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Corte d'Appello di Brescia, Sentenza n. 1131/2024 del 09-12-2024

... redazione della “variante postuma” ed al suo mancato deposito da parte del professionista, il Collegio ribadisce che: il ### non ha provveduto al deposito della relativa documentazione, cui ha provveduto altro professionista incaricato dall'appellante; lo stesso ha prodotto la variante postuma recante la data dell'08 novembre 2013 e recante anche la sottoscrizione dell'appaltatore ####.r.l. (doc. 14); tale circostanza è stata dedotta dalla stessa società, parte in causa del giudizio di primo grado, e non è stata contestata; il ### ha pure prodotto la citata “dichiarazione di assunzione di responsabilità” anche da lui sottoscritta e datata 14 novembre 2013, nella quale si dichiara che la “variante postuma” è “pronta alla sua regolarizzazione e presentazione al protocollo comunale”. Avendo riguardo a tali elementi di fatto, va rilevato che la questione del mancato deposito della variante postuma, dell'eventuale inadempimento del professionista e dell'eventuale compenso a lui spettante per tale attività è stata fatta oggetto del terzo punto del quesito della consulenza tecnica d'ufficio. ### il CTU il geometra aveva preparato una variante postuma (anno 2013) mai presentata, (leggi tutto)...

testo integrale

 REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### civile, composta dai ###: Dott. ### rel.   Dott. #### ha pronunciato la seguente ### nella causa civile n. 869/###.G. promossa con atto di citazione notificato in data 26 giugno 2019 e posta in decisione all'udienza collegiale del 12 giugno 2024 d a ### con il patrocinio dell'avv. ### e dell'avv.  ### c o n t r o ### con il patrocinio dell'avv. ### e dell'avv.  ### In punto: appello a sentenza del Tribunale di Brescia n. 1317/2019 pubblicata in data 07 maggio 2019. 
R. Gen. N. 869/2019 OGGETTO: Appalto: altre ipotesi ex art. 1655 e s.s.  (ivi compresa l'azione ex 1669 c.c.) CODICE: ###'appellante “### contraria istanza, eccezione, deduzione, disattesa, previe le più opportune declaratorie di legge e del caso, in parziale riforma della sentenza Tribunale di Brescia, R.G. n. 13718/2015, n. 1327/2019, pronunciata dal dott.  ### in data 3 maggio 2019, depositata in data 7 maggio 2019 e notificata in data 27 maggio 2019, accogliere le conclusioni avanzate in prime cure nei confronti del #### come qui precisate e riportate: In via principale ### e dichiarare la responsabilità contrattuale da inadempimento del geom. ### per i motivi esposti in atti e da intendersi qui integralmente richiamati e per l'effetto ### e/o ### la risoluzione del contratto d'opera concluso in data 21 aprile 2011 tra la signora ### e il geom. ### per fatto e colpa di quest'ultimo e per l'effetto ### il geom. ### alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte come accertato dal Tribunale, oltre interessi di legge, e ogni conseguente statuizione, oltre al risarcimento dei danni derivanti dagli inadempimenti allegati da quantificarsi in via equitativa nella somma di euro 30.000,00 e/o della diversa somma maggiore o minore risultante di giustizia, ciò per tutti i motivi esposti in atti e da intendersi qui integralmente richiamati, il tutto oltre interessi per legge dall'evento dannoso sino all'effettivo soddisfo.  ### e dichiarare il difetto di rappresentanza in capo al geom. ### per l'approvazione dei computi metrici aventi ad oggetto le opere eseguite da ### ma mai concordate né autorizzate dalla committente e conseguentemente ritenere la suddetta attività priva di qualsivoglia giuridico effetto nei confronti della signora ### Respingere le domande formulate dal ### per tutti i motivi esposti in atti e qui da intendersi integralmente richiamati. 
In via subordinata Nel denegato e non creduto caso di accertato recesso, quantificare il valore delle prestazioni effettivamente eseguite dal geom. ### e regolarmente commissionate dalla signora ### In via ulteriormente subordinata Nel denegato e davvero non creduto caso di condanna al pagamento di somme a titolo di compensi, dichiarare inapplicabile il D.Lgs. 231/2002 in materia di interessi moratori. 
In via istruttoria ### prova per interrogatorio formale delle parti e per testimoni con i testi sotto indicati dei seguenti capitoli da intendersi depurati di eventuali espressioni negative o valutative e premesso “vero che”: 1) La signora ### e ####.r.l. concludevano due contratti di appalto rispettivamente in data 06 Aprile 2012 e 15 Ottobre 2012 aventi ad oggetto l'ampliamento di fabbricato residenziale con realizzazione di nuova unità abitativa come da doc. 1 e doc. 10 di parte attrice che si rammostrano.  2) Nel mese di Marzo 2013 ### aveva eseguito in parte le opere pattuite.  3) In data 22 Marzo 2013 si teneva un incontro tra la committente, il signor ### il signor ### per ####.r.l. accompagnato dai tecnici della società geom. ##### e signor ### nonché il direttore lavori geom. ### 4) In occasione dell'incontro di cui al punto precedente le parti verificavano le opere previste nel contratto ancora da realizzare. Specifichi il teste, se a conoscenza, la tipologia delle opere che ####.r.l. doveva eseguire.  5) In occasione dell'incontro di cui al punto 3) l'impresa appaltatrice si impegnava a fornire alla committente la contabilità generale del totale delle opere appaltate.  6) Come previsto in occasione dell'incontro di cui al capitolo 3) la committente rimaneva in attesa di ricevere la contabilità generale delle opere che ### affermava di aver eseguito.  7) In occasione dell'incontro di cui al punto 3) ### D ### si obbligava a svolgere a proprie spese una serie di attività meglio individuate al doc. 14 di parte attrice che si rammostra e che si conferma integralmente.  8) Nel mese di Maggio 2013 ### contestava a ### D ### una serie di inadempimenti, vizi e difformità delle opere commissionate, come da doc.  3 che si rammostra. Descriva il teste, se a conoscenza, le opere ancora da eseguirsi da parte di ### nonché i vizi e le difformità di quelle già realizzate e divenute oggetto di contestazione da parte della signora ### 9) La signora ### rimaneva in attesa che ### eseguisse le attività che ella aveva richiesto al punto precedente. Dica il teste se ### è intervenuta per completare le opere nonché per sistemare quelle realizzate ma viziate e/o difformi rispetto a quanto previsto.  10) Nel mese di Settembre 2013 la signora ### riscontrava infiltrazioni di acqua sulla parete est dell'immobile e sul soffitto delle camere da letto. Dica il teste, se a conoscenza, i giorni in cui tali fenomeni sono stati riscontrati dalla signora ### 11) La signora ### contestava a ### D ### la presenza di infiltrazioni di cui al punto precedente. Specifichi il teste quando e con quali modalità la signora ### provvedeva a formulare tali contestazioni all'appaltatore.  12) In data 08 Ottobre 2013 si teneva un incontro presso l'abitazione della signora ### alla presenza di quest'ultima, del ### e dell'appaltatore.  13) In occasione dell'incontro di cui al punto precedente la signora ### formulava specifica contestazione delle opere ancora da terminarsi da parte di ### D ### come individuate al doc. 5 che si rammostra.  14) In occasione dell'incontro di cui al punto 12) la signora ### formulava specifica contestazione dei vizi e delle difformità delle opere eseguite da ### D ### come individuate al doc. 5 che si rammostra.  15) ### D ### si impegnava a eseguire le opere di cui al doc. 5 che si rammostra.  16) La signora ### rimaneva in attesa che ### D ### intervenisse per eseguire le opere di cui al doc. 5 che si rammostra. Dica il teste se l'appaltatore ha eseguito siffatte opere specificando in tal caso le date in cui è la ditta ### è intervenuta in loco e ha compiuto le attività.  17) Nel mese di Aprile 2013, la signora ### contestava al geom.  ### l'inadempimento agli obblighi assunti con la conclusione del conferimento di incarico del 21 Aprile 2011 come da doc. 2 che si rammostra. 
Descriva il teste, se a conoscenza, il contenuto delle lamentele rivolte dalla signora ### al geom. ### 18) In data 14 Novembre 2013 il #### faceva sottoscrivere al signor ### e alla signora ### dichiarazione di assunzione di responsabilità in relazione alla regolarizzazione delle opere eseguite presso l'immobile come da doc. 15 prodotto dal terzo chiamato. 
Specifichi il teste il contenuto di tale dichiarazione indicando se e quando il geom. ### ha provveduto a depositare presso la ### di ### la documentazione volta a regolarizzare le opere realizzate.  19) La signora ### conferiva incarico all'### Fausti avente ad oggetto la realizzazione di opere professionali relative all'immobile sito in via ### della ### n. 22, Cologne ###. Dica il teste quando è stato conferito il predetto incarico, l'oggetto delle attività richieste dalla signora ### e di quelle in seguito svolte nell'interesse di quest'ultima nonché, se a conoscenza, le ragioni per le quali quest'ultima aveva deciso di revocare l'incarico al precedente professionista geom. ### 20) Nell'anno 2014 venivano organizzati alla presenza della signora ### dell'ing. Fausti e dei soggetti incaricati da ### incontri presso l'immobile oggetto del contratto di appalto. Indichi il teste il numero degli incontri, nonché i giorni in cui sono avvenuti e il contenuto di ciascuno dei predetti incontri.  21) In occasione degli incontri di cui al punto precedente la signora ### lamentava il mancato completamento da parte dell'appaltatore delle opere pattuite nonché la presenza di vizi e difformità delle opere eseguite. 
Descriva il teste, se a conoscenza, il contenuto di ciascuna delle contestazioni sollevate dalla committente.  22) In occasione degli incontri di cui al punto 21) l'appaltatore ### D ### si impegnava ad eseguire le opere oggetto delle contestazioni sollevate dalla signora ### Dica il teste, se a conoscenza, ciascuna delle obbligazioni assunte da ### D ### 23) La signora ### rimaneva in attesa che ### eseguisse le opere promesse di cui al capitolo precedente.  24) Nel mese di Giugno 2014 la signora ### incaricava l'ing. 
Fausti di formare relazione tecnica avente ad oggetto i vizi e le difformità delle opere eseguite da ### all'interno del bene immobile oggetto del contratto di appalto.  25) Nel mese di Agosto 2014 l'ing. Fausti redigeva relazione tecnica di cui al punto precedente come da doc. 7 che si rammostra.  26) La signora ### comunicava a ### i vizi e le difformità delle opere individuati nella relazione tecnica formata dall'ing. Fausti. Indichi il teste, se a conoscenza, in che momento temporale e con quali modalità la signora ### comunicava a ### le contestazioni in parola. 
Si indicano come testi: 1) Il signor ### nato a ### il ###, C.F.  ###, residente ###, ####, dal capitolo n. 1 al capitolo n. 18; 2) ###. ### nato a ### il ###, C.F. ###, con studio in via ### n. 44, Marcheno ### dal capitolo n. 18 al capitolo n. 26. Senza inversione alcuna dell'onere della prova si richiede sin da ora di essere ammessi a prova contraria sui capitoli eventualmente formulati da controparte, con riserva di indicare ulteriori e diversi testi qualora informati sulle diverse circostanze. 
In ogni caso Con vittoria di spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi di giudizio, oltre accessori come per legge”. 
Dell'appellato “In via principale e nel merito: respingere integralmente l'appello avversario e per l'effetto confermare la sentenza di I° grado del Tribunale di ### 1327/19, R.G. n. 13718/15, pronunciata dal G.U. Dr. ### in data ###, depositata in data ###; in via istruttoria: tenuto conto che il punto n. 4 del quesito conferito al C.T.U.  rimetteva, ad avviso degli scriventi erroneamente, all'### Provezza anche la valutazione dell'esistenza e del fondamento delle asserite eccezioni ### d'inadempimento (cfr: “… se tenuto conto delle attività concordate nel disciplinare d'incarico, sia dovuto il distinto compenso preteso per le attività specificando: se si tratti di attività da ritenersi già ricomprese in quelle oggetto del disciplinare d'incarico; se si tratti di attività che sono attinte dagli doglianze di inadempimento….”) senza alcuna distinzione tra eccezioni tempestive ex adverso proposte in I° grado ed eccezioni nuove tardive ed inammissibili ex adverso proposte per la prima volta solo in atto di citazione d'appello. Il tutto senza tenere conto della tardività e della conseguente intervenuta decadenza dell'appellante nell'eccepire. ### che, inoltre, proponeva istanze istruttorie da dichiarare inammissibili in appello a seguito dell'intervenuta decadenza per mancata istanza in sede di precisazione delle conclusioni giudizio di I° grado; considerato, altresì, che l'appellato ha contestato ed eccepito la tardività ed inammissibilità di alcune delle predette eccezioni, in quanto nuove, tardività sulla quale l'On.le Corte adita è chiamata a pronunciarsi in punto di diritto, si chiede che in esito al predetto vaglio, il C.T.U. sia se del caso chiamato a chiarimenti, nel contradditorio delle parti, affinchè ridetermini il corrispettivo dovuto in favore dell'appellato tenendo conto della predetta novità e tardività; in via subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi in cui venga respinta l'eccezione di tardività e di inammissibilità stante la novità delle deduzioni/eccezioni svolte dalla sig.a ### per la prima volta solo in atto di citazione d'appello, si chiede che, in parziale riforma della sentenza, l'appellante sia condannata al pagamento della minore somma ritenuta di Giustizia; in ogni caso: l'appellato chiede dichiararsi/eccepisce la nullità dell'elaborato peritale essendo stata rimessa al C.T.U. la valutazione sulla fondatezza e tempestività delle tardive e nuove eccezioni d'inadempimento svolte per la prima volta solo in appello dall'appellante ### con ogni più ampia riserva, anche di diversamente dedurre, produrre, concludere e quant'altro consentito dal rito; con vittoria di spese ed anticipazioni/compenso ### di causa d'appello con distrazione in favore degli antistatari ### scriventi.”.  ### 1. ### è stato chiamato in causa da ### nel procedimento in cui questa è stata convenuta dalla ####.r.l. per il pagamento del saldo del corrispettivo d'appalto per lavori di ampliamento di un fabbricato e creazione di una nuova unità abitativa. 
La convenuta ha evidenziato di aver stipulato un contratto di prestazione d'opera professionale avente ad oggetto la progettazione e la direzione dei predetti lavori; ha lamentato una serie di inadempimenti, elencati nell'atto di citazione, posti a fondamento delle domande di risoluzione del contratto, di restituzione delle somme già corrisposte e di risarcimento del danno; inoltre, ha rappresentato che il ### avrebbe approvato opere non autorizzate e con essa non concordate, chiedendo l'accertamento del difetto di rappresentanza in capo allo stesso in relazione all'approvazione dei computi metrici aventi ad oggetto opere realizzate dall'appaltatore, ma non autorizzate.  ### ha evidenziato l'inammissibilità della domanda di risoluzione del contratto, avendo la convenuta già esercitato il diritto di recesso e, deducendo di avere svolto in modo diligente l'incarico, ha chiesto il pagamento di € 11.741,54 a titolo di saldo del compenso per attività non previste nel disciplinare d'incarico.  1.1. Il Tribunale, disposta CTU ed escussa prova testimoniale, ha condannato l'attrice ####.r.l. Unipersonale al pagamento in favore della convenuta ### della somma di € 578,36, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; ha condannato la convenuta al pagamento in favore del terzo chiamato #### della somma di € 11.741,54, oltre interessi ex D.Lgs.vo. 231/02 dalla data della domanda al saldo.  1.2. In relazione ai rapporti tra attrice e convenuta il Tribunale ha ritenuto che: dalla CTU è emerso che “alcune opere eseguite per totali € 21.403,92 erano extracontrattuali ma comunque necessarie per la corretta esecuzione dell'opera anche in funzione della vicinanza della limitrofa porzione immobiliare abitata” e che la previsione nel contratto di appalto circa la necessità dell'autorizzazione scritta delle varianti, avuto riguardo alla ratio dell'art. 1660 c.c., si riferisca a quelle non indispensabili; il pagamento degli importi corrisposti in relazione alle opere extracontratto necessarie non costituisca indebito; la realizzazione del tetto in legno lamellare anziché in laterocemento non costituisca variante necessaria; la prova testimoniale escussa riguardo all'autorizzazione verbalmente concessa sia inammissibile in quanto le parti nel contratto di appalto hanno previsto la preventiva autorizzazione per iscritto da parte della committente di eventuali nuovi prezzi e circa “la esecuzione, la modalità e le categorie di lavoro non contemplate nel presente computo”, prevedendo quindi la necessità di forma scritta ad substantiam; l'ammontare complessivo dei lavori (comprensivo delle opere contrattuali e di quella extra, necessarie e non), come revisionato dal CTU facendo riferimento al prezziario delle opere edili della provincia di ### in vigore nel marzo 2012 (p. 14 CTU), sia pari a € 197.018,89; tenuto conto che la convenuta risulta aver corrisposto acconti per la somma di € 186.500,00, che alla stessa non possono essere addebitati i maggiori costi per la realizzazione del tetto in legno lamellare (pari a € 2.500,00), la società attrice ### D ### risulta creditrice nei confronti della convenuta dell'importo residuo di € 8.018,89 (€ 197.018,89 - € 186.500,00 - € 2.500,00 = € 8.018,89); la contestazione del ritardo nell'esecuzione dei lavori non possa costituire legittima eccezione ex art. 1460 c.c. in quanto attraverso l'espletata CTU si è accertato che le opere sono state completate; la penale da ritardo di € 50,00 al giorno pattuita nel solo contratto di appalto del 06 aprile 2012 risulti dovuta per ventuno giorni, accertando un credito a tale titolo in favore della ### di € 9.600,00; l'esistenza di vizi, accertati dal ### ma minimi e facilmente emendabili con costi contenuti rispetto al valore complessivo delle opere, non possa costituire giustificazione dell'eccezione ex art. 1460 c.c. e del mancato pagamento del saldo; non sia stato provato il preciso momento della consegna dell'opera (benché ultimata e nella disponibilità della committente) al fine di contrastare le eccezioni di prescrizione e decadenza in ordine alle domande di eliminazione o di pagamento delle somme dovute per l'eliminazione stessa ed alla domanda risarcitoria, quest'ultima anche indimostrata. 
Pertanto, il Tribunale, operata la compensazione dei reciproci crediti come accertati, ha condannato la società attrice al pagamento in favore della convenuta di € 578,36, oltre interessi legali, compensando tra le parti le spese del giudizio.  1.3. In relazione ai rapporti tra ### ed il terzo chiamato ### il Tribunale ha ritenuto che: alla luce delle considerazioni svolte in punto di autorizzazione alle varianti necessarie via sia una sopravvenuta carenza di interesse ad agire in ordine alla domanda di accertamento del difetto di rappresentanza in capo al predetto ### per l'approvazione dei computi metrici aventi ad oggetto le opere extra contratto necessarie eseguite dall'appaltatrice e non autorizzate dalla committenza, essendo la committente tenuta al loro pagamento in favore dell'appaltatore in forza dell'art. 1460 c.c. e non in relazione all'autorizzazione prestata dal direttore dei lavori; la variante non necessaria relativa al tetto è stata esclusa dal corrispettivo dovuto all'appaltatore e quindi l'accertamento del difetto di rappresentanza in capo al ### non rivesta alcuna utilità; il contratto di prestazione professionale non si sia risolto di diritto in quanto l'inadempimento contestato con diffida dell'8 novembre 2013 (mancata presentazione delle varianti postume) è dipeso dall'appaltatore e la presenza del direttore dei lavori ad un sopralluogo dopo la diffida ad adempiere comporta comunque la rinuncia all'effetto risolutivo; la committente abbia comunque manifestato, con missiva del 3 luglio 2014, l'intento di porre fine al rapporto e di esercitare la facoltà di recesso ex art.  2237 c.c.; al professionista competa il compenso in relazione alle attività espletate ai sensi degli artt. 2237 e 1458 c.c.; dal compenso omnicomprensivo previsto nel disciplinare d'incarico vadano detratte le opere non eseguite per ammissione dello stesso ### (“liquidazione lavori e controllo contabilità”, “pratica completa di accatastamento”, “pratica di fine lavori e agibilità e certificazioni”) e quelle pagate dall'appaltatore (“liquidazione lavori e controllo contabilità”). 
Il Tribunale ha, poi, escluso la fondatezza della domanda risarcitoria; in particolare: ha escluso che il professionista abbia agito in conflitto d'interessi nell'avere pattuito con l'appaltatore un compenso per la contabilità dell'opera, essendo prevista nel contratto di appalto la clausola per cui la spesa per la contabilità è a carico dell'appaltatore e l'importo percepito (€ 4.000,00 pari a meno del 3% rispetto al valore globale iniziale del contratto di appalto) documenta che alcun vantaggio è stato conseguito dall'incremento di valore dell'opera per l'esecuzione delle varianti inserite; ha escluso l'inadempimento in ordine alla redazione dei capitolati ed ai consuntivi (in quanto vagliati dal professionista che vi ha apposto il proprio timbro); ha escluso l'esistenza di un danno risarcibile in relazione alle varianti necessarie (poste a carico della committente ex art. 1660 c.c.) e non necessarie (escluse da quanto dovuto all'appaltatore); ha ritenuto generica la contestazione circa la “grave violazione degli obblighi di diligenza derivanti dall'accertata carenza strettamente tecnica in termini di preventivi, particolari esecutivi, rilievi, minute, libretti di misure, documentazione contabile in genere”, richiamata nel provvedimento disciplinare emesso nei confronti del ### non essendovi allegazione delle circostanze di fatto che integrano l'inadempimento; ha ritenuto che l'accusa di inerzia sia smentita dall'effettuazione di un sopralluogo per l'accertamento dei vizi lamentati dalla committente, sebbene non si tratti di vizi addebitabili al direttore dei lavori in base a quanto accertato dal ### In ordine all'importo spettante al ### per l'attività effettivamente svolta ex art. 2237 c.c. ha ritenuto che esso sia desumibile dal doc. 26 prodotto dal terzo chiamato, in assenza di contestazioni della convenuta sugli importi, rendendo altresì ciò superfluo l'espletamento di CTU sul punto; tale documento <<costituisce la “compilazione delle specifiche per prestazioni professionali” ed elenca i corrispettivi riferibili a ciascuna delle attività effettivamente svolte di cui al disciplinare di incarico del 2011, per un totale di € 15.220,00: la differenza rispetto agli € 22.000,00 originariamente pattuiti nel disciplinare di incarico del 2011 (differenza pari a € 6.780,00) deve considerarsi riferita alle attività non svolte dal #### o comunque già remunerate dall'impresa appaltatrice e, dunque, essa non spetta al professionista>>. 
Il Tribunale ha poi ritenuto tardiva, in quanto effettuata solo in comparsa conclusionale, la contestazione circa lo svolgimento di attività ulteriori rispetto a quelle contemplate nel disciplinare di incarico del 2011, pure elencate nel citato doc. 26. 
Pertanto, ha accertato che il ### ha diritto <<a un compenso complessivo pari a € 27.515,00 (€ 15.220,00 per le opere eseguite di cui al disciplinare del 2011 + € 12.295,00 per le opere extra). Dalla somma così determinata va sottratto quanto già versato da ### (€ 15.073,46 + € 500,00 + € 200,00 = 15.773,46) e la stessa va condanna al pagamento della somma residua pari a € 11.741,54, oltre interessi ex D.Lgs. 231/02 dalla data della domanda al saldo, come richiesto>>. 
Ha, infine, rigettato la domanda di risarcimento del danno e di cancellazione formulata in relazione alla gravità ed offensività di alcune affermazioni contenute nella comparsa di risposta, escludendo la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 89 c.p.c.  2. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello ### sulla scorta di cinque motivi.  3. Si è costituito in giudizio ### chiedendo il rigetto del gravame. 4. All'udienza del 7 luglio 2023, la Corte ha rimesso la causa sul ruolo per lo svolgimento di attività istruttoria, emettendo la seguente ordinanza: << ### è stato chiamato in causa da ### nella causa in cui questa è stata convenuta dalla ####.r.l. per il pagamento del saldo del corrispettivo d'appalto per lavori di ampliamento di un fabbricato e creazione di una nuova unità abitativa. 
Premesso che la convenuta ha evidenziato di aver stipulato un contratto di prestazione d'opera professionale avente ad oggetto la progettazione e la direzione dei predetti lavori ha lamentato una serie di inadempimenti, elencati nell'atto di citazione posti a fondamento delle domande di risoluzione del contratto, di restituzione delle somme già corrisposte e di risarcimento del danno; inoltre ha rappresentato che il ### avrebbe approvato opere non autorizzate e con essa concordate chiedendo l'accertamento del difetto di rappresentanza in capo allo stesso in relazione all'approvazione dei computi metrici aventi ad oggetto opere realizzate dall'appaltatore ma non autorizzate; che ### ha evidenziato la inammissibilità della domanda di risoluzione del contratto avendo la convenuta già esercitato il diritto di recesso e deducendo di avere svolto in modo diligente l'incarico ha chiesto il pagamento di € 11.741,54 a titolo di saldo del compenso previsto nel disciplinare d'incarico; che il Tribunale ha condannato l'attrice ### D ### al pagamento in favore della convenuta ### della somma di € 578,36, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; ha condannato la convenuta al pagamento in favore del terzo chiamato #### della somma di € 11.741,54 oltre interessi ex D.Lgs. 231/02 dalla data della domanda al saldo; che, per quel che qui rileva, il Tribunale dopo avere accertato in relazione ai rapporti tra attrice e convenuta che <<alcune opere eseguite per totali € 21.403,92 erano extracontrattuali ma comunque necessarie per la corretta esecuzione dell'opera>> mentre <<la realizzazione del tetto in legno lamellare anziché in laterocemento non costituisca variante necessaria>> e non vi sia prova della preventiva autorizzazione per iscritto da parte della committente prevista in contratto; l'ammontare complessivo dei lavori (comprensivo delle opere contrattuali e di quella extra, necessarie e non) come revisionato dal CTU facendo riferimento al prezziario delle opere edili della provincia di ### in vigore nel marzo 2012 (p. 14 CTU)>> sia pari a € 197.018,89 a fronte dell'approvazione di computi metrici a consuntivo da parte del direttore lavori per € 246.157,51 (IVA esclusa) e di pagamenti già eseguiti per € 186.500,00; rilevato che, in relazione ai rapporti tra ### e ### il Tribunale ha ritenuto che: alla luce delle considerazioni svolte in punto di autorizzazione alle varianti necessarie via sia una sopravvenuta carenza di interesse ad agire in ordine alla domanda di accertamento del difetto di rappresentanza il capo al predetto ### per l'approvazione dei computi metrici aventi ad oggetto le opere extra contratto necessarie eseguite dall'appaltatrice e non autorizzate dalla committenza, essendo la committente tenuta al loro pagamento in favore dell'appaltatore in forza dell'art. 1460 cod.civ. e non in relazione all'autorizzazione prestata dal direttore dei lavori; la variante non necessaria relativa al tetto è stata esclusa dal corrispettivo dovuto all'appaltatore e quindi l'accertamento del difetto di rappresentanza in capo al ### non riveste alcuna utilità; il contratto di prestazione professionale non si sia risolto di diritto in quanto l'inadempimento contestato con diffida dell'08 novembre 2013 (mancata presentazione delle varianti postume) è dipeso dall'appaltatore e la presenza del direttore dei lavori ad un sopralluogo dopo la diffida ad adempiere comporta comunque la rinuncia all'effetto risolutivo; la committente abbia comunque manifestato con missiva del 03 luglio 2014 l'intento di porre fine al rapporto e di esercitare la facoltà di recesso ex art. 2237 cod.civ.; al professionista competa il compenso in relazione alle attività espletate ai sensi dell'art. 2237 cod.civ e 1458 cc e dal compenso onnicomprensivo previsto nel disciplinare d'incarico vadano detratte le opere non eseguite per ammissione dello stesso ### (“liquidazione lavori e controllo contabilità”, della “pratica completa di accatastamento”, della “pratica di fine lavori e agibilità e certificazioni”) e quelle pagate dall'appaltatore (“liquidazione lavori e controllo contabilità”); sia infondata la domanda risarcitoria proposta dalla ### in quanto è escluso che il professionista abbia agito in conflitto di interessi; non vi sia inadempimento in ordine alla redazione dei capitolati e dei consuntivi; non vi sia un danno risarcibile in relazione alle varianti necessarie (poste a carico della committente ex art. 1660 cod.civ.) e non necessarie (escluse da quanto dovuto all'appaltatore); sia generica la contestazione circa la “grave violazione degli obblighi di diligenza derivanti dall'accertata carenza strettamente tecnica in termini di preventivi, particolari esecutivi, rilievi, minute, libretti di misure, documentazione contabile in genere”, richiamata nel provvedimento disciplinare emesso nei confronti del ### non essendovi allegazione delle circostanze di fatto che integrano l'inadempimento; i vizi non siano addebitabili al direttore dei lavori in base a quanto accertato dal consulente tecnico d'ufficio.  l'importo spettante al ### per l'attività effettivamente svolta ex art. 2237 c.c. sia desumibile dal doc. 26 prodotto dal terzo chiamato, in assenza di contestazioni della convenuta sugli importi, rendendo ciò superfluo l'espletamento di CTU sul punto, trattandosi di documento che <<costituisce la “compilazione delle specifiche per prestazioni professionali” ed elenca i corrispettivi riferibili a ciascuna delle attività effettivamente svolte di cui al disciplinare di incarico del 2011, per un totale di € 15.220,00: la differenza rispetto agli € 22.000,00 originariamente pattuiti nel disciplinare di incarico del 2011 (differenza pari a € 6.780,00) deve considerarsi riferita alle attività non svolte dal #### o comunque già remunerate dall'impresa appaltatrice e, dunque, essa non spetta al professionista>>.  sia tardiva, in quanto effettuata solo in comparsa conclusionale, la contestazione circa lo svolgimento di attività ulteriori rispetto a quelle contemplate nel disciplinare di incarico del 2011 pure elencate nel citato doc.  26; rilevato che nei motivi di gravame l'appellante, in sintesi, evidenzia che: dalla espletata consulenza tecnica d'ufficio è emersa la effettuazione di opere necessarie ex art. 1660 cod.civ., realizzate dall'appaltatore ma non indicate nei capitolati e nei computi metrici estimativi, con conseguente erroneità del capitolato; il Tribunale, sulla base della consulenza tecnica d'ufficio, ha rettificato il valore delle opere di € 246.157,50 risultante dai computi metrici consuntivi redatti dal direttore dei lavori contabilizzando le opere in € 194.518,89 pari al 20% in meno; il ### ha approvato opere mai concordate con la committente, in contrasto con il suo dovere di riferire le “progressive ma non preventivate modifiche eseguite dall'appaltatore in corso d'opera”; il ### non ha provveduto al deposito della variante postuma, cui ha provveduto altro professionista incaricato dall'appellante, ma lo stesso ha prodotto la variante postuma recante la data dell'08 novembre 2013 e recante anche la sottoscrizione dell'appaltatore ####.r.l. (doc. 14); tale circostanza è stata dedotta dalla stessa società e non è stata contestata, il ### ha pure prodotto “dichiarazione di assunzione di responsabilità” anche da lui sottoscritta datata 14 novembre 2013 nella quale si dichiara che la variante postuma è “pronta alla sua regolarizzazione e presentazione al protocollo comunale”; riguardo alle attività extradisciplinare in relazione alle quali il Tribunale ha riconosciuto l'importo di € 12.295,00 per i “progetti di massima di villa bifamiliare anno 2010” non vi è prova che si tratti di attività diversa rispetto a quella già prevista nel disciplinare, la variante postuma non è stata depositata, la redazione della “relazione tecnica” in relazione a vizi è stata redatta tardivamente, in quanto è stato omesso il rilievo e la contestazione all'appaltatore e la sua redazione rientrava nell'espletamento dell'incarico già conferito quale direttore dei lavori così come le “assistenze tecniche”; rilevato che dalla consulenza tecnica già espletata in primo grado è già emerso che: a fronte della liquidazione dei computi metrici consuntivi per € 246.157,51 (Iva esclusa) l'ammontare complessivo dei lavori revisionato è di € 197.018,89; vi sono opere extracontrattuali che “erano necessarie per la esecuzione e il corretto completamento dell'opera o dal punto di vista funzionale o comunque dal punto di vista estetico per cercare di dare una sorta di continuità e somiglianza di finiture con l'esistenza di fabbricato adiacente” il cui valore è di € 21.403,92; in luogo del previsto giardino pensile è stata realizzata “una terrazza piastrellata il cui costo è pressoché analogo a quello di contratto” (rileva il Collegio che si tratta della terrazza oggetto di dichiarazione di “assunzione di responsabilità” di cui al doc. 15 fascicolo di primo grado dell'appellato); i vizi accertati dal consulente d'ufficio “non sono attribuibili ad una errata progettazione da parte del geom. ### né a negligenza durante la direzione dei lavori, la maggior parte di essi non erano neppure comodamente individuabili in fase di direzione lavori in quanto emergono solo con l'utilizzo dell'immobile”; ritenuto che, ferme tali risultanze, non oggetto di contestazione ad opera delle parti in questo grado, è necessario disporre consulenza tecnica d'ufficio al fine di accertare: • se le opere di cui è stata ravvisata la necessità di realizzazione (pg. 21/22 della relazione tecnica depositata in primo grado) andavano previste dal progettista/direttore dei lavori nei capitolati/computi metrici estimativi/contratti ed essere comunque oggetto di informativa alla committente; • se avendo riguardo alla differenza tra l'importo liquidato nei computi metrici estimativi redatti dal direttore dei lavori e il valore accertato delle opere nella consulenza tecnica d'ufficio già espletata, nonché alla mancata previsione delle opere necessarie di cui al punto a) che precede, la relativa attività di redazione dei computi metrici estimativi, dei capitolati e contratti possa ritenersi di utilità per la committente e, in caso positivo, quale sia il compenso per tali attività dovuto; • se, tenendo conto della documentazione in atti e della documentazione tecnica che il consulente d'ufficio acquisirà, ove necessario, presso l'ente comunale, in relazione alla mancata presentazione della “variante postuma” sia ravvisabile inadempimento del professionista, quale sia l'eventuale compenso dovuto per la correlativa voce esposta nel doc. 26; • se, tenuto conto delle attività concordate nel disciplinare d'incarico, sia dovuto il distinto compenso preteso per le attività ulteriori specificando: se si tratti di attività da ritenersi già ricomprese in quelle oggetto del disciplinare d'incarico; se si tratti di attività che sono attinte dalle doglianze di inadempimento (di cui il consulente d'ufficio accerterà la fondatezza o meno) che la committente rivolge al direttore dei lavori; quale sia il compenso per esse dovuto tenendo conto dell'esito dei primi due accertamenti; • in esito alle risposte date ai quesiti che precedono, il consulente d'ufficio dovrà determinare il compenso complessivo dovuto tenendo conto del valore accertato delle opere e delle sole attività espletate e di utilità per la committente; • se in relazione agli inadempimenti accertati del professionista l'appellante abbia subito eventuali danni, in nesso di causa con detti inadempimenti, di cui vi sia deduzione e prova agli atti di causa, procedendo il consulente d'ufficio alla relativa quantificazione>>.  5. Espletata la disposta ### all'udienza del 20 marzo 2024 la Corte ha rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni.  6. All'udienza del 12 giugno 2024, sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127 ter c.p.c., i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni come trascritte in epigrafe e la causa è stata posta in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo l'appellante impugna la sentenza del Tribunale nella parte in cui, pur riconoscendo l'esistenza degli inadempimenti, le attribuisce l'onere di provarli. Deduce che gli stessi, contestati sin dall'aprile 2013, sarebbero imputabili alla condotta negligente del ### il quale li ha ignorati, persistendo nel suo contegno, rendendo necessaria la risoluzione contrattuale per inadempimento. 
Di conseguenza, il Tribunale non avrebbe adeguatamente affrontato la questione della corretta esecuzione di ciascuna delle attività contrattualmente pattuite, riconoscendo al ### il credito integralmente preteso. 
Anzitutto, sarebbe errata la conclusione per cui sarebbe smentita dalla produzione effettuata la deduzione di inadempimento del ### in ordine all'obbligazione di redigere i capitolati, essendo il capitolato un documento redatto dal progettista prima dell'inizio dei lavori e recante il dettaglio di spese, modalità realizzative, materiali da utilizzare e riferimenti economici, questi ultimi rilevanti per la valutazione economica che il committente deve compiere.  ### espone come il giudizio sia stato introdotto da ### D s.r.l. per il mancato pagamento di opere non previste in capitolato ed il CTU ha accertato l'esistenza di innumerevoli ulteriori opere, peraltro necessarie, non inserite nei capitolati e nei computi metrici estimativi. Tale circostanza è stata riconosciuta dal Tribunale, che ha applicato l'art. 1660 c.c. e riconosciuto all'appaltatore il valore per le opere eseguite in assenza di pattuizione.
Inoltre, il Tribunale ha ritenuto provato l'esatto adempimento <<nei vari consuntivi prodotti che recano il timbro del geom. ### e che attestano lo svolgimento dell'attività in questione>>; tuttavia, il professionista non è esentato dall'assicurare alla committente il livello di diligenza richiesto dalla natura dell'incarico e dell'attività svolta. ### è stata riconosciuta anche dal Tribunale, che, aderendo alle risultanze della ### ha rettificato il valore iniziale delle opere calcolato dal ### riducendolo ad € 194.518,89. Tale inadempimento sarebbe rilevante, considerata la centralità che tale attività riveste per la committente, tenuta a corrispondere la somma effettivamente dovuta all'appaltatore, e che l'avrebbe costretta a resistere in giudizio per ottenere una riduzione dell'importo dovuto. 
Lamenta, poi, come il Tribunale abbia considerato la condotta del ### integrante il conflitto di interessi rilevante ai soli fini deontologici. 
Infine, censura la statuizione con cui il primo Giudice, ritenendo che la committente fosse comunque tenuta a pagare i corrispettivi in favore dell'appaltatore ex art. 1660 c.c. per la realizzazione di opere non concordate, l'ha ritenuta carente d'interesse a far accertare l'inadempimento del progettista/direttore lavori. ### l'appellante sarebbe inaccettabile ritenere che, in caso di realizzazione di opere ritenute necessarie ma non previste, non si debba indagare se la committente sia stata adeguatamente informata in merito 2. Con il secondo motivo l'appellante critica la statuizione di rigetto della domanda di risoluzione per inadempimento, basata sul mancato deposito della variante per causa non imputabile al professionista e sulla prosecuzione dell'attività da parte di questi, nonostante l'intervenuta diffida, desunta dal sopralluogo del 22 novembre 2013, da cui è stata erroneamente ricavata la rinuncia all'effetto risolutivo da parte della committente. 
Il Tribunale non avrebbe considerato l'avvenuta produzione del documento di variante postuma sottoscritta dall'appaltatrice, ed avrebbe valutato solamente il doc. 16, ossia l'intimazione tempestivamente rivolta all'appaltatrice dall'avv. ### di sottoscrivere la variante, diffida, peraltro nulla, perché proveniente da difensore privo di idonea procura scritta. 
Avrebbe dovuto, invece, considerare ulteriori e più rilevanti elementi, cioè: il doc. 14 (prodotto dalla difesa del ###, ossia la variante postuma redatta dal geom. ### e sottoscritta da tutte le parti, datata 8 novembre 2013, come confermato dalla difesa dell'appaltatrice, senza contestazioni da parte del terzo chiamato; il doc. 15 (prodotto dal ### contenente la dichiarazione di assunzione di responsabilità sottoscritta da ### ed ### oltre che dallo stesso ### in cui si legge che al 14 novembre 2013 la variante postuma era “pronta alla sua regolarizzazione e presentazione al protocollo comunale”. Tali atti avrebbero un evidente valore confessorio con efficacia contra se per il professionista. Dunque, nessuna impossibilità di eseguire l'attività richiesta dalla committente può essere considerata fatto ostativo dell'inadempimento contestato al geometra. 
Tuttavia, egli non ha mai depositato la predetta variante, presentata, invece, solo successivamente dal nuovo professionista da lei incaricato.  ### sarebbe quindi unicamente imputabile al ### e da ciò sarebbe dipeso lo scioglimento del contratto. 
La prosecuzione dell'attività del professionista, a seguito dell'intervenuta diffida, non si dovrebbe ricavare dal verbale redatto dal medesimo dopo il sopralluogo dell'8 ottobre 2013, (riguardante la presa d'atto di vizi e/o difetti già contestati, ma rilevati tardivamente dopo svariati solleciti), in quanto esso, al più, dimostrerebbe il tentativo del ### di rimediare alle proprie negligenze nello svolgimento dell'attività per non aver sorvegliato l'esecuzione dei lavori ed omesso i propri controlli. Inoltre, anche la propria condotta tenuta successivamente alla diffida depone in favore dell'avvenuto scioglimento del rapporto.  3. Con il terzo motivo l'appellante impugna la statuizione con cui il Tribunale ha ritenuto non puntuali le contestazioni sollevate in ordine alle attività svolte dal ### ed alla relativa pretesa creditoria, pari ad € 12.295,00, oltre accessori di legge, ritenendo, invece, di aver contrastato puntualmente e a vario titolo le ulteriori attività. Deduce che la contestazione in radice della pretesa creditoria la esimerebbe dallo sconfessare i conteggi allegati e che nemmeno la controparte abbia provato di aver eseguito le attività di cui pretende il pagamento. 
Tra i crediti oggetto di contestazione, vi è la somma di € 2.500,00 oltre accessori chiesta dal professionista per “progetti di massima di villa bifamiliare anno 2010”, attività, però, non provata da quest'ultimo, che nemmeno avrebbe dimostrato che la prestazione era diversa da quella pattuita ai punti “A) - “redazione del progetto di massima” - e B) - “### del progetto esecutivo/architettonico e pratica autorizzazione paesaggistica”” come da disciplinare di incarico concluso il 21 aprile 2011.  ### contesta, inoltre, una serie di errori, difetti ed omissioni relativi alla fase di progettazione, che avrebbero causato un aumento dei costi di realizzazione e la sostituzione del giardino pensile con una terrazza divenuta necessaria in corso d'opera e nemmeno sanata dal professionista e tali doglianze non sarebbero state contrastate dal ### A fronte della richiesta di pagamento del geometra di € 2.800,00 oltre accessori per i progetti redatti per la variante, l'appellante precisa che la diffida del 23 ottobre 2013 riguarderebbe proprio il deposito della “variante postuma o variante di fine lavori”, poi divenuta la causa della risoluzione del contratto. 
Parte appellante evidenzia come il Tribunale abbia riconosciuto al ### € 650,00 oltre accessori per compensi asseritamente maturati per la “relazione tecnica” svolta a fronte delle contestazioni sollevate dalla committente, ma anche in relazione a tale attività sarebbe evidente l'inesatto e/o tardivo adempimento, come contestato sin dalla fase stragiudiziale. 
Precisa come il direttore lavori, nell'esecuzione dell'incarico, debba assicurare la piena conformità della progressiva realizzazione dell'opera al progetto e alle regole della tecnica delle costruzioni, verificare che i materiali da utilizzare introdotti in cantiere siano idonei e corrispondenti alle caratteristiche contrattuali, riferire al responsabile del procedimento le circostanze che possano influire sulla corretta esecuzione dell'opera, per consentire l'assunzione delle misure necessarie; considerato che tale attività sarebbe stata eseguita dal professionista nell'esecuzione dell'incarico già ricevuto, non sussisterebbe alcuna ulteriore pretesa creditoria. 
Il Tribunale ha poi riconosciuto al ### € 850,00 oltre accessori quale compenso per assistenze tecniche in cantiere ed accertamenti di difformità delle opere, prestazioni che, secondo l'appellante, rientrerebbero nelle obbligazioni assunte con il disciplinare di incarico e per le quali non potrebbero essere riconosciuti ulteriori compensi; tali prestazioni, peraltro, sarebbero state contestate, essendo la loro esecuzione parziale, tardiva e non provata dal professionista.  4. Con il quarto motivo l'appellante deduce che il direttore lavori sarebbe venuto meno ai propri doveri di coscienza, imparzialità, diligenza, correttezza e trasparenza ogni qualvolta ha commissionato opere in variante senza ottenere previamente l'autorizzazione della committente.  5. ### ritiene di dover affrontare le questioni dedotte nei suesposti motivi di gravame, a partire dalle questioni la cui analisi risulta essere logicamente preliminare rispetto alle altre proposte ai fini della decisione.  6. Anzitutto, occorre esaminare il secondo motivo di gravame avente ad oggetto la questione relativa alla domanda di risoluzione del contratto, in quanto, appunto, preliminare rispetto all'esame degli ulteriori motivi.  6.1. Il motivo è infondato. ### rileva che dalle deduzioni delle parti e dagli atti di causa emergono due dati contrastanti: da un lato, vi è il fatto che il ### ha prodotto il documento relativo alla variante postuma, recante, oltre alla propria firma e a quella della committenza, la firma ed il timbro della società appaltatrice ### D s.r.l., datato 8 novembre 2013, mentre, dall'altro lato, vi è in atti una diffida ad adempiere, datata 26 novembre 2011, inviata dal legale incaricato dalla ### con sollecito alla società appaltatrice ad apporre la firma alla predetta pratica in variante (la Corte considera irrilevante la questione della mancanza di procura scritta conferita al legale dell'appellante, posto che in causa non si discute degli effetti sostanziali di tale diffida, e l'invio di tale missiva ed il suo contenuto rilevano solo quale fatto storico). 
Se, in effetti, come, peraltro, evidenziato dal CTU (p. 32 della consulenza), non appaiono comprensibili le ragioni per le quali il direttore lavori, pur essendo in possesso di un documento firmato da tutte le parti necessarie, abbia omesso di provvedere al suo deposito, predisponendo poi successivamente una pratica in sanatoria che non necessitava di firma (anch'essa non depositata, a seguito della revoca dell'incarico), comunque il Collegio ritiene che il rigetto della domanda di accertamento della risoluzione del rapporto sia fondato su una ulteriore ratio decidendi del Tribunale, autonoma rispetto alla vicenda della sottoscrizione della pratica in variante, e che non risulta essere stata fatta oggetto di adeguata censura da parte dell'appellante. In particolare, il Tribunale, dopo aver ritenuto che il mancato deposito della variante non sia imputabile al direttore dei lavori, ha evidenziato che <<### atti è altresì presente il verbale di sopralluogo tecnico del 22.11.2013 (successivo allo spirare del termine di cui alla diffida ad adempiere) effettuato dal #### alla presenza della convenuta presso l'immobile oggetto dell'appalto (doc. 17 terzo chiamato): lo svolgimento di tale sopralluogo da parte del terzo chiamato fa ragionevolmente ritenere che il rapporto di prestazione d'opera tra le parti fosse proseguito nonostante la diffida e che, anche a voler considerare perfezionato l'effetto risolutivo, lo stesso sia stato oggetto di rinuncia da parte della ### (“il contraente che abbia intimato diffida ad adempiere, dichiarando espressamente che allo spirare del termine fissato, il contratto sarà risolto di diritto, può rinunciare, anche dopo la scadenza nel termine indicato nella stessa e anche attraverso comportamenti concludenti, alla diffida ed al suo effetto risolutivo” - Cass. Civile, sez. II, n. 9317/2016). Alla luce di quanto precede si deve escludere che il contratto si sia risolto di diritto. ### atti è tuttavia presente una comunicazione della convenuta del 03.07.2014 (doc. 22 terzo chiamato) nella quale ### dichiarava al #### di aver “già revocato il mandato per non aver adempiuto correttamente l'incarico conferito e questo con più raccomandate e numerose mails”. Nei documenti prodotti non vi è traccia di tali precedenti comunicazioni, tuttavia dal tenore della missiva appare inequivocabile l'intento della convenuta di porre fine al rapporto con il #### e, dunque, di esercitare la facoltà di recesso riconosciuta al cliente nell'ambito del contratto di prestazione d'opera intellettuale ai sensi dell'art. 2237 c.c.. ### recesso preclude dunque una pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento, essendosi già determinato lo scioglimento del rapporto>> (pag. 17 e 18 della sentenza impugnata). 
Il Tribunale ha ritenuto ricavabile dall'attività svolta nel corso del sopralluogo del 22 novembre 2013 (cui è seguito un ulteriore sopralluogo del 12 dicembre 2013) la conferma della volontà della committente di proseguire il rapporto con il professionista, malgrado la precedente diffida; al riguardo, l'appellante censura tale statuizione, facendo, però, riferimento ad un sopralluogo svolto in data diversa, l'8 ottobre 2013, anteriormente alla diffida, il cui svolgimento, che secondo l'appellante sarebbe di natura rimediale rispetto al mancato rilievo dei vizi dell'opera dell'appaltatore, non inficia la statuizione del Tribunale, che, come già evidenziato, fa riferimento ad un sopralluogo che si è svolto successivamente alla diffida ad adempiere e al quale il ### ha riconosciuto evidenza della volontà della committente di prosecuzione del rapporto professionale, ritenendo che <<anche a voler considerare perfezionato l'effetto risolutivo, lo stesso sia stato oggetto di rinuncia da parte della ###>.  6.2. In ogni caso, il Tribunale, esaurita la disamina della domanda di risoluzione, ha ritenuto che <<### recesso impone comunque di verificare ai sensi dell'art. 2237 c.c. quale sia l'opera svolta dal professionista e di determinare il relativo compenso, al fine di accertare se il #### possa vantare un credito nei confronti della convenuta. Peraltro, tale necessità si sarebbe posta anche nell'ipotesi di dichiarazione di risoluzione del contratto, atteso che, ai sensi dell'art. 1458 c.c., in caso di contratti ad esecuzione periodica l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite. In altre parole, la convenuta non può ottenere una integrale ripetizione delle somme corrisposte al professionista che risultino riferibili a prestazioni dallo stesso effettivamente eseguite. Per contro, il #### non ha diritto di conseguire il pagamento di prestazioni che non abbiano avuto luogo a seguito del recesso o oggetto di suoi precedenti inadempimenti>>. 
Al di là della sua condivisibilità, tale statuizione non è stata in alcun modo censurata dall'appellante e in base ad essa il professionista, comunque, avrebbe diritto ad ottenere il compenso per l'attività svolta nei limiti in cui essa venga accertata. 
Va quindi fatta applicazione della regola per cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, il mancato accoglimento delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla riforma della decisione stessa.  7. Proseguendo, la Corte intende ora esaminare le doglianze dell'appellante relative agli inadempimenti inputati al geom. ### che si reputano in parte fondate. 7.1. Il doc. 26 (prodotto dal geom. ### “compilazione delle specifiche per prestazioni professionali” è stato predisposto solamente all'atto della sua costituzione in giudizio (esso è datato 26 maggio 2016) e non era quindi già noto alla committente la quale ha, comunque, sin dal primo grado di giudizio, specificamente contestato una serie di prestazioni in quanto eseguite e non pattuite, oppure previste, ma non adempiute o non correttamente adempiute. 
Effettivamente il CTU ha riscontrato il non corretto adempimento di una serie di prestazioni, ossia l'errata redazione dei computi metrici estimativi, l'errata liquidazione dei lavori (effettuata con una differenza di circa € 50.000,00 rispetto a quanto poi quantificato in contraddittorio tra le parti) e la mancata richiesta di assenso della committente per le opere “extra” non comprese nei capitolati e nei progetti.  7.2. Riguardo l'errata redazione dei computi metrici svolta dal professionista, oggetto del secondo punto del quesito dell'espletata consulenza d'ufficio, ricordato che la funzione dei computi metrici estimativi è quella di <<calcolare in modo preciso e puntuale … il costo dell'opera>> e <<fungere da capitolato e fornire la base per poter raccogliere le offerte economiche delle imprese>>, il CTU afferma che la loro redazione <<nel caso specifico… mostra un certo grado di approssimazione sia nelle quantità che appaiono esposte senza misure di dettaglio sia per la mancata previsione di alcune opere>>, precisando che <<l'utilità per la committente è stata solo parziale e per questo motivo si ritiene che le voci capitolati, contratti e computo estimativo debbano essere liquidate al 50%>>. ### del 50% era stato, peraltro, già indicato in parcella dal geometra stesso e tale riduzione è stata ritenuta congrua dal CTU e la Corte, pur confermando la sussistenza del parziale inadempimento, non può che condividere tale conclusione, non essendo stati forniti elementi per operare una diversa quantificazione.  7.3. Circa la questione dell'errata liquidazione dei lavori dell'appaltatrice, che ha comportato in primo grado ad un abbattimento da parte del CTU dell'importo dei lavori di circa € 50.000,00, si dà atto che il ### non ha richiesto alcun compenso per tale prestazione e che la committente, già nel corso del giudizio di prime cure, ha ottenuto, per mezzo della CTU ivi espletata, la corretta ricostruzione della liquidazione delle opere.  7.4. Unitamente a tale questione, la Corte ritiene di dover affrontare anche la doglianza relativa all'asserito conflitto di interessi in cui sarebbe incorso il geometra a fronte della previsione di un compenso del 3% calcolato sull'importo globale dell'opera per la tenuta ed il controllo della contabilità. 
Tale doglianza è infondata. 
In merito, il Tribunale ha così statuito: <<La convenuta lamenta che il professionista abbia pattuito con l'appaltatore un compenso a proprio favore per la contabilità dell'opera, nella misura del 3% della contabilità stessa, così agendo in conflitto di interessi e violando la natura fiduciaria dell'incarico assunto, oltre ai doveri di buona fede e trasparenza. Invero, a prescindere dai profili deontologici della condotta del #### irrilevanti in questa sede ###è dato ravvisare alcuna violazione di doveri di correttezza, buona fede e trasparenza, in quanto la pattuizione in questione è stata espressamente inserita nel contratto di appalto sottoscritto dalla committente e, dunque, risultava perfettamente nota e accettata. Peraltro, il #### ha allegato che i compensi a lui versati dall'appaltatrice sarebbero stati calcolati sui corrispettivi individuati nel contratto iniziale e non sul costo finale dell'opera determinato dalle varianti, che secondo la prospettazione della convenuta sarebbe stato “gonfiato”. In effetti, dalle fatture prodotte sub doc.  27 dal terzo chiamato, egli risulta aver percepito da ### D ### la somma di € 4.000,00 oltre oneri; tale importo si attesta al di sotto del 3% del valore globale dell'appalto come inizialmente pattuito con i contratti del 06.04.2012 e del 15.10.2012 (valore complessivo pari a € 183.726,00). Di conseguenza si deve escludere che il #### possa aver tratto un qualche vantaggio economico in conseguenza dell'incremento del valore dell'opera rispetto a quanto inizialmente ipotizzato>> (pag. 21 della sentenza).  ### ripropone anche in questa sede il tema del conflitto d'interessi e del compenso garantito al professionista per il controllo della contabilità, ed il cui pagamento era posto a carico dell'appaltatore, prospettando che il direttore dei lavori avesse per ciò stesso un interesse ad una liquidazione “gonfiata” delle opere, lamentando come il Tribunale abbia considerato tale profilo solamente dal punto di vista deontologico; non vi è quindi alcuna censura riguardo l'argomentazione esposta dal Giudice per cui in concreto non vi è alcuna correlazione tra l'importo percepito dal professionista ed il maggior valore dell'opera conseguente alla realizzazione delle opere ulteriori e diverse da quelle previste nei capitolati e negli ulteriori documenti predisposti, considerato, che il compenso richiesto è pari ad € 4.000,00 e che quindi, come evidenziato dal Tribunale, risulta essere inferiore alla percentuale del 3% del valore iniziale globale dell'opera.  ### valorizzato dal primo Giudice contrasta con la prospettazione dell'asserita “finalità illecita - o quantomeno gravemente colposa - perseguita dal geom. Malzani”. 
Ora, posto che il CTU afferma che al punto G del disciplinare d'incarico era prevista tra le prestazioni assunte dal geometra quella di controllo della contabilità dell'esecuzione della prestazione e che <<per quanto attiene alla errata liquidazione dei lavori si ravvisa inadempimento da parte del geom.  ### in quanto nel disciplinare al punto G era previsto “liquidazione lavori e controllo contabilità”; il compenso per tale prestazione non deve essere riconosciuto e lo stesso geom. ### lo esclude dalla propria parcella>> (pagg. 16 e 17 della consulenza), non può aver rilievo il prospettato conflitto di interessi nei termini indicati dall'appellante. 
Inoltre, come evidenziato nella sentenza impugnata, ulteriore argomento, peraltro dirimente, a conforto della ritenuta insussistenza di un conflitto di interessi in capo al direttore dei lavori, è la circostanza che la clausola riguardante il compenso del 3% fosse prevista nel contratto d'appalto stipulato tra la società ### D s.r.l. e la ### all'art. 7 “oneri e incombenza a carico dell'appaltatore” è previsto che “l'appaltatore si obbliga e si impegna: … a corrispondere al direttore lavori l'onere per la contabilità lavori valutata in ragione del =3% ###= dell'importo lordo globale” (doc.7 prodotto da ###. Pertanto, la committente sin dall'inizio era a conoscenza del compenso previsto a carico dell'appaltatore per la prestazione relativa alla contabilità dei lavori ed ha accettato tale previsione sottoscrivendo il contratto.  7.5. Circa il tema delle opere “extra” di cui non era stato richiesto l'assenso alla committente da parte del professionista, in primo luogo occorre sintetizzare la risposta fornita dal CTU in ordine al primo punto del quesito sottopostogli, relativo alla necessità ed alla previsione degli interventi effettuati ed alla relativa informativa, ove ha operato una distinzione di tali opere. 
In particolare, sono state ritenute opere “extra” non preventivabili: -le opere idrauliche per modificare gli impianti di gas e acqua, perché rientranti negli <<imprevisti di cantiere che emergono in fase di esecuzione>>; -la formazione della viabilità di cantiere e l'esecuzione delle opere all'interrato in assenza di gru, in quanto le difficoltà di accesso sono emerse con il tentativo di installare fisicamente la gru e tali difficoltà rientrano <<negli imprevisti di cantiere che emergono in fase di esecuzione e allestimento del cantiere stesso>>; -le varianti per spostamento di finestre e porte; -la realizzazione di un basamento per i climatizzatori, perché <<il posizionamento fisico delle macchine per i climatizzatori solitamente viene stabilito in fase esecutiva>>; -la realizzazione di una piastra in ferro e la sistemazione della cinta, in quanto <<problematica emersa in fase esecutiva>>. 
Sono state, invece, ritenute preventivabili le seguenti opere “extra”: -la fornitura e posa di dime in legno per i pilastri, in quanto ritenuta <<prassi consolidata per un ottimale risultato dal punto di vista estetico>> stante le caratteristiche sia dell'edificio limitrofo sia dell'edificio da realizzarsi; -la demolizione e lo smaltimento del muro in mattoni a vista, in quanto il fatto che esso <<non fosse idoneo come parete interna della zona giorno era una circostanza rilevabile già in fase di progettazione>>; -il rimodellamento del terreno, perché tali sistemazioni sono <<inevitabili quando si va a costruire in aderenza>>; -la realizzazione del marciapiede esterno, (non previsto in quanto <<quest'ultimo è stato poi appaltato solamente con l'ultima tranche di lavori>>), perché <<nel progetto di una casa singola con un giardino importante la realizzazione del marciapiede di accesso merita uno studio preciso e approfondito>>; -la sistemazione dell'area ingresso, perché <<non era pensabile costruire una cosa di pregio lasciando le aree esterne in condizioni precarie>>; -la realizzazione di un muretto con nicchie e contatori; -l'assistenza alla posa di velux.
Alla luce di tali accertamenti, la Corte osserva che la committente non ha pagato alcun ulteriore compenso per le opere “extra” non ritenute necessarie ed il pagamento delle stesse in favore dell'appaltatore è già stato escluso dal Tribunale; sicché, a fronte dell'esecuzione di tali opere, la committente non ha subito alcun danno, come evidenziato anche dallo stesso CTU (pag. 34). 
Per quanto concerne, invece, le opere necessarie, il cui valore è pari ad € 21.403,92 (la metà di tale importo corrisponde al valore dei lavori necessari e preventivabili, in base a quanto accertato dal ###, non era necessaria la relativa preventiva comunicazione da parte dell'appaltatore. La mancata informazione non ha inciso sul profilo economico dell'opera nè ha condotto a risultati diversi, considerato che <<In tema di appalto, le variazioni non previste nel progetto, ove strettamente necessarie per la realizzazione dell'opera, possono essere eseguite dall'appaltatore senza la preventiva autorizzazione del committente ma, in tal caso, ove manchi l'accordo tra le parti, spetta al giudice accertarne la necessità e determinare il corrispettivo delle relative opere, parametrandolo ai prezzi unitari previsti nel preventivo ovvero ai prezzi di mercato correnti>> (Cass. n. 10891/2017). Va, poi, osservato che l'art. 1659 c.c. dispone che l'autorizzazione scritta della committente è richiesta soltanto per le << variazioni alle modalità convenute dell'opera>> e apportate ad iniziativa dell'appaltatore e non necessarie ai sensi dall'art. 1660 La mancata informativa non ha arrecato danno alla committente, alla luce della necessità delle opere non preventivate e del loro valore rispetto all'importo globale dell'opera; pertanto, l'inadempimento in cui è incorso il professionista deve ritenersi di non grave entità, considerato che la necessità delle opere fa escludere che siano prospettabili profili di negligenza in capo al professionista riguardo alla loro esecuzione. 
Va, peraltro, osservato che già il primo Giudice in sentenza aveva qualificato le opere “extra” ai sensi dell'art. 1660 c.c. (<<la convenuta è tenuta al pagamento dei corrispettivi a favore dell'appaltatrice in virtù della previsione di cui all'art. 1660 c.c.>>, pag. 16) e tale statuizione non è stata fatta oggetto di impugnazione da parte dell'appellante.  7.6. Con riferimento all'esecuzione di opere non preventivate, è inconferente il tema del falsus procurator, ossia del difetto di rappresentanza in capo al direttore dei lavori nell'autorizzazione della loro esecuzione. 
A pagina 16 della sentenza di primo grado si legge che <<### alle domande svolte dalla convenuta nei confronti del terzo chiamato #### alla luce delle considerazioni svolte al precedente punto 1, deve in primo luogo essere evidenziata la sopravvenuta carenza di interesse ad agire in ordine alla domanda di accertamento del difetto di rappresentanza in capo al predetto ### per l'approvazione dei computi metrici aventi ad oggetto le opere extra contratto, eseguite dall'appaltatrice e non autorizzate dalla committenza. La questione risulta pertanto assorbita. Invero, per quanto attiene alle varianti necessarie, la convenuta è tenuta al pagamento dei corrispettivi a favore dell'appaltatrice in virtù della previsione di cui all'art.  1660 c.c. e non certo in forza del fatto che dette opere sarebbero state autorizzate dal ### dei ### in veste di rappresentante della committenza (soltanto in tale secondo caso, accertato il difetto di rappresentanza, avrebbe potuto trovare accoglimento la domanda di ripetizione dell'indebito formulata dalla convenuta). ### alla variante non necessaria relativa al tetto, si è già escluso che i maggiori costi possano essere addebitati a ### stante il difetto di sua autorizzazione scritta.  ### di un eventuale difetto di rappresentanza in capo al #### non produrrebbe dunque alcuna utilità pratica nella sfera giuridica della convenuta>>. 
Come poc'anzi osservato, il profilo dell'obbligo di informazione a carico del professionista nei confronti della committente non integra grave inadempimento perché, per un verso, le opere erano comunque necessarie e tale necessità per alcune di queste si è presentata nel corso dell'esecuzione dei lavori, mentre le altre opere erano preventivabili, tuttavia non vi sono elementi per ritenere che, ove inserite nei capitolati e nei progetti, la committente “avrebbe altrimenti compiuto scelte diverse nell'ottica di contenimento delle spese, non potendo ella sopportare ulteriori aggravi” (come dedotto dall'appellante), tanto più in considerazione della loro necessità e della loro contenuta entità (per un valore pari a circa la metà del totale stimato in € 21.403,92) rispetto all'importo totale dei lavori (€ 194.518,89 quale stimato dal ###.  8. Per quanto riguarda i vizi ed i difetti costruttivi, va precisato come questi siano imputabili all'esecuzione dei lavori da parte dell'impresa appaltatrice e non al direttore lavori, considerato che gli stessi attengono alla fase meramente esecutiva, come affermato dal CTU sia in primo che in secondo grado, il quale, nel replicare alle osservazioni della difesa dell'appellante, ha precisato che: <<al geometra ### non sono poi state liquidate le prestazioni extra richieste, imputabili e conseguenti a difetti di realizzazione dell'opera; la direzione lavori è stata svolta fino al compimento dell'opera e gli inadempimenti (peraltro relativi a documenti progettuali quali computi, contratti, particolari costruttivi, liquidazione lavori) nulla hanno a che vedere con la direzione lavori; quanto ai difetti costruttivi questi sono imputabili a cattiva esecuzione da parte dell'impresa e non ascrivibili a responsabilità della direzione lavori; sul punto non sono state liquidate prestazioni extra richieste afferenti attività di verifica esistenza vizi proprio perché ritenuti rientranti nella direzioni lavori>> (p. 36). Il compenso liquidato in favore del professionista non riguarda, pertanto, attività inerenti ai vizi dell'opera. 
Rileva il Collegio che il direttore dei lavori ha la funzione di tutelare la posizione del committente nei confronti dell'appaltatore, vigilando che l'esecuzione dei lavori abbia luogo in conformità con quanto stabilito dal capitolato di appalto, senza che da ciò derivi a suo carico una responsabilità per la cattiva esecuzione dei lavori, che resta imputabile alla libera iniziativa dell'appaltatore, ovvero per l'omessa costante vigilanza in relazione a profili marginali dell'esecuzione dell'opera. Il direttore dei lavori per conto del committente, infatti, presta un'opera professionale in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultato e la sua attività si concreta nell'alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta il controllo della realizzazione dell'opera nelle sua varie fasi e pertanto l'obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell'impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell'arte e la corrispondenza dei materiali impiegati. Rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi. Da questo, tuttavia, non deriva a carico del direttore dei lavori ne' una responsabilità per cattiva esecuzione dei lavori imputabile alla libera iniziativa dell'appaltatore, ne' un obbligo continuo di vigilanza anche in relazione a profili marginali (cfr. da ultimo Cass. 14456/2023, Cass. 20557/2014, 10728/2008, 15255/ 2005). Nel caso di specie, come esposto, dalla espletata consulenza tecnica è emerso che i vizi accertati dal consulente d'ufficio non rientrano nell'ambito della sfera di controllo del direttore dei lavori e tale accertamento non è stato oggetto di motivata smentita.  9. In merito alla responsabilità per l'avvenuta sostituzione del giardino pensile oggetto di progettazione con la realizzazione di una terrazza, la Corte osserva che nel primo grado di giudizio, a fronte della deduzione della per cui “A causa di inadempimenti di carattere progettuale-esecutivo, anche il giardino pensile veniva sostituito con una terrazza” (p. 10 della comparsa di primo grado), il ### ha esposto come tale variazione (pag. 17 e ss.  della comparsa in primo grado) sia stata richiesta dalla committenza e non a fronte dell'impossibilità di realizzare il giardino pensile: “a contrario di quanto dedotto dalla convenuta, la terrazza non fu eseguita per porre rimedio ad asseriti vizi progettuali, bensì in quanto variante espressamente richiesta e voluta dalla convenuta già nelle primarie fasi del cantiere, così come si dimostrerà a mezzo testimoniale. Ed infatti, benchè nel progetto iniziale fosse prevista la realizzazione del giardino pensile, la convenuta, successivamente alla sottoscrizione del contratto, ordinava in più occasioni al terzo chiamato nonché all'impresa appaltatrice di modificare il progetto iniziale e di realizzare la terrazza in luogo del giardino pensile, con conseguente aggravio di costi di realizzazione”. 
Anche in questo grado di giudizio l'appellante espone che la costruzione della terrazza in luogo del giardino pensile sarebbe frutto di un errore di progettazione del geometra e non una variante richiesta e/o resasi necessaria per ragioni tecniche che, pur non avendo comportato variazioni di prezzo, avrebbe comportato una serie di disagi estetici e strutturali, quali le infiltrazioni nelle zone attigue al terrazzo. 
Tuttavia, vanno considerate due circostanze. 
La prima: in atti è presente un documento in cui i proprietari dell'immobile, genitori della ### dichiarano di assumere la responsabilità della realizzazione del terrazzo, in quanto opera difforme rispetto a quanto previsto dal progetto presentato (doc. 15): “I signori ### si assumono la completa responsabilità delle opere in variante innazi citate effettuate in forza di loro ordinanza e senza alcun titolo edificatorio ### scagionando di fatto lo stesso tecnico da ogni qualsiasi conseguente responsabilità civile e penale; ordinano perciò al tecnico di presentare al protocollo comunale la così difforme variante postuma”. In ordine al contenuto di tale dichiarazione, che smentisce la sussistenza di un errore progettuale o di un'opera rimediale, l'appellante non ha preso posizione. 
La seconda: il ### già nella consulenza espletata in primo grado (pag. 22), elencando tra i vizi lamentati quello di “ritinteggiatura di due stanze a seguito di una perdita di acqua dal terrazzo”, ha precisato che <<<i vizi lamentati non sono attribuibili ad una errata progettazione da parte del #### né a negligenza durante la direzione lavori, la maggior parte di essi non erano neppure comodamente individuabili in fase di direzione lavori in quanto emergono solo con l'utilizzo dell'immobile; trattasi di difetti minimi meramente esecutivi per lo più dovuti a imperfezioni da parte dell'impresa costruttrice o come nel caso del trave in legno corto di errore da parte della ditta fornitrice>>. 
A fronte di tali circostanze non può, dunque, imputarsi al professionista alcun profilo di responsabilità per la realizzazione di tale opera e a nulla valgono le doglianze esposte dall'appellante circa i disagi che da essa ne sono conseguiti, considerato che la committenza ha autorizzato ed assunto la responsabilità della messa in opera della variante e che i vizi riscontrati attengono alla fase meramente esecutiva e non sono frutto di una omessa o inadeguata vigilanza.  10. In ordine al tema del compenso per la redazione della “variante postuma” ed al suo mancato deposito da parte del professionista, il Collegio ribadisce che: il ### non ha provveduto al deposito della relativa documentazione, cui ha provveduto altro professionista incaricato dall'appellante; lo stesso ha prodotto la variante postuma recante la data dell'08 novembre 2013 e recante anche la sottoscrizione dell'appaltatore ####.r.l. (doc. 14); tale circostanza è stata dedotta dalla stessa società, parte in causa del giudizio di primo grado, e non è stata contestata; il ### ha pure prodotto la citata “dichiarazione di assunzione di responsabilità” anche da lui sottoscritta e datata 14 novembre 2013, nella quale si dichiara che la “variante postuma” è “pronta alla sua regolarizzazione e presentazione al protocollo comunale”. 
Avendo riguardo a tali elementi di fatto, va rilevato che la questione del mancato deposito della variante postuma, dell'eventuale inadempimento del professionista e dell'eventuale compenso a lui spettante per tale attività è stata fatta oggetto del terzo punto del quesito della consulenza tecnica d'ufficio. ### il CTU il geometra aveva preparato una variante postuma (anno 2013) mai presentata, perché i documenti necessari non erano stati firmati dall'appaltatrice, come dimostrato dal sollecito per la firma inviato dal difensore della committente in data 26 novembre 2013 e dalla circostanza che poi sia stata predisposta una pratica in sanatoria, non necessitante firme dell'impresa, anch'essa, però, mai presentata, essendo stato il ### sollevato dall'incarico. ### evidenzia che la variante postuma e la sanatoria si discostano tra loro per la modulistica, la dicitura e la data apposta sul cartiglio delle tavole e precisa che << il compenso dovuto è per un'unica pratica e non per due; in relazione alla natura e al contenuto della pratica … si ritiene congrua la cifra di € 1.400 esposta dal geom.>>. I difensori dell'appellante, invocando tale documento, hanno osservato che il ### sarebbe stato rimosso dall'incarico per il mancato deposito della variante postuma entro il termine indicato dalla committente, la quale, ritenendo cessato il rapporto, non avrebbe incaricato il predetto di redigere e depositare la pratica in sanatoria. Sul punto il CTU ha replicato che <<per prassi tecnica vengono preparate, datate e stampate le tavole progettuali e una volta raccolte le firme si procede al deposito presso gli uffici preposti; la mancata firma da parte dell'impresa su detti elaborati … è avvalorata … dal fatto che il ### la stessa parte attrice … sollecitava l'impresa per la firma dei documenti e dal fatto che poi si è optato per una pratica in sanatoria … che non prevede firme da parte dell'impresa. Non si capirebbe del resto quale interesse avesse il progettista una volta depositata tale variante a non presentarla in comune anche in pendenza di una scadenza con revoca del mandato imposta dalla committente; appare senz'altro più plausibile che mancasse la firma dell'impresa>>. 
Va poi evidenziato che il Tribunale, accogliendo la ricostruzione dei fatti proposta dal professionista (“nell'ottobre 2013 il terzo chiamato, su incarico della convenuta sig.a ### che pure lo sollecitava a mezzo raccomandata a.r. 23.10.13 (doc. n°13), redigeva D.I.A. in variante postuma al progetto approvato (doc. n°14)… in conseguenza dei contrasti sorti con l'impresa appaltatrice per il pagamento del residuo corrispettivo, l'attrice si rifiutava di sottoscrivere la D.I.A., trattenendo la relativa documentazione. 
Tant'è che con raccomandata a.r. del precedente difensore la convenuta intimava all'impresa appaltatrice la sottoscrizione di detta documentazione (doc. n°16);” pag. 13 della comparsa di costituzione in primo grado), ha affermato in sentenza che <<il #### a giustificazione della mancata presentazione della variante degli uffici comunali, ha allegato la circostanza che l'appaltatrice avrebbe rifiutato di sottoscrivere tale documentazione, trattenendola presso di sé. Tali allegazioni risultano provate dalla comunicazione con la quale la ### intimava a ### D ### di sottoscrivere e depositare le varianti postume “così come predisposte dal ### dei Lavori” (doc. 16)>>. 
La Corte non condivide le considerazioni esposte dal CTU in merito alle ragioni per le quali il professionista ha omesso di depositare la variante postuma, considerato che lo stesso geometra non ha fornito alcuna giustificazione del perché non abbia portato a termine tale prestazione, se non semplicemente dedurre la mancanza della firma della società appaltante, circostanza smentitata sia dai documenti 14 e 15 da egli stesso prodotti. 
La Corte, pertanto, ritiene che non sia dovuto il compenso di € 1.400,00 quantificato dal CTU per l'attività di redazione della variante, che, seppur predisposta, non è stata depositata, essendo evidente che da tale attività, rimasta incompiuta nel suo iter, la committente non ha tratto alcuna utilità, essendosi dovuta rivolgere ad altro professionista per il relativo compimento.  11. Proseguendo con la questione relativa al progetto e alla direzione lavori delle opere in cemento armato, sul punto, il CTU ha precisato che si tratta di <<prestazione svolta da altro professionista (ing. ### anche se ricompresa nel disciplinare di incarico del ###>, la cui incidenza sull'importo del disciplinare è stata calcolata nella misura del 25% per un importo di € 5.500,00. Per tale importo, il CTU ha rimesso alla Corte la relativa valutazione circa il suo riconoscimento o meno al ### <<laddove lo stesso dimostri di essersi fatto carico di tale prestazione avendola pagata in luogo del committente al professionista che l'ha svolta>>.  ###, senza nulla replicare alla deduzioni del ### ha solamente dedotto come l'esecuzione della prestazione da parte di un soggetto terzo fosse stata pattuita già in contratto e non ha, però, in alcun modo provato di aver anticipato il pagamento per l'esecuzione di tale prestazione (esorbitante dalle proprie competenze, in quanto riservata alla figura professionale di un ingegnere terzo, con la conseguenza che per essa alcun compenso è dovuto ex art. 2231 c.c.) né ha dimostrato di essersi obbligato al relativo pagamento in luogo della committente. Pertanto, il Collegio ritiene di non riconoscere l'importo di € 5.500,00 in favore del professionista.  12. Alla luce delle motivazioni suesposte, il residuo compenso spettante al CTU ammonta ad € 2.371,00 (dovendosi detrarre dall'importo di € 3.771,00 stimato dal CTU l'importo di € 1.400,00 relativo alla redazione della variante postuma).  13. Con il quinto motivo l'appellante deduce l'illegittima applicazione del d.lgs. 231/2002 relativo all'attuazione della ### 2000/35/CE riguardante la lotta contro i ritardi nel pagamento delle transazioni commerciali, a fronte della qualità di consumatore da essa rivestita nel rapporto negoziale.  13.1. Il motivo è infondato. 
Il presente giudizio è stato instaurato in primo grado nell'agosto 2015, mentre la normativa relativa agli interessi è stata riformata precedentemente dalla L.  n. 162/2014, pubblicata in ### il 10 novembre 2014 ed entrata in vigore trascorsi 30 giorni da tale data, dunque, certamente, prima dell'iscrizione a ruolo della causa in primo grado. 
Nel caso di specie trova, quindi, applicazione l'art. 1284 co. 4 c.c. in base al quale <<Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali>>. Inoltre, sul punto la Corte di Cassazione ha statuito che <<Il saggio d'interesse previsto dall'art. 1284, comma 4, c.c. si applica esclusivamente in caso di inadempimento di obbligazioni di fonte contrattuale, dal momento che, qualora tali obbligazioni derivino, invece, da fatto illecito o dalla legge, non è ipotizzabile nemmeno in astratto un accordo delle parti nella determinazione del saggio, accordo la cui mancanza costituisce presupposto indefettibile di operatività della disposizione>> (Cass. n. 28409/2018). 
Il Tribunale ha, quindi, correttamente richiamato il tasso di interessi in materia di ritardato pagamento nelle transazioni commerciali, stabilendone la decorrenza dalla data della domanda.  14. Pertanto, l'appello va parzialmente accolto e la sentenza impugnata va parzialmente riformata, con condanna dell'appellante al pagamento in favore dell'appellato della minor somma, in luogo di quella quantificata dal Tribunale in € 11.741,54, di € 2.371,00, oltre interessi ex art. 1284 co. 4 dalla data della domanda giudiziale al saldo. 
Con la precisazione che. ove vi sia stata esecuzione della sentenza impugnata, il credito del ### deve intendersi accertato in tale minore misura e lo stesso va condannato alla restituzione della maggior somma (a titolo di capitale, interessi e spese) eventualmente conseguita in esecuzione della predetta sentenza.  15. Con riferimento al regime delle spese di lite, la parziale riforma della sentenza impugnata determina la necessità di procedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, in relazione all'esito complessivo della lite ( 27606/2019, 1775/2017).  15.1. Vi è tra le parti una reciproca soccombenza che vede, per un verso, ### soccombente in ordine alle domande di risoluzione del contratto e di accertamento del difetto di rappresentanza, e, per altro verso, il ### soccombente nell'accertamento del diritto al compenso per talune delle attività per le quali ha preteso il pagamento, derivandone la quantificazione, anche in ragione di alcun inadempimenti accertati, di un credito di gran lunga inferiore rispetto a quello azionato. 
Pertanto, va disposta l'integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio. 
In applicazione del medesimo criterio, le spese relative alla c.t.u. espletata in questo grado vanno poste definitivamente e per l'intero a carico di entrambe le parti.  P.Q.M.  La Corte d'Appello di ### - ### definitivamente pronunciando: 1) in parziale accoglimento dell'appello proposto da ### avverso la sentenza n. 1317/2019 del Tribunale di ### pubblicata in data 07 maggio 2019, condanna ### al pagamento in favore di ### della somma di € 2.371,00 oltre interessi ex art. 1284 co. 4 c.c. dalla data della domanda giudiziale al saldo, con la precisazione che, ove vi sia stata esecuzione della sentenza impugnata, il credito di ### deve intendersi accertato in tale minore misura e lo stesso va condannato alla restituzione della maggior somma (a titolo di capitale, interessi e spese) eventualmente conseguita in esecuzione della predetta sentenza; 2) rigetta nel resto l'appello; 3) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio; 4) pone le spese di CTU definitivamente a carico di entrambe le parti in ragione di metà per ciascuna ed in solido per l'intero verso il ### Così deciso in ### nella camera di consiglio del 13 novembre 2024.   ### est.   dott.

causa n. 869/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Gabriele Vittoria

M
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Tribunale di Pavia, Sentenza n. 1/2018 del 02-01-2018

... disciplinare sarebbe il ### (ovvero decorsi dieci giorni dal deposito dell'avviso di giacenza, deposito attestato dall'ufficiale postale in data ###): si tratta, dunque, del termine di perfezionamento della cd procedura di “compiuta giacenza”. - Dunque è dal 23.08.2016 che si deve far decorrere l'ulteriore termine a difesa del ricorrente di dieci giorni, prescritto dall'art. 32 CCNL che sarebbe scaduto il ###. - Dunque, soltanto a partire dal 03.07.2016 la società datrice avrebbe potuto legittimamente esercitare il proprio potere disciplinare, irrogando la relativa ed eventuale sanzione”. Il licenziamento sarebbe, pertanto, illegittimo siccome “adottato … in data ### allorché stava ancora decorrendo il termine a difesa di cui al citato art. 32 CCNL”. A prescindere dalla applicazione o meno dell'art. 8 l. 890/1982 si aderisce all'orientamento della Suprema Corte riportato dal convenuto secondo il quale “In materia di licenziamento disciplinare, il termine non inferiore a dieci giorni per la presentazione delle giustificazioni del lavoratore … decorre dalla data di ricevimento della lettera di contestazione disciplinare, rispondendo ad una esigenza di tutela del diritto di difesa (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di PAVIA ### Il Tribunale, nella persona del giudice del lavoro dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al N. 456/2017 R.G. promossa da: ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### ed elettivamente domiciliato in ### VIGONI 5 presso lo studio del difensore RICORRENTE contro L.T.M. ### S.R.L. (P.IVA ### ), con il patrocinio degli avv.  ### e ### ed elettivamente domiciliato in ### MESTRE via ### 45 presso lo studio dei difensori RESISTENTE OGGETTO: opposizione L. 92/2012 cd. ###: come in atti ### E ### Con ricorso depositato in cancelleria in data #### adiva questo giudice del lavoro proponendo ricorso in opposizione ai sensi dell'art. 1 comma 51 L. 92/2012 avverso ordinanza del giudice del lavoro del Tribunale di Pavia in data ###, con la quale era stata rigettata l'impugnativa di licenziamento dal medesimo proposta, con condanna al pagamento delle spese di lite. 
A fondamento della propria opposizione il ricorrente deduce: A) la insussistenza della giusta causa del licenziamento: pagine 10 - 12; B) in via subordinata, per violazione delle norme che regolano il procedimento disciplinare e, in particolare, del termine a difesa ex art. 7 l. 300/70 e art. 32 CCNL applicato: pagine 12 - 18. 
La società opposta resiste in giudizio chiedendo in via principale la conferma dell'ordinanza impugnata e, in subordine, il rigetto della domanda di reintegra in servizio contenendo il risarcimento nella misura minima di cui al sesto comma e al quinto comma dell'art 18 Stat lav. 
Respinta la richiesta di ordine di esibizione ex 210 cpc formulata dal ricorrente, all'udienza del 15.12.2017 il giudice tratteneva la causa a sentenza. 
Osserva il giudice. 
Nella fase sommaria il ricorrente lamentava di non aver “mai ricevuto nessuna lettera di contestazione disciplinare né alcuna lettera di licenziamento da parte del proprio datore di lavoro presso il proprio luogo di residenza” . 
A seguito della costituzione in giudizio della società convenuta, il lavoratore aveva appreso le ragioni e le modalità del licenziamento: motivo per cui “rinunciava alla domanda relativa alla declaratoria di nullità per difetto di forma del licenziamento, insistendo nella domanda subordinata relativa alla violazione della procedura ex art. 7 Stat. Lav.”, come si legge al paragrafo 20 di pagina 6 del ricorso in opposizione 22 marzo 2017. 
In sede di opposizione il ricorrente dichiara di svolgere “per la prima volta” ex art. 1, comma 51, della ### 92 del 2012 la domanda di annullamento del licenziamento per giusta causa nel merito dal momento che “ha avuto effettiva conoscenza per la prima volta del provvedimento di licenziamento per giusta causa datato 1.9.2016 (nonché del suo contenuto) soltanto a seguito della costituzione in giudizio di ### s.r.l. con memoria depositata nella prima fase datata 27.01.2017”. 
Il convenuto ha eccepito preliminarmente l'inammissibilità della citata domanda avente per oggetto una diversa causa di illegittimità del licenziamento impugnato, siccome nuova e tardivamente introdotta, in violazione del preciso disposto dell'art. 420 c.p.c.; norma quest'ultima che trova applicazione nella fattispecie in considerazione del fatto che la presente fase di opposizione ai sensi dell'articolo 1, comma 51, della ### 92/2012 costituisce una mera prosecuzione del giudizio di primo grado in forma ordinaria e non più urgente (Cassazione, sezione lavoro, 17 febbraio 2015 n. 3136). 
La convenuta deduce che la allegazione in giudizio di una diversa causa di illegittimità del licenziamento impugnato costituisce una domanda nuova. 
Deve, innanzitutto, ritenersi che l'ampliamento del thema decidendum da sottoporre al giudice della fase di cognizione piena, non sia tardivo come invece censurato da parte della resistente nel presente giudizio, atteso che "Nel rito di cui all'art. 1, commi 48 e segg., della 1. n. 92 del 2012 (cd. rito Fornero), l'attività istruttoria svolta in entrambe le fasi del giudizio di primo grado va valutata unitariamente, senza che si possano scindere per fasi gli adempimenti richiesti alle parti in tema di formazione della prova" (cfr Sei. L, Sentenza n. 13788 del 06/07/2016). 
A questo proposito, difatti, giova ricordare che il rito speciale cosiddetto ### in materia di impugnazione di licenziamento, sia caratterizzato da una struttura unitaria, ancorché bifasica, nel giudizio di primo grado, la quale implica la possibilità di scindere per fasi gli adempimenti richiesti alle parti in tema di formazione la prova. 
In tali termini si è espressa la Corte Costituzionale, chiamata a decidere in ordine alla questione di legittimità, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della ### degli artt.  51, primo comma, numero 4), cod. proc. civ., e 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012, "nella parte in cui non prevedono l'obbligo di astensione per l'organo giudicante (persona fisica) investito del giudizio di opposizione ex art. 51, comma 1 "rectius: art. 1, comma 51", I. n. 92 del 2012 che abbia pronunciato l'ordinanza ex art. 1, comma 49". In quella occasione, la Corte ha escluso la natura impugnatoria della fase di opposizione, rilevando che "l'opposizione non verte sullo stesso oggetto dell'ordinanza opposta (pronunciata su un ricorso "semplificato", e sulla base dei soli atti di istruzione ritenuti, allo stato, indispensabili), né è tantomeno circoscritta alla cognizione di errores in procedendo o in iudicando eventualmente commessi dal giudice della prima fase, ma ...  può investire anche diversi profili soggettivi (stante anche il possibile intervento di temi), oggettivi (in ragione dell'ammissibilità di domande nuove, anche in via riconvenzionale, purché fondate sugli stessi fatti costitutivi) e procedimentali, essendo previsto che in detto giudizio possano essere dedotte circostanze di fatto ed allegati argomenti giuridici anche differenti da quelli già addotti e che si dia corso a prove ulteriori. Il che, appunto, esclude che la fase oppositoria (nell'ambito del giudizio di primo grado) - in cui la cognizione si espande in ragione non solo del nuovo apporto probatorio, ma anche delle ulteriori considerazioni svolte dalle parti, quantomeno in sede di discussione e nelle eventuali note difensive - possa configurarsi come la riproduzione dell'identico itinerario logico decisionale già seguito per pervenire all'ordinanza opposta...".e ancora, "la predetta ordinanza è destinata ad essere assorbita nella statuizione definitiva in esito alla fase di opposizione "che può ben condurre ad un esito differente (rispetto a quello dell'ordinanza opposta) in virtù del nuovo materiale probatorio apportato al processo e del suo ampliamento soggettivo od oggettivo (nei limiti consentiti), anche alla luce della pressoché totale assenza di preclusioni e decadenze per le parti nell'ambito della prima fase" (cfr. Cort. Cost. n. 78 del 2015). 
Nel medesimo senso, sulla struttura bifasica del procedimento, anche la più recente giurisprudenza di legittimità, a mente della quale "l'eccezione di decadenza dall'impugnativa del licenziamento può essere proposta per la prima volta nella fase di opposizione, che non ha natura impugnatoria, ma si pone in rapporto di prosecuzione, nel medesimo grado di giudizio, con la fase sommaria, tanto che il ricorso che la introduce deve contenere gli elementi indicati dall'art. 414 c.p.c., ossia quelli idonei a delimitare il tema della decisione nel giudizio di cognizione ordinaria" (così Cass. L, Sentenza n. 25046 del 11/12/2015). Ebbene, nel caso in esame non è stata introdotta alcuna domanda nuova ma esclusivamente diversi motivi di doglianza avverso il recesso impugnato, la cui ammissibilità non potrebbe essere preclusa in questo giudizio, trattandosi di un ordinario giudizio di merito anticipato da una fase sommaria, di cui è naturale prosecuzione. 
Questo decidente, infatti, ritiene di dover qualificare la fase oppositiva del rito ### quale fase introduttiva di un ordinario giudizio di merito. 
Pertanto, non potrebbe legittimamente ritenersi vincolante la prospettazione dei fatti in quella prima fase operata, ben potendo le parti introdurre fatti nuovi a fondamento e rafforzamento delle rispettive tesi. 
A rigore, trattandosi di rito speciale e non riscontrandosi nella lettera della legge che lo disciplina ulteriori preclusioni oltre all'impossibilità di coltivare domande diverse da quelle azionate nella fase sommaria, l'introduzione di motivi di doglianza nuovi non potrebbe essere giuridicamente inibita. 
La sollevata eccezione di inammissibilità, pertanto, va disattesa per infondatezza. 
Nel merito il ricorso è comunque infondato. 
Il ricorrente era assunto alle dipendenze di L.T.M. ### S.r.l. con la mansione di autotrasportatore, inquadrato nel terzo livello super del contratto collettivo nazionale di lavoro “### trasporto merci e spedizione”. 
Otteneva un periodo di ferie dal 3 giugno 2016 all'8 luglio 2016 (doc 5 all memoria cost) in cui si recava in ### suo paese natale, Il ricorrente afferma di essersi ammalato il 4 luglio 2016 “vittima di una grave infezione urinaria e di una colica renale che comportava la necessità d un trattamento terapeutico con riposo per 48 giorni” (cfr. paragrafi 5 e 6, pagina 3 del ricorso in opposizione). 
La relativa certificazione medica, “oggetto di traduzione giurata in lingua italiana” sarebbe stata trasmessa via fax alla datrice in data 11 luglio 2016 (cfr. paragrafo 7, pagina 3 ricorso in opposizione). 
La malattia si sarebbe, quindi, protratta ininterrottamente per ulteriori 60 giorni sino al 19 ottobre 2016: nel corso di questo periodo il ricorrente afferma di avere sempre provveduto ad inviare a mezzo fax alla datrice i relativi certificati medici (cfr. paragrafi 9 e 10, pagina 4 ricorso in opposizione). 
Venerdì 15 luglio 2016, dopo quattro giorni di assenza ingiustificata, L.T.M.  ### S.r.l. inviava una raccomandata A/R al dipendente attraverso cui gli contestava l'assenza ingiustificata dal lavoro dal giorno 11 luglio 2016 e lo invitava a comunicarne le ragioni nel termine di dieci giorni (doc. 6 all memoria cost ). 
Tale raccomandata, spedita il 15 luglio 2016 all'indirizzo di residenza del ricorrente che risultava dal contratto di lavoro a #### in Via del ### n. 18, non era stata recapitata al destinatario siccome a quell'indirizzo ### era risultato essere “irreperibile - trasferito” (cfr. doc. 6 cit). 
Nelle more della restituzione della raccomandata, il ricorrente continuava a non presentarsi sul luogo di lavoro. 
Il giorno 12 agosto 2016 la datrice inviava la contestazione disciplinare per assenza ingiustificata dall'11.7.2016 con raccomandata datata 11 agosto 2016 all'indirizzo di residenza di ### a #### in via ### 32 (doc. 8 all memoria cost), come risultante dalla certificazione rilasciata dal Comune di ### in data 2 agosto 2016 (doc. 9 all memoria cost) . 
Tale ultima raccomandata risulta essere stata regolarmente inviata presso la residenza del ### il 13 agosto 2016 ed è quindi tornata “al mittente per compiuta giacenza” dal momento che il destinatario, nonostante il postino avesse lasciato l'avviso di giacenza, non l'ha ritirata, né personalmente, né tramite un delegato (cfr. doc. 8 cit). 
Con raccomandata1 A/R del 1^ settembre 2016 L.T.M. ### S.r.l., richiamando gli illeciti contestati e rilevando la perdurante assenza dal lavoro di ### priva di qualsivoglia giustificazione, comminava nei confronti di quest'ultimo la sanzione disciplinare del licenziamento (doc. 10 all memoria cost). 
Anche tale missiva risulta essere stata regolarmente inviata all'indirizzo di residenza del destinatario il 3 settembre 2016 ove il portalettere, non reperendo nessuno cui consegnare la raccomandata, ha lasciato l'avviso di giacenza. 
Anche in questa circostanza nessuno ha curato il ritiro e la raccomandata è tornata per “compiuta giacenza al mittente” (cfr. doc. 10). 
Non è stata prodotta dal ricorrente alcuna prova relativamente all'invio dei certificati medici prodotti: i report allegati sono assolutamente illeggibili. 
Non può supplire all'onere della prova con le richieste ex art 210 e/o 213 cpc da rivolgere all'### per acquisire la documentazione relativa alla assenza per malattia e alla ### in relazione ai tabulati relativi alle comunicazioni in ingresso sul n fax ### per il periodo 11.7.2016 al 23.8.2016 compreso. 
Si riporta la ordinanza 21.7.2017: “ Il giudice del lavoro, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 23.5.2017 osserva che è principio ormai consolidato in giurisprudenza che l'esibizione a norma dell'art. 210 c.p.c. non possa essere ordinata allorché l'istante avrebbe potuto di propria iniziativa acquisire la stessa documentazione (cfr. Cass. n. 149/2003; Cass. 17948/2006; Cass 2013/24188). 
La sollecitazione fatta dalla parte al giudice affinché eserciti il potere di disporre d'ufficio l'acquisizione di atti della controparte o di terzi non è invero sostitutiva dell'onere che alla parte medesima incombe di fornire le prove che essa sia in grado di procurarsi e che non può quindi pretendere di ricercare mediante l'attività del giudice stesso; ciò in quanto il potere conferito al giudice di merito ex art. 210 c.p.c. deve essere tenuto nettamente distinto dalla produzione in giudizio dei documenti cui la parte è tenuta in base ai principi sull'onere della prova, sicché non può considerarsi in funzione sostitutiva di essa”. 
Il ricorrente è dunque rimasto assente ingiustificato per 30 giorni consecutivi dall'11.7.2016 all'11.8.2016.  ### 32, lettera C), n. 1 del ### di ### “### e trasporto merci” del 26 maggio 2014 che disciplina il rapporto di cui è causa prevede la sanzione del licenziamento disciplinare “nel caso di assenza ingiustificata del lavoratore per almeno quattro giorni consecutivi” (cfr. doc. 12 all memoria cost). 
Sussiste dunque la giusta causa di licenziamento. 
In via subordinata il ricorrente ribadisce l'inefficacia del licenziamento disciplinare per violazione del termine minimo a difesa previsto dall'art. 7 dello Statuto dei ### e dall'articolo 32 del ### di settore. 
Ritiene, infatti, ### che il Tribunale avrebbe errato nel presumere conosciuta la contestazione disciplinare a far data dal 13 agosto 2016, allorquando è stato rilasciato l'avviso di giacenza della relativa raccomandata con avviso di ricevimento, in applicazione dell'articolo 1335 Questa interpretazione, secondo il ricorrente, non terrebbe conto di quella giurisprudenza maggiormente garantista nei confronti del destinatario che si sia trovato “senza sua colpa, nell'impossibilità di venirne a conoscenza” dell'atto inviatogli ( pagina 15, ultimo capoverso del ricorso). 
A detta del ricorrente, in tale ipotesi la presunzione di conoscenza dell'atto “non si ha con il mero pervenimento della missiva all'indirizzo di residenza, ma necessita della prova ulteriore o dell'effettivo ricevimento (attraverso la sottoscrizione dell'avviso di ricevimento) o attraverso il perfezionamento del procedimento di compiuta giacenza” (cfr. pagina 16, ultimo capoverso del ricorso).  “In tale ultima ipotesi - prosegue il ricorso a pagina 17 - ‘la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell'avviso di giacenza (o, nel caso o in cui l'agente abbia, ancorché non tenuto, trasmesso l'avviso di giacenza tramite raccomandata, dalla data di spedizione di quest'ultima), ovvero dalla data di ritiro del piego, se anteriore', a mente del chiaro principio enunciato recentemente dalla stessa Corte di Cassazione, sez. VI, con ordinanza del 02.02.2016, n. 2047” che ha ritenuto applicabile, in via analogica, anche alle raccomandate ordinarie la disciplina dettata dall'articolo 8 della legge 890 del 1982 in materie di notificazione degli atti giudiziari (le raccomandare AG). 
Ebbene, dopo aver sviluppato queste considerazioni, il ricorrente alle pagine 17 e 18 giunge a sostenere che: - il termine per il perfezionamento della conoscenza legale della missiva di contestazione disciplinare sarebbe il ### (ovvero decorsi dieci giorni dal deposito dell'avviso di giacenza, deposito attestato dall'ufficiale postale in data ###): si tratta, dunque, del termine di perfezionamento della cd procedura di “compiuta giacenza”.  - Dunque è dal 23.08.2016 che si deve far decorrere l'ulteriore termine a difesa del ricorrente di dieci giorni, prescritto dall'art. 32 CCNL che sarebbe scaduto il ###.  - Dunque, soltanto a partire dal 03.07.2016 la società datrice avrebbe potuto legittimamente esercitare il proprio potere disciplinare, irrogando la relativa ed eventuale sanzione”. 
Il licenziamento sarebbe, pertanto, illegittimo siccome “adottato … in data ### allorché stava ancora decorrendo il termine a difesa di cui al citato art. 32 CCNL”. 
A prescindere dalla applicazione o meno dell'art. 8 l. 890/1982 si aderisce all'orientamento della Suprema Corte riportato dal convenuto secondo il quale “In materia di licenziamento disciplinare, il termine non inferiore a dieci giorni per la presentazione delle giustificazioni del lavoratore … decorre dalla data di ricevimento della lettera di contestazione disciplinare, rispondendo ad una esigenza di tutela del diritto di difesa del lavoratore, mentre quello di comunicazione del provvedimento disciplinare decorre dalla scadenza dei cinque giorni liberi successivi alla suddetta data di ricevimento, fermo restando che, qualora la comunicazione datoriale sia avvenuta senza il rispetto del suddetto termine, il provvedimento disciplinare non perde efficacia salvo che il lavoratore non dimostri che, a ragione di tale inosservanza, non ha potuto esercitare il proprio diritto di difesa” (Cassazione, ### lavoro, 20 marzo 2015 n. 5714). 
La ratio di questo ragionamento risiede nella distinta natura che caratterizza i diversi termini del procedimento disciplinare, sia nel settore privato che nel settore pubblico. 
Ed invero la ### lavoro della Suprema Corte, con l'arresto n. 17245 del 22 agosto 2016, ha statuito che: “I termini iniziali e finali che cadenzano il procedimento disciplinare rappresentano il limite per l'esercizio del potere disciplinare e alla loro violazione è chiaramente ricollegata la sanzione della decadenza. La violazione di questi termini si sostanzia nella preclusione irrimediabile all'adozione del provvedimento disciplinare, operando in via automatica la decadenza prevista dalla disposizione, in quanto con la fissazione di tale ambito temporale massimo il legislatore ha inteso disciplinare l'esercizio di uno dei tipici poteri di cui il datore di lavoro è titolare nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, il potere disciplinare, l'esercizio del quale incide sulla sfera giuridica del lavoratore. Il limite della tempestività del procedimento disciplinare (predeterminato dal legislatore mediante la previsione di determinati termini di inizio e fine della procedura) condiziona l'esercizio del potere. 
Il termine che temporizza la fase endo-procedimentale risponde, invece, ad una ratio diversa essendo posto a garanzia del diritto di difesa del dipendente; ciò è reso evidente dalla possibilità, posta a favore del lavoratore (per gravi ed oggettivi impedimenti), di chiedere un rinvio del termine, proprio per consentire che tale lasso di tempo sia effettivamente utilizzabile dal lavoratore per approntare le sue giustificazioni. 
Deve ritenersi, allora, che la contrazione del termine di dieci ### giorni determinerà la nullità della sanzione nella misura in cui venga rappresentato, dall'interessato, un pregiudizio sulla raccolta della documentazione e delle informazioni necessarie per far valere le sue ragioni innanzi al datare di lavoro. Trattandosi di termine posto a garanzia del diritto di difesa del lavoratore, la decadenza dall'esercizio del potere disciplinare opererà quando la contrazione del termine abbia determinato un nocumento al lavoratore stesso ed alle sue prerogative di difesa. 
Se, pertanto, il carattere perentorio dei termini iniziali e finali del procedimento disciplinare risponde al principio di tempestività ed immediatezza (riscontrabile anche nell'impiego privato, pur se inteso in senso relativo e non cristallizzato in precisi termini legislativi, salvo specifiche previsioni dei contratti collettivi) e il rispetto condiziona l'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro, diversa ragione fondante ha la previsione del termine minimo per l'audizione del dipendente, che consente all'interessato di predisporre una adeguata difesa da sottoporre al datore di lavoro e la cui violazione determina la nullità del procedimento ove il dipendente deduca e dimostri che il suo diritto di difesa è stato frustrato dalla contrazione del termine.  … Va, inoltre, richiamata una recente decisione che, proprio con riguardo al termine minimo di dieci giorni per la presentazione di osservazioni del lavoratore alla contestazione disciplinare previsto da specifica disposizione di contrattazione collettiva, ha ritenuto di ricollegare un profilo di illegittimità del provvedimento disciplinare solamente nell'ipotesi in cui emerga che la contrazione del termine posto a difesa del dipendente abbia prodotto un pregiudizio (cfr. Cass. n. 5714/2015). 
Sia nel settore privato che nel settore pubblico, la sanzione della illegittimità del licenziamento in caso di violazione del termine posto per le difese del lavoratore viene sempre collegata alla deduzione di un pregiudizio subito nell'articolazione delle giustificazioni da fornire al datare di lavoro” (Cassazione, ### lavoro, 22 agosto 2016 n. 17245). 
Alla luce delle precedenti considerazioni, non solo non risulta provato né allegato, ma non può nemmeno dirsi in alcun modo ipotizzabile, un concreto pregiudizio al diritto di difesa del ricorrente per il fatto che il provvedimento di licenziamento sia stato lui comunicato il 1 settembre anziché il 3 settembre 2016, rilevato che lo stesso è rientrato dalla ### per sua stessa ammissione alla fine di ottobre 2016. 
Il ricorso va dunque integralmente respinto. 
Tenuto conto della natura della controversia, della condotta processuale ed extraprocessuale delle parti (ed in particolare del fatto che la convenuta non ha manifestato alcuna disponibilità conciliativa) e della diversa condizione economica dei soggetti in causa, si ritengono sussistere le condizioni per compensare integralmente tra le parti le spese di lite ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c..  P.Q.M.  definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione e istanza disattesa od assorbita, così provvede: - rigetta l'opposizione proposta da ### per l'effetto, conferma integralmente l'ordinanza ex art. 1, comma 49, legge 28 giugno 2012 n. 92, pronunciata inter partes in data ###; - compensa integralmente le spese di lite. 
Pavia 27.12.2017 

Il Giudice
del lavoro ### n. 456/2017


causa n. 456/2017 R.G. - Giudice/firmatari: Malandrino Rosa Anna, Ciota Massimo, Ferrari Federica

M
1

Corte d'Appello di Bologna, Sentenza n. 362/2024 del 16-02-2024

... il provvedimento della ### d'### del 02.05.2005. Il deposito dei predetti documenti in sede di comparsa conclusionale era da ritenersi tardivo in quanto i documenti erano di formazione antecedente allo scadere delle preclusioni istruttorie. 14. Infine, il Tribunale respingeva le domande riconvenzionali formulate dagli opponenti aventi ad oggetto il risarcimento del danno e quella relativa all'illegittima segnalazione alla ### per difetto di prova del presupposto giuridico del comportamento illegittimo imputabile alla ### Il decreto ingiuntivo andava revocato, stante il minor credito accertato e stanti le vicende successorie intervenute. Il Tribunale accertava il credito pari a € 184.269,90 a favore di ### S.p.A. per lo scoperto sul conto corrente n. 10069/1 e per il pagamento delle rate del mutuo fondiario del 2001. Accertava altresì il credito pari a € 152.347,74 in favore di ### S.p.A. per il pagamento delle rate del mutuo fondiario del 2008. Gli opponenti non avevano contestato il tasso e la decorrenza degli interessi richiesti in sede monitoria al tasso legale dal 14.07.2016 al saldo. 15. Il Tribunale riteneva che la revoca del decreto ingiuntivo e il minor credito accertato, (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA Terza Sezione Civile La Corte di Appello nelle persone dei seguenti magistrati: dott. ### dott. ### dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in grado di appello iscritta al n. r.g. 821/2020 promossa da: ### (C.F. ###), ### (C.F. ###), ### (C.F. ###), ### (C.F. ###), ### (C.F. ###), ### (C.F. ###), ### con il patrocinio dell'avv. ### elettivamente domiciliato in ### 11 FERRARApresso il difensore avv. ### APPELLANTE contro B.P.E.R. ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### e dell'avv. , elettivamente domiciliato in ### 21 44121 FERRARApresso il difensore avv. #### S.P.A. ###À ### S.R.L. (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### e dell'avv. , elettivamente domiciliato in ### 21 44121 FERRARApresso il difensore avv. #### punto a: appello avverso la Sentenza n. 675/2019 pubblicata in data ### del Tribunale di Ferrara. 
Le parti hanno concluso come da note depositate.  MOTIVI DELLA DECISIONE 1. ### S.P.A. adiva in via monitoria il Tribunale di ### ottenendo il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 1674/2016 nei confronti del debitore principale ### S.R.L. e dei garanti ###### e ### recante la somma di € 343.887,75, oltre interessi dal 05.04.2016 al saldo, in forza dello scoperto di conto corrente n. 10069/1 e del mancato pagamento delle rate di cui ai mutui fondiari ipotecari accesi in data ### e in data ###.  2. Avverso il decreto ingiuntivo n. 1674/2016 proponevano opposizione #### S.R.L. nonché ###### e ### domandando la sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto, la revoca dello stesso e formulando domande riconvenzionali.  3. Si costituiva ### S.P.A. chiedendo il rigetto dell'opposizione la conferma del decreto ingiuntivo.  4. Nel corso del giudizio avveniva l'incorporazione da parte di ### S.P.A. di #### S.P.A. .  5. Interveniva in giudizio ### S.P.A. in qualità di mandataria di ### S.R.L., la quale aveva stipulato con ### di ### di ### S.p.A. un contratto di cessione di crediti “in blocco”, tra i quali rientrava quello di cui al decreto ingiuntivo n. 1674/2016 per complessivi € 152.347,74 oltre interessi dal 05/04/2016 al saldo, per il mancato pagamento delle rate di cui al mutuo fondiario ipotecario del 07.05.2008.  6. Il Tribunale riteneva che l'opposizione fosse parzialmente fondata.  7. Il credito ingiunto era così composto: - € 43.246,92 in forza dello scoperto sul c/c n. 10069/1 acceso in data ###, assistito da apertura di credito per complessivi € 52.000,00 del 26.03.2014; - € 148.293,09 a titolo di mancato pagamento delle rate di cui al mutuo fondiario ipotecario concluso in data ###, a mezzo del quale l'### di ### ingiungente aveva concesso alla società ### la somma di € 464.811,21; - € 152.347,74 a titolo di mancato pagamento delle rate di cui al mutuo fondiario ipotecario concluso in data ###, a mezzo del quale l'### di ### ingiungente aveva concesso alla società ### la somma di € 200.000,00. 
In relazione al rapporto di conto corrente, nonché a garanzia di qualsivoglia altra obbligazione maturata e maturanda in capo alla società ####### e ### avevano prestato fideiussione omnibus sino alla concorrenza della somma di € 805.673,00. 
Sulla base di queste premesse ### di ### di ### S.p.A. aveva ottenuto il decreto ingiuntivo n. 1674/16 per la somma di € 343.887,75 oltre interessi dal 05.04.2016 al saldo.  8. Con riferimento al rapporto di conto corrente, gli opponenti, sulla base degli estratti conto prodotti dalla ### relativi al periodo dal 31.03.2006 al 30.06.2015 avevano allegato il superamento del tasso soglia usura in 13 trimestri. Lamentavano altresì l'applicazione di interessi anatocistici (per € 33.280,50) e illegittima applicazione di cms per € 8.003,30 e di oneri e spese per € 6.423,25. 
Deducevano l'esistenza di un loro credito nei confronti della ### pari a € 57.729,10 in luogo del debito ingiunto pari a € 43.246,92. 
A riguardo, il Tribunale osservava che gravava sulla ### l'onere di provare il credito ingiunto mediante la produzione in giudizio di tutti gli estratti conto del rapporto dal quale scaturiva il saldo debitorio. Osservava ancora il Tribunale che ### di ### di ### S.p.A. aveva prodotto il contratto di accensione del rapporto di conto corrente n. 10069/1 datato 09.11.2000 completo del documento di sintesi. Vi erano, poi, gli estratti conto e gli estratti scalari corredati dei prospetti inerenti le competenze di liquidazione trimestrali addebitate e il contratto di affidamento del 26.03.2014 che attestava la concessione di un affidamento temporaneo di € 12.000,00 per apertura di credito in conto corrente con scadenza 30.04.2014 oltre alla concessione di un affidamento, sempre per apertura di credito in conto corrente, a tempo indeterminato per l'importo di € 40.000,00. 
Per il rapporto in esame, quindi, non erano presenti tutti gli estratti conto. Infatti, dall'accensione del rapporto, avvenuta nel novembre 2000, al 2004 risultavano allegati unicamente quelli relativi al mese di dicembre di ciascuna annualità e per l'annualità 2004 non era presente neanche l'estratto conto relativo al mese di dicembre. Per l'anno 2000, inoltre, non era presente nemmeno l'estratto scalare e il prospetto competenze di liquidazione relative al quarto trimestre. Infine, mancavano i contratti di affidamento anteriori a quello del 26.03.2014. 
Con riferimento alla dedotta illegittima applicazione di interessi anatocistici, il Tribunale osservava che il contratto di conto corrente era stato stipulato nel novembre 2000 e che, pertanto, la disciplina ad esso applicabile era quella contenuta nella ### 09.02.2000.  ###, agli artt. 2 e 6 fissava le condizioni per la valida capitalizzazione degli interessi.  ###. 2, in particolare, stabiliva che “nell'ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nei conteggio degli interessi creditori e debitori” e l'art. 6 che “i contratti relativi alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito stipulati dopo l'entrata in vigore della presente delibera indicano la periodicità di capitalizzazione degli interessi e il tasso di interesse applicato”. 
Il Tribunale riteneva che nel contratto risultasse pattuito il criterio di capitalizzazione trimestrale e i tassi debitore e creditore. Non vi era, dunque, dubbio della regolare capitalizzazione di interessi anatocistici per il periodo in cui la disciplina di riferimento era quella della ### del 2000. Anche per il periodo che andava dal 01.01.2014 al 30.06.2015 l'applicazione della capitalizzazione trimestrale non presentava profili di illegittimità. Infatti, a partire dalla data del 01.01.2014 era entrato in vigore l'art. 1 comma 629 della L. n. 147/2013 ma tale modifica non aveva mai spiegato efficacia precettiva e, comunque, la pattuizione tra le parti aveva continuato a spiegare validamente i suoi effetti.  9. Relativamente al conto corrente n. 10069/1 gli opponenti chiedevano altresì accertarsi l'applicazione da parte della ### di interessi in violazione della legge antiusura n. 108/1996, di interessi superiori al tasso soglia. 
Osservava il Tribunale che, ai fini dell'individuazione del valore da confrontare al tasso soglia, esso andava diversamente calcolato a seconda che si trattasse di finanziamenti con utilizzo flessibile del fido oppure che si trattasse di finanziamenti con piano di rientro concordato.  ### aveva, dunque, fatto corretta applicazione della formula riferibile al caso di specie, in quanto il contratto sottoscritto in data ### era un contratto di apertura di conto corrente che non indicava alcun affidamento. Parte attrice, poi, pur allegando l'usurarietà dello stesso, non aveva prodotto documenti dai quali fosse possibile desumere un affidamento antecedente al 26.03.2014.  ### non aveva riscontrato usura contrattuale con riferimento al contratto di accensione del rapporto di conto corrente datato 09.11.2000 in quanto il TEG determinato nel 14,75% non risultava essere superiore al tasso soglia per aperture di credito in conto corrente oltre ### 10.000.000 relativo al 4° trimestre 2000 pari al 15,285%. Relativamente al contratto di affidamento del 26.03.2014, il tasso contrattualmente pattuito del 12,750% oltre C.M.D.F. trimestrale del 0,500% portava a quantificare un TEG del 14,75% inferiore al tasso soglia aperture di credito in c/c oltre € 5.000,00 del 4° trimestre 200 pari al 16.575%. non vi era, quindi, usura contrattuale. 
Trattandosi di finanziamento con utilizzo flessibile del fido e in assenza di documentazione contrattuale attestante l'entità degli affidamenti concessi antecedentemente al 26.03.2014, la verifica trimestrale dal 1° trimestre 2001 al 4° trimestre 2004 era stata effettuata adottando il picco trimestrale su cui era stata determinata la C.M.S. quale accordato per la determinazione del TEG e dal 1° trimestre 2005 al 4° trimestre 2013 sull'entità degli affidamenti tempo per tempo concessi al correntista sulla base degli estratti scalari e dei prospetti competenze presenti agli atti e successivamente dal primo trimestre 2014 in relazione agli affidamenti documentati. 
La verifica eseguita dal CTU aveva permesso di riscontrare l'insussistenza di superamento dei tassi soglia tempo per tempo vigenti.  10. Era, invece, parzialmente fondata la domanda relativa all'illegittima applicazione di commissioni non pattuite. 
Per quanto concerneva la ### il Tribunale riteneva che questa fosse stata validamente pattuita. 
Invece, a partire dall'anno 2010, era stata applicata una “commissione per la messa a disposizione fondi” in assenza di una valida pattuizione scritta fino al 26.03.2014, quando era intervenuto il contratto di affidamento ed era stata espressamente pattuita la #### aveva, pertanto, ricalcolato il saldo debitore del conto, considerando l'eliminazione della ### sino al 26.03.2014, pervenendo al totale di € 35.976,81.  11. Con riferimento al contratto di mutuo fondiario ipotecario del 2008, gli opponenti deducevano che il contratto prevedeva un piano di ammortamento cd. alla francese e l'usurarietà del tasso di mora. Con riferimento al piano di ammortamento alla francese, il Tribunale riteneva che nessuna illegittimità potesse derivare dal semplice utilizzo di tale metodologia di calcolo delle rate. Con riferimento all'usurarietà degli interessi di mora, il Tribunale osservava che la stessa consulenza di parte attrice escludeva l'usurarietà degli interessi corrispettivi pattuiti e che l'allegazione degli opponenti era fondata sull'usurarietà del tasso di mora ultra soglia pattuito. 
A riguardo, il Tribunale rilevava che il tasso degli interessi moratori pattuito era pari al 10,75% e che era superiore al tasso soglia pari al 9%. 
Il Tribunale riteneva, però, che occorresse verificare quale fosse la conseguenza di tale accertamento. 
Parte attrice invocava l'applicazione dell'art. 1815 comma 2 c.c. ma la sua tesi non poteva condividersi. La norma di cui all'art. 1815 comma 2 c.c., infatti, si riferiva solo agli interessi corrispettivi. Dovevano, quindi, applicarsi le regole generali: di fronte alla nullità della clausola, andavano attribuiti al danneggiato gli interessi al tasso legale. 
Era onere gravante sul cliente provare che il concreto svolgimento del rapporto aveva avviato il contratto sul sentiero dell'usura. Gli opponenti, secondo il Tribunale, avrebbero dovuto provare il pagamento di interessi moratori, ma questa circostanza non era stata né allegata né provata e dalle rielaborazioni contenute nella consulenza tecnica di parte attrice non emergevano pagamenti di somme a titolo di interessi di mora. Il Tribunale riteneva irrilevante la richiesta di CTU volta a rideterminare il piano di ammortamento, vista l'inapplicabilità dell'art. 1815 comma 2 c.c. ed essendo dovuta la somma di € 152.347,74 oltre interessi dal 05.04.2016 al saldo per il mancato pagamento delle rate di cui al mutuo fondiario ipotecario del 07.05.2008.  12. Con riferimento al contratto di mutuo fondiario ipotecario del 2001, gli opponenti domandavano l'accertamento della mancata indicazione del TAE e conseguente violazione dell'art. 117 TUB. 
Osservava il Tribunale che era incontestata l'individuazione del TAN nella misura del 6,85% nonché l'### Gli opponenti deducevano l'inesattezza dell'indicazione del TAE senza, tuttavia, indicare il profilo di inesattezza. Andava, pertanto, riconosciuta a ### di ### di ### S.p.A.  (ora ### S.p.A.) anche la somma di € 148.293,09 oltre interessi legali dal 14.07.2016 al saldo, per il mancato pagamento delle rate di cui al mutuo fondiario ipotecario del 24.01.2001.  13. Con riferimento, infine, alle fideiussioni, gli opponenti deducevano che le eccezioni relative alla contrarietà a norme imperative e all'illiceità della causa si comunicavano al contratto autonomo di garanzia. 
Il Tribunale rilevava che la fondatezza della sola eccezione relativa all'illegittima applicazione della commissione di disponibilità fondi non rientrava nell'ambito delle eccezioni che potevano essere fatte valere dal garante autonomo. In ogni modo, doveva ritenersi che la statuizione circa l'effettivo ammontare del credito facesse stato anche riguardo ai fideiussori. 
Gli opponenti avevano, poi, dedotto un ulteriore motivo di nullità della fideiussione, negli scritti conclusionali, per violazione degli schemi contrattuali uniformi predisposti dall'### Data la tardività dell'eccezione, il Tribunale riteneva che questa potesse esaminarsi solo in quanto rilevabile d'ufficio. La rilevabilità d'ufficio era, però, subordinata alla circostanza che la nullità emergesse dai fatti allegati e provati o comunque dagli atti di causa. Il Tribunale osservava che, nel caso di specie, non era stato tempestivamente prodotto lo schema predisposto dall'ABI né il provvedimento della ### d'### del 02.05.2005. Il deposito dei predetti documenti in sede di comparsa conclusionale era da ritenersi tardivo in quanto i documenti erano di formazione antecedente allo scadere delle preclusioni istruttorie.  14. Infine, il Tribunale respingeva le domande riconvenzionali formulate dagli opponenti aventi ad oggetto il risarcimento del danno e quella relativa all'illegittima segnalazione alla ### per difetto di prova del presupposto giuridico del comportamento illegittimo imputabile alla ### Il decreto ingiuntivo andava revocato, stante il minor credito accertato e stanti le vicende successorie intervenute. Il Tribunale accertava il credito pari a € 184.269,90 a favore di ### S.p.A. per lo scoperto sul conto corrente n. 10069/1 e per il pagamento delle rate del mutuo fondiario del 2001. 
Accertava altresì il credito pari a € 152.347,74 in favore di ### S.p.A. per il pagamento delle rate del mutuo fondiario del 2008. Gli opponenti non avevano contestato il tasso e la decorrenza degli interessi richiesti in sede monitoria al tasso legale dal 14.07.2016 al saldo.  15. Il Tribunale riteneva che la revoca del decreto ingiuntivo e il minor credito accertato, nonché le vicende successorie dell'istituto bancario con conseguente parcellizzazione dei soggetti coinvolti, costituissero ragioni per la compensazione delle spese di lite.  16. Il Tribunale di ### così decideva: “Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla opposizione al decreto ingiuntivo n. 1674/16 emesso il ###, proposta da ### S.R.L. nonché da ####### E ### nei confronti di ### S.P.A. ora ### S.P.A., con l'intervento di ### S.P.A. ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - revoca il decreto ingiuntivo opposto; - dichiara tenuti e condanna gli opponenti in solido fra loro al pagamento in favore di ### di ### di ### s.p.a. ora ### s.p.a. della somma di euro 184.269,90, oltre interessi al tasso legale dal 14/07/2016 al saldo; - dichiara tenuti e condanna gli opponenti in solido fra loro al pagamento in favore di ### s.p.a. della somma di euro 152.347,74, oltre interessi al tasso legale dal 14/07/2016 al saldo; - rigetta le residue domande; - compensa le spese di lite; - pone le spese di c.t.u. a carico degli opponenti.” 17. Avverso la Sentenza resa dal Tribunale di ### proponevano appello #### S.R.L., ###### e ### 18. Con il primo motivo di appello, gli appellanti impugnavano la Sentenza resa dal Tribunale nella parte in cui aveva ritenuto una carenza nel rispetto dell'onere probatorio da parte della ### ma non aveva revocato integralmente il decreto ingiuntivo. Il Tribunale aveva così violato l'art. 633 c.p.c.  perché il solo “saldo-conto” depositato ex art. 50 TUB non era sufficiente per provare il credito vantato dalla ### e la lacuna probatoria non era stata sopperita neanche nel corso del giudizio di opposizione. 
Deducevano anche la carenza degli estratti conto trimestrali, della cui produzione ritenevano onerata la banca.  19. Con il secondo motivo di appello, gli appellanti impugnavano la statuizione resa dal Tribunale con riferimento all'anatocismo. ### di clausole anatocistiche al contratto di conto corrente non poteva ritenersi corretta perché si poneva in contrasto con l'art. 1283 c.c.. A riprova di questo, l'art. 1 comma 629 della L. n. 147/2013 aveva confermato l'illegittimità, a decorrere dal 01.01.2014, di qualsiasi prassi anatocistica nei rapporti bancari e aveva vietato l'addebito di interessi passivi anatocistici.  20. Con il terzo motivo di appello, gli appellanti censuravano la Sentenza nella parte in cui aveva escluso l'usura del conto corrente, basandosi su una errata disamina della problematica da parte del ### sia in termini di corretta applicazione al contratto della formula di matematica finanziaria usata da ### d'### per accertare l'usurarietà dello stesso sia in termini di prova della tipologia di contratto. 
In merito alla formula di matematica finanziaria necessaria per verificare l'usurarietà del contratto di conto corrente, il consulente degli odierni appellanti aveva utilizzato e comparato 6 formule stilate nel corso degli anni da ### d'### per accertare l'usurarietà del contratto, ma le stesse erano state disattese dal ### il quale non aveva utilizzato i dettami previsti ex lege per la corretta verifica dell'usurarietà del conto corrente. Tale scelta metodologica aveva influenzato il giudice di primo grado, il quale si era limitato a definire “corretta” l'applicazione della formula di matematica finanziaria usata dal ### Era, poi, onere gravante sulla ### quello di produrre il contratto di affidamento ante 26.03.2014 e non sugli odierni appellanti come erroneamente ritenuto dal Tribunale. 
Al riguardo, gli appellanti deducevano la necessità di una nuova consulenza tecnica, in quanto il CTU non aveva provveduto a reperire le mensilità mancanti.  21. Con il quarto motivo di appello, gli appellanti impugnavano la Sentenza per non aver il Tribunale espletato una CTU sul contratto di mutuo del 2008 e perché, nonostante avesse qualificato come “usuraio” il contratto di mutuo, non aveva, poi, applicato la sanzione prevista dall'art. 1815 c.c.. Il Tribunale aveva erroneamente ritenuto in ordine alle conseguenze della mancata prova del pagamento di interessi di mora: l'onere probatorio doveva considerarsi assolto mediante la produzione del contratto di mutuo, a prescindere dalla prova del pagamento di interessi di mora.  22. Con il quinto motivo di appello, gli appellanti impugnavano la Sentenza nella parte relativa all'eccezione di nullità delle fideiussioni per conformità allo schema ### In particolare, il Tribunale aveva errato nel ritenerla tardiva, perché si trattava di una nullità rilevabile d'ufficio. Inoltre, il Tribunale aveva errato anche perché gli odierni appellanti avevano richiesto la remissione della causa in istruttoria al fine di poter integrare la CTU con l'analisi delle fideiussioni prestate e la verifica della validità delle stesse.  23. Gli appellanti così formulavano le proprie conclusioni: “Voglia l'###ma Corte di Appello di Bologna adita, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, previa sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, in riforma della sentenza di primo grado: - ### ogni e più opportuno provvedimento in merito all'ammissione di ctu così come già richiesto nel corso del giudizio di primo grado, essendo stata rigettata dal relativo giudice senza congrua ed adeguata motivazione; in via principale e nel merito: - ### integralmente la sentenza n. 675/2019 emessa dal Tribunale di ### per i motivi in fatto e diritto indicati nel presente atto. - Con vittoria delle spese del presente grado di giudizio nonché del primo grado, da distrarsi in favore dello scrivente procuratore che si dichiara antistatario.” 24. Si costituiva nel presente giudizio di appello ### S.P.A. .  25. ### S.P.A. così formulava le proprie conclusioni: “Voglia l'###ma Corte d'Appello adita, disattesa e respinta ogni avversa contraria istanza, eccezione e difesa, rigettare in toto l'appello avversario, anche con riferimento alle istanze di rimessione in istruttoria, in quanto infondati, per tutti i motivi meglio esposti nel presente atto, e così confermare la sentenza n. 675/2019 resa dal Tribunale di ### nella persona del G.I. 
Dott.ssa ### e pubblicata in data ###.Il tutto, oltre alle spese legali di entrambi i gradi di giudizio, comprensive di rimb. forf. 15% , Iva e ### come per legge.” 26. Nelle more, con atto del 12/2/2019 si costituiva la società ### S.p.a. quale mandataria di ### srl, dando atto dell'intervenuta cessione, in favore di quest'ultima, del credito di € 152.347,74 (sempre portato ad ingiunzione mediante il decreto opposto) originariamente vantato da ### e derivante dal rapporto di mutuo fondiario n. ### Rep. - n. 13733 Racc. del 07/5/2008.  27. ### S.P.A. in qualità di mandataria di ### S.R.L. così formulava le proprie conclusioni: “Voglia l'### ma Corte d'Appello adita, disattesa e respinta ogni avversa contraria istanza, eccezione e difesa,rigettare l'appello avversario, anche con riferimento alle istanze di rimessione in istruttoria, in quanto infondati, per tutti i motivi meglio esposti nel presente atto, e così confermare la sentenza n. 675/2019 resa dal Tribunale di ### nella persona del G.I. Dott.ssa ### e pubblicata in data ###.Il tutto, oltre alle spese legali di entrambi i gradi di giudizio, comprensive di rimb. forf. 15% , Iva e ### come per legge.” 28. ### è infondato e deve essere rigettato.  29. Il primo motivo di gravame è infondato. 
Sotto un primo profilo, deve evidenziarsi che la contestazione inerente alla carenza di adeguata prova del quantum del credito scaturente dal saldo di conto corrente è stata effettuata solo nel giudizio di appello, con ogni conseguente decadenza dalla facoltà di allegazione medesima. 
In ogni caso, anche a voler diversamente opinare, vale quanto segue. 
Nella fattispecie, il credito per saldo di conto corrente azionato risulta documentato a decorrere dall'accensione in data 9 novembre 2000 nel seguente modo. 
Il rapporto risulta documentato da tutti gli estratti conto trimestrali integrali dal gennaio 2005 alla chiusura in data 5 aprile 2016. 
In relazione al periodo, invece, che va dall'accensione il ### al dicembre 2004, il rapporto è documentato da tutti gli estratti conto scalari ###, contenenti i riassunti scalari trimestrali, e dagli estratti conto trimestrali integrali del mese di dicembre per gli anni 2000, 2001, 2002 e 2003. 
In particolare, i riassunti scalari indicano dettagliatamente tutti i saldi per valuta relativi ai giorni in cui vi sono stati movimenti nonché i giorni in cui non vi sono stati movimenti: vi è poi il saldo finale del trimestre (essendo un conteggio trimestrale, viene poi riportato, come partenza per il calcolo, il saldo del conto corrente all'ultimo giorno del trimestre precedente, quindi 31/12 o 31/03 o 30/06 o 30/09). 
Le risultanze documentali suddette, riportanti tutti i saldi per valuta del periodo contemplato da ciascuno scalare, non sono mai state contestate in corso di rapporto ma soltanto in sede di giudizio di appello. 
Deve, dunque, ritenersi che le risultanze dei riassunti scalari trimestrali siano del tutto idonee alla ricostruzione del rapporto di dare e avere in relazione al periodo coperto soltanto da tali “scalari” (dall'accensione al gennaio 2005). 
Nel caso concreto, le risultanze degli estratti conto scalari trimestrali appaiono idonee ad integrare quelle degli estratti conto trimestrali completi. 
In sostanza, l'integrale documentazione dei movimenti saldi per valuta, desumibile dagli scalari trimestrali in relazione a tutto il periodo che dall'accensione del rapporto precede quello integralmente documentato dagli estratti conto trimestrali veri e propri, induce a ritenere provato il saldo negativo del primo estratto conto trimestrale della serie continua degli estratti conto trimestrali, decorrente dal gennaio 2005 fino alla chiusura del rapporto. 
In tal senso risulta adempiuto l'onere probatorio descritto dalla seguente massima (sez. 1 , Sentenza n. 11543 del 02/05/2019): “Nei rapporti bancari di conto corrente, esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio. Nella prima ipotesi l'accertamento del dare e avere può attuarsi con l'impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; possono inoltre valorizzarsi quegli elementi, quali ad esempio le ammissioni del correntista stesso, idonei quantomeno ad escludere che, con riferimento al periodo non documentato da estratti conto, questi abbia maturato un credito di imprecisato ammontare (tale da rendere impossibile la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti per il periodo successivo), così che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti; in mancanza di tali dati la domanda deve essere respinta”. 
Anche a voler equiparare la fattispecie che ci occupa [caratterizzata da ampie lacune della produzione degli estratti conto trimestrali integrali (non scalari), in relazione ai primi anni di rapporto] a quella della totale mancanza di tali estratti conto in relazione a tali primi anni, la disponibilità integrale degli estratti conto scalari relativamente a quel periodo iniziale, come si è già detto, appare idonea a determinare la prova completa di tutti i saldi per valuta e dunque a comprovare la veridicità o attendibilità del saldo di conto corrente documentato dal primo estratto conto. 
Ciò è tanto più vero se si considera che la banca non è onerata della prova di ciascuna movimentazione bensì soltanto di quella del saldo negativo relativo al primo estratto conto integrale disponibile. 
In particolare, la documentazione del periodo 2000 - 2004 soddisfa l'esigenza evidenziata nel suddetto principio di diritto, consacrato nella suddetta massima: “l'accertamento del dare e avere può attuarsi con l'impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto”. 
Nel senso della valorizzazione del conto scalare e in particolare dei riassunti scalari, si veda anche 10293/23, secondo il cui principio di diritto «La produzione dell'estratto conto, quale atto riassuntivo delle movimentazioni del conto corrente, può offrire la prova del saldo del conto stesso, in combinazione con le eventuali controdeduzioni di controparte e delle altre risultanze processuali; là dove tali movimentazioni siano ricavabili anche da altri documenti, come i cosiddetti riassunti scalari, attraverso la ricostruzione operata dal consulente tecnico d'ufficio, secondo l'insindacabile accertamento in fatto del giudice di merito, ciò è sufficiente alla integrazione della prova di cui il correntista richiedente è onerato». 
È tanto più rilevante tale pronuncia nel caso di specie, in cui la banca attrice non è onerata, come invece il correntista attore in ripetizione di indebito, della prova di ciascuna rimessa astrattamente oggetto di ripetizione: qui alla banca è sufficiente fornire “giustificazione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto”. 
Inoltre, non deve dimenticarsi che alla serie continua di estratti conto scalari (riassunti scalari) si aggiunge la sussistenza di quattro estratti conto integrali relativi ai mesi di dicembre del 2000, 2001, 2002 e 2003: tali risultanze corroborano ulteriormente la valenza probatoria dei riassunti scalari completi. 
Sotto diverso profilo, deve evidenziarsi che la contestazione inerente alla carenza di adeguata prova del quantum del credito scaturente dal saldo di conto corrente è stata dedotta solo nel giudizio di appello, con ogni conseguente decadenza dalla facoltà di allegazione medesima.  30. Infondato è il secondo motivo di gravame. 
Il Tribunale ha correttamente accertato la sussistenza di una clausola contrattuale, implicante la pari periodicità della capitalizzazione degli interessi. 
Il Tribunale ha inoltre correttamente ritenuto la non immediata vigenza della nuova formulazione dell'art. 120 TUB, implicante il divieto di capitalizzazione degli interessi. 
Così la sentenza appellata: “Nel contratto, prodotto dalla ### nel fascicolo monitorio e regolarmente sottoscritto dal legale rappresentante della ### s.r.l, con sottoscrizione non disconosciuta, risulta pattuito il criterio di capitalizzazione ### e i tassi debitore e creditore. Non v'è dubbio, quindi, della regolare capitalizzazione di interessi anatocistici per tutto il periodo in cui la disciplina di riferimento era quella di cui alla citata delibera ### 9.2.2000. Anche per il periodo che va dal 1/01/2014 al 30/06/2015 (data degli ultimi estratti conto), successivo all'entrata in vigore in data ### dell'art. 1, comma 629, L. 27 dicembre 2013, n. 147,m l'applicazione della capitalizzazione trimestrale non presenta profili di illegittimità, dovendosi ritenere che, soprattutto tenuto conto dell'ultima modifica intervenuta nel 2016 e di chiare esigenze di coerenza del sistema, la modifica in questione non abbia mai spiegato efficacia precettiva e che comunque la pattuizione tra le parti abbia continuato a spiegare validamente i suoi effetti”. 
Tale interpretazione della norma da parte del Tribunale viene qui condivisa.   Così l'art. 120 TUB novellato: 2. ### stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale». 
Evidenziano la natura di non immediata vigenza ed efficacia delle norme dell'art. 120 TUB, prima e in assenza del delibera attuativa del ### sia il contenuto della norma che rimette ad una delibera ### la determinazione di modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni bancarie, sia la norme transitorie della delibera de qua, disponenti l'applicazione della normativa agli interessi maturati a partire dal primo ottobre 2016, oltre alla previsione di un termine per l'adeguamento dei contratti in essere: “Art. 5: 1. Gli intermediari applicano il presente decreto, al più tardi, agli interessi maturati a partire dal 1° ottobre 2016. 2. I contratti in corso sono adeguati con l'introduzione di clausole conformi all'art. 120, comma 2, del TUB e al presente decreto, ai sensi degli articoli 118 e 126- sexies del #### costituisce giustificato motivo ai sensi dell'art. 118 del TUB. Sulla clausola contenente l'autorizzazione prevista dall'art. 4, comma 5, deve essere acquisito il consenso espresso del cliente, secondo quanto previsto dall'art. 117, comma 1, del ### Per i contratti che non prevedono l'applicazione degli articoli 118 e 126-sexies del ### gli intermediari propongono al cliente l'adeguamento del contratto entro il 30 settembre 2016. 
Pertanto, nel periodo intercorrente tra la riforma attuata con la L. n. 147/2013 e la ### di attuazione del ### del 03.08.2016, era certamente operante la disciplina precedente, in base alla quale non sussisteva anatocismo vietato nel caso di espressa pattuizione di pari periodicità degli interessi.  31. Il terzo motivo di gravame è infondato.   In primo luogo, emerge la genericità della censura, avente ad oggetto la presunta erroneità dell'adozione da parte del c.t.u. della formula di matematica finanziaria necessaria per la verifica dell'usurarietà del contratto di conto, erroneamente mutuata, secondo parte appellante, dai criteri sanciti dalla ### d'### Il motivo di appello si rivela apodittico e non adeguatamente sorretto da idonea motivazione sul punto. 
Errata è poi anche la censura, secondo cui l'onere probatorio in tema di usura spetterebbe alla banca.  ### di dimostrare l'usura spetta al soggetto che la eccepisce, rientrando in tale onere anche quello della produzione della documentazione atta a tale dimostrazione.  32. Infondato, il quarto motivo di gravame. 
Con tale motivo di gravame parte appellante rivendica l'applicazione dell'art. 1815 secondo comma c.c. implicante la gratuità del mutuo, quale conseguenza dell'accertamento della usurarietà del tasso di mora. 
Il motivo è infondato.  ### la Suprema Corte, sez. 3 - , Ordinanza n. 8103 del 21/03/2023: “La pattuizione di un tasso di interesse moratorio usurario non comporta la gratuità del contratto, poiché la sanzione della non debenza di alcun interesse, prevista dall'art. 1815, comma 2, c.c., non coinvolge anche gli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti, che continuano ad essere applicati ai sensi dell'art. 1224, comma 1, c.c.. Massime precedenti ### N. 14214 del 2022 Rv. 664963 - ###assime precedenti ### N. 19597 del 2020 Rv. 658833 - 01 Infondata è dunque la pretesa di accertamento della gratuità del mutuo, dovendosi applicare semmai gli interessi corrispettivi, ove, come nel caso di specie, non usurari. 
In tale contesto, dirimente, come correttamente ritenuto dal primo giudice, è poi la mancata allegazione di pagamento avvenuto di interessi moratori di natura usuraria. 
In tal senso si veda ### 6 - 1, Ordinanza n. 1818 del 28/01/2021, secondo cui “In tema di mutuo, la parte mutuataria non ha interesse ad agire per la declaratoria di usurarietà degli interessi moratori, allorché manchino i presupposti della mora per avere l'obbligato adempiuto al pagamento di tutti i ratei, di modo che possa escludersi che possano trovare applicazione detti interessi”. Massime precedenti ### N. 19597 del 2020 Rv. 658833 - 02 La Suprema Corte propende dunque per il difetto di interesse ad agire, in caso di mancata prova del pagamento di interessi moratori. 
Tale considerazione è dirimente, ancorché debba evidenziarsi che, con statuizione non fatta oggetto di impugnazione incidentale ha accertato un'usura inesistente, ritenendo la inapplicabilità del principio di diritto poi affermato dalle ### unite (19597 del 18/09/2020), secondo cui, in caso di verifica della natura usuraria dei tassi di mora del mutuo, “il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l'aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell'art. 2 sopra citato”.  33. Infine, è infondato il quinto motivo di gravame incentrato su modello ABI e sulla pretesa conseguente nullità integrale della fideiussione omnibus. 
Parte appellante ha chiesto dichiararsi la nullità della fideiussione omnibus prestata, costituente titolo della propria responsabilità solidale, in quanto contenente clausole nulle, in violazione del divieto di intese restrittive la concorrenza ex art. 2 L. 287/1990 (cd. Legge antitrust). 
Sul punto, la Corte di ### a ### con la pronuncia n. 41994/2021 si è espressa nel senso di ritenere la nullità parziale della fideiussione: “I contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall'### in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. A) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e dell'art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l'intesa vietata - perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza -, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti”. 
Nella motivazione della sentenza la Corte ha inoltre precisato la sussistenza, a carico dell'eccipiente, dell'onere della prova dell'estensione all'intero negozio degli effetti della nullità parziale: “Va osservato che la regola dell'art. 1419, primo comma, c.c. - ignota al codice del 1865, come pure al code civil, provenendo dall'esperienza tedesca - insieme agli analoghi principi rinvenibili negli artt. 1420 e 1424 c.c., enuncia il concetto di nullità parziale ed esprime il generale favore dell'ordinamento per la «conservazione», in quanto possibile, degli atti di autonomia negoziale, ancorché difformi dallo schema legale. Da ciò si fa derivare il carattere eccezionale dell'estensione della nullità che colpisce la parte o la clausola all'intero contratto, con la conseguenza che è a carico di chi ha interesse a far cadere in toto l'assetto di interessi programmato fornire la prova dell'interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, mentre resta precluso al giudice rilevare d'ufficio l'effetto estensivo della nullità parziale all'intero contratto. ….... La nullità di singole clausole contrattuali, o di parti di esse, si estende, pertanto, all'intero contratto, o a tutta la clausola, solo ove l'interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un'esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità. …Agli effetti dell'interpretazione della disposizione contenuta nell'art. 1419 c.c., vige, infatti, la regola secondo cui la nullità parziale non si estende all'intero contenuto della disciplina negoziale, se permane l'utilità del contratto in relazione agli interessi con esso perseguiti, secondo quanto accertato dal giudice. Per converso, l'estensione all'intero negozio degli effetti della nullità parziale costituisce eccezione che deve essere provata dalla parte interessata.” La Suprema Corte ha, dunque, affermato che spetta alla parte che invoca la nullità integrale del contratto provare che la nullità parziale delle singole clausole travolge tutto il contratto, stante la correlazione inscindibile delle clausole illecite con le altre in sé lecite. 
Tale onere non è stato adempiuto, nel caso di specie. 
Peraltro, secondo la Suprema Corte, in casi come quello di specie, deve escludersi che le parti contraenti potessero considerare essenziali le clausole nulle in modo da determinare l'estensione della nullità all'intero rapporto contrattuale. 
In tal senso si vedano le considerazioni versate nella motivazione della sentenza e che di seguito si riportano: “Agli effetti dell'interpretazione della disposizione contenuta nell'art. 1419 c.c., vige, infatti, la regola secondo cui la nullità parziale non si estende all'intero contenuto della disciplina negoziale, se permane l'utilità del contratto in relazione agli interessi con esso perseguiti, secondo quanto accertato dal giudice. Per converso, l'estensione all'intero negozio degli effetti della nullità parziale costituisce eccezione che deve essere provata dalla parte interessata (Cass. 21/05/2007, n. 11673). 2.15.3. E tuttavia, tale ultima evenienza è di ben difficile riscontro nel caso in esame. Ed invero, avuto riguardo alla posizione del garante, la riproduzione nelle fideiussioni delle clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema ABI ha certamente prodotto l'effetto di rendere la disciplina più gravosa per il medesimo, imponendogli maggiori obblighi senza riconoscergli alcun corrispondente diritto; sicchè la loro eliminazione ne alleggerirebbe la posizione. ### canto, però, il fideiussore (nel caso di specie socio della società debitrice principale) - salvo la rigorosa allegazione e prova del contrario - avrebbe in ogni caso prestato la garanzia, anche senza le clausole predette, essendo una persona legata al debitore principale e, quindi, portatrice di un interesse economico al finanziamento bancario. Osserva - al riguardo - il provvedimento n. 55/2005 che il fideiussore è normalmente cointeressato, in qualità di socio d'affari o di parente del debitore, alla concessione del finanziamento a favore di quest'ultimo e, quindi, ha un interesse concreto e diretto alla prestazione della garanzia. Al contempo, è del tutto evidente che anche l'imprenditore bancario ha interesse al mantenimento della garanzia, anche espunte le suddette clausole a lui favorevoli, attesa che l'alternativa sarebbe quella dell'assenza completa della fideiussione, con minore garanzia dei propri crediti”. 
Nel caso di specie, i fideiussori erano soci della società debitrice principale, come si evince dalla visura camerale in atti, così applicandosi il principio di diritto appena riportato. 
Deve conclusivamente escludersi che la nullità delle clausole riproducenti il contenuto delle clausole 2, 6 e 8 del modello ABI implichi la nullità dell'intera fideiussione. 
Ne consegue il rigetto dell'eccezione di nullità integrale delle fideiussioni dedotte in giudizio. 
In ogni caso, la nullità delle clausole predette non preclude l'azione fondata sui diritti nascenti dalla fideiussione. 
In particolare, la nullità parziale della clausola di deroga all'art. 1957 c.c. non implica conseguenze rilevanti. In ogni caso, dalla suddetta nullità parziale non può derivare una statuizione di estinzione ex art. 1957 c.c. della fideiussione, in considerazione della mancata tempestiva eccezione di estinzione ex art. 1957 c.c.. Tale eccezione ex art. 1957 c.c. poteva essere ritualmente fatta soltanto in atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo in primo grado, data la natura di eccezione in senso stretto.  34. Al rigetto del gravame consegue la condanna di parte appellante alla rifusione delle spese del grado che si liquidano come da dispositivo sulla base dei parametri forensi di cui al DM 55/2014, in conformità ai valori medi dello scaglione di riferimento, ad esclusione della fase istruttoria non svolta. 
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla ### n. 228 del 2012, art.  1, comma 17), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato a norma dello stesso art. 13, comma 1 - bis.  P.Q.M.  La Corte, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: I - rigetta l'appello e conferma la sentenza appellata; II - condanna ### S.R.L., ###### e ### in solido tra loro, alla refusione in favore di B.P.E.R ### e ### S.P.A. in qualità di mandataria di ### S.R.L. delle spese di lite, che liquida, in favore di ciascuna parte, in € 10.000,00 per compenso, oltre al 15% di spese forfettarie ed oltre accessori di legge. 
III - Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla ### n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato a norma dello stesso art. 13, comma 1 - bis. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ###, il ###.  ### estensore ### dott. ### dott. ### n. 821/2020

causa n. 821/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Lama Andrea, Simili Alessandra, De Cristofaro Anna

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 29-01-2024

... del ### s.r.l. e da ### del ### g.e.i.e. - perché tardivo - avverso la sent enza del Tribunale di Or istano del 5.3.2020, che aveva a sua volta rigettato l'opposizione all'esecuzi one da essa società appellante proposta in relazione al pignoramento immobiliare promosso in suo danno da ### cui aveva aderito lo stesso ### (quale preteso effettivo proprietario dell'immobile pignorato). Osservò il giudice d'appello che - anche a voler considerare che le appellanti avessero effettivamente voluto avanzare un appello revocatorio, ai sensi dell'art. 396 c.p.c., la pretesa scoperta di documenti falsi non autorizzava, comunque, ad operare una proroga di 30 giorni al termine lungo ex art. 327 c.p.c., ne lla specie cadent e il ### (trattandosi di controversia in materia di opposizione esecut iva, non soggetta dunque a sospensione feriale dei termini, e tenendo conto della “sospensione Covid”), giacché la pretesa scoperta era comunque avvenuta ben prima della scadenza (maggio o al più luglio 2020); pertanto, il meccanismo di cui all'art. 396, comma 2, c.p.c. (secondo cui se la scoperta della falsità dei documenti avviene durante il corso del termine per l'appello, il termine stesso è prorogato (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso N. ###/2022 R.G. proposto da: ### s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato in Rom a, ### presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall'avv. ### come da procura in calce al ricorso - ricorrente - contro ### domiciliata in #### presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall'avv. ### come da procura in calce al controricorso - controricorrente - e contro ### g.e.i.e.  - intimato - N. ###/22 R.G.  avverso la sentenza n. 466/2022 della Corte d'appello di Cagliari, depositata il ###; udita la relazione della causa svolta nell'adunanza camerale del 29.11.2023 dal Consigliere relatore dr. ##### e d'appello di Ca gliari, con sentenza del 25.10.2022, dich iarò inammissibile l'appello proposto da ### di ### del ### s.r.l.  e da ### del ### g.e.i.e. - perché tardivo - avverso la sent enza del Tribunale di Or istano del 5.3.2020, che aveva a sua volta rigettato l'opposizione all'esecuzi one da essa società appellante proposta in relazione al pignoramento immobiliare promosso in suo danno da ### cui aveva aderito lo stesso ### (quale preteso effettivo proprietario dell'immobile pignorato). Osservò il giudice d'appello che - anche a voler considerare che le appellanti avessero effettivamente voluto avanzare un appello revocatorio, ai sensi dell'art. 396 c.p.c., la pretesa scoperta di documenti falsi non autorizzava, comunque, ad operare una proroga di 30 giorni al termine lungo ex art. 327 c.p.c., ne lla specie cadent e il ### (trattandosi di controversia in materia di opposizione esecut iva, non soggetta dunque a sospensione feriale dei termini, e tenendo conto della “sospensione Covid”), giacché la pretesa scoperta era comunque avvenuta ben prima della scadenza (maggio o al più luglio 2020); pertanto, il meccanismo di cui all'art. 396, comma 2, c.p.c. (secondo cui se la scoperta della falsità dei documenti avviene durante il corso del termine per l'appello, il termine stesso è prorogato dal giorno della N. ###/22 R.G.  scoperta, in modo da raggiungere i 30 giorni dalla scoperta stessa), non avrebbe potuto operare. 
Avverso detta sentenza ha p roposto ricorso per cassazione la ### ra d i ### del ### s.r.l., sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso ### Entrambe le p arti hanno depos itato memoria. ### del ### g.e.i.e. non ha svolto difese. 
Ai sensi dell'art. 380-bis.1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nei sessanta giorni successivi all'odierna adunanza camerale.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1.1 - Con l'unico motivo si denuncia “violazione ed erronea interpretazione delle disposizioni di cui all'art. 327 c.p.c. in ordine all'applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 396, 2° comma, c.p.c. che ha determinato il giudizio di inammissibilità dell'atto di appello relativo al proc. N. RG 470/2020 definito con l'impugnanda sentenza n. 466/2022 emes sa in d ata 19.10.2022 e pubblicat a in data ###”.  2.1 - Il ricorso è palesemente inammissibile, per violazione dell'art. 366, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., nel testo vigente ratione temporis.  2.2 - Anzitutto, le vicende processuali e sostanziali, per come esposte in ricorso, sono praticamente inintellegibili; per poter comprendere ciò è accaduto nel corso del giudizio di merito (e a ben vedere, quale ne sia l'oggetto), occorre leggere ### la sentenza impug nata, il che de nota, indiscut ibilmente, il deficit espositivo in cui è incorsa la ricorrente. 
Del resto, è noto che il requisito dell'autosufficienza è posto a presidio della possibilità che la ### abbia di “percepire con una certa immediatezza il fatto N. ###/22 R.G.  sostanziale e lo svolgimento d el fatto processual e e, quindi, acquisire l'indispensabile conoscenza, sia pure sommaria, del processo, in modo da poter procedere alla lettura dei motivi di ricorso in maniera da comprenderne il senso” (così, Cass. n. 593/2013, in motivazione). Può anche aggiungersi, sul punto, come sia ben noto che gli elementi di contenuto-forma di cui all'art. 366, comma 1, c.p.c., sono propri del ricorso e non possono ricavarsi aliunde (come appunto, nella specie, dalla sentenza impugnata), “perché la causa di inammissibilità non può esser e trattata come una causa di nul lità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo” (così, Cass. n. 18623/2016).  2.3 - Il ricorso, poi, è inammissibile per difetto di specificità. 
Invero, la ### e sarda ha espresso un chiaro ed ineccepibi le percorso motivazionale, o nde escludere la sostenibilità della semplicistica tesi della odierna ricorrente (ossia quella per cui, nel caso di sco perta di docum enti suscettibili di giustificare il c.d. appello revocatorio, ex art. 396, comma 2, c.p.c., il termi ne di proposizione dell o stesso andrebbe computato mediante sommatoria del termine lungo ex art. 327 c.p.c. oltre ulteriori trenta giorni). 
Ebbene, ciononostante, in ricorso non viene svolta una chiara e precisa critica alle statuizioni del giudice d'appello, con cui la ricorrente neppure si confronta. 
La ricorrente stessa solo si limita a contrapporre una tesi diversa ed utile a giustificare la pretesa tempestività del proprio appello, senza affatto chiarire perché la ### territoriale sarebbe incorsa nell'errore pure denunciato.  3.1 - Davvero solo ad abundantiam, può aggiungersi come la tesi che - da quanto è dato comprendere - emerge dal ricorso è palesemente destituita di fondamento, p erché il preteso fatt o revocato rio non è stato scoperto né a N. ###/22 R.G.  termine scaduto (il che avrebbe giustificato la revocazione, ex art. 395 c.p.c.), né a te rmi ne prossimo alla scadenz a per l'impugnaz ione, al lorquando mancavano meno di tr enta giorni: so lo in tale ultimo caso avre bbe potuto giustificarsi la proroga del termine per l'appello, come appunto previsto dall'art.  396, comma 2, c.p.c., fino a raggiungere i trenta giorni dalla scoperta del fatto, ai fini della proposizione del gravame, come correttamente statuito dalla ### territoriale. Ciò perché scopo della previsione in parola è quello di determinare la conversione del motivo di revocazione in motivo d'appello, non certo quello di ampliare il termine per l'impugnazio ne sic et simpl iciter, o ve nel suo cor so emerga un fatto revocatorio, come pretenderebbe la ricorrente.  4.1 - In definitiva, il ricorso è inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Nulla va dis posto nei confronti dell'intimata, questa non avendo svolto difese. 
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell'applicabilità dell'art. 13, com ma 1-quater, d el D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo int rodott o dall'art. 1, comm a 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).  P. Q. M.  la ### dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in € 4.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario spese gene rali in misura del 15%, oltre accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della N. ###/22 R.G.  ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### di cassazione, il giorno 

Giudice/firmatari: Rubino Lina, Saija Salvatore

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 16-02-2025

... notificato il 28 giugno 2019, ossia entro l'anno da tale deposito, compresa la sospensione feriale (art. 327 cod. proc. civ., nel te sto anteriore alle mo difiche introdot te con l'art. 46, diciassettesimo comma, della legge n° 69/2009, applicabile ratione temporis) e depositato il 18 luglio 2019. Il termine per la notifica del controricorso (art. 370 cod. proc. civ., nel testo anteriore alle modifiche del d.lgs. n° 149/2022, anch'esso applicabile ratione temporis) scadeva pertanto il 7 settembre 2019 10 di 11 (venti giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso principale, cui vanno sommati 31 giorni di sospensione feriale). Il controricorso contenente il ricorso incidentale risulta invece notificato il 16 ottobre 2019, con la conseguenza che esso è tardivo e, in ragione dell'inammissibilità del ricorso principale, ha perso ogni efficacia ai sensi dell'art. 334, secondo comma, cod. proc. 10.- Alla soccombenza della ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese di lite in favore della ### per la cui liquidazione - fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della controversia (euro 441 mila, pari a quanto (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n° 20910 del ruolo generale dell'anno 2019, proposto da ### costruzioni s.r.l., codice fiscale ###, corrente in 81030-Cancello ed ####, ### izzazione ### in proprio nonché in nome e per conto dell'### temporanea di imprese costituita da essa ### S.r.l. (impresa capogruppo), dalla ditta #### di ### (impresa mandante) e da C.M.L. ### s.r.l. (impresa mandante), come da mandato collettivo speciale con rappresentanza di associazione temporanea d'impresa costituita con atti della dott.ssa #### in #### n. 21088 e 21220 - Racc. n. 4341 e 4365 registrati in ### in data ### ed in data ###, in persone del legale rappresentante p.t., sig. Nicola ### rappresentata e difesa, giusta procura speciale rilasciata il 13 giugno 2019, dall'Avv. ### codice fiscale ######, con patrocin io innanzi alla Suprema Corte, presso il cui studio sono elettivamente domiciliat ###### alla ### ( ### e ###, int. B/24 (te lefax 0865.451622; pec: ###); 2 di 11 Ricorrente Controricorrente contro ### di ### con sede ###(C.F. 800010702 02, P. IVA ###) in persona del Presidente pro tempore #### rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso e in forza di determinazione n. 579 del 24.7.2019 del Dirigente dell'### 5 - Lavori pubblici e trasporti della ### di #### dal ### Avv. ### del ### di ### (C.F. ### 550 15 ###- ind. PEC paolo.colom bo @ m antova.pecavvocati.it - Fax n. 0376/###), nonché dall'Avv. ### del ### di ### (C.F. ###, pec: raffaelesperati @ ordine avvocatiroma.o rg, tel. 06/### - fax 06/###) del ### di ### con domicilio eletto presso la persona e studio di quest'ultimo in #### n. 88. 
Controricorrente Ricorrente incidentale nonché contro ### Intimato avverso la sentenza della Corte d'appello di Brescia n° 905 depositata il 28 maggio 2018. 
Udita la relaz ione svolta n ella camera di consigli o del 6 febbraio 2025 dal consigliere #### 1.- La appaltatrice ### costruzioni s.r.l., nella qualità indicata in intestazione, conveniva davanti il tribunale di Brescia la committente ### di ### committente, onde ottenere ### il pagamento di euro 441.835,11 (riserva 2) per i maggiori oneri derivati dall'illegittima sospensione dei lavori ordinata dalla ### appaltante (aventi ad oggetto la circonvallazione di ###; ### il pa-3 di 11 gamento di euro 629.908,16 (riserva 3) per i maggiori oneri da ridotta produttività; ### la disapplicazione delle penali richieste dalla ### (riserva 4); ### il pagamento di euro 399.593,71 per riequilibrio contrattuale (riserva 5); ### il p agament o di euro 67.247,80 per aggiornamento del prezzo contrattuale (riserva 6). 
La convenuta contestava le domande attoree e in via riconvenzionale chiedeva la condanna della ### a pagare 47.200,01 a titolo di penale per il ritardo nella consegna delle opere appaltate; euro 44.827,86 per il ritardo nei frazionamenti dei suoli da espropriare; euro 19.120,96 per maggiori oneri derivanti dalla protrazione delle occupazioni d'urgenza.  2.- Il tribu nale rigettava tutte le d omande attoree ed acco glieva tutte le richieste della convenuta. 
Su appello della ### la Corte d'appello di Brescia, con la sentenza indicata in epigrafe rigettava il primo motivo di appello. 
In particolare, accertava che ### la sospensione dei lavori ordinata dalla ### per 221 giorni (dal 15 marzo al 22 ottobre 2002) era legittima, essendo stata disposta non per difetti del progetto esecutivo, ma per apportare varianti tecniche suggerite dalla stessa appaltatrice; di conseguenza, era infondata la pretesa della ### (riserva 2) di ottenere dalla ### il risarcimento pari ad euro 441.835,11; ### il motivo d'appello concernente il rigetto della riserva n° 3 (euro 629.908,16 per maggiori oneri da ridotta produttività) era aspecifico; in ogni caso, come accertato dal c.t.u., le difficoltà operative so llevate con la riserva riguardavan o generici aspetti costruttivi, interferenze con i sottoservizi di altri ### ed una serie di difficoltà riconducibili alle opere di dettaglio normalmente incontrate nella fase operativa dei lavori, che nella fattispecie erano state affrontate e risolte dal direttore dei lavori, dal Rup e dal collaudatore; la lamentata assenza dei disegni esecutivi delle opere in cemento armato era infondata , in quanto essi erano a carico dell'appaltatrice; ### le doglianze concernenti il rigetto delle riserve 4 di 11 n° 5 e 6 erano inammissibili, dato che presupponevano che il ritardo nell'esecuzione dell'appalto fosse addebitabile alla committente; ### la censura del rigetto della riserva n° 4 era infondata, poiché i frazionamenti delle aree da espropriare erano a carico della ### In parziale accoglimento del secondo motivo di impugnazione, col quale la ### si doleva dell'accoglimento delle domande riconvenzionali della ### ncia, la Corte territoriale acc ertava invece che: ### il rit ardo nell'ul timazione de i lavori d'appalto commessi dalla ### di ### all'Ati odierna ricorrente era di 536 giorni (e non di 591 giorni, come ritenuto dal primo giudice a causa di un errore di calcolo); condannava, pertanto, la ### costruzioni a pagare alla committente la minor somma di euro 32.278,75 (al posto del maggior importo di euro 46.481,40); ### il ritardo nella consegna degli elaborati relativi al frazionamento dei terreni da sottoporre ad esproprio era di giorni 400 (e non di giorni 434, come ritenuto dal primo giudice), da cui detrarre 60 giorni previsti da contratto per l'esecuzione d egli incombenti; condannava pertanto l'appaltatore a pagare alla ### la min or somma di euro 35.118,60; ### che le clausole penali contrattuali non prevedevano alcuna risarcibilità dei danni ulteriori; revocava, quindi, le condanne della ### a pa gare alla ### a ppal tante euro 19.076,91 ed euro 435.000,00. 
Da ultimo, la Corte dichiarava assorbito l'appello incidentale della ### di ### 3.- Per la cassazione di questa sentenza ricorre ### costruzioni s.r.l., sempre nella qu alità indicata in epigrafe, affidan do l'impugnazione a due motivi.  ### resiste e formula un motivo di ricorso incidentale, cui resiste la ### con controricorso. 
È rimasto meramente intimato l'ingegner ### direttore dei lavori, chiamato in causa dalla ### di ### 5 di 11 Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in ### le ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc.  Solo la resistente ha depositato una memoria ai sensi dell'art. 380- bis.1 cod. proc. civ., nella quale segnala l'esistenza di due errori materiali nel controricorso.  RAGIONI DELLA DECISIONE 4.- Col primo motivo (intitolato “### e falsa applicazione dell'art. 2697, c. II, in relazione all'art. 360, c. I, n. 3, c.p.c.”) la ricorrente deduce che la Corte d'appello avrebbe ritenuto legittima la sospensione dei lavori per 221 giorni (dal 15 marzo al 22 ottobre 2002) in quanto le varianti erano state adottate non per difetti del progetto esecutivo iniziale, come affermato dall'appellante, ma al contrario, per ragioni tecniche che proprio l'ingegner ### in rappresentanza dell'### aveva proposto: donde, secondo la ### te, la legittimità della sospensione predetta ai sensi degli artt. 25, primo comma, della legge n ° 109/1994, e 24 del d.m. n° 145/2000, non avendo la ### peraltro, mai allegato che i diversi materiali e le differenti tecnologie utilizzate per la variante fossero già esistenti al momento della prima progettazione. 
Tuttavia, decidendo in tal modo, la Corte aveva posto a carico della ### l'onere di allegare e dimostrare che la sospensione doveva considerarsi illegittima in ragione della pregressa esistenza, al momento dell'originaria progettazione, dei diversi materiali e tecnologie poi dedotti nell'ambito della perizia di variante, mentre avrebbe dovuto essere la ### di ### a provare l'esistenza di tale “fatto modificativo”.  5.- Il motivo è inammissibile per più ragioni. 
Anzitutto, esso non coglie l'esatta ratio decidendi della Corte di merito. 
È, infatti, fin troppo noto che la violazione dell'art. 2697 cod. civ. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l'onus pro-6 di 11 bandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (Cass., sez. VI-3, 23 ottobre 2018, n° 26769). 
Detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dal le parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell'art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla "valutazione delle prove". 
Peraltro, è stato anche p recisato ch e il principio dell 'onere della prova (regola re siduale di giudizio in conseguen za della quale la mancanza, in seno alle risultanze istrutto rie, di elementi i donei all'accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi) non implica anche che la dimostrazione del buon fondamento del diritto vantato dipenda unicamente dalle prove prodotte dal soggetto gravato dal relativo onere, e non possa, altresì, desumersi da qu elle espletate, o comunque acq uisite, ad istanza ed iniziativa della controparte, atteso che vige, nel nostro ordinamento processuale, in uno con il principio dispositivo, quello cosiddetto "di acquisizione probatoria", secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute (e qual che sia la parte ad iniziativa della q uale sono state raggiunte), concorrono, tutte ed indistintamente, alla formazione del libero convincimento del giudice, senza che la relativa provenienza possa condizionare tale convincimento in un senso o nell'altro, e senza che possa, conseguentemente, escludersi la utilizzabilità di un prova fornita da una parte per trarne argomenti favorevoli alla controparte (ex multis: sez. L, 28 agosto 2024, n° 23286, con menzione di altri precedenti). 
Ora, la Corte non ha deciso che la sospensione dei lavori fosse legittima predicando il mancato assolvimento dell'onere probatorio a 7 di 11 carico della ### ma ha, anzitutto, valorizzato le prove già presenti in atti, ossia la c.t.u. dell'ingegner ### nonché la “documentazione in atti” ( sentenza pagina 15), analit icamente commentata e valutata nelle pagine 16 e seguenti. 
La Corte, infatti, ha confrontato il progetto iniziale e la variante, facendo osservare che le modifiche erano st ate introdot te non per l'emenda di precedenti errori di progettazione, ma per accedere alle rich ieste di modifica d ella ste ssa appaltatrice ed agevolare la realizzazione dell'opera e che nessun errore di progett azione, né alcuna omissione, erano stati denunciati dalla ### nel corso di vari incontri effettuati con la DL e col ####, inoltre, sempre secondo la Corte, non aveva inserito alcuna riserva nel verbale di sospensione dei lavori, nel verbale di concordamento dei nuovi prezzi e nel verbale di ripresa, mentre le prime dog lianze sulle carenze di proget tazione sarebbero state avanzate solo con la terza riserva il 22 gennaio 2004 (sentenza pagina 20). 
Quanto al passagg io mot ivazionale secondo il quale la ### non avrebbe “mai allegato che i diversi materiali e tecnologie utilizzate per la variante fossero già esistenti al momento della prima progettazione” (pagine 18-19), esso appare impropriamente evocato dalla ricorrente al fine di denun ciare un insussistente inver sione dell'onere probatorio. 
Sol che si legga l'intera motivazione della sentenza, infatti, appare chiaro che la decisione è fondata sulle risultanze della c.t.u. e sui documenti di causa, mentre lo snodo logico or ora trascritto ha solo avuto la funzione di rafforzare quanto già risultante dalla menzionata consulenza e dai predetti documenti. 
In secondo luogo, la ricorrente non censura l'ulteriore ratio decidendi della sentenza impugnata. 
La Corte, infatti, a pagina 21, ha ben chiarito che la ### era decaduta dal diritto di iscrivere riserve in ordine alla legittimità della 8 di 11 sospensione dei lavori già prima della data della iscrizione della riserva 2 e tale ulteriore ratio non risulta minimamente censurata col motivo in esame: donde l'ulteriore ragione di sua inammissibilità.  6.- Col secondo mezzo - intitolato “### e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, c. I, n. 4, c.p.c.” - la ### lamenta un'extrapetizione. 
La Corte territoriale avrebbe rigettato la pretesa fondata sulla riserva 2 asserendo che le varianti ordinate dalla PA erano conformi all'art. 25, terzo comma, della legge n° 109/1994, in quanto finalizzate al miglioramento dell'opera ed alla sua funzionalità, mentre la ### aveva predicato la legittimità della sospens ione sulla base di diverse allegazioni, ossia asserendo che essa sarebbe stata disposta dal D.L. dopo che l'impresa, per propria convenienza e per sua iniziativa, aveva proposto di sostituire i manufatti idraulici previsti in progetto con altri e diversi manufatti idraulici prefabbricati.  7.- Anche questa doglianza è inammissibile. 
Innanzi tutto, essa è priva di autosufficienza: non è stata, infatti, trascritta l'intera comparsa di costituzione e risposta della ### cia, mentre nel controricorso (pagina 12) la ### obietta che nella predetta comparsa venne allegata la legittimità della sospensione dei lavori essendo “conforme all'art. 25 della l. n. 109/94”, poiché “riferita a varianti di lavorazioni proposte dalla stessa impresa e conformi all'interesse di questa”. 
Secondariamente essa non coglie, ancora una volta, l'esatta ratio decidendi della sentenza, essendo oltremodo chiaro dal testo della decisione che una delle ragioni su cui si fonda l'asserzione di legittimità della sospensione dei lavori è l'intervenuto accordo tra appaltatrice e stazione appaltante, menzionato in più punti della sentenza alle pagine 19, 22 e 29. 
Sicché, anche concedendo l'argomentazione del mezzo in esame, la decisione impugnata sarebbe comunque retta da una motivazione 9 di 11 idonea e intangibile - e di fatto non contrastata - nella presente sede.  8.- Si passa ora all'esame del ricorso incidentale. 
Con l'unico mezzo di ricorso incidentale (rubricato “### e falsa app licazione dell'art. 1382 e.e., in relaz ione all'art. 1360, comma l, n. 3 c.p.c.”) la ### lamenta che la Corte d'appello abbia accolto parzialmente il secondo mezzo d'impugnazione proposto dalla ### ed abbia conseguentemente annullato il capo della sentenza del tribunale col quale l'appaltatrice era stata condannata a pagarle euro 19.076,91, per la proroga de ll'occupazione d'urgenza derivante dal ritardo nella consegna delle opere, ed euro 435.000,00, che la committente aveva dovuto pagare all'espropriato, ### in ragione del ritardo nell'emissio ne del decreto di esproprio, causato dalla tardiva effettuazione dei frazionamenti. 
La Corte aveva rilevato che gli importi venivano pretesi in base alle penali contrattuali, m a l'art. 34 del Capitolato speciale d 'appalto non prevedeva la risarcibilità del danno ulteriore: conclusione erronea, in quanto le penal i ex art. 34 erano pre viste per il ritardo, mentre le somme indicate erano state chieste a titolo risarcitorio per l'inadempimento nella redazione dei frazionamenti.  9.- Osserva la Corte che la sentenza della Corte d'appello non è stata notificata e risulta depositata il 28 maggio 2018. 
Il ricorso principale è stato notificato il 28 giugno 2019, ossia entro l'anno da tale deposito, compresa la sospensione feriale (art. 327 cod. proc. civ., nel te sto anteriore alle mo difiche introdot te con l'art. 46, diciassettesimo comma, della legge n° 69/2009, applicabile ratione temporis) e depositato il 18 luglio 2019. 
Il termine per la notifica del controricorso (art. 370 cod. proc. civ., nel testo anteriore alle modifiche del d.lgs. n° 149/2022, anch'esso applicabile ratione temporis) scadeva pertanto il 7 settembre 2019 10 di 11 (venti giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso principale, cui vanno sommati 31 giorni di sospensione feriale). 
Il controricorso contenente il ricorso incidentale risulta invece notificato il 16 ottobre 2019, con la conseguenza che esso è tardivo e, in ragione dell'inammissibilità del ricorso principale, ha perso ogni efficacia ai sensi dell'art. 334, secondo comma, cod. proc.  10.- Alla soccombenza della ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese di lite in favore della ### per la cui liquidazione - fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della controversia (euro 441 mila, pari a quanto dichiarato all'atto dell'iscrizione a ruolo) - si rimanda al dispositivo che segue. 
La mancata costituzione del terzo chiamato in causa, ### rozzi, giustifica la compensazione integrale delle spese nei su oi confronti. 
Va, infine , dato atto della sussiste nza dei presupposti di cui all'articolo 13, comma 1-quater, del decreto del presiden te della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.  p.q.m.  la Corte dichiara inammissibili i due motivi di ricorso principale e dichiara la perdita di efficacia dell'unico motivo del ricorso incidentale tardivo. Condanna la ### costruzioni s.r.l., nella qualità indicata in epigrafe, a rifondere alla ### di ### le spese del presente grado di giudizio, che liquida in euro 7.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all'iva, se dovuta. Dichiara integralmente compensate le spese tra la ricorrent e e l'intimato ### Dà atto della sussistenza d ei p resupposti di cui all'articolo 13, comma 1-quater, del decreto del presiden te della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto. 11 di 11 Così deciso in ### il 6 febbraio 2025, nella camera di consi 

Giudice/firmatari: Scoditti Enrico, Varotti Luciano

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