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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 22705/2025 del 06-08-2025

... inammissibile; - consegue a tale declaratoria la condanna dei ricorrenti, in solido tra loro , a rifo ndere alla controricorrente le spese del giudizi o di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi (e in 8 considerazione dell'ammontare della richiesta risarcitoria avanzata), nella misura indicata nel dispositivo; - va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13; p. q. m. la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in so lido tra loro, a rifo ndere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in ### 20.000,00 per compensi, oltre a spese eventualmente prenotate a debito; ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti ed al competente ufficio di merito, dell'ulteriore importo a ti tolo di contrib uto unificato (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 9094/2024 R.G.  proposto da #### S.R.L., #### S.R.L., ra ppresentati e difesi dall'avv.  ### (c.f. ###), con domicilio digitale ex lege - ricorrenti - contro ###, rappresentata e difesa ex lege dall'### dello Stato (c.f. ###), con domicilio digitale ex lege - controricorrente - avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno n. 1216 del 3/10/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/06/2025 dal ###. ### Ad. 27/6/2025 ###.G.N. 9094/2024 C.C. 31/3/2022 Responsabilità civile magistrati ### - i presupposti fattuali della causa si sviluppavano a partire dal 27 gennaio 2006, qu ando il ### ice per le indagini preli minari del Tribunale di Crotone disponeva il sequestro preventivo dei beni aziendali delle società ### S.r.l. e ### S.r.l.; in tale occasione, veniva nominato custode giudiziario ### poi revocato in data 18 ottobre 2007; - a seguito della revoca veniva nominato custode ### (già legale rappresentante di ###, il quale, con lettera raccomandata del 10 novembre 2007, rifiutava l 'incarico, motivando la decisione con l'eccessiva distanza tra la propria residenza in ### e la sede ###### - pertanto, stando al ricorso , le azie nde rim anevano prive di custodia fino al dissequestro, avvenuto il 2 novembre 2011, data in cui i ra ppresentanti legali delle società tornavano in possesso dei beni aziendali e constatavano lo stato di devastazione degli immobili e la perdita della documentazione contabile; - con atto di citazione notificato il ###, #### ssion S.r.l., ### e ### S.r.l.  prospettavano la responsabilità civile dei magistrati della ### e del Tribunale di Crotone (individuati solo con succes siva memoria del 29/7/2016, dopo che il primo gi udice av eva dichiarato la null ità dell'atto introduttivo per carenza di causa petendi, non essendo stati precisati i comportamenti e i provvedimenti giudiziari asseritamente dannosi) per l'omessa sostituzione del custode giudiziario delle aziende e av anzavano domanda risarcitoria ai sensi della ### n. 117 del 1988, chiedendo la condanna della ### del Consiglio dei ### al risarcimento dei danni, quantificati in ### 7.000.000,00; - il Tribunale di Salerno, con la sentenza n. 127 del 10/1/2022, rigettava la domanda, riten endola inammissibile poiché i fatti contestati non rientravano tra le ipotesi di colpa grave previste dalla 3 normativa vigente ratione temporis; in particolare, ritenuta infondata l'eccezione di decadenza dall'azione sollevata dall'### si escludeva la sussistenza di dolo, colpa grave o diniego di giustizia; - venivano proposti impugnazione principale dagli odierni ricorrenti e appello incidentale dalla ### del Consiglio dei ### - la Corte d'appello di Salerno, con la sentenza n. 1216 del 3 ottobre 2023, accogl ieva parzialmente l'appello incidentale e, in assorbimento di quello principale, confermava la sentenza di primo grado, regolando le spese di lite; - per quanto qui rileva, la Corte di merito affermava: «… in via preliminare, occorre chiarire che, nel caso in esame, le condizioni dell'azione di responsabilità civile dei magistrati ed i fatti costitutivi di detta fattisp ecie speciale di responsabilità sono discipl inati, ratione temporis, rispettivamente dall'art. 4, commi 2 e 3, e dall'art. 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, nel t esto antecedente alle modifiche apportate dalla legge 27 febbraio 2015, n. 18. In mancanza di una disciplina transitoria nella legge n. 18 del 2015, vale la regola generale di irretroatti vità dettata dall'art. 11 delle preleggi, per cui la le gge applicabile è quella vigente al sorgere del diritto al risarcimento del danno. Ossia nel momento in cui si sono verificati i danni dedotti in giudizio (il furto e la devastazione dei beni e della documentazione aziendale, constatati al momento del dissequestro del 2.11.2011, anteriormente all a legge n. 18 del 2015). … ### la rappresentazione degli appellanti, il fatto illecito è dato dai provvedimenti di nomina di Ped ercini ### a custode dei beni sottoposti a sequestro e di rigetto delle sue istanze di sostituzione. Tali provvedimenti, relativi alla custodia delle aziende sottoposte a sequestro preventivo, a norma dell'art. 321, comm i 1 e 2, c.p.p.  (disposto dal G.i.p. del Tribunale di Crotone con ordinanza di applicazione di misure cautelari del 27.1.2006), non sono suscettibili di impugnazione. … Rispetto a provvedimenti non impugnabili, l'art. 4, 4 comma 2, della le gge n. 117/88, prevede una du plice condizione ### dell'azione, la quale può essere proposta soltanto “quando sia esa urito il grado del procedimento nell'ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno” ed entro il termine di due anni decorrenti “dal momento in cui l'azione è esperibile”. Sotto tale aspetto, la Suprema Corte (7.4.2016, n. 6810) ha chiarito, riguardo ad ipotesi in cui non siano contemplati rim edi avverso l'atto o il provvedimento che si assume pre giudizievole, che il termine decadenziale è ancorato, non già al momento in cui si è esaurito il procedimento nel cui ambito si è verifi cato il danno, bensì al procedimento nell'ambito del quale si è “verificato il fatto che ha cagionato il danno”, avendo, dunque, riguardo al cd. fatto dannoso, frutto della condotta (commissiva od omissiva) lesiva e non alle sue conseguenze pregiudizievoli (c.d. danno conseguenza, che integra il danno risarcibile civile). Nel caso di specie, il provvedimento di nomina di ### quale custode delle aziende sequestrate è stato emesso (in data ###), contestualmente al decreto che dispone il giudizio, ex art. 429 c.p.p., mentre le istanze di sostituzione avanzate dal ### ed il rigetto si collocano nella fase predibattimentale. Il “grado del procedimento nell'ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno” è, dunque, rappresentato dal giudizio penale di primo grado in sede dibat timentale, concl usosi co n sentenza del Tribunale di Crotone emessa in data ### (nel p rocedimento iscritto al n. 901/07 R.G. Trib. e al n. 3033/05 R.G.n.r.). Ne consegue che l'azione risarcitoria poteva essere esercitata solo dopo la data del 27.2.2013 (momento in cui si è esaurito “il grado del procedimento nell'ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno”) e non oltre la data del 27.2.2015 (il termine di due anni decorrenti “dal momento in cui l 'azione è esperibil e”). Nel caso di specie, l'atto di citazione di primo grado è stato notificato in data ###, oltre la scadenza del termine biennale di decadenza dell'azione. Risulta, così … 5 fondato il secondo motivo, stante l'errore di diritto in cui è incorso il primo giudice (secondo cui “non è corretto individuare un dies a quo, da cui far decorrere il termine bienn ale, qualsiasi esso sia”) e la fondatezza dell'eccezione di decadenza dall'azione risarcitoria, a norma dell'art. 4, comma 2, cit., essendo decorso il termine di due anni dal momento in cui l'azione era esperibile.»; - avverso la predett a sentenza #### S.r.l., ### ti e ### S.r.l. proponevano ricorso per cassazione, affidato a un unico articolato motivo; - resisteva co n controricorso la ### del Consiglio dei ### - all'esito della camera di consiglio del 27/6/2025, il Collegio si riservava il deposito dell'ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell'art. 380-bis.1, comma 2, c.p.c.; ### − la parte ricorrente deduce: «### dell'art. 112 cpc. - mancata correlazione tra richiesto e pronunciato - violazione della normativa sul l'appello - violazione dell'art. 132 c.p.c. violazione dell'art. 11 delle preleggi e legge 13 aprile 1988, n. 117 e della legge 27 febbraio 2015, n. 18 - violazione della n ormativa sulle sp ese giudiziali. Tutto in relazione all'art. 360 n. 3 cpc. Difetto di motivazione su capi essenziali dell'appello - ### in procedendo.»; - il ricorso è inammissibile per plurime ragioni; - innanzitutto, si rileva che la censura non rispetta il disposto dell'art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.; - nell'unico motivo sono articolati plurimi profili di doglianza - omessa considerazione dei motivi d'appello, carenza di motivazione, lacunosa ed errat a esposizi one dei fatti, natura process uale o sostanziale dei termini di decadenza, individuazione del dies a quo per l'esercizio dell'azione risarcitoria, omessa menzione nelle conclusioni 6 delle richieste prob atorie, mancata ammissione dei mezzi istruttori, omessa considerazione di fatti rivelatori della responsabilità - e tale modalità espositiva determina ex se l'inammissibilità del ricorso perché non è possib ile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, «dovendo le doglianze, anche se cumu late, ess ere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricament e proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d'impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse» (così Cass. Sez. 2, 23/10/2018, n. 26790, Rv. 651379-01); - quanto poi all a pretesa vi olazione di eterogenee disposizi oni normative tra loro cumu late - art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., «normativa sull'appello» ###, art. 11 preleggi, legge n. 117 del 1988, legge n. 18 del 2015, «normativa sulle spese giudiziali» - si ribadisce che «l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'art. 366, comma 1, 4), c.p.c., impone al ricorrente che denuncia il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p. c., a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, ch e è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo , non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare - con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa». (Cass. Sez. U., 28/10/2020, 23745, Rv. 659448-01); - inoltre, è grave mente la cunosa l'esposizione del fatto processuale, prescritta dall'art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.: difatti, si lamenta la mancata considerazione del primo motivo del gravame, ma questo non è riportato nel testo dell'atto in troduttivo, sicché è comunque preclusa a questa Corte la valutazione della censura; si 7 richiamano istanze di revoca di ordinanze rese dal primo giudice - non considerate dalla Corte di merito - senza riportare il contenuto né dei predetti provvedimenti, né delle richieste avanzate, e senza nemmeno accennare alla decisività di tale doglianza (ove si voglia ipotizzare una critica alla declaratoria di nullità dell'atto di citazione, non consta dal ricorso che la questione sia stata sottoposta al giudice d'appello, né, in ogni caso, è riportato il testo dell'originario atto introduttivo); si sostiene che il termine decadenziale doveva decorrere dal decreto di archiviazione della denuncia per abuso d'ufficio presentata nei confronti dei magistrati crotonesi, ma di tale provvedimento (così come della denuncia) non sono ripor tati i dettagli essenziali (si indica solo genericamente che risale al maggi o 2014, data comunq ue non significativa, atteso che solo il ### gli odierni ricorrenti hanno provveduto a sanare l'atto di citazione dichiarato nullo per carenze della causa petendi); - manifestamente infondato (e, come tale, comunque inammissibile), infine, è il moti vo nella parte in cui aff erma, apoditticamente e senza confrontarsi con la decisione di merito, che il termine decadenziale era, nel caso de quo, triennale e non biennale: «In tema di responsabilità civile dei magistrati, il termine triennale di decadenza per la proposizione del l'azione ri sarcitoria, introdotto dall'art. 3, comma 1, lettera a), l. n. 18 del 2015 - che ha modificato l'art. 4, comma 2, della l. n. 117 del 1988, che prevedeva un termine biennale - non è applicabile ai giudizi relativi a fatti intervenuti in epoca antecedente alla sua entrata in vigore, perché, in mancanza di disposizioni transitorie, tale norma non ha efficacia retroattiva.» ( Sez. 3, 27/07/2024, n. 21079, Rv. 671831-01); - in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; - consegue a tale declaratoria la condanna dei ricorrenti, in solido tra loro , a rifo ndere alla controricorrente le spese del giudizi o di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi (e in 8 considerazione dell'ammontare della richiesta risarcitoria avanzata), nella misura indicata nel dispositivo; - va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13; p. q. m.  la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in so lido tra loro, a rifo ndere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in ### 20.000,00 per compensi, oltre a spese eventualmente prenotate a debito; ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti ed al competente ufficio di merito, dell'ulteriore importo a ti tolo di contrib uto unificato pari a quello versato per il ricorso, qualora dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### 

Giudice/firmatari: Rubino Lina, Fanticini Giovanni

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 3321/2024 del 25-03-2024

... complessità, per cui questa è la somma al cui pagamento va condannata la opponente. A tale importo vanno comunque aggiunti l'IVA e la CPA se documentate con fattura quali accessori delle spese legali ( cfr. Cass. civ. sez. III, 8/11/2012, n. 19307 ) nonchè il 15% sui compensi a titolo di rimborso forfettario ex art. 2 comma 2 D.M. 10/3/2014 55, che è dovuto “in ogni caso” e quindi segue automaticamente la condanna pronunciata ex art. 91 comma 1 c.p.c. ( v. Cass. civ. sez. III, 8/7/2010, n. 16153 ). P.Q.M. ### definitivamente pronunciando, così provvede : a ) rigetta l'opposizione proposta ex art. 645 c.p.c. e per l'effetto , visti gli artt. 653 e 654 c.p.c., dichiara la definitiva esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto ; ; b ) rigetta le domande riconvenzionali proposte dall'opponente ; c ) visto l'art. 91 comma 1 c.p.c. condanna la ### s.r.l. al rimborso in favore della A.C.E.R. - ### per l'### delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 7.686, di cui euro 7.616 per compensi ed euro 70 per esborsi, oltre IVA e CPA se documentate con fattura e il rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi. Napoli, 25/3/2024 ###.U. ### (leggi tutto)...

testo integrale

### 26585 / 2021 R.G. 
Tribunale di ### civile ### ha pronunciato ex art. 429 comma 1 prima parte c.p.c. mediante lettura del dispositivo e della contestuale motivazione all'esito della udienza di discussione del 25/3/2024 la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 26585/2021 del ruolo generale degli affari contenziosi civili avente ad oggetto: opposizione contro decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di canoni e di debiti riconosciuti, dichiarazione nullità, annullamento, risoluzione locazione e risarcimento del danno, e vertente TRA ### s.r.l. con codice fiscale ###, elett.te dom.ta in Napoli al ### n. 21 presso l'avv. ### , rappresentato e difeso da quest'ultimo e dall'avv. ### in virtù di procura a margine dell'atto di citazione in opposizione OPPONENTE - ###.C.E.R. - ### per l'### con codice fiscale ###, elett.te dom.ta presso la propria sede ###Napoli alla via ### n. 75, rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### in virtù di procura in calce alla comparsa di risposta ### : parte opposta conclude come da verbale di udienza del 25/3/2024 MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'atto di citazione introduttivo del presente giudizio, la ### s.r.l. ha proposto opposizione ex art. 645 c.p.c. contro il decreto ingiuntivo n. 7276/2021 emesso a suo carico ed in favore della A.C.E.R. - ### per l'### il ### all'esito del procedimento monitorio contrassegnato dal numero di ruolo 8916/2021 R.G., per l'importo complessivo di euro 38.884 oltre interessi e spese della procedura, importo richiesto nel relativo ricorso, depositato ex art. 633 c.p.c. dalla ### per essersi resa asseritamente la ### morosa nel pagamento dei canoni di locazione pattuiti in ratei mensili anticipati di euro 1.766,96 , e più in particolare : a) per tutti i canoni scaduti dal mese di gennaio al dicembre 2020 per un totale di euro 25.947,60; b) per tutti i canoni dal mese di agosto 2019 al mese di dicembre 2019 e per la morosità parziale relativa ai canoni di maggio e giugno 2019, per un totale di euro 12.936,67 . 
Il titolo costitutivo del diritto al pagamento è stato identificato dalla A.C.E.R. nel contratto di locazione ad uso commerciale del 12 febbraio 2019, registrato presso l'### delle #### di Napoli il ### , stipulato tra il locatore ### per ### della ### di Napoli ( ora A.C.E.R. ) e la conduttrice ### s.r.l., avente per oggetto i locali terranei siti in Napoli alla via ### n. 69 / 71 / 73 / 77 / 81 / 83 / 87 ed alla ### n. 67 , riportati nel N.C.E.U. del Comune di Napoli - ### SFE - Fg. 3 - Particella n. 179 - sub 2, 3, 4, 6, 7, 9 e 1, con categoria C 1 ( cfr. doc. 3 allegato al ricorso monitorio, contratto di locazione-articolo 2 ), laddove in data ### si era proceduto alla consegna materiale degli immobili e delle chiavi, giusta verbale di consegna allegato al contratto di locazione ( cfr. doc. 3- verbale di consegna allegato al contratto ). 
Ora, la ### s.r.l. nell'atto di citazione in opposizione ha descritto quelle che erano state le trattative prodromiche alla stipula del negozio del 2019, avendo premesso che il contratto di locazione per cui è causa sarebbe inscindibilmente legato ad altro accordo esistente tra le parti, ove la odierna opponente si era accollata il debito del precedente conduttore, nella persona di ### per canoni scaduti e non pagati pari ad euro 109.849,42 in relazione alla locazione di alcuni degli immobili poi locati nel 2019 alla ### , con il versamento del 10% all'atto della sottoscrizione ( euro 10.984,94 ) e la conseguente concessione di una rateizzazione per l'importo residuo ( euro 98.864,48 ) in 72 rate mensili di euro 1.406,06. 
Trattasi più specificamente di atto di riconoscimento del debito prot. 8633 del 12/2/2019 della ### laddove questa si era assunta espressamente l'obbligazione pecuniaria di corrispondere all'I.A.C.P. ( oggi A.C.E.R. ) le somme dovute dal precedente conduttore ### per canoni scaduti e non pagati all'I.A.C.P. in relazione al contratto di locazione stipulato dal predetto conduttore relativamente agli immobili de quo, per la somma di euro 109.849,42, come determinato ed accertato con sentenza del Tribunale di Napoli n. 513/2017 . 
La opponente ha anche dedotto che già in data ### la A.C.E.R. le aveva notificato telematicamente un atto d'intimazione di sfratto per morosità e conseguente citazione per convalida e che il ### le aveva notificato altro ricorso per decreto ingiuntivo e pedissequo provvedimento per il versamento della somma di euro 38.884,28, quali canoni di locazione non versati ed oggetto del predetto giudizio di sfratto per morosità attualmente pendente dinanzi all'adito Tribunale di Napoli, che sono diversi da quelli considerati dal decreto ingiuntivo n. 7276/2021, opposto nella presente sede. 
Quindi la ### ha evidenziato l'irreperibilità del ### per la consegna delle chiavi dei locali, ai fini dell'effettuazione dei sopralluoghi ( per rilievi e saggi ) tesi alla formalizzazione delle complessive intese intercorse, ma oggetto di valutazioni solo “sulla carta” tra i tecnici delle parti , nonchè lo stravolgimento delle “volontà” contrattuali dello I.A.C.P. che con PEC del 3/10/2018 aveva inizialmente comunicato l'impossibilità di aderire alla proposta previamente effettuata ( ed oggetto dei numerosi incontri avvenuti nel corso dei mesi precedenti ), in quanto “era in fase di esecuzione il recupero giudiziario dei locali ai civici 69, 71 e 73” , locati al ### e che si sarebbe proceduto, quindi, con l'assegnazione competitiva dei beni non appena rientrati nel materiale possesso dello I.A.C.P. In proposito l'opponente ha anche allegato che la conclusione del contratto di locazione del 2019 era stata fortemente influenzata, a suo discapito, dalle “dinamiche” unilaterali che la avevano costretta, in punto di fatto, ad accettare condizioni inique, non essendo in grado di trovare altrove e nel breve periodo altra ubicazione per la propria attività commerciale. 
La opponente ha però lamentato che gli immobili oggetto di locazione erano ( e lo sarebbero tuttora per colpa dell'A.C.E.R. ) inadatti allo svolgimento di qualsivoglia attività: essi, infatti, a suo dire necessitavano di notevoli interventi di restauro e regolarizzazione catastale (v. art. 3, comma 2 del contratto di locazione), che infatti la ### si era impegnata ad eseguire con l'accordo che le spese da essa sostenute sarebbero state detratte sino all'importo massimo di euro 55.000 ( v. art. 3, comma 4 ). 
Ovviamente, per l'esecuzione di tali lavori, ritenendo la conduttrice che sul piano catastale non ci fossero criticità dato che la locatrice era la materiale proprietaria dell'intero immobile in cui si trovavano le unità oggetto di locazione, era necessario munirsi delle preventive autorizzazioni da parte degli ### competenti: di tale attività amministrativa, necessariamente propedeutica all'inizio dei lavori, si era fatta carico nel contratto sempre la ### , e ciò nell'ottica di velocizzare al massimo possibile il tutto, perché l'utilizzo da parte della ### dei locali affittati e, quindi, l'attività produttiva della stessa, era subordinata alla ristrutturazione per ripristinare i locali nel rispetto delle norme di legge. ###.C.E.R., però, si era riservata il diritto contrattuale di esprimere la propria preventiva autorizzazione a qualsivoglia “modificazione ai locali o alle pertinenze e prospetti del fabbricato” prevedendo, in caso di violazione, la risoluzione di diritto del contratto di locazione ( art. 11, lett. d) del contratto ). Pertanto, prima di presentare agli ### competenti qualsivoglia atto amministrativo ( per es., richiesta di permessi ecc… ), la ### doveva a suo dire ottenere l'autorizzazione dell'A.C.E.R., autorizzazione sempre negata. 
La opponente ha infine asserito che dal raffronto tra la planimetria catastale originaria e la piantina catastale del 20/4/1998 risultarono una serie di abusi edilizi, consistenti soprattutto in aumento di superficie ed altezza, tali da rendere l'immobile locato inidoneo all'uso commerciale previsto in contratto. 
Pertanto essa ha chiesto in via riconvenzionale la dichiarazione di nullità del contratto ex artt. 1346 e 1418 c.c. per impossibilità del suo oggetto, costituito dal godimento per fini commerciali degli immobili locati, non essendo autorizzabile alcun restauro a causa della presenza di abusi edilizi. 
Sempre in via riconvenzionale, la ### ha proposto domanda di annullamento del contratto per dolo dell'A.C.E.R. ex artt. 1427 e 1439 c.c., per avere taciuto la locatrice la reale situazione urbanistica dei beni locati - i preesistenti abusi edilizi - e per averle fatto credere di poter restaurare gli immobili per destinarli all'uso commerciale, addirittura promettendole, per gli interventi di restauro ad effettuarsi, lo sconto sino ad euro 55.000 sui canoni a pagarsi ( art. 3, commi 2 e 4 del contratto di locazione ), o in subordine per errore di fatto essenziale ai sensi degli artt. 1427, 1428 e 1429 c.c., perché se avesse saputo dell'impossibilità di riattare gli immobili locati e di destinarli all'uso commerciale fissato in contratto, certamente non lo avrebbe sottoscritto. 
Ulteriore domanda riconvenzionale è stata proposta per la risoluzione del contratto di locazione, per avere l'A.C.E.R., in violazione delle regole della buona fede, consapevolmente ed illecitamente impedito alla ### di raggiungere lo scopo, dichiarato in contratto, in ragione del quale è nato il rapporto di locazione per cui è causa : utilizzare i locali per svolgervi la propria attività commerciale, o per eccessiva onerosità, data l'impossibilità sopravvenuta di pagamento del canone di locazione e la sua eccessiva onerosità. 
Infine è stata chiesta la condanna della locatrice a risarcire alla ### il danno emergente ed il lucro cessante, nella misura da quantificare in corso di causa : sotto il profilo del danno emergente i costi a qualsivoglia titolo sostenuti in relazione al contratto, la perdita di fatturato, il danno d'immagine e tutti gli altri eventuali danni dovessero derivare, nelle more del giudizio, dai comportamenti avversari; sotto il profilo del lucro cessante, il mancato guadagno e perdita di chance causate dal mancato svolgimento dell'attività commerciale. Il tutto con restituzione alla ### ex art.1458 c.c., di tutti gli importi pagati in relazione al rapporto contrattuale di locazione, nonché dei costi a qualsivoglia titolo sostenuti. 
In via di eccezione la opponente invece ha dedotto l'illegittimo frazionamento del credito e di essere creditrice dell'A.C.E.R., quantomeno, di complessivi euro 23.120 oltre I.V.A., importo speso dalla ### per lavori di manutenzione ordinaria eseguiti sugli immobili locati ( v.: doc.ti 10, 11, 12 e 13 ). Pertanto, è stato chiesto di: a) dichiarare, ove occorra anche ai sensi dell'art. 2041 c.c., che la ### è creditrice dell'A.C.E.R. del predetto importo di euro 23.120 oltre I.V.A.; b) operare la compensazione tra il credito eventualmente dovuto all'A.C.E.R. ed il predetto credito della ### e condannare l'A.C.E.R. al pagamento dell'eventuale differenza in favore della ### Si è costituita la convenuta ed ha controdedotto che nell'articolo 3) del contratto di locazione, in assenza di ogni clausola condizionale sospensiva o risolutiva, la conduttrice aveva accettato espressamente le seguenti circostanze e obbligazioni: - “ (…) i locali si consegnano all'assegnatario nello stato a lui noto perché egli li ha in precedenza visitati e si impegna ad effettuare i lavori di ristrutturazione ed adeguamento alle normative vigenti “ . Altresì la conduttrice si era impegnata “ad eliminare eventuali abusi edilizi esistenti ed effettuare a proprie cure e spese le variazioni catastali e regolarizzazioni edilizie conseguenti”. Inoltre la conduttrice si era assunta espressamente l'obbligazione a propria cura e spese ( “cura e onere” ) di acquisire le autorizzazione per la realizzazione dei lavori come pure “ogni responsabilità per atti e fatti connessi alla loro esecuzione”. 
Di qui l'affermazione che l'opponente conosceva tutte le circostanze e lo stato di fatto e diritto della consistenza immobiliare per cui è causa e ciononostante aveva accettato, senza alcuna condizione, di assumersi tutte le obbligazioni, oneri e rischi di cui all'atto di riconoscimento del debito e del contratto di locazione prendendo espressamente in consegna gli immobili oggetto del presente giudizio. 
Con ordinanza del 6/3/2022 sono stati disposti la provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. del decreto ingiuntivo opposto e il mutamento del rito ex art. 426 c.p.c. da ordinario a speciale locatizio, con assegnazione anche del termine per l'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, che ha avuto luogo su iniziativa del creditore opposto, ma senza esito. 
Ciò premesso, l'opposizione è infondata e va integralmente rigettata. Invero la eventuale non conformità dell'immobile locato alla disciplina edilizia e urbanistica non determina la illiceità dell'oggetto del contratto, atteso che il requisito della liceità dell'oggetto, previsto dall'art. 1346 c.c., è da riferire alla prestazione, ovvero al contenuto del negozio e non al bene in sé, né può far ritenere illecita la causa, ai sensi dell'art. 1343 c.c., perché locare un immobile costruito senza licenza, né condonato, non è in contrasto con l'ordine pubblico, da intendere come il complesso dei principi e dei valori che contraddistinguono l'organizzazione politica ed economica della società in un determinato momento storico. Il carattere abusivo di una costruzione, mentre può senz'altro costituire fonte di responsabilità dell'autore nei confronti dello Stato, non comporta, dunque, l'invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme ( v.  civ. sez. III, 12/4/2023, n. 9766 ). Fra l'altro nel caso di specie, per quanto affermato dalla stessa opponente, l'edificio in cui sono ubicati gli immobili oggetto di locazione risale al 1930, e solo con l'art. 4 R.D.L. 640/1935 e con la legge urbanistica n. 1150 del 1942 è stato imposto, per la prima volta, di dotarsi di una licenza edilizia per la costruzione di un fabbricato in centri abitati, tanto è vero che le opere di realizzazione anteriore al 1942 non devono essere oggetto di richiesta di condono, proprio perché non sono da considerarsi illegittime, e ciò che permette di verificare la presenza o meno di un abuso edilizio non è mai il catasto ma solo il titolo abilitativo al Comune, che nel caso di specie non era necessario. 
In generale, poi, al momento di stipulare un contratto di locazione di un immobile destinato a un determinato uso, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività ripromessasi nonché a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative, sebbene le parti siano comunque libere di pattuire — individuando nel contempo su chi grava il relativo onere economico — tanto l'effettiva possibilità di apportare all'immobile le necessarie modificazioni per poter svolgere l'attività prevista, quanto il fatto che quest'ultimo presenti ( o sia in potenziale condizione di acquisire ) le pertinenti condizioni giuridiche funzionali al rilascio delle autorizzazioni amministrative stesse ( v. Cass. civ. sez. III, 27/52008, n. 13761; civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303 ; Cass. civ. sez. III, 30/4/2005, n. 9019 ). 
In altri termini, se non specificamente pattuito, il locatore non è tenuto ad adeguare i beni locati alle esigenze ricollegabili all'attività esercitata dal conduttore, anche se quest'ultima è stata indicata nel contratto, limitando ad essa l'uso consentito per l'immobile oggetto del rapporto, il che è lo stesso che dire che, pur se l'immobile fosse effettivamente inidoneo, nessuna responsabilità può essere imputata alla parte locatrice . 
Vale infatti “il principio secondo il quale, stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso ( nella specie commerciale ), grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per l'attività ripromessasi, ed altresì adeguate a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative” ( Cass. civ. sez. III, 27/5/2008, n. 13761; Cass. civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303; Cass. civ., 30/4/2005, 9019 ) e “nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati a uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento della attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle autorizzazioni amministrative indispensabile alla legittima utilizzazione del bene locato, per cui, escluso che sia onere del locatore conseguire tali autorizzazioni, ove il conduttore non riesca ad ottenerle, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al proprietario, e ciò quand'anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato” ( cfr. Cass. civ. sez. III, 25/01/2011, n. 1735 ; Cass. civ. sez. III, 16/6/2014, n. 13651 ). 
In definitiva, “La destinazione particolare dell'immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore” ( v. sul punto civ. sez. III, 7/6/2018, n. 14731 ) . 
Nella fattispecie in esame, inoltre, la ### s.r.l. è una società commerciale, per tale motivo in possesso delle cognizioni tecniche necessarie per valutare correttamente le condizioni di utilizzabilità dell'immobile preso in locazione fin dall'inizio del rapporto . 
La circostanza è tanto più evidente, perché la conduttrice non solo aveva accettato la consegna dei locati nello stato ad essa noto perché li aveva in precedenza visitati, ma addirittura si era impegnata ad eliminare eventuali abusi edilizi e ad effettuare a proprie cure e spese le variazioni catastali e regolarizzazioni edilizie conseguenti. 
Infine, la conduttrice ha continuato ad occupare il bene immobile senza versare il corrispettivo, tenendo essa un comportamento contrario alla buona fede, nonostante si fosse assunta nel contratto il rischio della acquisizione dei titoli necessari, così liberando la proprietà da ogni e qualsiasi onere. 
In proposito appare evidente che tale accollo del rischio, per quanto dedotto dalla stessa opponente, fu motivato dall'esigenza, nell'immediato, di evitare l'adozione da parte dell'I.A.C.P. di una procedura competitiva per la scelta del contraente, dato che era in fase di esecuzione il recupero giudiziario dei beni di cui ai civici 69, 71 e 73 precedentemente locati al ### e quindi per ottenere il subentro in via preferenziale e senza gara nella detenzione dei beni. 
Da tanto deriva l'inesistenza di tutti i profili di invalidità o di risoluzione del contratto fatti valere dalla opponente, con conseguente rigetto non solo della sua opposizione ma anche delle domande riconvenzionali proposte, ivi compresa quella risarcitoria, e con contestuale dichiarazione di esecutorietà definitiva ex artt. 653 e 654 c.p.c. del provvedimento monitorio, anche se è già stata dichiarata la sua provvisoria esecuzione nel corso del giudizio con ordinanza resa ai sensi dell'art. 648 c.p.c.. 
Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 comma 1 c.p.c. e vengono liquidate come da dispositivo, in considerazione del valore della controversia individuato ai sensi degli artt. 5 ss. del D.M. 10/3/2014 n. 55 come modificato dal D.M. 13/8/2022, n. 147 , da applicare alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore, e 14 comma 1 c.p.c. e quindi dello scaglione di valore corrispondente, che coincide con l'importo del credito azionato con la domanda giudiziale originaria formulata nell'atto introduttivo del procedimento monitorio ( cd. criterio del disputatum , v. sul punto Cass. civ. sez. sez. II, 11/2/2022, n. 4520 ), pari a sua volta ad euro 38.884. 
La liquidazione va effettuata per tutte le fasi contemplate dall'art. 12 comma 3 del medesimo regolamento ministeriale e con l'applicazione per i compensi dei livelli medi previsti dalla ### n. 2 allegata al decreto, che si riferisce ai giudizi di cognizione ordinaria, in ottemperanza alla regola stabilita dall'art. 4 comma 1, che fa sì che tali livelli siano adeguati per definizione ( nel senso che il ### è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, con apposita e specifica motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi affinché siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo, v. Cass. civ. sez. VI, 13/5/2022, n. 15392 ; Cass. civ. sez. VI, 25/5/2020, n. 9542 e Cass. civ. sez. III, 7/1/2021, n. 89 ) . 
Si deve però tener conto, nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, anche del valore della domanda riconvenzionale risarcitoria di valore indeterminabile , la cui proposizione, ove sia diretta all'attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell'attività difensiva ( v. Cass. civ. sez. II, 3/7/1991, n. 7275 ; Cass. civ. sez. III, 29/11/2018, n. ###; Cass. civ. sez. VI, 6/2/2020, n. 2769 ). 
Va infatti considerato che in tema di liquidazione del compenso spettante all'avvocato, la determinazione del valore della causa, anche ai fini dell'individuazione dello scaglione tariffario applicabile, deve essere effettuata a norma del codice di procedura civile, con la conseguenza che, in difetto di concreti elementi di stima precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio, deve ritenersi di valore indeterminabile la domanda di risarcimento, nella quale gli elementi di valutazione del danno, di cui si chiede il ristoro, costituiscano l'oggetto o uno degli oggetti dell'accertamento e della quantificazione rimessi al ### ( v. Cass. civ. sez. II, 31/03/2014, n. 7508 ). 
Lo stesso vale quando, pur essendo stata richiesta la condanna di controparte al pagamento di una somma specifica, vi si si aggiunga, come nel caso di specie, l'espressione "o di quella maggiore o minore che si riterrà di giustizia" o espressioni equivalenti, poiché, ai sensi dell'art. 1367 c.c., applicabile anche in materia di interpretazione degli atti processuali di parte, non può ritenersi "a priori" che tale espressione sia solo una clausola di stile senza effetti, dovendosi, al contrario, presumere che in tal modo l'attore abbia voluto indicare solo un valore orientativo della pretesa, rimettendone al successivo accertamento giudiziale la quantificazione ( Cass. civ. sez. I, 26/4/2021, n. 10984 ). 
Tuttavia per la determinazione del valore della controversia, la domanda riconvenzionale, non essendo proposta contro il medesimo soggetto convenuto, non si cumula con la domanda principale dell'attore sostanziale, ma, se di valore eccedente a quest'ultima, può comportare l'applicazione dello scaglione superiore perchè amplia il "thema decidendum" ed impone all'avvocato una maggiore attività difensiva, sì da giustificare l'utilizzazione del parametro correttivo del valore effettivo della controversia sulla base dei diversi interessi perseguiti dalle parti, ovvero del criterio suppletivo previsto per le cause di valore indeterminabile ( cfr. Cass. civ. sez. III, 27/01/2003, n. 1202 ; Cass. civ. sez. II, 14/7/2015, n. 14691 ; Cass. civ. sez. II, 1/8/2023, n. 23406 ). In altri termini, non deve procedersi al cumulo delle domande ma deve tenersi conto solo del maggiore tra i valori delle due contrapposte domande ( v. 
Cass. civ. sez. II, 24/4/2008, n. 10758 ; Cass. civ. sez. II, 20/10/2023, n. 29182 ). 
Per l'appunto nel caso di specie è sempre pari ad euro 7.616 il compenso da liquidare in base al valore della domanda dell'attore sostanziale rispetto a quello delle cause indeterminabili risarcitorie di bassa complessità, per cui questa è la somma al cui pagamento va condannata la opponente. 
A tale importo vanno comunque aggiunti l'IVA e la CPA se documentate con fattura quali accessori delle spese legali ( cfr. Cass. civ. sez. III, 8/11/2012, n. 19307 ) nonchè il 15% sui compensi a titolo di rimborso forfettario ex art. 2 comma 2 D.M. 10/3/2014 55, che è dovuto “in ogni caso” e quindi segue automaticamente la condanna pronunciata ex art. 91 comma 1 c.p.c. ( v. Cass. civ. sez. III, 8/7/2010, n. 16153 ).  P.Q.M.  ### definitivamente pronunciando, così provvede : a ) rigetta l'opposizione proposta ex art. 645 c.p.c. e per l'effetto , visti gli artt. 653 e 654 c.p.c., dichiara la definitiva esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto ; ; b ) rigetta le domande riconvenzionali proposte dall'opponente ; c ) visto l'art. 91 comma 1 c.p.c. condanna la ### s.r.l. al rimborso in favore della A.C.E.R. - ### per l'### delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 7.686, di cui euro 7.616 per compensi ed euro 70 per esborsi, oltre IVA e CPA se documentate con fattura e il rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi. 
Napoli, 25/3/2024 ###.U.  ### 

causa n. 26585/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Felice Angelo Pizzi

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Corte d'Appello di Perugia, Sentenza n. 670/2025 del 10-12-2025

... delle scale condominiali, con compensazione delle spese di lite. Appellanti: #### l'###ma Corte di Appello di ### ogni contraria istanza eccezione e difesa rigettata, nel merito accogliere il motivo di appello e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata accogliere le conclusioni avanzate nel giudizio di primo grado che qui si riportano: ### accertamento della realizzazione della piattaforma elevatrice secondo modalità non autorizzate e lesive del pari diritto all'uso delle parti comuni, condannare ### e la di lui coniuge ### alla riduzione in pristino stato e cioè alla rimozione della piattaforma elevatrice e ricostruzione delle scale condominiali ripristinando lo stato di fatto ex ante. ### ritenuto necessario voglia l'###ma Corte disporre integrazione della CTU al fine di verificare se è tecnicamente possibile realizzare un corrimano sulle scale del condominio mantenendo l'ampiezza delle scale nei limiti di legge e prescrizione dell'abilitazione comunale nonché preservandone l'uso secondo il loro normale utilizzo. Si evidenzia che tale richiesta era stata avanzata in primo grado all'esito della ### Con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA La Corte d'Appello di ### unica civile riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati 1) dott. ### presidente 2) dott. ### consigliere 3) dott. ### giudice ausiliario rel. e est. 
Ha pronunciato la seguente ### causa civile iscritta al n. 126/2024 di r.g.a.c., ####### e ### rappresentati e difesi dall'Avv. ### elettivamente domiciliati nello studio di quest'ultimo in ####, #### degli #### s.n.c. appellanti #### e ### rappresentati e difesi dall'Avv. ### elettivamente domiciliat ####### 69 M, appellati E ###### e ### appellati contumaci AVVERSO la sentenza definitiva n. 1210/2023, pronunciata dal Tribunale di ### in persona del Dr.  ### nel giudizio n. 2352/2017 R.G., pubblicata il ###, la quale ha annullato la deliberazione del 19.09.2016 del Condominio sito in ### fraz. S. M. degli ### n. 4, che aveva autorizzato la realizzazione di un miniascensore nel vano scale, e ha rigettato la richiesta di ###### e ### di condanna dei convenuti ### e ### alla rimozione del miniascensore e alla ricostruzione delle scale condominiali, con compensazione delle spese di lite.
Appellanti: #### l'###ma Corte di Appello di ### ogni contraria istanza eccezione e difesa rigettata, nel merito accogliere il motivo di appello e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata accogliere le conclusioni avanzate nel giudizio di primo grado che qui si riportano: ### accertamento della realizzazione della piattaforma elevatrice secondo modalità non autorizzate e lesive del pari diritto all'uso delle parti comuni, condannare ### e la di lui coniuge ### alla riduzione in pristino stato e cioè alla rimozione della piattaforma elevatrice e ricostruzione delle scale condominiali ripristinando lo stato di fatto ex ante. ### ritenuto necessario voglia l'###ma Corte disporre integrazione della CTU al fine di verificare se è tecnicamente possibile realizzare un corrimano sulle scale del condominio mantenendo l'ampiezza delle scale nei limiti di legge e prescrizione dell'abilitazione comunale nonché preservandone l'uso secondo il loro normale utilizzo. Si evidenzia che tale richiesta era stata avanzata in primo grado all'esito della ### Con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge relativi ad entrambi i gradi di giudizio. 
Appellati, #### l'###ma Corte di Appello adita, in via preliminare, dichiarare inammissibile l'atto di appello, per violazione e mancato rispetto delle previsioni formali di cui all'art. 342 c.p.c. come riformato; nel merito, per tutte le ragioni espresse, rigettare l'appello proposto dagli appellanti, in quanto infondato in fatto e diritto, rigettare la domanda di riduzione in pristino e confermare, quindi, la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di ### Con vittoria di spese e competenze del secondo grado. In via istruttoria, non ammettere la CTU richiesta, per le ragioni espresse nel proprio scritto difensivo. Nell'atto di appello avevano concluso per il rigetto del gravame ### 1. Con atto di citazione ritualmente notificato ###### e ### condomini dello stabile posto in ### loc. ### degli #### 4, evocavano ### e ### davanti al Tribunale di ### al quale chiedevano di annullare la deliberazione condominiale del 19.09.2016, che aveva autorizzato i convenuti a realizzare a proprie spese un miniascensore per accedere dal piano interrato al loro appartamento posto al terzo piano, e comunque di condannarli alla rimozione dell'opera. Gli attori allegavano a) di non avere ricevuto la convocazione per l'assemblea b) che il miniascensore aveva ridotto la larghezza del vano scale a meno di 80 cm, tanto da impedire il ripristino del corrimano e l'utilizzo del vano scale c) che la realizzazione del manufatto ledeva il diritto all'uso paritetico delle le scale condominiali previsto dall'art. 1102 c.c..  ### e ### si costituivano in giudizio, eccependo: a) la tardività della impugnazione della delibera del 19.09.2016 e l'inammissibilità della domanda; b) che ### venuto a conoscenza della deliberazione del 19.09.2016, ne aveva tuttavia sottoscritto il verbale; c) che ### aveva avvisato oralmente dell'assemblea del 19.09.2016 i condomini, che avevano potuto esaminare il progetto; d) la realizzazione del miniascensore non abbisognava di alcuna deliberazione, in quanto destinato a persone disabili, e ai sensi dell'art. 1102 c.c. non alterava la destinazione della cosa comune. 
Dopo l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli condomini non citati, ##### e ### di cui veniva dichiarata la contumacia, la causa veniva istruita con acquisizione dei documenti prodotti, prove orali e CTU tecnica. 
All'udienza del 17.2.2023 le parti precisavano le conclusioni, e dopo il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche il Tribunale definiva il giudizio con la sentenza in esame.  ##### e ### hanno interposto appello con un unico articolato motivo, inerente la lesione del diritto al pari uso della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c..  ### e ### si sono costituiti in giudizio, concludendo per il rigetto. 
Con ordinanza del 23.10.2024 il Giudice istruttore ha ordinato alla parte appellante di produrre copia dell'avviso di ricevimento della notificazione a ##### e ### autorizzandolo alla rinnovazione della notificazione dell'atto di appello entro il ###, e fissando l'udienza del 19.2.2025 per la rimessione della causa al al Collegio e il deposito della raccomandata ### All'udienza del 19.2.2025 è stata dichiarata la contumacia di ##### e ### La causa è stata quindi rinviata per i medesimi incombenti all'udienza del 23.10.2025, nella quale il giudice istruttore designato ha rimesso la causa al Collegio per la decisione. 
La riserva è sciolta con il seguente provvedimento.  RAGIONI DELLA DECISIONE ### infondata e deve essere respinta per le ragioni indicate in appresso.  1. Sull'erroneo esame di fatti decisivi dibattuti, e sulla violazione dell'art. 1102 c.c..  ### censura, articolata in più profili, chiede una nuova analisi del pregiudizio subito dai ### non proprietari del miniascensore a causa della eccessiva riduzione di larghezza delle scale a cm 80 e della assenza del corrimano, pregiudizievoli per l'uso della cosa comune, in violazione del principio solidaristico tra condomini.
La sentenza avrebbe a torto minimizzato la lesione della parità del diritto all'uso delle parti comuni, ritenendo che la restrizione delle rampe riguardasse un breve tratto del vano scale, mentre la larghezza dei pianerottoli interpiano sarebbe rimasta invariata e idonea a consentire il passaggio contemporaneo di due persone e il passaggio orizzontale di una barella con una inclinazione massima del 15% lungo l'asse longitudinale […] (### 11 sentenza).  ### gli appellanti, malgrado la larghezza dei pianerottoli sia rimasta invariata, la riduzione di larghezza di ciascuna rampa di scale a 80 cm impedisce il transito contemporaneo di due persone affiancate, per cui una persona con problemi di deambulazione non potrebbe avvalersi dell'aiuto di una altra persona. Il transito con una barella sarebbe consentito solo inclinandola e utilizzando una lettiga di larghezza non superiore a 56 cm. Infine un trasloco sarebbe possibile solo con mobili di piccole dimensioni, mentre per gli altri sarebbero necessarie piattaforme elevatrici.  ### e ### non hanno ancora realizzato il corrimano prescritto dal titolo abilitativo edilizio e dalla sentenza, che tuttavia ridurrebbe ulteriormente la larghezza del vano scale a meno di 80 cm, limite imposto dal regolamento edilizio del Comune di ### aggravando la inutilizzabilità del vano scale. 
Gli appellanti richiamano in proposito la pronuncia della S. C. n. 12847/07, secondo la quale la riduzione della larghezza della rampa a 85 cm avrebbe reso disagevole il contemporaneo passaggio di due persone e problematico il trasporto di oggetti di grosse dimensioni. 
Pertanto, in base al principio “solidaristico” di cui all'art. 1102 c.c. il miniascensore dovrebbe essere rimosso. 
Il motivo è privo di fondamento.  1.1 Va in primo luogo chiarito che, indipendentemente dalla assenza di persone portatrici di handicap, il miniascensore mira a eliminare le barriere architettoniche, in quanto rientra fra i meccanismi per l'accesso ai piani superiori considerati espressamente dalla L. 13 del 1989. 
Non vi è da dubitare che con l'avanzare dell'età sia ### (nato il ###) che ### (nata il ###) andranno incontro a difficoltà di deambulazione. 
Pertanto la installazione del miniascensore, consentendo di evitare le scale, attenuerà il disagio nell'accesso all'abitazione, e rientra quindi nel raggio applicativo della ### n. 13 del 1989. 
In proposito la giurisprudenza interpreta ad ampio raggio i soggetti beneficiari della L. n. 13 del 1989, la cui ratio è quella di offrire alle persone svantaggiate per età o condizioni o salute un valido strumento di accesso alle abitazioni. Di conseguenza, come chiarito da Cass. civ. sez. II 28 marzo 2017 n. 7938, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata la normativa di favore di cui alla l. 13/1989 si applica anche alle persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano di disagi fisici e di difficoltà motorie, con una interpretazione estensiva condivisa anche dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato n. 4824 del 18 ottobre 2017).  1.2 Occorre altresì considerare che, pur riducendo la larghezza di parte delle rampe di scale, la installazione dell'ascensore a spese a carico esclusivo dei condomini interessati non costituisce una innovazione, che necessiti di una deliberazione assembleare ad hoc, ma è una modificazione rientrante nell'esercizio di una facoltà individuale, finalizzata a eliminare le barriere architettoniche e ottenere la migliore e più comoda utilizzazione della cosa. 
Non occorre pertanto la preventiva autorizzazione dell'assemblea, salvo che tale autorizzazione sia imposta da una convenzione approvata dai condomini mediante esercizio dell'autonomia privata (in argomento Cass. civ. 26702 del 03.10.2025, nella motivazione). 
Nel caso di interventi realizzati a spese esclusive di un condominio trova quindi applicazione l'art. 1102 c.c., in forza del quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune - purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne uguale uso secondo il loro diritto - e può, perciò, apportare alla stessa, a proprie spese, le modificazioni necessarie a consentirne il migliore godimento (Cass. civ. n. ### del 05/12/2018, la quale ha confermato la decisione di appello che aveva ritenuto l'installazione di un ascensore sulle parti comuni, eseguita dai convenuti a loro spese, legittima ex art. 1102 c.c., non ricorrendo una limitazione della proprietà degli altri condomini incompatibile con la realizzazione dell'opera). 
Ne segue che l'installazione di un ascensore o di una piattaforma elevatrice da parte di uno o alcuni condomini a proprie spese nelle parti comuni ### del fabbricato deve valutarsi alla stregua dell'art. 1102 c.c. secondo il criterio del pari uso, che conferisce a ciascun partecipante la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri.  1.3 Circa le prescrizioni costruttive, essendo costruito nel 1982 il fabbricato non è soggetto ai limiti previsti dall'art. 8.1.10 del D. M. 236 del 1989, che fissano la larghezza minima del vano scale in 120 cm.. Infatti, in base all'art. 1 del D. M. tali requisiti si applicano esclusivamente agli edifici di nuova costruzione e alle ristrutturazioni integrali di quelli preesistenti. 
Non trova pertanto applicazione l'art. 70 c. 1 del Regolamento edilizio del Comune di ### (allegato n. 20 CTU), rubricato ### e abbattimento delle barriere architettoniche, che prevede una larghezza minima di 120 cm. ### ha quindi precisato che troverebbe applicazione la nota del ### dei ### del ### prot. n. ###/4122 sott. 67 del 24/12/2002 (allegato n. 17 CTU), secondo cui, in caso di installazione di ascensore all'interno del vano scala, al fine di evitare che la diminuzione della larghezza della scala incida in modo eccessivo sugli spazi di transito, la larghezza minima della scala sarebbe quella di 80 cm prevista dalle norme per la sicurezza nei luoghi di lavoro (D. Lgs.  81/08), a condizione che sussistano le condizioni di cui al punto 4.1.10 del DM 236/89. 
A sua volta l'art. 4.1.10 al punto 1) prevede che la larghezza delle rampe e dei pianerottoli deve permettere il passaggio contemporaneo di due persone ed il passaggio orizzontale di una barella con una inclinazione massima del 15% lungo l'asse longitudinale. 
Tuttavia l'inapplicabilità del D. M. 236 del 1989 agli edifici preesistenti (con l'eccezione delle ristrutturazioni) si rinviene anche dalla lettura dell'art. 6.2 del D. M. n. 236 del 1989. Il quale, nel regolare l'installazione dell'ascensore in edifici preesistenti, non richiama i requisiti dell'art.  4.1.10, limitandosi a stabilire che l'opera non deve compromettere la fruibilità delle rampe e dei ripiani orizzontali, soprattutto in relazione alla necessità di garantire un adeguato deflusso in caso di evacuazione in situazione di emergenza. 
Al fine di consentire l'abbattimento delle barriere architettoniche ai sensi della L. n. 13 del 1989 anche in edifici preesistenti l'entrata in vigore della legge, la S. C. ha ribadito la derogabilità delle prescrizioni previste da norme speciali in materia di barriere architettoniche e dalle fonti secondarie. Si è infatti affermato che l'impossibilità di osservare, per le particolari caratteristiche dell'edificio (di epoca risalente), tutte le prescrizioni della normativa speciale diretta al superamento delle barriere architettoniche non comporta la totale inapplicabilità delle disposizioni di favore, finalizzate ad agevolare l'accesso agli immobili dei soggetti versanti in condizioni di minorazione fisica, qualora l'intervento (nella specie, installazione di un ascensore in un cavedio) produca comunque un risultato conforme alle finalità della legge, attenuando le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell'abitazione (Cass. n. 18147 del 26/07/2013). 
Pertanto l'impossibilità di osservare le prescrizioni speciali non osta alla realizzazione di opere di abbattimento di barriere architettoniche, a condizione che l'attenuazione del disagio nell'accesso all'abitazione non neutralizzi del tutto il diritto all'utilizzo della cosa comune da parte degli altri condomini e non precluda il deflusso delle persone dallo stabile.  1.4 In linea con tale principio, l'art. 2 della L. n. 13 del 1989, nel testo da ultimo modificato dal D. L. n. 76 del 2020, convertito nella L. n. 120 del 2020, ha previsto che le innovazioni finalizzate all'abbattimento delle barriere architettoniche non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell'articolo 1121, primo comma, del codice civile. Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell'articolo 1120 del codice civile.  ### la S. C. (Cass. civ. n. 26702 del 03.10.2025) tale regola è applicabile anche alle modificazioni adottate ai sensi dell'art. 1102 c.c. in assenza di delibera assembleare, anche se preesistenti a tale intervento normativo, in quanto È logico desumere che per le modificazioni apportate a sue spese dal singolo condomino valgano le medesime restrizioni nell'uso delle parti comuni imposte all'assemblea dal vigente art. 2 della legge n. 13 del 1989 (pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato) (arg. da Cass. n. 179 del 1977; n. 3084 del 1994; 25790 del 2020). 3.3. - È vero che per valutare la validità o meno di una deliberazione assembleare occorre aver riguardo alla legge vigente al momento della sua approvazione, e non anche a norme intervenute successivamente. Tuttavia, l'indicato "ius superveniens", introdotto in pendenza del giudizio di cassazione (ed applicabile anche d'ufficio in ogni stato e grado, salvo che sulla questione controversa si sia formato il giudicato interno), incide sulla legittimità di modifiche dirette ad eliminare le barriere architettoniche, non potendo dichiararsi illegittime o disporsi la riduzione in pristino di opere ed interventi che siano comunque consentiti alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione” (pag. 9 motivazione sentenza n. 26702 del 2025). 
Pertanto ove un singolo condomino, esercitando la facoltà di "modificazione" delle parti comuni prevista e concessa dall'art. 1102 c.c., installi nel vano scale e con "taglio" di queste ultime, un "mini-ascensore" finalizzato al c.d. "abbattimento delle barriere architettoniche", il relativo intervento non dev'essere autorizzato preventivamente dall'assemblea ma deve rispettare il solo divieto di arrecare pregiudizio alla stabilità e/o alla sicurezza del fabbricato (Cass. civ. n. 26702 del 03.10.2025, massima tratta da ###it). 
Quindi, in base al coordinamento del nuovo testo dell'art. 2 della L. n. 13 del 1989 con l'art.  1102 c.c. e con i principi giurisprudenziali suesposti, il contemperamento del diritto all'installazione dell'ascensore nel vano scale con quello dell'uso paritetico della cosa comune si fonda sulla conservazione della stabilità e della sicurezza del fabbricato, in cui rientrano la fruibilità delle rampe e il deflusso delle persone sia pure con un disagio tollerabile.  1.5 Alla stregua delle superiori considerazioni la Corte ritiene che la riduzione della larghezza delle rampe di scale a una misura compresa tra 80 cm (in assenza di corrimano esterno alla parete muraria) e 72 cm (in presenza di corrimano esterno) non pregiudichi la stabilità, la sicurezza del fabbricato o la fruibilità delle rampe. 
E' opportuno premettere che la riduzione di larghezza non riguarda i pianerottoli, ne la totalità delle rampe di scale. ### ha infatti rilevato che 2 dei gradini di ogni rampa hanno mantenuto la dimensione originaria di 113 cm in larghezza utile, al netto del corrimano in legno preesistente (vd. foto n.11 - allegato n.20) (pag. 12 Relazione). 
Con maggiore precisione, dalle fotografie allegate alla relazione del ### emerge che: a) al piano terra ed ammezzato il mantenimento della larghezza originaria di 113 cm riguarda i due gradini terminali della prima rampa a salire (fotografie nn. 6, 7 e 16 dell'allegato 19 alla ###, e quindi la restrizione di larghezza riguarda sette gradini in linea retta.  b) negli interpiani successivi il mantenimento delle dimensioni originarie riguarda i due gradini iniziali e i due gradini terminali di ogni rampa, che sono rimasti larghi 113 cm e presentano ancora il corrimano [fotografia n. 11 dell'Allegato 19 (interpiano tipo) alla ###.  c) di conseguenza negli interpiani la riduzione della larghezza del vano scale riguarderebbe cinque gradini in linea retta. Quindi i tratti iniziali o terminali della rampa di scale, avendo mantenuto la larghezza di 113 cm, non creano difficoltà di curvatura, con particolare riguardo alle barelle, e il disagio negli interpiani riguarda il percorso in linea retta per cinque gradini della rampa di scale.  1.6 Con una larghezza di 80 cm le rampe sono percorribili senza apprezzabile disagio sia da due persone affiancate, sia da una sedia a rotelle delle dimensioni individuate a pag. 7 della CTU (49,5 cm di larghezza per 95 cm di altezza, larghezza della seduta 40 cm). 
Circa il passaggio con lettiga, posto che le barelle in uso ai ### di ### hanno dimensioni che vanno da 185 cm x 56 cm a 210 cm x 66 cm., il CTU, con ragionamento condivisibile e non adeguatamente contrastato, ha affermato che anche una barella da 210 cm x 66 cm riuscirebbe a transitare, sebbene senza fretta, con pazienza e spiccato saper fare dei barellieri che dovranno condurre manovre sicuramente meno agevoli di quelle che sarebbero consentite con una larghezza utile di tutte le scale di 113 cm. (pag. 12 CTU). 
Ha quindi precisato che la larghezza delle scale di 80 cm consente il transito di una barella di dimensioni fino a 210 cm x 66 cm (pag. 19 ###).  1.7 Circa il corrimano e il relativo ingombro esterno il CTU ha rilevato che in base all'art. 8.1.10 del DM n. 236/89 il corrimano dovrebbe distare dal parapetto o dalla parete piena almeno 4 cm, con una larghezza di 4 cm, il che ridurrebbe a 72 cm la larghezza del vano scale.
Per conservare la larghezza di 80 cm della rampa l'esperto ha prospettato l'installazione del corrimano all'interno della parete opposta al miniascensore, creando una cavità interna in grado di ospitare l'ingombro di 8 cm, previa verifica della assenza di travi, pilastri o tubazioni (pagg. 11-12 Relazione). Tale soluzione è certamente degna di attenzione.  1.7.1 Tuttavia, la inapplicabilità dell'art. 8.1.10 del D. M. 236 del 1989 agli edifici preesistenti alla entrata in vigore di tale testo normativo rende percorribili anche altre soluzioni, in grado di ridurre o ovviare all'ingombro del corrimano, quali a titolo esemplificativo: a) la costruzione di un corrimano esterno con ingombro minore di otto centimetri e conseguente aumento della larghezza della rampa a più di 72 cm.  b) il posizionamento del corrimano ad una altezza dai gradini superiore a quella delle barelle in uso, le quali, in assenza di contatto col corrimano fruirebbero di uno spazio libero di 80 cm. 
Nella specie non trova infatti applicazione la previsione di una altezza compresa tra 0,90-1 m, di cui all'art. 8.1.10 del D. M. 236 del 1989.  1.7.2 Sulla scorta delle considerazioni che precedono, e tenuto conto che la riduzione di larghezza riguarda solo parte delle rampe, la difficoltà di transito da parte di due persone affiancate costituisce un disagio compatibile con il principio di pari uso di cui all'art. 1102 c.c.. 
Analogo ragionamento vale per la sedia a rotelle delle dimensioni individuate a pag. 7 della CTU, che sarebbe in grado di transitare in spazio compreso tra 72 e 80 cm.. 
La rampa potrebbe essere infine percorsa sia da una barella di 185 cm x 56, sia (con disagio tollerabile) da una barella di 210 cm x 66 cm, mentre il ricorso al sacco per il trasporto di un infermo costituirebbe l'extrema ratio, evitabile con l'adozione degli accorgimenti tecnici di cui ai superiori punti 1.7 e 1.7.1 e non ostativa all'utilizzo del vano scale. 
Infine le difficoltà di trasporto dei mobili per le rampe di scale e la necessità di utilizzo di piattaforme aeree esterne, costituiscono disagi compatibili con il principio di uso paritetico di cui all'art. 1102 c.c., a cui si può ovviare ove possibile con lo smontaggio di tali componenti, probabilmente necessario anche se il vano scale avesse mantenuto la larghezza originaria.  1.7.3 La restrizione del vano scale, anche in presenza del corrimano esterno, non rende quindi inutilizzabili le scale, e non collide con il principio dell'uso paritetico di cui all'art. 1102 Per ragioni di completezza è opportuno evidenziare che la S.C., con sentenza n. 16486 del 05.08.2015, ha ritenuto la larghezza di 72 cm del vano scale compatibile col principio dell'uso paritetico degli altri condomini. La decisione ha puntualizzato che nell'identificazione del limite all'immutazione della cosa comune, disciplinato dall'art. 1120, 2° co., c.c., il concetto di inservibilità della stessa non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione - coessenziale al concetto di innovazione - ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità (cfr. Cass. 12.7.2011, 15308), e che all'esito del supplemento di c.t.u. appositamente disposto dalla Corte di appello era stato acclarato che "una sedia a rotelle, con accompagnatore, potrebbe essere introdotta nell'ascensore; che una sedia a rotelle potrebbe anche essere trasportata lungo le scale; che una lettiga — barella potrebbe essere trasportata, senza danno per l'infermo, lungo le scale" (così sentenza d'appello, pagg. 5 - 6). 
Tale insegnamento, più recente e conforme all'evoluzione testuale dell'art. 2 L. n. 13 del 1989, viene ritenuto condivisibile rispetto all'indirizzo, più datato, contenuto nella pronuncia 12847/07 della S. C., richiamata dagli appellanti e secondo cui la riduzione della rampa a 85 cm avrebbe reso disagevole il contemporaneo passaggio di due persone e problematico il trasporto di oggetti di grosse dimensioni.  2. Considerazioni conclusive e regolazione delle spese di lite. 
Il gravame deve essere respinto e la sentenza di primo grado confermata. 
Non si ravvisa la necessità di alcuna integrazione istruttoria, stante la completezza delle risultanze del primo grado. Le ulteriori richieste sono assorbite, in ossequio al c.d. "criterio della ragione più liquida", in forza del quale la pronuncia viene emessa sulla base di un'unica ragione, a carattere assorbente, che da sola è idonea a regolare la lite (cfr. per tutte: Cass. 03 luglio 2013, n. 16630; Cass. Civ. 16 maggio 2006, n. 11356). Ciò vale con particolare riguardo alla richiesta attorea di integrazione della CTU al fine di verificare se è tecnicamente possibile realizzare un corrimano sulle scale del condominio mantenendo l'ampiezza delle scale nei limiti di legge. 
Circa la regolazione delle spese di lite tra le parti costituite, il Collegio ritiene che ai sensi dell'art. 92 c.p.c., come modificato dal d.l. n. 132 del 2014 e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, sussistano gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione integrale delle spese del presente grado, derivanti a) dalla recente modifica apportata dal D. L. 76 del 2020 all'art. 2 della L. n. 13 del 1989, e b) dalla diversità e opinabilità delle soluzioni inerenti la larghezza minima del vano scale ai fini della utilizzabilità dello stesso, emerse dalle pronunce sopra menzionate (Cass. n. 12847/2007 e Cass. n. 16486 del 2015), divergenze già presenti nella giurisprudenza di legittimità al momento della introduzione della lite (in argomento civ. n. 6901 del 15/03/2025; Cass. Civ. n. 7992 del 11/03/2022).
Nulla viene statuito circa le spese di lite nel rapporto con i condomini contumaci, stante la loro inattività difensiva. 
PER QUESTE RAGIONI La Corte d'appello definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, avente ad oggetto l'impugnazione della sentenza definitiva n. 1210/2023, pronunciata dal Tribunale di ### nel giudizio 2352/2017 r.g., ogni diversa istanza, eccezione, e deduzione disattesa, così provvede: 1) rigetta l'appello, e per l'effetto conferma la sentenza di primo grado; 2) compensa per intero tra le parti le spese del presente grado; 3) Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte degli appellanti in solido dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'appello a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.  ### camera di consiglio del 04.12.2025.   

Il Giudice
ausiliario estensore


causa n. 126/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Piero Aguzzi, Claudio Baglioni

M
4

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 10461/2025 del 22-04-2025

... ricorso deve essere dichiarato improcedibile. Le spese e compen si di lite seguono l a soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Poiché, all'esito dell'opposizione alla pro posta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell'art. 380-bis, ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l'art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della contropa rte, di u na somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo. Sussistono i presupposti processua li per il versamento - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P. Q. M. La Corte Suprema di Cassazione dichiara l'improcedibilità del ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso (iscritto al N.R.G. 7193/2024) proposto da: ### S.r.l. in liquidazione (P.IVA: ###), in persona del suo liquidatore e legale rappresenta nte pro - tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce a l ricorso e all'istanza ex art. 380-bis, secondo comma, c.p.c. vigente ratione temporis, dall'Avv. ### con domicilio digitale eletto presso l'indirizzo PEC del difensore; - ricorrente - contro ### S.p.A. (C.F.: ###), in persona del suo procuratore ### in forza di procura per atto pubblico del 10 febbra io 2014, rep. n. 27384, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controrico rso, dagli Avv.ti ### e ### con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi PEC dei difensori; - controricorrente - Vendita - ### mobili - Risoluzione per inadempimento - Risarcimento danni R.G.N. 7193/24 C.C. 18/03/2025 2 di 11 avverso la sentenza della Corte d'appello di Milan o 3508/2023, pu bblicata il 13 dicembre 2023, asseritam ente notificata a mezzo PEC l'11 gennaio 2024; udita la rel azione della causa svolta nella cam era di consiglio del 18 marzo 2025 dal Con sigliere rel atore ### vista l'opposizione tempestivamente spiega ta dalla ricorrente avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380-bis c.p.c.; letta la m emoria illustrativa depositata nell'interesse della controricorrente, ai sensi dell'art. 380-bis.1. c.p.c.  ### 1.- Con atto di citazione notificato il 3 novem bre 2020, la ### S.p.A. conveniva, davanti al Tribunale di Milano, la ### S.r.l., chiedendo che fosse pronunciata la risoluzione degli ordini per la vend ita di capi di a bbigliamento per inadempimento della società convenuta acquirente, condannando quest'ultima al risarcimento dei danni subiti per un importo pari al prezzo della merce fornit a, p ari ad euro 1.554.184,83, oltre rivalutazione monetaria ed interessi. 
Si costituiva in giudizio la ### S.r.l., la quale contestava la fond atezza in fatto e in diritto delle doma nde a vversarie, chiedendone il rigetto, e - in via subordinata - chiedeva che venisse accertato che l'inadempimento era dovuto ad impossibilità sopravvenuta ovvero ad eccessiva onerosità sopravvenu ta della prestazione e - in ult eriore subordine - che fosse dispost a la 3 di 11 riduzione del quantum debeatur per a vere l'attrice concor so a cagionare il danno, avendo avviato la produzione degli articoli in oggetto senz a attendere il rel ativo acconto, come convenuto in contratto. 
Era contestata altresì l'imputabilità dell'inadempimento, riconducibile alla sospensione delle atti vità commerci ali disposta dalle norme di cont enimento della diffusio ne della pa ndemia da ###19. 
Quindi, il Tribunale adito, co n sentenza n. 8352/ 2022, depositata il 24 ottobre 2022, notificata il 27 ottobre 2022, in accoglimento delle domande di parte attrice , pronunciava la risoluzione per inadempimento del cont ratto di vendita e condannava la società convenuta al risarcimento dei da nni per l'intera somma richiesta di euro 1.554.184,83, oltre rivalutazione monetaria e interessi dalla domanda giudiziale al saldo.  2.- Con atto di citazione notificato il 24 novembre 2022, la ### S.r.l. proponeva app ello avvers o la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) il mancato perfezionamento dei contratti di vendita tra le parti, che avrebbe richiesto la previa accettazione delle proposte da parte di ### 2) la non imput abilità dell'asserito ina dempimento; 3) il mancato perfezio namento di alcuni ordini relativi alle stagioni autunno-inverno 2020/2021; 4) l'errata decisione sul risarcimento del danno per inadempimento contrattuale e sul quantum risarcibile. 
Si costituiva nel giudizio di impugnaz ione la ### S.p.A., la quale instava per la declaratoria di inammissibilità dell'appello ovvero per il suo rigetto. 4 di 11 Decidendo sul gravam e interpos to, la Corte d'appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, in a ccoglimento per quanto di ragione dell'im pugna zione e in parziale riform a della sentenza impugnata, pur confermando la pronuncia di risoluzione della vend ita di merci, come da ordini co nferiti, per inadempimento dell'acquirente, riduceva la somma dovuta a titolo di risarcim ento danni d a euro 1.554.184,83 ad euro 1.028.098,20, oltre rivalut azione monetaria e interessi dalla domanda giudiziale al saldo, co n la condanna alla restituzio ne della differenza eventualmente versata.  3.- Avverso la sentenza d 'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la ### S.r.l. in liquidazione. 
Ha resi stito, con cont roricorso, l'intimata ### S.p.A.  4.- All'esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio depositata il 18 sett embre 2024, comunicata il 18 settembre 2024, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., alla stregua della ritenuta improcedibilità del ricorso. 
Con a tto depositato il 25 ottobre 2024, la ### S.r.l. in liquidazione ha spiegato opposizio ne avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.  5.- La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1.- Con i quattro motivi articolati la ricorrente denuncia: A) ai sensi dell'art . 360, primo com ma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1223 e 2697 c.c., per avere la 5 di 11 Corte di meri to erronea mente confermato la misura del risarcimento del da nno in tesi patito dalla venditrice per l'inadempimento dei primi due ordini del luglio 2019, avendo riguardo al prezzo contrattuale, ancorché ridotto in via equitativa del 10% , utilizza ndo argomenti presuntivi fondati sull'id quod plerumque accidit , m a senza il conforto del benché minimo supporto probatorio; B) ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la viola zione e falsa applicazione dell'art. 2727 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente determinato l'entità del danno sulla scorta di presunzioni, pur non sussistendo i fatti noti da cui sussumere i fatti ignoti, in difetto di alcun elemento da cui desumere la misura del gu adagno non consegu ito; C) ai sensi dell'art. 360, prim o comma , n. 3, c.p.c., la viol azione e falsa applicazione dell'art. 1226 c.c. e dell'art. 115 c.p.c., per avere la Corte distrettua le ridotto l'entità del risarcimento nella misura pari al 10% dell'importo contrattuale, facendo esercizio dei propri poteri in tema di liquidazione equitativa del danno, in violazione dei principi sulla liquidazione secondo equità giudiziale correttiva o int egrativa, che avrebbe presupposto la sussistenza di un danno risarcibile in ordine all'an debeatur , nella fattispecie mai dimostrato, con indebita du plicazione del vantaggio dell'alienante; D) ai sensi dell'art. 360, primo com ma, n. 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., per avere la Corte del grav ame omesso di esamina re un fatto decisivo per il giu dizio, oggetto di discussione tra le parti, tralasciando di pronunciarsi sul motivo d'appello con il quale era stata contestata la quantificazione del risarcimento effettuata. 6 di 11 2.- In via prelim inare, si rileva che non risulta depositata, entro il termine di cui all'art. 369, primo comma, c.p.c., la copia notificata della sentenza impu gnata, sicché il ricorso è improcedibile, posto che, a fron te del la pubb licazione della pronuncia il 13 dicembre 2023, il rico rso di le gittimità è stato notificato a m ezzo PEC l'11 marzo 2024, ossia oltre il term ine breve di 60 giorni dal deposito.  3.- E tanto perché la dichiarazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, contenuta nel ricorso per cassazione, costituisce l'attestazione di un “fatto processuale” - l'avvenuta notificazione della sentenza - idoneo a far decorrere il termine “breve” di impugn azione e, in quanto manifestazione della “autoresponsabilità” della parte, la impegna a subire le conseguenze di quanto dichiara to, face ndo sorgere, in capo ad essa, a i sensi dell'art. 369 c.p.c., l'onere di depositare, nel termine ivi previsto, copia della sentenza munita della relata di notifica (Cass. Sez. U, Sentenza n. 21349 del 06/07/2022; ### 2, S entenza n. 12874 del 22/04/2022; Sez . 2, Ordina nza ### del 24/11/2021; ### 6-3, Ordin anza n. 15832 del 07/06/2021; con riferimento alla notifica a mezzo ###.  5, Ordinanza n. 14790 del 27/05/2024). 
A fronte della mancata produzione della copia notificata della sentenza, a n ulla rileva che il ricorso sia sta to ipoteticamente notificato nel termine breve decorrente dalla data di notificazione della sentenza (Cass. S ez. 1, Ordinanza n. 14360 del 25/05/2021; ### 6-2, Ordinanza n. 19695 del 22/07/2019). 
Ed, infatt i, la previsione, in seno all'art. 369, seco ndo comma, n. 2, c.p.c., dell'onere del ricorrente di depositare - 7 di 11 entro il termine di venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso - la copia della decisione impugnata , m unita della relazione di notificazione, se avvenuta, è funzio nale all'adempimento, da parte della Corte di ca ssazione, del dovere di controllare la tempestività dell'esercizio del potere di impugnazione, a tu tela dell'esigenza pubblicistica - non disponibile dalle parti - del rispetto della “cosa giudicata formale” (art. 324 c.p.c.), che si risolve nella “incontrovertibilità” delle pronunce giurisdizionali e, quindi, nella stabilità delle situazio ni giuridiche sulle quali il giudice si è pronunciato. 
Segnatamente, in tema di giudizio di ca ssazione, l'omessa produzione della relata di notific a della sentenza impugnata comporta l'improcedibilità del ricorso ex art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c. e tale sanzione non contrasta con gli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, trattand osi di un a dempimento preliminare, tutt'altro che oneroso e complesso, che non mette in discussione il diritto a lla difesa ed al giusto processo, essendo finalizzato a verificare, nell'interesse pubblico, il passaggi o in giudicato della decisione di merito ed a selezionare la procedura più adegua ta alla definizione della controversia ( Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28119 del 31/10/2024; ### 1, Ordinanza n. 19475 del 15/07/2024). 
Ora, la notificazione della sentenza, a i fini della decorrenza del termine breve per impugnare, costituisce un atto della parte destinato esclusivamente alla controparte, che rimane di per sé ignoto al giudice, il quale non ha modo di venirne a conoscenza, se non mediante le dichiarazioni rese da lle stesse pa rti nel giudizio di impugnazione o mediante i documenti dalle medesime 8 di 11 prodotti, anche mediante deposito telematico (da effettuare nel giudizio di legittimità). 
Assume, pertanto, un ruolo fondamentale, ai fin i della conoscenza da part e della Corte della deco rrenza del termine breve di impugn azione, la posizione assunta dalle parti, con le loro allegazioni e con le loro produzioni. 
Per l'effett o, quando il ricorrente alleghi espressamente (enunciando la circostanza nel rico rso) oppu re implicitamente (producendo copia autentica della sentenza impugnata, recante la relata di notificazione idonea ai fini del decorso del termine per l'impugnazione) che la sentenza, contro cui ricorre, è stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione ovvero quando l'avvenuta notifica zione della sentenza risulti dalla eccezione del controricorrente o dalle emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d'ufficio, deve intendersi che il ricorrente abb ia ese rcitato l'impugnazione nel termine breve, co sicché sorge, a carico dello stesso, l'onere di depositare la copia autentica della sentenza impugnata, munita della rel ata di notificazione, unitam ente al ricorso ovvero separatamente da esso, ai sensi dell'art. 372, secondo comma, c.p.c., purché entro il termine di cui al primo comma dell'art. 369 c.p.c. (Cass . Sez. U, Ordinanza n. 9005 del 16/04/2009; nello stesso senso, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1295 del 19/01/2018; Sez. 6-3, Ordinanza n. 3564 del 24/02/2016; ### 3, Sentenza 20883 del 15/10/2015; S ez. L, Sentenza n. 7469 del 31/03/2014). 
La mancata produzione, nel termine di cui all'art. 369 c.p.c., della relata di notifica comporta - escluso il caso in cui il ricorso 9 di 11 per c assazione sia stato notificato pr ima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021; Sez. 6-3, Ordina nza n. 11386 del 30/04/2019; ### 6 -3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013) - l'improcedibilità del ricorso, la quale va dichiarata d'ufficio e non può ritenersi sanata dalla circosta nza che il resistente abbia proposto controricorso senza formulare alc una eccezione di im procedibilità, finanche riconoscendo la notificazione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17014 del 20/06/2024; ### U, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019; ### L, Sentenza n. 3466 del 12/02/2020), come nel caso di specie. 
Non pu ò, tuttavia, l'im procedibilità essere dichiarata ove la relata di notifica della sentenza impugnata risulti comunque nella disponibilità del giudice, perché prodotta da lla pa rte controricorrente ovvero presente nel fa scicolo d'ufficio ( Sez. U, Sentenza n. 10648 del 02/05/2017; ### U, Ordinanza 9005 del 16/04/ 2009; ### U, Ordinanza n. 9006 del 16/04/2009; ### 3, Ordinanza n. 20795 del 28/09/2009; ### 3, Sentenza n. 9928 del 26/04/2010; ### 3, Sentenza n. 25296 del 01/12/2009).  4.- Alla luce dei pr incipi esposti, tutte le citate co ndizioni ricorrono nella fattispecie, posto che: a) la sentenza impugnata è stata pubblicata il 13 dicembre 2023; b) la ricorrente ha dato atto nel ricorso che la medesi ma sentenza impu gnata è stata notificata l'11 gennaio 2024; c) il ricorso per cassazione è stato notificato l'11 ma rzo 2024; d) benché la controricorrente non abbia contestato l'a vvenuta notifica nella data indicata, né nel fascicolo di parte ricorrente, né negli atti del fascicolo d'ufficio, né 10 di 11 nel fascicolo di parte controricorrente è stata rinvenuta la relata di notifica della sentenza.  5.- In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile. 
Le spese e compen si di lite seguono l a soccombenza e si liquidano come da dispositivo. 
Poiché, all'esito dell'opposizione alla pro posta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell'art. 380-bis, ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l'art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della contropa rte, di u na somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo. 
Sussistono i presupposti processua li per il versamento - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.  P. Q. M.  La Corte Suprema di Cassazione dichiara l'improcedibilità del ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a ccessori come per legge; condanna altresì la 11 di 11 ricorrente al p agamento, in f avore della controricorrente, della somma equitativamente determinata in euro 4.000,00 e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 2.500,00. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella cam era di co nsiglio della ### 

causa n. 7193/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Bertuzzi Mario, Trapuzzano Cesare

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Tribunale di Matera, Sentenza n. 559/2025 del 18-11-2025

... civ., sez. III, 06.03.2025, n. 6031). 4. ### - Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza ed, in relazione al valore della causa, quale risultante dalle somme liquidate all'esito del giudizio, vanno liquidate come indicato in dispositivo. Le spese della c.t.u. sono definitivamente e solidalmente poste a carico delle parti soccombenti. Non può essere accolta la domanda attorea di condanna per lite temeraria, non essendo emersa la prova dell'elemento psicologico di aver resistito in giudizio in mala fede o colpa grave in capo alla convenuta, né del danno subito dalla parte vittoriosa. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa e contraria istanza, per le ragioni indicate in motivazione, così provvede: 1. accoglie la domanda e, per l'effetto, condanna ### e ### di ### soc. coop. a r.l. al pagamento in solido, in favore dell'attrice, della somma di € 67.260,02 oltre interessi come indicati in motivazione; 2. condanna ### e ### di ### soc. coop. a r.l. al pagamento in solido delle spese processuali in favore dell'attrice, che liquida in € 14.100,00 per compensi professionali, oltre rimborso contributo unificato, spese generali 15%, iva e (leggi tutto)...

testo integrale

Successivamente, all'udienza del 18 novembre 2025, innanzi al Giudice Unico dott.ssa ### nel procedimento iscritto al numero di R.G. di seguito indicato, sono comparsi: per parte attrice l'avv. ### per la compagnia convenuta l'avv. ### D'####. ### si riporta ai precedenti scritti difensivi. ###.  #### si riporta ai propri scritti difensivi e relativamente alla personalizzazione del danno specifica che è ormai indirizzo costante della Cassazione, da ultimo con la sentenza n. 29135/2025, che il danneggiato deve dimostrare in maniera certa ed inoppugnabile l'effettiva sussistenza di effetti anomali ed eccezionali idonei ad indurre una personalizzazione del danno; di talchè si oppone alla richiesta di personalizzazione. Per quanto riguarda il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, richiama Cass. 4770/2023. ###. ### quanto alla personalizzazione del danno precisa che la richiesta si riferisce ai disagi derivanti dalle cicatrici riportate. Quanto alle cinture di sicurezza, si riporta alle dichiarazioni dell'attrice in sede di interrogatorio formale e alle conclusioni del ctu.  ###.  #### insiste sulle precedenti eccezioni. Dopo breve discussione orale, il Giudice decide come da sentenza che segue, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione.  REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MATERA Il Tribunale, nella persona del Giudice Unico dott.ssa ### ha pronunciato, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c, la seguente nella causa civile in prima istanza, iscritta al n. r.g. 1110/2017, avente ad oggetto “lesione personale”, promossa da: ### (C.F. ###), con il patrocinio degli avv.ti ### e ### elettivamente domiciliat ###atti ####À ###. ###.L. (P.I.  ###7), in persona del suo legale rappresentante p.t., con il patrocinio degli avv.ti ### D'### e ### D'### elettivamente domiciliat ###atti #### (C.F. ###) - contumace C ### I procuratori delle parti concludono come da verbale che precede. 
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Per quanto strettamente rileva ai fini della decisione, giusta il disposto degli artt.  132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., le posizioni delle parti e l'iter del processo possono sintetizzarsi come segue. 
Con atto di citazione ritualmente notificato, ### evocava in giudizio la compagnia ### di ### a r., onde ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subìti in occasione del sinistro verificatosi il giorno 14.06.2015, in qualità di trasportata a bordo dell'autovettura ### targata ### di proprietà di ### e condotta da ### A sostegno della domanda risarcitoria, deduceva che: il giorno 14.06.2015 alle ore 04:30 circa, il veicolo sopra indicato, condotto da ### si avviava da ### per raggiungere prima la città di ### e poi quella di ### a bordo del mezzo venivano trasportati anche l'odierna attrice, il sig.  ### e il sig. ### seduti sul sedile posteriore; all'incirca verso le ore 05:10 e dopo aver percorso una distanza di circa 32 chilometri, il veicolo con i suoi trasportati giungeva presso ### dove smontava, e si separava dalla comitiva di amici il sig. ### il sig. ### riprendeva subito la marcia ma, verso le ore 05:25, mentre percorreva la S.S. 407 all'altezza del km. 85+500 marciando in direzione ### a causa dell'eccessiva velocità, perdeva il controllo del veicolo che invadeva l'altra corsia di marcia, urtava contro un terrapieno e si ribaltava; sul luogo dell'incidente interveniva la ### di ### distaccamento di ### sulla scorta della ricostruzione della dinamica del sinistro operata dagli agenti, veniva contestata al ### l'infrazione di cui all'art. 141 comma 3 del C.d.S. 
Precisava l'attrice che, a causa delle gravissime lesioni riportate nel sinistro stradale, aveva subito ingenti danni non patrimoniali e patrimoniali, come accertato nella relazione peritale redatta dal consulente di parte dott. ### in atti. 
Aggiungeva che, a seguito di diffida stragiudiziale, la compagnia ### liquidava la somma di € 142.131,78 non comprensiva di spese legali, reputando la ### responsabile per rischio elettivo essendosi “affidata a persona conducente il veicolo sotto effetto di sostanze alcoliche”, ascrivendo alla danneggiata una responsabilità ex art. 1227 c.c. quantificata nella misura del 30%. ###, ritenendo non congrua la somma offerta, la tratteneva imputandola a titolo di acconto rispetto al maggior credito vantato e, pertanto, si vedeva costretta ad agire giudizialmente al fine di ottenere il riconoscimento delle sue legittime pretese risarcitorie. 
Si costituiva in giudizio l'assicuratore convenuto, il quale in via preliminare chiedeva di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti del conducente del mezzo e della proprietaria dello stesso; nel merito, contestava la domanda, eccependo la esclusiva e/o concorrente responsabilità della terza trasportata, per l'esposizione volontaria della stessa ad un rischio superiore alla norma, per il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza e per il fatto che, pur essendo conscia dello stato di ebrezza del conducente il mezzo, aveva acconsentito di salire sullo stesso autorizzando implicitamente il conducente non sobrio a porsi alla guida, chiedendo di determinare ai sensi dell'art. 1227 c.c. la esclusiva responsabilità dell'attrice o, perlomeno, la quota di corresponsabilità della stessa nella determinazione dell'evento di che trattasi determinando l'ammontare delle eventuali somme a lei dovute, tenendo in considerazione quanto ricevuto. Sempre nel merito, chiedeva di rigettare le altre domande come proposte, perché infondate in fatto e in diritto.
Espletata l'istruttoria mediante prove orali (interrogatorio formale dell'attrice e prove testimoniali) e ctu medico-legale, la causa veniva introitata per la decisione, con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. 
Con ordinanza del 19.10.2023 la causa veniva rimessa sul ruolo e ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti della proprietaria del veicolo ai sensi dell'art. 102 c.p.c., assegnandosi a tal fine a parte attrice il termine perentorio fino al 30.11.2023 per la relativa notificazione. Non si costituiva in giudizio ### benché ritualmente citata, che pertanto rimaneva contumace. 
Nell'udienza odierna la causa viene decisa ai sensi dell'art. 281 sexies cpc.  **********  1. ###. - Preliminarmente, va esaminata la domanda di estinzione del giudizio per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del responsabile civile litisconsorte necessario. 
Con ordinanza del 19.10.2023 è stata ordinata l'integrazione del contraddittorio sulla base dei seguenti presupposti: “rilevato che nel caso in esame si verte in tema di azione esercitata dal terzo trasportato nei confronti della compagnia assicurativa del veicolo trasportante, ai sensi del d.lgs. n. 209 del 07/09/2005; rilevato che la compagnia convenuta ha eccepito la nullità del contraddittorio, per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del responsabile del danno, e ha chiesto pertanto di dichiarare l'estinzione del giudizio; rilevato che l'attrice ha chiesto di rimettere la causa sul ruolo per disporre l'integrazione del contraddittorio sia nei confronti del proprietario del veicolo, che nei confronti del conducente; osservato che la Cassazione ha da tempo affermato, in maniera condivisibile, che in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, nel giudizio promosso dal terzo trasportato nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo a bordo del quale si trovava al momento del sinistro, è litisconsorte necessario il proprietario del veicolo, con la conseguenza che, ove quest'ultimo non sia stato citato in giudizio, il contraddittorio deve essere integrato ex art. 102 c.p.c. e la relativa omissione, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, determina l'annullamento della sentenza con rimessione della causa al giudice di primo grado, ai sensi dell'art. 383, comma 3, c.p.c., cfr. Cass. civ., sez. 3, ordinanza 27078 del 14/9/2022 (cassa con rinvio, Corte d'###, 4/9/2019). Nella motivazione dell'ordinanza appena citata la Suprema Corte ha puntualizzato che, comunque venga ricostruita sul piano sistematico l'azione promossa dal terzo trasportato che agisca nei confronti dell'assicuratore del vettore, non è in discussione (secondo l'indirizzo della Cassazione) la sussistenza del litisconsorzio necessario con il proprietario del veicolo assicurato; rilevato che, nel caso di specie non risulta evocato in giudizio il litisconsorte necessario proprietario del veicolo trasportante (### tg. ### di proprietà di ### (cfr. atto di citazione, nonché rapporto di incidente stradale del 14/06/2015 della ### di ### distaccamento di ### doc.1 fascicolo attoreo); ritenuto pertanto necessario disporre l'integrazione del contraddittorio nel termine assegnando, ex art.102 c.p.c., nei confronti di ### (…)”. 
Va inoltre precisato che quando il sinistro veda il coinvolgimento di un solo veicolo su cui viaggiava il terzo trasportato, come nel caso in esame, non trova applicazione l'art. 141 cod. ass., che consente a costui di agire nei confronti dell'assicuratore del proprio vettore, allegando solo la prova del danno e del nesso causale, e prescindendo dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, salvo il caso fortuito. Si applica invece l'art. 144 cod. ass., che consente al danneggiato di agire contro l'assicuratore del proprio veicolo, chiamando in causa anche il responsabile civile (cfr. sentenza n. 448/2024 del Tribunale di ### dott. ###. 
Ciò posto, parte attrice ha fornito la prova dell'avvenuta integrazione del contraddittorio nei termini stabiliti dal giudice, con atto di citazione notificato alla proprietaria del mezzo in data ###, producendo in giudizio un duplicato dell'avviso di ricevimento. 
Parte convenuta ha chiesto pronunciarsi la declaratoria di estinzione del giudizio per mancata osservanza all'ordine del Giudice di integrazione del contraddittorio, eccependo che sull'avviso di ricevimento prodotto dall'attrice vi è indicazione “di aver ricevuto la raccomandata sopra indicata” anche se non risulta apposta alcuna firma né della sig.ra ### né tantomeno del soggetto addetto alla consegna del plico. Al di sotto della ricevuta vi è, inoltre, dicitura “atto consegnato al destinatario il ### risulta dagli atti dell'ufficio”. 
Ai sensi dell'art. 149 c.p.c. e della L. 890/1982, l'avviso di ricevimento costituisce l'unico documento idoneo a provare la notifica, attestando la data e l'identità del ricevente. In caso di smarrimento, l'art. 8 del D.P.R. 655/1982 consente il rilascio di un duplicato da parte dell'ufficio postale. 
La Corte di Cassazione ha affermato che il duplicato rilasciato da ### sostituisce l'originale e ha piena efficacia probatoria (Cass. civ., sez. V, 14574/2018; ord. n. 13798/2022), contestabile solo con querela di falso. Ha inoltre chiarito che “In tema di notificazioni eseguite mediante il servizio postale, per assicurare la corrispondenza tra duplicato ed originale non occorre che il duplicato contenga anche la sottoscrizione della persona alla quale il piego sia stato consegnato, poiché a tal fine rileva il registro di consegna attestante l'avvenuta ricezione dell'avviso originario, del quale il duplicato deve essere una riproduzione fedele, contenendo tutte le indicazioni proprie dello stesso, compresa l'indicazione del soggetto che ha ricevuto l'atto. Dunque, in caso di smarrimento o distruzione dell'avviso di ricevimento, l'avvenuta ricezione del plico può essere provata attraverso il duplicato rilasciato dall'### postale ai sensi del d.P.R.  655 del 1982, art. 8, in esso deve però essere necessariamente indicato il soggetto che ha ricevuto il plico, al fine di porre il giudice in condizione di verificare in quali esatti termini il recapito dell'atto si sia perfezionato” (Cass. civ. sez. VI, ord., 02.05.2022 n. 13798). 
Nel caso di specie, sul duplicato dell'avviso di ricevimento prodotto dall'attrice vi è la dicitura “di aver ricevuto la raccomandata sopra indicata”, anche se non risulta apposta alcuna firma sullo stesso. Al di sotto della ricevuta vì è, inoltre, dicitura “atto consegnato al destinatario il ### come risulta dagli atti dell'ufficio”. 
Dunque, essendo stato indicato nell'avviso di ricevimento il soggetto che ha ricevuto il plico, ovvero il destinatario dello stesso, e non essendo contestato tale avviso con querela di falso, la notifica deve intendersi validamente perfezionata. 
Segue il rigetto della domanda di estinzione del giudizio.  2. ### - Nel merito, la domanda è fondata e, pertanto, va accolta nei limiti di seguito precisati.
E' pacifico, in quanto non contestato, che ### alle ore 5:30 del 14 giugno 2015, ha rivestito la qualità di terzo trasportato unitamente a #### e ### (quest'ultimo fino a ### all'interno della ### targata ### condotta da ### e assicurata per la r.c.a. da ### s.p.a. 
Nella relazione degli agenti della ### di ### distaccamento di ### intervenuti sul luogo, documento non oggetto di contestazione e pertanto ben utilizzabile come prova ex art. 115 c.p.c., la dinamica del sinistro è stata così ricostruita: “In data ###, alle ore 05.30 circa, ### alla guida del veicolo ### targato ### con a bordo la proprietaria del veicolo, ##### percorreva la SS 407 con direzione di marcia ### Giunto in prossimità del chilometro 85+500, su un tratto di strada bitumata, con fondo asciutto e in buone condizioni, all'uscita da una curva destrorsa ad ampio raggio e visuale libera, per l'eccessiva velocità in ore notturne e per le probabili condizioni psico-fisiche alterate dall'assunzione di bevande alcoliche, perdeva il controllo del veicolo invadendo il senso opposto di marcia in modo obliquo rispetto all'asse stradale da destra verso sinistra, andando ad urtare inizialmente con la ruota anteriore destra contro un paletto di sostegno del delineatore di curva, abbatteva un paletto in plastica, delimitatore di carreggiata, successivamente oltrepassava il canaletto di scolo delle acque, in cemento armato, urtava in modo violento con la parte posteriore del veicolo contro la costa ascendente ###, rispetto il manto stradale, del terreno circostante, il quale veniva percorso, urtando più volte per circa m.33, parallelamente all'asse stradale. A seguito dell'ultimo urto, il veicolo ribaltando su sé stesso veniva respinto in cunetta dove, fuoriusciva e ritornava nuovamente in carreggiata strusciando sulla capote e abrasando il manto bituminoso. ### arrestava la sua corsa al centro della carreggiata, a ridosso della doppia striscia longitudinale di mezzeria, con i pneumatici rivolti verso l'alto trasversalmente all'asse stradale, con la parte anteriore rivolta verso sinistra rispetto all'originale senso di marcia. Sul manto stradale venivano rilevate 4 tracce di scarrocciamento oblique verso sinistra, lasciate impresse dai pneumatici, rispettivamente lunghe mt.58,50, mt.55,00, mt.10,60 e mt.26,90. E in corrispondenza dell'autovettura una traccia di abrasione di mt.11,50 circa lasciata impressa dalla capote. Sul luogo del sinistro, prima del nostro arrivo, nell'immediatezza dei fatti, interveniva l'### di P.S. ### il quale si adoperava per la messa in sicurezza della sede stradale, prestando i primi soccorsi e sollecitando telefonicamente l'intervento delle ambulanze del 118 i quali giunti sul luogo provvedevano alle prime cure e al trasporto dei feriti presso il pronto soccorso degli ospedali di ### e ### Il veicolo veniva localizzato nella fase statica assunta dopo il sinistro stradale. Sul luogo del sinistro, la ### Turno 0/7 (###, in ausilio agli operatori, con strumento preliminare ### in dotazione di reparto, viste le condizioni non gravi del conducente (### del veicolo, nella persona dell'#### gli effettuava il test che dava esito positivo. A tale accertamento, non si procedeva ulteriormente con l'apparecchiatura ### test, in dotazione, in quanto il medico dell'ambulanza 118 non lo consentiva prima di un più approfondito accertamento ed esame medico da effettuare in ### Soccorso” (cfr. doc. 1 parte convenuta). 
Orbene, può conseguentemente affermarsi pacificamente che il sinistro abbia interessato un solo veicolo e che l'attrice rivestisse la qualità di terza trasportata. 
Trova, di conseguenza, applicazione il dictum legis di cui all'art. 144 del codice delle assicurazioni con la precisazione che, venendo in rilievo l'art. 2054, primo comma, c.c. l'onere probatorio gravante sul trasportato è analogo a quello previsto all'art. 141, atteso che spetta al vettore che voglia andare esente da responsabilità, provare “di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno” (Cass. 1044/2024), cosa che, nella specie, è del tutto mancata. 
Ciò posto, va rilevato che è in contestazione tra le parti la responsabilità per le conseguenze lesive subite dall'attrice in conseguenza del sinistro, atteso che l'assicuratore convenuto, che ha già corrisposto l'importo di € 142.131,78 (la circostanza non è contestata), sostiene l'applicabilità al caso di specie dell'art. 1227 c.c. e quindi della sussistenza del fatto colposo della danneggiata tale da escludere o quantomeno da diminuire il quantum del risarcimento dei danni subiti. 
In particolare, la difesa dell'assicuratore ha dedotto l'esposizione volontaria della ### ad un rischio superiore alla norma, atteso che la stessa: a) aveva acconsentito di salire sul mezzo pur essendo conscia dello stato di ebrezza del conducente, autorizzando implicitamente il conducente non sobrio a porsi alla guida; b) non aveva utilizzato le cinture di sicurezza che avrebbero potuto circoscrivere i danni. 
Giova ricordare che, come ha avuto modo di statuire la Suprema Corte, “in tema di risarcimento del danno da incidente stradale, la consapevolezza della persona trasportata che il conducente sia sotto l'effetto di alcol o di altre sostanze eccitanti, pur non potendo determinare l'assoluta esclusione del suo diritto alla tutela assicurativa, ai sensi dell'art. 13 Direttiva 2009/103/CE, costituendo una esposizione volontaria ad un rischio, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, ponendosi come antecedente causale necessario del verificarsi dell'evento ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. (cfr. Cass. 1386/2023). Deve, infatti, ritenersi che la condotta del trasportato salito a bordo dell'autovettura del conducente in stato di ebrezza, costituisca quantomeno una concausa dell'evento dannoso i cui effetti non possono permanere a carico del danneggiante o di chi è chiamato a risarcire il danno. 
Invero, in ragione della pronuncia della Suprema Corte, pur non potendo essere del tutto escluso il risarcimento, è pur vero che lo stesso, qualora possa ritenersi processualmente provato che il trasportato fosse stato a conoscenza dell'alterazione del conducente allorquando ha deciso di salire a bordo, può essere ridotto secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate ( sentenza n. 448/2024 del Tribunale di ### dott. ### cit.). 
Quanto, poi, all'uso delle cinture di sicurezza, la S.C. ha chiarito che “l'omesso uso delle cinture di sicurezza, da parte del terzo trasportato nella parte posteriore dell'auto, che abbia subito lesioni in conseguenza di un sinistro stradale, costituisce un comportamento colposo del danneggiato nella causazione del danno, rilevante ai sensi dell'art. 1227, co. 1, c.c., e legittima la riduzione del risarcimento del danno” (cfr. Cass. ord. 21991/2019). 
Va poi precisato che, in tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell'evento dannoso, a norma dell'art. 1227 c.c. - applicabile, per l'espresso richiamo contenuto nell'art. 2056 c.c., anche nel campo della responsabilità extracontrattuale - la prova che il creditore-danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l'ordinaria diligenza deve essere fornita dal debitore-danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore (Cass. Civ. Sez. III n. 4954/2007).  ### della prova, nello specifico, grava su chi intenda far valere la sussistenza delle circostanze idonee a determinare, ex articolo 1227 c.c., una riduzione del risarcimento, ovvero, nella specie, sulla compagnia di assicurazione. 
Tale prova non può ritenersi acquisita nel presente giudizio. 
Invero, la compagnia di assicurazione non è riuscita a provare la consapevolezza in capo al danneggiato della circostanza che il conducente aveva fatto uso di sostanze alcoliche, sì da predicare la sussistenza di una cooperazione attiva nella causazione del danno (cfr. Cass. 1295/2017), in ragione della quale ridurre il quantum. 
Il tasso alcolemico è stato rilevato dagli ### soltanto con l'utilizzo di strumentazione; gli stessi, però, non hanno dato contezza della sussistenza di circostanze in ragione delle quali risulta evidente o quantomeno sospetto lo stato di alterazione psicofisica. Nessuno ha mai dato atto della presenza di: alito dall'odore caratteristico di alcol, movimenti grossolani, linguaggio pastoso, tono della voce alterato, sudorazione eccessiva, respirazione affannosa, ritmo del linguaggio non uniforme, disarmonia dei movimenti o difficoltà di equilibrio, elementi questi da cui poter affermare che lo stato di alterazione fosse evidente e che, pertanto, il danneggiato fosse stato del tutto incauto nel salire a bordo dell'autovettura. Ne consegue che, non essendo stata provata la cd. cooperazione attiva della danneggiata nel fatto del danneggiante, la richiesta di riduzione del danno, formulata dalla difesa convenuta, non potrà che essere disattesa. 
Parimenti, non può ritenersi provato il mancato uso delle cinture da parte dell'attrice. 
Nessuna prova orale ha confermato che l'attrice non utilizzasse le cinture di sicurezza, né tale evenienza è indirettamente ricavabile in ragione degli effetti dell'impatto, non riscontrandosi una significativa corrispondenza biunivoca tra danni così come verificatisi e mancato utilizzo delle cinture di sicurezza. Persino il c.t.u. non si è pronunciato in merito, “considerata la dinamica del sinistro in cui si è verificato un ribaltamento del mezzo” (v. pag. 13 relazione del ctu). Il mancato uso dei meccanismi di ritenzione, pertanto, è rimasto relegato nell'alveo di una presunzione, peraltro, non corroborata da gravità e precisione. 
Ciò posto, ulteriormente si osserva quanto segue.  3. ### - La difesa attorea ha chiesto il ristoro del danno non patrimoniale (sotto forma di danno biologico con personalizzazione) e del danno patrimoniale (spese mediche sostenute e spese di assistenza stragiudiziale). 
Con riguardo alla natura e all'entità delle lesioni subite dall'attrice, il ### ritiene che possano essere condivise le considerazioni espresse dal ctu, in quanto adeguatamente motivate e basate su riscontri obiettivi accertati in sede di visita peritale. 
La ctu espletata a firma della dott.ssa ### ha, in particolare, consentito di accertare che l'attrice (dell'età di 24 anni all'epoca del fatto) riportò, in occasione del sinistro del 14.06.2015, lesioni traumatiche consistenti in “trauma cranico con ematoma epidurale in sede fronto-temporo-parietale sx sottoposto a craniotromia, splenectomia per rottura di milza, trauma rachide dorsale con frattura di ###, frattura composta del manubrio dello sterno, frattura II costa dx e ### a sx, frattura pluriframmentaria dell'ala sacrale dx con interessamento del coccige, frattura pluriframmentaria dell'osso pubico di sx, vasti esiti cicatriziali da escoriazioni profonde in sede ###sede lombare e glutea sx, multiple breccie ernarie in sede cicatriziale chirurgica xifo-ombelicale”. 
Il ctu ha ritenuto che le lesioni riportate sono in rapporto di causalità, secondo i criteri medico-legali di giudizio, con il fatto lesivo come risultante dagli atti di causa. 
Il tecnico d'ufficio ha poi congruamente determinato il periodo di inabiltà temporanea conseguita alle lesioni in complessivi giorni 83, di cui gg. 21 di inabilità temporanea totale, parziale al 75% gg. 40, parziale al 50% gg. 32, Tali lesioni e l'entità dei postumi hanno determinato un danno biologico permanente complessivamente valutato dal ctu in misura pari al 38%, considerando inclusa anche la valutazione del 2% preventivata quale esito chirurgico dell'intervento di laparocele. 
Per quanto riguarda la liquidazione del danno biologico a favore dell'attrice, applicando le più recenti tabelle milanesi e tenuto conto dell'età della danneggiata al momento del sinistro pari ad anni 24, il totale complessivo del danno risarcibile è pari a € 208.307,00. 
Ritiene il giudicante di non dover procedere ad una personalizzazione del danno in considerazioni delle ricadute sulle attività di vita quotidiana svolte dall'attrice, non essendo state allegate circostanze atte a far ritenere incongruo e non satisfattivo il valore medio standardizzato indicato dalle tabelle applicate. 
Il danno estetico evidenziato dalla difesa attorea, come è noto, non rappresenta un tipo di danno autonomamente risarcibile, ma è ricompreso, come rilevato dallo stesso ctu, nel danno biologico. 
In argomento, giova richiamare la giurisprudenza più recente della Suprema Corte di Cassazione, la quale, ribadendo il concetto di danno non patrimoniale come categoria unitaria e omnicomprensiva, affermato dalle note sentenze delle ### dell'11 novembre 2008 (nn. 26972, 26973, 26794, 26795 del 2008), ha chiarito che “In tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, la misura <standard> del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato negli uffici giudiziari di merito (nella specie, le tabelle milanesi) può essere incrementata dal giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, solo in presenza di conseguenze anomale o del tutto peculiari (tempestivamente allegate e provate dal danneggiato), mentre le conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età non giustificano alcuna <personalizzazione> in aumento” (Cass. civ., sez. III, sentenza 11.11.2019 n. 28988; v. anche Cass. civ., sez. III, ord. 27.03.2018 n. 7513). 
Quanto al danno patrimoniale si osserva quanto segue. 
Non vi è specifica contestazione in ordine alle spese mediche sostenute pari ad € 1.084,80. 
Quanto alla richiesta di refusione delle spese stragiudiziali relative agli onorari dell'avvocato, si osserva come la Cassazione abbia specificato che trattasi di un danno emergente per il cui risarcimento ne occorre la prova. Si legge, infatti, in Cass. 16900/2017 che “le spese di assistenza legale stragiudiziale, diversamente da quelle giudiziali vere e proprie, hanno natura di danno emergente e la loro liquidazione, pur dovendo avvenire nel rispetto delle tariffe forensi, è soggetta agli oneri di domanda, allegazione e prova secondo le ordinarie scansioni processuali”.
Alla luce di tali considerazioni, la richiesta di rifusione delle spese della fase stragiudiziale relative ai compensi dell'avvocato non potrà che essere disattesa atteso che le stesse non sono state provate, né tantomeno documentate. 
La mancata costituzione della proprietaria esclude ogni possibilità di poter predicare, in casu, la sussistenza di quelle particolari ipotesi previste dall'articolo 2054 c.c. in ragione delle quali escluderne la responsabilità. Logico corollario sarà anche la condanna solidale della stessa. 
Alla luce di quanto detto, considerato che il danno non patrimoniale risarcibile ammonta ad € 208.307,00 e quello patrimoniale ad € 1.084,80 per un totale di € 209.391,80, ### e la ### di ### soc. coop.  a r.l. dovranno essere condannate a risarcire l'importo di € 67.260,02 pari alla differenza tra € 209.391,80 ed € 142.131,78, che è l'importo già corrisposto dalla compagnia di assicurazione. 
Sulla complessiva somma dovuta all'attrice per danno non patrimoniale vanno riconosciuti gli interessi al tasso nella misura legale (indicato dal legislatore per la liquidazione degli interessi moratori nelle obbligazioni pecuniarie ex art. 1224 c.c.) quale nocumento finanziario (lucro cessante ex art. 1223 c.c.) subito a causa della mancata disponibilità della somma di danaro dovuta a titolo di risarcimento, somma che, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per lucrare un vantaggio finanziario. Considerato che i danni sono stati quantificati con riferimento al valore monetario attuale, gli interessi non possono essere calcolati dalla data dell'illecito sulla somma liquidata comprensiva della rivalutazione, ma con riferimento all'ammontare dei danni espressi nei valori monetari all'epoca del fatto e annualmente rivalutato secondo gli indici ### (Cass. civ. sez. 3, n. 5054 del 03.03.2009; Cass. civ. sez. 3, n. 5503 del 08.04.2003; Cass. S.U. n. 1712 del 17.02.1995). Sulla somma riconosciuta a titolo di danno patrimoniale, dovranno essere riconosciuti gli interessi legali dal giorno dei singoli esborsi fino al saldo. 
Infine, va disattesa la richiesta di disporre l'acquisizione presso la sede ### di ### degli atti e documenti relativi alle prestazioni erogate ed in corso di erogazione in riferimento all'infortunio occorso alla ### avanzata dalla compagnia convenuta richiamando i principi in tema di compensatio lucri cum damno, sul presupposto che l'attrice avrebbe confessato in sede di interrogatorio di percepire dall'### a seguito del sinistro per cui è causa, una pensione di invalidità. 
Recentemente la Suprema Corte ha precisato, infatti, che “###importo liquidato a titolo di risarcimento del danno biologico non deve detrarsi l'indennizzo erogato dall'### in favore degli invalidi civili, trattandosi di prestazione volta a ristorare un pregiudizio patrimoniale rappresentato dalla perduta capacità di lavoro e, quindi, di guadagno. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva defalcato dall'ammontare del risarcimento del danno biologico l'importo della pensione di inabilità civile e dell'assegno ordinario ex art. 1 della l.  n. 222 del 1984, corrisposti dall'### al danneggiato)” (cfr. Cass. civ., sez. III, 06.03.2025, n. 6031).  4. ### - Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza ed, in relazione al valore della causa, quale risultante dalle somme liquidate all'esito del giudizio, vanno liquidate come indicato in dispositivo. 
Le spese della c.t.u. sono definitivamente e solidalmente poste a carico delle parti soccombenti. 
Non può essere accolta la domanda attorea di condanna per lite temeraria, non essendo emersa la prova dell'elemento psicologico di aver resistito in giudizio in mala fede o colpa grave in capo alla convenuta, né del danno subito dalla parte vittoriosa.  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa e contraria istanza, per le ragioni indicate in motivazione, così provvede: 1. accoglie la domanda e, per l'effetto, condanna ### e ### di ### soc. coop. a r.l. al pagamento in solido, in favore dell'attrice, della somma di € 67.260,02 oltre interessi come indicati in motivazione; 2. condanna ### e ### di ### soc. coop. a r.l. al pagamento in solido delle spese processuali in favore dell'attrice, che liquida in € 14.100,00 per compensi professionali, oltre rimborso contributo unificato, spese generali 15%, iva e cpa, con distrazione in favore degli avv.ti ### e ### antistatari; 3. pone definitivamente le spese di ctu a carico di ### e ### di ### soc. coop. a r.l. in solido.
Così deciso in ### il 18 novembre 2025 Il Giudice dott.ssa

causa n. 1110/2017 R.G. - Giudice/firmatari: Anna Zaccaria

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