano atto di deninciaquerela per il reato di appropriazione indebita relativamente a comportamenti illeciti da questi tenuti quale socio della società che gestiva l'### di ### osservando che gli impegni presi dal medesimo nei confronti di terzi erano impegni personali e non societari, nonostante che l'ex socio avesse speso illegittimamente il nome della agenzia di assicurazioni ### di ### Chiedevano quindi il rigetto delle domande dispiegate contro di loro, ed in via subordinata la compensazione tra il credito vantato dal ### nei confronti degli stessi terzi e quanto dallo stesso già percepito.  ###.I., rigettata la richiesta di riunione del presente procedimento con altri già riuniti per ragioni di connessione oggettiva e parzialmente soggettiva, e rilevato che non era stata esperita la procedura di mediazione obbligatoria, il Giudice invitata parte convenuta adattivarla rinviando all'udienza del 19.10.2017. Espletato il tentativo di mediazione obbligatoria,, la causa subita vari rinvii anche a causa della sostituzione del Giudice titolare del ruolo e, all'udienza del 18.4.2019, veniva trattenuta in riserva per la decisione sulla concessione della provvisoria esecutività. Con ordinanza motivata il Giudice, a scioglimento della riserva, rigettava la richiesta di concessione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, concedendo i richiesti termini per il deposito delle memorie ex art. 183 Vi comma c.p.c. La causa veniva, quindi, istruita mediante produzione, a seguito di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., di estratti dei conti correnti bancari accesi dalla società terza chiamata e, precisate le conclusioni all'udienza del 23.2.2022, era rinviata, per la discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c., all'udienza del 12.7.2022, con concessione alle parti dei termini per note conclusive e dopo alcuni rinvii, il giudice tratteneva la causa a sentenza ex art. 190 c.p.c. con rinuncia dei procuratori ai termini per ulteriori note. 2. In via generale ed in punto di diritto, occorre premettersi che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si verifica un'inversione della posizione processuale delle parti, mentre resta invariata la posizione sostanziale. Più in particolare si apre un ordinario giudizio di cognizione nel quale spetta al creditore opposto, avente in realtà veste di attore per aver chiesto l'ingiunzione, l'onere di provare l'esistenza del credito ed a carico del debitore opponente, avente la veste di convenuto, quello di provare eventuali fatti estintivi, modificativi o impeditivi dell'obbligazione (ex multis 31.05.2007 n. 12765). Ai sensi dell'art. 2697 c.c. "Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda." Dunque avendo ad oggetto l'ingiunzione di pagamento la domanda di restituzione di somme pagate con assegno bancario, spettava al creditore opposto di provare gli elementi costitutivi della domanda , quindi non solo la consegna del denaro, in questo caso la datio con assegno bancario, ma anche il titolo da cui derivava l'obbligazione restitutoria ( cass 27372/2021). Nell'azione di restituzione di somme l'attore che chiede la restituzione dell'importo è tenuto a provare i fatti costitutivi della domanda, ovvero la consegna ed il titolo giuridico da cui deriva l'obbligo di restituzione. ### dunque deve provare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa e la contestazione del convenuto non determina l'inversione dell'onere della prova, in quanto non si tratta di eccezione in senso sostanziale. La consegna o datio del denaro ,anche con assegno, non è di per sé sufficiente a fondare una richiesta di ripetizione se non è provato l'incasso del titolo, e se chi ha ricevuto l'importo contesta il titolo in base al quale la cifra è stata versata dall'altra parte.( Cass 2025 n.20964). 
Orbene il ricorrente ### ha ottenuto il decreto ingiuntivo che condanna ### spa (già ### spa) al pagamento della somma di €.7.000,00 oltre accessori, semplicemente limitandosi ad affermare di aver consegnato, all'### n.0268 di ####, in data 2 Ottobre 2013, l'assegno bancario ### 9 di 15 n.10692713 tratto su ### di ### di ### di €.7.000,00 ed emesso all'ordine di “### Sai” senza dare la prova né dell'avvenuto incasso su conti correnti afferenti la ### spa, né indicando il conto corrente sul quale sarebbe transitato, ma neppure specificando la qualifica del soggetto a cui avrebbe consegnato l'assegno, né la precisa causale dello stesso, in relazione alla quale non è stato neppure allegato il tipo di contratto che sarebbe stato stipulato tra le parti e quindi il titolo giustificativo dell'emissione dell'assegno. Oltretutto non risulta in giudizio alcuna richiesta da parte del ### di consegna di quietanza e di rilascio di alcuna polizza, nella contestualità o anche successivamente al pagamento. ### spa, sin dal primo atto difensivo, ha dichiarato ed eccepito che l'assegno n.10692713 tratto su ### di ### di ### di €.7.000,00 ed intestato a ### titolo su cui si fonda l'opposto decreto ingiuntivo, non è mai stato incassato dalla ### convenuta né transitato su conti alla stessa intestati. 
Poiché l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione , come già osservato, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall'opposto, che assume la veste di attore in senso sostanziale, in base all'art.2967 c.c., era preciso onere probatorio del ### dimostrare: - che l'assegno era stato incassato da ### assicurazioni, provando il soggetto che ha effettivamente riscosso l'assegno di €.7.000,00 datato 2.10.2013 ricercando il conto corrente sul quale è transitato; - allegare e dimostrare la causale della dazione in pagamento. 
Il fatto che l'assegno in questione rechi, quale beneficiario, la generica stampigliatura ### evidenzia solo che lo stesso poteva essere stato incassato dalla società ### M. ### M. ### A. snc, in persona dei singoli soci, quale agente della ### Peraltro , come affermato dalla stessa opponente e non contestato in atti, in materia di prodotti assicurativi/finanziari che esulano quindi da polizze ### ed altre tipologie di danni, gli ### di ### agiscono come ### 10 di 15 mandatari senza rappresentanza; gli stessi, quindi, si limitano a promuovere la conclusione di contratti che, prima di essere approvati, vengono sottoposti alla ### e si perfezionano solo con la sottoscrizione da parte di un procuratore ad negotia della ### e non dell'agente. 
In ogni caso l'istruttoria ha dimostrato come tale assegno non è mai stato incassato sul conto c.d. dedicato che è risultato un particolare tipo di conto corrente bancario utilizzabile esclusivamente dagli intermediari assicurativi ed in cui la movimentazione è limitata alle sole operazioni connesse al pagamento dei premi incassati presso i clienti e alle somme destinate ai risarcimenti o ai pagamenti dovuti dalle imprese di assicurazione. Sul conto dedicato vengono riportate le operazioni di incasso dei premi di assicurazione per polizze già emesse, da parte dei terzi e le c.d. rimesse periodiche da parte dell'Agente alla ### calcolate detraendo le provvigioni. 
In ottemperanza dell'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. emesso dal Giudice, sono stati depositati in atti gli estratti conto del conto corrente n.21174 già aperto presso la ### (in seguito divenuta ### di ### e ###, intestato alla società M.### M.### e A.### s.n.c ### c.d. detto conto dedicato.  ### di ### e ### nel depositare gli allegati estratti conto, ha precisato che: - l'assegno di ### per cui è causa è stato tratto sul conto corrente intestato allo stesso ### all'epoca acceso sulla stessa ### di ### con valuta 2.10.2013 e scarico 7.10.2013. Ma il versamento di tale assegno non risulta effettuato sul conto corrente c.d. dedicato relativo al versamento dei premi di polizza, come risulta dall'estratto conto al 31.12.2013, depositato in atti. 
La documentazione prodotta dalla ### di ### e ### ha quindi dimostrato che l'assegno di ### posto a base del decreto ingiuntivo, è stato addebitato sul conto corrente dell'opposto sempre acceso, all'epoca, sulla stessa banca, ma non è emerso che tale assegno sia stato incassato sul conto corrente c.d. dedicato, conto sul quale la ### a### spa aveva possibilità di verifica. ### accredito su conti ### 11 di 15 correnti intestati alla società ma estranei al c.d. conto dedicato non ha alcuna rilevanza nei confronti di ### assicurazioni spa. ### spa, che sin dal primo atto difensivo, ha dichiarato ed eccepito che l'assegno n.10692713 tratto su ### di ### di ### di €.7.000,00 ed intestato a ### titolo su cui si fonda l'opposto decreto ingiuntivo, non è mai stato incassato dalla ### convenuta né transitato su conti alla stessa intestati. Il c.d. conto ducato , come risulta dalla documetazione in atti, non è cointestato a ### spa, la quale ha solo la possibilità di visionarne la movimentazione e, l'eventuale accredito della somma di cui sopra su un conto c.d. “dedicato” della società ### in assenza di un valido contratto di assicurazione, non potrebbe comunque far sorgere in capo alla ### stessa, alcun l'obbligo di restituzione. 
Poiché l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall'opposto, che assume la veste di attore in senso sostanziale, in base all'art.2967 ed alla luce della eccezione della opponente di non aver mai percepito la suddetta somma, il convenuto opposto non ha dimostrato la causale dell'emissione dell'assegno per cui è giudizio, né che lo stesso afferisca ad una qualche polizza in essere con la compagnia assicurativa convenuta, peraltro mai neppure indicata. Alla luce di quanto esposto ed all'esito delle risultanze istruttorie, e della documentazione versata in atti, anche relativa a procedimenti in ambito penale, appare presumibile sostenere che l'assegno sia stato incassato dal socio ### su conti correnti intestati alla società per scopi del tutto estranei alla attività assicurativa.  ### non ha provato alcun titolo per richiedere le somme alla ### non avendo fornito elementi probatori a sostegno dell'obbligo restitutorio azionato e per non aver provato l'effettiva esistenza e validità di un rapporto giuridico fonte di obbligazioni sorto tra lui e la ### spa, né tanto meno alcuna riferibilità del credito per il quale ha agito alla compagnia assicuratrice ### 3.### in comparsa di costituzione e risposta, inquadra la responsabilità della compagnia assicuratrice alla restituzione delle somme portate dall'assegno in questione quale responsabilità per danni cagionati dal fatto illecito dei preposti (### e la società ### snc) e commessi nell'esercizio delle incombenze loro affidate, ai sensi dell'art. 2049 c.c. come integrato dagli artt.118 e 119 del codice delle assicurazioni. Tale ricostruzione appare del tutto inconferente al caso in esame, sia perché non vi è domanda di risarcimento del danno ma di restituzione somme, ed in ogni caso, perchè in nessuna di tali norme si parla di solidarietà nella obbligazione debitoria, ma solo di solidarietà per la responsabilità per danni cagionati, ed i danni vanno accertati sia nell'esistenza che nella quantificazione. Inoltre l'art.2049 c.c. stabilisce che i preponenti sono responsabili per danni cagionati dal fatto illecito dei loro preposti e commessi nell'esercizio delle incombenze loro affidate. Infatti per poter parlare di responsabilità solidale nel risarcimento dei danni ex art. 2049 c.c. la giurisprudenza ha enucleato con precisione i requisiti necessari, e richiede che: a) l'agente abbia operato oltre i limiti delle proprie mansioni, ma pur sempre nell'ambito dell'incarico affidatogli, così da non configurare una condotta del tutto estranea al rapporto di agenzia. La documentazione versata in atti anche dalla società terza chiamata e dai soci ### e ### rende presumibile invero ritenere come la consegna in un'unica soluzione della somma di €.7.000,00 portata da assegno bancario a “personale” dell'### sia stata assolutamente estranea all'esercizio dell'attività di agenzia assicuratrice, potendo la stessa essere attinente a quelle attività finanziarie esercitate in proprio dal ### (e/o dalla società e dagli altri soci), esorbitanti l'oggetto sociale e non riconducibili in alcun modo all'attività assicurativa affidatagli da ### spa che sono state accertate. Non è stata fornita prova dell'esistenza di polizze e/o prodotti assicurativi e finanziari che potessero giustificare un suddetto importo.Inoltre l'art. 118 del codice delle assicurazioni, cui parte ricorrente si riferisce, stabilisce che il pagamento eseguito in “buona fede” all'agente si considera effettuato all'impresa di assicurazione, ma le somme si considerano effettivamente percepire dall'avente diritto “solo con il rilascio di quietanza scritta”, non prodotta da ### Pertanto, essendo l'importo stato versato per scopi che non rientravano presumibilmente nell'attività assicurativa di cui la società era agente, i normali poteri di controllo della ### non avrebbero potuto evitare gli incassi indebiti da parte della società e/o dei soci ai danni del #### ha comunque escluso che ### spa possa essere ritenuta responsabile ai sensi dell'invocata norma, stante la carenza dei presupposti giustificativi. Infatti non ogni attività posta in essere da ### dell'assicurazione può far sorgere la responsabilità per danni cagionati dal fatto illecito dei preposti (### e la società ### snc) e commessi, ma ai sensi dell'art. 2049 c.c. come integrato dagli artt.118 e 119 del codice delle assicurazioni solo quell'attività commessa nell'esercizio delle incombenze loro affidate. Pertanto, non essendo stato provato in alcun modo che l'assegno sia stato versato per attività che rientravano nell'attività assicurativa di cui la società era agente, ed anzi essendo stato acquisito agli atti che tale assegno non era neppure stato versato sul conto c.d.  dedicato, i normali poteri di controllo della ### non avrebbero potuto in alcun modo evitare gli incassi indebiti da parte della società e/o dei soci ai danni del ### escludendo in modo deciso la responsabilità di ### spa. 
Conclusivamente , va accolta l'opposizione ed il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato,per carenza di legittimazione passiva di ### e perché non provato il credito azionato.  4. ### pur ritenendo non sussistente alcuna responsabilità solidale della compagnia, che non è obbligata alla restituzione di somme mai incassate e non è responsabile per danni che sono stati causati da condotte di ### del tutto estranee al rapporto di ### ha richiesto, nella denegata ipotesi in cui il Tribunale dovesse condannare ### spa al pagamento di una qualsiasi somma, a ### 14 di 15 favore del ### la condanna della ### M.### M. ### A.  snc, ed dei soci illimitatamente responsabili #### e ### quali responsabili, a rilevare indenne la ### di tutto quanto dalla stessa dovesse essere pagato al convenuto opposto in forza dell'emananda sentenza. 
Orbene l'accoglimento della domanda principale dell'opponente con la conseguente revoca del D.I, consente di ritenere assorbita la domanda di manleva proposta dall'opponente nei confronti dei terzi chiamati e la domanda proposta dai terzi chiamati nei confronti di ### 5.Non vi è alcuna domanda da delibare proposta dall'opposto nei confronti dei terzi chiamati perché l'opposto non ha esteso la domanda nei confronti dei terzi chiamati citati in manleva dalla opponente.  6. Le spese legali seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri medi, avuto riguardo ai parametri compresi tra 5.201 a 26.000,00, e secondo il principio di causalità, ex art. 91 cpc, le spese legali per la chiamata dei terzi in garanzia/manleva sono a carico della parte soccombente ( Cass 23123 del 2019; Cass. 2022 n.9941). 
Le spese del giudizio sostenute dal terzo chiamato in garanzia devono essere poste a carico di chi rimasto soccombente e che ne ha provocato e giustificato l'intervento in causa e ciò vale anche se la parte soccombente, in questo caso l'opposto, non ha formulato o esteso alcuna domanda nei confronti dei terzi chiamati , non risultando palesemente arbitraria la chiamata dei terzi.  PQM Il Tribunale di ### in composizione monocratica, nella persona del Giudice On dr.ssa ### così definitivamente provvede:” In accoglimento della domanda dell'attrice opponente, revoca integralmente il decreto ingiuntivo opposto; n.1070/2016 D.I. R.G.2864/2016 R.G.C. emesso in data ### dal Tribunale di ### per i motivi tutti esposti in narrativa; Condanna il convenuto opposto soccombente ### al pagamento delle spese di causa in favore dell'opponente ### s.p.a che liquida in complessivi euro 4.835,00 per compensi, oltre ad euro 328,15 per spese vive, oltre ### Cap e 15%per spese generali di studio; Condanna il convenuto opposto soccombente ### per le ragioni di cui in motivazione, al pagamento delle spese di causa in favore dei terzi chiamati costituiti che liquida in complessivi euro 4.835,00 per compensi, oltre ### Cap e 15%per spese generali di studio.  ### 16.11.2025 

Il Giudice
On dr.ssa ###


causa n. 4619/2016 R.G. - Giudice/firmatari: Arnaldi Paola

M
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Tribunale di Torre Annunziata, Sentenza n. 1880/2025 del 30-07-2025

... sanitarie per l'anno 2010 stipulato in data ###, gli estratti conto, le fatture, di cui ha dedotto il tardivo pagamento in quanto avvenuto oltre il termine di 30 giorni previsto dalla consegna delle fatture, ed i prospetti di calcolo degli interessi. Per contro, la Asl ha invocato, al fine di escludere l'obbligo di pagamento degli interessi moratori, la prescrizione del diritto di credito azionato, invocando la norma di cui all'art. 2948, n. 4) c.c., e la non debenza degli interessi moratori. 3. Orbene, riguardo al primo motivo di opposizione, deve osservarsi che la Suprema Corte ha escluso l'applicabilità della prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 4) c.c. nell'ipotesi di interessi moratori di fonte legale. In particolare, Cass. 23670/2006 ha affermato che “in tema di prescrizione, il termine quinquennale previsto dall'art. 2948 n. 4 cod. civ. per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi, si riferisce alle obbligazioni periodiche o di durata, caratterizzate dal fatto che la prestazione è suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo, onde anche gli interessi previsti dalla stessa disposizione devono rivestire il connotato della (leggi tutto)...

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Tribunale di ### ………………………………………………………………… REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di ### seconda sezione civile, dott.sa ### nella funzione di G.M., ha pronunziato la seguente ### nella causa civile n. 64 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2020, avente ad ### prestazioni sanitarie, e vertente TRA ### 3 Sud, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in virtù di procura generale alle liti per ### (### n° 43440 del 23 marzo 2011), dagli avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliat ###i difensori, in ### alla via ### n. 66 #### srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta, dall'avv. ### con studio legale in ### alla ### n.67, il quale dichiara di eleggere domicilio in via telematica all'indirizzo di #### OPPOSTA ### E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. con rituale atto di citazione, l'### 3 Sud, si è opposta al decreto ingiuntivo n. 1746/19, emesso in favore del ### srl, per il pagamento di euro 20.172,25, oltre interessi e spese di procedura. Tale provvedimento era richiesto a titolo di interessi ex d.lgs. 231/2002 per il ritardato pagamento di fatture emesse nell'anno 2010 e relative a prestazioni sanitarie di assistenza specialistica ambulatoriale.  ###, a sostegno della spiegata opposizione, ha eccepito la prescrizione e l'infondatezza della domanda azionata in via monitoria, chiedendo, pertanto, la revoca del decreto ingiuntivo opposto con vittoria delle spese di lite. 
Instauratosi il contraddittorio, la società opposta, in persona del legale rappresentante p.t., si è costituita in giudizio, contestando la fondatezza dell'opposizione e chiedendone il rigetto. 
Concessa da questo Tribunale la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza cartolare del 5.03.2025, con concessione alle parti dei termini ex art. 190 cpc, decorrenti dalla data dell'1.04.2025.  2. ### è infondata e va rigettata. 
Sul piano probatorio costituisce ius receptum che “nell'azione di adempimento, di risoluzione ed in quella risarcitoria (che hanno in comune l'elemento costitutivo fondamentale del mancato adempimento) il creditore è tenuto soltanto a provare l'esistenza del titolo ma non l'inadempienza dell'obbligato, dovendo essere quest'ultimo a provare di aver adempiuto, salvo che non opponga un eccezione di inadimplenti non est adimplendum, nel qual caso l'altra parte dovrà neutralizzarla provando il proprio adempimento o che la sua obbligazione non era ancora dovuta.“ (cfr 23.5.2001 n.7027). 
Nel caso di specie il creditore fin dal ricorso monitorio ha assolto all'onere probatorio sullo stesso incombente avendo prodotto il contratto intercorrente con la ASL relativo alle prestazioni sanitarie per l'anno 2010 stipulato in data ###, gli estratti conto, le fatture, di cui ha dedotto il tardivo pagamento in quanto avvenuto oltre il termine di 30 giorni previsto dalla consegna delle fatture, ed i prospetti di calcolo degli interessi. 
Per contro, la Asl ha invocato, al fine di escludere l'obbligo di pagamento degli interessi moratori, la prescrizione del diritto di credito azionato, invocando la norma di cui all'art. 2948, n. 4) c.c., e la non debenza degli interessi moratori.  3. Orbene, riguardo al primo motivo di opposizione, deve osservarsi che la Suprema Corte ha escluso l'applicabilità della prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 4) c.c. nell'ipotesi di interessi moratori di fonte legale. 
In particolare, Cass. 23670/2006 ha affermato che “in tema di prescrizione, il termine quinquennale previsto dall'art. 2948 n. 4 cod. civ. per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi, si riferisce alle obbligazioni periodiche o di durata, caratterizzate dal fatto che la prestazione è suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo, onde anche gli interessi previsti dalla stessa disposizione devono rivestire il connotato della periodicità: esso non è quindi applicabile agli interessi moratori di fonte legale dovuti a causa del ritardo nel pagamento del corrispettivo dell'appalto, ne' dell'anticipazione, che vanno corrisposti in unica soluzione” (in senso analogo, seppure con riferimento alla diversa fattispecie degli interessi moratori di fonte legale dovuti a causa del ritardo nel pagamento del corrispettivo dell'appalto, ai sensi dell'art. 40 del Capitolato generale di appalto delle ### dello Stato, Cass. 19487/2011). 
Il caso di specie è quindi assoggettato all'ordinario regime di prescrizione decennale.  4. Passando ad esaminare il motivo di opposizione con il quale si contesta l'applicabilità alla fattispecie degli interessi moratori ex D. Lgs.  231/02, giova rilevare che il rapporto intercorrente tra le parti rientra nell'ambito applicativo del d.lgs. n. 231 del 2002, in quanto, in base a consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, gli accordi previsti dagli artt. 8 bis e 8 quinquies del d.lgs. 502 del 1992 rientrano nella categoria delle transazioni commerciali come definita dall'art. 2 del d.lgs. n. 231 del 2002 (cfr. Cass. 14/07/2016, n. 14349; 11/10/2016, 20391; Cass. 13/07/2017, n. 17341; Cass. 02/07/2019, 17665; 22/04/2022, n.12868). In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che anche le prestazioni in campo sanitario costituiscono transazioni commerciali ai sensi del D. Lgs. 231/2002, alla cui natura di comuni accordi contrattuali non crea ostacolo la circostanza che alla loro stipulazione si addivenga, nel comparto in esame, secondo l'iter delineato dal D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, le fasi iniziali del quale sono scandite, attraverso l'adozione del provvedimento di autorizzazione e di accreditamento, da un'evidente manifestazione della potestà di imperio attribuita alla P.A. Quello che prende forma, si qualifica ed assume la forma di un contratto nel quale quelle che sono parti di un negozio bilaterale determinano il contenuto degli obblighi che l'accreditato assume a favore degli utenti, nonché il conseguente corrispettivo che l'ente pubblico a sua volta si obbliga a pagare: ricostruita in questi termini, la vicenda negoziale si iscrive perciò senza riserve nell'arco di efficacia del D. Lgs. 231/2002 e, dunque, comporta nel caso in cui il ritardo nei pagamenti divenga intollerabile, l'adozione delle disposizioni in tema di interessi moratori da esso previste. 
Con riferimento al quantum debeatur, pure contestato dall'opponente, del tutto condivisibili appaiono poi le risultanze contabili della CTU - tenuto conto del fatto che il consulente ha correttamente tenuto conto dei termini di pagamento pattuiti all'art. 7 del contratto per acconti e saldi e ha distinto la diversa decorrenza degli interessi dovuti - la quale ha finanche riconosciuto al centro opposto la debenza di una somma maggiore rispetto a quella azionata.  ### va pertanto rigettata e il decreto ingiuntivo opposto va pienamente confermato.  5. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, in applicazione dei parametri di cui al D.M. 55/2014, tenuto conto del taglio eminentemente documentale della causa.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### seconda sezione civile, definitivamente pronunciando nella causa promossa come in narrativa, così provvede: 1. rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto; 2. condanna l'opponente al pagamento in favore dell'opposta delle spese di lite, che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, iva e cpa, come per legge, se dovute, con distrazione in favore dell'avv. ### per dichiarato anticipo.  ### 29 luglio 2025.  

IL Giudice
Onorario di ### (dott.ssa ### RG n. 64/2020


causa n. 64/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Silvia Pirone

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