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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SALERNO ### Il Giudice del lavoro, dott. ssa ### D'### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 1921/2025 R.G. sez. lavoro, vertente ### rappresentati e difesi dagli avv. ti ### e ### Ricorrente E Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 ####'ARAGONA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. ### Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con ricorso depositato in data ###, le parti ricorrenti indicate in epigrafe, premesso di essere dipendenti della ### convenuta con i vari inquadramenti professionali analiticamente specificati corrispondenti alle precedenti categorie B e D del ### deducevano di avere regolarmente percepito nel corso del rapporto di lavoro la indennità di turno giornaliera ex art. 86, comma 3, #### del 21.05.2018 ed ex art. 106, comma 2, ### del 02.11.2022 pari ad € 4,49 e successivamente ad € 2,07, la indennità per particolari condizioni di lavoro ex art. 86, comma 6, ### del 21.05.2018 ed ex art. 107, comma 2, ### del 02.11.2022 (pari ad € 4,13 e poi ad € 5,16) e la indennità di pronto soccorso ex art. 107, comma 4, ### del 02.11.2022 (pari ad € 40,00 al lordo mensili); che, nonostante la ordinaria corresponsione di tali emolumenti, essi non erano stati tuttavia inclusi dalla ### nel computo della retribuzione per il periodo di godimento delle ferie.
Richiamata la nozione eurounitaria delle ferie annuali retribuite, accolta anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, e dedotta la illegittimità della esclusione del computo di tali emolumenti dalla retribuzione delle giornate di ferie -nonostante la stretta inerenza degli stessi alla qualifica professionalerassegnavano pertanto le seguenti conclusioni: 1. accertare e dichiarare il diritto delle parti ricorrenti al riconoscimento di quanto previsto a titolo di indennità di turno giornaliera per ciascun giorno di ferie già maturato, ex art. 86, comma 3, ### del 21.05.2018 ed ex art. 106, comma 2, #### del 02.11.2022, nonché quanto previsto a titolo di indennità per particolari condizioni di lavoro (cd. indennità di terapia intensiva) per ciascun giorno di ferie già maturato, ex art. 86, comma 6, ### del 21.05.2018 ed ex art. 107, comma 2, #### del 02.11.2022, nonché quanto previsto a titolo di indennità di pronto soccorso, per Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 ciascun giorno di ferie già maturato ex art. 107, comma 4, ### del 02.11.2022, a far data dall'01.01.2020 al 31.12.2024, e, per l'effetto; 2. condannare l'### “### S. ### di Dio e ### d'Aragona”, in persona del legale rappresentante p.t. al pagamento in favore delle parti ricorrenti delle seguenti somme: ### € 560,00; ### € 475,00; ### € 1.110,00; ### € 475,00; ### € 475,00; ### € 179,00; ### € 475,00; ### € 101,00; oltre interessi legali, o a quelle diverse somme maggiori o minori o risultanti a seguito di espletanda Ctu o a quelle diverse somme maggiori o minori ritenute eque ex art. 432 c.p.c.; 3. condannare l'### “### S. ### di Dio e ### d'Aragona”, in persona del legale rappresentante p.t. al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio, con attribuzione ai sottoscritti avvocati antistatari”.
Regolarmente instaurato il contraddittorio, la ### si costituiva tardivamente in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso deducendo “che l'emolumento per cui è causa non è collegato alle mansioni svolte”.
Acquisita la documentazione prodotta, in data odierna la causa è stata decisa con sentenza sulle conclusioni del procuratore della parte ricorrente richiamate nelle note di trattazione scritta disposte, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., in sostituzione dell'udienza del 17.12.2025.
La domanda è fondata, ritenendo la scrivente di aderire, condividendone le argomentazioni, ai precedenti più recenti di questa sezione lavoro le cui motivazioni vengono richiamate ai sensi dell'art. 118 c.p.c..
Occorre preliminarmente richiamare la normativa e la giurisprudenza delineatasi in materia.
Segnatamente e procedendo con ordine, come noto, l'art. 36 Cost. stabilisce che "il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi".
Nel contempo l'art. 2109 1° e 2° co cc prevede che: "il prestatore di lavoro ... ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito" e l'art. 10 D. Lgs. n. 66 del 2003 dispone che: "il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite".
Sul versante della regolamentazione di diritto euro-unitario, si rammenta che l'art. 31 2 della Carta dei ### dell'### stabilisce che "ogni lavoratore Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite". ###. 7 della direttiva n. 88/2003/CE prevede che "gli ### membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali".
Stante l'indicato contesto normativo, va altresì evidenziato che la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'### ha dapprima chiarito che "l'espressione <ferie annuali retribuite> (di cui all'art. 7 della ###. 88/2003/CE n.d.r.), che figura in tale disposizione, significa che, per la durata delle ferie annuali ai sensi della direttiva, la retribuzione va mantenuta. In altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo" (cfr. Corte di ### sez. i, 16.3.2006, n. 131, conf. Corte Giustizia UE ### 20.1.2009, n. 350).
Successivamente, la Corte di Giustizia è nuovamente intervenuta in materia con la sentenza ### 15.09.2011, C-155/10, ### c. BA, della quale, stante la rilevanza della pronuncia, si riportano i passi essenziali.
La formulazione dell'art. 7 della direttiva 2003/88 non fornisce alcuna esplicita indicazione quanto alla retribuzione cui ha diritto il lavoratore nel corso delle sue ferie annuali. Tuttavia, la giurisprudenza ha ricordato come dalla lettera stessa del n. 1 di tale articolo, norma alla quale tale direttiva non consente di derogare, risulti che tutti i lavoratori beneficiano di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane e che tale diritto alle ferie annuali retribuite deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario.
In tale contesto, la Corte ha già avuto occasione di precisare che l'espressione “ferie annuali retribuite” di cui all'art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 significa che, per la durata delle “ferie annuali” ai sensi di tale direttiva, la retribuzione deve essere mantenuta; in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (v. sentenza 16.03.2006, cause riunite C-131/04 e C-257/04, ### e a., punto 50; #### e a., cit., punto 58).
Come precisato dall'avvocato generale al par. 90 delle conclusioni, da quanto precede si deduce che la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore. Da quanto sopra si evince inoltre che un'indennità determinata a un livello appena sufficiente ad evitare un serio rischio che il lavoratore non prenda le sue ferie non soddisfa le prescrizioni del diritto dell'### Orbene, quando la retribuzione percepita dal lavoratore è composta da diversi elementi, per determinare tale retribuzione ordinaria e, di conseguenza, l'importo cui ha diritto il lavoratore durante le ferie annuali, è necessario svolgere un'analisi specifica. Questo tipo di situazione si verifica nel caso della retribuzione di un pilota di linea in qualità di membro del personale di volo di una compagnia di trasporto aereo. Detta retribuzione è strutturata in un importo fisso annuo e in supplementi variabili correlati al tempo trascorso in volo e al tempo passato all'esterno della base.
In proposito occorre dichiarare che, sebbene la struttura della retribuzione ordinaria di un lavoratore di per sé ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli ### membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all'esercizio del suo lavoro.
Pertanto, qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore, come il tempo trascorso in volo per i piloti di linea, deve essere preso in considerazione ai fini dell'ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali.
All'opposto, gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie che sopravvengano in occasione dell'espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro, come le spese connesse al tempo che i piloti sono costretti a trascorrere fuori dalla base, non devono essere presi in considerazione nel calcolo dell'importo da versare durante le ferie annuali.
A questo riguardo, è compito del giudice nazionale valutare il nesso intrinseco che intercorre tra, da una parte, i vari elementi che compongono la retribuzione complessiva Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 del lavoratore e, dall'altra, l'espletamento delle mansioni ad esso affidate in ossequio al suo contratto di lavoro. Questa valutazione deve essere svolta in funzione di una media su un periodo di riferimento giudicato rappresentativo.
Ciò precisato, occorre ancora ricordare che la Corte ha già statuito che una dipendente che presta servizio come responsabile di cabina per una compagnia aerea e che, a causa della sua gravidanza, sia temporaneamente assegnata ad un posto a terra, nel corso dell'assegnazione temporanea aveva diritto non solo al mantenimento del suo stipendio di base, bensì anche agli elementi della retribuzione o alle integrazioni che si collegano al suo status professionale. Pertanto, le integrazioni collegate alla sua qualità di superiore gerarchico, alla sua anzianità e alle sue qualifiche professionali dovevano essere mantenute (v., in questo senso, sentenza 1°.07.2010, causa C-471/08, ###.
Di conseguenza, oltre agli elementi della retribuzione complessiva rilevati in precedenza, tutti quelli correlati allo status personale e professionale del pilota di linea devono essere mantenuti durante le ferie annuali retribuite di tale lavoratore.
Infine, rimane da precisare che tanto la direttiva 2003/88 quanto l'accordo europeo prevedono solamente una tutela minima del diritto alla retribuzione delle lavoratrici e dei lavoratori durante le ferie annuali.
Pertanto, nessuna disposizione del diritto dell'### osta a che gli ### membri, oppure, se del caso, le parti sociali, si spingano oltre la tutela minima del lavoratore, garantita dalla normativa dell'### e prevedano il mantenimento di tutti gli elementi della retribuzione complessiva che spettano durante il periodo di lavoro (v., in questo senso, sentenza ### cit., punto 63). Da cui il principio di diritto per cui un pilota di linea, durante le sue ferie annuali, ha diritto non solo al mantenimento del suo stipendio di base, bensì anche, da un lato, a tutti gli elementi intrinsecamente connessi all'espletamento delle mansioni che gli incombono in forza del suo contratto di lavoro e che sono compensati tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della sua retribuzione complessiva e, dall'altro, a tutti gli elementi collegati allo status personale e professionale del pilota di linea. È compito del giudice nazionale valutare se i diversi elementi che compongono la retribuzione complessiva di tale lavoratore rispondano a detti criteri.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025
La seconda sentenza europea cui fare riferimento è ### 22.05.2014, C-539/12; il caso di specie era relativo a un lavoratore la cui retribuzione era composta da uno stipendio base e da una provvigione fissata con riferimento ai contratti conclusi dal datore di lavoro che derivano da vendite realizzate da tale lavoratore. La questione era appunto se fosse legittimo riconoscergli, durante le ferie retribuite, il solo stipendio base, senza le provvigioni (che rappresentavano più del 60% di tale stipendio).
Ebbene, la Corte, richiamati i medesimi principi di cui alla sentenza del 2011, ha ritenuto che il lavoratore avesse diritto a veder computato, nella retribuzione feriale, anche l'importo delle provvigioni.
Rilevante in tale pronuncia anche la precisazione che gli elementi correlati allo status personale e professionale possono essere quelli che si ricollegano alla qualità di superiore gerarchico, all'anzianità, alle qualifiche professionali.
La giurisprudenza europea sopra riportata è stata recepita, nell'ordinamento nazionale, da Cass. civ., sez. lav., 17.05.2019, n. 13425, la cui motivazione contiene ampi stralci di quelle pronunce.
Se ne riporta il passaggio conclusivo: “A tale riguardo, deve allora osservarsi come sia compito del giudice di merito valutare, in primo luogo, il rapporto di funzionalità (id est: il nesso intrinseco, v. sentenza ### 15 settembre 2011, ### e a., C - 155/10, cit., punto 26) che intercorre tra i vari elementi che compongono la retribuzione complessiva del lavoratore e le mansioni ad esso affidate in ossequio al suo contratto di lavoro e, dall'altro, interpretate ed applicate le norme pertinenti del diritto interno conformemente al diritto dell'### verificare se la retribuzione corrisposta al lavoratore, durante il periodo minimo di ferie annuali, sia corrispondente a quella fissata, con carattere imperativo ed incondizionato, dall'art. 7 della direttiva 2003/88/CE. 20. Tale verifica non è stata condotta dalla sentenza impugnata con riferimento all'indennità di navigazione cd. “###”, stabilita dal contratto collettivo aziendale, che va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di Appello di Palermo”.
È altresì da tener presente che la giurisprudenza di legittimità è giunta a questa svolta europea dopo aver affermato, per lungo tempo, che, attesa l'inesistenza nell'ordinamento di un principio di onnicomprensività della retribuzione, la competenza a stabilire le componenti della retribuzione feriale, così come di ogni altra voce retributiva, spetta alla contrattazione collettiva, tramite le nozioni di retribuzione Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 da essa dettate (cfr. in tal senso, ex multis, Cass. civ., sez. lav., 12.11.2018, n. 28937; civ., sez. lav., 30.10.2017, n. 25760; Cass. civ., sez. lav., 21.05.2012, n. 7987; Cass. civ., sez.lav., 17.10.2001, n. 12683).
Tanto premesso, il punto fermo da cui partire non può che essere il principio di diritto di ### 15.09.2011, secondo il quale un lavoratore ha diritto, durante le sue ferie annuali, non solo al mantenimento del suo stipendio di base, bensì anche, da un lato, a tutti gli elementi intrinsecamente connessi all'espletamento delle mansioni che gli incombono in forza del suo contratto di lavoro e che sono compensati tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della sua retribuzione complessiva e, dall'altro, a tutti gli elementi collegati allo status personale e professionale del lavoratore. Tali principi devono essere interpretati, di conseguenza, non come impositivi di una meccanica parificazione tra la retribuzione feriale e quella degli altri periodi dell'anno, bensì come rivolti a tutelare l'esigenza che il lavoratore non abbia a patire, quando va in ferie, di una riduzione sproporzionata del proprio trattamento retributivo, tale da avere un effetto dissuasivo dell'effettiva fruizione del diritto.
In altri termini, per poter essere inclusa nella base di calcolo della retribuzione feriale, una voce retributiva deve rispondere ai seguenti tre requisiti: 1) deve essere intrinsecamente connessa alla natura delle mansioni svolte dall'interessato compensando uno specifico “disagio” derivante dall'espletamento di dette mansioni (“disagio” nel senso di “dare incomodo”; se ne ha una riprova verificando i termini nei quali si è espressa la ### nelle altre principali lingue: nel testo inglese, si parla di un “inconvenient aspect”, cioè scomodo, disagiato - possibili sinonimi inglesi, “unconfortable”, “uneasy”, “awkward” -, nel testo francese, di “désagrément”, che significa inconveniente, disagio, fastidio, disturbo) oppure deve essere correlata al peculiare status professionale o personale dell'interessato; 2) deve essere percepita in modo continuativo, o quanto meno non occasionale, dal lavoratore (come si trae in modo esplicito da ### 15.09.2011, la valutazione circa la computabilità o no di un'indennità - quindi, circa l'an, non il quantum - deve essere svolta in funzione di una media su un periodo di riferimento giudicato rappresentativo. Il che Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 implica che occorre anche considerare il dato della frequenza temporale dell'erogazione retributiva nella busta paga di ciascun lavoratore); 3) deve essere di importo consistente (non può che essere rilevante l'importo di tali voci, che deve essere congruo o comunque apprezzabile, in modo da poter dire che rinunciarvi può avere un effetto dissuasivo delle ferie. La rilevanza di tale dato trova conferma in ### 22.05.2014, che a sostegno dell'applicabilità di certe provvigioni ha osservato che esse totalizzavano più del 60% dello stipendio ordinario del lavoratore).
Orbene, nel caso di specie, sussistono i predetti requisiti.
Infatti, le voci retributive richieste dalle parti ricorrenti sono intrinsecamente connesse alla natura delle mansioni da essi svolte -compensando uno specifico “disagio” derivante dall'espletamento di dette mansioni-, sono percepite in modo continuativo, o quanto meno non occasionale (come si evince dalle buste paga) e, infine, -adeguandosi sotto tale profilo alle indicazioni in precisi termini di percentuale del raffronto tra retribuzione giornaliera ordinaria e retribuzione giornaliera nei giorni di ferie provenienti dal giudice di nomofilachia (Cass. n. 17495/2025 del 29.6.2025)- sono di importo sufficientemente consistente.
Segnatamente su quest'ultimo punto deve rilevarsi in primo luogo che non possono essere valorizzate argomentazioni basate sull'esistenza nel nostro ordinamento del principio di irrinunciabilità alle ferie annuali, che sarebbe invece assente negli ordinamenti di altri stati membri dell'U.E.
Come ribadito più volte dalla Corte di giustizia U.E. la norma di cui all'art. 7 n. 1 della direttiva 2003/88 è inderogabile, e il diritto alle ferie annuali retribuite "deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario", il quale è espressamente sancito all'articolo 31, paragrafo 2, della ### dei diritti dell'unione europea, alla quale l'articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce lo stesso valore giuridico dei ### (sentenze dell'8 novembre 2012, H. e T., C-229/11 e C-230/11, EU:C:2012:693, punto 22; del 29 novembre 2017, K., C-214/16, EU:C:2017:914, punto 33, nonché del 4 ottobre 2018, D., C-12/17, EU:C:2018:799, punto 25), cosicchè esso deve trovare comunque applicazione e garanzia, anche se per ipotesi nel singolo Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 ordinamento nazionale non fosse prevista in maniera esplicita l'irrinunciabilità delle ferie.
Il fatto che nel nostro ordinamento vi sia una previsione siffatta non significa che automaticamente non si possano verificare in concreto situazioni in cui il lavoratore possa essere indotto a non fruire delle ferie per non subire una decurtazione della retribuzione percepita durante i periodi di lavoro.
Né può avere rilievo dirimente il fatto che le parti ricorrenti abbiano regolarmente fruito delle ferie nei periodi considerati, o che - da un punto di vista generale - comunque potrebbero goderne anche in un momento successivo all'anno di riferimento, così da escludere ogni effetto dissuasivo dal prendere le ferie connesso alla percezione di una retribuzione inferiore.
Come condivisibilmente evidenziato da Cass. 23-06-2022, n. 20216 cit., sulla scorta di quanto stabilito dalla sentenza della ### 13.1.2022, causa C-514/20 (DS c/ K.) e dalla precedente giurisprudenza dello stesso consesso, "il diritto alle ferie annuali, sancito dall'art. 7 della direttiva 2003/88, ha una duplice finalità, ossia consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi rispetto all'esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e, dall'altro, di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione (sentenza del 25 giugno 2020, V. kasatsionen sad na ### e I.B. ### C-762/18 e C-37/19, EU:C:2020:504, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata). Infatti, è nell'interesse della protezione effettiva della sua sicurezza e della sua salute che il lavoratore deve normalmente poter beneficiare di un riposo effettivo (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2009, S.-H. e a., C-350/06 e C-520/06, EU:C:2009:18, punto 23).
Se sono queste le esigenze che il riconoscimento del diritto alle ferie retribuite annuali intende salvaguardare, deve allora ritenersi che "ogni azione o omissione di un datore di lavoro, avente un effetto anche solo potenzialmente dissuasivo sulla fruizione di ferie annuali da parte del lavoratore, è incompatibile con tali esigenze (v. sentenza del 6 novembre 2018, K., C-619/16, EU:C:2018:872, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata)". "Per questo motivo”, - prosegue la sentenza di legittimità sopra richiamata - “è stato ritenuto che l'ottenimento della retribuzione ordinaria durante il periodo di ferie annuali retribuite è volto a consentire al lavoratore di prendere effettivamente i giorni di ferie cui ha diritto. Orbene, quando la Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 retribuzione versata a titolo del diritto alle ferie annuali retribuite previsto all'art. 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, è inferiore alla retribuzione ordinaria ricevuta dal lavoratore durante i periodi di lavoro effettivo, lo stesso rischia di essere indotto a non prendere le sue ferie annuali retribuite, almeno non durante i periodi di lavoro effettivo, poiché ciò determinerebbe, durante tali periodi, una diminuzione della sua retribuzione (sentenza del 13 dicembre 2018, H., C-385/17, EU:C:2018:1018, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata). Del pari, la Corte ha dichiarato che il lavoratore poteva essere dissuaso dall'esercitare il proprio diritto alle ferie annuali tenuto conto dello svantaggio finanziario, anche se quest'ultimo è differito, cioè si manifesta nel corso del periodo successivo a quello delle ferie annuali (v., in tal senso, sentenza del 22 maggio 2014, L., C-539/12, EU:C:2014:351, punto 21)".
La stessa Corte di Giustizia ha costantemente ribadito che la direttiva 2003/88 tratta il diritto alle ferie annuali e quello all'ottenimento di un pagamento a tale titolo come due aspetti di un unico diritto (sentenze del 20 gennaio 2009 S.-H. , del 15 settembre 2011 W. e a., del 13 dicembre 2018 H.), cosicché deve ritenersi che l'irrinunciabilità del periodo di ferie ed il divieto di monetizzazione del periodo minimo, seppur principi contemplati rispettivamente della nostra ### e dal diritto sociale europeo, non sono sufficienti - da soli - a garantire la pienezza del diritto se non sono accompagnati da una retribuzione adeguata.
Nella prospettiva presa in considerazione dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e dei giudici nazionali di legittimità, ciò che occorre andare ad indagare, allora, è se, per effetto di prassi, comportamenti datoriali e disposizioni contrattuali, ci sia un serio rischio di induzione del lavoratore a non fruire delle ferie annuali retribuite spettanti perché l'ammontare della retribuzione corrisposta durante le ferie, inferiore rispetto a quella percepita durante i periodi di lavoro effettivo, può avere un effetto potenzialmente dissuasivo.
Il rapporto rilevante è, quindi, quello fra la retribuzione ordinaria e la retribuzione in concreto erogata durante le ferie, il cui ammontare deve essere tale da non disincentivarne l'effettivo godimento. La retribuzione per ferie non deve necessariamente coincidere con la retribuzione ordinaria, ma non deve neppure Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 scendere al di sotto di un livello tale da dissuadere il lavoratore dalla fruizione delle ferie (per non perdere una quota consistente di retribuzione).
Il giudizio di comparazione deve necessariamente essere effettuato tra termini omogenei tra di loro poiché il paragone è il raffronto fra due o più termini per stabilire affinità e differenze ed il giudizio di paragonabilità evoca quello di similitudine, imponendo quindi di utilizzare lo stesso orizzonte temporale.
È opportuno poi calare il confronto nel brevissimo periodo, ben potendo valutazioni di carattere immediato rivestire in concreto portata dissuasiva e anche perché il periodo di ferie annuali è dato da giorni.
Orbene, raffrontando la retribuzione ordinaria giornaliera, considerando soltanto gli anni richiesti nel ricorso introduttivo del giudizio, e la retribuzione in concreto erogata per ogni giorno di ferie risulta per le parti ricorrenti una riduzione della retribuzione giornaliera nei giorni di ferie pari, ma in realtà anche superiore, quantomeno al 15% - ottenuta raffrontando la retribuzione giornaliera e la retribuzione in concreto erogata per ogni giorno di ferie (tenuto conto dell'importo del valore medio giornaliero delle spettanze non ricevute riportato nel corpo del ricorso).
Orbene, alla luce della recente sentenza della Suprema Corte (sentenza n. 17495/2025 del 29.6.2025) secondo cui già col solo 6% di retribuzione in meno nei giorni di ferie si realizza il vietato effetto dissuasivo per il lavoratore, ne deriva che a fortiori, nel caso di specie può ritenersi presente un effetto dissuasivo per i ricorrenti a non usufruire dei giorni di ferie (sempre, si ribadisce, a livello anche soltanto potenziale e a prescindere dall'effettivo godimento delle stesse). Si osserva altresì che la citata sentenza della Corte di Cassazione aveva riguardo proprio ad una delle tre indennità dedotte in ricorso, ovvero l'indennità giornaliera di € 4,49 ex art. 86 c.3 del ### 2016- 2018.
Le considerazioni finora svolte conducono a ritenere che le indennità di cui si discorre debbano rientrare nel computo della retribuzione da corrispondere anche nei periodi di ferie, secondo i principi invalsi nella giurisprudenza eurocomunitaria.
Ne consegue, previa declaratoria di nullità delle disposizioni di contrattazione collettiva di comparto nella parte in cui escludono le indennità in questione dal calcolo della Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 retribuzione spettante per i periodi di ferie, l'accertamento del diritto delle parti ricorrenti all'inclusione, nella retribuzione dovuta durante le ferie, delle indennità oggetto di causa, e la condanna della convenuta alla corresponsione, per i suddetti titoli, delle conseguenti differenze retributive maturate dai ricorrenti per i periodi di seguito indicati.
In ordine alla quantificazione delle somme dovute, si ritiene di poter utilizzare i conteggi formulati dalla difesa dei ricorrenti che appaiono corretti in quanto con essi si fa riferimento agli importi contrattualmente dovuti per le indennità di cui si discorre rapportati ai giorni di ferie fruiti così come emergenti dal “cartellino delle presenze” (con proporzionale riduzione del monte giorni di ferie annuale, pari a 28 giorni, nei casi in cui il rapporto di lavoro non ha coperto l'intero anno solare).
Parte resistente va pertanto condannata al pagamento, per le causali di cui sopra e per i periodi indicati in ricorso, delle seguenti somme: ### € 560,00; ### € 475,00; ### € 1.110,00; ### € 475,00; ### € 475,00; ### € 179,00; ### € 475,00; ### € 101,00. Oltre alla maggiorazione per interessi legali dalla maturazione delle singole componenti del credito al soddisfo.
Il ricorso va pertanto accolto.
Il contrasto della giurisprudenza di merito in materia, l'intervento soltanto nel corso del giudizio di indicazioni precise da parte del giudice di nomofilachia in termini di percentuale del raffronto tra retribuzione giornaliera ordinaria e retribuzione ricevuta nei giorni di ferie -per valutare in concreto se ci sia o meno un potenziale effetto dissuasivo (sentenza Cass. n. 17495/2025 del 29.6.2025)- e infine la serialità della lite giustificano la compensazione per metà delle spese di lite che per la restante parte vengono poste a carico della ### convenuta secondo la regola della soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale di Salerno, in funzione di Giudice del lavoro, definitivamente pronunciando così provvede: Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025 1. Accoglie il ricorso e, per l'effetto, condanna la ### e ### D'### per le causali di cui in motivazione, al pagamento delle seguenti somme: ### € 560,00; ### € 475,00; ### € 1.110,00; ### € 475,00; ### € 475,00; ### € 179,00; ### € 475,00; ### € 101,00, oltre interessi legali dalla maturazione delle singole componenti del credito al soddisfo; 2. compensa per metà tra le parti le spese di lite e pone a carico della ### e ### D'### la residua metà delle spese di lite che liquida, già ridotto l'importo, in € 470,00 oltre rimborso del 15% per spese forfettarie, IVA e ### con attribuzione ai procuratori antistatari.
Salerno, 17.12.2025 Il Giudice Dott. ssa ### D'### a verbale (art. 127 ter cpc) del 19/12/2025
causa n. 1921/2025 R.G. - Giudice/firmatari: Serpe Francesca, Francesca D'Antonio