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Tribunale di L'Aquila, Sentenza n. 528/2025 del 08-09-2025

... monitoria, quale corrispettivo della somministrazione di acqua. A sostegno dell'opposizione ### titolare dell'omonima ditta individuale, eccepiva che l'utenza d' acqua sottesa all'ingiunzione era relativa ad un immobile, da lui condotto in locazione, che aveva riconsegnato al proprietario in data ### a seguito di un'ordinanza di sfratto del 03/07/2012 emessa dal Tribunale di L' ### per cui i consumi di acqua, successivi alla detta data di riconsegna dei locali, dovevano essere richiesti al proprietario ### al quale era ritornata la disponibilità fattuale e giuridica dei locali; che la pretesa creditoria era comunque infondata nel quantum sul rilievo che le fatture, non costituenti prova del contratto e della prestazione, erano state emesse sulla base di consumi stimati e non effettivi. Infine eccepiva un malfunzionamento del contatore. Chiedeva, in rito, di essere autorizzato alla chiamata in causa del terzo ### per ottenerne la condanna al rimborso delle somme che sarebbero risultate dovute dalla data di riconsegna del locale in data ###. Chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni, come precisate all'udienza all'uopo fissata: "Piaccia all'###mo Tribunale adito, ogni altra istanza, (leggi tutto)...

testo integrale

Tribunale Ordinario di L'### UDIENZA 08/05/2025 ### art. 127 cpc N. R.G.2505/2019 Il giudice ### lette le note in sostituzione di udienza redatte e depositate dall'opponente ### ALESII lette le note in sostituzione di udienza redatte e depositate dall'opposta #### S.P.A.  lette le “note in sostituzione di udienza redatte e depositate dal terzo chiamato ### lette le note di discussione depositate dalle parti; Il Giudice dato atto, si ritira in camera di consiglio. 
All'esito della camera di consiglio, alle ore 21:50 dà lettura dell'allegata sentenza mediante invio della stessa tramite l'applicativo consolle del magistrato. 
L'### lì 08/09/2025 Il giudice ### ' A Q U I L A Il Tribunale di L'### in composizione monocratica in persona del Giudice Onorario dott.ssa ### ha emesso la seguente ### nella causa civile in I grado, iscritta al n. 2505/2019 R.G. decisa ex art. 281 sexies c.p.c. all'udienza del 08/09/2025 vertente #### elettivamente domiciliat ###L'### presso e nello studio dell'avv. ### dal quale è rappresentato e difeso opponente E ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in ### 35 L'### presso e nello studio dell' avv.  ### dal quale è rappresentata e difesa ### elettivamente domiciliat ###L' ### presso e nello studio dell'avv. ### dal quale è rappresentato e difeso ### chiamato in causa ### contratto somministrazione servizio idrico #### come da atti e verbali di causa. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente, va evidenziato che la presente sentenza viene estesa senza la concisa esposizione dello “svolgimento del processo”, ai sensi delle indicazioni di cui al secondo comma dell'art. 132 c.p.c., come modificato per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 45, comma 17, della ### 18 giugno 2009, n. 69, e in maniera sintetica a norma dell'art. 16 bis, comma 9-octies del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221 (comma aggiunto dall'art. 19, comma 1, lett. a), n. 2-ter) del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132). 
Devono, pertanto, considerarsi integralmente richiamati dalla presente pronuncia gli atti introduttivi e di costituzione delle parti, le memorie ex art. 183, comma VI, c.p.c.  e i verbali di causa. 
Appare tuttavia opportuno precisare l'oggetto del processo nonché riportare, sinteticamente, le rispettive domande, deduzioni ed eccezioni nella misura in cui le stesse siano rilevanti ai fini del decidere. 
Con atto di citazione di data 23/09/2019 ### proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 392/2019 di data 10/07/2019 emesso dal Tribunale di L'### nel giudizio n. 1886/2019 R.G. su conforme richiesta della società ### s.p.a., con il quale gli era stato ingiunto il pagamento di € 16.496,14 per sorte capitale, oltre ad interessi maturati e maturandi dalla data di scadenza delle singole fatture, nonché le spese della procedura monitoria, quale corrispettivo della somministrazione di acqua.   A sostegno dell'opposizione ### titolare dell'omonima ditta individuale, eccepiva che l'utenza d' acqua sottesa all'ingiunzione era relativa ad un immobile, da lui condotto in locazione, che aveva riconsegnato al proprietario in data ### a seguito di un'ordinanza di sfratto del 03/07/2012 emessa dal Tribunale di L' ### per cui i consumi di acqua, successivi alla detta data di riconsegna dei locali, dovevano essere richiesti al proprietario ### al quale era ritornata la disponibilità fattuale e giuridica dei locali; che la pretesa creditoria era comunque infondata nel quantum sul rilievo che le fatture, non costituenti prova del contratto e della prestazione, erano state emesse sulla base di consumi stimati e non effettivi. Infine eccepiva un malfunzionamento del contatore. Chiedeva, in rito, di essere autorizzato alla chiamata in causa del terzo ### per ottenerne la condanna al rimborso delle somme che sarebbero risultate dovute dalla data di riconsegna del locale in data ###. 
Chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni, come precisate all'udienza all'uopo fissata: "Piaccia all'###mo Tribunale adito, ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattendendo in accoglimento delle ragioni esposte in narrativa revocare con qualsivoglia statuizione il decreto ingiuntivo opposto accertato che il credito azionato con la procedura monitoria ### S.p.A. è inesistente nei confronti del #### In via di merito in grado subordine voglia il Tribunale adito, nelle ipotesi di condanna del #### al pagamento delle somme in favore della ### S.p.A., limitare il credito da quest'ultima vantato fino alla data del 3-8- 2012 e per l'effetto condannare il terzo chiamato ### a rimborsare all'odierno opponente le somme che da questi saranno dovute alla ### S.p.A. per la fornitura successiva alla data di riconsegna degli immobili a favore dello stesso ### e cioè a decorrere dal 3-8-2012.  nella denegata ipotesi in cui l'odierno opponente venisse condannato al pagamento in favore della ### spa, lo stesso possa ottenere la condanna del terzo al rimborso delle somme che risulteranno di giustizia dovute a decorrere dalla data di riconsegna dei locali al proprietario in data ### a titolo residuale di ingiusitificato arricchimento. 
Con vittoria delle spese di lite. Salvezze illimitate.".
Si costituiva in giudizio la ### s.p.a. deducendo l'infondatezza in fatto ed in diritto della domanda ex adverso formulata. 
Chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni, come precisate all'udienza all'uopo fissata: “Piaccia al Giudice adito, respinta ogni contraria istanza, rigettare con ogni e qualsiasi statuizione tutte le eccezioni e domande proposte dalle parti avverse, in quanto inammissibili, inaccoglibili e comunque infondate in fatto ed in diritto, per i motivi tutti esposti in narrativa ed alla luce di tutta l'attività istruttoria svolta e delle risultanze della ### tecnica d'### chiede la conferma del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale dell'### n.392/2019 del 10.7.2019 RG 1886/2019. 
In subordine, nella denegata e non creduta ipotesi di accertamento da parte del Giudice di un diverso importo del credito vantato dalla ### voglia lo stesso ### condannare ### in proprio ed eventualmente in solido con il terzo chiamato in causa ### al pagamento di quanto dovuto. 
Il tutto con vittoria di spese e competenze del giudizio.” Autorizzata la chiamata in causa del terzo ### ritualmente richiesta dall'opponente ### ai sensi dell'art. 269 c.p.c., il medesimo si costituiva nel corso del giudizio per contestare l'avversa ricostruzione dei fatti deducendo, in particolare, che l'immobile locato era stato riconsegnato libero da persone e cose soltanto in data ###. 
Chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni, come precisate all'udienza all'uopo fissata: “Piaccia all'On. Tribunale civile di L'### rigettare la richiesta di manleva e/o condanna formulata dal sig. ### a carico del concludente ### perchè palesemente infondata in fatto e in diritto e per le motivazioni esplicate in narrativa e condannare l'opponentechiamante al pagamento delle spese e competenze legali del presente giudizio, oltre un equo indennizzo per lite temeraria”.
Assegnato alle parti il triplice termine di cui all'art. 183, 6° comma, cpc, istruita la causa con le produzioni documentali, con la prova orale (interrogatorio formale del terzo chiamato in causa e prova testimoniale) e ### sulle conclusioni precisate dalle parti e sulle note difensive conclusionali in atti la causa è stata trattenuta a decisione ex art. 281sexies c.p.c., all'udienza odierna. 
Nel merito, occorre puntualizzare che con l'opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario giudizio di cognizione piena, sull'intera situazione giuridica controversa; esso tende a verificare, al momento della decisione e non solo della domanda, la sussistenza delle condizioni dell'azione e dei presupposti di fatto e di diritto per l'accoglimento della domanda di condanna del debitore. 
Al riguardo si osserva che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nonostante che l'opponente introduca la causa mediante un atto di citazione ( art. 645 c.p.c) e sia colui che evoca in ius la controparte, è soltanto il creditore opposto ad essere la reale parte attrice (in senso sostanziale) della controversia, in quanto, pur assumendo la veste di convenuto in senso formale, è il solo soggetto che avanza l'originaria pretesa sulla quale il Tribunale è chiamato a pronunciarsi. Da questa premessa deriva che ogni facoltà processuale del convenuto nel giudizio di opposizione deve andare ### esercitata nei limiti in cui la stessa competa ad un normale attore in una causa ordinaria, giungendosi, ad opinare diversamente, ad una grave disparità di trattamento tra parti processuali che avanzano - seppur in forme differenti, ordinaria e monitoria - analoghe istanze di giustizia (Cass. Civ. Sez. 1, ### n. 5390 del 11/03/2006 Cass. Civ. ### I, sentenza 2 agosto 2006 n. 17551; Cass. Civ. ### sentenza 27 ottobre 2006 n. 23294; Cassazione civile, sez. I, 21 maggio 2004, 9685). 
In tale giudizio, poi, è il ricorrenteopposto ad assumere la veste sostanziale di attore, e l'ingiunto - opponente quella di convenuto, ragione per la quale, in presenza, appunto di contestazioni del secondo, spetta al primo fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto (ed eventualmente del termine di scadenza) ed allegare l' inadempimento (o l' inesatto adempimento) del debitore , sul quale, invece, incombe l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento dell'obbligazione (ovvero un fatto estintivo o modificativo della stessa). 
Inoltre, va osservato, in punto di diritto, che il contratto di fornitura d' acqua è inquadrabile nello schema del contratto di somministrazione e pone a carico del gestore l'obbligo di fornire il servizio in via continuativa, per cui ogni disagio o disservizio della fornitura integra, in astratto, un inadempimento da parte del somministrante. 
Inquadrandosi il contratto di fornitura di acqua nello schema del contratto di somministrazione ad efficacia obbligatoria, a prestazioni corrispettive, il criterio di riparto dell'onere di allegazione e prova dell'azione di accertamento dell'inadempimento è previsto in via generale dagli artt. 1218 e 2697 cod. civ. e dal principio della vicinanza della prova, in forza dei quali spetta a chi agisce in accertamento allegare e provare la fonte, legale o convenzionale, dell'obbligazione che si allega, totalmente o parzialmente, inadempiuta e, ciò fatto, incombe al contraente inadempiente allegare e provare di avere adempiuto esattamente, o di non avere potuto adempiere per causa a sé non imputabile. 
Sul punto la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che "in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l'adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre al debitore convenuto spetta la prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. Anche quando sia dedotto l'inesatto adempimento dell'obbligazione al creditore istante spetta la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore la prova dell'esatto adempimento, quale fatto estintivo della propria obbligazione” (ex multis: Cass. civ. SS.UU. del 30.10.2001 13533; Cass. Civ del 18/02/2020 n. 3996 ).
Il suddetto principio deve essere coordinato con il principio dell'onere di contestazione specifica, codificato negli artt. 167 e 115 c.p.c., in virtù del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto allegate produce l'effetto della relevatio ab onere probandi a favore di chi ha allegato il fatto incontestato (ex multis: Cass. sez. 6 del 21.08.2012 n. 14594). 
In particolare, con riferimento al contratto di somministrazione di servizio idrico, quale è quello che interessa il caso concreto in esame, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, nei contratti di somministrazione caratterizzati dalla rilevazione dei consumi mediante contatore, la rilevazione dei consumi è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità. In caso di contestazione dei consumi da parte del somministrato, il fruitore , a fondamento della detta contestazione, deve dimostrare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un'attenta custodia dell'impianto. In particolare deve: a) anzitutto allegare, richiedendone la verifica, il malfunzionamento dello strumento; b) dimostrare quali consumi aveva effettuato nel periodo, avuto riguardo al dato statistico di consumo normalmente rilevato nelle precedenti bollette e corrispondente agli ordinari impieghi della fornitura; c) in alternativa, dimostrare non soltanto che il sovraconsumo è imputabile a terzi (provando ad esempio la propria prolungata assenza dal luogo in cui è ubicata la utenza) e si è verificato invito domino, ma altresì che l'impiego abusivo della fornitura da parte di terzi non è stato agevolato da condotte negligenti, imputabili all'utente, nell'adozione di idonee misure di controllo intese ad impedire, mediante l'uso della comune diligenza, la condotta illecita dei terzi (cfr. Cass. civ., Sez. VI - 3, Ord., (data ud. 03/10/2019) 09/01/2020, n. 297). 
Nel caso in esame, l'opposta ### s.p.a. ha dato prova documentale della pretesa creditoria azionata allegando in atti il contratto di fornitura idrica di data 19/09/2008 sottoscritto da ### per uso “### Ristoranti” e datato 19.09.2008 in forza del quale veniva somministrata l'utenza idrica nel locale dal medesimo condotto in locazione, nonché le fatture emesse sulla base delle letture di consumi stimati e rilevati nel periodo intercorrente dal 25/09/2008 al 14/02/2017, data di chiusura del rapporto contrattuale. 
Ebbene, il suddetto contratto di fornitura n.2131 del 19.9.2008 “Norme del servizio idrico integrato”, accettato da ### che ne aveva ricevuto una copia, con l'art. 4 specificava che ove l'utente “cessi semplicemente di utilizzare direttamente i locali dove sono installati gli impianti di fornitura, ha l'obbligo di darne formale ed immediata comunicazione all'### mediante raccomandata A.R. ovvero presso gli sportelli dell'### che darà riscontro con ricevuta. Analogamente, in caso di trasferimento o comunque di abbandono dei locali serviti, l'Utente è tenuto a dare disdetta; tuttavia il contratto cessa anche quando, senza che vi sia stata disdetta formale dell'utente precedente, altri facciano richiesta di sottoscrivere un contratto per la medesima fornitura ed il contatore sia accessibile per la rilevazione dei consumi, purché il subentrante dichiari - sotto la propria responsabilità - da quale titolo legale derivi il possesso dell'immobile servito (proprietà, locazione, consenso espresso dell'utente precedente, ecc.). In caso contrario, l'utente rimarrà esclusivo responsabile del pagamento dei consumi effettuati dai suoi successori e dei canoni e tasse relative, nonché di qualunque danno arrecato ai misuratori e comunque a quanto installato e di proprietà dell'azienda. In nessun caso la disdetta e la successione di terzi nell'utenza potrà essere utilizzata quale pretesto per non pagare fatture scadute dell'azienda”… omissis… “###, sulla base del tipo di contratto stipulato, deve pagare i relativi corrispettivi fino al momento in cui cesserà l'erogazione del servizio e solleva l'azienda da ogni responsabilità riguardante la cessazione da lui richiesta.  ### che non osserva quanto sopra determinato, resterà direttamente responsabile del pagamento del servizio idrico integrato effettuato da eventuali subentranti che non abbiano regolato il loro rapporto con l'azienda, oltre ad ogni altra spesa e/o danni connessi e conseguenti all'uso degli impianti.”. 
Dall'altro canto le contestazioni di parte opponente sono state caratterizzate da una certa genericità, in quanto, pur confermando il rapporto contrattuale intercorso tra le parti, non ha dato prova, come da onere su di esso incombente, del pagamento delle fatture a lui intestate, né di aver dato comunicazione alla ### s.p.a. della modifica dell'utenza fruitrice dell'erogazione del servizio idrico come espressamente richiesto dalle norme contrattuali, né di aver segnalato un malfunzionamento del contatore o di aver inoltrato una richiesta di verifica dello stesso, né ha dimostrato l'entità abnorme dei consumi effettuati nel periodo (avuto riguardo al dato statistico di consumo normalmente rilevato in precedenti bollette e corrispondente ai consumi ordinari).   Anche la eccepita unilaterale rilevazioni di consumi comporta una confutazione generica della violazione delle norme in tema di prova presuntiva, il che esclude la possibilità di non attribuire alla fattura alcun valore in merito alla rispondenza della prestazione a quella pattuita e agli altri elementi costitutivi del contratto. Sul punto è intervenuta anche la CTU priva di vizi logici e giuridici e al cui accertamento si rimanda, che ha consentito di determinare le somme dovute dall'attore. ### incaricato ha accertato che nel periodo indicato dal 25/09/2010 al 14/02/2017 data di chiusura del rapporto, risultavano essere state emesse bollette per un totale di € 17.641,74 in base sia a letture rilevate quanto ai consumi stimati e che risultava un solo pagamento di € 1.172,60 inerente la bolletta n. ### del 31/12/2010, con un credito residuo vantato dalla società attrice € 16.649,14 (di cui € 3.892,11 a titolo di mora per ritardato pagamento ed € 971,00 , al lordo dell'Iva 10%, riferite al conguaglio 2012 di cui alla delibera ###; che dalle fatture risultava che gli importi inseriti come consumi stimati erano stati poi riaccreditati stornandoli dalle fatture emesse in base alle letture rilevate; che non erano stati riscontrati errori e/o omissioni nei calcoli e nella fatturazione. 
La società opposta, dunque, con la produzione delle fatture ha dato prova della attendibilità dei consumi e quindi del quantum della controprestazione economica dovuta dall'utente dal 25/09/2008, data di inizio del rapporto contrattuale al 14/02/2017, data di chiusura del rapporto, per complessivi € 16.649,14. Ha, pertanto, dimostrato le ragioni che giustificano l'esattezza dell' importo richiesto, avendo assolto all'onere probatorio su di essa gravante. 
Alla luce di tali risultanze l'opposizione non è risultata fondata e per l'effetto va confermato in decreto ingiuntivo. 
In relazione alla domanda di condanna proposta da ### nei confronti di ### si osserva quanto segue. 
Il materiale probatorio acquisito nel corso del processo (atto di precetto per rilascio immobile di data 05/12/2017, verbale dell'udienza del 15/07/2019 giudizio 109/2018 R.E.M. Tribunale di L' ### documentazione fotografica, prova testimoniale) ha dimostrato che il bene locato, nella sua interezza libero da cose (n. 4 motori e di altrettante quattro piste per il bowling 2 schermi per la visualizzazione dei punteggi) è stato rilasciato soltanto in data 24 ottobre 2020 sebbene in data ### siano state riconsegnate le chiavi; che a far data dal gennaio 2017 una parte dell'immobile, ad esclusione della porzione occupata dal bowling per circa 250 mq, era stata condotta in locazione dalla sig.ra ### che dalla data del riconsegna delle chiavi sino alla data del 14/02/2017 non sono risultati consumi reali. 
In particolare la suddetta teste sig.ra ### nella sua deposizione ha dichiarato: “A far data dal gennaio 2017 ho condotto in locazione l'immobile sito in ### località ### già strada uno snc oggi via ### catastalmente individuato al ### al fg 71 mappale 48 sub 2 di proprietà del sig.  ### Damiano”. …“E' vera la circostanza: a decorrere da tale anno ho utilizzato l'immobile suddetto oggetto della locazione per l'esercizio della mia attività di bar - ristorazione” “Ho condotto in locazione l'immobile sino al mese di novembre 2021”… “A far data dal gennaio 2017 ho intestato a mio nome tutte le utenze, compresa quella dell'utenza acqua che ho regolarmente pagato”. “Ho condotto in locazione l'immobile di cui sopra in virtù di un contratto di locazione regolarmente sottoscritto e registrato”. “E vero che nella mattinata del giorno 24 ottobre 2020, il sig. ### ha liberato il locale di proprietà di ### sito in ####,
Fraz. #### già ### 1 snc, e da me condotto in locazione da i 4 motori e n. 4 schermi-monitor sospesi. Le piste da bowling erano stati già rimossi nell'estate 2020 da ### Paolo”…. “ Quando ho preso in locazione l'immobile nel gennaio 2017 oltre all'attività di bar e ristorazione era mia intenzione svolgere anche l'attività di bowling e quindi volevo utilizzare tutto l'immobile anche quello destinato all'impianto di bowling , ma nel corso dei mesi successivi mi sono accorta che non potevo utilizzare l'impianto di bowling perché è nata la controversia tra ### e ### sulla proprietà delle piste e motori da bowling. ### complessivo da bowling occupava circa 250 mq dell' immobile che non ho utilizzato su circa 600 mq complessivi dell'immobile locato”.   Va evidenziato che il CTU ha accertato che il contatore (risultante rimosso in data ###con il sigillo della ### S.p.a. N. ###)oggetto di causa era presumibilmente posto in un pozzetto di cls prefabbricato sito sotto il livello strada e fuori dal cancello carrabile di ingresso all'area di pertinenza del bowling, a circa 30 cm dalla linea di asfalto della strada denominata ### e che a seguito di una verifica visiva non era emersa, nelle vicinanze del contatore, presenza di diramazioni verso la proprietà di ### Inoltre dalle rilevazioni delle letture riportate nelle bollette, risultava che sino al 2012 le fatture erano state emesse indicando letture rilevate e che non risultavano consumi reali dopo la data di rilascio dell'immobile alla proprietà (da intendersi come data di restituzione delle chiavi in data ###) se non quelli stimati e poi restituiti con bolletta n. 53462 del 31/07/2013 di importo pari a € 1.172,60 a credito. 
Per le ragioni suesposte la domanda di condanna al pagamento dei consumi successivi al 03/08/2012 avanzata da ### nei confronti di ### nella asserita qualità di effettivo fruitore della fornitura idrica, non è risultata fondata e va rigettata. 
Quanto alla domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. avanzata dal terzo chiamato in causa nei confronti di ### si ritiene che nella fattispecie il comportamento dell'opponente è stato contenuto nei limiti di quello che è il legittimo diritto di difesa non ravvisandosi elementi riconducibili a mala fede o colpa grave. In considerazione di ciò la richiesta condanna ex art. 96 c.p.c. non può essere accolta. 
Ogni altra questione resta nel merito assorbita. 
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo applicando i parametri medi di cui al D.M. n. 147/2022, ridotti del 30% stante la non complessità della fattispecie tenendo conto del valore della controversia e dell'attività effettivamente svolta.  PQM Il Tribunale definitivamente pronunciando sulle conclusioni e tra le parti indicate in epigrafe, ogni contraria o diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: -rigetta l'opposizione e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo n. 392/2019 di data 10/07/2019 emesso dal Tribunale di L'### nel giudizio n. 1886/2019 R.G.; - rigetta la domanda di condanna proposta da ### nei confronti di ### - condanna ### al pagamento in favore della ### s.p.a. delle spese di lite che liquida in complessivi € 3.553,90 oltre accessori di legge; -condanna ### al pagamento in favore di ### delle spese di lite che liquida in complessivi € 3.100,00 oltre accessori di legge. 
Così deciso in L' ### il ### Il Giudice Dott.ssa

causa n. 2505/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Anna Maria Mancini

M

Tribunale di Frosinone, Sentenza n. 424/2025 del 16-06-2025

... operai ### siano stati impegnati nell'attività di sostituzione dei contatori non esclude poi che gli stessi abbiano continuato a svolgere anche i ben più pesanti lavori di costruzione e manutenzione di elettrodotti, ossia sulle reti di distribuzione. Così ha riferito il teste ### “Ci siamo occupati anche della sostituzione dei contatori quando si è passati dal contatore analogico a quello elettronico.” ### canto, lo stesso teste ### ha riferito che i mezzi necessari per eseguire i lavori in altezza (ovvero i cestelli elevatori), che costituiva parte rilevante del lavoro gravoso, siano stati forniti soltanto a partire dal 2000, ossia poco prima del pensionamento dell'attore. Dalla prova, in definitiva, è emerso è emerso che la prevalenza delle lavorazioni erano manuali (per via dell'inaccessibilità della maggior parte dei cantieri) e che anche quando potevano essere meccanizzate, gli operai erano in ogni caso esposti a molteplici rischi, ivi incluso quelli degli stessi mezzi meccanici, in quanto fonti di evidenti rischi di vibrazioni meccaniche trasmesse al corpo intero o al sistema mano-braccia. ### ha anche evidenziato che la convenuta omise l'adeguamento dei mezzi speciali (leggi tutto)...

testo integrale

TRIBUNALE DI FROSINONE Sezione Lavoro Il Giudice del lavoro, Dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di lavoro iscritta al ### di ### per l'anno 2022 al n.247 e ritenuta per la decisione alla pubblica udienza del 16.4.2025, vertente tra ### rappresentato e difeso dagli Avv.ti ### e ### e con essi domiciliat ####### n.2, in virtù di procura speciale in calce al ricorso ricorrente contro E-### S.p.A. (già ### S.p.A.) - Società con unico socio (### S.p.A.), in persona della procuratrice Avv. ### in virtù dei poteri conferiti con procura per ### di ### del 12.12.2017, Rep. 55629, Racc. n.27976, rappresentata e difesa dagli Avv.ti ### e ### con domicilio eletto nello studio dell'Avv. ### in #### n.58, giusta procura in calce alla memoria di costituzione resistente ### del giudizio: risarcimento danni da malattia professionale.   Conclusioni: per ciascuna parte, quelle del rispettivo atto costitutivo, da intendersi qui integralmente riportate.  ### ricorso depositato il ###, ### ha convenuto in giudizio innanzi il Tribunale di ### la E-### S.p.A. (già ### S.p.A.), deducendo di essere stato dipendente dell'azienda convenuta dal 1.6.1967 al 31.5.2004, con mansioni di addetto alla costruzione e manutenzione di elettrodotti aerei e sotterranei a media e bassa tensione, e di aver contratto patologie di origine professionale al sistema osteoarticolare e neurotendineo, segnatamente alla colonna vertebrale, agli arti e all'apparato uditivo. Ciò in quanto aveva operato su cantieri disagiati, quale operaio specializzato di rete impiegato per connettere alla rete elettrica le aree metropolitane, i piccoli centri urbani e le comunità montane. Tali gravose attività, protrattesi senza l'uso di dispositivi di protezione individuali, avevano provocato le patologie di cui sopra, oltre a diversi infortuni sul lavoro. Nonostante le numerose segnalazioni, l'azienda era rimasta inerte, con conseguente violazione delle basilari norme di prevenzione e sicurezza della salute dei lavoratori. Al termine del rapporto di lavoro (maggio 2004), aveva presentato tre domande di malattia professionale all'I.N.A.I.L., cui erano conseguiti giudizi nei quali era stata accertata una percentuale di invalidità del 14% e gli era stato liquidato un indennizzo una tantum di €.7.961,06. Tuttavia, aveva diritto ad un risarcimento integrale del danno, da quantificarsi con le tabelle della responsabilità civile, detratto quanto corrisposto dall'I.N.A.I.L..   Su queste premesse, l'attore ha chiesto l'accertamento della responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale della convenuta e, per l'effetto, la condanna della stessa al risarcimento del danno subito, pari ad €.34.369,00 (€.46.266,00 con personalizzazione), a titolo di danno biologico, oltre al danno alla salute (cd. da cenestesi lavorativa) e al danno biologico complementare (comprensivo delle lesioni non indennizzate dall'I.N.A.I.L.) dalla data della messa in mora (17.1.2009) sino al soddisfo.   Instauratosi ritualmente il contraddittorio, si è costituita tempestivamente in giudizio la società convenuta, eccependo l'inammissibilità delle domande perché precluse dalle precedenti rinunce del lavoratore. Infatti, in data ### il ricorrente aveva sottoscritto un accordo di incentivo all'esodo ed aveva percepito la somma di €.72.000,00 con espressa rinuncia alla rivendicazione di qualsiasi diritto relativo al rapporto di servizio, ivi compreso il risarcimento del danno biologico e/o professionale e/o morale (cfr. punto 3).   La convenuta ha anche eccepito la prescrizione estintiva, in quanto il ricorso era stato notificato in data ###, a distanza di 18 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro (avvenuta in data ###), con conseguente decorso del termine di prescrizione decennale, che non poteva ritenersi interrotto dalla lettera del 17.1.2009, in quanto si trattava di una generica impugnativa della dichiarazione di rinuncia, non recante alcuna specifica costituzione in mora o espressa intimazione di pagamento di somme ai fini risarcitori ex artt.2043 e 1219 c.c. Vi era poi stata una ulteriore lettera interruttiva datata 14.12.2018, recapitata sempre oltre il termine decennale dalla cessazione del rapporto di lavoro.   La convenuta ha poi eccepito l'inopponibilità ad ### delle risultanze peritali nei giudizi intentati avverso l'I.N.A.I.L. in cui ### non era stata parte. In ogni caso, in relazione alle predette risultanze, andava osservato che la domanda di malattia professionale era stata presentata dall'attore soltanto in data ### (5 anni dopo la cessazione del rapporto), e che nessuna patologia era stata accertata durante i 37 anni di lavoro. Gli infortuni richiamati riguardano poi episodi estranei alle sofferenze del rachide lamentate in ricorso. Non era poi condivisibile la stima del 14% di inabilità stabilita dalla Corte d'Appello di ### all'esito dei giudizi promossi dall'attore contro l'I.N.A.I.L., probabilmente dovuta ad una ricostruzione inveritiera delle condizioni di lavoro, determinatasi in assenza di contraddittorio con ### La convenuta ha poi evidenziato l'insussistenza di una responsabilità di ### in base a criteri civilistici (danno differenziale), ai sensi dell'art.10 D.P.R. n.1124/65, trovando la responsabilità per danno differenziale un inderogabile presupposto nella ricorrenza di una fattispecie di reato procedibile d'ufficio, ancorché non accertato in sede penale. Sul punto la Corte Costituzionale, con sentenza n.74/1981, ha precisato che la responsabilità del datore sussiste qualora venga ad integrare un'ipotesi di reato colposo, lesivo dell'incolumità del lavoratore, con conseguente venir meno dell'esonero da responsabilità civile, laddove, in difetto di condanna in sede penale ovvero di esclusione da parte del giudice di merito dell'esistenza di un fatto reato, il datore va esente dalla predetta responsabilità.   La convenuta ha poi rilevato la carenza di allegazione e prova sulle mansioni e sull'asserito inadempimento di ### dovendosi escludere qualsivoglia ipotesi di responsabilità oggettiva del datore.   La resistente ha anche evidenziato la inammissibilità della prova testimoniale, emergendo per tabulas che le mansioni cui era adibito il ### erano diverse da quelle indicate nel ricorso, non avendo l'attore mai fatto parte di "### ed essendo prevalentemente adibito ad attività operative previste dalla sua declaratoria professionale.   La convenuta ha poi sottolineato l'infondatezza delle doglianze attoree circa la responsabilità ex art.2087 c.c. per danno differenziale, che non era imputabile al datore di lavoro, in quanto dalla normativa in materia di valutazione dei rischi non scaturivano affatto obblighi di sorveglianza sanitaria periodica per le specifiche mansioni. Dunque non c'era stata alcuna violazione di tutele nominate e, peraltro, neanche c'era stata allegazione in ordine alle misure che il datore avrebbe dovuto approntare per evitare rischi intrinseci alla tipologia di lavorazioni.   In relazione alle presunte omissioni datoriali, quanto asserito dal ricorrente non rispondeva al vero, anche perché la vigilanza periodica era stata introdotta solo dopo la cessazione del rapporto di lavoro, come anche l'obbligo della tenuta delle cartelle sanitarie e di rischio.   Il lavoratore non aveva comunque mai denunciato la gravosità delle mansioni in punto di sicurezza, né aveva prodotto certificazioni mediche attestanti l'esistenza di patologie. In generale, non era mai pervenuta ad ### alcuna denuncia o formale contestazione da parte delle ### circa le condizioni o i carichi lavorativi degli operai delle squadre, in quanto ### aveva organizzato le attività in maniera da attenuare al massimo gli sforzi fisici e le attività faticose prolungate. Inoltre, da quanto risultava dal DVR del 1996, non poteva affatto sostenersi che fosse stata omessa la valutazione dei rischi per patologie da ###posture incongrue/vibrazioni, restando invece estranee le patologie osteoarticolari ricomprese nelle tabelle I.N.A.I.L. solo nel 2008.   Con riferimento, infine, al contenzioso seriale nei confronti di ### a partire dal 2007 i lavoratori interessati alle medesime domande del ricorrente si erano costituiti in associazione allo scopo di richiedere l'indennizzo prima all'I.N.A.I.L. e poi ad ### anche a distanza di molti anni, a riprova che le patologie lamentate erano strettamente collegate all'età e non già all'attività lavorativa.   Non sussisteva poi il nesso di consequenzialità fra patologia e condizioni lavorative, trattandosi di malattia ad eziologia multifattoriale insorta a distanza di moltissimi anni dalla fine delle lavorazioni ritenute gravose, con conseguente esclusione di un ruolo causale diretto e sufficiente delle situazioni lavorative nel determinismo della patologia artrosica.   Sul danno biologico, la convenuta ha dedotto che lo stesso era incluso nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria gestita dall'### ex D.P.R. n.1124/65 e dunque ne era stata già operata una quantificazione con liquidazione dalla data della domanda amministrativa. La convenuta ha poi contestato la personalizzazione del danno biologico operata in ricorso e, sul danno da cenestesi lavorativa, che non andava confuso con la perdita di chances, ha eccepito il difetto di prova. Sul danno biologico complementare, la convenuta ha sostenuto che la relativa domanda era inammissibile, in quanto era stata attivata fruttuosamente l'assicurazione ### In ogni caso era arbitraria la quantificazione del 40%.   Su queste premesse, la convenuta ha chiesto, in via preliminare, di dichiarare le domande attoree improponibili ed inammissibili perché precluse dalle rinunzie da lui espresse con dichiarazione del 27.11.2003, non suscettibile di successiva impugnativa per intervenuta decadenza e perchè concernente diritti disponibili, come tali liberamente rinunciabili. Nel merito, la convenuta ha chiesto di rigettare tutte le domande formulate dal ricorrente, in quanto inammissibili nelle prospettazioni e, comunque, infondate in fatto e in diritto, nonché prescritte.   Esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione, la causa, istruita con la produzione dei documenti, l'escussione dei testimoni ammessi e l'espletamento di una C.T.U. medico legale, è stata infine discussa e decisa all'udienza del 16.4.2025, con il dispositivo riportato in calce, di cui si è data pubblica lettura.   MOTIVI DELLA DECISIONE Le domande attoree meritano accoglimento, nei limiti e per i motivi appresso indicati.   Preliminarmente, va rigettata l'eccezione di parte convenuta di inammissibilità delle domande attoree per intervenuta rinuncia e transazione, risultando in atti che il documento sottoscritto tra le parti in data ### - nel quale il ricorrente rinunciava alla rivendicazione di qualsiasi diritto relativo al rapporto di servizio, ivi compreso il risarcimento del danno biologico e/o professionale e/o morale (cfr. punto 3) - intervenne quando l'attore neanche aveva consapevolezza del diritto risarcitorio maturato in suo favore a seguito della responsabilità datoriale per le patologie sofferte. 
Circostanza che si ricava dal fatto che soltanto il ### l'attore depositò i primi certificati medici di malattia professionale (cfr. docc. nn.21, 22 e 23 ###. Quindi, la conoscenza da parte del ricorrente della malattia e della sua origine professionale è maturata in epoca successiva alla sottoscrizione del richiamato documento. Ne consegue che, pur trattandosi di diritti all'epoca esistenti, essi erano ancora ignoti al titolare e quindi non potevano essere consapevolmente oggetto di disposizione.   Venendo al merito della causa, osserva il ### che è emerso dal giudizio che effettivamente l'attore ebbe a contrarre le malattie professionali della “lombalgia cronica da protrusioni discali multiple” e della “ipoacusia neurosensoriale bilaterale”, nel corso del rapporto di lavoro con la convenuta, e che da tali malattie gli sono derivati danni morali e danni alla sua integrità psico-fisica che vanno addebitati alla responsabilità del datore di lavoro.   A queste conclusioni si può arrivare esaminando le circostanze di fatto che emergono da quanto riferito dai testi escussi, che hanno evidenziato che nell'intero periodo di lavoro il ricorrente ha subito una ciclica esposizione a molteplici fattori morbigeni susseguitisi tra loro senza soluzione di continuità, in quanto presenti in ciascuna fase lavorativa propedeutica e conseguenziale alla elettrificazione.   In particolare, dalle dichiarazioni dei testi di parte ricorrente - che hanno tutti lavorato a stretto contatto con il ricorrente e gli hanno visto svolgere le attività indicate in ricorso - emerge la gravosità delle lavorazioni svolte dal ricorrente, che eseguiva direttamente i lavori anche nel limitato periodo in cui è stato capo nucleo.   Nello specifico, il teste ### che ha lavorato con il ricorrente, anche negli stessi cantieri, fino al suo pensionamento, ha dichiarato che: “### nella stessa squadra e facevamo buche, anche su rocce, mettevano pali, e questo quotidianamente … Ci occupavano anche del posizionamento di contatori … Le ditte esterne sono arrivate solo in un secondo momento, ma si sono però occupate solo di lavori su linee più grandi … I lavori che comportavano la messa in opera di 4 o 5 pali li facevamo invece noi operai ### … ### attività io le ho svolte fino a 4 o 5 anni fa … Su queste linee facevamo tutti i lavori, dagli scavi alla messa in opera dei pali, all'armamento dei pali stessi.” Il teste ha confermato che i lavori di scavo per la sola posa dei conduttori vennero sì appaltati a ditte esterne da un certo momento in poi, ma gli operai ### hanno continuato ad effettuare gli scavi per i pali: “### fatto anche gli scavi con gli escavatori, ma soltanto fino a quando abbiamo avuto gli escavatori, non so dire fino a quando, poi se ne sono occupate le ditte esterne. Sto parlando degli scavi per la messa a terra di cavi. ### invece continuato a fare le buche per i pali per le linee di 4 o 5 pali che abbiamo continuato a fare noi operai ### Per fare le buche su terra usavano la mototrivella che tenevamo in 4 perché serviva molto forza. Per fare buche su terreni più duri usavamo martelli pneumatici… ### tutti i giorni facevamo le linee di 4 - 5 pali e usavamo i mezzi di cui ho parlato. Ho usato le mototrivelle fino a quando sono state usate in azienda, non ricordo fino a che anno le abbiamo usate, penso fino a 15 anni fa, ma non lo ricordo con precisione. Facevamo anche attività di manutenzione, con la messa in opera dei giunti sotterranei. La buca per mettere i giunti veniva fatta con l'escavatore e poi - nell'ultima parte - a mano per non rovinare i cavi. Per riparare i cavi emettere i giunti occorreva un lavoro di un'ora, un'ora e mezzo, anche due. Con i cavi di mezza tensione ci poteva volere anche mezza giornata. Si doveva lavorare stando piegati sulle ginocchia o con le ginocchia a terra.” Il teste ### ha anche precisato che in caso di pioggia gli interventi che richiedevano il ripristino di energia venivano comunque eseguiti, nonostante il maltempo: “Se era urgente un intervento lo effettuavamo anche con il maltempo, mettendo un telo di copertura”.   Il teste ha inoltre chiarito che quando i contratti con le ditte esterne scadevano si trovavano a svolgere anche i lavori di taglio alberi con motoseghe: “Nel pronto intervento dovevamo fare anche lavori di taglio di alberi con la motosega. I lavori di taglio di alberi in prevenzione venivano fatti da ditte esterne, ma quando i contratti con queste ditte scadevano potevano esserci periodi in cui lo facevano anche noi operai ###” Il teste ### ha poi chiarito che: “i trasformatori venivano portati con la gru e posati davanti alla cabine e da qui sistemati da noi spingendoli all'interno delle cabine, molti avevano le ruote di metallo. 
Nelle cabine portavamo anche i sezionatori del peso di circa 1 quintale, che venivano spostati a mano da un paio di persone e che sistemavamo con un paranchino … I lavori in altezza sui pali li facevano salendo coi ramponi e poi posizionavamo la mensola stando con l'addome all'altezza della cima del palo e tirando su la mensola con le braccia. Il lavoro si faceva anche stando posizionati lungo in posizione quasi orizzontale”.   Il teste ### ha poi riferito anche sui turni reperibilità: “### reperibilità per una volta al mese, ma spesso si faceva due volte al mese, per sostituire colleghi assenti. Io sono arrivato a fare anche 5 settimane di reperibilità consecutive. I riposi compensativi li facevamo, ma in casi di emergenza saltavano” La gravosità del lavoro svolto dall'attore è confermato anche dal teste ### che ha così dichiarato: “### anni ‘70, '80 e '90, avvicinandosi verso il 2000, l'attività è sempre stata molto pesante … ### l'attività sui pali è stata sempre svolta da noi”. Conformemente il teste ### ha dichiarato: “La squadra aggiunte ogni giorno movimentava pali di castagno che pesavano da 1 quintale a 2 quintali, che andavano portate a spalla dai dipendenti compreso il ricorrente per essere posizionati.” Dall'esame delle complessive risultanze istruttorie fornite dai testi addotti da parte ricorrente - la cui particolare attendibilità è da riconnettere alla circostanza che hanno tutti lavorato a stretto contatto con il ricorrente - emerge quindi l'adibizione dell'elettricista del nucleo di distribuzione, quale era l'attore, alle diverse attività manuali descritte, eseguite esclusivamente all'aperto su cantieri temporanei e mobili, generalmente distanti dai centri urbani e spesso in luoghi inaccessibili ai mezzi meccanici, questi ultimi peraltro non sempre disponibili.   Dalla prova è emerso che tutte le attività della filiera hanno comportato l'abituale esposizione del ricorrente ad un concorso di diversi rischi specifici tra loro concatenati, esplicatisi con vibrazioni, posture incongrue e microtraumi ripetuti.   La gravosità del lavoro era poi accentuata da motivi prettamente organizzativi, da correlarsi all'omesso avvicendamento del personale operativo; all'inadeguatezza o assenza dei mezzi speciali (anche il teste di parte convenuta ### ha confermato che i cestelli elevatori sono stati consegnati solo dal 2000); all'inadeguatezza dei dispositivi di protezione individuali; all'assegnazione di turni di reperibilità fino a due o tre volte superiori a quelli contrattualmente previsti; all'omessa formazione e informazione sui rischi.   Le richiamate risultanze relative all'esame dei testi addotti da parte ricorrente non trovano smentita nell'esame dei testi addotti da parte resistente.   Si osservi che il teste ### non ha saputo riferire nello specifico sul lavoro svolto dall'attore. Invero, il teste ha dichiarato di aver lavorato nel distretto ### fino al 2004 e di essere giunto nel ### solo successivamente, affermando che “E' possibile che abbia anche incontrato il ricorrente ma non lo posso affermare con certezza”.   Anche il teste ### ha precisato di essere stato il responsabile dell'attore a ### per soli 2 anni: “### stato responsabile della ### di ### dal 2002 al luglio 2007, il ricorrente ha lavorato con me fino a quando è andato in pensione nel 2004”.   Il teste ### ha anche dichiarato che: “Dal 1985 al 1987 sono stato a ### e ho visto che non c'erano squadre cd. aggiunte”, ovvero le squadre adibite alle gravose lavorazioni di cui hanno parlato i testi addotti da parte ricorrente. Il teste ha aggiunto: “anche negli anni successivi ho svolto mansioni nel ### che mi consentivano di verificare e oggi di dire che anche dopo non ci sono state squadre aggiunte”.   La circostanza è però smentita dal curriculum aziendale rilasciato all'attore dalla stessa ### (doc. n.1 ###, nel quale si richiamano appunto le squadre distaccate, come quella di ### attive certamente fino a tutto il 2002.   Il teste ### ha anche dichiarato che gli elettricisti provetti del nucleo di distribuzione, quale era l'attore, svolgevano quale attività corrente, quella del “montaggio di contatori”, usando “la normale cassettina con gli attrezzi”. Ciò in quanto “almeno il 95% dei lavori più pesanti” era affidato a ditte esterne … le attività di manutenzione più leggere venivano fatte dagli operai ### le più pesanti da imprese esterne.” In ordine a queste dichiarazioni, deve però osservarsi che l'attore operava quale “### provetto (e poi esperto) del nucleo di distribuzione”, attività distinta da quella dell'operaio addetto esclusivamente all'utenza, identificato come “letturista” o “monoperatore”, che operava da solo, in assenza di lavori pesanti.   Il teste ### ha poi fatto riferimento ai lavori sugli elettrodotti ad alta tensione e media tensione superiori a 3 km, che a partire dalla fine degli anni ottanta sono stati effettivamente appaltati a ditte esterne, ma dalla prova è emerso che, invece, i lavori di costruzione degli elettrodotti a media e bassa tensione fino a 3 km, sono rimasti per tutto il periodo di lavoro del ### a carico esclusivo degli elettricisti del nucleo di distribuzione (provetti ed esperti). Tali lavori erano ugualmente pesanti (come si ricava anche dalla schede metodo e dalle schede tecniche acquisite in atti, nonché dal tipo di macchinari usati e dell'ambiente e clima in cui si svolgevano). Rispetto questi elettrodotti gli elettricisti del nucleo di distribuzione dovevano curare anche la manutenzione ordinaria e straordinaria.   La circostanza che, poi, con l'introduzione dei nuovi contatori elettronici gli operai ### siano stati impegnati nell'attività di sostituzione dei contatori non esclude poi che gli stessi abbiano continuato a svolgere anche i ben più pesanti lavori di costruzione e manutenzione di elettrodotti, ossia sulle reti di distribuzione. Così ha riferito il teste ### “Ci siamo occupati anche della sostituzione dei contatori quando si è passati dal contatore analogico a quello elettronico.” ### canto, lo stesso teste ### ha riferito che i mezzi necessari per eseguire i lavori in altezza (ovvero i cestelli elevatori), che costituiva parte rilevante del lavoro gravoso, siano stati forniti soltanto a partire dal 2000, ossia poco prima del pensionamento dell'attore.   Dalla prova, in definitiva, è emerso è emerso che la prevalenza delle lavorazioni erano manuali (per via dell'inaccessibilità della maggior parte dei cantieri) e che anche quando potevano essere meccanizzate, gli operai erano in ogni caso esposti a molteplici rischi, ivi incluso quelli degli stessi mezzi meccanici, in quanto fonti di evidenti rischi di vibrazioni meccaniche trasmesse al corpo intero o al sistema mano-braccia.   ### ha anche evidenziato che la convenuta omise l'adeguamento dei mezzi speciali al numero effettivo di operai (squadre lavoro) ed alle reali condizioni morfologiche dei cantieri e non valutò i rischi specifici connessi ai lavori in altezza, alle vibrazioni al sistema mano-braccia ed al corpo intero, alla movimentazione manuale dei carichi, al sovraccarico biomeccanico, alle posture incongrue e coatte ed al microclima sfavorevole. La convenuta omise poi la sorveglianza sanitaria periodica annuale, obbligatoria a decorrere dal D.P.R. 303/56 per le vibrazioni e gli scuotimenti e dal D.Lgs 626/94 per la movimentazione manuale dei carichi. E fu anche omessa la formazione/informazione dei lavoratori, obbligatoria a decorrere dal D.P.R. 303/56.   E' risultata così provata in giudizio l'esposizione a rischio ambientale negata dalla convenuta.   ### C.T.U. medico-legale ha poi confermato la natura professionale di alcune delle patologie di cui soffre l'attore, da correlare all'esposizione continuativa ai rischi di cui si è dato conto, patologie che comportano a carico del ### un danno biologico in misura del 7%.   ###.T.U., in particolare, ha evidenziato che il ricorrente, è affetto dallo stato patologico dedotto in ricorso, che attualmente consiste in: ### cervicalgia cronica da protrusioni discali da ### a ### e cervico-artrosi con associata sofferenza neurogena cronica nel territorio ###-### sinistro e ###-###-### destro EMG accertata il 03/2015 e il 03/2024; ### lombalgia cronica da protrusioni discali multiple da ### a ###, con segni EMG di sofferenza cronica da ###-###-### bilaterale EMG accertata il 03/2015 e il 03/2024; ### segni EMG (03/2015) di sindrome del tunnel carpale di grado moderato a destra ad attuale lieve impegno funzionale; ### ipoacusia neurosensoriale bilaterale; ### ernia ombelicale.   Il perito, esaminata la storia occupazionale del ricorrente - desunta dalla documentazione versata in atti dalle parti e dalla lettura delle deposizioni dei testi escussi nel corso del giudizio - ha evidenziato che il ricorrente, che è in pensione dal maggio 2004, specie nella prima parte della propria esperienza professionale presso la convenuta, ha svolto attività comportanti la movimentazione manuale di carichi pesanti e ha operato, seppure in modo non continuo, con e in prossimità di attrezzature di lavoro con emissione di rumore a livelli otolesivi (cfr. esame audiometrico del 1989 ove si fa riferimento all'impiego di “strumenti con aria compressa e motori a scoppio”).   Peraltro, il perito, quanto alle patologie di cui ai punti ###, ### e ### in precedenza indicati - patologie del rachide cervicale e dell'arto superiore destro, oltre che l'ernia ombelicale - ha evidenziato che non vi sono allo stato in letteratura elementi a sostegno dell'ipotesi che le stesse possano essere state sostenute, sul piano eziologico, dai fattori di rischio professionale cui è stato esposto il ricorrente (ovvero la movimentazione manuale dei carichi e il rumore).   In effetti, per quanto attiene alla patologia disco-artrosica del rachide cervicale, il perito ha osservato che essa, segnalata per la prima volta dal ricorrente alla metà degli anni '90 e documentata dal 1995 con esami di diagnostica strumentalenon può essere ricondotta, stante la letteratura scientifica disponibile, alle noxae occupazionali cui lo stesso è stato esposto perché i dati statistico epidemiologici disponibili non mostrano, nei soggetti addetti ad analoghe mansioni, una significativa maggiore incidenza della patologia denunciata. In effetti, non sono presenti nella letteratura scientifica dati epidemiologici conclusivi che associno l'esposizione ad attività di movimentazione manuale dei carichi con le patologie osteoartrosiche e discali della colonna cervicale.   Riguardo la patologia che interessa l'arto superiore, il C.T.U. ha evidenziato che anche essa, emersa soltanto nel 2015 (oltre 10 anni dopo la cessazione dell'attività lavorativa) da esame elettromiografico e mai rilevata sul piano clinico-specialistico, non può essere ricondotta, stante la letteratura scientifica disponibile, alle noxae occupazionali cui lo stesso è stato esposto in quanto i dati statistico epidemiologici disponibili non mostrano, nei soggetti addetti ad analoghe mansioni, una significativa maggiore incidenza della patologia denunciata. In effetti, non sono presenti nella letteratura scientifica dati epidemiologici conclusivi che associno l'esposizione ad attività di movimentazione manuale dei carichi con le patologie dei nervi periferici da compressione canalicolare dell'arto superiore.   Infine, riguardo la patologia che interessa la parete addominale, il perito ha evidenziato che neanche essa, emersa soltanto nel 2010 (oltre 5 anni dopo la cessazione dell'attività lavorativa) dalla certificazione medico-legale del Dott. ### del 20.5.2010, può essere ricondotta, stante la letteratura scientifica disponibile, alle noxae occupazionali cui è stato esposto il ricorrente, essendo viceversa pacifico che essa deriva piuttosto da meiopragia d'organo ovvero dalla lassità della parete addominale che di per se sola è in grado di spiegare l'erniazione del viscere.   ###.T.U ha sottolineato, al riguardo, che, sulla base dei dati di letteratura, condizioni necessarie per la fuoriuscita di un'ernia acquisita sono la predisposizione anatomica della parete addominale e l'incremento della pressione addominale. Ciascuno dei due elementi citati non rappresenta invece, singolarmente considerato, ragione sufficiente per lo sviluppo della patologia. Il secondo fattore concausale dell'ernia inguinale ovvero l'incremento della pressione addominale, può essere a sua volta legato a svariate situazioni, molte delle quali direttamente dipendenti dal soggetto (come, ad esempio, le forze generate da situazioni fisiologiche come la defecazione o la tosse, la scarsa forma fisica, l'abitudine al fumo di tabacco), altre da situazioni ambientali e/ lavorative, come ad esempio la movimentazione manuale dei gravi. Quali siano i fattori prevalenti nella causazione dell'incremento della pressione endoaddominale, e dunque, nella erniazione del viscere (se prevalgano cioè i fattori costituzionali e/o fisiologici o quelli legati alla movimentazione manuale dei gravi) non è completamente noto. ### la letteratura scientifica, in molte attività lavorative l'incremento della pressione addominale legata allo sforzo raramente supera le forze generate dalle normali funzioni fisiologiche.   Quanto alle altre due patologie riscontrate a carico del ricorrente - la patologia muscoloscheletrica del rachide lombo-sacrale e la patologia uditiva - il perito ha inquadrato le affezioni in oggetto con riguardo alle conoscenze scientifiche relative alla loro possibile eziologia professionale.   Con particolare riguardo alla patologia che interessa il rachide lombo-sacrale, il C.T.U. ha evidenziato che gli agenti eziologici dell'infermità non sono completamente noti, poiché la medesima viene considerata patologia cronico-degenerativa che interessa tutti gli elementi dell'unità discovertebrale, e per questo è riconducibile all'invecchiamento delle strutture articolari dell'unità medesima (ivi comprese le superficie articolari e il disco intervertebrale). Il disco intervertebrale è una struttura interposta tra le vertebre, costituito da tessuto cartilagineo, sprovvisto di vasi sanguigni, indispensabile a garantire l'articolazione dell'unità disco-vertebrale. Proprio perché privo di vasi sanguigni, esso viene nutrito mediante un meccanismo di diffusione, direttamente influenzato dalla pressione che grava sul disco. Se la pressione applicata sul disco è superiore ad un livello di “pressione critica”, si verifica la spremitura dello stesso con fuoriuscita di liquidi (e la conseguente espulsione di cataboliti, ovvero di sostanze di rifiuto). Quando, viceversa, la pressione applicata sul disco è inferiore al suddetto limite, si ha un richiamo dei liquidi all'interno del disco (in questo modo il disco assorbe sostanze in nutrienti dai tessuti viciniori). È proprio il continuo alternarsi di queste fasi (che sono caratterizzate da iper-pressione e ipo-pressione sul disco) che consente la periodica espulsione di cataboliti e l'assorbimento delle sostanze nutritive, e, dunque, una corretta nutrizione del disco. La permanenza per periodi prolungati, alcune ore, in posizioni che comportano una pressione discale costantemente al di sopra o al di sotto del valore "critico" citato, comporta l'arresto dei meccanismi di ricambio (oppure una inadeguatezza degli stessi meccanismi), con conseguente malnutrizione e precoce invecchiamento del disco stesso. In tali situazioni il disco può dunque andare incontro a rotture (ed erniazioni) con maggiore frequenza e più precocemente. La “discopatia” è la patologia degenerativa causata da usura ed invecchiamento del disco (il disco diventa meno resistente perché con minor contenuto d'acqua e minore elasticità). Ad essa può seguire, a causa della rottura della capsula esterna del disco, l'erniazione del disco stesso (ernia del disco). Tale degenerazione, che procede fisiologicamente con l'età e in funzione delle caratteristiche individuali del soggetto, indipendentemente dall'attività lavorativa svolta, è favorita da tutte quelle noxae che incidono negativamente sulla nutrizione del disco intervertebrale e che possono alterare le forze di carico che gravano sulla colonna medesima. Trattasi dunque di infermità a genesi plurifattoriale, di diffuso riscontro nella popolazione generale e molto spesso priva di specifici connotati eziopatogenetici. Sul piano epidemiologico è noto che le sindromi artrosiche sono in ### le affezioni più diffuse e si osservano in tutte le collettività lavorative (dell'industria, dell'agricoltura e del terziario).   Per le esposte considerazioni, il perito ha evidenziato che il riconoscimento del nesso causale con l'attività svolta di tali infermità può essere considerata credibile solo qualora siano chiaramente dimostrati alcuni specifici requisiti. In particolare, l'anamnesi lavorativa deve evidenziare l'esistenza di un rischio professionale di natura, entità, durata ed intensità tali da far ragionevolmente considerare la sua influenza di grado superiore, o quanto meno uguale, a quella esercitata da fattori extraprofessionali e/o individuali; il quadro clinico, anatomo-funzionale e radiologico deve presentare caratteristiche specifiche, per intensità, precocità e localizzazione del fenomeno morboso, rispetto alla normalità della popolazione; infine, i dati statistico epidemiologici devono mostrare una significativa ed univoca maggiore incidenza della patologia presso quella determinata categoria professionale.   Nel caso di specie, il C.T.U. ha osservato che i requisiti suddetti sono soddisfatti in quanto: 1) le caratteristiche del rischio professionale (movimentazione manuale di gravi di peso ingente che si svolgeva su terreni accidentati e impervi), la durata dell'esposizione lavorativa (oltre 30 anni), e l'intensità della esposizione al rischio (attività svolta con continuità nel corso della giornata lavorativa) possono essere considerati sufficienti alla causazione delle infermità; 2) il quadro clinico, anatomo-funzionale e radiologico presenta caratteristiche specifiche rispetto alla normalità della popolazione, sia per intensità (protrusioni discali multiple che coinvolgono porzione significativa del rachide lombo-sacrale), sia per precocità (i sintomi d'esordio dell'infermità descritta sono riferiti già alla fine degli anni '60 con intensificazione negli anni ‘80 in un soggetto, all'epoca, poco più che trentenne), sia per localizzazione del fenomeno morboso. Nel caso di specie, la patologia degenerativa del rachide ha interessato, all'esordio, l'ultima parte del rachide lombare e la cerniera lombo-sacrale, e cioè il tratto della colonna maggiormente esposto al rischio perché sollecitato dalla attività di movimentazione manuale. Essa, in epoca successiva alla cessazione dell'attività lavorativa, è andata incontro a ulteriore progressione anatomo-radiologica e funzionale in parte attribuibile alla fisiologica senescenza delle strutture osteo-articolari; 3) in relazione all'infermità in esame sono disponibili dati statistico epidemiologici conclusivi che dimostrano una particolare frequenza della stessa nei soggetti addetti ad analoghe mansioni che comportano il ricorso alla forza manuale anche attraverso l'utilizzo di strumenti vibranti. Infatti, indagini epidemiologiche hanno fornito una sufficiente evidenza epidemiologica per la presenza della relazione causale tra attività lavorative “gravose”, comportanti movimentazione manuale di gravi, e patologia degenerativa dei dischi intervertebrali della colonna lombare e sacrale.   Il perito ha anche osservato che, nel caso del ricorrente, la patologia osservata in sede di operazioni di consulenza non aveva all'epoca del pensionamento le attuali caratteristiche d'impegno anatomoradiologico e clinico-funzionale. In effetti, dall'esame radiografico della colonna cervicale e lombare eseguito circa 5 anni dopo il pensionamento ovvero l'11.09.2009 si evince un quadro consistente in “segni di spondilosi margino-somatica diffusa a tutto il rachide” e “modesta riduzione in ampiezza dello spazio intersomatico L-5-### nel suo versante posteriore”, mentre la disamina delle certificazioni disponibili mostra un soggetto già da anni sintomatico con documentati ricorrenti episodi di lombosciatalgia (e con la necessità di un ricovero ospedaliero nel 1999). Dalla documentazione in atti si evince altresì una marcata evoluzione del quadro anatomo-radiologico in epoca prossima al 2015, progressione che ad avviso del C.T.U. non può essere attribuita, se non in misura marginale, all'attività lavorativa svolta dal ricorrente alle dipendenze della società convenuta.   Per quanto esposto il perito ha ritenuto che lo stato patologico descritto può essere posto, seppure parzialmente, in correlazione causale con le vicende lavorative occorse al ricorrente alle dipendenze della società convenuta.   Dalla predetta patologia sono residuati postumi menomativi di carattere permanente consistenti in: “sindrome algodisfunzionale del rachide lombo-sacrale di grado moderato consistente in lombalgia cronica da protrusioni discali multiple da ### a ###, con segni EMG di sofferenza cronica da ###-###-### bilaterale EMG accertata il 03/2015 e il 03/2024”. È evidente - ha osservato il perito - la sussistenza di esiti di carattere permanente con incidenza sulla preesistente integrità psicofisica del ricorrente, non solo in riferimento agli aspetti statico-funzionali della lesione, ma anche sulla base dei riflessi dinamico-relazionali che essi determinano rispetto alle attività, alle situazioni e ai rapporti in cui il soggetto esplica se stesso nella propria vita di tutti i giorni (comuni attività “esistenziali”). E, in concreto, la menomazione descritta, incidendo negativamente sulla funzionalità della colonna lombosacrale, agisce sulla tolleranza allo sforzo e sulla resistenza nel corso di attività manuali complesse, durature e impegnative e nel corso di attività che richiedano continui piegamenti della cerniera dorsolombare, il mantenimento continuo della posizione ortostatica o seduta, la corsa e la deambulazione su scale e terreni scoscesi, e, infine, la pratica di molte attività sportive (ancora in parte ammesse, ma con non trascurabili limitazioni).   Per la valutazione del danno biologico, il C.T.U. ha fatto riferimento alla tabella delle menomazioni I.N.A.I.L. sul danno biologico di cui al ### 12/07/2000 e alla tabella allegata all'ultima edizione delle ### della ### di ### e delle ### (2016), le quali, nelle loro proposte valutative per le menomazioni del rachide lombosacrale presentano orientamenti piuttosto omogenei. E dunque, sulla base dei suddetti riferimenti tabellari, tenuto conto del fatto che l'ingravescenza anatomo-radiologica e funzionale della menomazione de quo osservata in epoca successiva al pensionamento non può essere attribuita, se non in misura marginale, alle vicende lavorative per cui è causa, la menomazione dell'apparato muscolo-scheletrico in esame, riconducibile alla sopra indicata eziologia lavorativa, comporta la presenza di esiti permanenti che il perito ha valutato nella misura del 6% con riferimento al danno biologico, con decorrenza dalla data del pensionamento (2004).   Venendo all'infermità della “ipoacusia neurosensoriale bilaterale”, il perito ha osservato che è evidente che l'utilizzo, per lungo tempo, di strumenti e attrezzature di lavoro particolarmente rumorosi abbia determinato l'insorgenza della decritta infermità, la quale, in ragione delle sue caratteristiche e natura così come deducibili dal tracciato audiometrico del 1989, nel caso di specie conserva tutti i requisiti dell'ipoacusia da rumore. Essa è infatti di tipo neurosensoriale, è bilaterale e sufficientemente simmetrica e interessa prevalentemente le alte frequenze del campo tonale.   Anche in questo caso il perito ha evidenziato che la patologia osservata in sede ###aveva le attuali caratteristiche morfologiche, d'impegno audiologico e clinico-funzionale. In effetti, dall'esame audiometrico eseguito circa 15 anni prima del pensionamento ovvero nel 1989 si evince un quadro assai verosimilmente riconducibile in modo esclusivo a trauma acustico cronico (la curva assume la classica forma a cucchiaio) consistente in una ipoacusia neurosensoriale bilaterale “iniziale” con ### interessamento bilaterale della sola frequenza di 4 kHz con minus pari a 60dB a destra e 55dB a sinistra, il cui danno biologico, utilizzando la formula di ### indicata nelle tabelle S.I.M.L.A. e I.N.A.I.L. citate, è valutabile nella misura dello 0.6%, arrotondato 1%, mentre dall'esame audiometrico eseguito circa 10 anni dopo il pensionamento. ovvero nel 2014 (quando il ricorrente aveva 65 anni), si evince quadro assai verosimilmente in parte riconducibile a trauma acustico cronico (la curva perde la classica forma a cucchiaio è in discesa sulle alte frequenze del campo tonale) consistente in una ipoacusia neurosensoriale bilaterale “avanzata” con ### interessamento delle frequenze di 2kHz con minus pari a 35dB a destra e 35dB a sinistra e 4 kHz con minus pari a 75dB a destra e 70dB a sinistra, il cui danno biologico, utilizzando la formula di ### indicata nelle tabelle tabelle S.I.M.L.A. e I.N.A.I.L. è valutabile nella misura del 2,96%, arrotondato, 3%) e, infine, dall'esame audiometrico eseguito circa 20 anni dopo il pensionamento ovvero nel 2024 (quando il ricorrente aveva 75 anni) si evince quadro assai verosimilmente in piccola parte riconducibile a trauma acustico cronico (la curva perde la classica forma a cucchiaio è in discesa sulle alte frequenze del campo tonale), ma più propriamente riconducibile a marcata componente presbiacusica associata alla vasculopatia e alla neuropatia periferica indotta dall'ipertensione arteriosa e dal diabete mellito, consistente in una ipoacusia neurosensoriale bilaterale “avanzata” con interessamento delle frequenze di 1kHz con minus pari a 45dB bilateralmente, di 2kHz con minus pari a 70dB a destra e 75dB a sinistra, di 3kHz con minus pari a 85dB a destra e 80dB a sinistra, e, infine, di 4 kHz con minus pari a 95dB a destra e 100dB a sinistra, il cui danno biologico, utilizzando la formula di ### indicata tabelle S.I.M.L.A. e I.N.A.I.L., è valutabile nella misura del 2,96%, arrotondato, 3%).   E dunque, tenuto conto del fatto che l'ingravescenza audiologica e funzionale della menomazione de quo osservata in epoca successiva al pensionamento non può essere attribuita alle vicende lavorative per cui è causa, la menomazione dell'apparato uditivo in esame (“ipoacusia neurosensoriale bilaterale”), riconducibile alla sopra indicata eziologia lavorativa presso la convenuta, comporta la presenza di esiti permanenti che sono stati valutati dal C.T.U. nella misura pari al 1,5%-2% (un punto e mezzo - due punti percentuali) con riferimento al danno biologico, con decorrenza dalla data del pensionamento (2004).   Il danno biologico attribuibile complessivamente alle infermità della “ipoacusia neurosensoriale bilaterale” e della “sindrome algo-disfunzionale del rachide lombosacrale di grado moderato consistente in lombalgia cronica”, sulla base dei criteri comunemente utilizzati nella valutazione di menomazioni coesistenti, è stato valutato dal CTU nella misura complessiva del 7% (sette per cento), con decorrenza dalla data del pensionamento (2004).   Si osservi che il ### della parte convenuta ha concordato sulle conclusioni peritali, sia in merito alla esclusione della riconducibilità a cause lavorative della patologia del rachide cervicale, della sindrome del tunnel carpale destra e dell'ernia ombelicale, sia in merito alla riconducibilità a cause lavorative e alla valutazione medico-legale del danno biologico conseguente del 7% delle patologia del rachide lombare e di quella dell'apparato uditivo.   ### della parte ricorrente ha invece contestato le conclusioni raggiunte dal perito in merito alla esclusione della riconducibilità a cause lavorative della patologia del rachide cervicale, osservando che la patologia del rachide cervicale era stata già riconosciuta come malattia professionale dalla Corte d'Appello di ### che in letteratura esistono studi che ne sostengono l'eziologia professionale, che la patologia in questione sarebbe riconducibile a causa professionali per via dalle posture mantenute dal ### con il capo in iperestensione, per via anche dell'uso del caschetto che riduce il campo visivo in verticale, e che a tale menomazione può essere attribuito un coefficiente di danno biologico del 12%. ###.T.P. ha poi osservato che la patologia del rachide lombare “già di per sé aggravata dalla presenza di una radicolopatia degli arti inferiori” sarebbe “tale da meritare una valutazione in termini di danno biologico nella misura non inferiore al 14%” e che la patologia uditiva in diagnosi sarebbe “valutabile nella misura non inferiore all'otto per cento”. ###.T.P. ha anche asserito che anche la “sindrome del tunnel carpale bilaterale” sarebbe riconducibile a eziologia lavorativa per via dell'esposizione del ricorrente a vibrazioni e che il danno biologico complessivo dovrebbe essere valutato nella misura del 27%. Ha osservato in ultimo il C.TP. che il C.T.U. ha valutato il caso “in ambito prettamente assicurativo ### e non nell'ambito specifico che ci occupa” e che “le patologie osteoarticolari-degenerative debbono essere valutate non fino all'epoca di cessazione del rapporto di lavorativo, bensì successivamente per il carattere ingravescente delle stesse, ferma restando la sussistenza dei nocivi fattori lavorativi derivanti anche dalle ‘mancanze datoriali' di cui sopra”.   Orbene, sul primo punto oggetto d'osservazione critica il perito ha convincentemente dedotto che non v'è evidenza alcuna che le patologie artrosico-degenerative del rachide cervicale possano essere sostenute dal sovraccarico biomeccanico mentre v'è qualche evidenza per il rischio posturale, il quale, per via delle caratteristiche delle attività svolte dal ricorrente, non può però essere sostenuto nel caso de quo, non essendo stato il ricorrente impiegato in posture quali quelle assunte da un restauratore, né da un pittore edile, né da un intonacatore. Il perito ha anche osservato che la tabella delle malattie professionali non include, tra le patologie oggetto di tutela, quelle de rachide cervicale, né esse sono contenute nelle liste nel D.M. n.141 del 15 novembre 2023.   Sul secondo punto oggetto di osservazione critica da parte del C.T.P., il C.T.U. ha ribadito che l'epoca remota della cessazione dell'attività lavorativa e le molteplici concause sopravvenute (età, sovrappeso - obesità, fattori costituzionali e sovraccarico biomeccanico extra-lavorativo) assorbono del tutto, sul piano quali-quantitativo, l'eziologia dell'ingravescenza sia della patologia uditiva sia di quella del rachide lombare, cui può essere attribuita una valutazione complessiva, in termini di danno biologico, non superiore al 7%.   Circa la sindrome del tunnel carpale destra (destra e non “bilaterale”, come sostenuto dal C.T.P.), il C.T.U. ha evidenziato mancano del tutto, nel caso de quo, i fattori di rischio professionali, considerato che essa è comparsa soltanto nel 2015, oltre 10 anni dopo la cessazione dell'attività lavorativa).   In definitiva, il perito ha concluso nel senso che il ricorrente è affetto dallo stato patologico dedotto in ricorso, che attualmente consiste in: ### cervicalgia cronica da protrusioni discali da ### a ### e cervico-artrosi con associata sofferenza neurogena cronica nel territorio ###-### sinistro e ###-###-### destro EMG accertata il 03/2015 e il 03/2024; ### lombalgia cronica da protrusioni discali multiple da ### a ###, con segni EMG di sofferenza cronica da ###-###-### bilaterale EMG accertata il 03/2015 e il 03/2024; ### segni EMG (03/2015) di sindrome del tunnel carpale di grado moderato a destra ad attuale lieve impegno funzionale; ### ipoacusia neurosensoriale bilaterale; ### ernia ombelicale.   Le infermità di cui ai punti ###, ### e ### non sono eziologicamente riconducibili alle vicende lavorative occorse al ricorrente alle dipendenze della società convenuta. Le infermità di cui ai punti ### e ### - “lombalgia cronica da protrusioni discali multiple” e “ipoacusia neurosensoriale bilaterale” - sono, seppure parzialmente, in correlazione causale con le vicende lavorative occorse al ricorrente alle dipendenze della società convenuta.   Esse comportano la presenza di esiti permanenti che possono essere valutati nella misura del 7% con riferimento al danno biologico, con decorrenza dall'epoca del pensionamento. Del ricorrente.   Orbene, ritiene il ### che non si possa che giungere ad una conclusione di responsabilità del datore di lavoro nella insorgenza delle richiamate due patologie.   In particolare, pare evidente che il datore di lavoro avrebbe dovuto adottare precauzioni idonee ad evitare che i dipendenti fossero esposti senza alcuna protezione ai molteplici fattori morbigeni susseguitisi tra loro senza soluzione di continuità, in quanto presenti in ciascuna fase lavorativa propedeutica e conseguenziale alla elettrificazione.   Tale obbligo, essenzialmente, può ricollegarsi all'art.2087 c.c., che in generale impone all'imprenditore di adottare ogni misura idonea a tutelare l'integrità fisica del prestatore di lavoro.   In conseguenza della mancata adozione di queste regole di sicurezza, desumibili dalla disposizione generale in precedenza richiamata, va allora affermata la responsabilità - per colpa generica - del datore di lavoro in ordine all'insorgenza a carico dell'attore delle accertate patologie.   Per completezza va osservato che la responsabilità civile del datore di lavoro avrebbe potuto essere esclusa solo in caso di dolo del lavoratore o nel caso del cd. rischio elettivo - generato da un comportamento del lavoratore non avente rapporto con lo svolgimento dell'attività lavorativa ed esorbitante dai limiti di essa - ma situazioni di tal genere non sono affatto emerse dall'istruttoria.   Neanche é stata provata una qualche colpa del lavoratore dovuta ad imprudenza, imperizia, negligenza, atteso che nessun elemento è emerso in giudizio che faccia ritenere che l'attore possa aver anche soltanto concausato l'insorgenza delle riscontrate malattie.   In ogni caso, come osservato chiaramente dalla giurisprudenza della Cassazione (cfr., ex plurimis e da ultimo, Cass. n.4980/2023), anche l'accertamento di un'eventuale condotta del lavoratore connotata da imprudenza o disattenzione non rileva quando il datore di lavoro abbia omesso di approntare i mezzi di protezione necessari per garantire l'incolumità del lavoratore o abbia omesso di vigilare sull'utilizzo da parte del lavoratore dei mezzi di protezione per lui predisposti.   In tali ipotesi, infatti, la condotta dell'imprenditore si pone quale antecedente causale di per sé sufficiente ad assorbire l'eventuale colpa del danneggiato, con esclusione quindi dell'applicabilità dell'art.1227, 1° comma, c.c. che disciplina la rripartizione dellaresponsabilità nel caso di concorso del danneggiato nella determinazione dell'evento dannoso.   In definitiva, l'entità delle conseguenze risarcitorie - nelle ipotesi viste, che ben si attagliano al caso di specie - grava totalmente sul datore di lavoro.   La conclusione alla quale si è giunti - della sussistenza, cioè, di una responsabilità del datore di lavoro in ordine alla determinazione della malattia professionale - va vista anche nel quadro dei contrapposti oneri probatori gravanti sulle parti nel caso di malattia o infortunio sul lavoro.   Incombe infatti al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza di tale danno, nonché il nesso tra l'uno e l'altro, mentre il datore di lavoro ha l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che i danni subiti dal dipendente non siano ricollegabili alla inosservanza di tali obblighi.   Nella specie, il convenuto non ha assolto ai suoi oneri probatori, anzi è emersa la mancanza di quelle misure precauzionali che avrebbero impedito l'insorgenza della emersa tecnopatia.   Venendo alle conseguenze dell'accertata responsabilità civile del datore di lavoro, osserva il ### che è necessario svolgere una serie di considerazioni, tenuto conto che trova applicazione la normativa prevista dal D. Lgs. 23 febbraio 2000 n.38, che ha esteso la copertura assicurativa in caso di infortuni o malattie professionali anche al risarcimento del danno biologico, con conseguente esenzione da responsabilità civile del datore di lavoro ex art.10 D.P.R. n. 1124/1965.   In effetti, dopo la riforma introdotta dal D.Lgs. n.38/2000 la copertura assicurativa dell'I.N.A.I.L.  comprende anche l'indennizzo del danno biologico superiore al 6%.   Da un punto di vista temporale il problema si pone esclusivamente, come già sottolineato, per gli eventi cui si applica il nuovo sistema assicurativo e dunque, ai sensi dell'art. 13 D.Lgs. n.38/2000, come modificato dall'art.1 D.Lgs. 19 aprile 2001, n.202, per i soli danni conseguenti ad infortuni sul lavoro verificatisi, nonché a malattie professionali denunciate a decorrere dal 25 luglio 2000.   Nella specie la normativa in questione risulta applicabile, essendo state le malattie professionali denunciate in epoca successiva al 15.7.2000.   Orbene, ai sensi dell'art.10, comma 7°, D.P.R. n.1124/65, "quando si faccia luogo a risarcimento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate".   Si osservi che nel presente giudizio non assumono rilievo le modifiche del richiamato art.10 del D.P.R. n.1124 del 1965, introdotte dall'art.1, comma 1126, della L. n.145 del 2018, giacché la Corte di Cassazione ha chiarito che esse non possono trovare applicazione in riferimento agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima dell'1.1.2019, data di entrata in vigore della citata legge (cfr. Cass. n.8580/2019).   Tanto chiarito, va osservato che l'esonero da responsabilità riconosciuto comunque al datore di lavoro dall'art.10, comma 7°, D.P.R. n.1124/65, nella versione applicabile ratione temporis, fino all'ammontare del danno indennizzato (o indennizzabile) dall'I.N.A.I.L. opera ex lege e non può essere condizionato ad una scelta discrezionale del lavoratore.   Si tratta dunque di stabilire se il lavoratore, vittima di un infortunio su lavoro o di una malattia professionale, abbia ancora diritto di chiedere al datore di lavoro - civilmente e penalmente responsabile del fatto - il risarcimento del danno biologico ulteriore (o differenziale) rispetto a quello indennizzato dall'I.N.A.I.L. a seguito dell'entrata in vigore del D. Lgs. n.38/2000.   Ritiene il ### che la complessa e discussa questione richieda alcune premesse si carattere storico e sistematico.   ### l'originario impianto del D.P.R. n.1124/65 la costituzione della rendita I.N.A.I.L.  presupponeva una menomazione comportante una riduzione della “attitudine al lavoro”.   Ai sensi dell'art. 74 D.P.R. n. 1124/65, infatti, “agli effetti del presente titolo deve ritenersi inabilità permanente assoluta la conseguenza di un infortunio o di una malattia professionale la quale tolga completamente e per tutta la vita la attitudine al lavoro”.   Tale nozione, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, coincideva sostanzialmente con la “capacità lavorativa generica”.   La Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre 1997 n.350, ha confermato tale interpretazione, assunta in termini di diritto vivente.   ###.N.A.I.L. risarciva quindi un danno di natura patrimoniale.   ### I.N.A.I.L. prescindeva - e tuttora prescinde - dall'accertamento di una reale perdita di guadagno dovuta all'impossibilità di svolgere attività lavorative specifiche, tant'è che si fa luogo a risarcimento anche laddove il lavoratore, a seguito del danno, continui a svolgere le stesse identiche mansioni, senza alcuna riduzione retributiva.   Non occorreva - e tuttora non occorre - l'esistenza di una effettiva perdita o riduzione dei guadagni, ossia un danno patrimoniale concreto, perché l'assicurazione obbligatoria I.N.A.I.L. non assolve ad una funzione propriamente risarcitoria (cfr., Cass. n.1640 del 16.2.2000; conf. Cass. n.16097/2002).   Al momento della emanazione del T.U. n.1124/1965 vi era una sostanziale, ancorché non perfetta, sovrapposizione tra il danno indennizzato dall'I.N.A.I.L. ed il danno quantificabile secondo criteri civilistici.   All'epoca, infatti, e fino a quando la Corte Costituzionale, con la sentenza n.184/1986, ha definitivamente introdotto la nozione di “danno biologico”, il danno risarcibile a seguito della lesione del “bene salute” era essenzialmente patrimoniale (nelle due componenti del “danno emergente” e del “lucro cessante”) e spesso anche in campo civile si faceva riferimento al concetto di perdita della capacità lavorativa generica in luogo del danno emergente e del lucro cessante.   In tale contesto si inseriva armonicamente l'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile previsto dall'art.10 del D.P.R. n.1124 /1965.   Il lavoratore veniva indennizzato dall'I.N.A.I.L. indipendentemente dall'esistenza di una colpa in capo al responsabile civile (ovvero al datore di lavoro) e riceveva normalmente un indennizzo non minore del risarcimento che avrebbe ottenuto ove avesse agito civilmente contro il datore di lavoro in colpa, posto che all'epoca in sede civile il danno risarcibile non poteva che avere natura patrimoniale e doveva essere puntualmente provato dal danneggiato.   Nel caso in cui il danno avesse superato l'indennizzo corrisposto dall'I.N.A.I.L. il lavoratore era comunque legittimato a chiedere il danno differenziale, ma soltanto ove la condotta del datore di lavoro fosse stata penalmente rilevante, ovvero in presenza di una colpa del datore di lavoro, non puramente generica.   Ovviamente anche il danno differenziale non poteva che avere natura patrimoniale e doveva essere puntualmente provato dal danneggiato.   Tale sistema garantiva al lavoratore che avesse subito un infortunio sul lavoro un risarcimento sostanzialmente non inferiore a quello a lui spettante ove l'infortunio non fosse avvenuto in occasione di lavoro ed anzi, nei casi in l'indennizzo dell'I.N.A.I.L. risultava più alto del risarcimento dovuto in virtù degli ordinari principi civilistici, il lavoratore godeva di una maggior tutela, maggior tutela peraltro giustificata dalla particolare protezione, costituzionalmente garantita, ai diritti dei lavoratori (desumibile dagli artt. 1, 4, 35 Cost.).   Gli equilibri di tale sistema sono stati posti in crisi negli anni '80 dalla comparsa del danno biologico.   Tale figura di danno nasce in campo prettamente civilistico quale danno relativo alla lesione del bene salute in sé considerato senza alcuna connotazione patrimoniale.   In tal modo il risarcimento del danno civile da lesione non viene più a coincidere con l'indennizzo previdenziale, che risulta nettamente inferiore al danno risarcibile secondo criteri civilistici.   Il sistema normativo sin qui descritto viene quindi profondamente modificato o meglio stravolto da una serie di pronunce della Corte Costituzionale.   Le prime sentenze della Corte incidono sulla necessità dell'accertamento preliminare e pregiudiziale della responsabilità penale del datore di lavoro al fine della successiva azione volta al risarcimento del danno differenziale.   All'esito di tre significative pronunce della Corte Costituzionale (sentenze n.22/1967; n.102/1981; n.118/1986) l'accertamento della responsabilità del datore di lavoro nei confronti del lavoratore che chieda il risarcimento del danno differenziale (così come nei confronti dell'I.N.A.I.L. che agisca in regresso) è oggi svincolato dagli esiti del procedimento penale, salvo che la parte offesa o l'### non abbiano scelto di partecipare al processo penale.   Con tre sentenze intervenute nell'arco dello stesso anno (n.87/1991, n.356/1991 e n.485/1991) la Corte Costituzionale interviene poi sui limiti relativi all'entità del risarcimento che l'infortunato può chiedere al datore di lavoro con l'azione.   Con la sentenza n.87/1991 la Corte, dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt.2, 3 e 74 del D.P.R. n.1124/65, afferma espressamente che il danno biologico non rientra nella copertura I.N.A.I.L..   Con la seconda pronuncia (sentenza 18 luglio 1991 n.356) la Corte dichiara costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art.38 Cost., l'art.1916 c.c., nella parte in cui consente all'assicurazione sociale di avvalersi, nell'esercizio del diritto di surrogazione nei confronti del terzo responsabile, anche delle somme da questi dovute all'assicurato a titolo di risarcimento del danno biologico.   La Corte afferma in particolare che "le indennità previste dal D.P.R. n. 1124/65 sono collegate e commisurate esclusivamente ai riflessi che la menomazione psicofisica ha sull'attitudine al lavoro dell'assicurato, mentre nessun rilievo assumono gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione comporta con riferimento agli altri ambiti e agli altri modi in cui il soggetto svolge la sua personalità nella propria vita".   Infine, con la sentenza 27 dicembre 1991 n.485, la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.10 del D.P.R. del 1965 nella parte in cui prevede che il lavoratore infortunato o i suoi aventi causa hanno diritto al risarcimento del danno biologico non collegato alla perdita o riduzione della capacità lavorativa generica solo se e solo nella misura in cui il danno risarcibile, complessivamente considerato, superi l'ammontare dell'indennità corrisposta dall'I.N.A.I.L. e coerentemente ha ritenuto l'illegittimità dell'art.11 del medesimo decreto nella parte in cui consente all'I.N.A.I.L. l'esercizio del regresso anche per le somme dovute al lavoratore a solo titolo di danno biologico.   In precedenza, infatti, la giurisprudenza, per verificare la sussistenza del "danno differenziale" (ai sensi dell'art.10 del D.P.R. del 1965) procedeva ad una mera operazione di sottrazione di grandezze tra loro solo aritmeticamente omogenee e cioè sottraeva il valore capitale della rendita erogata dall'I.N.A.I.L. all'assicurato dall'importo complessivo del risarcimento, includendo in quest'ultimo anche voci di danno (come il danno biologico ed il danno morale) escluse dalla copertura assicurativa.   Per effetto di questo meccanismo di calcolo, quando l'ammontare delle prestazioni globalmente erogate dall'I.N.A.I.L. era - come spesso avveniva - superiore alla somma complessivamente liquidabile al lavoratore a titolo di risarcimento del danno alla persona secondo le ordinarie regole civilistiche, nulla risultava dovuto per risarcimento del danno alla salute in sé considerato.   A seguito di queste pronunce la regola dell'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui all'art. 10 D.P.R. n. 1124/65 diviene realmente residuale.   Il datore di lavoro è tenuto a risarcire il danno biologico subito dal lavoratore anche nel caso in cui ricorrano gli estremi dell'esonero (per il danno eccedente le prestazioni I.N.A.I.L.).   Anche in assenza di illecito penale (ad integrare gli estremi del quale è comunque sufficiente, secondo la costante giurisprudenza, l'inosservanza, da parte del datore di lavoro, dell'obbligo di sicurezza che su di lui incombe ex art. 2087 c.c., essendo indiscussa la indiretta rilevanza penale, sotto il profilo della colpa, di tale norma fondamentale) il datore di lavoro è tenuto a risarcire il danno alla salute patito dal dipendente (sempre che ovviamente ricorrano i consueti presupposti di imputazione della responsabilità civile, cioè un comportamento colposo dell'imprenditore o di un qualsiasi suo dipendente).   Del pari - e sempre limitatamente al danno biologico - la pretesa risarcitoria del lavoratore non risulta in alcun modo limitata dal sistema del "calcolo differenziale" di cui all'art.10, comma 6° e 7°, D.P.R. n. 1124/65.   In tal modo la regola - già residuale - dell'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni e le malattie professionali risulta ulteriormente ristretta.   ### della sussistenza di un reato rileva quindi ai soli fini del risarcimento del danno non patrimoniale e morale.   Nel quadro normativo derivante dai ripetuti interventi della Corte la tutela apprestata dall'assicurazione sociale si riferisce unicamente alla perdita della c.d. capacità lavorativa generica, con esclusione delle altre voci di danno, al cui risarcimento è tenuto il datore di lavoro.   Interviene a questo punto l'art.13 D.Lgs. 28 febbraio 2000, n.38, che estende la copertura assicurativa dell'I.N.A.I.L. non soltanto al danno patrimoniale per la perdita della capacità lavorativa generica, ma anche all'avvenuta lesione permanente dell'integrità psicofisica del lavoratore in sé e per sé considerata.   ### la nuova disciplina: - le menomazioni di grado inferiore al 6% non danno luogo ad alcuna prestazione; - il danno biologico temporaneo non è indennizzato dall'I.N.A.I.L.; - le menomazioni comprese tra il 6% ed il 15%, danno luogo ad un indennizzo in somma capitale, rapportata al grado della menomazione; - le menomazioni pari o superiori al 16%, danno luogo ad una rendita ripartita in due quote: la prima quota è determinata in base al grado della menomazione, cioè al danno biologico subito dall'infortunato, la seconda tiene conto delle conseguenze di natura patrimoniale della menomazione, presunte iuris et de iure.   Recita testualmente l'art. 13 co. 1° d. lgs. n. 38/2000: “in attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento, il presente articolo definisce, in via sperimentale, ai fini della tutela dell'assicurazione obbligatoria conto gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali il danno biologico come la lesione all'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona. Le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato”.   ###.M. 12 luglio 2000 è stata emanata una serie di tabelle che prevedono i gradi percentuali di invalidità corrispondenti a ciascuna singola menomazione; il valore monetario del punto di invalidità, in base al quale liquidare il danno biologico in forma di capitale; il valore monetario delle rendite, in base alle quali liquidare il danno biologico in forma capitale; i coefficienti in base ai quali moltiplicare il reddito dell'infortunato, per liquidare il danno da ridotta capacità lavorativa.   ### una tesi minoritaria la nuova estensione della garanzia assicurativa dell'I.N.A.I.L.  introdotta dal D. Lgs. n. 38/2000 escluderebbe la possibilità di configurare un danno biologico "differenziale" suscettibile di risarcimento da parte del datore di lavoro (Tribunale di Torino, ### 16 giugno 2003 n. 3393; Tribunale di Vicenza, ### 3 giugno 2004 n. 82).   Tale tesi comporta una inammissibile interpretazione abrogatrice dell'art.10, comma 6°, D.P.R.  1124/65 che prevede espressamente - sia come una formulazione letterale che risente dei quattro decenni ormai trascorsi - la configurabilità e la risarcibilità (a determinate condizioni) di un danno differenziale nell'ipotesi in cui le prestazioni erogate dall'I.N.A.I.L. non coprano l'intero danno risarcibile.   In realtà il danno differenziale può essere inteso in due accezioni.   In senso qualitativo costituiscono danno differenziale le tipologie di danno non riconducibili alla copertura assicurativa obbligatoria, quali ad esempio il danno biologico da invalidità temporanea, il danno morale, i vari tipi di danno esistenziale ecc...   Con riferimento a tali tipi di danni non si dubita che perduri la responsabilità del datore di lavoro per i danni non coperti dall'assicurazione I.N.A.I.L..   Prima dell'entrata in vigore dell'art.13 D.Lgs. n.38/2000 era indirizzo giurisprudenziale pacifico quello per cui "in caso di operatività dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, l'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per i danni occorsi al lavoratore infortunato e la limitazione dell'azione risarcitoria di quest'ultimo al cosiddetto danno differenziale nel caso di esclusione di detto esonero per la presenza di responsabilità di rilievo penale, a norma dell'art.10 D.P.R. n.1124 del 1965 e delle inerenti pronunce della Corte costituzionale, riguarda la sfera dell'ambito della copertura assicurativa, cioè il danno patrimoniale collegato alla riduzione della capacità lavorativa generica, e invece - in armonia con i principi ricavabili dalle sentenze della Corte costituzionale n.356 e 485 del 1991 e con il conseguente nuovo orientamento della giurisprudenza ordinaria sui limiti della surroga dell'assicuratore - non riguarda il danno alla salute o biologico e il danno morale di cui all'art.2059 cod. civ., entrambi di natura non patrimoniale, al cui integrale risarcimento il lavoratore ha diritto ove sussistano i presupposti della relativa responsabilità del datore di lavoro"(Cass., 16 giugno 2001, n.8182 ex plurimis; conf. Cass. n.10834/2010).   Il danno differenziale può essere inteso anche in senso quantitativo, correlato essenzialmente alla minor quantificazione economica del danno da invalidità permanente operata dalla tabelle I.N.A.I.L.  del 2000 rispetto a quella operata dalle tabelle create ed applicate, in via equitativa, dalla giurisprudenza in materia di responsabilità civile (per esempio le c.d. tabelle del Tribunale di Milano utilizzate anche da questo Tribunale).   Ritiene il ### che, come del resto sostenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza allo stato prevalenti, l'indennizzo del danno biologico, introdotto dalla nuova normativa, non precluda il diritto del danneggiato al risarcimento del danno biologico differenziale inteso anche in questa seconda accezione (ovvero in senso quantitativo).   Diversi sono gli argomenti che militano a favore di questa soluzione.   In primo luogo, deve rilevarsi che il D. Lgs. 23 febbraio 2000, n.38 è stato emanato in attuazione dell'art.55 lett. a) legge 17 maggio 1999, n.144, che ha delegato il ### ad emanare, entro nove mesi dalla data della sua entrata un vigore, uno o più decreti legislativi al fine di ridefinire taluni aspetti dell'assetto normativo in materia I.N.A.I.L., con previsione in particolare “…nell'oggetto dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e nell'ambito di un sistema di indennizzo e di sostegno sociale, di un'idonea copertura e valutazione indennitaria del danno biologico, con conseguente adeguamento della tariffa dei premi”.   ### che precluda il diritto del danneggiato al risarcimento del danno biologico differenziale inteso anche in questa seconda accezione (ovvero in senso quantitativo) comporterebbe dunque un evidente eccesso di delega, posto che la legge delega non prevede alcuna riforma o alcun coinvolgimento dell'ordinario sistema risarcitorio civilistico, ma soltanto l'estensione dell'ambito dell'assicurazione I.N.A.I.L. al danno biologico, con l'introduzione di un idoneo indennizzo (e non risarcimento).   Vi è poi un elemento testuale dato dal fatto che l'art.13 che qualifica l'emolumento a carico I.N.A.I.L. come "indennizzo".   Dal punto di vista della teoria generale del diritto, il termine indennizzo indica un concetto del tutto distinto da quello del risarcimento, posto che il risarcimento è commisurato all'esatta misura del danno, mentre l'indennizzo non copre necessariamente tutte le voci di danno eventualmente scaturite dall'evento.   Inoltre, il risarcimento presuppone necessariamente la sussistenza di un illecito (contrattuale od extracontrattuale), mentre le prestazioni assicurative erogate dall'I.N.A.I.L. sono indipendenti dall'esistenza di un illecito civile e sono garantite a prescindere dalla colpa dell'autore della condotta dannosa (e quindi anche in presenza del caso fortuito) e a prescindere anche dall'esistenza di un responsabile diverso dal danneggiato (essendo riconosciute anche in ipotesi di danno verificatosi per esclusiva colpa del danneggiato).   Dunque l'indennizzo I.N.A.I.L. si distingue dal risarcimento anche per l'assenza del presupposto della colpa, condizione invece necessaria per la risarcibilità del danno biologico civile.   ### obbligatoria I.N.A.I.L. prevede cioè la corresponsione di un minimum sociale garantito anche nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile colpa di terzi: il rischio dell'infortunio dovuto a caso fortuito o a colpa dello stesso lavoratore si sposta così sulla collettività.   Da ultimo deve rilevarsi che per postumi inferiori al 6% (e dunque non indennizzati dall'I.N.A.I.L.) nessuno dubita della possibilità del lavoratore danneggiato di agire nei confronti del datore di lavoro per ottenere il risarcimento pieno del danno, certamente quantificato secondo gli usuali criteri civilistici.   Del tutto irragionevole ed ingiustificato sarebbe allora riconoscere la piena risarcibilità dei danni di minore entità ed invece la risarcibilità soltanto parziale (ovvero nei limiti dell'indennizzo I.N.A.I.L.) per i danni alla salute di maggior incidenza.   Più in generale, ove si ritenesse che la disciplina legislativa del 2000 abbia inteso vincolare il Giudice ad un “tetto massimo” di valutazione del danno biologico patito dal lavoratore, al lavoratore danneggiato verrebbe riconosciuto un trattamento deteriore rispetto al danneggiato non lavoratore (al quale tale limitazione non sarebbe applicabile): il che appare non soltanto illogico - e quindi incostituzionale sotto il profilo del principio di ragionevolezza - ma anche contrario a quel favor lavoratoris che deve permeare tutta la disciplina giuslavoristica in ossequio al dettato degli artt.1 e 35 della nostra ### Si deve infatti ritenere che, come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.87 del 1991, "il rischio delle menomazioni dell'integrità psico-fisica del lavoratore, prodottasi nello svolgimento e a causa delle sue mansioni, debba di per se stesso godere di una garanzia differenziata e più intensa, che consenta quella effettiva, tempestiva ed automatica riparazione del danno che la disciplina comune non è in grado di apprestare".   Dunque, se differenziazioni di tutela possono farsi in relazione al fatto che la menomazione dell'integrità fisica si sia verificata a causa o in occasione dello svolgimento di attività lavorativa, tali differenziazioni possono essere soltanto in melius.   Deve pertanto concludersi che, come sostenuto in dottrina, l'I.N.A.I.L. non indennizza integralmente il danno biologico. Per la parte non indennizzata, può ritenersi che non vi sia prestazione previdenziale: "se non si fa luogo a prestazione previdenziale, non vi è assicurazione: mancando l'assicurazione cade l'esonero".   Il lavoratore è allora legittimato a richiedere quanto non indennizzato dall'I.N.A.I.L. direttamente al datore di lavoro civilmente responsabile.   La ritenuta differenza ontologica tra il risarcimento del danno e l'indennizzo I.N.A.I.L. (anche se relativo al medesimo danno) comporta che non necessariamente debba esservi omogeneità dei parametri valutativi dell'una e dell'altra categoria: sicché non vi è ragione per cui il Giudice della responsabilità civile non possa continuare ad applicare i consueti criteri equitativi di liquidazione del danno anche in presenza di una fattispecie dannosa comportante l'erogazione di prestazioni da parte dell'I.N.A.I.L..   Si aggiunga che, anche dal punto di vista testuale, l'art. 13 D.Lgs. n.38/2000 introduce una definizione di danno biologico: “in via sperimentale”; “in attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento”; “ai fini della tutela dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni su lavoro”.   Ciò significa che tale definizione non può essere estesa ad altri campi del diritto e in particolare a quello civile, per il quale si resta in attesa di una definizione di carattere generale che fissi i criteri per la determinazione del risarcimento.   Si aggiunga che, a distanza di un anno, il legislatore ha introdotto, con l'art.5 della legge n.57/2001, una ulteriore - e diversa - disciplina settoriale del danno biologico, destinata questa volta a valere nell'ambito della responsabilità civile da circolazione stradale e della connessa assicurazione obbligatoria.   Un danno biologico pari all'8% patito da un soggetto di anni 50 viene indennizzato dall'I.N.A.I.L.  con un importo capitale di £ 10.920.000, pari a €.5.693,71.   Lo stesso danno sarebbe stato risarcito in base alle tabelle della L. n.57/2001 in €.8.742,59, oltre all'inabilità temporanea.   Dunque, un lavoratore vittima incolpevole di un incidente stradale “in itinere” dovrebbe accontentarsi del risarcimento previsto dal D. Lgs. n. 38/00, non potendo ottenere l'integrale indennizzo del proprio danno alla salute nei confronti dell'assicurazione del responsabile.   Ove poi non si tratti né di infortunio sul lavoro, né di sinistro automobilistico, per il medesimo danno verrebbe riconosciuto un risarcimento più elevato in base all'applicazione delle tabelle medicolegali e risarcitorie in uso al Tribunale.   In realtà, l'art.5, 4° comma, L. n.57/2001, in materia di responsabilità civile da circolazione stradale, al di là della quantificazione standard - uguale per tutti - del danno biologico, prevede espressamente la possibilità di ottenere giudizialmente un “risarcimento ulteriore” sotto il profilo della personalizzazione e individualizzazione del danno.   La mancata previsione di tale possibilità nell'art.13 D. Lgs. n.38/00 trova giustificazione e razionale inquadramento sistematico nella perdurante possibilità di richiedere direttamente al datore di lavoro, responsabile civilmente, il risarcimento del danno differenziale.   Deve dunque concludersi che il lavoratore è tuttora legittimato a richiedere direttamente al datore di lavoro civilmente responsabile il risarcimento del danno non indennizzato dall'I.N.A.I.L. (ovvero del c.d. danno differenziale).   In caso di mancata denuncia all'I.N.A.I.L. o in caso di mancata liquidazione dell'indennizzo da parte dell'I.N.A.I.L., si pone il problema se il datore di lavoro continui a rispondere integralmente del danno biologico ai sensi dell'art.2087 c.c. anche per malattie professionali manifestatesi dopo il 25 luglio 2000.   Il disposto dell'art.10, comma 7°, D.P.R. n. 1124/65, ai cui sensi "quando si faccia luogo a risarcimento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate", sembra imporre una risposta negativa a tale quesito.   ### da responsabilità riconosciuto comunque al datore di lavoro fino all'ammontare del danno indennizzato (o indennizzabile) dall'I.N.A.I.L. opera ex lege e non può essere condizionato da una scelta discrezionale del lavoratore (l'esonero non può, ad esempio, venir meno a seguito dell'inerzia del lavoratore che abbia lasciato decorrere il termine prescrizionale per richiedere le prestazioni I.N.A.I.L.).   In altre parole il lavoratore non può legittimamente disporre, annullandolo, del diritto del datore di lavoro al parziale esonero della responsabilità civile ex art. 10 D.P.R. n. 1125/65.   La norma di cui all'art. 10 D.P.R. n. 1124 del 1965, commi 6 e 7, prevede che il risarcimento spettante all'infortunato sul lavoro o ai suoi aventi diritto sia dovuto solo nella misura differenziale derivante dal raffronto tra l'ammontare complessivo del risarcimento e quello delle indennità liquidate dall'I.N.A.I.L. in dipendenza dell'infortunio, al fine di evitare una ingiustificata locupletazione in favore degli aventi diritto, i quali, diversamente, percepirebbero, in relazione al medesimo infortunio, sia l'intero danno, sia le indennità. Tale danno "differenziale" devo essere, quindi, determinato sottraendo dall'importo del danno complessivo (liquidato dal giudice secondo i principi ed i criteri di cui agli art. 1223 e ss., 2056 ss c.c.) quello delle prestazioni liquidate dall'I.N.A.I.L., riconducendolo allo stesso momento cui si riconduce il primo, ossia tenendo conto dei rispettivi valori come attualizzati alla data della decisione (Cass., 25 maggio 2004, n. 10035).   A fronte di tale esonero, si deve dunque comunque detrarre dal risarcimento biologico quanto il lavoratore abbia ottenuto dall'I.N.A.I.L. ovvero avrebbe potuto ottenere usando l'ordinaria diligenza (quantum che corrisponde all'esonero cui il datore di lavoro ha diritto).   Nella specie, si dovrà quindi tenere conto di quanto liquidato dall'I.N.A.I.L. al ricorrente a titolo di indennizzo ex art.13 D.Lgs. 38/2000 per le malattie professionali per cui è causa, indennizzo pari alla misura di €.8.967,44. Si osservi, al riguardo, che la quota di danno biologico erogata dall'I.N.A.I.L. è stata pari a €.7.561,08 (cfr. prospetto di liquidazione I.N.A.I.L.: doc. n.72 ###, alla data del 22.11.2017. Orbene, ai fini dell'individuazione del danno differenziale è necessario riportare gli importi da sommare ### ad una medesima data (in modo da rendere omogenei i valori da sommare). Pertanto è necessario rivalutare gli importi erogati all'attore dall'I.N.A.I.L. alla data di emissione della ### di ### di riferimento, vale a dire alla data del 04.06.2024. Quindi, procedendo alla rivalutazione di €.7.561,08 dalla data di erogazione del 22.11.2017 alla data della tabella attuariale 04.06.2024 si ottiene la su indicata cifra di €.8.967,44- Orbene, in conseguenza delle svolte considerazioni, accertata la responsabilità di E- ### S.p.A. in ordine all'insorgenza a carico dell'attore ### delle malattie professionali della lombalgia cronica da protrusioni discali multiple e della ipoacusia neurosensoriale bilaterale, dalle quali è derivato al ricorrente un danno biologico in misura del 7%, la resistente va condannata a risarcire al ricorrente il danno non patrimoniale subito, detratto l'indennizzo posto a carico dell'I.N.A.I.L., nei termini sopra specificati.   Osserva il ### che si è fatto riferimento genericamente ad un danno non patrimoniale, alla luce del mutamento di indirizzo della Corte di legittimità.   La Cassazione ha stabilito che la nuova lettura costituzionalmente orientata dell'art.2059 c.c., che svincola il danno morale dalla ricorrenza di un reato (vedi Corte Cost. n.233/2003) consente oggi una tutela risarcitoria della persona ricondotta ad un sistema bipolare (e non più tripolare) costituito dal danno patrimoniale e dal danno non patrimoniale; quest'ultimo a sua volta ricomprende in sé sia il danno biologico in senso stretto (compromissione del bene salute sotto il profilo statico, prima ricondotto nell'art. 2043 c.c.), sia il danno morale soggettivo (il pretium doloris), sia il danno conseguente alla lesione di interessi costituzionalmente protetti (generalmente definito danno esistenziale).   La Corte ha affermato in particolare che il danno non patrimoniale è comprensivo del danno biologico (in senso stretto), del danno morale e della lesione di interessi costituzionalmente protetti; nel vigente assetto dell'ordinamento nel quale assume posizione preminente la ### che all'art. 2 riconosce i diritti inviolabili dell'uomo, il danno non patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona, che non si esaurisca nel danno morale e che non sia correlato alla qualifica di reato del fatto illecito ex art.  185 c.p.; unica possibile forma di liquidazione del danno privo delle caratteristiche della patrimonialità è quella equitativa sicché la ragione del ricorso a tale criterio è insita nella natura di tale danno e nella funzione del risarcimento realizzato mediante la dazione di una somma di denaro che non è reintegratrice di una diminuzione patrimoniale ma comprensiva di un pregiudizio non economico (vedi Cass. 2004, n.10157; note “sentenze gemelle” 2003, n.8827; 2003, n.8828).   In altri termini, oggi, anche il danno biologico rientra nell'alveo del danno non patrimoniale, accanto al danno morale, esistenziale, professionale che non sono però voci autonome di danno come più avanti meglio si dirà.   ###. 2059 c.c. è diventato il perno del sistema del risarcimento del danno alla persona (salva la separata risarcibilità del danno patrimoniale) ed è divenuta ampia la nozione di danno non patrimoniale nel quale rientrano in definitiva tutti i danni che possano essere qualificati come l'ingiusta lesione di un interesse inerente la persona, dal quale conseguano pregiudizi non suscettivi di valutazione economica e tali valori devono aver nel nostro ordinamento un rilievo ed una tutela di portata costituzionale.   Tale tipo di danno va inteso, quindi, quale danno conseguenza, allegato in giudizio dall'istante e liquidato equitativamente sulla base delle risultanze istruttorie e della comune esperienza.   Logico corollario di tale nuova impostazione è addirittura la possibilità di procedere ad una compensazione monetaria cumulativa, nel senso che possono essere inclusi nel medesimo importo il danno biologico in senso stretto (lesione in sé considerata sotto il profilo statico), il danno morale soggettivo ed il ristoro degli ulteriori pregiudizi diversi dalla mera sofferenza psichica.   Le sezioni unite 2008, n.26972, nel risolvere il contrasto in punto di esistenza del danno esistenziale (risolto negativamente nel senso dell'inesistenza del danno esistenziale inteso quale autonoma categoria di danno), e nell'approfondire la nozione di danno non patrimoniale, hanno sostanzialmente confermato il contenuto delle sentenze gemelle del 2003, nn.8827 e 8828 completandole e chiarendole nei termini che seguono.   In particolare, la Corte ha esposto che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge; tali casi si dividono in due grandi categorie: le ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso (ad es., nel caso in cui il fatto illecito integri gli estremi di un reato); e quelle in cui la risarcibilità del danno in esame, pur non essendo espressamente prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art.2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla ### La decisione, esaminando il contenuto della nozione di danno non patrimoniale, ha stabilito che quest'ultimo costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, all'interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva.   Non è conforme, dunque, al dettato normativo pretendere di distinguere il c.d. “danno morale soggettivo”, inteso quale sofferenza psichica transeunte, dagli altri danni non patrimoniali: la sofferenza morale non è che uno dei molteplici aspetti di cui il giudice deve tenere conto nella liquidazione dell'unico ed unitario danno non patrimoniale, e non un pregiudizio a sé stante.   Da questo principio è stato tratto il corollario che non è ammissibile nel nostro ordinamento la concepibilità d'un danno definito “esistenziale”, inteso quale la perdita del fare areddituale della persona. Una simile perdita, ove causata da un fatto illecito lesivo di un diritto della persona costituzionalmente garantito, costituisce un ordinario danno non patrimoniale, di per sé risarcibile ex art. 2059 c.c., che non può essere liquidato separatamente sol perché diversamente denominato.   Quando, per contro, un pregiudizio del tipo definito in dottrina “esistenziale” sia causato da condotte che non siano lesive di specifici diritti della persona costituzionalmente garantiti, esso sarà irrisarcibile, giusta la limitazione di cui all'art. 2059 c.c..   Da ciò le ### hanno tratto spunto per negare la risarcibilità dei danni non patrimoniali cc.dd.  “bagatellari”, ossia quelli futili od irrisori, ovvero causati da condotte prive del requisito della gravità, ed hanno al riguardo avvertito che la liquidazione (specie nei giudizi decisi dal giudice di pace secondo equità) di danni non patrimoniali non gravi o causati da offese non serie, è censurabile in sede di gravame per violazione di un principio informatore della materia.   La sentenza è completata da tre importanti precisazioni in tema di responsabilità contrattuale, liquidazione e prova del danno.   Con riferimento alla responsabilità contrattuale, le ### hanno precisato che anche dall'inadempimento di una obbligazione contrattuale può derivare un danno non patrimoniale, risarcibile nei limiti ed alle condizioni già viste (e quindi o nei casi espressamente previsti dalla legge, ovvero quando l'inadempimento abbia leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla ###.   Per quanto attiene, invece, alla liquidazione del danno ed alle modalità di tale liquidazione, le ### hanno precisato che il danno non patrimoniale va risarcito integralmente, ma senza duplicazioni: deve, pertanto, ritenersi non corretta la prassi di liquidare in caso di lesioni della persona sia il danno morale sia quello biologico; come pure quella di liquidare nel caso di morte di un familiare sia il danno morale, sia quello da perdita del rapporto parentale: gli uni e gli altri, per quanto detto, costituiscono infatti pregiudizi del medesimo tipo. Resta per il giudice solo la possibilità di adeguare il complessivo risarcimento alle peculiarità del caso esaminato.   Infine, per quanto attiene la prova del danno, le ###, premessa la necessità di adeguata allegazione e prova del danno in linea generale, hanno ammesso che essa possa fornirsi anche per presunzioni semplici, fermo restando però l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio.   Certamente, infatti, il pregiudizio attiene ad un bene immateriale e si verte nell'ambito della prova di stati soggettivi rispetto ai quali la prova diretta e difficile; pur tuttavia per l'operatività della presunzione e, quindi, per poter risalire al fatto ignoto ### attraverso l'esame dei fatti noti, è sempre necessario che tali ultimi fatti vengano allegati in relazione alla fattispecie concreta e non facendo richiamo a circostanze e formule del tutto astratte e, quindi, di stile.   Orbene, volendo applicare i suesposti principi al caso di specie, va osservato, quanto alla lesione alla salute medicalmente accertata (danno biologico), che il ricorrente ha specificamente dedotto di aver subito un danno differenziale quantitativo, ovvero ha sostenuto che la lesione fisica appurata dal C.T.U., se fosse stata valutata secondo le tabelle giurisprudenziali, avrebbe portato ad una percentuale superiore rispetto quella della tutela I.N.A.I.L., ovvero all'applicazione di un coefficiente di quantificazione superiore e che solo questo maggiore ristoro si palesa equo, secondo le circostanze concrete, a riparare le patologie mediche considerate. Parte ricorrente ha poi invocato il risarcimento del danno differenziale qualitativo, ovvero del danno biologico temporaneo, del danno morale e del danno esistenziale, oggi da considerarsi quali mere componenti del danno non patrimoniale in senso ampio, e non dunque figure autonome di danno, alla luce dei richiamati principi esposti dalle sezioni unite della Cass. 2008, n.26972.   Orbene, a titolo di complessivo danno non patrimoniale subito dal ricorrente, ritiene il ### che si possa liquidare, la complessiva somma di €.18.178,00, tenuto conto della percentuale di danno biologico subito dal ricorrente, accertata in corso di causa (7%) e dell'età di quest'ultimo (59 anni alla data della messa in mora del 17.1.2009: cfr. doc. 73 ###, nonché delle tabelle del Tribunale di ### predisposte appunto in materia di danno non patrimoniale, che - sulla base dei richiamati parametri - fissano la misura di €10.387,00, con aumento personalizzato massimo del 50%, salvo casi eccezionali.   Ritiene il ### che nel caso di specie ricorra una situazione che consente di individuare una percentuale di personalizzazione tale da giungere all'importo di €.18.178,00, sopra indicato, tenuto conto di quanto evidenziato dall'espletata C.T.U e del patema vissuto dall'attore per tutti gli anni di servizio prestato nell'assenza di misure atte a prevenire o ridurre i rischi lavorativi..   Dalle somme sopra indicate, andrà poi detratto l'indennizzo erogato dall'I.N.A.I.L., nella misura sopra indicata..   La convenuta E-### S.p.A. va quindi condannata a risarcire a ### il danno non patrimoniale da questi subito, quantificato in €.18.178,00, oltre interessi legali sul capitale annualmente rivalutato dalla data della presente sentenza al saldo, dal quale va detratto quanto liquidato dall'I.N.A.I.L. al ricorrente a titolo di indennizzo ex art.13 D.Lgs. 38/2000, in misura di €.8.967,44. Vanno invece rigettate le pretese attoree di riconoscimento di “interessi compensativi” sulle somme determinate come sopra, considerato che il risarcimento accordato è già stato calcolato “all'attualità”.   In definitiva, per il complesso delle considerazioni che precedono, la causa va decisa nei termini precisati in dispositivo.   Il mancato accoglimento, per l'intero, delle domande attoree impone la compensazione tra le parti, nei limiti di 1/3, delle spese di lite, mentre la residua parte va posta a carico di parte convenuta, stante la sua prevalente soccombenza, con liquidazione operata tenendo conto delle previsioni di cui al D.M.  55/2014, come aggiornato dal DM n.147/2022, mediante versamento all'erario.   Definitivamente a carico della convenuta rimangono anche le spese del C.T.U., liquidate come da dispositivo P.Q.M.   definitivamente pronunciando, così provvede: a) accerta e dichiara la responsabilità di E-### S.p.A. in ordine all'insorgenza a carico dell'attore ### delle malattie professionali della lombalgia cronica da protrusioni discali multiple e della ipoacusia neurosensoriale bilaterale, dalle quali è derivato al ricorrente un danno biologico in misura del 7%; b) per l'effetto, condanna la E-### S.p.A. a risarcire a ### il danno non patrimoniale da questi subito, quantificato in €.18.178,00, oltre interessi legali sul capitale annualmente rivalutato dalla data della presente sentenza al saldo, dal quale va detratto quanto liquidato dall'I.N.A.I.L. al ricorrente a titolo di indennizzo ex art.13 D.Lgs. 38/2000, in misura di €.8.967,44; c) rigetta le altre domande attoree; d) compensa tra le parti, nei limiti di 1/3, le spese di lite, ponendo a carico di parte convenuta la residua parte, che liquida in favore dell'attore in €.3.609,96 per compenso professionale, oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso forfettario del 15% per le spese generali, da distrarsi in favore dei procuratori di parte ricorrente, dichiaratisi antistatari; e) pone definitivamente a carico di parte convenuta le spese del C.T.U. Dott. ### liquidate in complessivi €.700,00, oltre I.V.A. e C.P.; f) fissa il termine di 60 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza.   ### 16.4.2025 

Il Giudice
del #### n. 247/2022


causa n. 247/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Massimo Lisi

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Giudice di Pace di Massa, Sentenza n. 175/2025 del 28-11-2025

... al mese di maggio 2018, risulta che il consumo di acqua relativo all'unità immobiliare del #### era di 62 mc per 90 giorni (consumo medio annuo 244 mc), con emissione di bollette di importi oscillanti tra ### 120,00/137,00. Dalle bollette relative al periodo intercorrente tra maggio 2018 sino all'anno 2020, è stato registrato un aumento progressivo del consumo di acqua. Fino ad arrivare ad un consumo medio giornaliero di 96 mc. Parte attrice ha fornito prova del malfunzionamento del contatore causa delle anomale registrazioni di consumo che ne ha imposto la sostituzione:, sia documentalmente con il rapporto di malfunzionamento redatto in data ### dal tecnico #### intervenuto a seguito del reclamo, avanzato dall'attore, sia dalla conferma avvenuta in udienza dal teste, ### tecnico ### che ha eseguito l'intervento sul contatore, il quale all'udienza in data ### ha confermato il verbale redatto in sede di intervento. Le anomale registrazioni del contatore sono dunque riconducibili al malfunzionamento del contatore. Ciò oltre ad essere attestato nel verbale di intervento, ha trovato ulteriore conferma nei consumi registrati in data successiva alla sostituzione del contatore. Infatti, (leggi tutto)...

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GIUDICE DI PACE DI MASSA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Dott. Avv. ### Giudice di ### di ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta il ###, al n. 674/2021 di R.G., promossa da: ### (c.f. ###) nato a #### il ### e residente ###, rappresentato e difeso dall'Avv. ### elettivamente domiciliato, presso il di lui studio, in ### via P. Pellegrini 2/##### (P. Iva ###) in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in ### di ####, ### 16, rappresentata e difesa dall'Avv. ### elettivamente domiciliata in #### 780.  ###: risarcimento danni. 
Data di assegnazione a sentenza: 02.04.2025 ### attrice ### “### al Giudice di ### di ### ogni contraria istanza ed eccezione reietta: 1)- ### S.p.a. (p.i. ###), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in ### - frazione ### - ### 16 (####) a restituire, all'odierno attore, #### l'importo di ### 672,00 quale importo indebitamente percepito dall'odierna convenuta, per consumi di acqua erroneamente imputati in quanto non corrispondenti ai consumi effettivi, per i motivi indicati nel presente atto, dalla data del 31/05/18 o, in denegata ipotesi, dalla data del 31/08/18 sino alla data del 29/10/21 di sostituzione del contatore, o la diversa, maggiore o minore, somma, che sarà accertata come dovuta, dall'odierna convenuta, all'esito della compienda C.T.U.. 2)- ### S.p.a. (p.i. ###), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in ### - frazione ### - ### n. 16 (### gaia###) a risarcire, all'odierno istante, #### il danno non patrimoniale, subito liquidandolo nella misura complessiva di ### 2.000,00, importo da intendersi maggiorato della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sino al giorno del saldo effettivo.3)- Con vittoria di spese, anche generali, e competenze di lite, oltre accessori di legge, spese di C.T.U. e C.T.P. comprese”. 
Parte convenuta ### “### il Giudice di ### in via principale, in accoglimento di tutte le istanze e le eccezioni svolte nel presente atto, rigettare tutte le domande avversarie in quanto infondate in fatto e in diritto; sempre in via principale condannare il signor ### al risarcimento dei danni a ### s.p.a. per aver lo stesso agito in giudizio in mala fede nella somma che verrà ritenuta di giustizia ai sensi dell'art. 96 co. 2 c.p.c.; in via subordinata, ove il Giudice ritenesse di accogliere la domanda di ripetizione di indebito voglia limitare la ripetizione alle sole somme il cui pagamento da parte del signor ### dovesse essere provato; in via ulteriormente subordinata, ove il Giudice ritenesse di accogliere la domanda di ripetizione di indebito voglia ridurre l'importo del rimborso ai sensi dell'art. 1227 co. 2 c.p.c. o in estremo subordine ai sensi dell'art. 1227 co. 1 c.p.c. In ogni caso con vittoria di competenze e spese di lite.” ###'udienza di prima trattazione per la costituzione delle parti veniva fissata per il giorno 29.11.2021 e differita al 31.01.2022.  ### si costituiva nei termini depositando comparsa di costituzione e risposta contestando an e quantum. Successivamente, costituitosi regolarmente il contraddittorio, venivano ammesse le prove ed all'esito dell'espletamento delle stesse veniva disposta Ctu tecnica. 
Dopo il deposito della CTU la causa veniva rinviata per precisazione delle conclusioni e discussione e trattenuta a sentenza all'udienza del 02.04.2025.  MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda è risultata fondata e per tale ragione dovrà essere accolta nei limiti di seguito indicati. 
È stato provato documentalmente che, con decorrenza dal mese di maggio 2018, al #### è stato computato un anomalo consumo di acqua. A tal fine è sufficiente porre attenzione alle bollette depositate. Dalle bollette prodotte relative ai consumi sino al mese di maggio 2018, risulta che il consumo di acqua relativo all'unità immobiliare del #### era di 62 mc per 90 giorni (consumo medio annuo 244 mc), con emissione di bollette di importi oscillanti tra ### 120,00/137,00. Dalle bollette relative al periodo intercorrente tra maggio 2018 sino all'anno 2020, è stato registrato un aumento progressivo del consumo di acqua. Fino ad arrivare ad un consumo medio giornaliero di 96 mc. Parte attrice ha fornito prova del malfunzionamento del contatore causa delle anomale registrazioni di consumo che ne ha imposto la sostituzione:, sia documentalmente con il rapporto di malfunzionamento redatto in data ### dal tecnico #### intervenuto a seguito del reclamo, avanzato dall'attore, sia dalla conferma avvenuta in udienza dal teste, ### tecnico ### che ha eseguito l'intervento sul contatore, il quale all'udienza in data ### ha confermato il verbale redatto in sede di intervento. Le anomale registrazioni del contatore sono dunque riconducibili al malfunzionamento del contatore. Ciò oltre ad essere attestato nel verbale di intervento, ha trovato ulteriore conferma nei consumi registrati in data successiva alla sostituzione del contatore. Infatti, nell'anno 2021, ovvero successivamente alla sostituzione del contatore, il consumo medio giornaliero è sceso a 0,88 mc, per potarsi poi nel quarto periodo (30/11/21-28/02/22) ad un consumo di 0,788 mc giornalieri. Da ultimo vi è riscontro della riduzione dei consumi dalla semplice lettura del grafico presente in bolletta sotto la voce “consumo storico” dal quale si evince la riduzione dei consumi nell'anno 2021. Dalla documentazione in atti risulta, pertanto, la prova di un erroneo addebito dei consumi, in quanto non corrispondenti ai consumi effettivi e dovuto al malfunzionamento del contatore tanto da indurre il gestore alla sostituzione. 
In punto di quantum debeatur, dirimente è stata la perizia tecnica del CTU le cui conclusioni sono prive di vizi ed errori logici e vengono fatte proprie da questo Giudice. 
All'ausiliario del Giudice, Dott. ### è stato conferito l'incarico di determinare “l'importo percepito da ### per consumi computati ma non effettivi nel periodo compreso tra il ### ed il giorno 29/10/2020 presso l'utenza del #### (...) decurtate le somme eventualmente già percepite nel periodo contestato in applicazione del ### del sistema idrico integrato”. 
Il consulente, in risposta al quesito posto, ha così concluso: “il maggior importo che risulta essere stato percepito da ### per consumi computati ma da considerarsi non effettivi nel periodo compreso tea il ### ed il giorno 29/10/20 ammonta a complessivi ### 686,00”.  ### peritale ha, pertanto, dato conferma della fondatezza della domanda proposta sia nell'an che nel quantum debeatur. 
Nulla potrà essere riconosciuto per il richiesto danno morale in quanto non provato. 
Le spese processuali seguono la soccombenza e si pongono definitivamente a carico di parte convenuta, le spese per ### P.Q.M.  Il Giudice, definitivamente provvedendo, contrariis reiectis, accertato il malfunzionamento del contatore presso l'utenza del sig. ### in #### 225, utenza ###, condanna ### S.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a restituire, all'odierno attore, #### l'importo di ### 686,00 quale importo indebitamente percepito dall'odierna convenuta, per consumi di acqua erroneamente imputati in quanto non corrispondenti ai consumi effettivi; somma da rivalutarsi e da maggiorarsi degli interessi dal 29/10/2020 al saldo effettivo. 
Condanna parte convenuta ### nella persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese processuali che si liquidano in complessivi €. 471,00 di cui €. 346,00 per compenso professionale ed €. 125,00 per spese; oltre a spese generali, I.V.A. e C.n.a.p., come per legge a favore di parte attrice. 
Si pongono definitivamente a carico di parte convenuta le spese di Ctu come liquidate in corso di causa. 
Si pongono definitivamente a carico di parte convenuta le spese di Ctu come liquidate in corso di causa. 
Sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege.  ### lì 2 aprile 2025 Il Giudice di

causa n. 674/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Alfredo Bassioni

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Corte d'Appello di Napoli, Sentenza n. 1566/2025 del 28-03-2025

... correttamente individuato la zona interessata dall'accumulo d'acqua e, di conseguenza, dai fenomeni infiltrativi”, ha escluso “che l'acqua vi fosse giunta dal vicino bagno (ossia dalla conduttura idrica effettivamente danneggiata)” e lamenta che l'erroneità di detta deduzione era stata evidenziata dal proprio c.t.p., ing. ### e non opportunamente riscontrata. Tale doglianza non appare condivisibile. Va evidenziato, in primo luogo, come dall'atto di appello emerga l'ammissione della rottura di una tubatura all'interno dell'immobile condotto in locazione, causativa dei danni all'immobile sottostante. Invero, a pagina 14 dell'atto di appello si legge: “le infiltrazioni de quo venivano generate dalla rottura di una tubazione che era a monte del contatore idrico ubicato nell'appartamento condotto in locazione dal dott. ### (di proprietà della sig.ra ###. Tale guasto causava l'allagamento dell'intero appartamento, in particolare della sala d'ingresso adibita a sala d'attesa e reception dello studio medico, la quale veniva invasa da ingente quantità d'acqua che veniva sversata con forte pressione. Inevitabilmente, suddetto ingente allagamento causava abbondanti infiltrazioni d'acqua (leggi tutto)...

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 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Napoli - VI sezione civile − riunita in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati: Dr.ssa ### d'### - Presidente rel. 
Dr. ### - #### - ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1869 del ### degli affari contenziosi dell'anno 2019, avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n. 2758/2019 pronunciata in data 14 marzo 2019 dal Tribunale di Napoli, vertente TRA ### (###), rappresentato e difeso giusta procura in atti dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 61 appellante principale E ### (###), titolare della ditta individuale NAPOLISUMISURA (###), con sede ###, rappresentata e difesa giusta procura in atti dagli Avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 42 appellata principale e appellante incidentale #### (###), rappresentato e difeso giusta procura in atti dagli Avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in ### del #### alla Via del ### n. 107 appellato principale e appellato incidentale E ### (###), rappresentata e difesa giusta procura in atti dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 86 appellata principale ###. ### n. 61 (###), in persona dell'### pro-tempore, ### s.r.l. (P. 
IVA ###), in persona dell'### della stessa dott. ### rappresentato e difeso giusta delibera dell'### dei ### del 4.7.2019 e procura in atti dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 61 appellato E ### (###), in persona dell'### pro-tempore ### rappresentata e difesa giusta procura in atti dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 82 appellata ### I procuratori delle ### hanno concluso come da atti, verbali di causa e note di trattazione scritta da intendersi integralmente trascritti.  RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 447-bis c.p.c., depositato in data 27 novembre 2013, ### premesso di essere conduttrice di un immobile sito in Napoli alla ### n. 61, piano I, interno 2, in virtù di contratto di locazione ad uso “laboratorio di sartoria” stipulato con ### in data ### e registrato presso l'### delle ### di Napoli il ### al numero di protocollo 16822/3, conveniva in giudizio ### innanzi al Tribunale di Napoli al fine di sentir “accertare e dichiarare il grave inadempimento contrattuale del locatore #### e per l'effetto risolvere il contratto; per l'effetto, condannare altresì il locatore al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi a seguito del sinistro verificatosi, che si quantificano in una somma contenuta in € 50.000,00 e saranno meglio specificati in corso di causa; condannare il locatore alla restituzione degli importi sborsati dalla ricorrente a titolo di migliorie apportate all'immobile oggetto della locazione pari ad € 21.364,99, oltre interessi e rivalutazione monetaria; condannare il locatore alla restituzione dei depositi cauzionali, ovvero € 5.000,00 con rivalutazione ISTAT”, con condanna alle spese di lite. 
A sostegno delle proprie ragioni ### assumeva che, previo accordo con ### aveva effettuato a proprie spese lavori di ristrutturazione e ammodernamento all'immobile locato tali da garantire un'adeguata immagine commerciale del suo atelier per una spesa di € 21.364,99. Nel richiedere le somme di € 1.313,00 per i danni alla merce, di € 33.603,50 per i danni riportati nell'immobile locato e di € 7.139,00 per ulteriori esborsi, evidenziava che in data 13 maggio 2013 nell'immobile locato si erano verificate copiose infiltrazioni d'acqua dal solaio di copertura che, in base al rapporto di intervento dei ### del ### del 13.5.2013, erano risultate provenire dall'immobile sovrastante indiviso di proprietà ### ospitante il centro salute e benessere “### Angela” e dovute alla rottura di un tubo o valvola di carico di una macchina per la depurazione dell'acqua e avevano causato danni alla controsoffittatura e alla pitturazione delle pareti divisorie, oltre ad altri danni da verificare e quantificare.  ### deduceva, inoltre, che, in data ###, nell'immobile locato si era verificato il crollo del controsoffitto in cartongesso, anch'esso dovuto, in base a quanto accertato dai vigili del fuoco in sede di sopralluogo, alle copiose perdite idriche verificatesi nei giorni precedenti e tale da comportare, in via precauzionale, la inagibilità del laboratorio sartoriale nelle more dell'esecuzione di opportune verifiche al solaio sovrastante. Riferiva di aver informato dell'accaduto il proprietario ### mediante telefonata, telegramma del 17.5.2013 e raccomandata del 31.5.2013 e aggiungeva che, in data 1°.7.2013, il Comune di Napoli, dopo aver effettuato un sopralluogo nell'immobile, aveva diffidato dal praticare i locali e aveva invitato il locatore a effettuare i lavori di messa in sicurezza dell'immobile. La ricorrente affermava, infine, che, a seguito delle dette diffide, stante la mancata attivazione del proprietario nel ripristino dei locali, aveva sospeso il pagamento del canone di locazione relativo al mese di luglio attivandosi per la ricerca di un altro luogo in cui trasferire l'attività sartoriale. 
Si costituiva in giudizio, in data 13 gennaio 2015, ### che formulava, preliminarmente, istanza di chiamata in causa di ### di ### e del ### di ### n. 61 ed eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva evidenziando che, in base all'art. 1585, comma 2, e all'art. 13 del contratto di locazione, era da escludersi “la supposizione di “omniresponsabilità” del locatore” in caso di danni o molestie di fatto arrecati al conduttore da terzi. Sottolineava che, in data 13 maggio 2014, aveva proposto innanzi al Tribunale di Napoli un giudizio di accertamento tecnico preventivo ex artt. 669 e 669 bis c.p.c. (iscritto al n. R.G. 12284/2014), all'epoca ancora pendente, per l'accertamento della responsabilità per le infiltrazioni, la determinazione dei danni e della loro entità, a cui avevano partecipato, oltre ad ### anche #### il ### di ### n. 61 e, quali terzi chiamati, #### e ### Nel merito ### contestava integralmente la domanda avversaria e, al contempo, deduceva che la mancata percezione, da parte di ### dei canoni di locazione da luglio 2013 ad aprile 2014, quantificati in complessivi € 25.000,00, e degli oneri condominiali nella somma di € 2.610,78 rappresentava un danno da lucro cessante dalla stessa risarcibile. Evidenziava, inoltre, che la mancata restituzione dell'immobile da luglio 2013 ad aprile 2014 costituiva un danno emergente risarcibile sempre da ### nella somma di € 25.000,00, pari all'indice di mercato per dieci mensilità, posto che, se l'immobile fosse tornato “nella disponibilità del proprietario sarebbe stato immediatamente riattato e concesso in locazione”. 
Aggiungeva che la causazione del danno da infiltrazioni e l'omesso ripristino dei luoghi da parte dei proprietari e del conduttore dell'immobile sovrastante costituiva un danno emergente risarcibile da parte di #### e del ### nella complessiva somma di € 110.073,71, quale importo comprensivo di € 50.000,00 per mancata percezione dei canoni dal giorno del sinistro fino all'attualità, € 10.073,71, quale somma ingiunta con decreto ingiuntivo n. 4529/2014 dal Tribunale di Napoli per il mancato pagamento degli oneri condominiali, ed € 50.000,00 per danni arrecati alle strutture dell'immobile. Lamentava, infine, nei confronti della ricorrente e dei chiamati in causa un danno non patrimoniale quantificabile in una somma non inferiore a € 90.000,00.  ### concludeva insistendo per il rigetto della domanda avversaria per assoluta infondatezza in fatto e in diritto e, in via riconvenzionale, chiedeva: “previo accertamento della responsabilità dell'esclusiva o prevalente o concorrente responsabilità della parte in causa ###ra ### e dei terzi chiamati in causa, nella causazione del sinistro per cui è causa, condannare in via solidale la ricorrente ###ra ### la ###ra ### il dott. ### ed il ### n. 61, tutti al risarcimento dei danni per come qualificati e quantificati in narrativa, ognuno per quanto di ragione e/o a quanto risulterà di giustizia in seguito dell'istruttoria, in caso di mutamento del rito, oltre interessi dal dì del sinistro all'effettivo soddisfo, al resistente #### Rosario”. 
Invitate le ### a riferire in ordine all'esito del giudizio RG 12284/2014 per accertamento tecnico preventivo, ### depositava copia della consulenza tecnica d'ufficio ivi espletata unitamente al computo metrico. 
Con ordinanza del 2 aprile 2016, veniva autorizzata la chiamata in causa di #### e del ### di via ### n. 61 - Napoli. 
Quindi, si costituiva in giudizio, in data 30 settembre 2016, il ### eccependo, preliminarmente, il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo, in subordine, di essere autorizzato a chiamare in causa la ### S.p.A., giusta ### n. 100312081, al fine di essere dalla stessa manlevata da qualsivoglia onere e/o obbligazione conseguente. ### nel merito, contestava i fatti posti a fondamento delle avverse domande e concludeva chiedendo il loro rigetto. 
Si costituiva in giudizio ### eccependo, preliminarmente, il proprio difetto di legittimazione passiva e contestando, nel merito, integralmente le domande avversarie. Nel chiedere il rigetto di ogni domanda risarcitoria avanzata nei suoi confronti, evidenziava che la custodia dell'immobile da cui erano provenute, secondo il rapporto dei ### del ### e la consulenza tecnica d'ufficio espletata disposta nel giudizio di accertamento tecnico preventivo innanzi al Tribunale di Napoli, le infiltrazioni era stata affidata, per legge e per contratto, “esclusivamente al conduttore, dott. ### che aveva sulla predetta tubazione un immediato e continuativo potere fisico di controllo precluso alla locatrice”. 
Si costituiva in giudizio ### chiedendo, preliminarmente, che fosse ordinata la sospensione del giudizio in considerazione della contemporanea pendenza di un giudizio penale, diretto all'accertamento della falsità del contenuto della ### d'### dei ### del ### n. 10957/1 del 13.5.2013, e contestando, nel merito, integralmente le domande avversarie. Concludeva chiedendo il loro rigetto per assoluta infondatezza in fatto e in diritto. 
Autorizzata, con ordinanza del 23 dicembre 2016, la chiamata in garanzia della ### S.p.A., quest'ultima si costituiva in giudizio eccependo, preliminarmente, il proprio difetto di legittimazione passiva e contestando, nel merito, integralmente le domande avversarie. Concludeva chiedendo il loro rigetto e, in subordine, il contenimento delle domande nei limiti di quanto provato e dell'indennizzo previsto nella polizza con applicazione delle relative franchigie. 
Disposto, in data 19 giugno 2017, il mutamento del rito da speciale ad ordinario, concessi i termini ex art. 183, co. 6, c.p.c., escussi i testimoni indicati da parte ricorrente, ovvero ### e ### e fatte precisare le conclusioni con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., il Tribunale di Napoli si pronunciava in data 14 marzo 2019 con la sentenza 2758/2019 con cui, preliminarmente, rilevato che dal verbale dei ### del ### del 13.5.2013 e dalle risultanze del procedimento per accertamento tecnico preventivo era emerso che le cause del fenomeno infiltrativo non provenivano dalle parti comuni dell'edificio, ma “dalla zona a cavallo delle proprietà ### ed ### situata al piano sovrastante” ed erano ascrivibili alla rottura “di tubazioni di un macchinario addolcitore d'acqua” situato nell'appartamento condotto in locazione da ### e, richiamato l'art. 8 del contratto di locazione ### dichiarava l'estromissione dal giudizio del ### di ### n. 61, della ### s.p.a. e di ### Il Tribunale, in ordine alle domande proposte, così disponeva: “B) accoglie parzialmente la domanda della ricorrente e, per l'effetto, dichiara risolto il contratto di locazione de quo; C) condanna ### al pagamento in favore di #### di euro 28.875,33 oltre interessi, come innanzi menzionato; D) condanna ### al pagamento in favore di ### di euro 14.437,67 oltre interessi, come specificato in parte motiva; E) in accoglimento della domanda di ### al pagamento dei canoni ed oneri condominiali come innanzi specificato, condanna ### al pagamento in suo favore di euro 26.733,71 oltre interessi, come innanzi specificato; F) condanna ### al pagamento in favore di ### di euro 74.837,07 oltre interessi, come specificato in parte motiva; G) dichiara compensate le spese di giudizio nella misura di 2/3, ponendo il restante terzo a carico di ### e, per l'effetto, condanna #### al pagamento in favore di ### di euro 265,00 per spese ed euro 4.000,00 per onorari, oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15% come per legge, con attribuzione ai procuratori dichiaratisi antistatari”. 
Con la stessa pronuncia il Tribunale, previo richiamo agli artt. 11 e 12 del contratto di locazione intervenuto tra ### e ### rigettava la domanda volta alla restituzione delle somme sostenute dalla conduttrice a titolo di migliorie apportate all'immobile. 
In particolare, il Tribunale, riconosciuta la responsabilità per la causazione del fenomeno infiltrativo in capo a ### e ritenuto sussistente in capo a ### in qualità di proprietario dell'immobile danneggiato, l'obbligo di “agire giudizialmente in modo tempestivo per ottenere il risarcimento del danno e conseguire il ripristino dei locali in tempi ragionevoli, limitando tutti i costi”, stabiliva che la condanna risarcitoria doveva ripartirsi nei loro confronti, rispettivamente, nella misura di 1/3 e 2/3 e quantificarsi nella complessiva somma di € 46.313,00, quale importo determinato dal danno procurato ai capi di abbigliamento e scarpe presenti nella sartoria (€ 1.313,00) e dall'indennità di avviamento commerciale ex legge 392/2018 (€ 45.000,00), dalla quale andava detratto l'importo di € 3.000,00, a sua volta derivante dalla complessiva somma di € 8.000,00 equitativamente determinata a titolo di aggravamento del danno per effetto della condotta della conduttrice a cui andava sottratto l'importo di € 5.000,00 a titolo di depositi cauzionali. Il Tribunale, inoltre, nel riconoscere la sussistenza dell'obbligo in capo alla conduttrice di pagare gli oneri condominiali e i canoni di locazione da luglio 2013 ad aprile 2014, riduceva in via equitativa il valore di questi ultimi di 1/3 a causa del parziale godimento dell'appartamento nel detto periodo e condannava ### al pagamento in favore di ### dei 2/3 (pari a € 45.000,00) dell'importo relativo ai canoni da costui non percepiti e decorrenti da maggio 2014 fino alla data della pronuncia (pari complessivamente a € 135.000,00), oltre al pagamento degli oneri condominiali e dei danni causati all'immobile quantificati nel procedimento per accertamento tecnico preventivo in € 12.300,00, per un totale complessivo di € 74.837,07. 
Avverso detta sentenza proponeva appello ### con atto di citazione notificato in data 8 aprile 2019, articolando tre motivi di gravame, oltre istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza, invocandone l'integrale riforma, con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio. 
In particolare, l'appellante deduceva: 1) violazione e/o falsa applicazione dell'art.  183, comma ### c.p.c., a causa della mancata ammissione della prova testimoniale articolata con le note istruttorie del 30.10.2017 e diretta ad accertare la corretta individuazione dell'origine delle infiltrazioni e le relative responsabilità; 2) violazione dell'art. 112 c.p.c. poiché il Tribunale aveva riconosciuto all'attrice voci di danno ulteriori a quelle validamente richieste, come l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale; 3) travisamento/erronea interpretazione dei fatti di causa con riferimento all'inagibilità dell'immobile danneggiato e all'omesso pronto intervento dell'appellante. 
Si costituiva in giudizio, in data 17 luglio 2019, il ### sito in Napoli alla ###. ### n. 61 che, avvertendo, “nella qualità di amministratore di tutti i condomini”, la necessità di acclarare con certezza le cause generatrici dell'evento dannoso e le relative responsabilità, aderiva alle istanze istruttorie formulate dall'appellante, ### alle difese spiegate, alle conclusioni rassegnate, oltre che all'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza. Chiedeva, in caso di revoca della pronuncia di estromissione e di accertamento della responsabilità nei suoi confronti, di condannare la ### S.p.A. proponendo, a tal riguardo, domanda di garanzia. 
Si costituiva in giudizio, in data 19 luglio 2019, ### con comparsa di risposta contenente appello incidentale con la quale, eccepita preliminarmente l'inammissibilità del gravame principale e contestato, nel merito, l'avverso dedotto per manifesta infondatezza, impugnava la sentenza in via incidentale denunciando: 1) il mancato riconoscimento delle migliorie apportate all'immobile; 2) la condanna al pagamento degli oneri condominiali; 3) le riscontrate manomissioni che avevano comportato un aggravamento dei danni pregressi nel periodo in cui l'immobile era in sua custodia; 4) il mancato riconoscimento dell'ulteriore profilo di danno relativo alle spese da lei sostenute per la stipula di un nuovo contratto di locazione; 5) che il giudice di prime cure non aveva disposto la condanna delle spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo e aveva, al contempo, compensato parzialmente le spese del giudizio di merito. 
Si costituiva in giudizio, in data 20 luglio 2019, ### contestando l'appello principale “per la parte in cui ha censurato il capo A del dispositivo” e ritenendo invece fondato “per la parte in cui ha censurato i capi B-C-D-E-F del dispositivo, laddove il G.O.P.  erroneamente non ha rilevato il concorso dell'attrice ### e del convenuto ### nella produzione e/o nell'aggravamento dei danni da ciascuno lamentati ed ha liquidato il quantum di tali danni in misura eccessiva”. Concludeva chiedendo il rigetto dell'appello principale con riferimento alla censura sul capo A della sentenza impugnata e, in via subordinata, in caso di accoglimento anche parziale dell'appello principale e di dichiarata responsabilità e/o corresponsabilità nella produzione dei danni lamentati da ### e da ### riproponeva le eccezioni e deduzioni svolte nel giudizio di primo grado, ai sensi dell'art. 346 c.p.c. e anche ai sensi dell'art.  343 c.p.c., come appello incidentale condizionato, e dirette a sentir “- dichiarare la corresponsabilità della sig.ra ### e del sig. ### nella produzione dei danni da ciascuno lamentati; per l'effetto - quantificare in € 1.313,00 ### il solo danno emergente a favore della sig.ra ### da porre a carico del soggetto e/o dei soggetti dichiarati responsabili dell'evento infiltrativo, rigettando ogni ulteriore richiesta anche per lucro cessante e/o perdita dell'avviamento commerciale; - quantificare in € 10.079,86 oltre i.v.a. il danno emergente a favore del sig. ### da porre a carico del soggetto e/o dei soggetti dichiarati responsabili dell'evento infiltrativo, rigettando ogni ulteriore richiesta per danno emergente; - quantificare in € 5.000,00 (€ 2.500,00 x 2) il danno da mancato lucro a favore del sig. ### da porre a carico del soggetto e/o dei soggetti dichiarati responsabili dell'evento infiltrativo, rigettando ogni ulteriore richiesta per lucro cessante”, con vittoria di spese e competenze del giudizio. 
Si costituiva in giudizio, in data 10 settembre 2019, ### contestando nel merito la fondatezza dell'appello principale, di quello incidentale e di quello incidentale condizionato insistendo per il loro rigetto. 
Si costituiva in giudizio, in data 13 settembre 2019, la ### S.p.A.  eccependo preliminarmente l'inammissibilità del gravame principale e contestando, nel merito, l'avverso dedotto per manifesta infondatezza. Concludeva chiedendo il suo rigetto e, in caso di parziale conferma della sentenza impugnata, la conferma della “pronuncia di estromissione della soc. ###ni non sussistendo alcuna responsabilità a carico del ### in Napoli alla ### n. 61”. 
Acquisito il fascicolo telematico del primo grado di giudizio e concessa la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata, all'esito dell'udienza del 12 dicembre 2024, trattata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., posto che per cessazione dal servizio del consigliere relatore Dr. ### giusto decreto del ### della Giustizia del 12.10.2023, comunicato in data ###, il relativo ruolo era scoperto e trattandosi di una causa di risalente iscrizione a ruolo, rientrante nell'obiettivo di smaltimento del ### premessa la sostituzione del precedente relatore, dr.ssa ### con la nomina in sua vece della dr.ssa ### d'### sul cui ruolo, invece, non vi erano per quella data cause da riservare in decisione della stessa annualità, sulle rinnovate conclusioni rese dalle ### la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art.190 c.p.c.. 
Rimessa sul ruolo la causa per l'udienza del 20.3.2025 stante il mancato deposito da parte di ### del fascicolo di parte del primo grado del giudizio, giusta ordinanza pronunciata in data ###, e verificato l'adempimento da parte della ### di ### di detto incombente, la Corte riservava nuovamente la causa in decisione senza concessione dei termini, come concordemente richiesto da tutte le ### Va preliminarmente dichiarata l'ammissibilità dell'appello principale stante la tempestività della notifica dell'atto di citazione (8 aprile 2019) rispetto alla pubblicazione della sentenza di primo grado (14 marzo 2019), la sua procedibilità essendo avvenuta la costituzione nei dieci giorni successivi (16 aprile 2019), nonché l'ammissibilità dell'appello incidentale formulato nel termine di cui all'art. 343 c.p.c.  da ### Sempre in via preliminare va dichiarata l'ammissibilità dell'appello principale precisando, anche alla luce dell'eccezione di ### e della ### S.p.A., che i motivi di censura soddisfano i requisiti di specificità richiesti dall'art. 342 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis alla presente controversia, essendo stati individuati i passi della motivazione della sentenza gravata sottoposti a critica, la diversa ricostruzione dei fatti prospettata dall'appellante e tenuto, altresì, conto della compiuta difesa predisposta dalla parte avversaria, in tal modo evidenziando di aver compreso le ragioni delle doglianze. 
Dette conclusioni sono conformi a quanto anche recentemente affermato dalle ### della Suprema Corte che con ordinanza n. ### del 13/12/2022 e con sentenza n. 27199 del 2017 hanno affermato il principio di diritto secondo il quale “l'art. 342, nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, va interpretato nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”. 
Ancora in via preliminare va evidenziata l'inammissibilità per difetto di interesse delle difese formulate dal ### nella propria comparsa di risposta e, in particolare, della richiesta formulata nella dichiarata “qualità di amministratore di tutti i condomini […] ed in ragione della necessità di acclarare con certezza le cause generatrici dell'evento dannoso e le relative responsabilità” e relativa all'ammissione della prova testimoniale articolata da ### nel corso del giudizio di primo grado, tenuto conto che la sentenza impugnata, sul presupposto che le infiltrazioni d'acqua non provenivano dalle parti comuni dell'edificio, ha escluso ogni responsabilità per danni nei suoi confronti estromettendolo dal giudizio. Infatti, solo nell'ipotesi di sua soccombenza e, in particolare, nell'eventualità del riconoscimento di una sua responsabilità esclusiva o concorrente nella causazione del sinistro, il ### avrebbe avuto interesse all'impugnazione rispetto all'omessa pronuncia sulle istanze istruttorie, mentre nella specie avrebbe avuto, al contrario, soltanto l'interesse a riproporre le difese articolate nel giudizio di primo grado (difetto di legittimazione passiva e domanda di manleva).  ### all'impugnazione - inteso quale manifestazione del generale principio dell'interesse ad agire - presuppone, infatti, la soccombenza e, quindi, la concreta utilità derivante dalla rimozione della pronuncia censurata, non essendo sufficiente l'esistenza di un mero interesse astratto a una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata e che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte. Ne consegue, per un verso, che deve ritenersi normalmente escluso l'interesse della parte integralmente vittoriosa a impugnare una sentenza al solo fine di ottenere una modificazione della motivazione, ove non sussista la possibilità, per la parte stessa, di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile; per altro verso, che l'interesse all'impugnazione va ritenuto sussistente qualora la pronuncia contenga una statuizione contraria all'interesse della parte medesima suscettibile di formare il giudicato (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12637 del 19/05/2008; Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 3991 del 18/02/2020 e Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. 23054 del 23/08/2024).  ### principale ### considerato in via preliminare, si ritiene l'appello principale fondato per quanto di ragione. 
Con il primo motivo ### denuncia l'omessa pronuncia, da parte del giudice di prime cure, circa le istanze istruttorie articolate con le memorie ex art. 183, comma 6, secondo termine, c.p.c. e afferenti “a fatti essenziali della reale e corretta individuazione dell'origine delle infiltrazioni”. Censura così quella parte della sentenza in cui il Tribunale, nell'attribuire la responsabilità per la causazione del fenomeno infiltrativo in suo capo, non ha compiuto un pieno accertamento dei fatti di causa, basandosi esclusivamente sulle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio all'esito della procedura per accertamento tecnico preventivo svoltasi innanzi al Tribunale di Napoli recante n. R.G. 12284/2014. Di quest'ultima contesta la sussistenza di errori e l'illogicità delle deduzioni, derivanti dalla circostanza che nelle determinazioni poste a suo fondamento abbia ricoperto un ruolo determinante la ### d'### dei ### del ### n. 10957/1 del 13.5.2013, a sua volta, ritenuta dall'appellante incongrua e imprecisa, oltre che falsa nella parte in cui si legge “a detta del prop. del ### si era rotto un tubo o valvola di carico di una macchina per la depurazione dell'acqua” e tale da averlo spinto a sporgere denuncia-querela presso la ### della Repubblica. ### ritiene inoltre non condivisibile la deduzione con cui il c.t.u., “pur avendo correttamente individuato la zona interessata dall'accumulo d'acqua e, di conseguenza, dai fenomeni infiltrativi”, ha escluso “che l'acqua vi fosse giunta dal vicino bagno (ossia dalla conduttura idrica effettivamente danneggiata)” e lamenta che l'erroneità di detta deduzione era stata evidenziata dal proprio c.t.p., ing. ### e non opportunamente riscontrata. 
Tale doglianza non appare condivisibile. 
Va evidenziato, in primo luogo, come dall'atto di appello emerga l'ammissione della rottura di una tubatura all'interno dell'immobile condotto in locazione, causativa dei danni all'immobile sottostante. Invero, a pagina 14 dell'atto di appello si legge: “le infiltrazioni de quo venivano generate dalla rottura di una tubazione che era a monte del contatore idrico ubicato nell'appartamento condotto in locazione dal dott. ### (di proprietà della sig.ra ###. Tale guasto causava l'allagamento dell'intero appartamento, in particolare della sala d'ingresso adibita a sala d'attesa e reception dello studio medico, la quale veniva invasa da ingente quantità d'acqua che veniva sversata con forte pressione. Inevitabilmente, suddetto ingente allagamento causava abbondanti infiltrazioni d'acqua nell'appartamento sottostante, illo tempore di proprietà del sig.  ### e condotto in locazione dalla sig.ra ### Palmina”. Orbene, tenuto conto di queste circostanze, si reputa incontestata la verificazione del fenomeno infiltrativo promanante dall'immobile condotto in locazione da ### mentre, ad essere controverso è l'addebito della totale responsabilità in suo capo “quale conduttore e custode dell'immobile sovrapposto a quello danneggiato, avendo l'ing. 
Schifano ### individuato l'origine delle infiltrazioni de quo nel guasto di un tubo di carico di un fantomatico macchinario per la depurazione dell'acqua” (cfr. pag. 15 dell'appello) piuttosto che in capo al ### (per essere stato causato l'allagamento dalla rottura di una tubazione che era a monte del contatore idrico ubicato nell'appartamento condotto in locazione) ovvero della proprietaria ### ( capi 3, 4 e 5 delle conclusioni rassegnate nell'atto di appello). 
La Corte ritiene che l'accertamento condotto dal giudice di prime cure nella sentenza impugnata sulla responsabilità di ### nella causazione del sinistro sia da condividere e non appaia scalfito dalle ragioni poste a fondamento del dedotto motivo. Infatti, il Tribunale ha ritualmente acquisito nel giudizio di merito la relazione conclusiva dell'accertamento tecnico preventivo invitando ### che nelle proprie difese vi aveva fatto cenno, al deposito della documentazione e, nel raffronto con le altre risultanze acquisite e dirette a provare i danni subiti nell'appartamento condotto in locazione da ### ha ritenuto di poter trarre dalla stessa elementi a fondamento del suo convincimento in ordine alla responsabilità di ### Merita di essere osservato, in proposito, che la relazione conclusiva dell'accertamento tecnico preventivo espletato ante causam - o, come nel caso di specie, a giudizio già iniziato - è un documento che può essere validamente prodotto nel successivo giudizio di merito e sottoposto al contraddittorio ed è liberamente valutabile dal giudice, che può trarne elementi di prova, perfino quando ad esso partecipino soggetti che non sono stati presenti nel procedimento di accertamento preventivo. 
Nell'ipotesi in esame in cui al procedimento per accertamento tecnico preventivo vi ha partecipato ### è ben possibile trarre dalla relazione redatta dal consulente e ritualmente depositata nel giudizio di merito la prova del "fatto storico" principale, rilevato dal consulente (cfr. Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. ### del 28/12/2024). 
Va detto, a tal riguardo, che il c.t.u. nella relazione tecnica ha ritenuto, sulla base dell'osservazione dei luoghi, degli intradossi dei solai dell'appartamento di ### e degli aloni e macchie ivi presenti (“1) che sul ballatoio del vano scala in corrispondenza dell'ingresso della proprietà ### sono visibili sul soffitto e su parte della parete destra aloni tipici dovuti a fenomeni infiltrativi […] 2) che ispezionando gli intradossi dei solai del soffitto di proprietà ### ambiente per ambiente, la zona interessata dai fenomeni infiltrativi comprende lo spogliatoio, la sala esposizione e parte della sala tessuti fino alla parete - porta in vetro; 3) che misurando le pendenze del pavimento del bagno in prossimità del tratto di tubo orizzontale sostituito (proprietà ###, è emerso che in caso di copiose perdite di acqua, la stessa tenderebbe ad andare verso il fronte di proprietà ### prospiciente via ### 4) Che dalla misurazione delle pendenze del pavimento in proprietà ### è emerso che in caso di perdita in prossimità della zona a cavallo delle proprietà ### ed ### l'acqua si accumulerebbe nella zona individuata in ### 5”), che i fenomeni infiltrativi non erano causati dalla “parte di tubazione sostituita secondo quanto riportato nella produzione di parte Dott. Eccellente”, appartenente “strutturalmente alla tubatura orizzontale di pertinenza della proprietà ### ed è ubicata a monte del contatore”, ma, erano da ricondursi “ad infiltrazioni d'acqua provenienti dalla zona a cavallo delle proprietà ### - ### situata al II piano” (cfr. pagine da 9 a 13 della relazione peritale). 
Appare evidente, in primo luogo, come nell'argomentazione sviluppata dal c.t.u. la ### d'### dei ### del ### redatta il ###, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante principale, non abbia assunto “un importante valore probatorio dei fatti di causa” (cfr. pag. 15 dell'atto di appello), risultando la stessa menzionata soltanto nell'esposizione dei motivi di fatto che hanno comportato il ricorso alla consulenza tecnica (cfr. pag. 4 della relazione) e nella descrizione dello stato dei luoghi, il cui riferimento sarebbe in quest'ultimo caso idoneo ad attestare la presenza all'epoca dei fatti, non riscontrata dal consulente in sede ###macchinario di depurazione dell'acqua ubicato nell'immobile condotto in locazione da ### (cfr. pag. 10 della relazione). Invero, secondo l'analisi del consulente, la dinamica del fenomeno infiltrativo è piuttosto collegata all'accumulo di acqua nella zona che “è con opportuna tolleranza in corrispondenza della zona di accumulo di acqua su indicata” (ossia della “zona a cavallo delle proprietà ### - Cirillo”) e ciò è stato ricavato “da uno scrupoloso rilievo visivo degli intradossi dei solai dell'appartamento di Mastrosimone” sui quali erano ancora “presenti aloni e macchie tipiche dei fenomeni infiltrativi” (cfr. pag. 11). Ne consegue che neppure la “fantomatica macchina” di depurazione dell'acqua, diversamente da quanto riferito dall'appellante principale (cfr. pag. 17 dell'appello), ha ricoperto nella detta relazione il ruolo di fattore causale del fenomeno infiltrativo, ma piuttosto il suo riferimento presenta inevitabilmente carattere descrittivo e ricostruttivo della vicenda occorsa. Ciò si evince dal contesto espositivo della relazione che, in risposta al quesito formulato dal giudice relativo alla descrizione dei luoghi corredato da schizzi planimetrici e rilievi fotografici, contiene un riferimento conclusivo alla riferita macchina evidenziando che: “la macchina dalla quale presumibilmente sarebbe avvenuta la perdita di acqua, secondo quanto dichiarato a verbale di I accesso dalla ###ra ### conduttrice dell'immobile di ### sarebbe stata collocata nell'ambiente di proprietà ### indicato in planimetria con il numero 1 (### 2); in fase di sopralluogo in tale stanza è visibile solo un punto di adduzione dell'acqua con uno scarico annesso ma non il macchinario (vedi foto sottostante). Di tale macchinario si fa comunque menzione anche nella scheda di intervento dei ### del ### del 13.05.2013 in occasione del loro primo intervento” (pag. 10 della relazione). Il detto macchinario non viene più menzionato nello sviluppo della narrazione dove vengono più accuratamente descritte le cause del fenomeno infiltrativo partendo dall'osservazione di elementi di carattere tecnico, quali i segni visibili delle macchie e aloni sul soffitto e sulla parete, gli intradossi dei solai e le pendenze del pavimento (pagine da 10 a 13). Dunque, il riferimento al macchinario, oltre che per le accennate finalità descrittive, potrebbe essere, al più, concepito nell'ottica di ipotetica compatibilità delle infiltrazioni con la sua installazione in loco nel tempo della causazione del sinistro e, dunque, di eventuale antecedente causale dell'avvenuto accumulo dell'acqua nella zona individuata, sebbene il consulente, non avendo riscontrato l'effettiva presenza del macchinario in fase di sopralluogo, abbia opportunamente ritenuto di escludere anche questa ipotesi limitandosi all'osservazione della zona di accumulo dell'acqua. Ed infatti, a pagina 21 della relazione, in riscontro alle osservazioni presentate dall'Avv. ### il consulente ha scritto: “tecnicamente non è possibile indicare con precisione il punto di origine delle infiltrazioni ma solo la zona dalla quale è provenuta la copiosa quantità d'acqua grazie alla misurazione delle pendenze e dell'osservazione degli intradossi dei controsoffitti. 
Tutto questo perché negli ambienti limitrofi alla proprietà ### e facenti parte dell'immobile di proprietà ### non esiste alcun elemento incontrovertibile rilevato in fase di sopralluogo che possa consentirmi di affermare che il complesso di adduzione e scarico di acqua ben noto, sia il punto dal quale è provenuta la perdita”. 
Già questi rilievi appaiono dirimenti ad affermare che il contenuto della scheda d'intervento redatta dai ### del ### non abbia incisivamente determinato le valutazioni del consulente tecnico, ma risulta opportuno aggiungere, in proposito, che anche le contestazioni sollevate dall'appellante principale circa la sua falsità appaiono inconferenti e pretestuose. Le stesse (riferita proprietà dell'immobile soprastante in capo a ### e dedotta presenza della “macchina” come causativa delle infiltrazioni dell'immobile sottostante) appaiono, in primo luogo, non pertinenti e non “dialoganti” con le risultanze tecniche che, come visto, nell'accertamento della dinamica del sinistro, giungono alla valorizzazione di altri elementi tecnici, e in secondo luogo, appaiono perlopiù riferibili a circostanze valutative che necessitano di specifica prova non essendo ricoperte dall'efficacia “di piena prova” del verbale che le contiene. Dalla lettura della relazione di intervento si apprende infatti che, in seguito a telefonata ricevuta in data ### alle ore 10:41 dalla sartoria di ### e relativa a presunte infiltrazioni provenienti dal tetto e dal solaio che avevano interessato l'esercizio commerciale, il personale operante, alle ore 10:52, si era recato sul posto constatando al suo arrivo che “la situazione risultava la seguente: copiosi infiltrazioni d'acqua solaio di copertura al 1° piano dell'esercizio commerciale sopra esposto”, che “da verifica effettuata si evince che tali infiltrazioni provengono dal piano sovrastante (2° piano), di prop. ### e ### di ### Angela”, che i danni riportati riguardavano “controsoffittatura e pitturazione pareti divisorie per tutta l'area dell'esercizio commerciale, impianto elettrico da verificare in quanto usciva acqua dalle luci poste nella controsoffittatura altri danni da verificare e quantizzare in quanto la pavimentazione era in parquet e poi essendo una sartoria vi erano capi di abbigliamento e scarpe di cui parte di essi bagnati” e che, quanto alla causa del sinistro, “a detta del prop. del Centro benessere si era rotto un tubo o valvola di carico di una macchina per la depurazione dell'acqua”. 
Merita di essere osservato, in proposito, che ai sensi dell'art. 2700 c.c. l'efficacia fidefacente del processo verbale dei ### del ### (cfr. Cass. Sez. 2, 17/11/2017, 27314) è circoscritta ai fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale e non si estende ai giudizi valutativi o alla menzione di circostanze che consistano in apprezzamenti personali né a fatti anteriori rispetto al momento della verbalizzazione. Come più volte affermato dalla Suprema Corte, in relazione ai rapporti di polizia, le attestazioni contenute nel verbale di accertamento delle infrazioni al codice della strada fanno piena prova, fino a querela di falso, con riguardo all'avvenuto accadimento dei fatti e delle dichiarazioni ricevute alla presenza del pubblico ufficiale, non estendendosi la fede privilegiata all'intrinseca veridicità del contenuto delle informazioni in tal modo apprese (cfr. Cass. Sez. 6, 21/10/2022, n. ### che ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva ritenuto assistito da fede privilegiata l'indirizzo di una persona coinvolta in un incidente stradale, indicato nel relativo verbale, nonostante la notizia dello stesso fosse stata tratta dalle dichiarazioni della persona medesima, o comunque dalla consultazione di documenti in possesso dell'autorità). ### per quanto riguarda le circostanze di fatto che il pubblico ufficiale segnali di avere accertato nel corso dell'indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale, per la sua natura di atto pubblico, ha pur sempre un'attendibilità intrinseca che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria ( Sez. 3, Ordinanza n. 10376 del 17/04/2024 che, in applicazione del principio, ha rigettato il motivo di ricorso con cui si censurava la sentenza impugnata per avere disatteso il valore di "piena prova" delle misurazioni effettuate dalla polizia stradale, intervenuta nell'immediatezza sul luogo di un sinistro, e riportate nel verbale). 
E la descritta efficacia probatoria del verbale dei ### de ### non può ritenersi infirmata dalla denuncia-querela proposta da ### dei quali sviluppi non si è dato conto. 
Ciò precisato, per completezza, va aggiunto che, stando al tenore delle difese dell'appellante principale fin nel primo grado del giudizio, questi non disconosce la presenza del macchinario nel proprio appartamento, anzi ne riferisce la remota presenza, e l'”uso molto tempo addietro, prima dell'anno 2013, quando il riferito vano era adibito a studio dentistico” (cfr. atto di appello e comparsa di costituzione del primo grado del giudizio), sebbene poi non offra delle più precise indicazioni temporali attestanti il mutamento dello stato dei luoghi e l'aspetto accertato dal c.t.u.. 
Con riferimento alle ulteriori contestazioni avanzate dall'appellante principale alla consulenza tecnica con il dedotto motivo, si rileva come l'individuazione della specifica zona di accumulo dell'acqua sia rimasta incontrastata (“il C.T.U., pur avendo correttamente individuato la zona interessata dall'accumulo d'acqua e, di conseguenza, dai fenomeni infiltrativi”), mentre i profili di contrasto riguardino il fatto che è stato escluso “che l'acqua vi fosse giunta dal vicino bagno (ossia dalla conduttura idrica effettivamente danneggiata), ritenendo che vi fosse giunta dal predetto vano, ove ipoteticamente era ubicata la fantomatica macchina” osservando, al contrario, come “trattandosi di grandissimi quantitativi d'acqua, lo studio delle ### pendenze del pavimento è del tutto ininfluente, poiché risulta di comune deducibilità che l'acqua può dirigersi in tutte le direzioni se sversata su di una superficie ### piana” (cfr. pag. 18 dell'appello). Va evidenziato, in proposito, che la riferita confutazione era stata già avanzata dall'#### consulente tecnico di ### e, in riscontro alle sue osservazioni, il c.t.u. ha specificato: “per quanto le pendenze dei calpestii del centro estetico abbiano valori “poco rilevanti”, l'acqua scende secondo la direzione dettata dalla pendenza stessa dei pavimenti; inoltre si precisa che i solai latero cementizi sono costruiti battendo le quote in modo tale da renderli perfettamente piani; fanno chiara eccezione i solai delle coperture a falda” e opportunamente evidenziato che “al di sotto del bagno dove è presente il contatore, al piano sottostante c'è un mezzanino che in caso di copiosa perdita proveniente da una tubazione in pressione, sarebbe stato il luogo potenzialmente più suscettibile di infiltrazione in quanto essendo il bagno sovrastante un ambiente piccolo e confinato, la stagnazione di acqua nel suddetto sarebbe stata massima; ebbene l'intradosso del solaio di copertura di tale mezzanino non presenta la benché minima traccia di infiltrazione d'acqua così come gli altri intradossi adiacenti” (pag. 19). 
Orbene, si rileva come l'assunto tecnico non appaia scalfito da argomentazioni, efficaci e specifiche, e tali da suffragare l'ipotesi di perdita dell'acqua dal vicino bagno, in zona corrispondente alla riparazione asseritamente effettuata. 
Questi rilievi, unitamente alla mancanza di un adeguato riscontro probatorio, soprattutto tecnico, circa la tipologia di riparazione effettuata ovvero la diversa inclinazione delle superfici pavimentali, consentono di ritenere non sufficientemente dimostrata la diversa dinamica del fenomeno infiltrativo, come prospettata dall'appellante principale. Vanno confermate, quindi, le risultanze a cui è pervenuto il c.t.u., vieppiù, in considerazione che ulteriori raffronti tecnici non sono desumibili neppure dagli altri documenti versati in atti. 
In particolare, nella denuncia cautelativa per risarcimento danni trasmessa da ### in data 7 giugno 2013, all'### si deduce genericamente la presenza di perdite d'acqua e l'effettuazione di due interventi da lui commissionati a tubature asseritamente di pertinenza dell'ABC (“In data 13 maggio u.s. il mio assistito si accorgeva del verificarsi di abbondanti perdite d'acqua che hanno allagato il suddetto appartamento, le quali erano conseguenti alla rottura di tubazioni di ### pertinenza e proprietà site nello stesso. Inoltre, suddette perdite d'acqua, infiltrandosi, hanno arrecato ingenti danni all'appartamento sito al piano inferiore, contraddistinto dal n. di interno 2, di proprietà del sig. ### e condotto in locazione dalla “NAPOLIMISURA” di ### In considerazione della situazione d'urgenza e di pericolo creatasi il dott. ### ha provveduto, a proprie spese, a far eseguire n. 2 interventi di riparazione del guasto, il primo eseguito nella stessa mattinata del 13 maggio u.s., il secondo eseguito in data 25 maggio u.s.”). 
In relazione alla riferita pertinenza, va comunque sottolineato il rilievo contenuto nella consulenza tecnica e non opportunamente censurato, secondo cui il tratto di tubazione assunto come sostituito, ubicato in proprietà ### e ritenuto causa delle dette infiltrazioni, “appartiene strutturalmente alla tubatura orizzontale che si dirama dalla montante condominiale e quindi di pertinenza della proprietà ### giusto art. 1117 del ### civile comma 3 e quindi non assoggettata alla custodia del condominio convenuto; è collocata a valle del punto di consegna (indicato dal CTP dell'ABC mediante stralcio di planimetria della rete di adduzione principale di competenza dell'ente annesso al verbale di II accesso) intendendo per punto di consegna quanto riportato nell'### 18 del regolamento per il servizio di distribuzione dell'acqua potabile dell'ABC ex ### pertanto il tratto di tubazione in oggetto non è assoggettato alla custodia dell'ABC”. 
Rilievi insufficienti appaiono desumibili dalla perizia tecnica asseverata, redatta dal geometra ### D'### e allegata in riscontro alla richiesta di integrazione documentale avanzata dal Comune di ### nel procedimento di revoca in autotutela della diffida del 5.7.2013, posto che la stessa sembra attestare, come evidenziato nella relazione del consulente tecnico d'ufficio (cfr. pag. 19), soltanto il cessato pericolo di infiltrazioni d'acqua. In essa si legge infatti: “In data ###, giorno in cui si sono verificate le perdite idriche, il Dott. ### provvedeva immediatamente a far eseguire due interventi di riparazione del guasto, attraverso la sostituzione della tubatura, tale da eliminare la causa delle perdite idriche delle relative infiltrazioni […] è definitivamente cessato il pericolo di infiltrazioni d'acqua, le quali, per l'appunto, non si sono più verificate successivamente all'intervento risolutivo delle stesse”. 
È parimenti inidoneo ad incidere il rilievo tecnico l'assunto formulato dall'appellante principale, secondo cui “l'### Schifano riferiva in ordine ai danni arrecati al locale sottostante il bagno della proprietà ### ma ometteva qualsivoglia deduzione comparativa circa gli ipotetici danni arrecati al vano sottostante al luogo ove doveva, a suo parere, essere ubicata la fantomatica “macchina” (in realtà tale vano non subiva alcun danno, poiché nessun sversamento d'acqua è avvenuto in quel luogo!)” (pag. 20 dell'appello). Invero, la conclamata “deduzione comparativa”, seppur non contenuta esplicitamente in sede di replica alle osservazioni formulate dall'#### appare desumibile dalle precedenti pagine della relazione peritale e, in particolare, alle pagine 16 e 17, dove viene offerta un'elencazione degli ambienti danneggiati (spogliatoio, sala esposizione, sala tessuti) e degli specifici danni registrati. A ciò va aggiunto che risulta altresì evincibile un raffronto grafico tra le dette zone danneggiate e il luogo interessato dalle infiltrazioni: nella figura 6 di pagina 13 è infatti delimitata, con un riquadro scuro, la zona interessata dalle infiltrazioni che, in base al raffronto con la figura 7 di pagina 15 corrisponde agli ambienti che in sede di sopralluogo mostravano segni evidenti dell'avvenuto verificarsi del fenomeno infiltrativo (spogliatoio, sala esposizione, sala tessuti). 
Anche l'ulteriore contestazione secondo cui “il C.T.U. arrogandosi addirittura il compito di effettuare deduzioni giuridiche e non solo tecniche, riportandosi deliberatamente alle osservazioni del difensore della sig.ra ### emetteva la propria “sentenza”, riferendo che “la custodia dell'immobile di proprietà ### per legge e per contratto, è affidata esclusivamente al conduttore, dott. ### per cui gli interventi di ordinaria manutenzione sono di competenza del conduttore stesso” (cfr. pag. 20 dell'appello), appare priva di rilievo atteso che il consulente, in base al mandato ricevuto, si è limitato a riprodurre una previsione contenuta nel contratto di locazione tra ### ed ### (cfr. art. 8), come attestato dalla presenza delle virgolette, senza sfociare in valutazioni di stampo giuridico. 
Ritiene la Corte che, in definitiva, non siano stati offerti elementi utili a inficiare di correttezza la consulenza tecnica espletata e sufficienti a consentire una ricostruzione dell'eziologia del fenomeno infiltrativo e, quindi, un addebito di responsabilità diversi da quelli accertati dal giudice di prime cure. 
Di poi, accertato il nesso causale tra il danno lamentato dall'attore e la res in custodia, quanto all'individuazione del soggetto titolare del potere di custodia (nonché, quindi, responsabile del danno cagionato dalla cosa, ai sensi dell'art.2051 c.c.), deve farsi applicazione del principio, reiteratamente affermato dalla Suprema Corte con orientamento consolidato, secondo il quale, quando i danni sono originati da un bene immobile condotto in locazione, sussiste la responsabilità del proprietario ove detti danni siano derivati da vizio strutturale del bene, che investa le mura o gli impianti ivi conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione; al contrario, il conduttore, il quale si presume essere stato immesso in queste condizioni nella disponibilità della res locata, risponde dei pregiudizi provocati a terzi dagli accessori e dalle altre parti dell'immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità ( 27/10/2015, n. 21788; Cass. 09/06/2016, n. 11815; Cass. 04/11//2019, n.28228; 26/11/2019, n. ###). 
Nel caso di specie, avuto riguardo alla circostanza di fatto che, pur nella ipotesi prospettata dall'appellante principale, il danno sarebbe stato originato dall'impianto idraulico (la cui funzionalità è necessaria ai fini dell'utilizzo dell'immobile locato), va rilevato che esso costituisce, infatti, parte dell'immobile senz'altro acquisito alla disponibilità del conduttore, il quale aveva dunque assunto in esclusiva la veste di custode della res dannosa. 
Invero, in base al predetto principio, il conduttore è sempre responsabile del danno causato da infiltrazioni d'acqua a seguito della rottura di un tubo esterno all'impianto idrico e sostituibile senza necessità di intervento implicante demolizioni (cfr.  Sez. 3, Sentenza n. 21788 del 27/10/2015) per cui, anche sotto il cennato profilo, e per le ragioni innanzi esposte per quanto accertato dal c.t.u. deve ritenersi sussistente la responsabilità di ### Ciò precisato, con riferimento alla prova orale per la cui ammissione insiste l'appellante principale, si rileva come i capitoli contenuti nella richiesta istruttoria riportino fatti incontestati o già accertati, perché documentati mediante raccomandate e atti scritti, ovvero esprimano contenuti tecnico-valutativi ovvero generici, irrilevanti e superflui alla luce delle risultanze processuali. In particolare, risulta che le circostanze di fatto contenute nei capitoli di prova 1) e 2) sono incontestate, quelle prospettate nei capitoli di prova 3) e 4) presentano carattere tecnico-valutativo, il cui accertamento è demandato alla consulenza d'ufficio con funzione "percipiente", in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, la causa del lamentato allagamento, quelle contenute nel capitolo 5) sono in parte provate documentalmente (cfr. raccomandata trasmessa all'ABC il ###), quelle relative ai capitoli 6) e 7) risultano contenute nella documentazione versata in atti (cfr. allegato 19 fascicolo di parte appellante, nonché la cospicua documentazione contenuta nel fascicolo di ###, i capitoli di prova 8) e 10) vertono su circostanze negative e in un contesto temporale imprecisato e contraddette da quanto sostenuto dallo stesso ### fin nel primo grado del giudizio (“lo stesso era in uso molto tempo addietro, prima dell'anno 2013, quando il riferito vano era adibito a studio dentistico”), mentre il capitolo di prova 9) appare generico in quanto privo di riferimenti spaziotemporali (epoca molto antecedente). 
Con il secondo motivo l'appellante principale lamenta che la sentenza impugnata reca “una profonda ed evidente contraddizione tra quanto richiesto dalla parte ricorrente e quanto determinato nel relativo dispositivo”, evidenziando a tal riguardo che, a fronte della statuizione contenuta nelle conclusioni del ricorso proposto da ### in cui si faceva riferimento “al risarcimento dei danni subiti e subendi a seguito del sinistro verificatosi, che si quantificano in una somma contenuta in € 50.000,00”, non seguiva, in seguito al mutamento del rito, alcuna precisazione della specifica tipologia dei danni subiti nel termine di legge previsto, ossia con la prima memoria dell'art. 183, comma 6, c.p.c., ma la stessa veniva effettuata nella seconda memoria, dove parte ricorrente formulava anche richiesta di indennità per la perdita dell'avviamento commerciale ex art. 34 della legge n. 392/1978. Aggiunge che la riferita richiesta, oltre ad essere tardiva, non è stata reiterata nella comparsa conclusionale depositata nel giudizio di primo grado ed è stata “nel merito erroneamente applicata”, posto che la ricorrente, ### nulla ha “dichiarato e dimostrato in relazione ad un'eventuale perdita di clientela”, avendo, al contrario, “dichiarato candidamente di aver regolarmente proseguito la propria attività in altri locali e con la collaborazione di terzi per la commissione dei propri prodotti” (cfr. pagg. 31 e 32 dell'atto di appello). 
Il motivo merita accoglimento. 
Occorre precisare, in proposito, che il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato può ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione ("petitum" e "causa petendi"), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell'ambito della domanda o delle richieste delle parti (cfr. Cass. n. 22595 del 26/10/2009). A tal riguardo, occorre aggiungere che, a fronte di una domanda di risarcimento del danno, in corso di causa è possibile specificare il fatto dannoso ovvero modificare la domanda e, dunque, uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa ("petitum" e "causa petendi"), purché la domanda così modificata risulti comunque inerente alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e siano rispettate le preclusioni processuali previste dall'art. 183 c.p.c.. Ne consegue che detta modificazione, qualora avvenga dopo la scadenza del primo termine ex art. 183, comma 6, c.p.c., risulta inammissibile (cfr. Cass. 21/11/2017, n. 27566; 22/12/2023, n. ###). 
Orbene, si rileva come, nella specie, il giudice di prime cure abbia esorbitato dalle proprie funzioni riconoscendo l'indennità di perdita di avviamento commerciale prevista dall'art. 34 della L. 392/1978, che non era stata ritualmente richiesta dalla parte ricorrente. Ed invero, quest'ultima, con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, richiedeva la somma di € 50.000,00 a titolo di risarcimento di “svariati danni (diminuzione degli introiti e conseguente obbligata chiusura del laboratorio a partire dal 13/05/2013)”.  ### nella memoria del secondo termine dell'art. 183, comma 6, c.p.c. - che, come noto, è un termine fissato per l'indicazione dei mezzi di prova e le produzioni documentali -, parte ricorrente articolava la richiesta dell'indennità di perdita di avviamento commerciale (“Ai danni così identificati va aggiunto anche quello derivante dalla perdita di avviamento commerciale, cosi come disposto dall'art. 34 della L. 392/1978, che consegue in automatico alla cessazione del contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo, sempre che la disdetta non sia proveniente dal conduttore”), senza reiterare detta richiesta né all'udienza di precisazione delle conclusioni, né negli scritti difensivi di cui all'art. 190 c.p.c.. 
Il riconoscimento della detta indennità si reputa, quindi, inammissibile, oltre che erroneamente applicata dal giudice di prime cure per mancata individuazione dei presupposti che la giustificano (l'obbligo di corrispondere l'indennità di avviamento, ai sensi dell'art. 69 legge 27 luglio 1978 n. 392, grava, infatti, unicamente sul locatore e ne presuppone un anticipato recesso dal relativo contratto), con la conseguenza che il capo della sentenza che accorda la sua corresponsione va riformato. 
Con il terzo motivo l'appellante principale lamenta come il giudice di prime cure avrebbe travisato ed erroneamente interpretato i fatti di causa ritenendo che l'immobile condotto in locazione dalla ricorrente fosse assolutamente inagibile, tanto da costringerla a non goderne neppure in modo parziale e a dismettere la propria attività. Evidenzia come l'abnormità della deduzione impugnata emerga dalla circostanza che, “benché non fosse proprietario e/o titolare delle tubazioni il cui guasto era all'origine delle infiltrazioni d'acqua”, ha prontamente provveduto alla riparazione, mediante i due interventi effettuati il 13 ed il 25 maggio 2013 e, dunque, anche in anticipo rispetto all'atto di diffida del Comune di ### notificatogli il ###, di cui ha chiesto la revoca in autotutela. Aggiunge che l'episodio infiltrativo era stato aggravato dal comportamento della stessa ricorrente che “non si era adoperata per contenere i danni al controsoffitto […], aveva causato l'imbarcamento del parquet […] si era procurata un azzardato ordine di sgombero per un inesistente pericolo di dissesto del solaio intermedio” e non aveva consentito “un sopralluogo tecnico nell'appartamento danneggiato a chicchessia”. Censura così quella parte di sentenza in cui “A) si condannano il dott. ### ed il sig. ### (in misura proporzionale di 2/3 ed 1/3) alla corresponsione, in favore della sig.ra ### alla corresponsione della somma di € 45.000,00 a titolo di indennità per la perdita dell'avviamento commerciale ex art. 34 L. 392/1978 (di cui la ricorrente non aveva mai validamente fatto domanda!); B) si condanna il dott. ### alla corresponsione, in favore del sig.  ### della somma di € 45.000,00 (pari ad 1/3 di € 135.000,00), pari ad 1/3 dei canoni di locazione “decorrenti da maggio 2014 ad oggi”, oltre all'ulteriore importo di € 17.537,07 per presunti oneri condominiali, oltre alla somma di € 12.300,00 a titolo di risarcimento dei danni causati all'immobile in questione (come da quantificazione del C.T.U.)” (pagine 42 e 43 dell'atto di appello). Specifica, in proposito, che l'irragionevolezza della condanna risarcitoria si riflette altresì nella circostanza che è stata applicata, nei suoi confronti, una condanna al pagamento per danno da lucro cessante, oltre che per gli oneri condominiali “da maggio 2014 ad oggi”, ossia dal periodo successivo al riottenimento dell'immobile in capo al proprietario fino alla data di pubblicazione della sentenza. Con il medesimo motivo precisa, infine, che i detti importi non sono dovuti anche in considerazione del sopravvenuto difetto di legittimazione passiva in capo a ### per effetto dell'avvenuta vendita dell'immobile de quo nelle more del giudizio di primo grado, ossia in data ###, come risultante dalla visura catastale versata in atti. 
Anche questo motivo merita accoglimento. 
Merita di essere precisato, in primo luogo, che il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un bene non costituisce un accessorio del diritto di proprietà, ma è un diritto di credito, distinto e autonomo rispetto al diritto reale. Il suo esercizio spetta, quindi, al titolare del diritto di proprietà sul bene al momento dell'evento dannoso, non seguendo le vicende di trasferimento del bene, salvo che non sia convenuto un patto contrario (cfr. Cass. Sez. ### 16 febbraio 2016, n. 2951), ovvero a colui che ha subito il pregiudizio e, dunque, chi era il titolare della proprietà del bene al momento del sinistro che lo ha danneggiato ### precisato, occorre rilevare che la condanna al pagamento delle somme, di cui alla parte di sentenza impugnata, disposta in capo a ### nei riguardi di ### appare ingiustificata, in minima parte per insussistenza dei presupposti su cui si fonda e, in altra parte, per la riscontrata carenza di legittimazione ad agire in capo al richiedente. In particolare, con riferimento al primo aspetto, occorre specificare che nel giudizio di primo grado ### richiedeva la complessiva somma di € 110.073,71, comprensiva dei danni arrecati alla struttura dell'immobile, della mancata percezione dei redditi locatizi e del mancato pagamento degli oneri condominiali, a titolo di danno emergente asseritamente subito dalla causazione delle infiltrazioni e dall'omesso ripristino dei luoghi da parte del proprietario e del conduttore dell'immobile sovrastante, evidenziando “l'omessa restituzione dell'immobile da luglio 2013 ad aprile 2014 che, se nella disponibilità del proprietario sarebbe stato immediatamente riattato e concesso in locazione” (cfr. comparsa di costituzione con domanda riconvenzionale). 
Orbene, in proposito, occorre osservare come ### a fronte della deduzione di ### di pronta eliminazione della causa delle infiltrazioni mediante due interventi di riparazione effettuati nell'immobile sovrastante, in data 13 e 25 maggio 2013, che avrebbero determinato la cessazione dello stato di pericolo e la richiesta di revoca in autotutela dell'atto di diffida del Comune di ### non abbia effettuato alcun tipo di contestazione eccependo, ad esempio, l'insussistenza dell'intervento praticato ovvero l'inadeguatezza di quello effettuato, né abbia indicato se le dette infiltrazioni erano ancora in atto al momento del recupero del bene locato. 
Occorre valutare, dunque, queste considerazioni unitamente alla circostanza secondo cui egli stesso abbia riferito una causa che potrebbe assumersi come interruttiva del nesso di causalità tra il fatto dannoso cagionato dal conduttore e/o proprietario dell'immobile sovrastante e l'evento di danno, riconducibile alla condotta tenuta da #### infatti, a pagina 3 della comparsa di costituzione di primo grado, riferiva che ### aveva mostrato “scarsa propensione ad osservare le norme che disciplinano il contratto di locazione”, avendo impedito “al locatore ogni possibile intervento diretto all'immediato recupero della situazione determinatasi a seguito delle infiltrazioni; rifiutandosi, in particolare, di consegnare le chiavi dell'immobile al locatore per la constatazione dell'evento, dei reali danni provocati e per quanto, nell'immediato, si sarebbe potuto fare per riattare l'immobile”. 
Così come la ### S.p.A. eccepiva che l'attrice “non ha mai permesso l'ispezione dell'immobile impedendo di fatto la valutazione e la quantificazione dei lamentati danni” (cfr. comparsa di costituzione di detta assicurazione). 
La prescritta circostanza di aggravamento della situazione di fatto dell'immobile è stata riferita anche dal c.t.u. nel corso del procedimento per accertamento tecnico preventivo che, a pag. 18 della relazione, ha specificato che gli interventi necessari per l'eliminazione dei danni “non consentono il ripristino delle condizioni di normale fruizione dell'immobile in quanto si ribadisce che oltre ai danni da infiltrazione, l'immobile di ### presenta manomissioni compiute da terzi”. Al contempo, il c.t.u. ha rilevato che dagli intradossi dei solai “non sussistono lesioni o qualsivoglia segni evidenti che possano far pensare a problemi strutturali degli stessi e che richiedono interventi straordinari”, qualificando, al contrario, gli interventi di ripristino (rimozione di parte del parquet a listoni e della controsoffittatura danneggiata, rasatura dei controsoffitti e successiva rasatura, scartavetratura delle pareti e verifica dell'impianto elettrico) come “ordinari” (cfr. pagine 15 e 18 della relazione). 
Questi rilievi non sono stati espressamente contestati da ### per il tramite del proprio consulente, #### (cfr. pag. 20 della consulenza di parte), né sono state allegate significative circostanze tali da far presumere che lo stato dei luoghi era talmente deteriorato da aver impedito a ### di provvedere alla stipula di un successivo contratto di locazione, una volta ottenuta la disponibilità del proprio immobile, come chiaramente affermato nella comparsa di costituzione in giudizio. 
Queste argomentazioni, seppur valevoli per il periodo immediatamente successivo al recupero del bene locato (maggio 2014 come riconosciuto in sentenza), si coniugano, dunque, con l'ulteriore profilo di carenza di legittimazione ad agire in capo al richiedente per il periodo dal 29.6.2015 fino al giorno di pubblicazione della sentenza, dovuta all'intervenuta vendita dell'immobile, come documentato con la visura storico-catastale depositata in atti da ### (cfr. allegato 23) e giammai contestata. 
Merita di essere specificato, in proposito, che consolidato e univoco è l'orientamento giurisprudenziale secondo cui le contestazioni sulla legittimazione ad agire, attiva o passiva, così come sulla titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, e, di conseguenza, il difetto di legittimazione così come la carenza di titolarità del rapporto, ancorché non oggetto di contestazione dall'altra parte, sono rilevabili di ufficio se risultanti dagli atti di causa (cfr. in tal senso Cass. Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016). 
In ragione di quanto esposto e in accoglimento del secondo e del terzo motivo dell'appello principale, la parte della sentenza impugnata, confluita nei i capi C) ed F) del dispositivo, va interamente riformata nel senso di respingere qualsivoglia domanda avanzata nei suoi confronti da parte di ### a titolo di indennità di avviamento commerciale che di ### a titolo di canoni di locazione e oneri condominiali “da maggio 2014 ad oggi” a nulla rilevando che la suddetta sentenza di condanna sia passata in giudicato nei confronti degli altri coobbligati non impugnanti. 
In particolare, la richiesta di riforma della condanna avuto riguardo all'indennità di avviamento commerciale calcolata dal giudice di prime cure in complessivi € 45.000,00, da porre per 2/3 a carico di ### per € 30.000,00, travolge l'intero importo riconosciuto a suo carico in favore di ### per € 28.875,33 (così ridotto in ragione dell'aggravamento del danno provocato dall'attrice) così come l'intero importo riconosciuto in favore di ### per complessivi € 74.837,07, pari ai 2/3 di € 135.000,00 a titolo di canoni di locazione da maggio 2014 alla pronuncia e di € 17.537,00 a titolo di oneri condominiali, mentre, rimane la condanna al pagamento della somma di € 12.300,00 a titolo di danni causati all'immobile e così quantificati nell'ambito del procedimento per accertamento tecnico preventivo.  ### incidentale Con il primo motivo ### lamenta il mancato riconoscimento degli importi a titolo delle migliorie apportate nell'immobile condotto in locazione, nonché l'omessa valutazione delle prove orali e documentali dalle quali si evincerebbe l'effettuazione dei detti lavori. 
Il motivo appare infondato per le motivazioni che seguono e la domanda è stata correttamente respinta dal Tribunale. 
Come più volte affermato dalla Suprema Corte, nel contratto di locazione, il diritto del conduttore alla indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ai sensi dell'art. 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore, e tale consenso, importando cognizione dell'entità, anche economica, e della convenienza delle opere, non può essere implicito, né può desumersi da atti di tolleranza, ma deve concretarsi in una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà, anche tacita, mediante fatti concludenti, dai quali possa desumersi l'esplicita approvazione delle innovazioni. ### la mera consapevolezza (o la mancata opposizione) del locatore riguardo alle stesse non legittima il conduttore alla richiesta dell'indennizzo (cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4532 del 15/02/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 15317 del 06/06/2019). 
Questo indirizzo appare valevole al capo di specie vieppiù in considerazione di specifiche disposizioni che disciplinano il contratto di locazione stipulato da ### e ### Gli articoli 11 e 12, infatti, rispettivamente prevedono che “ogni altra innovazione non potrà essere fatta dal conduttore, senza il preventivo consenso scritto del proprietario” e che “il conduttore non potrà apportare modifiche, aggiunte o innovazioni senza la preventiva autorizzazione scritta del locatore e comunque eventuali interventi resteranno a beneficio dell'immobile senza che nulla sia dovuto al conduttore al termine della locazione neanche a titolo di rimborso spese”. 
Vigendo nel sistema contrattuale la libertà della forma, al di fuori dei casi tassativi di forma legale, i contraenti sono liberi di eleggere una forma a requisito di validità di un determinato atto, com'è avvenuto nella fattispecie in esame; il tenore della norma dell'art. 1352 c.c. si manifesta univoco, poi, nel ricollegare all'adozione di una forma convenzionale la «presunzione» che la relativa previsione sia stata «voluta per la validità del contratto» (cfr. Cass., 12 marzo 2018, n. 5890; Cass., 30 novembre 2017, 288116) così che non rileva l'assenza di un'espressa e specifica previsione di «nullità convenzionale». 
E' noto, poi, che la forma convenzionale ex art. 1352 c.c. ben può riguardare anche i negozi unilaterali, in ragione, se non altro, del disposto dell'art. 1324 c.c. (cfr. Cass., 9 luglio 2019, n. 18414). 
La giurisprudenza della Suprema Corte ha, quindi, chiarito che “laddove la clausola che programma la forma di successivi atti o contratti sia da qualificare elemento essenziale del contratto assoggettato all'obbligo di forma, essa non potrà essere modificata con un accordo concluso verbis tantum o per fatti concludenti” (Cass., 14 giugno 2019, n. 16106) e che, in presenza di una prescrizione di forma convenzionale, non è nemmeno sufficiente il ricorso a “forme equivalenti” (Cass., 18 aprile 2019, 10845). 
In definitiva, premesso che grava sul conduttore che chieda l'indennità ex art. 1592 c.c. per i miglioramenti apportati alla cosa locata, l'onere di provare il consenso del locatore alla loro esecuzione, trattandosi di fatto costitutivo del preteso diritto ( Sez. 2 - , Sentenza n. 14 del 03/01/2017), l'indicata chiara ricostruzione della volontà delle parti espressa nel contratto di locazione con la previsione all'art.12 del consenso scritto per qualsiasi aggiunta o innovazione apportata all'immobile locato esclude la possibilità di dare rilievo al consenso verbale che dovrebbe desumersi dalla prova testimoniale espletata, secondo quanto prospettato con il motivo di appello in esame che va, pertanto, respinto. 
Con il secondo motivo ### deduce l'erroneità della condanna al pagamento della somma di € 10.073,71 a titolo di oneri condominiali da corrispondere sulla base di un decreto ingiuntivo emesso nei confronti di ### di cui contesta la mancanza di una prova certa delle somme e della loro specifica riferibilità alle quote ordinarie ovvero straordinarie. 
Occorre, in proposito, menzionare l'art. 16 del contratto di locazione, rubricato “oneri, accessori e forniture”, che prevede che “oltre al canone, il conduttore è tenuto a versare, a partire dal mese di dicembre 2012, gli oneri condominiali ordinari mensili che, secondo il dettato di legge, sono a suo carico” e considerare che il giudice di prime cha riconosciuto a tal titolo, a carico di ### la somma di € 10.073,71 verosimilmente sulla scorta del decreto ingiuntivo, del precetto e del successivo pignoramento, emessi e attivati da parte del ### nei confronti di ### e posti da quest'ultimo a fondamento della relativa domanda (cfr., in atti, comparsa di costituzione e documenti depositati a corredo della stessa). 
Il motivo appare fondato alla luce della giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di locazione di immobili urbani, qualora il conduttore, convenuto in giudizio per il mancato pagamento di oneri condominiali, contesti che il locatore abbia effettivamente sopportato le spese di cui chiede il rimborso o ne abbia effettuato una corretta ripartizione, incombe al locatore stesso, ai sensi dell'art. 2697 c.c., dare la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto, i quali non si esauriscono nell'aver indirizzato la richiesta prevista dall'art. 9 della legge n. 392 del 1978, necessaria per la costituzione in mora del conduttore e per la decorrenza del bimestre ai fini della risoluzione, ma comprendono anche l'esistenza, l'ammontare e i criteri di ripartizione del rimborso richiesto (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20348 del 28/09/2010); quindi, in tali casi, il locatore adempie il proprio onere probatorio producendo i rendiconti dell'amministratore approvati dai condomini, mentre spetta al conduttore l'onere di sollevare specifiche contestazioni in ordine alle varie partite conteggiate, prendendo a tale scopo visione dei documenti giustificativi oppure ottenendone l'esibizione a norma dell'art. 210 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 29329 del 13/11/2019). 
Ebbene, alcuna prova è stata offerta dal locatore secondo i principi elaborati dalla Suprema Corte posto che il ricorso per decreto ingiuntivo depositato in giudizio fa riferimento, per la gran parte, ad oneri di carattere straordinario onde l'impossibilità di ripeterli dalla conduttrice, mentre, non vi è prova della quota, eventualmente pretesa a titolo di oneri condominiali ordinari, non essendo corredato dai documenti giustificativi, pur indicati in calce al ricorso. 
Con il terzo motivo ### censura la sentenza di primo grado nella parte in cui è stata riconosciuta in suo capo, quale custode dell'immobile locato, la responsabilità per i danni da manomissione compiuti da terzi e, per l'effetto, è stata condannata al pagamento del relativo aggravamento. 
Ritiene la Corte che la valutazione operata dal giudice di prime cure a questo proposito sia da condividere e non appaia scalfita dalle ragioni poste a fondamento del dedotto motivo. Infatti, il Tribunale ha ben richiamato la relazione tecnica resa all'esito del procedimento per accertamento tecnico preventivo, da cui si ricava, fin dalle prime pagine, che “lo stato dei luoghi dell'immobile ### non corrisponde a quello che si sarebbe dovuto riscontrare dopo la constatazione da parte dei ### del ### del fenomeno infiltrativo del 13.05.2013 e del crollo di parte del controsoffitto del 16.05.2013 […] è infatti evidente che i luoghi sono stati manomessi al fine di recuperare parti di impianto elettrico quali faretti, quadro elettrico e quant'altro recuperabile” (cfr. pag. 8). Poco oltre, viene detto che proprio la presenza dei detti danni di manomissione impedisce l'integrale “ripristino delle condizioni di normale fruizione dell'immobile” (cfr. pag. 18). 
Questi rilievi non appaiono espressamente contestati da ### che, al contrario, nella seconda memoria dell'art. 183, comma 6, c.p.c. riferiva in proposito che “aveva da poco realizzato dei lavori nell'immobile e che i faretti e l'impianto stereo erano di sua proprietà, pertanto devono essere considerate come addizioni che possono essere separate dalla cosa senza che vi si arrechi alcun nocumento. E' ragionevole che la proprietaria di queste addizioni, le ha rimosse per installarle in altro luogo adibito a sartoria, visto che è stata costretta a lasciare il locale dove avrebbe dovuto svolgere la propria attività lavorativa”. 
Né emerge, dal tenore delle proprie difese, che ella si sia prontamente attivata per contenere il danno impedendo anche al proprietario, ### di ispezionare l'immobile locato al fine di constatare l'effettiva consistenza dei danni, come desumibile dalla raccomandata del 25 settembre 2013 versata nel proprio fascicolo (cfr. allegato n. 4) (“il mio assistito sebbene più volte ha comunicato oralmente di voler ispezionare l'immobile, anche interessando l'Avv.  ### […] in data 11 c.m. si recava, dopo averne annunciato la presenza per quella data e per le prime ore pomeridiane, presso l'immobile di sua proprietà e, alla presenza di un tecnico di sua fiducia, ha constatato che alcuno si è presentato per consentire l'accesso all'immobile”). 
Così come non sembra potersi desumere alcun argomento dalla circostanza in base alla quale nel verbale di consegna del 3.4.2014 “è espressamente indicato che: l'immobile risulta essere gravemente danneggiato a causa di infiltrazioni d'acqua e che il sig.  ### con la consegna del bene, sollevava “la sig.ra ### da ogni responsabilità nei confronti dei terzi derivanti dall'uso o dalla conservazione del bene locato, atteso che nessuno era intervenuto a mettere in sicurezza l'immobile de quo”” e posto che il primo accesso, presso l'immobile danneggiato, come si evince dall'elaborato peritale dell'### Schifani, è stato effettuato in data ### dal momento che il danneggiamento descritto dal c.t.u. è appunto rappresentato da quanto ### dichiara di aver lei stessa posto in essere. Invero, con la memoria di replica ex art.190 c.p.c. l'appellante incidentale ha espressamente dedotto che: “gli oggetti in questione erano stati rimossi dalla stessa appellata e che tale rimozione era giustificata dal fatto che erano beni di sua proprietà e che parte del materiale avrebbe dovuto essere utilizzato nella nuova sartoria, oltre al fatto che appariva pericoloso lasciare tali oggetti nel luogo in questione in quanto avrebbero potuto ulteriormente rovinarsi o, in caso di altre perdite, provocare un corto circuito nell'impianto elettrico atteso che gli stessi risultavano completamente immersi nell'acqua”. 
La tesi non è condivisibile posto che in tema di locazione, gli incrementi del bene locato, in applicazione del principio generale dell'accessione, divengono di proprietà del locatore, proprietario della cosa locata, pur con le specifiche modalità dettate dall'art. 1593 c.c., rimanendo, tuttavia, in facoltà delle parti di prevedere apposita clausola derogatrice volta ad escludere che il bene immobilizzato nel suolo sia ritenuto dal proprietario di quest'ultimo (cfr. Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 2501 del 04/02/2013). E nella fattispecie in esame, oltre la previsione di legge, soccorre anche quanto, conformemente ad essa, hanno previsto le parti con la clausola negoziale n.12 del seguente tenore: “il conduttore non potrà apportare modifiche, aggiunte o innovazioni senza la preventiva autorizzazione scritta del locatore e comunque eventuali interventi resteranno a beneficio dell'immobile senza che nulla sia dovuto al conduttore al termine della locazione neanche a titolo di rimborso spese” per cui correttamente non risulta efficacemente contestato dall'appellante incidentale quanto ritenuto dal giudice di prime cure in merito all'attribuzione in capo alla conduttrice della “asportazione di complementi dell'impianto elettrico e di condizionamento e filodiffusione vale a dire aggravamento dei danni rispetto al verbale di contestazione dei ### del fenomeno infiltrativo del 13.05.2013 e del crollo di parte del controsoffitto del 16.05.2013, manomissione che ha comportato un aggravamento dei danni pregressi”. 
Appare inoltre opportuno, in proposito, richiamare anche l'orientamento a tenore del quale “### di non aggravare il danno, imposto dall'art. 1227, comma secondo, cod.  a carico del danneggiato, impone a quest'ultimo di attivarsi per scegliere la condotta maggiormente idonea a contemperare il proprio interesse con quello del debitore alla limitazione del danno e deve ritenersi violato nel caso in cui il danneggiato trascuri di adottare tale condotta, pur potendolo fare senza sacrificio” (Cass. Sez. 2, 5/4/2011, n. 7771 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10686 del 22/7/2002 in tema di danni da infiltrazioni d'acqua provenienti da una terrazza al garage sottostante che ha ritenuto che in tale ipotesi, ai fini della liquidazione del danno, deve tenersi conto del grado del contributo delle rispettive condotte colpose del danneggiante e del danneggiato alla causazione dell'evento). 
Con il quarto motivo ### lamenta l'omessa pronuncia da parte del giudice di prime cure circa l'ulteriore profilo di danno relativo alla stipula di un nuovo contratto di locazione. 
Il motivo appare infondato posto che la richiesta di siffatta voce di danno non è stata ritualmente formulata dalla parte ricorrente. Ed invero, quest'ultima, nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, nel richiedere la somma di € 50.000,00 a titolo di risarcimento dei “danni subiti e subendi”, deduceva a fondamento del proprio assunto che il fenomeno infiltrativo aveva danneggiato la merce nonché impedito il regolare svolgimento dell'attività di sartoria nell'immobile, provvedendo a specificare le singole voci di danno tardivamente solo nella memoria del secondo termine dell'art. 183, comma 6, c.p.c., come già argomentato con la disamina del secondo motivo dell'appello principale.  ### motivo con cui l'appellante incidentale si duole che le spese occorse per il procedimento di accertamento tecnico preventivo non siano state poste a carico dei convenuti o, meglio, a carico dell'odierno appellante principale in quanto soccombente, verrà esaminato con la regolamentazione delle spese di lite. 
Regolamentazione delle spese di giudizio ### riforma della sentenza impugnata deve, infatti, conseguire l'applicazione del principio consolidato secondo cui il potere del giudice d'appello di procedere d'ufficio a un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte (come nel caso di specie) della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all'esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d'impugnazione. Tuttavia, anche in ragione dell'operare del c.d. effetto espansivo interno di cui all'art. 336, comma 1, c.p.c., l'accoglimento parziale del gravame della parte vittoriosa in cui favore il giudice di primo grado abbia emesso condanna alla rifusione delle spese di lite non comporta, in difetto di impugnazione sul punto, la caducazione di tale condanna, sicché la preclusione nascente dal giudicato impedisce al giudice dell'impugnazione di modificare la pronuncia sulle spese della precedente fase di merito, qualora egli abbia valutato la complessiva situazione sostanziale in senso più favorevole alla parte vittoriosa in primo grado (cfr. Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. ### del 19/12/2024 e Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 27606 del 29/10/2019). 
Occorre poi specificare che le spese dell'accertamento tecnico preventivo a fini di composizione della lite ex art. 696 bis c.p.c. devono essere poste a carico della parte richiedente, e saranno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito, ove l'accertamento tecnico sarà acquisito, come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di compensazione, a carico del soccombente (cfr. Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 29850 del 27/10/2023). 
A ciò va poi richiamato il principio affermato dalle ### della Suprema Corte (### U - , Sentenza n. ### del 31/10/2022) secondo cui “in tema di spese processuali, l'accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un'unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall'art. 92, secondo comma, cod. proc.  civ.”, e, tenuto conto del parziale accoglimento delle domande uniche avanzate nel primo grado del giudizio, seppure articolate in più capi; pertanto, deve ritenersi che le spese legali siano state correttamente regolamentate nel primo grado del giudizio, mentre le spese occorse per il procedimento per accertamento tecnico preventivo (in quanto sostanzialmente finalizzato alla determinazione delle causa delle lamentate infiltrazioni) dovranno essere poste a carico di ### in considerazione dell'attribuzione al medesimo della relativa responsabilità. 
Le spese del presente grado, invece, tenuto conto del parziale accoglimento dell'appello principale e di quello incidentale e dell'equivoca impostazione difensiva del ### devono compensarsi tra tutte le ### PQM La Corte di Appello di ### - ### sezione civile - definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ### nonché sull'appello incidentale proposto da ### quale titolare della ditta individuale ### avverso la sentenza n. 2758/2019 pronunciata in data 14 marzo 2019 dal Tribunale di ### così provvede: a) accoglie l'appello principale per quanto di ragione e, per l'effetto in parziale riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda di risarcimento dei danni avanzata nei confronti di ### da parte di ### e condanna ### al pagamento di € 12.297,40 in favore di ### in luogo della somma di € 74.837,07, oltre accessori come riconosciuti; b) accoglie l'appello incidentale per quanto di ragione e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata condanna ### al pagamento in favore di ### della somma di € 16.660,00 in luogo di € 26.733,71, oltre interessi come riconosciuti; c) pone le spese occorse per il procedimento di accertamento tecnico preventivo a carico di ### d) compensa tra tutte le ### le spese del grado. 
Così deciso in ### nella ### di Consiglio del 24 marzo 2025.  ### est.   dr.ssa ### d'### 

causa n. 1869/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Rosa Maria Teresa, D' Amore Assunta

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Tribunale di Napoli Nord, Sentenza n. 3746/2025 del 29-10-2025

... 01). In sostanza, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante, anche se convenuto in giudizio con azione di accertamento negativo del credito, l'onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un'attenta custodia dell'impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi (### 3, Ordinanza n. 19154 del 19/07/2018, Rv. 649731 - 02; ### 6 - 3, Ordinanza n. ### del 15/12/2017, Rv. 646832 - 01; ### 3, Sentenza n. 23699 del 22/11/2016, Rv. 642982 - 01).” (cfr. Cass. ###/2021 cit.). Nel caso di specie, l'attore, meramente postulando il malfunzionamento del contatore dell'acqua per carenza di manutenzione, si è limitato ad addurre genericamente l'erroneità delle letture o delle misurazioni senza tuttavia specificare quali sarebbero stati i consumi effettivi, nemmeno in via (leggi tutto)...

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N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Ordinario di ###, ###, in composizione monocratica, in persona del G.M., dott. ### ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 5275/2024 R.G.A.C. assegnata in decisione all'udienza, sostituita dal deposito di note scritte, del 29 settembre 2025, preceduta dall'assegnazione dei termini previsti dal novellato art. 189 c.p.c. (nella formulazione risultante dalla modifica da ultimo apportata dal D.Lgs. 149/2022) ### sito in #### alla via ### n. 60 (c.f.: ###), in persona dell'### p.t., elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### (c.f.: ###), dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura in calce all'atto di citazione depositato telematicamente; #### (c.f.: ###), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in #### alla ### rappresentato e difeso dall'Avv. ### (c.f.: ###), in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente; ####R.T. S.P.A. (c.f.: ###), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### (c.f.: ###), dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente; ###: “Somministrazione”; Conclusioni: ### in atti, come segue e come da note scritte depositate in sostituzione dell'udienza del 29/09/2025.
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La presente sentenza viene redatta in conformità a quanto disposto dal nuovo testo dell'art. 132 c.p.c., così come modificato dalla legge 18 giugno 2009 n. 69 (pubblicata sulla G.U. n. 140 del 19 giugno 2009 ed in vigore dal 4 luglio 2009), mediante la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e con omissione dello svolgimento del processo. 
Con atto di citazione ritualmente notificato alle controparti, il ### dei ### sito in ### alla ### n. 60 ha convenuto in giudizio, innanzi a questo Tribunale, il ### di ### e la So.ge.r.t. S.p.A., quale affidataria della riscossione coattiva dell'Ente, esponendo di aver da questa ricevuto l'avviso di accertamento esecutivo n. 2023/1148 del 10/10/2023 (che risulta ad esso notificato in data ###), con il quale le era stato intimato il pagamento della somma complessiva di euro 12.262,87, di cui euro 3.695,35 per l'anno 2018, euro 22.65,77 per l'anno 2019, euro 3.111,73 per l'anno 2020 ed euro 3.181,27 per l'anno 2021, per omesso versamento di canoni idrici per i consumi degli anni 2018/2019/2020/2021, già recati dal sollecito n. 2022/2178, prima del quale — asseriva l'attore — alcuna fattura, nonché alcuna raccomandata e/o atto idoneo ad interrompere termini di prescrizione era stato notificato. Esponeva di aver inoltrato con PEC del 17.05.2024, per il tramite del proprio avvocato, una istanza di accesso agli atti (acquisita al prot. n. 28156/2024), per ottenere la copia del sollecito n. 2022/2178 e della correlata relazione di notifica, nonché la copia delle fatture oggetto del sollecito con le correlate relazioni di notifica, nonché eventuali altri e precedenti atti interruttivi della prescrizione dei crediti ex adverso assunti come vantati. A seguito di tale istanza, la So.ge.r.t. S.p.A. inoltrava al ### copia del sollecito n. 2022/2178 e della relazione di notifica del 16/11/2022; il ### di ### inoltrava, invece, l'estratto della situazione economica del conto idrico, precisando che la fattura n. ### del 29/10/2021 di euro 3.181,27 di cui al predetto sollecito era stata parzialmente pagata, residuando l'importo di euro 1.134,97, copia uso cortesia delle fatture anni 2018/2019/2020/2021, copia dell'elenco delle letture del contatore, una ### siglata con la ### nel 2013, priva di data certa senza nulla documentare in ordine all'esistenza del servizio di depurazione fatturato e all'installazione e corretto funzionamento dell'impianto. Dalla documentazione acquisita risultava che alla base dell'avviso di accertamento vi erano consumi/canoni idrici recati dal sollecito 2022/2178 emesso sulla base delle seguenti fatture: 1) n. ### del 30/06/2020 di euro 3.695,35 - CONGUAGLIO - periodo dal 01/01/2018 al 31/12/2019; 2) ### del 25/09/2019 di euro 2.265,77 - ACCONTO - periodo dal 01/12/2018 al 30/04/2019; 3) n. ### del 11/01/2021 di euro 3.111,73 - CONGUAGLIO - periodo dal 01/01/2020 al 31/12/2020; 4) n. ### del 29/10/2021 di euro 3.181,27 — ### — periodo dal 01/01/2021 al 30/06/2021.
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. La menzionata pretesa di pagamento — secondo la prospettazione di parte attrice — sarebbe illegittima per: ### l'intervenuta prescrizione biennale ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell'art. 1, c. 4-10, Legge 205/2017 (cd. Legge di ### 2018) e dell'art. 2934 c.c. per il credito portato in dettaglio dalle fatture n. ### del 30.06.2020 e n. ### del 11.01.2021 emesse entrambe in data successiva al 01.01.2020, lamentando che prima del sollecito dianzi indicato mai era stata notificata e/o regolarmente consegnata alcuna delle fatture richiamate nonché raccomandata e/o atto idoneo ad interrompere la prescrizione; ii) vizi di forma del sollecito impugnato, perché non contenente le prescrizioni dettate dalle delibere ### in materia; ### non corrispondenza tra i consumi presuntivamente contabilizzati a quelli effettivi imputabili adesso attore sotto un duplice profilo: ### il primo, attinente all'ammontare degli importi da pagare per le diverse voci di spesa, così come indicate all'interno di ogni singola fattura del sollecito impugnato; ### il secondo, relativo all'impossibilità di imputare le somme risultanti dalle fatture indicate nel sollecito impugnato ad esso attore, atteso che le stesse non erano mai state ritualmente notificate a quest'ultimo, il quale ne era venuto a conoscenza solo a seguito di apposita istanza di accesso agli atti; ### erronea fatturazione e, comunque, non corrispondenza all'effettiva fornitura erogata all'utente, dei consumi indicati nel sollecito impugnato, anche perché provenienti da un contatore malfunzionante, sul quale era stata omessa qualsivoglia verifica periodica da parte dell'ente gestore del servizio; ### inesistenza del servizio di depurazione delle acque e la mancata indicazione dei criteri di determinazione delle somme indicate in fattura in relazione a tale voce e la conseguente impossibilità di verificare l'esistenza e la corretta applicazione delle tariffe eventualmente applicate. 
In forza di tutto quanto dedotto ed eccepito, pertanto, parte attrice concludeva chiedendo al Tribunale adito di: “### disporre l'immediata sospensione ai sensi di legge della procedura esecutiva avviata con l'avviso di accertamento n. 2023/1148 del 10.10.2023; ### - accertare e dichiarare, per le ragioni esposte al punto A), l'inesigibilità del credito di € 12.262,87, cui all'avviso di accertamento esecutivo n. 2023/1148, per totale assenza di prova di consegna e notifica di tutte le fatture e/o di atti prodromici, disponendo, per l'effetto, lo storno integrale della somma a debito e/o della minor somma ritenuta di giustizia. - accertare e dichiarare, per le ragioni esposte al punto A), in ogni caso, non dovuta la somma di euro 12.262,87, stante l'assenza di prova dell'esistenza della pretesa creditoria; - accertare e dichiarare, per le ragioni esposte al punto B), che il credito portato in dettaglio portato dalla fattura n. ### del 30.06.2020, è prescritto, stante il decorso del termine biennale di cui all'art. dell'art. 1 c. 4-10 Legge 205/2017 (cd. 
Legge di ### 2018) e dell'art. 2934 c.c. dalla sua emissione e/o dal periodo di consumo ivi contabilizzato; - accertare e dichiarare, altresì, la parziale prescrizione del credito portato in dettaglio dalla fattura n. ### di cui al punto B),
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. stante il decorso del termine di cui all'art. 1 c. 4-10 Legge 205/2017 (cd. Legge di ### 2018) e dell'art. 2934 c.c, quantomeno per i consumi fatturati a decorrere dal 01.01.2020 e antecedenti al 15.11.2020; - condannare l'Ente e la ### allo storno della fattura n. ### del 29.10.2021 di € 3.181,27, di cui al sollecito n. 2022/2178 sotteso all'avviso di accertamento n. 2023/1148, in quanto, la stessa è stata parzialmente pagata per € 2.046,30, (così come da stessa ammissione dell'Ente v. riscontro fornito e v. estratto situazione debitoria) restando, laddove la cifra fosse dovuta, un residuo di € 1.134,97; - accertare e dichiarare, per le ragioni esposte, l'irregolarità formale dell'avviso di accertamento, del sollecito, nonchè delle fatture in esso riportate per violazione dell'art. 3 c. 1 e 2 della ### 17.12.2019 - 547/2019/R/### e dell'art. 1 punto c) e art.4 punto a) della ### 21.12.2021 - 610/2021/R/IDR e, per l'effetto, disporne l'annullamento integrale con storno della posizione debitoria; - sempre in via principale, ma gradata, accertare e dichiarare, per le ragioni esposte al punto C), l'illegittimità del credito portato dalle fatture, perché riferibile a consumi fittizi e non corrispondenti a quelli effettivi, nonché provenienti da un contatore su cui sia stata omessa qualsivoglia verifica periodica, disponendo l'integrale storno e condannando l'Ente all'emissione delle fatture in base ai consumi reali ove provati; - accertare e dichiarare, per le ragioni esposte al punto D.I), che comunque nulla è dovuto per il servizio di depurazione delle acque, disponendo lo storno delle relative “voci di addebito” da ciascuna fattura; - accertare e dichiarare, per le ragioni esposte al capo D.II), l'irregolarità delle tariffe applicate, per l'effetto, ordinare all'Ente la relativa rielaborazione secondo gli indici di legge e/o regolamentari e/o convenzionali per l'ipotesi che venga fornita la prova in giudizio; - in ogni caso, accertare e dichiarare l'illegittimità, nullità nonché inesistenza del credito vantato dall'Ente e, per l'effetto, disporne l'annullamento e/o lo storno; - accertare e dichiarare che i convenuti, per quanto di ragione, non hanno diritto a procedere ad azione esecutiva in relazione ai crediti accertati e dichiarati prescritti e/o non dovuti in ragione dell'accoglimento della domanda. - annullare l'avviso di accertamento esecutivo n. 2023/1148 e tutti gli atti sottesi allo stesso, far cui anche il sollecito n. 2022/2178 da cui prende le mosse. Il tutto con vittoria di spese e competenze di lite con attribuzione allo scrivente procuratore antistatario.”. 
In data ### si costituiva in giudizio il ### di ### il quale prospettava l'infondatezza di tutti i motivi di opposizione spiegati da parte attrice avverso l'impugnato sollecito di pagamento e concludeva chiedendo il rigetto della proposta domanda, con vittoria di spese di lite. 
Con comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente in data ### si costituiva in giudizio anche l'ulteriore parte convenuta, la ###R.T. 
S.p.A., la quale, di contro, eccepiva l'inammissibilità della domanda per tardività dell'impugnazione - per essere stato l'atto di citazione notificato oltre il termine di 60
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. giorni, previsto dall'art. 32 d.lgs. n. 150/2011, dalla notifica alla parte attrice dell'avviso di accertamento esecutivo impugnato - e l'inammissibilità della domanda nel merito della pretesa per irretrattabilità del credito per omessa impugnazione degli atti sottesi all'avviso di accertamento impugnato; evidenziava l'infondatezza dell'eccezione di prescrizione formulata da controparte, rilevando l'inapplicabilità del termine biennale di prescrizione alle fatture emesse prima del 1 gennaio 2020 e l'idoneità del sollecito di pagamento notificato alla controparte ad interrompere i relativi termini per le fatture emesse successivamente a tale scadenza; inoltre, l'Agente della riscossione rilevava il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine ai rilievi di parte opponente che riguardavano l'esistenza, la quantificazione delle somme, la notifica delle fatture ed il servizio di depurazione di esclusiva competenza dell'ente impositore. 
La predetta parte concludeva chiedendo accogliersi le seguenti conclusioni: “In via preliminare -### la richiesta di sospensione per insussistenza dei requisiti Nel merito In via principale -### la domanda inammissibile per tardività e/o per omessa impugnazione nei termini dell'atto presupposto all'avviso di accertamento. In subordine -### comunque carenza di legittimazione passiva del concessionario su eventuali vizi di merito della pretesa; -### la domanda di inesigibilità dell'intero credito per mancata notifica degli atti prodromici -### e dichiarare il dies a quo del termine di prescrizione del credito dalla data di scadenza in riferimento ad ogni singola fattura e per lo effetto dichiarare la prescrizione o meno delle fatture contenute nell'accertamento impugnato -### l'inapplicabilità delle previsioni ### sia perché esorbitante dalla delega attribuita limitata solo alle tempistiche di fatturazione tra gli operatori della filiera e sia perché contra legem rispetto al dettato normativo ex art. 1 comma 4 e 10 della L.205/2017. ### la domanda di irregolarità nel funzionamento del contatore e relativa alle misurazione dei consumi riportate nelle tariffe in quanto infondata e non provata -### la domanda di irregolarità formale dell'atto impugnato in quanto inammissibile ed infondata -In ogni caso compensare le spese di lite sussistendone i presupposti data la complessità e la relativa novità delle questioni trattate - in relazione al complesso contenzioso a svilupparsi al riguardo unitamente ai contrasti nella giurisprudenza di merito anche del distretto in ordine alla interpretazione della normativa sottesa alla presente controversia.”. 
In via assolutamente preliminare, in punto di qualificazione della domanda attorea, va precisato che essa ha ad oggetto l'opposizione spiegata da parte istante avverso un avviso di accertamento c.d. autoesecutivo emesso dal concessionario per la riscossine delle entrate patrimoniali di un ente locale, ai sensi dell'art. 1, comma 792, L. 160/2019.
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. In base a quanto previsto dall'art. 1, comma 792, lett. A, L. 160/2019, il quale fa espresso rimando all'art. 32, D.Lgs. 150/2011, la controversia de qua va, dunque, trattata col rito ordinario di cognizione e può essere intesa quale azione di accertamento negativo del credito azionato da controparte nei confronti della odierna attrice secondo le modalità innanzi indicate. 
Ciò posto, dunque, l'opposizione oggetto di lite è certamente tempestiva, poiché, in virtù della modifica apportata dal D.Lgs. 150/2011 al disposto dell'art. 3, R.D.  639/1910 (il quale, nella originaria formulazione, fissava all'uopo un termine impugnatorio di trenta giorni dalla notifica dell'ingiunzione) non è previsto un termine per la proposizione dell'opposizione, con conseguente infondatezza della relativa eccezione sollevata da ###R.T. S.p.A. in tal senso. 
Ed infatti, secondo l'orientamento assolutamente costante e consolidato della Corte di legittimità, nel procedimento monitorio apprestato per la spedita riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici (r.d. 14 aprile 1910 n. 639), l'atto formale dell'ingiunzione cumula le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa che l'opposizione del debitore costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario processo cognitivo, diretto a contestare il diritto all'esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo a favore del debitore stesso, che viene ad assumere vera e propria veste di attore (così sin da Cass., Un., n. 2339/1967; conf. tutte le successive, tra cui Cass. n. 9421/2003; Cass. 6487/2004; Cass. n. 14051/2006; Cass. n. 3341/2009). 
In altri termini, “con l'impugnazione del titolo esecutivo stragiudiziale, l'opponente invoca l'accertamento negativo della pretesa ivi manifestata, sicché il giudice ha il potere/dovere di accertare il rapporto sostanziale, nonostante l'eventuale accertata illegittimità dell'ingiunzione.” (conf. Cass. n. 2355/2019). 
Ne consegue che, ai sensi dell'art. 2697 c.c., la P.A. convenuta in giudizio di opposizione ex art. 3, R.D. n. 639 del 1910 (oggi art. 32 D. lgs n. 150/2011) è tenuta a fornire la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa, mentre l'opponente deve dimostrare la loro inefficacia ovvero l'esistenza di cause modificative o estintive degli stessi. 
Al riguardo, in tema di riscossione, si è affermato che l'ingiunzione emessa ai sensi del r.d. n. 639 del 14 aprile 1910, perduta la funzione di precetto e di titolo esecutivo, a seguito dell'art. 130, comma 2, d.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43, ha conservato la residuale funzione di atto impositivo con efficacia accertativa della pretesa erariale, come tale idoneo ad introdurre un giudizio sulla debenza dell'imposta per cui, nel giudizio di opposizione all'ingiunzione, l'### che sul piano dell'onere della prova assume la posizione di attore in senso sostanziale, ove ne chieda la conferma, avanza una domanda consistente nel veder riconosciuto, in tutto o in parte, il diritto di recupero così azionato: la posizione di vantaggio riconosciuta alla
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. P.A. è dunque limitata al momento della formazione unilaterale del titolo esecutivo, restando escluso - perché del tutto ingiustificato in riferimento ai dati testuali e ad un'esegesi costituzionalmente orientata in relazione all'art. 111 Cost. - che essa possa permanere anche nella successiva fase contenziosa, in seno alla quale il rapporto deve essere provato secondo le regole ordinarie (cfr. Cass., n. 9989/2016, Cass., 22792/2011). 
Pertanto, alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, il Tribunale è tenuto a valutare la pretesa sostanziale dell'amministrazione comunale. 
Ciò chiarito e dovendo, dunque, procedere, nel merito, all'accertamento del credito vantato dall'ente comunale resistente nei confronti della attrice, secondo quanto provato in atti e in relazione alle contestazioni sollevate dalla stessa attrice, l'opposizione si è rivelata solo parzialmente fondata e merita accoglimento nei termini e limiti di seguito precisati. 
La molteplicità delle questioni poste dal ricorrente necessita di una trattazione separata. 
Per la natura preliminare di merito che riveste, va innanzitutto affrontata l'eccezione di prescrizione sollevata dal ricorrente con riguardo alle fatture indicate nell'impugnato avviso di accertamento. 
Sul punto giova premettere in diritto che la ### di ### 2018 (### n. 205/17), così come modificata dalla ### di ### 2020 (### n. 160/19), all'art. 1, comma 4, recita testualmente: “[…] nei contratti di fornitura di energia elettrica e gas, il diritto al corrispettivo si prescrive in due anni, sia nei rapporti tra gli utenti domestici o le microimprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della ### del 6 maggio 2003, o i professionisti, come definiti dall'articolo 3, comma 1, lettera c), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e il venditore, sia nei rapporti tra il distributore e il venditore, sia in quelli con l'operatore del trasporto e con gli altri soggetti della filiera. Nei contratti di fornitura del servizio idrico, relativi alle categorie di cui al primo periodo, il diritto al corrispettivo si prescrive in due anni. ###à per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce le misure in materia di tempistiche di fatturazione tra gli operatori della filiera necessarie all'attuazione di quanto previsto al primo e al secondo periodo” (sul punto, si vedano, tra le tante, ### n. 186/2020 e n. 610/2021 con allegati A; n. 547/2019 con allegato B; 311/2019); al successivo comma 10 la norma in esame, poi, precisa: “Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si applicano alle fatture la cui scadenza è successiva: a) per il settore elettrico, al 1° marzo 2018; b) per il settore del gas, al 1° gennaio 2019; c) per il settore idrico, al 1° gennaio 2020”.
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. ### 17 dicembre 2019 - 547/2019/R/idr afferma, inoltre, all'art. 2 co. 3 che “La prescrizione biennale di cui alla ### di bilancio 2018 (### n, 205/17) decorre dal termine entro il quale il gestore è obbligato a emettere il documento di fatturazione, come individuato dalla regolazione vigente.”. 
Le disposizioni appena richiamate non appaiono di facile interpretazione, specie con riferimento alla decorrenza del termine di prescrizione biennale ivi sancito, atteso l'equivoco riferimento al termine della data della fatturazione e non già al periodo oggetto di fatturazione che può esservi ricompreso. 
Una prima opzione interpretativa è quella di ritenere la prescrizione breve biennale in esame applicabile unicamente ai consumi generati e fatturati dopo la data del 1° gennaio 2020, applicandosi, invece, ai consumi antecedenti la “ordinaria” prescrizione quinquennale. 
In tal senso si è pronunciato il Giudice di ### del Tribunale di ### C.V. con la sentenza n. 756/23 depositata in cancelleria il 1 febbraio 2023 nella quale si legge che "le bollette riferite ai consumi anteriori al 02.01.2020 continuano a prescriversi in cinque anni; invece le bollette riferite a consumi a partire dal 02.01.2020 si prescrivono in due anni. 
Pertanto, poiché la bolletta in contestazione è riferita a <<consumi>> antecedenti all'entrata in vigore delle norme che stabiliscono la prescrizione biennale, è da ritenersi che nel caso che occupa trovi applicazione la norma di cui all'art. 2948 cc, cioè il termine quinquennale di prescrizione del diritto vantato dal gestore". 
Sullo stesso impianto normativo, ma in diverso ambito regolatorio, si registra poi la sentenza del Tribunale di Benevento, sez. II, 11/05/2022, n. 1116, secondo cui “### che le fatture alla base del D.I. hanno ad oggetto consumi per il periodo di riferimento 2013- 2016, trova regolarmente applicazione il termine di prescrizione di 5 anni”.  ### una seconda opzione interpretativa, invece, nei contratti di fornitura del servizio idrico il diritto al corrispettivo si prescrive in due anni e tale termine prescrizionale decorre dalla data di scadenza del pagamento delle fatture, prescindendo dalla data di erogazione od effettuazione dei consumi. 
In particolare, secondo il Tribunale di ###, (cfr. sentenza n. 818/2022, pubblicata il ###) il dies a quo del termine prescrizionale coincide con la scadenza dei termini di pagamento indicati nelle fatture di cui si tratta, atteso che solo da tale momento i crediti divengono esigibili (Cass. n. 23789/2008) e sono del tutto irrilevanti i tempi in cui sono avvenute le forniture perché la pretesa creditoria, nascente da conguagli sulle letture precedenti, è divenuta liquida solo nel momento in cui i predetti conguagli sono stati operati.  ### questa seconda opzione ermeneutica — certamente più favorevole per l'utente finale del servizio — le disposizioni primarie sopra indicate devono essere integrate con quelle regolatorie, ed in particolare con il disposto dell'articolo 2,
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. comma 2.3 dell'allegato B alla delibera ### 547/2019, secondo cui "La prescrizione biennale di cui alla ### di bilancio 2018 (### n, 205/17) decorre dal termine entro il quale il gestore è obbligato a emettere il documento di fatturazione, come individuato dalla regolazione vigente”. 
La regolazione vigente in materia, ivi richiamata da ### e assunta anche sul piano civilistico da chi sostiene questa tesi a fondamento della prescrizione breve, è rappresentata dalla delibera ### 655/2017 ed in particolare dall'allegato ### che, all'articolo 36, disciplina il “tempo per l'emissione della fattura”, individuato dal successivo articolo 67 in 45 giorni solari successivi alla chiusura del periodo di riferimento. 
In questa seconda prospettiva i ### sarebbero obbligati a emettere la fattura entro questi termini e, quindi, il termine di emissione della fattura ed il suo contenuto in relazione agli anni cui i consumi sono riferibili andrebbero ad incidere direttamente sulla prescrizione "dei consumi”, non potendosi addebitare quelli risalenti a più di due anni. 
Ebbene, tale tesi, che áncora il decorso del termine biennale di prescrizione alla data di scadenza della fattura, e non già all'effettivo momento del consumo, sembra aver trovato un primo riconoscimento anche da parte della Suprema Corte. 
In particolare, con l'ordinanza pregiudiziale del 17/04/2023, nell'ambito del procedimento con n. R.G. 2666/2022, il Giudice di ### di ### aveva richiesto, ai sensi del nuovo art. 363-bis c.p.c., la soluzione di una questione pregiudiziale in relazione ad un procedimento civile inerente proprio la prescrizione breve dei corrispettivi per i consumi idrici relativo ad un contenzioso insorto tra un contribuente ed un ### del circondario. 
Nella specie, il remittente chiedeva alla Cassazione "se la prescrizione relativa ai consumi idrici effettuati in data antecedente al primo gennaio 2020 sia biennale come stabilito dalla legge 205/2017 — legge di bilancio 2018 — o quinquennale ai sensi dell'art. 2948 n° 5 cc. e se il Giudice possa dunque disapplicare una decisione di natura formalmente amministrativa anche se destinata ad incidere sui procedimenti aventi ad oggetto la decisione de qua".  ### della Cassazione, con provvedimento reso nell'ambito del procedimento n. r.g. 9126/2023, pubblicato in data ###, ha ritenuto inammissibile il rinvio pregiudiziale in quanto mancante, oltre al requisito della necessità-rilevanza, anche di quello della difficoltà interpretativa della norma invocata. 
Infatti, per la Cassazione "la disposizione transitoria di cui all'art. 1, comma 10, della legge n. 205 del 2017 determina esplicitamente l'evento temporalmente rilevante ai fini della decorrenza del regime prescrizionale biennale, individuandolo nella data di scadenza del pagamento delle fatture e non nella erogazione od effettuazione dei consumi”.
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. È evidente, dunque, che, secondo questa interpretazione (del resto fatta palese dal tenore della disposizione normativa in esame), apparentemente sposata dalla Suprema Corte nella pronuncia che precede, il termine di prescrizione del credito vantato dai ### per la somministrazione di acqua è biennale per tutte le fatture che recano come scadenza una data successiva al 01.01.2020, anche se riferite a consumi effettuati in epoca antecedente. 
Alla luce di quanto premesso, dunque, considerato che la norma che ha ridotto il termine di prescrizione nell'ambito delle forniture di servizi energetici, elettrici e idrici è entrata in vigore il 1° gennaio 2018, può affermarsi che da tale data i gestori del servizio idrico hanno acquisito conoscenza del nuovo termine di prescrizione applicato ai consumi idrici e avrebbero dovuto tempestivamente attivarsi per recuperare i crediti pregressi pendenti (allora richiedibili ancora nei limiti del quinquennio antecedente), dato che per tutte le fatture successivamente emesse, e recanti data di scadenza dopo il 1° gennaio 2020 (e anche se riferiti a consumi antecedenti), i crediti richiedibili sarebbero stati solo quelli dell'ultimo biennio. 
Dunque, avuto riguardo al settore idrico, il legislatore ha riconosciuto ai gestori idrici ben due anni di tempo per adeguarsi alla suddetta normativa. Il legislatore, peraltro, non ha inteso modificare i principi civilistici in materia di prescrizione, ma ha voluto limitare un fenomeno patologico di ritardo nella fatturazione, riducendo il periodo del termine prescrizionale del corrispettivo dei consumi richiedibili; nel contempo, per venire incontro alle esigenze dei gestori idrici, ha riconosciuto un arco temporale sufficientemente lungo tra l'entrata in vigore della norma (1° gennaio 2018) e la sua concreta applicazione (fatture con scadenza successiva al 1° gennaio 2020). 
La materia è stata, peraltro, oggetto di scrutinio anche da parte del Giudice Amministrativo che, pronunciandosi su un ricorso proposto per l'annullamento della richiamata ### n. 186/2020, ha colto l'occasione per precisare che “La prescrizione biennale di cui alla ### di bilancio 2018 (### n, 205/17) decorre dal termine entro il quale il gestore è obbligato a emettere il documento di fatturazione, come individuato dalla regolazione vigente, ossia una volta trascorsi 45 giorni solari dall'ultimo giorno del periodo di riferimento della fattura” (cfr. ### n. 1442/2021). 
Pertanto, pur facendo salve le norme civilistiche e la prassi giurisprudenziale in materia di prescrizione, non sorgerebbe alcun dubbio circa l'applicabilità della prescrizione biennale a tutte le bollette aventi scadenza successiva al 1° gennaio 2020, anche se contenenti importi riferiti a periodi di consumo risalenti ad epoca antecedente la detta data, atteso che trattasi di bollette che avrebbero dovute essere emesse molto tempo prima, poiché relative a consumi antecedenti i due anni rispetto all'effettiva emissione della bolletta. Ne deriva, come logico corollario, che l'applicazione del termine di prescrizione biennale anche ai consumi antecedenti al 1° gennaio 2020 non determina alcuna applicazione retroattiva della norma in commento, in quanto essa individua il momento di applicazione del nuovo termine prescrizionale non alla data di effettuazione dei consumi, ma all'atto di fatturazione
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. degli stessi, ovvero alle bollette aventi scadenza successiva al 1° gennaio 2020, seppure emesse prima di tale data. 
La disposizione normativa che ha introdotto il termine di prescrizione biennale, in definitiva, non volendo modificare le regole e i principi dell'ordinamento in tema di prescrizione e di pagamento del debito, va interpretata nel senso che con essa il legislatore ha voluto richiamare i gestori ad un corretto e tempestivo comportamento nella fatturazione dei consumi richiesti in pagamento agli utenti, onde evitare la pratica delle c.d. maxi fatturazioni emesse al fine di richiedere il pagamento di consumi oltremodo risalenti nel tempo. 
Ne consegue che le bollette, mediante le quali si richiede il pagamento di ogni singola prestazione (nel caso di specie di fornitura idrica), debbono essere notificate all'utente nel rispetto della periodicità stabilità dalla regolazione vigente e, comunque in base ai principi civilistici e giurisprudenziali, entro il termine di prescrizione dall'espletamento della prestazione del servizio, cui i crediti specificamente si riferiscono, anche al fine di evitare al cliente la corresponsione di importi relativi a periodi di consumo pluriennale. E' noto, infatti, come la fornitura del servizio idrico sia riconducibile alla disciplina della somministrazione, ai sensi degli artt. 1569 e ss. c.c.. Il contratto di somministrazione è caratterizzato dal fatto che le prestazioni che ne costituiscono l'oggetto si effettuano ad intervalli periodici e continuativi, costituendo, dunque, un rapporto di durata. All'interno di tale rapporto, ogni singola prestazione è distinta ed autonoma rispetto alle altre, pur essendo riferibile ad un'unica causa contrattuale. 
Ciò posto, dalla lettura combinata delle disposizioni in materia di decorrenza della prescrizione, dell'art. 2935 c.c. e del contratto di somministrazione è dato evincere che il termine di prescrizione decorre da quando il fornitore/gestore, in base alla regolazione vigente, deve emettere il documento di fatturazione dei consumi (ovvero entro 45 giorni solari dall'ultimo giorno del periodo di riferimento, come da regolazione adottata dall'Autorità Indipendente di settore). Ciò essenzialmente in quanto, ai fini del diritto che può far valere il gestore, sono del tutto irrilevanti i tempi in cui sono avvenute le forniture, atteso che la pretesa creditoria, nascente da conguagli sulle letture precedenti, diviene liquida solo nel momento in cui lo stesso fornitore deve emettere il documento di fatturazione. In tal senso, non rileva più il momento del consumo ma quello della fatturazione (id est fatturabilità). A tale termine di decorrenza va, dunque, agganciato il c.d. exordium praescriptionis e da tale momento va calcolata la prescrizione biennale per le fatture il cui termine di scadenza sia successivo al 01 gennaio 2020 e afferiscano, altresì, a consumi risalenti di oltre due anni. 
Del resto, una diversa interpretazione della decorrenza della prescrizione biennale striderebbe con il chiaro dettato della normativa primaria secondo cui la prescrizione biennale si applica, appunto, agli importi (afferenti a consumi pregressi ultra
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. biennali) presenti nelle bollette di conguaglio/ricalcolo che abbiano scadenza successiva al 1° gennaio 2020; resta inteso che, secondo le regole generali in tema di prescrizione, il gestore del servizio ha sempre la facoltà (e l'onere) di allegare e dimostrare eventuali cause impeditive alla decorrenza del termine prescrizionale, come da disciplina generale prevista dal codice civile (cfr., in particolare, art. 2935 — sussistenza di un impedimento giuridico al decorso della prescrizione — e art.  2941 c.c. — doloso occultamento dell'esistenza del debito — ). 
Ciò chiarito in merito alla demarcazione del dato temporale di applicazione del nuovo termine di prescrizione biennale (radicato al momento della fatturazione del consumo e non già all'effettuazione dello stesso), quanto, invece, alla esatta individuazione del termine di decorrenza della prescrizione, va rilevato che esso va individuato — come del resto in precedenza già chiarito — non al preciso istante di effettuazione del consumo stesso, bensì al momento in cui il gestore avrebbe avuto l'obbligo di fatturarlo (atteso che solo da tale momento può dirsi che il relativo credito sia divenuto esigibile). 
Così la già richiamata ### 17 dicembre 2019 - 547/2019/R/idr all'art. 2 co.  3 ha specificato che “La prescrizione biennale di cui alla ### di bilancio 2018 (### n, 205/17) decorre dal termine entro il quale il gestore è obbligato a emettere il documento di fatturazione, come individuato dalla regolazione vigente.”. 
Ciò chiarito, va rilevato che per i consumi idrici la ### del 23 dicembre 2015 655/2015/R/idr all'art. 38.1 specifica che il gestore è tenuto ad emettere un numero minimo di bollette nell'anno differenziato in funzione dei consumi medi annui relativi alle ultime tre annualità. Il numero di fatturazioni nell'anno costituisce standard specifico di qualità ed è differenziato come segue: ### due bollette all'anno, con cadenza semestrale, per consumi medi annui fino a 100 mc; ### tre bollette all'anno, con cadenza quadrimestrale, per consumi medi annui da 101 fino a 1000 mc; ### quattro bollette all'anno, con cadenza trimestrale, per consumi medi annui da 1001 mc a 3000 mc; ### sei bollette all'anno, con cadenza bimestrale, per consumi medi superiori a 3000 mc. 
Venendo all'esame del caso di specie, sulla scorta dei parametri normativi ed ermeneutici innanzi illustrati, con riferimento all'utenza relativa al ### dei ### può affermarsi che il ### di ### era tenuto ad emettere le fatture per la rilevazione dei consumi con cadenza bimestrale — atteso che il consumo annuale, come si rileva dai documenti prodotti dall'attore e dalle stesse fatture contestate, è sempre stato superiore a 3.000 mc all'anno — sicché deve ritenersi che il termine di prescrizione del credito vantato dal gestore del servizio idrico decorra dal 45° giorno successivo alla scadenza di ciascun bimestre. 
Ebbene, l'attore ha eccepito la prescrizione delle fatture (rectius: del credito indicato nelle fatture) riportate nel dettaglio dal sollecito di pagamento n. 2022/2178, recanti
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. ### del 30/06/2020 (relativa ai consumi ivi contabilizzati dal 01/01/2018 al 31/12/2019) dell'importo di euro 3.695,35, e n. ### dell'11/01/2021 (relativa ai consumi ivi contabilizzati dal 01/01/2020 al 31/12/2020) dell'importo di euro 3.111,73, per complessivi euro 6.807,08. 
Alla luce di quanto sopra evidenziato, considerando che le parti convenute non hanno prodotto in atti alcun atto interruttivo della prescrizione antecedente la data di notifica del menzionato sollecito di pagamento (ovvero il sollecito n. 2022/2178 del 15/11/2022 prodotto da parte attrice unitamente alla copia della ricevuta di avvenuta consegna del messaggio elettronico trasmesso all'attore a mezzo ### perfezionatosi in data ###), né tantomeno la prova quantomeno della spedizione delle fatture sopra indicate, il credito per i consumi idrici relativi ai periodi ivi indicati deve ritenersi prescritto fino alla scadenza del quarto bimestre 2020, ovvero sino al 30/08/2020, giacché la notifica del predetto sollecito di pagamento (quale atto interruttivo della prescrizione) ha impedito il maturarsi della prescrizione per i bimestri successivi. 
Ed infatti, segnatamente, per il quinto bimestre 2020, pur scadendo esso il ###, occorre considerare che, decorrendo la prescrizione dal termine entro il quale il gestore è obbligato a emettere il documento di fatturazione (ovvero — per effetto delle già citate delibere ### — dal 45° giorno successivo alla scadenza di ciascun bimestre, il che coincide, per il bimestre in scadenza il ###, con la data del 14/12/2020 circa), l'atto interruttivo notificato al ### attore in data ### ha efficacemente interrotto la prescrizione del corrispettivo dei consumi proprio a partire da tale bimestre. 
Ne consegue che per la fattura n. ###, emessa per il periodo 01/01/2020 al 31/12/2020 e dell'importo di euro 3.111,73, la prescrizione può dirsi maturata solo per i consumi sino al quarto bimestre 2020 (ovvero dal 01/01/2020 al 31/08/2020). 
Ora, considerato che la fattura in atti non contiene il dettaglio degli addebiti operati per ciascuno dei bimestri cumulativamente fatturati, al fine di calcolare l'importo prescritto può procedersi a suddividere l'importo complessivo ivi fatturato (euro 3.111,73) per i dodici mesi del periodo di fatturazione (01/01/2020-31/12/2020), per poi moltiplicarli per gli otto mesi prescritti (ovvero dal 01/01/2020 al 31/08/2020), ottenendo così l'importo di euro ([3.111,73 ÷ 12] x 8 = ) 2.074,50. 
In definitiva, devono dichiararsi interamente prescritte le somme portate dalla fatture n. ### del 30/06/2020 per euro 3.695,35 e parzialmente prescritte quelle portate dalla fattura n. ### dell'11/01/2021, limitatamente all'importo di euro 2.074,50, il tutto, quindi, per complessivi euro (3.695,35 + 2.074,50 =) 5.769,85, poiché relative a consumi il cui corrispettivo è divenuto esigibile oltre il biennio antecedente la scadenza del termine per la fatturazione, in base a quanto sopra evidenziato.
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. Non meritano, invece, adesione tutte le restanti eccezioni e contestazioni mosse da parte attrice. 
In particolare, deve ritenersi infondato il rilievo avente ad oggetto presunti vizi di forma della fatturazione e del sollecito di pagamento, poiché contrari alle prescrizioni dettate dalle ### La eventuale mancanza degli avvisi previsti dalle delibere dell'### negli atti comunicati all'utente, infatti, se può determinare l'avvio di un procedimento nei confronti del gestore del servizio idrico davanti al predetto organismo di regolazione, certamente non può determinare, per ciò solo, la radicale estinzione del diritto dell'ente al pagamento del corrispettivo dei consumi idrici effettivamente fruiti. 
Qualche ulteriore riflessione meritano invece, le questioni formulate dal ricorrente rispetto, in generale, alla asserita non corrispondenza tra i consumi presuntivamente contabilizzati con quelli effettivi imputabili al ### “### dei Pini”. 
Risultano infondate le contestazioni relative alla effettiva individuazione dei consumi idrici fatturati al ### attore. 
In particolare, il ### “### dei Pini”, sul punto, ha lamentato l'erroneità delle rilevazioni asseritamente effettuate dall'ente comunale e il malfunzionamento del contatore, evidenziando come sullo stesso sia stata omessa la manutenzione periodica. 
Sul punto appare preferibile l'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui se l'utente, che sia un'impresa o un nucleo familiare, contesta i consumi che gli vengono addebitati nelle fatture, ritenendoli non veritieri, a causa del malfunzionamento del contatore, ricade su di lui sia l'onere di contestare il detto malfunzionamento, che di dimostrare la reale entità dei consumi effettuati, eventualmente facendo riferimento a quelli rilevati in periodi analoghi a quello considerato, nei quali egli ha normalmente svolto la sua abituale attività; assolto tale onere allegativo e probatorio da parte dell'utente, al gestore spetterà l'onere di dimostrare il regolare funzionamento del contatore. Se, invece, l'utente contesta l'eccessiva entità dei consumi, individuandone la causa nelle attività illecite riconducibili a terzi, ricade su di lui l'onere di dimostrare che tale anomalia è imputabile esclusivamente a detta azione abusiva e che questa non sia stata agevolata dalla sua negligenza nell'adozione delle misure di controllo: in definitiva, dovrà provare che, nonostante la sua diligenza, i terzi siano riusciti ad eludere le misure di controllo, perpetrando, in suo danno, una condotta illecita (cfr. Cassazione civile, ### VI, 09/01/2020, n.297). 
Per cui, la ripetuta, ma tralaticia, affermazione secondo cui, a fronte della semplice contestazione del cliente, spetta sempre al fornitore la prova rigorosa circa il corretto funzionamento del misuratore, pur fotografando, in effetti, uno dei principi giuridici
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. dettati in materia dalla Suprema Corte, è il frutto di una lettura parziale e decontestualizzata del più complesso ragionamento giuridico posto a fondamento di una tale giurisprudenza. 
Del resto, anche di recente (cfr. Cass. ###/2021), i giudici di legittimità hanno oramai sancito il consolidamento dei suddetti principi di diritto, testualmente affermando: “Questa Corte che ha ripetutamente affermato che, in tema di somministrazione con registrazione del consumo mediante l'impiego di apparecchiature meccaniche o elettroniche, in forza del principio di vicinanza della prova, spetta all'utente contestare il malfunzionamento del contatore richiedendone la verifica — e dimostrare l'entità dei consumi effettuati nel periodo (avuto riguardo al dato statistico di consumo normalmente rilevato in precedenti agli ordinari impieghi del bene somministrato); incombe, invece, sul gestore l'onere di provare che lo strumento di misurazione regolarmente funzionante e, in questo caso, l'utente è tenuto a dimostrare che l'eccessività dei consumi è imputabile a terzi e, altresì, che l'impiego abusivo non è stato agevolato da sue condotte negligenti nell'adozione di misure di controllo idonee ad impedire altrui condotte illecite (da ultimo: ### 6 - 3, Ordinanza n. 297 del 09/01/2020, Rv. 656455 - 01). In sostanza, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante, anche se convenuto in giudizio con azione di accertamento negativo del credito, l'onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un'attenta custodia dell'impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi (### 3, Ordinanza n. 19154 del 19/07/2018, Rv. 649731 - 02; ### 6 - 3, Ordinanza n. ### del 15/12/2017, Rv. 646832 - 01; ### 3, Sentenza n. 23699 del 22/11/2016, Rv. 642982 - 01).” (cfr. Cass. ###/2021 cit.). 
Nel caso di specie, l'attore, meramente postulando il malfunzionamento del contatore dell'acqua per carenza di manutenzione, si è limitato ad addurre genericamente l'erroneità delle letture o delle misurazioni senza tuttavia specificare quali sarebbero stati i consumi effettivi, nemmeno in via presuntiva, di tutte le abitazioni facenti parte del ### sicché non sussistono elementi per ritenere inveritiere le indicazioni contenute nelle fatture oggetto di lite in ordine ai m.c. di acqua consumati dall'utenza intestata al ### attore. 
Quanto alla correttezza dei criteri utilizzati dall'amministrazione comunale nel redigere i suddetti documenti contabili, va rilevato che la tariffa dei consumi idrici risulta analiticamente indicata nelle fatture in questione, ove, nella specifica del dettaglio dei consumi addebitati, è dato leggere espressamente: “### in vigore A seguito di delibera di ### n. 85 DEL 12/03/2018 in conformità delle disposizioni vigenti”
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. #### 0 80 0,55 ### 1 81 2510 0,399 ### 2 2511 5020 0,463 ### 3 5021 7530 0,609 ### 4 7531 999999 0,661 Dalla lettura di ciascuna fattura risulta, inoltre, che la suddetta tariffa prevede un costo dei m.c. d'acqua consumati crescenti per determinate fasce di volumi complessivi e che il volume complessivo dei m.c. di acqua misurata risulta suddiviso proporzionalmente tra le diverse fasce in relazione al periodo di fatturazione indicato nel documento contabile e poi moltiplicato per il numero di utenze allacciate a quella condominiale, secondo un criterio trasparente e compiutamente indicato. Né, invero, anche rispetto ai criteri di applicazione della tariffa indicata il ricorrente ha formulato contestazioni specifiche. 
Infine, quanto alla contestazione relativa all'asserita inesistenza del servizio di depurazione, occorre muovere dalla constatazione, ancora di recente ribadita dalla Corte di Cassazione, che “mentre fino al 3 ottobre 2000, il canone o diritto di cui alla L. 10 maggio 1976, n. 319 "doveva essere considerato un tributo, conformemente al costante orientamento espresso dalle ### della Corte di legittimità", a partire da questa data, per effetto del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258, art. 24, che, nel sopprimere il D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 62, commi 5 e 6, ha fatto venire meno, per il futuro, il differimento dell'abrogazione della previgente disciplina, "si è passati all'applicazione della tariffa del servizio idrico integrato di cui alla L. 5 gennaio 1994 n. 36, art. 13 e ss.". Orbene, in rapporto "alla tariffa di fognatura e di depurazione soggetta alla innovata disciplina", questa Corte di legittimità ha affermato "che i ### non possono chiedere il pagamento dell'apposita tariffa ove non diano prova di esser forniti di impianti di depurazione delle acque reflue". Invero, "la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è divenuta, appunto, una componente della complessiva tariffa del servizio idrico integrato, configurato come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa che, per quanto determinata nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell'utente, bensì nel contratto di utenza. Sicchè, tenuto conto della declaratoria di incostituzionalità della L. 5 gennaio 1994, n. 36, art. 14, comma 1 - sia nel testo originario, sia nel testo modificato dalla L. 31 luglio 2002, n. 179, art. 28 (Disposizioni in materia ambientale) - nella parte in cui prevedeva che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione fosse dovuta dagli utenti "anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi" (v. C. Cost.  335/08), va affermato il principio secondo il quale, in caso di mancata fruizione, da parte dell'utente, del servizio di depurazione, per fatto a lui non imputabile, è irragionevole, per
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. mancanza della controprestazione, l'imposizione dell'obbligo del pagamento della quota riferita a detto servizio" (così, in motivazione, Cass. Sez. 5, sent. 18 aprile 2018, n. 9500). 
Ciò chiarito, nella specie il ### convenuto ha prodotto in atti: ### la convenzione stipulata con la ### per la determinazione e la regolazione del pagamento del corrispettivo del servizio di depurazione comprensoriale di depurazione e collettamento, attestante evidentemente l'esistenza dell'allacciamento del sistema fognario comunale al depuratore dei ### (cfr. allegato sub 2 della produzione telematica del predetto ###; ### l'attestato della ### di funzionamento del depuratore regionale (cfr. allegato sub 1bis della produzione telematica del predetto ###; ### le disposizioni di pagamento operate in favore della ### per la fruizione del servizio di depurazione (cfr. allegato sub 3 della produzione telematica del predetto ###. 
Rispetto a tali elementi oggettivi di natura documentale (peraltro, mai specificamente contestati dalla parte attrice), appaiono del tutto generiche e indeterminate (oltre che infondate) le doglianze formulate da parte ricorrente circa la asserita mancata prova dell'effettiva presenza dell'impianto di depurazione sul territorio comunale nel periodo di fatturazione e degli esborsi sostenuto dal ### convenuto per la fruizione del relativo servizio. 
Parimenti priva di pregio giuridico appare la contestazione formulata da parte attrice secondo cui anche la tariffa applicata per il servizio di depurazione non risulterebbe mai essere stata oggetto di contrattualizzazione con l'utente, né oggetto di regolamentazione. 
Ed invero, parte attrice non ha mai contestato l'esistenza del contratto di fornitura in sé (in forza del quale, del resto, risulta installato presso la propria utenza il relativo misuratore), né di aver usufruito della relativa fornitura idrica. 
Ebbene, sul punto occorre rammentare che, ai sensi dell'art. 1374 c.c., le parti sono obbligate non solo a quanto previsto in contratto, ma anche a tutto quanto stabilito dalla legge e dai regolamenti nonché dagli atti amministrativi cui la legge attribuisca il potere di statuire in materia (cfr. sul punto Cass. civ., sez. I, 29/9/2004, n. 19531 ). Da ciò deriva che il contratto di fornitura stipulato tra gestore del servizio e singolo utente finale è eterointegrato dalla normativa primaria e secondaria, nonché dagli atti regolamentari emanati in loro attuazione, che, assieme alle regole pattizie contrattualmente previste, contribuisce parimenti a sancire i diritti e gli obblighi dell'utente finale nei confronti del gestore del servizio. 
Ciò precisato, fornita da parte del convenuto ### la compiuta prova dell'effettiva esistenza e svolgimento del servizio di depurazione, l'attore non potrebbe sottrarsi dal pagamento del relativo servizio asserendo la mancata pattuizione della relativa tariffa o la mancata conoscenza degli atti amministrativi e
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. regolamentari che l'hanno determinata; ed invero, quegli atti (la cui esistenza deve pacificamente desumersi dagli stessi precisi dati numerici indicati nelle fatture prodotte a titolo di addebito del servizio di depurazione, a dimostrazione dell'effettiva esistenza della tariffa in questione) eterointegrano il contratto, a prescindere dalla espressa volontà manifestata sul punto dalle parti o della loro effettiva conoscenza o meno da parte dell'utente del servizio. 
In conclusione, quindi, la domanda di accertamento negativo del credito proposta dal ### “### dei Pini” può essere solo parzialmente accolta, dovendosi dichiarare non dovuti da parte attrice al ### di ### perché prescritti, gli importi portati dalle fatture nn. ### del 30/06/2020 (per l'intero) e ### del 11/01/2021 (limitatamente all'importo di euro 2.074,50), per complessivi euro 5.769,85 (cinquemilasettecentosessantanove/85). 
Quanto, infine, al riparto delle spese di lite tra le parti, stante l'accoglimento soltanto parziale della domanda di accertamento negativo proposta da parte attrice e, dunque, il prodursi, in parte qua, di una soccombenza reciproca parziale tra loro, sussistono i presupposti, ex art. 92, comma 2, c.p.c., per pervenire alla parziale compensazione delle dette spese tra le parti nella misura che il Tribunale ritiene congrua della metà, dovendosi porre la residua parte ad esclusivo carico dei convenuti, in solido tra loro. 
Tali spese sono liquidate, come da dispositivo, in virtù del D.M. Giustizia 55/2014 (così come modificato ad opera del D.M. Giustizia n. 147/2022, in vigore dal 23/10/2022 e applicabile, ex art. 6, D.M. cit., alle prestazioni professionali esaurite dopo tale data — come è, appunto, stato nel caso di specie — ), in relazione al valore della controversia (rientrante nello scaglione da euro 5.200,01 ad euro 26.000,00, secondo il valore del sollecito di pagamento impugnato) e all'attività concretamente esercitata dai difensori delle parti costituite (estrinsecatasi nelle fasi di studio, introduttiva, di trattazione/istruttoria e decisoria di cui al richiamato D.M., del quale andranno presi in riferimento i relativi parametri minimi, data la limitata attività processuale svolta e la non complessità delle questioni, di fatto e di diritto, dirimenti ai fini decisori, rapportata altresì al tenore delle difese svolte).  P.Q.M.  Il Tribunale Ordinario di ###, ###, in persona del G.M., Dott.  ### definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 5275/2024 R.G.A.C., avente ad oggetto: “Somministrazione”, pendente tra #### sito in #### alla via ### n. 60 — attore — e ### e SO.G.E.R.T. S.P.A. — convenuti —, ogni contraria istanza disattesa e domanda e questione assorbita, così provvede:
N. 5275/2024 R.G.A.C.  n. 5275/2024 r.g.a.c. 1. in parziale accoglimento dell'azione di accertamento negativo del credito proposta da parte attrice, e per le ragioni di cui in motivazione, accerta non dovuti, a carico della attrice e a beneficio dei resistenti, gli importi indicati nelle fatture numeri ### del 30/06/2020 (per l'intero) e ### del 11/01/2021 (limitatamente all'importo di euro 2.074,50), per complessivi euro 5.769,85 (cinquemilasettecentosessantanove/85); 2. rigetta le restanti domande dell'attore; 3. compensa tra le parti, nella misura della metà, le spese di lite relative al presente giudizio, contestualmente condannando parte convenuta, ### di ### e ###R.T. S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., al pagamento, in favore di parte attrice, ### dei ### sito in ### alla via ### n. 60, in persona dell'### p.t., della residua metà delle dette spese, che qui si liquidano (già al netto della quota compensata) in complessivi euro 1.250,00 (milleduecentocinquanta/00) per compensi professionali, oltre rimborso spese generali, nella misura del 15% sui compensi, IVA e ### se dovute, come per legge, da distrarsi in favore del procuratore costituito per la medesima parte attrice, Avv. ### per dichiarato anticipo fattone, ex art.  93 c.p.c..  ### 29/10/2025 IL GIUDICE (dott. #### di questo provvedimento è un documento informatico sottoscritto con firma digitale (artt. 1, lett. s, 21 e 24 D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82) e depositato telematicamente nel fascicolo informatico ai sensi degli artt. 15 e 35, comma 1, D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, come modificato dal D.M. 15 ottobre 2012 n. 209, e succ. mod..

causa n. 5275/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Canciello Rosario

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