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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di BUSTO ARSIZIO SEZIONE Terza CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. N. ### dott. A. D'### rel dott. C. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 1277/2022 promossa da: ### (C.F. ###), rappresentato e difeso, giusta delega a margine in calce all'atto di citazione dall'avv. ### elettivamente domiciliato in ### presso lo studio del medesimo ### contro ### (C.F. ###), rappresentato e difeso, giusta delega a margine in calce dall'avv. ### elettivamente domiciliato in ### 1 21052 ### presso lo studio del medesimo ### parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato ### conveniva in giudizio il fratello ### domandando la condanna di quest'ultimo alla restituzione della somma di €.133.296,67 prelevata dal conto corrente n.###### fittiziamente cointestato con il padre ### nonché l'accertamento della propria qualità di legittimaria e della lesione della propria quota di legittima, costituita da 1/3 della massa ereditaria, a seguito dell'apertura della successione paterna, con conseguente condanna del convenuto al pagamento della propria quota ereditaria. Assumeva, in particolare, che: - in data ### era deceduto ab intestato il padre ### già vedovo, che aveva lasciato due figli, l'attrice e il convenuto, quali eredi legittimi; - la massa ereditaria lasciata era composta unicamente dal 50% del residuo credito - pari ad €1.547,92 alla data del decesso - giacente sul conto corrente n.###### fittiziamente cointestato con il figlio ### acceso presso ### di ### il ###: tale conto era stato alimentato inizialmente con il deposito da parte di ### dell'importo di €55.124,86 (corrispondente alla quota del 50% del conto corrente n.5942/37 cointestato con la defunta moglie ### e di poi unicamente dalla pensione del padre, oltre ai canoni di affitto percepiti dallo stesso; tale conto era stato in seguito depauperato dal convenuto, che aveva prelevato €133.296,67; - il padre aveva effettuato in vita una sola donazione immobiliare, di rilevante valore, a favore del convenuto (con atto notarile del 1^.02.2017 a firma del ### repertorio n.66856/###, trascritto all'### di ### - ### di ### di ### 2 al n.14345 di ### e al n.9175 di Registro particolare in data ###), avente ad oggetto le seguenti unità negoziali (in atti meglio descritte): Unità negoziale n. 1: *Immobile n. 1 sito in Comune di 1794 - ##### - ### 5 - ### 7135 Sub. 504 - ### Abitazione di tipo economico consistenza 7,5 vani - via ### n. 83 ###,1, *### n. 2 sito in Comune di 1794 - ##### - ### 5 - ### 7160 - ### 505 - ### Stalle, #### consistenza 44 metri quadri - via ### n. 83 ###,1, *### n. 3 sito in Comune di 1794 - ##### - ### 5 - ### 7160 Sub. 504 - ### Stalle, scuderie rimesse autorimesse consistenza 15 metri quadri - via ### n. 83 ###, ### negoziale n. 2: *### n. 1 sito in Comune di 1794 - ##### - ### 4 - ### 1811 Sub. 1 - ### Abitazione di tipo economico consistenza 5,5 vani - via 4 novembre 57 ###, ###, *### n. 2 sito in Comune di 1794 - ##### - ### 4 - ### 1811 Sub. 2 - ### Stalle, #### consistenza 28 metri quadri - via 4 novembre n. 57 ###, ### negoziale n. 3: *### n. 1 sito in Comune di 1794 - ##### - ### 9 - ### 1810 Sub. - T - Terreno - consistenza 2 are e 75 centiare, *### n. 2 sito in Comune di 1794 - ##### - ### 9 - ### 2477 Sub. - T - Terreno - consistenza 80 centiare, *### n. 3 sito in Comune di 1794 - ##### - ### 9 - ### 2478 Sub. - T - Terreno - consistenza 75 centiare, *### n. 4 sito in Comune di 1794 - ##### - ### 9 - ### 2479 Sub. - T - Terreno - consistenza 1 are e 25 centiare; nello specifico, il padre aveva donato, con dispensa da collazione e imputazione, al convenuto la nuda proprietà, riservandosi il corrispondente diritto di usufrutto vitalizio, degli immobili indicati in dette unità negoziali n. 1 - 2 - 3, attribuendo alla donazione il valore di €102.400,00, mentre il proprio tecnico di fiducia aveva indicato quale valore di mercato dei beni oggetti di donazione l'importo di €407.300,00; - aveva rinunciato all'eredità materna, in quanto “convinta” dal fratello sulla base di accordi divisionali per evitare molteplici passaggi di proprietà e con la promessa di un conguaglio alla morte del padre.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva tempestivamente in giudizio il convenuto, contestando in toto la ricostruzione dei fatti narrata dall'attrice, ritenendola infondata in fatto e in diritto e comunque non provata. In particolare, dopo aver riferito del supporto economico offerto dal padre a favore di entrambi i figli e di liberalità di diversa natura effettuate nei confronti dell'attrice (e soprattutto “il sostegno economico ai lavori di costruzione nonché di ristrutturazione dell'immobile di spettanza della figlia sito in ### via ### n. 11”), riferiva della presenza di un testamento olografo - di cui ne asseriva la conoscenza da parte della sorella - pubblicato l'11.10.2021 al n.71094/### di rep. dr. ### del seguente tenore letterale “### lascio tutti i miei beni e soldi che ci sono banca a mio figlio ### mia figlia ### è già stata liquidata. ### 29-7-2018”, sostenendo la natura meramente compensativa della donazione svolta in proprio favore (sui quali beni aveva realizzato diverse migliorie) e contestando la valutazione effettuatane dalla sorella. Contestava altresì la versione riferita dall'attrice in merito alla vicenda successoria materna e alla cointestazione fittizia del conto relitto; deduceva l'esistenza di ulteriori donazioni dirette ed indirette effettuate in vita dal de cuius (usufrutto vitalizio su immobili siti in ### donato in data ### dai propri genitori ai due figli dell'attrice, ### e ### lavori di costruzione e ristrutturazione dell'abitazione della sorella, …) nonché la presenza di debiti ereditari, i cui costi erano stati da lui sostenuti. Alla luce di dette deduzioni chiedeva, in via preliminare, di accertare e dichiarare l'inammissibilità e/o l'improcedibilità della domanda attorea per violazione dell'art.2697 c.c., non avendo l'attrice offerto gli elementi necessari per ricostruire e verificare il valore della massa ereditaria e l'affermata lesione della quota di legittima, oppure per aver accettato l'eredità senza beneficio di inventario e senza aver redatto l'inventario; in via principale, chiedeva il rigetto delle domande attoree in quanto infondate in fatto ed in diritto; svolgeva solo in via subordinata domanda riconvenzionale volta ad accertare la natura di donazione indiretta a favore della sorella dell'immobile sito in ### -via ### n.11- avvenuta mediante pagamento del de cuius dei relativi lavori di costruzione, nonché la presenza delle migliorie ed esborsi effettuati dal medesimo sui beni donatigli, con conseguente ricostruzione della massa ereditaria e scioglimento della stessa ed eventuale riduzione delle donazioni indirette lesive.
Tentata invano la conciliazione della lite e acquisita documentazione utile ai fini del giudizio, concessi i termini per deposito delle memorie ex art.183 c.p.c. (ove le parti contestavano ulteriormente le avverse deduzioni e produzioni, l'attrice avanzava altresì domanda di scioglimento della comunione ereditaria nonché di accertamento della propria qualità di erede pretermesso e il convenuto instava per la condanna della controparte per lite temeraria), istruita la causa mediante istruttoria orale e c.t.u. estimativa dei beni relitti e relativa integrazione, precisate le conclusioni, la causa era rimessa al Collegio per la decisione.
Occorre rilevare che dalle vicende rappresentate dalle parti, dalle precisazioni fornite negli atti introduttivi e nelle memorie successive nonché dal petitum sostanziale della vertenza, si desume che l'azione esperita in via principale dall'attrice è volta ad ottenere il riconoscimento della propria qualità di erede legittimaria e la reintegrazione della quota di legittima a lei spettante. Infatti, l'attrice, che nell'atto di citazione ha esperito l'azione di riduzione solo con riguardo alla donazione diretta effettuata dal padre nei confronti del fratello ### a seguito della costituzione di quest'ultimo, che ha dato conto della presenza di un testamento olografo in forza del quale egli risulta unico erede, ha provveduto ad impugnare la disposizione testamentaria, chiedendo il riconoscimento della sua qualità di erede pretermessa e la riduzione anche delle disposizioni testamentarie.
Deve, ancora, rilevarsi che nella memoria ex art. 183, comma 6 n. 1, c.p.c., parte attrice ha avanzato altresì domanda per lo scioglimento della comunione ereditaria, da ritenersi domanda nuova (e, dunque, inammissibile) rispetto a quelle tempestivamente proposte con l'atto introduttivo, non potendo ritenersi la domanda di divisione implicitamente inclusa in quella di riduzione (cfr. ex plurimis Cass. 18468/2020, Cass. 22885/2010).
In limine litis il Tribunale ritiene infondata l'eccezione sollevata da parte convenuta di inammissibilità e/o improcedibilità della domanda attorea in difetto di preventiva accettazione beneficiata.
È noto che l'art. 564 c.c. subordina l'esperimento dell'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni da parte del legittimario alla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, “salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi”.
La giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione ha, tuttavia, chiarito che tale regola non si applica al legittimario totalmente pretermesso, atteso che lo stesso non può considerarsi erede, onde non può accettare un'eredità che non gli è stata devoluta: “Il legittimario pretermesso è privo di una vocazione ereditaria, e pertanto gli è preclusa la possibilità di poter accettare l'eredità, in quanto l'unico modo di adizione della stessa è la sola proposizione dell'azione di riduzione, il cui positivo accoglimento determina l'acquisto della qualità di erede. Ne consegue che anche la presentazione dell'azione di riduzione non può determinare immediatamente l'acquisto della qualità di erede, in assenza appunto di una vocazione, occorrendo in ogni caso attendere il passaggio in giudicato della decisione che accolga la relativa domanda, e che l'impossibilità di poter validamente compiere atti di accettazione, sia pure tacita, di un'eredità che non risulta devoluta, in ragione della pretermissione, esonera il legittimario pretermesso dal dover far precedere l'azione di riduzione, anche intentata nei confronti del terzo, dalla previa accettazione beneficiata ovvero dalla sola redazione dell'inventario” (così Cass. 25441/2017).
Nella vicenda in esame, in forza della scheda testamentaria olografa pubblicata in data ### ( doc. 4 del fascicolo del convenuto), l'attrice risulta totalmente pretermessa dalla successione paterna e, dunque, impossibilitata ad accettarne la relativa eredità.
Peraltro, è noto che tale incombente non risulta necessario ove l'azione di riduzione sia svolta, come nella fattispecie esaminata, nei confronti di un coerede.
Tale eccezione non merita, quindi, di trovare accoglimento e va reietta.
Deve essere, altresì, respinta la richiesta di parte convenuta di integrazione del contraddittorio nei confronti di ### e ### figli dell'attrice nonché beneficiari di donazioni da parte del de cuius. Nel corso del processo il convenuto ha, invero, dato prova di due donazioni dirette, contenute in unico atto notarile, effettuate dal de cuius e dal di lui coniuge, ### a favore di ### e ### (v. doc. 15 di parte convenuta).
Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, che questo Collegio ritiene di condividere, l'azione di riduzione non dà luogo a litisconsorzio necessario, né dal lato attivo né dal lato passivo, e può, quindi, essere esercitata nei confronti di uno solo degli obbligati alla integrazione della quota spettante al legittimario; tuttavia, qualora quest'ultimo non abbia attaccato tutte le disposizioni lesive, non potrà recuperare, a scapito dei convenuti, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia voluto o potuto convenire in riduzione, e potrà pretendere dai donatari solo l'eventuale differenza tra la legittima, calcolata sul "relictum" e il "donatum", e il valore dei beni relitti - giacché la loro sufficienza libera i donatari da qualsiasi pretesa - né potrà recuperare a scapito di un donatario anteriore quanto potrebbe pretendere dal donatario posteriore, giacché se la donazione posteriore è capiente le anteriori non sono riducibili, ancorché la prima non sia stata attaccata in concreto dall'azione (così Cass. ###/2021, v. anche 15706/2020, Cass. 2770/2011).
Anche l'eccezione testè svolta risulta, quindi, infondata per la suddetta ratio decidendi e deve essere, pertanto, rigettata.
Sempre in via preliminare va sgombrato il campo da dubbi in merito alla titolarità delle somme giacenti sul conto corrente cointestato tra il defunto e il figlio ####, invero, lamenta che il conto n. ###### sia stato alimentato unicamente dal padre, circostanza tempestivamente e documentalmente contestata dal convenuto.
Sull'argomento trovano applicazione i seguenti principi giurisprudenziali: - “la cointestazione di un conto corrente bancario attribuisce a ciascun intestatario, nei rapporti interni, ai sensi dell'art. 1298, co. 2, c.c., la contitolarità per parti uguali del saldo attivo del conto medesimo, salva la prova che le somme versate siano di esclusiva pertinenza di uno dei correntisti, che non può ritenersi raggiunta per il solo fatto che l'alimentazione del conto sia avvenuta da parte di uno soltanto tra essi” ( Cass. 27069/2022); - “la cointestazione di un conto corrente attribuisce ai contitolari, ex art. 1854 c.c., la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto, sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni, e fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto; tale presunzione dà luogo ad una inversione dell'onere probatorio che può essere superata attraverso presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa” (cfr. 18777/2015).
Orbene, nel caso in esame, risulta incontestato e comunque emerge chiaramente dalla documentazione prodotta dalla stessa attrice (cfr. doc. 3a pag.1) sia che il conto corrente n.414/### (alias ######) cointestato tra il defunto ed il figlio ### è stato creato a seguito della morte di ### rispettivamente moglie e madre di questi ultimi; sia che metà degli importi ivi giacenti pari ad €55.124,86- rappresentanti la quota di titolarità di ### del conto n.5942/37 cointestato con la moglie ### al 07.06.2016, momento del decesso di quest'ultimaerano stati versati in data ###. ### metà del precedente conto corrente n.5942/37, di spettanza di ### e, dunque, caduta in successione, era confluita nel c/c n. 414/### in data ### (al termine delle operazioni inerenti detta successione) (cfr. pag. 10 del doc. 3a di parte attrice) e, poiché unici eredi della ### erano il coniuge ### e il figlio ### (stante la rinuncia all'eredità materna effettuata dall'attrice e dai di lei figli), risulta per tabulas come tale conto non sia stato alimentato esclusivamente con somme di ### In conclusione, non vi è prova della cointestazione fittizia del conto suddetto né che il convenuto abbia destinato ai propri scopi somme attinte dal suddetto conto corrente cointestato.
Ciò posto, all'esito del processo risulta incontestato che l'attrice sia figlia, insieme al fratello convenuto, di ### (v. anche doc.2 nel fascicolo di parte attrice), il quale, con testamento pubblicato l'11.10.2021 al n.71094/###rep. dal notaio ### ha disposto dei propri beni dopo la morte in favore del figlio ### (“### lascio tutti i miei beni e soldi che ci sono banca a mio figlio ### mia figlia ### è già stata liquidata. ### 29-7-2018”: v. doc.4 nel fascicolo di parte convenuta), sicché, apertasi la successione paterna in data ###, in via di principio, in difetto di ogni deduzione in merito ad eventuale indegnità, va dichiarata la qualità di erede legittimaria dell'attrice così come richiesto.
Venendo, quindi, alla domanda di riduzione svolta dall'attrice, occorre ricordare che essa è quell'azione che tutela il legittimario, che assume di non aver ricevuto nulla ovvero di aver ricevuto meno rispetto alla quota del patrimonio ereditario che la legge gli riserva, ai sensi degli artt.536ss. c.c., consentendogli di aggredire le disposizioni testamentarie e le donazioni effettuate in vita dal de cuius ritenute lesive (artt.553 ss. c.c.).
Premesso ciò, in tema di azione di riduzione va chiarito che attività preliminare è la determinazione della massa ereditaria, che ha funzione ricognitiva finalizzata ad individuare i beni facenti parte del patrimonio ereditario al fine di determinare la quota di cui il de cuius poteva disporre (c.d. determinazione della quota disponibile ex art. 556 c.c.), che si realizza tramite la c.d. riunione fittizia dei beni donati dal defunto ai beni relitti, detratti i debiti. Nel proporre la domanda di riduzione, il legittimario, senza la necessità di formule sacramentali, deve denunciare la lesione di legittima, denuncia che implica un preciso confronto fra quanto il legittimario consegue, come erede legittimo o testamentario, e quanto avrebbe diritto di ricevere come erede necessario, comparazione che deve avvenire in relazione ad una certa rappresentazione patrimoniale, che il legittimario deve indicare nei suoi estremi essenziali già nella domanda introduttiva, perché la lesione di legittima deve essere enunciata in termini concreti e non come pura eventualità, lesione che comunque deve emergere con univocità, anche in base a presunzioni, purché gravi precise e concordanti. ###, quale legittimario che propone azione di riduzione, ha l'onere di indicare entro quali limiti sia stata lesa la propria quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché quello della quota di legittima violata dal testatore: ne deriva in capo al legittimario che agisce in riduzione l'onere di allegare e di comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se e in quale misura sia avvenuta la lesione della quota di riserva (v. ex multis Cass.20830/2016; Cass.1357/17; Cass.18199/2020).
Pertanto, “il legittimario che intende proporre l'azione di riduzione ha l'onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione; in particolare, in relazione al principio sancito dagli artt.555 e 559c.c., egli ha l'onere di indicare, oltre al valore, l'ordine cronologico in cui sono stati posti in essere i vari atti di disposizione, non potendo l'azione di riduzione essere sperimentata rispetto alle donazioni se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento e cominciando, comunque, dall'ultima e risalendo via via alle anteriori” (così Cass.10456/2025, v. anche Cass.14473/11, Cass.3661/75). Deve, invero, rammentarsi che la causa petendi dell'azione di riduzione presuppone, oltre all'allegazione della qualità di legittimario, la specificazione di tutti i beni che costituiscono il relictum e l'individuazione delle diverse attribuzioni che invece costituirebbero il donatum, al duplice fine di assicurare la riunione fittizia (ossia un'operazione matematica che consente di individuare la quota di cui il testatore poteva liberamente disporre, tenuto conto della qualità e del numero dei legittimari e dell'ammontare complessivo netto dell'asse ereditario) e di assolvere all'onere di imputazione posto dall'art. 564 c.c. a carico di colui che agisce in riduzione.
Deve, difatti, evidenziarsi come anche l'imputazione ex se costituisca un preciso onere incombente ex art.564 c.c. sul legittimario, prodromico ai fini dell'esercizio dell'azione di riduzione.
La quota indisponibile deve, dunque, essere calcolata sul relictum, ossia sulla globalità di tutti i beni (immobili/denaro/crediti) rientranti nell'asse ereditario, da cui detrarre i debiti esistenti al momento dell'apertura della successione e a cui aggiungere il donatum, ossia l'insieme dei beni donati in vita sia come atti di donazione diretta che indiretta secondo il loro valore al momento dell'apertura della successione, da determinarsi in base alle regole relative alla collazione. La porzione disponibile per il de cuius è rappresentata dalla risultanza di un calcolo estimatorio da effettuarsi sulla massa di tutte le attività esistenti al tempo del decesso, detraendo i debiti e aggiungendo fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, con la specificazione che le donazioni devono essere valutate al tempo dell'apertura della successione secondo i criteri di cui agli artt. 747 ss. c.c.. Gli oneri probatori suddetti non si atteggiano diversamente secondo che l'azione di riduzione sia proposta contro disposizioni testamentarie o contro donazioni, per le quali non pare ultroneo ricordare che ex art 559 c.c. si riducono cominciando dall'ultima e risalendo via via alle anteriori.
Ciò detto, la domanda dell'attrice avente ad oggetto l'accertamento della lesione della quota di legittima e la conseguente riduzione di disposizioni testamentarie e donazioni che eccedono la quota disponibile non può trovare accoglimento, in quanto non risulta possibile accertare con esattezza la lamentata lesione, non potendosi calcolare con certezza l'ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre.
Deve, in primis, rilevarsi che nell'atto di citazione non viene indicata la scheda testamentaria redatta dal de cuius, e, a seguito delle difese, eccezioni e domanda riconvenzionale spiegate dal convenuto, parte attrice nulla ha tempestivamente eccepito o contestato, limitandosi solo con la memoria n.1 di cui all'art.183 c.p.c. (dopo la celebrazione di diverse udienze per verificare l'integrità del contraddittorio, valutare ipotesi conciliative della lite nonché richiedere i termini per il deposito delle memorie di cui all'art. 183 c.p.c.) a domandare, oltre la divisione del compendio ereditario, l'accertamento della propria qualità di erede legittimaria pretermessa a seguito del ritrovamento della scheda testamentaria de qua, così modificando la prospettiva della propria domanda (non più successione ab intestato, ma successione testamentaria).
Anche a non voler ritenere preclusa detta domanda, in quanto tardiva, deve comunque rilevarsi che all'esito del processo l'attrice non ha offerto l'esatta prova posta alla base della propria domanda, essendosi limitata a riferire che la massa ereditaria lasciata dal de cuius fosse unicamente composta dal 50% del residuo credito giacente sul conto corrente n. ###### acceso presso ### di ### cointestato con il figlio ### avendo disposto il padre in vita una donazione immobiliare di rilevante valore a favore solo del convenuto, mentre nulla ha riferito sulla presenza o meno di debiti ereditari, altro elemento fondamentale e necessario al fine di operare il calcolo di cui all'art 556 c.c., e sulla presenza di ulteriori donazioni, in proprio favore e dei propri figli, così impedendo non solo di procedere alla riunione fittizia, ma anche di assolvere all'onere di imputazione ex se imposto dall'art. 564, comma 2, c.c..
Se è pur vero che l'imputazione ex art. 564 c.c. è una mera operazione contabile imposta solo laddove il legittimario abbia ricevuto donazioni, nel caso in esame l'attrice nulla ha dedotto in proposito.
Occorre, infatti, ribadire che il legislatore tutela la quota di riserva dal punto di vista quantitativo e non qualitativo, ammettendo che i diritti del legittimario siano soddisfatti anche tramite donazione in vita o legati (come nel caso di specie il testatore ha espressamente dichiarato nel proprio testamento: v. doc.4 del fascicolo del convenuto).
Proprio per questo motivo il codice civile prevede l'obbligo per il legittimario che agisca in riduzione di imputare alla sua quota di legittima quanto ricevuto a titolo di donazione o di legato, salvo nel caso in cui ne sia stato espressamente dispensato (sul punto, invero, nulla è stato dedotto e provato).
Non è neppure stato specificato se i valori indicati nell'atto introduttivo ai fini della stima dei beni siano anche riferibili al momento dell'apertura della successione, che per giurisprudenza pacifica è il momento a cui si deve aver riguardo ai fini della verifica della lesione. ### è stata, invero, solo parzialmente corretta dalla costituzione del convenuto, che ha allegato la presenza di altre liberalità (non totalmente disconosciute dall'attrice).
Quanto ai debiti, altro elemento fondamentale e necessario al fine di operare il calcolo di cui all'art. 556 c.c., nulla dice l'attrice in sede di atto di citazione.
Essenzialmente, quindi, l'attrice ha fondato la propria domanda di riduzione sull'elevato valore economico delle donazioni effettuate dal de cuius in favore dell'altro figlio, ma non ha fornito una rappresentazione complessiva del patrimonio ereditario che facesse emergere la sussistenza concreta (e non astratta) di una lesione della sua quota di legittima e la necessità di disporre una riduzione delle donazioni per reintegrarla.
Né è emerso che il silenzio serbato in atto di citazione sull'esistenza di altri beni relitti e/o di ulteriori donazioni non sia stato dovuto al convincimento dell'attrice dell'inesistenza di altre componenti patrimoniali da prendere in esame ai fini del riscontro della lesione della quota di riserva di cui si discute.
In particolare, l'attrice ha, quanto meno, omesso di indicare, oltre alla presenza di debiti ereditari, le seguenti liberalità: - atto di donazione ### stipulato dal defunto in favore dei nipoti (figli dell'attrice) ### e ### con atto a rogito dott. ### rep n. 62364 racc n. 27864 del 16.01.2013 (v. doc. 15 del convenuto): in merito a ciò giova sottolineare come, trattandosi di donazione immobiliare diretta, per rilevarne la presenza sarebbe bastata l'effettuazione di una semplice visura presso i competenti ### - liberalità indirette effettuate nei confronti della stessa dal de cuius, consistenti nei plurimi interventi di ristrutturazione dell'immobile sito in ### di proprietà dell'attrice (come comprovati a seguito dell'istruttoria orale svolta: cfr. dichiarazioni rese dai testi all'udienza del 20.12.2023).
Tali donazioni indirette, come dedotte dal convenuto, non sono state tempestivamente contestate dall'attrice né confacentemente confutate e devono, quindi, ritenersi provate.
Corollario di quanto sopra ricostruito è che risulta di tutta evidenza, quindi, che il mancato assolvimento da parte dell'attrice del proprio onere di allegare e provare tanto i debiti quanto l'ammontare delle donazioni fatte in vita dal defunto non permette di verificare se effettivamente vi sia stata, o meno, una lesione della quota di legittima, essendo impedito al Collegio di operare la riunione fittizia.
Conclusivamente, l'attrice non ha fornito gli elementi di fatto necessari per consentire la verifica della dedotta lesione della propria quota di riserva. La suddetta carenza probatoria non può essere colmata dall'istruttoria svolta in corso di causa, che comunque non è riuscita ad addivenire a conclusioni certe ed inequivocabili.
Deve, pertanto, concludersi che l'attrice non ha affatto assolto agli oneri di allegazione e probatori che le incombevano, neppure in via indiziaria (cfr. ex plurimis Cass. n. 10456/2025, Cass. 18199/2020, 348/2023): in difetto di allegazione (e prova) di quanto sopra evidenziato s'impone il rigetto della domanda di parte attrice.
Occorre, da ultimo, passare all'esame della domanda con cui il convenuto nella memoria n. 1 ex art. 183 c.p.c. chiede la condanna di parte attrice al risarcimento dei danni da responsabilità processuale aggravata ex art. 96, co. 1 e 3, c.p.c..
A mente dell'art. 96, primo comma, c.p.c., se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza. Coerentemente con la sua natura risarcitoria, la responsabilità aggravata prevista dal primo comma dell'art. 96 c.p.c. è ancorata alla domanda della parte interessata, essendo esclusa la pronuncia d'ufficio.
E' risaputo che per il riconoscimento di tale domanda deve risultare la inconsistenza e la pretestuosità delle domande pervicacemente e ripetutamente avanzate dalla controparte ovvero la coscienza dell'infondatezza o dell'inammissibilità della domanda (o comunque il difetto del minimo di diligenza per l'acquisizione di detta coscienza): non è, difatti, sufficiente che una parte abbia portato avanti tesi giuridiche ritenute errate all'esito del processo, ma è necessario che siano provate dalla controparte sia la consapevolezza dell'infondatezza della pretesa fatta valere in giudizio, sia la violazione del canone di normale prudenza nell'agire in giudizio in relazione alla fattispecie concreta (cfr. Cass. 26515/2017). Sul punto la giurisprudenza è dell'avviso che la responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96 esige, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell'ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate; peraltro, la mala fede e la colpa grave devono coinvolgere l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso (cfr. Trib. Napoli n. 8227/2020; ### Roma n.13553/2020).
Nel presente giudizio, invero, non è emersa una particolare malafede a carico dell'attrice, dovendosi ritenere che abbia semplicemente avanzato domande a tutela di un preteso diritto. Il disposto normativo di cui all'art.96 c.p.c. e l'interpretazione giurisprudenziale della stessa norma sono, poi, rigorosi nel senso che necessariamente richiedono la prova concreta ed effettiva del danno subito in conseguenza del comportamento processuale della controparte (oltre alla prova del dolo o della colpa grave, del mancato uso di diligenza, della totale soccombenza: cfr. ex plurimis Cass. 1384/1980, Cass.6637/1992, Cass.4651/1990, Cass.117/1993, Cass.21798/2015, o quanto meno l'allegazione di elementi di fatto necessari alla liquidazione equitativa del danno lamentato: cfr. Cass. 21798/2015, Cass. S.U. 7583/2004, ecc.): “…ne consegue che, ove dagli atti del processo non risultino elementi obiettivi dai quali desumere la concreta esistenza del danno, nulla può essere liquidato a tale titolo, neppure ricorrendo a criteri equitativi…” (così Cass.12422/1995, v. nello stesso senso Cass. 117/1993, Cass.1200/1998, Cass.3941/2002). Non ritenendo esser stati addotti e provati elementi idonei al riguardo nel corso dell'istruttoria, tale domanda deve essere disattesa.
A giudizio del Collegio, non possono neppure ritenersi sussistenti i presupposti per la condanna della parte attrice ex art. 96, terzo comma, c.p.c.. Come noto, quest'ultima disposizione contempla una vera e propria pena pecuniaria, indipendente sia dalla domanda di parte, sia dalla prova del danno causalmente derivato alla condotta processuale dell'avversario, che presuppone comunque “il requisito della mala fede o della colpa grave, non solo perché è inserito in un articolo destinato a disciplinare la responsabilità aggravata, ma anche perché agire in giudizio per far valere una pretesa che alla fine si rileva infondata non costituisce condotta di per sé rimproverabile” (così Cass. 21570/2012, v. anche Cass. 27534/2014, 22120/2016), requisito comunque non ravvisabile nel caso in esame.
Del pari, deve respingersi la richiesta di condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., avanzata in sede ###ex art. 183, comma 6, c.p.c. da parte attrice nei confronti del convenuto, in quanto non si ravvisano nel comportamento processuale del convenuto aspetti implicanti mala fede o colpa grave.
Decisa la causa ut supra, tutte le ulteriori istanze, deduzioni ed eccezioni devono ritenersi disattese, tardive o assorbite.
Le spese di lite seguono la soccombenza principale e sono liquidate, ridotte di 1/3 in considerazione dell'andamento della causa stante il parziale accoglimento di alcune domande attoree e il rigetto di alcune istanze del convenuto, come indicato in dispositivo ai sensi del D.M. 55/2014 come successivamente modificato in base al valore della controversia indicata dalla stessa attrice.
Le spese di c.t.u. vanno poste definitivamente e completamente a carico dell'attrice. P. Q. M. ### di ###, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella causa tra le parti in epigrafe indicate, ogni diversa istanza, difesa, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: 1) accerta e dichiara che ### è erede legittimaria del defunto padre ### nato a ### il ### e deceduto in data ###; 2) dichiara in parte inammissibili e in parte rigetta ogni ulteriore domanda avanzata; 3) condanna parte attrice a rifondere le spese di lite del convenuto, che si liquidano in complessivi € 7.602,00, oltre oneri di legge; condanna parte attrice a sopportare tutte le spese di c.t.u. liquidate con decreto in corso di causa.
Così deciso in ### l'8.10.2025 ### est. ###.D'### dott. ###
causa n. 1277/2022 R.G. - Giudice/firmatari: D'Elia Annarita, Nicola Cosentino