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Tribunale di Avellino, Sentenza n. 1231/2024 del 19-06-2024

... il sig. ### già titolare della ditta individuale ### non potendo prorogare la durata del contratto o rinnovare lo stesso per sopraggiunti limiti di età e per aver conseguito le pensioni dall'### e dall' ### aveva costituito una società personale, al fine di fatto d continuare a svolgere l'attività di agente per la ### “### - ### TRA LE PARTI CON INTERPOSIZIONE FITTIZIA DI UN DIVERSO FORMALE SOGGETTO GIURIDICO”, l'agente ### non potendo continuare a svolgere l'attività di agente, aveva costituito una società personale, al solo fine di eludere i divieti imposti dalla normativa vigente per il settore commercio, continuando di fatto a svolgere l'attività di agente per conto della ### nella medesima zona e con i medesimi clienti con cui aveva operato negli anni precedenti in (leggi tutto)...

TRIBUNALE ORDINARIO DI AVELLINO ### CAUSA R.G. N.° 1396 / 2023 Giudice dott. ### di ### del giorno 19 giugno 2024 È presente per l'opposta l'avv. ### anche per delega dell'avv.   ### , che si riporta alla comparsa di costituzione e risposta chiedendo l'integrale accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate. 
Pertanto, dopo che il difensore presente ha concluso, nessuno essendo comparso per la parte opponente, questo Giudice, in assenza del difensore suddetto, nel frattempo allontanatosi dall'aula di udienza, decide la controversia mediante pronuncia della seguente sentenza, dando lettura, ai sensi dell'art. 429 c.p.c.., del dispositivo e dell'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. 
Il Giudice dott.ssa ### IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI AVELLINO - ### - Il Tribunale ordinario di Avellino - in composizione monocratica e nella persona della dott.ssa ### al termine dell'udienza del giorno 19 giugno 2024, ha, mediante lettura del relativo dispositivo e contestuale deposito delle motivazioni, pronunciato la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta al n.° 1396/2023 del Ruolo Generale Affari Contenziosi, avente ad oggetto “### “ e vertente TRA ### S.r.l., corrente in #### alla via ### n. 1 ### con numero d'iscrizione nel Registro delle ### C.F. e P.iva n.:###, capitale sociale: €.500.000,00 interamente versato, in persona degli amministratori e legali rappresentanti p.t. ### nato ad ### l'1 agosto 1976 - C.F. ### e ### nato ad #### il 16 agosto 1987 - C.F.: ### , rappresentata e difesa, in virtù di mandato alle liti in calce al ### dall'avv. ### (C.F.:###); - RICORRENTE - opponente E C.D.M. ### s.a.s. di ### (C.F./P.I. ###), con sede ###c., in persona del legale rappresentante p.t., sig.  ### (C.F. ###), rappresentata e difesa, congiuntamente e/o disgiuntamente, giusta procura in calce alla ### di costituzione e risposta, dall'avv. ### (C.F. ###) e dall'avv. ### D'### (C.F.  ###), elettivamente domiciliat ###atti; - RESISTENTE - opposta conclusioni: come da ### dell'odierna udienza di discussione.  RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE ### S.r.l.,. con ### depositato in ### in data ###, ha proposto opposizione avverso il ### ingiuntivo n.273/2023, reso in data ### (R.G. n.405/2023) dal ### di ### con il quale le era stato ingiunto di pagare in favore della ricorrente l'importo di €240.246,64, oltre interessi legali sulle somme annualmente rivalutate, oltre spese e onorari.  ### era fondata sui seguenti motivi: “### - #### S.R.L. E LA C.D.M. #### S.A.S. ### CARMINE”, precisando di svolgere attività di industria conciaria e che, in data 20 aprile 2022, le parti avevano sottoscritto un contratto di agenzia commerciale senza esclusiva e con patto di prova, avente ad oggetto il conferimento di incarico di rappresentanza, per l'attività svolta concordavano la corresponsione di una provvigione del 4% su tutte le vendite concluse ed andate a buon fine (ovvero quelle vendite i cui pagamenti siano andati a buon fine e regolarmente effettuati), il sig. ### già titolare della ditta individuale ### non potendo prorogare la durata del contratto o rinnovare lo stesso per sopraggiunti limiti di età e per aver conseguito le pensioni dall'### e dall' ### aveva costituito una società personale, al fine di fatto d continuare a svolgere l'attività di agente per la ### “### - ### TRA LE PARTI CON INTERPOSIZIONE FITTIZIA DI UN DIVERSO FORMALE SOGGETTO GIURIDICO”, l'agente ### non potendo continuare a svolgere l'attività di agente, aveva costituito una società personale, al solo fine di eludere i divieti imposti dalla normativa vigente per il settore commercio, continuando di fatto a svolgere l'attività di agente per conto della ### nella medesima zona e con i medesimi clienti con cui aveva operato negli anni precedenti in virtù del contratto sottoscritto nel 1982, il rapporto con la ### pur formalmente iniziato con il ### in proprio, era continuato con il medesimo, nella suddetta qualità di socio accomandatario dell'odierna opposta, l'interposizione soggettiva non era altro che una simulazione di persona, cioè una simulazione relativa riferita ai soggetti di un contratto, per nascondere la vera persona con la quale si vuole contrattare e, per quanto concerne la consapevolezza dell'interposizione in capo all'altro contraente, la stessa è insita, secondo la Cassazione, nella trilateralità del rapporto, a conferma della prosecuzione di un rapporto già consolidato tra le parti sovvenivano le dichiarazioni rese nel contratto con riferimento al patrimonio di clientela maturato dall'agente ### per l'attività svolta con la ditta individuale in virtù del precedente contratto sottoscritto in data 1982, di conseguenza, l'accertata simulazione assoluta dei negozi o contratti ne determinava la loro nullità per anomalia della causa rispetto allo schema tipico che ne giustifica il riconoscimento normativo; “### - ### DEL CONTRATTO PER VIOLAZIONE DEL###. 10 DEL### DEL 30.07.2014 AGENTI E ### INDUSTRIA”, deducendo altresì la nullità del contratto anche per la violazione di norme di legge, avendo l'agente dichiarato di aver raggiunto i limiti di età per lo svolgimento dell'attività di agente e per aver conseguito il diritto alla pensione di vecchiaia da parte dell'### e della pensione di vecchiaia dall'### l'attuale contratto che regolava il rapporto tra le parti era stato solo formalmente sottoscritto dalla ### ma di fatto colui che svolgeva l'attività di agenzia, senza alcuna soluzione di continuità, era ### socio accomandatario e legale rappresentante p.t.., il quale, nel dichiarare di aver incontrato il limite previsto nell'art. 10 del AEC, concludendo un nuovo contratto, di fatto a proprio nome, aveva violato la suddetta norma, con la conseguente nullità e/o inefficacia del nuovo contratto, inoltre, nella zona assegnata (###, l'agente non aveva mai operato in regime di esclusiva, attesa la presenza di altro agente; “### - CONTESTAZIONE DEL CREDITO RIVENDICATO PER ERRATA QUANTIFICAZIONE DELLA PERCENTUALE DOVUTA”, deducendo che il rapporto costituisse una prosecuzione dell'originario contratto di agenzia del 1982, per cui la provvigione dovuta era pari al 3 % e non a quella nella percentuale attualmente richiesta (4%); “### - CONTESTAZIONE DEL PRESUNTO RICONOSCIMENTO DEL DEBITO”, eccependo che il documento allegato dalla controparte, posto a base del monitorio opposto, non presentasse alcun elemento previsto dalla legge per poter essere qualificato quale ricognizione del debito, il timbro e la firma apposte in calce al detto documento avevano solo il valore di ricezione delle fatture ricevute, il consulente contabile della ditta dichiarava di essere il depositario delle scritture contabili della ### S.r.l., mentre essa aveva una diversa natura giuridica, trattandosi di una società di persone (ossia una s.a.s.) e non di una società di capitali (S.r.l.).  ### concludeva “### e dichiarare che la ### S.r.l. non è tenuta al pagamento di alcuna somma nei confronti della C.D.M. #### per nullità del contratto posto a base del rapporto originario; In via gradata, attesa l'incertezza del credito, del rapporto sottostante e dell'importo rivendicato, parte opponente chiede che venga annullato il decreto opposto. In subordine, nella denegata ipotesi di riconoscimento della legittimità dell'agente a esercitare l'attività ed a rivendicare le provvigioni maturate, parte opponente chiede che venga revocato il monitorio opposto per errata quantificazione delle provvigioni rivendicate, non corrispondenti all'originario rapporto presente tra le parti.”. 
Si costituiva la parte opposta C.D.M. ### s.a.s. di ### in via preliminare, chiedendo di dichiarare il decreto ingiuntivo n. 273/2023 provvisoriamente esecutivo, ai sensi dell'art. 648 c.p.c., essendo l'opposizione, oltre che infondata, non basata su prova scritta e/o di pronta soluzione, lo scopo meramente dilatorio dell'atto si evinceva dalla circostanza che la ### S.r.l., con la sottoscrizione dell'attestazione del 19.10.2022, i cui dati trovavano riscontro nelle scritture contabili del 12.9.2022, aveva espressamente riconosciuto di essere debitrice, alla data del 14.10.2022, della C.D.M. ### s.a.s. di ### dell'importo di € 161.104,50, circostanza confermata nell'email inviata il ###, con la quale aveva indicato le modalità attraverso le quali intendeva saldare il proprio debito; quanto al merito, eccependo che il riferimento alla fattispecie di “interposizione fittizia di un diverso formale soggetto giuridico” non fosse pertinente, non sussistendone i presupposti di fatto e di diritto, non avendo l'interposto (la C.D.M. ### s.a.s. di ###, l'interponente (il sig. ### e il terzo contraente (la ### S.r.l.) raggiunto alcun accordo simulatorio; con riguardo al riconoscimento del debito, evidenziando che nessuna rilevanza potesse assumere la circostanza che nell'attestazione del 19.10.2022 il dott. ### avesse dichiarato di essere “depositario delle scritture contabili della ### S.r.l.”, indicando erroneamente la ragione sociale della società essendo la stessa una s.a.s., trattandosi di un mero errore materiale e contestando altresì le ulteriori deduzioni; in via gradata, invocando nei confronti dell'opponente l'applicazione dell'art. 2041 ### concludeva “affinché l'###mo ### di ### In via preliminare, dichiarare il decreto ingiuntivo n. 273/2023 provvisoriamente esecutivo, ai sensi dell'art. 648 c.p.c., essendo l'opposizione infondata in fatto e in diritto, non fondata su prova scritta e/o di pronta soluzione. In via subordinata, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della suindicata richiesta, concedere l'esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto, limitatamente alla somma riconosciuta dalla ### S.r.l., pari ad € 161.104,50. Nel merito, in via principale, rigettare la domanda avanzata dall'opponente siccome infondata in fatto e in diritto e, per l'effetto, confermare il decreto ingiuntivo opposto n. 273/2023 emesso dal ### di ### il ###. Nel merito, in via gradata, nella denegata ipotesi in cui il ### dovesse ritenere nullo il contratto sottoscritto il ###, accertare e dichiarare il diritto del sig. ### nella qualità di legale rappresentante della C.D.M. ### s.a.s. di ### nei confronti della ### S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., anche ai sensi dell'art. 2041 c.c., ad ottenere il pagamento dell'importo di € 240.246,64, oltre interessi legali dal dovuto al soddisfo, avendo lo stesso, con la propria attività di agenzia, senza alcun dubbio, contribuito ad accrescere il patrimonio della società opponente. Con vittoria delle spese e dei compensi dovuti per il procedimento monitorio e per il presente giudizio, oltre accessori di legge, con attribuzione ai sottoscritti procuratori anticipatari.”. 
Con Ordinanza del 28/6/2023, veniva denegata la concessione della provvisoria esecuzione in pendenza di opposizione ai sensi dell'art. 648 c.p.c. e non avendo le parti articolato mezzi istruttori o richiesto termini, la causa veniva rinviata per la discussione. 
All'esito dell'odierna udienza di discussione, essa viene decisa. 
Così succintamente esposti i fatti e gli atti di causa, si osserva quanto segue. 
Ai fini della disamina del merito, è bene partire dal noto principio per cui l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, “nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall'opposto, che assume la posizione sostanziale di attore, mentre l'opponente, il quale assume la posizione sostanziale di convenuto, ha l'onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l'esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto.” (v. ex plurimis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2421 del 03/02/2006; ### 2, Sentenza n. 6091 del 04/03/2020). Non appare poi fuor di luogo rammentare che, in ordine alla ripartizione dell'onere probatorio tra creditore e debitore, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione a ### abbia notoriamente affermato che il creditore, sia che agisca per l'adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte: sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall'avvenuto adempimento (v. Cass. S.U. n. 13533/2001). 
Venendo alla fattispecie oggetto di vaglio, si deve rilevare come costituisca circostanza documentata e pacifica, perché riconosciuta da entrambe le difese, che, in data 20 aprile 2022, le parti avessero sottoscritto un ### di agenzia commerciale senza esclusiva e con patto di prova, avente ad oggetto il conferimento di incarico di rappresentanza. Tale contratto è stato posto a fondamento della richiesta di emissione di decreto ingiuntivo, sicché deve ritenersi che, con riguardo al periodo di vigenza e di operatività del contratto, la parte creditrice abbia provato la fonte negoziale della propria pretesa creditoria. Va, altresì, notato come non siano intervenuti ad opera della difesa opponente disconoscimenti espressi o specifiche contestazioni aventi ad oggetto lo svolgimento dell'attività di rappresentanza, avendo anzi la difesa opponente dedotto che il rapporto con la ### iniziato con il ### in proprio, fosse continuato con il medesimo ### nella qualità di socio accomandatario dell'opposta, né con riguardo alla circostanza della conclusione di contratti di vendita grazie alla attività di promozione dei prodotti svolta dall'opposta, con il conseguente maturare di provvigioni. Anche tali profili devono giudicarsi, pertanto, pacifici, perché non espressamente contestati e come tali possono porsi a fondamento della presente decisione, ex art. 115 c.p.c., in specie con riguardo al fondamento delle pretese creditorie. 
A questo punto occorre analizzare i motivi di opposizione, ribadendosi come ricadesse sulla parte opponente provare i fatti estintivi o modificativi del diritto di credito. 
Parte opponente ha eccepito, in via riconvenzionale quale motivo atto a paralizzare la pretesa creditoria di parte opposta, la nullità del contratto per “interposizione fittizia di persona”, deducendo che, sebbene esso fosse stato sottoscritto dalla C.D.M. ### s.a.s. di ### l'attività di agenzia fosse stata sostanzialmente esercitata da ### nella qualità di socio accomandatario e legale rappresentante, il quale aveva svolto la medesima attività con la ditta individuale ### dal 1.6.1982 al 31.12.2021. 
Premesso che va qui compiuta una valutazione meramente incidentale, sul punto, va considerato che, secondo costante giurisprudenza (v. in tema ex plurimis Cass. n. 5457/2006 e Cass. n. 4911/1998), nell'interposizione fittizia, l'interposto figura soltanto apparentemente come parte del contratto, mentre gli effetti del negozio si producono in realtà in capo all'interponente (simulazione soggettiva); in tale forma di interposizione (in cui, appunto, la parte sostanziale del negozio differisce dalla parte apparente) implica - pacificamente - sempre un accordo simulatorio tra contraente apparente (o interposto), contraente effettivo (o interponente) e controparte (o terzo). La partecipazione all'accordo simulatorio non può dunque essere limitata solo all'interponente e all'interposto, ma deve necessariamente coinvolgere anche il terzo contraente, nel senso che questi deve dare - contestualmente od anche successivamente alla formazione di quell'intesa, purchè antecedentemente o contestualmente al negozio simulato - la propria espressa adesione all'intesa raggiunta dai primi due soggetti, giacchè egli deve essere in tutto consapevole della funzione meramente figurativa del contraente apparente e deve manifestare la volontà di assumere, nella realtà, gli obblighi ed i diritti contrattuali nei confronti non dell'interposto bensì dell'interponente (v., anche, Cass. 2349/1990; Cass. n. 4911/1998, Cass. n. 13261/1999). Laddove il terzo sia all'oscuro degli accordi intercorsi tra interponente ed interposto o, conoscendoli, non abbia ad essi prestato adesione, rendendone consapevolmente edotte entrambe le predette parti, il negozio posto in essere tra terzo ed interposto non è inficiato da alcun contrasto tra volontà e dichiarazione e gli effetti si verificano soltanto tra i soggetti che ad esso hanno formalmente preso parte. Sulla base di queste premesse, consegue che, allorchè si deduca la simulazione relativa soggettiva di un contratto, la prova dell'accordo simulatorio deve avere necessariamente ad oggetto anche la partecipazione ad esso del terzo (v. Cass. civile sez. II, 10/03/2015, n.4738 “### fittizia di persona postula la imprescindibile partecipazione all'accordo simulatorio non solo del soggetto interponente e di quello interposto, ma anche del terzo contraente, chiamato ad esprimere la propria adesione all'intesa raggiunta dai primi due (contestualmente od anche successivamente alla formazione dell'accordo simulatorio) onde manifestare la volontà di assumere diritti ed obblighi contrattuali direttamente nei confronti dell'interponente, secondo un meccanismo effettuale analogo a quello previsto per la rappresentanza diretta, mentre la mancata conoscenza, da parte di detto terzo, degli accordi intercorsi tra interponente ed interposto (ovvero la mancata adesione ad essi, pur se da lui conosciuti) integra gli estremi della diversa fattispecie dell'interposizione reale di persona.”). 
Nella fattispecie che ci occupa l'esistenza di un accordo simulatorio è stata meramente allegata, ma non è stata dimostrata in alcun modo da parte opponente, che al riguardo non ha articolato prove, né essa potrebbe essere desunta in via presuntiva, come vorrebbe la difesa, dal semplice fatto che il ### avesse continuato ad operare nella zona di sua conoscenza (###, né dal riferimento nel contratto al patrimonio di clientela dallo stesso maturato. 
Il motivo di opposizione di cui trattasi va allora respinto perché non dimostrato e come tale infondato.  ###, seguendo nel medesimo ragionamento di cui sopra, ha altresì eccepito la nullità del contratto di agenzia per violazione di legge, ovvero dell'articolo 10 dell'AEC del 30.7.2014. 
Il riferimento è all'### economico collettivo per la disciplina dei rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale del settore industria e cooperazione (Aec industria 2014), del quale non è dato intendersi l'incidenza sul ### e nella odierna controversia, ancor meno appare pertinente lo specifico richiamo all'articolo 10, che indica le modalità e i criteri da applicare per determinare l'indennità spettante ai rappresentanti ed agli agenti di commercio in caso di cessazione del rapporto di lavoro. 
In ogni caso, come dedotto dalla difesa opposta, è sufficiente osservare che l'articolo 19 del D.L. n. 112/2008, convertito nella L. n. 133/2008, ha eliminato il divieto di cumulo esistente tra la pensione e i redditi derivanti dall'attività lavorativa.  ### circostanza dedotta, secondo cui nella zona assegnata (###, l'agente non operasse operato in regime di esclusiva, è stata solo allegata e non provata. 
Ne consegue che anche il motivo di opposizione sub “secondo bis” vada rigettato. 
Con il motivo sub “secondo ter” l'opponente ha eccepito che, applicandosi il contratto del 1982, la provvigione dovuta fosse pari al 3 % e non a quella nella percentuale del 4% richiesta. 
Il suddetto motivo è logicamente connesso ai motivi precedenti, sicché la mancata dimostrazione della prospettazione offerta non consente di ritenere l'operatività di un contratto intercorso con altro soggetto, ovvero con la ditta individuale ### e cessato per il recesso dell'agente. 
La contestazione relativa agli importi errati richiesti è stata poi solo genericamente proposta e come tale è inammissibile. Al riguardo va considerato che, in forza di quanto detto in apertura di motivazione, l'opponente assume la posizione sostanziale di convenuto, di guisa che ricade sullo stesso l'onere di specifica contestazione, ovvero di prendere posizione sui fatti posti a fondamento della domanda. Nel caso di specie, la difesa ha dedotto che non sussistesse certezza dell'importo realmente dovuto, senza opporre ulteriori, necessarie dettagliate contestazioni circa la corretta determinazione delle somme dovute, così contravvenendo ai propri oneri (v. in tal senso Cass., 25.05.2007, n. 12231, per quanto concerne specificamente l'onere di contestazione in maniera analitica degli importi oggetto delle fatture poste a base della domanda). 
Anche il motivo di opposizione “secondo ter” va, pertanto, rigettato. 
Infine, l'ultimo motivo di opposizione attiene alla contestazione del presunto riconoscimento di debito, allegato dall'opposta. 
Si tratta di questione già esaminata in sede di decisione circa la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, poi negata, richiamando il vaglio negativo in proposito svolto precedentemente dal giudice del monitorio, provenendo l'attestazione dal “depositario delle scritture contabili” della “### S.r.l.”, mentre la parte odierna opposta è la “C.D.M. ### s.a.s. di ### Atteso che alcuna evidenza di segno diverso è emersa in corso di causa, va confermata la non idoneità di tale documento a fungere da atto di riconoscimento di debito. 
In conclusione, il rapporto è da ritenersi non contestato e comprovato con riguardo al ### del 20 aprile 2022, avente durata dal 1 aprile 2022 al 31 dicembre 2022. 
Deriva allora, in mancanza di validi fatti estintivi o modificativi proposti da parte opponente, il riconoscimento della fondatezza della richiesta di parte opposta di corresponsione delle somme portate dalle allegate fatture, emesse nella vigenza del ### del 20/4/2022, ovvero le fatture n. 3/2022 del 30/04/2022, n. 4/2022 del 31/05/2022, n. 5/2022 del 05/07/2022, n. 6/2022 dell'08/08/2022, n. 7/2022 del 14/10/2022, n. 9/2022 del 31/12/2022, alle quali va detratto l'importo riconosciuto come già versato pari a €28.973,27 per un totale €174.738,52. 
Di contro, la restante parte delle somme oggetto di ingiunzione, in quanto portate da fatture non riferite al periodo temporale di vigenza del contratto ma antecedenti allo stesso, non possono essere riconosciute, non avendo parte opposta per queste dimostrato la fonte negoziale della propria pretesa creditoria. 
Il parziale accoglimento dell'opposizione comporta, dunque, la necessità di revoca del decreto ingiuntivo opposto. Difatti, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, qualora, in esito all'ordinario giudizio di cognizione, instaurato a seguito dell'opposizione, il credito dell'opposto risulti di importo inferiore a quello ingiunto, il giudice deve accogliere la domanda nei limiti del provato e non limitarsi alla revoca del decreto ingiuntivo. Ciò in quanto la richiesta di conferma del decreto ingiuntivo opposto, formulata dal creditore al momento della costituzione o nel corso del giudizio di opposizione, comprende in sé in modo implicito la richiesta di condanna al pagamento del credito o di una parte di esso, che può, pertanto, essere pronunciata dal giudice per un importo inferiore a quello per il quale è stato emesso il decreto ingiuntivo, anche in difetto di esplicita domanda in tal senso, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione (Cass. 30 aprile 2005, n. 9021; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1954 del 27/01/2009). 
La parte opposta, in subordine, ha chiesto di accertare e dichiarare il diritto della C.D.M.  ### s.a.s. di ### ad ottenere il pagamento dell'importo di € 240.246,64 nei confronti della ### S.r.l., anche ai sensi dell'art. 2041 Tale domanda è inammissibile, atteso che, per espressa previsione normativa, ovvero ai sensi dell'articolo 2042 c.c., l'azione generale di arricchimento ha natura sussidiaria, potendo essere proposta solo in mancanza, accertabile anche d'ufficio, di un'azione tipica, tale dovendo intendersi non ogni iniziativa processuale ipoteticamente esperibile, ma esclusivamente quella derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata, pur se proponibile contro soggetti diversi dall'arricchito (v. ex multis. Cass. civ. sez. III, 14944/2022). Nel caso di specie, l'attrice aveva a disposizione l'azione contrattuale, che ha, difatti, esercitato in via principale, sicché l'azione generale di arricchimento è preclusa, e ciò anche se l'azione contrattuale è stata parzialmente respinta, atteso che il requisito della sussidiarietà deve valutarsi non in concreto bensì in astratto, non essendo l'azione di arricchimento esperibile in via alternativa e subordinata a quella contrattuale per eluderne gli esiti sfavorevoli (v. Cass., n. 5222/2023, Cass., n. 29988/2018; conforme ###, 28042/2008). 
Deve, quindi, procedersi alla condanna dell'opponente al pagamento, in favore della convenuta/opposta dell'importo pari ad €174.738,52, oltre interessi legali maturandi ai sensi del D.Lgs. n. 231/2002, dalle singole scadenze delle fatture e sino all'effettivo soddisfo. 
Vanno, infine, regolamentate le spese di lite. 
Visto l'accoglimento solo parziale dell'opposizione, le spese del giudizio vanno compensate per la metà, con condanna della parte opponente al pagamento della restante metà, che si liquida d'ufficio come in dispositivo, in base ai parametri di cui al D.M vigente, tenendo conto del valore del decisum, della non eccessiva complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate e delle attività processuali effettivamente espletate, in particolare dell'assenza della fase istruttoria e della snellezza della fase decisoria. Va, infine, disposta la distrazione, ex art.  93 c.p.c., in favore dei difensori della parte opposta, dichiaratisi antistatari.  P.Q.M.  ### di ### - ### -, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa e/o assorbita ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: A. in parziale accoglimento dell'opposizione proposta da ### S.r.l., revoca il ### ingiuntivo n. 273/2023, emesso il ### dal ### di ### B. Condanna parte opponente, società ### S.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore di parte opposta, della somma di €174.738,52, oltre interessi legali ai sensi del D.Lgs. n. 231/2002, dalle scadenze delle singole fatture sino all'effettivo soddisfo. 
C. ### inammissibile la domanda ex art. 2041 c.c. proposta dall'opposta C.D.M.  ### s.a.s. di ### D. Compensa tra le parti le spese di lite nella misura della metà e condanna parte opponente, società ### S.r.l.,, in persona del legale rapp.te p.t al pagamento, in favore dell'opposta, della restante metà, che si liquida in €3.153,50 per compensi professionali forensi, oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute, nelle misure di legge oltre al rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso, con distrazione in favore dell'Avv. ### e dell'Avv. ### D'### per dichiarato anticipo. 
Così deciso in ### all'udienza del giorno 19 giugno 2024.  

Il Giudice
dott. ###


causa n. 1396/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Greco Rosita, Rossi Federica

Tribunale di Arezzo, Sentenza n. 1079/2023 del 14-11-2023

... i quali, costituendo dei bilanci di una ditta individuale ed, in quanto tali, essendo privi di qualsiasi certificazione, come sottolineato anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. tra le altre, Cass. Civ., Sentenza n. 8290/2016), rappresentano dei documenti di formazione meramente unilaterale e, dunque, risultano privi di qualsiasi valore probatorio. Peraltro, con particolare riferimento al bilancio aziendale relativo all'anno 2021 ( all.to n. 24 alla memoria istruttoria n. 2 di parte attrice), si osserva che lo stesso - come rilevato anche dalla convenuta (cfr. pag. 2 della memoria istruttoria n. 3 di parte convenuta) - non è stato neppure depositato nella sua interezza e che, dunque, i dati riportati in detto bilancio presentano carattere meramente parziale. Inoltre, fermo (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Arezzo Sezione Civile Nella persona del giudice dott.ssa ### ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di 1° grado iscritta al n. 2185 del ruolo contenzioso generale dell'anno 2021 e trattenuta in decisione all'esito dell'udienza cartolare del 06.07.2023 e vertente tra , quale titolare e l.r.p.t. di e lettivamente domi ciliato pre sso lo studi o dell'Avv. ### che lo rappresenta e difende, come da procura in atti; ### contro (già , elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. ### e dell'Avv. ### che la rappresentano e difendono, in via disgiunta tra di loro, come da procura in atti; ### CONCLUSIONI All'esito dell'udienza cartolare del 06.07.2023, l' Avv. ### per ; qua le ti tolare e l.r.p.t. di c onclude come segue: “(…) ci si riporta integralmente a tutto quanto dedotto e prodotto in atti, ivi comprese le memorie di cui all'art. 183 c.p.c. e le note di trattazione di scritta depositate, ritenendo che da tale compendio emerga inequivocabilmente la responsabilità della convenuta e che la domanda attorea sia stata sufficientemente provata, sia nell'an che nel quantum. Questa difesa pertanto, nel sottolineare come a tutt'oggi permanga ### l'inadempimento contrattuale di controparte, la quale non ha mai provveduto ad effettuare la migrazione del numero telefonico dell'attore, precisa le proprie conclusioni come da atto di citazione e chiede che la causa venga trattenuta in decisione con l'assegnazione dei termini di legge per la redazione delle memorie conclusionali (…)”; segnatamente, conclude come segue: “(…) voglia l'###mo Tribunale adito, respinta ogni contraria richiesta, per tutte le ragioni di cui in narrativa, accogliere la domanda dell'odierno attore e per l'effetto condannare la convenuta a) al risarcimento nei confronti dell'odierno attore del danno patrimoniale, esistenziale e di immagine da quantificarsi d'ufficio e secondo equità ed in misura non inferiore ad € 10.000,00. b) al pagamento nei confronti dell'odierno attore degli indennizzi ex ### nr. 347/18/CONS e complessivamente quantificati in €. 10.945,00. c) al pagamento, con distrazione nei confronti dello scrivente legale antistatario, delle spese, competenze ed onorari di causa (…)”; l'Avv. ### e l'Avv. ### per concludono come segue: “(…) precisa le conclusioni riportandosi a quelle rassegnate in comparsa di risposta, da intendersi qui integralmente ritrascritte, e chiede che la causa venga trattenuta in decisione con termini di legge per il deposito della comparsa conclusionale e della memoria di replica (…)”; segnatamente, concludono come segue: “(…) - in via preliminare, accertare e dichiarare, per i motivi esposti in narrativa, l'improcedibilità e/o improponibilità del presente giudizio per mancato esperimento del previo tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dalla ### 173/07/### dell'### delle ### - in via principale, nel merito, rigettare le domande avanzate da parte attrice, in quanto infondate in fatto e in diritto, e non provate, per i motivi esposti in narrativa. Con vittoria di spese e compenso di giudizio (…)”. 
FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato, , quale titolare e l.r.p.t. di esponeva di svolgere attività ricettiva e di ristorazione, nei locali siti in ### Portole, nel Comune di ####; che, ai fini dello svolgimento della predetta attività, esso attore aveva stipulato, nel periodo 1978/1980, un contratto di telefonia fissa con ### 3 (all'epoca denominata ), la quale gli aveva fornito l'utenza n. ( all.to n. 2 all'atto di citazione); che esso esponente, perlomeno a partire dal 1980, aveva utilizzato detta utenza, al fine di comunicare con la propria clientela (cfr. all.to n. 3 all'atto di citazione); che, in data ###, esso medesimo aveva stipulato, con l'operatore ### S.p.A., un contratto relativo ai numeri fissi e , comprendente anche il servizio ### (cfr. all.to n. 4 all'atto di citazione); che, in data ###, si era verificata una prima interruzione nell'erogazione del servizio di telefonia e di ### la quale si era protratta sino al 03.08.2019; che, dunque, esso esponente, era rimasto, per ben sette giorni, isolato, con l'impossibilità di prendere le prenotazioni e gestire le prenotazioni già esistenti e con impossibilità di utilizzare il POS e di fornire ai clienti la connessione ### che esso attore, nell'immediatezza dei fatti, aveva presentato reclamo, sia personalmente (cfr. all.to n. 5 all'atto di citazione) sia a mezzo legale (cfr. all.to n. 6 all'atto di citazione), sia nei confronti di ### S.p.a. - la quale, tuttavia, presentava unicamente la qualifica di operatore telefonico - sia nei confronti di - quale soggetto gestore e responsabile dell'erogazione del servizio -, senza, tuttavia, ottenere alcun riscontro; che, pertanto, esso esponente aveva attivato le procedure di conciliazione, le quali si erano concluse senza il raggiungimento di alcun accordo (cfr. all.to n. 7 all'atto di citazione); che successivamente, in data ###, la società ### S.p.A. aveva comunicato che avrebbe cessato la gestione della linea e, dunque, aveva chiesto ad esso attore di effettuare il cambio di operatore (cfr. all.to n. 8 all'atto di citazione); che, pertanto, in data ###, esso medesimo aveva stipulato un contratto “Tim Business” con comprendente anche l'utilizzo di due sim (n. e n. ###) e la migrazione del numero di telefonia fissa (numero storico dell'attività) n. e dei numeri associati ( e del numero di fax ) (cfr. all.to n. 9 all'atto di citazione); che tale contratto era stato stipulato a mezzo dell'operatore , il quale, dopo la sottoscrizione del contratto, non aveva più fornito alcuna assistenza, disinteressandosi dei molteplici disservizi occorsi (cfr. all.to n. 10 all'atto di citazione); che, infatti, esso a partire dal 02.09.2020, aveva constatato il mancato funzionamento della linea ### e, di conseguenza, la mancanza di connessione ad ### che il predetto disservizio si era protratto sino alla data del 03.10.2020; che, inoltre, a dire di esso esponente, a partire dal 18.09.2020, aveva cessato di funzionare la ### 4 linea telefonica secondaria n. ; che, infine, dal 22.09.2020 in poi, non aveva più funzionato neppure la linea principale e numero storico dell'albergo ristorante (n. ); che esso attore, nell'immediatezza di tali circostanze, si era attivato a mezzo dei canali ufficiali e che, tuttavia, non aveva ricevuto alcun tipo di assistenza; che, dunque, esso esponente, in data ###, si era visto costretto a sottoscrivere un nuovo contratto, attivando un nuovo numero telefonico ( ), pur continuando a richiedere, senza successo, la migrazione del numero storico; che, inoltre, il reclamo inoltrato da esso esponente, a mezzo legale, in data ### (cfr. all.to n. 11 all'atto di citazione), non aveva avuto nessun esito; che, pertanto esso attore si era visto costretto ad avviare, nuovamente, la procedura di conciliazione (cfr. all.to n. 12 all'atto di citazione); che, tuttavia, la aveva richiesto l'archiviazione dell'istanza per inammissibilità, poiché, a suo dire, era già stata effettuata una procedura di conciliazione, per il medesimo reclamo, con esito negativo; che, invece, a dire di esso esponente, l'istanza in parola aveva un oggetto completamente diverso rispetto alla precedente, era relativa ad un contratto (del 22.06.2020) che, all'epoca della prima conciliazione (domanda del 17.12.2019), non era ancora stato sottoscritto e faceva riferimento a fatti avvenuti successivamente (e cioè dal settembre del 2020 in poi); che, tuttavia, il aveva accolto l'eccezione della controparte e, con provvedimento dell'11.12.2020, aveva disposto l'archiviazione della procedura (cfr. all.to n. 13 all'atto di citazione), nonostante le rimostranze di esso attore (cfr. all.to n. 14 all'atto di citazione); che, nel frattempo, erano pervenute ad esso medesimo delle fatture relative alle due sim, con importi assolutamente difformi rispetto a quelli contrattualizzati; che, inoltre, si era protratta l'inadempienza dell'odierna convenuta, in relazione al numero storico n. , di cui non era stata effettuata la portabilità, e che, pertanto, era rimasto disattivo; che, dunque, esso attore, sia in proprio (cfr. all.to n. 15 all'atto di citazione) che a mezzo legale (cfr. all.to n. 16 all'atto di citazione), nel gennaio del 2021, aveva nuovamente contestato alla convenuta le predette circostanze; che, tuttavia, se, da un lato, era stato ottenuto l'annullamento ed il ricalcolo delle fatture errate (cfr. all.to n. 17 all'atto di citazione), dall'altro lato, nonostante i continui solleciti, non era stato ottenuto alcun riscontro in relazione alla procedura di migrazione del numero storico predetto; che, infatti, la con comunicazione del 19.06.2021, si era limitata a comunicare ad esso di non ### Co ### 5 essere riuscita a contattarlo ai numeri e ( all.to n. 18 all'atto di citazione); che, pertanto, oltre ai disservizi verificatisi in precedenza, risultava ancora disattivo il numero storico dell'### ( ) , non avendo la convenuta adempiuto all'obbligo contrattuale di effettuare la procedura di migrazione dell'utenza telefonica, come richiesto espressamente da esso attore; che, inoltre, la controparte, con riferimento ai predetti disservizi, non aveva corrisposto alcun risarcimento; che, pertanto, esso esponente avanzava, nel presente giudizio, una richiesta di condanna della controparte al risarcimento del danno patrimoniale, del danno esistenziale e di quello di immagine, la cui quantificazione avrebbe potuto essere determinata dal Giudice in via equitativa; che, inoltre, la convenuta non aveva corrisposto neppure alcun indennizzo; che, dunque, la avrebbe dovuto essere condannata anche al pagamento degli indennizzi di cui alla delibera nr. 347/18/### che, tanto premesso, veniva evidenziato che, a dire di esso esponente, alla luce della documentazione in atti, appariva evidente la fondatezza della domanda, relativamente al profilo del c.d. an debeatur; che, infatti, risultavano documentalmente provate le sospensioni e le interruzioni della fornitura del servizio di telefonia e di navigazione ### che, in particolare, esso attore aveva subito una prima interruzione nell'erogazione del servizio per ben sette giorni e nel periodo di altissima stagione (ossia dal 27.07.2019 al 03.08.2019); che, inoltre, aveva subito ulteriori sospensioni, sia del servizio di navigazione (per ben 30 giorni, nel settembre/ottobre 2020) che di quello di telefonia (per ben 15 giorni, nel settembre/ottobre 2020), in periodo di medio-alta stagione; che, peraltro, la controparte, chiamata dinnanzi all'### di ### non aveva contestato l'esistenza degli inadempimenti contrattuali, ma si era limitata a negare la sussistenza di una propria responsabilità, affermando che ogni richiesta avrebbe dovuto essere rivolta nei confronti dell'operatore ### S.p.A.; che, tuttavia, diversamente da quanto asserito dalla convenuta, avrebbe dovuto considerarsi come l'unico soggetto responsabile delle interruzioni sei servizi; che, infatti, in base alla normativa in materia, il soggetto responsabile degli inadempimenti contrattuali era rappresentato dall'operatore reale, il provider della linea - cioè da colui che possedeva le infrastrutture necessarie o la licenza per l'occupazione della rispettiva banda o spettro radio -, il quale era tenuto a garantire il perfetto funzionamento della rete; che, in particolare, nel caso di ### 6 specie, le interruzioni del servizio apparivano riferibili ad un guasto tecnico avvenuto presso la cabina più vicina alla sede di esso attore ed al mancato o ritardato intervento di riparazione da parte dei tecnici nei confronti della quale gravava l'onere della manutenzione delle strutture; che, peraltro, in relazione alla seconda sospensione, l'unico interlocutore era rappresentato esclusivamente dalla la quale non aveva mai dato alcun riscontro ai reclami avanzati da esso attore ed aveva, altresì, omesso di prendere parte alla procedura di conciliazione; che, inoltre, la convenuta aveva omesso di adempiere all'obbligo di disporre la migrazione del numero storico dell'esercizio commerciale, nell'ambito della procedura di migrazione da altro operatore; che, in ordine al c.d. quantum debeatur, veniva evidenziato che, ad esso attore, avrebbero dovuto essere risarciti tutti i danni derivanti dagli inadempimenti contrattuali della controparte; che, in particolare, veniva avanzata una richiesta di risarcimento del danno patrimoniale, del danno esistenziale e del danno d'immagine; che, nello specifico, nel caso in esame, il danno patrimoniale da lucro cessante appariva di difficile determinazione e che, dunque, la sua quantificazione avrebbe dovuto essere determinata in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c.; che, infatti, nel caso in esame, pur non essendo possibile fornire una prova scientifica ed esatta del pregiudizio sofferto, a dire di esso esponente, doveva ritenersi che, in ogni caso, esso medesimo avesse subito un pregiudizio patrimoniale da mancato guadagno; che, inoltre, veniva richiesta, sempre in via equitativa, anche la liquidazione del c.d. danno morale e/o esistenziale; che, infine, avrebbe dovuto essere riconosciuta anche la sussistenza di un danno all'immagine, la cui liquidazione sarebbe dovuta avvenire in via equitativa; che, inoltre, esso esponente, oltre al risarcimento del danno, avrebbe avuto diritto a vedersi riconosciuti anche agli indennizzi previsti dalla delibera nr. 347/18/### emanata dall'### per le ### nelle ### del 18.07.2018, così come specificati nell'### A, rubricato “(…) ### in materia di indennizzi applicabili nella definizione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche (…)” (cfr. all.to n. 20 all'atto di citazione); che, in particolare, in base alla delibera sopra menzionata, nel caso in esame, in cui i servizi forniti riguardavano sia la linea telefonica che la navigazione ### esso attore avrebbe avuto diritto a vedersi riconosciuti i seguenti indennizzi: 1) l'indennizzo, ex artt. 5 e 13, comma secondo, dell'### A della Delibera nr. 347/18/### - pari ad euro 7,50 per ogni giorno di sospensione del ### 7 servizio -, in relazione alla sospensione del servizio del luglio/agosto 2019, pari ad euro 60,00 (per 8 giorni dal 27.07.2019 al 03.08.2019) per ciascun servizio, - e, quindi, per un totale euro 120,00, raddoppiati ex art. 13, comma secondo -, e, dunque, per complessivi euro 240,00; 2) l'indennizzo, ex artt. 5 e 13, comma secondo, dell'### A della ### nr. 347/18/### - pari ad euro 7,50 per ogni giorno di sospensione del servizio -, in relazione alla sospensione del servizio del settembre/ottobre 2020, pari ad euro 225,00 (per 30 giorni dal 02.09.2020 al 03.10.2020) per il servizio ### raddoppiati, ex art. 13, comma secondo, e, quindi, complessivamente per euro 450,00; 3) l'indennizzo, ex artt. 5 e 13, comma secondo, dell'### A della ### nr.  347/18/### - pari ad euro 7,50 per ogni giorno di sospensione del servizio -, in relazione alla sospensione del servizio del settembre/ottobre 2020 pari ad euro 112,50 (per 15 giorni dal 18.09.2020 al 03.10.2020) per il servizio di telefonia, raddoppiati ex art. 13, comma secondo, e, quindi, complessivamente per euro 225,00; 4) l'indennizzo, ex art. 7 e 13, comma secondo, dell'### A della ### nr. 347/18/### - pari ad euro 5,00 per ogni giorno di ritardo nella mancata portabilità del numero pari, alla data attuale, ad euro 1.865,00, raddoppiati ex art. 13, comma secondo, e, quindi, complessivamente in euro 3.730,00; 5) l'indennizzo, ex artt. 10 e 13, comma secondo dell'### A della ### nr. 347/18/### in relazione alla perdita del numero storico, pari ad euro 100,00 per ogni anno di attività dell'azienda, per un massimo di euro 1.500,00 e, quindi, nel caso di specie (inizio attività 20.04.1978) pari ad euro 1.500,00, quadruplicati ex art. 13, comma secondo, e, dunque, complessivamente in euro 6.000,00; 6) l'indennizzo, ex art. 12 dell'### A della ### nr.  347/18/### per mancata o ritardata risposta ai reclami, pari ad euro 2,50 per ogni giorno, fino ad un massimo di euro 300,00 e, dunque, nel caso di specie (ad oggi 373 giorni senza risposta sulla mancata migrazione del numero storico), ad euro 300,00; che, in definitiva, l'importo totale, spettante ad esso esponente, a titolo di indennizzi, risultava pari a complessivi euro 10.945,00; che, peraltro, nel caso in esame, avrebbero dovuto considerarsi applicabili le disposizioni di cui alla predetta ### come evidenziato dalla giurisprudenza con riferimento a casi analoghi (cfr. all.to n. 21 all'atto di citazione). Tutto ciò premesso, la parte attrice citava in giudizio la al fine di veder accolte le seguenti conclusioni: “(…) voglia l'###mo Tribunale adito, respinta ogni contraria richiesta, per tutte le ragioni di cui in narrativa, accogliere la domanda ### 8 dell'odierno attore e per l'effetto condannare la convenuta a) al risarcimento nei confronti dell'odierno attore del danno patrimoniale, esistenziale e di immagine da quantificarsi d'ufficio e secondo equità ed in misura non inferiore ad €.  10.000,00. b) al pagamento nei confronti dell'odierno attore degli indennizzi ex ### nr. 347/18/### e complessivamente quantificati in €. 10.945,00. c) al pagamento, con distrazione nei confronti dello scrivente legale antistatario, delle spese, competenze ed onorari di causa (…)”.   Con comparsa del 09.02.2022, si costituiva (già e chiedeva il rigetto della domanda, perché infondata in fatto ed in diritto, con ogni conseguenza anche in ordine alle spese del giudizio. Segnatamente essa convenuta, in via preliminare, eccepiva l'improponibilità e/o improcedibilità dell'azione promossa dalla parte attrice, per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, ai sensi della legge n. 249/1997; che, in particolare, nel caso in esame, la parte attrice aveva ammesso che l'istanza presentata presso il ### competente era stata dichiarata inammissibile e che non era stato riproposto alcun ulteriore tentativo di conciliazione; che, dunque, nel caso in esame, a dire di essa convenuta, il tentativo di conciliazione avrebbe dovuto essere considerato come mai avvenuto; che, detta circostanza, come precisato anche dalla giurisprudenza di legittimità in materia, determinava l'improponibilità della domanda; che, nella denegata ipotesi in cui non fossero stati ritenuti sussistenti i presupposti per dichiarare l'improponibilità dell'azione, in ogni caso, avrebbe dovuto essere dichiarata l'improcedibilità della domanda; che, pertanto, in tale caso, avrebbe dovuto essere disposta la sospensione del giudizio, con concessione alle parti di un termine, per l'esperimento del tentativo di conciliazione; che, in ogni caso, a dire di essa convenuta, la domanda avanzata dalla controparte risultava del tutto infondata nel merito; che, infatti, nel caso in esame, alcuna responsabilità avrebbe potuto essere imputata ad essa esponente, in ordine alla asserita mancata migrazione dell'utenza telefonica; che, nello specifico, essa aveva, pacificamente, fornito all'attore il servizio telefonico sino all'aprile del 2019; che, detto rapporto si era interrotto per legittima decisione dello stesso il quale aveva deciso di migrare l'utenza passando all'operatore ### S.p.A.; che risultava parimenti incontestato che, in data 11 maggio 2020, l'operatore ### aveva comunicato all'attore che avrebbe cessato la gestione della linea in data ###; che, tuttavia, ### 9 l'attore, solo in data 22 giugno 2020, aveva chiesto la migrazione in dell'utenza; che, pertanto, essa non aveva potuto evadere la suddetta richiesta di rientro, in quanto tardivamente formulata; che, dunque, a dire di essa convenuta, la mancata migrazione dell'utenza telefonica in parola era riconducibile ad una negligenza dell'attore medesimo, il quale aveva omesso di avanzare ad essa esponente la richiesta di migrazione in maniera tempestiva; che, pertanto, essa esponente non aveva potuto evadere la richiesta, avanzata dal tardivamente, per ragioni ad essa non imputabili; che, inoltre, risultava del tutto irrilevante la circostanza secondo cui l'utenza avrebbe cessato di funzionare il 22 settembre 2020; che, in ogni caso, la domanda avanzata dalla parte attrice veniva contestata anche sotto il profilo del c.d. quantum debeatur; che, in particolare, nel caso in esame, a dire di essa convenuta, non avrebbero potuto essere liquidati gli indennizzi di cui all'### A della ### 347/2018/### in quanto non avrebbero potuto ritenersi sussistenti i presupposti di legge; che, infatti, nella fattispecie de quo, non avrebbe potuto essere liquidato alcun indennizzo per “(…) ogni giorno di sospensione del servizio (…)”; che, inoltre, non avrebbe potuto essere riconosciuto neppure l'indennizzo previsto per “(…) la mancata portabilità del numero (…)”, dal momento che, a dire di essa esponente, non sussisteva alcuna responsabilità a carico di essa che, inoltre, appariva del tutto infondata anche la richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, asseritamente cagionati dalle interruzioni dei servizi e/o dalla mancata migrazione dell'utenza telefonica; che, infatti, la parte attrice non aveva fornito alcuna prova della asserita flessione della propria attività commerciale e/o della riduzione del suo fatturato e/o di una eventuale perdita di chances; che, inoltre, la parte attrice non aveva neppure provato la sussistenza di un nesso eziologico tra la condotta del danneggiante ed il pregiudizio economico asseritamente subito; che analoghe considerazioni potevano essere compiute in ordine alla richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale (danno esistenziale e danno all'immagine); che, in definitiva, la domanda risarcitoria avanzata dalla parte attrice avrebbe dovuto, in ogni caso, essere integralmente rigettata, in quanto del tutto sfornita di prova; che, peraltro, in relazione a detta domanda risarcitoria, alcuna somma avrebbe potuto essere liquidata all'attore, neppure in via equitativa, in quanto il non aveva fornito alcuna prova neppure del c.d. an dei pregiudizi asseritamente subiti. Tutto ciò premesso, la parte convenuta concludeva Co ### 10 come segue: “(…) in via preliminare, accertare e dichiarare, per i motivi esposti in narrativa, l'improcedibilità e/o improponibilità del presente giudizio per mancato esperimento del previo tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dalla ### 173/07/### dell'### delle ### - in via principale, nel merito, rigettare le domande avanzate da parte attrice, in quanto infondate in fatto e in diritto, e non provate, per i motivi esposti in narrativa. Con vittoria di spese e compenso di giudizio (…)”.   Rigettate integralmente le richieste istruttorie avanzate dalle parti; all'esito dell'udienza cartolare del 06.07.2023, sulle conclusive richieste dei procuratori delle parti in epigrafe riportate, la causa passava in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c..  ****************  Occorre, innanzitutto, partire dal prendere in esame l'eccezione - sollevata, in via preliminare, da - di improponibilità e/o improcedibilità della domanda, per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, di cui all'art. 1, comma undicesimo, della ### n. 249/1997.  1. ### - sollevata in via preliminare, da - di improponibilità e/o improcedibilità della domanda, per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, di cui all'art. 1, comma undicesimo, della legge n. 249/1997 In particolare, la società convenuta ha eccepito che la domanda avanzata dalla parte attrice sarebbe improponibile e/o improcedibile in questa sede, in quanto, nella fattispecie in esame, non sarebbe stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione, previsto dall'art. 1, comma undicesimo, della legge n. 249/1997.   All'uopo, occorre rammentare che, l'art 1, comma undicesimo, della legge 249/1997, dopo aver precisato che “(…) l'### (per le garanzie nelle comunicazioni, n.d.r.) disciplina con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro (…)”, stabilisce espressamente che “(…) per le predette controversie, individuate con provvedimenti dell'### non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di ### 11 conciliazione da ultimare entro tenta giorni dalla proposizione dell'istanza all'### (…)”.   In altri termini, in base alla norma sopra citata, le controversie rientranti nell'ambito applicativo della legge n. 249/1997 - e, dunque, anche la controversie tra utenti e gestori dei servizi di telefonia -, sono assoggettate ad un tentativo obbligatorio di conciliazione, tentativo, quest'ultimo, che, come stabilito con delibera dell'### per le garanzie nelle comunicazioni, deve essere instaurato presso il ### competente e che, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità in materia, costituisce una condizione di proponibilità della domanda giudiziale.   Ed infatti, secondo l'insegnamento della Suprema Corte, da cui questo Giudice unico non ha alcun motivo per discostarsi, “(…) in tema di controversie tra utenti e gestori dei servizi di telefonia, il previo esperimento di un tentativo di conciliazione dinnanzi al ### regionale per le comunicazioni ( ), previsto obbligatoriamente dall'art. 1 della legge n. 249 del 1997, costituisce una condizione di proponibilità della domanda giudiziale (…)” (cfr. tra le altre, Cass. Civ., Sentenza n. 17480 del 02.09.2015).   Tanto premesso, passando ad affrontare il caso di specie, deve evidenziarsi che, se certamente la presente controversia risulta rientrare all'interno dell'ambito applicativo della disposizione normativa di cui all'art. 1, comma 11, della legge n. 249/1997, atteso che trattasi di controversia “(…) tra utenti e gestori dei servizi di telefonia (…)” ( tra le altre, Cass. Civ., Sentenza n. 17480 del 02.09.2015), tuttavia, nel caso in esame, la condizione di proponibilità della domanda - prevista dall'art. 1, comma undicesimo, della legge n. 249/1997 - risulta soddisfatta.   In particolare, dalla documentazione prodotta in giudizio dalla parte attrice - documentazione, quest'ultima, che non è stata oggetto di alcuna contestazione da parte della convenuta -, emerge che l'attore ha convenuto, per ben due volte, la dinanzi al ### specifico, l'attore ha prodotto in giudizio copia delle istanze, con le quali il medesimo, in aderenza a quanto stabilito dagli art. 6 s.s. del ### sulle procedure di risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche - adottato con la delibera n. 203/18/### -, ha attivato il “(…) procedimento per l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione della ### 12 controversia (…)” (cfr. all.ti n. 7 e 12 all'atto di citazione), rispettivamente in data ### (cfr all.to n. 7 all'atto di citazione) ed in data ### (cfr. all.to n. 12 all'atto di citazione).   Pertanto, dal momento che risulta documentalmente provato che, nel caso in esame, l'utente ha presentato, per due volte, l'istanza che determina l'attivazione del procedimento per l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'art.  1, comma undicesimo, della legge n. 249/1997, la relativa condizione di proponibilità della domanda deve considerarsi pienamente soddisfatta.   Ed infatti, sul punto, appare privo di fondamento quanto eccepito dalla circa il fatto che l'attore avrebbe dovuto presentare una nuova istanza, dal momento che il in relazione all'istanza del 12.10.2020, aveva disposto l'archiviazione della procedura “(…) perché argomento già parzialmente trattato con ug/219739/2019 verbale di mancato accordo del 26/02/2020 (...)” (cfr. all.to n. 13 all'atto di citazione).   A tal proposito, deve rilevarsi che non risulta, espressamente, puntualmente e tempestivamente contestato, da parte della - con ogni conseguenza, ex art.  115, comma primo, c.p.c. -, quanto riportato a pag. 2 della memoria istruttoria n. 1) di parte attrice, ovvero che “(…) nella seconda occasione (…) il ### ha archiviato de plano la procedura, su espressa richiesta di (si veda quanto allegato alle 1 e cioè gli screenshot estratti dal , dal quale si evince che la richiesta di inammissibilità proviene da , la quale, erroneamente, riteneva che sul contratto oggetto del secondo tentativo di conciliazione, fosse già stato deliberato (…) e che “(…) da un semplice confronto delle due istanze di conciliazione, ci si rende immediatamente conto che si fa riferimento a due diversi contratti e due diversi periodi temporali, e si comprende immediatamente l'erroneità del provvedimento del . ### pertanto oggi vorrebbe eccepire la carenza dell'attivazione di una procedura che l'odierno attore ha attivato per ben due volte e che, la seconda volta, si è conclusa poiché il ### ha aderito, erroneamente, a quanto affermato da …) ”.   Di conseguenza, le circostanze di cui sopra, in quanto non espressamente e puntualmente contestate dalla parte convenuta, ai sensi dell'art. 115, comma primo, c.p.c., devono considerarsi pacifiche tra le parti (cfr. Cass. Civ. n. 15107/2004; n. ### 13 6666/2004; n. 9285/2003).   Peraltro, sul punto, si osserva che, anche dalla documentazione prodotta in giudizio dalla parte attrice, in allegato alle note di trattazione scritta per l'udienza del (cfr. all.to n. 1 alle note di trattazione scritta depositata dalla parte attrice in data) - la quale, a sua volta, non è stata oggetto di alcuna contestazione da parte della convenuta -, emerge che l'archiviazione della seconda procedura di conciliazione è stata disposta dal sul la base di una espressa richiesta da parte della (c fr. all.to n. 1 alle note di trattazione scritta depositata dalla parte attrice in data), la quale aveva, erroneamente, dedotto che le due istanze presente dall'attore presentassero un identico oggetto.   Di conseguenza - per i motivi in precedenza evidenziati -, deve ritenersi infondato quanto eccepito dalla circa la necessità, per l'attore, di attivare una nuova procedura di conciliazione, a seguito dell'archiviazione, da parte del della procedura che era stata instaurata su presentazione, da parte dell'attore medesimo, dell'istanza del 12.10.2020.   Pertanto, dal momento che, nel caso in esame, la parte attrice risulta aver regolarmente esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione, di cui all'art. 1, comma undicesimo, della legge n. 249/1997 (cfr. all.ti n. 7 e 12 all'atto di citazione), non resta che rigettare l'eccezione di improponibilità e/o improcedibilità della domanda, sollevata, in via preliminare, dalla convenuta.  2. ### degli asseriti inadempimenti contrattuali della parte convenuta, in ordine al rapporto contrattuale di telefonia per cui è causa (c.d. an debeatur) Passando, ora, ad esaminare il c.d. an debeatur, si osserva che la parte attrice ha, in questa sede, avanzato una domanda volta, in primo luogo, ad accertare gli asseriti inadempimenti contrattuali, da parte della convenuta, ai contratti di telefonia stipulati tra le parti ed, in particolare, al contratto sottoscritto dall'attore e da in data ### (cfr. all.to n. 9 all'atto di citazione).   ### specifico, l'attore ha dedotto che la avrebbe posto in essere i seguenti inadempimenti: 1) a partire dal 02.09.2020, e sino al 03.10.2020, si sarebbe verificato un'interruzione del servizio di connessione internet, tramite linea adsl; ### 14 2) dal 18.09.2020 in poi, aveva cessato di funzionare la linea telefonica secondaria, con numero ; 3) dal 22.09.2020 in poi, aveva cessato di funzionare anche la linea principale - che costituiva il numero storico dell'albergo ristorante di cui risulta titolare l'attore -, con numero ; 4) inoltre, già nel periodo compreso tra il ### ed il ###, si era verificata un prima interruzione del servizio di telefonia e di adsl; 5) la non avrebbe effettuato la migrazione del numero storico della parte attrice, venendo, dunque, meno, all'obbligo di garantire la portabilità dei numeri telefonici; obbligazione, quest'ultima, che sarebbe stata espressamente assunta dalla c on la sottoscrizione del contratto del 22.06.2020.   Tanto premesso, occorre rammentare che, in materia di inadempimento contrattuale, l'art. 1218 c.c., stabilendo che “(…) il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (…)”, prevede un'inversione dell'onere della prova.   In particolare, secondo l'insegnamento della Suprema Corte, da cui questo Giudice unico non ha alcun motivo per discostarsi, in base a tale norma, “(…) il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della dimostrazione del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (…)” (cfr. Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza n. 25584 del 12.10.2018).   Pertanto - ai sensi dell'art. 1218 c.c. ed in aderenza all'orientamento giurisprudenziale sopra richiamato -, per la parte creditrice è sufficiente provare il titolo del proprio diritto - ovvero l'esistenza del rapporto contrattuale tra le parti -, ed allegare l'inadempimento della controparte.   Ebbene, nel caso di specie, la parte attrice risulta avere pienamente adempiuto all'onere probatorio posto a suo carico, tramite la documentazione prodotta nel corso del giudizio. ### 15 Ed infatti, l' in primo luogo, risulta aver provato l'esistenza, tra le parti, di un rapporto contrattuale di telefonia, tramite la produzione in giudizio di copia del contratto stipulato tra le parti medesime, in data ### (cfr. all.to n. 9 all'atto di citazione).   In particolare, dalla disamina del predetto contratto, emerge che la da un lato, si è assunta espressamente l'impegno di fornire alla parte attrice un servizio di telefonia, sia di natura fissa che mobile; dall'altro lato, ha assunto espressamente l'obbligo di garantire la portabilità dei numeri telefonici associati all'utenza e, segnatamente, di assicurare “(…) ai sensi della delibera ### 274/07/ ### (…) la migrazione in TIM della risorsa di rete e delle #### associate al ### di ### di seguito indicato (…)” (cfr. all.to n. 9 all'atto di citazione).   Deve, dunque, ritenersi che la parte attrice, mediante la produzione del contratto in parola, abbia adempiuto all'onere probatorio posto a suo carico, in quanto la stessa risulta aver fornito la prova del titolo posto a fondamento del proprio diritto.   Inoltre, l'attore, in aderenza a quanto previsto dall'art. 1218 c.c. ed alla luce della giurisprudenza di legittimità in materia (cfr. Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza n. 25584 del 12.10.2018), ha anche allegato la circostanza dell'inadempimento contrattuale della controparte alle obbligazioni derivanti dal contratto del 22.06.2020 per cui è causa ed, in particolare, il fatto che la società convenuta aveva omesso di effettuare la migrazione del numero storico dell'attore medesimo - venendo, dunque, meno agli impegni contrattualmente assunti - ed, inoltre, era venuta meno anche all'obbligo di fornire i servizi di telefonia fissa e mobile e di collegamento internet, dal momento che si sarebbero verificate numerose e reiterate interruzione di entrambi i predetti servizi.   Del resto, dalla documentazione prodotta in corso di causa, emerge che la parte attrice, già in data antecedente all'instaurazione del presente giudizio, ha espressamente contestato il mancato adempimento della controparte alle obbligazioni su di essa gravanti in virtù del contratto di telefonia stipulato tra le parti.   ### specifico, risulta documentalmente provato che l'attore, con comunicazione pec del 25.09.2020, ha formalmente contestato alla che “(…) a partire dai primi giorni di settembre del c.a., non funziona più la connessione internet, dal 18.09.2020 non funziona più la linea e la linea e che dal 22.09.2020 la linea principale (e numero storico dell'esercizio commerciale) non ### 16 effettua più chiamate in uscita (…)” (cfr. all.to n. 11 all'atto di citazione).   Inoltre, emerge che dette contestazioni sono state reiterate dall'attore con successive comunicazioni, a mezzo pec, del 06.10.2020 e del 18.12.2020 (cfr. all.to n. 15 all'atto di citazione).   Infine, con la comunicazione inoltrata alla in data ###, l'attore risulta aver effettuato una ulteriore contestazione degli inadempimenti contrattuali di cui agli atti precedenti ed, in particolare, relativamente “(…) alla mancata attivazione della linea fissa (…)” (cfr. all.to n. 16 all'atto di citazione).   Di conseguenza, deve ritenersi che la parte attrice abbia integralmente adempiuto all'onere probatorio a suo carico, in quanto la stessa - come sopra evidenziato - ha fornito la prova del titolo del proprio diritto ed ha allegato la circostanza del mancato adempimento della controparte.   Viceversa, la parte convenuta, nel corso del giudizio, non risulta aver fornito alcuna prova dell' “(…) avvenuto adempimento (…)”, in quanto la - come verrà di seguito evidenziato - non ha, in alcun modo, provato di aver esattamente adempiuto alle obbligazioni dalla medesima assunte, con la sottoscrizione del contratto del 22.06.2020 per cui è causa.   All'uopo, deve rilevarsi che la predetta circostanza non risulta provata dalla convenuta, né tramite prova orale, né per via documentale.   In particolare, la da un lato, non ha articolato alcun capitolo di prova orale; dall'altro lato, non ha prodotto in giudizio alcuna documentazione idonea a fornire la prova del proprio integrale ed esatto adempimento alle obbligazioni assunte con la stipula del contratto del 22.06.2020.   Dunque, deve ritenersi che la parte convenuta, nel corso del giudizio, non abbia, in alcun modo, fornito la prova di aver esattamente adempiuto alle obbligazioni contrattualmente assunte; obbligazioni, queste ultime, si ribadisce, aventi ad oggetto, da un lato, l'erogazione dei servizi, sia di telefonia fissa che mobile, sia di collegamento internet mediante linea adsl; dall'altro lato, la migrazione del numero dell'utenza di telefonia dell'attore.   Peraltro, con particolare riferimento agli inadempimenti di cui ai punti 1), 2) e 3) sopra citati - ovvero, rispettivamente, l'asserita interruzione del servizio di connessione internet, tramite linea adsl, nel periodo compreso tra il ### ed il #### 17 (inadempimento di cui al punto 1), l'asserita interruzione del servizio di linea telefonica secondaria, con numero , dal 18.09.2020 in poi, (inadempimento di cui al punto 2) e l'asserita interruzione del servizio di linea telefonica principale (che costituiva il numero storico dell'albergo ristorante di cui risulta titolare l'attore), con numero , dal 22.09.2020 in poi (inadempimento di cui al punto 2) -, deve evidenziarsi che, detti inadempimenti, non sono stati minimamente contestati da parte della convenuta.   ### specifico, non risulta espressamente, puntualmente e tempestivamente contestato che: - “(…) a partire dal 02.09.2020, l'odierno attore poteva constatare il mancato funzionamento della linea adsl e quindi la mancanza di connessione ad internet, e ciò sino al 03.10.2020 (…)”; - “(…) dal 18.09.2020, ha cessato di funzionare la linea telefonica secondaria e dal 22.09.2020 e sino ad oggi ha cessato di funzionare la linea principale e numero storico dell'albergo ristorante (…)” (cfr. pag. 2 dell'atto di citazione).   A tal proposito, occorre rammentare che, ai sensi dell'art. 115, comma primo, c.p.c., il Giudice deve porre a fondamento della sua decisione anche “(…) i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita (…)” e che, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, “(…) i fatti debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte (…) si sia limitata, con clausola di mero stile, a contestare “espressamente ed in ogni suo punto il contenuto dell'atto”, senza esprimere alcuna chiara e specifica contestazione relativa a tali fatti e senza che, allo scopo, rilevi la, diversa, contestazione relativa al valore probatorio dei documenti allegati (…)” (cfr. Cass. Civ., Sez. I, n. ###, del 04.11.2021).   Di conseguenza, le circostanze di cui sopra, riportate alla pag. 2 dell'atto di citazione, in quanto non espressamente e puntualmente contestate dalla parte convenuta, ai sensi dell'art. 115, comma primo, c.p.c., devono considerarsi pacifiche tra le parti (cfr. Cass. Civ. n. 15107/2004; n. 6666/2004; n. 9285/2003).   Pertanto, deve ritenersi, non solo che la parte convenuta non abbia fornito la prova di aver esattamente adempiuto alle obbligazioni contrattualmente assunte, ma che i profili di inadempimento di cui ai punti 1), 2) e 3) risultino anche pacifici tra le parti, in ### 18 quanto non espressamente e puntualmente contestati dalla convenuta.   Per quanto concerne, poi, l'asserito inadempimento di cui al punto 4), primariamente, si osserva che la parte convenuta non ha contestato, in forma puntuale e specifica, la circostanza - riportata a pag. 1 dell'atto di citazione - che, durante il periodo compreso tra il ### ed il ###, si fosse verificata un'interruzione dei servizio di telefonia e di adsl, dal momento che la convenuta medesima risulta essersi, sostanzialmente, limitata ad eccepire che detto profilo di inadempimento sarebbe stato imputabile, non ad essa ma all'operatore telefonico con il quale l'attrice aveva sottoscritto il precedente contratto di telefonia del 03.04.2019 ( all.to n. 4 all'atto di citazione).   Dunque, anche la circostanza che, nel periodo compreso tra il ### ed il ###, si sia verificata un'interruzione dei servizi di telefonia e di connessione internet, erogati all'attore, in quanto non espressamente e tempestivamente contestata dalla convenuta, deve considerarsi pacifica tra le parti (cfr. Cass. Civ. n. 15107/2004; 6666/2004; n. 9285/2003).   Inoltre, relativamente all'eccezione - sollevata dalla convenuta - di non imputabilità alla del profilo di inadempimento di cui al punto 4), deve evidenziarsi che la stessa appare infondata.   Ed infatti, se certamente l'interruzione dei servizi lamentata - al predetto punto - dalla parte attrice risulta temporalmente collocata dall'attore medesimo in un periodo antecedente rispetto alla sottoscrizione, con del contratto di telefonia del 22.06.2020 per cui è causa; tuttavia, detto profilo di inadempimento - per i motivi che verranno di seguito illustrati - appare, comunque, imputabile alla parte convenuta.   In particolare, è pur vero che, per quanto riferito dalla stessa parte attrice, l'interruzione del sevizio di telefonia e di collegamento internet, di cui al punto 4), sarebbe avvenuta nel periodo compreso tra il ### ed il ### (cfr. pag. 1 dell'atto di citazione) e che, dunque, detta interruzione del servizio risulta, pacificamente, collocata in data antecedente rispetto alla sottoscrizione del contratto di telefonia del 22.06.2020.   Inoltre, sul punto, si osserva che risulta documentalmente provato che l'attore, in data ###, ha stipulato un contratto - relativo ai numeri fissi e e c omprendente anche il servizio adsl - con ### S.p.A. ( cfr. all.to n. 4 ### 19 all'atto di citazione) e che, soltanto a seguito della comunicazione di cessazione della linea - fatta pervenire, in data ###, dall'operatore telefonico ### S.p.a.( all.to n. 8 all'atto di citazione) -, la parte attrice ha effettuato il cambio di operatore, mediante la sottoscrizione, con del contratto del 22.06.2020 (cfr. all.to n. 9 all'atto di citazione).   In altre parole, dalla documentazione prodotta in giudizio dall'attore (cfr. all.to n. 4 all'atto di citazione) - la quale non è stata oggetto di alcuna contestazione da parte della convenuta -, emerge che l'interruzione dell'erogazione dei servizi di cui al punto 4) si sarebbe verificata in un periodo di tempo in cui risultava ancora intercorrente il rapporto contrattuale sottoscritto dall'attore, con ### S.p.a., in data ###.   Tuttavia, sul punto, occorre evidenziare che la parte convenuta non risulta aver espressamente, puntualmente e tempestivamente contestato quanto riportato a pag. 4 dell'atto di citazione, ovvero che “(…) ### S.p.A. (…) provvede esclusivamente alla commercializzazione della linea, ma (…) non ne ha la gestione fisica, essendo un operatore virtuale. Mentre l'unico responsabile non può che rimanere l'operatore reale, il provider della linea, cioè colui che possiede le infrastrutture necessarie o la licenza per l'occupazione della rispettiva banda o spettro radio e che pertanto è tenuto a garantire il perfetto funzionamento della rete. Nel caso di specie, le interruzioni del servizio pare siano riferibili ad un guasto tecnico avvenuto presso la cabina più vicina alla sede dell'odierno attore, ed al mancato o ritardato intervento di riparazione da parte dei tecnici su cui grava l'onere della manutenzione delle strutture (…)”.   Inoltre, si osserva che la parte convenuta non ha contestato, in maniera puntuale, specifica e tempestiva, neppure quanto riportato nella memoria istruttoria n. 1) di parte attrice, ovvero che “(…) mentre ### S.p.A. è solo un operatore telefonico che si occupa esclusivamente della commercializzazione della linea e che utilizza la rete di , la responsabi lità e la gestione tecnica della linea rimane in capo a (proprietaria e responsabile di tutte le strutture necessarie al funzionamento della sua rete) (…)” (cfr. pag. 3 della memoria istruttoria n. 1 di parte attrice) e che “(…) ### S.p.A. non ha responsabilità, provvedendo solo alla commercializzazione della linea, e non alla sua gestione: l'unico responsabile difatti è l'operatore reale, il provider della linea, cioè colui che possiede le infrastrutture necessarie o la licenza per l'occupazione ### 20 della rispettiva banda o spettro radio e che pertanto è tenuto a garantire il perfetto funzionamento della rete (…)” (cfr. pag. 6 della memoria istruttoria n. 1 di parte attrice).   Di conseguenza, tenuto conto che, ai sensi dell'art. 115, comma primo, c.p.c., deve considerarsi pacifico tra le parti che, nonostante il contratto di telefonia del 03.04.2019 fosse stato stipulato dall'attrice con l'operatore telefonico ### S.p.a., la in quanto unico provider e, dunque, unico gestore e responsabile tecnico della linea telefonica in oggetto, era, in ogni caso, l'unico soggetto obbligato a garantire il corretto funzionamento della linea telefonica, non resta che rigettare l'eccezione sollevata - in ordine al profilo di cui al punto 4) - dalla parte convenuta.   Infine, per quanto riguarda il profilo di inadempimento di cui al punto 5), innanzitutto, si rileva che, anche in relazione a detto punto, la parte convenuta non ha contestato, in forma puntuale e specifica, la circostanza che il contratto del 22.06.2020 preveda espressamente, a carico di essa convenuta, l'obbligo di effettuare la migrazione del numero di utenza telefonica e che essa medesima, nel caso in esame, aveva omesso di effettuare la “(…) migrazione del numero storico dell'esercizio commerciale (…)” (cfr. pag. 5 dell'atto di citazione); sicché, anche dette circostanze, ai sensi dell'art. 115, comma primo, c.p.c., devono considerarsi pacifiche tra le parti.   Invero, la con riferimento alla mancata migrazione della linea telefonica dell'attore, dopo non aver minimamente contestato le circostanze di cui sopra, a pag. 5 della comparsa di costituzione, si è limitata ad eccepire che la mancata migrazione della linea telefonica sarebbe stata imputabile allo stesso attore, in quanto quest'ultimo avrebbe richiesto la migrazione della linea telefonica soltanto tardivamente, atteso che, detta richiesta, era stata formulata soltanto al momento della sottoscrizione del contratto del 22.06.2020, mentre l'operatore ### S.p.a., in data ###, aveva comunicato all'attore che avrebbe provveduto ad effettuare la cessazione della linea in data ### (cfr. all.to n. 8 all'atto di citazione).   Ebbene, la predetta eccezione appare infondata e, pertanto, deve essere rigettata.   All'uopo, deve, innanzitutto, evidenziarsi che, dalla semplice lettura del contratto di telefonia del 22.06.2020, emerge che la mediante la sottoscrizione di detto contratto, risulta essersi espressamente obbligata a garantire all'utente “(…) ai sensi della delibera ### 274/07/ ### (…) la migrazione in della risorsa di rete e delle #### associate al ### di ### di seguito indicato (…)” ### Co (cfr. all.to n. 9 all'atto di citazione).   Peraltro, occorre evidenziare che, secondo l'orientamento della Suprema Corte, da cui questo Giudice unico non ha alcun motivo per discostarsi, “(…) la mancata attivazione del servizio telefonico da parte di un'impresa esercente servizi di telefonia (nella specie, a seguito di distacco dal vecchio gestore nell'ambito di procedura di migrazione unilaterale) integra inadempimento contrattuale (…)” (cfr. Cass. Civ., civile, ### III, Sentenza n. 11914 del 10.06.2016).   La giurisprudenza di legittimità ha, poi, precisato che “(…) in caso di migrazione della linea risponde l'operatore presso il quale avviene la migrazione, perché è questo ultimo che si obbliga contrattualmente a garantirla (…)” (cfr. tra le altre, Cass. Civ., Sentenza n. 3095 dell'11.02.2010 e Cass. Civ., Sentenza n. 4005 del 03.04.2000).   Dunque, nel caso in esame, alla luce della giurisprudenza di legittimità in materia ed in base all'obbligo espressamente assunto dalla parte convenuta con la sottoscrizione dl contratto del 22.06.2020, la mancata migrazione della linea telefonica appare imputabile alla e la violazione di tale obbligo, da parte della convenuta, integra un inadempimento, da parte della convenuta medesima, al rapporto contrattuale intercorrente tra le parti.   Inoltre, si osserva che, nel caso in esame - contrariamente a quanto asserito dalla convenuta -, alcuna mancanza di diligenza risulta imputabile alla parte attrice, in ordine alla mancata migrazione della linea telefonica, atteso che la non risulta aver, comunque, fornito, in alcun modo, la prova della circostanza posta a fondamento della propria eccezione.   Ed infatti, la convenuta, nel corso del giudizio, non risulta aver fornito, né documentalmente né tramite prove orali, la prova del fatto che la parte attrice fosse stata espressamente informata, dall'operatore telefonico ### S.p.a. e/o dalla convenuta medesima, che la richiesta di migrazione dell'utenza avrebbe dovuto essere avanzata dall'attore medesimo, a pena di decadenza, entro un determinato termine e che il mancato rispetto di detto termine perentorio avrebbe comportato l'impossibilità di effettuare la migrazione della linea e, dunque, la perdita della numerazione.   Peraltro, sul punto, deve, altresì, evidenziarsi che la parte convenuta non ha neppure contestato, in forma puntuale e specifica, quanto riportato a pag. 4 della memoria istruttoria n. 1) di parte attrice, ovvero che “(…) in alcun modo la comunicazione di ### 22 ### S.p.A. ha reso edotto il sig. che il mancato passaggio ad altro operatore entro la data del 31.05.2020 avrebbe comportato l'impossibilità della migrazione della linea e la conseguente perdita della numerazione. Né tale circostanza è stata mai comunicata durante gli svariati ed innumerevoli colloqui avuti dal sig. con gli operatori , né infine, e soprattutto, è stata comunicata in data ###, allorché l'odierno attore ha, “in presenza”, sottoscritto il contratto con (…)”.   Dunque, dette circostanze, oltre che non provate dalla convenuta, appaiono anche non espressamente contestate dalla medesima.   È appena il caso, poi, di evidenziare che la circostanza che la mancata migrazione dell'utenza, da parte di nella fattispecie de quo, sarebbe riconducibile ad una impossibilità tecnica di effettuare la trasmigrazione della linea, dovuta ad una mancata “(…) collaborazione dell'operatore che quella utenza deve rilasciare (il c.d. Donating) (…)” (cfr. pag. 2 della memoria istruttoria n. 2 della parte convenuta), costituisce un fatto nuovo, in quanto, detta circostanza è stata dedotta dalla parte convenuta, per la prima volta, soltanto con la memoria istruttoria, depositata ex art. 183, comma sesto, 2), c.p.c. e, dunque, tardivamente.   Di conseguenza, dal momento che - per quanto appena delineato -, nel caso in esame, alcun profilo di inadempimento e/o mancanza di diligenza risulta, in ogni caso, imputabile all'attore e che le circostanze di cui alla memoria istruttoria n. 2) di parte convenuta risultano tardivamente dedotte dalla convenuta medesima, non resta che rigettare anche l'eccezione sollevata dalla parte convenuta, in ordine al profilo di cui al punto 5).   In definitiva, non avendo la parte convenuta fornita la prova di aver esattamente adempiuto alle obbligazioni contrattualmente assunte con la stipula dei contratti di telefonia in parola ed essendo risultate infondate le eccezioni - sollevate dalla convenuta - di non imputabilità alla degli inadempimenti contrattuali di cui ai punti 4) e 5), non resta che, in accoglimento della domanda avanzata dalla parte attrice, dichiarare, ai sensi dell'art. 1453 c.c., il grave inadempimento, da parte di a gli obblighi sulla medesima gravanti, in forza dei contratti di telefonia per cui è causa ed, in particolare, del contratto del 22.06.2020 in oggetto.  3. La domanda risarcitoria avanzata dalla parte attrice (c.d. quantum debeatur) ##### 23 Passando, ora ad esaminare il profilo relativo al c.d. quantum debeatur, si osserva che la parte attrice ha, in questa sede, richiesto, innanzitutto, il risarcimento delle seguenti voci di danno: 1. il danno patrimoniale da mancato guadagno; 2. il danno esistenziale e/o danno morale; 3. il danno all'immagine.  3.1. Il danno patrimoniale da mancato guadagno ### dall'esaminare la richiesta risarcitoria avente ad oggetto il c.d. danno patrimoniale da mancato guadagno, deve rilevarsi che la stessa appare infondata e, pertanto, deve essere rigettata.   All'uopo, in primo luogo, si osserva che detta richiesta è stata formulata dalla parte attrice in termini piuttosto generici.   Inoltre, anche a voler prescindere dalla genericità della domanda risarcitoria attinente a detta voce di danno, deve evidenziarsi che, la predetta domanda appare, in ogni caso, infondata, dal momento che la parte attrice, nel corso del giudizio, non risulta aver fornito alcuna prova dell'asserito danno patrimoniale da riduzione del fatturato, né sotto il profilo del c.d. an debeatur né quanto al c.d. quantum debeatur.   In particolare, in punto di prova del danno patrimoniale da mancato guadagno, occorre rammentare che, secondo la Corte di Cassazione, “(…) l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno da lucro cessante o da perdita di chance esige la prova (…) dell'esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (…)” (cfr. Cass. Civ., Sentenza del 19.02.2009, n. 4052; in tal senso, anche: Cass. Civ., Sentenza dell' ###, n. 23304).   Ciò precisato, si rileva che, nel caso in esame, la parte attrice, nel corso del giudizio, non risulta aver provato di aver subito un danno patrimoniale da mancato guadagno, né tramite prove orali né per via documentale.   Ed infatti, l'attore, da un lato, non ha articolato alcun capitolo di prova orale sul punto, e, dall'altro lato, non ha prodotto alcun documento idoneo allo scopo.   ### specifico, la parte attrice si è limitata a produrre in giudizio delle semplici copie dei propri bilanci aziendali interni (cfr. all.ti n. 22, 23 e 24 alla memoria istruttoria n. 2 di parte attrice) - documentazione, quest'ultima, che è stata oggetto di espressa e puntuale contestazione da parte della convenuta -, i quali, costituendo dei bilanci di una ditta individuale ed, in quanto tali, essendo privi di qualsiasi certificazione, come sottolineato anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. tra le altre, Cass. Civ., Sentenza n. 8290/2016), rappresentano dei documenti di formazione meramente unilaterale e, dunque, risultano privi di qualsiasi valore probatorio.   Peraltro, con particolare riferimento al bilancio aziendale relativo all'anno 2021 ( all.to n. 24 alla memoria istruttoria n. 2 di parte attrice), si osserva che lo stesso - come rilevato anche dalla convenuta (cfr. pag. 2 della memoria istruttoria n. 3 di parte convenuta) - non è stato neppure depositato nella sua interezza e che, dunque, i dati riportati in detto bilancio presentano carattere meramente parziale.   Inoltre, fermo rimanendo che la parte attrice non ha, in ogni caso, fornito alcuna prova di aver subito una riduzione del proprio fatturato aziendale, a partire dall'anno 2020 - ovvero a seguito delle inadempienze contrattuali della società convenuta -, deve evidenziarsi che, comunque, l'attore non risulta aver provato neppure la sussistenza di un nesso di causalità tra gli inadempimenti contrattuali della convenuta - ed, in particolare, l'interruzione del servizio telefonico, a partire dal 2020 - e l'asserita riduzione del proprio fatturato aziendale.   Ed infatti, la parte attrice non ha articolato alcun capitolo di prova orale e non ha prodotto in giudizio alcun documento idoneo a dimostrare la sussistenza di detto nesso eziologico.   Del resto, sul punto, si rileva che la stessa parte attrice, alla pag. 1 della memoria istruttoria n. 1), risulta aver anche ammesso espressamente che, sulla riduzione del fatturato aziendale, asseritamente subita a partire dal 2020, ha inciso anche la situazione emergenziale relativa alla diffusione del ###19.   Pertanto, non avendo la parte attrice - per i motivi evidenziati in precedenza - provato né l'an né il quantum del danno patrimoniale da mancato guadagno, va da sé che alcuna somma potrà essere liquidata a tale titolo.   Tale voce di danno non può, poi, essere riconosciuta all'attore, neppure in via equitativa, dal momento che - come è noto - la liquidazione equitativa del danno, ai sensi dell'art. 1226 c.c., deve essere disposta dal Giudice soltanto se, pur essendovi la prova della sussistenza di un danno (ovvero del c.d. an), tale danno “(…) non può essere provato nel suo preciso ammontare (…)”.   In particolare, come precisato dalla Corte di Cassazione, “(…) il potere riconosciuto al giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa non esonera la parte istante dall'onere di fornire gli elementi probatori ed i dati di fatto in suo possesso (…) essendo, inoltre, imprescindibile che ne sia dimostrata l'effettiva esistenza (…)” ( Cass. Civ., Sentenza del 26.02.2003, n. 2874;in tal senso, anche, Cass. Civ., Sentenza del 30.01.2003 n. 1443).   Ebbene, nel caso di specie, non può farsi ricorso alla liquidazione equitativa, ex art.  1226 c.c., dal momento che non risulta minimamente provato neppure l' an della predetta voce di danno, non avendo l'attore assolto minimamente l'onere probatorio a suo carico.   Di conseguenza, non resta che rigettare integralmente la richiesta risarcitoria relativa al c.d. danno patrimoniale da mancato guadagno.  3.2. Il danno esistenziale e/o morale ### somma può, poi, essere liquidata all'attore neppure a titolo di danno esistenziale e/o danno morale.   A tal proposito, in primo luogo, deve evidenziarsi che, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità, sia il danno esistenziale sia il danno morale, rappresentano delle voci di danno la cui titolarità può essere riconosciuta esclusivamente alle persone fisiche e, dunque, non anche alle persone giuridiche.   In particolare, la Corte di Cassazione ha sottolineato che “(…) il danno morale, proprio perché inteso come insieme delle sofferenze psichiche arrecate ad un individuo a seguito di un determinato evento dannoso (la c.d. sofferenza transeunte) non può essere riconosciuto ad una persona giuridica che non è, logicamente, in grado di provarle (…)” (cfr. tra le altre, Cass. Civ., sentenza del 3 marzo 2000, n. 2367) e che analoghe considerazioni avrebbero dovuto essere estese anche al c.d. danno esistenziale.   Pertanto, nel caso in esame, alcuna somma può essere riconosciuta alla parte attrice, a titolo di danno esistenziale e/o danno morale, in quanto il presente giudizio è stato instaurato da non in proprio, ma unicamente quale “(…) titolare di (…) ” (cfr. pag. 1 dell'atto di citazione).   Peraltro, ad abundantiam, si osserva che la parte attrice non ha, in ogni caso, fornito ### 26 alcuna prova dell'asserito danno esistenziale e/o morale.   All'uopo, con specifico riferimento al danno morale, occorre rammentare che, in relazione alla risarcibilità di tale danno da sofferenza soggettiva, la Corte di Cassazione - pur ribadendo che il danno morale costituisce una voce autonoma all'interno della categoria del danno non patrimoniale -, ha precisato che può essere riconosciuto un incremento del risarcimento dovuto a titolo di danno non patrimoniale, soltanto qualora l'attore dia prova di avere, effettivamente, subito un tale danno (cfr. tra le altre, Civ., Sez. III, Ordinanza n. 9006 del 21.03.2022).   Dunque, alla luce dell'orientamento giurisprudenziale in materia, deve ritenersi che, nella fattispecie in esame, la parte attrice non abbia, in ogni caso, assolto all'onere probatorio posto a suo carico, atteso che la stessa, nel corso del giudizio, non ha in alcun modo provato di aver subito detto danno non patrimoniale.   È appena, poi, il caso di evidenziare che, anche in relazione a detta voce di danno, alcuna somma può essere liquidata all'attore neppure in via equitativa, non avendo la parte medesima fornito alcuna prova neppure dell' c.d. an debeatur di detto pregiudizio non patrimoniale.   Di conseguenza, non resta che rigettare la richiesta di risarcimento del c.d. danno esistenziale e/o morale.  3.3. Il danno all'immagine ### deve essere rigettata anche la richiesta risarcitoria avente ad oggetto il c.d.  danno all'immagine.   All'uopo, occorre rammentare che se, certamente, secondo l'insegnamento della Suprema Corte, da cui questo Giudice unico non ha alcun motivo per discostarsi, “(…) in materia di responsabilità civile, anche nei confronti delle persone giuridiche ed in genere degli enti collettivi è configurabile il risarcimento del danno non patrimoniale, da identificare con qualsiasi conseguenza pregiudizievole alla lesione - compatibile con l'assenza di fisicità del titolare - di diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti, ivi compreso quello all'immagine (…)”; tuttavia, la Corte di Cassazione, nella medesima sentenza, aggiunge che l'asserito pregiudizio “(…) non costituendo un mero danno-evento, e cioè “in re ipsa”, deve essere oggetto di allegazione e prova (…)” (cfr. in tal senso, Cass. Civ., Sentenza n. 20643/2016).   In altri termini, la giurisprudenza di legittimità, dopo aver riconosciuto la risarcibilità del c.d. danno all'immagine anche nei confronti delle persone giuridiche, ha precisato che, detta voce di danno, non rappresentando un c.d. danno in re ipsa, per poter essere risarcita, deve essere provata dalla parte che ne chiede il risarcimento.   Peraltro, la Corte di Cassazione, in punto di onere di allegazione e prova circa il danno all'immagine, ha precisato che “(…) il risarcimento del danno relativo alla lesione della immagine professionale presuppone l'assolvimento dell'onere (…) di fornire la prova della sussistenza e dell'ammontare dello stesso (…); la relativa liquidazione può avvenire in via equitativa ove non sia possibile individuare con precisione l'esatto ammontare del danno; tuttavia in tal caso, incombe sul danneggiato l'onere di fornire gli elementi probatori e i dati di fatto in suo possesso per consentire che l'apprezzamento equitativo sia, per quanto possibile, limitato e riconducibile alla sua caratteristica funzione di colmare solo le inevitabili lacune al fine della precisa determinazione del danno (…)” (cfr. tra le altre, Cass. Civ., Sentenza n. 13185 del 09.11.2003; in tal senso, anche: Cass. Civ., Sentenza n. 20558 del 30.09.2014; Civ., Sentenza n. 7471 del 14.05.2012).   Ciò posto, si rileva che, nel caso in esame, la parte attrice, nel corso del giudizio, non risulta aver assolto minimamente allo specifico onere di allegazione e prova posto a suo carico.   Ed infatti, l'attore, primariamente, non risulta aver neppure allegato in che cosa sarebbe consistita le lesione della propria immagine commerciale, in quanto l'attore medesimo, nell'atto di citazione e nella memoria istruttoria n. 1), si è limitato, sostanzialmente, a lamentare, genericamente, “(…) anche la sussistenza di un danno all'immagine (…)” (cfr. pag. 7 dell'atto di citazione).   Inoltre, la parte attrice, nel corso del giudizio, non ha, in ogni caso, fornito neppure un principio di prova dell'asserito danno all'immagine, non avendo neppure articolato alcun capitolo di prova sul punto.   Pertanto, atteso il mancato assolvimento, da parte dell'attore, dell'onere probatorio a suo carico anche in punto di an debeatur, nel caso di specie, alcuna somma può essere riconosciuta alla parte attrice a titolo di danno all'immagine, neppure in via equitativa, ex art. 1226 c.c..   Non resta, dunque, che rigettare anche la richiesta risarcitoria avente ad oggetto il danno all'immagine.   Di conseguenza, non avendo la parte attrice fornito alcuna prova dei danni asseritamente subiti in conseguenza degli inadempimenti contrattuali della convenuta (danno patrimoniale, danno esistenziale e/o morale e danno all'immagine) e non potendosi procedere - per quanto in precedenza evidenziato - ad una liquidazione dei predetti danni neppure in via equitativa, ex art. 1226 c.c., non resta che rigettare integralmente la domanda risarcitoria avanzata dalla parte attrice.  4. La domanda di liquidazione degli indennizzi previsti dalla ### nr. 347/18/### A questo punto, occorre passare ad affrontare la richiesta di parte attrice, avente ad oggetto la liquidazione degli indennizzi previsti dalla ### nr. 347/18/### emanata, in data ###, dall'### per le ### nelle ### In particolare, si osserva che l'attore - oltre al risarcimento del danno - ha richiesto il riconoscimento degli indennizzi specificamente indicati nell'### A della predetta ### nr. 347/18/### rubricato “(…) ### in materia di indennizzi applicabili nella definizione delle controversie tra utenti ed operatori di comunicazioni elettroniche (…)” (cfr. all.to n. 20 all'atto di citazione).   Segnatamente, la parte attrice ha richiesto la liquidazione dei seguenti indennizzi: 1) l'indennizzo, ex artt. 5 e 13, comma terzo, dell'### A della ### nr.  347/18/### in relazione alla sospensione del servizio del luglio/agosto 2019, per un importo complessivo di euro 240,00; 2) l'indennizzo, ex artt. 5 e 13, comma terzo, dell'### A della ### nr.  347/18/### in relazione alla sospensione del servizio del settembre/ottobre 2020, per la somma complessiva di euro 450,00; 3) l'indennizzo, ex artt. 5 e 13, comma terzo, dell'### A della ### nr.  347/18/### in relazione alla sospensione del servizio del settembre/ottobre 2020 per un importo complessivo di euro 225,00; 4) l'indennizzo, ex artt. 7 e 13, comma terzo, dell'### A della ### nr.  347/18/### per ritardo nella portabilità del numero, per un importo complessivo di euro 3.730,00; 5) l'indennizzo, ex artt. 10 e 13, comma terzo, dell'### A della ### nr.  347/18/### in relazione alla perdita del numero storico, per l'importo complessivo di euro 6.000,00; 6) l'indennizzo, ex art. 12 dell'### A della ### nr. 347/18/### per mancata o ritardata risposta ai reclami, per la somma complessiva di euro 300,00.   Tanto premesso, deve, innanzitutto, evidenziarsi che la ### nr. 347/18/### - adottata, in data ###, dall'### per le ### nelle ### - ed il relativo ### A risultano pienamente applicabili al caso in esame.   All'uopo, occorre, in primo luogo, rilevare che l'art. 1 della Delibera nr.  347/18/### in ordine all'ambito di applicazione temporale della delibera medesima e del relativo ### A, stabilisce che “(…) la presente delibera entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul sito web dell'### (…)” e che “(…) le disposizioni del presente regolamento concernenti gli indennizzi da riconoscere in sede di definizione delle controversie si applicano ai procedimenti per i quali la relativa istanza sia stata presentata successivamente alla data di entrata in vigore della presente delibera (…)”.   Inoltre, per quanto concerne l'ambito di applicazione materiale del regolamento di cui all'### A, l'art. 2, comma primo, di detto ### A, prevede che “(…) il presente regolamento stabilisce i criteri per il calcolo degli indennizzi applicabili nella definizione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche (…)”.   All'art. 1 dell'### medesimo risulta, poi, precisato che, per “(…) operatore (…)” deve intendersi “(…) ogni impresa autorizzata a fornire una rete pubblica di comunicazioni, o una risorsa correlata o un servizio di comunicazione elettronica o un servizio radiotelevisivo a pagamento (…)”, mentre, l' “(…) utente (…)” viene definito come “(…) ogni persona fisica o giuridica che utilizza o chiede di utilizzare un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico e che non fornisce reti pubbliche di comunicazione o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico (…)”.   Ciò precisato, la controversia di cui al presente giudizio appare pienamente rientrante all'interno dell'ambito di applicazione, sia temporale che materiale, della ### nr.  347/18/### e del relativo ### A.   ### specifico, in ordine all'ambito di applicazione temporale, si osserva che, nel caso in esame, le richieste di indennizzo sono state avanzate dalla parte attrice in data successiva all'entrata in vigore della ### nr. 347/18/### del 18.07.2018, atteso che il presente giudizio è stato instaurato nel 2021; dunque, va da sé che, ai sensi dell'art. 1, comma secondo, della ### nr. 347/18/### la stessa ed il relativo ### A risultano temporalmente applicabili alla controversia in oggetto.   Per quanto concerne, poi, l'ambito di applicazione materiale, si rileva che la fattispecie de quo appare, effettivamente, qualificabile come una controversia “(…) tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche (…)”.   Ed infatti, nel caso in esame, non risulta espressamente e puntualmente contestato dalla parte convenuta - con ogni conseguenza, ex art. 115, comma primo, c.p.c. - che essa medesima, ai sensi dell'### A della delibera in parola, rivesta la qualifica di “(…) operatore (…)” e che l'attore presenti la natura di “(…) utente (…)”; sicché, deve ritenersi che la presente controversia, ai sensi dell'art. 2, comma primo, di detto ### A, sia collocata all'interno dell'ambito di applicazione materiale del predetto regolamento.   Peraltro, si osserva che la circostanza che la presente controversia rientri nell'ambito di applicazione del c.d. “### in materia di indennizzi applicabili nella definizione delle controversie tra utenti ed operatori di comunicazioni elettroniche” non è stata neppure oggetto di alcuna espressa e puntuale contestazione da parte della convenuta, con ogni conseguenza ex art. 115, comma primo, c.p.c..   Deve, poi, evidenziarsi che, l'art 2 dell'### A della ### nr. 347/18/### stabilisce espressamente che le somme riconosciute da detto regolamento, in favore degli utenti, presentano la natura di “(…) indennizzi (…)” e non di risarcimento.   In altre parole - rivestendo tali contributi economici un carattere indennitario e non risarcitorio - la liquidazione degli indennizzi previsti dal predetto ### A, nei confronti dell'utente, ha come presupposto la sussistenza degli specifici requisiti previsti dalle singole disposizioni normative dell'allegato A medesimo.   Ciò posto, si osserva che, nel caso in esame - come verrà di seguito precisato, con riferimento a ciascuna delle richieste avanzate dalla parte attrice, di cui ai punti sopra citati - risultano integrati i presupposti previsti dalle disposizioni normative di cui all'### A della ### nr. 347/18/### sicché, potranno essere liquidati alla parte attrice i relativi indennizzi, nella misura che verrà di seguito indicata, in ordine a ciascuna delle richieste di indennizzo avanzate dall'attore.   Per motivi di comodità espositiva, appare opportuno procedere ad una disamina congiunta delle richieste di indennizzo di cui ai punti 1), 2) e 3), atteso che dette richieste risultano avere, tutte, ad oggetto il c.d. “(…) indennizzo per sospensione o cessazione del servizio (…)”, di cui all'art. 5 dell'### A della ### nr.  347/18/### All'uopo, si osserva che, l'art. 5, comma primo, dell'### A della ### nr.  347/18/### - rubricato “(…) indennizzo per sospensione o cessazione del servizio (…)” - stabilisce che “(…) nel caso di sospensione o cessazione amministrativa di uno o più servizi avvenuta senza che ve ne fossero i presupposti, ovvero in assenza del previsto preavviso, gli operatori sono tenuti a corrispondere un indennizzo, per ciascun servizio non accessorio, pari a euro 7,50 per ogni giorno di sospensione (…)”.   Inoltre, l'art. 13, comma terzo, del medesimo ### A, in punto di quantificazione di detto indennizzo, aggiunge che “(…) se l'utenza interessata dal disservizio è un'utenza affari, gli importi indicati a titolo di indennizzo e i limiti corrispondenti sono applicati in misura pari al doppio, nelle fattispecie di cui agli articoli da 4 a 7, e in misura pari al quadruplo in quelle di cui agli articoli 10 e 11 (...)” In altre parole, in base alle diposizioni normative sopra richiamate, nell'ipotesi di sospensione e/o cessazione del servizio di telefonia e/o del servizio di connessione internet, è riconosciuto, nei confronti dell'utente, uno specifico indennizzo, i cui criteri di quantificazione risultano puntualmente definiti dalle norme medesime.   Ciò precisato, si osserva che, nel caso in esame, i presupposti previsti per il riconoscimento del c.d. indennizzo per sospensione del servizio, di cui all'art. 5, comma primo, dell'### A, risultano pienamente sussistenti, sia relativamente alla richiesta di cui al punto 1), che in ordine alle richieste di cui ai punti 2) e 3).   Ed infatti, nel caso in esame, la parte attrice risulta aver, effettivamente, subito una “(…) sospensione del servizio (…)”, nei periodi oggetto delle richieste indennitarie di cui ai punti 1), 2), 3).   In particolare, per quanto riguarda la richiesta di cui al punto 1), deve rilevarsi che - come già in precedenza evidenziato - la società convenuta, nel corso del giudizio, non risulta aver contestato, in forma puntuale e specifica, la circostanza che, l'attore, nel periodo compreso tra il ### ed il ###, ha subito “(…) un'interruzione nell'erogazione del servizio di telefonia e adsl (…)” (cfr. pag. 1 dell'atto di citazione); di conseguenza, ai sensi dell'art. 115, comma primo, c.p.c., detta circostanza deve ritenersi pacifica tra le parti.   Inoltre, è pur vero che la ha eccepito la non imputabilità ad essa medesima delle interruzioni dei servizi riferite a detto periodo temporale, in quanto le stesse, suo dire, sarebbero imputabili alla società ### S.p.a.; tuttavia - come già in precedenza evidenziato - detta eccezione appare infondata, atteso che, si ribadisce, non risulta puntualmente e tempestivamente contestato dalla convenuta che “(…) ### S.p.A. non ha responsabilità, provvedendo solo alla commercializzazione della linea, e non alla sua gestione: l'unico responsabile difatti è l'operatore reale, il provider della linea, cioè colui che possiede le infrastrutture necessarie o la licenza per l'occupazione della rispettiva banda o spettro radio e che pertanto è tenuto a garantire il perfetto funzionamento della rete (…)” (cfr. pag. 6 della memoria istruttoria n. 1 di parte attrice).   Relativamente, poi, le richieste di cui ai punti 2) e 3), deve evidenziarsi che la parte convenuta non risulta aver minimamente contestato - con ogni conseguenza, ex art.  115, comma primo, c.p.c. - che l'attore, “(…) a partire dal 02.09.2020 (…) poteva constatare il mancato funzionamento della linea adsl e quindi la mancanza di connessione ad internet, e ciò sino al 03.10.2020 (…)” e che “(…) dal 18.09.2020 ha cessato di funzionare la linea telefonica secondaria (…)” sino al 03.10.2020 (cfr. pag. 2 dell'atto di citazione).   Di conseguenza, deve ritenersi che, con riferimento alle richieste di cui ai punti 1), 2) e 3), sussistano i presupposti per la liquidazione dell'indennizzo previsto dall'art. 5, comma primo, dell'allegato A, atteso che risulta pacifico tra le parti che l'attore: - nel periodo compreso tra il ### ed il ###, ha subito un'interruzione sia del servizio di telefonia sia del servizio di connessione internet; - nel periodo compreso tra il ### ed il ###, ha subito un'interruzione del servizio di connessione internet; - nel periodo compreso tra il ### ed il ###, ha subito un'interruzione del servizio di telefonia.   Per quanto concerne, poi, la quantificazione di detti indennizzi, relativamente alla richiesta di cui al punto 1), dal momento che l'interruzione, pacificamente, si è protratta per otto giorni - ovvero dal 27.07.2019 al 03.08.2019 - ed ha avuto ad oggetto, sia il servizio di telefonia, sia il servizio di connessione internet, l'importo liquidabile, ai sensi dell'art. 5, comma primo, dell'### A della ### nr. 347/18/### - in ### 33 relazione alla sospensione del servizio del luglio/agosto 2019 -, risulta pari a complessivi euro 120,00; importo così ottenuto: euro 7,50 (importo giornaliero previsto per ogni giorno di sospensione) x 8 (ovvero i giorni di sospensione dei servizi) x 2 (numero dei servizi oggetto della sospensione, ossia il servizio di telefonia e quello di connessione internet).   Inoltre, atteso che, nel caso in esame, non risulta contestato, da parte della convenuta - con ogni conseguenza, ex art. 115, comma primo, c.p.c. - che la parte attrice sia una “(…) utenza affari (…)”, ai sensi dell'art. 13, comma terzo, dell'### A, l'importo sopra determinato dovrà essere raddoppiato.   Pertanto, l'importo liquidabile, in via definitiva, in ordine alla richiesta di indennizzo di cui al punto 1), risulta pari a complessivi euro 240,00 (corrispondenti al doppio dell'importo sopra calcolato).  2), considerato che, in tale caso, l'interruzione del servizio di connessione internet si verificata per trenta giorni, ai sensi dell'art. 5, comma primo, dell'### A della ### nr. 347/18/### detto indennizzo dovrà essere liquidato nell'importo di euro 225,00; importo così ottenuto: euro 7,50 (importo giornaliero previsto per ogni giorno di sospensione) x 30 (ovvero i giorni di sospensione del servizio di connessione internet).   Poiché, anche su detto importo, deve essere applicata la maggiorazione prevista, in relazione alla c.d. “(…) utenza affari (…)”, dall'art. 13, comma terzo, dell'### A, la somma complessiva liquidabile in relazione alla richiesta di cui al punto 2) risulta pari ad euro 450,00 (corrispondente al doppio dell'importo sopra calcolato).   ### relativamente alla richiesta di indennizzo di cui al punto 3), si osserva che, essendosi l'interruzione del servizio di telefonia protratta per quindici giorni, l'importo liquidabile, ai sensi dell'art. 5, comma primo, dell'### A della ### nr.  347/18/### - in relazione alla detta sospensione del servizio -, risulta pari ad euro 112,50; importo così ottenuto: euro 7,50 (importo giornaliero previsto per ogni giorno di sospensione) x 15 (ovvero i giorni di sospensione del servizio di telefonia).   Applicando la maggiorazione di cui all'art. 13, comma terzo, dell'allegato A, si ottiene, dunque, il definitivo importo di euro 225,00 (corrispondente al doppio dell'importo sopra calcolato). ****** A questo punto, occorre passare ad esaminare la richiesta indennitaria di cui al punto 4), la quale ha ad oggetto il c.d. indennizzo per ritardo nella portabilità del numero.   A tal proposito, si rileva che l'art. 7 dell'allegato A della ### nr. 347/18/### - rubricato “(…) indennizzo per disservizi nelle procedure di passaggio tra operatori (…)” - stabilisce che “(…) in caso di ritardo nell'espletamento della procedura di cambiamento di operatore, l'operatore responsabile è tenuto a corrispondere l'indennizzo in misura pari a 1,50 euro per ogni giorno di ritardo, salvo nei casi di malfunzionamento, per i quali trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo Se il ritardo riguarda unicamente la portabilità del numero, l'operatore responsabile del ritardo è tenuto a corrispondere all'utente interessato un indennizzo pari a euro 5 per ogni giorno di ritardo (…)”.   Ebbene, nel caso in esame, risultano sussistenti i presupposti per il riconoscimento dell'indennizzo di cui all'art. 7 sopra citato.   Ed infatti, come già evidenziato in precedenza, non risulta espressamente e tempestivamente contestata da parte della convenuta - con ogni conseguenza, ex art.  115, comma primo, c.p.c. - la circostanza che, nel caso in esame, la non ha effettuato la migrazione dell'utenza telefonica dell'attore.   Inoltre - per i motivi esplicitati in precedenza -, deve ritenersi che, nel caso in esame, “(…) l'operatore responsabile (…)” della mancata migrazione dell'utenza sia la a tteso che, da un lato, quest'ultima, con la sottoscrizione del contratto del 22.06.2020, si è espressamente obbligata a garantire la portabilità del numero; ed, inoltre, dall'altro lato, è risultata infondata l'eccezione - sollevata dalla convenuta - di non imputabilità alla di detto inadempimento, per un'asserita responsabilità dell'attore medesimo.   Di conseguenza, essendo la venuta meno all'obbligo contrattuale di garantire la “(…) portabilità del numero (…)”, nel caso in esame potrà essere riconosciuto all'attore l'indennizzo di cui all'art. 7 dell'### A.   In ordine alla quantificazione di detto indennizzo, considerato che, nel caso in esame, risulta pacifico che la non ha ancora adempiuto all'obbligo di garantire la portabilità dell'utenza telefonica e che la convenuta non ha espressamente e puntualmente contestato il quantum di detta richiesta di indennizzo; tenuto conto, altresì, dei criteri di calcolo di cui all'art. 5, comma secondo, dell'### A e della ### 35 maggiorazione prevista dall'art. 13, comma terzo del regolamento medesimo, può essere riconosciuto integralmente all'attore l'importo richiesto a tale titolo, pari ad euro 3.730,00.   Andando, ora, ad esaminare la richiesta di cui al punto 5), si osserva che la stessa ha ad oggetto il c.d. indennizzo da perdita della numerazione.   A tal proposito, deve rilevarsi che, ai sensi dell'art. 10 dell'### A - rubricato “(…) indennizzo in caso di perdita della numerazione (…)” - “(…) nel caso in cui perda la titolarità del numero telefonico precedentemente assegnato, l'utente ha diritto a un indennizzo, da parte dell'operatore responsabile del disservizio, pari a euro 100 per ogni anno di precedente utilizzo, fino a un massimo di euro 1.500 (…)”.   Ciò precisato, deve evidenziarsi che, nel caso di specie, appaiono sussistenti i presupposti per la liquidazione, alla parte attrice, dell'indennizzo previsto dall'art. 10 dell'### A, nella misura massima prevista da tale norma, ovvero nell'importo pari ad euro 1.500,00.   In particolare, in primo luogo, si rileva che la parte convenuta non ha contestato, in forma puntuale e specifica - con ogni conseguenza, ex art. 115, comma primo, c.p.c. - la circostanza che gli inadempimenti contrattuali hanno determinato, nei confronti dell'attore, la perdita del numero della linea telefonica fissa.   Inoltre, per già i motivi evidenziati in precedenza, l' “(…) operatore responsabile del disservizio (…)” deve essere individuato nella atteso che quest'ultima, si ribadisce, nel corso del giudizio, da un lato, non ha puntualmente e tempestivamente contestato che ### S.p.a. fosse soltanto l'operatore commerciale - e che, dunque, non avesse assunto la responsabilità e la gestione della linea -; dall'altro lato, ha dedotto soltanto con la memoria istruttoria n. 2) e, dunque, tardivamente che la mancata perdita della numerazione storica sarebbe stata imputabile alla condotta del c.d. donating.   Dunque, va da sé che, nel caso in esame, devono ritenersi sussistenti i presupposti normativi per il riconoscimento dell'indennizzo di cui all'art. 7 dell'### A.   Quanto alla determinazione del quantum di detto indennizzo, lo stesso, in base a quanto stabilito dall'art. 10 dell'### A, appare liquidabile nell'importo massimo previsto dalla disposizione normativa sopra citata - pari ad euro 1.5000,00 -, atteso che, nella fattispecie de quo, la convenuta non ha contestato, in maniera puntuale e specifica, la circostanza che “(…) l'attività del sig. ha avuto inizio nel 1978 e sicuramente ### 36 sin dal 1980 ha sempre avuto lo stesso numero di telefono ( ), che pertanto è identificativo dell' da oltre 40 anni (…)” (cfr. pag. 5 dell'atto di citazione).   Inoltre, su detto importo, risulta applicabile anche la maggiorazione prevista dall'art.  13, comma terzo, dell'### A, secondo cui “(…) se l'utenza interessata dal disservizio è un'utenza affari, gli importi indicati a titolo di indennizzo e i limiti corrispondenti sono applicati (…) in misura pari al quadruplo in quelle di cui agli articoli 10 e 11 (…)”.   Pertanto, la somma complessiva liquidabile alla parte attrice, in ordine alla richiesta di cui al punto 5), risulta pari ad euro 6.000,00; importo così ottenuto: euro 1.500,00 (importo massimo previsto dall'art. 10 dell'allegato A) x 4 (maggiorazione prevista dall'art. 13, comma terzo del regolamento medesimo).   ### deve evidenziarsi che appare meritevole di accoglimento anche la richiesta di indennizzo di cui al punto 6), avente ad oggetto il c.d. indennizzo per mancata o ritardata risposta ai reclami.   All'uopo, si rileva che, ai sensi dell'art. 12 dell'allegato A, “(…) l'operatore, se non fornisce risposta al reclamo entro i termini stabiliti dalla carta dei servizi o dalle delibere dell'### è tenuto a corrispondere al cliente un indennizzo pari a euro 2,50 per ogni giorno di ritardo, fino a un massimo di euro 300. ### di cui al comma 1 è computato in misura unitaria indipendentemente dal numero di utenze interessate dal reclamo e anche in caso di reclami reiterati o successivi, purché riconducibili al medesimo disservizio (…)”.   Passando ad affrontare il caso in esame, si rileva che risulta documentalmente provato che la parte attrice, a seguito della mancata migrazione della propria utenza telefonica, in data ###, ha presentato un formale reclamo alla ( all.to n. 11 all'atto di citazione).   Inoltre, la parte convenuta non ha espressamente e puntualmente contestato la circostanza che detto reclamo non aveva ricevuto alcuna risposta da parte della convenuta medesima (cfr. pag. 2 dell'atto di citazione).   Di conseguenza, dal momento che, nel caso di specie, non risulta contestato che il reclamo presentato dall'attore non ha ricevuto alcuna risposta da parte dell'operatore telefonico, va da sé che, ai sensi dell'art. 12 dell'### A, la somma liquidabile con ### 37 riferimento alla richiesta di cui al punto 6) risulta pari all'importo massimo previsto dalla norma medesima, corrispondente ad euro 300,00.   In definitiva, risultando sussistenti, nel caso in esame i presupposti di legge di cui all'### A della ### nr. 347/18/### non resta che dichiarare che la somma spettante alla parte attrice, a titolo di indennizzi di cui agli artt. 3, 5, 7, 10, 12 e 13, comma terzo, dell'### A della ### nr. 347/18/### ammonta all'importo complessivo di euro 10.945,00, così ottenuto: euro 240,00 (indennizzo, ex artt. 5 e 13, comma terzo, dell'### A ### nr. 347/18/### per ogni giorno di sospensione del servizio, in relazione alla sospensione del servizio del luglio/agosto 2019, per ciascun servizio) + euro 450,00 (indennizzo, ex artt. 5 e 13, comma terzo, dell'### A ### nr. 347/18/### per ogni giorno di sospensione del servizio, in relazione alla sospensione del servizio del settembre/ottobre 2020, per il servizio ### + euro 225,00 (indennizzo, ex artt. 5 e 13, comma terzo, dell'### A ### nr. 347/18/### per ogni giorno di sospensione del servizio, in relazione alla sospensione del servizio del settembre/ottobre 2020, per il servizio di telefonia) + euro 3.730,00 (indennizzo, ex artt. 7 e 13, comma terzo, dell'### A ### nr.  347/18/### per ogni giorno di ritardo nella mancata portabilità del numero telefonico) + euro 6.000,00 (indennizzo, ex artt. 10 e 13, comma terzo, dell'### A Delibera nr. 347/18/### in relazione alla perdita del numero storico, per ogni anno di attività dell'azienda) + euro 300,00 (indennizzo, ex art. 12 dell'### A ### nr. 347/18/### per mancata e/o ritardata risposta ai reclami).   Di conseguenza, la deve essere condannata al pagamento, nei confronti della parte attrice, a titolo di indennizzi di cui agli artt. 3, 5, 7, 10, 12 e 13, comma terzo, dell'### A della ### nr. 347/18/### del complessivo importo di euro 10.945,00.   Ogni altra questione, domanda e/o eccezione deve considerarsi assorbita nella presente decisione.   Quanto alle spese del presente giudizio, le stesse, attesa la maggiore soccombenza, sono poste a carico della convenuta e si liquidano - tenuto conto delle tabelle di cui al D.M. n. 54/2014 e succ. mod. e dei limiti in cui è stata accolta la domanda - come segue: euro 919,00 per la fase di studio della controversia; euro 777,00 per la fase introduttiva del giudizio; euro 1.000,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed euro ### 38 1.701,00 per la fase decisionale, con distrazione in favore del difensore dichiaratosi anticipatario.   In particolare, in punto di liquidazione delle competenze professionali, a parere di questo Giudice unico, deve trovare applicazione il D.M. . n. 147/2022 (in vigore dal 23 ottobre 2022), il quale all'art. 6 stabilisce che “(…) Le disposizioni di cui al presente regolamento si applicano alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore (…)” ; che, infatti - seppur con riferimento al passaggio tra il D.M.  140/2012 e il D.M. n. 55/2014 (ma con considerazioni estensibili alla questione in esame)-, la Suprema Corte ha affermato che “(…) in tema di spese processuali, i parametri introdotti dal d.m. n. 55 del 2014, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti, trovano applicazione ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto, ancorché la prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione, purché a tale data la prestazione professionale non sia stata ancora completata (…)” (così Cass. 19989/2021; cfr., altresì, in tal senso, SS UU n. 17405/2012).  P.Q.M.  Il Tribunale di Arezzo, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da , quale titolare e l.r.p.t. di c on atto di citazione ritualmente notificato nei confronti di ogni diver sa domanda ed eccezione disattesa, così provvede: 1. rigetta l'eccezione preliminare - sollevata dalla - di improponibilità e/o improcedibilità della domanda, per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, di cui all'art. 1, comma undicesimo, della legge n. 249/1997; 2. in accoglimento della domanda avanzata dalla parte attrice, dichiara, ai sensi dell'art. 1453 c.c., il grave inadempimento, da parte di agli obblighi sulla medesima gravanti, in forza dei contratti di telefonia per cui è causa ed, in particolare, del contratto del 22.06.2020 in oggetto; 3. dichiara che la somma spettante alla parte attrice, a titolo di indennizzi di cui agli artt. 3, 5, 7, 10, 12 e 13, comma terzo, dell'### A della ### nr. 347/18/### ammonta all'importo complessivo di euro 10.945,00; ### 39 4. per l'effetto, condanna la al pagamento, nei confronti della parte attrice, a titolo di indennizzi di cui agli artt. 3, 5, 7, 10, 12 e 13, comma terzo, dell'### A della Delibera nr. 347/18/### del complessivo importo di euro 10.945,00; 5. rigetta la domanda di risarcimento dei danni, avanzata dalla parte attrice; 6. dichiara ogni altra questione, domanda e/o eccezione assorbita nella presente decisione; 7. condanna a rimborsare alla parte attrice le spese di lite che si liquidano in € 264,00 per spese ed € 4.397,00 per competenze professionali, oltre 15% per spese generali, iva e cpa come per legge, con distrazione in favore del difensore dichiaratosi anticipatario. 
Arezzo, 14.11.2023 

Il Giudice
Dr.ssa ####


causa n. 2185/2021 R.G. - Giudice/firmatari: N.D.

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Tribunale di Ancona, Sentenza n. 221/2024 del 31-01-2024

... Corte, pertanto, «l'inserimento nella ditta o nell'insegna di una parola facente parte di un marchio brevettato da altro imprenditore (ma non usato dallo stesso anche come ditta od insegna) è lecito, in considerazione della diversa funzione dei rispettivi segni distintivi e della mancanza di una diversa previsione normativa, sempre che quella ditta od insegna vengano utilizzate solo quali strumenti di individuazione dell'impresa o dello stabilimento, non anche per identificare o pubblicizzare prodotti, e cioè sostanzialmente come marchi, sì da determinare violazione dell'altrui privativa» (Cass., sez. I, 28 ottobre 1987, n. 7958, m. 455695; Cass. 22350 del 2015). - come ha chiarito da tempo la giurisprudenza, «anche nell'ipotesi in cui due imprese operino nello stesso mercato, è lecito (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI ANCONA ### In composizione collegiale, riunito in ### di Consiglio, nelle persone dei seguenti ### Dott.ssa ### rel./est. 
Dott.ssa #### ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile di I grado iscritta al n. R.G. 2785/2020, trattenuta in decisione alla udienza del 25/05/2023, scaduti in data ### i termini concessi alle parti ex art. 190 c.p.c., e promossa da: (C.F./P.I. ) , in per sona del s uo ### e legale rappresentante pro tempore sig. (C.F.  ), con sede #######, , CAP S tradario , rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, come da procura in calce all'atto di citazione notificato in data ### e depositato in data ###, dall'Avv.  ### del ### di ### e dall'Avv.  ### del ### di ### con studio ### P. ##### in , ### elettivamente domiciliata in , ### ona presso lo studio dell'Avv.  ### ; -attrice
CONTRO in persona del suo legale rappresentante pro tempore, ### c on s ede le gale in Val lefoglia ( PU), P .IVA rappresentata e difesa dall'Avv. ### del ### di ### con ### in ####, , giusta delega redatta, sottoscritta e autenticata in forma analogica, convertita in formato digitale ed allegata in calce alla comparsa di costituzione e risposta depositata in data ###, elettivamente domiciliata in ####, , presso lo ### dell'Avv. ### -convenuta
OGGETTO: “azione di contraffazione di marchio, insegna, denominazione sociale e di dominio internet; richieste ex art. 118, 124, 126, 131 e 133 c.p.i; azione di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c.; risarcimento del danno ex art. 125 c.p.i.” CONCLUSIONI Alla udienza del 25/05/2023 i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni come da verbale di udienza da intendersi ivi integralmente richiamato e trascritto. 
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 23 giugno 2020 sia alla controparte che all' la società c itava in giudizio la società per chiedere che venisse accertato e dichiarato che quest'ultima aveva compiuto atti di contraffazione dei marchi, della denominazione sociale, dell'insegna e dei nomi a dominio di parte attrice riconducibili al sintagma “ , che aveva compiuto atti in violazione dei diritti, anche d'autore, di sul disegno e modello comunitario registrato ###-0006, nonché che i comportamenti posti in essere da costituivano atti di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598. ### P. ### c hiedeva -inoltreche fosse disposta un'inibitoria ex art. 131 CPI, che venisse ordinato, ai sensi dell'art. 2599 c.c., qualsiasi ulteriore provvedimento ritenuto opportuno per impedire gli effetti dell'attività illecita posta in essere dalla convenuta, che venisse ordinato il trasferimento a titolo definitivo, del nome a dominio “lettiperdormire.it”, e di ogni altro nome a dominio contenente la dicitura “perdormire” a favore di parte attrice ai sensi dell'art. 118, comma 6, che venisse ordinato il ritiro dal commercio di ogni materiale riportante i segni contestati, oltre alla fissazione di una penale, al risarcimento del danno, alla pubblicazione della sentenza ed alle domande istruttorie. 
Si evidenzia che nella presente sentenza ogni qualvolta viene indicata l'espressione s i fa riferimento alla immagine grafica riportata in atto di citazione che presenta sia la stilizzazione della lettera L di letti che assume la forma del letto e il per che diventa una X (di colore rosso). 
In particolare, c hiedeva che venissero accolte le seguenti e testuali conclusioni: “Voglia l'###mo Tribunale adito, contrariis rejectis: ### 1. ACCERTARE e ### che la convenuta, utilizzando il segno “Per Dormire”, da solo o unitamente ad altre parole, in forma verbale o grafica, in qualsiasi forma e modo, inclusi i segni “Per Dormire” e/o “### Dormire” e/o “###it” e/o “lettiperdormire.it” e/o ed il do minio “lettiperdo rmire.it”, sa lvi se a ltri, ha po sto in esse re a tti di contraffazione dei marchi, della denominazione sociale, dell'insegna e dei nomi a dominio di parte attrice riconducibili al sintagma “PERDORMIRE”; 2. ACCERTARE e ### che la produzione, offerta, commercializzazione, importazione, esportazione, impiego del “letto cuore imbottito matrimoniale king size con contenitore”, come meglio specificato in narrativa, in qualsiasi modo denominato e/o contrassegnato, ed in ogni caso qualsiasi prodotto riproducente il disegno e modello comunitario registrato n. ###-0006 di parte attrice, costituiscono violazione dei diritti di su detto disegno e modello comunitario registrato n. ###-0006; ### 3. ACCERTARE e ### la produzione, offerta, commercializzazione, importazione, esportazione, impiego del “letto cuore imbottito matrimoniale king size con contenitore”, come meglio specificato in narrativa, in qualsiasi modo denominato e/o contrassegnato, ed in ogni caso qualsiasi prodotto riproducente il disegno e modello comunitario registrato n. ###-0006 di parte attrice costituisce violazione dei diritti d'autore di esclusiva titolarità dell'attrice; 4. ACCERTARE e ### che i comportamenti posti in essere da come meglio descritti in narrativa e di cui anche alle precedenti domande n. 1-3 costituiscono atto di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598 c.c. nonché illecito civile ai danni di 5. previo accertamento della violazione dei diritti di marchio e/o dei diritti sul disegno e modello di parte attrice e/o della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., INIBIRE ex art. 131 C.P.I. in via definitiva alla convenuta l'ulteriore uso, produzione, commercializzazione, importazione, esportazione, distribuzione, immagazzinamento, offerta e pubblicizzazione di prodotti, di tutto il materiale pubblicitario, dei dépliants, dei cataloghi, della corrispondenza commerciale, delle insegne, del packaging, delle confezioni, degli imballaggi, delle etichette, dei cartellini, degli scontrini, dei profili di social networks, delle pagine ### anche su siti di commercio online, riproducenti in tutto o in parte i “Per Dormire” e/o “### Dormire” e/o “###it” e/o “lettiperdormire.it” e/o o qualsiasi altro segno simile al marchio “ di parte attrice, in particolare inibendo l'uso di segni uguali o simili a “ , in qualsiasi forma e su qualsiasi mezzo, inclusi i prodotti, i materiali promozionali, sulla rete ### quale parola-chiave, link, meta-tag, nome di dominio, nickname, nei social network ed in qualsiasi altra forma; 6. previo accertamento della violazione dei diritti sul disegno e modello di parte attrice e/o della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., INIBIRE ex art. 131 C.P.I. in via definitiva alla convenuta l'ulteriore uso, produzione, commercializzazione, importazione, esportazione, distribuzione, immagazzinamento, offerta e pubblicizzazione del “letto cuore imbottito matrimoniale king size con contenitore”, come meglio specificato in narrativa, in qualsiasi modo denominato e/o contrassegnato, ed in ogni caso qualsiasi prodotto riproducente il disegno e modello comunitario registrato n. ###- 0006 di parte attrice; ### 7. previo accertamento degli atti di concorrenza leale ex art. 2598 c.c., ORDINARE, ai sensi dell'art.  2599 c.c., qualsiasi ulteriore provvedimento ritenuto opportuno, per impedire gli effetti dell'attività illecita posta in essere dalla resistente; 8. previo accertamento del diritto esclusivo di parte attrice sul segno “PERDORMIRE” e della registrazione in malafede e/o in violazione dell'art. 22 CPI da parte della convenuta, ### il trasferimento a titolo definitivo, del nome a dominio “lettiperdormire.it”, e di ogni altro nome a dominio contenente la dicitura “perdormire” a favore di parte attrice ai sensi dell'art. 118, comma 6, o, in subordine, ad ordinarne la cancellazione ordinando alla convenuta di compiere ogni atto necessario a tal fine ed ordinando altresì al NIC ed al ### o comunque all'### competente di provvedere alla cancellazione del suddetto nome a dominio a nome degli attuali intestatari e, se del caso, al loro trasferimento a nome di parte attrice; 9. ### alla convenuta il ritiro definitivo dal mercato dei depliant, delle insegne e di ogni altro supporto, materiale o immateriale, su cui siano apposti segni “Per Dormire” e/o “### Dormire” e/o “###it” e/o “lettiperdormire.it” e/o o qualsiasi altro segno simile al marchio “ dell'attrice, o su cui sia raffigurato il “letto cuore imbottito matrimoniale king size con contenitore”, come meglio specificato in narrativa, in qualsiasi modo denominato e/o contrassegnato, ed in ogni caso qualsiasi prodotto riproducente il disegno e modello comunitario registrato n. ###-0006 di parte attrice, ai sensi dell'art. 124, 1 comma, ### ordinandone altresì la distruzione ai sensi dell'art. 124, 3 comma, ### 10. FISSARE fin da subito a carico della convenuta una somma, non inferiore ad ### 1.000, per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata o per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento contenuto nell'emananda sentenza, ai sensi dell'art. 124, 2 comma, ### 11. CONDANNARE la convenuta al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 125 C.P.I. nella somma che sarà ritenuta provata in corso di causa o in una somma globale stabilita in base agli atti della causa, condannando le convenute, in ogni caso, alla restituzione degli utili, ai sensi dell'art. 125 c. 3 C.P.I, realizzati a seguito delle esposte violazioni nella misura in cui eccedano il lucro cessante o, in subordine, qualora esso non risulti provato, in sua alternativa; ### 12. In subordine al punto precedente, ### la convenuta al risarcimento del danno da calcolarsi in via equitativa.  13. ### ai sensi dell'art. 126 CPI, la pubblicazione della sentenza su La Repubblica e ### della ### a cura di parte attrice e con spese a carico delle convenute.  14. ### le convenute a rifondere a parte attrice spese, diritti ed onorari, C.T.U. e C.T.P., del presente procedimento e successive occorrende, compreso il rimborso forfetario, oltre IVA e C.P.A. 
IN VIA ISTRUTTORIA: 15. DISPORRE, ai sensi e per gli effetti degli artt. 210 c.p.c., 2711 c.c. e 121 CPI, - eventualmente per estratto ed adottando in ogni caso le misure più opportune per salvaguardare la riservatezza dei dati non essenziali ai fini della determinazione del danno -l'esibizione delle scritture contabili della convenuta nonché degli altri documenti aziendali riguardanti la fabbricazione, la commercializzazione e la promozione dei prodotti recanti o pubblicizzati con i marchi di cui è causa, nonché quelli relativi al “letto cuore imbottito matrimoniale king size con contenitore”, come meglio specificato in narrativa, in qualsiasi modo denominato e/o contrassegnato, ed in ogni caso qualsiasi prodotto riproducente il disegno e modello comunitario registrato n. ###-0006 di parte attrice; 16. DISPORRE - ai sensi dell'art. 121 bis CPI - l'interrogatorio del legale rappresentante della convenuta sulle seguenti circostanze di fatto: a) quantità di prodotti recanti i marchi in contestazione venduti dalla convenuta e quantità del prodotto “letto cuore imbottito matrimoniale king size con contenitore”, come meglio specificato in narrativa, in qualsiasi modo denominato e/o contrassegnato; b) fatturati corrispondenti ai prodotti venduti di cui al punto a) a partire dalla loro comparsa sul mercato sino ad oggi; c) identità dei clienti che hanno acquistato i prodotti di cui al punto a) e quantitativi di prodotto rispettivamente acquistati da ciascuno di essi; 17. DISPORRE una consulenza tecnica d'ufficio contabile - attribuendo al consulente il potere di acquisire, esaminare e verificare i dati ed i documenti contabili ed aziendali della convenuta - tesa ad accertare: a) i fatturati dei prodotti recanti i marchi contestati e del prodotto “letto cuore imbottito matrimoniale king size con contenitore”, come meglio specificato in narrativa, in qualsiasi modo denominato e/o contrassegnato; b) il numero di unità di prodotti di cui al punto a) prodotti e/o venduti o comunque commercializzati dalla convenuta nonché i nominativi dei clienti che hanno acquistato i prodotti di cui al punto a); c) gli utili compressivamente ricavati dalla convenuta sulla vendita di cui al punto b) nonché il margine di utile medio ricavato dalle convenute sui prodotti di cui si tratta; d) la royalty media presumibile praticata per la concessione di licenza di un marchio nel settore di cui si tratta; e) il margine operativo lordo ottenuto dall'attrice sui prodotti di cui al punto a).” ( conclusioni rassegnate (cfr. pagg. 60-67 dell'atto di citazione; come si dirà meglio infra le su citate conclusioni sono state modificate dalla difesa attorea nel corso del giudizio a seguito della rinuncia alle domande relative al modello-disegno del letto). 
Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data ### si costituiva in giudizio ### la società convenuta rassegnando le seguenti e testuali conclusioni: “### all'###mo Tribunale adito, contrariis reiectis, In via principale e nel merito: 1)Accertata la eccepita carenza di novità e la mancanza del carattere individuale del marchio, del dominio per dormire e del modello della testiera letto a cuore prodotta da parte attrice, 2)accertata la mancanza dell'interferenza con il modello, il marchio e il dominio rivendicati e la mancanza della concorrenza sleale, 3)respingere tutte le richieste formulate da parte attrice. Con vittoria di spese diritti ed onorari. 
IN VIA ISTRUTTORIA Si depositano i seguenti documenti: 1.catalogo 2016 Ci si riserva C.T.U., nonché di indicare i testi e formulare le circostanze nei termini di cui all'art. 183 c.p.c..” (cfr. conclusioni rassegnate alle pagg. 11 e 12 della citata comparsa). 
Alla prima udienza fissata per il giorno 14 gennaio 2021, la difesa della società eccepiva l'inammissibilità della domanda n. 1 di controparte in quanto costituita tardivamente con conseguente decadenza dalla proposizione di domande riconvenzionali e comunque dalle eccezioni non rilevabili d'ufficio. La difesa di parte convenuta rilevava invece di non aver proposto domanda riconvenzionale ma sollevato una eccezione in senso stretto al solo fine di paralizzare le domande attore (cfr. verbale della prima udienza).  ### assegnava alle parti i termini di cui all'art. 183 comma 6 numeri 1, 2 e 3 c.p.c. e fissava per la discussione sull'ammissione dei mezzi di prova l'udienza del 10 giugno 2021. ### Le parti depositavano le memorie ex art. 183 c.p.c., VI n. 1, 2 e 3 (la difesa di parte attore nella memoria depositata ex art. 183 comma VI c.p.c. n. 1 ha confermato e non modificato le conclusioni rassegnate in citazione; ugualmente dicasi per la società convenuta). 
All'udienza del 10 giugno 2021, entrambe le parti insistevano nelle rispettive richieste istruttorie opponendosi a quelle avversarie per quanto già dedotto in atti.  ### riservava la decisione (cfr. verbale di udienza). 
Con ordinanza del 28 giugno 2021, il G.I. rigettava la richiesta di prova per interpello richiesta dalla difesa attorea, ammetteva le prove per testi richiesta dalla difesa di parte convenuta, limitando a tre il numero dei testi da escutere e fissava per l'escussione dei testi ammessi l'udienza del 14 ottobre 2021. Riservava inoltre ogni decisione sulla richiesta di ### avanzata sempre in atto di citazione, e su quella avanzata ex art. 210 c.p.c. all'esito della prova testimoniale (cfr. ordinanza in atti che ivi si richiama e conferma integralmente). 
Alla successiva udienza del 14 ottobre 2021 non si presentava nessuno dei tre testimoni di am messi e il Tribunale rinviava per l'escussione dei testi alla udienza del 27 gennaio 2022. La causa veniva rinviata per i medesimi incombenti all'udienza del 17 febbraio 2022 nella quale venivano sentiti i tre testi della convenuta: i ###ri e n onché la ###ra . 
La difesa della società insisteva inoltre nella richiesta di CTU e in quella avanzata ex art. 210 c.p.c. e chiedeva la revoca dell'ordinanza istruttoria nella parte in cui non era stato ammesso l'interrogatorio formale del legale rappresentante della convenuta ai sensi dell'art.  121 bis C.p.i. 
La convenuta si opponeva alla CTU e alla istanza ex art. 210 c.p.c. per le ragioni evidenziate in atti e chiedeva il rigetto della istanza di revoca della ordinanza. ### riservava la decisione. 
Con ordinanza del 23 febbraio 2022, il Tribunale riteneva di non poter accogliere l'istanza di revoca dell'ordinanza del 28 giugno 2021 avanzata dalla difesa attorea nella parte in cui non era stato ammesso l'interrogatorio formale del legale rappresentante della convenuta, ### riteneva di non procedere alla ulteriore istruzione della causa e mandava la causa in decisione.  ### fissava inoltre per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 22 dicembre 2022 (cfr. ordinanza che ivi si richiama e conferma integralmente). 
Parte attrice dichiarava di rinunciare alle domande relative all'accertamento della violazione del diritto d'autore e della contraffazione del proprio disegno e modello comunitario registrato n. ###-0006, nonché alle domande ad esse conseguenti (compresa la domanda di inibitoria ex art. 131 CPI e di ritiro dal commercio e di distruzione ex art. art. 124, commi n. 1 e 3, CPI, limitatamente alla violazione del suddetto modello comunitario) ed insisteva invece per l'accoglimento delle restanti domande, precisando le proprie conclusioni, come da foglio separato depositato sul ### come segue: “ ### l'###mo Tribunale adito, contrariis rejectis: ### 1. ACCERTARE e ### che la convenuta, utilizzando il segno “PERDORMIRE”, da solo o unitamente ad altre parole, in forma verbale o grafica, in qualsiasi forma e modo, inclusi i segni “Per Dormire” e/o “### Dormire” e/o “###it” e/o “lettiperdormire.it” e/o ed il do minio “lettiperdo rmire.it”, sa lvi se a ltri, ha po sto in esse re a tti di violazione dei diritti e di contraffazione dei marchi, della denominazione sociale, dell'insegna e dei nomi a dominio di parte attrice riconducibili al sintagma “PERDORMIRE” come descritti in narrativa e per tutti i motivi di cui in narrativa; 2. ACCERTARE e ### che i comportamenti posti in essere da come meglio descritti in narrativa e di cui anche alla precedente domanda n. 1 costituiscono atto di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598 c.c. nonché illecito civile ai danni di 3. previo accertamento della violazione dei diritti di marchio e/o della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., INIBIRE ex art. 131 C.P.I. in via definitiva alla convenuta l'ulteriore uso, produzione, commercializzazione, importazione, esportazione, distribuzione, immagazzinamento, offerta e pubblicizzazione di prodotti, di tutto il materiale pubblicitario, dei dépliants, dei cataloghi, della corrispondenza commerciale, delle insegne, del packaging, delle confezioni, degli imballaggi, delle ### etichette, dei cartellini, degli scontrini, dei profili di social networks, delle pagine ### anche su siti di commercio online, riproducenti in tutto o in parte i segni “PERDORMIRE”, “Per Dormire” e/o “### Dormire” e/o “###it” e/o “lettiperdormire.it” e/o o qualsiasi altro segno simile al marchio “ di parte attrice, in particolare inibendo l'uso di segni uguali o simili a “ , in qualsiasi forma e su qualsiasi mezzo, inclusi i prodotti, i materiali promozionali, sulla rete ### quale parola-chiave, link, meta-tag, nome di dominio, nickname, nei social network ed in qualsiasi altra forma; 4. previo accertamento degli atti di concorrenza leale ex art. 2598 c.c., ### ai sensi dell'art.  2599 c.c., qualsiasi ulteriore provvedimento ritenuto opportuno, per impedire gli effetti dell'attività illecita posta in essere dalla convenuta; 5. previo accertamento del diritto esclusivo di parte attrice sul segno “PERDORMIRE” e della registrazione in malafede e/o in violazione dell'art. 22 CPI da parte della convenuta, ### il trasferimento a titolo definitivo, del nome a dominio “lettiperdormire.it”, e di ogni altro nome a dominio contenente la dicitura “perdormire” a favore di parte attrice ai sensi dell'art. 118, comma 6, o, in subordine, ad ordinarne la cancellazione ordinando alla convenuta di compiere ogni atto necessario a tal fine ed ordinando altresì al NIC ed al ### o comunque all'### competente di provvedere alla cancellazione del suddetto nome a dominio a nome degli attuali intestatari e, se del caso, al loro trasferimento a nome di parte attrice; 6. ### alla convenuta il ritiro definitivo dal mercato dei depliant, delle insegne e di ogni altro supporto, materiale o immateriale, su cui siano apposti i segni “PERDORMIRE”, “Per Dormire” e/o “### Dormire” e/o “###it” e/o “lettiperdormire.it” e/o o qualsiasi altro segno simile al marchio “ dell'attrice, come meglio specificato in narrativa, ai sensi dell'art. 124, 1 comma, ### ordinandone altresì la distruzione ai sensi dell'art. 124, 3 comma, ### 7. FISSARE fin da subito a carico della convenuta una somma, non inferiore ad ### 1.000, per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata o per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento contenuto nell'emananda sentenza, ai sensi dell'art. 124, 2 comma, #### 8. ### la convenuta al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 125 C.P.I. nella somma che sarà ritenuta provata in corso di causa o in una somma globale stabilita in base agli atti della causa, condannando la convenuta, in ogni caso, alla restituzione degli utili, ai sensi dell'art. 125 c. 3 C.P.I, realizzati a seguito delle esposte violazioni nella misura in cui eccedano il lucro cessante o, in subordine, qualora esso non risulti provato, in sua alternativa; 9. In subordine al punto precedente, ### la convenuta al risarcimento del danno da calcolarsi in via equitativa.  10. ### ai sensi dell'art. 126 CPI, la pubblicazione della sentenza su La Repubblica e ### della ### a cura di parte attrice e con spese a carico della convenuta.  11. ### la convenuta a rifondere a parte attrice spese, diritti ed onorari, C.T.U. e C.T.P., del presente procedimento e successive occorrende, compreso il rimborso forfetario, oltre IVA e C.P.A.  12. RIGETTARE la domanda n. 1 di parte convenuta in quanto inammissibile per tutte le ragioni esposte in narrativa.  13. In ogni caso, ### tutte le domande formulate da parte convenuta in quanto infondate in fatto e diritto. 
IN VIA ISTRUTTORIA: 14. DISPORRE, ai sensi e per gli effetti degli artt. 210 c.p.c., 2711 c.c. e 121 CPI, - eventualmente per estratto ed adottando in ogni caso le misure più opportune per salvaguardare la riservatezza dei dati non essenziali ai fini della determinazione del danno -l'esibizione delle scritture contabili della convenuta nonché degli altri documenti aziendali riguardanti la fabbricazione, la commercializzazione e la promozione dei prodotti recanti o pubblicizzati con i marchi di cui è causa, come meglio specificato in narrativa; 15. DISPORRE - ai sensi dell'art. 121 bis CPI - l'interrogatorio del legale rappresentante della convenuta sulle seguenti circostanze di fatto: d) quantità di prodotti recanti i marchi in contestazione venduti dalla convenuta, come meglio specificato in narrativa; e) fatturati corrispondenti ai prodotti venduti di cui al punto a) a partire dalla loro comparsa sul mercato sino ad oggi; f) identità dei clienti che hanno acquistato i prodotti di cui al punto a) e quantitativi di prodotto rispettivamente acquistati da ciascuno di essi; 16. DISPORRE una consulenza tecnica d'ufficio contabile - attribuendo al consulente il potere di acquisire, esaminare e verificare i dati ed i documenti contabili ed aziendali della convenuta - tesa ad accertare: f) i fatturati dei prodotti recanti i marchi contestati, come meglio specificato in narrativa; g) il numero di unità di prodotti di cui al punto a) prodotti e/o venduti o comunque commercializzati dalla convenuta prodotti di cui al punto a); h) gli utili compressivamente ricavati dalla convenuta sulla vendita di cui al punto b) nonché il margine di utile medio ricavato dalla convenuta sui prodotti di cui si tratta; i) la royalty media presumibile praticata per la concessione di licenza di un marchio nel settore di cui si tratta; j) il margine operativo lordo ottenuto dall'attrice sui prodotti di cui al punto a). 17. Si chiede ammettersi prova per testi sui seguenti capitoli: - il ### (C.F . ) nato a il e residente ###qualità di legale rappresentante pro tempore ed ### della su l seguente capitolo: a) “### che la dichiarazione dell'8 febbraio 2021, depositata da parte attrice sub doc. 70 e relativa al fatturato ed agli investimenti pubblicitari per il marchio “ negli anni 2015-2019, è stata da Lei resa e sottoscritta sulla base delle scritture contabili nelle quali trova pieno riscontro”; 18. Si chiede inoltre il rigetto delle istanze istruttorie avversarie. Con riserva di ulteriori eccezioni e/o contestazioni all'esito dell'esame della precisazione delle conclusioni avversarie in sede di udienza di precisazione delle conclusioni.” Alla suddetta udienza di precisazione delle conclusioni, altresì esibiva e chiedeva di essere autorizzata a depositare, quale doc. n. 73, la decisione adottata in data ### dalla EUIPO relativamente al marchio “Per Dormire” in quanto rilevante per la decisione della presente controversia.  ### autorizzava parte attrice al deposito telematico del suddetto documento entro il 13 gennaio 2023 e rinviava alla udienza del 25 maggio 2023 con onere di parte attrice di depositare fino al 10 maggio 2023 note scritte sulla rilevanza del citato documento e a parte convenuta termine fino al 19 maggio 2023 per il deposito di note relative sempre alla rilevanza del predetto documento. 
Le parti depositavano le note scritte nei suddetti termini. 
All'udienza del 25 maggio 2023 il ### assegnava i termini massimi di cui all'art. 190 c.p.c.  per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica e all'esito riservava di ##### riferire al Collegio per la decisione (entrambe le difese hanno provveduto al rituale deposito delle rispettive comparse conclusionali e memorie di replica). 
Orbene ciò sinteticamente (ma doverosamente) riportato e passando all'esame del merito della controversia questo Tribunale ritiene che le domande attoree siano fondate nei limiti che si vanno ad esporre. 
Vanno rigettate invece le eccezioni sollevate dalla difesa di parte convenuta perché destituite di fondamento. 
Si è giunti a tale conclusione sulla base delle motivazioni di fatto e di diritto che si vanno ad illustrare. 
Occorre innanzitutto premettere che, avendo la società rinunciato alle domande relative all'accertamento della violazione del diritto d'autore e della contraffazione del proprio disegno e modello comunitario registrato n. ###-0006, nonché alle domande ad esse conseguenti (compresa la domanda di inibitoria ex art. 131 CPI e di ritiro dal commercio e di distruzione ex art. art. 124, commi n. 1 e 3, CPI, limitatamente alla violazione del suddetto modello comunitario), il presente giudizio resta quindi limitato alle domande relative ai marchi “Perdormire” ivi azionati (come è noto “La rinuncia alla domanda, a differenza della rinuncia agli atti del giudizio, non richiede l'adozione di forme particolari, non necessita di accettazione della controparte ed estingue l'azione”; cfr. fra le tante Cass. 2019 n. ###). 
Prime di procedere all'esame delle singole domande è necessario rilevare che la difesa attorea -nel rispetto dei termini deputati alla fissazione del thema disputandum (vedasi atto di citazione e successiva memoria depositata ex art. 183 comma VI n. 1 c.p.c.)- ha dedotto in fatto (in sintesi e per quanto d'interesse) che: - Il utilizzava da molti anni il marchio “PerDormire” registrato sia a livello italiano che a livello comunitario ed internazionale, nonché in moltissimi stati esteri per identificare i prodotti di sua produzione (doc. 5); - fra i marchi registrati vi erano: 1) il Marchio italiano depositato il ### con domanda n. ### e registrato il ### con il n. ###, rinnovato con domanda n. #### del 03.06.2009, concessa in data ### con il n. ### e successivamente rinnovato con domanda n. ###3766 del 10/04/2019, concessa in data ### con n. ###3766, per la classe 20 (doc. 18; il marchio è costituito dalla scritta ### a caratteri di fantasia in cui sopra la lettera I vi è un punto a forma di cuore); 2) Marchio italiano depositato il ### con domanda n. ### e registrato in data ### con il n. ###, per le classi 20 e 24 (doc. 19; il marchio è costituito dalla scritta in cui sopra la I vi è un punto a forma di cuore, racchiuso in un ovale e con sopra l'immagine di un orso che dorme sopra un materasso); -3) Marchio italiano depositato il ### con domanda n. ### e concesso il ### con il n. ### per le classi , 24, 35 e 38 (doc. 20;) - Il marchio “PerDormire” veniva utilizzato da per contraddistinguere la sua principale linea di prodotti ed era presente, oltre all'### in oltre 30 mercati internazionali.  - Il marchio in questione poteva essere definito come un “brand nativo digitale” ossia un marchio che nasce e vive come realtà direct-to-consumer, usando il web come mezzo primario di interazione con il consumatore (cfr. doc. ###).  - Parte attrice usava altresì da lungo tempo il sito “perdormire.com” per pubblicizzare i propri prodotti (docc. 6, 7, 8).  - Il marchio “PerDormire” era stato inoltre ampiamente usato e pubblicizzato nel corso degli anni, uso che aveva conferito al marchio anche un acclarato “secondary meaning” e, in ogni caso, lo aveva reso a tutti gli effetti un marchio rinomato; - a titolo esemplificativo, veniva prodotto un catalogo risalente a prima del 2005 essendo indicata in calce la vecchia sede legale e lo stabilimento di ### (doc. 21); il catalogo generale di Gennaio 2005 (doc. 22); catalogo generale 2006 (doc. 23); catalogo generale progetto monomarca “sleeping store” del 2006 (doc. 24); rivista ### del 2006 con pubblicità del marchio in ### (doc. 25); brochure di invito a vistare lo ### stand “PerDormire” al ### del ### del 2007 (doc. 26); catalogo “PerDormire” del 2008 (doc. 27); cataloghi per l'### degli anni 2015-2020 (doc. ###).  - In particolare, durante l'esposizione 2012 lo stand della “ aveva ospitato gli attori protagonisti della serie televisiva di successo “### Criminale”, andata in onda su Sky e su ### 1 dal novembre 2008 al febbraio 2012 e vista da più di 400.000 spettatori a puntata (### - a dimostrazione dell'ampio investimento pubblicitario sul marchio venivano allegate una serie di iniziative promozionali suddivise per anno (come partecipazione a fiere anche internazionali fin dal 2006); - fra le diverse forme promozionali adottate nei precedenti scritti difensivi venivano segnalati i seguenti: a) ### di testimonial di prestigio come Ale &### (cfr. doc.  59) e la famosa showgirl che è testimonial dei prodotti “PerDormire” dal 2010 (cfr. docc. 33-38 e doc. 45); - Con l'ausilio dei suddetti personaggi di spicco nel panorama televisivo italiano, av eva r ealizzato un a c ampagna pu bblicitaria per i pr odotti a m archio “ e gli spot erano andati in onda nelle principali reti televisive italiane; Sponsorizzazione del ### nel 2007 (doc. 30); c) ### di testimonials per video ### (### 46); d) Sponsorizzazione di eventi calcistici con cartelloni pubblicitari che contenevano il marchio presente nel corso dei principali eventi calcistici nazionali ed internazionali, sport di cui più del 40% degli italiani si definiva tifoso (doc. 47 - Indagine demos&pi Settembre 2012). In particolare, il ### (doc. 48) realizzato da (s ocietà leader nel settore della ricerca e consulenza nel marketing sportivo internazionale) dimostrava come la presenza di cartelloni pubblicitari a marchio “ durante il ### calcistico “### 2012” trasmesso in diretta su il 1° giugno 2012 si era concretizzata in più di 18 ore di copertura televisiva dell'evento ed in milioni di visualizzazioni su social media quali ### o ### e) ### cartelloni pubblicitari con il marchio erano stati mostrati durante altre partite della ### (doc. 49 - ### vs ### del ### 07.09.2012 in diretta su con una media di 7.048.000 telespettatori pari al 30.7% di share; doc. 50 - ### vs ### del 26.03.2013 con una media di 8.500.000 spettatori); presenti nello ### di ### (doc. 51 - Serie A - ### vs del 30.09.2012; doc. 52 - ### vs 31.10.2012) e nello ### di Napoli (doc. 53 - ### - Napoli vs 07.12.2012). f) Il marchio era stato presente con esposizione in prima fila negli stadi ### di Napoli ed ### di ### per l'intero campionato di calcio di serie A (doc. 54) nonché in occasione di partite di ### giocate nei predetti stadi, come ad es. de l 06.12.2012 (doc. 55); g) Collaborazioni con squadre di calcio che avevano comportato la realizzazione di materassi e guanciali ufficiali a marchio “ (doc. 56) per #### ed ; ### anche mediante l'utilizzo di volantini (doc. 59), g) Partecipazione, tramite il proprio ### of ### & ### al noto programma televisivo italiano “### in Incognito”; - Come ulteriore prova della diffusione e rinomanza del marchio “ vi erano altresì i numerosi articoli di stampa (doc. 60 con relativa dichiarazione di terzietà da parte dell'agenzia che ne aveva curato la collezione e pubblicazione, depositata sub doc. 68), pubblicazioni su riviste specializzate (doc. ###) e premi ricevuti (doc. 61).  - Il marchio “ era inoltre molto usato sui social networks: la presenza social di “ su ### risaliva al 2011, mentre l'utilizzo dell'hashtag ### risaliva al 2013 come confermato dalla relazione svolta dall'### di ### e ### che analizzava la presenza del brand sui principali social networks (doc. 69).  - Da quanto precede era evidente che l'investimento pubblicitario per promuovere il marchio “ era stato ed era altissimo.  - Tali investimenti pubblicitari erano cresciuti notevolmente negli ultimi cinque anni (2015-2019) fino ad arrivare all'importo di ### 4.658.290,00 per il solo anno 2019, come risultava dalla dichiarazione sostitutiva di atto notorio depositata sub doc. 70 del ### legale rappresentante confermata dalla dichiarazione del revisore contabile e ### del Collegio Sindacale della (doc. n. 71); - er a presente in modo capillare sul territorio italiano (doc. 40) e dell'### oltre che mondiale (doc. 41, 42, 43), con oltre 100 punti vendita monomarca ad insegna “ distribuiti in modo capillare su tutto il territorio nazionale (cfr. doc. 44); - Ad ulteriore sostegno della rinomanza dal marchio sul territorio italiano, nonché del suo secondary meaning, vi era il risultato di una recente indagine di mercato curata dalla società (d oc. 62). D a t ale in dagine, emer geva c hiaramente c he, nonostante il settore di riferimento era molto affollato, il marchio “ aveva un livello di conoscenza generale molto buono sul mercato italiano; - Il carattere distintivo acquisito del marchio di parte attrice era stato riconosciuto dall'### con la decisione del 9 novembre 2022 (doc. 73); - La decisione del 9 novembre 2022 sopra commentata era conforme altresì ad un'altra decisione dell'### resa nel giudizio di opposizione proposta dall'attrice e fondata sul proprio marchio “PerDormire” contro il marchio “ (### 02/12/2022, B 3 149 567, ### , o pposizione c he er a stata pienamente accolta in quanto era stata rilevata una somiglianza tra i segni con conseguente confusione per i consumatori. In tale decisione veniva affermato, in riferimento al marchio “PerDormire”, che “il marchio anteriore era stato usato in modo intensivo e godeva di un ambito di protezione accresciuto”.  - Nelle more, anche in ### l' in data 15 marzo 2023 (cfr. doc. 74), aveva accolto l'opposizione proposta da parte attrice contro il marchio “ (### sizione N. ###9223, per c on m otivazioni del t utto anal oghe a quelle già affermate nelle decisioni appena citate, e aveva nuovamente riconosciuto il carattere distintivo accresciuto del marchio “PerDormire”; ### - Il segno “PerDormire” veniva -altresì- utilizzato dall'attrice da molti anni anche come insegna per i negozi monomarca di parte attrice. Ciò risultava dai documenti sopra richiamati (cfr. docc. 40-44) e dalla visura camerale dalla visura camerale che indicava come insegna il marchio “ oltre che l'acquisizione della società ### S.r.l. (cfr. doc. 1) che gestiva fin dal 2003 i negozi a marchio “ .  - “PerDormire” quindi, oltre che come marchio, veniva usato come denominazione sociale della ### S.r.l. (oggi acquisita dalla .  - Il segno “PER DORMIRE” veniva utilizzato da molti anni come nome a dominio.  - Parte attrice era infatti titolare di numerosi domini ### incorporanti il marchio “ (doc. 63) ed in particolare dei seguenti: a) perdormire.com (cfr. docc. 6- 7), registrato il ### e che ha ricevuto oltre 14.778.308 di visite (cfr. doc. 8); b) r egistrato il ### e c he o perava un r edirect s ul s ito Int ernet www.perdormire.com di parte attrice (doc. 64); c) , registrato in data ### e che operava un redirect sul sito ### www.perdormire.com di parte attrice (doc. 65).  - I domini di cui sopra era stati sempre stati attivi ed utilizzati per pubblicizzare i prodotti a marchio “ come era facile constatare consultando il sito archive.org che “cattura” e conserva gli screenshot dei siti attivi nel tempo (doc. 66); - era venuta a conoscenza del fatto che la convenuta utilizzava il segno “PerDormire” a vario titolo ed in modo del tutto identico o comunque fortemente simile al segno oggetto delle privative dell'attrice; - in particolare, il segno in questione veniva utilizzato da - società che operava nel medesimo settore dell'attrice, ossia quello del riposo ed è quindi una diretta concorrente di (doc. 9) - con le seguenti modalità: 1) sul portale di vendita online www.amazon.it, per offrire al pubblico e pubblicizzare i propri prodotti, sul quale appariva nel seguente modo: “ (doc.10: certificazioni notarili delle pagine del sito ### www.amazon.it); 2) come nome a ### dominio; aveva infatti registrato il domain name “lettiperdormire.it” in data ### (doc. 11), il quale era collegato al sito web della convenuta www.lettiperdormire.it (docc. 12, 13), sul quale la convenuta pubblicizzava e vendeva online i propri prodotti (doc. 14); 3) nonché sul sopra menzionato sito web www.lettiperdormire.it sul quale appariva nei seguenti modi: letti### (con la stilizzazione della lettera L di letti che assumeva la forma del letto e il per che diventava una X) e “###it” (cfr. doc. 12, 13).  - sussisteva non solo la somiglianza fra i marchi ma anche il rischio di confusione sul mercato dato dalla somiglianza tra i prodotti ed i servizi che i marchi rispettivamente contraddistinguevano; - I segni utilizzati dalla contraddistinguevano prodotti come materassi, letti e componenti degli stessi, reti, tutti rientranti nella classe 20 rivendicata dal marchio italiano n. ### così come dagli altri marchi e segni di parte attrice, per cui sussisteva una totale identità di prodotti.  - Il marchio italiano depositato il ### con domanda n. ### e concesso il ### con il n. ### dell'attrice (doc. 20) era stato registrato anche per la classe 35 relativa ai servizi di vendita al dettaglio ed online.  - la convenuta utilizzava il segno “Per Dormire” anche per i suddetti servizi ((cfr. docc.  10, 12, 13 e 14) - Sussisteva pertanto anche una totale identità di servizi; - Nel caso di specie, il rischio di confusione era fortissimo ma ancora più forte era il rischio di associazione in quanto il consumatore poteva essere indotto a ritenere che i prodotti “### Dormire” fossero una particolare linea di materassi della “PER vista l'assoluta vicinanza tra i segni; - comunque il marchio “PerDormire” dell'attrice era senz'altro un marchio non solo noto ma anche rinomato al quale quindi doveva essere riconosciuta una tutela ultramerceologica secondo quanto previsto dall'art. 20 comma 1, lett. c) del C.P.I. che consentiva al titolare di un marchio anteriore di vietare a terzi di usare nell'attività ### economica “un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini (…) se l'uso del segno, anche a fini diversi da quello di contraddistinguere i prodotti e servizi, senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi”; - la registrazione del nome a dominio “lettiperdormire.it” (cfr. doc. 11) era avvenuta in mala fede ovvero in violazione degli artt. 22 C.P.I., 133 C.P.I. e 118 comma 6 C.P.I; - gli atti posti in essere dalla convenuta configuravano altresì un'ipotesi di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 1, 2, 3 c.c. (cfr. atto di citazione e successiva memoria depositata ex art. 183 comma VI n. 1 c.c.). 
Orbene in diritto va necessariamente premesso che: - ###.13, 1) del ### della ### dispone che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni privi di carattere distintivo, e in particolare: - ### che consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio; - ### costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscano, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio; - tuttavia, l'articolo 13, comma 2 del ### della ### dispone che, in deroga al divieto di registrazione dei marchi privi di carattere distintivo: “Possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni che prima della domanda di registrazione, a seguito dell'uso che ne sia stato fatto, abbiano acquistato carattere distintivo”. In questa ipotesi si disciplina il caso in cui il marchio abbia acquisito capacità distintiva prima della registrazione; - Il comma 3 dello stesso articolo, invece, disciplina il caso in cui il marchio abbia acquisito capacità distintiva dopo la registrazione e prevede che esso non possa essere dichiarato nullo se, a seguito dell'uso che ne è stato fatto, ha acquisito capacità distintiva.  - In ambito europeo, l'articolo 7 comma 3 del regolamento 2017/1001 sul marchio dell'### ammette alla registrazione i marchi che, pur originariamente privi di carattere distintivo: “abbiano acquistato per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all'uso che ne è stato fatto”; - dunque è principio consolidato quello per cui il carattere descritto o distintivo di un marchio deve essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti e dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall'altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento (cfr. Corte Giust. UE 20 ottobre 2011, cause C-344/10 P e C-345/10 P, /### vedi, altresì, Cass. 14 maggio 2020, n. 8942); - infatti, la validità di un marchio non viene meno per la presenza di un elemento descrittivo qualora questo sia accompagnato da una qualche differenziazione, che può essere costituita da aggiunte di prefissi o suffissi, nonché da particolari distorsioni o combinazioni delle parole, che gli attribuiscano una propria individualità distinta da quella delle singole locuzioni che lo compongono (cfr. anche in motivazione Cass. 2023 n. 22916); - Se, dunque, la prima norma (comma 1) intende evitare di concedere diritti di esclusiva a parole o segni che sono meramente collegati al tipo merceologico senza carattere di originalità, in quanto strutturati su espressioni che si limitano a richiamare la qualità merceologica o la funzione produttiva, oppure una caratteristica tecnica del prodotto (fra le altre, Cass. 23 febbraio 1998, n. 1929), le successive disposizioni pongono un'eccezione sia al divieto di registrazione, sia alla (pronuncia di accoglimento della domanda di) nullità del marchio, allorché il segno abbia acquistato carattere distintivo prima della proposizione della domanda o eccezione di nullità; - Sono definiti deboli i marchi in sé carenti, in tutto o in parte, di carattere distintivo: e la debolezza risiede per l'appunto in ciò, che il titolare non può pretendere una esclusiva su un marchio in sé mancante di attitudine distintiva (Cass. 26 giugno 1996, n. 5924; ### Cass. 2 agosto 1990, n. 7768; Cass. 30 gennaio 1985, n. 573; Cass. 28 ottobre 1982, 5633).  - Tali marchi, carenti del requisiti di cui al primo comma dell'articolo 13 del codice della proprietà industriale, non possono -tuttaviaessere dichiarati o considerati nulli perché privi di capacità distintiva quando tale capacità abbiano acquisito ai sensi del terzo comma dello stesso articolo 13, il quale contempla una vera e propria sanatoria della nullità per mancanza di capacità distintiva, alla quale ci si riferisce con l'espressione «secondary meaning»; - Come la Suprema Corte ha già ritenuto (cfr., tra le altre, Cass. 18 maggio 2018, n. 12368; Cass. 19 aprile 2016, n. 7738, Cass. 2022 n. 53), l'art. 13, comma 1, cit. intende evitare di concedere diritti di esclusiva a parole o segni che siano meramente collegati al tipo merceologico senza carattere di originalità, in quanto strutturati su espressioni che si limitino a richiamare la qualità merceologica o la funzione produttiva, oppure una caratteristica del prodotto; le successive disposizioni pongono un'eccezione sia al divieto di registrazione, sia alla (pronuncia di accoglimento della domanda di) nullità del marchio, allorché il segno abbia acquistato carattere distintivo prima della proposizione della domanda o della eccezione di nullità.  - Si tratta del c.d. secondary meaning il quale, secondo il senso letterale dell'espressione ("significato secondario", inteso sia come successivo, sia come aggiunto) e le ricostruzioni degli interpreti, si verifica tutte le volte in cui un segno, originariamente sprovvisto di capacità distintiva per genericità, mera descrittività o mancanza di originalità, si trovi ad acquistare, in seguito, tali capacità, in conseguenza del consolidarsi del suo uso sul mercato. In détta ipotesi, l'ordinamento recepisce il dato di fatto dell'acquisizione successiva e "secondaria" della "distintività", attraverso un meccanismo di "convalidazione" del segno.  - Si è rilevato come il citato art. 13 c.p.i. abbia codificato un principio già affermato in giurisprudenza, secondo cui può divenire valido un marchio che, pur originariamente privo di carattere distintivo, tale carattere abbia acquisito nel tempo per l'uso che ne sia stato fatto (Cass. 3 aprile 2009, n. 8119; e v. Cass. 26 gennaio 1999 n. 697).  - In sostanza, è soprattutto per effetto della elevata diffusione commerciale, a sua volta sovente dipendente da massicci investimenti pubblicitari ed azzeccate strategie di marketing, che un marchio inizialmente privo di capacità distintiva può acquistarla: ciò, in quanto massicce attività di pubblicizzazione del marchio possono indurre ad una radicale trasformazione della sua percezione distintiva nel mercato dei consumatori, nel quale si sia diffusa l'identificazione del prodotto contraddistinto dal marchio, sebbene questo consti in origine di un termine generico.  - ### del processo comporta la possibilità per il titolare del marchio di agire in contraffazione; - Tale fenomeno, elaborato ai fini della c.d. riabilitazione o convalidazione del segno originariamente privo di capacità distintiva, giacché mancante di originalità ovvero generico o descrittivo e che, tuttavia, finisce con il riceverla dall'uso che ne viene fatto nel mercato (v. Cass. n. 697/1999, n. 8119/2009), è stato utilizzato per cogliere ogni evoluzione della capacità distintiva, cioè anche come rafforzamento della capacità distintiva del marchio in origine debole (ma non nullo) che divenga successivamente forte attraverso la diffusione, la propaganda e la pubblicità (v. Cass. n. 4294/1974, n. 2884/1985, n. 18920/2004, n. 10071/2008; cass. 2015 n. 22953); - onde, in presenza di un fenomeno di "secondary meaning", va riconosciuta al marchio "originariamente" debole la stessa tutela accordata ai marchi "originariamente" forti e l'accertamento della relativa contraffazione va effettuato secondo i criteri che presiedono alla tutela del marchio forte, atteso che il segno risultante in origine caratterizzato da una minor capacità individualizzante, una volta pervenuto alla convalidazione dovuta all'uso, abbisogna della più rigorosa tutela riconosciuta al marchio forte, in mancanza della quale anche le lievi modificazioni che il marchio debole deve invece tollerare otterrebbero l'effetto di frustrare il risultato conseguito attraverso l'uso di mercato.(Cass 5091/00-Cass 12940/03 — v. anche Cass 10071/08); - l'onere di dimostrarne la secondarizzazione grava sul titolare del marchio.  - Oggetto dell'onere della prova, in questo caso, non è nonostante che il fenomeno suddetto dipenda dall'uso intenso della parola, tanto da divenire distintiva per il pubblico dei consumatori - l'esistenza di investimenti pubblicitari in sé, ma la rinomanza acquisita dal segno.  - Sotto tale profilo, infatti, ben può un marchio divenuto distintivo per effetto della cd.  secondarizzazione conservare anche un uso generico e comune, posto che, con tale fenomeno, la parola comune, mentre mantiene il significato originario, al contempo ne assume uno secondario di segno distintivo del prodotto nella mente dei consumatori, che finiscono per attribuire al termine utilizzato non solo il significato originario, ma anche quello di indicatore della provenienza dei prodotti da una determinata impresa, cui esso viene spontaneamente associato.  - Il titolare del marchio deve assolvere l'onere della prova, che su di lui incombe, della convalidazione del marchio, e che ciò può fare unicamente dimostrando che la percezione del pubblico dei consumatori con riguardo al segno sia cambiata, avendo esso acquistato il significato secondario riconoscibile in equivocamente; - ciò può essere dimostrato con ogni mezzo di prova (ove non soccorra il fatto notorio), al fine di offrire un'adeguata dimostrazione dello slittamento semantico della parola nella percezione del pubblico dei consumatori (cfr. sentenza Cass. del 2006 sul caso ove la S.C. ha evidenziato la rilevanza delle indagini demoscopiche: “Con riguardo alle indagini demoscopiche, in particolare, proprio nel settore in questione esse possono rivelarsi necessarie (ove non soccorra il fatto notorio), al fine di offrire un'adeguata prova dello slittamento semantico della parola nella percezione del pubblico dei consumatori”. La S.C. inoltre precisa: “o si reputa attendibile la consulenza di parte, ed allora vanno tratte le conseguenze scaturenti dal dato da essa risultante; o si ritiene il contrario, ed allora va consentita l'offerta di prova formata in giudizio anche con apposita ripetizione officiosa dell'indagine. In dette evenienze, la consulenza sarà volta, in particolare, ad accertare se la parola abbia nella specie ### acquisito un secondary meaning, in quanto percepita dal pubblico in modo autonomo come marchio speciale, anche ove riferibile ad un prodotto della più generale serie contrassegnata dal marchio generale. Ciò in quanto non sono, in se stessi, i mezzi utilizzati allo scopo (gli investimenti pubblicitari) che possono offrire elementi determinanti nell'applicazione di tali principi, quanto piuttosto la risposta del pubblico, onde la particolare importanza di indagini demoscopiche”. Cfr. anche Direttive di marchi, parte c opposizione, sezione 5 marchi che godono di notorietà (articolo 8, paragrafo5 RMUE), paragrafo 3.1.4.4; occorre ricordare che le direttive dell'### dell'### europea per la proprietà intellettuale (“EUIPO”) prevedono che tra i mezzi probatori pertinenti per dimostrare la notorietà, la rinomanza o il secondary meaning le indagini demoscopiche sono considerate come “i mezzi più idonei per provare le affermazioni relative al grado di conoscenza del marchio, alla quota di mercato da esso detenuta o alla posizione occupata sul mercato rispetto ai prodotti dei concorrenti”. Infine va rammentato che la Corte di Giustizia (7.7.2005, C-353/03) ha affermato in proposito che “gli elementi idonei a dimostrare che il marchio è divenuto adatto a distinguere il prodotto o servizio di cui trattasi debbono essere valutati globalmente” e che “possono essere presi in considerazione, tra l'altro, la quota di mercato detenuta dal marchio, l'intensità, l'estensione geografica e la durata dell'uso del marchio, l'entità degli investimenti effettuati dall'impresa per promuoverlo, la percentuale degli ambienti interessati che identifica, grazie al marchio, il prodotto o il servizio come proveniente da una determinata impresa, nonché le dichiarazioni delle ### di ### o di altre associazioni professionali”. In precedenza, la Corte aveva espresso il medesimo principio nelle cause riunite C-108/97 e C-109/97); - E' stato ripetutamente chiarito dalla Suprema Corte che i cosiddetti marchi "deboli" sono tali in quanto risultano concettualmente legati al prodotto dal momento che la fantasia che li ha concepiti non è andata oltre il rilievo di un carattere, o di un elemento del prodotto, ovvero l'uso di parole di comune diffusione che non sopportano di essere oggetto di un diritto esclusivo. Un marchio, peraltro, può essere valido, benché "debole", in base al fatto dell'esistenza di un pur limitato grado di capacità distintiva (Cass 5924/96).  - E' noto che la qualificazione del segno distintivo come marchio c.d. debole non incide sull'attitudine dello stesso alla registrazione, ma soltanto sull'intensità della tutela che ne deriva (cfr. fra le tante anche in motivazione Cass. 2016 n. 1267. Nella specie, la S.C.  ha confermato la sentenza impugnata che, considerato "debole", per la sua natura puramente descrittiva, il marchio "Il telefonino" di ### destinato ad identificare apparecchi e servizi di telefonia, aveva ritenuto che l'aggiunta "by ### fosse sufficiente a configurare quell'elemento distintivo idoneo ad escludere la confondibilità tra i due segni); - La definizione di marchio forte -inveceè speculare, e riguarda marchi che, non coincidendo con la denominazione generica di un prodotto/servizio e non consistendo in indicazioni descrittive dello stesso, sono dotati di maggior capacità distintiva. Una caratteristica dei marchi forti è la componente di fantasia (o creatività) evidenziata dall'utilizzo di nomi o parole (anche di uso comune) che non hanno, concettualmente, attinenza con il prodotto o il servizio interessato.  - La distinzione tra marchi deboli e marchi forti ha la sua genesi - come già anticipato nella preoccupazione del legislatore di evitare che si crei una sorta di diritto di esclusiva su parole e segni comunemente utilizzati nel linguaggio corrente in quel settore merceologico e che, in quanto tali, devono rimanere patrimonio comune, onde evitare che l'esclusiva sul segno si trasformi in un monopolio (cfr. sul punto Cass. 1998 n. 5338 ove si afferma: ““###. 18, lett. b, del R.D. n. 929 del 1942 (come modificato dal D.lgs. n. 480 del 1992) - nel vietare la registrazione come marchio, tra l'altro, dei segni costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono - intende impedire il monopolio dello sfruttamento di un'espressione del parlare comune, la quale nel commercio deve essere adoperata per individuare un tipo di prodotto, ovvero una funzione alla quale un prodotto provvede, chiunque lo offra al mercato. Pertanto, la norma, sul presupposto che la protezione esclusiva di un segno debba premiare il suo autore per l'originalità di cui ha saputo connotarlo, vieta che un tal premio venga attribuito a chi, senza alcun apporto di originalità, pretenda di togliere ai suoi concorrenti la libertà di usare espressioni utilizzate per indicare genericamente un prodotto, ovvero per descrivere una funzione tipica, senza che da tale uso derivi alcuna aspettativa particolare, connessa all'individuazione del produttore da parte del mercato” - La distinzione tra marchio debole e marchio forte attiene alla diversa tutela di cui gode il marchio stesso in casi di atti di concorrenza sleale o contraffazione.  - Quanto più il marchio è forte, tanto più sarà tutelato dalla legge, poiché la giurisprudenza, in particolare quella di legittimità, ha progressivamente rilevato come la distinzione tra i c.d. segni forti e quelli deboli, pur non essendo espressamente prevista a livello normativo, incida sul grado di tutela accordato ai diversi marchi.  - La debolezza di un marchio importa, infatti, che il titolare non possa opporsi a un concorrente che utilizzi a sua volta un marchio poco distintivo rispetto alla denominazione generica del prodotto, ma che si differenzi in minima parte.  - La tutela dei marchi forti è caratterizzata, invece, da maggior incisività, in quanto qualsiasi tipo di variazione - anche “originale”, che lasci comunque intatto il cuore del marchio (ovvero, il nucleo ideologico riassuntivo dell'“attitudine individualizzante” del segno) - sarebbe ritenuta illegittima. La tutela, nel caso di marchio forte, è infatti estesa anche a quei segni distintivi altrui che presentino delle differenze rispetto ad esso, ma che se tollerati all'interno dello stesso mercato sarebbero potenzialmente forieri di un vantaggio competitivo per l'azienda sui concorrenti e potrebbero ingenerare confusione nel consumatore proprio in ragione della somiglianza con il marchio forte. 
Relativamente a questi segni distintivi, in definitiva, è il requisito della novità di cui all'articolo 12 del “codice della proprietà industriale” ad essere carente, e ciò in ragione della loro somiglianza al marchio forte, caratterizzato da grande capacità attrattiva; - Nella tradizione della giurisprudenza della Suprema Corte, la distinzione tra marchi forti e marchi deboli (e cioè tra segni che rispettivamente non presentano, o presentano, aderenza concettuale al prodotto o al servizio offerto) rileva nel senso che, mentre per il marchio forte vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l'identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l'idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante, per il marchio debole sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni od aggiunte (tra le tante: Cass. 14 maggio 2020, n. 8942; Cass. 18 giugno 2018, n. 15927; Cass. 2016 13170); - Questa differenza di tutela viene solitamente spiegata con la considerazione che i cosiddetti marchi deboli sono tali in quanto risultano concettualmente legati al prodotto per non essere andata, la fantasia che li ha concepiti, oltre il rilievo di un carattere, o di un elemento dello stesso, ovvero per l'uso di parole di comune diffusione che non sopportano di essere oggetto di un diritto esclusivo (Cass. 25 gennaio 2016, n. 1267; Cass. 26 giugno 1996, n. 5924): traspare, in ciò, la valorizzazione dell'esigenza, avvertita pure da una giurisprudenza di merito, di delimitare, in funzione antimonopolistica, l'ambito di tutela dei marchi aventi un forte contenuto descrittivo, consentendo ai concorrenti di utilizzare segni nei quali sono presenti elementi che suggeriscono lo stesso accostamento al prodotto o al servizio contrassegnato. In realtà, la tenue protezione accordata ai marchi deboli rispetto ai marchi forti trova un ulteriore, pregnante fondamento, sul piano della disciplina positiva.  - Come ricordato, l'esistenza di un rischio di confusione, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, non è escluso dal debole carattere distintivo del marchio anteriore (Corte giust. UE, 5 marzo 2020, C-766/18 P, ### for the ### of the ### of named ### 70; Corte giust. UE 12 giugno 2019, C-705/17, ### 44. Anche la S.C. ha costantemente affermato che anche il marchio debole è protetto dalla contraffazione se la variante non esclude il rischio di confusione rispetto al nucleo del marchio cui è affidata la funzione descrittiva.). ### - ### la stessa Corte, peraltro, il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore (Corte giust. CE 11 novembre 1997, C-251/95, ### cit., 24): e poiché la tutela di un marchio depositato dipende dall'esistenza di un rischio di confusione, i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente, o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore (Corte giust. CE 29 settembre 1998, C-39/97, ### 18, la quale menziona, in proposito, il disposto dell'art. 4, n. 1, lett. b) dir. 89/104/CEE; negli stessi termini, Corte giust. CE 22 giugno 1999, C-342/97, ### cit., 20). In tale prospettiva assumono centralità l'attitudine, presente nel marchio forte, ad essere ricordato per il suo accentuato carattere distintivo, e quindi confuso con segni simili, e la simmetrica penuria, nel marchio debole, di elementi individualizzanti che lo imprimano nella memoria del consumatore e che facciano conseguentemente emergere un rischio di confusione, con altri marchi, della medesima portata. La regola secondo cui per il marchio debole sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni od aggiunte ha quindi rispondenza nello scarso valore distintivo di tale segno, che — in base a quanto osservato — rende meno consistente, per esso, il rischio di confusione. Tale regola va tuttavia declinata in concreto, verificando se le variazioni apportate col marchio successivo al marchio anteriore possano considerarsi o meno trascurabili, secondo le circostanze, ai fini della confondibilità tra i segni. Non può infatti escludersi, in termini assoluti, che una modificazione del marchio debole possa risultare, in concreto, tanto marginale da non elidere il rischio confusorio: nella giurisprudenza della Suprema Corte si è così sostenuto che il marchio debole possa ricevere tutela a fronte dell'adozione di mere varianti formali, inidonee ad escludere la confondibilità dei segni (Cass. 2 febbraio 2015, n. 1861; Cass. 25 giugno 2007, n. 14684). E al riguardo, va effettivamente rilevato che il criterio di differenziazione tra marchi forti e deboli è finalizzato alla verifica dell'esistenza di una confondibilità effettiva dei segni e che l'apprezzamento sulla confondibilità costituisce pur sempre un giudizio di fatto (Cass. 13 marzo 2017, n. 6382; Cass. 5 febbraio 1979, n. 756), il quale non può essere sostituito, in tutto e per tutto, da una astratta regola di giudizio: regola che finirebbe inevitabilmente per favorire, col suo rigido automatismo, soluzioni prive di aderenza alla specificità delle situazioni controverse. Il rischio di approdare a tali esiti appare, del resto, tanto più consistente ove si consideri che la stessa tradizionale catalogazione dei marchi in forti e deboli non riflette la gamma di sfumature che è dato di registrare nell'attinenza del segno al prodotto o al servizio: basti pensare, in proposito, ai marchi suggestivi, che sono capaci di suscitare impressioni o associazioni mentali solo indirette con la tipologia del bene o dell'attività cui sono riferiti. E' senz'altro vero che l'apprezzamento sulla confondibilità va compiuto dal giudice di merito accertando non soltanto l'identità o almeno la confondibilità dei due segni, ma anche l'identità e la confondibilità tra i prodotti, sulla base quanto meno della loro affinità; tali giudizi — va aggiunto — non possono essere considerati tra loro indipendenti, ma sono entrambi strumenti che consentono di accertare la cosiddetta «confondibilità tra imprese» ( 6 dicembre 2019, n. ###; Cass. 10 ottobre 2008, n. 24909). Del resto, l'identità o l'affinità tra i prodotti e i servizi non è da sola in grado di dar ragione della nullità del marchio di cui all'art. 12, comma 1, lett. a), c.p.i. dal momento che il giudizio di confondibilità non si esaurisce in esso, dovendo aver riguardo anche all'identità o affinità dei segni (cfr. Cass. 2021 n. 12566); - La ditta ha la funzione di identificare l'imprenditore come soggetto di diritti; e per questa ragione l'art. 2563 c.c. esige che ne includa almeno il cognome o la sigla (Cass., sez. I, 10 luglio 2009, n. 16283, m. 608997).  - ### ha invece la funzione di identificare un determinato stabilimento nel quale l'attività imprenditoriale viene esercitata (Cass., sez. I, 23 aprile 1966, n 1042, m. ###.  - Mentre la denominazione sociale è il nome necessario di una società di capitali, in qualche misura equivalente al nome della persona fisica, ed è perciò possibile tenerla distinta dalla ditta, che, individuando l'impresa, non deve necessariamente coincidere con la denominazione sociale. Una stessa società può anzi utilizzare diverse ditte, destinate a identificare sue eventualmente diverse attività imprenditoriali, purché, nel rispetto del principio di verità imposto dall'art. 2563 c.c., vi sia una connessione con la denominazione sociale.  - Infatti «il concetto di ditta, volto a designare, genericamente ed unitariamente, il nome sotto cui l'imprenditore esercita l'impresa, non ha - salvo che essa venga usata anche come marchio - una diretta attinenza con i prodotti fabbricati o venduti o con i servizi prestati, e si distingue, pertanto, sia dal marchio in generale, sia dal cosiddetto "marchio di servizio" (introdotto in ### dall'art. 3 della legge n. 1178 del 1959), destinato a contraddistinguere una specifica attività o branca di attività tra quelle esercitate dall'impresa (e dotato di un campo di produzione limitato a tale attività in sé considerata, mentre la ditta è sempre riferibile ad un "complesso" di attività), sia dall'insegna, che non identifica né il prodotto, né l'attività o branca di attività, bensì un bene aziendale presso il quale o mediante il quale un prodotto viene posto in commercio» (Cass., sez. 1, 13 giugno 2000, n. 8034, m. 537549; Cass. 22350 del 2015).  - ### la giurisprudenza della Suprema Corte, pertanto, «l'inserimento nella ditta o nell'insegna di una parola facente parte di un marchio brevettato da altro imprenditore (ma non usato dallo stesso anche come ditta od insegna) è lecito, in considerazione della diversa funzione dei rispettivi segni distintivi e della mancanza di una diversa previsione normativa, sempre che quella ditta od insegna vengano utilizzate solo quali strumenti di individuazione dell'impresa o dello stabilimento, non anche per identificare o pubblicizzare prodotti, e cioè sostanzialmente come marchi, sì da determinare violazione dell'altrui privativa» (Cass., sez. I, 28 ottobre 1987, n. 7958, m.  455695; Cass. 22350 del 2015).  - come ha chiarito da tempo la giurisprudenza, «anche nell'ipotesi in cui due imprese operino nello stesso mercato, è lecito inserire nella propria ditta una parola che già faccia parte di un marchio di cui sia titolare altro imprenditore ..., ma non è consentito usare quella parola anche come marchio, in funzione di presentazione immediata, o mediata attraverso forme pubblicitarie, dei prodotti o servizi offerti» (Cass., sez. I, 28 aprile 1990, n. 3604, m. 466928; giurisprudenza di legittimità, che qui giova riassumere (per quanto può interessare): 1) l'art. 2563 c.c., comma 1, statuisce, che "l'imprenditore ha diritto esclusivo all'uso della ditta prescelta" la quale - al pari della denominazione sociale, dell'insegna e del marchio - è un segno distintivo relativo all'attività d'impresa. 
E più specificamente, contraddistingue quest'ultima, mentre il marchio contraddistingue i prodotti; ed entrambi, peraltro, mirano per un verso a favorire l'acquisizione e il mantenimento della clientela, per altro verso a rendere consapevoli i consumatori nelle loro scelte. Sicché la rispettiva disciplina, seppure è contenuta in fonti normative diverse, è assoggettata a taluni principi comuni, fra i quali la necessità che detti segni distintivi abbiano il carattere della verità, capacità distintiva e novità; 2) per tali ragioni il successivo art. 2564 cod. civ., stabilisce che "quando la ditta è uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e può creare confusione per l'oggetto dell'impresa e per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla". E l'art. 2567 cod. civ. statuisce, a sua volta, che anche alla denominazione delle società si applicano le disposizioni dell'art. 2564 cod.  civ.; 3) per l'applicazione di detta normativa non è tuttavia sufficiente che due società inseriscano, nella propria denominazione, la stessa parola, la quale assuma per entrambe efficacia identificante, ma occorre altresì che si verifichi possibilità di confusione, in relazione all'oggetto ed al luogo delle rispettive attività: e cioè la virtuale possibilità di confusione tra le ditte e le denominazioni sociali dei due imprenditori; per la cui valutazione non è necessario prendere in considerazione le attività effettivamente svolte dalle imprese, bastando il raffronto tra i rispettivi oggetti sociali risultanti dagli atti costitutivi sottoposti a pubblicità, poiché l'oggetto sociale costituisce l'esteriorizzazione dell'attività d'impresa in tutto il suo ambito ed in tutta la sua potenzialità espansiva (Cass. 7651/2007; 107281994; 2881/1989; 6678/1987); - l'art. 22 c.p.i. esclude che possa adottarsi come dominio aziendale un segno simile all'altrui marchio; - l'art. 118, comma 6, c.p.i. stabilisce che la registrazione di un nome a dominio aziendale concessa in violazione dell'art. 22 c.p.i. o in mala fede, possa essere revocata o trasferita dall'autorità di registrazione al richiedente; - l'art. 133 c.p.i. prevede l'inibitoria dell'uso del nome di dominio aziendale; - In tema di segni distintivi atipici, la registrazione di un "domain name" di sito internet che riproduca o contenga il marchio altrui costituisce una contraffazione del marchio poiché permette di ricollegare l'attività a quella del titolare del marchio, sfruttando la notorietà del segno e traendone, quindi, un indebito vantaggio, sicché solo il titolare di un marchio registrato potrebbe legittimamente usarlo sul proprio sito o come nome di dominio (cfr. anche in motivazione Cass. 2020 n. 4721). 
Orbene, applicando i superiori principi al caso in esame discende -in primo luogoche il marchio “ è nato come marchio debole stante la natura puramente descrittiva del prodotto (ovvero principalmente la vendita di materassi e articoli per dormire appunto).  ### figurativo (costituito dall'immagine dell'orso che dorme su di un materasso) costituisce una componente creativa che conferisce attitudine individualizzante al segno intero (E ciò coerentemente con il principio secondo cui anche una parola di uso comune può costituire un marchio registrabile, purché non abbia una funzione intrinsecamente descrittiva della qualità del prodotto, ma sia collegata ad esso da un accostamento di fantasia che le attribuisca carattere originale ed efficacia individualizzante; v. Cass. n. 91 e 1929/1998). 
Tuttavia dalla documentazione versata in atti emerge senza dubbio che - per effetto del cd.  secondary meaningil suddetto marchio abbia acquistato (per i prodotti per cui ha ottenuto la registrazione e per i prodotti affini a quelli compresi in tali classi è per contraddistinguere i quali è stato effettivamente utilizzato) natura di marchio forte se non anche rinomato (si rammenta che la S.C. con la sentenza Cass. 2016 n. 7738 “caso ” ha ribadito che: “### un primo profila, infatti, ben può un marchio divenuto distintivo per effetto della cd.  secondarizzazione conservare anche un uso generico e comune, posto che, con tale fenomeno, la parola comune, mentre mantiene il significato originario, al contempo ne assume uno secondario di segno distintivo del prodotto nella mente dei consumatori, che finiscono per attribuire al termine utilizzato ### non solo il significato originario, ma anche quello di indicatore della provenienza dei prodotti da una determinata impresa, cui esso viene spontaneamente associato”). 
In ragione della sua comprovata diffusione non solo a livello nazionale il marchio “ ha acquisito per effetto della sua predetta divulgazione un carattere distintivo particolarmente intenso tal da doversi considerare sicuramente un marchio forte. 
Le prove ivi raccolte -infatticonsentono di ritenere accertato che il marchio “ ha accumulato in sè una forza distintiva tale da fare riconoscere come rafforzata la propria capacità distintiva, per effetto del suo diffuso utilizzo a livello nazionale ed internazionale e del duraturo sostegno pubblicitario. 
In particolare ed in primo luogo ciò risulta dimostrato dalla seguente documentazione: - catalogo risalente a prima del 2005 essendo indicata in calce la vecchia sede legale e lo stabilimento di ### (doc. 21); - catalogo generale di Gennaio 2005 (doc. 22); - catalogo generale 2006 (doc. 23); - catalogo generale progetto monomarca “sleeping store” del 2006 (doc. 24); - rivista ### del 2006 con pubblicità del marchio in ### (doc. 25); - dalla brochure di invito a vistare lo stand “PerDormire” al ### del ### del 2007 (doc. 26); - catalogo “PerDormire” del 2008 (doc. 27); - cataloghi per l'### degli anni 2015-2020 (doc. ###); i cataloghi sono stati predisposti anche in diverse lingue estere (doc. 39). 
A dimostrazione dell'utilizzo e dell'ampia diffusione del marchio è stata fornita la prova: a) in primo luogo della partecipazione a fiere anche di rilievo internazionale ed in particolare: - la partecipazione, fin dal 2006, al ### del mobile di ### (il marchio “ appariva sul catalogo della ### e nell'ordine si indicava espressamente di ripetere il marchio del 2005 a dimostrazione che già l'anno prima era presente; doc. 28); ### - la partecipazione al ### del mobile di ### 2007 (cfr. doc. 29; anche in questo caso il marchio “ appariva sul catalogo della e nell'ordine si indicava espressamente di ripetere il marchio del 2006); - la partecipazione alla ### dal 2008 al 2011 (doc. 31); - la partecipazione al ### del mobile di ### 2008, le spese pubblicitarie, le sponsorizzazioni con i relativi “visual” (doc. 32); - la partecipazione al ### del mobile di ### 2009 (anche in tal caso il marchio “ appariva sul catalogo della ### e nell'ordine si indicava espressamente di ripetere il marchio del 2008) le spese pubblicitarie con relative fatture, le sponsorizzazioni con i relativi “visual” (doc. 33); - la partecipazione al ### del mobile di ### 2010, la partecipazione alla ### di ### per il 2010-2011, la partecipazione a ### 2010, le spese pubblicitarie con relative fatture, le sponsorizzazioni con i relativi “visual” (doc. 34); - la partecipazione al ### del mobile di ### 2011, la partecipazione alla ### di ### 2011, le spese pubblicitarie con relative fatture, le sponsorizzazioni con i relativi “visual” (doc. 35); - - la partecipazione al ### del mobile di ### 2012, la partecipazione alla ### di ### 2012, le spese pubblicitarie con relative fatture, le sponsorizzazioni con i relativi “visual” (doc. 36); - la partecipazione al ### del mobile di ### 2013, le spese pubblicitarie con relative fatture, le sponsorizzazioni con i relativi “visual” (doc. 37); - la partecipazione al ### del mobile di ### 2014, le spese pubblicitarie, le sponsorizzazioni con i relativi “visual” (doc. 38); - la partecipazione alla fiera internazionale di ### negli anni 2015-2019 (inviti, foto e fatture) ed all'### di ### anni 2015-2016 ###: doc. ###. 
B) in secondo luogo del forte investimento pubblicitario effettuato. 
Tra le diverse forme promozionali adottate si segnalano i seguenti: ### a) ### di testimonial di prestigio come Ale &### (cfr. doc. 59) e la famosa showgirl che è testimonial dei prodotti “PerDormire” dal 2010 (cfr. docc. 33-38 e doc. 45); b) la messa in onda sulle principali reti televisive italiane degli spot pubblicitari; c) Sponsorizzazione del ### nel 2007 (doc. 30); d) ) ### di testimonials per video ### (### 46); e) Sponsorizzazione eventi calcistici con cartelloni pubblicitari che contengono il marchio presenti nel corso dei principali eventi calcistici nazionali ed internazionali, sport di cui più del 40% degli italiani si definisce tifoso (doc. 47 - Indagine demos&pi Settembre 2012). 
In particolare, il ### (doc. 48) realizzato da (società leader nel settore della ricerca e consulenza nel marketing sportivo internazionale) dimostra come la presenza di cartelloni pubblicitari a marchio “ durante il ### calcistico “### 2012” trasmesso in diretta su il 1° giugno 2012 si sia concretizzata in più di 18 ore di copertura televisiva dell'evento ed in milioni di visualizzazioni su social media quali ### o ### e) ### pubblicitari con il marchio sono, inoltre stati mostrati durante altre partite della ### (doc. 49 - ### vs ### del 07.09.2012 in diretta su con una media di 7.048.000 telespettatori pari al 30.7% di share; doc. 50 - ### vs ### del 26.03.2013 con una media di 8.500.000 spettatori); presenti nello ### di ### (doc. 51 - Serie A - ### vs del 30.09.2012; doc. 52 - ### vs 31.10.2012) e nello ### di Napoli (doc. 53 - ### - Napoli vs 07.12.2012).  f) Il marchio è stato inoltre presente con esposizione in prima fila negli stadi ### di Napoli ed ### di ### per l'intero campionato di calcio di serie A (doc. 54) nonché in occasione di partite di ### giocate nei predetti stadi, come ad es.   del 06.1 2.2012 (doc. 55); ### g) ### con squadre di calcio che hanno comportato la realizzazione di materassi e guanciali ufficiali a marchio “ (doc. 56) per AS #### ed ; h) Presenza in esposizioni nazionali ed internazionali (cfr. doc. ### e doc. 57) tra cui il ### del ### di ### - ### del ### d'### dal 2006 ad oggi (cfr. 28, 29, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38 e doc. 58). In particolare, durante l'esposizione 2012 lo stand della “ ha ospitato gli attori protagonisti della serie televisiva di successo “### Criminale”, andata in onda su Sky e su ### 1 dal novembre 2008 al febbraio 2012 e vista da più di 400.000 spettatori a puntata (###; I) ### anche mediante l'utilizzo di volantini (doc. 59); f) Partecipazione, tramite il proprio ### of ### & ### al noto programma televisivo italiano “### in Incognito”.  ### è stato dimostrato che la società è presente in modo capillare sul territorio italiano (doc. 40) e dell'### oltre che mondiale (doc. 41, 42, 43), con oltre 100 punti vendita monomarca ad insegna “ distribuiti in modo capillare su tutto il territorio nazionale (cfr. doc. 44; cfr. altresì mappa riportata in comparsa conclusionale). 
Sono stati depositati altresì numerosi articoli di stampa (doc. 60 con relativa dichiarazione di terzietà da parte dell'agenzia che ne ha curato la collezione e pubblicazione depositata sub doc. 68), pubblicazioni su riviste specializzate (doc. ###) e premi ricevuti (doc. 61). 
Il marchio “ è stato -altresì- molto usato sui social networks: la presenza social di “ su ### risale infatti al 2011, mentre l'utilizzo dell'hashtag ### risale al 2013. 
A tale proposito, è stata depositata la relazione svolta dall'### di ### e ### che analizza la presenza del brand sui principali social networks (doc. 69). 
Per quanto attiene alla quota di mercato, l'analisi di bilancio comparativa effettuata da ### (cfr. doc. ###, pp. 77 e seguenti), che mette in relazione le performance di un'azienda con quelle dei principali concorrenti, mostra come sia alla seconda ### posizione nella classifica dei produttori del settore, sia sul mercato interno che sui mercati esteri con il proprio brand “ e che l'attrice è senz'altro un'azienda leader nel segmento dei materassi a schiuma. ### il trend di forte crescita del fatturato totale nel 2018 (+ 13,7%) ed il notevole incremento delle vendite sui mercati esteri (+21,3%) contribuisce a dimostrare che è un'azienda leader nel settore dei prodotti per il riposo (cfr. doc.  ###, pp. 77 e seguenti, doc.### e docc. 70-71 dai quali si evince l'ingente crescita di fatturato dal 2015 al 2019). 
Ad ulteriore sostegno della rinomanza dal marchio sul territorio italiano, nonché del suo secondary meaning, è stato allegato il risultato di una recente indagine di mercato curata dalla società ( doc. 62). 
Da tale indagine, emerge chiaramente che, nonostante il settore di riferimento sia molto affollato, il marchio ha un livello di conoscenza generale molto buono sul mercato italiano, essendo lo stesso conosciuto dal 53% degli intervistati (i quali ne riconoscono il nome o il logo). 
La conoscenza è più diffusa tra i giovani (25-34 anni) ove raggiunge il 64%. ### analizzando il sub-campione composto da chi conosce la marca del proprio materasso, il livello di conoscenza del marchio “ sale al 60%. 
Infine, dall'indagine emerge che il 70% degli intervistati riconduce il marchio in esame a una particolare azienda ed in particolare a ### intervistati sanno quindi che il segno “PerDormire” è un marchio riconducibile ad una determinata azienda (parte attrice) e non una denominazione generica per identificare prodotti della categoria di riferimento (es. letti, materassi, ecc.). 
In merito all'alto valore probatorio delle indagini demoscopiche (come lo è l'indagine ### depositata sub doc. 62) si è già sopra richiamata la sentenza della S.C. del 2006. 
Orbene nel caso in esame - l'assenza di qualsivoglia specifica contestazione da parte della difesa di parte convenuta da un lato e dall'altro la natura dettagliata dell'indagine svolta consente di ritenere - anche alla luce degli ulteriori e numerosi riscontri emergenti dalla documentazione sopra citatasenza dubbio attendibile il risultato raggiunto e quindi non ### necessario procedere alla ammissione di una consulenza d'ufficio volta ad accertare se il marchio “perdormire” abbia nella specie acquisito un secondary meaning, in quanto percepita dal pubblico in modo autonomo come marchio speciale (va altresì evidenziato - a conferma della attendibilità delle risultanze dell'indagine demoscopica prodotta dall'attrice che è stata data ad essa particolare rilevanza anche dall'### con la decisione del 9 novembre 2022; cfr. p. 8 del doc. 73. L'### ha affermato che “la documentazione depositata dalla richiedente fornisce indicazioni precise e certe quanto alla percezione del segno in questione, da parte del pubblico italiano di riferimento, quale indicatore dell'origine commerciale dei materassi a molle, in memory foam e lattice (classe ), nonché dei servizi relativi alla vendita di tali prodotti da parte della titolare (classe )”. La decisione del 9 novembre 2022 è conforme altresì ad un'altra decisione dell'### resa nel giudizio di opposizione proposta dall'attrice e fondata sul proprio marchio “ contro il marchio “ (### 02/12/2022, B 3 149 567, ### ), opposizione che è stata pienamente accolta in quanto è stata rilevata una somiglianza tra i segni con conseguente confusione per i consumatori. In tale decisione è stato affermato, in riferimento al marchio “PerDormire”, che “il marchio anteriore è stato usato in modo intensivo e gode di un ambito di protezione accresciuto”. L' in dat a 15 marzo 2023, ha accolto l'opposizione proposta da parte attrice contro il marchio “ ” (### N. ###9223, soluzioni per dormire) con motivazioni del tutto analoghe a quelle già affermate nelle decisioni appena citate, e ha nuovamente riconosciuto il carattere distintivo accresciuto del marchio “ ; cfr. doc. n. 74. La suddetta decisione quindi assume rilevanza nel presente giudizio e pertanto la sua produzione non solo è ammissibile ma deve essere anche tenuta in considerazione quale ulteriore elemento di prova del fatto che il marchio “perdormire” ha acquisito un secondary meaning in quanto percepito dal pubblico in modo autonomo come marchio speciale). 
Il segno “PerDormire” è inoltre utilizzato da molti anni come insegna per i negozi monomarca di parte attrice. Ciò risulta dai documenti sopra richiamati (cfr. docc. 40-44) e ** ** ### dalla visura camerale che indica come insegna il marchio “ oltre che l'acquisizione della società ### S.r.l. (cfr. doc. 1) che gestiva fin dal 2003 i negozi a marchio “ .  “PerDormire” quindi, oltre che come marchio, è stato usato come denominazione sociale della ### S.r.l. (oggi acquisita dalla . 
Il segno “PER DORMIRE” è inoltre utilizzato da molti anni come nome a dominio. 
Parte attrice è infatti titolare di numerosi domini ### incorporanti il marchio “ (doc. 63) ed in particolare dei seguenti: a) perdormire.com (cfr. docc. 6-7), registrato il ### e che ha ricevuto oltre 14.778.308 di visite (cfr. doc. 8); b) registrato il ### e che opera un redirect sul sito ### www.perdormire.com di parte attrice (doc. 64); c) , r egistrato in dat a 0 8.05.2009 e c he o pera un redirect sul sito ### www.perdormire.com di parte attrice (doc. 65). 
I domini di cui sopra sono sempre stati attivi ed utilizzati per pubblicizzare i prodotti a marchio “ come emerge consultando il sito archive.org che “cattura” e conserva gli screenshot dei siti attivi nel tempo (doc. 66). 
Nel caso di specie, sia la ragione sociale, sia l'insegna, sia i nomi a dominio aziendali, contraddistinguono locali e siti ### dedicati alla vendita di materassi, cuscini ed articoli riconducibili alla classe 20 (e di altri prodotti e servizi rientranti nelle classi affini 16, 24, 35 e 38), per cui del tutto identici ai prodotti che parte convenuta contraddistingue con il segno di cui è causa. 
Quindi e sulla base di quanto sopra accertato ed in applicazione dei principi di diritto sopra espressi il Tribunale ritiene che la massiccia attività di pubblicizzazione e penetrazione sul mercato del marchio (almeno a partire dal 2000) abbia portato ad una radicale trasformazione della sua percezione distintiva nel mercato dei consumatori, nel quale può dirsi che si è diffusa l'identificazione del prodotto contraddistinto dal marchio. 
I consumatori -senza dubbioattribuiscono al termine utilizzato non solo il significato originario, ma anche quello di indicatore della provenienza dei prodotti da una determinata impresa, cui esso viene oramai (dopo oltre 20 anni sul mercato) spontaneamente associato. ### Ne consegue -quindiche il suddetto marchio debba ottenere la tutela propria del cd.  marchio forte. 
Si è già detto che va riconosciuta al marchio "originariamente" debole la stessa tutela accordata ai marchi "originariamente" forti e l'accertamento della relativa contraffazione va effettuato secondo i criteri che presiedono alla tutela del marchio forte, atteso che il segno risultante in origine caratterizzato da una minor capacità individualizzante, una volta pervenuto alla convalidazione dovuta all'uso, abbisogna della più rigorosa tutela riconosciuta al marchio forte, in mancanza della quale anche le lievi modificazioni che il marchio debole deve invece tollerare otterrebbero l'effetto di frustrare il risultato conseguito attraverso l'uso di mercato (Cass. 2002 n. 53, Cass 5091/00-Cass 12940/03 — v. anche Cass 10071/08; n.5091/2000; n.1413/1995; n.5924/1996), giacché anche lievi modificazioni, che il marchio debole deve invece tollerare, condurrebbero al risultato di pregiudicare il risultato conseguibile con l'uso del marchio (cfr. Cass., n. 26000/18). 
Si è già detto che è assolutamente irrilevante, dunque, che un marchio forte nasca come tale o lo sia divenuto in un momento successivo, ai fini dell'applicazione degli strumenti di tutela maggiormente penetranti di cui è possibile avvalersi per proteggere i marchi forti da pratiche commerciali illegittime. 
Il marchio registrato in questione è ### "forte", per cui lo stesso risulta assistito dalla più rigorosa tutela. 
Da quanto sopra -quindiconsegue che l'utilizzazione da parte della società convenuta della espressione “per dormire” non solo come dominio internet ma anche come marchio di fatto per contraddistinguere il servizio di vendita on line di materassi (quindi operante nello stesso settore merceologico della società attrice) è illegittimo perché viola i diritti di privativa della società attrice proprietaria del marchio ex art. 20 c.p.i. e ne costituisce nel contempo contraffazione ex art. 2598 A nulla rileva che parte convenuta utilizzi il termine “perdormire” all'interno della più ampia espressione “letti per dormire” caratterizzato anche dalla presenza grafica di un X (al posto del per) e dalla lettera L stilizzata (la convenuta utilizza anche le seguenti espressioni; ####it; lettiperdormire.it).   E' infatti indubbio che l'uso del marchio “per dormire” abbia comportato e comporti un oggettivo agganciamento, atteso il medesimo nucleo ideologico semantico, al marchio altamente distintivo dell'attrice, presente nel territorio nazionale fin dalla fine degli anni 90.  ###.20 comma 1 lett.b) del c.p.i. prevede che il titolare di un marchio registrato possa vietare a terzi l'uso, senza il proprio consenso, nell'attività economica, di un "segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini", laddove "a causa della identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi" possa determinarsi "un rischio di confusione per il pubblico", che può consistere "anche in un rischio di associazione fra i due segni.  ###.20 c.p.i. richiede, quindi, che il rischio di confusione sia l'effetto congiunto sia della somiglianza tra i segni, il marchio anteriore ed il segno successivo, sia della affinità o identità tra i prodotti o i servizi designati (cfr. Cass. 11031/2016, ove si parla di "interdipendenza tra somiglianza dei segni e quella dei prodotti contrassegnati"), in riferimento a consumatore di media intelligenza e capacità ma pur sempre tenendo conto della specifica clientela cui il prodotto o servizio è destinato (Cass. 18920/2004; Cass. 24909/2008; Cass. 11031/2016). 
Va ricordato che l'apprezzamento del giudice del merito sul rischio di confusione fra segni distintivi similari deve essere compiuto non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica (Cass. n.15840/2015; Cass. n.3118/2015; Cass. n.1906/2010; Cass. n.4405/2006; Cass. 21086/2005), vale a dire «con riguardo all'insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione di impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo mnemonico dell'altro» (Cass. n. 4405/2006). 
In proposito, secondo costante orientamento della Suprema Corte, se il segno è privo di aderenza concettuale con i prodotti contraddistinti e, quindi, è forte, le «variazioni che lasciano intatta l'identità del nucleo ideologico che riassume la attitudine individualizzante del segno debbono ritenersi inidonee ad escludere la confondibilità», occorrendo, a tal fine, sempre verificare se vi sia stata «appropriazione del nucleo centrale dell'ideativo messaggio individualizzante del marchio anteriore, con riproduzione od imitazione di esso nella parte atta ad orientare le scelte dei potenziali acquirenti» (Cass. n. 18920/2004).   ### l'apprezzamento deve tenere conto che il rischio di confusione deve essere l'effetto congiunto sia della somiglianza tra i segni, il marchio anteriore ed il segno successivo, sia della affinità o identità tra i prodotti o i servizi designati (cfr. Cass. n. 11031/2016, ove si parla di «interdipendenza tra somiglianza dei segni e quella dei prodotti contrassegnati»; v. anche Cass. n. 10218/2009), in riferimento al consumatore di media intelligenza e capacità ma pur sempre tenendo conto della specifica clientela cui il prodotto o servizio è destinato (Cass. 18920/2004; Cass. n. 24909/2008; Cass. n. 11031/2016), e che la valutazione riferita al rischio di associazione “non dipende unicamente dal grado di somiglianza tra il marchio e il segno, ma anche dalla facilità con cui il segno può essere associato al marchio in considerazione, in particolare, della notorietà di quest'ultimo sul mercato”. 
Infatti, più il marchio è noto, maggiore sarà il numero di operatori che vorranno utilizzare segni simili. 
La presenza sul mercato di una grande quantità di prodotti coperti da segni simili potrebbe ledere il marchio in quanto rischia di diminuire il suo carattere distintivo e di mettere in pericolo la sua funzione essenziale, che è di garantire ai consumatori la provenienza dei prodotti di cui trattasi» (Corte di Giustizia, sentenza 10/4/2008 e nell a causa C-102/07, punto 35-36). 2.7. 
Pertanto si è affermato che il giudice del merito che constata - come nel caso - una identità tra un marchio forte ed un successivo segno, in ragione della particolare conformazione attribuita al bene commerciale (nel caso di specie libri), per escludere il rischio di confusione che costituisce l'illecito, deve accertare che : a) la somiglianza non riguardi il nucleo ideologico caratterizzante il messaggio; b) valutare la sussistenza o meno dell'affinità tra i ### prodotti; c) ed apprezzare la sussistenza o meno del rischio di associazione (cfr. anche in motivazione Cass. 2018 n. 26001). 
Orbene -nel caso di speciel'utilizzo del termine “per dormire” (che costituisce il cuore del marchio, dell'insegna, della denominazione sociale e dei nomi a dominio di da parte della convenuta - sebbene unitamente alle varianti sopra descritte (con riferimento alla L stilizzata e alla X rossa in luogo della parola per)- è tale che il pubblico interessato può credere che i prodotti provengano dalla stessa impresa o comunque che la società della convenuta sia collegata economicamente all'attrice (Corte di Giustizia, sentenza nella causa cit. C-102/07, punto 34), con l'effetto che la funzione anche strumentale dell'elemento che incorpora il segno, come nel caso in esame, non ne può precludere l'apprezzamento. 
Si è già detto che in caso di marchio forte (dall'origine o per vicende successive come è per quello in esame), la confondibilità si determina anche in presenza di consistenti varianti nel marchio successivamente registrato, ove vi sia appropriazione del nucleo centrale dell'ideativo messaggio individualizzante del marchio anteriore (come è nel caso di specie), con riproduzione od imitazione di esso nella parte atta ad orientare le scelte dei potenziali acquirenti; detto nucleo centrale, peraltro, non è identificabile nel mero riferimento a situazioni e contesti ricollegabili ad un determinato settore merceologico, ma riguarda quel "quid pluris" che connoti, all'interno di quel settore, una specifica offerta (Cass. 2018 n. 9769). 
Dal punto di vista fonetico e contestuale i marchi sono tra di loro identici. 
Ugualmente dicasi da un punto di vista visivo. 
Da un punto di vista visivo i segni “### Dormire”, “###it” e “lettiperdormire.it”, utilizzati dalla convenuta, sono assolutamente identici ai marchi di Si evidenza, in particolare, che tali segni utilizzano gli stessi caratteri di quelli dell'attrice in quanto la lettera “P” della parola “per” e la lettera “D” della parola “dormire” sono entrambe scritte in caratteri maiuscoli, mentre le restanti parti delle due parole sono in minuscolo. 
Pertanto tali segni sono riprodotti in modo esattamente uguale ai marchi dell'attrice. ### Relativamente invece al segno ### di dal punto di vista della comparazione visiva i segni a confronto non sono uguali, ma la grafica che li contraddistingue è estremamente debole e non ha una struttura tale da imprimersi nella mente del consumatore in modo autonomo rispetto alla parte denominativa e fonetica. ### la presenza della “X” di dimensioni maggiori e di colore diverso (rosso su nero) rispetto al resto nel segno della convenuta spinge il consumatore a portare la propria attenzione sul “per” ed a leggere ciò che viene dopo, ovvero la scritta “Dormire” mentre non presta minimamente attenzione alla parola “Letti”, che è riprodotta in un modo tale da confondersi (soprattutto per quanto riguarda la lettera “L”)con la cornice del segno e che viene quindi percepita solo in una fase successiva ed eventuale. Ciò che quindi più colpisce il consumatore è proprio la parola “Dormire” preceduta da una “X” che non può che essere letta “Per” e che quindi riproduce esattamente i marchi di parte attrice. 
La stilizzazione della lettera L con rappresentazione prolungata di un letto evoca da un punto concettuale proprio il concetto del “riposo” (agganciandosi così al prodotto contrassegnato e venduto). 
Occorre inoltre considerare che il consumatore non ha mai di fronte i due marchi a confronto, ma si trova dinanzi solo il marchio proposto che confronta idealmente con il ricordo del marchio precedente per cui viene più facilmente tratto in inganno. 
Alla luce di quanto sopra, è plausibile ritenere che da un punto di vista visivo deve essere riconosciuto un livello alto di somiglianza tra il marchio i nomi a d ominio “ , l'insegna e denominazione sociale “ di ed i segni “### Dormire”, “###it”, “lettiperdormire.it” e in quanto la parte grafica dei marchi dell'attrice è poco caratterizzante, mentre i segni in esame sono identici, o comunque fortemente simili, dal punto di vista visivo, fonetico e concettuale. 
Depone in tal senso il giudizio finale in via globale e sintetica, come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, dell'insieme degli elementi salienti, grafici e visivi. ### Si è già sopra evidenziato che -a tal fineè necessario assumere, per quanto possibile, la stessa posizione valutativa del consumatore medio di quel genere di prodotti al quale il marchio è presentato, prescindendo dalla possibilità di un attento esame comparativo, cioè mediante un raffronto tra il marchio presentato al consumatore ed il mero ricordo mnemonico dell'altro (v. Cass. n. 1437/1990, 4405/2006, n. 6193/2008). 
Pertanto, si può ritenere che la società convenuta, utilizzando l'espressione “per dormire”, si è appropriata del nucleo centrale del messaggio individualizzante del marchio ### della società attrice, riproducendolo nella parte destinata ad orientare le scelte dei potenziali acquirenti. 
Quindi -nel caso in esamesussiste il rischio di confusione, ai sensi della lett.b) del primo comma dell'art.20 c.p.i. posto che parte convenuta si è appropriata del nucleo centrale dell'ideativo messaggio individualizzante del marchio di parte attrice nonchè il rischio di associazione stante l'identità dei servizi designati e dei prodotti commercializzati (commercio di materassi e prodotti affini. I segni utilizzati dalla contraddistinguono prodotti come materassi, letti e componenti degli stessi, reti, tutti rientranti nella classe 20 rivendicata dal marchio italiano n. ### così come dagli altri marchi e segni di parte attrice, per cui sussiste una totale identità di prodotti. Il marchio italiano depositato il ### con domanda n. ### e concesso il ### con il n. ### dell'attrice (doc. 20) è stato registrato anche per la classe 35 relativa ai servizi di vendita al dettaglio ed online. Come dimostrato in corso di causa; cfr. docc. 10, 12, 13 e 14,, la società convenuta utilizza il segno “Per Dormire” anche per i suddetti servizi. Sussiste pertanto anche una totale identità di servizi.). 
Si rammenta che secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (vedi Cass. 12364/2018; Cass 4739/2012), la comunanza di clientela, alla base del rapporto di concorrenza, non è data dall'identità soggettiva degli acquirenti dei prodotti, bensì dall'insieme dei consumatori che sentono il medesimo bisogno di mercato e, pertanto, si rivolgono a tutti i prodotti o servizi, uguali ovvero affini o succedanei a quelli posti in commercio dall'imprenditore che sono in grado di soddisfare quel bisogno. Non vi è dubbio che, nel caso ### di specie ci sia comunanza di clientela in quanto entrambe le parti operano nel medesimo settore merceologico). 
Di conseguenza nel caso in esame non solo sussiste il rischio di confusione ma vi è anche il rischio di associazione in quanto il consumatore può essere indotto a ritenere che i prodotti “### Dormire” siano una particolare linea di materassi della “PER DORMIRE” vista l'assoluta vicinanza tra i segni (Il concetto di somiglianza tra i segni, affinità tra i prodotti e rischio di confusione/associazione sono concetti strettamente connessi e, per certi versi, interdipendenti; Corte di Giustizia, 11.11.1997, causa C-251/95 v, ('S abel'); ###I-6191, punto 22 e ss.). 
Ne consegue -pertantoche in accoglimento delle domande attoree deve essere inibito alla parte convenuta l'ulteriore utilizzazione dell'espressione “Per dormire”, da sola o unitamente ad altri termini, sia quale marchio di fatto sia quale nome di dominio internet. 
Si rammenta che, l'art. 20, comma 1, lett. a) del ### della ### (“CPI”), consente al titolare di un marchio anteriore di vietare a terzi di usare nell'attività economica “un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è registrato”, mentre ai sensi del medesimo articolo, comma 1, lett. b), egli può vietare a terzi l'uso di un “segno identico o simile” al proprio “per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione tra i due segni”. Si tratta di una fattispecie che ricorre pienamente nel caso di specie. 
Analogamente l'art. 22 CPI prevede che è vietato adottare come insegna o ditta un segno uguale o simile al marchio altrui “se a causa dell'identità o dell'affinità tra l'attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni”. 
Come si è già detto sopra, l'uso di segni identici o comunque fortemente simili al marchio “ da parte della convenuta rappresenta altresì una violazione della ### denominazione sociale, dell'insegna e dei nomi a dominio dell'attrice (cfr. par. 2, docc. 1, 63- 65). 
Si ricorda infatti che tutti i predetti segni, sono pacificamente considerati come diritti di proprietà industriale “non titolati”, rientrando nella categoria dei “segni distintivi diversi dal marchio registrato” di cui all'art. 2, comma 4, ### Dalla documentazione prodotta da parte attrice (vedasi ad esempio doc. n. 11) risulta come la società convenuta utilizzi come nome di dominio del proprio sito internet l'espressione “lettiperdormire.it” (creato in data ###. il nome a dominio “lettiperdormire.it”, diversamente da quanto affermato ma non documentato dalla difesa di parte convenuta è ancora utilizzato dalla società convenuta come confermato dallo screenshot datato 10/07/2023 riportato dalla difesa attorea in sede di comparsa conclusionale).  ### di tale segno per contraddistinguere il sito ### di pertinenza del marchio dell'odierna attrice risulta certamente interferente con il marchio " , poiché genera confusione in virtù del principio di unitarietà dei segni distintivi espresso dall'art. 22 CPI, determinando un rischio di associazione del sito della convenuta al marchio dell'attrice, considerando che l'obiettivo di riferimento dei due segni è il medesimo. 
Pertanto, va inibito ai sensi dell'art. 131 c.p.i. alla società convenuta - in accoglimento della domanda attorea - l'uso in qualsiasi forma, in funzione distintiva, descrittiva o pubblicitaria, anche tramite internet, del marchio “perdormire” (scritto sia tutto attaccato che separatamente), anche come domain name o indirizzo nonché l'utilizzazione a qualsiasi titolo dell'indirizzo lettiperdormire.it ### e sempre in accoglimento della domanda attorea va ordinato alla convenuta il ritiro definitivo dal mercato dei depliant, delle insegne e di ogni altro supporto, materiale o immateriale, su cui siano apposti i segni “PERDORMIRE”, “Per Dormire” e/o “### Dormire” e/o “###it” e/o “lettiperdormire.it” e/o , o qualsiasi altro segno simile al marchio “ dell'attrice, ai sensi dell'art. 124, 1 comma, ### ordinandone altresì la distruzione ai sensi dell'art. 124, 3 comma, #### Di conseguenza - vista la violazione dell'art. 22 c.p.i.- merita accoglimento anche la domanda attorea avanzata ex art. 118 comma VI C.p.I.; pertanto va ordinato il trasferimento a titolo definitivo, del nome a dominio “lettiperdormire.it”, a favore di parte attrice. 
Sempre ai sensi dell'art. 124 comma II c.p.i. - come richiesto dall'attrice - viene fissata a carico della convenuta una somma (stabilita in via equitativa) di euro 500 per ogni violazione o inosservanza successivamente accertata e di euro 1000 per ogni giorno di ritardo nella esecuzione della presente sentenza decorsi quindici giorni dalla pubblicazione della presente sentenza. 
Va -infinedisposta ex art. 126 c.p.i. - come pure richiesto dalla società attrice - la pubblicazione in sunto della presente sentenza a cura di parte attrice e a spese di parte convenuta su La e ### della ### Come è noto la pubblicazione della sentenza prevista dall'art. 126 c.p.i. costituisce misura discrezionale e insindacabile del giudice di merito, non finalizzata al risarcimento del danno, ma avente natura di sanzione autonoma, diretta a portare a conoscenza del pubblico la reintegrazione del diritto offeso, al fine di ricostruire l'immagine del titolare delle privative violate (cfr. in particolare anche in motivazione fra le tante Cass. 2022 n. 11362 secondo cui: “La pubblicazione in uno o più giornali della sentenza che accerti la violazione dei diritti di proprietà industriale, ai sensi dell'art. 126, comma 1, c.p.i., costituisce una misura discrezionale non collegata all'accertamento del danno, trattandosi di una sanzione autonoma, diretta a portare a conoscenza del pubblico la reintegrazione del diritto offeso, analogamente a quanto previsto dall'art. 2600 c.c. in materia di concorrenza sleale, con la conseguenza che la mancata adozione del relativo ordine da parte del giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità”). 
Va invece rigettata la domanda risarcitoria avanzata dall'attrice. 
Come sopra riportato la società attrice ha rassegnato le seguenti e testuali conclusioni: “### la convenuta al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 125 C.P.I. nella somma che sarà ritenuta provata in corso di causa o in una somma globale stabilita in base agli atti della causa, condannando la convenuta, in ogni caso, alla restituzione degli utili, ai sensi dell'art. 125 c. 3 C.P.I, realizzati a seguito delle esposte violazioni nella misura in cui eccedano il lucro cessante o, in ### subordine, qualora esso non risulti provato, in sua alternativa; 9. In subordine al punto precedente, ### la convenuta al risarcimento del danno da calcolarsi in via equitativa” A supporto delle suddette domande la difesa attorea - nel rispetto dei termini deputati alla fissazione del thema decidendum (vedasi atto di citazione pagg. 53-58 e successiva memoria di cui all'art. 183 comma VI n. 1 c.p.c.)- si è limitata a prospettare in diritto i presupposti previsti dalle singole fattispecie previste dai commi 1, 2 e 3 dell'art. 125 c.p.i. senza però allegare circostanze specifiche e depositare documentazione utile a supporto. 
Orbene in diritto è bene rammentare che: - in relazione ai danni in tema di violazione dei diritti di proprietà industriale va osservato che a tenore della giurisprudenza della S.C. Corte, il danno in questione non è configurabile in re ipsa (Cass. 17791/2015; 1000/2013 19430/2003) e non dispensa perciò il danneggiato dal relativo onere (v. Cass., n.12812/16 in motivazione).  - Questo quadro di riferimento, modellatosi a suo tempo in relazione segnatamente all'art. 66 I. marchi, non ha subito sostanziali modifiche nel suo impianto di fondo, dato che l'art. 125 c.p.i. non solo riproduce al comma 2 la medesima disposizione, ma assai significativamente al comma 1 richiama gli artt. 1223, 1226 e 1226 cod. civ. che sono norme che, afferendo al risarcimento del danno, ne presuppongono la prova.  - l'art. 125 (Risarcimento del danno e restituzione dei profitti dell'autore della violazione) infatti recita: comma 1: “Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall'autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione”. comma 2: “La sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può' farne la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano. In questo caso il lucro cessante è comunque determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso”. Comma 3: “ In ogni caso il titolare del diritto leso può chiedere la restituzione degli utili realizzati dall'autore della violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura in cui essi eccedono tale risarcimento”; - il su citato orientamento è stato confermato di recente dalla Suprema Corte, la quale ha affermato (in sintesi e per quanto d'interesse) che: “alla luce del nuovo dettato dell'art. 125 c.p.i., di cui al d.Lgs. n. 30 del 2005, deve ormai darsi rilievo alla specifica disciplina dettata dal comma 2, in base al quale il giudice può liquidare il danno in una "somma globale stabilità in base agli atti di causa ed alle presunzioni che ne derivano", sulla base, quindi, anche solo di elementi indiziari offerti dal danneggiato; il primo comma dell'art.125 citato rinvia, oltre che agli artt.1223 (che include, nel risarcimento, il danno emergente ed il lucro cessante, conseguenza immediata e diretta del comportamento illecito, secondo le regole della causalità giuridica e materiale, ai sensi dell'art.41 c.p.) e 1227 (che prevede la diminuzione del danno risarcibile, per fatto colposo del danneggiato, e l'esclusione del risarcimento, per i danni evitabili usando l'ordinaria diligenza) c.c., anche all'art.1226 c.c. e quindi consente, secondo le regole generali, il ricorso alla valutazione equitativa del danno, non suscettibile di essere provato nel suo esatto ammontare (Cass., n. 5666/21; Cass. 2021 n. 24635).  - In particolare la S.C. nella sentenza del 2021 n. 24635 ha affermato ### che: “In questa logica, s'afferma dunque, sia in dottrina che nella giurisprudenza di legittimità, che il danno risarcibile si avvicina, pur senza sovrapporvisi, al cosiddetto "danno concorrenziale", ossia appunto all'alterazione dei fattori di mercato che è conseguente all'illecito e che giustifica di per sé, anche nella materia della concorrenza sleale, l'irrogazione dell'inibitoria, pur in assenza di un danno economico attuale per il titolare del diritto violato; se ne distingue, però, perché ai fini del compimento dell'illecito concorrenziale basta l'astratta potenzialità dannosa (ed infatti è illecito anche il tentativo), mentre ai fini risarcitori è richiesta un'alterazione attuale di questi fattori. Per quanto esposto, in adesione al richiamato orientamento consolidato della Corte di legittimità, cui s'intende dare continuità, il collegio ritiene che tale norma non costituisce una deroga in senso stretto alla regola ordinaria sul risarcimento dei danni e al relativo onere probatorio, ma rappresenti una semplificazione probatoria che pur presuppone un indizio della sussistenza dei danni arrecati, attuali o potenziali, dalla condotta di contraffazione del marchio. Né va trascurata la ratio dei criteri risarcitori in caso di illeciti concorrenziali i quali sono configurati come un aspetto del ripristino di corrette condizioni di svolgimento della concorrenza in un mercato che ammette l'esistenza di esclusive. Al riguardo, se è vero che la norma di cui all'art. 125, comma 2, c.p.c., può configurare una fattispecie di danno liquidabile equitativamente, mediante il criterio del "prezzo del giusto consenso", inteso quale parametro agevolatore dell'onere probatorio gravante sull'attore, è altresì vero che tale liquidazione non possa essere effettuata, come invoca la ricorrente, sulla base di un'astratta presunzione, ovvero attraverso un'automatica applicazione del predetto criterio. Deve pertanto ritenersi, come affermato dalla Corte d'appello, che anche tale forma di liquidazione presupponga l'applicazione degli artt. 1223 ss., c.c., e non possa dunque prescindere dalla prova di un adeguato rapporto di causalità tra l'atto illecito e i danni sofferti ed allegati, secondo i criteri ordinari probatori. 
Depongono in tal senso, in conformità della suddetta giurisprudenza, sia ragioni sistematiche, afferenti alla coerenza della norma in questione con i principi generali dell'ordinamento civilistico, sia motivi ermeneutici desunti dall'esegesi letterale e logica dell'art. 125, comma 2, c.p.i. ### tale comma dispone che "La sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può farne la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano. In questo caso il lucro cessante è comunque determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso". Tale norma segue significativamente quella dettata nel primo comma, a tenore del quale "Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall'autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione". La successione letterale e logica tra le norme dei primi due commi esprime l'intento del legislatore di non sganciare il criterio risarcitorio del "giusto prezzo del consenso" dalla norma generale di cui al primo comma, che richiama, appunto, i principi generali dettati dagli artt. 1223 ss., c.c. Pertanto, dal combinato disposto delle due norme in esame può ragionevolmente desumersi che l'introduzione del criterio contemplato dal secondo comma risponda a finalità indubbiamente agevolatorie dell'onere probatorio gravante sull'attore che può equivalere ad un'attenuazione del medesimo onere, ma non può certo tradursi in un'assoluta esenzione dal rispetto dello stesso, in quanto tale interpretazione "atomistica" del secondo comma svuoterebbe di significato la ratio e la stessa lettera del primo comma”; - sempre la S.C. nella sentenza del 2023 n. 20800 ha ulteriormente precisato: “ il titolare del diritto di privativa che lamenti la sua violazione ha facoltà di chiedere, in luogo del risarcimento del danno da lucro cessante, la restituzione (cd. retroversione") degli utili realizzati dall'autore della violazione, con apposita domanda ai sensi dell'art. 125 c.p.i., senza che sia necessario allegare specificamente e dimostrare che l'autore della violazione abbia agito con colpa o con dolo (Cass., n. 21832/21). Al riguardo, il soggetto contraffattore, pur avendo agito in mancanza dell'elemento soggettivo (doloso o colposo), deve comunque restituire al titolare gli utili che ha realizzato nella propria attività di violazione, per effetto del rimedio restitutorio, volto a salvaguardare il titolare di un diritto di privativa che rimarrebbe altrimenti privo di tutela laddove la contraffazione fosse causata in assenza dell'elemento soggettivo del dolo e della colpa. ### il ribadito orientamento, se un soggetto commette una contraffazione consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole, il titolare del diritto violato può ottenere il risarcimento del danno, domandando il danno emergente ed il lucro cessante (ovvero, in alternativa a questo, la restituzione degli utili prodotti dal contraffattore); se, invece, fa difetto l'elemento soggettivo in capo al contraffattore, il titolare della privativa può domandare comunque la retroversione degli utili. Il terzo comma dell'art. 125 c.p.i., appunto prevede che «in ogni caso» il titolare del diritto leso possa chiedere la restituzione degli utili realizzati dall'autore della violazione -evidentemente in forza e in conseguenza della stessa - in alternativa al risarcimento del lucro cessante. La lettera della norma è inequivocabile nel circoscrivere la forma di ristoro al pregiudizio da lucro cessante, ossia ai mancati guadagni sicché tale voce può sicuramente cumularsi al risarcimento di quelle di danno emergente. La norma è altrettanto chiara nell'ammettere la richiesta della retroversione degli utili realizzati dal contraffattore nella misura in cui essi superino il risarcimento del lucro cessante. In tal modo il titolare del diritto può chiedere la restituzione di benefici che egli non avrebbe ritratto anche se la violazione non vi fosse stata, per esempio perché, essendo meno attrezzato, meno efficiente o meno dimensionato rispetto allo sleale e illegittimo competitore, non avrebbe avuto la capacità di operare nello stesso modo sul mercato; il caso inoltre si può verificare nella materia brevettuale, in cui la titolarità del diritto di proprietà industriale può essere svincolata dallo svolgimento di una attività di impresa, quando l'inventore titolare lamenti la violazione da parte di un imprenditore di una privativa che egli non ha ancora provveduto a realizzare o a far realizzare industrialmente. Il tema è stato indagato da autorevole dottrina, che ha posto in luce l'esigenza di impedire che il contraffattore tragga profitti dal proprio illecito e di prevenire la pianificazione di attività contraffattive da parte di operatori economici più efficienti per capacità imprenditoriale del titolare del diritto di proprietà intellettuale; questi infatti potrebbero, anche in presenza di un sistema che garantisca al titolare una piena compensazione del suo mancato profitto, organizzare una attività di contraffazione di per sé vantaggiosa, pur considerando il loro obbligo di risarcire il titolare del mancato guadagno, contando sul lucro costituito dalla differenza tra il mancato guadagno del titolare ed il proprio maggior profitto. In tali ipotesi, il ricorso a questa forma di liquidazione forfettaria e rigida del danno allontana il risarcimento dalla tradizionale funzione meramente compensativa ad esso assegnata nel nostro ordinamento, preordinata a ristorare il titolare del diritto da una perdita che non avrebbe subito se la violazione non fosse stata perpetrata, o, quantomeno, da tale sola funzione, avvicinandola sensibilmente a una logica preventiva e dissuasiva dall'illecito, sia pur sempre sotto l'egida del collegamento necessario con la violazione di un diritto assoluto potenzialmente capace di una espansione economica. In questa prospettiva la retroversione, così come delineata dal legislatore, rivela una evidente analogia (seppur non in termini di completa sovrapposizione delle fattispecie) con i principi che governano l'arricchimento senza causa per l'intento di riallocare la distribuzione di ricchezza in tal modo conseguita fra colui che ha realizzato dei benefici ingiustificati, sfruttando la privativa altrui, e colui il cui diritto assoluto è stato sfruttato per realizzarli, a prescindere dall'accertamento controfattuale circa il conseguimento di quegli stessi benefici da parte sua, in una sequenza di eventi alternativa. Il legislatore del 2006 ha così introdotto uno strumento rimediale sui generis, di tipo restitutorio, ispirato a una logica composita, in parte compensatoria e in parte dissuasiva/deterrente, che si affianca alla tutela risarcitoria classica, sia pur nella sua declinazione speciale prevista in materia di proprietà industriale con le regole particolari stabilite nei primi due commi dell'art.125 c.p.i. (Cass., 21832/21). Questa conclusione è resa evidente già dalla stessa rubrica del novellato art.125, intitolata al «### del danno e restituzione dei profitti dell'autore della violazione» e caratterizzata dal riferimento ai due istituti rimediali….omissis… Va osservato che il titolare del diritto di privativa leso, in alternativa alla domanda di risarcimento del lucro cessante, può fare ricorso al criterio della c.d. "retroversione degli utili", di cui all'art. 125 del d.lgs. n. 30 del 2005 (c.d. "codice della proprietà industriale", nel testo modificato dall'art.17 d.lgs. n. 140 del 2006), secondo cui il danno va liquidato tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto, vale a dire considerando il margine di profitto conseguito deducendo i costi sostenuti dal ricavo totale (Cass., n. 8944/20). E' stato altresì precisato che il criterio della retroversione degli utili, anche ove più favorevole al danneggiato, resta nondimeno ancorato alla regola della necessaria derivazione causale ex art. 1223 c.c. dal fatto illecito: ne consegue che la somma, così come accertata quale ricavo per lo sfruttamento dell'opera realizzato dal responsabile, deve essere depurata, da un lato, dei costi sopportati dal medesimo, il quale ha l'onere di fornire, ai fini dello scomputo, elementi concreti di calcolo desumibili dai bilanci (Cass., 21833/21)”….omissis… il danno va liquidato tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto, vale a dire considerando il margine di profitto conseguito deducendo i costi sostenuti dal ricavo totale; è evidente che tale deduzione dei costi presuppone un calcolo plausibile, pur utilizzando modalità equitative, conseguendone che in caso di determinazione equitativa degli utili occorra verificare se le modalità di calcolo di tali costi sia cioè compatibile con una liquidazione degli utili”; - spetta all'attore anche l'onere di dimostrare ex art. 2697 c.c. i fatti integranti ipotesi di concorrenza sleale; l'accertamento di concreti fatti materiali di concorrenza sleale comporta una presunzione di colpa, ex art. 2600 c.c., che onera l'autore degli stessi della dimostrazione dell'assenza dell'elemento soggettivo ai fini dell'esclusione della sua responsabilità; il corrispondente danno cagionato, invece, non è "in re ipsa" ma, quale conseguenza diversa ed ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della concorrenza, necessita di prova secondo i principi generali che regolano il risarcimento da fatto illecito, sicché solo la dimostrazione della sua esistenza consente l'utilizzo ex art. 1226 c.c. del criterio equitativo per la relativa liquidazione (cfr. anche in motivazione Cass. 2015 n. 25921; Cass. 2017 n. ###; (cfr. Cass. 19430/2003; 7306/2009); solo tale avvenuta dimostrazione consente al giudice di passare alla liquidazione del danno, eventualmente facendo ricorso all'equità" (cfr. fra le tante, anche in motivazione Cass. sez. 1^, 18 dicembre 2003, n. 19430, n. 569057; cfr. anche in motivazione 2023 n. 21586; Cass. 2023 n. 6876; Cass. 2023 n. ###); - si osserva che il danno risarcibile per atto di concorrenza sleale comprende, in applicazione dei criteri generali di cui agli artt. 1223 e 2056 cod. civ., sia il danno emergente, sia il lucro cessante; - il primo può consistere nelle spese vanificate dall'illecito (per esempio, le spese pubblicitarie il cui ritorno è stato compromesso dall'attività illecita del concorrente), nelle spese affrontate per ovviare all'illecito (per esempio, le spese sostenute per la scoperta dell'altrui condotta pregiudizievole e per acquisirne la prova; quelle per informare il pubblico dell'altrui illecito) e in quelle imposte dall'esigenza di ovviare al pregiudizio subito dagli asset aziendali per la perdita di valore e/o, della capacità produttività e di penetrazione nel mercato; - il secondo si risolve essenzialmente nel mancato guadagno del titolare eziologicamente legato alla concorrenza dell'autore della violazione, in relazione alla compressione dei ricavi dovuta alla diminuzione delle vendite - eventualmente anche di prodotti gemellati - o alla erosione del prezzo di mercato del prodotto; - tali voci di danno vanno tenute distinte dal danno non patrimoniale, consistente nella lesione alla reputazione di un soggetto - ivi incluso una persona giuridica - derivante dalla diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali l'ente interagisca, allorquando l'atto lesivo che determina la proiezione negativa sulla reputazione dell'ente sia immediatamente percepibile dalla collettività o da terzi (cfr. Cass. 26 gennaio 2018, n. 2039; Cass. 25 luglio 2013, n. 18082; sulla risarcibilità del danno non patrimoniale, cfr. Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, 26972); - la distinzione delle diverse voci risarcitorie si impone non solo per esigenze di una loro corretta qualificazione, ma anche per evitare il rischio di duplicazione delle poste risarcitorie; - va, infatti, scongiurato il pericolo che la generica allegazione della lesione dell'immagine e del prestigio imprenditoriale dia luogo al riconoscimento di poste risarcitorie distinte, seppur relative al medesimo pregiudizio; - tale pericolo appare particolarmente concreto in ragione della sottile linea di demarcazione tra danno morale da lesione alla reputazione e danno patrimoniale da discredito, da individuarsi, il primo, nel pregiudizio alla corretta identificazione del soggetto che ne è titolare nella sua comunità di riferimento e, il secondo, nel pregiudizio alla produttività e al posizionamento sul mercato; - la tutela risarcitoria per atti di concorrenza sleale va accordata anche con riferimento alla realizzazione di atti preparatori rispetto a quelli presi in considerazione dall'art. 2598 cod. civ., avuto riguardo all'esigenza di prevenzione dell'illecito evidenziata dalla previsione del rimedio inibitorio, qualora sia dimostrata l'esistenza di un danno ad essa eziologicamente collegata; - l'esecuzione di un'attività prodromica - soprattutto se inequivocabilmente orientata alla realizzazione di condotte concorrenziali sleali - può, dunque, di per sé, assumere rilevanza ai fini risarcitori pur in assenza dell'effettivo compimento dell'atto ritenuto illecito, nei limiti in cui la stessa arrechi pregiudizio al concorrente; - qualora, poi, come nel caso in esame, il pregiudizio riguardi l'immagine e l'apprezzamento che i consumatori nutrono per i prodotti commercializzati con un determinato segno distintivo, la vittima ha diritto al risarcimento non solo del danno emergente e del danno non patrimoniale, in presenza dei presupposti indicati in precedenza, ma anche del danno da lucro cessante, laddove la condotta illecita abbia determinato una contrazione dei suoi ricavi o, comunque, una incidenza sul relativo importo. Orbene applicando i superiori principi al caso in esame ne consegue il rigetto delle domande risarcitorie avanzate dall'attrice. 
La difesa attorea non ha dimostrato i danni che la società avrebbe subito a causa ed in conseguenza della contraffazione del marchio da parte della società convenuta (si evidenzia che la difesa attorea - in sede di redazione delle conclusioniha formulato la richiesta risarcitoria solo ai sensi dell'art. 125 c.p.i. e non espressamente ai sensi dell'art. 2598 c.c.; mentre -in via subordinataha domandato il risarcimento del danno in via equitativa). 
Come emerge chiaramente dalle allegazioni sopra riportate e dalle conclusioni rassegnate (in citazione e confermate nella successiva memoria) la domanda si appalesa generica (non senza evidenziare che la difesa attorea non ha depositato alcuna documentazione contabile relativa alla società attorea (ad esempio i bilanci). 
Ne discende che le richieste istruttorie avanzate (e reiterate in sede ###possono essere accolte in quanto hanno evidente carattere esplorativo. 
Al riguardo è opportuno rammentare che la consulenza tecnica d'ufficio ha la funzione di fornire all'attività valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche che questi non possiede e non quella di esonerare una parte dalla prova anche documentale dei fatti dedotti e della quale è onerata (cfr. ex multis Cass.. Sez. 2, Sentenza n. 1132 del 02/02/2000); onde il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto - anche nelle cause avente ad oggetto il marchioal fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con essocome nella speciea supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerta di prove ovvero a compiere un'attività esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati ( cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3343 del 07/03/2001. ### di esibizione, subordinato alle molteplici condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 118, 119 c.p.c. e 94 disp. att. c.p.c., costituisce uno strumento istruttorio residuale, che può essere utilizzato soltanto in caso di impossibilità di acquisire la prova dei fatti con altri mezzi e non per supplire al mancato assolvimento dell'onere probatorio a carico dell'istante e che è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, il cui mancato esercizio non può, quindi, ### formare oggetto di ricorso per cassazione, per violazione di norma di diritto (cfr. fra le tante anche in motivazione Cass. 2021 n. ###. A quanto sopra si aggiunga che l'ordine di esibizione di cui all'art. 210 c.p.c. è attività discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è svincolato da oneri motivazionali, restando il provvedimento di rigetto dell'istanza non sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione; vd.  n. 27412 del 2021; anche in motivazione Cass. 2022 n. 11362). 
Non può neppure procedersi ad una liquidazione equitativa del danno come richiesto ### dalla difesa attorea in via subordinata. 
Se con tale richiesta la parte ha inteso far riferimento al secondo comma dell'art.125 c.p.i.  quest'ultima diposizione, come sopra precisato, detta una regola speciale di liquidazione equitativa, consentendo che il giudice liquidi il danno «in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano». 
A tal riguardo l'attore non ha dimostrato (invero neppure allegato) di avere subito concretamente un lucro cessante da calo delle vendite (come è noto il danno da lucro cessante corrisponde al mancato guadagno o profitto del titolare, dato dalla differenza tra i flussi di vendita che lo stesso avrebbe avuto senza la contraffazione e quelli che ha effettivamente ricevuto. Si parla, ai fini di quantificare il guadagno perso, anche di utile marginale, costituito dalla differenza tra il ricavo che sarebbe derivato da unità di prodotto aggiuntive, rispetto a quelle in concreto commercializzate, ed il costo marginale, comprensivo di tutti i costi che sarebbero stati sostenuti per produrre quelle unità aggiuntive). 
Quindi deve escludersi la sussistenza del lucro cessante alla luce della documentazione prodotta, poiché nulla è emerso che a seguito della contraffazione i prodotti (materassi e prodotti affini) a marchio “PerDormire” abbiano avuto un calo di vendite e che il trend relativo alla commercializzazione futura possa dirsi negativo; sicché risulta preclusa ogni forma di argomentazione probatoria presuntiva o indiziaria, benché "attenuata". 
La società attrice non ha dimostrato i danni lamentati neppure attraverso indizi o presunzioni, di qualsivoglia consistenza, nell'ottica di una semplificazione probatoria, nè ha allegato fatti specifici forieri di danni causalmente riconducibili alla dimostrata contraffazione, ma i danni sono stati prospettati alla stregua di automatica conseguenza dell'accertata contraffazione. 
Anche il criterio del giusto prezzo del consenso o della giusta royalty, vale a dire del compenso che il contraffattore avrebbe pagato al titolare se avesse chiesto ed ottenuto una licenza per utilizzare l'altrui privativa industriale,, opera come ulteriore elemento di valutazione equitativa «semplificata» del lucro cessante e come fissazione di un limite minimo o residuale di ammontare del risarcimento, voluto dal legislatore a garanzia della effettività della compensazione. 
A ciò si aggiunga che nel caso di specie - in assenza di una diversa allegazionedalle prove raccolte nel presente giudizio è emerso che l'utilizzo del sintagma “per dormire” da parte della convenuta (nelle forme sopra descritte) è avvenuto a partire dal 2019 (vedasi registrazione del dominio internet nonché la deposizione del teste escusso alla udienza del 17/02/2022 ove rispondendo al cap. n. 3 ha dichiarato: “Sì è vero; preciso però che non parlerei di marchio “letti per dormire” ma di logo in quanto non è stato mai registrato come marchio; preciso che nel 2019 la odierna convenuta mi commissionò una consulenza finalizzata alla creazione di un sito internet per poter procedere anche alla vendita on line presso il pubblico dei privati dei prodotti che fino a quel momento venivano venduti sul territorio tramite agenti”) per cui era onere di parte attrice allegare la sussistenza del danno a partire da tale anno in poi (mentre la documentazione prodotta ivi compresa quella della crescita del fatturato e delle spese di pubblicità sostenute - fra l'altro anche per mezzo di altra società- è relativa ad anni precedenti e comunque fino al 2019 e comunque non è sufficiente a dimostrare la sussistenza di un lucro cessante). Non senza trascurare che il riconoscimento della convalidazione del marchio “perdormire” è avvenuta sia in sede amministrativa (vedasi le decisioni di cui ai doc.  nn. 73 e 74) solo nel corso del presente giudizio (introdotto nel giugno del 2020) ed in sede ###la presente decisione (quanto alla decorrenza degli effetti del fenomeno del secondary meaning questo Tribunale non può non condividere l'opinione di quella parte della dottrina - recepita anche da parte della giurisprudenza di meritoche esclude la retroattività alla data della registrazione del marchio debole e/o nullo ma successivamente ### ritenuto forte e/o valido in virtù della secondarizzazione atteso che sarebbe eccessivamente ingiusto per chi ha usato quel segno o quella parola durante il periodo di “limbo” di quel marchio dover subire gli effetti pregiudizievoli in forza di un comportamento che sarebbe affetto da sopraggiunta illeicità). 
Per le predette ragioni non può essere accolta neppure la domanda diretta ad ottenere la retroversione degli utili (formulata sub n. 8 delle conclusioni). 
Si tratta, infatti, pur sempre di una forma di ristoro, forfettario, del lucro cessante, che -come è notopuò cumularsi al danno emergente (ma non al lucro cessante, come affermato da ultimo dala S.C. con la sentenza del 2023 n. ###) e che può essere chiesta o in via alternativa al risarcimento del mancato guadagno o nella misura in cui gli utili del contraffattore superino il suddetto pregiudizio subito (cfr. anche in motivazione Cass. 2020 n. 8944). 
Anche con riferimento ai danni non patrimoniali asseritamente subiti dalla società attorea la domanda si appalesa generica (cfr. quanto dedotto alla pag. dell'atto di citazione non integrato sul punto dalla memoria depositata ex art. 183 comma VI n. 1 c.p.c.) e come tale va rigettata (non senza trascurare il principio generale secondo cui: “### del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all'art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa; esso, pertanto, da un lato è subordinato alla condizione che per la parte interessata risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo ammontare, e dall'altro non ricomprende l'accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l'onere della parte di dimostrare la sussistenza e l'entità materiale del danno; cfr. fra le tante anche in motivazione Cass. 2018 n. 4310; Cass. 2022 n. 13515). 
Le spese seguono la ### soccombenza di parte convenuta e si liquidano in favore della società attrice ex Dm 55/2014 aggiornato dal Dm 147/2022 (valori medi) avuto riguardo al valore della causa (indeterminabile, complessità alta) e alle attività processuali effettivamente svolte e previa riduzione del 30% in ragione della rinuncia da parte attrice alle domande relative al disegno-modello comunitario e del rigetto delle domande risarcitorie (la difesa di parte attrice ha depositato la nota spese in data ###).  P.Q.M.  Il Tribunale di #### in ### di ### definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto in I grado al n. RG 2785/2020, ogni altra domanda e/o eccezione disattesa, così decide: ACCOGLIE le domande attoree perché fondate nei limiti e per le causali di cui in motivazione; per l'effetto, ### e dichiara - per le causali di cui in motivazionela contraffazione da parte della società convenuta dei marchi, della denominazione sociale, dell'insegna e dei nomi a dominio di parte attrice riconducibili al sintagma “PERDORMIRE” per l'effetto, ### gli artt. 124, 131 e 133 c.p.i. 
INIBISCE alla società convenuta: - l'ulteriore uso, produzione, commercializzazione, importazione, esportazione, distribuzione, immagazzinamento, offerta e pubblicizzazione di prodotti, di tutto il materiale pubblicitario, dei dépliants, dei cataloghi, della corrispondenza commerciale, delle insegne, del packaging, delle confezioni, degli imballaggi, delle etichette, dei cartellini, degli scontrini, dei profili di social networks, delle pagine ### anche su siti di commercio online, riproducenti in tutto o in parte i segni “PERDORMIRE”, “Per Dormire” e/o “### Dormire” e/o “###it” e/o “lettiperdormire.it” e/o o qualsiasi altro segno simile al marchio “ di parte attrice; - l'uso di segni uguali o simili a “ , in qualsiasi forma e su qualsiasi mezzo, inclusi i prodotti, i materiali promozionali, sulla rete ### quale parola### chiave, link, meta-tag, nome di dominio, nickname, nei social network ed in qualsiasi altra forma; DISPONE - il ritiro definitivo dal mercato dei depliant, delle insegne e di ogni altro supporto, materiale o immateriale, su cui siano apposti i segni “PERDORMIRE”, “Per Dormire” e/o “### Dormire” e/o “###it” e/o “lettiperdormire.it” e/o o qual siasi alt ro s egno s imile al m archio “ dell'attrice, disponendone la distruzione in presenza di incaricati dell'attrice; Sempre ai sensi dell'art. 124 comma II c.p.i., in accoglimento della domanda attorea: FISSA a carico di parte convenuta una somma di euro 500 per ogni violazione o inosservanza successivamente accertata e di euro 1000 per ogni giorno di ritardo nella esecuzione della presente sentenza decorsi quindici giorni dalla pubblicazione della presente sentenza; Visto l'art. 118 comma 6 C.p.I.  accertato il diritto esclusivo di parte attrice sul segno “PERDORMIRE” e della registrazione in violazione dell'art. 22 CPI da parte della convenuta, ### il trasferimento a titolo definitivo, del nome a dominio “lettiperdormire.it”, a favore di parte attrice; Visto l'art. 126 c.p.i. 
DISPONE la pubblicazione in sunto della presente sentenza a cura di parte attrice e a spese di parte convenuta su “La ” e “Il ” con diritto della società attrice di immediato rimborso dietro presentazione delle relative fatture. 
RIGETTA ### le domande risarcitorie avanzate dalla attrice per le causali di cui in motivazione; RIGETTA ogni altra domanda e/o eccezione; CONDANNA la società convenuta - in persona del legale rappresentante pro-temporeal pagamento in favore della società attrice delle spese di lite che si liquidano - per le causali di cui in motivazione e previa riduzione del 30%- in E. 9.872,10 a titolo di compenso professionale, oltre ad E. 1063,00 a titolo di esborsi, oltre al 15% a titolo di spese generali, Iva e ### come per legge; Così deciso nella ### di Consiglio del 30/01/2024 ### rel./est.  ###ssa ### Pompetti

causa n. 2785/2020 R.G. - Giudice/firmatari: N.D.

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Tribunale di Padova, Sentenza n. 1807/2023 del 22-09-2023

... qualità di legale rappresentante della ditta individuale . Col d.i. opposto n. 1132/2020 il g.d.p. di ### ingiungeva alla società il pagamento di € 4.000,00 oltre interessi a favore della ditta a titolo di compenso per i ### 3 lavori di adeguamento dell'impianto elettrico eseguiti in favore dell'odierna appellante. A fondamento dell'opposizione in primo grado rilevava l'assenza dei presupposti ex art. 633 e 634 c.p.c. ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo, nonché l'inesistenza di un rapporto contrattuale che legittimasse i lavori commissionati e i materiali ordinati che erano alla base della fattura azionata. Si costituiva il che allegava, tra i vari documenti, delle riproduzioni fotografiche di screenshots del suo cellulare, contenenti messaggi ### intercorsi tra le parti in (leggi tutto)...

REPPUBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di ### R.G.945/2022 Il Tribunale di ### in persona del Giudice dott.ssa ### in funzione di giudice dell'appello ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile di secondo grado promossa da (P .IVA , assistita e difesa dagli Avv.ti ### e #### contro (C .F. , assistito e difeso dall'Avv.to #### per parte appellante:” ### l'###mo Tribunale adito, rigettata ogni avversa deduzione, richiesta ed eccezione, alla luce delle suesposte argomentazioni, ad integrale modifica della sentenza impugnata: - nel merito: a) accogliere l'appello per i motivi dedotti in narrativa e, per l'effetto, in riforma la sentenza impugnata dichiarare l'illegittimità e/o l'inammissibilità del decreto ingiuntivo opposto, quindi revocarlo e/o dichiararne la nullità e/o l'inefficacia; b) all'esito, disporre la immediata restituzione degli importi versati dalla alla in forza della sentenza impugnata, oltre interessi e spese legali; c) ### P. ### 2 condannare l'appellata al pagamento delle spese e dei compensi del doppio grado di giudizio, oltre rimborso forfettario per spese generali oltre ### e C.Avv. come per legge, da distrarsi in favore dei sottoscritti procuratori antistatari.  - in via istruttoria: in virtù delle motivazioni giuridiche esposte nell'atto di appello, chiede l'ammissione delle istanze istruttorie non ammesse e/o rigettate in primo grado”. 
Per parte appellata “Nel merito: il rigetto dell'appello proposto da con conferma della sen-tenza n. 1754/21 pronunciata il ### dal Giudice di ### di ### con condanna ex art. 96 c.p.c. dell'appellante affidandosi al superiore giudizio equi-tativo dell'###mo Tribunale adito con integrale rifusione dei compensi, delle spese generali e delle spese vive oltre accessori di legge. 
In via istruttoria: ove ritenuta la causa non ancora sufficientemente istruita, lo scrivente procuratore insite nelle richieste istruttorie come avanzate nelle me-morie ex art. 320 c.p.c. depositate il ### ed il ###, all'udienza del 3.12.2021 ed in sede di note conclusive depositate all'udienza di discussione del 20.12.2021”.  RAGIONI DI FATTO E ### A FONDAMENTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione in appello regolarmente notificato in data ### impugnava la sentenza n. 1754/2021 emessa dal Giudice di ### di ### il ### a conclusione del giudizio di opposizione avverso un d.i. ottenuto da in qualità di legale rappresentante della ditta individuale . 
Col d.i. opposto n. 1132/2020 il g.d.p. di ### ingiungeva alla società il pagamento di € 4.000,00 oltre interessi a favore della ditta a titolo di compenso per i ### 3 lavori di adeguamento dell'impianto elettrico eseguiti in favore dell'odierna appellante. 
A fondamento dell'opposizione in primo grado rilevava l'assenza dei presupposti ex art. 633 e 634 c.p.c. ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo, nonché l'inesistenza di un rapporto contrattuale che legittimasse i lavori commissionati e i materiali ordinati che erano alla base della fattura azionata. 
Si costituiva il che allegava, tra i vari documenti, delle riproduzioni fotografiche di screenshots del suo cellulare, contenenti messaggi ### intercorsi tra le parti in causa a riprova dell'esistenza dell'accordo in merito ai lavori elettrici. 
All'esito dell'istruttoria il giudice di pace rigettava l'opposizione proposta da e confermava del d.i..  * 
In grado di appello, regolarmente instaurato il contraddittorio, parte appellante ribadiva l'illegittima emissione del d.i. concesso sulla base della sola fattura n. 4/2020 azionata in monitorio senza produzione degli estratti autentici notarili ex art. 634 c.p.c.. 
Ribadiva che gli screenshoots dimessi dal non dimostravano l'esistenza di un rapporto contrattuale tra le parti, nè di un accordo sul prezzo per quanto commissionato. 
Rilevava che l'applicazione ### permette di manipolare facilmente il contenuto delle conversazioni. 
Sottolineava che dal contenuto della corrispondenza non emergeva alcuna accettazione della fattura azionata, ovvero, di alcun preventivo. 
Infine lamentava una lesione del diritto di difesa derivante dal rigetto del giudice di prime cure di tutte le istanze istruttorie, pertanto le riproponeva. ### 4 Regolarmente instaurato il contraddittorio, si costituiva , chiede ndo la conferma della sentenza impugnata. 
La causa veniva istruita solo documentalmente e passa ora in decisione sulle conclusioni rassegnate in epigrafe.  *  1. del primo motivo di appello rubricato “### della prova del credito azionato ex adverso” ### appellante con il primo motivo di appello rileva l'illegittimità del decreto ingiuntivo perché emesso in carenza delle condizioni di cui agli art. 633 e 634 c.p.c.. 
Sottolinea in proposito l'inidoneità della sola fattura a costituire prova dell'esistenza del diritto di credito vantato dalla parte appellata (in mancanza di produzione di contratto, preventivo, mancata prova dell'esecuzione dei lavori). 
Con la doglianza in esame non formula più alcuna specifica censura in merito alla prima fase, c.d. monitoria, della mera emissione del d.i. (non vengono in particolare riproposte le critiche già esposte in primo grado alla pagina 5 della citazione in opposizione in primo grado sulla valenza della fattura elettronica per l'emissione del d.i.). 
Ciò che si contesta, invece, è che all'esito del giudizio di merito di opposizione il g.d.p. abbia fondato la sua decisione, qui impugnata, ritenendo dimostrata l'esistenza del credito di unicamente utilizzando quale fonte di prova la fattura elettronica. 
Il motivo è infondato nella sua stessa formulazione, già solo mettendolo in relazione anche coi successivi motivi di appello formulati da . 
Il giudice di pace, invero, per rigettare l'opposizione della ha fondato la decisione ritenendo dimostrati sia l'accordo in merito ai ### 5 lavori sia l'esecuzione delle opere da parte del non sulla base della sola fattura (dimessa col monitorio), ma evidenziando le seguenti ragioni: − le conversazioni di messaggistica in atti dimostrano che il legale rappresentante della aveva commissionato le opere al ; − il legale rappresentante della in sede di interpello ha confermato di aver mandato quei messaggi (cfr. verbale ud.  3.12.2021); − l'esecuzione dei lavori è poi dimostrata dalla mancata specifica contestazione ex art. 115 c.p.c., come emerge dalla lettura della citazione in opposizione del primo grado; − l'indicazione dell'immobile ove il ha eseguito i lavori, come sito a ### sul ### (così nella causale della fattura attivata col monitorio) invece del corretto luogo di ### è stato frutto di un errore materiale, emendato dal fin dalla costituzione in giudizio in primo grado; − le richieste di pagamento inviate e ricevute ante causam non sono mai state contestate dalla comportamento valorizzato come ulteriore indice presuntivo. 
Pertanto, dalla lettura della sentenza emerge che il g.d.p. non ha valorizzato unicamente la fattura della ditta . 
Il motivo in esame va rigettato.  *  1. del secondo motivo di appello rubricato: “### della valenza probatoria ai fini del giudizio della paternità dei messaggi WhatsApp” ### 6 Il secondo motivo di appello condensa una serie di critiche esposte in maniera non sempre lineare.  * 
Con una prima doglianza parte appellante si duole del fatto che nella sentenza del 31.12.2021 il giudice di prime cure in un passaggio motivazionale sia incorso in una contraddizione. 
Nello specifico il passaggio motivazionale è il seguente: Si rileva che nessuna contraddizione è presente nella parte motiva della sentenza impugnata. 
Il Giudice di ### si è riferito a una regola di carattere generale che prevede che qualora si alleghino riproduzioni fotografiche di FRQYHUVD]LRQL DYYHQXWH WUDPLWH O¶XVR DSSOLFD]LRQL GLJLWDOL GL messaggistica istantanea, ove vi sia una contestazione della ###D o al contenuto dei messaggi si rende necessario, ai fini probatori, avvalersi GHOO¶DFTXLVL]LRQH GHO VXSSRUWR LQIRUPDWLFR R ### L relativi dati. 
Nel caso in esame, il giudice di prime cure evidenzia che il valore probatorio dei documenti prodotti dal (fotografia dello schermo del cellulare con riportate le conversazioni whatsapp con la è stato invece comprovato dalle dichiarazioni confessorie del legale rappresentante della In sede di interpello, all'udienza del 3.12.2021, legale rappresentante dell'odierna appellante, ha confermato di aver inviato lui i messaggi whatsapp al , riconoscendo lo screenshot in atti. 
Di conseguenza, risulta provato che nel dicembre 2019 tra le parti oggi in causa vi sono stati scambi di messaggi da cui emerge che il do veva re carsi pr esso i lo cali de lla pe r es eguire de lle opere a lui richieste dal (condizionatore, luci, prese). 
In assenza di altre contestazioni in merito il motivo di appello è infondato.  *  3. della prova dell'esistenza ed entità del diritto di credito vantato da ### l'appellante, poi, “l'invio dei messaggi ### nel caso di specie, non comprova minimamente l'esistenza di nessun rapporto contrattuale intercorso tra le parti; né l'espletamento delle asserite prestazioni descritte nella fattura azionata; la quantificazione dell'eventuale prezzo”. 
Anche questa critica è infondata. 
Il in quanto creditore, aveva l'onere di provare il titolo che costituiva la fonte del diritto vantato. 
Nello specifico, egli doveva provare l'esistenza di un rapporto contrattuale intercorrente con e l'adempimento delle obbligazioni da egli assunte in forza del contratto. ### 8 ### appellata, a fondamento della propria pretesa creditoria, ha prodotto una serie di documenti contenenti copia di mail inviate a un pr eventivo, de i ra pportini gi ornalieri at testanti l'esecuzione di varie prestazioni relative ai fatti oggetto di causa e, infine, i citati screenshots che riproducono le conversazioni avvenute con il legale rappresentante di (docc. 2, 3, 4, 5, 6, di parte opposta nel fascicolo del primo grado). 
Da tali documenti emerge che tra le odierne parti in causa è intercorso un contratto d'opera avente ad oggetto l'esecuzione di un intervento di adeguamento e sistemazione dell'impianto elettrico presso il capannone di proprietà dell'odierna appellante sito in ####. 
In particolare, dagli screenshots (doc. 3 di parte opposta nel fascicolo del primo grado), emerge che incaricava il di eseguire dei lavori di sistemazione dell'impianto elettrico e di montaggio di un condizionatore. 
Sempre da tale doc. 3 risulta tra gli altri messaggi, la richiesta, di al ### di montare un condizionatore (messaggio del 2.12.2019 ore 15.56); procurare del materiale (“### Procura un altro blocco prese come quello montato da installare nel lato di fianco. Grazie.” messaggio del 4.12.2019 ore 20.59); la richiesta di venire “il martedì a finire” (messaggio del 14.12.2019, ore 15.49. 
Il doc. 4 di parte opposta nel fascicolo del primo grado, invece, documenta la presenza di un preventivo di cui era a conoscenza per averlo ricevuto via mail (non risultando tempestive contestazioni in merito alla ricezione della mail doc. 6 primo grado fascicolo cf r. ve rbale pr ima ud ienza da vanti al g. d.p. ov e l' opponente nulla obietta). ### 9 Pertanto, risulta provata sia l'esistenza di accordi per l'esecuzione di lavori da parte del sia risulta smentita l'argomentazione di 4 alla pag. 8 e 9 dell'atto di citazione in appello ove afferma come le prestazioni richieste fossero da intendersi gratuite (circostanza che mal si concilia con l'invio di mail mai contestate con allegati preventivi di spesa). 
Nei rapporti intercorrenti tra privati, che agiscono peraltro, quali professionisti, la richiesta di esecuzione di determinate prestazioni si presume a titolo oneroso. 
Alla luce di tali argomentazioni, il motivo di appello è infondato in quanto il ha soddisfatto l'onere probatorio di provare l'esistenza di un titolo che legittima la sua pretesa creditoria.  * 
Infine, con riferimento alla prova della effettiva esecuzione delle prestazioni richieste da , si rileva che nella citazione di primo grado non emerge una chiara contestazione della mancata esecuzione di opere; ad ogni modo gli stessi screenshots di cui al sopra citato doc.  3 confermano l'adempimento delle prestazioni da parte del . 
I messaggi sintomatici dell'adempimento sono stati scritti dallo stesso rappresentante della e recitano:” I costi dei lavori fatti (o li considero già pagati???)”; “### Procura un altro blocco prese come quello montato da installare nel lato di fianco. Grazie.”. 
Da ultimo, la questione della congruità del prezzo chiesto in fattura è superata dalla mancata contestazione dei preventivi di spesa inviati alla committente e, appunto, mai contestati prima del giudizio. 
Da ciò è configurabile una tacita accettazione dell'importo ivi indicato.  * ### 10 Pertanto, per le ragioni esposte l'appello non risulta meritevole di accoglimento.  * 
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, scaglione di valore fino ad € 5.200,00 alla luce del valore del d.i. opposto, con liquidazione di tre fasi (studio, introduttiva e decisoria) ai valori medi tabellari di tariffa. 
Non vi sono gli estremi per la condanna ex art. 96 c.p.c., pure chiesta dall'appellato in mancanza del requisito soggettivo del dolo o colpa grave, che non è rinvenibile nella sola infondatezza delle tesi proposte al Tribunale. 
Stante il rigetto dell'appello si dà atto della sussistenza dei presupposti di legge (art. 3 comma 1 quater DPR 115/2002, così come modificato dall'art. 1 comma 17 L. n. 228/2012) per il pagamento del doppio del contributo unificato, come da dispositivo.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando ogni diversa domanda rigettata, così provvede: 1. Rigetta l'appello e conferma la sentenza impugnata del Giudice di ### di ### n. 1754/2021; 2. Condanna a rimborsare a le spese del presente procedimento che si liquidano in € 1.701,00 per compensi, oltre ### CPA e rimborso forfettario al 15%; 3. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell'appellante in favore dell'erario di un importo ulteriore, pari a quello del contributo unificato previsto per il gravame. 
Così deciso in ### 21.09.2023 #### 

causa n. 945/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Maddalena Saturni

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Corte d'Appello di Catania, Sentenza n. 250/2022 del 08-02-2022

... (#####), quale titolare dell'omonima ditta individuale con sede ###via ### n.7 (P.I. n.###), rappresentato e difeso per procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall'Avv. ### (#####) del foro di ### elettivamente domiciliato a ####, presso lo ### & Salanitro, in via F. Crispi n. 225; APPELLATO CONCLUSIONI: all'udienza cartolare del 21.12.2021 le parti hanno precisato le conclusioni come da note scritte ex art. 221 comma quarto del D.L. n. 34/2020, convertito nella legge n. 77/2020. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso per decreto ingiuntivo del 20/12/2011 ### quale titolare dell'omonima impresa individuale, chiedeva di ingiungere alla ### s.r.l. (d'ora in poi, ### il pagamento della somma di euro 35.042,40 (oltre interessi moratori ex art. 5 del D.Lgs. 231/2002 e (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte d'Appello di ### nella persona dei sigg: dott. ### dott.ssa ### dott. ### rel. est.  ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile d'appello iscritta al n. 243/2021 R.G. promossa da: ### s.r.l. (PI ###) con sede ###, in persona del proprio legale rappresentante sig.ra ### p.t., rappresentata e difesa dall'avv. ### (###) presso il cui studio è elettivamente domiciliata in ####, P.zza ### 16, che la rappresenta e difende in forza di mandato in calce all'atto di appello; APPELLANTE nei confronti di ### nato a #### il ### (#####), quale titolare dell'omonima ditta individuale con sede ###via ### n.7 (P.I. n.###), rappresentato e difeso per procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall'Avv. ### (#####) del foro di ### elettivamente domiciliato a ####, presso lo ### & Salanitro, in via F. Crispi n. 225; APPELLATO CONCLUSIONI: all'udienza cartolare del 21.12.2021 le parti hanno precisato le conclusioni come da note scritte ex art. 221 comma quarto del D.L. n. 34/2020, convertito nella legge n. 77/2020.  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso per decreto ingiuntivo del 20/12/2011 ### quale titolare dell'omonima impresa individuale, chiedeva di ingiungere alla ### s.r.l. (d'ora in poi, ### il pagamento della somma di euro 35.042,40 (oltre interessi moratori ex art. 5 del D.Lgs. 231/2002 e spese), esponendo: - di aver effettuato, personalmente e per mezzo dei suoi operai, in favore della ### lavori di fornitura e posa in opera di lamiera zincata per giunti di dilatazione, scossaline, ecc., come da fattura n. 28 del 31/12/2010; - che, in particolare, il materiale e la manodopera erano stati impiegati nel cantiere edile della zona industriale di ### per la realizzazione della nuova rimessa della A.M.T. di ### - che i suoi operai, per entrare nel cantiere della società appaltatrice (### s.p.a.), erano stati distaccati in favore della società subappaltatrice (###, ma il rapporto di lavoro era proseguito alle dipendenze del ### il quale aveva provveduto al loro pagamento; - che i lavori erano stati accettati e non era sorta alcuna contestazione; - che, tuttavia, il credito di euro 35.042,40, di cui alla suddetta fattura, era rimasto insoluto. 
In data ###, in accoglimento del ricorso, veniva emesso dal Tribunale di ### il decreto ingiuntivo n. 980/2011 per l'importo di euro 35.042,40 (oltre interessi moratori e spese). 
Con atto di citazione notificato in data ### la ICP proponeva opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo, lamentando: - che il ricorso era stato proposto dinanzi al giudice incompetente per territorio ai sensi degli artt. 19 e 20 c.p.c., avendo il ### convenuto in giudizio una persona giuridica con sede ###riguardo a lavori eseguiti a ### - di non aver mai incaricato il ### per la fornitura, consegna e prestazione di manodopera; - che la fattura posta alla base del ricorso monitorio era generica, non contenendo alcuna specificazione della data di consegna e dei criteri di determinazione del prezzo; - che, in ogni caso, le richieste creditorie del ### erano sproporzionate, non essendo stata fornita alcuna prova in ordine alle prestazioni indicate in fattura ed essendo spropositate le quantità ed i prezzi indicati in fattura. 
Pertanto, la ICP chiedeva: - preliminarmente, di dichiarare l'incompetenza del Tribunale di ### - nel merito, di revocare il decreto ingiuntivo opposto o, in subordine, di ridurre la somma portata dal decreto ingiuntivo opposto. 
Con comparsa di risposta depositata in data ### si costituiva in giudizio ### quale titolare dell'omonima impresa individuale, il quale deduceva: - che l'eccezione di incompetenza doveva essere disattesa, venendo in rilievo l'obbligazione di pagamento di una somma di denaro, da eseguire al domicilio del creditore ex art. 1182, comma 3, c.c., e quindi a ### con conseguente competenza del Tribunale adito; - che la ICP aveva richiesto al ### di fornire la propria opera specializzata per l'esecuzione dei lavori indicati in fattura; - che i lavori erano iniziati nel marzo 2008 e si erano conclusi entro lo stesso anno. 
Pertanto, il ### chiedeva, preliminarmente, di rigettare l'eccezione di incompetenza per territorio e nel merito, di rigettare l'opposizione, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto. 
Con ordinanza del 24/9/2013 venivano disposti interrogatorio formale, prova testimoniale e ordine di esibizione. Con successiva ordinanza del 24/5/2016 veniva disposta consulenza tecnica d'ufficio. 
Dopo il deposito della relazione del consulente tecnico d'ufficio, con ordinanza del 18/9/2019 la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni. 
All'udienza cartolare del 22/9/2020 la causa veniva posta in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti con le rispettive note di trattazione scritta, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. 
Con sentenza n. 28/2021 pubblicata il ###, nel giudizio iscritto al n. 534/2012 R.G., il Giudice Monocratico del Tribunale di ### ha così disposto: “1) revoca il decreto ingiuntivo n. 980/2011, emesso dal Tribunale di ### in data ###; 2) condanna la I.C.P. s.r.l. al pagamento in favore di ### quale titolare dell'omonima impresa individuale, di euro 23.170,73, oltre interessi moratori ex d.lgs. 231/2002 dalla scadenza sino all'effettivo soddisfo; 3) condanna la I.C.P. s.r.l. al pagamento in favore del difensore distrattario di ### (avv. ### di due terzi delle spese processuali, che liquida già in questa misura in euro 51,56 per spese vive e in euro 2.800,00 per compensi, oltre rimborso forfettario del 15%, IVA e ### se dovute come per legge, compensandole per il residuo; 4) pone definitivamente le spese della consulenza tecnico d'ufficio (come già liquidate in atti) a carico della I.C.P. s.r.l. per due terzi e a carico di ### quale titolare dell'omonima impresa individuale, per un terzo”. 
Avverso detta sentenza ha proposto appello ### s.r.l. per i motivi di cui si dirà appresso. 
Costituitosi, ### nella qualità, ha resistito all'impugnazione, chiedendo il totale rigetto dell'appello e proponendo, per le ragioni appresso illustrate, appello incidentale condizionato. 
Con ordinanza depositata il ### la Corte ha rigettato l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata e rinviato per la precisazione delle conclusioni. 
All'udienza cartolare del 21/12/2021 le parti hanno precisato le conclusioni e la causa è stata posta in decisione (v. ordinanza del 21.12.2021) con assegnazione del termine ridotto fino al 11/01/2022 per il deposito delle comparse conclusionali e di ulteriori gg. 20 per le memorie di replica.  MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente la società appellante ripropone l'eccezione di incompetenza territoriale già sollevata in primo grado e motivatamente rigettata dal Tribunale di ### Invero, l'appellante non si confronta compiutamente con la puntuale motivazione del primo giudice che, richiamando autorevole giurisprudenza di legittimità sulla questione (v. Cass.Sez.Un., 17989/2016; Cass. Sez. VI, 23/09/2020 n.19894), ha evidenziato che “le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto dell'art. 1182 c.c., comma 3, sono esclusivamente quelle liquide, delle quali, cioè, il titolo determini l'ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale. 
Tuttavia, nel caso di specie è dirimente il fatto che il carattere liquido del credito sia stato accertato da questo Tribunale quando è stato concesso il decreto ingiuntivo, che può essere pronunciato solo in favore del creditore di una somma liquida di denaro ex art. 633 c.p.c. Pertanto, a prescindere dalle contestazioni formulate dalla società opponente in merito al credito azionato dall'opposto, discutendosi nel presente giudizio di un'obbligazione avente ad oggetto il pagamento di una somma liquida di denaro, e dunque da adempiersi al domicilio del creditore, il creditore-opposto ha correttamente proposto il ricorso monitorio dinanzi al Tribunale di ### (posto che l'impresa individuale del ### ha sede in ###”. 
Ritiene questa Corte, infatti, che ai fini della determinazione della competenza territoriale, ai sensi del combinato disposto degli art. 20 c.p.c. e 1182 c.c., il forum destinatae solutionis, previsto dal terzo comma di tale ultima disposizione, è applicabile in tutte le cause aventi ad oggetto una somma di denaro qualora l'attore abbia richiesto il pagamento di una somma determinata, non incidendo sulla individuazione della competenza territoriale la maggiore o minore complessità dell'indagine sull'ammontare effettivo del credito, la quale attiene esclusivamente alla successiva fase di merito (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 12/12/2019, n. ###; Cass. Sez. VI, 17/05/2011, n.10837). 
Con il primo motivo di appello si lamenta che il primo Giudice avrebbe erroneamente quantificato in kg. 6.783 la lamiera oggetto di fornitura e posa in opera da parte della ditta ### e non, invece, nella misura di Kg. 1.683. 
Assume la società appellante che la ditta ### avrebbe fornito soltanto detta quantità di lamiera prevista dal contratto di appalto tra ICP e ### per la realizzazione del capannone AMT di ### e indicata alla voce NP 08 dell'elenco prezzi unitari allegato agli atti ed in particolare “la lamiera coprimuretto perimetrale”. 
Il motivo non è fondato. 
La documentazione alla quale fa riferimento parte appellante non è ammissibile e utilizzabile ai fini della decisione, atteso che, come già affermato dal Tribunale (v.  ordinanza del 18/09/12019) è stata allegata alle osservazioni del CT di parte opponente, durante le operazioni peritali, e quindi è da ritenersi tardiva. 
Non si tratta di “fatti accessori e secondari rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza”, come sostenuto dalla difesa dell'appellante in sede di comparsa conclusionale, ma piuttosto di documenti nuovi e diversi da quelli già allegati a seguito dell'ordine di esibizione ex art. 201 c.p.c. emesso dal Tribunale. 
Pur volendo esaminare il 5° S.A.L. allegato dalla società ICP per ordine del giudice nel corso del giudizio di primo grado (v. pag.23 della copia telematica del fascicolo di parte ###, non è dato comprendere quale rilevanza possa avere il riferimento alla “voce NP 08” che riguarda “### in ###emento ###rmato ###preompresso W a profilo alare, costituita da elementi prefabbricati … realizzata con tegoli prefabbricati in C.A.P. (cemento armato precompresso) di sezione a V … ”. Tale generico richiamo ad una voce dell'elenco prezzi oggetto del contratto di subappalto stipulato tra ### e ### invero, non inficia gli approfonditi e condivisibili accertamenti tecnici del ### M. ### né, tanto meno, l'ampia ed esaustiva motivazione della sentenza impugnata. 
Le generiche contestazioni inerenti alle deposizioni dei testi #### e ### che, a dire dell'appellante, non avrebbero contribuito a chiarire la quantità, la tipologia e il prezzo della fornitura non sono meritevoli di accoglimento. 
Il Tribunale ha correttamente posto a fondamento della sua decisione le deposizioni testimoniali assunte in giudizio, riportandone sinteticamente i risultati ai fini della dimostrazione della natura e della consistenza dei lavori eseguiti dalla ditta ### per conto della ### srl. 
In particolare, il teste ### (che all'epoca dei fatti era dipendente della CP ### s.r.l., ma seguiva anche lavori per la ### per come dichiarato dallo stesso) ha confermato: - di aver contattato il ### perché la ICP voleva affidargli il lavoro di fornitura e messa in opera di lamiera zincata per giunti di dilatazione, scossaline, e quant'altro di necessario per il completamento del centro direzionale della A.M.T. di ### di cui la ICP aveva ricevuto il subappalto dalla ### s.p.a. (cfr. risposta all'articolato n. 1 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. dell'opposto); - che il ### era stato convocato presso la sede della ICP e gli era stato affidato dalla ICP l'incarico di fornire e mettere in opera dei lamierati zincati necessari per il completamento delle strutture prefabbricate fornite dalla ICP (giunti di dilatazione, copri angoli, scossaline, copritravi, coperture per muretti e travi sottotetto) alla ### s.p.a. (cfr. risposta all'articolato n. 2 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. dell'opposto; il teste ha peraltro precisato che “l'incarico di preciso riguardava: lamiere e scossaline e altre tipologie di materiale metallico riguardante il centro direzionale AMT di Catania”). 
Come affermato dal Tribunale, da tali esaustive e attendibili dichiarazioni si evince che la ICP ha affidato al ### l'esecuzione dei lavori (indicati nella fattura posta alla base del ricorso monitorio) di fornitura e messa in opera di lamiera zincata per giunti di dilatazione, scossaline, copritravi e coperture, con riguardo al completamento del centro direzionale dell'A.M.T. di ### con conseguente prova della sussistenza di un rapporto contrattuale fra le parti. 
Priva di fondamento è ogni contestazione della società odierna appellante in merito alla mancata dimostrazione dell'esecuzione delle prestazioni indicate nella fattura posta alla base del ricorso monitorio. 
Ed infatti, il teste ### (il quale lavorava come geometra alle dipendenze dell'ing. ### che a suo tempo si occupava dell'attività della ### come riferito in sede di interrogatorio formale da ### legale rappresentante della ### ha confermato che “i lavori di cui alla fattura ... sono stati fatti dal sig. 
Cilia” (cfr. risposta all'articolato n. 1 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c.  dell'opposto). 
Tali ulteriori dichiarazioni sono sufficienti per dimostrare che, contrariamente a quanto lamentato dalla ### il ### ha eseguito i lavori indicati nella fattura posta alla base del ricorso monitorio. Peraltro, a sostegno di tale conclusione il Tribunale ha valorizzato anche: - le dichiarazioni del teste ### (dipendente della ICP all'epoca dei fatti), in base alle quali “la ditta ### ha lavorato nel cantiere” ###-AMT e “### nel cantiere ha installato scossaline e lattoneria, dei copripannello, oltre a grondaie nella parte superiore della struttura” (per quanto il teste abbia poi precisato di aver dedotto che il ### aveva installato tali opere “perché quello era il mestiere del Cilia”); - le dichiarazioni del teste ### (che ha affermato di aver lavorato per ### presso l'A.M.T. di ### dal mese di maggio al mese di giugno 2008), in base alle quali “il ### mi portava le lamiere e io le montavo”. 
Il CTU, dopo approfondita analisi della documentazione in atti e dello stato dei luoghi ha verificato “la congruenza delle opere realizzate con le quattro voci di spesa riportate nella fattura n. 28/2010” e ha affermato che “si è potuto accertare che le voci di spesa indicate in fattura ... siano aderenti alla fornitura e posa in opera delle opere di lattoneria visionate in situ” (cfr. relazione del 14/6/2019, pag. 4). 
Ogni doglianza sulla quantificazione del materiale fornito e installato dalla ditta appellata, come operata dal Tribunale, sulla scorta di tutte le risultanze istruttorie e documentali e dell'esito della ### pertanto, non è fondata. 
Con il secondo motivo di appello si eccepisce l'errata applicazione dell'IVA al 22% sulla sorte capitale di euro 18.992,40 rispetto invece alla minore aliquota del 20% così come indicata nella fattura posta a fondamento dell'ingiunzione di pagamento. 
Il motivo è fondato atteso che ai sensi dell'art. 6 del D.P.R. n. 633 del 26.10.1972 (e succ. modifiche e integrazioni), con riferimento alle operazioni di cessione di beni e prestazione di servizi, l'IVA diviene esigibile nel momento in cui le operazioni si considerano effettuate e, nel caso di emissione di fattura, come nella fattispecie in esame, l'operazione si considera effettuata alla data della fattura stessa. Pertanto, a prescindere dal momento dell'effettivo pagamento del corrispettivo oggetto della fattura, ciò che rileva è il regime fiscale vigente all'epoca dell'emissione della fattura e quindi la relativa aliquota dell'### non rilevando eventuali successive variazioni. 
La somma oggetto di condanna va, pertanto, rideterminata in complessivi euro 22.790,88 (euro 18.992,40 + IVA al 20%). 
Con il terzo motivo di appello si contesta la decorrenza degli interessi moratori ex D.Lgs. 231/2002 fissata dal Tribunale “dalla scadenza sino al soddisfo” e non, invece, dalla pronuncia. 
Premesso che non viene proposta alcuna doglianza sull'an e sulla natura degli interessi moratori già richiesti con il ricorso introduttivo del procedimento per ingiunzione, riconosciuti in sede ###la sentenza del Tribunale, ciò di cui si duole la società appellante riguarda il termine da cui gli stessi decorrono, ritenendo che, trattandosi di decreto ingiuntivo revocato, sulla minore somma oggetto di condanna detti interessi non possono che decorrere dalla pronuncia, quale momento in cui il credito sarebbe stato effettivamente accertato. 
Il motivo è infondato.  ### condivisibile giurisprudenza di legittimità (cfr. Cassazione civile sez. lav. - 20/05/2019, n. 13530), “l'opposizione a decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad esaminare se l'ingiunzione sia stata legittimamente emessa, ma deve procedere ad un'autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti, sia dal creditore, per dimostrare la fondatezza della pretesa fatta valere con il ricorso, sia dall'opponente per contestarla e, a tal fine, non è necessario che la parte che chieda l'ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda per ottenere una pronuncia sul merito della propria pretesa creditoria, essendo, invece, sufficiente, che resista alla proposta opposizione e chieda la conferma del decreto opposto (cfr., fra le tante, Cass. 27 settembre 2013, n. 22281 ed i precedenti ivi richiamati); Una volta proposta, con il ricorso per decreto ingiuntivo, la domanda volta ad ottenere gli interessi sulla sorte capitale, la sentenza che revochi il decreto ingiuntivo, condannando l'opponente al pagamento di una somma minore di quella portata dal decreto ingiuntivo, deve pronunciare anche sulla domanda relativa agli interessi, con riferimento alla minor somma oggetto di condanna, pur in difetto di una specifica riproposizione della domanda stessa”. 
Ciò premesso, occorre rilevare (cfr. Cass. Sez. III, 31/05/2019, n. 14911) che “l'applicabilità degli interessi moratori nella misura prevista dal D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, art. 5 discende ex lege dall'essere la prestazione pecuniaria cui esse accedono dovuta a titolo di corrispettivo di una transazione commerciale, indipendentemente da una specifica richiesta del creditore. 
Ciò si ricava univocamente dal testuale dato positivo, oltre che dalla sua ratio. 
A norma del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 3 infatti, "il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori, ai sensi degli artt. 4 e 5, salvo che il debitore dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo è stato determinato dall'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile". 
Prevede poi l'art. 4, comma 1, nel testo applicabile ratione temporis, che "gli interessi decorrono, automaticamente, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento" (enfasi aggiunta), poi disponendo, al comma 2, con riguardo alle ipotesi di mancata fissazione di un termine negoziale, la decorrenza degli interessi dopo un lasso di tempo volta a volta determinato ma sempre "senza che sia necessaria la costituzione in mora". 
Si coglie dunque agevolmente la portata innovativa di tale disciplina rispetto a quella ordinaria quale desumibile dagli artt. 1219 e 1224 c.c.. 
Quest'ultimo, giova rammentare, dispone, al comma 1: "nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali...".  ###. 1219 c.c. a sua volta dispone al comma 1 che "il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto". 
Fino all'emanazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, quindi, gli interessi di mora sulle ordinarie transazioni commerciali non decorrevano automaticamente, bensì era necessaria una formale presa di posizione, sotto forma di intimazione o richiesta scritta, da parte del creditore. 
Proprio argomentando da tale disciplina, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che gli interessi di mora, avendo un fondamento autonomo rispetto all'obbligazione pecuniaria principale cui accedono, possono essere attribuiti soltanto su espressa domanda della parte creditrice, che ne indichi la fonte e la natura (v. ex multis Cass. 15/10/2015, n. 20868; 23/01/2008, n. 1377; 18/01/2007, 1087; 04/02/1999, n. 977; 28/06/1989, n. 3154). 
Con il D.Lgs. n. 231 del 2002, il legislatore, mirando - in attuazione della direttiva 2000/35/CE - ad eliminare gli eccessivi ritardi nell'adempimento delle obbligazioni pecuniarie nelle transazioni commerciali, ha ribaltato, con riferimento a tale specifico settore, il sistema così descritto, prevedendo la decorrenza automatica degli interessi di mora, senza necessità di costituzione in mora del debitore, a decorrere dal giorno successivo alla scadenza prevista per il pagamento. 
Ne discende che nessuna domanda, nè tanto meno alcuna specificazione della natura degli interessi richiesti, è necessaria affinchè questi siano riconosciuti, sorgendo il relativo debito, ex lege, dallo stesso fatto originatore del credito cui essi accedono e alla scadenza dei termini previsti per il suo pagamento”. 
Nella fattispecie in esame, come dedotto in appello dalla difesa di ### il pagamento della fattura oggetto dell'ingiunzione di pagamento, doveva avvenire entro 60 gg. dalla emissione (fattura n. 28 del 31.12.2010). Correttamente, pertanto, il Tribunale ha determinato la decorrenza degli interessi moratori dalla scadenza che, nel caso in esame, può individuarsi alla data dell'01.03.2011. 
Costituendosi, ### nella qualità, ha svolto appello incidentale condizionato sugli stessi capi impugnati con l'appello principale, chiedendo che la Corte di Appello adita, “in riforma della sentenza di primo grado, e decidendo sulla presente impugnazione, voglia disporre la condanna dell'appellante al pagamento dell'importo di €.21.000,00 oltre IVA a titolo di merce fornita e manodopera prestata in favore della società I.C.P. S.r.l., così come accertato dal C.T.U. nel proprio elaborato peritale”. 
Il parziale accoglimento dell'appello principale, seppure con riferimento alla minore aliquota dell'IVA da applicare alla sorte capitale oggetto di condanna, impone di esaminare anche l'appello incidentale di ### che, a parere di questa Corte, non è fondato. 
Come chiarito dal primo giudice, nella fattura posta alla base del ricorso monitorio la quantità di lamiera zincata complessivamente fornita dall'opposto viene indicata in 9.420 kg., sebbene dalla somma delle singole voci si ricavi il diverso importo di 6.783 kg. (172 + 2159 + 1120 + 3332). 
Che l'opposto, odierno appellante incidentale, abbia fornito alla società opponente 6.783 kg di lamiera zincata (essendo stata indicata in fattura la complessiva quantità di 9.420 kg per mero errore materiale) è stato ammesso dalla stessa difesa di ### (cfr. comparsa conclusionale di primo grado, pag. 7). 
La maggiore quantità di lamiera (kg. 7.484,87) rinvenuta sui luoghi dal CTU ( relazione del 14/6/2019, pag. 8) contraddice il contenuto della stessa fattura e delle difese svolte dal ### Lo stesso consulente tecnico d'ufficio, infatti, ha evidenziato che “la posa della lamiera zincata risulta ... eseguita certamente da più di un operatore” (cfr. relazione del 14/6/2019, pag. 9). Ne consegue che, verosimilmente, come ritenuto dal Tribunale, una parte della quantità di lamiera rinvenuta dal consulente è stata fornita da soggetti diversi dall'opposto, il quale ha invece fornito (per come emerso dall'istruttoria espletata nel giudizio di primo grado) 6.783 kg di lamiera zincata. 
Atteso l'esito complessivo del giudizio e le ragioni poste a fondamento della decisione, non sussistono validi motivi per modificare il regime e la quantificazione delle spese di lite inerenti al giudizio di primo grado. 
Le spese del presente giudizio di appello (escluse le spese vive sostenute da ### per l'appello incidentale, non ripetibili ex art. 92 comma 1 c.p.c.) seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia (scaglione da euro 5.200,01 a euro 26.000,00) e dell'attività difensiva effettivamente svolta, non rilevando a tal fine il poco significativo accoglimento del motivo inerente all'### P.Q.M.  La Corte, definitivamente pronunciando, in parziale accoglimento dell'appello proposto da I.C.P. s.r.l. nei confronti di ### titolare dell'omonima ditta individuale, avverso la sentenza n. 28/2021 emessa dal Giudice Monocratico del Tribunale di ### in data ###, condanna I.C.P. s.r.l. al pagamento in favore di ### nella qualità, della somma di euro 22.790,88 oltre interessi moratori ex D.Lgs. 231/2002 dalla scadenza sino all'effettivo soddisfo. 
Rigetta l'appello incidentale avanzato da ### Condanna I.C.P. s.r.l. alla rifusione in favore di ### delle spese di lite relative al grado d'appello, che si liquidano in complessivi euro 3.777,00 di cui euro 1.080,00 per la fase di studio, euro 877,00 per la fase introduttiva ed euro 1.820,00 per la fase decisoria, oltre #### rimb. spese generali (15%), con distrazione in favore dell'Avv. ### che ne ha fatto espressa richiesta ex art. 93 c.p.c.. 
Non ripetibili le spese vive sostenute da ### per la proposizione dell'appello incidentale. 
Conferma per il resto l'impugnata sentenza. 
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di ### dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'appello incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. 
Così deciso in data ### nella camera di consiglio della seconda sezione civile.   ### est. ##### 

causa n. 243/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Dipietro Giovanni, Lo Truglio Massimo Francesco

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