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Corte d'Appello di Roma, Sentenza n. 7566/2025 del 12-12-2025

... di per sé considerato, non eccede i limiti della continenza in misura tale da legittimare l'immediata cancellazione del profilo, senza preliminarmente condurre l'adozione di misure meno invasive. Peraltro, ove l'articolo avesse recato una critica rispetto alle politiche migratorie, il contenuto sarebbe stato disciplinato dalla clausola degli standard della community che, indipendentemente dal merito delle censure mosse dall'utente, così prevede: «### inoltre rifugiati, migranti, immigrati e richiedenti asilo dagli attacchi più gravi, pur consentendo di commentare e criticare le politiche sull'immigrazione». Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento ai post del 25.3.2016 e del 29.5.2016, con i quali sono stati condivisi due articoli del periodico «### difatti, non consta che i post di ### contenessero forme di istigazione all'odio razziale, mentre la fotografia che ritrae ### è stata pubblicata quale didascalia dell'oggetto dell'articolo, di cui non è prospettato né documentato il contenuto, ma che è incentrato, da quanto appare, sulle vicende storiche degli anni del colonialismo italiano. Parimenti non si rinvengono “discorsi d'odio” nel post del (leggi tutto)...

testo integrale

 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ROMA SEZIONE QUARTA CIVILE riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati: - dott. ### - dott.ssa ### - dott.ssa ### rel.  ha pronunciato la seguente SENTENZA (artt. 352, comma 6, e 281-sexies, comma 3, c.p.c.) nella causa civile di appello iscritta al n. 106 del Ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2023 trattenuta in decisione all'udienza del 27.11.2025 e vertente TRA ### (###), in persona del legale rappresentante p.t., ### rappresentata e difesa dagli avvocati ### (###), in virtù di procura in calce all'atto d'appello, e ### (###), in virtù di procura in calce all'atto di costituzione di nuovo difensore del 25.4.2023 ### (###), rappresentato e difeso dall'avv. ### (###), in virtù di procura in calce all'atto d'appello - ### - ###, già ### (numero di registrazione 462932), società di diritto irlandese, rappresentata e difesa dagli avvocati ### (###), ### (###) e ### (###), in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta in grado d'appello, nonché dagli avvocati ### (###), ### (###) e ### (###), in virtù di atti di nomina dell'avv. ### depositati in data ### e 27.11.2025 - ### - OGGETTO: appello avverso sentenza del Tribunale di Roma n. 17909/2022 pubblicata il ### - n. 10810/2020 R.G. (disattivazione di profilo e pagina ### e risarcimento danni).  ### da verbale di udienza di discussione del 27.11.2025. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione notificato in data ### l'### di promozione sociale ### (nel prosieguo, per brevità, ### e ### dirigente nazionale dell'associazione, convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, ### (di seguito, per brevità, ###, deducendo che in data ### quest'ultima, gestore della piattaforma di social media ### anche in ### aveva disattivato senza preavviso e in mancanza dei relativi presupposti, la pagina dell'associazione ed il profilo personale di ### per violazione delle condizioni contrattuali regolanti il servizio, che vietano la pubblicazione di contenuti di carattere discriminatorio e l'elogio e il supporto a organizzazioni d'odio, e che il suddetto Tribunale, con provvedimento del 12.12.2019 (confermato in sede di reclamo il ###), aveva accolto il loro ricorso ex art. 700 c.p.c. ante causam, ordinando l'immediata riattivazione della pagina e del profilo indicati e fissando la penale ex art. 614-bis c.p.c. nella misura di € 800,00 per ogni giorno di violazione dell'ordine impartito. Rassegnavano, quindi, le seguenti conclusioni: «I) accertare e dichiarare l'illegittimità della disattivazione della pagina di ### e del profilo e della pagina di ### disposta da ### in violazione delle clausole contrattuali che disciplinano l'uso del social network ### II) accertare e dichiarare che le asserite motivazioni, dichiarazioni ed esternazioni relative alle ragioni addotte da ### per giustificare il provvedimento di disattivazione sono del tutto infondate e costituiscono fatto illecito lesivo dell'immagine e della reputazione degli attori, con conseguente loro diritto al risarcimento dei danni anche morali; III) accertare e dichiarare che ### ha privato gli attori della disponibilità dei contenuti pubblicati sulle pagine e sul profilo, nonché dei messaggi e delle conversazioni private; IV) per l'effetto, condannare ###, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla riattivazione della pagina di ### e della pagina e del profilo di ### nonché al risarcimento dei danni patiti e patiendi dagli attori, patrimoniali e/o non patrimoniali, nonché morali, da liquidarsi in via equitativa; IV) con fissazione della somma che, ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., ###, in persona del legale rappresentante pro tempore, è tenuta a corrispondere a ### in persona del legale rappresentante pro tempore, e a ### per ogni violazione o inosservanza successiva dell'ordine impartito ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento; V) in ogni caso, con condanna della convenuta al pagamento delle spese di causa. Con riserva di articolare ulteriori mezzi di prova, anche all'esito delle difese eventualmente spiegate dalla convenuta». 
Si costituì in giudizio ###, successivamente divenuta ### (d'ora innanzi solo ###, contestando la fondatezza delle domande. In particolare, sostenne: i) di avere qualificato legittimamente ### quale «organizzazione che incita all'odio ai sensi delle policy del servizio ### trattandosi di un «movimento di stampo neofascista che promuove apertamente i principi del fascismo e della ### tra cui la xenofobia e il razzismo»; ii) di avere conseguentemente disposto la rimozione degli attori dalla piattaforma, in conformità alle condizioni del servizio che vietano «contenuti volti a sostenere organizzazioni (come ### impegnate in attività di odio organizzato e nella promozione di discorsi d'odio»; iii) che dette condizioni generali di utilizzo della piattaforma ### integrano accordi di diritto privato, espressione dell'autonomia contrattuale; iv) che la misura adottata era adeguata alla gravità e alla natura dei contenuti pubblicati tramite le pagine degli attori; v) che non sussiste alcun obbligo contrattuale di informare l'utente prima della rimozione del suo profilo; vi) che, in ogni caso, non è ipotizzabile l'obbligo di ### di ripristinare le pagine rimosse a livello globale, ma al più nel territorio italiano. 
Tanto premesso, chiese, come precisato nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1), c.p.c.: «### in via principale: rigettare le domande avversarie in quanto infondate e, per l'effetto, revocare l'ordinanza emessa dal Tribunale di Roma l'11 dicembre 2019 e dichiarare che nessun pagamento a titolo di penale è dovuto agli #### sempre in via principale: accertare che ### ha legittimamente designato ### quale organizzazione d'odio ai sensi delle condizioni contrattuali e, per l'effetto, dichiarare che ### ha legittimamente rimosso, e ha diritto di rimuovere, la ### e il ### e che nessun pagamento a titolo di penale è dovuto agli #### in via subordinata: accertare che la riattivazione della ### e del ### imposta dall'Ordinanza poteva produrre effetti nel solo territorio italiano e, per l'effetto, dichiarare che nessun pagamento a titolo di penale è dovuto agli ### e ### in ogni caso: con vittoria di spese, diritti e onorari del presente grado di giudizio, oltre spese generali, cpa e iva, come per legge». 
Il giudizio fu sospeso con ordinanza ex art. 52, comma 3, c.p.c. del 6.10.2020, a seguito della presentazione dell'istanza di ricusazione del giudice da parte degli attori, e fu riassunto dopo il rigetto dell'istanza da parte del collegio competente (ordinanza dell'11.6.2021). 
Nel corso del giudizio, con ordinanza del 15.3.2022, il giudice, in parziale accoglimento dell'istanza di revoca del provvedimento d'urgenza del 12.12.2019 presentata da ### ai sensi dell'art. 669-decies c.p.c., dispose la sospensione della sola efficacia esecutiva della misura coercitiva ex art.  614-bis c.p.c. (n. 10810-1/2020 R.G.); il provvedimento fu revocato dal collegio in sede ###ordinanza dell'11.7.2022, riservate le spese al merito (n. 19441/2022 R.G.) ### presentò un nuovo ricorso per la revoca o la modifica dell'ordinanza cautelare e il relativo subprocedimento (n. 10810-2/2020 R.G.), non sospeso (al pari del giudizio di merito) a seguito di una seconda istanza di ricusazione presentata dagli attori (rigettata dal collegio con successiva ordinanza del 21.11.2022), fu trattato alla stessa udienza del 18.10.2022, allorché le parti precisarono le conclusioni nel merito; fu definito, quindi, con pronuncia di cessazione della materia del contendere, attesa l'emanazione della sentenza. 
La causa, infine, a seguito dello scambio delle memorie ex art. 190 c.p.c., fu decisa, con sentenza n. 17909/2022, nei termini di seguito riportati: «Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone: rigetta le domande proposte da parte attrice e, per l'effetto, revoca l'ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Roma, sezione specializzata in materia di imprese, l'11 dicembre 2019 e depositata il 12 dicembre 2019 nel procedimento R.G. 59264/19; dichiara le spese di lite integralmente compensate tra le parti».  2. Con atto di citazione notificato il #### e ### hanno proposto appello, articolato in otto motivi, domandando: «in via cautelare: in accoglimento dell'istanza di inibitoria formulata, voler sospendere l'efficacia esecutiva della sentenza con ripristino integrale della misura cautelare adottata con ordinanza in data ### e confermata in data ###; in via preliminare e in rito: A) in accoglimento del motivo sul difetto di terzietà e imparzialità del giudicante, dichiarare l'inesistenza ovvero la nullità della sentenza impugnata e disporre la rimessione degli atti al Tribunale di Roma per la celebrazione di un nuovo giudizio, del quale, comunque, dovranno essere valutate tutte le domande degli attori che meritano sicuro accoglimento; B) in accoglimento del motivo sulla omessa sospensione del procedimento a seguito della ricusazione del giudicante, dichiarare la nullità della sentenza impugnata e disporre la rimessione degli atti al Tribunale di Roma per la celebrazione di un nuovo giudizio, del quale, comunque, dovranno essere valutate tutte le domande degli attori che meritano sicuro accoglimento; C) in accoglimento dei motivi sulla nullità in data 18 ottobre 2022, dichiarare la nullità della sentenza impugnata e disporre la rimessione degli atti al Tribunale di Roma per la celebrazione di un nuovo giudizio, del quale, comunque, dovranno essere valutate tutte le domande degli attori che meritano sicuro accoglimento; D) in via subordinata, previa declaratoria di inesistenza ovvero nullità della sentenza impugnata, procedere alla rinnovazione degli atti nulli e alla rinnovazione della fase istruttoria (con acquisizione delle prove richieste nello specifico motivo di appello o, quantomeno, dell'ispezione della pagina e del profilo e acquisizione di una nuova nota informativa presso il Ministero ove ritenuta necessaria) e, all'esito, accogliere le domande degli attori/appellanti; E) in ogni caso, dichiarare il difetto di legittimazione di ###; nel merito: F) previa rinnovazione e degli atti nulli compiuti in primo grado, riformare la sentenza impugnata e per l'effetto: I) accertare e dichiarare della disattivazione della pagina di ### e del profilo e della pagina di ### disposta da ###/### in violazione delle clausole contrattuali che disciplinano del social network ### II) accertare e dichiarare che le asserite motivazioni, dichiarazioni ed esternazioni relative alle ragioni addotte da ###/### per giustificare il provvedimento di disattivazione sono del tutto infondate e costituiscono fatto illecito lesivo dell'immagine e della reputazione degli attori, con conseguente loro diritto al risarcimento dei danni anche morali; III) accertare e dichiarare che ###/### ha privato gli attori della disponibilità dei contenuti pubblicati sulle pagine e sul profilo, nonchè dei messaggi e delle conversazioni private; IV) per l'effetto, condannare ###/###, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla riattivazione della pagina di ### e della pagina e del profilo di ### nonché al risarcimento dei danni patiti e patiendi dagli attori, patrimoniali e/o non patrimoniali, nonché morali, da liquidarsi in via equitativa; V) con fissazione della somma che, ai sensi 614-bis c.p.c., ###/###, in persona del legale rappresentante pro tempore, è tenuta a corrispondere a ### in persona del legale rappresentante pro tempore, e a ### per ogni violazione o inosservanza successiva all'ordine impartito ovvero per ogni ritardo del provvedimento; G) in ogni caso, condannare la convenuta al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio, ivi comprese quelle relative ai procedimenti cautelari di revoca e modifica della misura cautelare».  3. Si è costituita ### che ha chiesto di dichiarare inammissibile o rigettare l'istanza ex art. 283 c.p.c.; in via preliminare, ha eccepito l'inammissibilità dell'appello per mancato rispetto dei criteri di sinteticità, chiarezza e specificità, rilevando che l'appello, composto da 112 pagine, sarebbe «estremamente ridondante e inutilmente concentrato su motivi in rito che sono stati già ripetutamente respinti»; nel merito, ha contestato la fondatezza dell'appello, instando per il suo rigetto.  4. Alla prima udienza la Corte ha dichiarato inammissibile l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata ex art. 283 c.p.c. 
Con decreto del 19.3.2025, in accoglimento della richiesta degli appellanti, è stata anticipata l'udienza per la precisazione delle conclusioni. All'udienza del 27.11.2025 la Corte, fatte precisare le conclusioni e, sentite le parti, ha invitato queste ultime a discutere oralmente la causa, ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. 
Al termine della discussione, la Corte ha deciso ai sensi del comma 3 della citata disposizione (comma aggiunto dall'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022 e reso applicabile ai procedimenti già pendenti alla data del 28.2.2023 dall'art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 164/2024), a tenore del quale, il giudice, terminata la discussione, se non provvede ai sensi del primo comma, deposita la sentenza nei successivi trenta giorni.  5. Si osserva, in via generale, che l'atto di appello contiene un'introduzione sullo svolgimento del processo e delle «procedure collaterali» (pp. 1-11), una sintesi della materia del contendere e dei diritti e principi rilevanti (pp.  11-14) e un'ampia e generale descrizione della sentenza impugnata, della sua struttura e dei molteplici profili di invalidità (pp. 14-23). Sviluppa poi i motivi di impugnazione: il primo attiene alla violazione del principio fondamentale della terzietà e imparzialità del giudice (pp. 23-38), cinque riguardano il rito e, segnatamente, violazioni delle regole processuali e conseguente lesione del diritto di difesa e del contradditorio (pp. 38-62), il sesto è relativo alla carenza di legittimazione processuale di ### (pp. 63- 66) e l'ultimo si riferisce al merito delle domande proposte (pp. 66-104).  6. Più specificamente, con il primo motivo si lamenta la «violazione del diritto a un giudice terzo e imparziale e […] la conseguente inesistenza ovvero nullità della sentenza». Gli appellanti, dopo avere richiamato i principi costituzionali e sovranazionali in relazione alla terzietà e imparzialità del giudice, deducono che nel caso di specie il giudice di primo grado dott.ssa ### sin dall'inizio, «non appariva e né, soprattutto, era terzo ed imparziale» (v. atto di appello, p. 27); ciò nonostante quanto affermato nelle ordinanze collegiali che avevano respinto le loro istanze di ricusazione. La dott.ssa ### invero, secondo la loro prospettazione, non solo apparteneva alla corrente della magistratura «### ma era una vera e propria militante e dirigente di tale corrente; corrente che, attraverso il suo periodico ufficiale (del cui comitato di redazione faceva parte la dott.ssa ###, aveva già auspicato che, all'esito del giudizio di merito, fosse revocato il provvedimento cautelare ante causam con cui ### era stata condannata alla riattivazione degli account rimossi. 
Lo stesso giudice poi, nell'ambito di analogo procedimento incardinato da altri attivisti di ### avrebbe già qualificato l'associazione come organizzazione d'odio, così anticipando il proprio convincimento circa un aspetto nodale ai fini del decidere, e avrebbe espresso lo stesso giudizio nell'ordinanza di parziale accoglimento del ricorso presentato da ### per la sospensione dell'efficacia esecutiva della penale fissata nell'ordinanza cautelare. 
Ne discenderebbe l'illegittimità dei provvedimenti in data ### e 21.11.2022, con i quali il Collegio per la trattazione dei ricorsi in materia di ricusazione del Tribunale di Roma, aveva rigettato entrambi i ricorsi depositati da ### ai sensi dell'art. 52 c.p.c. e la conseguente inesistenza o comunque nullità della sentenza gravata, ciò implicando la necessità di rimettere la causa al Tribunale di Roma e celebrare nuovamente il primo grado, affinché la causa sia istruita e decisa da un giudice terzo e imparziale.  7. Con il secondo motivo si eccepisce la nullità dell'ordinanza del 14.11.2022, con cui il giudice di primo grado, nel rilevare la manifesta inammissibilità dell'istanza di ricusazione formulata dagli attori il ###, ha ritenuto di non sospendere il giudizio ai sensi dell'art. 52, comma 3, c.p.c.; ciò sul presupposto della sovrapponibilità delle motivazioni contenute nell'istanza rispetto a quelle già addotte a fondamento del precedente ricorso del 5.10.2020, già rigettato. 
Deducono gli appellanti che, al contrario, la seconda istanza di ricusazione proposta da ### si basava sul contenuto dell'ordinanza del 15.3.2022, con cui il giudice avrebbe anticipato il proprio giudizio sulla materia del contendere e, dunque, «su un fatto tanto nuovo quanto significativo» (v. atto di appello, p. 39); a conferma di ciò, evidenziano che il ricorso non fu dichiarato inammissibile da parte del competente Collegio, ma fu rigettato per ragioni di merito sul presupposto della novità delle motivazioni ivi addotte. 
Ne discenderebbe la nullità di tutti gli atti processuali compiuti successivamente alla citata ordinanza del 14.11.2022, ivi compresa la sentenza impugnata, con conseguente necessità di disporre la «regressione del procedimento alla fase in cui le infrazioni della legge processuale sono state compiute» (v.  atto di appello, p. 41). 8. Con il terzo motivo si censura la «nullità dell'udienza in data 18 ottobre 2022 e [..] la conseguente nullità dei provvedimenti assunti», per avere il giudice di prime cure disposto la trattazione in presenza della causa, nonostante, con ordinanza del 15.3.2022, fosse stato disposto che l'udienza si svolgesse in forma cartolare, così violando l'art. 221, comma 4, d.l. n. 34/2020, che tale facoltà non attribuisce al giudice. 
Si soggiunge che la revoca dell'ordinanza del 15.3.2022 sarebbe intervenuta senza previo avviso ai procuratori, in occasione dell'udienza di trattazione del subprocedimento cautelare incardinato da ### ciò costringendo i procuratori che avevano presenziato per la trattazione di diverse questioni a discutere, in detto frangente, anche il merito della causa. 
Detta violazione sarebbe stata puntualmente eccepita in udienza, impedendo «qualsiasi sanatoria o preclusione alla deduzione del vizio» (v. atto di appello, p. 45). 
Ne discenderebbe la nullità dell'udienza del 18.10.2022 e di tutti gli atti compiuti successivamente, ivi compresa la sentenza impugnata, che avrebbe inciso negativamente sull'esercizio del contraddittorio e del diritto di difesa, con conseguente regressione del procedimento alla fase in cui l'atto nullo è stato compiuto.  9. Con il quarto motivo si lamenta la «nullità dell'ordinanza in data 18 ottobre 2022 nella parte in cui omette di fissare udienza di precisazione delle conclusioni». 
Gli appellanti contestano la decisione del giudice di trattenere in decisione la causa, nonostante difettasse il presupposto indicato dall'art. 187 c.p.c., anziché, come avrebbe dovuto, «riservare la decisione sulle istanze istruttorie, sciogliere la riserva e, ove avesse ritenuto matura la causa per la decisione, fissare udienza di precisazione delle conclusioni» (v. atto di appello, p. 46).  10. Con il quinto motivo gli appellanti deducono la «nullità dell'ordinanza in data 18 ottobre 2022 nella parte in cui omette di pronunciarsi sulle istanze ed eccezioni degli attori e, in particolare, sulle richieste di prova». 
Osservano, in particolare, che, prima di trattenere la causa in decisione, il giudice di primo grado avrebbe anche dovuto ammettere e assumere le prove decisive, in quanto necessario «sia per consentire agli attori di conoscere il materiale probatorio sul quale fondare gli argomenti da sviluppare negli scritti difensivi, sia per consentire di reiterare le richieste di prova respinte» (v. atto di appello, p. 51). 
Tale omissione non sarebbe stata sanata dalla sentenza, nella quale, infatti, non sarebbero indicate le ragioni del mancato accoglimento delle istanze istruttorie formulate dagli attori né trattate le eccezioni e contestazioni sollevate da questi ultimi. 
Di qui la necessità di dichiarare l'inammissibilità delle produzioni documentali effettuate dalla convenuta con la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. e del «video di ### […] utilizzato ai fini del decidere nonostante fosse stata puntualmente eccepita la gravissima scorrettezza compiuta da controparte», nonché di ammettere l'ispezione, già richiesta nella seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., ritenuta indispensabile per «accertare, nel contraddittorio tra le parti, le modalità di utilizzazione del social network da parte degli attori» e di «verificare come realmente, attraverso il tempo, siano stati utilizzati pagina e profilo, di prendere visione dei contenuti pubblicati e saggiare la frequenza con la quale quelli ritenuti contrari alle regole contrattuali siano apparsi; cruciale, dunque, anche per verificare la gravità dell'inadempimento asseritamente compiuto dagli attori e la proporzionalità della sanzione adottata dalla convenuta» (v. atto di appello, p. 54). 
Ne discenderebbe la necessaria restituzione degli atti al Tribunale, ovvero, in via subordinata, l'accoglimento dell'istanza di ispezione da parte della Corte d'appello.  11. Con il sesto motivo si eccepisce la «nullità dell'ordinanza in data 18 ottobre 2022 nella parte in cui abbrevia i termini per il deposito delle comparse conclusionali». 
Deducono gli appellanti che la mole e la complessità delle questioni trattate non consentivano alcuna abbreviazione e che il provvedimento indicato, illegittimo per carenza di motivazione, avrebbe gravemente vulnerato il diritto di difesa degli attori; difettando «esigenze di economia processuale meritevoli di tutela», il giudice avrebbe dapprima potuto adottare il provvedimento cautelare invocato da ### e, poi, decidere il merito della causa (v. atto di appello, p. 57).  12. Con il settimo motivo gli appellanti contestano la statuizione di rigetto dell'eccezione di difetto di legittimazione di ### disattesa sul rilievo che dalla documentazione prodotta risultava un mero cambio di denominazione, intervenuto nelle more del giudizio, da ### a ### Assumono gli appellanti che l'eccezione dai medesimi sollevata non riguardava in realtà il cambio di denominazione, avendo essi chiesto di «verificare se esso non fosse piuttosto parte di una complessa operazione societaria», come desumibile dai documenti prodotti nei quali si fa riferimento a modifiche dello statuto, «ossia a eventi che configurano metamorfosi più consistenti». A tale fine sarebbe stato indispensabile acquisire il verbale di assemblea ovvero la delibera assembleare che ha determinato il cambio di società; produzione che, allo stato, sarebbe preclusa, dovendosi conseguentemente negare la legittimazione ad agire di ### dal che discenderebbe l'inammissibilità delle sue richieste di prova, delle eccezioni da questa sollevate e delle conclusioni da essa formulate (v. atto di appello, pp. 63 e 64); 13. Con l'ottavo motivo (attinente al merito) gli appellanti lamentano «i vizi della sentenza nella parte in cui esamina i contenuti pubblicati dagli attori», contestando l'erronea valutazione, da parte del giudice di primo grado, dei contenuti multimediali prodotti da ### dai quali non sarebbe stato possibile desumere che ### sia un'organizzazione d'odio, secondo le condizioni generali di contratto di ### Si deduce, segnatamente, che: i) il primo post indicato nella sentenza (v. p.  27), riguardante la pubblicazione di un articolo apparso sul periodico ### non avrebbe avuto alcun significato apologetico.  ### ritraente ### venne pubblicata per scopi didascalici, a illustrazione dell'interpretazione scientifica di avvenimenti storici offerta nell'articolo, peraltro a firma di un accademico; ii) l'articolo pubblicato il 29 maggio 2016, titolato «perché nel 2016 ha ### senso definirsi ### conteneva un'analisi priva di affermazioni apologetiche; iii) anche la locandina che pubblicizzava il convegno con il professor ### era priva di valenza apologetica, atteso che l'immagine di ### ivi contenuta era preordinata a illustrare l'oggetto dell'evento culturale, mentre il titolo «Il fascino del fascismo» corrispondeva al titolo del libro in quell'occasione presentato dal professore; iv) secondo la giurisprudenza della S.C., la commemorazione di defunti non ha rilevanza penale, con la conseguenza che i relativi post con cui si dava avviso delle relative manifestazioni sarebbero privi di rilevanza; v) gli articoli riguardanti l'assegnazione delle case popolari a cittadini di etnia “Rom” si riferiscono a episodi di cronaca e non provano che ### avesse fatto affermazioni di carattere discriminatorio; vi) i contenuti richiamati nella sentenza non dimostrerebbero alcun sostegno di ### alla formazione greca ### atteso che i post dove detto movimento viene menzionato avrebbero costituito «espressione di solidarietà per un brutale assassinio del quale erano rimasti vittime due giovanissimi militanti del movimento […] oggetto di ferma condanna da parte di tutte le forze politiche e del governo greco» (v. atto di appello, p. 72); vii) dai contenuti riguardanti la commemorazione dei caduti della ### presso il ### di ### non emergerebbe alcun intento apologetico; viii) sarebbe stato travisato il post sulla conferenza in tema di “Afrikaner”, dal momento che la locandina dell'evento non reca alcun riferimento «al movimento suprematista di matrice nazionalista o, peggio, neonazista di resistenza ### (v. sentenza, p. 73), riferendosi, piuttosto, agli ### quale «gruppo etnico presente in ### (ma anche in ### e altri ### africani) relativo alle popolazioni di origine europea (principalmente olandesi) che si stanziarono in ### a partire dal ### secolo» (v.  atto di appello, p. 73), le cui vicende erano state peraltro attenzionate dalle istituzioni europee; ix) anche i contenuti riguardanti la commemorazione di ### dei militari della R.S.I. caduti nell'eccidio nel ### dei 46 marinai caduti nell'eccidio di ### e di ### (### al ### della ### guerra mondiale che «si era prodigato per salvare gli ebrei dalla deportazione») avevano finalità commemorative e non apologetiche. 
Con specifico riferimento alla posizione di ### si aggiunge che il primo giudice avrebbe «indicato un solo contenuto che, peraltro, costituisce condivisione di un articolo di cronaca che esaminava i dati e del Ministero sui responsabili delle violenze sessuali», anch'esso privo di valenza discriminatoria (v. atto di appello, p. 74). 
Infine, si censura la sentenza di primo grado nella parte in cui sono elencate una serie di condotte, risultanti da articoli di giornale prodotti da ### di cui si sarebbero resi responsabili militanti di ### Sul punto, si eccepisce che ### non può rispondere di comportamenti compiuti da terzi soggetti e che il giudice di primo grado avrebbe «ignorato le specifiche contestazioni e le repliche degli attori secondo le quali le inchieste giudiziarie - che comunque riguardavano fatti del tutto isolati e non riconducibili alle “politiche” della ### - non avevano ancora superato il vaglio di primo grado» (v. atto di appello, p. 75). 
Quanto alle dichiarazioni rilasciate da appartenenti alla ### e in particolare dal vicepresidente ### gli appellanti soggiungono che si tratterebbe di «espressioni rilasciate a titolo personale, che consentono di apprezzare la differenza tra le modalità della “pagina” in questione e quella di altri esponenti (che, peraltro, erano stati destinatari di specifiche sanzioni da parte della convenuta)» (v. atto di appello, p.76). 
Gli appellanti rilevano altresì che il giudice di prime cure avrebbe travisato e decontestualizzato lo stralcio del sito internet di ### citato nella sentenza, dove si dà atto degli scopi politici dell'associazione, omettendo di richiamare anche «lo ### della ### nella quale i principi ispiratori sono compiutamente descritti e sono perfettamente coerenti con i principi del nostro ordinamento» (v. atto di appello, p. 76). 
Il giudice, inoltre, avrebbe valutato erroneamente anche la «### sull'attività delle forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata», allegata da ### (e consultabile al link richiamato a pagina 25 della comparsa di costituzione e risposta del primo grado), omettendo di coordinare tale documento con una coeva nota del Ministero riguardante ### (doc. 12) allegata dagli appellanti, che confermerebbe la legittimità dell'operato dell'associazione. 
Infine, con riguardo alla responsabilità di ### per i commenti ai propri post, gli appellanti lamentano che il giudice di prime cure non avrebbe tenuto conto delle contestazioni formulate circa la loro effettiva riferibilità alla pagina dell'associazione («perché le fotografie non consentono di accertare il loro collegamento tra il contenuto pubblicato dalla ### v. atto di appello, p. 100); ### inoltre, avrebbe potuto rispondere per i commenti di altri utenti, al più, a titolo di omesso controllo, il che non avrebbe potuto condurre alla disattivazione della propria pagina. In via conclusiva, gli appellanti deducono che la corretta valutazione delle prove acquisite nel corso del giudizio avrebbe dovuto condurre il giudice di prime cure a escludere che ### avesse violato il regolamento contrattuale, promuovendo iniziative di matrice discriminatoria o razzista o apologetiche del fascismo; il materiale probatorio avrebbe consentito, di contro, di accertare che ### è un'associazione dedita alle attività di carattere sociale, culturale e politico, come provato: dalla nota del Ministero dell'interno dell'11.4.2015 (doc. 12 fasc. primo grado appellanti); dalla propria partecipazione a numerose competizioni elettorali, peraltro con significativi risultati; dall'organizzazione di molteplici eventi culturali con la partecipazione di soggetti pubblici di differente orientamento politico, ciò dimostrando un metodo di azione rispettoso dei principi costituzionali. 
Aggiungono che, in ogni caso, il negozio disciplinante il rapporto tra ### e gli utenti di ### non potrebbe essere interpretato nel senso di consentire alla prima di disattivare in modo arbitrario le pagine e i profili dei secondi, sul rilievo di condotte giuridicamente lecite (ancorché espressione di un diverso modo di intendere la politica, la società e la cultura), ostando a una simile esegesi i principi costituzionali che tutelano la libertà di manifestazione del pensiero. 
Infine, anche a voler ammettere la non rispondenza dei contenuti pubblicati sulle pagine degli appellanti alle politiche del gestore del social network, la misura adottata da ### risulterebbe comunque sproporzionata, dal momento che quest'ultima, prima di rimuovere pagina e profilo degli appellanti, avrebbe dovuto quantomeno invitarli a rimuovere spontaneamente i contenuti che presentavano criticità; solo nel caso di persistente violazione, avrebbe potuto provvedere alla cancellazione dei contenuti contestati o, perdurando gravissime violazioni, alla rimozione della pagina di ### e del profilo personale di #### rimozione delle pagine e del profilo degli appellanti avrebbe cagionato un danno, concretatosi, quanto a ### anche nella “perdita” delle conversazioni personali intrattenute tramite la piattaforma, con conseguente diritto a ottenere la condanna dell'appellata al risarcimento dei danni patiti, secondo i parametri indicati nell'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, coerenti con i costanti principi giurisprudenziali.  14. ### di trattare i motivi di gravame, va valutata l'eccezione sollevata da ### di inammissibilità dell'atto di appello per violazione dei principi di sinteticità, chiarezza e specificità, che si rivela infondata.  ###, sebbene sia redatto in alcune parti in forma non sintetica e contenga giudizi sui provvedimenti adottati dal giudice di primo grado che esulano dall'impugnazione, in quanto ad essa non strettamente inerenti, è rispettoso, nel complesso e tranne per alcuni peculiari aspetti di cui si dirà in seguito, del requisito di specificità previsto dall'art. 342 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis, successivo alla modifica introdotta dall'art. 54 d.l. n. 83/2012, conv. nella l. n. 134/2012, e precedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022), in quanto contiene una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuta e contrasta le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado (cfr. Cass. S.U. n. ###/2022; Cass. S.U. n. 27199/2017).  ### consente, invero, di comprendere in modo agevole natura, portata e senso delle doglianze proposte, che contengono una critica, adeguata e specifica, delle ragioni della decisione impugnata, sì da permettere al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, con riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. 17709/2023; Cass. n. 20123/2022). 
La parziale violazione del principio di sinteticità (codificato nell'art. 121 c.p.c. dalla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022, per i giudizi introdotti dopo il ###, senza prevedere comunque sanzioni processuali per la sua inosservanza) resta dunque priva di conseguenze, essendo comunque l'appello rispettoso delle indicazioni di cui all'art. 342 c.p.c.  15. Passando all'esame dei motivi di appello, si deve decidere innanzitutto il settimo, stante la priorità logica-giuridica della questione attinente alla legittimazione (ad agire e contraddire e processuale) di ### Il motivo è privo di pregio. 
Si condividono del tutto le ampie e complete argomentazioni svolte dal primo giudice per rigettare l'eccezione in oggetto, in quanto fondate su un'attenta lettura della documentazione prodotta e sulla corretta applicazione dei principi giurisprudenziali sul cambio di denominazione. In particolare, si legge nella sentenza, a p. 4: «Deve rigettarsi l'eccezione di carenza di legittimazione passiva ### in quanto rispetto a ### si tratta del medesimo soggetto giuridico che ha cambiato denominazione sociale (v.  documento 110 allegato alla seconda memoria ex art 183 comma 6 c.p.c. depositata da parte convenuta). Vi è prova del cambio di denominazione sociale iscritto nel registro delle imprese, risulta che la delibera sia stata adottata dal socio unico ed è stata anche depositata la certificazione del conservatore in tal senso. Si tratta di documentazione (corredata di traduzione giurata e di affidavit in ordine alla legislazione irlandese in merito) idonea a fornire piena prova della modifica della denominazione sociale (si veda delibera di assemblea straordinaria e certificato di cambio di denominazione doc nn 7 e 8 fascicolo del reclamo I parte depositato con la 2 memoria ex art 183 comma 6 doc 109 e cfr. sentenza della ### nella causa C-319/20, emessa il 28 aprile 2022, par. 2, doc 111 di parte convenuta). La convenuta è una società di diritto irlandese, ma si tratta di un principio presente anche nel nostro ordinamento quello secondo il quale la mera modifica della denominazione sociale non è idonea a modificare la soggettività giuridica dell'ente, dove nemmeno la trasformazione della società (che non è il caso di specie essendo mutata solo la denominazione sociale) da luogo a una vicenda estintiva e l'ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell'ente che ha effettuato la trasformazione (art 2498 c.c.).» A fronte di tali considerazioni e delle numerose pronunce depositate da entrambe le parti, che individuano in ### il soggetto titolare del rapporto controverso, in quanto nuova denominazione di ###, avente il medesimo numero di registrazione (462932), reputa la Corte che non occorra verificare - come richiesto dagli appellanti, senza precisarne specificamente le ragioni - se il cambio di denominazione, che pacificamente non altera l'identità giuridica del soggetto, sia avvenuto nell'ambito di una più complessa operazione societaria, sì da escludere che sia indispensabile produrre il verbale dell'assemblea nel corso della quale è stato deliberato tale cambio.  16. Passando ai primi sei motivi di appello, rileva innanzitutto la Corte che nessuno dei vizi della sentenza di primo grado denunciati rientra tra quelli, aventi carattere tassativo, che, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., determinerebbero, ove accolti, la regressione del processo al grado precedente. 
Ciò posto, i motivi vanno respinti, condividendosi le argomentazioni poste dal primo giudice alla base delle statuizioni di rigetto delle relative eccezioni.  16.1. In ordine al primo, gli appellanti si limitano a riproporre gli argomenti posti a fondamento delle due istanze di ricusazione, rigettate dal competente Collegio istituito presso il Tribunale di Roma con le ordinanze datate 11.6.2021 e 21.11.2022 (v. atto di appello, docc. B e C), senza svolgere critiche adeguate e specifiche su di esse. 
In particolare, il contenuto di tali ordinanze (non impugnabili ex art. 53, comma 2, c.p.c.) - suscettibile di essere riesaminato nel corso dello stesso processo attraverso il controllo sulla pronuncia resa dal (o col concorso del) iudex suspectus, stante il principio secondo cui l'eventuale vizio causato dall'incompatibilità del giudice invano ricusato si converte in motivo di nullità dell'attività spiegata dal giudice stesso e, quindi, di gravame della sentenza da lui emessa (Cass. n. 19209/2009; Cass. n. 15780/2006) - non è affatto superato dalle considerazioni sviluppate nell'atto di appello, che si fondano su una prospettazione e un'interpretazione dei fatti del tutto personale, già valutate e respinte nelle citate ordinanze, con ampie e puntuali argomentazioni, del tutto condivisibili.  16.2. Analoghe considerazioni valgono per il secondo motivo, con il quale si critica, nella sostanza, il mancato riconoscimento dei presupposti per accogliere il secondo ricorso di ricusazione e la decisione del giudice di non sospendere il giudizio, come consentito alla luce dei pacifici principi della S.C. richiamati nella sentenza, secondo cui la sola proposizione del ricorso non sospende automaticamente il processo, spettando al giudice ricusato una sommaria delibazione della sua ammissibilità e la decisione conseguente di prosecuzione o di rimessione (pp. 1 e 2). Si aggiunga che il rigetto del ricorso per la ricusazione (ordinanza del 21.11.2022) priva di interesse gli appellanti a sollevare ogni questione sulla mancata sospensione del processo.  16.3. In relazione all'udienza del 18.10.2022 (oggetto del terzo motivo) è sufficiente rilevare - come già fatto dal giudice di prime cure (v. sentenza.  p. 2) - che la trattazione orale della causa nel merito, dopo che le parti avevano potuto depositare anche le note scritte, non ha creato alcun pregiudizio al diritto di difesa e alla garanzia del contraddittorio, maggiormente tutelati proprio dalla trattazione in presenza, che costituisce tuttora la regola (art. 127 c.p.c.).  16.4. Il quarto motivo è inammissibile per violazione dell'art. 342 c.p.c., in quanto non si confronta affatto con la motivazione della sentenza impugnata, secondo cui la fissazione di un'apposita udienza per la precisazione delle conclusioni non è prevista da nessuna norma ed è in linea con il costante orientamento della S.C., espresso nelle numerose pronunce citate (v. sentenza, pp. 2 e 3).  16.5. In ordine al rigetto delle istanze istruttorie, implicito nel provvedimento che, ritenuta la causa matura per la decisione, ha invitato le parti alla precisazione delle conclusioni (quarto motivo di appello), si osserva che la sentenza contiene una puntuale motivazione sulla mancata ammissione della prova testimoniale e la richiesta di ispezione (v. sentenza, pp. 3 e 4). 
Si reputa corretta tale decisione, non apparendo le prove richieste (prova per testi e ispezione) decisive e rilevanti, anche per quanto si dirà appresso sul merito della causa.  16.6. Inammissibile perché aspecifica va dichiarata, invece, la doglianza riguardante il provvedimento con il quale il giudice ha abbreviato i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali (quinto motivo di appello), tenuto conto che - come si legge nella sentenza (p. 3) - la facoltà di abbreviazione è prevista espressamente dall'art. 190, comma 2, c.p.c., senza richiedere specifici presupposti né una specifica motivazione; tanto più che nella specie il giudice, come scritto, ha valutato anche le esigenze di economia processuale determinate dalla presentazione, ad opera di ### di un secondo ricorso per la revoca e la modifica dell'ordinanza cautelare, ai sensi dell'art. 669-decies c.p.c. (v. sentenza, p. 3). 17. Va esaminato quindi l'ottavo motivo, relativo al merito della decisione, che merita accoglimento.  17.1. Occorre anzitutto evidenziare che, come affermato anche nella sentenza di primo grado, il rapporto tra il gestore e gli utenti della piattaforma trae origine da un contratto di diritto privato, che s'instaura mediante l'adesione dei secondi alle condizioni generali predisposte dal primo, in forza delle quali agli utenti vengono forniti prodotti e servizi digitali o telematici. 
Così ricostruita la fattispecie contrattuale, deve ritenersi che, a fronte dell'allegazione che l'esclusione dell'utente è avvenuta in violazione delle obbligazioni assunte dal gestore del social network con il perfezionamento del contratto, è onere di quest'ultimo, sulla base dei generali criteri di riparto dell'onere della prova, dimostrare la sussistenza di fatti riconducibili a quelli contrattualmente previsti quali presupposti del recesso. 
Nella specie, inoltre, il recesso è stato esercitato sulla base della dedotta inosservanza dell'obbligo negoziale di astenersi dalla pubblicazione di contenuti o dall'assumere posizioni ideologiche non conformi al regolamento contrattuale; con la conseguenza che l'onere di provare le ragioni del recesso incombe su ### anche in virtù dei generali principi espressi sul punto dalla S.C., secondo cui, quando si tratta di far valere l'inadempimento di una obbligazione negativa, la prova dell'inadempimento medesimo è sempre a carico del creditore (Cass. S.U. n. 13533/2001; conf. 
Cass. n. 15847/2015; Cass. n. 22244/2022; Cass. n. 17915/2024). 17.2. Ciò premesso, ritiene la Corte che le prove acquisite non consentano di affermare la sussistenza dei presupposti che, ai sensi delle condizioni d'uso della piattaforma e degli standard della community (docc. 6 e 7 fasc.  primo grado appellanti; docc. 1 e 2 fasc. primo grado ###, legittimano il gestore alla rimozione della pagina e del profilo di ### e di ### per quanto detto, di un contratto di diritto privato, occorre muovere dall'analisi delle clausole negoziali che regolano i rapporti tra gli utenti e il gestore della piattaforma, riportate ampiamente nella sentenza impugnata (pp. 23-26) e che si richiamano per quanto di rilievo ai fini della presente decisione.  ###. 2.1. delle condizioni d'uso, applicabili ratione temporis, stabilisce che «### non può usare i Prodotti per adottare condotte o condividere contenuti: contrari alle condizioni, agli standard della community e ad altre condizioni e normative applicabili all'uso di ### da parte dell'utente; contrari alla legge, ingannevoli, discriminatori o fraudolenti; contrario o in violazione dei diritti di altri utenti, compresi i loro diritti di proprietà intellettuale».  ###. 4.2. delle condizioni d'uso prevede che ### può «sospendere o disabilitare in modo permanente l'accesso dell'utente al suo account» nel caso in cui stabilisca che «l'utente abbia violato chiaramente, seriamente o reiteratamente le proprie condizioni o normative, fra cui in particolare gli ### della community». I richiamati standard della community integrano le citate condizioni generali di servizio, descrivendo in modo puntuale il tipo di contenuti che gli utenti devono astenersi dal pubblicare e le associazioni che non possono operare sulla piattaforma. 
Segnatamente, non sono ammessi contenuti riferibili a «organizzazioni o persone che proclamano missioni violente o che commettono azioni violente» o a «organizzazioni di odio», per tali intendendosi le associazioni composte da almeno tre persone che, organizzate con un nome, un segno o simbolo, portano «avanti un'ideologia, dichiarazioni o azioni fisiche contro individui in base a caratteristiche come razza, affiliazione religiosa, nazionalità, disabilità, etnia, genere, sesso, orientamento sessuale o malattie gravi». 
Gli standard della community consentono, indipendentemente dal loro effettivo comportamento, la rimozione dei soggetti che si rifanno a «ideologie e credenze intrinsecamente legate alla violenza e ai tentativi di organizzare le persone ricorrendo a incitamenti alla violenza o all'esclusione di altri individui in base alle caratteristiche protette di questi ultimi», quali il «nazismo; supremazia bianca; nazionalismo bianco; separatismo bianco». 
È consentita, inoltre, la disattivazione dell'account «per incitamento all'odio» se l'utente adotti «ripetutamente un comportamento o una retorica di incitamento all'odio»; ciò anche quando l'utente non abbia commesso o sostenuto esplicitamente atti di violenza. ### all'odio viene ulteriormente definito come «un attacco diretto rivolto alle persone (piuttosto che a concetti o istituzioni) sulla base di quelle che chiamiamo caratteristiche protette: razza, etnia, nazionalità, disabilità, affiliazione religiosa, casta, orientamento sessuale, sesso, identità di genere e malattie gravi». 
Le citate previsioni negoziali, dunque, proibiscono l'incitamento all'odio o alla violenza e la presenza sulla piattaforma di soggetti che si rifacciano a ideologie che presuppongono il compimento di simili attività. Esse risultano, pertanto, coerenti con il generale divieto di compiere “discorsi d'odio” affermatosi nel quadro normativo e giurisprudenziale nazionale e sovranazionale, diffusamente richiamato nella sentenza di primo grado (pp.  10-17). 
Ne consegue, da un lato, la validità delle richiamate previsioni, che operano un bilanciamento tra il diritto di manifestare liberamente il pensiero (art. 21 Cost.) e i principi di uguaglianza e pari dignità degli individui (art. 3 Cost.) e, dall'altro, l'esigenza di interpretare le menzionate previsioni negoziali in modo da non operare un irragionevole sacrificio degli uni o degli altri, se del caso attuando misure proporzionate alla gravità e alla durata delle violazioni. 
Proprio al fine di operare l'anzidetto contemperamento, gli standard della community precisano che i «discorsi che potrebbero altrimenti violare i nostri standard possono essere usati in modo autoreferenziale o per rafforzare una causa», nel qual caso, qualora sia incerto l'effettivo proposito dell'utente, è prevista la possibilità di rimuovere il contenuto (e non anche l'utente). Per analoghe ragioni, è espressamente sancita la libertà dell'utente «di commentare e criticare le politiche sull'immigrazione». 
Inoltre, per garantire la proporzionalità della misura adottata rispetto all'interesse a poter esprimere il proprio pensiero sulla piattaforma, gli standard della community e le condizioni d'uso prevedono misure sanzionatorie di crescente gravità, quali la rimozione del contenuto, la sospensione dell'account e la rimozione dell'account. Segnatamente, l'art.  3.2.3. delle condizioni d'uso prevede la possibilità per ### di rimuovere o bloccare i contenuti che violano (tra l'altro) gli standard della community, mentre nell'art. 4.2. è scritto che «in caso ### stabilisca che l'utente abbia violato chiaramente, seriamente o reiteratamente le proprie condizioni o normative, fra cui in particolare gli ### della community, ### potrebbe sospendere o disabilitare in modo permanente l'accesso dell'utente al suo account». 
Dalle considerazioni che precedono discende che, essendo preclusa l'irragionevole compressione negoziale di diritti costituzionalmente garantiti e dovendo il contratto essere interpretato conformemente ai canoni di correttezza e buona fede (art. 1366 c.c.), le condizioni generali del servizio vanno interpretate nel senso che ### deve adottare le sanzioni previste dal contratto in maniera gradata, conformemente ai principi di proporzionalità e ragionevolezza.  17.3. Tanto premesso sul quadro negoziale entro il quale si colloca la controversia, reputa la Corte che i contenuti direttamente riferibili agli odierni appellanti non consentissero la disattivazione dei loro account, non essendo rinvenibili dagli atti di causa reiterate, chiare e sistematiche esternazioni discriminatorie fondate sulla razza, etnia, nazionalità, disabilità, affiliazione religiosa, casta, orientamento sessuale, sesso, identità di genere e malattie gravi o di incitamento alla violenza. 
Soffermandosi, in particolare, sui contenuti richiamati nella sentenza di primo grado a giustificazione della designazione di ### quale «organizzazione d'odio» da parte di ### si osserva che, a fronte delle specifiche contestazioni svolte dagli appellanti nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1), c.p.c., circa il fatto di non avere mai posto in essere aggressioni e di non avere mai promosso tesi di matrice discriminatoria (p.  14), il post del 26.4.2019, riguardante l'opposizione di ### all'assegnazione di case popolari a famiglie nomadi, non consente di valutare se i vertici del movimento abbiano compiuto o avallato esternazioni di matrice razzista o se, al contrario, la loro iniziativa si sia svolta nei limiti imposti dal confronto democratico, fermo restando che ### avrebbe potuto procedere alla rimozione del contenuto o alla sospensione della pagina, prima della sua definitiva disattivazione. 
Tantomeno può ritenersi che i documenti prodotti da ### ai nn. 51, 52 e 53 dimostrino un effettivo sostegno di ### ai principi o metodi dell'organizzazione greca ### Si tratta, infatti, della locandina di un convegno, di cui è ignoto l'oggetto, e di due articoli di giornale in lingua inglese, in cui ### non viene citata. Anche in questo caso, ### avrebbe potuto rimuovere il post in via cautelare ed eventualmente chiedere spiegazioni, in applicazione delle previsioni degli standard della community, a mente delle quali: «### consapevoli del fatto che gli utenti potrebbero condividere contenuti che includono riferimenti a organizzazioni e persone pericolose designate per segnalare, condannare o discutere in modo neutrale delle stesse o delle loro attività. Le nostre normative sono pensate per lasciare spazio a questi tipi di discussioni, ma chiediamo alle persone di chiarire le proprie intenzioni. Quando l'intenzione non è chiara, possiamo rimuovere il contenuto». 
Analogamente è a dirsi per i contenuti riguardanti varie commemorazioni di soggetti defunti, dai quali non emergono esternazioni di natura discriminatoria. 
Anche dal post del 17.4.2019, con cui era pubblicizzata una conferenza sul tema “Afrikaner” (termine che, di per sé solo, non designa un movimento politico, ma un gruppo etnico del ###, non emergono esternazioni di carattere discriminatorio. Inoltre, ### non ha prospettato il carattere xenofobo delle esternazioni eventualmente compiute nel corso del convegno, che non può presumersi dal mero contenuto della locandina, la quale, come documentato dagli appellanti, allude a una tematica oggetto di dibattito da parte di molteplici attori politici, anche nell'ambito delle istituzioni europee (v. doc. 23 fasc. primo grado appellanti). 
Sul punto gli appellanti hanno evidenziato peraltro che, in occasione del convegno, ### avrebbe dovuto esporre un resoconto del proprio viaggio in ### svolto «nell'ambito della missione organizzata dal gruppo politico ### e ### del ### dal cui programma risulta che la delegazione aveva incontrato non già esponenti del di ### ma il «deputato sudafricano ### del ### (v. memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c., p. 9, e il citato doc. 23); movimento di cui ### non ha prospettato la natura di organizzazione d'odio. 
Si osserva, infine, che, qualora il contenuto in questione avesse fatto espressamente riferimento al ### di resistenza ### (il che dalla locandina non risulta), ### avrebbe dovuto applicare la già citata clausola degli standard della community che così prevede: «### consapevoli del fatto che gli utenti potrebbero condividere contenuti che includono riferimenti a organizzazioni e persone pericolose designate per segnalare, condannare o discutere in modo neutrale delle stesse o delle loro attività. Le nostre normative sono pensate per lasciare spazio a questi tipi di discussioni, ma chiediamo alle persone di chiarire le proprie intenzioni. 
Quando l'intenzione non è chiara, possiamo rimuovere il contenuto». 
Di conseguenza, in virtù dei richiamati principi di progressività che presiedono l'applicazione delle sanzioni contrattuali, qualora fossero residuati dubbi circa l'intento sotteso alla pubblicazione del post, ### avrebbe potuto cancellare il contenuto, ma non anche l'account dell'utente. 
Tantomeno la rimozione dell'account risulta giustificata alla luce del post dell'8.12.2020, con cui ### ha condiviso un articolo intitolato «### sessuali: gli stranieri delinquono 7 volte in più degli italiani. I numeri parlano chiaro». 
Tale post, infatti, è successivo alla disattivazione del profilo. Inoltre, con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., ### non ha allegato né documentato il contenuto dell'articolo condiviso sul profilo dell'appellante, mentre il post, di per sé considerato, non eccede i limiti della continenza in misura tale da legittimare l'immediata cancellazione del profilo, senza preliminarmente condurre l'adozione di misure meno invasive. 
Peraltro, ove l'articolo avesse recato una critica rispetto alle politiche migratorie, il contenuto sarebbe stato disciplinato dalla clausola degli standard della community che, indipendentemente dal merito delle censure mosse dall'utente, così prevede: «### inoltre rifugiati, migranti, immigrati e richiedenti asilo dagli attacchi più gravi, pur consentendo di commentare e criticare le politiche sull'immigrazione». 
Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento ai post del 25.3.2016 e del 29.5.2016, con i quali sono stati condivisi due articoli del periodico «### difatti, non consta che i post di ### contenessero forme di istigazione all'odio razziale, mentre la fotografia che ritrae ### è stata pubblicata quale didascalia dell'oggetto dell'articolo, di cui non è prospettato né documentato il contenuto, ma che è incentrato, da quanto appare, sulle vicende storiche degli anni del colonialismo italiano. 
Parimenti non si rinvengono “discorsi d'odio” nel post del 5.10.2017, con il quale è stata pubblicizzata la presentazione di un libro sul fascismo a firma di ### professore ordinario universitario finlandese. 
Quanto alle esternazioni del vicepresidente dell'associazione dell'epoca, ### di ### nell'ambito della trasmissione «### del 9.11.2017 riportate dalla sentenza, le stesse evidenziano come il movimento abbia pubblicamente condannato le leggi razziali anche perché, oltre ad essere un «orribile scempio», «separarono la comunità ebraica dal fascismo, mentre molti esponenti di quella comunità avevano contribuito all'ascesa del fascismo». 
Si osserva altresì che il recesso di ### è avvenuto circa due anni dopo la diffusione dei contenuti da ultimo richiamati, il che conduce ulteriormente a ritenere che i menzionati principi di proporzionalità, buona fede e correttezza avrebbero dovuto condurre quest'ultima a segnalarne il potenziale contrasto con gli standard della community, prima di addivenire alla cancellazione degli account. 
Si aggiunga che solo una minima parte dei documenti prodotti da ### contengono esternazioni e post direttamente riferibili agli odierni appellanti e che dette esternazioni e post risultano distribuiti in un arco temporale particolarmente esteso, con la conseguenza che, in applicazione delle citate previsioni degli standard della community e dei richiamati principi di proporzionalità e adeguatezza (pertinenti al caso di specie avuto riguardo agli interessi incisi dalla vicenda), ### avrebbe potuto e dovuto chiedere chiarimenti in ordine alle finalità sottese alla pubblicazione dei contenuti ambigui, procedendo alla loro rimozione in caso di perduranti perplessità, ovvero irrogare sanzioni graduate, tenendo anche conto dell'eventuale reiterazione delle pretese violazioni anche all'esito della cancellazione dei singoli contenuti o della sospensione temporanea degli account. Le anzidette osservazioni sono suffragate, invero, dal costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale il potere contrattuale di recesso riconosciuto dall'autonomia privata va esercitato nel rispetto di determinati canoni generali - quali quello della buona fede oggettiva, della lealtà dei comportamenti e della correttezza (alla luce dei quali devono essere interpretati gli stessi atti di autonomia contrattuale) - al fine di evitarsi che l'esercizio del relativo diritto soggettivo possa sconfinare nell'abuso e nell'arbitrio. Ne deriva, dunque, la possibilità del controllo da parte del giudice, in particolare in ipotesi di provata disparità di forze tra i contraenti, al fine di valutare se l'esercizio della facoltà riconosciuta all'autonomia contrattuale abbia operato in chiave elusiva dei principi espressione dei canoni generali della buona fede, della lealtà e della correttezza; principi in cui è insito anche quello di proporzionalità, che preclude l'esercizio di un rimedio negoziale con modalità tali da provocare un sacrificio ingiustificato degli interessi della controparte, tenuto conto, altresì, della possibilità di avvalersi in modo efficace di rimedi meno gravosi (così, Cass. n. 11737/2024, che richiama Cass. n 20106/2009; v.  anche Cass. n. 23087/2025 e Cass. n. 3817/2023; con riguardo all'applicazione del principio di proporzionalità in materia di recesso datoriale, v., tra le tante, Cass. n. ###/2023; Cass. n. 16784/2020). 
Ulteriore corollario di quanto precede è che, come chiarito dalla S.C. in materia di esclusione dell'associato, qualora un titolo negoziale preveda, in capo a una parte, il potere di sciogliersi unilateralmente dal rapporto sulla base di clausole elastiche che presuppongano un giudizio di gravità del contegno dell'altro contraente, occorre non solo stabilire se sia avverata, in concreto, una delle ipotesi previste in termini generali e astratti per lo scioglimento del rapporto, ma anche valutare la proporzionalità complessiva tra le conseguenze del comportamento addebitato e quelle imposte alla parte che subisce l'esclusione (Cass. n. 2117/2024; Cass. n. 17907/2004). 
Non risulta dagli atti, invece, che nel caso in esame lo scioglimento del rapporto sia intervenuto nel rispetto dei menzionati canoni di correttezza e buona fede, non essendo provato che ### abbia previamente invitato gli appellanti alla rimozione dei contenuti ritenuti contrari alle regole del social network né abbia operato la necessaria graduazione delle sanzioni contrattuali previste dalle condizioni generali di servizio, il che determina l'illegittimità del recesso esercitato in conseguenza della condotta tenuta dagli appellanti sulla piattaforma. 
Difatti, stando alle stesse prospettazioni dell'appellata, prima della disattivazione della pagina, ### ha rimosso soltanto otto contenuti (indicati nella comparsa di costituzione e risposta di primo grado, pp. 34, 35 e 36) pubblicati da ### tra febbraio e giugno 2019. 
Dunque, diversamente da quanto affermato nella sentenza gravata circa la preventiva cancellazione dei post che avrebbero integrato la reiterata violazione degli standard della community, emerge dalle prospettazioni delle parti e dai documenti prodotti che ### non ha censurato i contenuti degli account degli appellanti per numerosi anni (dall'iscrizione, avvenuta moltissimi anni prima, come affermato dagli appellanti e non contestato - v.  atto di citazione primo grado, p. 14) fino al 2019, e solo nel primo semestre del 2019 ha cancellato un esiguo numero di post di ### senza richiedere spiegazioni preventive sul loro significato, salvo poi procedere alla rimozione degli account degli appellanti, decorsi tre mesi dalla pubblicazione dell'ultimo dei post cancellati; ciò senza far precedere tale iniziativa dalla sospensione dell'account o da un preventivo avviso degli utenti. Tali misure preliminari, invero, avrebbero dovuto precedere il recesso, alla luce delle condizioni d'uso, dei richiamati principi di correttezza e buona fede contrattuale e della necessità di operare un adeguato contemperamento tra gli interessi di rango costituzionale incisi dalla vicenda negoziale in esame; esigenze, queste, che risultano sottese all'approvazione del ### n. 2022/2065 del ### e del Consiglio del 19 ottobre 2022, il quale, sebbene non applicabile ratione temporis al presente giudizio, comunque esprime come sia condivisa, a livello sovranazionale, la sensibilità per la particolare meritevolezza di tutela della posizione dell'utente di una piattaforma social, prevedendo, tra l'altro, che «dopo aver emesso un avviso preventivo, i fornitori di piattaforme online sospendono per un periodo di tempo ragionevole la prestazione dei loro servizi ai destinatari del servizio che con frequenza forniscono contenuti manifestamente illegali» (art. 23). 
Si osserva altresì che l'appellata, nella propria memoria di replica in primo grado (p. 32), ha precisato che «Nel caso in esame, ### non sostiene né ha mai sostenuto che i contenuti degli ### siano illegali. Piuttosto, la presenza e l'attività degli ### sul ### viola chiaramente le ### e gli ### della ### ha dedotto, inoltre, che «la rimozione della ### e del ### per violazione delle ### e degli ### della ### (si ribadisce, non per illegalità) è rispettosa dei criteri stabiliti all'art. 23 del DSA». 
Può quindi affermarsi che, ai sensi dell'art. 112 c.p.c., l'oggetto del presente giudizio è costituito esclusivamente dall'accertamento della legittimità del recesso esercitato da ### sul rilievo del dedotto carattere discriminatorio dei contenuti pubblicati da ### e da ### e del loro ricorso all'incitamento all'odio o alla violenza, come definiti dagli standard della community, e non anche del carattere illecito dei contenuti pubblicati dagli appellanti, ai quali non è stata, infatti, contestata tale ### violazione delle condizioni d'uso (v. art. 2). 
Tanto precisato, ritiene la Corte che l'analisi dei post pubblicati da ### e da ### in definitiva, non consenta di rilevare gravi e reiterate esternazioni inequivocabilmente qualificabili come incitazioni all'odio, secondo quanto previsto dagli standard della community. Si tratta di contenuti che danno senz'altro risalto alle radici politiche dell'associazione e dei suoi associati, ma che, stando alla documentazione acquisita in giudizio, non si risolvono in un evidente e oggettivo «attacco diretto rivolto alle persone (piuttosto che a concetti o istituzioni) sulla base di quelle che chiamiamo caratteristiche protette: razza, etnia, nazionalità, disabilità, affiliazione religiosa, casta, orientamento sessuale, sesso, identità di genere e malattie gravi» (v.  standard della community), suscettibile di condurre alla disattivazione della pagina, senza preventiva adozione di misure di minore invasività. 17.4. Alla luce dei documenti prodotti in giudizio non può neppure ritenersi che, indipendentemente dal tenore dei contenuti pubblicati, il recesso di ### sia giustificato in considerazione dell'ideologia cui si rifà ### Gli standard della community consentono di rimuovere dalla piattaforma le associazioni che apertamente si rifacciano a ideologie intrinsecamente discriminatorie, quali «nazismo; supremazia bianca; nazionalismo bianco; separatismo bianco». 
Premessa la validità della clausola in questione, che, per quanto detto, è coerente con il principio secondo cui anche la libertà di espressione deve essere contemperata con altri valori primari, tra cui la dignità dell'individuo, si ritiene che la designazione di un movimento da parte di ### quale “organizzazione d'odio” non possa essere totalmente avulsa dalla simbologia impiegata sulla piattaforma, dall'autorappresentazione che l'associazione faccia di sé stessa o dalla propria denominazione. 
Diversamente opinando, si giungerebbe alla conclusione per la quale, ai fini dell'esecuzione di un rapporto negoziale, il gestore del network deve compiere un'indagine sull'intrinseco “modo di essere” dell'utente; conclusione che, oltre a non essere suffragata dalla natura del contratto in questione, che non si fonda sull'intuitus personae, potrebbe condurre a esiti incerti e potenzialmente lesivi dei diritti fondamentali dell'utente e dell'effettività del dibattito politico. 
Ciò chiarito, si ritiene che il compendio documentale acquisito non consenta di affermare che ### rientra tra le organizzazioni che incitano «alla violenza o all'esclusione di altri individui in base alle caratteristiche protette di questi ultimi»» (v. standard della community). 
In proposito, appare necessario muovere dall'autorappresentazione che ### offre di sé stessa e, dunque, dall'analisi del suo statuto, che, nel definire le proprie finalità istituzionali e i principi che devono orientarne il perseguimento, prevede: «l'associazione, pertanto, nell'interesse degli associati e/o della collettività, svolge le attività finalizzate: a) all'attuazione dei principi di uguaglianza, di pari dignità sociale degli individui e dei gruppi; b) all'attuazione del principio di solidarietà, per affermare i diritti di tutti i residenti, anche immigrati, e per superare squilibri economici, sociali, territoriali e culturali; c) allo sviluppo della democrazia e della persona umana; d) alla valorizzazione della pace, della cultura multietnica e multireligiosa e della solidarietà fra i popoli; e) alla piena attuazione dei diritti di cittadinanza ed alla realizzazione delle pari opportunità fra donne e uomini» (doc. 1 fasc. primo grado appellanti). 
Analogamente, nell'atto costitutivo di ### si legge che «lo spirito e la prassi dell'associazione trovano origine nel rispetto dei principi della ### che hanno ispirato la costituzione dell'associazione stessa e si fondano sul pieno rispetto della dimensione umana, culturale e spirituale della persona» (v. doc. 1 fasc. primo grado appellanti).  ### in questione, dunque, quantomeno a livello statutario, persegue finalità coerenti con l'ordinamento costituzionale, con la conseguenza che eventuali attività di segno contrario si porrebbero in contrasto con gli atti fondativi della stessa associazione. Anche il programma politico di ### del 2018 non contiene (né sono prospettati) riferimenti ai propositi discriminatori o antidemocratici dell'associazione (v. doc. 11 fasc. ###, in presenza dei quali, tra l'altro, sarebbe stato precluso al movimento di partecipare alle elezioni politiche nazionali (doc. 26 fasc. primo grado appellanti). 
Nell'articolo pubblicato sul quotidiano «### prodotto da ### (doc. 4), si legge peraltro che «the movement claimed to be “opposed to any form of discrimination based on racial or religious criteria, or on sexual inclination”»; affermazione che può tradursi nei termini che seguono «il movimento ha rivendicato di essere contrario a qualsiasi forma di discriminazione basato su criteri razziali, religiosi o su inclinazioni sessuali». Coerentemente con le richiamate clausole statutarie, l'associazione identifica sé stessa quale movimento che rifiuta la discriminazione su base etnica e religiosa o sulla base dell'orientamento sessuale. 
Gli appellanti hanno prodotto, inoltre, una nota del Ministero dell'interno dell'11.4.2015, acquisita d'ufficio dal Tribunale di Roma nel procedimento n. 27497/2011 R.G. (doc. 12; v. anche la sentenza che ha definito quel giudizio, doc. 11), nella quale si legge: «### caratterizzanti del sodalizio sono subito apparsi uno stile di militanza fattivo e dinamico ma rigoroso delle gerarchie interne e la palese e dichiarata volontà di sostenere una rivalutazione degli aspetti innovativi e di promozione sociale del ventennio, asseritamente nella prospettiva di un superamento di una visione apologetica e nostalgica del passato». Nella nota si rileva, inoltre, che l'affermazione di ### è stata conseguita «anche attraverso l'organizzazione di innumerevoli convegni e dibattiti cui sono frequentemente intervenuti esponenti politici, della cultura e del giornalismo anche di diverso orientamento politico» e che «l'azione di ### si è indirizzata anche verso tematiche, in passato predominio esclusivo della contrapposta area politica, quali il sovraffollamento delle carceri o la promozione di campagne animaliste contro la vivisezione e l'utilizzo di animali in spettacoli circensi». 
La relazione sull'attività delle forze di ### del 2016, richiamata da ### (come detto, accessibile al link indicato nella comparsa di costituzione, p.  32), non fornisce specifici elementi da cui potere desumere il sistematico ricorso da parte dell'associazione all'intolleranza e ai «discorsi d'odio». 
Inoltre, risulta che ### ha partecipato a numerose competizioni elettorali e organizzato molteplici eventi culturali, con la presenza di giornalisti ed esponenti di diverse etnie, associazioni e orientamenti politici (doc. 22 fasc. primo grado appellanti; in alcune delle locandine si legge, in fondo, che l'incontro è aperto a tutti e il confronto è libero). 
A fronte di tali emergenze, può dunque affermarsi che ### non ha offerto elementi circostanziati a riprova della sussistenza dei presupposti del proprio recesso. 
I caratteri intrinseci dell'associazione vengono, infatti, desunti dalle dichiarazioni rese da alcuni soggetti che si assumono riconducibili a ### da notizie di cronaca, dalle quali emergerebbe il sistematico ricorso alla violenza e all'intolleranza da parte dei militanti del movimento, dai commenti sottostanti ai post dell'associazione e dai dichiarati riferimenti ideali dell'associazione. 
Sul punto si ritiene che, in assenza di specifiche allegazioni e prove al riguardo, i documenti depositati da ### non siano idonei a dimostrare che le vicende di cronaca e le dichiarazioni di soggetti terzi, non riferibili direttamente all'associazione, costituiscano una conseguenza diretta del ricorso di ### all'incitamento alla violenza e all'odio. 
Ciò chiarito, in forza di quanto esposto in punto di riparto dell'onere della prova e in difetto di auto qualificazioni di ### quale movimento xenofobo o omofobo, ### avrebbe dovuto documentare che ### rivendicava, avallava o incitava le attività violente e le manifestazioni di intolleranza indicate. 
In mancanza di quanto detto e avuto riguardo alle contestazioni contenute nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2), c.p.c. degli attori (p. 14), non può presumersi l'esistenza di un rapporto di causa a effetto tra l'intrinseca natura del movimento e i fatti di cronaca di cui si sarebbero resi protagonisti taluni aderenti all'associazione, delle cui azioni non può essere chiamata a rispondere contrattualmente quest'ultima, in quanto terzo, quantomeno nella misura in cui essa non ha incitato, avallato o rivendicato i compiuti atti di violenza e di intolleranza. 
Si aggiunga, con riferimento ai commenti pubblicati da altri utenti della piattaforma in calce ai post di ### che quest'ultima, nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 3), c.p.c. (p. 22) e, dunque, tempestivamente, ha disconosciuto, in modo espresso e motivato, la riferibilità alla propria pagina dei commenti indicati nell'avversa memoria ex art. 183, comma 6, 2), c.p.c. (docc. 94 e 106 fasc. primo grado ###, e che non è stata svolta attività istruttoria per accertare la loro effettiva provenienza. 
Si tratta, inoltre, di commenti per lo più non coincidenti temporalmente con il periodo in cui è stato esercitato il recesso (2019), essendo di molto anteriori (2016) o successivi (2022) ad esso. È evidente, anche alla stregua dei richiamati principi di correttezza e proporzionalità, come non possano addursi a fondamento del recesso né i commenti più risalenti nel tempo, di cui ### avrebbe potuto (e dovuto) già sollecitare la rimozione, sul rilievo del ### dovere del titolare dell'account di vigilare sui contenuti pubblicati da terzi soggetti sulla propria pagina, né quelli pubblicati posteriormente al suo esercizio, che avrebbero dovuto formare oggetto di nuove e specifiche contestazioni. 
Si osserva, infine, che non trova riscontro, sul piano del diritto positivo, la necessaria correlazione tra la dichiarata condivisione, da parte di ### di taluni ideali del fascismo e il carattere razzista e discriminatorio del movimento. 
In particolare, ai sensi della XII disposizione transitoria e finale della ### è fatto divieto di riorganizzare, sotto qualsiasi forma, il disciolto partito fascista. 
In attuazione di tale disposizione, la legge 20.6.1952, n. 645 sanziona chiunque promuove, dirige e organizza le associazioni, i movimenti o i gruppi che perseguono le finalità antidemocratiche proprie del disciolto partito fascista, rivolgono la propria attività all'esaltazione di esponenti, principii, fatti e metodi proprio del partito fascista o che compiano manifestazioni esteriori di carattere fascista (artt. 1 e 2). È, inoltre, punito chi fa propaganda per la costituzione di tali associazioni, movimenti o gruppi (art. 4), chi partecipa ai medesimi (art. 2) e chi esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche e chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste (artt. 4 e 5). 
Come chiarito dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione, si tratta di fattispecie di pericolo concreto, che puniscono «unicamente quelle manifestazioni che, in relazione alle circostanze di tempo, di luogo e ambiente in cui si svolgono e per le loro obbiettive caratteristiche, siano comunque idonee a far sorgere la situazione di pericolo di ricostituzione del partito» (così C. Cost. n. 74/1958 e n. 15/1973, richiamate da Cass. pen. 
S.U. n. 16153/2024). 
Il descritto regime sanzionatorio, dunque, non impedisce, in termini assoluti, esternazioni o movimenti che facciano propria non l'intera ideologia del disciolto partito fascista, ma soltanto alcuni dei suoi punti programmatici; ciò a condizione che il modo di operare dell'associazione nella vita politica non manifesti il dolo e il pericolo concreto di ricostituzione del disciolto partito fascista; con la conseguenza che la l.  645/1952 non consente di affermare il carattere intrinsecamente illecito di un'associazione sulla sola base del richiamo, in chiave critica e aggiornata, di alcuni principi della predetta ideologia (Cass. pen. n. 28565/2022; pen. n. 7560/1982; Cass. pen. n. 1564/1980). A tale scopo, in giurisprudenza si è dato particolare risalto all'analisi dello statuto e del programma dell'associazione, ritenendosi esclusa l'applicazione della l. n. 645/1952 dalla «compresenza, nello ### e nel programma di ### nonché nei documenti ad essi riconducibili, di taluni obiettivi storicamente perseguiti dalla dottrina ### (come il corporativismo) accanto a un modello di Stato, delineato al punto G) (### presidenziale, ### bicamerale con potere legislativo), alieno da quella dottrina, e, soprattutto, accanto ad affermazione di principi, quali quelli attinenti alla “salvaguardia delle libertà di stampa, di associazione, di espressione e religione” e al “rifiuto di ogni forma di discriminazione razziale”, che si ponevano in rapporto di assoluta coerenza con la ### costituzionale della ### e non, certamente, con l'ideologia ###» (Cass. pen. n. 28565/2022). 
Anche nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo viene affermato il principio secondo cui i diritti di libertà di espressione (art. 10 Cedu) e di libertà di riunione e di associazione (art. 11 Cedu) sono tutelati nella misura in cui non siano esercitati in modo offensivo per i soggetti che sostengano idee contrapposte. 
Corollario di ciò è che la libertà di associarsi e manifestare il proprio pensiero possono essere considerate recessive a condizione che siano espresse idee o finalità violente, discriminatorie o antidemocratiche (Corte Edu, G. v. Germania, n. 13079/87, decisione della ### del 6.3.1989); ogni limitazione ai menzionati diritti fondamentali per ragioni diverse dall'incitamento all'odio o al sostegno di principi antidemocratici costituisce un pericolo per la democrazia stessa (Corte Edu, ### v. 
Russia, nn. 4916/07, 25924/08, 14599/09). Sicché, in assenza di elementi che consentano di dimostrare le predette finalità, il senso di comprensibile indignazione derivante dall'esposizione di un simbolo utilizzato durante un regime dittatoriale (nella giurisprudenza della Corte Edu si fa riferimento sia alla stella rossa che alla simbologia del fascismo) non può da solo porre i limiti alla libertà di espressione poiché «sostenere il contrario significherebbe che la libertà di parola e di opinione è soggetta al veto del contestatore» (Corte Edu, ### v. Ungheria n. 40721/08). 
Come detto, nella specie, lo statuto di ### fa espresso riferimento all'osservanza dei principi della ### mentre nel programma politico del movimento si dà atto della volontà di conservare una forma di democrazia rappresentativa, fondata sul bicameralismo e la «fissazione del limite di età per l'elettorato attivo e passivo di ogni istituto elettivo dello Stato nei 18 anni di età». 
Peraltro, proprio dalla produzione documentale dell'appellata, emergono esternazioni che testimoniano il proposito dell'associazione, quantomeno dichiarato, di partecipare alla vita politica del paese nel rispetto del metodo democratico (v. doc. 106 fasc. primo grado ### p. 19, dove è riportato il titolo di un articolo nel quale il contenuto dell'intervista del “fascista” ### è così compendiato: «### più democrazia contro i liberisti»). 
Quanto ai principi di diritto che si assumono espressi da Cass. pen.  19449/2010 (v. comparsa di risposta ### p. 27), mette conto evidenziare che tale sentenza non verte sull'individuazione del perimetro delle fattispecie penali sopra richiamate, ma riguarda la possibilità o meno di condannare per diffamazione il soggetto che abbia utilizzato il termine “nazifascisti” e “neonazisti” per designare esponenti del movimento ### ritenendo che, avuto riguardo al dato storico, l'accostamento al nazismo non costituisca reato, rientrando nei limiti della critica politica. 
I c.d. “discorsi d'odio”, invece, sono soggetti a una disciplina non del tutto sovrapponibile a quella dettata per le menzionate fattispecie previste dalla l.  n. 645/1952, che, pertanto, va analizzata separatamente. 
In particolare, detta disciplina è attualmente contenuta negli artt. 604-bis e 604-ter c.p., che vietano la propaganda e l'istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa, la costituzione di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che, nell'attualità, abbiano tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, prevedendo un'aggravante per i fatti commessi con tali finalità e la partecipazione a tali entità; come risulta dalla rubrica della sezione entro cui si collocano, le disposizioni in esame tutelano il diritto fondamentale dell'individuo a non subire svilenti discriminazioni, forme di disuguaglianza o di violenza in conseguenza dell'incitamento all'odio perpetrato da terzi. 
Sussiste, invero, una chiara e comprensibile coincidenza tra i divieti contenuti negli standard della community e i comportamenti incriminati dagli artt. 604-bis e 604-ter c.p., posti a presidio, non solo dell'attuale assetto costituzionale (di cui ### non è garante), ma soprattutto della dignità dell'individuo, che ben potrebbe essere un utente della piattaforma e che, per questo, configurano fattispecie di pericolo presunto. 
Analoghe considerazioni valgono con riferimento al rapporto esistente tra i reati previsti dall'art. 5 della l. n. 645/1952 e s.m.i. («Manifestazioni fasciste») e dall'art. 2 del d.l. n. 122/1993, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 205/1993 (rubricato sotto il titolo «### di prevenzione»), in relazione al quale le ### unite della Corte di cassazione hanno chiarito che «affinché il rituale espresso nelle manifestazioni di cui all'art. 5 legge cit. possa integrare anche il reato di cui all'art. 2 legge cit., occorrerà che ad esso si accompagnino elementi, relativi al contesto complessivo in cui lo stesso sia tenuto, idonei ad attribuirgli non la sola funzione semplicemente evocativa del disciolto partito fascista - e, dunque, ove ricorrente il pericolo concreto richiesto, incitativa della sua ricostituzione - ma anche, a fronte del contesto materiale o dell'ambito nel quale la manifestazione ha luogo, il significato discriminatorio tipizzante il reato di cui all'art. 2 cit.» ( pen. S.U. n. 16153/2024); ciò che porta ad escludere ulteriormente il dedotto rapporto di implicazione necessaria tra i due fenomeni. 
Dalle argomentazioni sopra sviluppate discende l'illegittimità del recesso esercitato da ### anche laddove è fondato sull'assunto secondo cui l'ideologia espressa dagli appellanti implichi il carattere necessariamente xenofobo e discriminatorio dell'associazione, dal momento che non è rinvenibile, a livello ordinamentale, il dedotto nesso di implicazione necessaria tra i richiamati riferimenti ideologici dell'associazione e la sua natura di «organizzazione d'odio»; è astrattamente possibile, infatti, per quanto detto, che un'organizzazione caratterizzata dalla suddetta impronta ideologica non persegua le finalità di cui all'art. 1 l. n. 645/1952, non si prefigga, in concreto, la riorganizzazione del partito fascista e non abbia, quale scopo, l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, così come sarebbe senz'altro possibile che un'organizzazione che persegue gli scopi di cui all'art. 604-bis c.p. non si prefigga anche la riorganizzazione del disciolto partito fascista ex art. 1 l.  n. 645/1952.  ### dell'eventuale perseguimento di scopi antidemocratici da parte dell'associazione, sulla base dell'interpretazione del contegno complessivo tenuto al di fuori dello spazio virtuale da essa gestito in contrapposizione rispetto ai propri fini statutari, non può, invece, essere demandato al gestore della piattaforma, cui non è consentita siffatta valutazione dall'applicazione delle clausole degli standard della community, restando conseguentemente estraneo al presente giudizio. Invero, in applicazione dell'art. 3 della l. n. 645/1952, l'eventuale accertamento delle effettive (ancorché non esplicitate) finalità illecite eventualmente perseguite da ### potrebbe, in ipotesi, condurre al suo scioglimento da parte del Ministero dell'interno, da adottare previa pronuncia di una sentenza dalla quale risulti accertata la riorganizzazione del disciolto partito fascista, o, nei casi straordinari di necessità e urgenza, dal ### il che conduce ulteriormente a ritenere che non sia questa la sede per valutare l'agibilità politica di un movimento di estrema destra, non manifestamente dedito ai discorsi d'odio e che si auto-qualifichi come soggetto democratico; valutazione da condurre sul piano della tutela della struttura democratica dell'ordinamento e non della garanzia degli interessi degli utenti del social network, che, nella specie, sono pienamente tutelati dalla disciplina positiva e contrattuale in materia di “hate speech”. 
Alla stregua di quanto precede - e condividendo l'assunto del giudice di prime cure, secondo il quale, nel caso di specie, non si tratta di accertare la rilevanza penale della condotta di ### (che, per espressa ammissione di ### non ha costituito il motivo di disattivazione degli account), quanto piuttosto il perdurante diritto di quest'ultima a fare parte del social network ### in conseguenza del rispetto della disciplina contrattuale riguardante le relative condizioni di utilizzo - deve ritenersi che ### avrebbe potuto attuare il programma contrattuale, rimuovendo ### e ### dalla piattaforma, solo qualora questi ultimi avessero manifestato convinzioni ideologiche inscindibili dall'incitamento all'odio o alla discriminazione, ovvero nel caso di inequivoco e strutturale perseguimento, da parte dell'associazione, di finalità discriminatorie, antidemocratiche o altrimenti illecite. Ipotesi non provate nel caso in esame.  18. In definitiva, non potendo affermarsi, sulla base di quanto è stato dedotto e documentato nel presente giudizio, che ### è un'associazione dedita ai discorsi d'odio e non essendo stato prospettato a motivo dello scioglimento del rapporto che si tratti di un'organizzazione altrimenti illecita secondo l'ordinamento generale, va esclusa la legittimità del recesso esercitato da ### Ne consegue che quest'ultima deve essere condannata alla immediata riattivazione della pagina di ### e del profilo personale di ### nelle stesse condizioni in cui essi si trovavano prima della rimozione, senza limitazioni di servizi e di estensione territoriale. 
In relazione a tale ultimo profilo, non può accogliersi la richiesta subordinata di ### di circoscrivere l'ordine di ripristino al solo territorio italiano, tenuto conto che le pagine e i profili degli utenti sono visibili in tutto il mondo dagli utilizzatori del social network ### in linea con quanto previsto dalle condizioni d'uso, nelle quali si legge che «### crea tecnologie e servizi che consentono agli utenti di connettersi fra di loro, creare community e far crescere aziende» (v. premesse), non venendo in rilievo le problematiche prospettate sulla giurisdizione e sulla valenza delle decisioni del giudice italiano al di fuori dell'ambito nazionale, quanto piuttosto le conseguenze dell'accertamento giudiziale di una condotta ingiustificata da parte del gestore del social network. 
In ogni caso, si osserva come la Corte di giustizia dell'### europea abbia di recente affermato il principio secondo il quale i giudici degli ### membri possono imporre ai gestori delle piattaforme di social media di rimuovere le informazioni dichiarate illecite a livello mondiale (v. CGEU sentenza 3.10.2019, causa C-18/18, ### c. ### citata anche nella pronuncia gravata).  19. Accertata l'illegittimità del recesso, va trattata la domanda degli appellanti diretta a ottenere il risarcimento dei danni sofferti in conseguenza della disattivazione delle loro utenze telematiche; domanda riproposta nell'atto di appello, mediante rinvio alle deduzioni svolte nell'atto di citazione, pp. 21 e ss. (v. atto di appello, pp. 104 e 105).  19.1. La domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali deve ritenersi inammissibile, per difetto del requisito di specificità, con riferimento a quei danni conseguenti all'impossibilità di accedere e scaricare i contenuti dagli account disattivati, giacché alle puntuali argomentazioni svolte sul punto nella sentenza impugnata (p. 40) non si contrappongono argomentazioni degli appellanti volte ad incrinarne il fondamento logico-giuridico.  19.2. Per il resto, la domanda è fondata.  ### il costante orientamento della S.C., fondato su un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., il danno non patrimoniale è risarcibile nel caso in cui sia stato leso in modo grave un diritto costituzionalmente garantito; la risarcibilità del danno non patrimoniale è ipotizzabile anche quando il pregiudizio sia cagionato da un illecito contrattuale, qualora il rapporto negoziale sia funzionale all'affermazione o alla protezione di un interesse costituzionalmente rilevante (Cass. 12929/2007, seguita, tra le tante, da Cass. n. 4542/2012, Cass. 20345/2023, Cass. n. 24060/2024; Cass. n. 29436/2024). 
Sulla scorta delle considerazioni che precedono e riconosciuta la risarcibilità del danno non patrimoniale anche in favore di enti collettivi, da identificare con qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione di diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti (v. da ultimo, Cass. n. 2638/2025), non può dubitarsi che il diritto di manifestare il proprio pensiero e divulgare in rete messaggi di carattere politico e culturale, nonché, quanto a ### di esplicare pienamente la propria vita di relazione, configurino diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti (cfr. artt. 21 Cost. e combinato disposto degli artt. 8 e 10 Cedu e 117 Cost.). 
Nel caso di specie, è stata allegata e provata la rilevanza dell'attività compiuta in rete dagli appellanti, i quali hanno dimostrato di avere centinaia di migliaia di followers e molteplici interazioni con gli utenti della piattaforma ### interrotte dalla disattivazione degli account, con conseguente perdita, quanto a ### anche della corrispondenza personale intrattenuta con altri utenti del network, senza che ### abbia svolto specifiche contestazioni sul punto. 
Ritenuto provato, pertanto, il risalente, significativo e continuativo utilizzo del social network da parte degli appellanti, interrotto dal gestore in modo improvviso e ingiustificato, può dirsi provato il conseguente pregiudizio patito dai medesimi appellanti, sulla base della massima di comune esperienza per la quale, nell'attuale contesto sociale, la rimozione di un soggetto dai social network può essere esiziale per la propria attività politica e associativa, incidendo negativamente sull'agire dell'ente e comportando enormi difficoltà nel veicolare efficacemente il proprio messaggio, anche considerato che, per stessa ammissione dell'appellata, gli utenti di ### ammontano a quasi tre miliardi di individui, trattandosi dunque di una parte assai rilevante della popolazione.  ### dal social network, con la correlata elisione della rete di relazioni intessuta negli anni, è pertanto suscettibile di cagionare un danno grave, potenzialmente irreparabile, alla vita politica, sociale e di relazione dell'utente e alla possibilità di continuare a manifestare il proprio pensiero utilizzando la rete di contatti sociali costruita sulla piattaforma; danno senz'altro prevedibile ai sensi dell'art. 1225 Stante l'obiettiva impossibilità per gli appellanti di provare il danno nel suo preciso ammontare, può farsi ricorso all'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all'art. 115 c.p.c. ( n. 20871/2024). 
Si reputa di liquidare, dunque, la somma di € 50.000,00 all'attualità, per ciascuno dei due appellanti, avuto riguardo alla lunghissima durata dell'esclusione dal social network (pacificamente protrattasi dal 9 settembre 2019 fino a dicembre 2019 e, in esecuzione della sentenza di primo grado, dal 23 dicembre 2022 senza soluzione di continuità), nonché, quanto a ### al pregiudizio patito prevalentemente rispetto alla possibilità di esplicare la propria attività statutaria e all'incidenza negativa che ciò ha avuto sulla proiezione esterna dell'ente, e quanto a ### alla compressione del proprio diritto al rispetto della vita privata, anche legato all'indisponibilità dei contenuti e delle comunicazioni di carattere personale, che attinge anche la dimensione relazionale nell'ambito dei social network, valutati unitamente al frequente e intenso utilizzo della piattaforma e all'elevato numero di contatti.  19.3. La domanda di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali (lett. 
F, punto IV, delle conclusioni rassegnate nell'atto di appello) deve, invece, essere rigettata, stante la mancanza di qualsiasi allegazione e prova al riguardo.  19.4. In conclusione, ### va condannata al pagamento della somma di € 50.000,00 ai valori attuali della moneta in favore di ciascuno degli appellanti, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo.  20. Sussistono altresì i presupposti per accogliere la richiesta degli appellanti di applicare la misura di coercizione indiretta di cui all'art. 614- bis c.p.c. (nel testo modificato dal d.l. n. 83/2015, conv. nella l.  132/2015), in caso di mancata attuazione della condanna di ### alla riattivazione delle utenze (adempimento di un obbligo diverso dal pagamento di una somma di denaro); misura che costituisce strumento volto a sanzionare l'inosservanza della statuizione giudiziaria (nella specie a un fare infungibile) e a incentivare il debitore all'adempimento, avente carattere autonomo e distinto rispetto al risarcimento del danno.  ### della somma si determina, a norma del comma 3 del citato art.  614-bis, in € 500,00 per ogni giorno di ritardo, tenuto conto della natura della prestazione, della sua incidenza sui diritti fondamentali degli appellanti, del danno quantificato e prevedibile, della quantità dei “Mi piace”, che rappresentano l'apprezzamento dell'utente alla pagina e ai contenuti che condivide (oltre 270.000 per ### e 23.000 per ###; somma che andrà pagata dal giorno successivo alla pubblicazione della presente sentenza.  21. La riforma della sentenza di primo grado determina l'automatica caducazione del capo concernente le spese processuali (art. 336 c.p.c.) e una nuova regolamentazione delle spese del doppio grado di giudizio, il cui onere va attribuito e ripartito dal giudice d'appello in relazione all'esito complessivo della lite, operando la valutazione della soccombenza, ai fini della liquidazione delle spese, in base a un criterio unitario e globale (v. 
Cass. n. ###/2024; Cass. n. 22306/2022; Cass. n. 27056/2021). 
In applicazione di tali principi, le spese di entrambi i gradi di giudizio, comprese quelle dei procedimenti cautelari in corso di causa, vanno poste a carico di ### in quanto soccombente, e si liquidano utilizzando i parametri di cui al d.m. n. 55/2014, aggiornati, da ultimo, con d.m.  147/2022, valori medi delle cause di valore indeterminabile aventi complessità alta. 
Si liquidano, pertanto, le seguenti somme: - per il primo grado, € 574,23 per spese vive (di cui € 29,23 per spese di notifica) e complessivi € 14.103,00 per compensi (€ 2.552,00 per fase di studio; € 1.628,00 per fase introduttiva; € 5.670,00 per fase istruttoria/di trattazione; € 4.253,00 per fase decisionale); - per i subprocedimenti nn. 10810-1 e 10810-2 R.G., complessivi € 5.224,00 per compensi per ciascuno di essi (€ 2.251,00 per fase di studio; € 1.202,00 per fase introduttiva; € 1.771,00 per fase decisionale), per un totale di € 10.448,00; - per il procedimento di reclamo n. 19441/2022 R.G., € 174,00 per esborsi e complessivi € 5.224,00 per compensi; - per il giudizio di appello, € 804,00 per spese vive e complessivi € 14.317,00 per compensi (€ 2.977,00 per fase di studio; € 1.911,00 per fase introduttiva; € 4.326,00 per fase istruttoria/di trattazione; € 5.103,00 per fase decisionale).  P.Q.M.  la Corte, definitivamente pronunciando sull'appello proposto contro la sentenza del Tribunale di Roma n. 17909/2022 pubblicata il ###, ogni altra domanda, eccezione e istanza disattesa, così provvede: 1. accoglie l'appello per quanto di ragione e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna ### (già ###) all'immediata riattivazione della pagina dell'### di promozione sociale ### e del profilo di ### nelle medesime condizioni di accessibilità e visibilità, anche territoriale, in cui si trovavano prima della disattivazione; 2. condanna ### al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, della somma di € 50.000,00 all'attualità in favore di ciascuno degli appellanti, ### di promozione sociale ### e ### oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo; 3. fissa nella misura di € 500,00 la somma dovuta da ### per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione della condanna di cui al punto n. 1), a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza; 4. condanna ### alla rifusione delle spese di lite sostenute da ### di promozione sociale ### e ### che liquida: - per il giudizio di primo grado, in € 574,23 per esborsi ed € 14.103,00 per compensi; - per i due procedimenti ex art. 669-decies c.p.c. in corso di causa, in € 10.448,00 per compensi; - per il procedimento di reclamo, in € 174,00 per esborsi ed € 5.224,00 per compensi; - per il giudizio di appello, in € 804,00 per esborsi ed € 14.317,00 per compensi; - per tutti i gradi, rimborso di spese forfettarie, iva e cpa, come per legge. 
Così deciso in ### in data #### est. ### - ### - - ### -

causa n. 106/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Carpinella Matilde, Cataldi Michele

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 1786/2025 del 17-06-2025

... ogni caso l'applicabilità della disciplina della continenza delle cause ex art. 39 cod. proc. civ. (cfr. Cass n. 6891 del 14/7/1998; Cass. n. 7096 del 2012; Cass. n. ### del 23/11/2018). Ciò posto in termini di interesse ad agire, è preliminare, rispetto all'esame del merito, la soluzione della questione circa la tempestività della costituzione della parte convenuta, ai fini della delimitazione del thema decidendum. Necessario, quindi, ricostruire le vicende processuali attraverso le quali si è sviluppato il presente giudizio. Si è detto che l'iniziativa giudiziale è stata assunta dal datore di lavoro che ha, infatti, adito il giudice del lavoro del Tribunale di Napoli e, a seguito della instaurazione del contraddittorio, il lavoratore si è tardivamente costituito deducendo unicamente di avere intenzione di proporre regolamento di competenza avverso la decisione del giudice del lavoro del Tribunale di ### - nel giudizio successivamente instaurato questa volta dal lavoratore stesso per far valere l'illegittimità del licenziamentodichiarativa della litispendenza con cancellazione della causa dal ruolo. A seguito dell'ordinanza della Suprema Corte del 4-4-2024, con la quale (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Napoli SEZIONE LAVORO Il Tribunale, nella persona del giudice designato Dott. ### udienza del 06/03/2025 ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa lavoro di I grado iscritta al N 13231/2021 R.G. promossa da: ### S.P.A. ### con il patrocinio dell'avv. #### con elezione di domicilio in ### 45, NAPOLI, come da procura in atti; RICORRENTE contro: ### con il patrocinio degli avv.ti ### RENDA e ### con elezione di domicilio in ### A. GRAMSCI, 23 ###; RESISTENTE OGGETTO: accertamento legittimità licenziamento disciplinare+altro ### come in atti.  RAGIONI DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data ###, la società ### s.p.a, premesso che, a decorrere dal 21-1-2013, a seguito di cessione del contratto di lavoro da parte della società ### srl, la quale in precedenza aveva gestito la struttura alberghiera denominata “### Paraelios”, ### era passato alle sue dipendenze, con inquadramento nel IV livello del ### con mansioni esclusivamente di manutentore della struttura turistica, con orario di lavoro dalle 9,00 alle 19,00, con intervallo di due ore, dal lunedì al venerdì, solo dal mese di giugno al mese di settembre, esponeva che, dal 2019, la struttura alberghiera aveva cessato temporaneamente di svolgere l'attività ricettiva per eseguire lavori di ristrutturazione, restando il dipendente convenuto unico addetto alla struttura; che, nel corso di tale periodo, ### senza alcun titolo, aveva occupato una palazzina del complesso turistico insieme ai suoi familiari; che, in tal modo, il lavoratore aveva impedito la chiusura del cancello di ingresso della struttura turistica, agevolando alcuni furti di elettrodomestici nei locali della struttura; che, venuta a conoscenza della circostanza, dopo avere chiesto inutilmente il rilascio dell'immobile, aveva inviato in data ### lettera di contestazione disciplinare, con la quale addebitava al dipendente l'illegittima occupazione dell'immobile ed il suo rifiuto a liberarlo e di non avere evitato il perpetrarsi di furti di beni aziendali di rilevante valore economico; che, in mancanza di adeguate giustificazioni, peraltro tardivamente fornite, con lettera raccomandata del 26-7-2021, aveva proceduto alla risoluzione del rapporto di lavoro intimando il licenziamento; che il licenziamento era legittimo attesa la gravità della condotta addebitata, contraria ai principi di buona fede, correttezza e diligenza ex art. 2106 c.c. e all'art. 137 ### di settore; che il comportamento addebitato era stato, altresì, causa di danni patrimoniali per il valore dei beni trafugati, per l'impossibilità e/o il ritardo di avviare i lavori di ristrutturazione programmati e per la conseguente perdita di guadagno, per occupazione abusiva e per il ripristino dei luoghi occupati. 
Tanto premesso, adiva il giudice del lavoro del Tribunale di Napoli chiedendo l'accertamento della legittimità del licenziamento per giusta causa e, di conseguenza l'illegittimità della permanenza del convenuto nell'immobile di ### con condanna al risarcimento dei danni patrimoniali, per le causali predette, nella misura come analiticamente indicata in ricorso; chiedeva infine l'accertamento della correttezza dell'inquadramento nel IV livello del ### di settore e l'inesistenza del diritto a differenze retributive maturate per ferie e permessi non goduti, lavoro straordinario, lavoro notturno ed altri emolumenti. 
Ritualmente instaurato il contraddittorio, si costituiva tardivamente in giudizio ### che eccepiva l'esistenza di altro giudizio già pendente tra le stesse parti, da lui promosso, dinanzi al Tribunale di ###, per il quale il giudice adito aveva dichiarato la litispendenza; chiedeva pertanto la trasmissione del fascicolo alla Corte di Cassazione, avendo proposto regolamento di competenza. 
Il giudizio veniva sospeso e, quindi, a seguito dell'ordinanza 8916/2024 della Suprema Corte, di declaratoria della competenza del giudice del lavoro del Tribunale di Napoli, tempestivamente riassunto dalla società ricorrente. 
Si costituiva nuovamente il dipendente ### che contestava la legittimità del licenziamento sia sotto l'aspetto formale, perché avvenuto in violazione del divieto di licenziamento ex D.L. 18/2020 e perché le norme della contrattazione collettiva indicate nella lettera di licenziamento non avevano corrispondenza con i fatti contestati, sia sotto l'aspetto sostanziale perché ritorsivo e per insussistenza dei comportamenti addebitati, avendo occupato l'immobile in quanto acquistato per usucapione e, quanto all'asportazione di materiale di proprietà del datore di lavoro, per mancanza di responsabilità in ordine ai fatti. 
Concludeva, pertanto, affinché venisse dichiarata la nullità del licenziamento o, in subordine, l'illegittimità dello stesso per inesistenza della giusta causa, con reintegra nel posto di lavoro e risarcimento dei danni; chiedeva, altresì, la condanna del datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive non corrisposte in costanza di rapporto di lavoro dal 2013 alla data del licenziamento, nonché del ### con accessori di legge.  ***** 
Oggetto del giudizio è, in primis, l'accertamento, su iniziativa del datore di lavoro, della legittimità del licenziamento disciplinare intimato in data ### dalla società ricorrente nei confronti del proprio dipendente ### E' appena il caso di rammentare che la giurisprudenza di legittimità ha sempre affermato la sussistenza di un interesse ad agire, anche del datore di lavoro, ogni qualvolta ricorresse una pregiudizievole situazione d'incertezza, in relazione al rapporto di lavoro, non eliminabile senza l'intervento del giudice (Cass. nr. 5889 del 1993); in particolare, la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile la domanda del datore di lavoro diretta all'accertamento della legittimità del licenziamento (Cass. nr. 279 del 1996), ancorché questo risultasse essere già stato impugnato dal lavoratore con l'instaurazione di un ### giudizio, salva in ogni caso l'applicabilità della disciplina della continenza delle cause ex art. 39 cod. proc. civ. (cfr. Cass n. 6891 del 14/7/1998; Cass. n. 7096 del 2012; Cass. n. ### del 23/11/2018). 
Ciò posto in termini di interesse ad agire, è preliminare, rispetto all'esame del merito, la soluzione della questione circa la tempestività della costituzione della parte convenuta, ai fini della delimitazione del thema decidendum. 
Necessario, quindi, ricostruire le vicende processuali attraverso le quali si è sviluppato il presente giudizio. 
Si è detto che l'iniziativa giudiziale è stata assunta dal datore di lavoro che ha, infatti, adito il giudice del lavoro del Tribunale di Napoli e, a seguito della instaurazione del contraddittorio, il lavoratore si è tardivamente costituito deducendo unicamente di avere intenzione di proporre regolamento di competenza avverso la decisione del giudice del lavoro del Tribunale di ### - nel giudizio successivamente instaurato questa volta dal lavoratore stesso per far valere l'illegittimità del licenziamentodichiarativa della litispendenza con cancellazione della causa dal ruolo. 
A seguito dell'ordinanza della Suprema Corte del 4-4-2024, con la quale l'istanza del lavoratore è stata rigettata, dichiarandosi la competenza del Tribunale di Napoli, in base al criterio della prevenzione, la ### spa ha riassunto il presente giudizio, nel frattempo sospeso, e, di seguito il lavoratore costituendosi, ha contestato le circostanze allegate dal datore di lavoro e ha chiesto dichiararsi, sotto plurimi profili, la nullità e/o illegittimità del licenziamento con condanna alla reintegra e al risarcimento del danno; ha chiesto, altresì, la condanna del datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive e del tfr. 
Orbene, si ritiene che la tardività della costituzione del lavoratore -che inizialmente era addirittura rimasto contumacenel presente giudizio, conduca univocamente nel senso della preclusione delle domande proposte solo nella memoria difensiva a seguito della riassunzione. 
Senz'altro riconvenzionale è la domanda di pagamento delle differenze retributive. 
La stessa natura condividono anche le domande che concernono la nullità e/o illegittimità del licenziamento e di reintegra nel posto di lavoro con risarcimento del danno. 
Non si ignora l'orientamento di legittimità -peraltro espresso nella vigenza dell'art. 18 St. lav. prima dell'intervento della l. 92/2012- per il quale il giudice che accerta l'inefficacia o l'illegittimità del licenziamento deve ordinare la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, anche in mancanza di una esplicita domanda in tal senso del lavoratore licenziato, atteso che la reintegrazione - salvo il caso di espressa rinuncia ad essa - è compresa, come effetto tipico della tutela reale prevista dalla norma suddetta, nella domanda avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità od inefficacia del recesso del datore di lavoro (v. Cass. n. 4921 del 1997; n. 12294 del 1991, entrambe relative all'art. 18 cit., nel testo anteriore alle modifiche di cui alla l. n. 109 del 1990; v. anche Cass. n. 12944 del 2012; da ultimo Cass. n. 8053 del 11/03/2022). 
Gli è, però, che tali principi, alla stregua dei quali non occorre una esplicita domanda perché la reintegra è effetto che la legge riconnette all'annullamento del licenziamento intimato, non possono trovare applicazione nella fattispecie in esame per l'assorbente considerazione -a parte la questione circa il regime di tutele applicabiliche la presente fattispecie si caratterizza per l'iniziativa giudiziale del datore di lavoro. 
Ben avrebbe potuto il lavoratore convenuto in giudizio proporre autonoma domanda di impugnativa di licenziamento, invocando le tutele pro tempore applicabili, ma ciò, nel rispetto delle preclusioni di cui all'art. 416 cpc, avrebbe dovuto avvenire attraverso una tempestiva costituzione in giudizio. 
Conferma della soluzione adottata si trae dall'insegnamento della Suprema Corte (v. Cass. n. ### del 23/11/2018 cit.) per il quale, ammettendo che il datore di lavoro possa agire in via di mero accertamento nelle forme del rito ex art. 1 della legge nr. 92 del 2012, la previsione dell'art. 1 della legge citata in ordine alla possibilità della domanda riconvenzionale solo nella fase di opposizione, non può condurre alla negazione per il lavoratore, nella fase sommaria, della facoltà, non solo di paralizzare l'azione datoriale, ma di richiedere, con specifica domanda contenuta nella memoria di costituzione, le tutele derivanti dall'accertamento di illegittimità del licenziamento ### mutandis, nell'ambito del giudizio ordinario di merito, dalla riconosciuta necessità che il lavoratore, allorchè convenuto in giudizio, formuli espressa domanda riconvenzionale di impugnativa del licenziamento discende, secondo le regole proprie del rito di lavoro, che la stessa debba essere proposta, ex art. 416 cpc, a pena di inammissibilità nella memoria difensiva fino a dieci giorni prima dell'udienza ex art. 420 cpc. 
Non giova alla difesa del convenuto sostenere la tesi per la quale, a seguito della pronuncia sul regolamento di competenza, ai sensi dell'art.  49 cpc, la Corte “rimette…..le parti in termini affinchè provvedano alla loro difesa”. 
A parte che nell'ordinanza in esame non vi è stata alcuna pronuncia in ordine ad una eventuale rimessione in termini per la difesa, è assorbente rilevare che la tempestiva costituzione del convenuto a seguito della riassunzione non spiega alcun influenza sulle preclusioni e decadenze già verificatisi E' noto che, per effetto della dichiarazione di litispendenza, il processo innanzi al giudice successivamente adito si esaurisce definitivamente, salvo -come è avvenuto nella specieil regolamento di competenza ex art.  42 cod. proc. civ., con la conseguenza che non è più possibile la ripresa del suo svolgimento attraverso la proposizione di un'istanza di riassunzione; ma la parte può allora far valere il suo diritto nel diverso processo preventivamente instaurato (Cass. n. 13500 del 20/05/2019). 
Per evidenti ragioni di coerenza sistematica, poi, trovano applicazione per la litispendenza come per l'ipotesi di riunione ex art. 273 cpc i medesimi principi, col risultato che la domanda già comune ai due processi originari dovrà essere trattata, di regola, nei termini in cui era stata introdotta nel processo preveniente e, comunque, tenendo conto delle eventuali preclusioni in tale processo già maturate anteriormente alla riunione ex art. 273 c.p.c. o alla declaratoria di litispendenza. 
In altri termini le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l'introduzione di un secondo giudizio identico al primo e a questo riunito, in quanto la riunione di cause identiche non realizza una vera e propria fusione dei procedimenti, tale da determinarne il concorso nella definizione dell'effettivo thema decidendum et probandum, restando anzi intatta l'autonomia di ciascuna causa. 
Ne consegue che, in tale evenienza, e a maggior ragione nel caso di litispendenza, il giudice - in osservanza del principio del "ne bis in idem" e allo scopo di non favorire l'abuso dello strumento processuale e di non ledere il diritto di difesa della parte in cui favore sono maturate le preclusioni - deve trattare soltanto la causa iniziata per prima, decidendo in base ai fatti tempestivamente allegati e al materiale istruttorio in essa raccolto (così Cass. n.20248 del 14/07/2023; Cass. n. 24529 del 05/10/2018 e Cass. n. 24529/2018 e n. 567/2015 ivi richiamate). 
Dalle considerazioni che precedono discende che oggetto del presente giudizio sono unicamente le domande come formulate dal datore di lavoro ovvero di legittimità o meno del licenziamento, di risarcimento del danno e di accertamento della qualifica e orario di lavoro del lavoratore. 
Vanno, di conseguenza espunte le domande, tardivamente formulate dal lavoratore in ordine agli ulteriori vizi del licenziamento e alle conseguenze in termini di tutele applicabili, nonché di pagamento di differenze retributive. 
Ovviamente le preclusioni maturate nel giudizio preveniente si riferiscono solo alle attività soggette alle scansioni processuali dettate a pena di decadenza e non si comunicano, pertanto, alle attività assertive che, come le mere difese e le eccezioni in senso lato, non soggiacciono a preclusione. 
Così delimitati i confini del thema decidendum, è utile, fin da subito, ulteriormente sgombrare il campo di indagine dalla domanda attorea di declaratoria del livello di inquadramento e di accertamento negativo di prestazioni di lavoro straordinario o notturno e di indennità sostitutiva di ferie e permessi non goduti. 
In ordine al IV livello di inquadramento del ccnl turismo (il livello V indicato solo nelle conclusioni del ricorso risulta essere mero refuso materiale) non vi è invero alcuna contestazione tra le parti, risultando, peraltro, anche dalle buste paga. 
Trattandosi di res non controversa non sussiste, pertanto, l'interesse ad agire. 
Quanto all'accertamento delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, l'assunto -contestato dalla difesa del convenutoè abortito allo stato di mera petizione di principio non essendo stata richiesta attività istruttoria sul punto. 
Nel ricorso introduttivo del giudizio infatti, è stata chiesta prova testimoniale sulle circostanze di fatto “articolate nei precedenti capi da 1 a 36” (cfr. ricorso pag.14). Le allegazioni circa le modalità di svolgimento del rapporto di lavoro sono, invece, contenute nei punti da 37 a 39. 
Tanto è sufficiente al rigetto della domanda perché sfornita di prova. 
Residua l'esame della domanda diretta all'accertamento della legittimità del licenziamento. 
Va premesso che la Suprema Corte ha più volte affermato che l'art 2119 c.c. configura una norma elastica, in quanto costituisce una disposizione di contenuto precettivo ampio e polivalente destinato ad essere progressivamente precisato, nell'estrinsecarsi della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, fino alla formazione del diritto vivente mediante puntualizzazioni, di carattere generale ed astratto, precisando che l'operazione valutativa, compiuta dal giudice di merito nell'applicare clausole generali come quella dell'art. 2119 c.c., non sfugge ad una verifica in sede di giudizio di legittimità (Cass. nn. 1351 del 2016, 12069 del 2015, 6501 del 2013), poiché l'operatività in concreto di norme di tale tipo deve rispettare criteri e principi desumibili dall'ordinamento.   La relativa valutazione deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla utilità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all'intensità dell'elemento intenzionale o di quello colposo (Cass. nn. 1977 del 2016, 1351 del 2016, 12059 del 2015). 
I fatti addebitati devono rivestire, quindi, il carattere di grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro, tale da lederne irrimediabilmente l'elemento fiduciario e spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una valutazione astratta del fatto addebitato ma tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi, innanzi tutto, rilievo alla configurazione che delle mancanze addebitate faccia la contrattazione collettiva, ma pure all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente e dalla qualifica rivestita, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla sua particolare natura e tipologia (v. da ultimo Cass. n. 12789 del 21/04/2022; Cass. n. 7029 del 09/03/2023). 
A questi fini, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali costituisce uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell'art. 2119 c.c. (Cass. n. 17321 del 19/08/2020). 
Nella fattispecie in esame, il licenziamento è stato comminato: per avere il lavoratore dimorato, unitamente alla propria famiglia, senza autorizzazione, presso la struttura alberghiera, conferita in gestione alla società ### srl; per non avere impedito il perpetrarsi di ripetuti furti di beni di cucina e di macchinari industriali. 
Orbene, ai fini della soluzione della controversia soccorrono i criteri di riparto degli oneri della prova. 
E', senz'altro, jus receptum che in tema di licenziamento per giusta causa, è onere del datore di lavoro dimostrare il fatto ascritto al dipendente, provandolo sia nella sua materialità, sia con riferimento all'elemento psicologico del lavoratore e solo laddove il fatto risulti dimostrato, spetta, al lavoratore la prova di una esimente (v., tra le altre, Cass. Sez. Lav. n. 4368 del 23/02/2009). 
Nella specie, entrambe le condotte contestate sono rimaste senza riscontro. 
Quanto alla contestazione relativa ai furti verificatisi presso il villaggio turistico, è sufficiente osservare che, il fatto, così come contestato, risulta privo di significato logico non lasciando comprendere quale sia il comportamento, omissivo o commissivo, imputato al lavoratore “per non avere impedito” i furti dei beni aziendali. 
La società, in più punti del ricorso introduttivo, ha sostenuto che il lavoratore non aveva funzioni di guardiania o di sorveglianza, ma unicamente di manutentore. 
Da ciò discenderebbe che non aveva alcun obbligo di custodia o di vigilanza sulla struttura e sui suoi beni strumentali. 
Si adombra evidentemente che egli abbia avuto un ruolo nella consumazione del reato, per il solo fatto di risiedere all'interno del villaggio, ma la contestazione, pur alludendo, quanto meno, ad un atteggiamento di compiacenza per le violazioni della proprietà privata, non esplicita alcunchè. 
Si arresta, quindi, allo stato di mera illazione che, nel processo inferenziale, che dalla allegazione del fatto dovrebbe condurre alla prova della responsabilità nella causazione dell'evento, non conduce affatto, mancando di alcun indice, nemmeno presuntivo, del nesso eziologico tra azione/omissione ed evento, al risultato voluto. 
Né vale a confutare le predette considerazioni la circostanza che l'occupazione abusiva dell'alloggio non avrebbe consentito la chiusura del cancello di accesso alla struttura. 
Dall'istruttoria svolta è, invero, emerso che all'interno del villaggio turistico viveva, quanto meno, un'altra famiglia, (v. deposizione del teste ### che, come il convenuto, utilizzava per accedere alla sua abitazione il medesimo varco di ingresso, in tal modo elidendosi la presunzione che l'impossibilità di chiudere il cancello della struttura - quand'anche fosse realefosse ascrivibile alla presenza del convenuto e della sua famiglia. 
Parimenti senza riscontro è risultato anche l'ulteriore addebito contestato e che, senz'altro, rappresenta la ragione principale che ha indotto il datore di lavoro al licenziamento, sulla quale si registra un fortissimo contrasto tra le parti, come ne è conferma il contenzioso, sia civile che penale, che entrambe le parti hanno insistentemente invocato e documentato nel presente giudizio. 
Il fatto materiale in sé non è, invero, contestato, assumendo, piuttosto, il lavoratore di avere usucapito la proprietà dell'immobile occupato da lui e dalla sua famiglia, dove avrebbe vissuto per decenni, lavorando, come guardiano presso il villaggio turistico, alle dipendenze delle diverse società che si erano succedute nella gestione della struttura alberghiera sin dal 1976. 
Gli è, però, che la fattispecie contestata non è semplicemente l'occupazione dell'immobile ma che l'occupazione sia avvenuta in assenza di autorizzazione. 
Nel ricorso introduttivo si legge, poi, che secondo la ricostruzione attorea, il lavoratore avrebbe approfittato della chiusura dell'attività alberghiera per il periodo dell'emergenza epidemiologica, durante la quale egli era stato posto in cassa integrazione, per effettuare “un colpo di mano” occupando, per l'appunto, l'immobile. 
Orbene, tralasciando di indagare quale fosse l'ampiezza effettiva dell'immobile occupato, della quale nulla di certo è emerso dall'istruttoria, il teste ### ha riferito che il ricorrente lavorava come custode e abitava, già dal 2009, in una palazzina all'interno della struttura alberghiera, che, al piano terra, aveva una guardiania, ovvero una postazione di lavoro, dove il ricorrente si tratteneva quando non era “in giro” all'interno dell'area del villaggio. 
Il teste ha riferito anche in ordine alla presenza della moglie e dei figli che entravano e uscivano dalla palazzina e con i quali il lavoratore consumava i pasti nel terrazzino prospicente l'abitazione e che coincideva anche con la postazione di attesa per le mansioni di custodia. 
La presenza della famiglia nei pressi della palazzina è confermata anche dall'altro teste ### Sebbene entrambi i testi non abbiano potuto affermare che i familiari occupassero l'abitazione, non altrimenti si giustifica, in termini di presunzione, la loro continua presenza all'interno del villaggio. 
Alcun'altra ragionevole spiegazione è possibile individuare, se non che tutta la famiglia vivesse all'interno del villaggio, poiché se, come ha sostenuto il datore di lavoro, il ### svolgeva un orario lavorativo entro le 40 ore settimanali e mai secondo turni notturni ben avrebbe potuto e dovuto fare rientro -e a maggior ragione i suoi familiaria casa propria una volta terminato l'orario di lavoro.  ### documentazione in atti risulta, poi, che il ### risiedesse, secondo le risultanze dell'anagrafe civile, proprio ed esattamente all'interno del villaggio turistico sin dal 1985 (v. certificato di residenza storica in atti). 
Dal quadro probatorio descritto inferisce che la contestazione circa l'assenza di autorizzazione da parte della ### all'occupazione dell'immobile risulta, senz'altro, confutata dal dato temporale, di almeno dieci anni, durante il quale il lavoratore ha, invece, abitato nell'immobile senza che la società abbia sollevato alcuna obiezione. 
In altri termini il comportamento datoriale assolutamente silente tenuto rispetto alla situazione di fatto esistente, che non appare verosimile le fosse sconosciuta, integra un comportamento concludente di autorizzazione tacita. 
E, deve aggiungersi che, senz'altro, è risultato sconfessato l'assunto per il quale il lavoratore avrebbe realizzato un “colpo di mano” durante la chiusura dell'attività alberghiera. 
Sotto altro concorrente aspetto, se anche il lavoratore abbia tenuto un comportamento contrario ai doveri di diligenza e buona fede occupando senza titolo l'immobile aziendale, l'atteggiamento tollerante tenuto dal datore di lavoro nel corso degli anni influenza il giudizio circa la gravità della condotta.  ### va, invero, valutato in senso accentuativo a tutela del lavoratore rispetto alla regola generale della "non scarsa importanza" di cui all'art. 1455 c.c., cui consegue, quale corollario, che l'irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto (v. 
Cass, n. 1634 del 22/01/2019). 
Dovendosi, però, l'accertamento giudiziale arrestare alla mera declaratoria di legittimità o meno del licenziamento, esula dal presente giudizio ogni valutazione circa l'insussistenza del fatto contestato piuttosto che di difetto di proporzionalità. 
E' poi, appena il caso di sottolineare che, pure superfluo, ai fini della soluzione della controversia, è stabilire se il lavoratore avesse un titolo che legittimasse il possesso dell'immobile, se cioè ne fosse detentore qualificato, in virtù del rapporto di lavoro, essendo di fatto inserito nel contratto, per tacito accordo, l'uso dell'alloggio di servizio, peraltro tipicamente associato al contratto di custodia e guardiania (benchè non espressamente trasfuso nei contratti di lavoro in atti), ovvero ne avesse usucapito, ricorrendone i presupposti civilistici, il diritto di proprietà. 
Certamente una statuizione giudiziale in tale senso ben avrebbe potuto escludere ogni incertezza sulla ricorrenza o meno degli elementi costitutivi della fattispecie contestata disciplinarmente. 
Tale accertamento, nella specie, nonostante la pendenza dei plurimi giudizi dinanzi alle sezione ordinarie del Tribunale civile, non è allo stato intervenuto e, comunque, attesa la tardività della costituzione del lavoratore e l'onere probatorio su di lui gravante, risulta, in questa sede, processualmente precluso. 
Ma, si è detto, è sufficiente, ai fini dell'indagine della legittimità del licenziamento, il mero riscontro tra la condotta contestata, nelle sue componenti oggettiva e soggettiva, e le risultanze probatorie, che porta, secondo un prudente apprezzamento, al convincimento giudiziale circa la mancanza dell'”assenza di autorizzazione”, che, invece, deve ritenersi per facta concludentia. 
Neppure inficia le conclusioni cui si è giunti l'ordinanza cautelare del 5- 6-2023 di riconsegna dell'immobile occupato che sarebbe passata in cosa giudicata. 
Al riguardo è sufficiente osservare che nel sistema processuale delineatosi, in tema di procedimenti cautelari, a seguito delle modifiche di cui all'art. 2, comma 3, lett. e bis, del d.l. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella l. n. 80 del 2005, (così come nel precedente) i provvedimenti urgenti anticipatori degli effetti della sentenza di merito, emessi "ante causam" ai sensi dell'art. 700 c.p.c., sono privi di stabilità e inidonei al giudicato, ancorché nessuna delle parti del procedimento cautelare abbia interesse ad iniziare l'azione di merito (ex multis, Cass. n. 6039 del 28/02/2019; Cass. n. 9368 del 07/07/2023). 
Anzi dalla lettura dell'ordinanza cautelare si traggono ulteriori elementi a conferma del fatto che il lavoratore ed i suoi familiari avessero la disponibilità del bene già prima della cessione, nel 2013, del contratto di lavoro in capo alla ### (cfr. ordinanza in atti). 
E si è detto, tale circostanza, in punto di fatto, porta ad escludere (v.  anche motivazioni dell'ordinanza cautelare in ordine all'alloggio di servizio) che l'occupazione fosse avvenuta nel 2019 e senza autorizzazione del datore di lavoro. 
Altra e ben differente questione -che esula dal presente giuidizio, è quella che discende dalla prosecuzione dell'occupazione dopo il licenziamento ovvero circa il titolo che il lavoratore assume avere acquisito per usucapione.  ### stregua delle complessive considerazioni espresse la domanda attorea va, in definitiva, rigettata con conseguente declaratoria di illegittimità del licenziamento del 26-7-2021. 
Il rigetto della domanda sulla legittimità dell'atto risolutivo assorbe le ulteriori domande risarcitorie che su tale presupposto trovavano fondamento. 
I confini del thema dedicendum, come infra precisati, precludono ogni ulteriore pronuncia, pena il vizio di ultrapetizione. 
La reciproca soccombenza (avuto riguardo, per la parte convenuta, alla liquidazione delle spese del procedimento di regolamento necessario di competenza per il quale la Suprema Corte ha rinviato alla sentenza di definizione del giudizio) giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti. 
Tenuto conto della complessità della controversia non si è potuto procedere alla contestuale lettura in udienza “del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione” così come disposto dal novellato primo comma dell'art. 429 cpc applicabile al presente giudizio ratione temporis.  P.Q.M.  Il giudice, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa, così decide: 1) rigetta il ricorso e, per l'effetto, dichiara l'illegittimità del licenziamento del 26-7-2021; 2) compensa le spese di lite. 
Così deciso in data ### .  il Giudice Dott. ### presente sentenza è stata redatta con la collaborazione della dott.ssa ### MOT in tirocinio generico preso questa ### del Tribunale di Napoli. 
RG n. 13231/2021

causa n. 13231/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Picciotti Giovanna, Belliazzi Francesco

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 5485/2024 del 01-03-2024

... esposizione dei fatti drammatizzata e non nei limiti della continenza formale; 3. per la cassazione della predetta sentenza ricorre ### con unico articolato motivo; resiste parte datoriale (ora ### s.p.a.) con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memorie; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza; ### 1. parte ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del quarto comma dell'art. 33 del Contratto collettivo specifico di lavoro (### applicato al rapporto e degli artt. 1372 e 2077 c.c.; argomenta che, poiché tale norma co ntrattuale collettiva stabilisce che, se il provvedimento non viene comminato entro i sei giorni successivi alla ricezione delle giustificazioni del lavoratore “queste si riterranno accolte”, non è prevista la possibilità per l'azienda di prorogare unilateralmente il termine di cui sopra, neanche a fini integrativi, come er roneamente ritenuto legittimo dai giudici di merito; sostiene altresì che, siccome la Corte d'### ha accertato l'infondatezza della seconda contestazione, l'illecito commesso co n l'articolo pubblicato su “###” costituisce l'unico fondamento del licenziamento (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso 15330-2022 proposto da: ### domiciliato in ### presso LA C ANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato ### - ricorrente - contro #### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliat ###, presso lo studio ### & ###, rappresentata e difesa dagli avvocati ### disciplinare - Termini per la comminazione di sanzioni previsti dalla contrattazione collettiva - Rilevanza - ### applicabile R.G.N. 15330/2022 Cron. 
Rep. 
Ud. 28/11/2023 CC ####, #### CAMMARATA; - controricorrente - avverso la sentenza n. 111/2 022 della CORTE D'### di L'### depositata il ### R.G.N. 347/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal ###. #### 1. la Corte d'### di L'### respingeva il reclamo proposto da ### avver so la sentenza del Tribunale di Lanciano di rigetto dell'impugnativa del licenziamento per giusta causa irrogatogli con nota del 29.3.2019 da ### di cui era dipendente dal 1998 con mansioni di addetto attività semplici; 2. la Corte distrettuale, per quanto qui rileva, osservava in particolare che: - il licenziamento era stato intimato sulla base di un duplice ordine di contestazioni disciplinari: a) per aver riferito a giornalista del quotidiano “###” una serie di circostanze inveritiere trasfuse nell'articolo pubblicato in data ### dal titolo: “Io, pagato dalla ### per non fare niente”, suscettibili di danneggiare l'immagine della società e di gettare discredito sulle modalità di svolgimento dell'attività presso lo stabilimento di ### (contestazione dell'1.3.2019); b) per aver contattato il collega ### pero e avergli chi esto insistentemente di testimoniare a suo favore in merito 3 agli episodi riportati in detto articolo (contestazione del 15.3.2019, con la quale l'azienda disponeva anche la sospensione dei termini per l'irrogazione della sanzione disciplinare in relazione al primo addebito contestato); - ricostruiva la sequenza del procedimento disciplinare secondo la seguente scansione: 1.3.2019 - prima contestazione; 9.3.2019 - giustificazioni del lavoratore con riguardo all a prima contestazione; 15.3.2019 - seconda contestazione; 23.3.2019 giustificazioni del lavoratore con riguar do alla seconda contestazione; 29.3.2019 - lettera di licenziamento; - escludeva nella specie l'esercizio di legittimo esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica espresso tramite un articolo di stampa; - riteneva infondato il secondo addebito, valutando la richiesta ad una perso na di testimoniar e a proprio a favore su un fatto specifico (non di testimoniare il falso) esercizio del diritto di difesa; - confermava, con motivazione parzialmente diversa, la statuizione di primo grado di rigetto dell'impugnativa del licenziamento, ritenendo la sanzione espulsiva adeguata al pregiudizio aziendale derivato dall'intervista di cui al primo addebito, perché correlata a esposizione dei fatti drammatizzata e non nei limiti della continenza formale; 3. per la cassazione della predetta sentenza ricorre ### con unico articolato motivo; resiste parte datoriale (ora ### s.p.a.) con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memorie; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza; ### 1. parte ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del quarto comma dell'art. 33 del Contratto collettivo specifico di lavoro (### applicato al rapporto e degli artt. 1372 e 2077 c.c.; argomenta che, poiché tale norma co ntrattuale collettiva stabilisce che, se il provvedimento non viene comminato entro i sei giorni successivi alla ricezione delle giustificazioni del lavoratore “queste si riterranno accolte”, non è prevista la possibilità per l'azienda di prorogare unilateralmente il termine di cui sopra, neanche a fini integrativi, come er roneamente ritenuto legittimo dai giudici di merito; sostiene altresì che, siccome la Corte d'### ha accertato l'infondatezza della seconda contestazione, l'illecito commesso co n l'articolo pubblicato su “###” costituisce l'unico fondamento del licenziamento dell'esponente, tuttavia punito dopo che era scaduto il termine per l' irrogazione della sanzione disciplinare stabilito dalla contrat tazione collettiva, dovendo ritenersi le giustificazioni accolte; 2. il motivo è fondato; 3. questa Corte ha chiarito (Cass. n. 21569/2018) che, in tema di li cenziamento discipl inare, la violazione del termine di cui all'art. 21, n. 2, comma 3, del c.c.n.l. gas e acqua del 2011, secondo cui, se il provvedimento disciplinare non viene emanato nei dieci giorni lavorativi successivi al quinto gi orno da l ricevim ento della contestazione, le giustificazioni si riterranno accolte, non integra una mera violazione di natura procedimentale ma comporta la totale mancanza della giusta causa per effetto 5 dell'ammissione del datore di lavoro dell'insussistenza della condotta illecita sanzionata; ne deriva che, in tale ipotesi, la tutela applicabile è quella di cui all'art. 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970 (e non quella di cui al comma 6 della predetta norma); 4. il Collegio intende dare continuità all'orientamento espresso nel precedente in esame, le cui motiva zioni si riprendono infra, stante la sovrappo nibilità, ai fini della presente co ntroversia, della previsione contrattuale collettiva ivi esaminata a quella di cui al presente giudizio; 5. la sentenza grav ata risulta infatti contradditt oria nella misura in cui nega ril ievo al secondo addebito disciplinare, ma vi ricollega l'effetto integrativo della prima contestazione con proroga o sospensione del termine per l'irrogazione della sanzione, in contrasto con il principio di affidamento e con l'espressa previsione contrattuale collettiva; 6. infatti, l'indicazione di un termine per il compimento di un'attività giuridicamente rilevante e la previsione di una determinata conseguenza per l'ipotesi di mancato compimento entro tale termine comportano necessariamente l'obbligo di proceder e all'indic ata specifica atti vità entro il ter mine stabi lito e la fictio dell'intervenuta accettazione delle giustificazioni nel caso di inottemp eranza al suddetto obbligo; si tratta di u n arricchimento delle garanzie di difes a dell'incolpato da parte della contrattazione collettiva, realizzato sia con la previsione di un termine finale, sia con l'attribuzione di un determinato significato al c omportamento del datore di lavoro nei confronti del lavoratore avvalsosi della facoltà e dei mezzi di difesa apprestatig li dall'ordinamento; 6 pertanto, la norma cont rattu ale, nel momento in cui ricollega al ritardo la conseguenza di un'accettazione delle giustificazioni, ancorché inserita in un contesto di norme procedurali, ha rango di norma sostanziale che regola il corretto esercizio del potere di re cesso datorial e, e prefigura come accolte le giustificazioni, sulla scorta della previsione patti zia e dei princip i di buona fede e correttezza; 7. il licenzia mento in esame, intimato nella vigenza della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 92/2012, doveva perciò considerarsi non semplicemente inefficace per il mancato rispetto di un termine procedurale (al pari dell'intempestività della contestazione oggetto della pronuncia di questa Corte, a sezioni unite, n. ###/2017), bensì illegittimo per l'insussistenza del fatto contestato, per avere il datore di lavoro accolt o (per effetto giuridico stabilito dalla regolamentazione contrattuale collettiva) le giustificazioni del dipendente e dun que per la totale mancanza di un elemento essenziale della giusta causa, con applicabilità della tutela di cui all'art. 18, co. 4, della legge n. 300/1970; 8. occorre, pertanto, affermare il principio di diritto che l'accertamento giudiziale dell'illegittimità o insussistenza di addebito disciplinare comporta che il datore di lavoro non possa avvalersi del la relativa cont estazione ad alcun effetto; in particolare, non potrà avvalersene per prorogare o s ospendere unilateralmente i termini fissati dal la contrattazione collettiva (nella specie, art. 33 ### del 7 luglio 2015 per le aziende appartenenti ai gruppi FCA e CNH e per i lavoratori da esse dipendenti) per l'irrogazione di sanzioni rifer ite ad altra contestazione, nell'ambito di 7 procedura disciplinare in precedenza avviata e per la quale il lavoratore abbia fornito le proprie giustificazioni, poiché dette giustificazioni si intendono accolte se non seguite da provvedimento disciplinare comminato entro un termine prefissato; 9. da tanto consegue che il ricorso deve essere accolto; la sentenza impug nata va cassata con rinvio all a Corte d'### di L'### in diversa composizione, per decidere la causa attenendosi ai prin cipi so pra afferm ati e per provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità; P.Q.M.  La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di ### di L'### Così deci so nella ### camerale del 28 novembre 

Giudice/firmatari: Esposito Lucia, Michelini Gualtiero

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Tribunale di Torino, Sentenza n. 4725/2025 del 04-11-2025

... all'altrui reputazione, secondo il principio della continenza verbale; la corrispondenza rigorosa tra i fatti accaduti e i fatti narrati, secondo il principio della verità, che può essere anche putativa (cfr. tra le tante, Cass. pen. n. 5941/2000). In tema, più specificatamente, di cronaca giudiziaria è stato affermato che essa “è lecita quando diffonda la notizia di un provvedimento giudiziario, mentre non lo è quando le informazioni da esso desumibili siano utilizzate per effettuare ricostruzioni o ipotesi giornalistiche autonomamente offensive, giacché, in tal caso, il giornalista deve assumersi direttamente l'onere di verificare le notizie e non può certo esibire il provvedimento giudiziario quale unica fonte di informazione e di legittimazione dei fatti riferiti” (in termini, Cass. pen. n. ###/2008). Con particolare riguardo al diritto di critica, esso si concretizza in un giudizio valutativo che, postulando l'esistenza del fatto elevato a oggetto di spunto del discorso critico, trova una forma espositiva non ingiustificatamente sovrabbondante rispetto al concetto da esprimere; di conseguenza va esclusa la punibilità di coloriture ed iperboli, toni aspri e polemici, (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO in persona della dr.ssa ### in funzione di Giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al R.G. n. 21565/2022 avente ad oggetto: diffamazione a mezzo stampa promossa da: ### c.f. ###, rappresentato e difeso dall'avv. ### ATTORE contro ### c.f. ### Uomini & ### S.r.l., c.f./P.IVA #### c.f. #### *** 
Conclusioni: per parte attrice: “### 1) per tutti i fatti di cui in narrativa, valutati sia singolarmente che nel loro complesso, accertare e dichiarare la illiceità, in violazione del diritto all'onore e alla reputazione, dell'attore ### ex art. 595 c.p., aggravata dall'attribuzione di fatti specifici ex comma II e dalla diffusione a mezzo stampa ex comma ### e comunque ex artt. 2043 c.c., 2059 c.c., oltreché sotto ogni più ampio profilo normativo civilistico; 2) in subordine, si chiede accertare e dichiarare per tutti i fatti di cui in narrativa, sia singolarmente che nel loro complesso, l'illiceità delle propalazioni oggetto di causa sotto il profilo della violazione dell'identità personale e professionale ai sensi degli artt. 2 Cost. e 2043 c.c.; 3) per l'effetto, condannare ex art. 2059 c.c., o comunque ex art.  2043 c.c., art. 2049 c.c., artt. 11 e 13 L. 47/1948, oltreché sotto ogni più ampio profilo normativo civilistico, il Dr. ### in qualità di autore degli articoli oggetto di causa, in narrativa, la società ### & ### S.r.l., in qualità di società editrice del quotidiano online ###it, nonché il Dr. ### in qualità di ### del quotidiano online ###it per omesso controllo sul contenuto degli articoli ex art. 57 c.p., al pagamento in favore dell'attore della somma di ### 103.000,00 o di quella anche minore che l'###mo Tribunale vorrà liquidare, anche in via equitativa, quale risarcimento dei danni non patrimoniali subiti, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali a partire dal novembre 2022 al saldo; 4) si chiede, inoltre, la condanna al pagamento della somma di ### 8.000,00 a titolo di riparazione pecuniaria ex art. 12 L. 43/1948, nei confronti del solo Dr. ### considerando che gli articoli a sua firma hanno avuto una estrema visibilità e contengono affermazioni oltremodo gravi e infamanti; 5) si chiede, infine, l'eliminazione degli articoli dagli archivi del quotidiano online ###it e, in subordine, la loro deindicizzazione nei motori di ricerca, compreso ###it.; […] ###: Con vittoria di spese, diritti ed onorari da distrarsi a favore del sottoscritto procuratore, che si dichiara anticipatario” *** 
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Con citazione regolarmente notificata l'attore ha convenuto in giudizio la srl ### & #### e ### nella loro qualità, rispettivamente, di società editrice, direttore e giornalista l'ultimo, in relazione a sei articoli pubblicati sul giornale on line “###it” in data 24,25,26 luglio 2019, 11 dicembre 2019 e 19 giugno 2021. Ha allegato l'attore che detti articoli avrebbero leso la sua reputazione personale e professionale avendogli attribuito l'immagine di un “ciarlatano”, che esercita abusivamente la professione e che è stato collegato a tragiche vicende di cronaca giudiziaria. Sulla base di queste premesse, ritenendo di essere stato gravemente leso nella reputazione personale e professionale, ha chiesto la condanna dei convenuti, in solido tra loro, al risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, quantificato in complessivi € 125.000 (€ 15.000 per un articolo ed € 22.000 per ciascuno degli altri cinque articoli), oltre ad € 8.000 da porsi a carico del solo giornalista ### (autore di 3 degli articoli censurati) a titolo di sanzione pecuniaria ex art. 12 l. 43/1948. Ha altresì domandato ordinarsi l'eliminazione degli articoli dagli archivi web del quotidiano o la deindicizzazione degli stessi. 
Non si sono costituiti i convenuti. 
All'udienza 21.3.2023, dichiarata la contumacia di quest'ultimi, sono stati concessi i termini della trattazione. Con ordinanza 5.10.2023 la causa è stata ritenuta matura per la decisione. Con ordinanza 7.7.2025 la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni dell'attore come sopra riportate.  2. Costituisce granitico principio giurisprudenziale quello per cui il diritto di cronaca prevale sul diritto all'onore e alla reputazione solo in presenza di tre elementi, che devono coesistere: l'interesse dei fatti narrati per l'opinione pubblica, secondo il principio della pertinenza; la correttezza dell'esposizione di tali fatti, in modo che siano evitate gratuite aggressioni all'altrui reputazione, secondo il principio della continenza verbale; la corrispondenza rigorosa tra i fatti accaduti e i fatti narrati, secondo il principio della verità, che può essere anche putativa (cfr. tra le tante, Cass. pen. n. 5941/2000). In tema, più specificatamente, di cronaca giudiziaria è stato affermato che essa “è lecita quando diffonda la notizia di un provvedimento giudiziario, mentre non lo è quando le informazioni da esso desumibili siano utilizzate per effettuare ricostruzioni o ipotesi giornalistiche autonomamente offensive, giacché, in tal caso, il giornalista deve assumersi direttamente l'onere di verificare le notizie e non può certo esibire il provvedimento giudiziario quale unica fonte di informazione e di legittimazione dei fatti riferiti” (in termini, Cass. pen. n. ###/2008). 
Con particolare riguardo al diritto di critica, esso si concretizza in un giudizio valutativo che, postulando l'esistenza del fatto elevato a oggetto di spunto del discorso critico, trova una forma espositiva non ingiustificatamente sovrabbondante rispetto al concetto da esprimere; di conseguenza va esclusa la punibilità di coloriture ed iperboli, toni aspri e polemici, linguaggio figurato o gergale, purché tali modalità espressive siano adeguate e funzionali all'opinione o alla protesta, in correlazione con gli interessi e i valori che si ritengono compromessi” (in termini, Cass. pen. n. 17259/2020); “l'aggressione all'altrui reputazione non scriminata dal diritto di critica, e perciò fonte di responsabilità, si riscontra anche qualora vengano adoperate espressioni in sé non offensive, ma si abbia l'accostamento allusivo di fatti ed opinioni, che non consenta di distinguere gli uni dalle altre, tanto da finire per alterare la portata ed il significato dei primi, al fine di corroborare surrettiziamente le seconde. La rilevanza del criterio dell'allusività, nell'accertamento del carattere diffamatorio di uno scritto, è da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza, penale e civile, come necessaria verifica del rapporto di interazione tra testo e contesto, giacché l'evento lesivo della reputazione altrui può ben realizzarsi, oltre che per il contenuto oggettivamente offensivo della frase autonomamente considerata, anche perché il contesto, in cui la stessa è pronunziata, determina un mutamento del significato apparente della frase altrimenti non diffamatoria, dandole quanto meno un contenuto allusivo, percepibile dall'uomo medio” (in termini, Cass. civ. n. 12522/2016); “le opinioni espresse riguardo ai fatti esposti devono essere strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dal comportamento preso di mira e non risolversi in un'aggressione gratuita e distruttiva della reputazione del soggetto interessato (cfr. Cass. n. 12420/08); la natura diffamatoria di un articolo non dev'essere apprezzata sulla base di una lettura atomistica delle singole espressioni, ma con riferimento all'intero contesto della comunicazione, comprensiva di titoli e sottotitoli e di tutti gli altri elementi che rendono esplicito, nell'immediatezza della rappresentazione e della percezione visiva, il significato di un articolo, e quindi idonei, di per sé, a fuorviare e suggestionare i lettori più frettolosi dovendosi dunque riconoscere particolare rilievo alla titolazione dell'articolo, in quanto il titolo è «specificamente idoneo, in ragione della sua icastica perentorietà, ad impressionare e fuorviare il lettore, ingenerando giudizi lesivi dell'altrui reputazione» (Cass. n. 29640/2017, Cass. n. 18769/2013, Cass. n. 20608/2011 e molte altre conformi). 
In ragione di tali principi di diritto vanno analizzati gli articoli oggetto di causa, con la premessa che in relazione a tutti gli articoli è rispettato il criterio della pertinenza delle notizie, ossia dell'interesse pubblico alle stesse, in verità nemmeno contestato dall'attore. Invero, gli articoli sono stati pubblicati quanto era in corso l'indagine giudiziaria sul cd. “caso Bibbiano”, in cui anche l'attore, all'epoca, era indagato (cfr. sentenze sul caso prodotte in atti). Indagine che ebbe grande risonanza mediatica in ragione dei delicati temi trattati (allontanamenti di minori dalle famiglie a seguito di denunce di abusi sessuali ottenute mediante interventi clinici di psicoterapeuti che, in tesi della ### operando con modalità suggestive, attuavano alterazioni degli stati psicologici ed emotivi dei minori stessi inducendoli a credere di essere stati abusati: cfr. sentenze prodotte in atti dall'attore). 
Articolo del 24.7.2019 Trattasi dell'articolo dal titolo “### il guru di ### senza laurea in ###
Esclusivo”, in cui il giornalista ### narra della scoperta che ### non ha una laurea in psicologia o psichiatria, ma solo in lettere (doc. 2).  ### contesta il titolo dell'articolo, nella parte in cui egli è definito come un “guru” rispetto alla vicenda di ### ossia rispetto ad un caso che ha suscitato grande scalpore poiché connesso ad asserite vicende di minori allontanati dalle famiglie, nonché nella parte in cui detto termine dispregiativo (“guru”) è associato all'assenza di una laurea in psicologia/psichiatria, presentata come notizia clamorosa (“Esclusivo”), così rendendola scandalosa e allarmante. 
Contesta, altresì, i seguenti passaggi dell'articolo: - “### il “guru” indagato per gli affidi da incubo dei bambini di ### non ha nemmeno la laurea in ### tanto meno in Psichiatria”. È laureato in ### all'### di ### nel 1978, dopo otto anni di studio. Nessuna laurea nelle materie della psiche”; - “Dietro al caso ### vi è anche questo singolare tratto del profilo professionale di uno dei principali attori in causa”; - “Il dato clamoroso risulta dai diversi curricula di ### pubblicati in rete da istituzioni, e precisamente dall'### sanitaria ### 9 Scaligera di ### e dall'ospedale infantile ### di Trieste”; - “Dopo “Lettere” ### ha all'attivo solo delle “### e gruppi di psicodramma” e un “tirocinio in qualità di psicologo”, presso il “servizio di ### infantile dell'### della ### di Novara”; - Come fa a fare un tirocinio in ospedale, in neuropsichiatria infantile un soggetto che ha solo la laurea in ### È uno “psicodrammista”, c'è scritto nel curriculum. In seguito ha fatto tantissimi corsi ma questi non possono essere equiparabili ad una Laurea”; - Voi affidereste vostro figlio di 5 anni o una persona con difficoltà psichiche a uno psicodrammista con la ### in #### neanche una laurea in ### o ###”; - “E che c'entra ### o ### con la ### infantile? E come mai tutti questi enti pubblici lo accreditato ad occuparsi della psiche dei più deboli?”; - Perché sia possibile ce lo spiegano vari ### regionali degli ### contattati e soprattutto quello del ### al quale ### risulta iscritto dal 1989 (…) ### che si definisce “direttore scientifico del ### “### e Gretel”, nel 1982 diventa “giudice onorario” per il Tribunale dei minori di ### Nell'89 è già docente all'### di ### psicoanalitica - Torino” e nel 1992 insegna educazione sessuale ai bambini delle scuole medie. 
Poi una carriera folgorante, forte nella sua collaborazione con gli enti pubblici”; - “Nel curriculum c'è anche scritto” che ### ha sostenuto numerosi corsi, scritto saggi, è formatore e addirittura docente delle stesse materie di ramo psicologico in qualche università”; - “Mostro o non mostro di certo la sua formazione professionale è discutibile perché non ha una laurea scientifica e specialistica in ### o ### tanto più occupandosi di vicende così delicate come quelle dei minori abusati e delle loro famiglie”; - “Per quanto iscritto all'### è sorprendente che questa mancanza non abbia fatto la differenza per nessuna istituzione”; - “Abbiamo contattato l'avvocato di #### per avere spiegazioni: “Lo conosco da 20 anni ed era già laureato. Non conosco il suo … ### chiederlo a lui. 
Immagino che se lui svolge la professione di psicoterapeuta lo faccia all'interno della legge”. 
Certo. Ma ha una laurea in ### o ### “### onesto non ho idea. ### chiederlo a lui. ### e la ricontatto se mi autorizza a darle il suo cellulare”. Stiamo aspettando la chiamata”. 
Argomenta l'attore come tutto l'articolo sia improntato a screditare la sua immagine professionale, etichettandolo come soggetto privo di competenze, nonostante egli abbia sempre svolto la professione nel rispetto della legge. Rileva come il giornalista abbia del tutto sminuito le sue competenze professionali quale conseguenza della manipolazione di un fatto neutro, ossia l'assenza di laurea in psicologia/psichiatria. Evidenzia, altresì, la falsità dell'affermazione per cui egli sarebbe stato coinvolto “negli affidi da incubo”, atteso che egli non è mai stato indagato per fatti relativi agli affidi, nonché sottolinea la mancanza di prova circa l'esistenza della telefonata fatta all'avv. ### Elemento, quest'ultimo, utilizzato dal giornalista solo per avvalorare la tesi dell'inadeguatezza professionale del ### La domanda è fondata.  ### muove da una notizia vera - l'attore ha una laurea in lettere, e non in psicologia o psichiatria (circostanza pacifica in causa) - sicché il requisito di verità è rispettato, mentre non lo è quello della forma espressiva della notizia, resa con modi atti a renderla denigratoria per il ### Effetto che nel lettore è tanto più reso dall'amplificazione ottenuta dal titolo e dall'accostamento della notizia ai fatti di ### Invero, il giornalista contorna detta notizia vera di informazioni, affermazioni e domande retoriche contenenti mezze verità, volutamente scelte al fine di rendere al lettore l'immagine di un professionista privo di reali competenze e di indurlo ad interrogarsi sulle ragioni della fama professionale dell'attore. 
Tanto si ricava dall'utilizzo dell'espressione per cui l'attore “non ha nemmeno la laurea in ### tanto meno in Psichiatria” associata al rilievo per cui “dopo Lettere” l'attore avrebbe avuto all'attivo solo delle “maratone e gruppi di psicodramma” e “un tirocinio come psicologo per il servizio di neuropsichiatria di Novara”, e ciononostante ha avuto una “folgorante carriera” Il giornalista rende quindi un giudizio dispregiativo (“non ha nemmeno la laurea”) affermando che il ### avrebbe svolto ben poco negli studi della psiche (solo gruppi di psicodramma e un tirocinio), quando, in verità, il curriculum vitae dell'attore (doc. 8) evidenzia come dagli anni '80 in poi il ### abbia dedicato la propria opera professionale alla psicologia e alla psicoanalisi. Curriculum di cui il giornalista era certamente in possesso (avendolo citato nell'articolo), ma dal quale ha estratto solo talune parti (i gruppi di psicodramma e il tirocinio come psicologo) al fine di corroborare l'idea dell'inadeguatezza dell'attore. 
Inadeguatezza espressa dal giornalista anche per il tramite della domanda retorica se una persona affiderebbe un figlio di 5 anni o una persona con difficoltà psichiche ad uno “psicodrammista con laurea in lettere”. Anche in tal caso, l'affermazione utilizza un dato vero (la specializzazione dell'attore in gruppi di psicodramma, ricavabile dal c.v.), ma senza spiegare che lo psicodramma ha una valenza terapeutica, con l'effetto di denigrare e financo ridicolizzare l'attore, passando, al lettore medio, l'idea che lo psicodramma sia cosa per nulla afferente alla scienza della psiche, da cui l'immagine di incompetenza del ### Solo dopo aver immesso nel lettore questa impressione di inadeguatezza dell'attore a svolgere la professione per non essere in possesso di laurea in psicologia o psichiatra, il giornalista spiega - quindi a metà dell'articolo - che l'attore ben poteva operare anche senza detto titolo di studi, in forza di una legge del 1989. 
Pertanto, il clamore e l'indignazione iniziali del giornalista (vedi il titolo “Esclusivo”) appaiono, in realtà, non giustificati, ed utilizzati solo al fine di passare al lettore il messaggio dell'inadeguatezza dell'attore. 
Vi sono, poi, due profili di non verità nella notizia: 1) la circostanza che l'attore sia stata “indagato per gli affidi”, posto che le accuse mosse all'attore - dalle quali lo stesso è stato poi assolto - afferivano ai reati di lesioni gravi su una minore, abuso d'ufficio e frode processuale (doc. 23) ; 2) la circostanza che il giornalista abbia telefonato al legale dell'attore per chiedergli conferma dell'assenza di una laurea in psicologia/psichiatria ricevendo dallo stesso l'impegno a rendere chiarimenti sul punto; impegno poi asseritamente non rispettato: sarebbe spettato ai convenuti di fornire la prova della verità di tale notizia, ma detta prova non è stata acquisita stante la contumacia dei convenuti. 
In definitiva, ritiene la scrivente che nell'articolo in questione il giornalista, lungi dall'esprimere una critica ragionata alle competenze professionali del ### abbia utilizzato l'elemento dell'assenza di titolo di studio in ambito psichico al solo fine di screditarne tutto l'operato e il percorso professionale, senza fornire elementi concreti - non offerti al lettore - per giungere a simile conclusione. Modalità di esercizio del diritto di cronaca/critica non conforme ai principi di diritto sopra riportati. 
Articolo del 25.7.2019 In questo pezzo - dal titolo “#### senza laurea in #### svicola” (doc.  3) - viene ripresa la notizia data “in esclusiva” nell'articolo precedente sull'assenza di laurea in psicologia del ### Si afferma che detta notizia era stata ripresa anche da Radio24 e che l'ex-### richiesto di prendere posizione sul punto, “svicola e non risponde nel merito”. 
Argomenta l'attore che l'articolo sarebbe falso e offensivo perché omette di riferire al lettore che l'attore ha sempre operato nell'ambito della legalità e perché strumentalizza il legittimo silenzio del ministro facendolo apparire come un “uomo e professionista impresentabile”. 
La domanda è fondata.  ### ribadisce l'informazione dell'articolo precedente dell'assenza di laurea in psicologia del ### in tal caso senza nemmeno spiegare come l'attore eserciti legalmente la professione in forza della legge del 1989, invece citata nell'articolo precedente. 
Tale omissione ha generato l'effetto denigratorio di trasmettere al lettore l'idea - errata - di una professione abusivamente esercitata. Circostanza tanto grave per il giornalista da indicare la scoperta come appunto “esclusiva” così da avvalorare maggiormente nel lettore l'idea della gravità della scoperta e del fatto. Effetto, poi, ulteriormente raggiunto col richiamo allo “svincolo” alla domanda sul punto asseritamente effettuato dal ministero ### ad evidenziare l'imbarazzo dato dalla circostanza emersa, a suffragio della gravità della stessa. 
Nuovamente, pertanto, la modalità espositiva, volutamente omissiva, ha avuto l'effetto di un gratuito attacco alla dignità professionale del ### sicché, nuovamente, il diritto di cronaca/critica non può dirsi legittimamente esercitato e quindi la derivata lesione alla reputazione dell'attore non scriminata. 
Articolo del 26.7.2019 Trattasi del pezzo del titolo “### ordine psicologi indaga su ### esercizio abusivo della professione?” (doc. 4), nel quale viene data l'informazione che, dopo l'“esclusiva” fornita con l'articolo del 24.7.2019, l'ordine degli psicologi avrebbe chiesto chiarimenti sulla posizione di ### Informazione che il giornalista dichiara di aver appreso da altra fonte (“secondo quanto riporta il quotidiano telematico ### Giornale”), che avrebbe altresì rivelato che “si potrebbe configurare l'esercizio abusivo della professione”. ### prosegue, poi, riportando interamente il contenuto del pezzo del 24.7.2019. 
Afferma l'attore la natura diffamatoria dell'articolo perché non gli risulta avviata un'azione disciplinare a suo carico e perché il riferimento all'esercizio abusivo della professione, pur nella formula dubitativa, è fortemente lesivo della propria persona. 
La domanda attorea è fondata. 
Sarebbe spettato ai convenuti provare la verità, anche solo putativa, della notizia riportata in ordine all'indagine aperta dall'ordine di psicologi sulla posizione dell'attore (Cass. 12985/2022: “### del diritto di cronaca può ritenersi legittimo quando sia riportata la verità oggettiva (o anche solo putativa) della notizia sicché, secondo la distribuzione degli oneri probatori disciplinata dall'art. 2697 c.c., una volta provato dall'attore, che assume di essere stato leso da una notizia di stampa, il fatto della pubblicazione diffamatoria, spetterà al convenuto dimostrare, a fondamento dell'eccezione di esercizio del diritto di cronaca e della sussistenza della relativa esimente, la verità della notizia, che può atteggiarsi anche in termini di verità putativa, laddove sussista verosimiglianza dei fatti in relazione alla attendibilità della fonte, nel qual caso competerà all'attore dimostrarne l'inattendibilità”). 
Prova non offerta nella contumacia dei convenuti, sicché la notizia in questione risulta falsa e certamente dal contenuto diffamatorio. Infatti, dopo la notizia dell'assenza di laurea in psicologia/psichiatria, la comunicazione dell'apertura di un procedimento di verifica da parte dell'ordine degli psicologi, è elemento atto a denigrare ulteriormente l'attore, avvalorando nell'attore l'idea che il ### abbia esercitato abusivamente la professione, come riportato nel titolo. Quest'ultima notizia, però, era certamente falsa e di ciò ne era a conoscenza la redazione, posto che già nell'articolo del 24.7.2019, come detto, si spiegava che l'esercizio da parte del ### è avvenuto in forza della l. 56 del 1989. 
Pertanto, anche tale articolo, riportante notizie false, ha travalicato i limiti posti dalla giurisprudenza per un corretto esercizio del diritto di cronaca/critica, sicché la portata diffamatoria dell'articolo non risulta scriminata. 
Articolo del 26.7.2019 In questo articolo viene riportato interamente l'articolo comparso sul “### delle Stelle” in cui viene ripreso lo “scoop” sull'assenza di laurea in psicologia/psichiatri del ### lanciato da ###it con gli articoli che precedono. Il titolo è “Lo scoop di ### sul ### delle #### ecco chi era ### Foti” (doc. 5).  ### ha argomentato la portata diffamatoria di detto titolo in quanto contenente una falsità, ossia l'esistenza di uno scoop sull'assenza di laurea in psicologia/psichiatria, quando in realtà nulla di scandaloso vi sarebbe nella laurea in lettere e nel regolare accesso alla professione con la legge del 1989.  ### ha, poi, contestato il contenuto dell'articolo sia nella parte redatta dai giornalisti della rivista on line ###it (la prima parte dell'articolo) sia nella parte in cui è riportato l'articolo tratto dal “### delle Stelle”. In particolare, ha argomento la natura diffamatoria del riferimento al “presunto esercizio abusivo della professione di psicologo da parte di ### Foti” nonché la notizia che egli sarebbe “coinvolto nell'indagine di ### sugli affidi illeciti”, in quanto fatti falsi e gravemente offensivi ipotizzandosi reati a suo carico (l'esercizio abusivo della professione, punita ex art. 348 c.p.) e fatti mai verificatisi (il coinvolgimento in fatti di affidi illeciti di minori). Quanto alla parte dell'articolo riportante il pezzo pubblicato dal “### delle “Stelle”, l'attore ha allegato il contenuto offensivo dello stesso poiché avente lo stesso contenuto dell'articolo 24.7.2019 dei convenuti. 
La domanda è fondata.  ### contiene una notizia falsa, ossia il possibile esercizio abusivo della professione da parte dell'attore. Falsità nota allo stesso giornalista che ha redatto l'articolo in questione, posto che negli articoli precedenti - come detto - si dà atto di come il ### eserciti la professione in forza della sanatoria consentita dalla legge del 1989. Falsità non superata nemmeno dall'utilizzo da parte del giornalista della formula dubitativa (“presunto”), posto che la conoscenza di detta legge escludeva in radice ogni profilo illegittimità nell'attività professionale esercitata dall'attore. Se il giornalista intendeva, comunque, ipotizzare l'esercizio abusivo della professione avrebbe allora dovuto - quale corretto esercizio del diritto di critica - spiegare per quale ragione un esercizio abusivo della professione potesse comunque essere ravvisato, pure a fronte della sanatoria consentita con la legge citata e conosciuta dal giornalista. In assenza di tali elementi, la notizia appare falsa e lesiva dell'immagine professionale dell'attore. 
Lesione tanto più ottenuta dall'amplificazione data dal titolo “ecco chi era ### Foti” e dall'accostamento della notizia ai fatti di “Bibbiano”, che di per sé evoca un'immagine negativa nel lettore, in quanto termine usato per indicare la complessa vicenda giudiziaria inerente fatti ai danni di minori. Vicenda nella quale - e qui sta l'altro profilo di falsità della notizia - il ### non è stato indagato per fatti di “affidi illeciti”, ma per i reati di frode processuale, abuso d'ufficio e lesioni gravi su una minore (doc. 23 cit.). Reati dai quali è stato in ultimo assolto in via definitiva (cfr. sentenze Corte d'Appello e della Corte di Cassazione sub docc. 23,24). 
Quanto all'articolo del “### delle stelle” riportato nell'articolo in esame, valgono le considerazioni già sopra espressa in ordine all'articolo del 24.7.2019. 
Articolo dell'11.12.2019 E' l'articolo dal titolo “### lo scandalo ridicolizzato dalle tv. Ecco perché. La scomoda verità” (doc. 6). In esso il giornalista ### dopo essersi soffermato sul “mito” che il ### avrebbe creato della ### quale terra della “buona amministrazione”, riporta taluni episodi della vicenda di “Bibbiano” che secondo il giornalista sarebbero stati “manipolati” per far apparire meno gravi le vicende di quello che in realtà esse siano. 
Di tale articolo l'attore censura i seguenti passaggi: - “Se strupano tuo figlio ma è accaduto a ### è un errore o il fato, procurato dall'azione di una singola mela marcia”; - “Se per caso i magistrati aprono un'inchiesta giudiziaria su quel sistema di affidi, scoprendo manipolazioni di ogni genere, non è poi così reale, è solo una piccola vicenda circoscritta perché siamo in ### la terra della buona amministrazione. Se la Cassazione revoca gli arresti domiciliari al sindaco ### che continua ad essere indagato per abuso d'ufficio e falso, vuol dire che è innocente”. 
Afferma l'attore che tali affermazioni avrebbero creato il terreno di ostilità del lettore verso il ### nel quale il giornalista avrebbe poi inserito le successive falsità direttamente rivolte all'attore, che così sarebbero apparse al lettore vere e consequenziali. 
I successivi passaggi contestati sono i seguenti: - “### il “guru” indagato coinvolto nell'inchiesta, non ha nemmeno la laurea in psicologia e/o in psichiatria, è normale. Tutti gli affiderebbero la psiche del proprio figlio di 5 anni! E poi le richieste dei magistrati sarebbero prive di riscontri, lo dimostrano le videoriprese che ### ha fatto ai suoi piccoli pazienti”: afferma l'attore che il termine “guru” sarebbe usato come sinonimo di “impostore”, come dimostra il riferimento al non possesso “nemmeno” di una laurea in psicologia; lamenta altresì che il giornalista abbia fatto dileggio del suo diritto di difesa nell'ambito del procedimento penale a suo carico, che peraltro non ha avuto ad oggetto “piccoli pazienti” ma una sola ragazzina di 16 anni; - “E' diventato questo il caso ### una paccottiglia ideologica di luoghi comuni tra boutade superficiali, pressappochismo, malafede e sfondoni ideologici, grazie soprattutto alla cura dei media televisivi (escluse rare eccezioni). Gli orrori e le manipolazioni si trasformano in casi isolati. Un bambino sottratto impropriamente alla propria famiglia e violentato in affido è il frutto del caso. Se le vicende sono truci si risponde che riguardano solo una decina di singoli. 
E che se vi fossero casi simili in ### o altrove i magistrati indagherebbero. Il giro di affari sarebbe circoscritto a poche migliaia di euro. Perché tener conto dell'estensione del fenomeno su territori più ampi di quelli sottoposti ad indagini accurate? E del fascino della minuta psicosi che si manifesta in chi esercita, fuori da ogni limite, il potere di vita e morte sui bambini e le loro famiglie?”: lamenta l'attore che tale contesto di “decadenza culturale, etica e professionale” sarebbe quello in cui il giornalista ha inserito il ### facendolo passare al lettore - tramite l'utilizzo del termine “guru” e il riferimento all'assenza di laurea - come il responsabile ed interprete; - “### giudiziaria ### e ### che ha rischiato di accendere un faro sui conflitti di interessi dietro il sistema degli affidi in Italia”: afferma il ### di non essere mai stato toccato da una simile accusa; - “come a ### le relazioni tecniche dei terapeuti avrebbero ingannato ### e tribunali dei minori”: afferma il ### che il giornalista avrebbe riportato tale informazione come una verità, quando invece egli è stato assolto dall'accusa di frode processuale; - “Molte inchieste giornalistiche hanno posto l'accento sui tecnici e i “giudici onorari” che decidono sui minori da sottrarre alle famiglie”; “### …### dei quali lavorano anche per le strutture a cui vengono affidati i bambini o prestano loro consulenza o addirittura le hanno fondate o ne sono soci”; “Un giro di affari che muove tra l'1 e i 2 miliardi di euro l'anno, ma opaco sotto il profilo della trasparenza”; “in ### il numero di minori in affido oscilla tra i 26.000 e gli oltre 30.000 soggetti in 10 anni (…) ### in ### e in ### non raggiungono mai i 10.000 bambini e sono ### molti più popolosi del nostro”: argomenta l'attore che si tratterebbe di informazioni del tutto prive di riscontri oggettivi e utili solo ad esasperare il lettore sulla vicenda; - “Così come è notizia di pochi giorni fa che ### direttore scientifico della onlus “### e Gretel”, uno dei centri italiani più accreditati almeno fino al caso ### e coinvolta in altre perizie dalla dubbia attendibilità che hanno portato alla sottrazione di altri minori, è stato sospeso temporaneamente dall'attività professionale di psicologo-psicoterapeuta. Per difendersi il “guru” ha depositato presso i giudici del materiale video. Ma la ### reggiana scrive che da quei video risulta in modo oggettivo che l'uomo “ha alterato lo stato psicologico ed emotivo di una minore”; “### ancora più grave ha, “al fine di trarre in inganno il consulente e l'autorità giudiziaria, alterato lo stato psicologico ed emotivo della minore, sui fatti oggetto del procedimento, sottoponendola a sedute serrate, attraverso modalità suggestive e suggerenti, con la voluta formulazione di domande sul tema dell'abuso sessuale ed ingenerando, in tal modo, in capo alla minore il convincimento di essere stata abusata sessualmente dal padre e dal socio”. “In tal modo”, spiega il Tribunale, “ha radicato nella minore un netto rifiuto nell'incontrare il padre, il quale veniva dichiarato decaduto dalla potestà genitoriale, con provvedimento emesso dal Tribunale per i ### di ### in data 12 ottobre 2017”: afferma l'attore che sarebbe falso che egli è stato coinvolto in casi di “perizie di dubbia attendibilità che hanno portato alla sottrazione di altri minori”; che la sospensione da parte dell'Ordine è avvenuta solo in via cautelativa stante la pendenza del procedimento penale, ma l'informazione è ricontestualizzata a supporto delle affermazioni calunniose utilizzate; che l'utilizzo del termine “guru” avrebbe avuto l'effetto di escludere ogni possibilità di innocenza dell'attore; che il riferimento alle affermazioni dell'autorità giudiziaria è utilizzato solo come una propalazione colpevolista dell'articolista, che offre come certe le valutazione dell'autorità, anche se nemmeno contenute in una sentenza. 
Anche la domanda in relazione a detto articolo è fondata, per i motivi che seguono. 
Rilevano i principi di diritto sopra esposti in ordine alla natura diffamatoria di un'affermazione che può risultare anche dal contesto in cui la stessa è inserita nonché in ordine all'importanza che le opinioni siano frutto di manifestazioni di un pensiero ragionato e motivato (Cass. civ. n. 12522/2016 e Cass. 12420/08). Principi ai quali affatto si è attenuto il giornalista.  ###, infatti, descrive un contesto di assoluto degrado relativo alla vicenda di ### (“se stuprano tuo figlio ma è avvenuto a Bibbiano…”, luogo “con sistema di affidi” fatto di “manipolazioni di ogni genere”, descritto come “paccottiglia ideologica di luoghi comuni tra boutade superficiali, pressappochismo, malafede e sfondoni ideologici” in cui è accaduto di “Un bambino sottratto impropriamente alla propria famiglia e violentato in affido”) che offre al lettore la chiave di lettura dell'articolo, ossia lo dispone ad un approccio del tutto negativo alle informazioni in esso contenute. 
Impressione creata nel lettore ma del tutto disarticolata da dati oggettivi, posto che il giornalista non spiega - né nell'articolo né l'ha provato nel presente giudizio - per quale motivo la vicenda di ### abbia avuto riguardo ad un “bimbo stuprato” o ad affidi con “manipolazioni di ogni genere”. 
Nulla in tal senso risulta provato in giudizio. In tale quadro il giornalista inserisce poi talune circostanze direttamente riferite all'attore, che, data la chiave di lettura di cui sopra e l'assenza di una completa informazione al lettore in ordine alle circostanze riportate, assumono un'accezione del tutto dispregiativa. Così, l'### scrive che il ### “non ha nemmeno la laurea in psicologia e/o in psichiatria” altresì dileggiandolo descrivendo la circostanza come “normale”, ma non spiega al lettore che in verità il ### esercitava legittimamente la professione in forza della legge del 1989 (di cui il giornalista era certamente a conoscenza, come sopra riportato) e che lo stesso era esperto sui temi della psiche come risultante dal pubblico curriculum vitae, in tal modo imprimendo nel lettore l'idea del ### come di persona del tutto priva di competenze professionali, in linea col descritto contesto degradato di ### Del pari il giornalista scrive che l'attore è “coinvolto in altre perizie dalla dubbia attendibilità che hanno portato alla sottrazione di altri minori” senza dire quali e da dove avrebbe ricavato l'informazione, oppure scrive il capo d'accusa rivolto al ### per la frode processuale senza in alcun modo spiegare che trattavasi di un'ipotesi di accusa, e non del contenuto di una sentenza (che infatti arriverà - quella di primo grado del Tribunale di ### - solo l'11.11.2021: doc. 23) e dunque offrendo al lettore l'idea di una verità assodata, ulteriormente comprovata dal dileggio che l'### fa del diritto di difesa dell'attore (“E poi le richieste dei magistrati sarebbero prive di riscontri, lo dimostrano le videoriprese che ### ha fatto ai suoi piccoli pazienti”) senza in alcun modo spiegare la ragione di una simile presa di posizione sulle videoregistrazioni prodotte dal ### nel procedimento. ### ha allegato che peraltro quest'ultime non avrebbero avuto ad oggetto “piccoli pazienti”, assumendo quindi la falsità di tale notizia. I convenuti, sui quali gravava l'onere della prova, non hanno fornito la prova della verità dell'informazione. 
Anche l'utilizzo del termine “guru” in tale contesto assume un'accezione che per il lettore non può che essere negativa, in linea con l'assenza di laurea del ### e il contesto degradato di ### In definitiva, anche in tale articolo la lesione alla reputazione del ### data dallo screditamento professionale dello stesso risultante dall'immagine trasmessa al lettore a mezzo del contesto descritto e della non completa informativa, non risulta quindi scriminata dal diritto alla libera manifestazione del pensiero, il cui esercizio si è tradotto - nel caso di specie - nell'offerta al lettore di insinuazioni gratuite del tutto lontane da quel “dissenso ragionato” richiesto dalla Suprema Corte per potersi dire il diritto di cronaca e critica correttamente esercitato. 
Articolo del 19.6.2021 ### articolo censurato dall'attore, a firma ### ha il titolo “### i ### intervenuti? ### ad ### & ### di Bibbiano”. Nel sottotitolo si legge: “E spunta l'associazione di #### & ### nella formazione dei ### intervenuti per ### Le singolarità nella gestione del caso” (doc. 7).  ### è così strutturato. Nella prima parte il giornalista descrive le interrogazioni dei consiglieri comunali della ### volte a mettere in luce una asserita cattiva gestione, da parte dei ### del caso della minore ### ossia la ragazza pakistana residente nel Comune di ### (### uccisa dalla famiglia nel 2021 (dati notori). In particolare, le critiche dei politici al ### territorialmente competente per il caso di ### sono (nell'articolo) di non aver evitato che la minore ritornasse presso la sua famiglia di origine, dove poi è stata uccisa. Il giornalista prosegue poi affermando che la formazione degli operatori del ### in questione nel 2017 è stata curata dall'### & ### Il giornalista conclude poi scrivendo che la ### & ### è “la onlus ascesa alle cronache e coinvolta nel caso degli affidi di ### Fa capo al guru ### e alla moglie ### Bolognini” e che detta onlus era comparsa “anche nell'inchiesta bufala di fine anni '90 “### della ### Modenese”: bimbi sottratti alle famiglie dai ### locali per abusi di gruppo, riti satanici e pedofilia. Anni dopo si scoprì che gli abusi non c'erano mai stati”.  ### lamenta che l'articolo dia conto di un suo coinvolgimento nelle vicende di ### e dei cd.  “Diavoli della ### Modenese”, invece del tutto assente. Argomenta poi che la vicenda dei ### della ### si è conclusa con la condanna di tutti gli imputati, da cui la falsità dell'affermazione per cui gli abusi sui minori non ci sarebbero mai stati. 
La domanda è fondata. 
Dalla complessiva lettura dell'articolo si evince che ### per il tramite della onlus di cui è fondatore, sarebbe stato coinvolto anche nelle vicende di ### e dei “cd. Diavoli della ### Modenese”.  ### del ### a dette terribili vicende (nella prima, una minore venne uccisa; la seconda, come descrive lo stesso articolo, aveva ad oggetto bambini abusati) rende di immediata evidenza l'effetto lesivo della sua reputazione, atteso che il lettore è indotto a ritenere un coinvolgimento della onlus, e quindi del ### nelle vicende medesime. Induzione del lettore amplificata dal collegamento ###onlus risultante dal titolo “### i ### intervenuti? ### ad ### & ### di Bibbiano”.  ### che, però, è capzioso, in quanto risulta fondato sulla sola circostanza che nel 2017 la onlus in questione tenne un corso presso i ### che si occuparono del caso di ### Null'altro fonda il collegamento in questione. Eppure, dalla lettura del curriculum vitae dell'attore (doc. 8) si legge che egli dagli anni '90 in avanti in poi svolse, mediante la onlus, corsi di formazione in pressoché tutte le regioni italiane sulle tematiche dei maltrattamenti e abusi sui minori, sull'ascolto del bambino e sulla cura del trauma. Risulta quindi come la circostanza di un corso tenuto nel 2017 a ### sia un dato del tutto neutro, che il giornalista, tuttavia, utilizza per creare il collegamento con la vicenda di #### nemmeno spiegare in che modo il corso tenuto dalla onlus del ### avrebbe influito sui comportamenti tenuti dagli operatori che si occuparono del caso di ### Quanto al riferimento alla vicenda dei “### della ### Modenese”, attesa la contestazione sulla verità fatta dall'attore, sarebbe spettato ai convenuti dimostrare la verità del coinvolgimento della onlus ### & ### nella triste vicenda così come di dimostrare la verità dell'affermazioni per cui gli abusi sui minori non furono mai compiuti. Nella contumacia dei convenuti tale prova non è emersa. 
Nuovamente, pertanto, il diritto di critica/cronaca si è tradotto in un attacco all'attore ingiustificato agli occhi del lettore, e dunque del tutto in contrasto coi principi di diritto sopra riportati.  3. Merita, pertanto, accoglimento la domanda risarcitoria dell'attore in relazione ai cinque articoli oggetto di causa. 
Trattasi, invero, di articoli che hanno certamente leso l'immagine, personale e professionale, dell'attore, per i motivi sopra esposti. 
In punto liquidazione del danno, la Suprema Corte ha di recente affermato che “anche nella materia della diffamazione a mezzo stampa e relativamente alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno debba essere liquidato seguendo quelle tabelle, quali elaborate dal Tribunale di Milano, che prevedano parametri oggettivi e diffusamente adoperati, a cominciare dalla notorietà del diffamante, dalle cariche pubbliche e il ruolo istituzionale o professionale eventualmente ricoperti dal diffamato, dalla natura della condotta diffamatoria, dall'esistenza di condotte diffamatorie singole, reiterate o dall'orchestrazione di vere e proprie campagne stampa. E, inoltre, considerando: la collocazione dell'articolo e lo spazio che la notizia diffamatoria occupa; l'intensità dell'elemento psicologico in capo all'autore della diffamazione; il mezzo con cui è stata perpetrata la diffamazione e la sua diffusione; la risonanza mediatica suscitata dalle notizie diffamatorie; la natura ed entità delle conseguenze sull'attività professionale e sulla vita del diffamato; la limitata riconoscibilità del diffamato; la rettifica successiva e/o lo spazio dato a dichiarazioni correttive del diffamato ovvero il loro rifiuto. Con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione» (in termini, Cass. n. 8248/2024).  ### al caso di specie dei criteri di liquidazione indicati nelle tabelle milanesi ed. 2024 porta a valorizzare i seguenti elementi, rilevanti per tutti gli articoli: essi sono apparsi sono un quotidiano che esiste solo on line, sebbene abbia un elevato numero di lettori (cfr. docc. 18 da cui risulta il rilevante numero di utenti che accedono al sito, sebbene con riguardo al mese di marzo 2020); il giornalista (### non è soggetto dotato di grande notorietà (dalla pagina ### dello stesso prodotta dall'attore - doc. 19-sexies - risultano 564 follower); gli episodi diffamatori sono stati più di uno; il ### è soggetto che, nel suo settore lavorativo di appartenenza ###, gode di buona notorietà; l'offesa alla reputazione del ### è stata grave sia in relazione al supposto esercizio abusivo della professione (articoli 24.7.2019, 25.7.2019, i due del 26.7.2019, 11.12.2019) stante la prospettazione al lettore di possibili fatti di reato sia in relazione all'ultimo articolo del 19.6.2021 in cui v'è stata un'associazione del tutto gratuita del ### a gravi fatti di cronaca giudiziaria. 
Il dolo diffamatorio risulta maggiore negli articoli 25.7.2019, nel primo dei due del 26.7.2019 e in quello dell'11.12.2019 nei quali all'affermazione dell'assenza di una laurea in psicologia/psichiatra del ### non è affiancata l'informazione, pur nota alla redazione perché contenuta nel primo articolo del 24.7.2019, circa la legittimità dell'esercizio della professione da parte del ### in forza della l.  56/1989. Il dolo diffamatorio è, invece, minore nell'ultimo articolo - quello del 19.6.2021 - nel quale pare assumere i connotati del dolo eventuale: il collegamento dell'attore, a mezzo della ### & ### a fatti di cronaca giudiziaria senza fornire al lettore alcuna effettiva motivazione di tale collegamento consente di ritenere che il giornalista abbia consapevolmente assunto il rischio di offendere la reputazione del ### e tale rischio abbia accettato. 
Quanto alla durata della diffamazione, fa rilevare l'attore come essa si sia perpetrata per due anni.  ### non è corretta. Gli articoli in questione si sono per lo più concentrati in tre giorni consecutivi (24.7.2019, 25.7.2019, 26.7.2019), a distanza di cinque mesi si colloca l'articolo dell'11.12.2019 e ad un anno e mezzo dopo quello del 19.6.2021: collocazione temporale che non consente di dare significativa rilevanza alla ripetizione nel tempo della condotta dei convenuti. 
Occorre, poi, considerare che gli articoli oggetto di causa sono stati pubblicati quando era in corso il procedimento penale a carico del ### per i fatti di “Bibbiano”, atteso che, come detto, la sentenza di condanna di primo grado risale a. 11.11.2021, ossia poco prima dell'ultimo degli articoli oggetto di causa. Processo sui fatti di “Bibbiano” che, come sopra detto, ha avuto grande risalto pubblico ( sentenza n. 22112/2025 della scrivente, prodotta in atti dall'attore) e che già - e dunque a prescindere dagli articoli oggetto di causa - aveva contribuito a ledere la diffamazione dell'attore. 
Tenuto quindi conto di tali elementi complessivi e degli indici risultanti dalle citate tabelle milanesi, ritiene la scrivente che gli articoli in questione abbiano complessivamente dato vita ad una diffamazione di media gravità, da liquidarsi nell'importo di € 35.000. 
Somma liquidata all'attualità sulla quale decorrono gli interessi al tasso legale dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo.  4. Di detto danno devono rispondere, in solido, il direttore della testata e la società editrice srl ### & ### Quanto alla posizione del direttore, deve ritenersi sussistente la sua responsabilità ex art. 57 c.p. avendo egli evidentemente colposamente omesso il doveroso controllo sulle modalità di esposizione delle notizie, così contribuendo, in spregio alla posizione di garanzia rivestita, a cagionare l'evento dannoso (cfr. Cass. n. 1052/2014, secondo cui “La responsabilità del direttore del giornale per i danni conseguenti alla diffamazione a mezzo stampa trova fondamento nella sua posizione di preminenza che si estrinseca nell'obbligo di controllo e nella facoltà di sostituzione; conseguentemente la responsabilità sussiste se il direttore omette il controllo nell'ambito dei poteri volti ad impedire la commissione di fatti diffamatori. … Il direttore responsabile di un quotidiano risponde sempre in solido con il giornalista autore di uno scritto diffamatorio, tanto nell'ipotesi in cui abbia omesso la dovuta attività di controllo, nel qual caso risponderà a titolo di colpa, quanto nell'ipotesi in cui abbia concorso nel reato di diffamazione ai sensi dell'art. 110 cod. pen., nel qual caso risponderà per dolo... 
I poteri di controllo che devono essere esercitati dal direttore responsabile di un giornale non si esauriscono nell'esercizio di un adeguato controllo preventivo che si esprime nella oculata scelta da parte del direttore responsabile per la redazione di una determinata inchiesta giornalistica di un giornalista che ritiene idoneo, ma anche nella vigilanza ex post, sui contenuti e sulle modalità di esposizione di essi nell'articolo destinato alla pubblicazione (oltre che sulla collocazione, sul risalto, sulla titolazione)”). 
Quanto all'editore, la sua responsabilità in solido deriva dalla legge sulla stampa (art. 11 l. 47/1948), quale diretta conseguenza dell'accertamento in questa sede dell'astratta configurabilità del reato di diffamazione connesso alla pubblicazione degli articoli oggetto di causa. 
Del predetto danno risponde in solido anche il giornalista ### Egli è, tuttavia, autore di soli tre degli articoli oggetto di causa (articoli del 24.7.2019, 11.12.2019 e 19.6.2021), essendo gli altri articoli a lui non direttamente riferibili. Tenuto conto che gli articoli non redatti dall'### (25.7.2019, i due del 26.7.2019) contengono per lo più richiami all'articolo del 24.7.2019 redatto dall'### e che gli altri articoli da lui redatti (11.12.2019 e 19.6.2021) hanno un contenuto autonomamente lesivo, si ritiene che il giornalista convenuto debba rispondere in solido al direttore e alla casa editrice limitatamente alla minor somma di € 23.000. 
E' poi fondata la domanda attorea di condanna al pagamento della sanzione ex art. 12 l. 47/1948, che si aggiunge al risarcimento del danno causato dall'illecito diffamatorio e che può essere inflitta agli autori del delitto di diffamazione, dunque al giornalista; non anche, quindi, alla società editrice e al direttore responsabile ove, come nel caso di specie, costui non sia stato ritenuto concorrente nel reato di diffamazione (Cass. n. 16054/2015). 
Tenuto conto della media gravità dell'offesa, della circostanza che si tratta di più episodi di diffamazione, dell'intensità del dolo sotteso a taluni degli articoli pubblicati, nonché valutata la non elevata diffusione dello scritto data dall'essere il giornale solo on line e considerata la non notorietà del diffamante - tutti elementi di cui sopra si è dato conto - si ritiene di quantificare la sanzione in questione complessivamente in € 5.000. Anche su detta somma decorrono gli interessi al tasso legale dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo Va accolta la domanda dell'attore di condanna della società editrice alla rimozione degli articoli diffamatori, al fine di non renderli più fruibili al pubblico indifferenziato. A ciò la società editrice dovrà provvedere entro il termine di giorni 30 dal passaggio in giudicato della presente sentenza.  5. La decisione sulle spese di lite segue la soccombenza, ex art. 91 cpc, sicché esse vengono poste a carico dei convenuti. 
La liquidazione avviene come in dispositivo, tenuto conto dell'attività difensiva svolta (mediazione, studio, introduttiva, trattazione, decisoria), del valore del decisum (€ 35.000 per ### e la srl ### & ### € 28.000 per ### e della complessità della causa che giustifica l'applicazione dei valori medi dello scaglione di riferimento per la fasi di mediazione, studio e introduttiva e dei valori minimi per le fasi di trattazione e decisoria in ragione della natura contumaciale della causa e dell'assenza di attività istruttoria. 
Nulla osta alla distrazione delle spese a favore dell'avv. ### dichiaratosi antistatario.  PQM Il Tribunale di ### in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione respinta: ### la srl ### & ### e ### in solido tra loro, a corrispondere a ### a titolo di risarcimento del danno, la somma di € 35.000, di cui € 23.000 in solido anche con ### il tutto oltre interessi al tasso legale dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo; ### alla srl ### & ### di provvedere alla rimozione degli articoli oggetto di causa dal quotidiano online ###it, entro 30 giorni dalla pubblicazione della presente sentenza; ### la srl ### & #### e ### in solido tra loro, a rimborsare all'attore le spese di lite del presente giudizio, di cui € 545 per esborsi (c.u.  rapportato al valore del decisum e marca da bollo) ed € 5796 per compensi (€ 536 per mediazione, € 1701 per studio, € 1204 per introduttiva, € 903 per trattazione, € 1452 per decisoria) oltre rimborso forfettario del 15%, iva e c.p.c., da pagarsi a favore dell'avv. ### antistatario. 
Così deciso in ### il #### sensi dell'art. 52 comma 3 ### si dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e di ogni altro terzo citato nel provvedimento.  

causa n. 21565/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Gemelli Claudia

M

Tribunale di Novara, Sentenza n. 260/2023 del 09-11-2023

... Tribunale che tale pronuncia si ponga in rapporto di continenza rispetto a quella, più favorevole, richiesta nelle conclusioni, sicché essa può essere emanata senza comportare violazione dell'art. 112 disp. att. c.p.c.” (Trib. ### 23.2.2023 n. 42). ### del Ministero, volta a limitare la condanna ai due anni precedenti la proposizione della domanda, non può trovare accoglimento. Essa si fonda sulla considerazione per cui la normativa regolamentare (art. 3 comma 3 del ### 23.09.2015), prevede, a carico dei docenti a tempo indeterminato, destinatari del beneficio, il limite dell'anno scolastico successivo a quello della sua concessione, per spendere la somma accreditata sulla cd. carta docente. ### ne deduce, quindi, che l'accoglimento integrale della domanda provocherebbe una discriminazione alla rovescia, poiché i docenti a tempo determinato si vedrebbero riconoscere un importo per un periodo di tempo superiore a due anni scolastici. La questione appare mal posta. In primo luogo, deve osservarsi che in tanto si può parlare di discriminazione, in quanto i soggetti asseritamente discriminati si trovino in una situazione di fatto paragonabile, il che non è, poiché il limite di due (leggi tutto)...

testo integrale

RG. n. 327/2023 TRIBUNALE DI NOVARA #### nome del Popolo Italiano Il Giudice del #### all'esito della camera di consiglio, ha pronunciato la seguente sentenza nella causa di primo grado iscritta al n. 327 del ruolo contenzioso lavoro dell'anno 2023 tra ### (C.F. ###), ### (C.F.  ###), ### (C.F. ###), ### (C.F.  ###) e ### (C.F. ###) tutti elettivamente domiciliat ###presso lo studio dell'avv. ### e dell'avv. ### che li rappresentano e difendono giusta procura allegata al ricorso ### e Ministero dell'### e del ### (C.F. ###) in persona del ### protempore, rappresentato e difeso ex art. 417 bis 1°co. c.p.c. dalla dr.ssa ### ed elettivamente domiciliato presso l'### di ### via ### n. 7 Resistente OGGETTO: ### scolastico - carta docente. 
FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato telematicamente il ###, i ricorrenti in epigrafe hanno convenuto in giudizio davanti al Giudice del ### del Tribunale di ### il Ministero dell'### rassegnando le seguenti conclusioni “### e dichiararsi il diritto dei ricorrenti ad usufruire del beneficio economico di €. 500,00 annui tramite il riconoscimento della “### elettronica” per l'aggiornamento e la formazione del personale docente per ogni annualità maturata nei seguenti periodi: ### negli a.s. 2018-19, 2019-20, 2020-21, 2021-22, 2022-23; ### negli a.s. 2019-20, 2020-21, 2021-22, 2022-23; ### negli a.s. 2015-16, 2016-17, 2017-18, 2018-19, 2019-20, 2020-21; ### negli a.s. 2019-20, 2020-21, 2021-22, 2022-23; ### negli a.s. 2015-16, 2016-17, 2017-18; per conseguenza, dichiararsi tenuta e condannarsi parte convenuta alla corresponsione in favore dei ricorrenti dell'importo nominale di € 500,00 per ciascuno degli a.s. sopra indicati”. 
A fondamento della domanda, i ricorrenti hanno allegato di avere prestato servizio alle dipendenze del Ministero dell'### sulla base di ripetuti contratti a tempo determinato e, nello specifico, ### dall'a.s. 2018/2019 all'a.s. 2022/2023, ### dall'a.s.  2019/2020 all'a.s. 2022/2023, ### dall'a.s. 2015/2016 all'a.s. 2020/2021, ### dall'a.s. 2019/2020 all'a.s. 2022/2023 e ### dall'a.s. 2015/2016 all'a.s.  2017/2018. 
Lamentano i ricorrenti di essere stati esclusi dal beneficio di cui all'art. 1, comma 121, l.  107/2015, ovverosia la cd. carta elettronica del docente, recante un contributo economico pari a € 500 annui, finalizzato all'acquisto di beni e servizi formativi per lo sviluppo delle competenze professionali, pur avendo svolto mansioni identiche a quelle espletate dai docenti di ruolo e pur essendo soggetti ai medesimi obblighi formativi gravanti sui docenti con contratto a tempo indeterminato. 
Sostengono i ricorrenti che la mancata attribuzione della carta elettronica ai lavoratori a temine comporta la violazione del principio di non discriminazione rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato e ritengono pertanto che la normativa nazionale debba essere disapplicata in quanto in contrasto con i principi generali di parità di trattamento, di uguaglianza e di non discriminazione in materia di condizioni impiego invocando a tal fine le clausole 4 e 6 dell'### sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, recepito dalla ### 1999/70/CE, la violazione degli artt. 3, 35 e 97 Cost. e la violazione degli artt. 63 e 64 del ### di categoria.   Si è costituito in giudizio il Ministero dell'### il quale, in via preliminare, ha eccepito l'intervenuta prescrizione quinquennale delle pretese avanzate dalle ricorrenti ### e ### relativamente all'a.s. 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018. Nel merito ha contestato la fondatezza del ricorso evidenziando di aver sempre erogato la necessaria formazione a tutti i docenti a tempo determinato e di non essere tenuto a garantire una parità di trattamento in tale ambito, considerata anche la natura durevole dei beni che si possono acquistare con la carta elettronica. Ha dedotto, altresì, che i docenti a tempo determinato non sono destinatari di un obbligo di formazione e che, in ogni caso, i beni che si possono acquistare con la carta del docente non avrebbero comportato utilità per l'amministrazione o per gli alunni, ove i docenti non avessero proseguito l'attività di insegnamento, ciò che risultava impossibile da stabilire. Ha contestato, la domanda di condanna alla corresponsione di un importo di denaro, dal momento che, anche per i docenti di ruolo, la carta docente consentiva soltanto la generazione di buoni, spendibili presso gli esercenti convenzionati e per i beni e servizi previsti dalla normativa mentre l'erogazione di una somma di denaro, al contrario, non avrebbe consentito la verifica della finalità della spesa, generando una discriminazione a contrario nei confronti dei docenti di ruolo. Infine, richiamando giurisprudenza di merito, ha contestato la possibilità di riconoscere la carta docente per gli anni scolastici anteriori al 2020/2021 invocando l'art. 3, comma 3 del ### 23.09.2015 che imponeva ai docenti di ruolo la spendita del beneficio entro l'anno scolastico successivo a quello del suo ottenimento. 
All'udienza odierna, tenutasi mediante collegamento da remoto, le parti si sono riportate alle conclusioni dei rispettivi atti introduttivi e la causa è stata decisa mediante lettura e deposito della sentenza.  ***** 
Oggetto del presente giudizio è il riconoscimento del diritto dei ricorrenti a conseguire la “### elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado” (di seguito, per brevità, “carta docente”) e ad ottenere il pagamento di un importo pari al suo valore nominale, per ciascuno degli anni in cui hanno prestato servizio come docenti a tempo determinato, alle dipendenze del Ministero convenuto. 
E' circostanza pacifica che nessuno dei ricorrenti abbia fruito della c.d. carta docente per gli anni oggetto di domanda. 
Tanto premesso, il ricorso è fondato e va accolto nei limiti che seguono sulla base di motivazioni già espresse da questo Tribunale in analoghi precedenti che devono intendersi qui integralmente richiamate e trascritte anche ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 118 disp. att. c.p.c. 
Giova premettere che la normativa di riferimento è contenuta nell'art 1, co. 121, della legge 107/2015 il quale prevede che “Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la ### elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. ### dell'importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa delle scuole e del Pi. nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla ### non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile”. Il comma 124 stabilisce poi che “nell'ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale”. 
Il successivo comma 122 dell'art. 1 cit. demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ### di concerto con il ### dell'### dell'### e della ### e con il ### dell'### e delle ### la definizione dei criteri e delle modalità di assegnazione e di utilizzo della ### in questione. 
In attuazione di tale disposizione, è stato emanato il d.p.c.m. 23 settembre 2015, poi sostituito dal d.p.c.m. 28 novembre 2016, a far data dal 2 dicembre 2016. Entrambi i regolamenti, così come i successivi provvedimenti di dettaglio emanati dal Ministero oggi convenuto (tra cui la nota prot.  n. 15219 del 15 ottobre 2015) hanno ritenuto, in applicazione della suddetta normativa, di riservare il beneficio “ai docenti di ruolo a tempo indeterminato delle ### scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, i docenti dichiarati inidonei per motivi di salute di cui all'articolo 514 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati, i docenti nelle scuole all'estero, delle scuole militari” (così l'art. 3, primo comma, del d.p.c.m. del 2016 cit.). 
In tale contesto si inserisce altresì la nota M.I.U.R. prot. 15219 del 15.10.2015, il cui punto n. 2 rubricato “Destinatari” dispone che “### del docente (e il relativo importo nominale di 500 euro/anno) è assegnata ai docenti di ruolo delle ### scolastiche statali a tempo indeterminato, sia a tempo pieno che a tempo parziale compresi i docenti di periodo di formazione e prova, che non siano stati sospesi per motivi disciplinari (art.2 ###”. 
Dalla lettura di tali disposizioni emerge, dunque, che i docenti con contratto a tempo determinato sono stati esclusi dal novero dei destinatari della ### elettronica per la formazione e l'aggiornamento del personale docente. 
La legittimità di tale esclusione deve essere ora vagliata alla luce del quadro costituzionale e dei principi sanciti a livello europeo. 
È noto che il primo dei due regolamenti citati, in parte qua, è stato annullato dal Consiglio di Stato, che ha ritenuto costituzionalmente illegittimo “un sistema di formazione “a doppia trazione”: quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l'erogazione della ### e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico. Ma un tale sistema collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A.: invero, la differenziazione appena descritta collide con l'esigenza del sistema scolastico di far sì che sia tutto il personale docente (e non certo esclusivamente quello di ruolo) a poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, affinché sia garantita la qualità dell'insegnamento complessivo fornito agli studenti. 5.2.1. In altre parole, è evidente la non conformità ai canoni di buona amministrazione di un sistema che, ponendo un obbligo di formazione a carico di una sola parte del personale docente (e dandogli gli strumenti per ottemperarvi), continua nondimeno a servirsi, per la fornitura del servizio scolastico, anche di un'altra aliquota di personale docente, la quale è tuttavia programmaticamente esclusa dalla formazione e dagli strumenti di ausilio per conseguirla: non può dubitarsi, infatti, che, nella misura in cui la P.A. si serve di personale docente non di ruolo per l'erogazione del servizio scolastico, deve curare la formazione anche di tale personale, al fine di garantire la qualità dell'insegnamento fornito agli studenti. 5.3. Ma se così è - e invero non si vede come possa essere diversamente, altrimenti si manterrebbero nell'insegnamento docenti non aggiornati, né formati - il diritto-dovere di formazione professionale e aggiornamento grava su tutto il personale docente e non solo su un'aliquota di esso: dunque, non è corretto ritenere - come fa la sentenza appellata - che l'erogazione della ### vada a compensare la maggiore gravosità dello sforzo richiesto ai docenti di ruolo in chiave di aggiornamento e formazione, poiché un analogo sforzo non può che essere richiesto anche ai docenti non di ruolo, a pena, in caso contrario, di creare un sistema “a doppio binario”, non in grado di assicurare la complessiva qualità dell'insegnamento. 5.3.1. Del resto, l'insostenibilità dell'assunto per cui la ### del docente sarebbe uno strumento per compensare la pretesa maggior gravosità dell'obbligo formativo a carico dei soli docenti di ruolo, si evince anche dal fatto che la ### stessa è erogata ai docenti part-time (il cui impegno didattico ben può, in ipotesi, essere più limitato di quello dei docenti a tempo determinato) e persino ai docenti di ruolo in prova, i quali potrebbero non superare il periodo di prova e, così, non conseguire la stabilità del rapporto. E l'irragionevolezza della soluzione seguita dalla P.A. emerge ancora più chiaramente dalla lettura del d.P.C.M. del 28 novembre 2016 (che, come già ricordato, ha sostituito quello del 23 settembre 2015), il quale, all'art. 3, individua tra i beneficiari della ### anche “i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati”: di tal ché, a seguire l'opzione della P.A., vi sarebbero dei docenti che beneficerebbero dello strumento pur senza essere impegnati, al momento, nell'attività didattica, mentre altri docenti, pur svolgendo diversamente dai primi l'attività didattica, non beneficerebbero della ### e, quindi, sarebbero privati di un ausilio per il loro aggiornamento e la loro formazione professionale” (### St., VII, 16.3.2022, n. 1842, in motivazione). 
Il Giudice amministrativo d'appello ha, quindi, ritenuto che, sulla base del principio di competenza, la materia fosse sottratta alla disciplina legislativa e regolamentare, poiché attribuita alla contrattazione collettiva, in base ai principi di cui al d. lgs. n. 165/2001 e che il ### obblighi parimenti alla formazione e all'aggiornamento il personale docente a tempo determinato e indeterminato esprimendosi in questi termini “Ne discende che la questione dei destinatari della ### del docente va riguardata tenendo conto anche della disciplina prevista in tema di formazione dei docenti dal C.C.N.L. di categoria: questa va letta in chiave non di incompatibilità, ma di complementarietà rispetto al disposto dell'art. 1, commi da 121 a 124, della l. n. 107/2015.  ### di tali commi deve, cioè, tenere conto delle regole in materia di formazione del personale docente dettate dagli artt. 63 e 64 del C.C.N.L. di categoria: regole che pongono a carico dell'### l'obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato, "strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio" (così il comma 1 dell'art. 63 cit.). E non vi è dubbio che tra tali strumenti possa (e anzi debba) essere compresa la ### del docente, di talché si può per tal via affermare che di essa sono destinatari anche i docenti a tempo determinato (come gli appellanti), così colmandosi la lacuna previsionale dell'art. 1, comma 121, della l. n. 107/2015, che menziona i soli docenti di ruolo: sussiste, infatti, un'indiscutibile identità di ratio - la già ricordata necessità di garantire la qualità dell'insegnamento - che consente di colmare in via interpretativa la predetta lacuna.”) Di talché, il ### di Stato ha ritenuto di poter adottare direttamente una pronuncia demolitiva del regolamento, senza necessità di rimettere alla Corte costituzionale questione di legittimità della normativa primaria. 
La Corte di giustizia dell'### europea, a sua volta, con ordinanza pronunciata il 18 maggio 2022 nella causa C-450/2021, ha dichiarato incompatibile con l'ordinamento eurounitario la norma che preclude ai docenti a tempo determinato il diritto di avvalersi della cd. carta docente per l'aggiornamento e la formazione del docente: “La clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell'allegato della direttiva 1999/70/CE del ### del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro #### e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell'istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell'importo di EU. 500 all'anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica che per essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, ad altre attività di formazione e per l'acquisto di servizi di connettività al fine di assolvere l'obbligo di effettuare attività professionali a distanza”. 
La Corte di Giustizia in particolare ha affermato che l'indennità di € 500,00 annui di cui alla c.d. “carta docenti” deve essere considerata come rientrante tra le “condizioni di impiego” ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro. Si legge nella sentenza “### conformemente all'articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015, tale indennità è versata al fine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero, e di valorizzarne le competenze professionali. Inoltre, dall'adozione del decreto-legge dell'8 aprile 2020, n. 22, il versamento di detta indennità mira a consentire l'acquisto dei servizi di connettività necessari allo svolgimento, da parte dei docenti impiegati presso il Ministero, dei loro compiti professionali a distanza. Il giudice del rinvio precisa altresì che la concessione di questa stessa indennità dipende in modo determinante dall'effettiva prestazione del servizio da parte di tali docenti (punto 36). Ciò in quanto “il criterio decisivo per determinare se una misura rientri in tale nozione è proprio quello dell'impiego, vale a dire il rapporto di lavoro sussistente tra un lavoratore e il suo datore di lavoro” (punto 33). 
La Corte ha, quindi, ritenuto applicabile alla carta docenti il principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 cit., purché il giudice nazionale accerti che il ricorrente si trovi “in una situazione comparabile a quella dei lavoratori assunti a tempo indeterminato da questo stesso datore di lavoro nel corso del medesimo periodo”. 
Circostanza, quest'ultima, che non risulta seriamente contestabile, atteso che, da un lato, non vi è dubbio circa l'identità delle mansioni dei docenti a tempo determinato e a tempo indeterminato e, dall'altro, non appare sostenibile che solo ai secondi incomba un obbligo di aggiornamento professionale.  ### convenuto, nel presente giudizio non ha dimostrato l'esistenza di ragioni obiettive in forza delle quali si possa ritenere giustificato il differente trattamento tra i docenti assunti a termine e quelli già in ruolo. 
Quanto all'assenza di “ragioni oggettive”, tali da consentire la disparità di trattamento, la Corte europea ha osservato che “il riferimento alla mera natura temporanea del lavoro degli impiegati amministrativi a contratto, come UC, non è conforme a tali requisiti e non può dunque costituire di per sé una ragione oggettiva, ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro. ### ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro sia sufficiente a giustificare una differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato priverebbe di contenuto gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell'accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato” (punto 46). 
La difesa di parte resistente afferma che la ragione oggettiva che legittima l'esclusione dei docenti a tempo determinato dall'attribuzione della carta elettronica sarebbe ravvisabile nel mancato ritorno, in termini di miglioramento della qualità del servizio pubblico di istruzione, dell'investimento formativo che il Ministero riporrebbe nel docente precario. Ovverosia, il Ministero non può fare affidamento sulla permanenza del docente a termine, per la natura stessa del rapporto di lavoro (a termine). Garantendo al docente precario il medesimo beneficio attribuito al docente di ruolo, muterebbe il destinatario dei vantaggi connessi alla ### stessa: il docente anziché il discente. ### in tal caso vanificherebbe la reale finalità per la quale è stata istituita: l'incremento della qualità dell'istruzione pubblica. 
Tale prospettazione non può essere condivisa. 
Nella specie, come detto, l'importo nominale pari a € 500,00 annui viene attribuito durante il periodo di prova, nonché ai docenti dichiarati inidonei all'insegnamento e a quelli in posizione di comando, distacco, fuori ruolo, o comunque utilizzati in compiti diversi dall'insegnamento.  ### incremento delle competenze e della professionalità non presuppone quindi un diretto ed immediato vantaggio in favore degli allievi, poiché tale sostegno alla formazione viene erogato anche ai docenti che potrebbero non essere confermati in ruolo al termine del periodo di prova, e ai dipendenti che non esercitano più la funzione docente, in via temporanea o definitiva. La limitazione temporale del servizio o il fatto che non sia noto se esso verrà espletato anche nelle successive annualità, quindi, non costituiscono fattore di legittima differenziazione tra i docenti a termine e quelli a tempo indeterminato, neppure con riferimento all'obbligo di formazione, cui l'### sopperisce per i docenti a tempo indeterminato con la ### docenti. 
Tanto più che nemmeno il docente a tempo indeterminato offre assolute garanzie circa la permanenza in servizio negli anni successivi. Esso è, infatti, libero di dimettersi quando ritenga, nel rispetto dei termini contrattuali di preavviso, senza che sia ipotizzabile un suo onere di rifondere le spese occorse per la propria formazione. 
Non sussistono quindi ragioni oggettive strettamente attinenti al contenuto o alle modalità di svolgimento della prestazione che portino a ritenere, neppure sotto questo profilo, non comparabile il rapporto di lavoro dei docenti a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato. 
Nessun'altra giustificazione a carattere oggettivo, idonea a giustificare la disparità di trattamento, è stata dedotta in causa. 
Del tutto irrilevante è la circostanza che i docenti a tempo determinato siano coinvolti in altre iniziative a carattere formativo, aperte a tutto il personale e anzi la circostanza per cui a essi sono riservate alcune attività, con esclusione di altre, costituisce conferma della denunciata discriminazione.   Ne consegue che sia la norma di legge primaria, sia quelle regolamentari, che escludono i docenti a tempo determinato dalla fruizione della carta docente, devono essere disapplicate. 
Come già condivisibilmente affermato da questo Tribunale “Non può, invece, trovare accoglimento la domanda di condanna al pagamento dell'importo di euro 500 per ogni anno scolastico. Il beneficio per cui è causa è, infatti, un'erogazione senz'altro ricompresa nella nozione di “condizioni di impiego” e purtuttavia non avente carattere strettamente retributivo, in quanto l'erogazione di denaro da un lato non ha finalità di compensare la prestazione ma di contribuire alla formazione del lavoratore e dall'altro, conseguentemente, quest'ultimo non è libero di fare del denaro l'uso che preferisca, ma è vincolato a impiegarlo per l'acquisto dei beni e servizi indicati dalla norma di legge sopra citata. Deve, quindi, condividersi l'osservazione di parte convenuta, per cui il pagamento della somma nominale darebbe luogo a una discriminazione a contrario dei docenti a tempo indeterminato, i quali non hanno ottenuto una somma di denaro liberamente spendibile, ma la costituzione, in loro favore, di un mezzo di pagamento, utilizzabile sino alla concorrenza dell'importo di euro 500 per ogni anno scolastico e per le sole finalità ivi previste. 
Lo stesso trattamento deve, pertanto, essere riconosciuto ai ricorrenti, con esclusione di un'erogazione diretta di denaro. Agli stessi va, invece, attribuita la carta docenti, con accredito di un importo pari a euro 500 per ognuno degli anni scolastici in cui la stessa ha prestato servizio a tempo determinato e per cui il diritto non risulti ancora prescritto. Ritiene il Tribunale che tale pronuncia si ponga in rapporto di continenza rispetto a quella, più favorevole, richiesta nelle conclusioni, sicché essa può essere emanata senza comportare violazione dell'art. 112 disp. att.  c.p.c.” (Trib. ### 23.2.2023 n. 42).   ### del Ministero, volta a limitare la condanna ai due anni precedenti la proposizione della domanda, non può trovare accoglimento. Essa si fonda sulla considerazione per cui la normativa regolamentare (art. 3 comma 3 del ### 23.09.2015), prevede, a carico dei docenti a tempo indeterminato, destinatari del beneficio, il limite dell'anno scolastico successivo a quello della sua concessione, per spendere la somma accreditata sulla cd. carta docente.  ### ne deduce, quindi, che l'accoglimento integrale della domanda provocherebbe una discriminazione alla rovescia, poiché i docenti a tempo determinato si vedrebbero riconoscere un importo per un periodo di tempo superiore a due anni scolastici. 
La questione appare mal posta. In primo luogo, deve osservarsi che in tanto si può parlare di discriminazione, in quanto i soggetti asseritamente discriminati si trovino in una situazione di fatto paragonabile, il che non è, poiché il limite di due anni imposto dal regolamento si applica a chi ha ricevuto il beneficio, mentre è pacifico che i ricorrenti non l'abbiano avuto, né avrebbero potuto domandarlo in via amministrativa. In secondo luogo, quindi, l'interpretazione proposta consiste, in concreto, nell'individuazione di un termine di decadenza di origine regolamentare, rispetto all'esercizio di un diritto attribuito da norma primaria e senza delega da parte del legislatore. La tesi di parte convenuta, pur sostenuta da alcuni precedenti di merito, non può essere condivisa. 
Con il che non si perviene alla disapplicazione della norma regolamentare, ma a una sua interpretazione razionale e conforme ai principi dell'ordinamento: non vi è dubbio, infatti che, una volta riconosciuta la cd. carta docente ai ricorrenti, essi potranno fruirne fino all'anno scolastico successivo a quello in cui sarà stata loro consegnata, sotto pena di perdita del beneficio.   È fondata invece l'eccezione di prescrizione, proposta dal Ministero convenuto in relazione alla domanda delle ricorrenti ### e ### relativamente agli anni scolastici 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018.  ###. 2948 c.c., n. 4 dispone, invero, la prescrizione quinquennale di “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, nozione generalissima, in cui non può non rientrare anche la carta docente, la quale è un mezzo di pagamento, finanziato dallo Stato annualmente, nell'importo previsto dalla legge. Dal momento che, a norma dell'art. 2935 c.c., “la prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”, il dies a quo va individuato nel 30 ottobre dell'anno scolastico in relazione a cui viene richiesto il beneficio, giorno a partire dal quale è consentita la registrazione sull'applicativo informatico volto alla relativa richiesta (cfr. art. 5, comma 1, d.p.c.m. 28.11.2016, doc. 3 conv.). Il ricorso risulta infatti notificato al Ministero il ### e, contrariamente a quanto allegato, non risultano prodotti atti interruttivi della prescrizione precedenti alla notifica del ricorso con conseguente prescrizione degli anni scolastici antecedenti all'a.s. 2018/2019.   In definitiva, la domanda svolta dalla ricorrente ### va rigettata in quanto le annualità oggetto della domanda risultano prescritte, mentre il Ministero resistente va condannato a riconoscere ai restanti ricorrenti la cd. “### docente” con gli importi meglio indicati in dispositivo. 
§§§§ Le spese di lite, in ragione della soccombenza reciproca, vengono compensate nella misura di 1/3 e poste a carico del Ministero per i residui 2/3. Le spese sono liquidate come da dispositivo tenuto conto del valore della causa, dell'attività processuale svolta che non ha richiesto istruttoria e della natura seriale della controversia che giustificano il riconoscimento di un compenso prossimo ai minimi stabiliti dal D.M. 55/2014 così come modificato dal D.M. 147/2022.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando, ogni altra domanda eccezione, conclusione e difesa disattesa: - In parziale accoglimento del ricorso, condanna il Ministero dell'### a consegnare ai ricorrenti la “### elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado” di cui all'art. 1, comma 121, l. n. 107/2015, con accredito sulla stessa di un importo nominale, spendibile nelle forme e con le finalità di cui alla suddetta normativa, pari a: € 2.500,00 per ### € 2.000,00 per ### € 1.500,00 per ### € 2.500,00 per ### - ### la domanda svolta da ### - Condanna il Ministero dell'### in persona del ### pro-tempore, alla rifusione in favore dei ricorrenti dei 2/3 delle spese di lite che si liquidano in complessivi € 3.118,50 (di cui € 3.000,00 per compensi di avvocato ed € 118,50 per esborsi) oltre il 15% del compenso a titolo di rimborso forfettario, oltre IVA e #### 9.11.2023 ### Il sottoscritto Avv. ### attesta, ai sensi di legge, che la copia informatica [29308908s.pdf] - sentenza n. 260/2023 emessa dal Tribunale di ### G.L. Dott.ssa ### in data ### - è conforme, secondo la normativa vigente (### 149/2022 “### Cartabia”, artt.li da 33 a 44 sull'esecutorietà del titolo mediante apposizione dell'attestazione di conformità anziché della “### Esecutiva” rilasciata dal Tribunale) alla copia informatica presente nel fascicolo telematico relativo al procedimento RGL n. 327/2022 dalla quale è stata estratta. 
Cuneo, li 09/11/2023 Avv. ####.11.202313:10:16###01:00

Giudice/firmatari: Santacroce Rita, Casiraghi Lorena

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