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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 39260/2021 del 10-12-2021

... ### il quale — nella veste di titolare dell'omonima ditta individuale — agiva per conseguire il saldo di lavori sull'immobile di proprietà di BNP„ commissionatigli con contratto del 24 giugno 2009 da altra società (F.R.E.A., poi dichiarata fallita), utilizzatrice del bene in forza di contratto di leasing concluso con ### in data 11 giugno 2007; - che la ricorrente ribadisce che ### acquistato un terreno che il ### per l'### di ### di ### (con deliberazione n. 203 del 12 marzo 2004 e successiva ratifica n. 26 del 36 gennaio 2005) aveva assegnato a F.R.E.A., conferiva mandato senza -2- rappresentanza alla società utilizzatrice affinché compisse tutto quanto necessario alla realizzazione su di esso di un immobile — un capannone industriale — da concedersi alla stessa, dopo la sua edificazione, in locazione finanziaria; - che il contratto di commissione/appalto dei lavori, intervenuto tra e lo ### veniva concluso esattamente due anni dopo la stipula del contratto di acquisto del terreno e del contratto di finanziamento della edificazione del capannone industriale che, una volta completato, sarebbe stato oggetto di leasing da parte di F.R.E.A.; - che lo ### nel corso dei due gradi di (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso 23702-2020 proposto da: ### in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ### VIA ### 31, presso lo studio dell'### rappresentata e difesa dall'### SCULCO; - ricorrente - contro ###### quali eredi di ### elettivamente domiciliate in #### 5, presso lo studio dell'### rappresentate e difese dall'### - controricorrenti - avverso la sentenza n. 1024/2020 della CORTE ### di BARI, depositata il ###; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/09/2021 dal ###. #### Ritenuto in fatto - che la società ### ',case ### S.p.a. (d'ora in poi, "###) ricorre, sulla base di un solo motivo„ per la cassazione della sentenza n. 1024/20, del 16 giugno 2020, della Corte di Appello di Bari, che — accogliendo il gravame esperito da ### avverso la sentenza n. 2556/15, del 3 giugno 2015, del Tribunale di Bari — l'ha condannata a corrispondere allo ### la somma di 68.856,00, oltre interessi ai sensi del d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, per la fornitura di materiali e l'esecuzione di lavori edili commissionatigli dalla società F.R.E.A. S.r.l., utilizzatrice di un bene concessole in leasing dalla predetta BNP (o meglio, dalla società ### alla quale l'odierna ricorrente è poi subentrata in virtù di fusione societaria); - che, in punto di fatto, l'odierna ricorrente riferisce di essere stata convenuta in giudizio da ### il quale — nella veste di titolare dell'omonima ditta individuale — agiva per conseguire il saldo di lavori sull'immobile di proprietà di BNP„ commissionatigli con contratto del 24 giugno 2009 da altra società (F.R.E.A., poi dichiarata fallita), utilizzatrice del bene in forza di contratto di leasing concluso con ### in data 11 giugno 2007; - che la ricorrente ribadisce che ### acquistato un terreno che il ### per l'### di ### di ### (con deliberazione n. 203 del 12 marzo 2004 e successiva ratifica n. 26 del 36 gennaio 2005) aveva assegnato a F.R.E.A., conferiva mandato senza -2- rappresentanza alla società utilizzatrice affinché compisse tutto quanto necessario alla realizzazione su di esso di un immobile — un capannone industriale — da concedersi alla stessa, dopo la sua edificazione, in locazione finanziaria; - che il contratto di commissione/appalto dei lavori, intervenuto tra e lo ### veniva concluso esattamente due anni dopo la stipula del contratto di acquisto del terreno e del contratto di finanziamento della edificazione del capannone industriale che, una volta completato, sarebbe stato oggetto di leasing da parte di F.R.E.A.; - che lo ### nel corso dei due gradi di giudizio di merito, non ha né affermato né dimostrato di aver ricevuto da ### alcuno degli acconti che hanno decurtato l'importo fatturato di €: 146.856,00 alla residua somma di f, 68.856,00, oggetto del presente giudizio; - che secondo quanto riferito dal curatore del fallimento F.R.E.A., lo ### in data 29 settembre 2010, conseguiva decreto ingiuntivo — non opposto dalla società debitrice — per il pagamento di tale residuo importo, credito ammesso al passivo della procedura fallimentare con il privilegio degli artigiani ex art. 2751-bis, comma 1, n. 5), cod. civ.; - che tanto premesso in fatto, la ricorrente riferisce che il Tribunale di ### sul presupposto che unica committente dei lavori svolti dallo ### dovesse ritenersi la società F.R.E.A. utilizzatrice del bene, rigettava la domanda dallo stesso proposta; - che esperito gravame dall'attore soccombente, il giudice di appello lo accoglieva, ravvisando l'esistenza di un collegamento negoziale, di natura funzionale, tra il contratto con cui ### aveva acquistato il suolo ove sarebbe stato eretto il capannone industriale, quello di leasing concluso tra di essa e F.R.E.A., e quello di appalto intervenuta tra quest'ultima e lo ### - che avverso la sentenza della Corte barese ricorre per cassazione ### sulla base di un unico motivo; - che esso denuncia — ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod.  proc. civ. — "violazione o falsa applicazione degli artt. 1321, 1322, 1372 e 1419 cod. civ.", nonché "superficiale, insufficiente, incongrua e contraddittoria motivazione"; - che, in via preliminare, la ricorrente richiama l'indirizzo di questa Corte secondo cui, per stabilire se ricorra un collegamento negoziale, trattandosi di materia in cui è sovrana l'autonomia privata, occorre rifarsi alla volontà delle parti e ricercare se ricorra un collegamento specifico, per cui gli effetti dei vari negozi si coordinino per l'adempimento di una funzione unica, a tal fine non essendo sufficiente un nesso occasionale, visto che il collegamento deve dipendere dalla genesi, cioè dalla circostanza che uno dei due negozi trovi la sua causa in un rapporto scaturito dall'altro, dalla funzione, cui un negozio adempie rispetto all'altro, dall'intento specifico e particolare delle parti di coordinare i negozi, instaurando tra di essi una connessione teleologica (è citata, in particolare, Cass. Sez. 3, sent. 23 aprile 2011, n. 5966); - che, tanto premesso, la ricorrente afferma di non rinvenire nella sentenza impugnata "il minimo cenno" alle "non eludibili e discriminanti circostanze" costituite, da un lato, dal "notevole ed incontestato lasso di tempo" intercorso tra i primi due contratti ed il terzo, nonché, dall'altro, dalla mancata partecipazione di ### "alla stipula del più recente contratto di commissione/appalto" o alla sua "volontà di considerarlo «collegato» agli altri due ovvero al solo contratto di finanziamento e successiva locazione finanziaria"; - che, pertanto, vertendosi in materia in cui "è sovrana l'autonomia privata", tra i tre contratti "de quibus" potrebbe ravvisarsi, al più, -4- soltanto un "nesso occasionale", il quale — 'in assenza di specifica manifestazione di volontà effettuata dalle parti nel contenuto dei diversi negozi di volerli coordinare, instaurando tra di essi una connessione teleologica" — risulterebbe non solo privo dei requisiti del collegamento negoziale, ma dello stesso non avrebbe neppure gli effetti; - che diversamente opinando, dunque, la Corte barese avrebbe violato il principio di relatività del contratto (art. 1372 cod. civ.) e quello dell'autonomia contrattuale (art. 1322 cod. civ.); - che la ricorrente ribadisce come l'accertamento dell'esistenza del collegamento negoziale "non può e non deve essere effettuato in base agli effetti ma solo e soltanto in base alla manifestazione di volontà delle parti", giacché il collegamento negoziale non richiede la "sola sussistenza del requisito oggettivo consistente nel nesso teleologico", ma pure il "requisito soggettivo consistente nella manifestazione della volontà delle parti di volere il collegamento"; - che, in particolare, allorché le parti dei contratti collegati siano diverse (e "la connessione rifletta l'interesse soltanto di uno dei contraenti") risulta "necessario" — secondo la ricorrente — che "il nesso teleologico tra i negozi si concreti con l'inserimento di appropriate clausole di salvaguardia della parte che vi ha interesse"; - che, nel caso che occupa, nulla di tutto ciò sarebbe dato rinvenire, ovvero, né la partecipazione di BNP (a quell'epoca subentrata a ### nel contratto di commissione/appalto, né la sua esplicita e chiara manifestazione di volontà nel senso della creazione del collegamento negoziale; - che, in ogni caso, le circostanze fattuali già sopra evidenziate (ovvero, che lo ### non ha mai allegato né dimostrato di aver ricevuto pagamenti di acconti direttamente da ###, avendo, invece, -5- conseguito un decreto ingiuntivo contro F.R.E.A., per la residua quota del corrispettivo dovutogli, provvedimento in forza del quale — non essendo stato lo stesso opposto — ebbe ad insinuarsi al passivo del fallimento con il privilegio degli artigiani ex art. 2751-bis, comma 1, 5, cod. civ.) avrebbero dovuto ingenerare nella Corte territoriale almeno il dubbio che il medesimo ### per primo, fosse conscio dell'inesistenza di alcun collegamento negoziale; che, d'altra parte, il principio del "simul stabunt, simul cadent", al quale ha inteso riferirsi la sentenza impugnata, sarebbe stato "applicato impropriamente e comunque in palese violazione dell'art. 1419 cod.  civ.", e ciò in quanto, sia "le deduzioni" dello ### sia "la documentazione prodotta in giudizio", non evidenzierebbero , `comportamenti ovvero, meno ancora, semplici indizi" in base ai quali costui "non avrebbe concluso il contratto di appalto con la F.R.E.A. se il medesimo non fosse stato collegato ai primi due contratti" (o almeno a quello di finanziamento con successiva locazione finanziaria); - che, infine, ulteriore riprova "della estrema superficialità e apoditticità della decisione indotta dal ### del Collegio giudicante" sarebbe costituita da un semplice raffronto con le circostanze poste dal Tribunale di ### alla base del rigetto della domanda dello ### e "del tutto infondatamente sovvertite dalla decisione della Corte di Appello di ###; - che #### e ### — eredi di ### — hanno resistito, con controricorso, alla proposta impugnazione, chiedendo che essa sia dichiarata inammissibile o comunque rigettata; - che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bú cod. proc.  civ., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio per il 14 settembre 2021; - che entrambe le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive argomentazioni, nonché, la ricorrente, replicando ai rilievi espressi nella proposta del consigliere relatore. 
Considerato in diritto - che il ricorso è inammissibile, non risultando superate dalle osservazioni svolte dalla ricorrente nella memoria ex art. 380-bis, comma 2, cod. proc. civ. — secondo questo collegio — i rilievi formulari nella proposta del consigliere relatore; - che, in via preliminare, deve rammentarsi — non senza, peraltro, previamente rilevare come il fenomeno del collegamento negoziale possa ravvisarsi, secondo questa Corte, anche quando i "negozi funzionalmente collegati non si caratterizzano, tutti, per la perfetta identità soggettiva ed intercorrano tra soggetti in parte diversi" (da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 6-2, ord. 12 gennaio 2018, n. 688, Rv. 647345-01) — che "accertare la natura, l'entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici" (così, tra le molte, Cass. Sez. 3, sent.  17 maggio 2010, n. 11974, non massimata; nello stesso senso, più di recente, e con riferimento persino ad atri non tutti di natura contrattuale, bensì addirittura eterogenea, Cass. Sez. 1, ord. 12 settembre 2018, n. 22216, Rv. 650405-01); - che essendo, dunque, il sindacato di questa Corte circoscritto ad una verifica della "congruità" della motivazione della pronuncia, con -7- cui il giudice di merito abbia ravvisato la sussistenza del collegamento negoziale, lo stesso non può che compiersi se non nei limiti entro i quali è, ormai, consentito al giudice di legittimità il sindacato sulla parte motiva della sentenza; - che, tanto premesso, deve evidenziarsi come la stessa prospettazione del vizio motivazionale denunciato dalla ricorrente — che si duole della "superficiale, insufficiente incongrua e contraddittoria motivazione", operata dalla Corte barese in relazione al ritenuto collegamento negoziale — già presenti serie criticità sul piano dell'ammissibilità, essendo stato dedotto un vizio non più contemplato dall'art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., nel testo "novellato" dall'art. 54, comma 1, lett. b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (testo applicabile "ratione temporis" al presente giudizio); - che è noto, infatti, come tale intervento legislativo abbia comportato la riduzione del sindacato di questa Corte sulla parte motiva della sentenza solo entro il "minimo costituzionale" (cfr.  Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonché, "ex multis", Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01); - che, pertanto, il vizio motivazionale è ormai configurabile soltanto allorché la motivazione sia "meramente apparente", evenienza ricorrente, oltre che nell'ipotesi di "carenza grafica" della stessa, quando essa, "benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento" (Cass. Sez. Un., sent. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv.  -8- 641526-01, nonché, più di recente, Cass. Sez. 6-5, ord. 23 maggio 2019, n. 13977, Rv. 654145-01), o perché affetta da "irriducibile contraddittorietà" (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940, Rv. 645828-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 25 settembre 2018, n. 22598, Rv.  650880-01), ovvero connotata da "affermazioni inconciliabili" (da ultimo, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16111, Rv. 649628- 01), mentre "resta irrilevante il semplice difetto di «sufficienza» della motivazione" (Cass. Sez. 2, ord. 13 agosto 2018, n. 20721, Rv. 650018- 01), ferma in ogni caso restando, poi, la necessità che il vizio "emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata" (Cass. Sez. Un., sent. n. 8053 del 2014, cit.), vale a dire "prescindendo dal confronto con le risultanze processuali" (così, tra le molte, Sez. 1, ord. 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata); - che proprio alla stregua di quest'ultima considerazione, ovvero la necessità che la motivazione riveli "ex se" il vizio di irriducibile contraddittorietà, o di inconciliabilità di affermazioni, da cui risulti eventualmente affetta, e non già attraverso un confronto "con le risultanze processuali", emerge l'inammissibilità di tutte quelle doglianze con cui l'odierna ricorrente contrappone al "decisum" della Corte barese una serie di circostanze fattuali (neppure escluse talune relative al comportamento preprocessuale dello ### che essa avrebbe omesso di trascurare, ovvero che risultano essere state, invece, diversamente apprezzate dal giudice di prime cure; - che, peraltro, la qui ritenuta inammissibilità di siffatte doglianze conclusione imposta anche dall'esigenza di dare continuità a quanto affermato dalle ### di questa Corte; - che esse, infatti, hanno ribadito come a tale declaratoria sia destinata ogni censura che "sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di -9- motivazione" — peraltro, qui neppure specificamente dedotta, avendo la ricorrente denunciato come superficiale, insufficiente, incongrua e contraddittoria, la motivazione sul collegamento negoziale — "e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito" (da ultimo, Cass. Sez. Un., sent. 27 dicembre 2019, n. ###, Rv. 656492- 03).  - che, nondimeno, la censura svolta da BNP con il suo unico motivo di ricorso evoca anche il vizio di violazione di norme di diritto, segnatamente individuate negli artt. 1321, 1322, 1372 e 1419 cod. civ.; che in relazione a tale censura, comunque da ritenere inammissibile per le ragioni di seguito illustrate, questo collegio reputa, però, di doversi discostare dalla proposta del consigliere relatore, che ipotizzava violazione dell'art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., per difetto di specificità; - che la censura, per vero, si sostanzia nell'essere stati disattesi i principi dell'autonomia negoziale e della relatività degli effetti del contratto (altro discorso dovrà, invece, compiersi per la dedotta violazione dell'art. 1419 cod. civ.), per essere stato ritenuto il collegamento tra i contratti per cui è causa non come meramente occasionale, bensì funzionale, pur in carenza dell'elemento costituito dalla "manifestazione della volontà delle parti di volere il collegamento"; - che nello scrutinare tale censura deve muoversi da quanto già affermato da questa Corte, ovvero che "nel caso di negozi collegati, il collegamento deve ritenersi meramente occasionale quando le singole dichiarazioni, strutturalmente e funzionalmente autonome, siano solo casualmente riunite, mantenendo l'individualità propria di ciascun tipo negoziale in cui esse si inquadrano, sicché la loro unione non influenza la disciplina dei singoli negozi in cui si sostanziano", essendo, per contro, il collegamento "funzionale quando i diversi e distinti negozi, cui le parti diano vita nell'esercizio della loro autonomia negoziale, pur conservando l'individualità propria di ciascun tipo, vengono tuttavia concepiti e voluti come avvinti teleologicamente da un nesso di reciproca interdipendenza, per cui le vicende dell'uno debbano ripercuotersi sull'altro, condizionandone la validità e l'efficacia", fermo restando, però, che "ai fini della qualificazione giuridica della situazione negoziale, per accertare l'esistenza, l'entità, la natura le modalità e le conseguenze di un collegamento funzionale tra negozi realizzato dalle parti occorre un accertamento del giudice di merito che passi attraverso l'interpretazione della volontà contrattuale e che, se condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, si sottrae al sindacato di legittimità" (così, in particolare, Cass. Sez. 2, sent. 27 marzo 2007, 7254, Rv. 596068-01); - che esclusa, per le ragioni già sopra illustrate, la possibilità di apprezzare le risultanze di fatto su cui si è innestata la motivazione della Corte barese, resta, in ipotesi, da stabilire se la qualificazione come funzionale (e non meramente occasionale) del collegamento che essa ha inteso ravvisare tra i contratti per cui è causa sia, appunto, avvenuta "nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica"; - che, sotto questo profilo, deve evidenziarsi che la sentenza impugnata ha attribuito rilievo — nella descritta prospettiva di qualificare come non occasionale, bensì funzionale, il collegamento negoziale — alle previsioni di cui all'art. 6 del contratto di locazione finanziaria; - che in tale articolo veniva indicato come sopportato "dal concedente in conseguenza dell'operazione di leasing" (ovvero da ### e cioè, per essa, ormai da ### "il costo totale di acquisto e di realizzazione dell'immobile", ciò che, secondo la Corte barese, renderebbe "evidente, in modo incontrovertibile, che l'intento delle parti contraenti era nel senso" che il "pagamento del costo della realizzazione dell'erigendo fabbricato" dovesse essere sopportato "solo in apparenza dall'utilizzatore, avendo le parti, nella sostanza, voluto regolamentare ed attuare un rapporto contrattuale di appalto indiretto, vale a dire l'assunzione del rischio a carico della F.R.E.A. S.r.l., mentre il beneficio delle opere realizzate dall'appaltatore sarebbe stato a vantaggio di entrambe le società interessate al programma negoziale, e di cui la concedente avrebbe verificato, con un proprio perito di fiducia, la conformità delle stesse alla concessione edilizia"; - che a fronte di tale affermazione la censura dell'odierna ricorrente, lungi dall'appuntarsi su di una errata applicazione dei criteri di ermeneutica contrattuale (artt. 1362-1371 cod. civ.), si sostanzia nella pretesa che "il nesso teleologico tra i negozi si concreti con l'inserimento di appropriate clausole di salvaguardia della parte che vi ha interesse", ovvero che "venga esplicitato ed accettato dagli altri contraenti, in modo che possa pretendere da questi ultimi una condotta orientata al conseguimento dell'utilità pratica cui è finalizzata l'intera operazione", come se la "volontà del collegamento" dovesse necessariamente esteriorizzarsi in una "dichiarazione" — quasi a riecheggiare la dommatica tedesca della "ivillenserklcirung" — e non possa, invece, desumersi dall'assetto complessivo al quale le parti hanno dato vita, come ricavabile anche oltre la "lettera" del testo contrattuale (approccio, peraltro, indicato come necessario da questa Corte, che da tempo ha sottolineato la centralità, tra i criteri ermeneutici diretti alla "ricerca della reale volontà delle parti", di "quello funzionale, che attribuisce rilievo alla «ragione pratica» del contratto, in conformità agli interessi che le parti hanno inteso tutelare mediante la stipulazione negoziale"; Cass. Sez. 3, sent. 22 novembre 2016, n. 23701, Rv. 642983-01; in senso conforme anche Cass. Sez. 3, sent. 6 luglio 2018, n. 17718, Rv. 649662-01, nonché, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 8 marzo 2019, n. 6882, non massimata); - che, pertanto, la ricorrente — lungi dal dolersi del fatto che gli accordi contrattuali non contemplassero una esplicita dichiarazione di ‘`volere il collegamento" — avrebbe dovuto, semmai, contestare l'esito dell'operazione ermeneutica compiuta dalla Corte barese, evidenziandone la contrarietà a taluno di qui canoni "interpretativi" o "interpretativi-integrativi" (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 15 luglio 2016, 14432, Rv. 640528-01) che presiedono alla ricostruzione del contenuto complessivo di ogni operazione negoziale, su tali basi contestando la conclusione alla quale essa è pervenuta, ovvero che il costo degli interventi necessari per l'edificazione di un immobile eretto su terreno di proprietà di ### (e poi da questa concesso in locazione finanziaria a F.R.E.A.) dovessero essere dalla stessa sopportati; - che in tal senso, dunque, deve ritenersi che le censure — in particolare — di violazione degli artt. 1321, 1322 e 1372 cod. civ. non si correlino alla "ratio decidends" della sentenza impugnata, che avrebbe dovuto essere confutata sul piano della prospettazione di errori nell'applicazione dei "criteri di logica ermeneutica" (cfr. Cass. Sez. 2, sent. n. 7254 del 2007, cit.), donde la loro inammissibilità, alla stregua del principio secondo cui "la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al «decisum» della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall'art. 366, n. 4), cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso rilevabile anche d'ufficio" (cfr. Cass. Sez. 6- 1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme, Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv., 658411-01); - che un discorso a parte, infine, va compiuto con riferimento alla dedotta violazione dell'art. 1419 cod. civ. (sulla quale la ricorrente ha insistito, in particolare, nella memoria depositata in vista dell'adunanza camerale in cui è stata esaminata la sua impugnazione), dal momento che questo collegio non comprende in che misura la norma sulla nullità parziale del contratto venga in rilievo nel caso che occupa e, soprattutto, quale sia — e con riferimento a quale delle operazioni collegate — il profilo di invalidità dedotto (e la sua scaturigine); - che, sul punto, va pertanto dato seguito al principio, quasi cinquantennale, secondo cui deve ritenersi "inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che, per la sua oscura formulazione, non consente di intendere il significato e la portata della censura svolta" (così Cass. Sez. Lay., sent. 15 dicembre 1979, n. 6530, Rv. 403284-01; in senso sostanzialmente analogo, già in passato, Cass. Sez. 3, sent. 6 agosto 1974, n. 2363, Rv. ###-01, nonché, in tempi più recenti, Cass. Sez. 3, sent. 4 febbraio 2000, n. 1238, Rv. 533471-01); - che il ricorso, in conclusione, va dichiarato interamente inammissibile; - che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo; - che, in ragione della declaratoria di inammissibilità del ricorso, va dato atto — ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 — della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto secondo accertamento spettante all'amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 - b is dello stesso art. 13.  PQM La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando la società ### S.p.a. a rifondere, a #### e ### le spese del presente giudizio, che liquida complessivamente a favore delle stesse in C 5.500,00, oltre C 200,00 per esborsi, nonché 15% per spese generali più accessori di legge()14,:cí t/C)12-1/4-qi2-t' o hz_ ìn4,,_:###,\;-b-### Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, .  115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. 
Così deciso in ### all'esito di adunanza camerale della ### 

Giudice/firmatari: Scoditti Enrico, Guizzi Stefano Giaime

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Tribunale di Campobasso, Sentenza n. 239/2025 del 22-10-2025

... 3.746,36 a titolo di ### Costituendosi in giudizio, la ditta ### già ### di #### eccepiva: - l'infondatezza dei presupposti fondanti la giusta causa in relazione alle dimissioni presentate dal lavoratore; - l'insussistenza dei presupposti per l'ottenimento del superiore inquadramento, in difetto dell'allegazione in ricorso delle effettive attività che il ricorrente avrebbe svolto nel corso del rapporto di lavoro; -la carenza di prova relativamente all'espletamento di lavoro straordinario e/o supplementare, nonché circa la prospettata mancata fruizione di ferie e permessi. La resistente contestava, altresì, i conteggi relativi alla quantificazione delle differenze retributive allegati agli atti dal ### eccependo che gli stessi apparivano non pertinenti al rapporto di lavoro dedotto in giudizio, poiché riferibili ad un rapporto di lavoro full time, evidenziando che la relativa redazione era avvenuta tenuto conto della paga mensile e non della retribuzione oraria, peraltro senza distinzione tra ore computate a titolo di lavoro ordinario e quelle ascrivibili a lavoro straordinario; aggiungeva, inoltre, che le somme indicate come “percepito” non corrispondevano a quanto effettivamente (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ### giudice del lavo ro, ### a ll'esito dell'udien za del 21/ 10/2025, svolta con modalità cartolare ex art. 127 ter c.p.c., ha emesso la seguente SENTENZA nel procedimento avente per oggetto “riconoscimento superiore inquadramento e differenze retributive” promossa DA ### rappresentato e difeso dagli avv.ti ### e ### con studio in ####, alla via N. Iosso, n. 6, ove sono tutti elettivamente domiciliati; RICORRENTE CONTRO ### di ### in persona del titolare, difesa dall' avv. ### elettivamente domiciliata presso lo studio del legale in ### via ### di ### n. 22 RESISTENTE ### E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 414 c.p.c. depositato il ###, ### deduceva: -di a ver prestato attività lavorativa alle dipende nze della ### odierna resistente, #### di ### operante nel campo dell'installazione di impianti elettrici e termoidraulici, per i seguenti periodi: dal 1/6/ 2009 al 30/4/2010 con contratto a tempo pieno e indeterminato; ####: 57845371e79754f2e396873a9c866310
Sentenza n. 239/2025 pubbl. il ###
RG n. 992/2023 Io sottoscritta Avv. #### (C.F. ###), in forza del mandato alle liti in atti ### che la presente copia della ###entenza n.239/2025 pubbl. il ### RG n. 992/20234 0 conforme al corrispondente documento informatico da cui 0 stata estratta ### altres4 che la pr esente copia cartacea equivale alla copia esecutiva unica prevista dall2 art. 476, co. I, c.p.c. dal 15/4/2013 al 30/9/2013 con contratto a tempo parziale (20 ore settimanali) e indeterminato; dal 1/10/2013 al 31/7/2014 con contratto a tempo pieno e indeterminato; dal 1/8/2014 al 6/1/2016 con contratto a tempo parziale (20 ore settimanali) e indeterminato; dal 7/1/2016 al 29/2/2020 con contratto a tempo parziale (24 ore settimanali) e indeterminato; dal 1/3/2020 al 23/2/2022 con contratto a tempo pieno e indeterminato; -che il rapporto di lavoro era terminato in data ### per dimissioni per giusta causa rassegnate in ragione dell'omessa corresponsione della retribuzione relativa al mese di gennaio 2022, nonché per il mancato rispetto del contratto di lavoro; -di essere stato inquadrato nel 4° livello del ### applicabile (metalmeccanici industria), con la qualifica di installatore di apparecchi termici idraulici, per il periodo dal 1/6/2009 e fino al 14/4/2013; -che, a decorrere dal 15/4/2013, era stato inquadrato con la qualifica di operaio nel 6° livello del richiamato ### pur svolgendo sempre le medesime mansioni; di aver ricevuto il pagamento della tredicesima mensilità solo relativamente agli anni 2020 e 2021; -di aver fruito di una o due settimane di ferie all'anno; -di non aver mai fruito di permessi; -di aver sempre espletato il seguente orario di lavoro: dalle 8.00 alle 18.30, dal lunedì al venerdì, con breve pausa pranzo; -di aver sovente lavorato con gli stessi orari anche nella giornata del sabato; -che la propria attività lavorativa consisteva nell'installazione di impianti termo idraulici e/o di condizionamento o nella manutenzione ordinaria e straordinaria degli stessi; -di aver diritto, a far data dal 15/4/2013, all' inquadramento nel 4° livello del ### applicabile, con conseguente riconoscimento delle relative differenze retributive, nonché dei compensi a titolo d'indennità di servizio, lavoro straordinario diurno e supplementare in ragione del fatto di aver lavorato per 10 ore al giorno per sei giorni alla settimana e delle somme dovute a titolo di quota aggiuntiva di ### Tanto premesso, il ricorrente chiedeva a questo Tribunale di accertare e dichiarare che tra le parti era intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno, con gli orari e le mansioni indicati in ricorso, con inquadramento al 4° livello del ### applicabile e, per l'effetto, chiedeva di accertare il proprio diritto alla corresponsione, da parte della ### resistente, della somma di € 70.163,31, di cui € 4,839,99 a titolo di TFR e/o di quella somma maggiore o minore da accertarsi in corso di causa, per retribuzione straordinaria, supplementare, tredicesima mensilità, nonché trattamento di fine rapporto, ferie e permessi non goduti, facendo riferimento al C.C.N.L. applicabile <<e ad ogni altro diritto applicabile e qui non richiamato, nonché di tutti gli istituti contrattuali applicati e/o inapplicati e/o applicabili, il tutto maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria dalla data di insorgenza del credito e sino al reale soddisfo>>; in via subordinata, in caso di riconoscimento dell' inquadramento nel 5° livello del ### applicabile, chiedeva la corresponsione da parte della ### resistente della somma di € 63.011,43, di cui € 4.345,62 a titolo di TFR ed, in caso di riconoscimento del 6° livello, la corresponsione della somma di € 54.322,25, di cui € 3.746,36 a titolo di ### Costituendosi in giudizio, la ditta ### già ### di #### eccepiva: - l'infondatezza dei presupposti fondanti la giusta causa in relazione alle dimissioni presentate dal lavoratore; - l'insussistenza dei presupposti per l'ottenimento del superiore inquadramento, in difetto dell'allegazione in ricorso delle effettive attività che il ricorrente avrebbe svolto nel corso del rapporto di lavoro; -la carenza di prova relativamente all'espletamento di lavoro straordinario e/o supplementare, nonché circa la prospettata mancata fruizione di ferie e permessi. 
La resistente contestava, altresì, i conteggi relativi alla quantificazione delle differenze retributive allegati agli atti dal ### eccependo che gli stessi apparivano non pertinenti al rapporto di lavoro dedotto in giudizio, poiché riferibili ad un rapporto di lavoro full time, evidenziando che la relativa redazione era avvenuta tenuto conto della paga mensile e non della retribuzione oraria, peraltro senza distinzione tra ore computate a titolo di lavoro ordinario e quelle ascrivibili a lavoro straordinario; aggiungeva, inoltre, che le somme indicate come “percepito” non corrispondevano a quanto effettivamente risultante dalle buste paga e che non vi era alcun riferimento a festività, ferie e permessi. 
La resistente chiedeva quindi l'integrale rigetto dell'iniziativa processuale intrapresa dal ricorrente. 
La causa veniva istruita mediante l'acquisizione della documentazione depositata dalle parti e l'espletamento di prova testimoniale.  ________________ 1.La pretesa azionata dal ricorrente in via giudiziale ha ad oggetto, in primo luogo, il riconoscimento, con decorrenza dalla data del 15.04.2013 e sino al 29.02.2020, del superiore inquadramento nel 4° livello del ### e ### in luogo del 6° livello attribuitogli dalla datrice di lavoro. 
Tale domanda va rigettata. 
Ineludibile premessa di carattere metodologico ai fini dell'accertamento del diritto del prestatore di lavoro al riconoscimento del superiore inquadramento risiede nell'applicazione del criterio trifasico. 
Occorre infatti ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, il lavoratore che rivendichi nei confronti del datore di lavoro una superiore qualifica professionale in relazione alle mansioni svolte ha l'onere di dimostrare: la natura e il periodo di tempo durante il quale le mansioni sono state espletate; il contenuto delle disposizioni individuali, collettive o legali, in forza delle quali la superiore qualifica viene rivendicata; la coincidenza delle mansioni svolte con quelle descritte dalla norma individuale, collettiva o legale; con la conseguenza che non grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare la non inquadrabilità delle mansioni svolte dal lavoratore nelle norme collettive da questi invocate ai fini del preteso diritto alla qualifica superiore (Cass. ord. 1 marzo 2021, n. 5536; Cass., Sez. Lav., ord. 31.03.2021, n. 8955). 
Compete, dunque, al lavoratore che agisca in giudizio l'onere di provare e allegare gli elementi posti alla base della domanda e in particolare i profili caratterizzanti le mansioni della qualifica superiore rivendicata, raffrontandoli, altresì, espressamente con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di aver concretamente svolto. 
In particolare, affinché il lavoratore possa essere inquadrato in un superiore livello professionale del ### di categoria è necessario che: 1) siano al medesimo assegnate mansioni corrispondenti al suddetto livello, non essendo sufficiente che i compiti richiesti siano quantitativamente ulteriori o aggiuntivi rispetto a quelli svolti in precedenza, se questi ultimi corrispondono al medesimo livello di inquadramento; 2) le mansioni corrispondenti al livello superiore abbiano quantomeno carattere prevalente nell'ipotesi di contemporaneo espletamento di mansioni appartenenti a più livelli d'inquadramento; 3) i compiti concretamente svolti dal lavoratore corrispondano a mansioni inquadrate nel livello superiore non solo rispetto agli atti nei quali essi materialmente si esplicano, ma anche rispetto al grado di responsabilità e di autonomia proprio della qualifica rivendicata. 
Circa le modalità concrete di applicazione del menzionato criterio trifasico, deve rilevarsi che, in ossequio allo stesso, il giudice di merito è chiamato a procedere ad una penetrante ricognizione del contenuto delle mansioni svolte dal lavoratore ed all'esame delle declaratorie generali delle categorie di inquadramento coinvolte nella controversia e dei profili professionali pertinenti, atteso che nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato non si può prescindere, per l'appunto, da tre fasi successive, che corrispondono (cfr., tra le altre, Cassazione civile sez. lav., 28/02/2024, n.5297): a) all'accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte dal dipendente; b) all' individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria; c) al raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda. 
Come accennato, il ricorrente, avendo premesso di essere stato dipendente della resistente dal 1.06.2009 al 23.02.2022, deduce, per il periodo compreso tra il ### e sino al 29.02.2020, l'espletamento di mansioni superiori -vale a dire riconducibili al 4° livellorispetto a quelle del 6° livello del medesimo ### nel quale era stato inquadrato. 
Tuttavia, il ricorrente è incorso in lacune di allegazione, oltre che di prova, in ordine alla domanda proposta, con la conseguenza che l'applicazione del criterio trifasico è a ben vedere inibita, dal momento che non può effettuarsi una soddisfacente analisi comparativa dei profili di inquadramento, attesa non solo la mancata allegazione della declaratoria riferita all'inquadramento di appartenenza, ma anche la carenza di elementi, quantomeno descrittivi, delle mansioni in concreto espletate dal ricorrente e della esplicitazione dei profili di riconducibilità dei compiti svolti in concreto al superiore livello di inquadramento invocato. 
Peraltro, tali carenze non possono essere colmate dal giudice, nemmeno facendo ricorso ai propri poteri d'ufficio, atteso che questi ultimi non possono essere utilizzati per sopperire alle carenze in punto di allegazione <<valendo il principio generale per cui il giudice - se può sopperire alla carenza di prova attraverso il ricorso alle presunzioni ed anche all'esplicazione dei poteri istruttori ufficiosi previsti dall'art. 421 c.p.c. - non può invece mai sopperire all'onere di allegazione che concerne sia l'oggetto della domanda, sia le circostanze in fatto su cui questa trova supporto>> (Cass., S.U., 24 marzo 2006, n. 6572). 
Sul punto, la Suprema Corte ha infatti precisato che il lavoratore <<ha l'onere di allegare e di provare gli elementi posti a base della domanda ed è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì espressamente con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto>> (cfr.  21/05/2003 n. 8025), non essendo sufficiente la mera elencazione dei compiti svolti ed il richiamo, in questo caso anche monco, alle declaratorie contrattuali, non potendo, a tal fine, sopperire l'intervento ufficioso del Giudice, che non solo ignora i dati fattuali di riscontro, ma neppure può interferire con il principio fondante la regola processuale che impone a colui che agisce in giudizio l'onere di allegare e di provare gli elementi complessivi posti a sostegno della domanda. 
Peraltro, il lavoratore che rivendichi la qualifica superiore ha l'onere di allegare nel ricorso introduttivo e, poi, di provare in modo rigoroso, nel corso della causa, non solo lo svolgimento dell'attività dedotta, ma anche le modalità con cui l'ha eseguita, con specifico riferimento alla sua possibile complessità, ai connessi profili di responsabilità ed autonomia, nonché all'eventuale potere di coordinamento di altri colleghi (Cass., ord. 16 agosto 2018 n. 20748). 
Il ricorrente nel caso in esame è pure venuto meno al preciso onere di allegazione dei compiti svolti e delle disposizioni contrattuali applicate, posto che egli era tenuto anche ad esplicitare la gradazione e l'intensità dell'attività corrispondente al modello contrattuale invocato rispetto a quello effettivamente attribuito. 
Sul punto, infatti, il ricorrente, dopo aver riportato la declaratoria riferita al livello di inquadramento invocato, si limita ad argomentare che << La descrizione effettuata dal suddetto articolo per aver diritto all'inquadramento al IV livello del ### si attaglia perfettamente alle mansioni svolte dal ### così come narrate al punto VII della premessa in fatto del presente atto>> (pag. 5 del ricorso introduttivo); tuttavia, nel richiamato punto VII viene riportato esclusivamente che << l'attività lavorativa del ricorrente è sempre consistita, fin dal primo giorno di lavoro, nell'installazione di impianti termo idraulici e o di condizionamento o nella manutenzione ordinaria e straordinaria degli stessi effettuando interventi al domicilio della clientela della ditta del resistente e, ovviamente, non in sostituzione di un lavoratore con diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro>> (pag. 2 del ricorso introduttivo). 
Posto che nella declaratoria riferita al 4° livello del ### di riferimento risultano inquadrati << i lavoratori che, oltre a possedere i requisiti della 5ª, costruiscono con perizia e specifica autonomia un impianto, sulla base di indicazioni e/o disegni e/o schemi equivalenti; predispongono ed eseguono le ordinarie prove di funzionamento di impianti complessi con controllo dei relativi dispositivi di sicurezza; individuano ed effettuano riparazione di guasti e/o svolgono attività di semplice coordinamento di altri lavori; effettuano valutazioni sulla condotta e il risultato delle lavorazioni senza responsabilità relativa alla stima dei tempi; realizzano saldature in opera di particolare difficoltà; compilano una descrizione tecnica del lavoro svolto in cantiere>>, si prende atto che il ricorrente: nulla esplicita rispetto al contenuto dei requisiti afferenti alla V categoria, che non vengono neppure richiamati; non allega, né tantomeno, dimostra di possedere tali requisiti; nulla adduce rispetto alla specifica autonomia operativa posseduta rispetto alla costruzione di un impianto; nulla adduce con riguardo all'effettivo svolgimento da parte sua delle prove di funzionamento <<di impianti complessi con controllo dei relativi dispositivi di sicurezza>> o in ordine alla riparazione di guasti; nulla deduce rispetto all'attività di coordinamento di altri lavori, né sulla condotta e il risultato delle lavorazioni senza responsabilità relativa alla stima dei tempi o sulla realizzazione di saldature di particolare difficoltà; si limita ad allegare la mera compilazione dei rapporti di cantiere (punto VI del ricorso pag. 2). 
Peraltro, la “descrizione” delle mansioni contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio - operata, come si è già precisato, “di rimando” alla declaratoria dell'inquadramento invocato - non consente di estrapolarne caratteristiche intrinseche ed estrinseche che ne consentano la riconducibilità al superiore inquadramento. 
Nel corpo del ricorso non sono state indicate le caratteristiche delle mansioni svolte dal lavoratore, né si è data contezza della declaratoria della categoria di provenienza, atteso anche che, qualora un contratto collettivo preveda una medesima attività di base in distinte qualifiche, in scala crescente, a seconda che tale attività sia svolta in maniera elementare o in maniera più complessa (nel caso di specie “manutenzione” di impianti e “installazione” di impianti), il fatto costitutivo della pretesa del lavoratore che richieda la qualifica superiore non è solo lo svolgimento della suddetta attività di base, ma anche l'espletamento delle più complesse modalità di prestazione alle quali la declaratoria contrattuale collega il superiore inquadramento (Cass. n. 12092/2004; 8225/2003; 11925/2003; n. 7453/2002; 12792/2003). 
In altri termini, sarebbe stata necessaria la prospettazione e l'allegazione (oltre che la prova) delle caratteristiche delle mansioni svolte, alla luce delle declaratorie contrattuali, onde consentire al giudicante di verificare il rapporto tra le mansioni in concreto espletate e quelle rivendicate, poiché è proprio tale giudizio di comparazione che costituisce il presupposto indefettibile per l'applicazione del criterio trifasico e per l'eventuale riconoscimento del diritto alle differenze di trattamento economico. 
Alle evidenziate carenze non ha sopperito l'espletamento della prova testimoniale, le cui risultanze, oltretutto, non confortano neppure la tesi del ricorrente con riferimento all'invocato art. 32 del ### di riferimento, che prevede il passaggio alla superiore categoria del lavoratore che per un periodo di tre mesi disimpegni mansioni superiori. 
Sotto tale profilo va, infatti, considerato che l'applicazione della richiamata norma pattizia non può prescindere dalla dimostrazione del concreto impiego in mansioni superiori da parte del lavoratore. 
Ebbene, riguardo a tale aspetto, devono, dunque, essere considerate le risultanze dell'espletata prova per testi: ➢ il teste di parte ricorrente ### è indubbiamente un teste de relato atteso che, esplicitamente, rispetto alle dichiarazioni rese in relazione ai capitoli ammessi per la parte ricorrente, affermava: <<### a conoscenza dei fatti di causa perché sono la compagna di ### qualcosa raccontava, qualcosa la vedevo io in prima persona…>> senza ulteriormente specificare quali fossero le circostanze delle quali aveva contezza diretta ed, ancora, rispetto alle dichiarazioni rese sui capitoli 8 e 9 della memoria difensiva: <<Lo so perché il ### mi riferiva ciò…questo mi è stato riferito da ###>.  ➢ ### teste di parte ricorrente, ### dichiarava che le mansioni del ricorrente si concretizzavano nella manutenzione delle caldaie:<<### a casa mia solo per la manutenzione…### dire che da me veniva lui a fare la manutenzione della caldaia. Altro non so>>. In proposito appare, invero, ultroneo sottolineare che le operazioni di manutenzione delle caldaie differiscono ontologicamente dalle operazioni di installazione degli impianti; ➢ Le dichiarazioni dei testi indicati dalla resistente risultavano, invece, del tutto confermative della regolarità dell'inquadramento attribuito dalla parte datoriale al ricorrente e dell'espletamento di mansioni riconducibili a quel livello. 
Alla stregua delle considerazioni che precedono, la domanda volta ad ottenere il superiore inquadramento va rigettata, perché non provata.  2.Il ricorrente ha, altresì, proposto domanda di riconoscimento di differenze retributive sul presupposto di aver svolto -per tutto il periodo lavorativo alle dipendenze della ### resistente prestazionilavoro straordinario e/o supplementare, adducendo di aver diritto anche al pagamento di ferie e permessi non goduti. 
In merito alla dimostrazione dell'espletamento del lavoro supplementare e/o straordinario, deve essere evidenziato che, secondo i principi generali dettati in materia di ripartizione dell'onere probatorio, il lavoratore che chieda in via giudiziale il relativo compenso ha l'onere di dimostrare che la prestazione sia stata svolta oltre l'orario di lavoro contrattualmente o legalmente stabilito, in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 2967 c.c., atteso che lo svolgimento del lavoro in eccedenza si configura quale fatto costitutivo della pretesa azionata, senza che al mancato assolvimento di detto onere possa supplire la valutazione equitativa del giudice (Cass., 14/8/1998, n. 8006; Cass. 29/3/2003, n. 1389; Cass. S.U., 17/6/2004, 11353; Cass., 3/2/2005, n. 2144; Cass. 9/2/2012, n. 1878; Cass. 4/10/2013, n. 22738; Civ., Sez. Lav., 19/6/2018, n. 16150; Cass., sent. n. 13150/2018; Cass., Sez. Lav., 20/02/2018, n. 4076; Cass., Sez. Lav., 19/06/2018, n. 16150); ed infatti, a norma dell'art. 432 c.p.c., i presupposti per la valutazione equitativa del giudice ricorrono soltanto nella misura in cui sia certo il diritto, ma non sia possibile determinare la somma dovuta in base al diritto accertato.  ###.C. ha, sul tema, osservato che il lavoratore che agisca per ottenere il compenso per il lavoro straordinario (e lo stesso vale per il lavoro supplementare e festivo) <<ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro e ... altresì è tenuto a provare il numero di ore effettivamente svolto>> (Cass. n. 3714/2009 e in senso analogo Cass. 12434/2006, n. 1389/2003, n. 12695/2001). 
Costituisce principio reiteratamente e correttamente ripetuto nelle massime giurisprudenziali sopra richiamate che detta prova debba essere “piena e rigorosa”. 
Tale onere probatorio investe, dunque, sia la dimostrazione dello svolgimento della prestazione lavorativa nell'orario normale, sia quella dell'espletamento della prestazione lavorativa oltre tale orario sia, infine, quella dell'articolazione di detta prestazione, con riferimento ad eventuali pause godute, al fine di poter puntualmente ricostruire la prestazione resa (Cass. civ., Sez. lavoro, 17/10/2001, n. 12695). 
Quindi, il lavoratore-ricorrente è tenuto a fornire, in maniera non generica, la prova dell' an - ovvero di aver svolto attività lavorativa in regime di straordinario o di lavoro supplementare - e del quantum, ovvero della “misura quantitativa” delle prestazioni asseritamente rese, nonché della collocazione cronologica di dette prestazioni eccedenti il normale orario di lavoro ovvero quello contrattualizzato e, dunque, non solo del “quanto”, ma anche del “quando” i limiti di orario siano stati superati, senza che il giudice possa ovviare, come già in precedenza rilevato, a carenze probatorie facendo ricorso a valutazioni equitative. 
Fatta tale premessa sui principi generali, deve affermarsi che tale onere non è stato soddisfatto dal ### Invero, parte ricorrente ha allegato di avere lavorato per un orario maggiore di quello contrattualmente stabilito, per il quale era stato retribuito, senza tuttavia specificare, nel dettaglio, le concrete modalità con cui il suddetto orario si sarebbe discostato da quello effettivamente osservato, limitandosi, quindi, ad una generica indicazione dell'orario svolto. 
Per di più, le dichiarazioni dei testi escussi non hanno in alcun modo contribuito a confermare le prospettazioni del ricorrente; invero: -il teste di parte ricorrente ### riferiva sul punto che: <<### si avviava da casa sempre alle ore 7,30 per poter essere in orario al lavoro…la sera il lavoro finiva sempre tra le 18,00 e le 19,00…la pausa pranzo veniva effettuata mangiando un panino al volo mentre raggiungeva l'altro appuntamento di lavoro …altre volte, quando era in ufficio, la pausa pranzo veniva accompagnata sempre da mansioni lavorative…Il sabato lavorava, raramente capitava la mezza giornata, di solito mattina e pomeriggio>>; -gli ulteriori testi escussi sulla medesima circostanza (punto V del ricorso introduttivo) dichiaravano di non essere a conoscenza degli orari di lavoro effettuati dal ### Emerge, dunque, all'evidenza, l'assoluta inidoneità degli elementi probatori forniti dal ricorrente a corroborare la proposta domanda. 
Si osserva che la deposizione resa sul punto dalla teste ### peraltro convivente del ricorrente, si è limitata ad individuare gli orari in cui ### usciva di casa al mattino e quelli in cui vi faceva rientro, che risultano del tutto irrilevanti rispetto all'individuazione dell'orario di lavoro effettivamente svolto dal ricorrente e nulla adducono rispetto alla articolazione dell'orario di lavoro nel corso della giornata. 
Inoltre, la circostanza, pure affermata dalla teste in questione, circa il fatto che il ### lavorasse nella giornata del sabato, è contraddetta da quanto riferito dal teste ### sul medesimo punto, posto che quest'ultimo, dipendente della ### resistente, afferma che <<…il sabato non abbiamo mai lavorato…>>. 
Analoghe osservazioni vanno svolte con riguardo alla dedotta mancata fruizione di ferie e permessi, per le quali il ricorrente chiede di essere indennizzato, posto che l'espletamento di attività in eccedenza rispetto alla durata normale del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo della pretesa. 
In proposito, la Suprema Corte ha affermato che il lavoratore che agisce in giudizio per ottenere la corresponsione dell'indennità sostitutiva delle ferie (o permessi) non goduti deve provare l'avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati (Cass. , Lav., ord. n. 7696 del 6/4/2020). 
Nel caso di specie, la genericità delle circostanze storiche riportate dal ricorrente e l'assoluta assenza di riscontri probatori conduce inevitabilmente al rigetto della domanda.  3.Per le esposte ragioni, il ricorso deve essere rigettato. 
Le spese processuali seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano in dispositivo.  PQM Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così statuisce: 1) Rigetta il ricorso; 2)Condanna il ricorrente ### al pagamento delle spese processuali in favore della ### di ### spese che liquida in complessivi euro 5.800,00 per compensi professionali, oltre ### CPA e rimborso forfettario del 15%, con distrazione.   Così deciso in ### 22.10.2025 

Il Giudice
del ### RG n. 992/2023


causa n. 992/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Previati Barbara

M
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Tribunale di Napoli Nord, Sentenza n. 4406/2025 del 12-12-2025

... in data 4 ottobre 2021, posto che, nelle more, la ditta individuale della ### veniva cancellata dal Registro delle ### - in data ### la ### trasferiva alla figlia, ### l'immobile in oggetto. Così ricostruita la vicenda, l'attrice ha dedotto che l'atto di compravendita impugnato sarebbe innanzitutto nullo e/o inefficace per simulazione assoluta delle parti ai sensi dell'art. 1414 c.c., in quanto l'alienante avrebbe continuato ad abitare l'immobile anche in seguito alla sua conclusione e non vi sarebbe prova dell'effettivo versamento del prezzo pattuito: in quest'ottica l'attrice rappresentava che l'acquirente avrebbe deciso d'intesa con la madre di accollarsi le restanti rate di ammortamento del mutuo gravante sugli immobili compravenduti a partire da 01.12.2019, senza che la madre venisse liberata nei confronti dell'istituto erogante. Inoltre, anche il prezzo pattuito per la compravendita risulterebbe anomalo poiché inferiore al reale valore di mercato dei cespiti trasferiti. Da ultimo, andrebbero valorizzati, quali elementi indiziari ulteriori dell'avvenuta simulazione, anche il rapporto di convivenza e di stretta parentela sussistente tra le parti contrattuali, nonché la (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI NORD TERZA SEZIONE CIVILE R.G. 3227/2024 Il Tribunale di Napoli nord, nella persona del Giudice, dott. ### ha pronunciato la seguente: ### procedimento iscritto al n. 3227 del ruolo generale degli affari civili contenziosi dell'anno 2024, avente ad oggetto un'azione di accertamento di simulazione e un'azione revocatoria, proposta con ricorso, ex art. 281 decies c.p.c., da: ### S.P.A., con sede ###### alla ### n. 15, C.F.  ###, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. ### (C.F.: ###) e con questi elettivamente domiciliat ###, indirizzo P.E.C.: ###; - Attrice; #### nata a ### il ###, C.F. ### , quale titolare dell'omonima impresa individuale, con sede ### (C.F.  ###), rappresentata e difesa dall'Avv. ### C.F. ###, con domicilio digitale eletto all'indirizzo P.E.C.: ###; - ###É DI ### nata a #### il ###, C.F. ###, residente in #### alla via ### delle ### n. 4, rappresentata e difesa dall'Avv. ### (C.F.  ###) ed elettivamente domiciliat ####### alla via ### 28, indirizzo P.E.C.: ###; - ###ì come precisate dalle parti all'udienza del 13 novembre 2025.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 281 decies c.p.c. iscritto a ruolo il 19 aprile 2024 e notificato in data 29 maggio 2024, il ### S.p.a. ha convenuto in giudizio ### e ### al fine di ottenere l'accertamento della simulazione ex art. 1414 c.c., od in subordine la declaratoria di inefficacia relativa ex art. 2901 c.c. del seguente atto dispositivo: - Atto di compravendita stipulato tra ### e ### dinanzi al ### dott.  ### in data ### (Rep. n. 139875 - ### 40035) e trascritto in data ### ( ### n. ### - ### n. 43082), con il quale la prima ha ceduto alla seconda: a) la piena proprietà dell'appartamento sito in #### alla ### delle ### n. 4, posto al primo piano della consistenza di cinque vani e mezzo catastali, riportato nel catasto dei ### del Comune di ### al foglio 12, particella 5453, sub. 7, categoria A/2, classe 3, confinante con cortile sub. 1, con p.lla 544, con appartamento sub. 6 e con vano scala sub. 3, riservandosi il diritto di abitazione per sé vita natural durante; b) la quota indivisa pari a ¼ della piena proprietà del locale pertinenziale ad uso deposito al piano seminterrato riportato nel ### dei ### del Comune di ### al foglio 12, particella 5453, sub. 9, cat. C/2, classe 1, della consistenza catastale di 147 metri quadrati, confinante con cortile sub 1, con vano scala sub 3, con locale sub 8 e con p.lla 544. 
Nella prospettazione offerta in ricorso, l'atto dispositivo in oggetto sarebbe nullo e/o inefficace, in quanto esclusivamente posto in essere al fine di arrecare pregiudizio alle ragioni di credito vantate dal ### S.p.a. nei confronti della ### A riprova di ciò, la società ricorrente precisava che: - la ### quale titolare dell'omonima impresa individuale, era debitrice del SEN della complessiva somma di euro 114.520,09 in virtù di un rapporto di fornitura di energia elettrica posto in essere per l'immobile sito in ### al ### I n. 146; - tale credito sarebbe sorto in seguito al verbale di verifica del 4 settembre 2018, redatto dai tecnici del servizio di distribuzione a seguito di ispezione presso l'utenza della convenuta. In tale circostanza veniva accertato l'esistenza di un prelievo fraudolento di energia elettrica 4 settembre 2013- 4 settembre 2018, sottoscritto senza riserve dalla convenuta; - dopo aver provveduto alla ricostruzione dei consumi effettivi mediante le opportune verifiche sul misuratore, SEN emetteva la fattura n. ###### del 12 ottobre 2018 per ottenere il pagamento di quanto dovuto; - rimasta inevasa la richiesta di pagamento, il suddetto credito confluiva nel decreto ingiuntivo 7132/2020 emesso dal Tribunale di ### su ricorso dell'odierna attrice in data 16 aprile 2020, successivamente dichiarato provvisoriamente esecutivo con ordinanza del 8 luglio 2021 e spedito in forma esecutiva in data 16 luglio 2021; - parimenti restava senza esito la successiva notifica dell'atto di precetto in data 4 ottobre 2021, posto che, nelle more, la ditta individuale della ### veniva cancellata dal Registro delle ### - in data ### la ### trasferiva alla figlia, ### l'immobile in oggetto. 
Così ricostruita la vicenda, l'attrice ha dedotto che l'atto di compravendita impugnato sarebbe innanzitutto nullo e/o inefficace per simulazione assoluta delle parti ai sensi dell'art. 1414 c.c., in quanto l'alienante avrebbe continuato ad abitare l'immobile anche in seguito alla sua conclusione e non vi sarebbe prova dell'effettivo versamento del prezzo pattuito: in quest'ottica l'attrice rappresentava che l'acquirente avrebbe deciso d'intesa con la madre di accollarsi le restanti rate di ammortamento del mutuo gravante sugli immobili compravenduti a partire da 01.12.2019, senza che la madre venisse liberata nei confronti dell'istituto erogante. 
Inoltre, anche il prezzo pattuito per la compravendita risulterebbe anomalo poiché inferiore al reale valore di mercato dei cespiti trasferiti. 
Da ultimo, andrebbero valorizzati, quali elementi indiziari ulteriori dell'avvenuta simulazione, anche il rapporto di convivenza e di stretta parentela sussistente tra le parti contrattuali, nonché la sussistenza di ulteriori debiti dell'alienante nei confronti dell'erario.  ### aveva poi, in via subordinata, dedotto che l'atto di compravendita censurato sarebbe stato oggetto di simulazione relativa. Ciò in quanto le parti avrebbero in realtà posto in essere un atto di donazione. A sostegno di tale ricostruzione, oltre agli elementi indiziari già forniti, l'attrice ha rappresentato che pochi mesi prima del rogito notarile la ### avrebbe donato al proprio figlio altri due beni immobili di sua proprietà. Pertanto, nel caso in esame, nell'ambito di una più complessa ed ampia operazione finalizzata al trasferimento, con atto di liberalità, dei beni immobili ai propri figli, sarebbe stato scelto, dalla disponente, la forma dell'atto di compravendita al solo fine di non destare ulteriori sospetti nei confronti dei creditori. 
In ogni caso, la compravendita in esame rappresenterebbe, in definitiva, il tentativo della convenuta di sottrarre beni alla propria responsabilità patrimoniale generica, pregiudicando o comunque rendendo in tal modo più difficoltoso il recupero del credito da parte dell'odierna società attrice, e pertanto, ritenuti sussistenti i presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dall'art. 2901 c.c., per l'esperimento dell'actio pauliana, l'attrice concludeva, in via ulteriormente gradata, per l'accertamento della sua inefficacia relativa, il tutto con vittoria di spese.  *** 
Con comparsa di comparizione e risposta del 12 novembre 2024, si costituivano in giudizio le convenute, concludendo per il rigetto delle domande avanzate da controparte, con condanna della stessa al pagamento delle spese di lite. 
La causa, di natura prettamente documentale, perveniva all'udienza di discussione orale del 13 novembre 2025, nel corso della quale le parti formulavano le rispettive conclusioni, e all'esito veniva trattenuta in decisione ai sensi dell'art. 281 sexies ultimo comma c.p.c.  ***  1. Preliminarmente vanno disattese le domande di accertamento della simulazione assoluta e relativa proposte da parte attrice ai sensi dell'art. 1414 c.c., in quanto gli elementi emersi in corso di giudizio non appaiono tali da denotare l'insussistenza di una effettiva volontà, da parte dei disponenti, dell'atto traslativo posto in essere. 
Come è noto, il contratto simulato si presenta come uno schema negoziale i cui effetti giuridici tipici sono meramente apparenti, perché in realtà non voluti dalle parti in tutto (in caso di simulazione assoluta) o in parte (in caso di simulazione relativa). Alla base di tale contratto vi è l'accordo simulatorio, ossia il patto in virtù del quale il contratto simulato deve rimanere privo degli effetti suoi propri, pertanto, anche se all'esterno il quadro giuridico appare mutato, nei rapporti effettivi tra le parti, tali effetti non devono considerarsi prodotti, in tutto o in parte. ### non vieta, né sanziona il ricorso a un simile schema contrattuale, ma fissa un principio di prevalenza della realtà sull'apparenza laddove quest'ultima dovesse pregiudicare terzi soggetti: è il caso del creditore del simulato alienante, evidentemente pregiudicato dal venire meno di un elemento appartenente al patrimonio del debitore, il quale - sempre che il suo credito sia sorto anteriormente all'atto simulato - ha diritto di esercitare l'azione di simulazione, ai sensi dell'art. 1416, comma 2, c.c. Con l'azione di simulazione, quindi, oggetto di attacco da parte del creditore è lo schema apparente appositamente costituito dalle parti. Va rilevato che oggetto di prova non è il solo fatto che, stipulando l'atto, il debitore abbia inteso sottrarre un bene alla garanzia generica dei creditori: è necessario, cioè, che venga raggiunta la prova che tale alienazione sia stata soltanto apparente, nel senso che né l'alienante abbia inteso dismettere la titolarità del diritto, né l'altra parte abbia inteso acquisirla. Quanto alle modalità con cui il creditore del simulato alienante è ammesso a provare la simulazione, la disciplina codicistica consente a quest'ultimo di provare l'esistenza di un accordo simulato con qualsiasi mezzo, comprese le presunzioni, che possono fondarsi anche sul contratto impugnato di simulazione. In tema di prova per presunzioni della simulazione assoluta di un contratto, spetta dunque al giudice del merito apprezzare l'efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, che devono essere valutati non solo analiticamente, ma anche nella loro globalità, all'esito di un giudizio di sintesi, non censurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico. 
Ciò premesso in linea teorica, si ritiene che l'istruttoria espletata non abbia offerto elementi univoci dai quali ricavare, innanzitutto, l'insussistenza di una reale volontà negoziale alla base dell'atto di compravendita concluso dalla ### con la ### (cfr. all. 9 all'atto di citazione).   Tutti gli elementi addotti da parte attrice, infatti, non possono considerarsi univoci nel senso della effettiva assenza di una reale e concreta volontà negoziale di simulare all'esterno gli effetti di un atto non voluto od ancora di mascherare all'esterno la sussistenza di una compravendita in luogo di una donazione. 
Ciò in quanto tutti gli elementi addotti ben possono coincidere, come pure parte attrice ha tentato di dimostrare, con una volontà della disponente di disfarsi effettivamente ed a titolo oneroso del proprio bene, al fine di sottrarre quest'ultimo, con atto in frode ai creditori, se del caso, come si vedrà infra, revocabile ai sensi dell'art. 2901 c.c., alla propria garanzia patrimoniale generica. Tanto appare sufficiente al fine di rigettare le domande di accertamento della simulazione relativa ed assoluta proposte da parte attrice.  2. Passando all'esame della domanda di inefficacia relativa ex art. 2901 c.c. proposta in via subordinata da parte attrice, si osserva invece quanto segue. 
Come è noto, lo scopo dell'azione revocatoria è quello di tutelare il creditore nei confronti degli atti con i quali il debitore tenda in modo fraudolento a impedire o a rendere più difficile la soddisfazione del credito, sottraendo i propri beni alla responsabilità patrimoniale. ### mira a produrre nei confronti del creditore l'inefficacia parziale e relativa dell'atto dispositivo del debitore, evitando che il bene alienato sia sottratto all'azione esecutiva dei creditori dell'alienante e giovando al solo creditore che ha esercitato l'azione. 
In sintesi, i presupposti per l'esercizio dell'azione revocatoria, come disciplinati dall'art. 2901 c.c., sono i seguenti: l'esistenza, al momento della proposizione dell'azione, di un credito, anche litigioso, verso il debitore; l'eventus damni, vale a dire il pregiudizio che alle ragioni del creditore possa derivare dall'atto da revocare, essendo sufficiente all'uopo il profilarsi del pericolo concreto che il debitore non adempia l'obbligazione e che l'azione esecutiva proposta nei suoi confronti sia infruttuosa (cfr. Cass. nn.  16464/2009 e 7452/2000); nei casi in cui l'atto dispositivo sia successivo al sorgere del credito, la consapevolezza da parte del debitore del carattere pregiudizievole del proprio comportamento rispetto alle ragioni creditorie (cfr. Cass. nn. 23509/2015 e 13343/2015), nonché, qualora l'atto dispositivo sia a titolo oneroso, la conoscenza da parte del terzo avente causa che l'atto di disposizione diminuisce la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori. Va poi ulteriormente precisato che la prova del requisito della scientia damni può essere fornita anche tramite presunzioni (da ultimo, Cassazione civile sez. III, 18/01/2019, n.1286), l'elaborazione giurisprudenziale, infatti, ha individuato una pluralità di elementi da cui desumere la consapevolezza del pregiudizio ai creditori da parte sia del debitore che del terzo. 
In merito al credito vantato, il SEN ha rappresentato e documentato di essere creditore della ### in virtù del decreto ingiuntivo 7132/2020 emesso in data 16 aprile 2020 dal Tribunale di ### successivamente dichiarato provvisoriamente esecutivo con ordinanza dell'8 luglio 2021 e spedito in forma esecutiva in data 16 luglio 2021. (cfr. all.ti 5-7 all'atto di citazione). 
Parte attrice, dunque, ha dimostrato la sussistenza delle proprie ragioni di credito e la propria legittimazione (dal momento che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, appaiono meritevoli di essere tutelate con lo strumento di cui all'art. 2901 c.c. anche le ragioni di credito sub judice). 
Quanto alla sussistenza del requisito del cd. eventus damni, è opportuno ricordare che non è richiesta - a fondamento dell'azione - la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio, ma anche in una modifica qualitativa di esso; dunque, il danno non deve essere, necessariamente, effettivo e concreto, ma è sufficiente un pericolo di danno. 
Infatti, l'eventus damni ricorre non solo quando l'atto di disposizione determini la perdita della garanzia patrimoniale del debitore, ma anche quando tale atto comporti una maggiore difficoltà ed incertezza nell'esazione coattiva del credito (Cass. Civ. 12678/2001; Cass. Civ. 12144/1999). 
Grava sull'attore l'onere di dimostrare che le modifiche patrimoniali poste in essere dal convenuto abbiano inciso sulla garanzia patrimoniale di questi. 
Nel caso di specie, parte attrice ha dedotto che mediante l'atto dispositivo impugnato, la convenuta avrebbe ceduto (pur riservando per sé il diritto di abitazione su uno di essi) la piena proprietà di due immobili e ciò ha certamente comportato una rilevante modifica non solo quantitativa del suo patrimonio, ma anche qualitativa (specialmente se a ciò si aggiunge che per effetto delle donazioni effettuate in favore dell'altro figlio, precedentemente alla compravendita in oggetto, la disponente si è di fatto privata di tutti i propri beni immobili, come tali più facilmente aggredibili dai creditori, rispetto al denaro, il quale ontologicamente espone il creditore pignorante a maggiori rischi di infruttuosità dell'azione esecutiva). 
Alla luce delle considerazioni appena effettuate deve constatarsi la sussistenza, nel caso di specie, dell'elemento oggettivo dell'eventus damni.  3. Quanto, poi, al requisito soggettivo, occorre precisare che, dagli atti prodotti in giudizio dalla società attrice, emerge in maniera evidente l'anteriorità del credito per cui agisce in revocatoria rispetto all'atto dispositivo. 
Non possono, sul punto, condividersi le considerazioni esposte dalle convenute nella comparsa di costituzione, secondo cui il trasferimento del bene sarebbe stato antecedente rispetto al sorgere del credito (momento che veniva individuato con la emissione del decreto ingiuntivo). 
E' evidente infatti che il credito del ### derivante dalla alterazione dei misuratori relativi alla fornitura di energia elettrica, sia sorto anteriormente, e precisamente al momento della effettiva fruizione di energia non conteggiata od al più tardi in concomitanza con la verifica effettuata dai tecnici del servizio di distribuzione (all.1 all'atto di citazione), i quali constatavano, alla presenza della stessa convenuta, titolare del rapporto di fornitura, che il misuratore era stato manomesso, provvedendo alla stesura del relativo verbale, sottoscritto senza riserve dalla ### A ciò va aggiunto che, effettuate le opportune ricostruzioni, la società attrice aveva provveduto, previa liquidazione del proprio credito, ad emettere regolare fattura per il saldo di quanto dovuto, nei confronti della convenuta, già in data 12 ottobre 2018 (cfr. all. 2), concedendo a quest'ultima termine sino al 2 novembre 2018 per il relativo pagamento. 
Appare evidente, dunque, che il credito vantato dall'attrice deve considerarsi preesistente rispetto al trasferimento impugnato ai sensi dell'art. 2901 c.c. (21 novembre 2019), a nulla rilevando che l'attrice si sia munita solo successivamente di un titolo esecutivo, vale a dire il decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo ex art. 648 c.p.c. nel corso del giudizio di opposizione. 
Per gli atti dispositivi a titolo oneroso successivi all'insorgenza del credito non è richiesta, per integrare l'elemento soggettivo, l'intenzione di nuocere al soddisfacimento del credito del creditore, ma è invece sufficiente che le parti abbiano piena consapevolezza del pregiudizio che la diminuzione della garanzia patrimoniale generica può arrecare alle ragioni del creditore a prescindere da ogni elemento fraudolento (cd. scientia damni). 
La prova di tale conoscenza da parte del debitore e del terzo può essere fornita anche mediante presunzioni il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito, ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato (cfr. Cass. ###. Civ. sentenza n. 3676/2021; in senso conforme, Cass. 21 aprile 2006 n. 9367, 18 gennaio 2007 n. 1068, 27 marzo 2007 n. 7507, 22 agosto 2007 n. 17867, 16 aprile 2008 n. 9970, 9 maggio 2008 n. 11577, 23 maggio 2008 n. 13404, 5 marzo 2009 n. 5359; in generale: Cass. 19 febbraio 2004 n. 332). 
Nel caso di specie sussistono molteplici elementi dai quali desumere, in via presuntiva, la sussistenza di tale stato soggettivo in capo, tanto alla ### disponente, quanto alla di lei figlia, ### terza acquirente. 
Basti considerare, in primo luogo, che l'atto dispositivo è stato realizzato in data 21 novembre 2019, circa un anno dopo l'accertamento del prelievo fraudolento e l'emissione e trasmissione della relativa fattura: tali circostanze fattuali allegate dall'attrice, documentate mediante la produzione della relativa documentazione, non sono state specificamente contestate dalle convenute nei propri atti difensivi, per cui va innanzitutto valorizzata la prossimità temporale dell'atto dispositivo compiuto rispetto alla ben nota conoscenza, da parte della debitrice, dell'esistenza del credito. 
In secondo luogo, depone a sostegno della sussistenza dell'elemento soggettivo richiesto dall'art. 2901 c.c., il contenuto dell'atto dispositivo impugnato: la contemporanea dismissione di n. 2 beni immobili, gli unici rimasti nella titolarità della ### verso il corrispettivo del solo accollo delle rate di mutuo residue, denotano la piena consapevolezza da parte della disponente dell'attitudine lesiva dell'atto impugnato per le ragioni di soddisfazione dei propri creditori. 
Va richiamato, sul punto, quell'indirizzo giurisprudenziale “nel caso in cui il debitore disponga del suo patrimonio mediante la vendita contestuale di una pluralità di beni, devono ritenersi "in re ipsa" non solo l'esistenza del pregiudizio che tali atti arrecano alle ragioni del creditore, ma anche la consapevolezza di tale pregiudizio, da parte sua e del terzo acquirente.” (cfr. ancora, Cass. n. 3676/2021, e in senso conforme, Cass. 10 aprile 1997 n. 3113, 21 giugno 1999 n. 6248, 6 aprile 2005 n. 7104, 18 maggio 2005 n. 10430, 16 aprile 2008 n. 9970). 
Tali considerazioni, dunque, valgono a configurare la scientia damni anche in capo al terzo acquirente, ### tenendo conto del rapporto di stretta parentela sussistente tra quest'ultima e la disponente, ### (madre e figlia).  ###, infatti, in virtù di tale vincolo parentale, non poteva verosimilmente non essere a conoscenza, tanto della ingente esposizione debitoria maturata dalla madre, quanto del pregiudizio arrecato all'odierna attrice dall'atto dispositivo compiuto. Depone in tal senso, infine, anche la riserva del diritto di abitazione su uno degli immobili trasferiti da parte dell'alienante, circostanza che ulteriormente lascia intendere che, tanto l'alienante quanto l'acquirente, fossero pienamente consapevoli dell'imminente azione esecutiva da parte della creditrice.
Sussistono pertanto elementi gravi, precisi e concordanti dai quali desumere la sussistenza dell'elemento psicologico della scientia damni in capo alla disponente ed all'acquirente.  4. Alla luce delle considerazioni che precedono, la domanda ex art. 2901 c.c. proposta dal SEN nei confronti di ### e ### è meritevole di accoglimento. Ne consegue che l'atto di compravendita del 21 novembre 2019 deve essere dichiarato inefficace rispetto alla parte attrice.  5. Le spese di lite seguono la soccombenza e verranno liquidate in dispositivo attenendosi ai parametri tabellari minimi contenuti nel D.M. Giustizia n.55/2014 (attesa la non particolare complessità delle questioni affrontate) con esclusione della “fase istruttoria e di trattazione”, dato il tenore prettamente documentale della controversia (non è stata effettuata alcuna attività istruttoria nel corso del giudizio). 
Si precisa che per giurisprudenza consolidata (e da ultimo, come dallo stesso tariffario ex art. 5, comma 1): “Ai fini della liquidazione degli onorari a carico della parte soccombente nei giudizi relativi ad azione revocatoria, il valore della causa si determina sulla base non già all'atto impugnato, bensì del credito per il quale si agisce, anche se il valore dei beni alienati, o comunque sottratti al creditore, risulti superiore o inferiore, e ciò in considerazione del carattere conservativo del rimedio, volto a paralizzare l'efficacia degli atti aggrediti per assicurare al creditore l'assoggettabilità ad esecuzione dei beni resi indisponibili dal debitore”(così Cass. Civ. n. 10089/2014; nello stesso senso Cass. Civ.  3697/2020).  P.Q.M.  Il Tribunale di Napoli nord, nel presente procedimento iscritto al n. 3227/2024 del ruolo generale degli affari civili contenziosi, così provvede: - Rigetta le domande di accertamento della simulazione assoluta e relativa proposte; - Accoglie la domanda ex art. 2901 c.c. spiegata dall'attrice nei confronti di ### e ### e per l'effetto dichiara l'inefficacia, nei confronti di parte attrice, dell'atto per ### dott. ### del 21.11.2019 (Rep. n. 139875 - ### 40035) e trascritto in data ### (### n. ### - ### n. 43082); - Condanna le convenute, in solido, al pagamento delle spese di lite in favore dell'attrice, che si liquidano in euro 759,00 per spese e in euro 4.217,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario nella misura del 15 %, CPA ed ### se dovute, come per legge.  ### 12 dicembre 2025 

Il Giudice
Dott. ###


causa n. 3227/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Ferrara Luciano

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Corte d'Appello di Firenze, Sentenza n. 1990/2025 del 12-11-2025

... ### nell'anno 2001/2002, con lavori eseguiti dalla ditta individuale di ### (v. fatture ditta ### nn. 32/21-12-2001, 29/6-11-2001 e 02/18-01- 2002, doc. 2 fascicolo primo grado parte appellante e dichiarazioni teste ### tre nell'udienza del 26/4/2021, interrogato sui capi di cui alla memoria ex art. 183 co. VI n. 2 cpc del ### “Il signor ### mi ha incaricato di ristrutturare il suo immobile… ho smontato il tetto, ho demolito una parte della mansarda ed ho ricostruito; i lavori che ho eseguito sono quelli descritti nelle fattura che mi si mostrano, la n. 32 del 21.12.2001; la nr 29 del 6.11.2001 e la nr. 2 del 18.1.2002, che riconosco. Sono stato pagato dal Ninci… ho smontato il tetto e l'ho rifatto nuovo in cemento armato;…..la man sarda è stata smantellata e rifatta di nuovo ed è stata fatta abitabile, con pavimenti, rivestimenti e con la realizzazione di un bagno…”) nonché da altri fornitori per vari lavori (v. fattura ditta ### srl n. 119/23-5-2022, fatture L.N. Impianti nn. 20/31-5-2002, 40/20-5-2002, 39/17-5-2002, 33/4-4-2002, 9/28-2-2002, fatture ### lucci ### nn.34/6-9-2002, 6/25-2-2002 doc. 2 fascicolo primo grado parte appellante); - nell'anno 2009 il ### e la (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI FIRENZE ### - ### La Corte di Appello di Firenze, ### in persona dei ### Dott.ssa #### istruttorerelatore #### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di ### iscritta al n. r.g. 1068/2024 con OGGETTO: ### promossa da: ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'Avv.  #### APPELLANTE contro ### (C.F. ###), rappresentato e difeso dall'Avv. ####: sentenza n. 584/2024 del Tribunale di Pisa pubblicata il #### data 16 ottobre 2025 la causa veniva trattenuta in decisione ex art. 352 c.p.c. sulle seguenti conclusioni. 
Per la parte appellante ### “Voglia l'###ma Corte d'Appello di Firenze, in totale riforma della sentenza 584/2024 del Tribunale di Pisa emessa il ### pubblicata il ### resa nel giudizio recante R.G. 5779/2017 dal Giudice Dr.ssa ### in accoglimento del proposto appello ed in totale riforma della sentenza impugnata, accertare e dichiarare, per tutti i motivi indicati nel presente atto di appello, la totale infondatezza delle domande avanzate nei confronti del sig. ### dal sig. ### domande si chiede siano integralmente rigettate. Con vittoria di spese e delle competenze di entrambi i gradi del giudizio”. 
Per la parte appellata ### “Voglia, l'###ma Corte d'Appello di Firenze, disattesa ogni contraria istanza, in via preliminare e di rito dichiarare inammissibile l'appello proposto da ### per i motivi esposti in narrativa, in tesi rigettare l'appello perché infondati i motivi di impugnazione in fatto ed in diritto e per l'effetto confermare la sentenza di primo grado per i capi/parti oggetto del presente giudizio. Con ogni consequenziale pronuncia di ragione e di legge e con vittoria di spese e competenze dei due gradi di giudizio, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.” Fatti di causa - svolgimento del giudizio Il giudizio di primo grado 1. Con atto di citazione ritualmente notificato ### conveniva davanti al Tribunale di ### esponendo: - di aver corrisposto a ### tra l'anno 2009 e l'anno 2010, la somma di € 25.440,46 mediante assegni bancari; - che dette somme erano state corrisposte a titolo di prestito per la ristrutturazione dell'immobile di proprietà dello stesso ### sito in ### via ### - che per disporre della suddetta cifra in data 3 agosto 2009 ### aveva acceso un finanziamento con ### s.p.a.; - che nell'agosto 2010 ### andava a convivere con ### figlia di ### nell'immobile ristrutturato concesso in comodato alla figlia; - che la convivenza con la figlia del ### era poi cessata; - che il convenuto aveva restituito solo € 2.000,00 della somma mutuata; - che inutili erano stati i tentativi di recuperare la somma mediante diffida stragiudiziale. 
Parte attrice chiedeva pertanto la condanna del convenuto: in via principale, alla restituzione ex art. 1813 c.c. della somma di euro € 23.440,46, o la somma maggiore o minore che dovesse risultare, oltre interessi legali dal dì del dovuto al saldo; in via subordinata, la restituzione ex art. 2033 c.c. ovvero ex art. 2041 c.c. della medesima somma. 
Si costituiva in giudizio ### opponendosi alla domanda e chiedendo: - in via principale e nel merito, il rigetto della domanda attorea perché infondata in fatto e in diritto, non avendo parte attrice alcuna titolarità per richiedere somme così come indicato in atto di citazione; - nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attorea, che fosse ridotto quanto ritenuto dovuto al ### in proporzione a quanto ricevuto dallo stesso da parte della sig.ra ### e dal ### per € 9.000.   Chiedeva ancora il ### nelle conclusioni della comparsa di costituzione che il Giudice riducesse ulteriormente la somma per il periodo in cui il ### aveva vissuto nell'immobile senza pagare alcun canone di locazione, quantificando il mancato pagamento della locazione in € 8.400,00 o nella maggior o minor somma ritenuta di giustizia. 
Istruita la causa con prove orali e documenti, il Tribunale con sentenza 584/2024 pubblicata il ### così statuiva: “1) condanna ### a corrispondere a ### la somma di € 23.440,46 oltre interessi legali dalla data di messa in mora (11.03.2013) fino al soddisfo; 2) condanna ### a corrispondere a ### le spese di lite che liquida in € 5077 per compensi ed € 264 per esborsi oltre al rimborso delle spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge.” Per quanto ancora rileva in questa sede osservava il Tribunale: “Nel giudizio in esame, risulta pacifico oltreché documentato che ### lini ha corrisposto a ### tra l'anno 2009 e l'anno 2010, la somma di € 25.440,46 mediante assegni bancari tratti sulla ### filiale S. ####. Entrambe le parti allegano che detta corresponsione risultava finalizzata ad eseguire lavori di ristrutturazione della porzione d'immobile di proprietà di ### concesso in comodato a ### ed alla figlia ### con la quale ### aveva a quel tempo una relazione sentimentale, per consentirne la convivenza. I lavori -consistiti nell'ampliamento dell'immobile, sovrapposizione di nuovo pavimento sulla superficie della mansarda, rivestimento, pavimentazione e rifinitura del bagno, realizzazione di una parete divisoria - vennero commissionati alla ditta ### per come riferito dal teste ### Deve, quindi, presumersi che l'incarico alla ditta ### per eseguire i lavori nell'immobile di proprietà di ### venne dato dal medesimo ### Ciò sia perché la ditta ### era la stessa ditta che si occupò dei lavori di ristrutturazione della mansarda nell'anno 2002, circostanza che fa propendere per l'esistenza di un rapporto fiduciario tra ### e la ditta ### sia perché la circostanza è stata ammessa dalla teste di parte convenuta ### la quale ha dichiarato che i lavori di ristrutturazione della mansarda (nell'anno 2009) vennero commissionati e pagati dal padre ### Da tali elementi fattuali, uniti al fatto non contestato del probabile godimento dei benefici fiscali connessi alla ristrutturazione in capo al proprietario, appare innegabile che vi fosse la certa volontà del proprietario dell'immobile ### di eseguire i lavori di ristrutturazione di cui si discute.
Né in senso contrario o escludente può valere la circostanza che i lavori fossero stati materialmente seguiti dai comodatari ovvero che nel 2002 il proprietario avesse già realizzato importanti lavori di ristrutturazione, tali da rendere superflui e non urgenti quelli realizzati nel 2009. 
Resta comunque provato che i lavori del 2009 furono commissionati dal proprietario dell'immobile. 
Se così è, non può ritenersi applicabile al caso di specie l'art.1808 cod.civ. a mente del quale “il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa”, disposizione invocabile solo nel caso in cui sia il comodatario a sostenere personalmente le spese e non possa pretenderne il rimborso dal comodante. 
Ed allora, se i lavori furono commissionati dal proprietario dell'immobile e non personalmente sostenuti dal comodatario, deve desumersi che il passaggio di denaro da ### a ### per la realizzazione dei lavori abbia avuto quale causa il finanziamento degli stessi. 
Detto in altri termini, se la volontà delle parti fosse stata diversa da quella esposta, ### avrebbe provveduto ad eseguire tutti i lavori della mansarda in autonomia, senza poterne richiedere il rimborso al proprietario ### La circostanza che abbia invece consegnato il denaro a ### per eseguire i lavori si spiega solo in termini di somma consegnata a titolo di prestito. 
In questa chiave interpretativa, può inserirsi anche la dazione della somma di € 2.000,00 da parte di ### a ### nell'agosto 2012, passaggio di denaro solo genericamente giustificato dal convenuto ed invece riconducibile, anche in forza delle dichiarazioni dei testi di parte attrice, quale inizio della restituzione delle somme date in prestito. 
Risulta pertanto la prova dell'esistenza di un contratto di mutuo, che obbliga il mutuatario alla restituzione delle somme date in prestito. 
Restano assorbite le eccezioni di compensazione del convenuto solo genericamente formulate.” ###. 2. Proponeva tempestivo appello ### ritenendo la sentenza gravata errata e ingiusta, formulando i seguenti motivi di impugnazione: 1) errata ricostruzione dei fatti; 2) confusione ed errore da parte del Giudice di prime cure nell'individuazione della ditta esecutrice dei lavori ### alla mansarda nell'anno 2009 e della ditta esecutrice della ristrutturazione dell'immobile nell'anno 2002; 3) errata interpretazione da parte del giudice di prime cure della testimonianza della sig.ra ### e di conseguenza errato convincimento del giudice che i lavori del 2009 furono commissionati dal ### 4) errata presunzione del Giudice di primo grado che il proprietario dell'immobile avesse realizzato importanti lavori di ristrutturazione; 5) errata desunzione in ordine alla circostanza che il passaggio di denaro sia stata la causa del finanziamento dei lavori; 6) errata convinzione del giudice di primo grado circa la dazione dell'importo di € 2.000,00; 7) erronea interpretazione dell'art. 1808 c.c.; 8) erronea configurazione di contratto di mutuo; 9) mancata considerazione delle eccezioni di parte convenuta; 10) errata condanna al pagamento delle spese legali; 11) errata condanna del ### al pagamento in favore del ### dell'importo di € 23.440,46. 
Per tali ragioni veniva pertanto formulata dall'appellante richiesta di riforma della sentenza, in accoglimento delle conclusioni come in epigrafe trascritte con condanna della controparte alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio. 
Si costituiva in giudizio ### che contestava le censure mosse da parte appellante nei confronti della sentenza impugnata, della quale chiedeva la conferma con vittoria delle spese anche in questo grado di giudizio. 
Acquisito il fascicolo di ufficio del procedimento di primo grado, la causa, senza attività istruttoria, veniva trattenuta in decisione previa assegnazione dei termini ex art. 352 c.p.c. in data 16 ottobre 2025 a seguito di trattazione scritta, sulle conclusioni delle parti, precisate come in epigrafe trascritte. 
Motivi della decisione ### è fondato e va accolto, con riforma della sentenza impugnata.  3. I motivi di appello possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi. 
Parte appellante in sintesi deduce “nei propri atti difensivi ha sempre contestato l'assunto che fossero necessarie opere di ristrutturazione della mansarda difatti i lavori effettuati dai comodatari sono consistiti in semplici opere di abbellimento della porzione di immobile concesso da ### Tale circostanza risultava confermata in sede testimoniale dai testi sentiti […] In sede istruttoria emergeva che i lavori di ampliamento (non lavori di abbellimento della mansarda) fossero stati commissionati alla ditta ### e pagati dal ### così come da dichiarazione testimoniale della teste ### escussa all'udienza del 08.09.2021 […] mentre i lavori di abbellimento ossia sovrapposizione di nuovo pavimento sulla superficie della mansarda, rivestimento e pavimentazione del bagno, nonché cambio predisposizione della cucina nella mansarda erano stati commissionati dal ### così come da dichiarazioni testimoniali […] Il Giudice di prime cure di contro avrebbe dovuto ritenere, a seguito delle testimonianze, che essendo state effettuate importanti opere di ristrutturazione della mansarda negli anni 2001/2002 e che quindi la mansarda era perfettamente abitabile, i lavori del ### alla suddetta mansarda nel 2009 fossero superflui o meglio non straordinari ed urgenti […] il Giudice di prime cure avrebbe dovuto dare il giusto peso alle dichiarazioni testimoniali ed affermare che i lavori di abbellimento della mansarda effettuati nel 2009 venivano commissionati dal ### lini, così come emerso dall'istruttoria […] il Giudice di primo grado avrebbe dovuto affermare che avendo il ### effettuato dei lavori di abbellimento alla mansarda concessagli in comodato d'uso gratuito dal ### o meglio lavori straordinari non necessari e né urgenti non aveva diritto a ricevere il rimborso delle spese sostenute ai sensi del secondo comma dell'art.1808 c.c. […] il Giudice fondava l'accoglimento della domanda attorea sull'errata convinzione che fosse stata data prova dell'esistenza di un contratto di mutuo, che obbligava il mutuatario alla restituzione delle somme date in prestito. […] Il Giudice di prime cure di contro avrebbe dovuto, sulla base dell'istruttoria espletata e pertanto delle dichiarazioni testimoniali non ritenere provata la domanda attorea, non essendoci alcun contratto di mutuo tra le parti né tanto meno alcun prestito in essere.” I motivi, complessivamente valutati, sono fondati.  3.2. In fatto, come risulta dall'istruttoria del primo grado: - ### ha corrisposto a ### tra il mese di settembre 2009 al mese di marzo 2010 la somma totale di € 25.440,56 mediante assegni bancari tratti sulla ### (v. doc. dal n.1 al n.7, fascicolo di primo grado parte appellata); - ### ha convissuto per circa due anni con la figlia dell'appellante, ### nell'immobile concesso in comodato alla coppia dall'appellante; - ### ha contestato che siano stati eseguiti lavori di “ristrutturazione” di detto immobile o che questi fossero comunque necessari per rendere abitabile l'immobile, fornendo prova della già avvenuta ristrutturazione nell'anno 2001/2002 e che pertanto aveva fatto presente che avrebbe contribuito economicamente ad ulteriori lavori (v. dichiarazioni teste ### nell'udienza dell'8/9/2021 “…anzi mio padre più volte li sollecitava di non fare tutti questi stravolgimenti perché l'appartamento era finito, era nuovo; una volta ero presente e ho sentito dire da ### a mio padre “Cesare dormi tranquillo, sono cose nostre, non ti interessare” più o meno era questo il senso, ed è stato poco prima che iniziassero i lavori”); - più specificamente, detto immobile fu oggetto di ristrutturazione da parte di Cesare ### nell'anno 2001/2002, con lavori eseguiti dalla ditta individuale di ### (v. fatture ditta ### nn. 32/21-12-2001, 29/6-11-2001 e 02/18-01- 2002, doc. 2 fascicolo primo grado parte appellante e dichiarazioni teste ### tre nell'udienza del 26/4/2021, interrogato sui capi di cui alla memoria ex art. 183 co. VI n. 2 cpc del ### “Il signor ### mi ha incaricato di ristrutturare il suo immobile… ho smontato il tetto, ho demolito una parte della mansarda ed ho ricostruito; i lavori che ho eseguito sono quelli descritti nelle fattura che mi si mostrano, la n. 32 del 21.12.2001; la nr 29 del 6.11.2001 e la nr. 2 del 18.1.2002, che riconosco. Sono stato pagato dal Ninci… ho smontato il tetto e l'ho rifatto nuovo in cemento armato;…..la man sarda è stata smantellata e rifatta di nuovo ed è stata fatta abitabile, con pavimenti, rivestimenti e con la realizzazione di un bagno…”) nonché da altri fornitori per vari lavori (v. fattura ditta ### srl n. 119/23-5-2022, fatture L.N. Impianti nn. 20/31-5-2002, 40/20-5-2002, 39/17-5-2002, 33/4-4-2002, 9/28-2-2002, fatture ### lucci ### nn.34/6-9-2002, 6/25-2-2002 doc. 2 fascicolo primo grado parte appellante); - nell'anno 2009 il ### e la compagna, ### avevano deciso di apportare migliorie e modifiche a tale immobile (v. dichiarazioni teste ### nell'udienza del 26/4/2021 “So perché ne hanno parlato al bar, me presente, il ### lini e la sua fidanzata ### e dicevano che si erano messi insieme e che stavano facendo la ristrutturazione della casa…”; teste ### nell'udienza dell'8/9/2021 “… ### e il ### hanno deciso di apportare delle modifiche alla mansarda: l'appartamento era finito, ma hanno deciso di fare delle modifiche…”; teste ### nell'udienza dell'8/9/2021 “…Mio marito aveva prestato a ### e a ### 5.000,oo euro per comprare la cucina per tornarci a vivere finiti i lavori, poi hanno deciso di fare i lavori di ampliamento di ristrutturazione…”); - detti lavori furono commissionati dalla coppia, ### e ### ci, alla ditta di ### e fu la coppia a impartire istruzioni durante l'esecuzione delle opere (v. dichiarazioni teste ### udienza dell'8/9/2021 “….sono venuti loro - il ### e la ### - a dare istruzioni: prima di iniziare la posa mi informo su come i clienti vogliono la posa della pavimentazione…”, “il ### non veniva tutti giorni; quando veniva controllava l'avanzamento dei lavori e visionava i lavori.”); - per detti lavori non è stato prodotto dalle parti alcun documento comprovante la tipologia dei lavori, il loro costo o altre circostanze idonee ai fini dell'accertamento della fondatezza delle richieste del ### dall'istruttoria testimoniale del primo grado risulta solamente una descrizione generica degli interventi effettuati (v. dichiarazioni teste ### sul capo 15 di cui alla memoria ex art. 183 VI co. n.2 c.p.c. di parte convenuta, udienza dell'8/9/2021 “### la circostanza; i lavori realizzati sono quelli descritti nel capitolo”, ovvero “…un nuovo rivestimento, una nuova pavimentazione e la rifinitura del bagno della mansarda dell'immobile sito in ### a ### n.408 di proprietà del sig. ###” V. memoria ex art. 183 VI co. n.2 c.p.c. di parte convenuta).  3.3. In generale i giudici di legittimità hanno chiarito che “l'attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è, ai sensi dell'art. 2697 c.c., comma 1, tenuto a provare gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna ma anche il titolo della stessa, da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione; l'esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro, essendo l'attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e come tale determinare l'inversione dell'onere della prova [...] Tuttavia, è stato altresì precisato che la parte che chieda la restituzione di somme date a mutuo è tenuta a provare, oltre alla consegna, anche il titolo dal quale derivi l'obbligo di controparte alla restituzione, purché l'attore fondi la domanda su un particolare contratto, senza formulare neppure in subordine una domanda volta a porre in questione il diritto della controparte di trattenere la somma ricevuta, ferma restando, la necessità che il rigetto della domanda di restituzione sia argomentato con cautela, tenendo conto della natura del rapporto e delle circostanze del caso, idonee a giustificare che una parte trattenga senza causa il denaro indiscutibilmente ricevuto dall'altra. (Cass. n. 17050/2014).” (così in motivazione Cassazione civile sez. II, 08/10/2021, n.27372; vedi anche Cass. 24/06/2022, n.20433: “La datio di una somma di danaro non vale - di per sé - a fondare la richiesta di restituzione, allorquando, ammessane la ricezione, l'accipiens non confermi il titolo posto ex adverso alla base della pretesa di restituzione e, anzi, ne contesti la legittimità, posto che, potendo una somma di danaro essere consegnata per varie cause, la contestazione, a opera dell'accipiens, della sussistenza di un'obbligazione restitutoria impone all'attore in restituzione di dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, onere questo che si estende alla prova di un titolo giuridico implicante l'obbligo della restituzione, mentre la deduzione di un diverso titolo, ad opera del convenuto, non configurandosi come eccezione in senso so stanziale, non vale ad invertire l'onere della prova. Ne consegue che l'attore che chieda la restituzione di somme date a mutuo è tenuto a provare gli elementi costitutivi della domanda e, pertanto, non solo l'avvenuta consegna della somma, ma anche il titolo da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione”; Cass. 16/12/2020, n.28827).  3.4. Nella fattispecie, come esposto, risulta provato che le somme erano destinate a lavori di risistemazione dell'immobile di proprietà #### concesso in comodato alla figlia ed al di lei compagno e convivente #### l'immobile peraltro era già stato ristrutturato dal ### non molto tempo prima, quindi gli ulteriori lavori, come emerso anche dalle deposizioni testimoniali in precedenza richiamate, erano ragionevolmente frutto della volontà della coppia di effettuare ulteriori modifiche ed adattamenti in prospettiva della stabile convivenza nell'abitazione del padre di lei. 
In tale contesto (immobile già abitabile concesso in comodato; relazione di stabile convivenza con la figlia del comodante; somme pacificamente destinate ad opere eseguiti in tale immobile) il trasferimento delle somme non appare di per sé indicativo della conclusione di un contratto di mutuo con conseguente obbligo di restituzione.  3.5. Il Tribunale ha accolto la domanda principale di restituzione delle somme a titolo di mutuo (“### pertanto la prova dell'esistenza di un contratto di mutuo, che obbliga il mutuatario alla restituzione delle somme date in prestito”); parte appellata in questa sede ###la comparsa di costituzione, non ha espressamente riproposto, come era suo onere ex art. 346 c.p.c. le domande assorbite subordinate di restituzione ex art.  2033 c.c. e di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.; non è quindi necessario valutare se ed in quale misura vi sia un obbligo restitutorio correlato (non ad un mutuo ma) ex art. 1808 c.c. a spese “necessarie ed urgenti” sostenute (vedi per fattispecie in parte analoga Cass. 14/06/2018, n.15699: “il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione straordinaria (non riconducibili alla categoria delle spese straordinarie necessarie e urgenti per la conservazione della cosa) può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante. Deriva da quanto precede, pertanto, che se un genitore concede un immobile in comodato per l'abitazione della costituenda famiglia, egli non è obbligato al rimborso delle spese, non necessarie né urgenti, sostenute da uno dei coniugi comodatari durante la convivenza familiare per la migliore sistemazione dell'abitazione coniugale opere”); né è necessario valutare se ed in quale misura vi sia un obbligo (non di restituzione di somme mutuate ma) di indennizzo per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 (vedi per fattispecie in parte analoga: Cass., 01/07/2021, n.18721: “in tema di convivenza more uxorio, un'attribuzione patrimoniale a favore del partner convivente può configurarsi come adempimento di un'obbligazione naturale allorché la prestazione risulti adeguata alle circostanze e proporzionata all'entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens (fattispecie relativa alla richiesta di restituzione delle somme versate per eseguire una serie di lavori ed opere nell'immobile dell'ex compagna convivente)”).  4. “Il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base a un criterio unitario e globale” (vedi tra le altre Cassazione civile sez. II - 23/02/2022, n. 5890; Cassazione civile sez. II - 03/09/2021, n. 23877). 
Avuto riguardo alla particolarità della vicenda come in precedenza esposto (pacifica destinazione delle somme ad opere di ristrutturazione di immobile di proprietà dell'appellante; mancata riproposizione delle domande ex artt. 2033 e 2041 c.c.; inserimento della vicenda nell'ambito di una relazione sentimentale di convivenza tra la figlia dell'appellante e l'appellato poi cessata) sussistono i motivi ex art. 92 c.p.c. come integrato dalla sentenza 77/2018 Corte Costituzionale, per compensare integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio.  P.Q.M.  la Corte di Appello di ### definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione, istanza e deduzione, sull'appello proposto da ### nei confronti di ### avverso la sentenza n. 584/2024 del Tribunale di ### pubblicata il ###, così provvede: ### della sentenza impugnata 1) rigetta le domande nei confronti di ### 2) dichiara interamente compensate le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio tra ### e ### Così deciso nella camera di consiglio del 7 novembre 2025.   ### relatore - estensore ####ssa ### divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell'ambito strettamente processuale, è condizionata all'eliminazione di tutti i dati personali in esso contenuti ai sensi dell'art. 52 D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.

causa n. 1068/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Primavera Anna, Luigi Nannipieri

M
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Tribunale di Ragusa, Sentenza n. 1394/2025 del 05-11-2025

... ricorso depositato in data #### titolare dell'omonima ditta individuale, ha proposto opposizione avverso le ordinanze ingiunzione n. OI-### (notificata in data ###) con la quale l'### ha ingiunto il pagamento della somma di € 10.000,00 a titolo di sanzione ex art. 2, comma 1-bis, D.L. n. 463/1983, convertito con modificazioni dalla l. 638/1983, come sostituito dall'art. 3, comma 6 del D. Lgs. n. 8/2016, per l'omesso versamento delle ritenute previdenziali relative all'annualità 2016 e basata sull'accertamento n. ### 6500.21/03/2018.### del 12.04.2018; n. OI-### (notificata in data ###) con la quale l'### ha ingiunto il pagamento della somma di € 10.000,00 a titolo di sanzione ex art. 2, comma 1-bis, D.L. n. 463/1983, convertito con modificazioni dalla l. n. 638/1983, come sostituito dall'art. 3, comma 6 del D. Lgs. n. 8/2016, per l'omesso versamento delle ritenute previdenziali relative all'annualità 2017 e basata sull'accertamento n. ### 6500.03/10/2018.### del 19.11.2018; nonché avverso l'ordinanza n. OI-### (notificata in data ###) con la quale l'### ha ingiunto il pagamento della somma di € 10.000,00 a titolo di sanzione ex art. 2, comma 1-bis, D.L. n. 463/1983, convertito con (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI RAGUSA Giudice del ### dott.ssa ### M. A. Catalano, in funzione di Giudice monocratico del ### esaminati gli atti inerenti alla causa n. 761/2023 R.G. promossa da ### (rappr. e dif.  dall'Avv. M. Franzò) contro ### (rappr. e dif. dall'Avv. M. Galeano), avente ad oggetto: opposizione a ordinanza ingiunzione; osserva Con ricorso depositato in data #### titolare dell'omonima ditta individuale, ha proposto opposizione avverso le ordinanze ingiunzione n. OI-### (notificata in data ###) con la quale l'### ha ingiunto il pagamento della somma di € 10.000,00 a titolo di sanzione ex art. 2, comma 1-bis, D.L. n. 463/1983, convertito con modificazioni dalla l.  638/1983, come sostituito dall'art. 3, comma 6 del D. Lgs. n. 8/2016, per l'omesso versamento delle ritenute previdenziali relative all'annualità 2016 e basata sull'accertamento n. ### 6500.21/03/2018.### del 12.04.2018; n. OI-### (notificata in data ###) con la quale l'### ha ingiunto il pagamento della somma di € 10.000,00 a titolo di sanzione ex art. 2, comma 1-bis, D.L. n. 463/1983, convertito con modificazioni dalla l. n. 638/1983, come sostituito dall'art. 3, comma 6 del D. Lgs. n. 8/2016, per l'omesso versamento delle ritenute previdenziali relative all'annualità 2017 e basata sull'accertamento n. ### 6500.03/10/2018.### del 19.11.2018; nonché avverso l'ordinanza n. OI-### (notificata in data ###) con la quale l'### ha ingiunto il pagamento della somma di € 10.000,00 a titolo di sanzione ex art. 2, comma 1-bis, D.L. n. 463/1983, convertito con modificazioni dalla l. n. 638/1983, come sostituito dall'art. 3, comma 6 del D. Lgs. n. 8/2016, per l'omesso versamento delle ritenute previdenziali relative all'annualità 2019 e basata sull'accertamento n. ### 6500.04/10/2021.### del 26.10.2021; eccependo, tra l'altro, l'estinzione della sanzione ai sensi dell'art. 14 l. 689/1989.
Si è costituito in giudizio l'### contestando le eccezioni e deduzioni avversarie, chiedendone il rigetto. Ha, altresì, rideterminato le sanzioni ex art.23 DL 48/2023, nella misura di € 2.981,29 per l'anno 2016; di € 422,36 per l'anno 2017; di € 2.330,00 per l'anno 2019.  ***  ### di decadenza ex art. 14 l. 689/1981 è fondata. 
Il combinato disposto dei commi 2 e 6, che prevede l'estinzione della sanzione ove, in caso di mancata contestazione immediata, gli estremi della violazione non siano notificati all'interessato entro novanta giorni (centocinquanta se residente all'estero), deve ritenersi applicabile anche al procedimento d'irrogazione della sanzione amministrativa per l'omesso versamento delle ritenute previdenziali. 
Ciò in quanto il d.lgs. 8/2016, che depenalizzando l'illecito ha introdotto la sanzione amministrativa in esame, richiama espressamente alcune disposizioni della l. 689/1989, tra cui l'art. 14 “in quanto applicabili” (art. 6); e prevede che, per i fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore per i quali il procedimento penale non si sia concluso con sentenza o decreto irrevocabili, l'autorità giudiziaria trasmette gli atti all'autorità amministrativa la quale “notifica gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosettanta giorni dalla ricezione degli atti” (art. 9). 
Non vi è quindi alcuna deroga alla previsione dell'estinzione della sanzione, ma solo a quella relativa alla durata ed alla decorrenza del termine alla cui scadenza l'estinzione consegue. 
La disposizione dell'ultimo comma dell'art. 14 l. 689/1981 è quindi applicabile agli illeciti commessi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 8/2016, essendo l'estinzione ivi prevista compatibile con il decorso dei termini per la notifica della violazione previsti dalla disciplina transitoria. Del resto, se così non fosse, la previsione di tali termini sarebbe del tutto inutile, perché la loro violazione sarebbe priva di conseguenze. 
Tale ricostruzione non è smentita da C. 7042/2008 spesso richiamata dall'### nel presente contenzioso seriale, la quale conferma in realtà la tesi dell'applicabilità dell'art. 14 l. 689/1981, giacché la Corte espressamente qualifica come decadenziale il termine previsto dalla normativa speciale (art. 4 l. 898/1986) nonostante questa taccia sul punto, senza che possa darsi rilievo decisivo alla presenza in essa (a differenza che nel d.lgs. 8/2016) dell'espressa clausola di deroga all'art. 14 l. 689/1981, questa esplicitando il rapporto di specialità comunque esistente tra le disposizioni. 
Pertanto, ritenuta l'applicabilità dell'art. 14 u.c. l. 689/1981 agli illeciti commessi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 8/2016 in caso di notifica degli estremi della violazione oltre il termine di novanta giorni (trecentosettanta se il destinatario è residente all'estero) dalla trasmissione degli atti dall'autorità giudiziaria, a maggior ragione la medesima conclusione deve valere per gli illeciti commessi successivamente, per i quali non vi è alcuna disciplina speciale rispetto a quella dettata dall'art. 14. In senso contrario non vale la previsione dell'art. 2 co. 1 bis secondo periodo d.l.  438/1983, che esclude la sanzione in caso di versamento effettuato entro tre mesi “dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione”: tale disposizione infatti prevede un meccanismo di estinzione della sanzione che si pone a valle della notifica degli estremi della violazione, ed è quindi compatibile col regime decadenziale dell'art. 14 (in generale, sull'applicabilità dell'art. 14, cfr. App. Milano 504/2024 e 1053/2024 App. Torino 89/2023 app. 
Catania 1010/2024). 
Ciò posto, dato che l'illecito consiste nell'omissione del versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali in misura non superiore ad € 10.000,00 nell'anno solare (indipendentemente dal fatto che l'omissione possa riguardare contributi relativi ad altre annualità) esso può concretizzarsi solo alla scadenza dell'ultimo termine di versamento previsto in ciascun anno solare o, se successiva, alla scadenza del termine per l'invio delle denunce relative allo stesso periodo (ossia l'ultimo giorno del mese successivo a quello di riferimento: cfr. art. 44 co. 9 primo periodo d.l. 269/2003) perché in tale momento si cristallizzano le trattenute denunciate e i versamenti effettuati e quindi l'eventuale differenza (inferiore ad € 10.000, altrimenti si avrà illecito penale).  ### versamento nell'anno solare va effettuato il 16 dicembre, con la precisazione che se si tratta di lavoratori dipendenti, esso riguarderà i contributi trattenuti sulla retribuzione di novembre dello stesso anno (artt. 17 e 18 del dlgs. 241/97, circolari ### n. 79/98 e 259/98); mentre se si tratta di lavoratori agricoli, riguarderà i contributi trattenuti sulle retribuzioni relative al secondo trimestre dell'anno in corso (artt. 6, comma 14, del d.l. n. 536/1987, 2 d.lgs. n. 422/1998, 17 e 18 d.lgs. 241/1997). 
La denuncia delle trattenute va invece effettuata in ogni caso entro l'ultimo giorno del mese successivo a quello di riferimento (art. 44 co. 9 primo periodo d.l. 269/2003). 
Pertanto, se si tratta di lavoratori dipendenti, nel qual caso il termine per la denuncia è successivo a quello per il versamento, l'illecito è integrato il 31 dicembre dell'anno in cui si sarebbero dovuti effettuare i versamenti; mentre se si tratta di lavoratori agricoli, lo stesso è integrato il 16 dicembre del medesimo anno, dato che il termine per il versamento è successivo a quello della denuncia. 
In entrambi i casi, per quanto detto, devono considerarsi commessi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 8/2016 (6.2.2016) le omissioni di versamenti da effettuarsi negli anni sino al 2015; e commessi dopo quelle relative ai versamenti da effettuarsi negli anni dal 2016. 
Nel caso di specie, si tratta di illeciti successivi (annualità 2016, 2017 e 2019). In tal caso, deve ritenersi che il termine di cui all'art. 14 u.c. l. 689/1981 decorra dal momento stesso della commissione dell'illecito dato che, essendo le denunce e i versamenti indirizzati all'### questo ha immediatamente la possibilità di riscontrare la violazione tramite la semplice sottrazione dei due dati e l'individuazione dei soggetti responsabili. 
È pur vero che in astratto il termine decorre dal compimento delle attività necessarie all'accertamento e che il giudice “deve valutare il complesso degli accertamenti compiuti dall'### procedente e la congruità del tempo a tal fine impiegato avuto riguardo alla loro complessità” (cfr. C. 20977/2024, C. 8326/2018, C. 16642/2005), il che presuppone che l'### stessa indichi precisamente in cosa sia consistita l'attività istruttoria compiuta; tuttavia, nel caso di specie da un lato la natura omissiva propria della violazione la rende immediatamente percepibile all'### in tutti i suoi elementi costitutivi, già nel momento sopra individuato (in cui l'### ha contezza delle retribuzioni denunciate e degli importi versati) e dall'altro a fronte di ciò l'### si è limitato a dedurre la complessità degli accertamenti da compiere anche in base alla disciplina applicabile, senza tuttavia indicare quali siano gli atti accertativi concretamente effettuati e quando siano stati effettuati, in tal modo non consentendo di individuare un dies a quo del termine in esame diverso dalla scadenza dell'ultimo termine di versamento o di denuncia. 
Tutto ciò posto, rilevato che le omissioni riguardano versamenti da effettuare negli anni 2016 e 2017 con riferimento a lavoratori dipendenti e quindi il termine in esame decorreva rispettivamente dal 31.12.2016 e dal 31.12.2017, mentre gli accertamenti risalgono rispettivamente al 21.3.2018 (notificato il ###) e al 3.10.2018 (notificato il ###), gli accertamenti devono considerarsi tardivi e quindi le relative sanzioni estinte. 
Per il 2019, soggiunto che il termine dell'art. 14 è rimasto sospeso per 98 giorni dal 23.2.2020 al 31.5.2020 ai sensi dell'art. 103 co. 6 bis d.l. 18/2020, detto termine scadeva il ###, rispetto al quale l'accertamento del 4.10.2021 (notificato il ###) va parimenti ritenuto tardivo.  ### va quindi accolta e le spese seguono la soccombenza.  P.Q.M.  Il Giudice del ### disattesa ogni contraria istanza e deduzione, così decide: - Dichiara la nullità delle ingiunzioni opposte; - Condanna parte resistente al pagamento, in favore di parte ricorrente, delle spese processuali, che si liquidano in € 2.043,00, in essi compresi € 43,00 per C.U., oltre IVA, CPA e spese forfettarie al 15%, come per legge. 
Ragusa, 5 novembre 2025.   

Il Giudice
del lavoro Dott.ssa ### M. A.


causa n. 761/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Claudia Maria Angela Catalano

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