REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di PIACENZA In funzione di giudice unico nella persona del dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero di ruolo sopra riportato, promossa da: ### c.f. ###; ### c.f. ###, in proprio e quale esercente la potestà parentale sui figli minori #### c.f. ### ed ### c.f. ###; ### c.f. ###; ### c.f. ###; ### c.f. ### in proprio e quale esercente la potestà parentale sui figli minori ### c.f. ### e ### c.f. ###; ### c.f. ###, in proprio e quale esercente la potestà parentale sui figli minori LO ### c.f. ### e ### c.f. ### e ### c.f. ### con l'avv. ### -attore
CONTRO ### c.f. ###, con l'avv. ##### c.f. ###, con l'avv. ### SIGILLÒ MASSARA; ### c.f. ###, con gli avv.ti ### e ##### co.f. ###, con l'avv. #### CITTÀ ### c.f. ###, con l'avv. ### -convenuti
Conclusioni: ### hanno precisato le conclusioni come da foglio di pc e note scritte depositati in sostituzione dell'udienza del 16 maggio 2024, in conformità all'art. 127 ter c.p.c..
§ § § Concise ragioni della decisione1 Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 9 marzo 2022, #### (in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sui figli minori ##### ed ###, ### (in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sui figli minori ### e ###, ### (in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sui figli minori ### e ### e ### moglie, figli e nipoti del signor ### deceduto in ### il 7 marzo 2018, all'età di anni 61, agivano in giudizio nei confronti dell'### di ### del dott. ### e della ### di ### dell'### di ### di ### di ### S.p.a. e dell'Ats della ### di ### chiedendo accertarsi e dichiararsi la responsabilità degli ### gestori delle strutture sanitarie convenute e del ### di ### per aver sottratto al sig. ### di ### la possibilità di sopravvivere più a lungo e per l'effetto, di condannare i ### in solido, ovvero in proporzione alle responsabilità di ciascuno, al risarcimento di tutti i danni patiti dagli ### sia jure hereditatis (danno biologico terminale, danno da invalidità permanente e danno morale) che jure proprio per la perdita del rapporto parentale con il proprio ### A sostegno della domanda, ### attrice deduceva che: - il sig. ### veniva ricoverato il ### presso il reparto di cardiologia dell'### di ### in regime d'urgenza, per riscontro di polso aritmico nel corso di una visita presso il medico di famiglia, dott. ### di ### al ### - all'accettazione fu riscontrato un flutter atriale a conduzione variabile ed all'ecocardiogramma un ventricolo sinistro dilatato e ipocinetico mentre all'esame obiettivo, oltre alla già menzionata tachiaritmia, furono riscontrati fattori di rischio quali obesità, murmure vescicolare diffusamente ridotto in paziente comunque eupnoico e che, pertanto, fu avviata una terapia anticoagulante orale ### e in data ###, i cardiologi eseguirono l'ablazione di istmo cavotricuspidalico, ottenendo il ripristino del ritmo sinusale; - il paziente fu dunque dimesso il giorno successivo, con indicazioni per il ### di ### con la diagnosi di: "verosimile tachicardiomiopatia in flutter atriale sottoposto ad ablazione di istmo cavotricuspidalico " ma che, 1 Ai sensi infatti dell'art. 16-bis, comma 9-octies, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221: “gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica” (comma aggiunto dall'art. 19, comma 1, lett. a, n. 2-ter, D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132) nonostante il prospetto in cui furono rappresentati gli esiti delle indagini biochimiche eseguite rilevava la presenza di una non trascurabile banda monoclonale in zona elettroforetica beta-2, tale elemento non fu menzionato nella diagnosi di dimissione, ma solo annotata in modo generico con la seguente dicitura "componente monoclonale in zona beta2" nel prospetto riassuntivo degli esami di laboratorio eseguiti mentre sarebbe necessario consigliare la prosecuzione delle indagini, con visita ematologica nelle indicazioni rappresentate in lettera di dimissione; - ### venne nel prosieguo sottoposto ad una serie di controlli effettuati su indicazione del ### di ### nessuno dei quali di natura cardiaca, che evidenziarono solamente la presenza di trigliceridi in misura oltre la norma; - la storia clinica successiva fu apparentemente silente fino al gennaio 2018 quando il paziente iniziò a manifestare fuoriuscita di sangue dal naso, ottenendo dal ### di ### solo la prescrizione al bisogno di ugurol ### che però non risolse il problema; - il 21 febbraio 2018, mentre si trovava a ### per lavoro, il paziente si recò al PS dell'###la ### di ### per malessere caratterizzato da astenia, dolori addominali ed epistassi bilaterale nonché da episodi di vomito e diarrea, comparsi da qualche giorno; - alle prime indagini ematochimiche routinarie si evidenziò una severa anemia, per la quale si ritenne indicato provvedere con emotrasfusione urgente di due unità di globuli rossi; si rilevò inoltre leuco-piastrinopenia (leucociti 3020/mm3; piastrine 64.000/mm3), splenomegalia (diametro bipolare splenico di 18 cm) ed a carico del fegato fu descritto un aumento di dimensioni (non ulteriormente precisate) con ipertrofia del lobo sinistro, del caudato ed ecostruttura disomogenea e venne così formulata una diagnosi di sospetta epatopatia; - la funzionalità renale risultava, inizialmente, solo compromessa per valori di creatinina di 2,16 mg/dl (1,8 volte il valore del limite superiore della norma) mentre il giorno successivo si evidenziò per la creatinina un incremento, con passaggio a 2,69 mg/dl (2,2 volte il valore del limite superiore della norma) ma non vennero eseguiti ulteriori controlli della funzionalità renale, nonostante la perdita di liquidi a causa della diarrea, l'assunzione di diuretici ### e la somministrazione di farmaci antinfiammatori per il controllo della sintomatologia dolorosa addominale; - al controllo successivo, eseguito solo il 27 febbraio 2018, si evidenziò una grave insufficienza renale con concentrazione di creatinina pari a 5,79 mg/ dl (quasi 5 volte il limite superiore della norma); - purtroppo il sospetto di patologia ematologica si fece strada solo nella tarda mattinata del 28 febbraio 2018 (dopo 7 giorni dall'accesso in p.s.) ed il paziente venne trasferito, urgentemente, nel reparto specialistico nefrologico; - già al momento dell'ingresso, constatandosi una "vistosa componente mono-c lonale all'elettroforesi", si ritenne potesse trattarsi di rene da mieloma ma, purtroppo, il quadro clinico peggiorò in breve tempo e nonostante il successivo trasferimento al reparto di ematologia, il 7 marzo 2018, a seguito di un malore durante una emodialisi e nonostante l'intervento del rianimatore, si verifico purtroppo l'exitus.
Si costituiva in giudizio l'### di ### contestando quanto ex adverso dedotto e concludendo per il rigetto della domanda attorea poiché infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata.
In particolare, l'Ente convenuto eccepiva la mancanza di nesso causale tra l'asserito ritardo diagnostico dei ### del nosocomio piacentino e il decesso del sig. ### non essendo stata fornita la prova che, laddove fossero stati posti in essere i comportamenti asseritamente omessi, il decorso clinico della malattia sarebbe stato diverso e avrebbe avuto una prognosi più favorevole e ad ogni modo, deduceva che il comportamento dei medici dell'### di ### era stato diligente, perito e prudente posto che nella lettera di dimissione dall'U.O. di Cardiologia non veniva segnalata solamente la presenza di una componente monoclonale in zona beta2, ma veniva anche correttamente riportato il valore di tale picco proteico e che, essendo il paziente asintomatico, gli ulteriori approfondimenti del quadro ematico non avevano carattere di urgenza.
Si costituiva in giudizio ### di ### dell'### di ### di Dio - ### concludendo per il rigetto della domanda attorea e precisando che il danno allegato dagli ### non costituiva un danno da perdita di chances di sopravvivenza bensì un danno da morte anticipata; sicché, in ipotesi di accoglimento della domanda attorea, il danno avrebbe dovuto essere liquidato tenendo in considerazione la riduzione dell'aspettativa di vita del defunto, la percentuale di incertezza di sopravvivenza a 5 anni ed la qualità assai degradata della sua vita per l'inesorabile avanzamento della patologia.
Si costituiva in giudizio anche ### S.p.a., quale assicuratore della responsabilità civile del dott. ### eccependo, in via preliminarmente, l'inammissibilità della domanda proposta dagli ### nei confronti della ### assicuratrice convenuta, posto che unico soggetto legittimato ad azionare la polizza sarebbe stato il dott. ### in qualità di contraente e che, ad ogni modo, la ### sarebbe chiamata a rispondere dell'operato del proprio assicurato solo nei limiti della quota di responsabilità e conseguentemente, di danno imputabile a quest'ultimo il quale avrebbe, al contrario, diligentemente agito sulla base della diagnosi contenuta nel referto di dimissione compilato dagli ### cardiologi dell'### di ### e che non essendo stato allegato alcun tracciato elettroforetico al referto di dimissione, il ### non avrebbe potuto valutare personalmente il tracciato, che invece venne analizzato dai ### di ### i quali, nonostante l'evidente morfologia tipica del mieloma, non effettuarono ulteriori accertamenti e non riportarono tale dato nella diagnosi; ad ogni modo, eccepiva che il decesso del sig. ### non era stato causato dall'asserto ritardo diagnostico bensì dalle condotte omissive dei ### del nosocomio palermitano che erano dunque gli unici responsabili dei danni lamentati dagli ### Si costituiva in giudizio l'### eccependo, in via preliminare, la propria carenza di legittimazione passiva, dal momento che gli odierni ### avevano formulato gli addebiti in capo al dott. ### nella sua qualità di medico di base del de cuius; di talché, trattandosi di medico convenzionato di medicina generale, l'### non era tenuta a rispondere dei danni da quest'ultimo cagionati a terzi; nonché il difetto di legittimazione attiva in capo ad ##### e ### con riferimento ai danni patiti jure hereditatis, anche in relazione alle domande proposte nell'interesse dei minori ##### e ### in assenza dell'atto di accettazione dell'eredità, idoneo a fornire la prova formale della qualità di erede, nonché dell'autorizzazione del giudice tutelare ad agire giudizialmente in nome e nell'interesse dei figli minori; nel merito, chiedeva il rigetto delle domanda attoree in quanto infondate in fatto ed in diritto e comunque non provate.
Infine, si costituiva in giudizio anche il dott. ### il quale contestava ogni addebito a proprio carico, affermando di non avere alcuna responsabilità in ordine al decorso clinico ed al prematuro decesso del sig. ### e concludeva, in principalità, per il rigetto della domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata ed in subordine, per la condanna dell'ATS della ### di ### a manlevare il dott. ### quale medico di base, da ogni e qualsiasi eventuale richiesta economica che dovesse maturare nei suoi confronti e per la condanna di ### S.p.a., in forza della polizza ### nr. ### sottoscritta dal ### a copertura dei danni derivanti dall'attività professionale, a manlevarlo da ogni e qualsiasi eventuale richiesta economica dovesse maturare nei suoi confronti all'esito del giudizio.
Instauratosi il contraddittorio ed acquisito il fascicolo della procedura di ATP R.G. n. 2955/2019, Tribunale di ### veniva disposta la conversione del rito, ai sensi dell'art. 702 ter co. 3 c.p.c. e concessi i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c. ed esperito il tentativo di conciliazione, che dava esito negativo, con ordinanza in data 18 maggio 2023, veniva fissata l'udienza dell'11 luglio 2023 per chiedere al CTU chiarimenti in ordine alle conclusioni formulate nella perizia agli atti. Al termine della predetta udienza, ritenuta la causa matura per la decisione, veniva fissata udienza di pc in occasione della quale venivano concessi i termini ex art. 190 c.p.c.. Depositate le memorie di cui alla suddetta norma, la causa viene decisa sulla scorta delle seguenti motivazioni. ***
In via preliminare, giova precisare che il giudice può fondare la decisione di una causa su una ragione di pronta e più agevole soluzione, anche se subordinata ad altre questioni pregiudiziali, senza che sia necessario esaminare previamente queste ultime, nell'ordine di cui all'art. 276 c.p.c., in applicazione del principio della ragione più liquida, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. ed espressione delle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio ad esso sottese (cfr. Cass. civ. Sez. 3 Ordinanza, 21-06-2017, n. 15350; Cass. S.U. 8.5.2014 n. 9936).
Tanto premesso, è noto che l'accettazione di un paziente in ospedale, ai fini di un ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto tra il paziente e la struttura sanitaria (Cass., SS.UU., 577/08, Cass. 18610/2015). Si tratta di un contratto atipico a prestazioni corrispettive (c.d. contratto di spedalità), a forma libera, in virtù del quale la struttura sanitaria deve fornire al paziente un servizio articolato, genericamente definito di "assistenza sanitaria", che ingloba al suo interno - oltre ad una serie di obblighi di protezione e accessori - anzitutto la principale prestazione medica (Cass. 1267/2019, Cass. 3685/2018). Ne discende che la struttura risponde, oltre che ai sensi dell'art. 1218 c.c. per l'inadempimento dei suddetti obblighi di protezione e accessori ad essa direttamente riferibili, anche ai sensi dell'art. 1228 c.c. per i fatti ascrivibili ai sanitari in essa operanti, pur se, eventualmente, non alle sue dipendenze (Cass., SS.UU., 577/08 Cass, ###, 9556/02, 1043/2019).
La natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria comporta, tra l'altro, che sul danneggiato (e quindi sui suoi eredi) grava esclusivamente l'onere di provare l'esistenza del rapporto contrattuale, di allegare dettagliatamente l'inadempimento della struttura e di provare il nesso di causalità tra tale inadempimento e il danno subito, mentre è la struttura sanitaria a dover dimostrare l'esatto adempimento della prestazione o l'impossibilità della stessa derivante da causa ad essa non imputabile (Cass., SS.UU., 577/08, Cass. 24073/2017, Cass. 852/2020).
Va peraltro chiarito che, con particolare riferimento al caso di morte ascrivibile alla responsabilità dei medici operanti nella struttura sanitaria, poiché il rapporto contrattuale tra il paziente e la struttura sanitaria esplica normalmente i suoi effetti tra le sole parti del contratto (salvi casi particolari, come quello del contratto concluso dalla gestante con riferimento alle prestazioni sanitarie afferenti alla procreazione che, per la peculiarità dell'oggetto, è idoneo ad incidere in modo diretto sulla posizione del nascituro e del padre), l'inadempimento della struttura genera esclusivamente nei confronti dell'assistito una responsabilità contrattuale, che può essere fatta valere iure hereditatis dai suoi eredi, senza che, invece, i congiunti (anche se eredi) possano agire a titolo contrattuale iure proprio per i danni da loro direttamente patiti per la perdita del rapporto parentale, potendo per tali danni essere invocata esclusivamente una responsabilità extracontrattuale (Cass. 14615/2020) con tutto ciò che ne consegue anche in termini di ripartizione dell'onere della prova.
Giova, altresì, rilevare che la ASL è responsabile, ai sensi dell'art. 1228 c.c., del fatto colposo del medico di base convenzionato con il ### essendo tenuta per legge - nei limiti dei livelli essenziali di assistenza - ad erogare l'assistenza medica generica e la relativa prestazione di cura, avvalendosi di personale medico alle proprie dipendenze o in rapporto di convenzionamento (Cassazione civile sez. III, 28/05/2024, n.14846).
Segnatamente, il diritto soggettivo dell'utente del S.S.N. all'assistenza medicogenerica ed alla relativa prestazione curativa, nei limiti stabiliti normativamente (dapprima dal piano sanitario nazionale e poi dai ###, nasce direttamente dalla legge ed è la legge stessa ad individuare la ASL come soggetto tenuto ad erogarla, avvalendosi di "personale" medico alle proprie dipendenze ovvero in rapporto di convenzionamento (avente natura di rapporto di lavoro autonomo "parasubordinato" Cass. n. 6243 del 2015 e Cass. n. 27782 del 2021).
Il medico convenzionato, scelto dall'utente iscritto al S.S.N. in un novero di medici già selezionati e in un ambito territoriale delimitato, è obbligato (e non può rifiutarsi, salvo casi peculiari sorretti da giustificazione e, dunque, sindacabili dalla stessa ### a prestare l'assistenza medico-generica e dunque la prestazione curativa, soltanto in forza ed in base al rapporto di convenzionamento (e non già in base ad un titolo legale o negoziale che costituisca un rapporto giuridico diretto con l'utente), il quale rappresenta altresì la fonte che legittima la sua remunerazione da parte, esclusivamente, della ASL (essendo vietato qualsiasi compenso da parte dell'utente). Le prestazioni di assistenza medicogenerica, che sono parte dei livelli uniformi (e, poi, dei ### da garantirsi agli utenti del S.S.N., sono infatti finanziate dalla fiscalità generale, alla quale concorrono tutti i cittadini con il versamento di una imposta. ### è dunque responsabile per fatto dei propri ausiliari, ai sensi dell'art. 1228 c.c.: il soggetto pubblico, per l'adempimento dell'obbligazione di fornire l'assistenza medico-generica cui per legge è obbligato, si avvale dell'opera del terzo, cioè di un esercente la professione sanitaria il quale non è dipendente del soggetto obbligato, ma costituisce personale "convenzionato" (in alternativa a quello "dipendente", secondo l'indicazione fornita dall'art. 25, comma 3, legge n. 833 del 1978). Trattasi di una fattispecie di responsabilità, identificata in sede interpretativa dalla giurisprudenza, che è stata poi recepita dal legislatore con l'art. 7 legge n. 24 del 2017 ("1. La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose. 2.
La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell'ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il ### sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina"), secondo una linea di continuità fra l'interpretazione giurisprudenziale dell'ordinamento ed il successivo intervento legislativo, quale argomento ex post a sostegno della detta interpretazione (il primo comma del citato articolo 7 stabilisce chiaramente la correlazione fra la collocazione lavorativa dell'esercente ed il titolo di responsabilità: per il dipendente vale l'art. 1218, per il non dipendente l'art. 1228).
Giova, altresì, premettere che di recente la Corte di Cassazione (Cass., 19/09/2023, n. 26851 e Cass., 27/12/2023, n. ###) ha chiarito che: i) in ipotesi di condotta colpevole del sanitario cui sia conseguita la perdita anticipata della vita, perdita che si sarebbe comunque verificata, sia pur in epoca successiva, per la pregressa patologia del paziente, non è concepibile, né logicamente né giuridicamente, un danno da "perdita anticipata della vita" trasmissibile iure successionis, non essendo predicabile, nell'attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico: è possibile, dunque, discorrere, risarcendolo, di "danno da perdita anticipata della vita", con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, rappresentato dal pregiudizio da minor tempo vissuto con il congiunto.
Ed invero, il danno da perdita anticipata della vita va distinto da quello da perdita di chance di ### sopravvivenza, posto che, se la morte è successivamente intervenuta, l'incertezza eventistica, che di quest'ultima costituisce il fondamento logico prima ancora che giuridico, è stata smentita da quell'evento; ne consegue l'inammissibilità della congiunta attribuzione di un risarcimento da "perdita anticipata della vita" e da perdita di chance di sopravvivenza, trattandosi di voci di danno logicamente incompatibili, salvo il caso - del tutto eccezionale - in cui si accerti, anche sulla base della prova scientifica acquisita, che esista, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto, la seria, concreta e apprezzabile possibilità, sulla base dell'eziologica certezza della sua riconducibilità all'errore medico, che, oltre quel tempo già determinato di vita perduta, il paziente avrebbe potuto sopravvivere ancora più a lungo.
In questo contesto, se la vittima - come nel caso di specie - è già deceduta al momento dell'introduzione del giudizio da parte degli eredi, non è concepibile un "danno da perdita anticipata della vita" trasmissibile iure successionis, non essendo predicabile, come visto, nell'attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico (esemplificando, causare la morte di un ottantenne sano, che ha dinanzi a sé cinque anni di vita sperata, non diverge, ontologicamente, dal causare la morte di un ventenne malato che, se correttamente curato, avrebbe avuto dinanzi a sé ancora cinque anni di vita; l'unica differenza tra le due ipotesi sta nel fatto che, nel primo caso, la vittima muore prima del tempo che gli assegnava la statistica demografica, mentre, nel secondo caso, muore prima del tempo che gli assegnava la statistica e la scienza clinica: ma tale differenza non consente di pervenire ad una distinzione "morfologica" tra le due vicende, così da affermare la risarcibilità soltanto della seconda ipotesi di danno); è possibile, dunque, discorrere ### di "danno da perdita anticipata della vita", con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, ovvero il valore biologico relazionale residuo di cui non si è fruito (Cass. civ. sent. n. 26851 del 2023).
Segnatamente, in ipotesi di morte del paziente dipendente ### dall'errore medico, qualora l'evento risulti riconducibile alla concomitanza di una condotta umana e di una causa naturale, tale ultima dovendosi ritenere lo stato patologico non riferibile alla prima, l'autore del fatto illecito risponde "in toto" dell'evento eziologicamente riconducibile alla sua condotta, in base ai criteri di equivalenza della causalità materiale, potendo l'eventuale efficienza concausale dei suddetti eventi naturali rilevare, esclusivamente, sul piano della causalità giuridica, ex art. 1223 c.c., ai fini della liquidazione, in chiave equitativa, dei pregiudizi conseguenti, ascrivendo all'autore della condotta un obbligo risarcitorio che non comprenda anche le conseguenze dannose da rapportare, invece, all'autonoma e pregressa situazione patologica del danneggiato (Cass., n. 26851 del 2023).
In conclusione, nell'ipotesi di un paziente che, al momento dell'introduzione della lite, sia già deceduto, sono, di regola, alternativamente concepibili e risarcibili iure hereditario, se allegati e provati, i danni conseguenti: a) alla condotta del medico che abbia causato la perdita anticipata della vita del paziente (determinata nell' an e nel quantum), come danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita effettivamente vissuta), considerato nella sua oggettività e come danno morale da lucida consapevolezza dell'anticipazione della propria morte, eventualmente predicabile soltanto a far data dall'altrettanto eventuale acquisizione di tale consapevolezza in vita; b) alla condotta del medico che abbia causato la perdita della ### possibilità di vivere più a lungo (non determinata né nell'an né nel quantum), come danno da perdita di chances di sopravvivenza ma in nessun caso sarà risarcibile iure hereditario e tanto meno cumulabile con i pregiudizi di cui sopra, un danno da "perdita anticipata della vita" con riferimento al periodo di vita non vissuta dal paziente stesso. Se la vittima, invece, è ancora vivente al momento della liquidazione del danno, i danni liquidabili non divergono, morfologicamente, da quelle indicati sub 1) se non per il fatto che non saranno gli eredi, ma il paziente stesso, ancora in vita, a invocarne il risarcimento, salvo il diverso profilo del danno morale: a) se vi è incertezza sulle conseguenze quoad vitam dell'errore medico, il paziente può pretendere il risarcimento del danno da perdita delle chances di sopravvivenza, ricorrendone i consueti presupposti (serietà, apprezzabilità, concretezza, riferibilità eziologica certa della perdita di quella chance alla condotta in rilievo); b) se invece è accertato, secondo i comuni criteri eziologici, che l'errore medico anticiperà la morte del paziente, sarà risarcibile il danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita) e il danno morale da futura morte anticipata, in questo caso sicuramente predicabile (essendo il paziente ancora in vita) a far data dalla acquisizione della relativa consapevolezza. Infine, se la vittima vivente al momento dell'introduzione del giudizio, è deceduta al momento della liquidazione del danno ed è certo che l'errore medico abbia causato la morte anticipata del paziente, quest'ultimo può avere patito (e trasmesso agli eredi) un danno biologico ### e un danno morale da lucida consapevolezza della morte imminente, ma non un danno da "perdita anticipata della vita", risarcibile soltanto, nel perimetro sopra chiarito, iure proprio agli eredi, che potranno altresì proporre la relativa domanda in corso di causa, per ragioni di economia di giudizio; mentre se è incerto che l'errore medico abbia causato la morte del paziente, il paziente può avere patito, in relazione al tempo di vita vissuto (e trasmesso agli eredi), un danno da perdita delle chances di sopravvivenza, ma non un danno da "perdita anticipata della vita".
Si può, pertanto, affermare che: a) vivere in modo peggiore, sul piano dinamico-relazionale, la propria malattia negli ultimi tempi della propria vita a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, rappresenta un danno biologico ###; b) nel contempo, trascorrere quegli ultimi tempi della propria vita con l'acquisita consapevolezza delle conseguenze sulla ### durata della vita stessa a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, costituisce un danno morale, inteso come sofferenza interiore e come privazione della capacità di battersi ancora contro il male; c) perdere la possibilità, seria apprezzabile e concreta, ma incerta nell'an e nel quantum, di vivere più a lungo a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, è un danno da perdita di chance; d) la perdita anticipata della vita per un tempo determinato a causa di un errore medico in relazione al segmento di vita non vissuta, è un danno risarcibile non per la vittima, ma per i suoi congiunti, nei termini prima chiariti, quale che sia la durata del "segmento" di esistenza cui la vittima ha dovuto rinunciare.
Risulta evidente che, nel caso di specie, non ci si trova in presenza di un danno da perdita di chance di sopravvivenza bensì di un danno da perdita anticipata della vita, direttamente collegata all'errore medico in cui sono incorsi i ### dell'### di ### perdita che si sarebbe comunque verificata, sia pur in epoca successiva, per la pregressa patologia del paziente e che non è trasmissibile iure successionis, non essendo predicabile, nell'attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico mentre è possibile discorrere di "danno da perdita anticipata della vita", con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, rappresentato dal pregiudizio da minor tempo vissuto con il congiunto.
Ed invero, la ### attrice non ha allegato, prima ancora di provare, l'esistenza di un danno biologico differenziale né di un danno morale, inteso come sofferenza interiore e come privazione della capacità di battersi ancora contro il male, trasmissibile iure successionis, in mancanza di elementi che possano portare a ritenere che il de cuius abbia vissuto in modo peggiore, sul piano dinamico-relazionale, la malattia negli ultimi tempi della propria vita, a causa della ritardata diagnosi e delle cure tardive conseguenti all'errore medico in cui sarebbero incorsi dapprima i ### dell'### di ### e subito dopo il ### di ### né che lo stesso abbia trascorso gli ultimi tempi della propria vita con l'acquisita consapevolezza delle conseguenze sulla ### durata della vita stessa a causa del lamentato errore medico.
Sul punto, al contrario, si rileva che - come affermato dagli stessi parenti della vittima e riportato nella CTU - dal primo contatto con l'### di ### e dalle successive visite con il ### di ### sino al ricovero, nel febbraio 2018, presso il ### palermitano, trascorsero 17 mesi in cui il sig. ### visse in apparente buono stato di salute, senza avere alcuna contezza dell'approssimarsi dell'evento morte che, secondo quanto accertato dai ### e ribadito dagli stessi anche in sede di chiarimenti, è da ricondurre non al ritardato accesso al trattamento per mieloma a causa della denunciata omessa diagnosi, ma alla condotta censurabile dei sanitari dell'ospedale ### di ### che sottostimarono del tutto “ l'importanza del quadro di insufficienza renale che nei giorni successivi al ricovero non fu mai indagata e nemmeno monitorata attraverso il dosaggio della creatininemia. Nonostante il giorno seguente al ricovero (22.2.18) tale indice di funzionalità renale fosse in crescita (2,69 mg/di) non fu posta alcuna attenzione in merito, anzi furono somministrati farmaci nefrotossici (### e diuretici dell'ansa ma non venne apportato un adeguato carico idrico, favorendo ulteriormente la contrazione diuretica ### in data ### venne ancora monitorata la creatininemia, il cui valore fu 5,79 mg/di, ma non fu posta in atto alcuna misura urgente a contrastare il quadro di grave insufficienza renale acuto in atto. Solo il giorno seguente e dopo un cateterismo vescicale che evidenziò anuria, il sig. ### venne finalmente trasferito presso il reparto di nefrologia dell'ospedale civico di ### dove fu sottoposto a emodialisi".
In sede di chiarimenti, all'udienza del 11 luglio 2023, il CTU ha altresì specificato che “in relazione all'evento morte non c'è alcun collegamento causale con la condotta posta in essere dai ### dall'### di ### e dal dott. ### dal momento che il paziente è morto a seguito della seduta emodialitica resasi necessaria per il peggiorare dell'insufficienza renale non adeguatamente curata a Palermo” … “La Condotta dei sanitari del ### la ### è censurabile dal momento che i valori del paziente evidenziavano una insufficienza renale che non è stata tempestivamente diagnosticata e ciò ha comportato un aggravamento delle condizioni generali ed in particolare, della funzione renale - anche a causa della somministrazione di farmaci nefrotossici per la sospetta malattia del tratto gastro intestinale - il quale ha reso necessaria la seduta emodialitica che ha poi causato la morte del paziente. Alla luce delle condizione cliniche del paziente quando è stato ricoverato presso l'### la ### lo stesso aveva circa 29 mesi di sopravvivenza gravati da una qualità di vita deteriorata a causa dell'inevitabile graduale progressione della malattia verso l'exitus”.
Ne consegue che il trattamento sanitario errato ricevuto preso il ### soccorso del ### di ### ha anticipato di 29 mesi la morte del paziente, mesi persi durante i quali il sig. ### avrebbe goduto progressivamente di una qualità della vita deteriorata a causa della malattia, sempre che egli rientrasse nel 62% dei pazienti che rispondono alle cure.
Alla luce delle allegazioni attoree e delle conclusioni a cui sono giunti i ### risulta, pertanto, risarcibile solo il danno da perdita del rapporto parentale, nei termini sopra ricostruiti, ovvero danno relazionale per l'individuato tempo non vissuto dai congiunti, prendendo le mosse dalla relativa quantificazione in base alla c.d. tabelle milanesi, che si riferiscono "fisiologicamente" alla perdita parentale relazionata a un soggetto che sarebbe vissuto secondo l'età media della statistica demografica e non al tempo residuo in base alla statistica clinica rapportata a un soggetto affetto da una specifica pregressa patologia, dovendo operarsi equitativamente una riduzione in relazione a tale ultimo aspetto.
Come è noto, il danno da perdita del rapporto parentale consiste nella privazione di un valore personale e non economico rappresentato dalla definitiva preclusione della relazione interpersonale col congiunto deceduto e costituisce danno-conseguenza, che come tale va provato, non essendo qualificabile come danno in re ipsa; sicché per la sua dimostrazione dovrà farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale ed anche presuntiva. ### l'indirizzo unanime della Corte di cassazione, in tema di liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, solo nel caso in cui si tratti di congiunti appartenenti alla cd. famiglia nucleare (e cioè coniugi, genitori, figli, fratelli e sorelle), la perdita di rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto può essere presunta in base alla loro appartenenza al medesimo “nucleo familiare minimo”, nell'ambito del quale l'effettività di detti rapporti costituisce la regola nell'attuale società, in base all'id quod plerumque accidit, fatta salva la prova contraria che deve essere fornita dal convenuto (Cass. civ. ord. n. 25774 del 14/10/2019; Cass. civ. ord. n. 3767 del 15/02/2018). Naturalmente, anche la prova contraria può essere fornita sulla base di elementi presuntivi, tali da far venir meno la presunzione di fatto derivante dall'esistenza del mero legame coniugale o parentale (nel qual caso sarà onere del danneggiato dimostrare l'esistenza del suddetto vincolo in concreto, sulla base di precisi elementi di fatto), ovvero, quanto meno, da attenuarla considerevolmente (nel qual caso delle relative circostanze dovrà tenersi conto ai fini della liquidazione dell'importo del risarcimento, che dovrà essere inferiore a quello riconosciuto nei casi “ordinari”, come previsto su base tabellare).
Nella fattispecie in esame, la complessiva valutazione delle circostanze di fatto emerse all'esito dell'istruttoria documentale e la mancanza di elementi di segno contrario depongono in senso favorevole all'esistenza di un intenso e concreto vincolo affettivo esistente tra la moglie ed i figli della coppia con il sig. ### Al contrario, tale prova non è stata raggiunta con riferimento al rapporto nonno-nipoti.
Ed invero, se come detto, l'esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite con riferimento ai parenti più stetti della vittima (moglie, figlio), non altrettanto può dirsi per i nipoti.
Ne consegue che il nipote ex filio ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per la morte del nonno solo ove deduca e dimostri l'esistenza di un rapporto affettivo con la vittima.
Segnatamente, il nipote deve fornire la prova di un rapporto di reciproco affetto e solidarietà con il nonno, anche se non è necessaria la prova di un rapporto di convivenza o che tale rapporto ecceda la fisiologica intensità della relazione nipote-nonno; circostanze queste che rilevano, invece, in sede di quantificazione del danno.
Nel caso di specie, in mancanza di allegazione e prova dell'esistenza di uno specifico e concreto rapporto con il nonno ed in particolare, di elementi circa le caratteristiche del personale rapporto tra ciascun nipote ed il de cuius, circa l'eventuale reciproco apporto di arricchimento e/o affetto, circa il particolare legame con quest'ultimo, ovvero circa le abitudini, le aspirazioni ed i progetti che il decesso dello stesso abbia irrimediabilmente mutato, con conseguente sofferenza e perdita emotivamente rilevante, il diritto al risarcimento del danno lamentato dai nipoti non risulta meritevole di tutela, non essendo di per sé sola sufficiente la circostanza di appartenere allo stesso nucleo familiare né quella di abitare “in civici diversi ma nello stesso stabile”, con la precisazione che alcun rilievo può assumere, ai fini di una diversa conclusione, quanto solo genericamente e tardivamente dedotto sul punto dalla ### di parte attrice negli scritti difensivi conclusivi.
Ciò posto, in mancanza di parametri di quantificazione analitica, il danno da perdita del rapporto parentale, così come altre ipotesi di danno non patrimoniale, è liquidabile esclusivamente mediante il ricorso a criteri equitativi in forza del combinato disposto degli artt. 1226 e 2056 c.c.. In particolare, l'art. 1226 c.c., nel prevedere che, se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, “per una parte risponde alla tecnica della fattispecie, quale collegamento di conseguenze giuridiche a determinati presupposti di fatto, per l'altra ha natura di clausola generale, cioè di formulazione elastica del comando giuridico che richiede di essere concretizzato in una norma individuale aderente alle circostanze del caso”. Più precisamente, “l'art. 1226 richiede sia che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, la prova del danno nel suo ammontare, sia che risulti assolto l'onere della parte di dimostrare la sussistenza e l'entità materiale del danno medesimo. Quale clausola generale, l'art. 1226 viene a definire il contenuto del potere del giudice nei termini di valutazione equitativa" (così Cass., sentenza 10579/2021 e, nello stesso senso, Cass. sentenza n. 28990/2019). Nella concretizzazione della clausola generale dell'equità in sede di quantificazione del danno non patrimoniale, il giudice di merito deve perseguire il massimo livello di certezza, uniformità e prevedibilità del diritto, così da assicurare la parità di trattamento di cui l'equità integrativa è espressione. Difatti, “l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti uffici giudiziari” (Cass. n. 10579/2021; Cass. n. 12408/2011).
Segnatamente, per quanto concerne la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul “sistema a punti”, che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10579 del 21/04/2021). Dunque, la liquidazione del danno non patrimoniale secondo il criterio tabellare garantisce una liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c., con la precisazione il giudice è tenuto ad applicare la tabella vigente al momento della decisione, non senza considerare che ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subito, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all'età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l'unità, la continuità e l'intensità del rapporto familiare.
Alla luce dei principi sopra esposti, la Corte di Cassazione ha affermato che le nuove tabelle integrate a punti per il danno parentale, come rielaborate dall'### di ### - al pari di quelle romane - risultando coerenti con i principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte e possono essere legittimamente applicate dal giudice per determinare una liquidazione equa, uniforme e prevedibile del danno lamentato.
Stabilito che i punti astrattamente attribuibili sono pari, rispettivamente, ad un massimo di 118 (per la tabella relativa alla perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati) e di 116 (per la tabella relativa alla perdita di fratelli/nipoti), con un ‘### pari al valore monetario massimo della forbice delle precedenti tabelle, al fine di consentire la liquidazione del massimo valore risarcitorio in diverse ipotesi e non in un solo caso, salva sempre la ricorrenza di circostanze eccezionali.
In definitiva, quindi, nelle nuove tabelle integrate a punti (edizione 2024) è stato previsto un punteggio per ognuno dei menzionati parametri: si determina così il totale dei punti secondo le circostanze presenti nella fattispecie concreta e quindi si moltiplica il totale dei punti per il menzionato “valore punto” (pari ad € € 3.911,00 ed € € 1.698,00), pervenendo così all'importo monetario liquidabile. Si rileva come dei cinque parametri considerati ai fini della distribuzione a punti, quattro hanno natura oggettiva mentre il quinto ha natura soggettiva e riguarda sia gli aspetti dinamico relazionali (stravolgimento della vita della vittima secondaria in conseguenza della perdita) sia quelli da sofferenza interiore, entrambi, da allegare e provare, anche con presunzioni, non essendo predicabile, nel sistema della responsabilità civile, l'esistenza di una fattispecie di danno in re ipsa (Cass. s.u. ###/2022); con la precisazione che le tabelle si applicano solamente alle ipotesi integranti i reati colposi dal momento che nelle fattispecie in cui l'illecito sia stato cagionato con dolo, spetta al giudice valutare tutte le peculiarità del caso concreto e pervenire eventualmente ad una liquidazione che superi l'importo massimo previsto in tabella.
Alla luce delle superiori considerazioni, tenuto dunque conto di tali circostanze, delle modalità di verificazione dell'evento morte, nonché dei criteri di liquidazione alla luce delle tabelle del Tribunale di ### (edizione 2024), considerato il carattere colposo del fatto e operata la riduzione in relazione al tempo residuo di vita di 29 mesi, in base alla statistica clinica rapportata a un soggetto affetto da mieloma multiplo al terzo stadio, si ritiene di poter così quantificare il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale patito da ### coniuge convivente del de cuius, di anni 61 al momento dell'evento lesivo (punti 16), considerata l'età della vittima primaria al momento del decesso di anni 61 (punti 16), tenuto conto che gli stessi erano coniugati in regime di convivenza (punti 16), tenuto conto della sopravvivenza di tre superstiti - i tre figli della coppia - (9 punti), considerati il legame affettivo e la condivisione quotidiana che notoriamente caratterizza il rapporto di coniugio e che dallo stesso sono nati tre figli (circostanze tutte che giustificano un punteggio pari a 20 nel caso di specie), si ritiene equo liquidare il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale patito dall'### nella somma di € 36.388,6 (importo riproporzionato rispetto a quello tabellare, pari ad € 301.147,00, considerando il rapporto tra l'aspettativa di vita attesa in concreto del sig. ### pari a 29 mesi e l'aspettativa di vita di un soggetto che sarebbe vissuto secondo l'età media della statistica demografica, pari a 81 anni).
Per il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale patito da #### e ### figli del de cuius, rispettivamente di anni 39, 43 e 41 al momento dell'evento lesivo (punti 22 per ### e 20 per ### e ###, considerata l'età della vittima primaria al momento del decesso di anni 61 (punti 16), tenuto conto che ### conviveva ancora con i genitori (punti 16) e della sopravvivenza di un 3 superstiti - madre, fratello e sorella/sorelle - (9 punti), considerato il legame affettivo che notoriamente caratterizza il rapporto padre figlio/a e la sofferenza legata alla perdita della condivisione quotidiana di tale legame intriso di una particolare pregnanza emotiva ed implicazioni affettiva (circostanze tutte che giustificano un punteggio pari a 20), si ritiene equo liquidare il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale patito dal figlia ### nella somma di € 39.224,1, quello patito da ### e #### nella somma di € 30.717,6 (importo riproporzionato rispetto a quello tabellare pari, rispettivamente, ad € 324.613,00 ed € 254.215,00, considerando il rapporto tra l'aspettativa di vita attesa in concreto del sig. ### pari a 29 mesi e l'aspettativa di vita di un soggetto che sarebbe vissuto secondo l'età media della statistica demografica, pari a 81 anni) Sulle predette somme, liquidata all'attualità, devono essere altresì riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato godimento tempestivo dell'equivalente pecuniario del bene perduto. Gli interessi compensativi, secondo l'insegnamento delle ### (Cass. civ., Sez. Un., n. 1712 del 1995), decorrono dalla produzione dell'evento di danno sino al tempo della liquidazione e si calcolano non sulla somma già rivalutata ma, di anno in anno, sulle somme iniziali, ossia devalutate alla data del fatto illecito, a mano a mano incrementate nominalmente secondo la variazione dell'indice ### recependo i principi di cui alla sentenza n. 1712 del 1995 delle ### della Corte di Cassazione, appare congruo adottare, anche in applicazione del principio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c., come criterio di risarcimento del pregiudizio da ritardato conseguimento della somma dovuta, tenuto conto della natura del danno, dell'arco temporale considerato e di tutte le circostanze accertate, quello degli interessi legali, calcolati con le seguenti modalità: sulla somma come sopra liquidata devalutata all'epoca dell'evento lesivo (20.1.2017) e poi progressivamente rivalutata, di anno in anno, secondo gli indici I.S.T.A.T. dal 20.1.2017 fino alla presente sentenza; sull'importo come determinato all'attualità sono successivamente dovuti gli ulteriori interessi legali, ex art. 1282 c.c., dalla presente pronuncia e fino al saldo effettivo.
Infine, deve essere riconosciuto all'attrice ### il risarcimento del danno derivante dall'impossibilità di continuare a beneficiare del sostegno economico del marito, dal momento che la stessa è un soggetto non percettore di reddito e che la retribuzione percepita dal de cuius era l'unica fonte di sostentamento per la ### importo da calcolarsi limitatamente al segmento di vita atteso in concreto dal sig. ### pari a 29 mesi e tenuto conto della circostanza che tale periodo sarebbe stato caratterizzato da un graduale peggioramento delle sue condizioni di salute, il quale inevitabilmente avrebbe inciso sulla performance lavorativa e dunque sulla retribuzione (es con riferimento ai bonus produttività che risultano dalle ultime buste paga).
In via generale, va rilevato che l'uccisione di una persona può causare ai suoi familiari un danno patrimoniale, consistente nella perdita dei benefici economici che la vittima destinava loro o per legge (o per costume sociale, a condizione che non si trattasse di sovvenzioni episodiche (le quali ovviamente a cagione della loro sporadicità non consentirebbero di presumere ex art. 2727 c.c. che, se la vittima fosse rimasta in vita, sarebbero continuate per l'avvenire).
La liquidazione del danno, costituita dalla perdita dei benefici economici che la vittima primaria destinava ai familiari, fondandosi sul ragionamento presuntivo secondo cui se non fosse intervenuto il decesso la vittima avrebbe continuato a destinare parte del suo reddito alla famiglia, va effettuata in via equitativa e secondo criteri necessariamente prudenziali.
Tale pregiudizio sussiste a prescindere dal fatto che il familiare superstite sia economicamente indipendente, assumendo tale circostanza rilevanza soltanto ai fini della liquidazione.
Il fatto costitutivo della pretesa, infatti, è la perdita degli emolumenti erogati dal defunto ai familiari, che si verifica anche laddove i familiari superstiti siano titolari di redditi autonomi, per l'ovvia ragione che il decesso riduce inevitabilmente la disponibilità patrimoniale complessiva della famiglia.
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6619/2018, ha fornito i criteri per procedere alla liquidazione del danno da perdita dei benefici economici che la vittima primaria destinava ai familiari.
In particolare: va determinato il reddito netto della vittima al momento del decesso; va detratta la quota presumibilmente destinata ai bisogni personali della vittima; va considerato il periodo di tempo durante il quale il superstite avrebbe continuato a godere del sostegno economico del congiunto.
La risarcibilità del danno patrimoniale che il coniuge abbia a subire, in conseguenza dell'evento mortale del congiunto, non necessita di una puntuale allegazione della posizione economica del defunto.
La prova del danno, consistente nelle attribuzioni economiche di cui il superstite sarebbe stato destinatario, infatti, può essere raggiunta anche per mezzo di presunzioni, rapportate alla situazione concreta: tanto in punto di reddito presumibile del defunto, quanto in relazione alla volontà di destinazione dello stesso.
Orbene, sulla scorta di tali premesse ed in considerazione della circostanza che, nel caso di specie, il sig. ### è morto nel marzo 2018 all'età di 61 anni e che secondo quanto dichiarato dai ### la condotta imperita dei ### di ### ha sottratto al de cuius 29 mesi di aspettativa di vita attesa in concreto, avuto riguardo alla patologia di cui lo stesso era affetto, può essere accolta la richiesta attorea limitatamente alla perdita di quei contributi patrimoniali e di quelle utilità economiche che il coniuge venuto meno prematuramente avrebbe apportato all'altro coniuge per un periodo di tempo di soli 29 mesi.
Occorre, altresì, rilevare che è verosimile che non tutto il reddito del de cuius venisse da questi utilizzato per le esigenze della famiglia ma che questi riservasse per i suoi bisogni personali 1/3, riversando in famiglia i residui 2/3.
Infine, per la liquidazione del danno deve tenersi conto anche della circostanza che il predetto segmento di vita sarebbe stato caratterizzato da un graduale peggioramento delle condizioni di salute del de cuius, con inevitabili ripercussioni sulla performance lavorativa e dunque sulla retribuzione; circostanza che giustifica una riduzione equitativa nella misura del 30%.
Giova precisare che al reddito netto annuo utilizzabile ai fini in esame non va detratto l'importo percepito annualmente dalla ### a titolo di pensione di reversibilità sulla base dei principi affermati dalle ### della Corte di Cassazione nel 2018 secondo cui “dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall'### al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto, trattandosi di una forma di tutela previdenziale connessa ad un peculiare fondamento solidaristico e non geneticamente connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell'illecito del terzo”… “l'erogazione della pensione di reversibilità non è geneticamente connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell'illecito, ma costituisce, piuttosto, l'adempimento di una promessa e cioè quella che a far tempo dal momento in cui il lavoratore, prima o dopo il pensionamento, avrà cessato di vivere, quale che sia la causa o l'origine dell'evento protetto, vi è la garanzia, per i suoi congiunti, di un trattamento diretto a tutelare la continuità del sostentamento e a prevenire o ad alleviare lo stato di bisogno”; in altri termini, il fatto illecito costituisce semplicemente “l'occasione per il sorgere di un'attribuzione patrimoniale che trova la propria giustificazione in un corrispondente e precedente sacrificio” (Cassazione civile sez. un., 22/05/2018, n.12564).
Ne consegue che, sulla base della documentazione prodotta dalla ### attrice e delle suesposte considerazioni, il danno patrimoniale risarcibile in favore di ### è pari a complessivi € 40.600,00 (pari ai 2/3 del reddito mensile di circa € 3.000,00 per i 29 mesi di aspettativa di vita attesa in concreto del de cuius al netto della decurtazione del 30% operata tenendo conto del graduale peggioramento delle condizioni di salute del de cuius,).
Sulle predette somme riconosciuta a titolo di danno patrimoniale, compete all'### la rivalutazione secondo gli indici ### (###, dalla data del decesso del sig. ### alla data della presente sentenza; gli interessi compensativi, per evitare una duplicazione del danno risarcibile, sono poi calcolati, come spiegato, sulle somme devalutate alla data del decesso del de cuius e via via rivalutate anno per anno secondo gli indici ### (### e fino alla data di deposito della presente sentenza.
Dalla data della sentenza al saldo - per effetto della conversione del credito risarcitorio in obbligazione di valuta - sono poi dovuti gli interessi al tasso legale soggetti al principio nominalistico. ***
Le spese di lite, nel rapporto processuale tra la ### attrice e la convenuta ### dell'### di ### di ### seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, sulla scorta del D.M. 55/14, tenuto conto del valore della controversia, con riferimento al “decisum” e non al “disputatum” (cfr. Cass. S.U. sentenza 11 settembre 2007, n. 19014) e della concreta attività difensiva svolta mentre sussistono gravi ed eccezionali ragioni per compensare le spese di lite tra le altre parti processuali avuto riguardo alla particolare complessità della questione trattata e soprattutto, all'esigenza di non penalizzare oltre la parte debole del rapporto e cioè una famiglia che ha comunque visto perdere un suo componente, in un contesto di grande sofferenza e tragicità.
Va precisato altresì che le spese di CTU sostenute dagli attori in sede ###cui gli stessi erano ricorrenti) vanno poste a carico di , in virtù del seguente principio giurisprudenziale: “le spese dell'accertamento tecnico preventivo "ante causam" vanno poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente e vanno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito (ove l'accertamento stesso venga acquisito) come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di possibile compensazione totale o parziale, a carico del soccombente e da liquidare in un unico contesto” ( Cass. sentenza n. 14268/17).
Da ultimo va precisato che nonostante “Le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell'art. 92, primo comma, cod. proc. civ., della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue” (cfr. sentenza n. 84/2013), nella specie tali spese non possono essere rimborsate poiché non documentate.
La presente sentenza è dichiarata provvisoriamente esecutiva ex lege. P.Q.M. Il Tribunale di ### ogni altra istanza, eccezione o deduzione disattesa, definitivamente pronunciando, così decide: 1. accoglie la domanda proposta dagli attori ### e #### e ### nei confronti di ### dell'### di ### di ### e per l'effetto, condanna la ### al pagamento in favore di ### dell'importo di € 36.388,6, a titolo di danno non patrimoniale e di € 40.600,00 a titolo di danno patrimoniale, oltre interessi e rivalutazione come in parte motiva, nonché al pagamento dell'importo di € 39.224,1 in favore di ### e di € 30.717,6 ciascuno, in favore di ### e ### a titolo di danno da perdita del rapporto parentale, oltre interessi e rivalutazione come in parte motiva,; 2. rigetta ogni altra domanda proposta; 3. condanna la convenuta ### dell'### di ### di ### alla rifusione delle spese di lite in favore degli attori ### e #### e ### che in relazione al giudizio di ### si liquidano in € 3.062,40 per compensi professionali (valori minimi sullo scaglione di riferimento ed aumento del 60% per la presenza di più parti aventi stessa posizione processuale) ed € 286,00 per spese vive, oltre rimborso forfetario spese generali al 15%, oltre IVA se e in quanto dovuta e ### come per legge ed in relazione al presente giudizio, si liquidano in € 11.283,20 per compensi professionali (valori minimi sullo scaglione di riferimento ed aumento del 60% per la presenza di più parti aventi stessa posizione processuale) ed € 1.686,00 per spese, oltre rimborso forfetario spese generali al 15%, oltre IVA se e in quanto dovuta e CPA come per legge; 4. pone definitivamente a carico di ### dell'### di ### di ### le spese della CTU per come liquidate in sede ###### il 18 ottobre 2024 Il Giudice
dott.ssa ###
causa n. 493/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Ventriglia Laura, Aufieri Vincenzo