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Corte d'Appello di Salerno, Sentenza n. 912/2025 del 30-10-2025

... danno rimasto privo di riscontro probatorio; che le testimonianze assunte non hanno confermato alcuna delle contestazioni del committente (in particolare, i testi ### dipendente della società appellante; ### che gestiva la contabilità dei lavori sui cantieri per la #### apprendista muratore alle dipendenze della ### ininfluente, invece, la deposizione inattendibile di ### figlio dell'opponente ed utilizzatore finale dell'immobile in ### ininfluente la generica testimonianza di ### l'arch. ### direttore dei lavori del cantiere di ### ha invece reso dichiarazioni contraddittorie rispetto al suo accertamento in data ###, al momento della riconsegna dell'area cantierale, della regolare esecuzione delle opere commissionate e alla loro contabilizzazione); che, nel corpo delle note autorizzate del 30.04.2017, ### ha riconosciuto un debito di € 10.000,00 (pari a quello originariamente pattuito) “per i lavori ### di ristrutturazioni del bagno dell'immobile sito in ### dal quale detrarre i danni provocati e le forniture (per gli idro sanitari) già pagate dalla committenza”; che alla società appellante spetta almeno il pagamento dell'importo di € 9.734,30 per il cantiere di ### (quale (leggi tutto)...

testo integrale

R.G. n. 1350/2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI SALERNO Prima Sezione Civile La Corte di Appello di Salerno, nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa ### dott.ssa ### dott. ### rel.  riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1350 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2024, vertente TRA ### s.r.l., con sede in ### alla via G. ### n. 17 (p.iva ###); rappresentata e difesa dall'avv. ### per procura allegata all'atto di appello; - appellante - E ### nato a ### il ### (###); rappresentato e difeso dall'avv. ### per procura allegata alla comparsa di risposta; ### nata a ### il ### (###); rappresentata e difesa dall'avv. ### per procura allegata alla comparsa di risposta; - appellati - OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale di ### n. 5473/2024, pubblicata il ###.  ###'ingiunzione e la sentenza di primo grado
Con decreto n. 791/2016 del 18.3.2016 il Tribunale di ### ingiungeva a ### il pagamento della somma di € 47.799,77 in favore della società ### s.r.l., oltre interessi e rimborso di spese processuali, per il corrispettivo dei lavori di ristrutturazione di un immobile in ### alla via ### n. 75 (fattura n. 19/2015) e dei lavori di manutenzione straordinaria dei servizi igienici in un immobile in ### alla via ### di ### n. 22 (fattura n. 15/2015). 
La sentenza in oggetto accoglie l'opposizione proposta dall'ingiunto, revocando il decreto ingiuntivo, nonché la domanda riconvenzionale proposta da ### (comproprietaria dell'immobile in ### e comodataria di quello in ### chiamata in causa dall'opponente ###, condannando ### S.r.l. al pagamento della somma di € 600,00, oltre interessi dalla domanda. 
Il giudice di primo grado espone che l'opponente lamenta l'inadempimento della ### s.r.l. per un irregolare svolgimento dei lavori appaltati, rimasti incompiuti a causa della conclusione dei rapporti tra loro intercorrenti per il recesso del committente, e successivamente riappaltati alla Fa. ### s.r.l. al fine di concluderli e rimediare ai danni cagionati dalla condotta negligente della ### s.r.l.; che in data ### l'avv. ### a mezzo email, ha risolto il rapporto, intimando la restituzione delle chiavi ed il rilascio del cantiere, avendo effettuato il pagamento di € 22.000,00 a mezzo bonifico per i lavori nell'immobile sito in ### e di € 2.510,00 a mezzo bonifico per i lavori nell'immobile sito in ### che nel contratto di appalto è riconosciuto al committente un diritto potestativo di recesso ad nutum, esercitabile in qualsiasi momento; che parte opposta, a tanto onerata, non ha fornito prova sufficiente in ordine alla effettiva debenza, da parte del committente, delle somme richieste con il monitorio, quale asserito residuo del corrispettivo del prezzo dell'appalto; che, pertanto, il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato; che deve essere accolta, invece, la domanda riconvenzionale proposta da ### nei confronti della società opposta, la quale deve essere condannata al pagamento della somma di € 600,00 corrisposta dall'avv. ### ai proprietari dell'appartamento sottostante al proprio, nello stabile sito in ### interessato da infiltrazioni causate dagli interventi rimasti incompiuti per lo sdoppiamento del bagno.   #### s.r.l. propone appello avverso la sentenza e, nei primi due motivi, deduce la sua nullità: - per aver accolto l'opposizione, rigettando la domanda di adempimento, senza esporre i motivi della decisione, ovvero con una motivazione solo apparente, incurante della documentazione prodotta, delle prove testimoniali raccolte e finanche della ricognizione di debito di ### con riferimento all'immobile di ### nel corpo delle note autorizzate del 30.4.2017 (primo motivo); - per vizio di extrapetizione, avendo condannato l'appellante al pagamento della somma di € 600,00 in favore di ### che, chiamata in causa da ### ai soli fini di una ipotetica rivalsa collegata alla comproprietà del bene immobile sito in ### aveva aderito alle conclusioni del chiamante, senza proporre alcuna domanda nei confronti della ### s.r.l., né ne avrebbe avuto titolo, non essendo stata parte del contratto di appalto (secondo motivo).   Il terzo motivo censura l'argomento della mancanza di prova “in ordine alla effettiva debenza, da parte del committente, delle somme richieste con il monitorio, quale asserito residuo del corrispettivo del prezzo dell'appalto”, non solo perché l'affermazione è priva di specificazione delle ragioni, ma anche perché contraria alle risultanze istruttorie (documenti, testimonianze e riconoscimento di credito nelle note di ### del 30.4.2017), le quali dimostrano che la società appaltatrice ha eseguito tutte le opere di cui si chiede il pagamento, le ha eseguite a regola d'arte, sostenendo il costo di forniture e spese di alloggio, ed ha consegnato i cantieri senza la benché minima contestazione da parte della committenza.  ### l'appellante, la prova del credito è rinvenibile, anzitutto, negli stati di avanzamento dei lavori contenenti una puntuale descrizione delle lavorazioni effettuate, accettati dal committente in via mediata per il tramite del direttore dei lavori da esso nominato, che li ha debitamente sottoscritti. 
In particolare, sostiene l'appellante che i lavori nel cantiere di ### iniziati in data ###, sono stati eseguiti in ossequio a quanto puntualmente indicato nel preventivo e nel computo metrico, sotto la direzione dell'arch. ### nominato dal committente e secondo le indicazioni fornite di volta in volta da quest'ultimo, per conto della committenza; che nel primo SAL al 6.7.2015 la direzione dei lavori ha attestato l'esecuzione di opere per un totale di € 25.539,96; che, tuttavia, la ### ha formulato, in data ###, alcune riserve sulla contabilizzazione operata dal direttore dei lavori, la quale non aveva considerato diverse lavorazioni dallo stesso ordinate per un ulteriore importo di € 6.194,34; che il direttore dei lavori ha accettato il contenuto delle riserve opposte dall'appaltatore, contabilizzando le lavorazioni nel computo metrico del 14.7.2015, che ha sottoscritto per accettazione; che, dopo la manifestata volontà del committente di recedere dall'appalto, in data ### è stato redatto, con il direttore dei lavori, un verbale di sospensione e consistenza lavori, dando atto delle lavorazioni effettuate dalla ### s.r.l. successivamente al 6.7.2015, dello sgombero del cantiere e della consegna delle chiavi. 
Quanto ai lavori nell'appartamento di ### l'appellante rappresenta che per l'opera inizialmente prevista (il frazionamento dell'unico servizio igienico presente nell'appartamento in due servizi diversi ed autonomi, come rappresentato nella planimetria allegata dall'offerta economica presentata dalla ### s.r.l. e formalmente accettata dalla committenza) è stato reso un preventivo di € 12.650,00 oltre iva, poi rideterminato in € 11.000,00 oltre iva; che l'originario progetto è stato ridefinito, nel corso dei lavori, dall'arch. ### per conto della committenza, con uno stravolgimento, per quantità e qualità degli interventi eseguiti, rispetto al progetto originale; che le modifiche hanno determinato un incremento dei costi (pari ad € 4.230,00 in più rispetto all'offerta accettata, per un totale di € 15.230,00), comunicato alla committenza senza contestazioni; che i lavori sono stati completati a regola d'arte, fatte salve le opere espressamente escluse (pavimentazione e rivestimenti), senza alcuna contestazione da parte della committenza o della direzione dei lavori, le chiavi sono state restituite ed il cantiere è stato liberato. 
Deduce l'appellante che l'accettazione dei s.a.l. inverte l'onere probatorio, spettando al committente la prova della difformità dell'opera per quantità dei lavori eseguiti e prezzi applicati; che l'opposizione al decreto ingiuntivo si fondava sulla generica contestazione della non regolare esecuzione delle opere, priva di una formale denuncia di vizi o difformità nei termini dettati dall'art. 1667 c.c., e sulla sussistenza di un danno rimasto privo di riscontro probatorio; che le testimonianze assunte non hanno confermato alcuna delle contestazioni del committente (in particolare, i testi ### dipendente della società appellante; ### che gestiva la contabilità dei lavori sui cantieri per la #### apprendista muratore alle dipendenze della ### ininfluente, invece, la deposizione inattendibile di ### figlio dell'opponente ed utilizzatore finale dell'immobile in ### ininfluente la generica testimonianza di ### l'arch. ### direttore dei lavori del cantiere di ### ha invece reso dichiarazioni contraddittorie rispetto al suo accertamento in data ###, al momento della riconsegna dell'area cantierale, della regolare esecuzione delle opere commissionate e alla loro contabilizzazione); che, nel corpo delle note autorizzate del 30.04.2017, ### ha riconosciuto un debito di € 10.000,00 (pari a quello originariamente pattuito) “per i lavori ### di ristrutturazioni del bagno dell'immobile sito in ### dal quale detrarre i danni provocati e le forniture (per gli idro sanitari) già pagate dalla committenza”; che alla società appellante spetta almeno il pagamento dell'importo di € 9.734,30 per il cantiere di ### (quale differenza tra l'importo di € 25.539,96 risultante dal SAL al 6.7.2015, oltre alle riserve per € 6.194,34 meno l'acconto di € 22.000,00 corrisposto) e di € 15.230,00 oltre iva per il cantiere di ### (ovvero di € 10.000,00 ove si intenda riconoscere rilievo unicamente alla ricognizione espressa dal committente).   Oltre a dedurre il vizio di extrapetizione, nel quarto motivo l'appellante avversa anche nel merito la condanna al risarcimento del danno in favore di ### Obietta che le perdite di acqua dal bagno dell'appartamento di ### ristrutturato dalla ### che secondo la chiamata in causa si sarebbero verificate a luglio del 2017 a causa della mancata sigillatura della doccia, procurando danni nel sottostante immobile, non ha alcun riscontro probatorio, né dell'evento dannoso, né della responsabilità della ### non risultando neppure che ### abbia corrisposto la somma di € 600,00 ai presunti danneggiati.   Le risposte degli appellati ### ribatte alla deduzione di nullità della sentenza per omessa motivazione, evidenziando la genericità del motivo di impugnazione, che non precisa dove risiederebbe l'omissione, e la sua infondatezza, avendo Tribunale verificato, a seguito della istruttoria, la carenza di prova del credito, fondato soltanto su fatture fiscali. 
Contrasta il dedotto vizio di extrapetizione, osservando che ### ha concluso riportandosi integralmente alle domande anche riconvenzionali e alle difese proposte dal convenuto, il quale aveva chiesto, in via riconvenzionale, la condanna di ### s.r.l. risarcimento di tutti i danni per inadempimento nella esecuzione delle opere commissionate; che, pertanto, ### ha tempestivamente e ritualmente spiegato la domanda risarcitoria facendo espressamente propria quella avanzata dal ### Con riguardo al terzo e quarto motivo di impugnazione, ### risponde che, né i documenti prodotti da controparte, né le testimonianze assunte, né la dichiarazione contenuta nelle note autorizzate del 30.4.2017 forniscono la prova del credito, come correttamente rilevato dal primo giudice; che non ha mai richiesto o pattuito tipo, quantità e qualità dei lavori di cui alle fatture indicate nel decreto ingiuntivo; che, infatti, la stessa società opposta non ha esibito e/o documentato alcun computo metrico, né ha depositato alcun contratto di appalto, né ha provato il raggiungimento di un accordo verbale per i lavori oggetto dell'ingiunzione; che, in ogni caso, la società ### s.r.l. non ha mai effettuato in favore dell'avv. ### le opere indicate nelle fatture azionate, mentre quei pochi lavori realmente eseguiti (peraltro produttivi di danni) sono stati integralmente pagati; che, in sostanza, la società ### non ha assolto all'onere di provare l'esecuzione dei lavori contestati sia nella quantità che nella qualità, essendo a tal fine inidonee le fatture commerciali, di formazione unilaterale; che l'appellante non ha richiesto una Ctu che avrebbe potuto verificare tipo, qualità e quantità delle opere eseguite.  ### offre una diversa ricostruzione fattuale, specificando, quanto ai lavori nell''appartamento di ### che i comproprietari (### e ### avevano accettato l'offerta della ### s.r.l., comunicata con missiva del 24.3.2015, che proponeva i prezzi indicati sul ### della ### (anno 2013) ribassati del 20% per i lavori ancora da individuare e da contabilizzare a misura; che, dopo alcuni interventi interni, prevalentemente demolitori, e dopo aver corrisposto in data ### l'importo di € 22.000,00 a saldo della fattura 14/2015 relativa al primo stato di avanzamento lavori, la ### s.r.l. è stata diffidata ad attenersi esclusivamente alla esecuzione delle opere richieste e commissionate; che, stante l'impossibilità di proseguire il rapporto, è stata chiesta la restituzione delle chiavi; che, in seguito i lavori sono stati eseguiti dalla ### s.r.l.; che le riserve presentate tardivamente dalla ### in data ### non sono mai state sottoscritte, né accettate dalla committenza, mentre la firma del direttore dei lavori (arch. ### al verbale del 14.7.2014 è stata apposta solo “per ricevuta” e non per adesione del preteso ulteriore credito di € 6.194,34; che la testimonianza dell'arch. ### conferma che le opere “non sono mai state autorizzate nè dalla committenza nè dalla direzione dei lavori e possono essere ritenute arbitrarie”; che la ### s.r.l. ha dovuto demolire le opere compiute dalla ### ed ha eseguito i lavori indicati nel preventivo del 10.7.2015 e nel relativo computo metrico; che i lavori relativi all'immobile di ### soltanto iniziati dalla ### sono stati eseguiti in massima parte dalla ### che ha dovuto, altresì, demolire le opere non richieste realizzate da controparte.
Quanto all'appartamento di ### concesso in comodato a #### precisa che le parti si erano accordate verbalmente per il complessivo “importo a corpo” di € 10.000,00 escluso pitturazione, nonché fornitura e posa in opera di parquet e battiscopa; che la ### ha sospeso i lavori verso la fine di luglio 2015, sostenendo di averli ultimati, ed ha abbandonato il cantiere senza completare la pavimentazione ed i rivestimenti, gli impianti elettrici ed idrici; che dopo l'estate 2015, ### ha saldato tutte le forniture di materiali “sanitari”, originariamente previste a carico della ### che anche in questo caso sono stati costretti ad incaricare altre ditte per la prosecuzione e l'ultimazione delle opere; che, considerando l'abbandono del cantiere, il mancato completamento dei lavori ed i conseguenti danni arrecati, nulla è dovuto alla ### per l'inizio dei lavori di frazionamento del bagno nell'appartamento di ### che, peraltro, nelle more del giudizio (luglio del 2017) si sono verificate perdite di acqua dal bagno, causate dalla cattiva esecuzione dei lavori, che hanno procurato danni nel sottostante immobile di proprietà dei sigg.ri Iannucelli e ### e per i quali ### è stata costretta a corrispondere a questi ultimi la somma di € 600,00 per la ritinteggiatura dei soffitti ammalorati. 
Aggiunge l'appellato che questa ricostruzione dei fatti è stata confermata dalle dichiarazioni dei testi ##### e ### che i testi indicati da controparti (#### e ### si sono limitati, invece, a riferire genericamente della esecuzione da parte della ### di opere mai richieste o autorizzate, oppure demolite dalla ### oppure già pagate; che nelle note autorizzate del 30.4.2017 è stato affermato soltanto che l'importo originariamente pattuito per il lavoro di ### era di € 10.000,00 ma non è mai stato riconosciuto che tale somma sia dovuta alla ### per opere eseguite in minima parte; che le infiltrazioni nell'appartamento sottostante e il pagamento della somma di € 600,00 sono provati mediante la produzione dei rilievi fotografici confermati dalla escussione testimoniale ed è stata prodotta la quietanza sottoscritta dalla sig.ra ### in data ###.  ### costituitasi separatamente, svolge in maniera sintetica le medesime difese.  RAGIONI DELLA DECISIONE La sentenza di primo grado rigetta la domanda di pagamento del saldo del corrispettivo di due contratti di appalto, introdotta con ricorso monitorio esclusivamente nei confronti di ### in base ad una valutazione di insufficienza delle prove (“la parte convenuta opposta, a tanto onerata, non ha fornito prova sufficiente in ordine alla effettiva debenza, da parte del committente, delle somme richieste con il monitorio, quale asserito residuo del corrispettivo del prezzo dell'appalto”) che non offre alcuna esposizione del processo valutativo dei documenti e delle testimonianze. In tal senso non può che essere condivisa la prima doglianza della società appellante che denuncia l'apparenza di motivazione e, perciò, nel terzo motivo sottopone al giudice d'appello l'esame delle prove omesso dal primo giudice. 
È opportuno precisare, preliminarmente, al fine di delimitare la materia devoluta in appello, che non sono in discussione le parti della sentenza non impugnate, sia quelle implicite (la qualità di committente di ### convenuto in senso sostanziale in primo grado), sia quelle esplicite (la cessazione dell'appalto relativo all'immobile di ### per recesso unilaterale del committente). Non si discute neppure di vizi o inadempienze dell'appalto relativo all'immobile di ### non sottoposti al riesame in appello mediante la proposizione di un appello incidentale (per l'omessa pronuncia sulla domanda riconvenzionale risarcitoria) o mediante la riproposizione ex art. 346 c.p.c. di un'eccezione di inadempimento. Pertanto, la questione controversa in appello, relativamente alla domanda della società appaltatrice, consiste esclusivamente nell'accertamento della sussistenza del diritto dell'appaltatore, riconosciuto dall'art. 1671 c.c. in caso di cessazione del contratto prima dell'ultimazione dell'opera appaltata per volontà unilaterale del committente, al residuo indennizzo per i lavori eseguiti. Poiché il committente ha contestato l'esecuzione di lavori non appaltati, non autorizzati e non necessari (definiti “addirittura inutili”), la questione si risolve nello stabilire, in base alle prove acquisite, se la società appaltatrice ha eseguito ulteriori lavori, oltre quelli già compensati, se tali lavori siano conformi a quelli appaltati e nel liquidare il saldo dovuto per tali lavori. 
Relativamente all'appalto dei lavori di ristrutturazione dell'immobile in ### il quantum della domanda di pagamento della fattura n. 19/2015 (di € 26.371,77) proposta nel ricorso monitorio risulta dalla differenza tra il computo metrico redatto dal direttore dei lavori del 6.7.2015 (di € 25.539,96), integrato dal computo metrico del 14.7.2015 contenente il riconoscimento di riserve dell'appaltatrice (€ 6.194,34 per un totale di € 31.734,30), detratto l'importo già corrisposto di € 22.000,00 (per un residuo di € 9.734,30) sommato al computo metrico delle ulteriori lavorazioni del direttore dei lavori del 4.8.2015 allegato al “verbale di sospensione e consistenza lavori a tutto il ###” sottoscritto dal direttore dei lavori, dal suo collaboratore, dal legale rapp.te e dal tecnico della società appaltatrice, con il quale il primo ha accertato “la regolare esecuzione dei lavori come alla computazione del 06/07/2015 e quella allegata”. Quest'ultimo documento (verbale e computo metrico allegato) contiene, però, solo la descrizione e misurazione dei lavori ulteriormente svolti, senza indicazione degli importi. Non è stata disposta in primo grado, né richiesta, una consulenza tecnica d'ufficio che calcoli il corrispettivo degli ulteriori lavori descritti nel computo metrico del 4.8.2015 secondo il prezzario delle ### della #### ha, invece, prodotto una “relazione di stima delle lavori rilevati durante il sopralluogo sul cantiere effettuato in data ###”, firmata solo dal direttore dei lavori, senza contraddittorio con l'impresa esecutrice, che evidenzia l'esecuzione in esso di opere non autorizzate (es. realizzazione di tramezzi). 
Da quanto precede si ricava che la prova che la società ### s.r.l. ha eseguito ulteriori lavori, oltre quello già corrisposti, è data dai computi metrici redatti dal direttore dei lavori nominato dallo stesso committente e dalla sua attestazione di regolare esecuzione delle opere. Trattandosi della contabilizzazione dei lavori eseguita, in contraddittorio con l'appaltatore, dal direttore dei lavori nominato dal committente, deve ritenersi che i computi metrici siano stati approvati mediatamente dal committente e, perciò, per giurisprudenza della Suprema Corte possono essere considerati prova del diritto dell'appaltatore, se il committente non dimostri che nei fatti, per quantità dei lavori eseguiti e prezzi applicati, l'opera è difforme da quella che da tali atti complessivamente risulta (v. Cass., 4.1.2011, 106). Di tale principio deve farsi applicazione, dal momento che il direttore dei lavori ha verificato, nell'interesse del committente, tutti i lavori a misura effettivamente eseguiti e, ad eccezione delle ulteriori lavorazioni descritte nel computo metrico del 4.8.2015, li ha contabilizzati. I computi metrici non sono stati specificamente contestati da ### relativamente alla quantità di lavori eseguiti e/o ai prezzi applicati e, pertanto, forniscono la prova dell'ulteriore credito della società appaltatrice. Questo, però, non può essere liquidato, in mancanza di una verifica contabile delle ulteriori lavorazioni del computo metrico del 4.8.2015, oltre quanto risulta dai documenti precedenti, ossia nella misura di € 9.734,30 (quale differenza tra l'importo dei lavori contabilizzati al 14.7.2015 di € 31.734,30 e l'importo già corrisposto di € 22.000,00). Credito venuto ad esistenza, ai fini della decorrenza degli interessi moratori, al momento della consegna dei lavori dopo il recesso del committente, eseguita con il verbale del 4.8.2015. 
Relativamente ai lavori nell'immobile in ### (divisione del bagno in due servizi igienici), in primo grado ### ha indicato il corrispettivo pattuito verbalmente (€ 10.000,00) ma ha contestato l'esecuzione dei lavori, sostenendo che l'impresa ha abbondonato il cantiere verso la fine di luglio 2015 senza completare la pavimentazione, i rivestimenti e gli impianti elettrici ed idrici e senza saldare le forniture di materiali sanitari previste a suo carico, per cui l'opera è stata proseguita e ultimata da altra impresa. A tal fine, ha prodotto una perizia di parte. ### s.r.l. ha contestato specificamente gli addebiti, sostenendo di aver eseguito l'opera appaltata, e ha indicato la pattuizione di un corrispettivo di € 11.000,00 iva esclusa oltre l'importo di € 1.588,00 per spese sostenute di alloggio degli operai a ### che il committente si era impegnato a rimborsare. 
È pacifico che non vi sia stata alcuna verifica e accettazione, espressa o implicita, dell'opera da parte del committente, ai sensi e per gli effetti di cui all'art.  1665 c.c. Non è neppure disponibile un documento di verifica e contabilità delle lavorazioni effettivamente eseguite e non completate proveniente dal committente o dal suo direttore dei lavori (non nominato). Ne consegue che la contestazione dei lavori eseguiti da parte del committente, che non ha formato o accettato un documento contabile di tali lavori, pone a carico della società appaltatrice l'onere di provare di averli eseguiti.  ### documenti tecnico di verifica delle lavorazioni eseguite è la perizia di parte opposta dell'ing. ### la quale ha evidenziato la mancata ultimazione delle lavorazioni commissionate, risultanti dall'offerta della ### s.r.l. In particolare, mancano le finiture e le tinteggiature, la messa in opera dei box doccia; l'impianto elettrico, non completato, è privo dei frutti, placchette e corpi illuminanti e della certificazione di conformità; manca la certificazione degli gli impianti idrici, la posa in opera della rubinetteria degli igienici e degli agganci degli accessori “risente di numerose approssimazioni”; risultano danneggiati parquet e battiscopa; le due porte di accesso ai bagni sono di colore diverso. 
Conclude il perito di parte che “per tali inadempienze dell'impresa appaltatrice, l'avv. ### dovrà per forza di cose servirsi di altra impresa di costruzioni che dovrà completare i lavori, dovrà eventualmente operare le dovute correzioni alle lavorazioni eseguite e dovrà rilasciare le dovute certificazioni impiantistiche di legge”. Non risulta però, alcun documento contrattuale o contabile di lavori di completamento e correzione eseguiti da altra impresa. 
La perizia di parte conferma, in sostanza, che l'opera appaltata (la divisione del bagno in due servizi igienici) è stata eseguita, salvo le finiture, la pitturazione, la messa in opera dei box doccia, le certificazioni degli impianti e alcuni vizi. Il costo occorrente per il completamento dei lavori e l'eliminazione dei vizi riscontrati, che va detratto dal corrispettivo pattuito, non è stato calcolato dal perito di parte e non può ritenersi verosimilmente eccedente la misura del 25% del prezzo dell'appalto. 
Pertanto, il corrispettivo dovuto deve essere equitativamente liquidato nella misura di € 7.500,00 (pari al 75% del corrispettivo di € 10.000,00 indicato dal committente), oltre iva. Anche in questo caso gli interessi moratori decorrono dal 4.8.2015, considerato che, secondo il committente, l'impresa ha abbandonato il cantiere a fine luglio 2015. 
Sono, perciò, parzialmente fondati il primo e il terzo motivo di impugnazione, dovendosi riconoscere un credito residuo della ### s.r.l. per i due appalti di complessivi € 17.234,30 (€ 9.734,30 + € 7.500,00) oltre iva. Su tali importi decorrono gli intessi moratori ex art. 1224, comma 1, c.c. nella misura del tasso legale previsto dall'art. 1284, comma 4, c.c. con rimando a quello previsto dal D.L.vo n. 231/2002. E infatti, il quarto comma dell'art. 1284, introdotto dall'art. 17 del decreto-legge n. 132 del 214, convertito con mod. dalla legge n. 162 del 2014, si applica ai procedimenti iniziati dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione (dal 11.12.2014), come nel caso di specie, dato che l'opposizione a decreto ingiuntivo è stata notificata a maggio del 2016. Di qui l'irrilevanza della contestazione del committente in ordine all'inapplicabilità diretta del tasso di interesse previsto dal D.L.vo n. 132/02 per le transazioni commerciali tra imprese e tra imprese e pubbliche amministrazioni, non comprensivo dell'appalto con un committente privato. 
Con il secondo e il quarto motivo si impugna la condanna di ### s.r.l. al pagamento della somma di € 600,00 in favore di ### per vizio di extrapetizione e, nel merito, per insussistenza di prova degli elementi costitutivi della responsabilità contrattuale.  ### è stata chiamata in causa da ### perché comproprietaria dell'immobile in ### e comodataria di quello in ### “quantomeno per una ipotetica "rivalsa" parziale, collegata alla comproprietà dell'immobile di via ### n.75, in Salerno”. ### costituitasi in giudizio, ha rappresentato che nel luglio del 2017 si erano verificate perdite di acqua dal bagno dell'appartamento di ### ristrutturato dalla ### a causa della mancata sigillatura della doccia; che l'umidità si era riversata nel sottostante immobile di proprietà dei sigg.ri Iannucelli e ### che era stata costretta a corrispondere a questi ultimi la somma di € 600,00 per la ritinteggiatura dei soffitti ammalorati. Ha, poi, dedotto che “tale voce di danno va riconosciuta alla comparente (in solido con l'avv. ### unitamente al ristoro di tutti gli ulteriori danni subiti …..” e ha concluso aderendo alle conclusioni di ### “con ogni relativa conseguenza favorevole diretta o indiretta in capo all'avv. ### …”. 
Pur ritenendo che la chiamata in causa abbia introdotto una propria domanda risarcitoria per la spesa personalmente sostenuta (fondata su una responsabilità contrattuale dell'appaltatrice nei suoi confronti, in quanto parte del contratto di appalto insieme al proprietario, benché solo comodataria dell'immobile), tuttavia la prova fornita consiste solo in una dichiarazione unilaterale, sottoscritta da ### e recante la data del 20.7.2017, di aver ricevuto da ### la somma di € 600,00 per la tinteggiatura dei soffitti in zona bagno e corridoio, danneggiati dalle “gravi infiltrazioni di acqua, provenienti - come verificati in contraddittorio - dalla mancata sigillatura della doccia del locale bagno del Vs sovrastante appartamento, ristrutturato nell'agosto del 2015”. Non è stata raccolta, però, alcuna testimonianza in giudizio della dichiarante, né le circostanze relative all'infiltrazione d'acqua e al pagamento della somma sono state inserite nei capitoli di prova per testi ammessi con l'ordinanza del 14.1.2020. Pertanto, la dichiarazione scritta del terzo non è prova dell'effettiva infiltrazione di acqua, né della sua riconducibilità alla ### s.r.l. (mancata sigillatura della doccia). Di qui l'accoglimento del quarto motivo di impugnazione ed il rigetto della domanda risarcitoria proposta da ### In definitiva, l'appello deve essere parzialmente accolto nei confronti di ### e interamente accolto nei confronti di ### con la condanna del primo al pagamento del saldo degli appalti, come sopra liquidato, ed il rigetto della domanda della seconda. 
Stante l'accoglimento dell'appello proposto dalla parte soccombente in primo grado e la conseguente riforma della sentenza impugnata, occorre procedere d'ufficio al regolamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio nei confronti di entrambi gli appellati, che tenga conto dell'esito complessivo della lite (Cass., 29.10.2019, n. 27606). Dal momento che non ricorre alcuna delle ipotesi previste dall'art. 92, comma 2, c.p.c., neppure la soccombenza reciproca, poiché la domanda della ### s.r.l. è accolta, sia pure per un importo inferiore a quello richiesto (Cass., Sez. Unite 31.10.2022, n. ###), il regolamento delle spese processuali segue il principio di soccombenza, di cui all'art. 91, comma 1, c.p.c.  (### è soccombente rispetto alla domanda della ### s.r.l., anche se per una somma inferiore; ### è soccombente rispetto alla sua domanda risarcitoria). Gli onorari di difesa in favore di parte appellante si liquidano come in dispositivo, tenuto conto dei parametri stabiliti con decreto del ### della Giustizia 13 agosto 2022, n. 147 (valore di € 17.234,30 con riguardo a ### valore di € 600,00 con riguardo a ###. Su richiesta difensiva ex art. 93, comma 1, c.p.c., gli onorari non riscossi e le spese anticipate sono distratti in favore del difensore.  PQM La Corte di Appello di ### prima sezione civile, definitivamente decidendo in grado di appello nella causa civile iscritta al R.G. n. 1350/2024, così provvede: 1. accoglie parzialmente l'appello proposto nei confronti di ### e, in riforma della sentenza di primo grado e in parziale accoglimento della domanda proposta con il ricorso monitorio, condanna ### al pagamento della somma di € 17.234,30 in favore di ### s.r.l., oltre iva e interessi moratori nella misura prevista dall'art. 1284, comma 4, c.c. a decorrere dal 4.8.2015 fino al soddisfo; 2. accoglie l'appello proposto nei confronti di ### e, per l'effetto, rigetta la sua domanda di ristoro della somma di € 600,00; 3. condanna ### al rimborso delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio in favore di ### s.r.l., che liquida in € 804,00 per spese vive di secondo grado ed € 10.000,00 per onorari di difesa (€ 5.000,00 per il primo grado ed € 5.000,00 per il secondo grado), oltre il rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% degli onorari, ### ed Iva come per legge, con attribuzione al difensore antistatario, avv. ### per dichiarato anticipo; 4. condanna ### al rimborso delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio in favore di ### s.r.l., che liquida in € 804,00 per spese vive di secondo grado (in solido con ### ed € 1.000,00 per onorari di difesa (€ 500,00 per il primo grado ed € 500,00 per il secondo grado), oltre il rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% degli onorari, ### ed Iva come per legge, con attribuzione al difensore antistatario, avv. ### per dichiarato anticipo.  ### lì 17/10/2025 ### estensore ### (dott. ### (dott.ssa ###

causa n. 1350/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Iannicelli Guerino, Balletti Maria

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Tribunale di Torre Annunziata, Sentenza n. 1209/2025 del 14-05-2025

... la domanda è fondata. Invero dal contenuto delle dichiarazioni dei testi escussi, nonché da quanto conformemente emerso dalle ulteriori emergenze istruttorie, può ritenersi provato che il sinistro si sia verificato secondo la dinamica descritta nell'atto introduttivo. Entrambi i testi hanno riferito che hanno assistito ai fatti di causa e in particolare che nelle circostanze di tempo e di luogo indicate nell'atto introduttivo videro un'auto utilitaria di colore viola con la porta posteriore destra aperta, e la ### che nell'atto di salire, cadeva il suolo poiché l'auto ripartiva improvvisamente. Aggiungevano che l'istante lamentava dolori alla gamba destra e non riusciva a rialzarsi da sola. Precisavano inoltro di aver visto la ### salire sull'auto con il piede sinistro. Le testimonianze resa dai testi addotti da parte attrice sono utilizzabili ed attendibili atteso che gli stessi hanno reso deposizioni analoghe e non contraddittorie. Peraltro, le circostanze raccontate dagli stessi trovano conferma nel verbale di accesso al P.S. 2012/16395 in cui si evince nella voce relativa circostanze “riferisce incidente in strada”. 3.1. Ciò premesso, nel caso in esame, in cui si controverte (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di #### sezione Civile, in persona del giudice monocratico dott.ssa ### ha pronunciato la seguente ### causa civile iscritta al n. 1784/2022 R.G. avente ad oggetto: risarcimento danni TRA ### E ### in qualità di coeredi di ### rappresentati e difesi dall'avvocato ### giusta procura in calce all'atto di citazione, elettivamente domiciliati unitamente allo stesso presso il suo studio sito in ### alla via ### n. 190 #### S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rapp.ta e difesa dall'avv. ### giusta procura alle liti per notar Dr. ### di ### 22644 Racc. n. 7785 del 14/10/2019 elettivamente domiciliata unitamente alla stessa presso il suo studio in Napoli alla via dei ### n. 16 ###' ### residente ###, C.F.: #### residente ###, C.F.: ###; ### ********  CONCLUSIONI: nelle note ex art. 127 ter c.p.c. depositate in sostituzione dell'udienza del 30.1.2025, le parti hanno rassegnato le proprie conclusioni riportandosi ai propri atti e scritti difensivi e chiedendone l'integrale accoglimento.  MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione notificato in data ###, ### e ### in qualità di coeredi di ### evocavano in giudizio dinanzi a questo Tribunale, la ### spa, in nome del legale rappresentante pro tempore, e ### e ### per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti dalla madre in seguito al sinistro verificatosi in data ### verso le ore 10.50 in ### alla via ### Deducevano che nelle circostanze di luogo e di tempo descritte, mentre la ### era intenta a salire a bordo dell'auto ### tg ### dal lato posteriore destro, il conducente riprendeva la marcia inavvertitamente, causandone la caduta non essendo la stessa entrata ancora all'interno dell'auto. 
A causa del sinistro la ### riportava lesioni personali per le quali veniva trasportata presso l'### di ### ove i medici di turno le refertavano “trocanterica non specificata”, e successivamente sottoposta ad intervento chirurgico di osteosintesi con chiodo gamma. Aggiungeva inoltre che la ### decedeva in data ### ab intestato, lasciando quali unici eredi legittimi i figli. 
Si costituiva in giudizio la ### eccependo in via preliminare la nullità dell'atto di citazione, la prescrizione del diritto nonché nel merito contestava la fondatezza della domanda chiedendone il rigetto. 
Non si costituivano, pur regolarmente evocati in giudizio, ### e ### dei quali veniva dichiara la contumacia. 
Espletata l'istruttoria con l'assunzione di prove testimoniali, la causa veniva rimessa in decisione con assegnazione dei termini di cui all'art 190 c.p.c.  2. Va, innanzitutto, respinta l'eccezione di nullità della citazione per genericità della stessa, ovvero per la violazione dell'art. 163, comma 3, n. 4 c.p.c. 
Nell'atto introduttivo, invero, sono indicati chiaramente sia il petitum (inteso, sotto il profilo formale, come provvedimento giurisdizionale richiesto, e, sotto il profilo materiale, come bene della vita di cui si chiede il riconoscimento) che la causa petendi (ovvero la ragione in base alla quale si ritiene di avere una determinata pretesa e di poter, quindi, ottenere un determinato provvedimento), avendo chiesto gli attori la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro verificatosi nelle circostanze descritte in citazione. 
In ogni caso, va rammentato che non sussiste nullità della citazione ai sensi dell'art. 164 comma 4 c.p.c. per violazione dell'art. 163 comma 3 n. 4 c.p.c. se nell'atto introduttivo del giudizio risultano compiutamente esposti i fatti essenziali e direttamente rilevanti ai fini della decisione, costitutivi del diritto azionato, tenuto conto che la genericità della “causa petendi” è superabile dal potere di qualificazione giuridica dei fatti attribuiti al giudice, sempre che non si verifichi in concreto nessun pregiudizio del diritto di difesa dei convenuti. Si osserva, inoltre, che l'oggetto della domanda va individuato in base al contenuto dell'atto nel suo complesso e dei documenti ad esso allegati (Cass. sez. II sentenza n.1681/2015); nel caso di specie, parti attrici oltre ad esporre le proprie doglianze in maniera puntuale, allega copiosa documentazione.  2.1. Va poi rigettata la preliminare eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno sollevata dalla convenuta ai sensi dell'art. 2947 comma 2 Nella fattispecie il termine prescrizionale in oggetto è stato interrotto dapprima con le raccomandate di costituzione in mora prodotte in atti del 23.8.2012, 23.5.2014, 23.12.2015, 1.2.2017, 6.2.2020 quindi con la notificazione dell'atto di citazione in giudizio.  2.2. Sempre in via preliminare, va rigettata, inoltre, l'eccezione di carenza di legittimazione passiva. 
In proposito, giova ricordare che - secondo principi giurisprudenziali consolidati e ribaditi con sentenza resa a sezioni unite dalla S.C., n. 2951 del 16-2-2016 - la legittimazione ad agire serve ad individuare la titolarità del diritto ad agire in giudizio e, in particolare, si ritiene parte legittimata il soggetto che in proprio nome domanda o il soggetto contro la quale la domanda, sempre in proprio nome, è proposta. 
Ciò che rileva quindi ai fini della valutazione della sussistenza della legittimazione ad agire, è la prospettazione contenuta nella domanda nella quale l'attore deve affermare di essere titolare del diritto in giudizio e, quanto alla titolarità passiva dell'azione, che il soggetto convenuto è il titolare dell'obbligo o della diversa situazione passiva dedotta in giudizio. 
Laddove manchi nell'atto introduttivo del giudizio, almeno implicitamente, l'indicazione dell'attore come titolare del diritto di cui si chiede l'affermazione e quella del convenuto come titolare della relativa posizione passiva, l'azione deve ritenersi inammissibile per carenza di legittimazione attiva e/o passiva; la carenza di legittimazione ad agire può essere eccepita in ogni grado e stato del giudizio e può essere rilevata d'ufficio dal giudice. 
Diversamente, la titolarità del diritto concerne, invece, il merito della causa, la fondatezza della domanda; trattandosi di un elemento costitutivo della domanda, la titolarità del diritto deve essere provata dalla parte attrice ai sensi dell'art. 2697 c.c. rispetto al cui onere rileva il comportamento del convenuto che può limitarsi a contestare le avverse allegazioni, negando l'esistenza di fatti costitutivi del diritto (mera difesa), oppure può contrapporre altri fatti che privano di efficacia i fatti costitutivi o modificano o estinguono il diritto ###; mentre le mere difese possono essere proposte oltre il termine di cui all'art. 167 c.p.c. e possono anche essere motivo di appello, le eccezioni in senso stretto (proponibili solo dalle parti e non rilevabili di ufficio) devono essere proposte a pena di decadenza nel termine di cui all'art. 167 c.p.c.. 
Nella specie, la convenuta ha eccepito la carenza di legittimazione passiva, osservando che gli attori non avevano fornito alcuna prova in proposito. 
Appare, quindi, evidente che l'eccezione della convenuta si riferisce al merito della pretesa, avendo contestato, nella sostanza, la fondatezza del diritto azionato dall'attore e non la legittimazione passiva del convenuto che, invece, per quanto prospettato in citazione, sussiste, avendo gli attori espressamente qualificato la ### S.p.A., ### e ### rispettivamente quale assicurazione e comproprietari del veicolo ### tg ### 3.3 Venendo al merito la domanda è fondata. 
Invero dal contenuto delle dichiarazioni dei testi escussi, nonché da quanto conformemente emerso dalle ulteriori emergenze istruttorie, può ritenersi provato che il sinistro si sia verificato secondo la dinamica descritta nell'atto introduttivo. 
Entrambi i testi hanno riferito che hanno assistito ai fatti di causa e in particolare che nelle circostanze di tempo e di luogo indicate nell'atto introduttivo videro un'auto utilitaria di colore viola con la porta posteriore destra aperta, e la ### che nell'atto di salire, cadeva il suolo poiché l'auto ripartiva improvvisamente. Aggiungevano che l'istante lamentava dolori alla gamba destra e non riusciva a rialzarsi da sola. Precisavano inoltro di aver visto la ### salire sull'auto con il piede sinistro. 
Le testimonianze resa dai testi addotti da parte attrice sono utilizzabili ed attendibili atteso che gli stessi hanno reso deposizioni analoghe e non contraddittorie. Peraltro, le circostanze raccontate dagli stessi trovano conferma nel verbale di accesso al P.S. 2012/16395 in cui si evince nella voce relativa circostanze “riferisce incidente in strada”.  3.1. Ciò premesso, nel caso in esame, in cui si controverte sull'investimento di un pedone, trova, applicazione il disposto del primo comma dell'art. 2054 cc comma 1 in base al quale “il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”. Il conducente, cioè, risponde del danno provocato al pedone salvo il caso in cui risulti con certezza dalle modalità del fatto che non vi era alcuna reale possibilità di evitare da parte sua l'incidente. 
Ciò ovviamente non esclude l'eventuale concorrente responsabilità del pedone. 
E, infatti, “la presunzione di colpa del conducente dell'autoveicolo investitore prevista dall'art. 2054 comma primo cod. civ. non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana. Pertanto, il fatto che il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, non preclude l'indagine in ordine all'eventuale concorso di colpa del pedone danneggiato. Una volta poi accertata la pericolosità e l'imprudenza della condotta di un pedone investito da un veicolo, la colpa di questi concorre, ai sensi dell'art. 1227 comma primo cod.  civ., con quella presunta del conducente, prevista dall'art. 2054 comma primo cod. civ.” (Cass., sez. III, sent. n. 10352 del 7 agosto 2000). 
Pertanto, la responsabilità del pedone investito, a differenza di quella del conducente dell'autoveicolo, non è presunta e va positivamente provata con la conseguenza che “qualora non sia possibile ricostruire la dinamica dell'incidente né sia possibile accertare i movimenti ed il comportamento del pedone immediatamente prima del sinistro, trova integrale applicazione il principio della colpa presunta a carico del conducente del veicolo” (Cass. 138/1972). In sostanza, non compete al pedone investito, fornire la prova liberatoria della propria responsabilità perché non sussiste alcuna presunzione di colpa a suo carico, spetta, invece, al conducente del veicolo investitore fornire la prova ai sensi dell'art. 2043 c.c. del comportamento imprudente del pedone al fine di escludere o attenuare la propria responsabilità o, comunque, tale prova deve positivamente emergere dall'istruzione probatoria espletata. 
Nel caso in esame, proprio a causa della mancata prova diretta fornita dai convenuti in merito ed alla prova contraria fornita invece dalle deposizioni testimoniali attoree sul punto, nulla di certo è emerso o è stato allegato e provato su un eventuale comportamento del pedone imprudente o contrario alle norme del codice della strada; al contrario, è emerso che il conducente della ### mentre la ### era intenta a salire sull'auto, riprendeva la sua marcia prima che la stessa avesse completato la salita. 
Deve essere, quindi, affermata l'esclusiva responsabilità di ### e ### quali comproprietari dell'auto investitrice, nella produzione del sinistro. Gli stessi, infatti, non hanno fornito alcuna prova liberatoria della propria responsabilità ai sensi dell'art. 2054, co. I, c.c. ne ha provato (o, comunque, è stato positivamente accertato) un concorrente comportamento del pedone imprudente o contrario alle norme sulla circolazione stradale.  4. Tanto premesso sull'an, relativamente al quantum possono essere condivise dal giudicante le risultanze della relazione svolta dal medico fiduciario della compagnia assicurativa (dott. ###, in quanto sviluppate con corretti criteri logici e tecnici, sulla base della documentazione sanitaria e della visita della danneggiata e possono essere poste a base della liquidazione dei danni subiti. 
In particolare, il sanitario ha evidenziato che ### in conseguenza del denunciato sinistro, ha riportato i seguenti postumi permanenti: “esiti di frattura per trocanterica a sx ” trattata chirurgicamente con “chiodo gamma” in anziano già portatore di esiti di analoga frattura a destra con serie difficoltà alla deambulazione autonoma. 
Tenuto conto di tale quadro clinico, ben può condividersi la conclusione del medico fiduciario della convenuta, il quale, con esposizione logica ed immune da censure, ha quantificato detti postumi permanenti, rilevanti sotto il profilo del solo cd. “danno biologico”, nella misura del 25%, a cui vanno aggiunti come ulteriore effetto pregiudizievole gg. 60 per ITT, nonché gg. 20 nella misura del 75% per ### gg. 60 nella misura del 50% per ### Pertanto, applicando le ### di ### 2024, in considerazione dell'età dell'infortunata al momento del sinistro (82 anni), dei postumi nella percentuale del 25% e del periodo di ITT e di ITP come sopra specificati, se ### fosse rimasta in vita, il danno non patrimoniale risarcibile sarebbe stato pari ad euro 77.657,00 (di cui euro 65.582,00 per danno biologico ed euro 12.075,00 per invalidità temporanea).  4.1. ### prevedono una liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente a "lesione permanente dell'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale", comprensivo sia dei suoi risvolti anatomo-funzionali e relazionali medi ovvero peculiari sia del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di "dolore", "sofferenza soggettiva", in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione. 
Tuttavia, deve osservarsi che, sulla base della più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, la voce di danno morale mantiene la sua autonomia e non è conglobabile nel danno biologico, trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, e perciò meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi (in tal senso, Cass. n. 910/2018, Cass. n. 7513/2018, Cass. n. 28989/2019). Tale danno, dunque, non è suscettibile di accertamento medico-legale e si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d'animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto (pur potendole influenzare) dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato. 
Sulla base di tale premessa, Cass. 25164/2020 ha chiarito che è compito del giudice di merito accertare l'esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale e solo in caso di positivo accertamento dell'esistenza ### di quest'ultimo, il quantum risarcitorio dovrà essere determinato sulla base di entrambe le voci di danno previste dalla ### di ### Per converso, in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno, occorrerà considerare la sola voce del danno biologico, depurata dall'aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, liquidando, conseguentemente, il solo danno dinamico-relazionale (in senso conforme, Cass. 15733/2022). 
Nel caso in esame la liquidazione risulta effettuata avendo riguardo alla sola componente dinamico relazionale, e non anche alla componente soggettiva, non risultando specificamente allegata la sofferenza soggettiva patita dalla danneggiata in conseguenza delle lesioni subite, e non potendosi valutare la stessa in re ipsa.  4.2. Quanto alla personalizzazione del danno biologico riconosciuto, giova osservare che la Suprema Corte ha stabilito che soltanto in presenza di circostanze “specifiche ed eccezionali”, tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (cfr. Cass. civ., sez. III, sentenza n. 23778 del 7-11-2014; Cass. civ., sez. III, ordinanza n. 7513 del 27-3-2018; Cass. civ., sez. III, ordinanza n. 23469 del 28-9-2018; Cass. civ., sez. III, ordinanza 27482 del 30-10-2018; Cass. civ., sez. III, sentenza n. 28988 del 11-11-2019; Cass. civ., sez. III, ordinanza n. 5865 del 4-3-2021). Le circostanze di fatto che giustificano la personalizzazione del risarcimento del danno non patrimoniale integrano un “fatto costitutivo” della pretesa, e devono essere allegate in modo circostanziato e provate dall'attore (ovviamente con ogni mezzo di prova, e quindi anche attraverso l'allegazione del notorio, delle massime di comune esperienza e delle presunzioni semplici, come ritenuto dalle ### della Suprema Corte, con la menzionata sentenza n. 26972/2008), senza potersi, peraltro, risolvere in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche (Cass. civ., III, sentenza n. 24471 del 18-11-2014). 
Ne consegue che non spetta agli istanti alcuna somma a titolo di personalizzazione del danno biologico riportato, non avendo gli stessi tempestivamente allegato, né dimostrato, la ricorrenza nel caso in esame di conseguenze dinamico-relazionali anomale e del tutto peculiari rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età.  4.3. Nulla va, poi riconosciuto a titolo di danno patrimoniale mancandone la prova.  4.4. Sull'importo di euro 77.657,00 va, inoltre, riconosciuta in via equitativa l'ulteriore somma di euro 1.531,25 a titolo di risarcimento del danno da lucro cessante per il mancato godimento della somma liquidata a titolo di risarcimento (calcolato applicando gli interessi ad un indice medio del 2%, secondo il criterio previsto in giurisprudenza - Cass. civ., sez. un. 17-2-1995, n. 1712; Cass. civ., 2396/2014 - sull'importo devalutato al momento del decesso della danneggiata), per un totale di euro 79.188,25.  4.5. Ciò posto, va affrontata, nella specie, la questione relativa alla premorienza della danneggiata la quale è deceduta prima dell'instaurazione del presente giudizio in data ###, a distanza di cinque anni dal sinistro e per causa indipendente dal fatto lesivo oggetto della presente controversia. 
In queste ipotesi, per costante e condivisa giurisprudenza di legittimità (Cass. 14767/2003, n. 22338/2007, n. 2297/2011, n. 679/2016, n. 4551/2019, 12913/2020, n. 41933/2021) ove la persona offesa sia deceduta per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, l'ammontare del danno spettante agli eredi del defunto iure successionis va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato, e non a quella probabile, in quanto la durata della vita futura, in tal caso, non costituisce più un valore ancorato alla mera probabilità statistica, ma è un dato noto; e, d'altra parte, non è giuridicamente configurabile un danno risarcibile in favore della persona per il tempo successivo alla sua morte. 
Ciò, peraltro, vale solo ai fini della quantificazione del danno biologico in senso stretto in quanto il danno morale, quale sofferenza interiore patita dal soggetto leso, si realizza nel momento stesso in cui l'evento dannoso si verifica, di modo che la sua liquidazione dev'essere effettuata con riferimento a tale momento, senza che assuma rilievo la durata del periodo di residua sopravvivenza della vittima (Cass. n. 12060/2022). 
Orbene, tra i vari criteri di quantificazione del danno biologico secondo il principio di proporzionalità, può recepirsi quello secondo cui che il danno da “premorienza” deve essere calcolato considerando come punto di partenza ### la somma che sarebbe spettata al danneggiato in considerazione dell'età e della percentuale di invalidità, se fosse restato in vita fino al termine del giudizio; rispetto a tale cifra, assumendo come divisore gli anni di vita residua secondo le aspettative che derivano dalle tabelle dell'### dovrà essere calcolata la cifra dovuta per ogni anno di sopravvivenza, da moltiplicare per gli anni di vita effettiva, in modo da pervenire ad un risultato che sia, nei limiti del possibile, maggiormente conforme al principio di equità (così Cass. 41933/2021). In definitiva il risarcimento che si sarebbe liquidato a persona vivente sta al numero di anni che questi aveva ancora da vivere secondo le statistiche di mortalità, come il risarcimento da liquidare a persona già defunta sta al numero di anni da questa effettivamente vissuti tra l'infortunio e la morte (Cass. n. 13331/2015).  4.5. Tanto chiarito in diritto, nella specie, giova tener conto della circostanza che la danneggiata è deceduta (in data ###) all'età di 86 anni, sicché, tenuto conto del fatto che in ### l'aspettativa di vita per le donne è pari a 85,97 anni, applicando il calcolo appena enunciato, il dividendo - pari al danno non patrimoniale risarcibile alla danneggiata ### se fosse rimasta in vita - pari ad euro 79.188,25 andrebbe diviso per il numero di anni di vita residua secondo le aspettative che derivano dalle tabelle dell'#### che, come detto, individuano per le donne proprio l'età di 86 anni. Ne deriva che, seguendo il citato calcolo matematico, agli eredi di ### va riconciata proprio la somma di euro 79.188,25 (così calcolata: euro 79.188,25 : 86 = euro 920,79 che va, poi, moltiplicato per gli anni effettivamente vissuti, che sono stati proprio 86). 
In definitiva, andrà liquidato in favore degli eredi di ### l'importo complessivo di euro 79.188,25, su cui sono dovuti gli interessi al tasso legale dalla pubblicazione della sentenza al saldo, al cui pagamento vanno condannati la #### e ### in solido tra loro.  5. Le spese di lite seguono il regime della soccombenza, ai sensi dell'art. 91 c.p.c., e si liquidano in base al d.m. n. 147/2022, ratione temporis applicabile, nella misura prevista tra i parametri minimi e i medi, tenuto conto del valore effettivo della controversia, del pregio delle difese, della natura della causa e delle questioni affrontate, nella misura indicata in dispositivo (scaglione di riferimento, da euro 52.001,00 ad euro 260.000,00: fase studio, euro 2.000,00; fase introduttiva, euro 1.200,00; fase istruttoria euro 4.500,00; fase decisoria, euro 3.500,00), da distrarsi in favore dell'avvocato ### dichiaratosi antistatario.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### in persona del giudice monocratico, dott.ssa ### definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa richiesta, eccezione o conclusione, così provvede: A. accoglie la domanda e, per l'effetto, condanna ### S.p.A., in persona del legale rapp.te p.t., ### e ### in solido tra loro, al pagamento in favore di ### e ### quali coeredi di ### della somma di euro 79.188,25, oltre interessi legali dalla data odierna sino al saldo; B. condanna ### spa, in persona del legale rapp.te p.t., ### e ### in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite sostenute dagli attori e liquidate in euro 125,00 per spese ed euro 11.200,00 per compenso professionale, oltre 15% per spese forfettarie, i.v.a e c.p.a., se dovute, da distrarsi in favore dell'avvocato ### dichiaratosi antistatario. 
Così deciso in ### il 14 maggio 2025 

Il giudice
monocratico dott.ssa ###


causa n. 1784/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Longo Cristina

M
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Tribunale di Palermo, Sentenza n. 3967/2022 del 05-10-2022

... o la scala e mia figlia ha scelto la scala”. Le dichiarazioni rese dai testi sotto il vincolo del giuramento provano, dunque, che ### aveva sopraelevato la costruzione di via ### d'Oro di sua proprietà proprio al fine di destinare l'immobile realizzato al primo piano alle esigenze abitative del figlio ### e della moglie, in occasione del loro matrimonio. Né tantomeno il vincolo di stretta parentela che avvince i testi alla resistente vale a minare l'attendibilità delle dichiarazioni così rese, atteso che le stesse - tra loro assolutamente coerenti, particolarmente minuziose e mai contraddittorie - attengono a fatti di vita privata che, secondo quel che normalmente accade, possono essere conosciuti da membri di famiglia e non invece da soggetti estranei. ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75 Dunque, il contratto di comodato, con destinazione dell'immobile ad abitazione familiare, concluso tra il padre ### e il figlio ### nell'anno 2002 (contratto che, com'è noto, non necessita di forma scritta anche se di durata ultranovennale; sul tema, v. tra le tante anche Cass. 8548/2008; Cass. n. 11620/1990; Cass. n. 1083/1981) e registrato dal comodante nel 2004, era perfettamente (leggi tutto)...

testo integrale

Tribunale Ordinario di ### R.G. n°20448 /2019 ###'### del 04/10/2022 nella causa promossa da #### All'udienza del 04/10/2022, tenuta secondo modalità cartolare prevista dalla normativa vigente, il Giudice viste le note di trattazione scritta depositate da tutti i procuratori delle parti si ritira in camera di consiglio, riservando all'esito della stessa la decisione della causa. 
All'esito della camera di consiglio, alle ore 16,30, pronuncia la seguente sentenza, dando lettura del dispositivo e delle ragioni della decisione nell'assenza delle parti.  ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75 ###### di ### in persona del giudice dott.ssa ### all'udienza del 4.10.2022 ha pronunciato SENTENZA (ex art. 429 c.p.c.) nella causa civile di primo grado iscritta al n. 20448 del ### degli ### dell'anno 2019 pendente tra ### nato a ### il ### (c.f.. ###), elettivamente domiciliat ###via G. Bonanno n. 61, presso lo studio dall'Avv. ### che lo rappresenta e difende giusta procura in atti, - ricorrente e ### nata a ### il ### (c.f. ###), elettivamente domiciliat ### presso lo studio dell'Avv. ### che la rappresenta e difende giusta procura in atti; - resistente e ### nato a ### il ### (c.f.###), elettivamente domiciliat ###presso lo studio dell'Avv. ### che lo rappresenta e difende per mandato in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore del 1.9.2020; - resistente ### della decisione Con ricorso depositato il ###, ritualmente notificato unitamente al pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di discussione, ### conveniva in giudizio il figlio ### e la nuora ### esponendo che: - con scrittura privata registrata il ###, aveva concesso in comodato al figlio, fino al giorno 31.12.2015, un immobile di sua proprietà sito in ### in via ### d'oro n. 19/b soprastante un appartamento da lui stesso abitato insieme alla moglie #### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75 - nonostante il decorso del termine previsto nel contratto di comodato, l'immobile non gli era stato ancora restituito; - in ogni caso, erano sopravvenute circostanze di carattere personale che l'avevano indotto a recedere dal rapporto di comodato, ex art. 1809 ultimo comma c.c., atteso che l'immobile era stato concesso in uso al figlio al solo scopo di assicurare ai genitori la vicina presenza di familiari che potessero assisterli per fronteggiare le difficoltà connesse all'avanzare dei loro anni; - di contro, l'immobile era attualmente detenuto dalla nuora ### la quale, in sede di separazione dal marito comodatario, aveva ottenuto l'assegnazione della casa coniugale e, nonostante le gravi condizioni di salute della sig.ra ### affetta da cardiopatia, teneva atteggiamenti aggressivi ai suoi danni; - in ogni caso, il contratto doveva pure ritenersi risolto in ragione del grave inadempimento contrattuale della resistente, la quale aveva violato gli obblighi di correttezza e buona fede di cui all'art.  1375 Sulla scorta di tali premesse, ### chiedeva di: 1- dichiarare la risoluzione del rapporto di comodato, stante il decorso del termine fissato nella scrittura privata registrata del 26.3.2012; 2- in subordine, dichiarare il legittimo esercizio del diritto di recesso di cui all'art. 1809, ultimo comma, c.c., con conseguente venire meno del rapporto di comodato; 3- in via ulteriormente subordinata, dichiarare la risoluzione contrattuale per grave inadempimento contrattuale della resistente ### 4- ordinare, in ogni caso, ai resistenti il rilascio dell'immobile in suo favore; 5- condannare la resistente ### al pagamento di un'indennità di occupazione fino al rilascio dell'immobile, quantificata in euro 1.400,00 mensili. 
Si costituiva in giudizio ### confermando la tesi di parte ricorrente in ordine al termine di durata, fino al 31.12.2015, previsto nel contratto di comodato da lui concluso con il padre il ### e precisando di avere già rilasciato l'immobile di via ### d'Oro oggetto del giudizio e di abitare presso altro immobile, giusta contratto di locazione stipulato il ###. 
Si costituiva, infine, ### chiedendo il rigetto delle domande di parte ricorrente e deducendo al riguardo che: - l'immobile oggetto del giudizio era stato realizzato dal ricorrente ### mediante sopraelevazione dell'immobile di sua proprietà, ove abitava con la moglie ### proprio in vista delle nozze del figlio ### e che, ultimata la costruzione nel 2002, i due sposi erano subito andati ad abitare l'appartamento, fissandovi la loro residenza; - dunque, l'immobile era stato concesso in comodato d'uso dal ricorrente alla famiglia del figlio (che vi abitava ininterrottamente) per esigenze abitative dell'intero nucleo familiare sin dal 2002 e non invece dalla data indicata nel contratto registrato concluso con il figlio il ###; ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75 - il contratto di comodato a termine posto dal ricorrente a fondamento delle sue richieste, stipulato nel corso di una prima crisi coniugale tra i due resistenti, era simulato ed era stato fittiziamente concluso dai contraenti al solo scopo di precostituire un titolo per allontanarla da casa e per aggirare il provvedimento di assegnazione della casa familiare reso in sede di separazione su istanza di entrambi i coniugi; - in ogni caso, il contratto di comodato azionato dal ricorrente era nullo perché privo di oggetto e/o di causa ed essendo, invece, vigente tra le parti un comodato per il soddisfacimento delle esigenze abitative familiari fin dal 2002, esso era ancora efficace tra le parti, indipendentemente dalla crisi coniugale e il ricorrente non poteva chiedere la restituzione dell'immobile; - neppure sussistevano i presupposti per invocare il recesso dal comodato per urgenti e imprevisti bisogni previsto dall'ultimo comma dell'art. 1809 c.c. e per l'accoglimento delle ulteriori domande del ricorrente. 
Tali, in sintesi, i fatti controversi, la causa veniva istruita in via documentale e mediante assunzione di prova orale e perveniva, infine, per la decisione all'odierna udienza, tenuta secondo la modalità cartolare prevista dalla normativa vigente.  ***** 
In via preliminare, va subito chiarito che, diversamente da quanto ritenuto da parte ricorrente fin dalla prima udienza, le difese della resistente ### dirette a contrastare la validità e l'efficacia del contratto datato 26.3.2012 sottoscritto da ### e ### stante la sua natura simulata non si atteggiano a “domanda riconvenzionale” ma a “eccezione riconvenzionale” e la parte non era, dunque, tenuta, a pena di inammissibilità, a chiedere ex art. 418 c.p.c. il differimento dell'udienza di discussione. 
È noto infatti, in punto di diritto, che “La distinzione tra domanda ed eccezione riconvenzionale non dipende dal titolo posto a base della difesa del convenuto, e cioè dal fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento, ma dal relativo oggetto, vale a dire dal risultato processuale che lo stesso intende con essa ottenere, che è limitato, nel secondo caso, al rigetto della domanda proposta dall'attore; di conseguenza, non sussistono limiti al possibile ampliamento del tema della controversia da parte del convenuto a mezzo di eccezioni, purché vengano allegati, a loro fondamento, fatti o rapporti giuridici prospettati come idonei a determinare l'estinzione o la modificazione dei diritti fatti valere dall'attore, ed in base ai quali si chiede la reiezione delle domande da questo proposte e non una pronunzia di accoglimento di ulteriori e diverse domande” (v. Cass. n. 21472/2016). 
Nel caso di specie, la resistente ### senza chiedere l'accoglimento di altre e differenti domande, si è limitata a insistere per il rigetto delle domande di parte ricorrente basando la propria difesa sulla natura simulata del contratto di comodato posto a fondamento del giudizio, sicché non sussiste alcun ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75 dubbio in ordine al carattere di “eccezione riconvenzionale” (e non invece di domanda riconvenzionale) delle difese da lei svolte. 
Ma, ad ogni modo, anche laddove fosse stata proposta una domanda riconvenzionale non seguita da una richiesta di spostamento dell'udienza (ipotesi che comunque non ricorre nel caso di specie), i medesimi fatti dedotti dalla resistente avrebbero dovuto, comunque, essere presi in considerazione come eccezioni, pur nella sola ottica di impedimento dell'accoglimento della domanda attorea ( anche Cass. n. 21472/2016; v. altresì Cass. n. 11679/2014: “Nel rito locatizio, la domanda riconvenzionale formulata con la memoria ex art. 416 cod. proc. civ. senza richiesta, ex art. 418 cod. proc. civ., di spostamento dell'udienza è inammissibile, ma non preclude la valutazione, da parte del giudice, del fatto integratore della stessa che assuma valore di eccezione, quale fatto impeditivo, estintivo o modificativo del fatto costitutivo della pretesa dell'attore, ai fini della decisione sulla domanda principale, risultando rispettata la relativa preclusione fissata dall'art. 416 cod. proc.  civ.”). 
Risulta, poi, infondata la tesi di parte ricorrente secondo cui la simulazione può essere fatta valere in giudizio soltanto in via di azione e non anche in via di eccezione. Una conclusione simile, oltre a non trovare alcun fondamento normativo, si scontra peraltro con la giurisprudenza di legittimità richiamata dalla stessa parte (il riferimento è a Cass. n. 11232/1997, che conferma, inequivocabilmente, la possibilità di proporre un'eccezione di simulazione, leggendosi infatti “La questione della simulazione del titolo posto a fondamento della domanda attrice, che risulti sollevata, per la prima volta, in grado di appello, deve qualificarsi in termini di eccezione riconvenzionale (come tale, ammissibile in detto grado di giudizio) se diretta a perseguire non altro fine che quello di provocare il mero rigetto della domanda avversaria, integrando, al contrario, gli estremi di una vera e propria domanda riconvenzionale (preclusa, in quanto tale, in sede di gravame) qualora, come effetto della pronuncia dell'assunta simulazione, venga, nel contempo, richiesta, oltre al rigetto dell'altrui pretesa, la ulteriore declaratoria di tutte conseguenze giuridiche connesse all'invocato mutamento della situazione precedente”).  ***** 
Venendo al merito, il ricorrente ### ha chiesto, in primo luogo, l'accertamento dell'intervenuto decorso del termine di efficacia, previsto per il ###, del contratto di comodato registrato il ### da lui stipulato (in qualità di comodante) con il figlio ####, nonché la condanna dei resistenti alla restituzione dell'immobile che ne costituisce oggetto, sito in ### in via ### d'oro n. 19/b (v. contratto comodato allegato al fascicolo di parte ricorrente). 
Il resistente ### aderendo alla prospettazione di parte ricorrente, non si è opposto alle richieste restitutorie svolte dal padre, precisando però di abitare ormai da tempo presso altro immobile.  ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75
È, infatti, pacifico tra le parti, nonché provato in via documentale (v. doc. 10 del fascicolo della resistente ###, che, attualmente, l'immobile di cui si tratta è detenuto da ### la quale, con provvedimento del 15.11.2019 reso dal ### di ### in sede di separazione tra i coniugi ### e ### in ragione del prevalente collocamento presso di sé della figlia minore ### è stata indicata quale assegnataria della “casa familiare” di via #### 19/b di proprietà di ### Dunque, soltanto la resistente ### ha un concreto interesse al rigetto delle richieste di parte ricorrente. 
Come anticipato, al fine di paralizzare la domanda di restituzione dell'immobile avanzata in via principale dal ricorrente, la ### ha eccepito la natura “assolutamente” simulata del contratto di comodato a termine (fino al 31.12.2015) registrato nel 2012, rilevando al riguardo che, in realtà, la finalità unica del negozio concluso tra il padre ### e il figlio ### pochi giorni prima del deposito del ricorso per separazione consensuale dei due coniugi (oggi resistenti) era quella di frodare le sue ragioni e di precostituire un titolo che potesse “cacciarla via” dalla casa familiare, nonostante avesse diritto ad abitarvi in forza del provvedimento di assegnazione emesso in suo favore dal #### la prospettazione della stessa parte, il contratto del 2012 sarebbe, quindi, privo di effetti e il suo perdurante godimento dell'immobile, in qualità di assegnataria di prole minorenne, deriverebbe dal precedente contratto di comodato con destinazione dell'immobile per il soddisfacimento delle esigenze familiari concluso con il ricorrente nel 2002. 
Ebbene, lo scrutinio dell'eccezione di simulazione così proposta richiede, inevitabilmente, la ricostruzione del contesto storico in cui la vicenda si inscrive. 
Va fin da subito chiarito che, seppure nel contratto registrato a marzo 2012 venga menzionata la “accettazione” da parte di ### dell'unità immobiliare sita in ### in via #### n. 19/b che in quella sede ###comodato dal padre ### (v. contratto di comodato allegato al ricorso), l'immobile era già in godimento al figlio, che ivi abitava unitamente alla moglie e ai figli, da circa un decennio. 
Ed infatti: - ### e ### risultano residenti in via ### d'Oro n. 19/b fin dal 20.4.2002 (v. doc 2 e doc. 3 del fascicolo della resistente ### e, allo stesso modo, i figli della coppia ### e ### risultano residenti nello stesso luogo fin dalla loro nascita, avvenuta, rispettivamente, il ### e il ### (v. doc. 4 e doc. 5 del fascicolo della resistente ###; - con dichiarazione sottoscritta il 17 gennaio 2005, registrata in pari data dal “### Tributari” del Comune di #### comunicava la concessione in uso gratuito dell'immobile di cui si tratta al figlio ### (v. doc. 7 del fascicolo della resistente ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75 ###; - lo stesso ricorrente ### sentito in sede di interrogatorio formale all'udienza del 5.10.2020 (seppure precisando il carattere “temporaneo” della sistemazione da lui assicurata al figlio ### nell'immobile di sua proprietà di via ### d'### ha confermato che il figlio e la nuora avevano abitato l'appartamento di cui si tratta fin dalla sua costruzione, avvenuta nell'anno 2002. 
Quanto finora detto in ordine alla pacifica concessione del godimento dell'immobile oggetto dell'odierno giudizio, a titolo gratuito, dal padre ### al figlio ### fin dal 2002 prova l'esistenza, fin da quella data, di un contratto di comodato tra le parti. 
Con riferimento, poi, alla natura di un simile comodato, tanto la documentazione prodotta (e in particolare le certificazioni anagrafiche di tutti i membri del nucleo familiare ####, quanto le testimonianze rese in giudizio da ### e ### rispettivamente sorella e padre della resistente ### confermano che l'immobile in questione era stato concesso in godimento dal padre ### al figlio ### a tempo indeterminato e per soddisfare le esigenze abitative della sua famiglia. 
Così, il teste ### all'udienza del 14.12.2020, ha dichiarato “### costruzione è stata decisa in funzione del loro matrimonio dalle due famiglie; lo so perché ero presente quando hanno deciso e posso pure dire che alcuni acquisti per la casa sono stati fatti a spese di mia sorella e dei miei genitori, che hanno contribuito ad esempio a mettere il parquet. La sopraelevazione è stata iniziata qualche anno primo del loro matrimonio ed è stata decisa in funzione del matrimonio. (…) È stato il sig. ### a dire anche in mia presenza che il primo piano nasceva per la loro unione”. 
In senso conforme, ### all'udienza del 22.2.2021 ha pure dichiarato “ io mi ricordo che sia il sig. ### che suo figlio, che veniva sempre a casa mia, dicevano che l'immobile era stato costruito solo per loro; quando mia figlia è andata ad abitare in quella casa, non c'era pavimento, non c'erano porte, lei viveva in cucina e ogni fine settimana raggiungeva il marito a ### dove lui viveva per lavoro; ricordo che un giorno la suocera doveva regalare delle perle a mia figlia come da tradizione ma siccome non c'era ancora il marmo nella scala per salire al primo piano, la suocera le ha chiesto se preferiva le perle o la scala e mia figlia ha scelto la scala”. 
Le dichiarazioni rese dai testi sotto il vincolo del giuramento provano, dunque, che ### aveva sopraelevato la costruzione di via ### d'Oro di sua proprietà proprio al fine di destinare l'immobile realizzato al primo piano alle esigenze abitative del figlio ### e della moglie, in occasione del loro matrimonio. 
Né tantomeno il vincolo di stretta parentela che avvince i testi alla resistente vale a minare l'attendibilità delle dichiarazioni così rese, atteso che le stesse - tra loro assolutamente coerenti, particolarmente minuziose e mai contraddittorie - attengono a fatti di vita privata che, secondo quel che normalmente accade, possono essere conosciuti da membri di famiglia e non invece da soggetti estranei.  ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75
Dunque, il contratto di comodato, con destinazione dell'immobile ad abitazione familiare, concluso tra il padre ### e il figlio ### nell'anno 2002 (contratto che, com'è noto, non necessita di forma scritta anche se di durata ultranovennale; sul tema, v. tra le tante anche Cass. 8548/2008; Cass. n. 11620/1990; Cass. n. 1083/1981) e registrato dal comodante nel 2004, era perfettamente valido ed efficace allorquando, in data ###, senza alcuna menzione al rapporto già in corso da circa un decennio, gli stessi contraenti hanno stipulato (stavolta in forma scritta) e registrato il contratto posto dal ricorrente a fondamento delle proprie domande. 
Tale secondo contratto ha un contenuto modificativo del rapporto all'epoca in corso tra le parti: a partire da quel momento, l'immobile non sarebbe stato più concesso in comodato alla famiglia di ### per la soddisfazione delle sue esigenze abitative (destinazione questa che, nonostante il precedente uso decennale del bene, non è stata menzionata nel contratto redatto, per la prima volta, in forma scritta) ma al solo figlio e non più per un tempo indeterminato, connesso alle necessità della sua famiglia, ma fino al 31.12.2015 Ebbene, l'esame delle circostanze di fatto verificatesi dopo la conclusione (in data ###) del secondo contratto di comodato porta a ritenere che in realtà, come eccepito dalla resistente ### in quella sede, entrambi i contraenti, lungi dal voler effettivamente modificare il rapporto di comodato all'epoca tra loro vigente, hanno inteso unicamente creare una situazione di apparenza negoziale che, all'occorrenza, potesse essere opponibile a terzi (e in particolare alla nuora/coniuge). 
Si consideri, innanzitutto, che pochi giorni dopo la stipula di tale secondo comodato, ossia il ###, i due coniugi ### e ### hanno depositato in ### congiuntamente, un ricorso per separazione consensuale nell'ambito del quale hanno espressamente (e concordemente) previsto che i due figli della coppia, ### e ### avrebbero convissuto stabilmente con la madre presso il domicilio coniugale, in ### via ### d'Oro n. 19/b (v. doc. 8 del fascicolo della resistente ###. 
È, poi, pacifico tra le parti, poiché non contestato, che l'immobile di cui si tratta, come da accordi assunti in sede di separazione, è stato abitato soltanto dalla resistente e dai figli minori fino all'estate 2013, quando ### è tornato a vivere nella casa di via ### d'Oro n. 19/b, ove i due coniugi, riconciliatisi, hanno continuato ad abitare insieme fino a giugno 2018, allorquando il marito è nuovamente andato via da casa; nel mese di maggio 2019, ### (che, pacificamente, ha sempre, ininterrottamente, mantenuto la disponibilità dell'immobile unitamente alla prole minore) ha depositato un ricorso per la separazione giudiziale dal marito e nel mese di giugno 2019 il ricorrente ha inviato la prima raccomandata diretta alla restituzione dell'immobile oggetto di comodato per decorso del termine contrattualmente previsto.  ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75
Al riguardo, deve, invero, precisarsi che l'assunto di parte ricorrente secondo cui già in epoca antecedente vi fossero state richieste verbali di rilascio dell'immobile è rimasta sfornita di prova, essendo, infatti, inammissibile, poiché generico e privo di riferimenti spazio-temporali, il capitolo di prova per testi articolato in ricorso al fine di provare la “reiterata” richiesta di rilascio dell'immobile avanzata dal ricorrente ai due coniugi “a seguito del peggiorare delle condizioni di salute della sig.ra ### nel 2017”. E, ad ogni modo, anche l'ipotetica conferma di un capitolo di prova simile sarebbe ininfluente ai fini decisori perché manterrebbe, comunque, ferma l'acquiescenza prestata dal comodante all'immissione della coniuge e della prole del comodatario nel godimento dell'immobile e alla destinazione del bene oggetto di comodato per le esigenze della famiglia del figlio ben oltre il termine contrattualmente previsto. 
Dalle circostanze di fatto così sopra esposte, si ricava allora che: - il figlio ### sebbene, in forza del comodato registrato il ###, avesse diritto al godimento diretto dell'immobile (non destinato alle esigenze abitative della sua famiglia, mai menzionate nel secondo contratto), immediatamente dopo la sua stipula, in sede di ricorso per separazione consensuale dei coniugi (depositato il ###), si accordava con la moglie affinché fosse quest'ultima ad abitarvi insieme alla prole minore, mantenendo dunque quella destinazione dell'immobile a casa familiare che derivava già dal primo contratto di comodato in vigore fin dall'anno 2002; - dopo la riconciliazione con la moglie, nell'estate 2013, ### tornava a vivere, fino al mese di giugno 2018, insieme al resto della famiglia, nella casa di via ### d'### ossia nel luogo che, dalla sua costruzione risalente all'anno 2002, era sempre stata la casa loro familiare; - dal proprio canto, il comodante ### il quale abitava al piano terra del medesimo edificio, conosceva, di certo, l'utilizzo dell'immobile da parte della nuora e dei nipoti minorenni anche dopo la stipula del secondo contratto di comodato che attribuiva, invece, al solo figlio ### il godimento dell'immobile; - allo stesso modo, il comodante non poteva non sapere che il figlio ### nell'estate 2013, era tornato a vivere unitamente al resto della sua famiglia e non poteva non avere conoscenza della permanenza dell'intera famiglia del figlio nell'immobile di sua proprietà ben oltre il termine di scadenza contrattualmente previsto; - il padre comodante, pur essendo ben consapevole della violazione da parte del figlio del regolamento contrattuale sottoscritto (che non prevedeva la concessione in godimento dell'immobile alla moglie e ai figli del comodatario per la soddisfazione delle esigenze abitative del nucleo familiare e che imponeva la restituzione del bene il ###), per quel che consta, si attivava, per la prima volta, per ottenere la restituzione dell'immobile soltanto nel mese di giugno 2019 (v. raccomandata allegata al ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75 fascicolo di parte ricorrente), dopo la seconda crisi coniugale e dopo il deposito del ricorso per la separazione giudiziale. 
Dunque, le condotte rispettivamente tenute dal padre e dal figlio già immediatamente dopo la stipula del secondo comodato - ossia perdurante utilizzo del bene per soddisfare le esigenze abitative del nucleo familiare del comodatario e assenza di iniziative assunte dal comodante al fine di contrastare il protratto utilizzo dell'immobile in violazione dei patti contrattuali fino a quando, due anni e mezzo dopo la scadenza del termine contrattualmente previsto, è intervenuta una nuova crisi coniugale - portano a ritenere che in realtà i due contraenti, senza voler attribuire efficacia all'assetto di interessi ivi concordato e senza voler modificare il regolamento contrattuale preesistente (ossia la destinazione dell'immobile di via ### d'Oro alle esigenze abitative della famiglia di ###, mediante la stipula di un nuovo comodato “a termine” intendevano unicamente creare una situazione di apparenza negoziale. 
Del resto, il peculiare momento storico durante il quale è stato sottoscritto tra il padre e il figlio il contratto di comodato del 26.3.2012 (ossia, nel corso della prima crisi coniugale del figlio comodatario e alla vigilia della separazione personale) e la previsione in quella sede ###termine finale (31.12.2015) per la concessione in godimento al figlio di un immobile che era stato costruito proprio in occasione del suo matrimonio e che, in realtà, lui e la sua famiglia avevano già in uso, con destinazione ad abitazione familiare, da un decennio palesano con estrema chiarezza il motivo, comune a entrambi i contraenti, che aveva all'epoca sorretto la stipula del contratto: eludere l'applicazione della normativa in tema di assegnazione della casa familiare in caso di separazione e escludere dal godimento della casa la moglie (e i figli minori), precostituendosi un atto scritto per poterli allontanare da casa, a prescindere da ciò che avrebbe deciso il ### adito per la separazione. 
Tutti questi elementi consentono di ritenere provata, in via presuntiva, la natura simulata del contratto di comodato sottoscritto tra il padre e il figlio a marzo 2012. 
Da quanto finora detto discende, altresì, che a produrre efficacia tra le parti è, unicamente, il contratto di comodato finalizzato all'uso dell'immobile di via ### d'Oro 19/b per le esigenze della famiglia di ### stipulato, in forma orale, nel 2002 e registrato nel 2004. 
Trova, dunque, applicazione l'orientamento della Suprema Corte secondo cui “Ove il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare (nella specie: dal genitore di uno dei coniugi) già formato o in via di formazione, si versa nell'ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare. Infatti, in tal caso, per effetto della concorde volontà delle parti, si è impresso allo stesso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari (e perciò non solo e non tanto a titolo personale del comodatario) idoneo a conferire all'uso - cui la cosa deve essere destinata - il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75 del vincolo esclusivamente dalla volontà, ad nutum, del comodante. Salva la facoltà di quest'ultimo di chiedere la restituzione nell'ipotesi di sopravvenienza di un bisogno, ai sensi dell'art. 1809, comma 2, c.c., segnato dai requisiti della urgenza e della non previsione” (così, Cass. Sez. Un, n. 13603/2004; v. anche Cass. Sez. Un. n. 20448/2014: “Il coniuge affidatario della prole minorenne, o maggiorenne non autosufficiente, assegnatario della casa familiare, può opporre al comodante, che chieda il rilascio dell'immobile, l'esistenza di un provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio, solo se tra il comodante e almeno uno dei coniugi (salva la concentrazione del rapporto in capo all'assegnatario, ancorché diverso) il contratto in precedenza insorto abbia contemplato la destinazione del bene a casa familiare. Ne consegue che, in tale evenienza, il rapporto, riconducibile al tipo regolato dagli artt. 1803 e 1809 c.c., sorge per un uso determinato ed ha - in assenza di una espressa indicazione della scadenza - una durata determinabile per relationem, con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente, dunque, dall'insorgere di una crisi coniugale, ed è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari che avevano legittimato l'assegnazione dell'immobile”). 
Dunque, nella fattispecie in esame, ### affidataria di prole minorenne e assegnataria della casa familiare di via ### d'### può opporre il relativo provvedimento giudiziale pronunciato da questo ### il ### al ricorrente, il quale, a sua volta, può ottenere la restituzione dell'immobile soltanto ove ricorrano le condizioni di cui all'art. 1809, comma 2, c.c., alla cui stregua il comodante può esigere la restituzione immediata dell'immobile soltanto ove sopravvenga un urgente e imprevisto bisogno. 
Sull'interpretazione di una simile clausola è intervenuta la Suprema Corte a ### chiarendo che “Ai sensi dell'art. 1809, secondo comma, cod. civ., il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto (e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato) ed urgente, senza che rilevino bisogni non attuali, né concreti o solo astrattamente ipotizzabili. Ne consegue che non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire d'un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante - che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione - consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare, ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante” (Cass. Sez. Un. n. 20448/2014). 
Nel caso di specie, il ricorrente, chiedendo in subordine il riconoscimento del suo diritto alla restituzione dell'immobile ex art. 1809 ultimo comma c.c., ha dedotto di avere la necessità di riottenere la riottenere la disponibilità del bene oggetto di comodato al fine di avere vicino a sé e alla moglie ### familiari che possano dare loro aiuto per far fronte all'avanzare dei loro anni e alle loro precarie condizioni di salute, precisando al riguardo che in data ### la sig.ra ### affetta da cardiopatia, aveva avuto un malore che aveva pure richiesto l'intervento di un'ambulanza e che la nuora, ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75 la quale da tempo mantiene un comportamento particolarmente aggressivo e irrispettoso nei confronti dei due anziani coniugi, si era di ciò assolutamente disinteressata. 
Ebbene, ritiene il giudicante che l'esigenza così rappresentata non integri i presupposti per l'applicazione dell'invocata norma. 
Allorquando, nel 2002, l'immobile di via ### d'Oro n. 19/b è stato concesso in comodato d'uso a ### per soddisfare le esigenze abitative della sua famiglia, l'avanzare degli anni e il correlato aggravamento delle condizioni di salute del comodante e della moglie ### non costituivano, infatti, un evento imprevedibile. 
A ciò si aggiunga, poi, che parte ricorrente non ha allegato o provato alcunché in ordine alle proprie possibilità economiche e alla disponibilità o indisponibilità di ulteriori alloggi che assicurerebbero a lui e alla moglie il conseguimento del medesimo risultato (ossia avere vicino a sé taluno che possa prendersi cura delle loro persone) e che, di contro, la resistente ### ha argomentato e documentato in merito alla disponibilità da parte del ricorrente di sistemazioni ulteriori idonee allo scopo da lui perseguito. 
E allora, nel bilanciamento tra le istanze genericamente rappresentate dal ricorrente e l'interesse a preservare l'habitat familiare della prole minorenne dei due resistenti (ossia di ### la quale risulta abbia sempre vissuto in quella abitazione), è il primo dei valori in gioco a dover, necessariamente, soccombere. 
Non merita accoglimento neppure la richiesta formulata in ulteriore subordine dal ricorrente, tesa a ottenere la risoluzione del contratto per grave inadempimento contrattuale della resistente, la quale, secondo la prospettazione di parte ricorrente, adotterebbe un contegno contrario ai doveri di correttezza e buona fede di cui all'art. 1375 Al riguardo, deve invero rammentarsi che, stante la natura gratuita del contratto di comodato, non può essere proposta nei confronti del comodatario azione di risoluzione per inadempimento (v. anche Cass. n. 6203/2014: “In materia di comodato, nei confronti del comodatario non può essere proposta azione di risoluzione per inadempimento attesa la gratuità del contratto, senza che assuma rilievo la presenza di eventuali pattuizioni accessorie, anche di apprezzabile peso economico, a carico di quest'ultimo, dovendo il comodante, in tale evenienza, far ricorso al diverso rimedio della restituzione anticipata del bene ai sensi dell'art. 1804 cod. civ. ove l'inosservanza degli obblighi integri un abuso della cosa oggetto di comodato ovvero una lesione della fiducia riposta dal comodante nel comodatario”). 
Respinte le domande così formulate, non avendo il ricorrente diritto alla restituzione dell'immobile da lui concesso in comodato, per esigenze abitative familiari, al figlio, neppure merita accoglimento la richiesta risarcitoria svolta nei confronti della resistente, basata sulla indebita occupazione dell'immobile di sua proprietà.  *****  ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75
Venendo adesso alla regolamentazione delle spese di lite, considerata la posizione del resistente ### il quale non si è opposto all'accoglimento delle domande svolte dal padre (poiché sostanzialmente indirizzate a ###, risulta opportuna la compensazione delle spese di lite tra le parti. 
Nei rapporti tra il ricorrente e la resistente ### è invece il primo ad essere risultato soccombente, sicché le spese di lite, liquidate come da dispositivo secondo i criteri di cui al d.m.  55/2014, vanno poste a suo carico (scaglione di valore fino ad euro 52.000,00: parametri medi per tutte le fasi).  P.Q.M.  ### di ### definitivamente pronunciando nella causa civile di primo grado, indicata in epigrafe, ogni diversa istanza deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - rigetta le domande di parte ricorrente; - compensa integralmente le spese di lite tra il ricorrente e ### - condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore di ### liquidate in euro 7.254,00 per compensi, oltre iva, cpa e rimborso spese generali nella misura di legge. 
Così deciso in ### il ###.   ### il: 05/05/2023 n.7235/2023 importo 208,75

causa n. 20448/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Amato Giulia, Ingrassia Silvia

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Tribunale di Vibo Valentia, Sentenza n. 961/2025 del 13-11-2025

... dall'appellante in merito alla valutazione delle prove testimoniali da parte del Giudice di prime cure, rilevando che entrambi i testi, hanno fornito dichiarazioni imprecise e contraddittorie e che pertanto correttamente il Giudice di prime cure le ha ritenute inattendibili. Ha inoltre rilevato che l'avversa richiesta della C.T.U. medica va rigettata poiché la prova per testi espletata non ha confermato la dinamica del sinistro descritta dall'attore, oggi appellante, nell'atto introduttivo. Per tutti questi motivi ha chiesto il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza di primo grado. Il tutto con vittoria di spese e competenze del giudizio di appello. Si costitutiva nel corso del giudizio la società ### s.p.a., poi incorporata per fusione nella società ### per atto ###. ### di ### del 03.11.2022 Rep. N. 56439, Racc. n. 26278, in qualità di cessionaria della ### chiedendone preliminarmente l'estromissione dal presente giudizio. Nel merito si riportava al contenuto della comparsa di costituzione e risposta della cedente. ### pur regolarmente citata, rimaneva contumace nel presente giudizio. Acquisito il fascicolo di primo grado, la causa veniva istruita documentalmente e veniva (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ### tribunale di ###, in composizione monocratica e quale giudice d'appello, nella persona della dott.ssa ### ha pronunciato la seguente ### causa civile in grado di appello iscritta al n. 77 R.G.A.C. per l'anno 2019, TRA ### (C.F.###) rappresentato e difeso, dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in ### al ### giusta procura alle liti in calce all'atto di citazione in appello; -APPELLANTE - ###,( P.IVA###) in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall'Avv. ### in forza di procura alle liti in calce alla comparsa di costituzione e risposta in appello ed elettivamente domiciliat ###presso lo studio dell'Avv. ### - APPELLATA ### (### I.V.A.###), società incorporante ### S.P.A., in persona del l.r.p.t., in qualità di cessionaria di ####, rappresentata e difesa dall'Avv.  ### in forza di procura alle liti in calce alla comparsa di costituzione e risposta in appello ed elettivamente domiciliat ### presso lo studio dell'Avv. ### -#### -###- Oggetto: appello avverso la sentenza del giudice di pace n. 1027/2018 del Giudice di ### di ### depositata in data ###, non notificata. 
Conclusioni delle parti: come da atti e da verbali di causa ### E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato ### conveniva in giudizio la compagnia assicurativa ### e ### al fine di sentir accertare e dichiarare la responsabilità di ### in qualità di conducente del veicolo, per il sinistro occorsogli e per l'effetto condannare i convenuti, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni subiti e quantificati nell'importo di € 15.000,00. 
A sostegno della domanda deduceva in fatto che in data ###, alle ore 22:00 circa, mentre percorreva a piedi viale ### nel centro abitato di ####, veniva investito dall'autovettura ### di proprietà di ### ma, nell'occasione, condotta da ### che, non avvenendosi della sua presenza, lo urtava, facendolo cadere a terra e causandogli la “lacerazione subtotale/totale delle fibre del legamento crociato anteriore all'inserzione sul condilo femorale”. 
In diritto deduceva che il sinistro de quo, veniva causato dal comportamento imprudente, negligente ed imperito di ### Si costituiva nel giudizio di primo grado la compagnia #### la quale contestava la domanda in fatto ed in diritto, chiedendone l'integrale rigetto.   Il Giudice di ### di ### con la sentenza impugnata, rigettava la domanda di ### stante la mancata prova dell'an debeatur non essendo stata accertata la dinamica del sinistro, con compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio. 
Con il presente appello ### ha impugnato la sentenza del giudice di ### deducendone l'erronea motivazione in ordine alla valutazione della prova circa l'an debeatur. Sul punto ha dedotto in particolare che le dichiarazioni del teste ### contrariamente a quanto deciso dal Giudice di ### devono considerarsi attendibili, descrivendo in modo dettagliato il sinistro. Ha precisato invero che il teste all'udienza del 23 novembre 2016, ha chiarito la dinamica del sinistro, riferendo di avere osservato la dinamica dei fatti da una posizione rialzata, a circa 40-50 metri dal luogo in cui è avvenuto e di aver visto l'autovettura ### Y urtare con la parte posteriore il ### durante una manovra di retromarcia. 
Ha inoltre aggiunto che la testimonianza resa dal secondo teste, ### non può essere definita contraddittoria, così come sostenuto dal Giudice di ### poiché il teste ha confermato di essersi trovato davanti al bar, in posizione frontale rispetto all'autovettura ### Y e di aver visto quest'ultima retrocedere e successivamente accorgersi che la stessa avesse colpito il ### Ha ulteriormente aggiunto che l'erronea circostanza riportata dal teste ### e relativa al fatto che alla guida dell'autovettura ci fosse una donna, e non un uomo, come allegato nell'atto di citazione da parte attorea, si può spiegare tenuto conto del tempo trascorso tra l'evento e la sua audizione. 
Quale secondo motivo di appello ha eccepito la nullità della sentenza di primo grado per mancata motivazione in merito alla non ammissione della richiesta di CTU medico-legale avanzata in primo grado e omessa pronuncia in relazione alla reiterata richiesta di revoca dell'ordinanza con cui la consulenza non veniva ammessa nel corso del giudizio. Da ultimo ha eccepito il vizio di motivazione, avendo omesso il Giudice di prime cure di esporre le ragioni della decisione. 
Per tutti questi motivi ha chiesto l'accoglimento dell'appello e la riforma della sentenza impugnata e per l'effetto la condanna in solido dei convenuti al pagamento di tutti i danni subiti a seguito del sinistro occorsogli e quantificati nella somma di € 15.000,00. Il tutto con vittoria di spese e competenze del secondo grado di giudizio. 
Si costitutiva nel giudizio di appello la società #### eccependo preliminarmente l'assoluta inesistenza della notifica dell'atto di appello, che veniva notificato dall'appellante direttamente alla sede legale della società e non presso il procuratore costituito nel primo grado di giudizio per cui la sentenza di primo grado emessa dal Giudice di ### di ### pubblicata in data ### doveva intendersi passata in giudicato. 
Sempre preliminarmente ha eccepito l'inammissibilità dell'appello ex art. 342 c.p.c.  per mancata esposizione delle norme che si assumerebbero violate da parte del Giudice di prime cure. Nel merito ha contestato quanto dedotto dall'appellante in merito alla valutazione delle prove testimoniali da parte del Giudice di prime cure, rilevando che entrambi i testi, hanno fornito dichiarazioni imprecise e contraddittorie e che pertanto correttamente il Giudice di prime cure le ha ritenute inattendibili. 
Ha inoltre rilevato che l'avversa richiesta della C.T.U. medica va rigettata poiché la prova per testi espletata non ha confermato la dinamica del sinistro descritta dall'attore, oggi appellante, nell'atto introduttivo. Per tutti questi motivi ha chiesto il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza di primo grado. Il tutto con vittoria di spese e competenze del giudizio di appello. 
Si costitutiva nel corso del giudizio la società ### s.p.a., poi incorporata per fusione nella società ### per atto ###. ### di ### del 03.11.2022 Rep. N. 56439, Racc. n. 26278, in qualità di cessionaria della ### chiedendone preliminarmente l'estromissione dal presente giudizio. Nel merito si riportava al contenuto della comparsa di costituzione e risposta della cedente.  ### pur regolarmente citata, rimaneva contumace nel presente giudizio. 
Acquisito il fascicolo di primo grado, la causa veniva istruita documentalmente e veniva trattenuta in decisione all'udienza del 13.10.2025, senza termini, stante la concorde rinuncia delle parti. 
Preliminarmente deve essere rigettata l'eccezione di inesistenza della notifica, così come sollevata dalla ### appellata ### s.p.a., sul presupposto che l'atto d'appello è stato notificato alla parte appellata personalmente e non al domicilio da lei eletto presso il suo difensore in primo grado, da cui deriverebbe, dunque, il radicale difetto dell'impugnazione della sentenza di primo grado che, perciò, sarebbe ora passata in giudicato. 
Sennonché vale, di contro, osservare come “la violazione dell'obbligo, posto dall'art.  330, primo comma, cod. proc. civ., di eseguire la notificazione dell'impugnazione alla controparte non direttamente, ma nel domicilio eletto, comporta, ai sensi dell'art.  160 cod. proc. civ., la nullità della notificazione stessa e tale vizio, se non rilevato dal giudice d'appello - che deve ordinare la rinnovazione della notifica a norma dell'art.  291 dello stesso codice - e non sanato dalla costituzione dell'appellato, a sua volta comporta la nullità dell'intero processo e della sentenza che lo ha definito” (cfr. C.  16801/2014). La notifica dell'appello alla parte personalmente e non, invece, al domicilio da lei eletto cagiona, pertanto, non l'inesistenza ma la nullità della notificazione stessa. Essa è suscettibile di sanatoria o per rinnovazione della notifica disposta dal giudice o per spontanea costituzione della parte appellata.   Orbene, applicando le coordinate ermeneutiche al caso in esame, occorre rilevare che la notifica effettuata presso la sede legale della società ### insurance s.p.a. e non presso il procuratore costituito, non può essere considerata affetta da inesistenza, poiché la società appellante è venuta a conoscenza dell'atto notificato, costituendosi tempestivamente nel presente giudizio, sanando de facto la nullità, di cui risultava viziata. 
Sempre pregiudizialmente, il gravame va scrutinato sotto il profilo della sua ulteriore ammissibilità, atteso che la difesa dell'appellata ne ha eccepito l'inammissibilità per il mancato rispetto dei requisiti formali, di cui all'art. 342 c.p.c., così come modificato dall'art. 54 D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. 
La nuova disposizione normativa prevede precisi oneri di forma dell'appello, in quanto non si è limitata a codificare i più rigorosi orientamenti della Suprema Corte in punto di specificità dei motivi di appello, imposti dal vecchio testo dell'art. 342 c.p.c. Nella nuova disposizione, infatti, non v'è più traccia dei motivi specifici, ma si prevede che l'appello, a pena d'inammissibilità, debba essere motivato. La Corte di legittimità ha recentemente chiarito, però, che: “Ai sensi degli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di "revisio prioris instantiae" del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.” ( Civ., Sez. Unite, 10 maggio 2019, n. 12587). Pertanto l'eccezione così come sollevata deve essere disattesa sul presupposto che per dichiarare l'inammissibilità di un appello non possano incidere aspetti meramente formali, e la norma non può essere letta con un'interpretazione restrittiva, che conduca a sanzionare con l'inammissibilità l'atto di appello che, pur diversamente strutturato, consenta comunque di individuare, al suo interno, come accade nella fattispecie in esame, senza incertezze ed ambiguità, le indicazioni richieste dall'art. 342 c.p.c, che hanno permesso oltretutto a parte appellata di articolare la sua difesa. 
Sempre in via preliminare deve osservarsi che con comparsa di costituzione depositata in data ### è intervenuta nel presente giudizio ex art. 111 cpc.  che statuisce: “Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie”. La ratio della norma è quella di evitare che ciascuna delle parti sia costretta a subire il continuo cambiamento del suo contraddittore. La successione a titolo particolare nella titolarità del diritto controverso ha un'incidenza specifica sullo svolgimento del processo solo se avviene “mortis causa”, perché in tal caso la prosecuzione è possibile solo nei confronti del successore; in mancanza il processo è interrotto. Ai sensi del III comma poi “in ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore universale può esserne estromesso.” Ne consegue che, mentre l'intervento o la chiamata in causa del successore a titolo particolare è facoltativa, l'estromissione del cedente non è automatica in quanto condizionata al consenso delle controparti. Se detto consenso, dunque, non è prestato la società cedente resta come parte necessaria del processo fino al giudicato. Pertanto, in assenza del consenso di controparte, la richiesta di estromissione della cedente deve essere disattesa. 
Nel merito, l'appello deve essere rigettato per le ragioni di seguito esposte. 
Preliminarmente la domanda proposta in primo grado dall'odierno appellante va ricondotta all'art. 144 codice assicurazione secondo cui “1.Il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante, per i quali vi è obbligo di assicurazione, ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l'assicurazione.  2. Per l'intero massimale di polizza l'impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato eccezioni derivanti dal contratto, né clausole che prevedano l'eventuale contributo dell'assicurato al risarcimento del danno. ### di assicurazione ha tuttavia diritto di rivalsa verso l'assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione.  3. Nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno.  4. ### diretta che spetta al danneggiato nei confronti dell'impresa di assicurazione è soggetta al termine di prescrizione cui sarebbe soggetta l'azione verso il responsabile. 
Segnatamente, in tema di assicurazione obbligatoria della r.c.a., il “responsabile del danno”, che a norma della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 23 ed ora dal D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 144, comma 3, deve essere chiamato in causa, come litisconsorte necessario - in deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di obbligazioni solidali - nel giudizio promosso dal danneggiato con azione diretta contro l'assicuratore ### è unicamente il proprietario del veicolo assicurato, non anche il conducente, se diverso da quello, trovando detta deroga giustificazione nell'esigenza di rafforzare la posizione processuale dell'assicuratore, onde consentirgli di opporre al proprietario del veicolo, quale soggetto assicurato, oltre all'accertamento della propria responsabilità - oggetto della domanda risarcitoria del danneggiato - anche le eccezioni e le clausole che prevedano l'eventuale contributo dell'assicurato al risarcimento del danno derivanti dal contratto assicurativo, ed in particolare, di esercitare l'azione di rivalsa L. n. 990 del 1969, ex art. 18 - ed ora D.Lgs. n. 209 del 2005, ex art. 144, comma 2 - verso l'assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione (ex multis: Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 6333 del 28/11/1981; id. Sez. 3, Sentenza n. 2665 del 08/02/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 5538 del 09/03/2011; id. 
Sez. 3 -, Sentenza n. 23706 del 22/11/2016). 
Pertanto, così qualificata la domanda, deve ritenersi correttamente istaurato il contraddittorio avendo il danneggiato evocato in giudizio l'impresa di assicurazione e il responsabile del sinistro, identificato nel proprietario del mezzo. 
Orbene, passando al merito delle doglianze, quanto al primo motivo di appello, Questo Tribunale ritiene di condividere le conclusioni cui è giunta la sentenza impugnata in merito alla mancata prova dell'an debeatur. 
Dal compendio probatorio in atti, nonché dalle testimonianze espletate nel corso del giudizio di primo grado, non è emersa una precisa e univoca rappresentazione della dinamica del sinistro. In altri termini, l'attore non ha assolto l'onere della prova su di esso gravante e relativo alla dimostrazione della responsabilità del conducente del veicolo ### Y, di proprietà di ### per averlo investito in retromarcia così cagionando i danni lamentati. 
Il Giudice di prime cure ha correttamente valutato gli elementi probatori emersi nel giudizio di primo grado, giungendo con motivazione logica e coerente alla conclusione secondo cui non vi fosse adeguata prova del sinistro, così come prospettato nell'atto di citazione. 
Ed invero, dall'esame delle testimonianze escusse nel corso del giudizio di primo grado si deve rilevare che entrambe non possono essere apprezzate sotto il profilo causale al fine di stabilire quale sia stata la dinamica del sinistro, così come riportata dall'attore, odierno appellante, nell'atto di citazione, risultando contraddittorie ed illogiche. 
Innanzitutto, il teste ### ha riferito che alla guida del veicolo ci fosse una donna e non un uomo, così come allegato da parte attorea. Il teste ### inoltre, pur trovandosi frontalmente rispetto al veicolo, essendo seduto ai tavolini del bar di fronte il luogo dell'incidente, non ha potuto affermare con certezza come fosse stato investito il ### poiché fuori dalla sua visuale. 
Né sul punto rileva quanto riferito dal teste ### che, pur avendo confermato di aver visto la macchina colpire il ### durante la retromarcia, non ha saputo specificare come la collisione avesse luogo, non sapendo riferire in quale parte del corpo veniva colpito, e di non ricordare nemmeno se il pedone si trovava di spalle o frontale rispetto al veicolo. Del resto, aveva precisato di aver assistito al sinistro dal balcone della sua abitazione, ad una distanza di 50 metri dal luogo del sinistro, e che la visibilità era ridotta per via delle ore serali. 
Il complesso degli elementi evidenziati, ossia la circostanza che ### nonostante la visuale frontale rispetto al veicolo, riconosceva alla guida del veicolo una donna nonché la genericità e imprecisione delle dichiarazioni del ### anche tenuto conto della visibilità ridotta a causa dell'ora e della distanza dal luogo del sinistro, rendono inattendibile quanto dai testi dichiarato. 
Né sul punto può essere apprezzato quanto sottoscritto dal ### conducente del veicolo, nel modulo ### in quanto, secondo il condivisibile orientamento della S.C., il modulo CAI sottoscritto dal conducente che non sia anche proprietario de veicolo non è opponibile all'assicurazione del veicolo suddetto, non potendo quindi rivestire in giudizio natura confessoria della dinamica del sinistro (cfr. Cass, S.U., n. 10311 del 2006; Cass. n. 8214 del 2013; Cass. n. 3875 del 2014). 
Pertanto, non essendo stata raggiunta la prova della responsabilità del conducente per il sinistro, correttamente il Giudice di prime cure non ha ammesso la C.T.U.  medico-legale così come richiesta da parte attorea, odierno appellante, che ha reiterato la richiesta anche in appello. 
In definitiva, questo giudicante rileva che l'odierno appellante non ha assolto all'onere della prova su di esso gravante al fine della prova del sinistro per cui è causa, e per tanto ogni questione sugli eventuali danni subiti rimane assorbita. 
Ciò determina il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza di primo grado.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del D.M. 147/2022 con la precisazione che in base al valore della controversia è stato applicato lo scaglione compreso tra 5.200,00 e € 26.000,00 nei valori minimi, con esclusione della fase istruttoria che non si è svolta. 
Nulla deve essere disposto sulle spese di lite in favore di ### che è rimasta contumace nel presente giudizio.  ### soccombente in considerazione dell'esito del presente giudizio è tenuto al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, così come inserito dall'art. 1, commi 17 e 18 L.  228/2012.  PQM ### in composizione monocratica, e quale giudice d'appello ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa così provvede: 1. rigetta l'appello e per l'effetto conferma la sentenza di primo grado; 2. condanna ### al pagamento delle spese di lite in favore di ### in persona del l.r.p.t. che liquida in complessivi € 2.151,00 per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge; 3. ### soccombente è tenuto al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, per come chiarito in parte motiva.  ### 13 novembre 2025 Il giudice dott.ssa

causa n. 77/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Cuffaro Ida

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Corte d'Appello di Brescia, Sentenza n. 303/2025 del 07-11-2025

... prospettazione attorea. - 3 - In secondo luogo, i testimoni escussi (ex compagno della ricorrente, altra domestica vicina di casa, ex consulente finanziario della convenuta) avevano reso dichiarazioni in parte inattendibili e in parte contraddittorie, anche andando oltre le stesse allegazioni del ricorso e le affermazioni della ricorrente. In ogni caso, dall'istruttoria era emerso soltanto che nelle ore oggetto della prova la ricorrente rimaneva a casa e non usciva, circostanza che nel contesto del regime di convivenza non dimostrava l'esecuzione della prestazione lavorativa, tenuto conto che la lavoratrice ben poteva usufruire del riposo rimanendo all'interno dell'abitazione, come del resto pacificamente avveniva durante le notti diverse da quella tra sabato e domenica. Ed invero, in assenza di qualsiasi allegazione, era rimasto incomprensibile il motivo per il quale la ricorrente che pernottava abitualmente nell'appartamento, rivendicava 12 ore di lavoro straordinario nella notte tra sabato e domenica, mentre aveva regolarmente fruito dei riposti notturni negli altri giorni della settimana. ### proponeva appello chiedendo la riforma della sentenza. ### in persona dell'### di sostegno (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### composta dai ###: Dott. ### rel.   Dott.ssa ###ssa ### ha pronunciato la seguente ### nella causa civile promossa in grado d'appello con ricorso depositato in ### il ### iscritta al n. 421/2024 R.G. ### e posta in discussione all'udienza collegiale del 23.10.2025 d a ### rappresentata e difesa dall'avv. ### del foro di ### domiciliat ###atti.   RICORRENTE APPELLANTE c o n t r o ### in persona dell'amministratore di sostegno avv. ### del foro di ### rappresenta e difesa dal medesimo e dall'avv. ### del foro di ### domiciliat ###atti.   RESISTENTE APPELLATA In punto: appello a sentenza n. 439 del 2024 del Tribunale di ### Conclusioni: Del ricorrente appellante: OGGETTO: retribuzione - 2 - Come da ricorso Del resistente appellato: Come da memoria ### e ### sentenza n. 439/24 il Tribunale di ### giudice del lavoro, respingeva il ricorso di ### volto ad ottenere la condanna di ### al pagamento della somma di € 24.775,49, a titolo di compenso per lavoro straordinario prestato in forza di un intercorso rapporto di lavoro. 
La ricorrente, assunta con contratto di lavoro domestico in regime di convivenza, con inquadramento nel livello C ### e mansioni di assistente a persona non autosufficiente, aveva dedotto di aver sempre lavorato 70 ore settimanali, in luogo delle 54 contrattualmente previste. 
Nella contumacia della convenuta, il Tribunale, dopo aver chiarito che l'oggetto della prova riguardava essenzialmente la prestazione lavorativa asseritamente svolta il lunedì dalle 15.00 alle 17.00 (periodo dedicato alla pausa di riposo giornaliero) e nella notte del sabato dalle 20.00 alle 8.00 della domenica, riteneva non assolto l'onere probatorio. 
In primo luogo, il Tribunale valorizzava, in mancanza di chiari e decisivi elementi di segni contrario, l'assenza di ogni richiesta di pagamento dello straordinario nonostante la mole di lavoro asseritamente svolto, circostanza che faceva di per sé dubitare della verosimiglianza della prospettazione attorea.  - 3 - In secondo luogo, i testimoni escussi (ex compagno della ricorrente, altra domestica vicina di casa, ex consulente finanziario della convenuta) avevano reso dichiarazioni in parte inattendibili e in parte contraddittorie, anche andando oltre le stesse allegazioni del ricorso e le affermazioni della ricorrente. 
In ogni caso, dall'istruttoria era emerso soltanto che nelle ore oggetto della prova la ricorrente rimaneva a casa e non usciva, circostanza che nel contesto del regime di convivenza non dimostrava l'esecuzione della prestazione lavorativa, tenuto conto che la lavoratrice ben poteva usufruire del riposo rimanendo all'interno dell'abitazione, come del resto pacificamente avveniva durante le notti diverse da quella tra sabato e domenica. Ed invero, in assenza di qualsiasi allegazione, era rimasto incomprensibile il motivo per il quale la ricorrente che pernottava abitualmente nell'appartamento, rivendicava 12 ore di lavoro straordinario nella notte tra sabato e domenica, mentre aveva regolarmente fruito dei riposti notturni negli altri giorni della settimana.  ### proponeva appello chiedendo la riforma della sentenza.  ### in persona dell'### di sostegno avv.  ### si costituiva chiedendo il rigetto dell'appello. 
All'esito della discussione, la causa era decisa come da dispositivo letto in udienza.  ***  ### lamenta l'erronea valutazione delle risultanze probatorie. 
In particolare, con riferimento all'assenza di richieste di pagamento - 4 - dello straordinario, produce una mail del 29.5.2021 con la quale afferma di aver avanzato rivendicazioni nei confronti dell'### di sostegno. Nel merito, sostiene che le deposizioni testimoniali sono state travisate e che i testi non sono andati oltre le pretese dedotte in ricorso, considerato che la lavoratrice, a causa delle condizioni di salute della ### (affetta da alzheimer), era impegnata nelle attività di cura e assistenza per 24 ore al giorno e precisa che nell'incardinare il giudizio ha ritenuto di non chiedere l'accertamento dello svolgimento di uno straordinario ancora più elevato «nella piena consapevolezza del rigido onere probatorio su di sé incombente». Aggiunge che dalle deposizioni non è emersa la prova che essa si trattenesse presso l'abitazione per godere dei periodi di riposo, quanto piuttosto la necessità di rendere un'assistenza continuativa alla ### e a tal fine produce una mail del 13.9.2021 che sarebbe stata inviata all'### di sostegno.  ###, anche ritenendo fondata la censura circa il valore erroneamente attribuito al primo giudice all'assenza di richieste di pagamento dello straordinario in corso di causa (il che rende irrilevante la questione circa l'ammissibilità del nuovo documento costituito dalla mail di rivendicazioni del 29.5.2021), merita di essere accolto solo in minima parte. 
Sono opportune alcune precisazioni.  ### contrattuale (54 ore) era il seguente: Lunedì, Martedì, Giovedì, Venerdì, ### 8.00 / 14.00 e 16.00 / 20.00 (quindi, con 2 ore di riposo giornaliero).  - 5 - Mercoledì: 9.00 / 13.00, poi riposo settimanale. 
In giudizio, la lavoratrice ha sostenuto di aver svolto il seguente orario (70 ore): Lunedì: 8.00 / 20.00 Martedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì: 8.00 / 15.30 e 17.30 / 20.00 ### 8.00 / 14.00 e 20.00 / 8.00 Quindi, la fonte dello straordinario è principalmente il lavoro prestato nella notte tra sabato e domenica (12 ore). Poi vi sono le 2 ore in più del lunedì (in pratica, non faceva la pausa giornaliera) e altre 2 ore lavorate in più nel giorno del riposo settimanale, spostato dal mercoledì pomeriggio al sabato pomeriggio. 
Il rapporto di lavoro è intercorso nel periodo dal 4/11/2019 al 6/4/2023 (peraltro i conteggi relativi al quantum si fermano a luglio 2022, stante la riserva di agire con separato giudizio per le differenze maturate sino alla cessazione del rapporto).  ### era quello del ### C ### come descritto dal ### depositato dalla lavoratrice e pacificamente applicato al rapporto. ### la declaratoria contrattuale, appartiene a tale livello l'«assistente familiare che assiste persone non autosufficienti (non formato), ivi comprese, se richieste, le attività connesse alle esigenze del vitto e della pulizia della casa ove vivono gli assistiti» (appartiene al superiore livello D ### l'assistente familiare formato).  ### la nota a verbale del ### «per persona autosufficiente si intende il soggetto in grado di compiere le più importanti attività - 6 - relative alla cura della propria persona ed alla vita di relazione». Va da sé, che, a contrario, per persona non autosufficiente deve intendersi quella non in grado di compiere le suddette attività. 
Ciò premesso, il contratto di assunzione, come dimostra l'orario pattuito, non prevede prestazioni notturne, ossia tra le 20.00 e le 8.00, per le quali il ### prevede agli artt. 10 e 11 una disciplina specifica, distinta per le prestazioni di cura alla persona e per prestazioni esclusivamente di attesa.  ### parte, nel ricorso introduttivo del giudizio (punto 6) la lavoratrice ha così descritto le mansioni in concreto svolte: «…aiutava la sig.ra ### a vestirsi, oltre che a lavarsi e fare il bagno, le somministrava le medicine, preparava i pasti, lavava e stirava la biancheria, puliva e sistemava l'abitazione e, infine, si recava nei negozi a fare la spesa o per acquistare i farmaci», senza mai allegare lo svolgimento di prestazioni notturne, né di cura alla persona, né esclusivamente di attesa. 
Occorre aggiungere che nel ricorso introduttivo, oltre a indicare l'orario in concreto osservato (come sopra riportato), la lavoratrice aveva dedotto che non risultava erogata la corretta retribuzione per i giorni di festività lavorati (per i quali l'art. 16 del ### prevede, oltre alla normale retribuzione, una maggiorazione se lavorati), pretesa che è stata respinta dal primo giudice per assenza di prova con decisione rispetto alla quale nessuna censura è stata formulata in appello.  ***  - 7 - Tutto ciò premesso e passando alla valutazione delle prove esperite, occorre precisare che, avuto riguardo ai fatti costitutivi dedotti in primo grado a sostegno della domanda, risulta effettivamente inattendibile la deposizione dell'ex-compagno della lavoratrice (teste ###, considerato che il medesimo ha dichiarato che la ### «non aveva mai un giorno libero… mai un'ora di riposo ha lavorato 24 ore su 24…non aveva nessuna pausa nell'arco della giornata neanche la notte niente», circostanze mai neppure allegate dalla stessa ricorrente, e che solo in un secondo tempo, grazie all'aiuto fornitole dalla figlia, poté godere del riposo giornaliero dalle 15.00 alle 17.00 e che «anche sabato e domenica non lavorava quando sua figlia la sostituiva». Peraltro, anche tali circostanze non collimano con l'orario affermato dalla ricorrente, secondo cui il lunedì non godeva della pausa giornaliera e non lavorava nella giornata di domenica. 
La teste ### anche lei assistente familiare che lavorava nello stesso edificio della ### (le due lavoratici uscivano a passeggio durante le ore libere), ha riferito che la ### «il lunedì non usciva mai, non aveva orario libero… negli altri giorni lei aveva le ore libere …mi pare uscisse fra le 15.00 o le 15.30 e le 16.30 / 17 non posso dire con certezza». 
Ora, tali dichiarazioni, che risultano in linea con quanto sostenuto dalla lavoratrice in ricorso, confermano che quest'ultima non effettuava la pausa del lunedì, tenuto conto che la teste ha chiaramente precisato che la ### non usciva mai in tale giornata e - 8 - quindi appare fondato desumere che prestasse attività lavorativa. Tale valutazione, trova conferma nel fatto che il teste ### (consulente finanziario che visitava la ### ha riferito che la ### «si faceva aiutare per le ore di riposo e il giorno settimanale da sua figlia che lavorava come part time in un'altra attività», ma che «il lunedì lavorava tutto il giorno visto che la figlia non poteva sostituirla». Può quindi ritenersi provato lo svolgimento di due di straordinario nella giornata di lunedì e, in tal senso, va quindi corretta la decisione di primo grado. 
Altrettanto non può dirsi con riferimento agli altri periodi di lavoro straordinario. Per la giornata di sabato, la teste ### ha dichiarato che la ### «aveva mezza giornata libera dalle 14 alle 20, mentre io lavoravo lei usciva alle 14 e tornava alle 20.00 di sera. La domenica usciva alle 8». Tale dichiarazione, focalizzata esclusivamente sull'ora in cui la ### usciva di casa, non è sufficiente a provare che la ### effettivamente lavorasse oltre le ore 13.00 e sino alle 14.00 e neppure che iniziasse alle 8.00 invece che alle 9.00 e, pertanto, non dimostrano che nella giornata di riposo lavorasse due ore in più. E neppure è sufficiente per ritenere provato lo svolgimento della prestazione lavorativa nella notte tra sabato e domenica, non essendovi elementi oggettivi per affermare che in tale lasso di tempo la ### invece di fruire del riposo notturno, prestava attività lavorativa. 
Né, a tal fine, risultano utili le altre dichiarazioni del teste ### il quale ha dichiarato che la ### prima di farsi aiutare dalla figlia - 9 - lavorava 24 ore al giorno (orario mai neppure dedotta dalla lavoratrice) e che in seguito la figlia la sostituiva nelle giornate di sabato dalle 14.00 alle 20.00 e di domenica dalle 8.00 alle 20.00, in quanto la ### aveva bisogno di assistenza continua. Invero, il teste ha riferito fatti mai dedotti dalla lavoratrice e che risultano in contrasto con le mansioni che la ricorrente, secondo quanto narrato in ricorso, ha in concreto svolto. 
Vero è che, che come già correttamente rilevato dal primo giudice risulta incomprensibile, nella totale assenza di deduzioni sul punto, la ragione per il quale la ricorrente, che lavorando in regime di convivenza pernottava abitualmente nell'appartamento, rivendichi 12 ore di lavoro straordinario nella sola notte tra sabato e domenica, risultando per contro aver regolarmente fruito dei riposti notturni negli altri giorni della settimana. 
Né è convincente la giustificazione offerta in appello: la «consapevolezza del rigido onere probatorio», anche a volerla per ipotesi ritenerla motivo valido per rinunciare a domandare lo straordinario notturno svolto nelle altre giornate, non giustifica certo l'assenza di allegazioni volte a chiarire il contenuto della propria domanda, soprattutto quando la domanda, come nel caso di specie, presenta aspetti a tal punto incomprensibili da incidere sulla stessa verosimiglianza delle circostanze allegate a sostegno della domanda. 
Tanto più, che dalla descrizione delle mansioni in concreto svolte, non risultano specificate attività che dovevano essere compiute nel corso della notte.  - 10 - Vero è, che, rispetto a quanto allegato nel ricorso introduttivo del giudizio, la giustificazione offerta in appello si traduce in una ricostruzione di fatto diversa, in forza della quale la ### era in condizioni di salute tali da dover essere assistita continuativamente anche di notte, circostanza che, dunque, rappresenta un fatto nuovo, mai dedotto in primo grado. 
Per tale motivo, risulta inammissibile il nuovo documento prodotto in appello (doc. 3) costituito da una mail ### che la ### avrebbe inviato all'### di sostegno e dalla quale dovrebbe desumersi la necessità di assistenza notturna: non si tratta infatti di un documento volto a fornire la prova piena di un fatto già oggetto di prova parziale in primo grado. In tal senso, va osservato che in base all'art. 437 cpv. c.p.c. nel processo del lavoro «non sono ammessi nuovi mezzi di prova, tranne il giuramento decisorio, salvo che il collegio, anche d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione delle causa». La Corte di Cassazione, in conformità ad un orientamento consolidato (v. Cass. 7694/18), ha stabilito che «nel rito del lavoro occorre contemperare il principio dispositivo con quello di verità, pertanto, ai sensi dell'art. 437, comma 2, c.p.c., il deposito in appello di documenti non prodotti in prime cure non è oggetto di preclusione assoluta ed il giudice può ammettere, anche d'ufficio, detti documenti ove li ritenga indispensabili ai fini della decisione, in quanto idonei a superare l'incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, purché allegati nell'atto introduttivo, seppure implicitamente, e sempre che sussistano significative "piste - 11 - probatorie" emergenti dai mezzi istruttori, intese come complessivo materiale probatorio, anche documentale, correttamente acquisito agli atti del giudizio di primo grado» (Cass. 11845/18; nello stesso senso, Cass. 7694/18; Cass. 7883/19). 
Per di più il nuovo documento non è idoneo a superare l'incertezza dei fatti che si vorrebbero provare. Premesso che l'### di sostegno ha negato di aver ricevuto la mail in questione, occorre osservare che il documento in questione rappresenta una mail spedita da ### non si sa a chi (l'indirizzo e la data sono oscurati con il pennarello) e della quale, per di più, non è riportato il testo, mas solo l'oggetto: «### è ingestibile se succede qualcosa di notte nn mi assumo la responsabilità, grazie». Sembra di capire che si tratta, in realtà, dell'inoltro a qualcuno di una precedente mail inviata il ### non si sa a chi, perché neppure è riportato l'indirizzo del destinatario originario. Non solo non risulta a chi è stata inviata la mail del 13.9.2021, ma non è dato comprenderne con certezza neppure il contenuto: infatti, come detto, il testo della mail non è riportato e l'unica cosa leggibile è l'oggetto. Peraltro, anche il contenuto dell'oggetto è equivoco, consistendo più in una rinuncia ad assumersi responsabilità che nella prova di effettiva prestazione assistenziale notturna. 
In definitiva, considerato che secondo il costante orientamento della Suprema Corte, «sul lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per lavoro straordinario grava un onere probatorio rigoroso, che esige il preliminare adempimento dell'onere di una - 12 - specifica allegazione del fatto costitutivo, senza che al mancato assolvimento di entrambi possa supplire la valutazione equitativa del giudice» (ex multis, Cass. 16150/18), la prova dello straordinario, tenuto conto dei fatti costituivi allegati in ricorso, può ritenersi raggiunta solo con riferimento alle due ore di straordinario del lunedì (il che, tra l'altro, corrisponde alla domanda subordinata avanzata in appello e da ritenersi comunque contenuta nella richiesta della maggior somma azionata in primo grado), ore per le quali il ### prevede una maggiorazione del 25%. 
Utilizzando i conteggi allegati dalla per la domanda principale, redatti in conformità alle previsioni del ### e non ex adverso specificamente contestati, è possibile giungere facilmente alla quantificazione del dovuto (in pratica, basta dividere per 2 le 4 ore di straordinario al 25% richieste per le giornate di lunedì e sabato mattina). 
Risultano così: per l'anno 2019, € 74,34 (9 ore x € 8,53 - € 2,43 per quota contributi ### a carico della lavoratrice); per l'anno 2020, € 405,23 (48 ore x € 8,54 - € 13,23 per quota contributi ### a carico della lavoratrice); per l'anno 2021, € 376,65 (45 ore x € 8,66 - € 13,05 per quota contributi ### a carico della lavoratrice); per l'anno 2022, € 206,31 (23 ore x € 9,26 - € 6,67 per quota contributi ### a carico della lavoratrice), E così, in totale, € 1.062,53.  - 13 - Su tale somma va calcolato il ### che risulta pari a € 78,70.  *** 
In conclusione, ### va condannata al pagamento della complessiva somma di € 1.141,23, oltre accessori ex art. 429, ult. co., c.p.c. e in tal senso va riformata la sentenza. 
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, avuto riguardo alla somma attribuita alla parte vincitrice.  PQM in riforma della sentenza n. 439/24 del Tribunale di ### condanna ### al pagamento, a titolo di differenze retributive, della somma di € 1.141,23 (di cui € 78,70 per ###, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; condanna ### alla rifusione delle spese di lite, liquiate in € 1.300 per il primo grado e in € 950 per il secondo grado, oltre accessori come per legge.  ### 23 ottobre 2025 ### est.  ### n. 421/2024

causa n. 421/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Matano Antonio

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