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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 10138/2018 del 22-11-2018

... più volte tra i medesimi soggetti, nei diritti cd. ETERODETERMINATI, invece, il bene richiesto acquista determinatezza solo mediante il collegamento con la causale addotta a sostegno della pretesa (sentenza ultima citata). In questa seconda ipotesi, infatti, vengono dedotti diritti (tipicamente di obbligazione) che possono esistere contemporaneamente più volte tra i medesimi soggetti con lo stesso contenuto e che perciò richiedono, quale indispensabile elemento di individuazione, la allegazione dei fatti costitutivi sui quali essi si fondano (Cassazione, ### 1996 n.4712). Ai sensi dell'art.1223 cc, il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo può comprendere così la perdita subita dal creditore, come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta. E', infatti, pacifico in giurisprudenza che per il sorgere del diritto al ristoro dei danni ed alla reintegrazione patrimoniale, in tema di responsabilità civile da inadempimento di contratto, non è sufficiente la prova dell'inadempimento del debitore, ma deve altresì essere provato il pregiudizio effettivo e reale incidente nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato e la sua entità ( (leggi tutto)...

testo integrale

n. 27080/2013 r.g.a.c.  REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Napoli 12 SEZIONE CIVILE Il Giudice dott.ssa ### ha pronunziato la seguente ### causa iscritta al nr. R.G. 27080 del registro generale affari contenziosi civili, dell'anno 2013 vertente TRA ### s.a.s. di ### & CO., in persona del rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti ### ed ### ed elettivamente domiciliato presso il loro studio sito in Napoli, alla ### n. 91, -attore
E ### (C.F. ###), ### (C.F.  ###), ### (C.F. ###), ### (C.F. ###), rappresentati e difesi dagli avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliati presso il loro studio sito in ####, alla ### n. 15, -convenute
E ### (C.F. ###) e ### (C.F.  ###), rappresentati e difesi dall'avv. ### ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in ####, alla ### n. 42, -convenuti
E ### (C.F. ###), rappresentato e difeso dagli avv.ti ### e ### del foro di ### ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. ### sito in Napoli, alla ### (### - Is. 21/23), -convenuto
Avente ad oggetto: risarcimento dei danni, responsabilità professionale notaio; ### alla udienza del 2.7.2018 le parti si riportavano ai rispettivi scritti difensivi.  RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato da ultimo il ### la ### s.a.s. evocava in giudizio innanzi a questo Tribunale le sig.re ######## nonché il notaio ### per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni: “1. Accertare per i motivi esposti l'illegittimo comportamento dei sig.ri ######## per imprudenza e/imperizia e/o negligenza e per l'effetto dichiarare il diritto della ### s.a.s. di ### & c. al risaricmento dei danni subiti da quantificarsi quantomeno nella somma di 300.000,00 euro oltre interessi e rivalutazione come per legge; 2. Accertare e dichiarare per i motivi esposti la responsabilità professionale del notaio dott. ### e per l'effetto dichiarare il diritto di parte attrice al risarcimento del danno emergente e del lucro cessante da quantificarsi quantomeno nella somma di euro 300.000,00 oltre interessi e rivalutazione come per legge; 3. In ogni caso e sempre per l'effetto condannare i sig.ri #### e ### nonché il notaio dott. ### al risarcimento di tutti i danni subiti dalla parte attrice da quantificarsi quantomeno nella somma di 300.000,00 euro, anche a seguito di nomina di CTU tecnica, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.” A sostegno delle proprie ragioni l'istante, premesso di aver acquistato in data ### da ### e ### la proprietà del 50% dell'immobile sito in ####, alla ### n. 87 (int. 2) e di aver acquistato in data ### la restante metà dell'immobile da ### in proprio e in qualità di rappresentante della #### e ### entrambi gli acquisti avvenuti con atto pubblico a firma del convenuto notaio ### (### 13980, Raccolta n. 4807 e Rep. nr. 17034, Raccolta n. 6216) e rilevato che in tale ultimo atto di compravendita, la parte venditrice sottoscriveva una “garanzia” (art. 5 del Contratto menzionato) con cui dichiarava “di essere al corrente col pagamento di qualsiasi imposta tassa o tributo … obbligandosi, se dovuti, di corrisponderli direttamente,” denunciava che l'immobile venduto presentasse, tuttavia, irregolarità urbanistiche, essendo stata corrisposta l'oblazione dalla ### al Comune di ### per un altro capannone (contraddistinto con int. n. 1) e non per il capannone oggetto della anzidetta compravendita (contraddistinto dall'interno n. 2) che risultava, pertanto, irregolare.   In forza di tali premesse l'istante agiva in giudizio nei confronti dei venditori per far dichiarare di essere incorsa in una vendita aliud pro alio ed essere conseguentemente risarcita di tutti i danni subiti (danno emergente e lucro cessante) ai sensi dell'art. 1494 c.c. e quantificati in 300,000,00 euro; l'attrice agiva, altresì, nei confronti del notaio rogante per far dichiarare la sua responsabilità professionale in ordine ai contratti menzionati, poiché nel rogare la compravendita non avrebbe verificato che l'oblazione versata si riferiva ad un immobile diverso da quello compravenduto; in subordine, rilevava la responsabilità solidale tra i venditori ed il notaio.   ###### costituitisi in giudizio, denunciavano l'inammissibilità ed improponibilità della domanda, nonché la prescrizione del diritto vantato ai sensi dell'art. 1495 Si costituivano con deposito della comparsa di costituzione e risposta, altresì, ### e ### che, in qualità di venditori di una parte dell'immobile asseritamente sprovvisto della dovuta regolarità urbanistica, rilevavano l'infondatezza in fatto ed in diritto della domanda ex adverso proposta, eccependo, inoltre, la prescrizione dell'azione e, in subordine, contestando la quantificazione dei danni richiesti dall'istante.   Si costituiva altresì il notaio ### che, negando ogni addebito di responsabilità a suo carico, rilevava l'infondatezza della domanda spiegata nei suoi confronti e, in subordine, contestava il quantum risarcitorio richiesto dall'attore.   Alla udienza del 27 gennaio 2014, il giudice concedeva i termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c.. Con ordinanza del 13.10.2014, il giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava l'udienza di precisazione delle conclusioni. 
Alla udienza del 2.7.2018, precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione, assegnando alle parti i termini di cui all'art.190 c.p.c..   La domanda proposta dall'attore nei confronti dei venditori deve ritenersi provata nell'an, ma non nel quantum e, pertanto, va rigettata; la domanda proposta nei confronti del notaio è, invece, destituita di fondamento.   Nel corso del giudizio è risultato provato che: - in data #### presentava istanza di condono edilizio presso il Comune di ### con protocollo n. 22312, per l'immobile riportato al foglio 45, part. 908 sub. 2,3,4; più precisamente trattavasi di un immobile composto da tre singole unità contraddistinte con gli interni nn. 1,2 e 3, aventi ognuno ingresso indipendente e tutto il complesso veniva realizzato in assenza di concessione edilizia; va specificato sin d'ora la ### s.a.s. acquistava il subalterno n. 3 (di 631 mq), interno 2 posto nella parte centrale del capannone; - in data ### il Comune di ### rilasciava “certificato di congruità” attestando che l'oblazione calcolata, sulla base della documentazione prodotta, risultava congrua; - l'attore, acquistava in data ### da ### e ### la proprietà del 50% dell'immobile ricadente nel capannone e precisamente il locale contraddistinto con il numero di interno 2 ed identificato al N.C.E.U. con il subalterno n. 3; nel medesimo contratto dichiarava (art.  4, rubricato “possesso”) di avere già la detenzione dell'immobile da oltre dieci anni; - in data 2 ottobre 2008, la perizia tecnica giurata del p.e.### dichiarava che per l'immobile oggetto del giudizio (correttamente identificato con sub. 3, di 631 mq), era stata presentata istanza di concessione edilizia del 19 aprile 1995 prot. n. 22312 e pagata l'intera oblazione così come per legge; - l'istante acquistava in data ### la restante metà dell'immobile da ### in proprio e in qualità di rappresentante di #### e ### entrambi gli acquisti avvenivano con atto pubblico rogato dal convenuto notaio ### (### 13980, Raccolta n. 4807 e Rep. nr. 17034, Raccolta n. 6216). In entrambi i contratti veniva espressamente prevista la garanzia di cui all'art. 5: di essere al corrente col pagamento di qualsiasi imposta tassa o tributo … obbligandosi, se dovuti, di corrisponderli direttamente,” veniva, altresì, previsto all'art. 8 (rubricato dichiarazioni urbanistiche) “la parte cedente dichiara che: “la costruzione dell'immobile in oggetto è stata realizzata in assenza di licenza edilizia, con ultimazione nell'anno 1993; per tale abuso è stata presentata domanda di sanatoria al Comune di ### in data ### (pratica n. 4300), assunta al prot. generale il ###. al n. 22312, con pagamento dell'intero importo dell'oblazione di lit. 22.620.000” (con trascrizione del numero di ricevuta, importo e data di versamento delle quietanze di pagamento); - l'oblazione corrisposta dalla ### al Comune di ### come si evince dalla pratica di condono edilizio protocollo n. 22312 (pratica n. 4300), per l'immobile riportato ### al foglio 45, particella 908, pur facendo riferimento all'intero capannone (poiché nell'istanza sono specificati i subalterni nn. 2,3 e 4) è afferente ad una sola porzione di capannone e, precisamente, al locale contraddistinto con l'int. 1, identificato al ### con subalterno 2, attualmente di proprietà di ### locale posto a sinistra dell'ingresso delimitato dal cortile, e per una consistenza di 633 mq (e non per la superficie complessiva del capannone stimata in 1.740,00 m2); - pertanto, per l'immobile oggetto di compravendita, int. 2, subalterno 3, non risultava corrisposta alcuna oblazione, risultando la pratica edilizia n. 4300, prot. nr. 2321, relativa al locale adiacente, contraddistinto con int. 1, subalterno n. 2 di proprietà di ### 1. Sull'eccezione di prescrizione In via preliminare, rispetto all'analisi delle domande attoree, occorre analizzare l'eccezione di prescrizione e decadenza del diritto ex adverso azionato sollevata dai convenuti venditori. 
Si rileva, innanzitutto, che l'eccezione di decadenza e prescrizione, avanzata dalle convenute ##### e ### va reputata inammissibile, in quanto tardivamente proposta. Le predette, infatti, si costituivano in data ### e, pertanto, tardivamente, atteso che l'udienza di prima comparizione veniva fissata in citazione per il giorno 27-1-2014. 
Appare, invece, tempestiva l'eccezione di prescrizione e decadenza, sollevata dai convenuti ### e ### costituiti in giudizio in data ###; ma l'eccezione, per come formulata, risulta essere generica. Ed infatti, quanto all'eccezione di decadenza i predetti convenuti si sono limitati ad allegare che il vizio non è stato denunciato nei termini previsti dalla legge, senza individuare i fatti costitutivi su cui si basa l'eccezione. Quanto all'eccezione di prescrizione, gli stessi hanno semplicemente affermato che si eccepisce la prescrizione del diritto fatto valere in giudizio, senza minimamente indicare i presupposti di fatto su cui l'eccezione si fonda. 
Ad ogni buon conto, si rileva che l'eccezione di prescrizione e decadenza, proposta da parti convenute, appare infondata anche nel merito.   ### la prospettazione di parte convenuta, la compravendita in esame non integrerebbe una ipotesi di cd. aliud pro alio, come sostenuto dall'istante, ma avrebbe consentito a quest'ultima di proporre le sole azioni per presunti vizi della cosa o per la mancanza di qualità promesse ed essenziali, azioni soggette alla decadenza ed alla prescrizione, decorrente in un anno dalla consegna, contemplate dall'art. 1495 c.c. Parte convenuta rilevava altresì che, nel caso di specie, attesa la sola domanda di risarcimento del danno, difettava altresì la prova di aver previamente denunciato al venditore i vizi ai sensi dell'art. 1495 Tale eccezione non appare fondata, ricorrendo nel caso di specie una ipotesi di vendita aliud pro alio con conseguente possibilità per l'attore di ottenere la condanna al risarcimento dei danni del venditore nel termine di prescrizione decennale. Ciò per le ragioni che seguono.   Com'è noto, l'art. 1497 c.c. dispone che, qualora la cosa venduta difetti delle qualità promesse o di quelle essenziali per l'uso a cui è destinata, il compratore abbia diritto di esperire l'azione di risoluzione del contratto, ma nei limiti prescrizionali e decadenziali di cui all'art. 1495c.c.   Per contro, l'aliud pro alio consente al compratore di iniziare un'ordinaria azione di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. scevra dei citati limiti temporali.   Essa ricorre allorché la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata incida sulla natura, sull'individualità, sulla consistenza e sulla destinazione del bene al punto che esso appartenga ad un genere affatto diverso da quello che l'acquirente intendeva comprare. In altre parole, la res tradita deve essere difforme per essenza, consistenza, destinazione ed appartenere ad una specie diversa da quella acquistata ovvero difettare delle qualità necessarie ad assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale.   La Cassazione, al fine di delimitare i casi di aliud pro alio rispetto ai meri vizi della cosa venduta, ha fatto ricorso al concetto di funzione (Corte di Cass. sent. n.829 del 29.01.83, Corte di Cass. 10045 del 2018), affermando che si ha consegna di aliud pro alio non solo quando la cosa appartenga ad un genere del tutto dissimile da quello pattuito, ma anche quando difetti delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale oppure a quella specifica funzione che le parti abbiano assunto quale essenziale, o abbia difetti che la rendano inservibile (con questo criterio sono state considerate come diverse anche cose appartenenti allo stesso genere: terreni venduti come edificabili in zone dove sia stato vietato costruire; acqua non potabile venduta come potabile, ecc).   A questo proposito si può esaminare il caso di compravendita di un immobile privo, come nel caso di specie, della prescritta oblazione. E' prevalsa, soprattutto in giurisprudenza, la tesi per cui l'oggetto di tale contratto non sarebbe affetto da vizi o privo delle qualità essenziali, ovvero gravato di oneri che ne diminuiscano il libero godimento ai sensi dell'art. 1489 c.c., ma di un bene diverso (vale a dire di aliud pro alio) con la conseguente possibilità per l'acquirente di chiedere la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c o il risarcimento dei danni patiti.   Inoltre, occorre porre attenzione al fatto che, il dies a quo di decorrenza della prescrizione nel caso di vendita di aliud pro alio, decorre “non dalla data in cui si verifica l'effetto traslativo ma dal momento in cui, rispettivamente, ha luogo l'inadempimento e si concreta la manifestazione oggettiva del danno, avendo, cioè, riguardo all'epoca di accadimento del fatto lesivo, per come obiettivamente percepibile e riconoscibile, e non al dato soggettivo della conoscenza della mancata attuazione della prestazione dovuta e del maturato diritto risarcitorio da parte del creditore” (Cass. n. 1889 del 2018).   Tale conclusione è particolarmente evidente nell'ipotesi di danno da illegittimità edilizia dell'immobile alienato. Ciò in quanto la manifestazione esterna del vizio in esame, di regola, sopravviene all'acquisto del bene.   Dunque, è alla data di manifestazione oggettiva del danno e non a quella di stipula del contratto che deve essere fatta risalire la decorrenza del termine di prescrizione entro cui esercitare il credito risarcitorio, poiché solo da tale momento il danneggiato può conoscerne l'esistenza e le cause. Infatti, agli effetti previsti dall'art. 2935 c.c., il termine di prescrizione del diritto dell'acquirente al risarcimento del danno, derivante dall'illegittimità edilizia dell'immobile oggetto di vendita, decorre non dalla data in cui si verifica l'effetto traslativo ma dalla manifestazione oggettiva del danno, perché solo da tale momento il danneggiato può conoscerne l'esistenza e le cause. Cassazione civile, sez. II, 15/11/2016, n. 23236.   Pertanto, sussistendo i presupposti di una compravendita aliud pro alio viene meno il vincolo fissato dai termini di decadenza e prescrizione di cui all'art. 1495 c.c., termini che riguardano tutte le azioni spettanti al compratore per vizi o mancanza di qualità della cosa venduta.   Questo in ragione del fatto che si tratta di una ipotesi più grave di inadempimento che si realizza quando la cosa consegnata sia completamente diversa da quella contratta o sia assolutamente priva delle capacità funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente. 
Pertanto, nella fattispecie sopra richiamata si applica la disciplina dell'azione contrattuale di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. che è svincolata dall'osservanza dei più ristretti termini di cui all'art. 1495 c.c., rimanendo piuttosto soggetta all'ordinario termine di prescrizione decennale (Cass. 05/02/2016, n. 2313).  2. Sulla vendita aliud pro alio ### premesso in ordine alla infondatezza dell'eccezione di prescrizione del diritto azionato, deve ora analizzarsi nel merito la domanda risarcitoria per inadempimento contrattuale proposta dall'istante nei confronti della parte venditrice per il contratto di cui è causa.   Com'è noto secondo la giurisprudenza (cfr. da ultimo Corte di Cassazione del 12.6.2018 15328), in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l'adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi ad allegare la circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre al debitore spetta la dimostrazione del fatto estintivo dell'altrui pretesa.   Come detto, rientrando l'ipotesi in esame nella casistica della vendita aliud pro alio, non vengono in considerazione le norme relative alla garanzia per vizi (art. 1489 c.c.), ma la normativa in materia di risoluzione per inadempimento (art. 1453 c.c.) e risarcimento del danno.   E' bene precisare che la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacché l'art. 1453 c. c., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l'azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell'azione di risoluzione del contratto o, a maggior ragione, il suo accoglimento (Cassazione civile, sentenza 23273/2006).   Nel caso di specie parte attrice si è limitata a richiedere la condanna dei convenuti venditori, nonché del notaio rogante, al risarcimento di ogni danno arrecato in seguito all'inadempimento contrattuale consistito, per i primi, nell'omesso pagamento dell'oblazione relativa all'immobile compravenduto, per il notaio nell'assenza di diligenza nella verifica dei presupposti della vendita.   ###, a fondamento della domanda spiegata nei confronti dei venditori, ritenuti responsabili dell'inadempimento del contratto di compravendita del 2010, ha allegato una consulenza tecnica di parte, da cui si evince che l'oblazione non sarebbe stata corrisposta per l'immobile di cui è causa ed ha altresì osservato, nella memoria ex art. 183 primo termine, che sul punto i convenuti (### e le ### non contestavano la predetta circostanza, dovendosi ritenere operante il principio di non contestazione.   Tale ultimo assunto non può essere condiviso. Com'è noto, infatti, il principio di non contestazione di cui all'art. 115, I comma, c.p.c. (recentemente riformato con ### 69/09) non può sopperire alla mancata produzione di atti per i quali sia richiesta la forma scritta.   Del resto, non si comprende perché l'attore, che aveva ritenuto incontestata la predetta circostanza, nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 cpc, chiedeva di espletare una consulenza tecnica al fine di determinare se l'oblazione corrisposta dalla ### menzionata nell'atto notarile, era afferente ad una sola porzione del capannone e, precisamente al locale contraddistinto dall'interno 1, e non anche al capannone contraddistinto dall'interno 2, oggetto della compravendita. Con evidente finalità esplorativa e violazione dell'onere probatorio di cui all'art.  2697 Venendo più specificamente all'inadempimento che, secondo la prospettazione dell'istante, avrebbe dovuto integrare una vendita aliud pro alio, si osserva quanto segue.   ### quanto asserito dalla ### nell'atto di citazione e, meglio specificato nell'ambito della consulenza tecnica di parte, deve ritenersi che la circostanza che l'oblazione corrisposta da ### al Comune di ### non riguardasse l'immobile oggetto di compravendita si evince “in maniera chiara ed inequivocabile dalla pratica di condono edilizio con prot. 22312 (pratica 4300)”, la stessa, pur facendo riferimento all'intero capannone, essendo specificati nell'istanza i subalterni 2,3 e 4, è afferente ad una sola porzione di capannone e, precisamente al locale contraddistinto con l'int. 1 (identificato con il subalterno 2), attualmente di proprietà di ### per una consistenza di 633 mq (### pag. 6 della consulenza tecnica di parte).   Orbene, contrariamente a quanto rilevato dal consulente di parte, questo Tribunale ritiene che non possa desumersi dalla citata pratica di condono edilizio alcuna certezza circa l'immobile per cui era stata corrisposta l'oblazione.   Infatti, come riconosciuto anche dall'istante, la richiesta di sanatoria risulta presentata per i tre subalterni (n.n. 2,3 e 4) ma all'interno della pratica non è specificato per quale dei tre venga corrisposta l'oblazione. Inoltre, deve osservarsi che la superficie per cui è corrisposta l'oblazione (628 mq), non risulta pari al subalterno n. 2 (di 633 mq) oggetto della asserita oblazione secondo l'attore.   Né la perizia giurata del 14 settembre del 1995 specifica tale dirimente punto, leggendosi nella stessa unicamente il riferimento al foglio n. 45, mappale n. 908 senza riferimento all'interno interessato.   ### la prospettazione del consulente dell'attore, inoltre, la circostanza che l'oblazione sia afferente ad una sola porzione di capannone (e precisamente a quella contraddistinta con l'int. n. 1) dovrebbe desumersi dai grafici allegati alla pratica di condono, che si riferirebbero solo al locale posto a sinistra dell'ingresso delimitato dal cortile e non al capannone centrale, oggetto della compravendita e di proprietà della ### Tali grafici, che avrebbero potuto integrare un valido argomento di prova, non risultano, tuttavia, prodotti in giudizio, per cui non si può tenere conto di tale asserzione.   Per contro, risulta acquista al presente processo e prodotta dallo stesso attore, la perizia tecnica del p.e. ### del 2.10.2008, in cui veniva dichiarato che per l'immobile oggetto del giudizio (espressamente indicato con il subalterno n. 3 e con la corretta metratura pari a 631 mq) era stata presentata l'istanza del 19 aprile 1995, prot. n. 23312 ed era stata pagata l'intera oblazione così come per legge.   Sebbene vi siano incertezze circa la effettiva corresponsione o mancata corresponsione dell'oblazione per l'immobile di cui è causa, deve ritenersi, in conformità ai principi generali in materia di riparto dell'onere probatorio, che la mancata prova dell'esatta esecuzione della prestazione da parte dei venditori debba ricadere sugli stessi in termini di imputabilità dell'inadempimento. Com'è noto, infatti, anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento.   Alla luce di quanto esposto, deve osservarsi che parte venditrice avrebbe dovuto assicurarsi che il bene immobile, compravenduto per un valore corrispondente alla sua completa utilizzabilità, fosse commerciabile avendo correttamente ottenuto il condono edilizio.   Ciò considerando, altresì, che la ### era ben consapevole o, comunque, avrebbe dovuto esserlo, del fatto che l'immobile compravenduto facesse parte di un più ampio complesso composto da tre singole unità (contraddistinte con gli interni nn. 1,2 e 3) aventi ognuno ingresso indipendente, rispondendo ad un normale criterio di diligenza del venditore il doversi assicurare che il condono edilizio - ottenuto con la pratica n. protocollo n. 22312 - fosse stato concesso proprio per l'immobile venduto alla ### s.a.s. Né parte convenuta ha altrimenti provato nel corso del giudizio di aver esattamente adempiuto alla propria prestazione.   ### la responsabilità di aver colposamente venduto all'attrice un immobile non condonabile grava sui convenuti, controparti contrattuali, alla cui condotta va applicato il principio generale dell'inadempimento conseguente ad aliud pro alio.  3. Sulla domanda di risarcimento nei confronti dei venditori convenuti ### ciò premesso in ordine alla sussistenza nel caso di specie di una vendita aliud pro alio imputabile alla parte convenuta, deve ritenersi, tuttavia, che la domanda di parte attrice volta ad ottenere la sola condanna al risarcimento dei danni nei confronti dei venditori sia generica e non adeguatamente provata.   Invero, come ormai da tempo risalente chiarito dalla Suprema Corte sin dal suo pronunciamento a ### sent. 22 maggio 1996, n. 4712 “mentre nei diritti cd. AUTODETERMINATI il bene giuridico formante oggetto della domanda è individuabile nella sua essenza indipendentemente dalla causale che ne determina la richiesta” (cosi, Cass. n.2450/1974) trattandosi, in tal caso, come precisa la dottrina, di diritti (tipico quello di proprietà) che non possono coesistere simultaneamente più volte tra i medesimi soggetti, nei diritti cd. 
ETERODETERMINATI, invece, il bene richiesto acquista determinatezza solo mediante il collegamento con la causale addotta a sostegno della pretesa (sentenza ultima citata). In questa seconda ipotesi, infatti, vengono dedotti diritti (tipicamente di obbligazione) che possono esistere contemporaneamente più volte tra i medesimi soggetti con lo stesso contenuto e che perciò richiedono, quale indispensabile elemento di individuazione, la allegazione dei fatti costitutivi sui quali essi si fondano (Cassazione, ### 1996 n.4712). 
Ai sensi dell'art.1223 cc, il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo può comprendere così la perdita subita dal creditore, come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.   E', infatti, pacifico in giurisprudenza che per il sorgere del diritto al ristoro dei danni ed alla reintegrazione patrimoniale, in tema di responsabilità civile da inadempimento di contratto, non è sufficiente la prova dell'inadempimento del debitore, ma deve altresì essere provato il pregiudizio effettivo e reale incidente nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato e la sua entità ( Corte di Cass., 5 marzo 1973 n. 608).   In tal senso va rimarcato come la giurisprudenza sia sempre più rigorosa nel richiedere la prova del lucro cessante, così esprimendosi: “occorre pertanto che dagli atti risultino elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto sia certa, e che si traducano, in termini di lucro cessante o in perdita di chances, in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece - anche semplicemente in considerazione dell'id quod plerumque accidit - connesso all'illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità» (### ex multis Corte di Cass., sentenze nr. 443 del 2003 e n. 15676 del 2005.).   Ed anche: “il danno patrimoniale da mancato guadagno (nella specie di cui alla massima precitata per omessa consegna dell'immobile permutato), concretandosi nell'accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall'inadempimento dell'obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell'utilità patrimoniale che, secondo un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità) il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta, e deve pertanto escludersi per i mancati guadagni meramente ipotetici, dipendenti da condizioni incerte: giudizio probabilistico, questo, che, in considerazione della particolare pretesa, ben può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l'entità del danno subito” (Cass., 20 maggio 2011, n. 11254).   Parte attrice si è limitata a richiedere la condanna delle parti convenute al risarcimento di ogni danno arrecato, senza tuttavia descrivere minimamente i danni dei quali ha chiesto il ristoro, e quindi senza fornire individuazione alcuna delle conseguenze pregiudizievoli subite in conseguenza delle inadempienze di parte convenuta.   Nell'atto di citazione la ### s.a.s, afferma solo genericamente che “se fosse stata a conoscenza dell'irregolarità urbanistica non avrebbe stipulato il suddetto atto e ciò con particolare riferimento al prezzo convenuto (280.000,00 euro); il danno sarebbe consistito nella somma che deve corrispondere al Comune di ### affinché ogni deficienza venga sanata (…), ed, inoltre la ### s.a.s. si ritrova a non poter adeguatamente disporre dell'immobile acquistato non potendolo immettere sul mercato e trarne profitto.   Alla luce di siffatte premesse l'istante ha agito nei confronti dei venditori e del notaio rogante per vederli condannare al risarcimento di tutti i danni subiti e quantificati nella cifra di 300.000,00 euro oltre interessi e rivalutazione, somma che peraltro l'istante sembra richiedere per due volte, vale a dire sia nei confronti dei convenuti venditori che del notaio rogante.   Né precisazione alcuna circa il pregiudizio subito si rinviene nella memoria ex art.183 comma 6, n.1, c,p.c. depositata dall'attore. Al contrario, nella seconda memoria ex art. 183 c.p.c., l'istante chiedeva ammettersi c.t.u per determinare “a quanto ammonta oggi la somma che la ### s.a.s. deve versare al fine di corrispondere l'oblazione e rendere quindi l'immobile consono ai requisiti urbanistici e catastali.” Tale somma costituirebbe, infatti, il danno patrimoniale asseritamente sofferto e, anche in tale ipotesi, la consulenza d'ufficio non veniva espletata, non potendo essere volta all'acquisizione di elementi che è onere delle parti allegare ai sensi dell'art. 2967 Deve, dunque, ritenersi che la domanda di parte attrice, volta ad ottenere il risarcimento dei danni, si appalesa del tutto generica, non potendosi individuare con precisione, sulla base di un esame complessivo dell'atto di citazione e dei successivi scritti difensivi, il pregiudizio subito dalla parte attrice, che non ha peraltro offerto elementi di quantificazione al riguardo.   Va altresì specificato che l'istante ha chiesto liquidarsi sia il danno emergente, relativo alle spese necessarie per l'eliminazione dei vizi accertati e che deve concretizzarsi in un risarcimento per equivalente, sia il lucro cessante derivante dalla mancata o parziale utilizzazione della cosa, ovvero dalla mancata rivendita del bene.   Per quanto concerne il risarcimento del danno per equivalente, va osservato che l'attore non ha mai prodotto in giudizio alcuna contestazione da parte del Comune di ### in ordine al preteso mancato versamento dell'oblazione di cui è causa, né tantomeno ha allegato alcun provvedimento di irrogazione di una sanzione per il presunto abuso, limitandosi a quantificare, in maniera generica, il risarcimento del danno.   In ordine, invece, al lucro cessante, non è stata fornita alcuna prova della mancata utilizzazione del bene immobile da parte dell'attrice. Invero, per quanto concerne l'impossibilità di rivendere il bene oggetto di causa, eccepita dall'attrice, va osservato che parte convenuta, nella memoria conclusionale, ha prodotto in giudizio, con documentazione ammissibile in quanto sopravvenuta (31.3.2014) rispetto allo spirare del termine di cui all'art. 183, comma 6, n. 2 cpc (28.3.2014), la visura ipotecaria da cui si evince che la ### s.a.s. di ### provvedeva a vendere alla ###co ### s.a.s. di ### il bene immobile in questione.   ### non ha contestato la predetta circostanza, non depositando la memoria di replica.   Sulla domanda di risarcimento nei confronti del notaio La domanda proposta dall'attore nei confronti del notaio rogante deve essere rigettata per le motivazioni che si espongono. Com'è noto, l'obbligazione assunta dal professionista nei confronti del cliente è obbligazione di mezzi o di comportamento, non di risultato, con la conseguenza che l'inadempimento del professionista consiste nella violazione dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale e presuppone la violazione del dovere di diligenza media prescritto dall'art. 1176, 2° comma Nell'ambito della disciplina delle “professioni intellettuali” (artt. 2229-2238 c.c.) - da intendersi tutte le professioni per le quali l'accesso è subordinato all'iscrizione in appositi albi o elenchi - è previsto uno specifico regime di responsabilità (art. 2236 c.c.), in base al quale “se la prestazione implica soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave”. La giurisprudenza concorde ha limitato il campo di applicazione di detta norma ai soli casi d'imperizia, con la conseguenza che risponde anche per colpa lieve il professionista che, nell'esecuzione della propria prestazione, provochi un danno per imprudenza o negligenza (ex plurimis Cass. civ., Sez. III, 19 aprile 2006, n. 9085). Quanto sopra vale anche per il fatto degli ausiliari (collaboratori, praticanti etc.) di cui il professionista si avvalga “sotto la propria direzione e responsabilità” (art. 2232 c.c.). Di conseguenza, il cliente che fa valere la responsabilità del professionista è tenuto a provare di aver dato incarico al professionista, nonché di avere sofferto un danno causato dalla insufficiente, inadeguata o negligente attività del professionista o del suo ausiliario (Cassazione, ### n. 13533/2001). 
In tal senso la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in merito al criterio di valutazione del comportamento tenuto dal professionista nello svolgimento della sua attività, ha avuto modo di precisare che: “il professionista deve porre in essere i mezzi concettuali ed operativi che, in vista dell'opera da realizzare, appaiono idonei ad assicurare quel risultato che il committente si ripromette dall'esatto e corretto adempimento dell'incarico, con la conseguente valutazione del suo comportamento alla stregua della diligentia quam in concreto” (Cassazione, sez. III sentenza 26 aprile 2010, n. 9916). 
Ciò posto in via generale, nello specifico la domanda non è fondata e non merita accoglimento, non avendo parte attorea pienamente soddisfatto l'onere probatorio posto a suo carico.  ### la prospettazione dell'attrice, infatti, il notaio deve essere in grado di assicurare la certezza in ordine al contenuto del contratto-atto; nel caso di specie, l'inosservanza dei suddetti obblighi in relazione al pagamento dell'oblazione dà luogo a responsabilità ex contractu per inadempimento dell'obbligazione di prestazione d'opera intellettuale. 
Inoltre, ad avviso dell'istante, il notaio non può invocare la limitazione ex art. 2236 c.c., in quanto il mancato espletamento di una attività preparatoria importante, quale la constatazione che la sanatoria si riferisca all'immobile corretto, non integra una previsione di imperizia cui è indirizzata la previsione normativa in parola, ma negligenza o imprudenza, ai sensi dell'art. 1176 c.c. rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve. Infine, secondo l'istante, attesa la circostanza che il medesimo danno è stato provocato da più soggetti, per inadempimenti di contratti diversi intercorsi tra ciascuno di essi ed il danneggiato, sussistono tutte le condizioni necessarie per la responsabilità in solido del notaio e dei venditori convenuti.   ### la regola generale posta dall'art. 2697 cc l'attrice, stante la contestazione relativa sia all'an, sia al quantum ed in particolare, per quanto qui specificamente interessa, circa la colpevole omissione di accertamenti relativi allo stato dell'immobile, aveva l'onere, prima, di allegare in maniera sufficientemente precisa l'inadempimento e, poi, di provare in maniera altrettanto precisa il pregiudizio sofferto.   Sul punto va osservato che l'assenza di responsabilità in capo al notaio rogante, in ipotesi di immobile affetto da abusi edilizi, è stata più volte ribadita dalla giurisprudenza secondo cui “recepita la dichiarazione del privato in ordine all'esistenza e agli estremi della concessione, l'atto notarile, redatto con le prescritte formalità, è perfettamente valido e corrispondente al canone formale dell'atto pubblico, ai sensi dell'art.  2699 c.c. , come tale dotato della forza probante privilegiata e dell'efficacia prevista dall'art. 2700dello stesso codice” (Cass. ### del 19.9.2008). Ritiene la S.C. invece ravvisabile il reato di cui all'art. 483 c.p. a carico del venditore dichiarante, esistendo un preesistente obbligo giuridico di affermare il vero, mentre il pubblico ufficiale (il notaio) risponde soltanto della conformità dell'atto alla dichiarazione ricevuta. 
Precisa la Corte di Cassazione che: “### di un obbligo giuridico di dire la verità a carico del privato emerge incontrovertibilmente dal sistema positivo” escludendo qualsiasi responsabilità del notaio, sia d'ordine penale che d'ordine disciplinare o civile, confermando la validità dell'atto di trasferimento, ancorché l'immobile risulti gravato da abusi edilizi (“nessun obbligo di verificare la corrispondenza di tali dichiarazioni al vero incombe sul notaio rogante, tenuto solo a recepire le dichiarazioni del privato in ordine all'esistenza e agli estremi della concessione”: Cass.n.###/2008) Anche una ulteriore sentenza della Corte Suprema di Cassazione, V ### penale, n.11628/12, depositata il 26 marzo 2012, con la quale il ### ribadisce che “secondo un condivisibile orientamento interpretativo è corretta l'esclusione di un obbligo giuridico a carico del pubblico ufficiale rogante di verificare la corrispondenza al vero di quanto dichiarato dal venditore, nel caso di specie, della conformità del bene compravenduto agli strumenti urbanistici”.   Precisano i giudici che “nessun obbligo riguarda il notaio, tenuto solo a verificare che, per dichiarazione dell'alienante , risultino gli estremi della conformità agli strumenti urbanistici o della concessione rilasciata in sanatoria, come prescritto dalla legge 28 febbraio 1985 n. 47, art. 17 e art. 40, comma 2° nel testo poi sostanzialmente riprodotto dal D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, art. 46”.   In sostanza solo l'omissione da parte del notaio di riportare nell'atto tale dichiarazione è sanzionata dalla norma con la nullità dell'atto comunque stipulato, ed è anzi prevista come ragione ostativa alla stipula dello stesso atto. Infatti, la norma vieta la stipula di un atto di trasferimento privo del requisito della dichiarazione e richiama la responsabilità del notaio che vi provveda senza l'inserimento nell'atto della dichiarazione da parte del venditore “al di fuori della previsione di qualsivoglia onere a carico del notaio , di verifica della veridicità della dichiarazione di parte”.   ### “recepita la dichiarazione del privato in ordine all'esistenza e agli estremi della concessione, l'atto notarile, redatto con le prescritte formalità , è perfettamente valido e corrispondente al canone formale dell'atto pubblico” (cfr. Corte di Cass. sentt. n. 11628/2012 e n. ###/2008 già citate).   Deve, dunque, ritenersi che ricevuta questa dichiarazione, gli obblighi del notaio possono ritenersi assolti, non risultando dalle norme un suo obbligo di attivarsi, personalmente o tramite suoi delegati, ad eseguire ulteriori verifiche, atte ad accertare la corrispondenza al vero della dichiarazione ricevuta e quando ciò non emerga già dagli atti a sua conoscenza o comunque in suo possesso.   Orbene, nel caso di specie la dichiarazione della parte venditrice era espressamente contenuta nell'atto pubblico redatto dal notaio convenuto (art. 5 e 8 del contratto di compravendita).   Né l'istante ha dedotto, prima, e dimostrato, poi, in maniera analitica (non per meri enunciati di ordine generico), da quali elementi concreti (omessi o non correttamente interpretati) si poteva dedurre la conoscenza in capo al notaio della mancata concessione del condono edilizio per il bene oggetto di compravendita.   ###, infatti, non ha mai indicato da quale documento o da quale elemento concreto il notaio poteva o doveva desumere l'esistenza dell'allegata irregolarità urbanistica (mancanza del condono edilizio). Del resto, ciò trova conforto, a contrario, proprio nell'allegazione attorea da cui si desume che, soltanto in seguito agli accertamenti tecnici svolti dal consulente di parte, e a distanza di quattro anni dalla conclusione del contratto di compravendita, è emersa la carenza dei requisiti urbanistici riferiti all'immobile di cui è causa.   Al contrario, elementi univoci erano posti a disposizione del notaio rogante nella redazione del contratto in esame: la richiesta di sanatoria presentata per tutti e tre i subalterni, la certificazione del Comune di ### e, soprattutto, la perizia tecnica del p.e. ### in cui era confermato il pagamento dell'oblazione per lo specifico immobile oggetto di causa.   Inoltre, se al notaio si addebita l'omissione di indagini specifiche, va osservato che non risulta allegato o altrimenti provato da parte attrice che l'incarico professionale comprendesse una tale specifica obbligazione.   Sul punto, infatti, si è specificato in giurisprudenza che se si vuole impegnare il notaio a garantire la veridicità di quanto le parti affermano in ordine a circostanze il cui controllo esula dal dovere di diligenza del professionista occorre stipulare con lo stesso un apposito contratto di mandato. ### il giudice di legittimità, in assenza di un espresso incarico volto a richiedere il controllo sulla veridicità delle affermazioni di una parte, non può farsi discendere tale dovere da una specifica norma o dai principi generali dell'ordinamento giuridico, né tale dovere può essere desunto automaticamente dal contratto d'opera professionale, come, invece, accade per l'obbligo di visura ipotecaria.   Nel medesimo significato ed in una fattispecie identica a quella oggetto di causa, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la verifica della conformità urbanistica di un immobile pur risolvendosi essa in una qualità giuridica della cosa, richiede il possesso di competenze e l'esecuzione di verifiche di natura tecnico - edilizio - urbanistica che sfuggono alla preparazione professionale del notaio e che, di conseguenza, gli imporrebbero di rivolgersi ad altro professionista, geometra, architetto o ingegnere, ciò dovendo risultare da uno specifico incarico in tal senso.   ### nel caso in esame si deve rilevare come la dichiarazione resa dalle parti venditrici nel testo degli atti, oltre al mancato conferimento di un incarico ulteriore, costituisca la prova dell'esatto adempimento della prestazione professionale del notaio convenuto. Se un inadempimento si è verificato, come innanzi specificato, esso è ascrivibile esclusivamente ai diversi venditori e non anche al ### rogante, il quale, infatti, non può rispondere di un inadempimento negoziale non proprio ma di terzi (il venditore immobiliare).   Per quanto attiene, poi, alla quantificazione dei danni, possono replicarsi le medesime considerazioni già esposte con riferimento alla domanda avanzata dall'attrice nei confronti di parte venditrice, dovendosi ritenere la stessa generica e non sufficientemente provata.   Anche la domanda proposta nei confronti del notaio ### va, dunque, respinta. 
Nei rapporti tra l'attrice e i venditori si reputa sussistano eccezionali ragioni per compensare tra le parti le spese di lite, stante il contenuto della presente decisione in ordine all'inadempimento contrattuale delle parti venditrici. 
Le spese di lite seguono le regole della soccombenza nei rapporti tra l'attrice e il convenuto ### P.Q.M.  il Tribunale di Napoli in composizione monocratica, definitivamente pronunziando, così provvede: - rigetta ogni domanda proposta dalla ### s.a.s. di ### & C.; - compensa le spese di lite tra l'attrice e i convenuti ######## -condanna l'attrice al rimborso in favore del convenuto ### delle spese di lite, liquidate in euro 12678,00 per compensi, oltre ### CPA e rimborso forfettario spese generali come per legge. 
Napoli, 20-11-2018 

Il giudice
Dott.ssa ###


causa n. 27080/2013 R.G. - Giudice/firmatari: Stravino Luigia, Sepe Roberta

M

Tribunale di Nola, Sentenza n. 2609/2015 del 09-10-2015

... difatti che i diritti di credito costituiscono diritti eterodeterminati e che, in tale ipotesi, è domanda nuova quella che alteri anche uno soltanto dei presupposti della domanda inizialmente proposta, introducendo un "petitum" diverso e più ampio, oppure una diversa "causa petendi", fondata su situazioni giuridiche in precedenza non prospettate ed in particolare su un fatto giuridico diverso, tale da inserire, come nel caso di specie, nel processo un nuovo tema d'indagine (cfr. per tutte Cass. 08-04-2010 n. 8342; Cass. 10-10-2008, n. 24996; Cass. 12-04-2005, 7524; Cass. 14-02-2001, n. 2080). Ciò detto, la domanda riconvenzionale proposta è fondata e va accolta per quanto di ragione. Non può essere presa esaminata l'eccezione di decadenza dalla garanzia per i denunciati vizi della merce invocata dall'attrice ai sensi dell'art. 1495 c.c., non avendo l'### s.a.s. attrice sollevato la relativa eccezione entro il termine perentorio costituito dall'udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c.. Come precisato dalla Suprema Corte, la decadenza dal diritto di garanzia per i vizi della cosa venduta integra difatti un'eccezione in senso stresso la quale non può R.G. n. 3973/2008### 5 essere rilevata (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Nola, seconda sezione civile, in persona del Giudice Unico dott. ### ha pronunciato la seguente sentenza nella causa iscritta a ruolo con il n. 3973/2008 di R.G.  tra società “### s.a.s. di ### & C.”, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. ### in forza di procura a margine dell'atto di citazione, domiciliat ###atti; ATTRICE e ### rappresentato e difeso dall'avv. ### in forza di procura a margine della comparsa di costituzione e di risposta, domiciliat ###atti; CONVENUTO conclusioni : come da verbale di udienza del 14 maggio 2015 MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO
E' parzialmente fondata la domanda proposta dall'attrice, volta ad ottenere il pagamento del saldo del prezzo di vendita delle forniture di marmo
R.G. n. 3973/2008### 1 commissionategli dal convenuto nel periodo tra l'ottobre 2004 e il marzo 2006 per la realizzazione della propria abitazione sita in ### alla via ### n. 10. 
In particolare, ha dedotto l'attrice che per la fornitura della merce in parola sarebbe stato pattuito un prezzo di euro 35.671,29, a fronte del quale il convenuto ha versato acconti per complessivi euro 24.500,00, con un saldo ancora dovuto di euro 11.171,29, IVA compresa, oltre accessori.
Orbene, non è contestato tra le parti che la ### s.a.s. di ### &
C. ha fornito a ### una serie di quantitativi di marmo utilizzati per la realizzazione di vari ambienti interni ed esterni della suddetta abitazione del convenuto. 
Più precisamente, nel costituirsi in giudizio, il convenuto ha confermato di aver acquistato dall'attore del marmo bianco utilizzato per la pavimentazione del salone; del granito verde utilizzato per la pavimentazione della cucina; del travertino utilizzato per la copertura dei muretti di recinzione e del basaltino utilizzato per le soglie ed i correnti dei balconi.
Allo stesso modo è pacifico che la società attrice si è limitata alla sola fornitura e non anche alla posa in opera dei suddetti materiali.
Alla luce di quanto innanzi, le suddette circostanze di fatto non controverse devono dunque ritenersi come pacifiche e non bisognose di prova. 
Come difatti chiarito dalla Suprema Corte, l'onere di specifica contestazione - desumibile sia dall'art. 167, primo comma c.p.c. che dall'intero sistema processuale - impone sia al convenuto che all'attore di prendere posizione sui fatti posti rispettiR.G. n. 3973/2008### 2 vamente dall'attore a fondamento della domanda e dal convenuto a fondamento delle eccezioni sollevate, ragioni per cui i suddetti fatti, qualora non siano contestati in maniera circostanziata e specifica, debbono essere considerati incontroversi e non richiedenti una specifica dimostrazione con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l'atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall'ambito degli accertamenti richiesti (cfr. per tutte Cass. 19-08-2009, n. 18399; Cass. 05-03-2009, n. 5356; Cass., sez. lav., 13-06-2005, n. 12636).
Ciò che il convenuto ha contestato è invece l'ammontare del corrispettivo pattuito per dette forniture, il quale a dire di ### è pari a complessivi euro 27.500,00 e non già ad euro 35.671,29, come dedotto dall'attore.
Orbene, a fronte di tale contestazione del convenuto, la società ### s.a.s. di ### & C. non ha fornito la prova - a suo carico ex art. 2697 trattandosi di un elemento costitutivo della domanda - che le parti hanno effettivamente pattuito il corrispettivo dalla stessa indicato di euro 35.671,29, non avendo in particolare l'attrice prodotto idonea documentazione dalla quale emerga l'ammontare del prezzo pattuito dalle parti. Pur essendo stata articolata dalle parti prova testimoniale in ordine all'entità del corrispettivo pattuito, la stessa non è stata inoltre ammessa stante il divieto previsto dall'art. 2721, I comma c.c..
Alla luce di quanto innanzi, non avendo l'attore assolto all'onere probatorio a suo carico, non resta che concludere che - come riconosciuto dal convenuto - il prezzo di vendita complessivamente pattuito tra le parti è stato di euro 27.500,00. Detta somma è da intendersi inoltre come già comprensivo di ### Di norma, nelle
R.G. n. 3973/2008### 3 transazioni con soggetti che rivestono la qualità di consumatori e che non hanno pertanto la possibilità di detrarre l'IVA versata sulla merce acquistata, il prezzo pattuito tra impresa venditrice ed acquirente consumatore è difatti già comprensivo dell'### rivestendo nel caso di specie il convenuto la qualità di consumatore e non essendo emersa dall'istruttoria espletata la prova che il prezzo concordato era in realtà da intendersi al netto dell'### deve pertanto concludersi che il suddetto importo di euro 27.500,00 è già comprensivo dell'### A comprova di ciò va del resto evidenziato che dagli atti di causa è emerso che, a fronte dei pagamenti ricevuti, l'attrice provvedeva ad emettere semplici scontrini fiscali e non già fatture con separata indicazione della base di imponibile e dell'IVA, come avviene normalmente nei casi in cui il prezzo pattuito è al netto della suddetta imposta.
Avendo il convenuto effettuato pagamenti per complessivi euro 24.500,00 come riconosciuto da entrambe le parti, non resta pertanto che riconoscere che il saldo del prezzo di vendita dovuto da ### alla ### s.a.s. è pari ad euro 3.000,00, oltre interessi nella misura del saggio legale ex art. 1284, I comma c.c. dalla data di notifica dell'atto di citazione, avvenuta l'8.4.2008, fino al soddisfo.
Ciò detto, il convenuto ha tuttavia ritualmente e tempestivamente proposto domanda riconvenzionale con la quale ha contestato il carattere difettoso del marmo fornito per la pavimentazione del salone, il quale presenta vistose macchie gialle, nonchè del basaltino utilizzato per le soglie ed i correnti dei balconi, il cui colore si è scambiato, ed ha chiesto conseguentemente la riduzione del prezzo di vendita pattuito a causa del carattere difettoso della merce fornita nonché la
R.G. n. 3973/2008### 4 condanna del convenuto al risarcimento degli ulteriori danni subiti e subendi a causa della necessità di dover provvedere alla sostituzione della merce innanzi detta.
Orbene, non possono essere in considerazione le ulteriori contestazioni mosse dal convenuto con la memoria ex art. 183, VI comma n. 1 c.p.c., le quali integrano una domanda nuova rispetto a quella fatta valere con la comparsa di costituzione e di risposta, introducendo dette ulteriori contestazioni nuovi temi di indagine.
E' noto difatti che i diritti di credito costituiscono diritti eterodeterminati e che, in tale ipotesi, è domanda nuova quella che alteri anche uno soltanto dei presupposti della domanda inizialmente proposta, introducendo un "petitum" diverso e più ampio, oppure una diversa "causa petendi", fondata su situazioni giuridiche in precedenza non prospettate ed in particolare su un fatto giuridico diverso, tale da inserire, come nel caso di specie, nel processo un nuovo tema d'indagine (cfr. per tutte Cass. 08-04-2010 n. 8342; Cass. 10-10-2008, n. 24996; Cass. 12-04-2005, 7524; Cass. 14-02-2001, n. 2080).
Ciò detto, la domanda riconvenzionale proposta è fondata e va accolta per quanto di ragione.
Non può essere presa esaminata l'eccezione di decadenza dalla garanzia per i denunciati vizi della merce invocata dall'attrice ai sensi dell'art. 1495 c.c., non avendo l'### s.a.s. attrice sollevato la relativa eccezione entro il termine perentorio costituito dall'udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c..
Come precisato dalla Suprema Corte, la decadenza dal diritto di garanzia per i vizi della cosa venduta integra difatti un'eccezione in senso stresso la quale non può
R.G. n. 3973/2008### 5 essere rilevata d'ufficio (cfr. per tutte Cass. 29/1/2000 n. 1031; Cass. 11/08/1990 n. 8194).
Proposta dal convenuto domanda riconvenzionale volta ad ottenere la riduzione del prezzo di vendita ovvero il risarcimento dei danni conseguenti al carattere difettoso della merce venduta, il venditore - attore in via principale - ai sensi dell'art. 183, V comma c.p.c. è tenuto dunque ad eccepire il carattere tardivo della denuncia dei vizi non più tardi dell'udienza di trattazione, trattandosi di un'eccezione che è conseguenza della domanda riconvenzionale proposta dal convenuto. 
Ciò posto, non ignora questo Tribunale che secondo la corte di monofilachia il
Giudice di merito che riconosce convincenti le conclusioni del ### d'ufficio non é tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni che lo inducono a fare propri gli argomenti dell'ausiliare, se dalle indicazioni della consulenza tecnica possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state rigettate, dato che in tal caso l'obbligo della motivazione è assolto con l'indicazione della fonte dell'apprezzamento espresso; di modo che, soltanto nel caso in cui i rilievi all'operato del consulente tecnico avanzati dopo il deposito della relazione (e che, quindi, non hanno ricevuto risposta nella stessa) si presentino specifici, puntuali e suffragati da elementi di prova, il giudice, che ritiene di uniformarsi al parere del consulente tecnico, non può sottrarsi al dovere di esporre le ragioni per le quali ha ritenuto infondati i medesimi rilievi (cfr. per tutte Cass. 2-7-2004, n. 14638; Cass. 9-12-1995, n. 12630; Cass. 7-6-2000, 7716; Cass. 11-3-2002, n. 3492).
Tale indirizzo ermeneutico è stato ribadito anche recentemente, avendo la ###
R.G. n. 3973/2008### 6 ma Corte affermato che è consentito al giudice di limitarsi a condividere le argomentazioni tecniche svolte dal proprio consulente, recependole, qualora le critiche mosse alla consulenza siano state già valutate dal consulente d'ufficio (cfr.  24-4-2008 n. 10688). ### canto, non è a sottacersi che Cass. 9 gennaio 2009, n. 282 sia giunta inoltre ad affermare che non è necessario che il giudice si soffermi neanche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte, risolvendosi in mere allegazioni difensive.
Orbene, dalla espletata ctu - le cui conclusioni, per coerenza logico-scientifica del ragionamento e per il rigore seguito nell'espletamento delle operazioni peritali, sono fatte proprie da questo ### - si ricava, da un lato, che la pavimentazione del locale salone presenta in molti tratti macchie di colore giallastro, lesioni e puntinatura nonché il non perfetto allineamento della venatura a macchia aperta e, dall'altro, che i correnti di marmo in pietra lavica presentano segni di sbiancatura; dai rilievi eseguiti dal C.t.u. è emerso altresì che la pavimentazione dei locali cucina e disimpegno presenta in molti tratti lesioni e puntinatura, diverse tonalità di colore nei pressi del vano al locale dall'esterno ma - come innanzi detto - la richiesta risarcitoria fondata su tali ultimi vizi non può essere esaminata integrando una domanda nuova rispetto a quella proposta dal convenuto con la comparsa di costituzione e di risposta.
Ciò detto, come appurato dal C.t.u., le cause dei difetti riscontrati sulla pavimentazione di marmo del salone sono ascrivibili per il 50 % alle caratteristiche della merce fornita dall'attrice la quale presenta segni evidenti di imperfezioni - quali peli, taroli, ruggine, non perfetto allineamento della macchia aperta e diverse tonalità di colore - e per il rimanente 50 % alla non accurata posa
R.G. n. 3973/2008### 7 in opera del prodotto, la quale come innanzi detto è stata curata direttamente dal convenuto; la non corretta posa in opera dei materiali ha in particolare incrementato la presenza di macchie ###, in quanto la presenza di sostanze reattive e l'azione combinata dell'acqua, dell'ossigeno e della luce hanno causato l'ossidazione ed il conseguente deturpamento estetico del rivestimento.
Per quanto riguarda invece le problematiche riscontrate nei correnti in pietra lavica lucidata, le stesse sono conseguenza delle azioni atmosferiche che hanno alterato il prodotto e non già di difetti del materiale fornito.
Ciò detto, dall'espletata c.t.u. è emerso che le condizioni in cui versa la pavimentazione del salone rende necessaria l'intera sostituzione della stessa.
Tenuto conto delle caratteristiche del marmo statuario venato utilizzato per la realizzazione della pavimentazione innanzi detta, il C.T.U. è giunto alla conclusione che, sulla base dei valori di mercato correnti all'epoca della fornitura, il costo - richiesto dal convenuto a titolo di risarcimento danni - necessario per provvedere alla sostituzione della pavimentazione in parola ammonta ad euro 9.883,20.
Integrando l'obbligo di risarcimento danni un debito di valore e riferendosi il valore innanzi detto di euro 9.883,20 ai prezzi correnti nell'anno 2005, la somma innanzi indicata va rivalutata all'attualità, giungendosi all'importo finale aggiornato di euro 11.761,01, corrispondente al costo necessario per provvedere alla sostituzione del pavimento del salone. 
R.G. n. 3973/2008### 8
Essendo i difetti riscontrati imputabili soltanto nella misura del 50 % a difetti della merce venduta, la somma innanzi detta va tuttavia posta soltanto nella misura della metà a carico dell'attrice. 
In conclusione la ### s.a.s. di ### & C. è tenuta dunque a corrispondere a ### la somma di euro 5.880,50 a titolo di risarcimento del danno emergente arrecato a causa dei vizi riscontrati nei marmi utilizzazioni per realizzare la pavimentazione del salone.
Per quanto concerne invece il nocumento finanziario subito dal convenuto a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro innanzi detta a titolo di risarcimento danni, gli interessi compensativi spettanti a tale titolo vanno computati - anche al tasso legale - o sulla somma originaria via via rivalutata anno per anno, ovvero sulla somma integralmente rivalutata, ma da epoca intermedia ovvero sempre sulla somma rivalutata e con decorrenza dalla data del fatto, ma con un tasso medio di interesse, in modo da tener conto che essi decorrono su una somma che inizialmente non era di quell'entità e che si è solo progressivamente adeguata a quel risultato finale (cfr., ex multis, Cass., S.U., 17.2.1995 n. 1712; Cass., 10.3.2000, n. 2796, Cass. 5.8.2002, n. 11712).
In applicazione del secondo criterio di liquidazione innanzi indicato, il Tribunale ritiene equo determinare ai sensi dell'art. 1226 c.c. detta voce di danno nella misura pari agli interessi legali da calcolarsi sulla suddetta somma di euro 5.880,50, con decorrenza dalla data intermedia dell'1.1.2010.
Non possono invece essere riconosciuti in favore dell'attore ulteriori importo a titolo di riduzione del prezzo del marmo utilizzato per la realizzazione della paviR.G. n. 3973/2008### 9 mentazione del salone, essendo l'importo innanzi riconosciuto al convenuto per la sostituzione del marmo assorbente rispetto alla richiesta di riduzione del prezzo del marmo, come innanzi detto da sostituire integralmente. 
Ciò posto, sempre in via riconvenzionale, il convenuto ha chiesto altresì di compensare il proprio debito nei confronti dell'attore con la maggiore pretesa creditoria dallo stesso vantata nei confronti della ### s.a.s..
Orbene, trattandosi di crediti certi, esigibili e di facile o pronta liquidazione può senza dubbio operarsi la compensazione giudiziale fra gli stessi fino a concorrenza delle rispettive poste debitorie.
Nell'effettuare la suddetta operazione occorre, però, tener conto presente che come più volte affermato dalla giurisprudenza, nel caso di coesistenza di debiti reciproci l'uno di valore, in quanto dovuto a titolo di risarcimento danni, e l'altro di valuta, qual'è quello di pagamento del corrispettivo della vendita, nella determinazione della prima posta creditoria ai fini della compensazione non può non tenersi conto della relativa natura, dovendo i danni da risarcire essere determinati con riferimento ai valori monetari del tempo della decisione finale della causa.
Integrando la sentenza che pronunzia la compensazione giudiziale un accertamento costitutivo i cui effetti si verificano “ex nunc” (cfr. Cass. 21/02/1985 n. 1536 nonchè Cass. 11/01/2006 n. 260), la determinazione dei contrapposti debiti e crediti va inoltre effettuata alla data della pronuncia della sentenza, con successiva applicazione della compensazione imputando il complessivo credito di minor importo spettante sia a titolo di sorta capitale che di interessi prima agli interessi e poi al capitale del contrapposto maggior credito, il tutto secondo i principi
R.G. n. 3973/2008### 10 generali che si ricavato dall'art. 1193 c.c. da ritenersi applicabili ad ogni fattispecie di estinzione satisfattiva di un debito.
In applicazione di tali principi, il maggior credito del convenuto nei confronti dell'attrice, pari ad euro 5.880,50 oltre interessi legali ex art. 1284, I comma dall'1.1.2010 fino alla data della presente decisione, va dunque compensato fino alla concorrenza con il contrapposto minor credito dell'attrice nei confronti del convenuto, pari ad euro 3.000,00 oltre interessi nella misura del saggio legale ex art. 1284, I comma c.c. dal 8.4.2008 fino alla data della presente decisione, e, all'esito di detta compensazione, la ### s.a.s. di ### & C. va condannata a pagare a ### la differenza a quest'ultimo ancora dovuta, oltre interessi nella misura del saggio legale ex art. 1284, I comma c.c. sul relativo importo dalla data della presente decisione fino al soddisfo.
Considerato l'esito complessivo del giudizio, le spese di lite vanno poste a carico dell'attrice e, determinate sulla base del D.M. n. 55/2014, vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di ### seconda sezione civile, in persona del Giudice Unico dott. ### definitivamente pronunciando nel giudizio civile iscritto a ruolo con il n. 3973/2008, disattesa ogni contraria domanda, eccezione e difesa, così provvede : - accoglie parzialmente la domanda proposta dall'attrice e, per l'effetto, riconosce che la “### s.a.s. di ### & C.” è creditrice nei confronti di ### a titolo di saldo del prezzo di vendita, dell'importo di euro
R.G. n. 3973/2008### 11 3.000,00, oltre interessi nella misura del saggio legale ex art. 1284, I comma dall'8.4.2008 fino alla data della presente decisione; - accoglie la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto e, per l'effetto, riconosce che ### è creditore nei confronti della “### s.a.s. di ### & C.”, a titolo di risarcimento danni, dell'importo di euro 5.880,50, oltre interessi nella misura del saggio legale ex art. 1284, I comma dall'1.1.2010 fino alla data della presente decisione; - compensa ai sensi dell'art. 1243, II comma c.c. fino alla concorrenza i suddetti contrapposti crediti maturati alla data odierna e condanna la ### s.a.s. di ### & C. a pagare a ### il residuo debito dalla stessa ancora dovuto a quest'ultimo all'esito di detta compensazione, oltre interessi nella misura del saggio legale ex art. 1284, I comma c.c. sul relativo importo dalla data della presente decisione fino al soddisfo; - condanna la “### s.a.s. di ### & C.” a pagare a ### le spese di lite, le quali vengono liquidate in euro 2.500,00 per compenso professionale, oltre spese forfettarie nella misura del 15 %, IVA e ### di ### se dovute; - pone definitivamente a carico dell'attrice le spese del C.T.U., come liquidate in corso di causa, e condanna la “### s.a.s. di ### & C.” a rimborsare a ### quanto quest'ultimo ha corrisposto o corrisponderà al Consulente di ufficio.
Così deciso in ### lì 7 ottobre ###l Giudice Unico dott. ###
R.G. n. 3973/2008### 12 

causa n. 3973/2008 R.G. - Giudice/firmatari: Siniscalchi Ettora, Corona Lorenzo

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Tribunale di Taranto, Sentenza n. 1816/2025 del 31-07-2025

... sostanzialmente unitaria, ma derivano da diritti cosiddetti eterodeterminati, per la identificazione dei quali, cioè, occorre far riferimento ai relativi fatti costitutivi, tra loro sensibilmente divergenti sul piano genetico e funzionale” ( 11938/2024). Rilevata quindi la fondatezza della eccezione di prescrizione sollevata dalla parte convenuta con riferimento alle operazioni bancarie effettuate dalla ### in data anteriore al 09.11.12, occorre quindi occuparsi esclusivamente dei prelievi in contanti da quest'ultima effettuati presso la ### dei ### di ### filiale di ### dal 23.11.12 al 06.12.12 per complessivi euro 4.200,00. Ritiene a tal proposito questo giudice che l'entità complessiva degli importi prelevati non appaia di rilevanza tale da far presumere che la loro destinazione fosse estranea alle particolari necessità del nucleo familiare di quel momento, potendo anzi ragionevolmente ipotizzarsi che negli ultimi giorni di vita dell'### deceduto il successivo 07.12.12, fossero state cospicue le spese collegate alla sue disperate condizioni di salute ed alla assistenza fisica e medica di cui presumibilmente necessitava. E comunque, non vi sono agli atti indizi di alcun genere utili a (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Taranto, prima sezione civile, in composizione monocratica, in persona del dott. ### ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile in primo grado iscritta al n.6477/2022 del R.G., avente ad oggetto “mandato”, #### rappresentata e difesa dall'avv. ### per procura in atti.   #### rappresentata e difesa dall'avv. ### D'### per procura in atti.   ###' ### CONVENUTA CONTUMACE
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con la domanda formulata nell'atto di citazione ### ha dedotto: a) di essere figlia ed erede legittima, unitamente alla sorella ### ed alla madre ### di ### nato a #### il ### e deceduto in ### il ###; b) che il de cuius era titolare presso le ### spa, filiale di ### n. 11, in via esclusiva, del deposito a risparmio n. ### e, in cointestazione con la moglie, dei depositi a risparmio n.ri 13530838 e ###, nonché presso la banca ### dei ### di ### filiale di ### in cointestazione con la moglie, del conto corrente n. 1255.41, conto sul quale confluiva unicamente la sua pensione, essendo la ### priva di redditi propri; c) che tali cointestazioni dovevano considerarsi fittizie, in quanto la valuta che alimentava i conti era riconducibile al solo de cuius; d) che da un esame degli estratti dei conti era emerso che su di essi, nell'ultimo periodo di vita dell'### a causa delle sue condizioni di salute, aveva operato la sola cointestataria, effettuando con cadenza frequente, pur non avendone titolo, prelievi di denaro per cifre considerevoli; d) che, avendo la ### assunto la veste di mandataria del marito defunto, sussisteva il diritto di tutti i coeredi di chiederle un resoconto del suo operato o, in ogni caso, di esercitare un'azione di ripetizione della valuta prelevata indebitamente; e) che la convenuta si era altresì appropriata delle somme giacenti sul deposito a risparmio postale ###, approfittando di una procura conferitagli nel corso delle trattative; tanto premesso, conveniva in giudizio ### perché le fosse ordinato di rendere il conto in virtù del mandato ricevuto dal de cuius con riferimento ai conti cointestati, ovvero, in subordine, per sentirla condannare alla restituzione delle somme indebitamente sottratte. 
Con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1 c.p.c.  l'attrice puntualizzava la domanda, chiedendo che la convenuta fosse chiamata a rendere conto, in particolare, delle seguenti operazioni: a) assegno bancario n. 833056938 dell'importo di € 30.000,00 tratto sul c/c n.1255.41 del MPS in data ### a firma ### con beneficiaria sé stessa; b) assegno bancario n. 851229882 dell'importo di € 10.000,00 tratto sul c/c n.1255.41 del MPS in data ### a firma ### con beneficiaria sé stessa; c) prelievo in data ### dal libretto postale n.13530838 di € 21.439,96; d) prelievo dal libretto postale n. ### di € 35.000,00 in data ###; e) prelievi di contante al bancomat della somma complessiva di € 7.200,00 dalla data del 30.10.2012 fino alla data del decesso. 
Instauratosi il contraddittorio, ### resisteva alla domanda attrice, eccependo l'intervenuta prescrizione ex art. 2946 c.c. di ogni richiesta relativa al dedotto presunto mandato nonché di ogni richiesta di accertamento della titolarità di crediti relativi ai conti correnti cointestati anteriore alla data del 09/11/2012, dovendo il decennio ritenersi interrotto solo con la notifica dell'atto di citazione avvenuta in data ###; eccepiva inoltre la violazione del principio del “ne bis in idem”, chiedendo dichiararsi l'inammissibilità della domanda, atteso che la medesima questione giudiziale era stata risolta con la sentenza n. 328/2022 di questo Tribunale già passata in giudicato. 
La convenuta aggiungeva che, qualora l'attrice avesse inteso esercitare l'azione spettante al de cuius per l'accertamento degli indebiti prelievi e per la condanna alla loro restituzione, tale azione doveva ritenersi distinta da quella, diversa, proposta dalla medesima attrice nel precedente giudizio, ribadendo quindi l'eccezione di prescrizione di tutti i diritti antecedenti al 09.11.2012. 
La causa, istruita con la sola produzione di documentazione, all'udienza del 05.03.25 veniva riservata per la decisione, con assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. 
Passando alla trattazione del merito, occorre evidenziare che l'attrice e le convenute, ### ed ### sono le uniche eredi legittime di ### deceduto in ### il ###.  ### ha convenuto in giudizio la madre, ### al fine di ottenere, quanto meno a partire al 07.12.2002, e cioè per il decennio anteriore al decesso del padre, il rendiconto relativo a tutta la movimentazione dei conti cointestati tra lei ed il padre medesimo, ovvero, in subordine, la condanna della convenuta alla restituzione in suo favore della quota ereditaria spettante ed essa istante relativamente alle somme indebitamente prelevate. 
Ciò premesso, è necessario osservare, quanto alla richiesta di rendiconto formulata dall'attrice ai sensi degli artt.  1713 c.c. e 263 c.p.c., che il procedimento di rendiconto è fondato sul presupposto dell'esistenza di un obbligo (legale o negoziale) di una delle parti di rendere il conto all'altra della propria attività, in ragione della rilevanza di tale gestione nella sfera di interessi patrimoniali altrui o, contemporaneamente, nella altrui e nella propria. 
Appare pacifico in giurisprudenza che, allorquando vi sia controversia in ordine alla situazione od al negozio da cui si fa discendere l'obbligo di rendere il conto, l'ordine del giudice di presentazione del conto deve essere preceduto dal positivo accertamento dell'esistenza di detta situazione o negozio, che ne costituiscono la base imprescindibile ( Cass. n. 4765/2007 e n. 26222/2022).  ### individua il presupposto del dovere della convenuta di rendere il conto nella mera cointestazione dei conti, a suo dire alimentati dalle sole sostanze del de cuius, circostanza che sarebbe idonea a comprovare l'esistenza, negata invece dalla convenuta, di un vero e proprio mandato conferito dal marito e, quindi, di una sua ingerenza continuativa nella sfera economico finanziaria di quest'ultimo. 
Ritiene il Tribunale che non sussistano nella fattispecie i presupposti per ritenere provata l'esistenza di tale mandato gestorio con il conseguente diritto al rendiconto da parte dell'attrice, atteso che la movimentazione disgiunta dei conti oggetto di lite, da sempre cointestati tra i coniugi, doveva invece ritenersi, nei fatti, finalizzata solo a favorire una più agevole gestione quotidiana delle risorse e delle esigenze della famiglia. 
Il fatto che la cointestazione dei conti risalisse ad epoca lontana e non già all'ultimo periodo di vita del de cuius, conferma poi che la facoltà di operare su di essi da parte della ### non fosse in alcun modo collegata ad una specifica delega conferita dal marito affinché ella operasse sulla base di sue precise disposizioni, ma costituisse invece, molto più semplicemente, una mera modalità di gestione condivisa del danaro di famiglia. 
Né dall'esame delle allegazioni difensive delle parti è emersa la prova della esistenza di inabilità e/o incapacità del de cuius di tale entità che potessero rendere giustificabile una delega gestoria dei propri interessi alla moglie. 
Nella sostanza, la sola cointestazione dei conti, a prescindere dalla provenienza delle somme che lo alimentavano, appare del tutto insufficiente nella fattispecie, in assenza di prova in ordine al conferimento di deleghe ulteriori e più ampie ovvero alla sussistenza di diversi elementi indiziari, a far insorgere in capo alla convenuta un obbligo di rendicontazione tipico di una vera e propria attività gestoria per conto altrui, significativa e continuativa, rimasta del tutto indimostrata e del tutto estranea alla reale intenzione delle parti. 
E comunque, quand'anche si volesse ipotizzare l'esistenza di tale mandato, i rapporti di fatto intercorsi tra i coniugi nei lunghi anni di cointestazione dei conti, lasciano ragionevolmente presumere che il mandante avesse preventivamente dispensato la mandataria, ai sensi dell'art.  1713, secondo comma, c.c., dall'obbligo del rendiconto, circostanza avvalorata inoltre dal fatto che neppure l'attrice ha fatto alcun riferimento negli atti di causa a pregressi conti di gestione presentati dalla ### all'### nel corso del loro lunghissimo matrimonio.  ### ha inoltre chiesto in via subordinata la condanna della convenuta alla restituzione delle somme indebitamente sottratte dai conti cointestati, reclamando crediti ereditari da ripartirsi tra gli eredi secondo le regole della successione legittima e riferendosi, in particolare, ai prelievi indebiti specificati nella memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1 c.p.c. e collegati alle seguenti operazioni: a) assegno bancario n. 833056938 dell'importo di € 30.000,00 tratto sul c/c n.1255.41 del MPS in data ### a firma ### con beneficiaria sé stessa; b) assegno bancario n. 851229882 dell'importo di € 10.000,00 tratto sul c/c n.1255.41 del MPS in data ### a firma ### con beneficiaria sé stessa; c) prelievo in data ### dal libretto postale n.13530838 di € 21.439,96; d) prelievo dal libretto postale n. ### di € 35.000,00 in data ###; e) prelievi di contante al bancomat della somma complessiva di € 7.200,00 dalla data del 30.10.2012 fino alla data del decesso. 
Risalendo la notifica dell'atto di citazione al 09.11.2022, deve pertanto ritenersi fondata l'eccezione di prescrizione decennale sollevata dalla parte convenuta con riferimento alle operazioni indicate dalla lettera a) alla lettera d). 
E' necessario a tal proposito evidenziare, in assenza di prova in ordine al compimento di ulteriori atti di costituzione in mora da parte del creditore ex art. 2943, quarto comma, c.c., che con riferimento alla domanda azionata nel presente giudizio, avente ad oggetto il pagamento dei crediti ereditari insorti in capo alla attrice quale erede di ### a seguito degli indebiti prelievi effettuati dalla convenuta dai conti cointestati, non può assumere valore di atto interruttivo della prescrizione la diversa domanda contenuta nell'atto di citazione notificato alla ### dalla ### nell'ambito del precedente giudizio iscritto al n. 4490/2018 R.G.. 
Ed infatti, con tale atto di citazione l'attrice non ha affatto chiesto il pagamento dei suddetti debiti ereditari, ma ha invece testualmente chiesto: “previa ricostruzione della reale consistenza dell'asse ereditario di ### accertarsi e dichiararsi che i prelievi di somme effettuati dalla cointestataria ### nel periodo immediatamente antecedente il decesso del coniuge dal 13.09.2012 al 07.12.2012 (data del decesso), in relazione ai seguenti rapporti bancari e postali: …omissis…… sono lesivi della quota di riserva spettante ex lege ad ### in quanto artatamente volti ad evitare che le relative somme entrassero in successione, in considerazione delle gravi condizioni di salute di ### all'epoca dei fatti”, e, per l'effetto, “dichiararsi l'inefficacia relativa di tutte le operazioni bancarie nei confronti di ### nei limiti in cui le stesse ledono la quota di riserva della medesima; disporsi la restituzione delle somme a reintegra della quota ereditaria spettante ad ### quale legittimaria di ### e condannarsi ### a corrispondere a favore dell'attrice la capital somma, determinanda, necessaria alla predetta reintegrazione, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo”. 
Nella sostanza, tra la domanda volta ad ottenere il pagamento dei crediti derivanti dalle indebite operazioni compiute dalla cointestataria dei conti e la domanda volta ad ottenerne la dichiarazione della inefficacia relativa nei limiti in cui le stesse ledano la quota di riserva, sussiste una chiarissima differenza sostanziale di petitum e di causa petendi che impedisce nei fatti di attribuire alla domanda giudiziale formulata nell'ambito del giudizio n. 4490/2018 RG efficacia di valido atto interruttivo della prescrizione relativamente alla diversa pretesa azionata nell'ambito del presente giudizio. 
Appare utile a tal proposito riportare quel consolidato orientamento del ### che, in una fattispecie similare, ha evidenziato il difetto del requisito della pertinenza del precedente atto interruttivo all'azione proposta (identificata in base al “petitum” e alla “causa petendi”) nel caso in cui le due distinte azioni si pongono, come accaduto nel caso in esame, “in una relazione di reciproca non fungibilità e non costituiscono articolazioni di una matrice fattuale sostanzialmente unitaria, ma derivano da diritti cosiddetti eterodeterminati, per la identificazione dei quali, cioè, occorre far riferimento ai relativi fatti costitutivi, tra loro sensibilmente divergenti sul piano genetico e funzionale” ( 11938/2024). 
Rilevata quindi la fondatezza della eccezione di prescrizione sollevata dalla parte convenuta con riferimento alle operazioni bancarie effettuate dalla ### in data anteriore al 09.11.12, occorre quindi occuparsi esclusivamente dei prelievi in contanti da quest'ultima effettuati presso la ### dei ### di ### filiale di ### dal 23.11.12 al 06.12.12 per complessivi euro 4.200,00. 
Ritiene a tal proposito questo giudice che l'entità complessiva degli importi prelevati non appaia di rilevanza tale da far presumere che la loro destinazione fosse estranea alle particolari necessità del nucleo familiare di quel momento, potendo anzi ragionevolmente ipotizzarsi che negli ultimi giorni di vita dell'### deceduto il successivo 07.12.12, fossero state cospicue le spese collegate alla sue disperate condizioni di salute ed alla assistenza fisica e medica di cui presumibilmente necessitava. 
E comunque, non vi sono agli atti indizi di alcun genere utili a provare che tali somme siano state indebitamente sottratte dalla ### per sue esigenze personali estranee al menage della famiglia. 
Quanto infine al deposito a risparmio n. ### intestato al solo de cuius, non vi è agli prova che il modesto importo ivi depositato, pari ad euro 1.841,19, sia mai stato prelevato, ragion per cui gli eredi appaiono tuttora in tempo per potersene dividere il ricavato secondo le regole della successione legittima, circostanza sufficiente ad escludere ogni tipo di danno in capo all'attrice. 
Alle argomentazioni che precedono consegue il rigetto della domanda e la condanna dell'attrice alla rifusione delle spese di lite.  P.Q.M.  il Tribunale, pronunziando nella causa promossa da ### nei confronti ### ed ### così provvede: 1) rigetta la domanda; 2) condanna ### a rifondere a ### la spese del giudizio che liquida in euro 5.000,00 per compensi; oltre ##### 23.7.25 

Il Giudice
Il Presidente estensore dott. ###


causa n. 6477/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Casavola Martino

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Corte di Cassazione, Sentenza n. 407/2025 del 08-01-2025

... giurisprudenza di questa Corte la distinzione dei diritti eterodeterminati da quelli autodeterminati, tali essendo quelli la cui individuazion e prescinde dal titolo d'acquisto allegato ed è motivata in relazione alla natura unica e irripetibile della situazione sostanziale dedotta, laddove l'identificazione dei primi è, invece, in funzione dello specifico fatto storico co ntrattu almente qualificato, sicché la causa petendi si risolve nel riferimento concreto a quel fatto specifico che è affermato ed allegato come costitutivo, e che perciò possiede una specifica attitudine a individuare il diritto fatto valere in gi udizio (cfr. per tutte Cass., Sez. 2, 17/11/2014, 24400; Cass., Sez. 1, 6/8/1997, n. 7267). Tale di stinzione, che, come affermato da Cass., Sez. 2, 17/11/2014, n. 24400, cit., è stata fissata allo scopo di indicare i limiti entro cui la domanda può essere modificata senza incorrere nel divieto della mutatio libelli e che scioglie una risalente antitesi fra titolazion e e sostanziazione della causa peten di, co nsente di dire che la deduzione dei diritti autodeterminati dipende da un puro meccanismo di d esignazione legale (titolazi one, appunto), che consente di collegare la (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 11930/2020 R.G. proposto da ### rappresentato e di feso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti ### la ### e ### con domicilio eletto in ### via ### n. 23, presso lo studio dell'avv. ### - ricorrente contro ### s.p.a., rappresentata e di fesa dagli avv.ti ### e ### es ed elett ivamente domiciliata presso lo studio dell'av v. ###, in ### via delle ### n. 38; - controricorrente avverso la sentenza n. 2506/2019 della Corte d'Appello di Bologna, depositata il ### e non notificata. 
Udita la relazione svolta dal consigliere dott.ssa ### nella pubblica udienza del 21/11/2024; Oggetto: Servitù 2 di 13 udito il Pubbl ico Ministero in persona del sostituto procuratore generale ### che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale. 
Uditi i difensori presenti ### 1. ### convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Bologna, ### distribuzione s.p.a., aff ermando che aveva acquistato dall'### del ### l'immobile denominato “### Paderno”, sito nel Comune di ### via dei ### di ### e che sulla proprietà insistevano una cabina ### e due pali, uno dei quali da lui rimosso a proprie spese, realizzati in virtù di concessione a costruire del 28/07/1983 rilasciata dall'### del ### con durata fissata in sei anni, prorogata per un anno, e chiedendo che venisse accertata e dichiar ata l'illegittimità dell'occupazione, da parte della società convenuta, del terreno di sua proprietà in quanto priva di titolo e che venissero determinati modi e tempi per la demolizione e/o spostamento della cabina e del residuo palo in metall o, con versamento di un'indennità da determinarsi per gli anni di occupazione sine titulo, oltre alla rifusione dei costi della mediazione e al pagamento di una somma a titolo di risarcimento danni. 
Costituitasi in giudizio, ### s.p.a. chiese che venisse dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo e, nel merito, l'accoglimento della domanda riconvenzionale volta ad accertare l'avvenuta co stituzione di una servitù di elettrod otto per destinazione del padre di famiglia sui beni di causa ovvero, alternativa mente, l' accoglimento della domanda riconvenzionale volta alla costituzione di servitù coattiva a proprio favore.  ### ibunale di ### con s entenza non definiti va del 13/10/2015, rigettò l' eccezione di difetto di giurisdizione e le 3 di 13 domande riconvenzionali proposte dalla convenuta e, con sentenza definitiva del 9/11/2016, dichiarò l'illegittimità dell'occupazione, da parte del la convenuta, d el terreno di proprietà dell'attore, ordinando alla predetta di provvedere, a sua cura e spese, allo spostamento della cabina oggetto di causa e del palo in metallo ad essa contiguo, dichiarandola tenuta e condannandola al pagamento della somma di € 874,00 a titolo di indennità per l' occupazione senza titolo del terreno, al pagamento delle spese di mediazione e a qu elle di spostamento del palo ### di € 5.200,00, oltre al risarcimento dei danni, quantificati equitativamente in € 2.500,00. 
Il giudizio di gravame, instaurato da ### distribuzione s.p.a., che insistette, in via preliminare, per il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e chiese, nel merito, il rigetto delle domande attoree e l'accoglimento di quelle riconvenzionali, si concluse, nel contraddittorio con ### ni, che chiese il rigetto dell'appello, con la sentenza n. 2506/2019, con la quale la Corte d'A ppello di ### rigettò le domand e proposte dall'appellato e la domanda riconvenzionale di costit uzione di servitù coattiva di elett rodotto proposta dal l'appellante e, in accoglimento della domanda riconvenzionale di quest'ultima, dichiarò costituita, in fo rza del titolo convenzionale, la servitù di elettrodotto in suo favore, compensando le spese del giudizio nella misura del 50% e ponendo il restante 50% a carico dell'appellato.  2. Avver so questa sentenza, ### ani ### ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi, mentre ### s.p.a. si è difesa con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale affidato a tre motivi. 
Entrambe le parti hanno depositato memorie.  ### ha concluso per il rigetto dei ricorsi.  RAGIONI DELLA DECISIONE 4 di 13 1.1 Con il primo motivo di ricorso principale, si lamenta l'error in procedendo e la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 cod.  proc. civ., perché la Corte d'Appello, pur avendo rigettato tutte le domande proposta da ### s.p.a., ossia la domanda riconvenzionale di costituzione giudiziale di servitù coattiva e quella volta ad accertare e dichiarare l'avvenuta costituzione di servitù di elettrodotto per destinazione del padre di famiglia, aveva comunque ritenuto fondato l'appello, accogliendo il petitum in base ad un titolo diverso da quello dedotto dall'appellante e procedendo ad un a contraddit toria qualificazione giuridica dei fatti, sul solo presupposto che il giudice potesse accogliere la domanda su diritti autodeterminati sulla base di un titolo diverso da quello dedotto, alla stregua di precedenti di legittimità non valutati secondo la loro effettiva portata.  1.2 Il primo motivo è infondato. 
Si legge nel la sentenza impugnat a che ### buzione, costituendosi nel giudizio incardin ato da ### gnani ### aveva chiesto che venisse accertata l'avvenuta costituzione di servitù di elettrodotto per destinazione del padre di famiglia o, in alter nativa, che venisse accolta la domanda di costituzione di servitù coattiva in proprio favore. 
Dalla sentenza impugnata risulta che in appello l'### si era doluta della mancata considerazione delle clausole contenute nel rogito di acquisto del fondo in favore della parte appellata. 
La Corte d'Appello, esclusa la possibilità di costituire coattivamente con sentenza la servitù in difetto di un'autorizzazione definitiva e la ravvisabilità dell'avvenuta costituzione dell a servitù per destinazione del padre di famiglia, ha riten uto che la pretesa servitù esistesse e trovasse ti tolo nel rog ito del 28/4/2011 intercorso tra l'### del ### e l'appellato, sul presupposto che i diritti autodeterminati si identifichino con essi e col bene che 5 di 13 ne forma oggetto, piuttosto che con i fatti o gli atti allegati a suo fondamento. 
Tale argomentazione non si discosta affatto dai principi affermati da questa Corte, come invece preteso dalla ricorrente, costituendo ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte la distinzione dei diritti eterodeterminati da quelli autodeterminati, tali essendo quelli la cui individuazion e prescinde dal titolo d'acquisto allegato ed è motivata in relazione alla natura unica e irripetibile della situazione sostanziale dedotta, laddove l'identificazione dei primi è, invece, in funzione dello specifico fatto storico co ntrattu almente qualificato, sicché la causa petendi si risolve nel riferimento concreto a quel fatto specifico che è affermato ed allegato come costitutivo, e che perciò possiede una specifica attitudine a individuare il diritto fatto valere in gi udizio (cfr. per tutte Cass., Sez. 2, 17/11/2014, 24400; Cass., Sez. 1, 6/8/1997, n. 7267). 
Tale di stinzione, che, come affermato da Cass., Sez. 2, 17/11/2014, n. 24400, cit., è stata fissata allo scopo di indicare i limiti entro cui la domanda può essere modificata senza incorrere nel divieto della mutatio libelli e che scioglie una risalente antitesi fra titolazion e e sostanziazione della causa peten di, co nsente di dire che la deduzione dei diritti autodeterminati dipende da un puro meccanismo di d esignazione legale (titolazi one, appunto), che consente di collegare la pretesa a lla norma invocata senza la mediazione dei fatti storici su cui si fonda l'acquisto del diritto (in questi termini Cass., Sez. 2, 17/11/2014, n. 2 4400, cit. ; Cass., Sez. 2, 10/10/2017, n. 24435), sicché, nelle azioni relative ai diritti autodeterminati, qu ali la proprietà e gli altri diritti reali di godimento - che realizzano una relazione immediata con la cosa sempre identica quali siano il fatto o l'atto costitutivi che volta per volta vengano invo cati (Cass., Sez. 2, 24/10/1996, n. 4460)- la causa petendi della domanda si identifica con i diritti stessi e con il 6 di 13 bene che ne forma l'oggetto, restando vana l'allegazione dei fatti o degli atti da cui dipende il diritto vantato, la quale integra, a livello processuale, un fatto secondario che in quanto tal e è dedotto unicamente in funzione probatoria del diritto vantato in giudizio (in questi termini Cass., Sez. 2, 17/11/2014, n. 2 4400, cit. ; Cass., Sez. 2, 8/1/2015, n. 40; Cass., Sez. 2, 7/3/1968, n. 744). 
Ciò comporta che non realizza una mutatio libelli l'allegazione, nel corso del giudizio inteso alla tutela del diritto di proprietà o altro diritto reale, di un titolo diverso rispetto a quello posto originariamente a fondamento della domanda, rappresentando esso soltanto un'integrazione delle difese senza implicare alcuna rinuncia a che il prim o titolo dedotto venga anch'esso preso in considerazione, né influisce in alcun modo sulle conclusioni, che restano, comunqu e, cristallizzate nel medesimo petitum (Cass., Sez. 2, 23/8/2019, n. 21641; Cass., Sez. 2, 17/10/2017, 24435; Cass., Sez. 2, 7/12/2017, n. 20695; Cass., Sez. 2, 30/11/1988, n. 6504 ), né viola il di vieto dello ius novorum in appello la deduzione da parte dell'attore di un fatto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda introduttiva del giudizio (cfr ex pluribus, Cass., Sez. 2, 21/11/2006, n. 24702; Cass., Sez. 2, 4/3/2003, n. 3192; Cass., Sez. 2, 13/10/1999, n. 11521; Cass., Sez. 2, 4/3/1997, n. 9851; Cass., Sez. 2, 20/5/1997, n. 4460; Cass., Sez. 2, 10/4/1995, 7033; e Cass., Sez. 2, 27/4/1982, n. 2621), mentre l'accertamento della proprietà o di altro diritt o reale sulla base di un titolo pregiudica la proposizione di analoga domand a fondata su altro titolo non fatto valere nel precedente giudizio, in quanto, restando invariato il rapporto reale posto a fondamento del petitum, detto accertamento è soggetto al giudicat o(Cass., Sez. 28/4/199 3, 4997). 7 di 13 E correlati vamente anche il giudice può accogliere il petitum in base ad un titolo diverso da quello dedotto senza violare il principio della domanda di cui all'art. 112 cod. proc. civ. (Cas s., Sez. 2, 24/11/2010, n. 23851; Cass., Sez. 2, 7/7/1999, n. 7078). 
Non av endo, dunque, la Corte d'### o violato alcuno di tali principi, la censura deve essere respinta.  2.2 Con il secondo motivo di ricorso principale, si lamenta l'error in iudicando e la violazione e/o falsa applicazione del disposto di cui agli artt. 1411 e 1362 cod. civ., nonché l'erronea qualificazione ed interpretazione della clausola negoziale quale contratto a favore di terzo, per avere i giudici di merito ritenuto che l'art. 2 del contratto inter partes fosse qualificabile in termini di contratto a favore di terzi, idoneo a riconoscere espressamente e letteralmente in capo all'### la proprietà superficiaria della cabina. Il ricorrente ha, sul punto, evidenziato come mancassero i presupposti per il riconoscimento del contratto a favore di terzo, in quanto non vi era alcun inter esse dello stipulante, ancorché necessario e richiesto dall'art. 1411, primo comma, cod. civ., né er a stato chiarito chi fosse lo stip ulante e chi il promittente, e come mancasse, nel la clausola, anche la previsione del vincolo imposto al preteso fondo servente e del correlativo vantaggio per il terzo, sostenendo che la costituzione della servitù non fosse stata espressamente prevista e che difettasse la prova dell'effettiva volontà delle parti di attribuire al terzo (### la titolarità di qualsivoglia diritto di servitù, posto che nel la clausola si faceva rifer imento soltanto ad un'area con sovrastante cabina elettrica in proprietà superficiaria all'### Ad avviso del ricorrente, i giudici avevano voluto forzatamente trarre dal riconoscimento, in favore di ### del diritto a mantenere la cabina elettrica siccome titolare di proprietà superficiari a, la sussistenza di un implici to diritto di servitù di elettrodotto, onde 8 di 13 opporlo all'acquirente, senza considerare che la volontà delle parti di costituire la servitù deve risultare in modo inequivoco.  2.2 Il secondo motivo è altrettanto infondato. 
Come si legge nella sentenza impugnata, la Corte d'### dopo avere qualificato l'azione proposta da ### in termini di actio confessoria servitutis e dopo avere evidenziato l'appartenenza del diritto rivendicato all a categoria di quelli autodeterminati e la conseguen te possibili tà per il giudice di riconoscerne la sussistenza in base ad un titolo diverso da quello allegato senza inco rrere nella violazione dell'art. 112 cod. proc.  civ., ha ritenuto di ravvisare nella specie una servitù convenzionale, valorizzando all'uopo la clauso la contenuta nel rogito di acquisto del l'immobile da parte di ### gnani ### del 28/4/2011, la quale, riconos cendo l'esistenza sul fondo di “una cabina elettrica non attiva ed un'area (con sovrastante cabina elettrica in proprietà superficiar ia all'###”, aveva attribuito all '### la proprietà superficiaria della stessa, implicando, di conseguenza, il riconoscimento del “diritto a mantenere l'intero impianto nello stato di fatto esistente, dovendosi considerare come la cabina stessa n e” co stituisse “un elemento strutturale di fondamentale importanza ”. Ad avviso dei giudici di merito, infatti, il riconoscimento della proprietà superficiaria sulla cabina di trasformazi one e di stribuzione di energia elettrica non avrebbe avuto alcun senso se non lo si fosse esteso anche “all'intero impianto di elettrodotto, rispetto al quale la cabina si poneva qu ale ineliminabile elemento strutturale in rapporto di evidente strumentalità funzionale con esso, comprensivo dunque di pali e linee elettriche (linee attualmente aeree), posti sul fondo servente a servizio del fondo dominante”, con la conseguenza che era intenzione delle parti quella di ren dere “opponibile all'acquirente del fondo il diritto della so cietà concessionaria del 9 di 13 servizio di utilizzar e l'imp ianto secondo la sua funzione, riconoscendo e accettando a tale scopo la costituzione di apposita servitù di elettrodotto”. 
Alla stregua di tali considerazioni, i giudici di merito hanno sostanzialmente ritenuto che con siffa tta clausola i paciscenti avessero riconosciuto e accettato la costituzione di apposita servitù di elettrodotto, la quale poteva essere costituita anche attraverso la partecipazione all'atto del solo titolare del fondo servente attraverso un contratto a favore di terzo. 
Orbene, occorre, innanzitutto, considerare come il titolo costitutivo di una ser vitù prediale possa rinvenirsi, per concorde giurisprudenza di questa Corte, in un contra tto scritto cui abbia partecipato anche solo il proprietario del fondo servente, rispetto al quale il proprietario del fondo dominante abbia assunto la posizione di terzo, non sussistendo, nel cont ratto a favore di terzo, limiti quantitativi o qualitativi per la prestazione da rendersi al soggetto estraneo alla stip ulazione, prestazione che può co nsistere in un "dare", in un "facere" o in un "non facere" presente o futuro ed anche nella costituzione di un diritto reale, purché esso corrisponda ad un interesse, anche non patrimoniale, dello stipulante (Cass., Sez. 2, 27/6/2011, n. 14180; Cass., Sez. 2, 18/5/2000, n. 6450; Cass., Se z. 11/5/2000, n. 6030 ; Cass., Sez. 2, 30/10/2006, 23343; Cass., Sez. 2, 13/2/1993, n. 1842) e pu rché sussistano alcune condizi oni, ossia che la stipulazione avvenga per iscritto, che il vincolo reale sia costituito a carico del fondo del promittente ed a favore di quello del terzo, che la costituzione del vincolo ed il conseguente vantaggio per il terzo siano previsti e voluti dai contraenti, che la manifestazione della volontà in tal senso sia inequivocabile, che sia determinato (o determinabile con certezza) il fondo dominante (e quindi il proprietario) e che lo stip ulante abbia un intere sse, pu re non patrimoniale (Cass., Sez. 2, 10 di 13 30/10/2006, n. 23 343 cit.; Cass., Sez. 2, 28/11/1986, n. 7026 ; Cass., Sez. 2, 7/1/1984, n. 104; Cass., Sez. 2, 13/7/1983 n. 4778; Cass., Sez. 2, 14/12/1982 n.6871). 
E' dunque attrav erso la le ttura del contratto di acq uisto del ricorrente che i giud ici di merito hanno ritenuto sussistenti tali requisiti, mentre con la censura si vuole sostanzialmente rimettere in discussione gli esiti dell'attività ermeneutica compiuta. 
Il ricorre nte non considera però che l'interp retazione di un att o negoziale è tipi co accer tamento in fatto riser vato al giudice di merito, in censurabile in sede ###nell'ipotesi di violazione dei canoni leg ali di ermeneuti ca contrattuale, di cui all'art. 1362 co d. civ., e segg., o di motivazione inadeguata (ovverosia, non idonea a consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito per giungere alla decisione), sicché, per far valere una violazione sotto il prim o profilo, occor re non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d'interpretazione (mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti), ma altresì precisar e i n qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l'ulteriore conseguenza dell'inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull'asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26/1 0/2007, n. 22536). ### parte, per sottrarsi al sindacato di legittimità , quell a data dal giudice del merito al contratto non deve essere l'un ica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre: Cass. 12/7/2007, n. 15604; Cass. 22/2/2007, n. 4178), con la conseguenza che non può trovar e ingresso in sede di leg ittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa 11 di 13 valutazione degli stessi elementi già dallo stesso esaminati e che, quando di una clau sola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che av eva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legitt imità del fatto che fosse stata privilegiat a l'altra (Cass., Sez. 2, 15/5/2018, n. 11823; Cass. 7500/2007; 24539/2009). 
Consegue da quanto detto l'infondatezza della censura.  3.1 Con il terzo motivo di ric orso prin cipale, si lamenta l'insussistenza di titoli concesso ri del diritto di superficie, si richiama l'art. 952 e ss. cod. civ. e si deduce la violazione di legge, in quanto risultava allegato agli atti il titolo originario dei rapporti tra ### del ### ed ### il quale era costituito da un atto amministrativo di concessione del terreno demaniale per un tempo definito e per un canone determinato, estinto il quale la proprietà della costruzione non poteva che essere assorbita per accessione in difetto di altri titoli di godimento concedibili esclusivamente dall'attuale proprietà.  3.2 Il terzo motivo è inammissibile, in quanto non attinge la ratio decidendi della sentenza, nel la quale la qu estione afferente al rapporto intrattenuto in passato tra l'### del ### e l'### è stato superato dalla reputata sussistenza di un a servitù di elettrodotto costituita med iante contratto al quale aveva partecipato lo stesso attore, secondo quanto evidenziato nei punti che precedono (sul motivo che non coglie la ratio decidendi, cfr. tra le varie, Cass. 19989/2017).  4. Occorre ora analizzare il secondo motivo del ricorso incidentale, l'unico a non esser e condizionato dal l'accogli mento di quello principale, col quale si lamenta l'avvenuta compensazione delle spese del giudizio, nonostante l'accoglimento del petitum. 
Lo stesso è infondato. 12 di 13 In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 360 primo comma, n. 3, cod. proc. civ., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non posso no essere poste a carico dell a parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell'opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass., Sez. 1, 14/4/2023, n. 10043; Cass., Sez. 6-3, 26/4/2019, n. 11329; Cass., Sez. 6-3, 17/10/2017, n. 24502; Cass., Sez. 1, 4/8/2017, n. 19613). 
Nella specie, i gi udici di m erito hanno chiaramente affermato di avere compensato le spese del giudizio in ragione della reciproca soccombenza, avendo, per un vers o, rigettato l'actio negatoria servitutis e accolto l'appello, quanto al ### e, per altro verso, rigettato l'eccezione di difetto di giurisdizione e la domanda riconvenzionale di costituzione di servitù coattiva, quanto a ### con la conseguenza che non sussistono i presupposti per l'accoglimento della censura.  5. La reiezione del ricorso principale comporta in vece l'assorbimento dei restanti motivi di ricorso incidentale, siccome entrambi condizionati all'accoglimento del primo.  6. In conclu sione, dichiarata l'infondatezza del primo e secondo motivo di ricorso principale e l'inammissibilità del terzo, rigettato il secondo motivo di ricorso incidentale e dichiarato l'asso rbimento dei restanti, vanno rigettati il ricorso principale e quello incidentale. 
Le spese del giudizio vanno compensate in ragione della reciproca soccombenza. 
Considerato il tenore del la pronuncia, va dato atto - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 - della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e incidentale (soccombente sul motivo non 13 di 13 assorbito), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione del l'impugnazione, se dovuto.  P.Q.M.  Rigetta il ricorso principale, rigetta quello incidentale per quanto di ragione e compensa tra le parti le spese del giudizio. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte di entrambe le parti del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### il ###  

Giudice/firmatari: Orilia Lorenzo, Pirari Valeria

M

Corte d'Appello di Napoli, Sentenza n. 4087/2025 del 21-08-2025

... ribadito anche con specifico riferimento ai diritti cd. eterodeterminati, ritenendosi ammessa la modifica in corso di causa della domanda originaria, mediante l'allegazione di un diverso fatto costitutivo, che ne comporti la sostituzione con una nuova domanda ad essa alternativa, purché abbia ad oggetto il medesimo bene della vita e siano rispettate le preclusioni processuali previste dall'art. 183 c.p.c. (Cass., 31 luglio 2017, n. 18956). Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 13 - Tornata in tempi recenti sull'argomento, la Corte di legittimità ha ad esempio precisato che “la domanda di risarcimento del danno alla salute cagionato da errore medico può - ai sensi dell'art. 183, comma 6, c.p.c., nella formulazione vigente "ratio temporis" - essere modificata in domanda di risarcimento del danno da lesione degli obblighi informativi, posto che, rimanendo immutata la vicenda sostanziale, la diversità dei fatti costitutivi non altera, strutturalmente, il contradditorio, né determina la compromissione delle potenzialità difensive della controparte o l'allungamento dei tempi processuali, essendo possibili, ai sensi della norma innanzi indicata, allegazioni in (leggi tutto)...

testo integrale

Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 1 - REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte d'appello di Napoli, seconda sezione civile, in persona dei magistrati: - dr.ssa ### - Presidente - - dr.ssa ### - ### - dr.ssa ### - ### relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. R.G. 1806/2022, riservata in decisione, all'esito di trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c., con ordinanza comunicata il ###, con cui sono stati concessi alle parti i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusionali e vertente TRA ### (C.F. ###), rappresentato e difeso, giusta procura in calce all'atto di citazione, dall'avv. ### (C.F.  ###), presso il cui studio in Napoli, alla via C. Poerio n. 90, è elettivamente domiciliato.  -
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 2 - Condominio di via ### n° 49 (C.F. ###) in persona dell'### p.t., rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata all'atto di appello, dall'avvocato ### (C.F. ###) presso il cui studio in Napoli, al ### I n.201, è elettivamente domiciliato -### Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, in data ###, ### in qualità di proprietario di un'unità immobiliare sita nel fabbricato condominiale in Napoli alla via ### n° 49, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli, l'odierno appellato, impugnando la delibera assembleare del 23.10.2017 con riferimento al punto 2 del relativo ordine del giorno, con cui erano stati approvati i bilanci degli anni 2013, 2014 e 2015 nonché la contabilità straordinaria. 
Quanto ai presupposti in fatto ed in diritto posti a sostegno della domanda, l'attore esponeva di aver impugnato le delibere condominiali di approvazione dei rendiconti consuntivi relativi agli anni 2013 e 2014 e che era stato raggiunto un accordo transattivo in sede di procedura di mediazione obbligatoria, in virtù del quale egli aveva rinunciato ai giudizi di impugnazione con compensazione delle spese di lite, mentre il condominio aveva revocato le delibere del 18.12.2014 e del 18.03.2015 di approvazione dei suddetti rendiconti. 
Esponeva, inoltre, che il condominio, nonostante il predetto accordo, aveva deciso di approvare i rendiconti già presentati all'esame dell'assemblea dei condomini ed in precedenza approvati e revocati. 
Protestava dunque la nullità o l'annullabilità della deliberazione assembleare del 23.10.2017, poiché dal relativo verbale non era possibile evincere nominativamente quali fossero stati i singoli condomini favorevoli e contrari, le quote millesimali, nonché l'indicazione della maggioranza. 
Esponeva, ancora, che i bilanci approvati non erano conformi alla normativa vigente ed al disposto di cui all'art. 1130 bis c.c. risultando viziati e non veritieri.
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 3 - Si costituiva in giudizio, in data ###, il convenuto condominio contestando la fondatezza dei motivi di opposizione ed evidenziando come alcuna specifica irregolarità contabile fosse stata denunciata con riferimento ai rendiconti degli anni 2014 e 2015. 
Concessi i termini ex art. 183 VI comma c.p.c., la causa veniva istruita mediante consulenza tecnica d'ufficio contabile, ed infine rinviata, ex art. 281 sexies c.p.c., all'udienza del 19.10.2021 per la discussione orale. 
Con sentenza del 19.10.2021, oggetto di impugnazione nel presente giudizio, il Tribunale di Napoli accoglieva parzialmente l'impugnazione, annullando la delibera dell'assemblea condominiale del 23.10.2017 nella parte in cui veniva approvato il bilancio relativo all'annualità 2013; rigettava, per converso, la domanda di annullamento della medesima delibera, nella parte contenente l'approvazione dei consuntivi relativi alle annualità 2014 e 2015. Compensava per due terzi le spese di lite condannando il ### al pagamento in favore dell'attore del restante terzo. 
Segnatamente, il giudice di prime cure rigettava il primo motivo di opposizione osservando che, difformemente da quanto sostenuto dal condomino ### il verbale di delibera assembleare riportava la presenza dei condomini presenti, di persona o per delega, con le rispettive quote millesimali; tale verbale riportava infatti la presenza di dieci condomini su ventitré, presenti di persona o per delega, per un valore millesimale complessivo di 492 millesimi. Nel votare sul punto 2) all'ordine del giorno, inoltre, si era dato atto della votazione contraria dell'impugnante ### titolare di 122 millesimi, e dell'approvazione della delibera con 370 millesimi, ovvero con la votazione favorevole degli altri nove condomini presenti; infatti, detratti i millesimi dell'opponente, gli altri nove condomini presenti in assemblea erano complessivamente titolari di tale valore millesimale. Dalla lettura del suddetto verbale, pertanto, potevano agevolmente desumersi la maggioranza sia per teste che per millesimi nonché i nominativi dei condomini presenti. 
Nell'esaminare il secondo motivo di impugnazione, il Tribunale preliminarmente osservava come fra gli obblighi principali dell'amministratore di condominio vi sia quello del rendiconto, di cui all'art. 1713 c.c., integrante il fulcro della gestione condominiale, da redigersi nel rispetto di regole minime di chiarezza ed intelligibilità.
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 4 - A tal fine, doveva ritenersi necessaria la presenza di una contabilità regolare, con registrazione cronologica delle operazioni riguardanti il condominio e con possibilità di verifica dei documenti. In quest'ottica evidenziava come la mancata registrazione contabile cronologica delle operazioni così come la presenza di elementi inficianti la veridicità, quali l'omissione o l'alterazione dei dati, determinasse l'illegittimità del bilancio e della relativa delibera che l'aveva approvato. Per rendere intellegibile il rendiconto anche ai condomini doveva ritenersi necessaria, inoltre, la continuità nonché l'omogeneità dei criteri contabili utilizzati per la redazione del rendiconto. 
Ricordava, ancora, come la giurisprudenza di legittimità, nell'interpretare l'art. 1130 bis c.c., fosse, quindi, giunta ad affermare che il conto consuntivo della gestione condominiale non dovesse essere strutturato in base al principio della competenza, ma in base a quello di cassa, quale criterio da utilizzare nella redazione del bilancio condominiale in quanto idoneo a consentire un immediato riscontro, nonché la comparazione fra la situazione di cassa e quella contabile, anche a soggetti privi di competenze contabili. Aggiungeva, nondimeno, che, in mancanza di un divieto espresso di utilizzazione del criterio di competenza, non era in linea di principio illegittima la sua utilizzazione per la redazione del rendiconto condominiale. In tale caso, non essendo immediatamente e facilmente verificabili le voci di entrata e uscita, occorreva, per rendere chiara ai condomini la conoscenza dell'esatta situazione patrimoniale del condominio, che nella nota sintetica esplicativa fossero chiarite le apparenti ‘discrasie' correlate all'utilizzo del principio di competenza. Ove tali chiarimenti non fossero stati resi, doveva ritenersi leso il diritto di informazione di ciascun condomino, ricorrendo un vizio di formazione della volontà assembleare, denunciabile da ciascun condomino, determinativo dell'annullabilità della delibera adottata.  ### tali premesse, il Tribunale, nel recepire le risultanze dell'espletata consulenza tecnica d'ufficio, osservava che dall'esame del bilancio relativo all'anno 2013 non erano chiaramente evincibili le movimentazioni in entrata ed in uscita. Il rendiconto approvato, infatti, indicava un importo di spese di cassa, pagate in contanti, di € 1.715,34, non compatibile con piccole spese effettuate in contanti imputabili alla gestione corrente. Tale consuntivo non consentiva pertanto ai condomini un compiuto
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 5 - esame dei movimenti in entrata ed in uscita, essendo frutto della violazione dell'obbligo, sussistente a carico dell'amministratore quantomeno a far data dal mese di giugno del 2013, di far transitare tutti i pagamenti ricevuti, anche in contanti, sul conto corrente condominiale, in modo tale da rendere tracciabili i flussi finanziari nella loro totalità, confrontando le movimentazioni del conto corrente condominiale con quelle del registro di contabilità. 
Il primo giudice, alla luce degli elementi raccolti in corso di causa, annullava dunque la delibera di approvazione del rendiconto relativo all'anno 2013, poiché non erano chiaramente evincibili le movimentazioni in entrata ed in uscita. Viceversa, con riferimento ai rendiconti degli anni 2014 e 2015, evidenziava come le uniche censure mosse nell'atto di citazione si riferissero alla mancanza dei criteri di chiarezza ed intellegibilità, censure collegate prevalentemente ai vizi del rendiconto del 2013 che, secondo la tesi dell'opponente, erano tali da riverberarsi anche sui rendiconti successivi che, quindi, dovevano essere revisionati. Il Tribunale, inoltre, ritenendo di non poter prendere in considerazione le ulteriori irregolarità riscontrate dal c.t.u., reputava non tempestiva e pertanto inammissibile l'allegazione contenuta nella memoria ex art. 183 VI comma, n. 1) c.p.c. depositata dalla difesa di ### secondo cui i bilanci risultavano viziati per l'assenza del registro di contabilità, assumendo che, nel termine perentorio di cui all'art. 1137 c.c. per proporre impugnativa, in alcun modo l'attore aveva lamentato detta carenza. A dire del primo Giudice, nell'atto introduttivo del giudizio la violazione dell'art. 1130 bis c.c. non era stata ricollegata alla mancanza di un registro di contabilità, ma solo ai vizi del bilancio presentato dal precedente amministratore, inficianti la situazione amministrativo-contabile dei successivi bilanci approvati. 
Con riferimento a tale doglianza, il Giudice di prime cure richiamava quindi il principio secondo cui i vizi riguardanti i precedenti bilanci non rendevano ex se i bilanci successivi a loro volta annullabili, dovendo l'amministratore rendere il conto della propria gestione con esclusivo riferimento a ciascun anno di esercizio contabile e riverberando gli originari errori contabili i loro effetti, in via esclusiva, sul bilancio nel quale gli stessi erano contenuti. Nella nota esplicativa relativa all'anno 2014, l'amministratore aveva poi evidenziato di aver redatto il bilancio secondo un criterio
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 6 - di competenza, indicando specificamente quelle sole voci portate in bilancio secondo criterio di cassa. 
In quella relativa all'anno 2015, invece, non essendovi stata nelle more l'approvazione dei bilanci relativi alle precedenti annualità, l'amministratore aveva evidenziato di aver indicato secondo il criterio di cassa le uscite e secondo il criterio di competenza le entrate. Pertanto, con riferimento a tale motivo l'opposizione non poteva essere accolta, dovendo considerarsi nulla la consulenza tecnica d'ufficio, nella parte in cui esaminava i vizi di tali bilanci con riferimento a profili ulteriori, non specificamente allegati dalla parte attrice nell'atto di citazione.  2. Avverso tale pronuncia, ### con citazione notificata in data ###, ha spiegato appello, deducendo a sostegno quattro motivi.  3. Con comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente in data 26 novembre 2023, si è costituito in giudizio il ### di ### n° 49, chiedendo il rigetto del gravame in quanto inammissibile nonché infondato in fatto ed in diritto con condanna dell'appellante al pagamento di spese.  4. Preliminarmente deve essere affermata, all'esito di verifica d'ufficio, la tempestività dell'appello, proposto con citazione notificata in data ###, risultando rispettato il termine di sei mesi previsto dall'art. 327 c.p.c., decorrente dalla pubblicazione della sentenza gravata, avvenuta in data ###.  5. Tanto debitamente premesso, l'impugnazione è parzialmente fondata e merita pertanto accoglimento, nei limiti esposti nella motivazione che segue.   5.1 Merita invero di essere disatteso il primo motivo di gravame, con cui l'appellante ha censurato la sentenza di primo grado per aver rigettato il primo motivo di opposizione, ritenendo che dalla lettura del verbale assembleare, e a differenza di quanto sostenuto dal condomino ### si potesse evincere la maggioranza per teste, per quote millesimali nonché i nominativi dei presenti. 
Infatti, a dire dell'impugnante, dalla lettura del verbale assembleare non sarebbe possibile individuare i condomini presenti in adunanza personalmente o per delega, difettando l'elenco dei presenti necessario ai fini della validità della deliberazione, con conseguente difficoltà di comprendere quali fossero stati effettivamente i soggetti che avevano adottato la deliberazione. ### quanto dedotto al riguardo,
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 7 - “prescindendo dal tenore letterale poco intellegibile del documento, emergeva che i condomini ###### e ### fossero stati rappresentati in adunanza dai rispettivi delegati, puntualmente indicati, ma assolutamente incomprensibile risultava ciò che era stato riportato accanto ai nomi dei condomini ### e ### per non parlare della completa omissione di qualunque necessaria indicazione per quanto attiene ai condomini #### e ### accanto al cui nome nulla viene addirittura riportato”.   Gli argomenti svolti nel primo motivo non possono in alcun modo essere condivisi. 
La sentenza gravata, infatti, nel ritenere, all'esito dello scrutinio del testo del verbale assembleare in contestazione, sufficientemente integrati i presupposti per una piena intellegibilità dell'esito della votazione, mediante l'indicazione dei condomini presenti di persona o per delega, l'indicazione dell'approvazione a maggioranza del punto due all'ordine del giorno e l'indicazione del voto contrario del rappresentante del condomino ### integra piana e corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità espressasi in argomento. 
Come infatti in più occasioni precisato dalla Suprema Corte, “non è annullabile la delibera il cui verbale, ancorché non riporti l'indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a favore, tuttavia contenga, tra l'altro, l'elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per delega, con i relativi millesimi, e nel contempo rechi l'indicazione, nominatim, dei condomini che si sono astenuti e che hanno votato contro e del valore complessivo delle rispettive quote millesimali, perché tali dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza, quanti e quali condomini hanno espresso voto favorevole, nonché di verificare che la deliberazione assunta abbia superato il quorum richiesto dall'art. 1136 cod. civ.” (cfr Cass. civ., sent. n. 18192 del 10.08.2009; in termini Cass. civ., sent. n. 24132 del 13.11.2009; Cass. civ., sent.  n. 6552 del 31.03.2015). 
Nella fattispecie in esame, come correttamente osservato dal primo Giudice, il verbale di delibera assembleare riportava la presenza di dieci condomini su ventitré, presenti di persona o per delega, per un valore millesimale complessivo di 492 millesimi. Nel votare sul punto 2) all'ordine del giorno, inoltre, veniva dato atto della
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 8 - votazione contraria dell'opponente ### per 122 millesimi, e dell'approvazione della delibera con 370 millesimi, ovvero con la votazione favorevole degli altri nove condomini presenti giacché, detratti i millesimi dell'opponente, gli altri nove condomini presenti in assemblea erano complessivamente titolari di tale valore millesimale; da ciò la possibilità di evincere agevolmente, per differenza, la maggioranza, per teste e per millesimi, dei condomini i quali avevano votato a favore e i loro nominativi, risultanti dall'elenco dei presenti. 
A fronte della perspicuità di tali rilievi, pienamente aderenti al testo del deliberato assembleare, si rivelano evidentemente infondati, in fatto, gli argomenti svolti dall'appellante in ordine alla non chiara indicazione della presenza dei condomini ### e ### o all'omissione di indicazioni per quanto attiene ai condomini #### e ### Infatti, mentre a margine dei nomi dei condomini ### e ### si rinviene l'indicazione, sia pure in forma abbreviata, dell'espressione “intervenuto personalmente”, a margine degli altri nominativi si rinvengono segni grafici evidentemente denotanti la partecipazione mediante delega al condomino delegato indicato al rigo precedente. 
Da ciò l'evidente infondatezza del primo motivo di impugnazione.  5.2 Appare per converso meritevole di accoglimento il secondo motivo di gravame, con cui l'appellante ha denunciato l'errore in cui è incorso il giudice di primo grado nel disattendere l'impugnativa proposta, con riferimento all'approvazione dei bilanci relativi all'anno 2014 e all'anno 2015, ritenendo tardive le deduzioni al riguardo svolte nella memoria ex art. 183, 6° comma, 1° termine, c.p.c.  ### ha al riguardo dedotto che, difformemente da quanto affermato dal Giudice di prime cure, sin dall'atto introduttivo del giudizio aveva lamentato non solo la mancanza di chiarezza ed intellegibilità dei bilanci presentati ed approvati in assemblea, ma anche la scarsa affidabilità e il difetto veridicità degli stessi, che risultavano redatti in violazione dell'art. 1130 bis c.p.c. e non rappresentavano la reale situazione amministrativo-contabile del condominio. ### quanto protestato dall'appellante, pertanto, sarebbe errata l'affermazione del Tribunale secondo cui l'opponente sarebbe decaduto ex art. 1137 c.c. dal potere di impugnare la delibera di
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 9 - approvazione dei bilanci per gli anni 2014 e 2015, non avendo allegato tempestivamente che i bilanci erano viziati anche per l'assenza del registro di contabilità, avendo indicato tale circostanza unicamente nella prima memoria ex art.  183 c.p.c. e non anche nell'atto introduttivo. Invero, la difesa del ### aveva sin dall'inizio lamentato la scarsa affidabilità e veridicità di tutti e tre i bilanci oggetto di approvazione ritenendo che non rappresentassero la reale situazione amministrativocontabile del condominio, oltre a non risultare conformi alle prescrizioni normative di cui all'art. 1130 bis I rilievi che precedono appaiono in ampia misura condivisibili. 
Non erra infatti l'impugnante nell'evidenziare che il Giudice di prime cure, nello scrutinare la domanda di annullamento del deliberato assembleare, con particolare riferimento ai rendiconti relativi agli anni 2014 e 2015, non abbia idoneamente apprezzato il tenore delle domande proposte dal ### come precisate e specificate nel primo termine di cui all'art. 183, 6° comma, c.p.c., ingiustificatamente pervenendo ad una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione in parte qua. 
Infatti, fin dall'atto introduttivo del giudizio, l'odierno impugnante aveva lamentato, anche con riferimento ai bilanci relativi agli anni 2014 e 2015, costituenti oggetto del presente gravame, la violazione dell'art. 1130 bis c.p.c., testualmente denunciando “l'assoluta nullità e/o annullabilità della delibera condominiale del 23.10.2017 nella parte in cui approva i bilanci e relativi riparti per gli anni 2013, 2014 e 2015 di cui al capo 2) posto all'o.d.g. in quanto avente ad oggetto elaborati non conforme alla normativa vigente, in particolare l'art. 1130 bis c.c. e in ogni caso viziati e non veritieri” e deducendo che “per quanto attiene a quelli per gli anni 2014 e 2015 oggetto di approvazione dell'assemblea con la delibera impugnata, va rilevato che tali elaborati oltre a non risultare anch'essi conformi alle prescrizioni di cui all'art.  1130 bis c.c., prendendo le mosse dal precedente rendiconto presentato dall'amministratore ### risultano viziati ab origine e non rappresentano pertanto la reale situazione amministrativo-contabile del condominio per gli anni in questione. La rendicontazione presentata per gli anni 2014 e 2015 risulta piena di lacune, contraddizioni ed errori metodologici, che ne determinano la poco affidabilità e veridicità. Di tali criticità ne era ben conscia l'assemblea dei
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 10 - condomini la quale ha dapprima revocato il deliberato di approvazione del bilancio 2014 presentato dallo stesso ### e successivamente non approvato la rendicontazione presentata per l'anno 2015 dall'amministratore ### addirittura motivando con estrema precisione la propria scelta ed indicando le modifiche che si sarebbero dovute apportare all'elaborato in questione ai fini della sua ripresentazione ed approvazione in adunanza. 
Pertanto la decisione assunta qui impugnata risulta incomprensibile e non giustificata alla luce delle censure addotte in precedenza dalla medesima assemblea condominiale che in maniera assolutamente irragionevole non ha voluto poi procedere alla revisione dell'intera contabilità per gli anni 2013, 2014 e 2015, affidando tale incarico a professionista all'uopo deputato e sconfessando se stessa e quanto deliberato nelle precedenti adunanze. ( cfr. pagg. 11 e 12 dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado ). 
Tale prospettazione era stata poi specificata nella memoria ex art. 183, 6° comma, 1° termine c.p.c., in cui, come incontestatamente osservato dal primo giudice, era stato dedotto che i bilanci erano viziati per l'assenza del registro di contabilità. 
In particolare, alle pagg. 3 e 4 della predetta memoria, depositata in data 17 dicembre 2018, si trova espressamente affermato che “e' un dato certo ed incontestabile, per stessa ammissione di controparte, che i bilanci in questione, approvati dall'assemblea del 23.10.2017, risultano redatti in aperto contrasto con le prescrizioni normative di cui all'art. 1130 bis c.c., stante l'evidente carenza degli elementi costitutivi del rendiconto condominiale, in primis il registro di contabilità. 
Va chiarito, che il cd. principio “della libertà di forma” affermato dalla Giurisprudenza richiamata dal convenuto ### per quanto attiene alle modalità di redazione del rendiconto e del suo contenuto, risulta fondata sulla precedente legislazione vigente.  ###à la novella di cui alla ### 220/2012 con cui è stato inserito all'interno delcodice civile la norma de qua, ossia l'art. 1130 bis c.c., manifesta l'evidente intenzione del ### di disciplinare questa fattispecie in modo puntuale e scrupoloso, abbandonando la possibilità di una libera rendicontazione da parte dell'amministratore ai condomini e prevedendo di converso il preciso contenuto del
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 11 - documento, che risulta composto dai tre elementi essenziali quali il registro di contabilità, un riepilogo finanziario e la nota sintetica esplicativa della gestione. 
Inoltre, se ciò non bastasse, le censure mosse a tali bilanci non si fermano al mero aspetto formale, come invece controparte vorrebbe far credere, ma investono nel merito la rendicontazione operata dall'amministratore e la relativa contabilità dallo stesso tenuta e presentata ai condomini, risultata non corrispondente alla reale situazione amministrativo - contabile del condominio.” Trattasi di allegazioni che erroneamente il Tribunale ha ritenuto tardive, in quanto pacificamente intervenute nel rispetto del termine preclusivo che la disciplina applicabile ratione temporis fissava per l'attività assertiva.   Invero, anche alla luce dell'orientamento espresso in tempi recenti da Cass., un., n. 12310 del 2015 e dalla giurisprudenza successiva che ne ha ribadito e precisato la portata, la decisione del Tribunale partenopeo presta il fianco alle critiche mossele con l'appello. 
Il principio enunciato da Cass., sez. un., n. 12310 del 2015 è quello (così massimato) secondo cui "la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali". 
Più precisamente, le ### - muovendo dall'orientamento, definito "tetragono" (per tutte, Cass., 27 luglio 2009, n. 17457), che distingue tra mutatio libelli (quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d'indagine e si spostino i termini della controversia, con l'effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo) ed emendatio libelli (quando si incida sulla causa petendi, in modo che risulti modificata soltanto l'interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto,
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 12 - oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere) - hanno affermato che la vera differenza tra le domande "nuove", implicitamente vietate (ciò desumendosi dal fatto che sono vietate per l'attore tutte le domande nuove ad eccezione di quelle che rappresentano una reazione alle opzioni difensive del convenuto), e le domande "modificate", espressamente ammesse dall'art. 183 c.p.c., si rinviene non già "nel fatto che nelle seconde le modifiche non possono incidere sugli elementi identificativi, bensì nel fatto che le domande modificate non possono essere considerate nuove (nel senso di ulteriori o aggiuntive), trattandosi pur sempre delle stesse domande iniziali modificate, eventualmente anche in alcuni elementi fondamentali, o se si vuole di domande diverse che non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono, ponendosi rispetto ad esse in un rapporto di alternatività". 
In tale prospettiva, dunque, "con la modificazione della domanda iniziale l'attore, implicitamente rinunciando alla precedente domanda (o, se si vuole, alla domanda siccome formulata nei termini precedenti alla modificazione), mostra chiaramente di ritenere la domanda come modificata più rispondente ai propri interessi e desiderata rispetto alla vicenda sostanziale ed esistenziale dedotta in giudizio". 
Una tale consentita "modificazione della domanda ammissibile senza limiti (quindi anche eventualmente incidente sugli elementi oggettivi di identificazione della medesima)" è logicamente calibrata in un momento processuale, quello della fase iniziale del giudizio di primo grado, regolato dall' art. 183 c.p.c. - in cui la trattazione della causa non è ancora iniziata, per cui "una modifica anche incisiva della domanda non arrecherebbe pregiudizio all'ordinato svolgimento del processo" - là dove "la modifica - quale ne sia la portata - non potrebbe giammai comportare tempi superiori a quelli già preventivati dal medesimo art. 183". 
Il principio è stato, quindi, recentemente ribadito anche con specifico riferimento ai diritti cd. eterodeterminati, ritenendosi ammessa la modifica in corso di causa della domanda originaria, mediante l'allegazione di un diverso fatto costitutivo, che ne comporti la sostituzione con una nuova domanda ad essa alternativa, purché abbia ad oggetto il medesimo bene della vita e siano rispettate le preclusioni processuali previste dall'art. 183 c.p.c. (Cass., 31 luglio 2017, n. 18956).
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 13 - Tornata in tempi recenti sull'argomento, la Corte di legittimità ha ad esempio precisato che “la domanda di risarcimento del danno alla salute cagionato da errore medico può - ai sensi dell'art. 183, comma 6, c.p.c., nella formulazione vigente "ratio temporis" - essere modificata in domanda di risarcimento del danno da lesione degli obblighi informativi, posto che, rimanendo immutata la vicenda sostanziale, la diversità dei fatti costitutivi non altera, strutturalmente, il contradditorio, né determina la compromissione delle potenzialità difensive della controparte o l'allungamento dei tempi processuali, essendo possibili, ai sensi della norma innanzi indicata, allegazioni in replica dopo l'esercizio della precisazione assertiva, così come alle istanze di prova in relazione alla domanda come precisata, sono contrapponibili, istanze in controprova. ( Cass. sez. 3 - , Sentenza n. 5631 del 23/02/2023). 
In buona sostanza, la modificazione della domanda, operata dalla parte nel rispetto delle cc.dd. preclusioni assertive, è ammissibile ove la stessa, una volta modificata, risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, mentre non può essere effettuata dal giudice in sede di decisione, incorrendosi altrimenti nella violazione delle garanzie difensive delle parti ( Cass. sez. 3 - , Ordinanza n. 3920 del 13/02/2024). 
Ne consegue che, scaduti i termini che lo stesso art. 183 c.p.c. detta per effettuare la "modificazione" della domanda, la stessa non è più consentita e la "modificazione" tardiva costituisce domanda nuova inammissibile, giacché essa integra (alla luce dello stabile orientamento della Suprema Corte innanzi rammentato) una mutatio libelli, andando ad incidere sugli elementi oggettivi identificativi dell'azione, e una tale mutatio non è più autorizzata dal legislatore. 
Tale preclusione, peraltro, in quanto volta a tutelare anche l'interesse pubblico al corretto e celere andamento del processo, deve essere rilevata d'ufficio dal giudice, indipendentemente dall'atteggiamento processuale della controparte al riguardo (Cass., 26 febbraio 2016, n. 3806; Cass., 31 maggio 2017, n. 13769). 
Sulla scorta di tali coordinate ermeneutiche, appare evidente che il Giudice di prime cure, alla luce del tenore della domanda formulata dalla parte attrice, come precisata, nel rispetto delle preclusioni assertive, nel primo termine di cui all'art. 183, 6°
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 14 - comma, c.p.c., avrebbe dovuto tenere in considerazione le conclusioni rese dall'ausiliario giudiziale anche con riferimento alla contabilità relativa agli anni 2014 e 2015, pervenendo per questa via all'annullamento anche in parte qua del deliberato assembleare. 
E' sufficiente osservare, al riguardo, che il nominato c.t.u., dott. ### all'esito di un accurato vaglio dei rendiconti impugnati e della documentazione contabile ebbe a riscontrare il mancato rispetto dell'art. 1130 bis codice civile nella redazione dei rendiconti relativi alle annualità in contestazione, confermando “il mancato rispetto di tale articolo con riferimento ai seguenti punti: 1) presenza nel bilancio 2013 di una significativa voce cassa (euro 1.715,34), che non avrebbe senso di esistere visto l'obbliga di far transitare tutti i movimenti sul c/c bancario; 2) per il solo bilancio 2015 la mancanza totale, nell'ambito del rendiconto condominiale, di una situazione patrimoniale che evidenzi da un lato i crediti vantati verso i condomini e dall'altro i debiti verso terzi, come lamentato nell'atto di citazione con riferimento al bilancio 2013 successivamente corretto; la circostanza che l'amministratore pro-tempore non avesse una situazione ufficiale di partenza a cui riferirsi, non è, a parere del ### sufficiente a giustificarne la totale carenza.  3) mancanza della voce, e della relativa ripartizione, dei crediti verso condomini per morosità, essenziale per ottenere eventuali decreti ingiuntivi nei termini previsti dalla nuova normativa; se tale carenza risulta sanata nel bilancio 2013 effettivamente approvato, tale dato non risulta in alcun modo nel bilancio 2014 e risulta unicamente in un allegato per il 2015 in cui, come sopra detto, non è stata redatta alcuna situazione patrimoniale.  4) l'approvazione dei bilanci 2014 e 2015 è sicuramente un dato da rielaborare in quanto basati su un bilancio 2013 la cui approvazione è stata successivamente revocata e, quindi, manca la continuità delle scritture contabili.  5) il rendiconto condominiale relativo all'esercizio 2013 non risulta, a parere del ### esprimere tutti i dati inerenti le voci di entrata e di uscita e tutti i dati relativi al condominio “in modo da consentire l'immediata verifica” come prescritto dall'art. 1130 bis c.c.; per quel che riguarda i bilanci 2014 e 2015, i dati sono
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 15 - espressi in maniera più puntuale ma, comunque, non sufficientemente chiara come previsto dal codice civile anche in considerazione della mancanza dei dati iniziali.” ( cfr. conclusioni rese dalle pagg. da 29 a 31 della relazione di consulenza tecnica). 
In ragione dei rilievi che precedono, si impone pertanto l'accoglimento del secondo motivo di impugnazione dovendo, in parziale riforma della sentenza impugnata, annullarsi la deliberazione assembleare del 23 ottobre 2017 anche nella parte in cui, nel deliberare in ordine al punto n. 2) all'ordine del giorno, sono stati approvati anche i bilanci relativi agli anni 2014 e 2015.  5.3. ### del secondo motivo di gravame, e il riscontro di autonomi vizi dei bilanci relativi agli anni 2014 e 2015, implica poi l'assorbimento del terzo motivo di impugnazione, teso a contestare il ragionamento logico-giuridico seguito dal Giudice di prime cure -nell'escludere un collegamento funzionale tra il bilancio del 2013 e quelli relativi agli anni successivi, tale da implicare la “trasmissione” a cascata dei relativi vizi - e a protestare che, come evidenziato dalle risultanze della stessa ### gli errori e le discrasie contabili emerse dall'analisi della contabilità dell'anno 2013 avevano comportato saldi integranti il punto di partenza per i successivi bilanci, inevitabilmente pregiudicandone l'attendibilità.  6. ### del gravame impone una rivalutazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio, con conseguente assorbimento anche del quarto motivo di impugnazione, nella parte tesa a sollecitare una rivalutazione dei criteri di riparto delle spese di lite relative al giudizio di primo grado. 
La soccombenza del condominio appellato governa dunque le spese di lite - ivi comprese quelle di consulenza tecnica d'ufficio - relative al doppio grado di giudizio che, in applicazione dei parametri di cui al DM n.55/2014, come aggiornati dal DM n. 147 del 13/08/2022 pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022 e in vigore dal 23 ottobre 2022, tenuto conto delle fasi in cui l'attività processuale è stata effettivamente svolta e dello scaglione relativo alle cause di valore indeterminabile (fino ad € 52.000,00), così come incontestatamente determinato dal Giudice di prime cure, si liquidano come da dispositivo che segue, con attribuzione al procuratore della parte appellante, avv. ### dichiaratosi anticipatario.
Corte d'appello di Napolisezione seconda RGn°1806/2022-Sentenza - 16 - Appare per converso pienamente condivisibiledifformemente da quanto dedotto dalla parte impugnantela conclusione a cui è pervenuto il Giudice di prime cure, nell'escludere il riconoscimento delle spese di consulenza tecnica di parte, in difetto di adeguata prova del relativo esborso, alla luce del principio, affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. 3, Ordinanza n. 21402 del 06/07/2022; sez. 1, Sentenza n. 2605 del 07/02/2006), secondo cui “in tema di spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, non è possibile disporre la condanna del soccombente al pagamento delle stesse in mancanza di prova dell'esborso sopportato dalla parte vittoriosa, dovendosi escludere che l'assunzione dell'obbligazione sia sufficiente a dimostrare il pagamento”.  P.Q.M.  la Corte di Appello di Napoli - II^ ###, definitivamente pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto e tra le parti ivi indicate, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 8581/2021, così provvede: 1) Accoglie l'appello e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata e ferme le altre statuizioni ivi contenute, annulla la deliberazione assembleare del 23 ottobre 2017 anche nella parte in cui, nel deliberare in ordine al punto n. 2) all'ordine del giorno, sono stati approvati i bilanci relativi agli anni 2014 e 2015; 2) Condanna il condominio appellato alla refusione in favore dell'appellante ### delle spese del doppio grado di giudizio che liquida, quanto al giudizio di primo grado, nell'importo di € 545,01 per esborsi ed € 7.254,00 per compenso professionale e, quanto al presente grado, nell'importo di € 804,00 per esborsi ed € 6.946,00 per compenso professionale, il tutto oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, Iva e Cpa come per legge, con attribuzione all'avv.  ### dichiaratosi anticipatario; 3) Pone definitivamente le spese di consulenza tecnica d'ufficio, come liquidate nel corso del giudizio di primo grado, a carico del condominio appellato. 
Così deciso in Napoli, nella ### di Consiglio del 9 luglio 2025 ### estensore ###.ssa ###ssa

causa n. 1806/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Piscitiello Alessandra, Martorana Paola

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