testo integrale
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di ### composta dai seguenti ### l) dott. ### 2) “ ### rel. 3) “ ### ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile in grado di appello avente ad oggetto “### contratti di compravendita merci”, iscritta nel ruolo generale degli affari civili contenziosi civili sotto il numero d'ordine 570 dell'anno 2022 ###.T.M. di ### & C. s.a.s. (P.I. ###), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in ### rappresentato e difeso dall'avv. ### in virtù di procura rilasciata in calce all'atto di appello, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del predetto difensore in ### (via G. ### n. 45) ### 22 S.r.l. (P.### 26338), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. ### in virtù di procura allegata all'atto di citazione di primo grado, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. ### in ### (via ### n. 11) ###'udienza collegiale tenutasi il ### la causa è stata riservata per la decisione, sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti nelle note autorizzate in atti, da intendersi qui per richiamate trascritte, con concessione dei termini ex art.190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali ed eventuali repliche. RAGIONI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato il ### L.T.M. di ### & C.
S.a.s., con sede ###persona del suo legale rappresentante pro tempore, conveniva in giudizio dinanzi il Tribunale di Trani, la società D 22 S.r.l. in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: “a) accertare e dichiarare l'intervenuta risoluzione del contratto, ai sensi dell'art. 1453 c.c., per l'inadempimento contrattuale della società convenuta; b) per l'effetto, condannare la società convenuta al pagamento, in favore dell'attrice, a titolo di risarcimento danni, della somma di € 156.702,00 oltre interessi commerciali, di cui € 112.416,00 quale corrispettivo (detratto l'acconto di € 28.1041,00) dell'importo della fornitura, ed € 44.286,00 occorsi per il pagamento stampi, necessari per la produzione delle calzature commissionate; c) in subordine, si chiede pronunciarsi la condanna della D 22 srl, in favore del legale rappresentante, al pagamento in favore dell'attrice, per i titoli e le causali di cui in narrativa, della somma che sarà ritenuta di giustizia ed equità, o da quantificarsi a mezzo ### d) condannare la società convenuta, in persona del legale rappresentante, alla rifusione delle spese, diritti e onorari di giudizio. A fondamento della domanda l'attore allegava: - che la ### S.r.l., in data ###, commissionava la produzione di numerose calzature, per un totale complessivo di € 140.520,00; - che la società acquirente versava un acconto, sul maggior prezzo pattuito, di € 28.204,00; - che completata la produzione, con nota del 11.9.2015 invitava la ### S.r.l. al ritiro della merce, con contestuale pagamento del saldo o, in alternativa, previo rilascio di idonea garanzia fideiussoria; - che invero il legale rappresentante della società acquirente, pretendeva di versare il saldo del prezzo in due tranche con scadenza, rispettivamente, a 90 e 120 giorni dalla consegna della merce; - che con nota dell'11.9.2025, il difensore della ###, diffidava il ### ad adempiere, pena la risoluzione del contratto, evidenziando l'esistenza di accordi verbali intercorsi tra le parti che prevedevano il pagamento del saldo con una dilazione di 90-120 giorni dalla consegna della merce; - che stante il rifiuto della società acquirente al pagamento del saldo del prezzo convenuto, il contratto doveva considerarsi risolto per l'inadempimento dell'acquirente. Costituitasi in giudizio con comparsa depositata in data ###, la ### S.r.l. resisteva alla domanda spiegando, nel contempo, domanda riconvenzionale al fine di sentire condannare il ### turificio L.T.M. alla restituzione della somma versata a titolo di acconto, pari a € 28.104,00, nonché al pagamento della somma di € 30.000,00, a titolo di risarcimento dei danni contrattuali ed extracontrattuali dovuti per l'inadempimento della venditrice che, venendo meno agli accordi intercorsi tra le parti, pretendeva il pagamento del saldo del prezzo in una unica soluzione, rifiutandosi di consegnare la merce commissionata. All'esito dell'istruttoria (documentale ed orale) l'adito Tribunale di Trani, ### in composizione monocratica, con sentenza n. 142/2022, pubblicata il ###, accoglieva parzialmente la domanda principale, dichiarando risolto il contratto di compravendita stipulato tra le parti; rigettava la domanda attorea di risarcimento del danno e dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale spiegata dalla convenuta ### S.r.l., in quanto tardiva; compensava, infine, integralmente le spese di lite tra le parti. A fondamento della decisione il Giudice di primo grado ha ritenuto: - preliminarmente che la domanda riconvenzionale spiegata dalla società convenuta era inammissibile perché tardiva; - che, nel merito, il contratto stipulato tra le parti andava qualificato in termini di compravendita e non di appalto, poiché l'elemento del dare era prevalente rispetto al facere; - che dall'istruttoria svolta non erano emersi elementi utili per stabilire quali fossero i termini dell'asserito accordo in ordine alle modalità e tempi del pagamento del saldo del prezzo, ragione per cui doveva ritenersi che la merce dovesse essere ritirata dalla società convenuta presso la sede dell'attrice, previa corresponsione del saldo del prezzo; - che, pertanto, accertato il rifiuto della convenuta di provvedere all'immediato pagamento del saldo del prezzo, la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della convenuta meritava accoglimento; - che, al contrario, non poteva trovare accoglimento la domanda attorea di corresponsione del prezzo, detratto l'importo dell'acconto già versato, poiché tale domanda non si conciliava con la presupposta domanda di risoluzione contrattuale; - che altrettanto inaccoglibile era la domanda di risarcimento dei danni riveniente dall'acquisto di materiale strumentale alla realizzazione delle calzature commissionate, atteso che non vi era prova nè dell'esistenza di tale materiale nè del fatto che tale presunto acquisto fosse avvenuto proprio in funzione esclusiva della realizzazione delle dette calzature. Avverso tale decisione ha proposto appello innanzi a questa Corte, con atto di citazione del 6.04.2022, il ### L.T.M. di ### & C. S.a.s., in persona del suo legale rappresentante pro tempore chiedendo - per i motivi di seguito indicati ed in riforma dell'impugnata sentenza - l'accoglimento delle seguenti conclusioni: “ 1) condannare la D 22 S.R.L., in persona del legale rappresentante, al pagamento in favore della società odierna appellante, a titolo di risarcimento danni, della somma di € 156.702,00, oltre interessi commerciali, di cui € 112.416,00 quale corrispettivo (detratto l'acconto di € 28.104,00) dell'importo della fornitura, ed € 44.286,00 occorsi per il pagamento degli stampi, necessari per la produzione delle calzature commissionate; in subordine, pronunciare la condanna della D 22 s.r.l., al pagamento per i titoli e le causali di cui in narrativa della somma che sarà ritenuta di giustizia ed equità, o da quantificarsi a mezzo ### 2) condannare la D 22 S.R.L. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, oltre accessori fiscali, in favore del ### da distrarsi in favore dei difensori anticipatari” Ricostituitosi il contraddittorio, l'appellata ### S.r.l. ha contestato la fondatezza dell'impugnazione e, nel contempo, ha spiegato appello incidentale per sentire: “1) Dichiarare improcedibile e/o inammissibile l'appello proposto dal ### per tutti i motivi ex ante rappresentati; 2) Rigettare nel merito il gravame proposto dall'appellante principale in quanto infondato in fatto ed in diritto; 3) Riformare invece, la sentenza di primo grado nella parte in cui statuisce la colpa, anche solo parziale, dell'inadempienza a parte appellata (D 22 srl), 4) ### in riformare della sentenza di primo grado dichiarare la colpa dell'inadempimento all' appellante (###, o in subordine accertare la comune volontà risolutoria delle parti contrattuali e dichiarare il contratto risolto senza colpa e conseguentemente dichiarare la restituzione dell'acconto versato dalla ### srl e condannare l'appellante al pagamento delle spese del primo grado e secondo di giudizio; 5) dichiarare sempre in parziale riforma della sentenza di primo grado, ed in conseguenza della dichiarata risoluzione, la restituzione della somma di €. 28.104,0 oltre interessi mora-tori dal 27.5.2015 data del pagamento al soddisfo oppure dalla diffida del 11.09. 2015 al soddisfo oppure dalla sentenza al soddisfo; 6) Con vittoria di spese e compensi oltre rimborso forfettario per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge del presente giudizio” Con i primi due motivi di appello principale - che a parere di questa Corte possono essere delibati congiuntamente stante la loro stretta connessione - l'appellante denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. per mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Più in particolare, deduce l'appellante che il primo giudice ha erroneamente rigettato la domanda di risarcimento del danno conseguente alla risoluzione del contratto per averla arbitrariamente scissa in due parti: a) la domanda di corresponsione del prezzo convenuto per la vendita delle calzature, detratto l'acconto versato dall'acquirente; b) la domanda di risarcimento del danno rinveniente dall'acquisto del materiale strumentale alla realizzazione delle calzature, modificando in tal modo l'oggetto della domanda formulata dall'attore nel proprio atto di citazione. Assume, invero, di aver semplicemente utilizzato - come logico parametro per la quantificazione del danno - il valore dell'intero ordine commissionato, pari ad € 142.520,00 (detratta la somma ricevuta a titolo di acconto), nonché il valore degli stampi acquistati per produrre le calzature, per la complessiva somma di € 156.702,00, ma di non aver mai voluto chiedere né il pagamento del saldo prezzo né il rimborso delle spese sostenute per l'acquisto degli stampi suddetti. La doglianza è infondata. Com'è noto, il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato comporta il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda di merito. Tale principio, tuttavia, non impedisce al giudice di ricostruire i fatti in maniera autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, ovvero di darne una differente qualificazione giuridica, né di applicare una norma giuridica diversa da quella invocata dall'istante; esso implica, piuttosto, il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene della vita diverso da quello richiesto (petitum mediato) e non compreso nemmeno virtualmente nella domanda, ed il divieto di porre a base della decisione una diversa causa petendi, ossia elementi di fatto che non siano ritualmente dedotti o comunque acquisiti al processo come oggetto del contraddittorio (cfr., ex plurimis, Cass. civ. n. 11289 del 2018). Logico corollario è che tale principio deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione, attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell'ambito del petitum, rilevi d'ufficio un'eccezione in senso stretto che, essendo volta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall'attore, può essere sollevata soltanto dall'interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (causa petendi) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda ( Cass. civ, n. 7269 del 2015). Nella fattispecie per cui è causa - ad avviso di questa Corte - il primo giudice non è incorso in alcuna violazione per aver correttamente interpretato la domanda di risarcimento del danno, così come formulata dal ### attore nel proprio atto introduttivo. Si legge, infatti, alla lettera b) delle conclusioni dell'atto di citazione: “condannare la società convenuta al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, della somma di € 156.702,00 oltre interessi commerciali, di cui € 112.416,00 quale corrispettivo (detratto l'acconto di € 28.104,00) dell'importo della fornitura, ed € 44.286,00 occorsi per il pagamento degli stampi, necessari per la produzione delle calzature commissionate …”. Non v'è dubbio, quindi, che l'attore abbia voluto chiedere, sotto forma di risarcimento del danno, tanto il saldo del prezzo convenuto per la vendita delle calzature, quanto il costo sopportato per l'acquisto degli stampi asseritamente necessari per la produzione delle calzature commissionate. Tale domanda, come correttamente rilevato dal Tribunale, non poteva evidentemente trovare accoglimento, poiché costituisce principio consolidato quello secondo cui, nell'ipotesi di risoluzione del contratto, il pregiudizio che la parte subisce non è rappresentato dal valore della prestazione inadempiuta, in quanto la risoluzione importa la perdita del diritto a tale prestazione e non prospetta quindi un risarcimento inteso a surrogare nel patrimonio del danneggiato il valore del bene non più dovuto (art. 1453, 2 comma c.c.). Il pregiudizio deve, invece, essere individuato - ai sensi dell'art. 1223 c.c. - sia nella perdita subita dal creditore che nel mancato guadagno, purché entrambi siano conseguenza diretta e immediata dell'inadempimento. Al riguardo, la Suprema Corte ha ritenuto che “in tema di responsabilità contrattuale spetta al danneggiato fornire la prova dell'esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore; l'art. 1218 cod. civ., che pone una presunzione di colpevolezza dell'inadempimento, infatti, non modifica l'onere della prova che incombe sulla parte che abbia agito per l'accertamento di tale inadempimento, allorchè si tratti di accertare l'esistenza del danno” (v. Cass. civ., n. 127650 del 2024; Cass. civ., n. 21140 del 2007). In altri termini “ai fini del risarcimento dei danni patrimoniali conseguenti all'inadempimento del contratto non è sufficiente la prova dell'inadempimento del debitore, ma deve altresì essere provato il pregiudizio effettivo e reale incidente sulla sfera del danneggiato, in termini sia di danno emergente sia di lucro cessante, e la sua entità. Il danno patrimoniale da mancato guadagno, in particolare, presuppone la prova, anche presuntiva, dell'utilità patrimoniale che secondo un giudizio di probabilità il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta, dovendosi escludere i mancati guadagni meramente ipotetici" (così Cass. civ., n. 24632 del 2015). Ciò posto, nel caso di specie tale prova non è stata fornita dal ### attore. Sul punto è chiara la ratio decidendi che ha condotto il Tribunale di Trani a rigettare la domanda risarcitoria: “inaccoglibile è la domanda di risarcimento legato al risarcimento dei danni riveniente dall'acquisto di materiale strumentale alla realizzazione delle calzature commissionate dovendo osservarsi che in primo luogo non vi è prova nè dell'esistenza di tale materiale nè del fatto che tale presunto acquisto sia avvenuto proprio in funzione esclusiva della realizzazione delle dette calzature. ## disparte la considerazione che il tribunale ignora la circostanza se le dette scarpe siano state in medio tempore vendute ad eventuali terzi acquirenti”. Né giova all'appellante sostenere di aver adempiuto al proprio onere probatorio attraverso la produzione delle foto delle calzature asseritamente rimaste invendute, ovvero attraverso la produzione in giudizio delle bolle d'ordine relative alla fornitura di calzature sportive monocolori. Tale documentazione appare insufficiente a ritenere assolto il preciso onere probatorio gravante sul danneggiato, il quale ben avrebbe potuto produrre i registri contabili dai quali desumere le rimanenze di magazzino finali riferibili al periodo storico in contestazione. Allo stesso modo, anche le dichiarazioni rese all'udienza del 22.03.2017, dal legale rappresentante del ### L.T.M., ### nonché successivamente dai testi escussi, nulla hanno provato sul punto. Dai verbali di causa risulta infatti evidente che il ### così come i testi ### e ### si sono laconicamente limitati a confermare i capitoli di prova formulati dalla difesa attrice, affermando che “la merce era tutta giacente nel magazzino”. Tali dichiarazioni, come detto, non hanno trovato riscontro nei libri contabili che l'attore ha omesso di depositare. Stessa discorso vale per la domanda di risarcimento del danno relativo all'acquisto degli stampi delle calzature prodotte per la ### S.r.l. Sul punto il giudice di prime cure ha affermato che “inaccoglibile è la domanda di risarcimento legato al risarcimento dei danni riveniente dall'acquisto di materiale strumentale alla realizzazione delle calzature commissionate dovendo osservarsi che in primo luogo non vi è prova nè dell'esistenza di tale materiale nè del fatto che tale presunto acquisto sia avvenuto proprio in funzione esclusiva della realizzazione delle dette calzature” Orbene, spettava all'appellante criticare specificatamente tale autonoma argomentazione. Vice-versa il ### appellante, lungi dall'articolare un ragionamento controfattuale, si è limitato ad una contestazione del tutto generica riproponendo le difese già svolte in primo grado e lamentando l'omessa valutazione, da parte del Tribunale, della documentazione prodotta in atti. Trattasi invero di fatture emesse da parte di fornitori della società LTM per l'acquisto appunto di stampi di calzature, prive di alcun minimo elemento che possa collegare tale acquisto alla produzione delle calzature oggi in contestazione e che - a tutto voler concedere - non forniscono alcun indizio che possa avvalorare la tesi sostenuta dall'attrice odierna appellante, ovvero dell'acquisto in funzione esclusiva della produzione delle scarpe commissionate dalla ### S.r.l.; e ciò a prescindere dalla considerazione che appare inverosimile che un ### possa dismettere gli stampi al termine di una sola produzione. Tanto appare sufficiente per confermare, anche sul punto, la sentenza impugnata. Col terzo motivo di impugnazione, l'appellante principale si duole della disposta compensazione delle spese di lite a fronte dell'accoglimento della domanda di risoluzione del contratto e del rigetto della domanda riconvenzionale formulata dalla convenuta ### S.r.l., perché tardivamente proposta. Il motivo è fondato nei termini che seguono In tema di regolamento delle spese di lite l'art. 92, comma 2, c.p.c. espressamente prevede che “se vi è soccombenza reciproca, ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questione dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero” . Sul punto la Corte di Cassazione ha chiarito che può parlarsi di reciproca soccombenza “esclusivamente in presenza di una pluralità di domanda contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un'unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificare soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti” (così Cass. civ., n. 13212 del 2023; Cass. civ., n. ### n. 2022). Nel caso di specie, la domanda proposta dal ### L.T.M. di ### & C. si componeva di due capi: a) risoluzione del contratto per inadempimento della compratrice; b) risarcimento del danno conseguente al detto inadempimento. Di tali capi il Tribunale ha accolto solo il capo a), rigettando, per carenza di prova, il capo b). Di contro, ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale spiegata dalla convenuta ### S.r.l., volta alla restituzione dell'acconto versato, perché tardivamente costituita in giudizio. Ebbene, questa Corte ritiene che, seppur in presenza di una reciproca soccombenza, l'esito del giudizio (prevalentemente favorevole alla parte attrice con l'accoglimento del primo capo della domanda) giustifica una compensazione solo parziale delle spese di lite, nella misura di 1/3, dovendosi così porre i restanti 2/3 a carico della società convenuta, odierna appellante incidentale, da liquidare in base al D.M. 55/2014 (scaglione indeterminabile - complessità bassa - valori medi). Con l'appello incidentale la ### S.r.l. si duole del mancato accoglimento della propria domanda riconvenzionale volta - a seguito dell'accertamento della risoluzione del contratto de quo per inadempimento esclusivo del ### di ### & C. s.a.s., ovvero in subordine all'accertamento della comune volontà risolutoria del contratto in parola - all'ottenimento di una pronuncia di condanna alla restituzione dell'acconto versato in favore del ### attore, pari ad € 28.104,00 oltre interessi moratori dalla diffida ad adempiere sino al soddisfo. Ad avviso della Corte l'appello incidentale è inammissibile per i seguenti motivi. Il giudice di prime cure, dopo aver preliminarmente dato atto della tardività della costituzione di parte convenuta ### S.r.l., per aver la stessa depositato la propria memoria di costituzione in data 3 febbraio 2016 laddove la vocatio in ius era fissata per il 5 febbraio 2016, ha conseguentemente dichiarato inammissibile - giacché tardiva - la domanda di riconvenzionale di restituzione della som-ma versata a titolo di acconto “che pure avrebbe potuto costituire un effetto naturale della risoluzione contrattuale a mente dell'articolo 1458 c.c.ma che presuppone di necessità una rituale domanda di parte”. Ebbene, tale autonoma argomentazione non è stata oggetto di specifica critica da parte dell'appellante, ragione per cui la censura va dichiarata inammissibile ai sensi dell'art. 342 c.p.c. ###. 342 c.p.c. comporta, infatti, la delimitazione del giudizio di appello, con riferimento non solo agli specifici capi della sentenza impugnata, ma anche ai passaggi argomentativi che la sorreggono, e richiede la formulazione di puntuali ragioni di dissenso atte a determinare le modifiche della decisio-ne censurata, a pena di inammissibilità della censura (cfr. Cass. civ., n. ### del 2022; Cass. civ., SS.UU., n. 27199 del 2917). ###à non può essere sanata dopo la consumazione del diritto di impugnazione né integrata utilizzando l'attività difensiva dell'appellato, ma può essere rilevata dal giudice anche d'ufficio, non attenendo i requisiti di forma della impugnazione e le relative decadenze a materia disponibile delle parti (cfr. Cass. civ. 25218/11; 25588/10; 20261/06; 12984/06; 5445/06; 22906/05). Il fondamento di tale onere si basa sul fatto che le statuizioni di una sentenza non sono scindibili dalle argomentazioni che la sorreggono, sicché è necessario che l'atto di appello contenga tutte le argomentazioni volte a confutare le ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione. Nel caso di specie, come detto, l'appellante - lungi dall'articolare un ragionamento controfattuale - si è limitato ad una contestazione del tutto generica riproponendo le difese già svolte nel primo giudizio e lamentando una non circostanziata violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 c.c. e 1493 c.c.. ###à della censura esime questa Corte - per il suo carattere assorbente - dall'esame del merito del motivo di appello incidentale ### conto dell'esito complessivo del contenzioso (che ha visto l'accoglimento della sola domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della ### s.r.l., il parziale accoglimento dell'appello principale e, di contro, la declaratoria di inammissibilità dell'appello incidentale), questa Corte ravvisa la ricorrenza dei presupposti per compensare ### anche in questo grado di giudizio le spese di lite tra le parti nella misura di 1/3 (un terzo), ponendo i restanti 2/3 (due terzi) a carico dell'appellata/appellante incidentale soccombente, da liquidare in base al D.M. 55/2014 (scaglione indeterminabile - complessità bassa - valori medi). Trattandosi di impugnazione proposta dopo il ###, nei confronti della società appellante incidentale trova applicazione il comma 1- quater dell'art. 13 del D.P.R. 115/2002 (introdotto dall'art. 1, co. 17, della ### di stabilità 24 dicembre 2012, n. 228), che obbliga la parte, proponente un'impugnazione inammissibile, improcedibile o totalmente infondato, a pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte di Appello di #### definitivamente pronunciando sull'appello principale proposto dal ### L.T.M. di ### & C. s.a.s. nonché sull'appello incidentale proposto dalla ### S.r.l., avverso la sentenza n. 142/2022 emessa in data ### dal Tribunale di Trani, ### in composizione monocratica, così provvede: 1°) accoglie parzialmente l'appello principale e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna la ### S.r.l. a rifondere al ### L.T.M. di ### & C. s.a.s. 2/3 (due terzi) delle spese di lite di primo grado, liquidate per l'intero in complessivi € 7.799,00, di cui € 545,00 per esborsi ed € 7.254,00 per compensi, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed agli accessori come per legge, dichiarando compensato tra le parti il restante 1/3 (un terzo) delle spese; 2°) dichiara inammissibile l'appello incidentale ex art. 342 c.p.c.; 3°) condanna la D 22 S.r.l. a rimborsare all'appellante principale, ### L.T.M. di ### & C. s.a.s., 2/3 (due terzi) delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi € 10.795,00, di cui € 804,00 per esborsi ed € 9.991,00 per compensi, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed agli accessori come per legge, dichiarando compensato tra le parti il restante 1/3 (un terzo) delle spese; 4°) dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'appello, a carico dell'appellante incidentale ### S.r.l., in osservanza dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115/2002, nel testo inserito dall'art. 1, co. 17, L. 228/2012.
Così decisa il 20 giugno 2025 nella camera di consiglio della ### est. ### (dr. ### (dr. ###
causa n. 570/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Labellarte Filippo, Guaglione Luciano