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R.G.L. n. 975/2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI ASTI Il Giudice Ivana Lo Bello ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento portante il n. 975 degli affari contenziosi civili dell'anno 2024 promosso da ### S.P.A. in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv.to ### per mandato in calce al ricorso ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in ### via ### n. 76 parte ricorrente #### rappresentata e difesa dall'avv.to ### per mandato in calce alla memoria di costituzione ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in ### via del ### n. 59 parte resistente #### individuale per giusta causa ### per parte ricorrente: come in ricorso per parte resistente: come in memoria di costituzione ### ricorso depositato in data ### la società ### S.p.A. (di seguito per brevità anche solo ### conveniva in giudizio ### propria dipendente addetta allo stabilimento di ### dal 17/10/2016, per sentir dichiarare la legittimità del licenziamento disciplinare per giusta causa intimatole con missiva datata 1/07/2024 e dalla stessa impugnato stragiudizialmente con pec del 17/07/2024.
R.G.L. n. 975/2024 A sostegno della domanda giustificava l'applicazione della massima sanzione disciplinare adducendo che la dipendente, vittima di un infortunio al dito indice della mano destra mentre era impegnata nello svolgimento delle proprie mansioni, avrebbe simulato l'infermità o, comunque, pregiudicato o ritardato la guarigione e il rientro in servizio, in violazione dei principi di correttezza e buona fede con conseguente venir meno del vincolo fiduciario.
Richiamava all'uopo la relazione dell'agenzia di investigazione privata, alla quale si era rivolta per accertare le effettive condizioni di salute della dipendente, in quanto insospettita dall'eccessiva estensione della prognosi iniziale, dalle cui indagini era emerso che, almeno a partire dal 04/06/2024, la convenuta, piuttosto che dedicarsi al pieno recupero delle sue energie psico-fisiche, aveva svolto una serie di attività della vita quotidiana indicative di uno stato di perfetta efficienza fisica e in ogni caso incompatibili con il riferito stato morboso.
Ritualmente instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio la lavoratrice, la quale preliminarmente - denunciata l'inutilizzabilità in giudizio delle investigazioni difensive svolte - contestava la sussistenza dei fatti posti a base del licenziamento, nonché l'applicabilità di tale sanzione al caso di specie ai sensi del ### di riferimento, oltre che la sua sproporzionalità rispetto alla condotta contestata.
In via riconvenzionale chiedeva dichiararsi l'illegittimità del licenziamento intimatole per insussistenza del fatto materiale e comunque in quanto non sorretto da giusta causa o da giustificato motivo soggettivo, invocando la tutela reale prevista dall'art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 23/2015 ovvero, in via subordinata, la tutela obbligatoria di cui al precedente comma 1.
La causa veniva istruita con l'escussione dei testi indotti dalle parti, delegata al Tribunale di ### con ordinanza del 18/12/2024, e con consulenza medico - legale affidata al dott. ### indi all'udienza del 24/10/2025 i procuratori delle parti discutevano la causa, che, sulle conclusioni di cui ai rispettivi atti defensionali, è stata decisa come da separato dispositivo. MOTIVI DELLA DECISIONE R.G.L. n. 975/2024 1. Stante la contestazione dalla resistente sulla relativa utilizzabilità, deve preliminarmente reputarsi legittimo il ricorso da parte della società ricorrente alle indagini investigative affidate all'agenzia ### allo scopo di verificare l'attendibilità della certificazione medica attestante lo stato di malattia della lavoratrice e il suo perdurare nell'arco di tempo ivi indicato. 1.1. Con riferimento alla possibilità di svolgere tali indagini giova richiamare l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui “la disposizione dell'art. 2 dello St. dei lavoratori, nel limitare la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a tutela del patrimonio aziendale, non precludono a quest'ultimo di ricorrere ad agenzie investigative, purché queste non sconfinino nella vigilanza dell'attività lavorativa vera e propria riservata dall'art. 3 dello St. direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori e giustificano l'intervento in questione non solo per l'avvenuta prospettazione di illeciti e per l'esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione (cfr. Cass. 14.2.2011 n. 3590); inoltre, il suddetto intervento deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero adempimento dell'obbligazione (Cass. 7.6.2003 n. 9167). Le garanzie degli artt. 2 e 3, citati operano, infatti, esclusivamente con riferimento all'esecuzione della attività lavorativa in senso stretto, non estendendosi, invece, agli eventuali comportamenti illeciti commessi dal lavoratore in occasione dello svolgimento della prestazione che possono essere liberamente accertati dal personale di vigilanza o da terzi” (cfr. fra le altre, sentenza n. 8373/2018). 1.2. La Suprema Corte ha, altresì, precisato che “In tema di licenziamento per giusta causa, le disposizioni dell'art. 5 st. lav., che vietano al datore di lavoro di svolgere accertamenti sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e lo autorizzano a effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non precludono al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato d'incapacità lavorativa R.G.L. n. 975/2024 rilevante e, quindi, a giustificare l'assenza” (Cass. civ. n. 11697/2020; in senso conforme Cass. civ. n. 25162/2014). 1.3. Occorre cionondimeno ricordare che la giurisprudenza individua presupposti e limiti di tali controlli, affermando che essi sono leciti purché l'attività di accertamento si svolga “mediante modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti” “e, in ogni caso, sempre secondo i canoni generali della correttezza e buona fede contrattuale” (cfr., tra le altre, Cass. civ. n. 20879/2018) e sempre che “sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore” (cfr. Cass. civ. n. ###/2021; Cass. civ. 25732/2021). 2. Orbene, ritiene questo Tribunale che, nel caso di specie, siffatto bilanciamento sia stato correttamente operato, atteso che le indagini affidate dalla ### sono state condotte dallo ### con modalità tali da non pregiudicare le garanzie di libertà e dignità della dipendente, di talché può darsi ingresso nel presente giudizio alla relazione investigativa versata in atti e ritenersi utilizzabili le riproduzioni fotografiche alla stessa allegate. 2.1. Con particolare riguardo alle verifiche condotte dagli investigatori il giorno 4/06/2024, allorché la ### si trovava nella corte di pertinenza della sua privata abitazione, sebbene l'istruttoria abbia consentito di acclarare che nell'estate del 2023 sia stato apposto un telo verde a copertura di tutta la recinzione dell'abitazione della lavoratrice (teste ### collega della resistente: “io insieme al collega ### nel 2023 ho installato una rete verde con le fascette, torno torno, per impedire alle persone che passano di vedere all'interno della terrazza”; teste ### amico della resistente: “Se non mi sbaglio l'intero perimetro dei due terrazzi è coperto da un telo verde, verde sbiadito, apposto sulla cancellata, quando entri si vede che va dal muro fino a girare intorno (…) Che io ricordi i teli sono stati messi nel 2023”; teste ### “Le inferriate le abbiamo chiuse con un telo, io e ### estate R.G.L. n. 975/2024 2023, inizio estate 2023”), dall'esame delle fotografie a corredo della relazione investigativa (doc. 10 in atti di parte ricorrente) si intravede la presenza sul telo di squarci e aperture, che lasciavano scoperte alcune parti della recinzione (si veda in particolare il fotogramma di pag. 4), condizione, peraltro, confermata dagli investigatori durante l'esame testimoniale, sulla cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, stante la loro estraneità ai fatti di causa, e in ogni caso compatibile con la circostanza che le indagini difensive sono state effettuale a distanza di quasi un anno dalla sua messa in posa. 2.2. Meritano d'essere di seguito riportare le dichiarazioni rese dai medesimi sul profilo in esame: teste ### “In quella occasione ci troviamo la ### faccia e faccia, lei era all'interno della terrazza che ha un muretto di mezzo metro circa ed una inferriata nella parte superiore, parzialmente coperta da una rete di colore verde simile a quelle usate per coprire alberi o piante, trasparente, e in quella occasione facevo della foto alla ### da diverse aperture (…) ### fotografie sono state fatte da diverse angolazioni, da più punti aperti, da luogo aperto al pubblico ad una persona di proprietà privata visibile dall'esterno (…) Le foto sono state prese da diverse aperture dove la rete non era presente. La rete non copriva per intero la cancellata, oltre ad essere trasparente. Le aperture erano grandi, erano preesistenti al nostro passaggio ed erano visibili al nostro passaggio. Non abbiamo assolutamente toccato la recinzione o lo stato dei luoghi”; teste ### “In data 04 giugno 2024 (…) mentre perlustravamo per capire dove questa abitasse concretamente abbiamo visto la ### uscire su di un terrazzino, una terrazza. La abbiamo vista dall'esterno attraverso dei fori che c'erano nel telo verde, quello che si usa per le piante, che circondava una parte non tutto il terrazzino perché c'erano degli spazi da dove si vedeva, ampi spazi e attraverso questi ampi spazi che non ricordo esattamente dove erano posizionati né quanto erano esattamente ampi ma erano ampi ed erano diversi e attraverso i quali sia io che il collega abbiamo fatto delle foto della ### (…) Le foto sono state prese da più punti (…) Il telo era comunque trasparente, non occludeva la visuale R.G.L. n. 975/2024 all'interno si vedeva, da qualsiasi angolazione. Noi non abbiamo toccato nulla né modificato lo stato dei luoghi in alcun modo”. 3. ### canto, emerge dalle dichiarazioni dei colleghi di lavoro della ### che la copertura è stata realizzata utilizzando più teli (teste ### “Io ho messo dappertutto la stessa rete, quando finiva il rotolo ho iniziato un altro pezzo di rete”; teste ### “Se non mi sbaglio in certe parti il colore del telo era più scuro, vado a memoria. Non c'erano spazi anche piccoli non coperti dal telo”; teste ### “### rotoli, e quando terminavano iniziavamo con un altro rotolo. In alcuni punti i teli erano sovrapposti, non ricordo se dappertutto”) e che per unire le varie sezioni sono state utilizzate delle fascette (teste ### “### usato un telo comprato dalla ### eravamo andati a prendere il caffè e ci siamo ritrovati a mettere il telo, erano dei rotoli verdi dello stesso colore, che abbiamo fissato con delle fascette”), di guisa che appare assai verosimile che nel lasso di tempo di un anno si siano formate delle aperture in corrispondenza dei punti di congiunzione. 3.1. Quand'anche si ritenesse che gli squarci nella copertura siano stati causati da terzi e non dal cedimento per effetto delle intemperie e della usura del materiale, non vi è evidenza alcuna che tali manomissioni siano riconducibili all'opera degli investigatori, non essendo emersa dall'istruttoria orale prova in tal senso (teste ### “Ovviamente io non so nulla su chi abbia manomesso la rete e perchè. Che ne so”; teste ### “Ovviamente nulla so su come e perché si sia creato quello spazio; in quel tratto si vedeva come se la graffetta non ci fosse più”; teste ### “Non so dire come questo buco fosse stato creato (…) Non ho idea di chi sia stato a fare il buco e perché”). 3.2. Dovendosi considerare accertata la circostanza che, alla data dell'accesso degli investigatori, la recinzione dell'abitazione privata della convenuta fosse solo in parte protetta da copertura, deve concludersi che il cortile di pertinenza della abitazione della lavoratrice fosse visibile dall'esterno, il che esclude che le fotografie siano state acquisite in violazione delle norme in materia di privacy.
R.G.L. n. 975/2024 In ogni caso si rammenta che “In materia di controlli del lavoratore, non può prescindersi dal bilanciamento tra il diritto di difesa del datore e quello di tutela della riservatezza del dipendente. Non è vietata la produzione in giudizio di documenti formati in violazione del codice della privacy, non estendendosi l'istituto processualpenalistico della inutilizzabilità anche al processo civile, fatto comunque salvo il rispetto dei principi di proporzionalità ed adeguatezza” (Cass. civ. ###/2021) e che “La produzione in giudizio di documenti contenenti dati personali è consentita purché sia strumentale all'esercizio del diritto di difesa, la cui esplicazione non è limitata alla sede processuale ma si estende anche alla precostituzione di prove utilizzabili nel processo, quali che siano le modalità con cui sono stati acquisiti, stante la prevalenza del diritto di difesa, sempre ché sia esercitato nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza previsti dagli artt. 4 e 11 del d.lgs. n. 196 del 2003” (ex multis Cass. civ. n. 29829/2024). 4. Quanto alle verifiche condotte dagli investigatori il giorno 5/06/2024, allorquando la ### si trovava presso la palestra ### & ### di ### non si ritiene del pari sussistere un'ipotesi di violazione delle norme in materia di privacy.
Ed invero, lo stesso teste indotto da parte resistente, ### personal trainer presso il centro, ha riferito che “### palestra possono accedere gli iscritti, ma anche chi chiede di poter visionare per iscriversi”. 4.1. La palestra è dunque luogo aperto al pubblico e, sebbene il citato testimone abbia riferito che la seduta di allenamento oggetto della relazione investigativa si era svolta in una sala non visibile dall'esterno (“Io fino all'anno scorso lavoravo in una sala dove bisognava bussare, e qui si è svolta l'ultima seduta della ### che ho descritto dopo l'infortunio (…) ### della stanza non è visibile dall'esterno, i vetri sono oscurati, e la porta la lascio sempre chiusa”), la riferita circostanza per la quale occorreva bussare lascia intendere che chiunque ne avesse fatto richiesta avrebbe potuto accedervi.
È quanto, peraltro, confermato dal teste ### il quale ha testualmente riferito: “entrato nella palestra ero accolto da una signora bionda che si presentava come R.G.L. n. 975/2024 proprietaria della palestra, e di cui non ricordo il nome, e che mi fece visitare la palestra arrivando ad una stanza dove mi veniva riferito essere la sala dei personal trainer, ed all'interno abbiamo trovato la ### in compagnia di un uomo a fare delle ripetizioni di piegamenti sulle gambe (…) il tutto per pochissimi minuti, il tempo che la signora ha aperto. Le immagini che sono nel report sono state prese da uno specchio che c'era, ma quando sono entrato ho visto direttamente i due Io sono anche entrato nella sala, all'ingresso della sala. Io ho chiesto alla signora che mi ha accolto anzi è stata la signora che mi ha accolto ad invitarmi a visitare la palestra.
La porta della stanza è stata aperta dalla signora, come tutti gli altri ambienti”. 4.2. Conseguentemente nemmeno l'attività investigativa svolta all'interno dei citati locali ha travalicato i limiti dettati per lo svolgimento delle attività difensive delegate dalla datrice di lavoro. 5. Quanto, infine, alla utilizzabilità in giudizio dei fotogrammi che corredano la relazione investigativa, si osserva come non vi sia stato da parte convenuta idoneo disconoscimento ai sensi dell'art. 2712 Oltre che formulato in modo del tutto irrituale e generico, il disconoscimento operato dalla lavoratrice, fondandosi esclusivamente sulla mancanza di data certa, non è idoneo, alla stregua della menzionata disposizione, a contestare la conformità della riproduzione fotografica al fatto rappresentato, ciò alla luce del principio espresso dalla Suprema Corte, secondo il quale "il disconoscimento delle riproduzioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c., che fa perdere alle stesse la loro qualità di prova, pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all'art. 214 c.p.c., deve, tuttavia, essere chiaro, circostanziato ed esplicito (dovendo concretizzarsi nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta) e - al fine di non alterare l'iter procedimentale in base al quale il legislatore ha inteso cadenzare il processo in riferimento al contraddittorio -deve essere tempestivo e cioè avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla rituale acquisizione delle suddette riproduzioni, dovendo per ciò intendersi la prima udienza o la prima risposta successiva al momento in cui la parte onerata del disconoscimento sia stata posta in condizione, R.G.L. n. 975/2024 avuto riguardo alla particolare natura dell'oggetto prodotto, di rendersi immediatamente conto del contenuto della riproduzione” (cfr. Cass. n. 18507/2016; in termini Cass. civ. n. 9526/2010; Cass. civ. n. 2117/2011). 5.1. ### canto, la data e l'ora delle riproduzioni fotografiche di cui si discute sono elementi facilmente ricavabili dalla sequenza in cui i citati fotogrammi sono collocati, in uno alla deposizione degli investigatori che ebbero ad effettuare le indagini per conto del datore di lavoro. 6. Tanto sopra in limine precisato e venendo al merito della questione, giova prendere le mosse dalla contestazione disciplinare inviata dalla ### con lettera raccomandata del 19/06/2024 (doc. 1 in atti di parte resistente), a mente della quale la datrice di lavoro ha imputato alla lavoratrice una serie di “azioni della vita quotidiana indicative di uno stato di perfetta efficienza fisica, il che ci induce a ritenere simulati, ovvero enfatizzati al cospetto del medico certificatore, gli effetti dell'infortunio subito”. ### la società ricorrente trattasi, infatti, di “attività che richiedono un costante e rilevante impegno fisico e la sollecitazione continua del dito infortunato”. 6.1. In dettaglio la ### ha contestato alla lavoratrice: - di essersi dedicata, dalle ore 09:05 del 4/06/2024 e per circa mezz'ora, alla pulizia della terrazza della sua abitazione; - di essersi recata, alle 15:50 dello stesso giorno, presso la sede ### alla guida della ### 500 con cambio manuale, uscendo dopo circa 5 minuti con una busta contenente documenti e, poi, presso un bar sito al centro della città di ### dove ha incontrato alcuni suoi conoscenti coi quali si è intrattenuta per circa 40 minuti, consumando una bevanda; - di essersi recata presso un gommista a bordo della sua autovettura, il giorno 5/06/2024 alle ore 10:27 circa, e di essersi poi diretta a piedi presso la palestra, dove è entrata alle 10:55 circa e, con un personal trainer, ha sollevato bilancieri con entrambe le mani; R.G.L. n. 975/2024 - di essersi recata nella stessa giornata a ritirare dal gommista l'autovettura e successivamente presso un ### e, infine, presso una gelateria dove ha consumato un gelato, per poi di nuovo al bar del giorno precedente; - di essersi recata in un bar insieme alla figlia, il giorno 6/06/2024 alle ore 09:10 circa, e di aver successivamente accompagnato anche altri bambini in una abitazione privata in città; - di essersi andata alle ore 10:24 circa del 12/06/2024 presso una cartoleria nel centro di ### dove ha acquistato oggetti riposti in una busta tenuta con la mano destra. 6.2. A parere della società ricorrente, si tratta di attività che denotano condizioni di piena efficienza fisica in contrasto con lo stato di salute risultante dai certificati medici e che, anche ove questo non risultasse simulato, avrebbero compromesso o comunque ritardato la guarigione e quindi la sollecita ripresa dell'attività lavorativa, con “grave e reiterata violazione delle obbligazioni legali e contrattuali derivanti dal Suo rapporto di lavoro alle nostre dipendenze, tale da incidere negativamente sul vincolo fiduciario ad esso sotteso”, comportamento che, secondo la prospettazione datoriale, giustifica la disposta sospensione cautelare non disciplinare dal lavoro per la durata del relativo procedimento, ai sensi dell'art. 11, sez. IV, titolo ### del ### di riferimento, e il successivo recesso. 7. La condotta addebitata alla lavoratrice non è dunque l'aver svolto le attività sopra elencate - circostanza che, come detto, la dipendente non ha contestato se non in termini di inutilizzabilità della prova per le modalità con cui è stata formata - bensì l'aver compiuto, eseguendo “lavori di pulizia di pavimenti, guida di autovetture, ginnastica con sollevamento di bilancieri e relativi pesi con entrambe le mani, uso del cellulare con impiego continuativo del dito indice della mano destra, consultazione di documenti cartacei, trasporto di oggetti quali borse, buste e altro” e recandosi “inoltre, in vari esercizi commerciali, dove ha fatto acquisti o provato capi di abbigliamento, ha consumato cibi presso ristoranti e ber, il tutto sempre utilizzando costantemente la mano destra e il dito infortunato, senza impedimenti o limitazioni di alcun genere”, attività non compatibili con lo stato di R.G.L. n. 975/2024 inabilità al servizio o che addirittura ne comproverebbero la simulazione o, comunque, idonee a compromettere o ritardare la guarigione e il rientro in servizio. 7.1. Ciò posto, giova premettere che non sussiste nel nostro ordinamento un divieto generale di svolgimento di altra attività - anche a favore di terzi - da parte del lavoratore assente per malattia; pertanto, il datore di lavoro che per tale ragione irroghi il licenziamento è onerato di provare sia l'effettivo svolgimento di altra attività da parte del dipendente, sia la simulazione dello stato di malattia oppure che la diversa attività espletata fosse potenzialmente idonea a pregiudicare, anche in termini di mero ritardo, il rientro in servizio (cfr. Cass. n. 13063/2022).
La Suprema Corte ha precisato che il compimento di altra attività da parte del lavoratore assente per malattia non può essere ritenuta a priori “disciplinarmente irrilevante”, ma può giustificare anche la sanzione del licenziamento, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, sia nell'ipotesi in cui la diversa attività sia di per sé sufficiente a far presumere l'inesistenza della infermità addotta a giustificazione dell'assenza, dimostrando una sua fraudolenta simulazione, sia quando l'attività stessa, valutata in relazione alla natura e alle caratteristiche della patologia denunciata ed alle mansioni svolte, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche solo potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio del dipendente, dovendo essere salvaguardato “l'interesse creditorio del datore di lavoro all'effettiva esecuzione della prestazione dovuta”. 7.2. La valutazione del giudice di merito in ordine all'incidenza sulla guarigione dell'altra attività accertata è dunque di tipo prognostico riguardo l'idoneità della condotta contestata, che costituisce indice di scarsa attenzione del lavoratore per la propria salute e per i relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, a pregiudicare, anche solo potenzialmente, il rientro in servizio del dipendente.
R.G.L. n. 975/2024 7.3. Alla luce dei principi sopra richiamati, la Corte di legittimità ha affermato che “in materia di licenziamento, l'art. 5 della l. n. 604 del 1966 detta la regola generale in base alla quale: “l'onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro (…) Ne discende coerentemente che (….) non può limitarsi a fornire la prova che il lavoratore abbia svolto in costanza di malattia altra attività (…) ma deve anche provare che la malattia era simulata ovvero che la diversa attività posta in essere dal dipendente fosse potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio” ( civ. n. 13063 cit.). 7.4. ### menzionata pronuncia la Corte prosegue precisando che “A tal fine il datore potrà avvalersi di ogni mezzo di prova utilizzabile in giudizio per l'accertamento dei fatti, anche sollecitando il giudice ad esperire una consulenza tecnica d'ufficio ovvero ad attivare poteri officiosi ex art. 421 c.p.c.
Simmetricamente il giudice sarà chiamato a ricostruire i fatti con accurata indagine probatoria onde esprimere all'esito il proprio convincimento su come si sia svolta la vicenda concreta, osservando anche in tale caso il criterio per cui costituisce carattere tipico del rito del lavoro il contemperamento del principio dispositivo con le esigenze della ricerca della verità materiale, di guisa che, allorquando le risultanze di causa offrano significativi dati di indagine, il giudice, ove reputi insufficienti le prove già acquisite, non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale di giudizio fondata sull'onere della prova, ma ha il potere-dovere di provvedere d'ufficio agli atti istruttori sollecitati da tale materiale ed idonei a superare l'incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o di decadenze in danno delle parti (cfr. Cass. SS.UU. n. 11353 del 2004); sicché solo nel caso residuale in cui perduri una non superabile incertezza probatoria, opererà la regola dell'art. 2697 c.c. (per un'applicazione del principio, di recente, Cass. n. 3822 del 2019). In particolare, occorrerà valutare modalità, tempi e luoghi della diversa attività svolta dal dipendente in costanza di malattia, attribuendo rilievo, anche ai fini dell'elemento soggettivo, alla circostanza che si tratti di attività ricreativa o ludica R.G.L. n. 975/2024 ovvero prestata a favore di terzi; occorrerà poi esaminare le caratteristiche della patologia diagnosticata per certificare l'assenza per malattia; infine, occorrerà verificare se da tali elementi, eventualmente con l'ausilio peritale, scaturisca la prova che la malattia fosse fittizia ovvero che la condotta tenuta dal lavoratore fosse potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro al lavoro”. 8. Orbene nel caso di specie, in primo luogo, non vi sono elementi per affermare, in difetto di una prova in tal senso che era onere della società offrire, che il tipo di attività svolta dalla lavoratrice sia di per sé sufficiente a dimostrare la fraudolenta simulazione della infermità addotta, anche in termini di enfatizzazione degli esiti dell'infortunio sul lavoro. 8.1. Innanzitutto, l'effettiva esistenza della malattia risulta certificata dai sanitari di strutture pubbliche (### dell'### di ### e ###.
A tal riguardo vale la pena richiamare la giurisprudenza di legittimità secondo la quale “il certificato redatto da un medico convenzionato con l'### per il controllo della sussistenza delle malattie del lavoratore, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 300 del 1970, è atto pubblico che fa fede, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l'ha formato nonché dei fatti che il pubblico ufficiale medesimo attesta aver compiuto o essere avvenuti in sua presenza" ( civ. n. 5000/99; in senso conforme Cass. civ. n. 10569/2001). Principio già affermato in via generale e secondo il quale “I certificati medici rilasciati da pubblici ufficiali fanno fede, fino a querela di falso, limitatamente ai fatti che il sanitario rogante attesta essere avvenuti alla sua presenza o essere stati da lui compiuti, mentre, per quanto riguarda la diagnosi, essi costituiscono elementi di convincimento liberamente apprezzabili dal giudice del merito, il quale può accogliere o rigettare un'istanza di ammissione di consulenza tecnica d'ufficio sulle valutazioni mediche, senza che il relativo provvedimento possa essere censurato in sede di legittimità” (Cass. civ. n. 8536/2023).
Restano, invece, non coperte da fede privilegiata le valutazioni, le diagnosi o, comunque, le manifestazioni di scienza o di opinione in essa espresse (Cass. civ. 27288/2022) e dunque “tale fede privilegiata non si estende anche ai giudizi R.G.L. n. 975/2024 valutativi che il sanitario ha” in occasione del controllo “espresso in ordine allo stato di malattia e all'impossibilità temporanea della prestazione lavorativa” ( civ. n. 6045/2000). 8.2. ### vicenda in esame, il consulente tecnico d'ufficio ha confermato la diagnosi riportata nei certificati medici versati in atti ed ha affermato che il prolungamento dello stato di malattia è da ritenersi giustificato a fronte degli esiti delle visite di controllo eseguite dalla resistente, che hanno accertato complicanze quali la sindrome compressiva, la persistenza di tumefazione del dito infortunato con limitazione articolare delle interfalangee e la tenopatia del flessore, di talché risulta altresì provata l'impossibilità temporanea della prestazione lavorativa e giustificata la conseguente assenza da lavoro per oltre due mesi (v. pag. 43 della relazione peritale: “la prognosi di inabilità temporanea assoluta al lavoro è stata certificata dal medico dell'### di ### sulla base di un quadro clinico-obiettivo rappresentato dalla tumefazione del 2° dito della mano destra con limitazione articolare delle interfalangee”).
Il consulente tecnico d'ufficio ha poi precisato che “all'epoca degli accertamenti investigativi la sig.a ### non aveva ancora raggiunto la guarigione clinica con il pieno recupero funzionale del 2° dito della mano destra accertato poi in occasione della visita eseguita presso la sede ### di ### il ###. Il trauma da schiacciamento del 2° dito della mano destra ha avuto un decorso clinico ed una evoluzione prolungata rispetto alla media come si può desumere anche dalla richiesta dell'### di un controllo radiografico eseguito il ### e anche dall'esito della visita ortopedica del 06.06.24 del Dr. Cotticelli che accerta una sindrome compressiva al 2° dito della mano destra con tenopatia del flessore, prescrive terapia antiinfiammatoria e steroidea per 8 giorni, con prognosi di giorni venti. La tenopatia del flessore del 2° dito della mano destra accertata dal Dr.
Cotticelli è riconducibile del tutto verosimilmente e, con criterio di elevata probabilità, alle conseguenze dell'evento traumatico del 16.04.24 e ha poi trovato conferma dall'esame ecografico eseguito il ###”.
R.G.L. n. 975/2024 ### ha dunque escluso che vi sia stata da parte della ### una c.d. “pretestazione”, ovverosia la simulazione o l'esasperazione di sintomi o l'attribuzione di essi a cause false al fine di ottenere un vantaggio, “in quanto non risultano alterazioni delle lesioni nella loro entità o nell'attribuzione delle stesse a cause diverse da quelle reali” (v. pag. 43 della relazione peritale), e ha specificato che “non risulta che il medico dell'### abbia prolungato la malattia solo sulla base di una “sintomatologia riferita” bensì tenendo conto del quadro clinico obiettivato”, evidenziando che “### film fluido lungo la guaina del tendine flessore del II raggio segnalato dall'esame RM eseguito il ### è ampiamente compatibile con la tenosinovite del tendine flessore accertata dall'esame ecografico eseguito il ###, riconducibile, secondo il criterio del “più probabile che non”, alle conseguenze dell'evento traumatico del 16.04.24”. 8.3. ### espletata ha vieppiù consentito di stabilire che le mansioni di conduttore svolte dalla ### presso la ### così come risultano dagli atti e dallo studio ergonomico condotto dalla ditta per l'identificazione del rischio da sovraccarico biomeccanico del rachide in attività di movimentazione manuale e trasporto di carichi, fossero incompatibili con la limitazione funzionale a carico del 2° dito della mano destra accertata in occasione delle visite eseguite all'### di ### 9. Acclarata dunque l'efficienza lesiva dell'evento traumatico del 16/04/2024 e l'effettività dello stato morboso che ha determinato l'inidoneità al lavoro della resistente e delle complicanze che hanno giustificato la sua assenza da lavoro per oltre due mesi, occorre verificare la compatibilità con tale stato morboso delle attività descritte nell'indagine investigativa commissionata dalla ### Sul punto il consulente tecnico d'ufficio ha concluso che, se è vero che le mansioni di conduttore svolte dalla dipendente ### sono incompatibili con la limitazione funzionale a carico del dito della mano destra accertata in occasione delle visite eseguite all'### di ### “tali mansioni non possono essere considerate sovrapponibili alle attività della vita quotidiana documentate nel rapporto investigativo”, le quali, secondo il medico legale, non sono inconciliabili R.G.L. n. 975/2024 con il quadro clinico obiettivato a carico del 2° dito della mano destra (v. pag. 36 dell'elaborato tecnico: “### disamina di questi elementi emerge che le attività evidenziate durante l'attività investigativa, svolte dalla sig.a ### nelle date del 04.06.24, 05.06.24, 06.06.24 e 12.06.24 (lavoro di pulizia dei pavimenti, guida dell'automobile, utilizzo del telefono cellulare, apertura di una busta ed esame di documenti, consumo di bevande e del gelato, esecuzione di ginnastica con utilizzo di pesi, acquisto di oggetti), risultano atti della vita quotidiana non incompatibili con il quadro clinico obiettivato a carico del 2° dito della mano destra in occasione delle visite eseguite presso la sede ###data ### e 07.06.24 ove era descritta una tumefazione del dito (ancorchè lieve) con limitazione articolare dell'interfalangea prossimale e distale”). 9.1. In particolare, quanto alla condotta accertata in data ###, allorché la ### si trovava presso la palestra “### & Fitness”, il CTU ha ritenuto che il sollevamento da parte della resistente di due attrezzi del peso di quattro chili collocati a terra, effettuato “con una sola ripetizione” e “con piegamento sulle ginocchia”, non è risultato dannoso e controindicato e tale da poter aggravare la condizione patologica del dito, “anche in considerazione del fatto che si è trattato di un unico evento, di verosimile breve durata”.
A tal riguardo, si rileva come la circostanza che nel periodo preso in considerazione la ### si sia recata in palestra solo in quella occasione (il ###) e a distanza di 50 giorni dall'infortunio - da cui l'occasionalità dell'evento - risulta provata alla luce delle risultanze dell'istruttoria orale, che hanno peraltro confermato il motivo addotto dalla resistente a giustificazione della sua presenza presso il centro fitness, ovverosia la necessità di svolgere, con l'ausilio di un personal trainer, esercizi funzionali al miglioramento del drenaggio, essendo la lavoratrice affetta da problemi di insufficienza circolatoria superficiale agli arti inferiori.
Militano in tal senso le testimonianze assunte in merito all'attività svolta dalla lavoratrice presso la palestra ### & ### di ### che di seguito si riportano: R.G.L. n. 975/2024 - ### biologo nutrizionista: “### è mia paziente da un paio di anni (…) ha svolto una serie di esercizi funzionali a risolvere una condizione di lipedema di stadio due grazie alla attività anaerobica svolta con il preparatore atletico ### Questo un anno e mezzo fa, un anno abbondante or sono; io ho consigliato (…) questi esercizi per la condizione in cui si trovava la ### Non c'è una tempistica sicura di risoluzione del problema, gli esercizi vanno fatti almeno per un semestre (…) Il lipedema è una localizzazione di grasso sulle gambe localizzato sulla fascia anteriore del quadricipite, che la ### aveva su entrambe le gambe, e lo stadio due è abbastanza serio come condizione, con possibili conseguenze a lungo termine con rischi vasculopatici”; - ### personal trainer della struttura sportiva: “### che fine 2023, inizi 2024 ### è venuta nella palestra su indicazione di un nutrizionista con il quale collaboro, perché aveva una problematica di lipidemia alle gambe. Doveva fare degli esercizi per il drenaggio, per togliere la infiammazione alle gambe secondo le indicazioni del nutrizionista”. Il teste ha chiarito che: “Gli esercizi prevedevano l'uso di attrezzature funzionali, tra cui pesi, anche con #### Si tratta di attrezzature che coinvolgono tutto il corpo, e che comportano l'impugnatura di entrambi o uno degli arti superiori alla volta”. Il personal trainer ha poi precisato che “### non necessariamente impone l'utilizzo di tutte e cinque le dita della mano, perché la forza dell'impugnatura viene dall'avambraccio; in pratica per l'uso di questi strumenti si stringe con la mano, e si fa uso delle dita, e si possono coinvolgere nella stretta anche solo alcune delle dita, in base alla forza della presa e del peso da stringere (...) ### utilizzava prima pesi di dieci, dodici chilogrammi”. ### ha riferito che “poi ebbe un infortunio, e per circa due mesi non si è vista. Quindi è tornata, e di fatto è venuta solo un giorno, in cui abbiamo lavorato solo per le gambe; alla fine della seduta io feci impugnare alla ### dei kettelbell per vedere se riusciva nell'impugnatura, se non aveva perso la forza e se aveva ancora problemi alla mano, e la ### fece solo questa prova, che si è tradotta in una sola ripetizione, consistente in un singolo sollevamento dei due attrezzi che erano collocati a terra, con piegamento sulle R.G.L. n. 975/2024 ginocchia e appunto presa e sollevamento dei due pesi, sollevandosi sulla gambe e ovviamente tendo la presa dei pesi che erano di quattro chili; non ricordo se la ### riuscì, se ha sentito dolore, ma sono certo che si è trattato solo di questa singola occasione, perché poi abbiamo smesso, e perché poi la ### non è più venuta (…) ### che la ### veniva in palestra, poi è sparita, dopo circa due mesi è tornata per un solo giorno in cui è successo quello che ho descritto. Questo ultimo giorno la ### non ha utilizzato bilancieri”. 9.2. Non è idonea a scalfire il tenore delle suddette dichiarazioni la deposizione del teste ### il quale non è stato nemmeno in grado di chiarire la natura dell'attrezzo (“all'interno abbiamo trovato la ### in compagnia di un uomo a fare delle ripetizioni di piegamenti sulle gambe con in mano due pesi, due bilancieri, non so come definirli, di dieci chili ciascuno e che impugnava ben stretti anche con il dito indice della mano destra. Io ho avuto modo di vedere la ### con i bilancieri o non so come meglio definirli, in mano che faceva piegamenti sulle gambe, le braccia erano ferme verso il basso, ed ha fatto diverse ripetizioni, non le ho contate, il tutto per pochissimi minuti, il tempo che la signora ha aperto”); né soccorre l'esame delle fotografie contenute nella relazione investigativa, stante la scarsa risoluzione dei fotogrammi.
In ogni caso, che l'attività svolta in palestra dalla convenuta non abbia aggravato la funzionalità del dito infortunato emerge dalla documentazione in atti, posto che la visita ortopedica effettuata dott. ### il giorno successivo (06/06/2024; cfr. doc. 18 in atti di parte resistente) non ha riscontrato aggravamenti e che il ### è stato disposto il prolungamento della prognosi da parte dell'### 9.3. Né convince sul punto la tesi attorea secondo cui la certificazione emessa il ### dal dott. ### prodotta dalla lavoratrice con l'evidente intento di dimostrare la persistenza degli esiti dell'infortunio nel periodo di osservazione, dimostrerebbe in realtà che a tale data la patologia fosse in fase acuta, stante la certificazione di una condizione medica differente rispetto alle precedenti R.G.L. n. 975/2024 certificazioni mediche e la mancanza di qualsiasi indicazione terapeutica relativa a una patologia in fase acuta.
In senso contrario vale la pena osservare che in documento riporta la diagnosi ("S.compressiva del II dito mano destra con tenopatia del flessore) senza descrizione di esame obiettivo riguardante la funzionalità del dito e/o la persistenza di tumefazione, che vengono poi invece descritte sul certificato del dott. ### della sede ### di ### il giorno successivo.
La diagnosi è poi riconducibile, secondo il criterio del "più probabile che non", alle conseguenze dell'infortunio del 16/04/2024 in quanto non riporta alcun riferimento ad altre possibili concause, quali sforzi fisici correlati all'attività in palestra (sollevamento pesi) del 05/05/2024 di cui non è nota peraltro, con certezza, la dinamica, la durata e soprattutto l'intensità (criterio dell'efficienza lesiva).
Si aggiunga che in assenza di descrizione di una obiettività a carico del 2° dito della mano destra sul certificato del dott. ### non è possibile affermare che vi sia stato un aggravamento del quadro clinico rispetto a quanto certificato in data presso l'### di ### in cui viene descritta la limitazione funzionale dell'articolazione interfalangea prossimale e distale del 2° dito, ma si può parlare di permanenza della patologia post traumatica certificata il giorno successivo dal medico dell'### di ### 9.4. ### ha, inoltre, giudicato totalmente compatibili con lo stato morboso le altre attività svolte dalla ### e oggetto di addebito, quali la conduzione di automobile, la pulizia della propria abitazione, l'uso del cellulare, la consultazione di documenti cartacei leggeri, il trasporto della borsa o di buste, escludendone l'idoneità ad incidere sulla guarigione alla luce della documentazione medica presa in esame e avuto riguardo alla specifica attività lavorativa manuale svolta dalla dipendente.
Questo tipo di attività, svolte a distanza di un lungo tempo dall'inizio della malattia e in prossimità del termine della prognosi (il periodo di osservazione da parte della agenzia investigativa è iniziato circa 50 giorni dopo l'infortunio ed è R.G.L. n. 975/2024 terminato nove giorni prima della cessazione dell'inabilità lavorativa secondo la valutazione dei ### dell'### allorché il percorso di miglioramento era in stato avanzato) non risultano incompatibili con lo stato di malattia, da dirsi simulata come postulato nella contestazione, e sicuramente non hanno ritardato la guarigione.
Ed invero trattasi di attività prive di attitudine usurante, tale sarebbe stata un'attività implicante uno sforzo fisico significativo e continuativo, dalla quale avrebbe potuto desumersi l'insussistenza della patologia o una violazione dell'obbligo di diligenza della dipendente che deve astenersi dal compiere attività che possano pregiudicare lo stato di salute, ritardando, appunto, la guarigione. ### ha quindi concluso che “le attività rilevate durante le attività investigative, risultano sostanzialmente atti della vita quotidiana non in grado di sollecitare in modo abnorme il dito indice della mano destra, con valutazione ex ante non risulta dimostrato né è ipotizzabile che l'esecuzione di tali atti possa aver pregiudicato o ritardato il processo di guarigione” (pagg. 36 e 37 della relazione tecnica).
Non può nemmeno dirsi che tali attività siano comparabili a quella che caratterizza lo specifico impegno lavorativo della dipendente, come rilevato altresì nella consulenza tecnica in atti (“###à lavorativa operaia svolta dalla sig.a ### così come risulta in atti, richiede la piena funzionalità delle dita della mano che, come emerge dalla documentazione sanitaria visionata, per quanto riguarda l'indice destro, non era ancora stata raggiunta all'epoca degli accertamenti investigativi svolti, ancorchè fosse compatibile con lo svolgimento degli atti quotidiani della vita” pag. 37 della consulenza tecnica). 9.4. Né sono condivisibili le osservazioni formulate dal CTP di parte datoriale, secondo il quale il dott. ### non avrebbe osservato i corretti criteri medicolegali (come quello dell'efficienza lesiva) per la valutazione del nesso causale tra l'infortunio del 16/04/2024 e la malattia certificata dall'### ma si sarebbe limitato a considerarlo dimostrato dal riconoscimento da parte dell'Ente assicurativo del lungo periodo di convalescenza.
R.G.L. n. 975/2024 Come argomentato dall'ausiliario nel replicare al rilievo circa la modesta entità dello schiacciamento patito dalla ### la mancata caduta dell'unghia del dito in questione (non è indicativa di una scarsa efficienza lesiva dell'agente causale, ma) si spiega con il fatto che l'evento traumatico ha coinvolto prevalentemente l'articolazione interfalangea prossimale e non la falange distale, come emerge dall'esame obiettivo di cui al verbale di ### (pag. 42 della relazione tecnica: “il criterio dell'efficienza lesiva (che il ### definisce di modesta entità) risulta pienamente soddisfatto in quanto sul verbale di ### viene descritta una tumefazione dell'articolazione interfalangea prossimale del 2° dito della mano destra con limitazione funzionale ed escoriazioni; da tale obiettività emerge che l'evento traumatico ha coinvolto prevalentemente l'articolazione interfalangea prossimale e non la falange distale e questo può spiegare perché non si è verificata la caduta dell'unghia”).
Il consulente d'ufficio ha, inoltre, chiarito che, contrariamente a quanto affermato dal CTP della società ricorrente, “i segni obiettivi delle lesioni non erano rappresentati solo da escoriazioni ma anche dalla tumefazione dell'articolazione interfalangea prossimale del 2° dito della mano destra” (pag. 43 della relazione medico-legale).
Non possono nemmeno essere condivise le deduzioni del consulente di parte in ordine alla erronea conduzione del macchinario al quale l'istante era addetta ovvero in merito alla discrepanza tra l'entità della lesione e la durata della malattia.
Se il primo profilo, come correttamente rilevato dal ### non era oggetto di quesito, “né è significativa per quanto concerne l'efficienza lesiva del trauma”, sotto il secondo il dott. ### ne ha ravvisato la ragione nel quadro clinico obiettivato nel corso delle visite eseguite dalla lavoratrice, che hanno evidenziato una sindrome compressiva al 2° dito della mano destra con tenopatia del flessore (visita ortopedica del 06/06/2024 del dott. ### e la persistenza di tumefazione del 2° dito della mano destra con limitazione articolare delle interfalangee (visite presso la sede ### di ###, rimarcando che “### film R.G.L. n. 975/2024 fluido lungo la guaina del tendine flessore del II raggio segnalato dall'esame RM eseguito il ### è ampiamente compatibile con la tenosinovite del tendine flessore accertata dall'esame ecografico eseguito il ###, riconducibile, secondo il criterio del “più probabile che non”, alle conseguenze dell'evento traumatico del 16.04.24” (pag. 43 della relazione). 10. Alla luce del complesso dei descritti elementi di valutazione il licenziamento deve reputarsi illegittimo per l'insussistenza del fatto contestato, giacché non vi è prova del carattere fittizio della malattia, né che le condotte contestate abbiano inciso in modo apprezzabile sul rientro della lavoratrice in forze all'azienda. 10.1. Quanto al tipo di tutela da applicare al caso di specie, deve innanzitutto precisarsi come il rapporto di lavoro di cui discute, essendo sorto in data ###, ricada nell'ambito di disciplina del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, il cui art. 3, ai commi 1 e 2, prevede rispettivamente “nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di una indennità” e “esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto”. 10.2. Tanto premesso, ad avviso della Suprema Corte “pur dovendosi valutare il tenore letterale della nuova disposizione, nondimeno sia parimenti indubitabile che le espressioni utilizzate (id est: fatto materiale contestato) non possano che riferirsi alla stessa nozione di "fatto contestato" come elaborata dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4 e che costituisce, all'attualità, diritto vivente. Il medesimo criterio razionale che ha già portato questa Corte a ritenere che "quanto alla tutela reintegratoria, non è plausibile che il R.G.L. n. 975/2024 Legislatore, parlando di "insussistenza del fatto contestato", abbia voluto negarla nel caso di fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità, ossia non suscettibile di alcuna sanzione" (in termini, ab imo, Cass. n. 20540 del 2015), induce il convincimento, sia pure in presenza di un dato normativo, parzialmente mutato, che la irrilevanza giuridica del fatto, pur materialmente verificatosi, determina la sua insussistenza anche ai fini e per gli effetti previsti dal D.Lgs. n. 23 del 2015, art. 3, comma 2. Invero al fatto accaduto ma disciplinarmente del tutto irrilevante non può logicamente riservarsi un trattamento sanzionatorio diverso da quello previsto per le ipotesi in cui il fatto non sia stato commesso” (Cass. civ. n. 12174/2019; civ. n. ###/2023). 10.3. Conforta tale assunto una lettura costituzionalmente orientata della norma, dovendosi, al riguardo, affermare che qualsivoglia giudizio di responsabilità, in qualunque campo del diritto punitivo venga espresso, richiede per il fatto materiale ascritto, dal punto di vista soggettivo, la riferibilità dello stesso all'agente e, da quello oggettivo, la riconducibilità del medesimo nell'ambito delle azioni giuridicamente apprezzabili come fonte di responsabilità (cfr. Cass. civ. 12174 cit.).
Si ravvisa, in definitiva, una sostanziale equivalenza tra la irrilevanza giuridica del fatto e l'insussistenza materiale del medesimo, atteso che la condotta priva di profili di illiceità, in quanto non contraria alle disposizioni normative vigenti o espressione di un legittimo esercizio del diritto riconosciuto al dipendente, non presenta alcuna rilevanza disciplinare, legittimando la reintegrazione del lavoratore ingiustamente licenziato (Cass. civ. n. 18418/2016, Cass. civ. 10019/2016; Cass. civ. n. 13178/2017; Cass. civ. n. 13383/2017; Cass. civ. n 13799/2017; Cass. civ. n. 29062/2017; Cass. civ. n. 8902/2024).
Il legislatore ha, pertanto, previsto una tutela reale solo nell'ipotesi di insussistenza materiale del fatto a cui la giurisprudenza ha ricondotto anche l'ipotesi di assenza di rilievo disciplinare del fatto pur verificatosi, riconoscendo una tutela meramente indennitaria in tutte le altre ipotesi, ivi compresa quella di sproporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato.
R.G.L. n. 975/2024 11. In definitiva stante l'insussistenza dei fatti contestati deve rigettarsi il ricorso della ### volto alla dichiarazione di legittimità del licenziamento intimato in danno della ### e accogliersi la domanda riconvenzionale svolta in via principale da quest'ultima e, per l'effetto, disporne la reintegrazione nel posto di lavoro, sussistendo pacificamente i requisiti dimensionali, peraltro non oggetto di specifica contestazione.
La società ricorrente va, altresì, condannata al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, da ragguagliarsi all'importo mensile lordo di € 3.689,94 (cfr buste paga in atti di parte resistente).
Va, inoltre, precisato che in ossequio alla citata disposizione di legge, la misura dell'indennità risarcitoria incontra il limite massimo delle dodici mensilità della retribuzione globale di fatto e, inoltre, che non può essere effettuata alcuna detrazione a titolo di aliunde perceptum et percipiendum, in quanto, anche a voler prescindere dal fatto che nessuna allegazione è stata effettuata sul punto dal datore di lavoro, va detto che nessuna prova è stata fornita dalla stessa parte.
Infatti, come noto, "in riferimento ai licenziamenti illegittimi rispetto a cui trovi applicazione l'art. 18 della legge n. 300 del 1970, ai fini della liquidazione del danno sulla base delle retribuzioni non percepite dal lavoratore non è necessaria la dimostrazione da parte dello stesso della permanenza dello stato di disoccupazione per tutto il periodo successivo al licenziamento, poiché grava sul datore di lavoro l'onere di provare, pur con l'ausilio di presunzioni semplici, l'"aliunde perceptum" o l'"aliunde percipiendum", allo scopo di conseguire il ridimensionamento della quantificazione del danno" (cfr. Cass. civ. n. 5662/1999; in termini Cass. civ. 2499/2017; Cass. civ. n. 1636/2020).
La società ricorrente va, infine, condannata al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, come per legge. ###à dovuta a titolo risarcitorio, che la società è tenuta a versare alla lavoratrice, va inoltre maggiorata della rivalutazione monetaria dalle singole R.G.L. n. 975/2024 scadenze secondo gli indici ### e degli interessi al tasso legale calcolati sul capitale annualmente rivalutato. 12. Alla soccombenza segue, infine, la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, determinata in ossequio ai parametri stabiliti dal DM n. 55/2014 sulla scorta dei valori minimi, stante la particolarità e controvertibilità delle questioni di diritto trattate e la complessità dell'attività istruttoria svolta, previsti per le cause di valore indeterminabile e complessità media. 12.1. Si riconosce altresì l'aumento di cui all'art. 4, comma 1bis, del DM 55/2014 nella misura del 20%, in considerazione del numero dei documenti versati in atti e della utilità dei collegamenti ipertestuali. 12.2. Le spese di ### da liquidarsi con separato decreto, sono da porre definitivamente a carico della società ricorrente. 12.3. Va altresì rimborsato alla convenuta il compenso della consulenza di parte, trattandosi di importo finalizzato alla formulazione di allegazioni difensive di natura tecnica, che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsare, salvo che non siano ritenute superflue ed eccessive (cfr. ex plurimis Cass. civ. ###/2019; Cass. civ. n. 2280/2015; Cass. civ. n. 84/2013); nella specie, sono state indicate spese per € 1.220 (come da fattura versata in atti di parte resistente), da reputarsi non eccessive in considerazione del complessivo accertamento da svolgersi. P.Q.M. Uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando, disattese ogni diversa domanda, eccezione e istanza, rigetta il ricorso.
In accoglimento della domanda riconvenzionale di parte convenuta, dichiara illegittimo e per l'effetto annulla il licenziamento intimato a ### dalla ### S.p.A. con missiva comunicata in data ###.
Condanna la società ricorrente a reintegrare ### nel posto di lavoro, nonché a versale un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, e comunque entro il limite massimo di dodici mensilità, al tallone R.G.L. n. 975/2024 mensile lordo di € 3.689,94, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sui singoli importi annualmente rivalutati dalla loro maturazione al saldo.
Condanna la società ricorrente al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione.
Condanna la società ricorrente alla rifusione in favore della resistente delle spese di lite, che si liquidano in € 6.880 per compensi e € 1.220 per spese di difesa, oltre € 259 per esposti, ### CPA e rimborso forfettario delle spese generali nelle misure di legge, con distrazione in favore del procuratore antistatario.
Pone definitivamente a carico di parte ricorrente le spese di CTU già liquidate in corso di causa.
Visto l'art. 429 c.p.c. indica in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione della sentenza ### deciso in ### 24/10/2025 Il Giudice
Ivana Lo Bello RG n. 975/2024
causa n. 975/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Lo Bello Ivana