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n. 27080/2013 r.g.a.c. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Napoli 12 SEZIONE CIVILE Il Giudice dott.ssa ### ha pronunziato la seguente ### causa iscritta al nr. R.G. 27080 del registro generale affari contenziosi civili, dell'anno 2013 vertente TRA ### s.a.s. di ### & CO., in persona del rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti ### ed ### ed elettivamente domiciliato presso il loro studio sito in Napoli, alla ### n. 91, -attore
E ### (C.F. ###), ### (C.F. ###), ### (C.F. ###), ### (C.F. ###), rappresentati e difesi dagli avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliati presso il loro studio sito in ####, alla ### n. 15, -convenute
E ### (C.F. ###) e ### (C.F. ###), rappresentati e difesi dall'avv. ### ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in ####, alla ### n. 42, -convenuti
E ### (C.F. ###), rappresentato e difeso dagli avv.ti ### e ### del foro di ### ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. ### sito in Napoli, alla ### (### - Is. 21/23), -convenuto
Avente ad oggetto: risarcimento dei danni, responsabilità professionale notaio; ### alla udienza del 2.7.2018 le parti si riportavano ai rispettivi scritti difensivi. RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato da ultimo il ### la ### s.a.s. evocava in giudizio innanzi a questo Tribunale le sig.re ######## nonché il notaio ### per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni: “1. Accertare per i motivi esposti l'illegittimo comportamento dei sig.ri ######## per imprudenza e/imperizia e/o negligenza e per l'effetto dichiarare il diritto della ### s.a.s. di ### & c. al risaricmento dei danni subiti da quantificarsi quantomeno nella somma di 300.000,00 euro oltre interessi e rivalutazione come per legge; 2. Accertare e dichiarare per i motivi esposti la responsabilità professionale del notaio dott. ### e per l'effetto dichiarare il diritto di parte attrice al risarcimento del danno emergente e del lucro cessante da quantificarsi quantomeno nella somma di euro 300.000,00 oltre interessi e rivalutazione come per legge; 3. In ogni caso e sempre per l'effetto condannare i sig.ri #### e ### nonché il notaio dott. ### al risarcimento di tutti i danni subiti dalla parte attrice da quantificarsi quantomeno nella somma di 300.000,00 euro, anche a seguito di nomina di CTU tecnica, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.” A sostegno delle proprie ragioni l'istante, premesso di aver acquistato in data ### da ### e ### la proprietà del 50% dell'immobile sito in ####, alla ### n. 87 (int. 2) e di aver acquistato in data ### la restante metà dell'immobile da ### in proprio e in qualità di rappresentante della #### e ### entrambi gli acquisti avvenuti con atto pubblico a firma del convenuto notaio ### (### 13980, Raccolta n. 4807 e Rep. nr. 17034, Raccolta n. 6216) e rilevato che in tale ultimo atto di compravendita, la parte venditrice sottoscriveva una “garanzia” (art. 5 del Contratto menzionato) con cui dichiarava “di essere al corrente col pagamento di qualsiasi imposta tassa o tributo … obbligandosi, se dovuti, di corrisponderli direttamente,” denunciava che l'immobile venduto presentasse, tuttavia, irregolarità urbanistiche, essendo stata corrisposta l'oblazione dalla ### al Comune di ### per un altro capannone (contraddistinto con int. n. 1) e non per il capannone oggetto della anzidetta compravendita (contraddistinto dall'interno n. 2) che risultava, pertanto, irregolare. In forza di tali premesse l'istante agiva in giudizio nei confronti dei venditori per far dichiarare di essere incorsa in una vendita aliud pro alio ed essere conseguentemente risarcita di tutti i danni subiti (danno emergente e lucro cessante) ai sensi dell'art. 1494 c.c. e quantificati in 300,000,00 euro; l'attrice agiva, altresì, nei confronti del notaio rogante per far dichiarare la sua responsabilità professionale in ordine ai contratti menzionati, poiché nel rogare la compravendita non avrebbe verificato che l'oblazione versata si riferiva ad un immobile diverso da quello compravenduto; in subordine, rilevava la responsabilità solidale tra i venditori ed il notaio. ###### costituitisi in giudizio, denunciavano l'inammissibilità ed improponibilità della domanda, nonché la prescrizione del diritto vantato ai sensi dell'art. 1495 Si costituivano con deposito della comparsa di costituzione e risposta, altresì, ### e ### che, in qualità di venditori di una parte dell'immobile asseritamente sprovvisto della dovuta regolarità urbanistica, rilevavano l'infondatezza in fatto ed in diritto della domanda ex adverso proposta, eccependo, inoltre, la prescrizione dell'azione e, in subordine, contestando la quantificazione dei danni richiesti dall'istante. Si costituiva altresì il notaio ### che, negando ogni addebito di responsabilità a suo carico, rilevava l'infondatezza della domanda spiegata nei suoi confronti e, in subordine, contestava il quantum risarcitorio richiesto dall'attore. Alla udienza del 27 gennaio 2014, il giudice concedeva i termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c.. Con ordinanza del 13.10.2014, il giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava l'udienza di precisazione delle conclusioni.
Alla udienza del 2.7.2018, precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione, assegnando alle parti i termini di cui all'art.190 c.p.c.. La domanda proposta dall'attore nei confronti dei venditori deve ritenersi provata nell'an, ma non nel quantum e, pertanto, va rigettata; la domanda proposta nei confronti del notaio è, invece, destituita di fondamento. Nel corso del giudizio è risultato provato che: - in data #### presentava istanza di condono edilizio presso il Comune di ### con protocollo n. 22312, per l'immobile riportato al foglio 45, part. 908 sub. 2,3,4; più precisamente trattavasi di un immobile composto da tre singole unità contraddistinte con gli interni nn. 1,2 e 3, aventi ognuno ingresso indipendente e tutto il complesso veniva realizzato in assenza di concessione edilizia; va specificato sin d'ora la ### s.a.s. acquistava il subalterno n. 3 (di 631 mq), interno 2 posto nella parte centrale del capannone; - in data ### il Comune di ### rilasciava “certificato di congruità” attestando che l'oblazione calcolata, sulla base della documentazione prodotta, risultava congrua; - l'attore, acquistava in data ### da ### e ### la proprietà del 50% dell'immobile ricadente nel capannone e precisamente il locale contraddistinto con il numero di interno 2 ed identificato al N.C.E.U. con il subalterno n. 3; nel medesimo contratto dichiarava (art. 4, rubricato “possesso”) di avere già la detenzione dell'immobile da oltre dieci anni; - in data 2 ottobre 2008, la perizia tecnica giurata del p.e.### dichiarava che per l'immobile oggetto del giudizio (correttamente identificato con sub. 3, di 631 mq), era stata presentata istanza di concessione edilizia del 19 aprile 1995 prot. n. 22312 e pagata l'intera oblazione così come per legge; - l'istante acquistava in data ### la restante metà dell'immobile da ### in proprio e in qualità di rappresentante di #### e ### entrambi gli acquisti avvenivano con atto pubblico rogato dal convenuto notaio ### (### 13980, Raccolta n. 4807 e Rep. nr. 17034, Raccolta n. 6216). In entrambi i contratti veniva espressamente prevista la garanzia di cui all'art. 5: di essere al corrente col pagamento di qualsiasi imposta tassa o tributo … obbligandosi, se dovuti, di corrisponderli direttamente,” veniva, altresì, previsto all'art. 8 (rubricato dichiarazioni urbanistiche) “la parte cedente dichiara che: “la costruzione dell'immobile in oggetto è stata realizzata in assenza di licenza edilizia, con ultimazione nell'anno 1993; per tale abuso è stata presentata domanda di sanatoria al Comune di ### in data ### (pratica n. 4300), assunta al prot. generale il ###. al n. 22312, con pagamento dell'intero importo dell'oblazione di lit. 22.620.000” (con trascrizione del numero di ricevuta, importo e data di versamento delle quietanze di pagamento); - l'oblazione corrisposta dalla ### al Comune di ### come si evince dalla pratica di condono edilizio protocollo n. 22312 (pratica n. 4300), per l'immobile riportato ### al foglio 45, particella 908, pur facendo riferimento all'intero capannone (poiché nell'istanza sono specificati i subalterni nn. 2,3 e 4) è afferente ad una sola porzione di capannone e, precisamente, al locale contraddistinto con l'int. 1, identificato al ### con subalterno 2, attualmente di proprietà di ### locale posto a sinistra dell'ingresso delimitato dal cortile, e per una consistenza di 633 mq (e non per la superficie complessiva del capannone stimata in 1.740,00 m2); - pertanto, per l'immobile oggetto di compravendita, int. 2, subalterno 3, non risultava corrisposta alcuna oblazione, risultando la pratica edilizia n. 4300, prot. nr. 2321, relativa al locale adiacente, contraddistinto con int. 1, subalterno n. 2 di proprietà di ### 1. Sull'eccezione di prescrizione In via preliminare, rispetto all'analisi delle domande attoree, occorre analizzare l'eccezione di prescrizione e decadenza del diritto ex adverso azionato sollevata dai convenuti venditori.
Si rileva, innanzitutto, che l'eccezione di decadenza e prescrizione, avanzata dalle convenute ##### e ### va reputata inammissibile, in quanto tardivamente proposta. Le predette, infatti, si costituivano in data ### e, pertanto, tardivamente, atteso che l'udienza di prima comparizione veniva fissata in citazione per il giorno 27-1-2014.
Appare, invece, tempestiva l'eccezione di prescrizione e decadenza, sollevata dai convenuti ### e ### costituiti in giudizio in data ###; ma l'eccezione, per come formulata, risulta essere generica. Ed infatti, quanto all'eccezione di decadenza i predetti convenuti si sono limitati ad allegare che il vizio non è stato denunciato nei termini previsti dalla legge, senza individuare i fatti costitutivi su cui si basa l'eccezione. Quanto all'eccezione di prescrizione, gli stessi hanno semplicemente affermato che si eccepisce la prescrizione del diritto fatto valere in giudizio, senza minimamente indicare i presupposti di fatto su cui l'eccezione si fonda.
Ad ogni buon conto, si rileva che l'eccezione di prescrizione e decadenza, proposta da parti convenute, appare infondata anche nel merito. ### la prospettazione di parte convenuta, la compravendita in esame non integrerebbe una ipotesi di cd. aliud pro alio, come sostenuto dall'istante, ma avrebbe consentito a quest'ultima di proporre le sole azioni per presunti vizi della cosa o per la mancanza di qualità promesse ed essenziali, azioni soggette alla decadenza ed alla prescrizione, decorrente in un anno dalla consegna, contemplate dall'art. 1495 c.c. Parte convenuta rilevava altresì che, nel caso di specie, attesa la sola domanda di risarcimento del danno, difettava altresì la prova di aver previamente denunciato al venditore i vizi ai sensi dell'art. 1495 Tale eccezione non appare fondata, ricorrendo nel caso di specie una ipotesi di vendita aliud pro alio con conseguente possibilità per l'attore di ottenere la condanna al risarcimento dei danni del venditore nel termine di prescrizione decennale. Ciò per le ragioni che seguono. Com'è noto, l'art. 1497 c.c. dispone che, qualora la cosa venduta difetti delle qualità promesse o di quelle essenziali per l'uso a cui è destinata, il compratore abbia diritto di esperire l'azione di risoluzione del contratto, ma nei limiti prescrizionali e decadenziali di cui all'art. 1495c.c. Per contro, l'aliud pro alio consente al compratore di iniziare un'ordinaria azione di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. scevra dei citati limiti temporali. Essa ricorre allorché la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata incida sulla natura, sull'individualità, sulla consistenza e sulla destinazione del bene al punto che esso appartenga ad un genere affatto diverso da quello che l'acquirente intendeva comprare. In altre parole, la res tradita deve essere difforme per essenza, consistenza, destinazione ed appartenere ad una specie diversa da quella acquistata ovvero difettare delle qualità necessarie ad assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale. La Cassazione, al fine di delimitare i casi di aliud pro alio rispetto ai meri vizi della cosa venduta, ha fatto ricorso al concetto di funzione (Corte di Cass. sent. n.829 del 29.01.83, Corte di Cass. 10045 del 2018), affermando che si ha consegna di aliud pro alio non solo quando la cosa appartenga ad un genere del tutto dissimile da quello pattuito, ma anche quando difetti delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale oppure a quella specifica funzione che le parti abbiano assunto quale essenziale, o abbia difetti che la rendano inservibile (con questo criterio sono state considerate come diverse anche cose appartenenti allo stesso genere: terreni venduti come edificabili in zone dove sia stato vietato costruire; acqua non potabile venduta come potabile, ecc). A questo proposito si può esaminare il caso di compravendita di un immobile privo, come nel caso di specie, della prescritta oblazione. E' prevalsa, soprattutto in giurisprudenza, la tesi per cui l'oggetto di tale contratto non sarebbe affetto da vizi o privo delle qualità essenziali, ovvero gravato di oneri che ne diminuiscano il libero godimento ai sensi dell'art. 1489 c.c., ma di un bene diverso (vale a dire di aliud pro alio) con la conseguente possibilità per l'acquirente di chiedere la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c o il risarcimento dei danni patiti. Inoltre, occorre porre attenzione al fatto che, il dies a quo di decorrenza della prescrizione nel caso di vendita di aliud pro alio, decorre “non dalla data in cui si verifica l'effetto traslativo ma dal momento in cui, rispettivamente, ha luogo l'inadempimento e si concreta la manifestazione oggettiva del danno, avendo, cioè, riguardo all'epoca di accadimento del fatto lesivo, per come obiettivamente percepibile e riconoscibile, e non al dato soggettivo della conoscenza della mancata attuazione della prestazione dovuta e del maturato diritto risarcitorio da parte del creditore” (Cass. n. 1889 del 2018). Tale conclusione è particolarmente evidente nell'ipotesi di danno da illegittimità edilizia dell'immobile alienato. Ciò in quanto la manifestazione esterna del vizio in esame, di regola, sopravviene all'acquisto del bene. Dunque, è alla data di manifestazione oggettiva del danno e non a quella di stipula del contratto che deve essere fatta risalire la decorrenza del termine di prescrizione entro cui esercitare il credito risarcitorio, poiché solo da tale momento il danneggiato può conoscerne l'esistenza e le cause. Infatti, agli effetti previsti dall'art. 2935 c.c., il termine di prescrizione del diritto dell'acquirente al risarcimento del danno, derivante dall'illegittimità edilizia dell'immobile oggetto di vendita, decorre non dalla data in cui si verifica l'effetto traslativo ma dalla manifestazione oggettiva del danno, perché solo da tale momento il danneggiato può conoscerne l'esistenza e le cause. Cassazione civile, sez. II, 15/11/2016, n. 23236. Pertanto, sussistendo i presupposti di una compravendita aliud pro alio viene meno il vincolo fissato dai termini di decadenza e prescrizione di cui all'art. 1495 c.c., termini che riguardano tutte le azioni spettanti al compratore per vizi o mancanza di qualità della cosa venduta. Questo in ragione del fatto che si tratta di una ipotesi più grave di inadempimento che si realizza quando la cosa consegnata sia completamente diversa da quella contratta o sia assolutamente priva delle capacità funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente.
Pertanto, nella fattispecie sopra richiamata si applica la disciplina dell'azione contrattuale di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. che è svincolata dall'osservanza dei più ristretti termini di cui all'art. 1495 c.c., rimanendo piuttosto soggetta all'ordinario termine di prescrizione decennale (Cass. 05/02/2016, n. 2313). 2. Sulla vendita aliud pro alio ### premesso in ordine alla infondatezza dell'eccezione di prescrizione del diritto azionato, deve ora analizzarsi nel merito la domanda risarcitoria per inadempimento contrattuale proposta dall'istante nei confronti della parte venditrice per il contratto di cui è causa. Com'è noto secondo la giurisprudenza (cfr. da ultimo Corte di Cassazione del 12.6.2018 15328), in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l'adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi ad allegare la circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre al debitore spetta la dimostrazione del fatto estintivo dell'altrui pretesa. Come detto, rientrando l'ipotesi in esame nella casistica della vendita aliud pro alio, non vengono in considerazione le norme relative alla garanzia per vizi (art. 1489 c.c.), ma la normativa in materia di risoluzione per inadempimento (art. 1453 c.c.) e risarcimento del danno. E' bene precisare che la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacché l'art. 1453 c. c., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l'azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell'azione di risoluzione del contratto o, a maggior ragione, il suo accoglimento (Cassazione civile, sentenza 23273/2006). Nel caso di specie parte attrice si è limitata a richiedere la condanna dei convenuti venditori, nonché del notaio rogante, al risarcimento di ogni danno arrecato in seguito all'inadempimento contrattuale consistito, per i primi, nell'omesso pagamento dell'oblazione relativa all'immobile compravenduto, per il notaio nell'assenza di diligenza nella verifica dei presupposti della vendita. ###, a fondamento della domanda spiegata nei confronti dei venditori, ritenuti responsabili dell'inadempimento del contratto di compravendita del 2010, ha allegato una consulenza tecnica di parte, da cui si evince che l'oblazione non sarebbe stata corrisposta per l'immobile di cui è causa ed ha altresì osservato, nella memoria ex art. 183 primo termine, che sul punto i convenuti (### e le ### non contestavano la predetta circostanza, dovendosi ritenere operante il principio di non contestazione. Tale ultimo assunto non può essere condiviso. Com'è noto, infatti, il principio di non contestazione di cui all'art. 115, I comma, c.p.c. (recentemente riformato con ### 69/09) non può sopperire alla mancata produzione di atti per i quali sia richiesta la forma scritta. Del resto, non si comprende perché l'attore, che aveva ritenuto incontestata la predetta circostanza, nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 cpc, chiedeva di espletare una consulenza tecnica al fine di determinare se l'oblazione corrisposta dalla ### menzionata nell'atto notarile, era afferente ad una sola porzione del capannone e, precisamente al locale contraddistinto dall'interno 1, e non anche al capannone contraddistinto dall'interno 2, oggetto della compravendita. Con evidente finalità esplorativa e violazione dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 Venendo più specificamente all'inadempimento che, secondo la prospettazione dell'istante, avrebbe dovuto integrare una vendita aliud pro alio, si osserva quanto segue. ### quanto asserito dalla ### nell'atto di citazione e, meglio specificato nell'ambito della consulenza tecnica di parte, deve ritenersi che la circostanza che l'oblazione corrisposta da ### al Comune di ### non riguardasse l'immobile oggetto di compravendita si evince “in maniera chiara ed inequivocabile dalla pratica di condono edilizio con prot. 22312 (pratica 4300)”, la stessa, pur facendo riferimento all'intero capannone, essendo specificati nell'istanza i subalterni 2,3 e 4, è afferente ad una sola porzione di capannone e, precisamente al locale contraddistinto con l'int. 1 (identificato con il subalterno 2), attualmente di proprietà di ### per una consistenza di 633 mq (### pag. 6 della consulenza tecnica di parte). Orbene, contrariamente a quanto rilevato dal consulente di parte, questo Tribunale ritiene che non possa desumersi dalla citata pratica di condono edilizio alcuna certezza circa l'immobile per cui era stata corrisposta l'oblazione. Infatti, come riconosciuto anche dall'istante, la richiesta di sanatoria risulta presentata per i tre subalterni (n.n. 2,3 e 4) ma all'interno della pratica non è specificato per quale dei tre venga corrisposta l'oblazione. Inoltre, deve osservarsi che la superficie per cui è corrisposta l'oblazione (628 mq), non risulta pari al subalterno n. 2 (di 633 mq) oggetto della asserita oblazione secondo l'attore. Né la perizia giurata del 14 settembre del 1995 specifica tale dirimente punto, leggendosi nella stessa unicamente il riferimento al foglio n. 45, mappale n. 908 senza riferimento all'interno interessato. ### la prospettazione del consulente dell'attore, inoltre, la circostanza che l'oblazione sia afferente ad una sola porzione di capannone (e precisamente a quella contraddistinta con l'int. n. 1) dovrebbe desumersi dai grafici allegati alla pratica di condono, che si riferirebbero solo al locale posto a sinistra dell'ingresso delimitato dal cortile e non al capannone centrale, oggetto della compravendita e di proprietà della ### Tali grafici, che avrebbero potuto integrare un valido argomento di prova, non risultano, tuttavia, prodotti in giudizio, per cui non si può tenere conto di tale asserzione. Per contro, risulta acquista al presente processo e prodotta dallo stesso attore, la perizia tecnica del p.e. ### del 2.10.2008, in cui veniva dichiarato che per l'immobile oggetto del giudizio (espressamente indicato con il subalterno n. 3 e con la corretta metratura pari a 631 mq) era stata presentata l'istanza del 19 aprile 1995, prot. n. 23312 ed era stata pagata l'intera oblazione così come per legge. Sebbene vi siano incertezze circa la effettiva corresponsione o mancata corresponsione dell'oblazione per l'immobile di cui è causa, deve ritenersi, in conformità ai principi generali in materia di riparto dell'onere probatorio, che la mancata prova dell'esatta esecuzione della prestazione da parte dei venditori debba ricadere sugli stessi in termini di imputabilità dell'inadempimento. Com'è noto, infatti, anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento. Alla luce di quanto esposto, deve osservarsi che parte venditrice avrebbe dovuto assicurarsi che il bene immobile, compravenduto per un valore corrispondente alla sua completa utilizzabilità, fosse commerciabile avendo correttamente ottenuto il condono edilizio. Ciò considerando, altresì, che la ### era ben consapevole o, comunque, avrebbe dovuto esserlo, del fatto che l'immobile compravenduto facesse parte di un più ampio complesso composto da tre singole unità (contraddistinte con gli interni nn. 1,2 e 3) aventi ognuno ingresso indipendente, rispondendo ad un normale criterio di diligenza del venditore il doversi assicurare che il condono edilizio - ottenuto con la pratica n. protocollo n. 22312 - fosse stato concesso proprio per l'immobile venduto alla ### s.a.s. Né parte convenuta ha altrimenti provato nel corso del giudizio di aver esattamente adempiuto alla propria prestazione. ### la responsabilità di aver colposamente venduto all'attrice un immobile non condonabile grava sui convenuti, controparti contrattuali, alla cui condotta va applicato il principio generale dell'inadempimento conseguente ad aliud pro alio. 3. Sulla domanda di risarcimento nei confronti dei venditori convenuti ### ciò premesso in ordine alla sussistenza nel caso di specie di una vendita aliud pro alio imputabile alla parte convenuta, deve ritenersi, tuttavia, che la domanda di parte attrice volta ad ottenere la sola condanna al risarcimento dei danni nei confronti dei venditori sia generica e non adeguatamente provata. Invero, come ormai da tempo risalente chiarito dalla Suprema Corte sin dal suo pronunciamento a ### sent. 22 maggio 1996, n. 4712 “mentre nei diritti cd. AUTODETERMINATI il bene giuridico formante oggetto della domanda è individuabile nella sua essenza indipendentemente dalla causale che ne determina la richiesta” (cosi, Cass. n.2450/1974) trattandosi, in tal caso, come precisa la dottrina, di diritti (tipico quello di proprietà) che non possono coesistere simultaneamente più volte tra i medesimi soggetti, nei diritti cd.
ETERODETERMINATI, invece, il bene richiesto acquista determinatezza solo mediante il collegamento con la causale addotta a sostegno della pretesa (sentenza ultima citata). In questa seconda ipotesi, infatti, vengono dedotti diritti (tipicamente di obbligazione) che possono esistere contemporaneamente più volte tra i medesimi soggetti con lo stesso contenuto e che perciò richiedono, quale indispensabile elemento di individuazione, la allegazione dei fatti costitutivi sui quali essi si fondano (Cassazione, ### 1996 n.4712).
Ai sensi dell'art.1223 cc, il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo può comprendere così la perdita subita dal creditore, come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta. E', infatti, pacifico in giurisprudenza che per il sorgere del diritto al ristoro dei danni ed alla reintegrazione patrimoniale, in tema di responsabilità civile da inadempimento di contratto, non è sufficiente la prova dell'inadempimento del debitore, ma deve altresì essere provato il pregiudizio effettivo e reale incidente nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato e la sua entità ( Corte di Cass., 5 marzo 1973 n. 608). In tal senso va rimarcato come la giurisprudenza sia sempre più rigorosa nel richiedere la prova del lucro cessante, così esprimendosi: “occorre pertanto che dagli atti risultino elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto sia certa, e che si traducano, in termini di lucro cessante o in perdita di chances, in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece - anche semplicemente in considerazione dell'id quod plerumque accidit - connesso all'illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità» (### ex multis Corte di Cass., sentenze nr. 443 del 2003 e n. 15676 del 2005.). Ed anche: “il danno patrimoniale da mancato guadagno (nella specie di cui alla massima precitata per omessa consegna dell'immobile permutato), concretandosi nell'accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall'inadempimento dell'obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell'utilità patrimoniale che, secondo un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità) il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta, e deve pertanto escludersi per i mancati guadagni meramente ipotetici, dipendenti da condizioni incerte: giudizio probabilistico, questo, che, in considerazione della particolare pretesa, ben può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l'entità del danno subito” (Cass., 20 maggio 2011, n. 11254). Parte attrice si è limitata a richiedere la condanna delle parti convenute al risarcimento di ogni danno arrecato, senza tuttavia descrivere minimamente i danni dei quali ha chiesto il ristoro, e quindi senza fornire individuazione alcuna delle conseguenze pregiudizievoli subite in conseguenza delle inadempienze di parte convenuta. Nell'atto di citazione la ### s.a.s, afferma solo genericamente che “se fosse stata a conoscenza dell'irregolarità urbanistica non avrebbe stipulato il suddetto atto e ciò con particolare riferimento al prezzo convenuto (280.000,00 euro); il danno sarebbe consistito nella somma che deve corrispondere al Comune di ### affinché ogni deficienza venga sanata (…), ed, inoltre la ### s.a.s. si ritrova a non poter adeguatamente disporre dell'immobile acquistato non potendolo immettere sul mercato e trarne profitto. Alla luce di siffatte premesse l'istante ha agito nei confronti dei venditori e del notaio rogante per vederli condannare al risarcimento di tutti i danni subiti e quantificati nella cifra di 300.000,00 euro oltre interessi e rivalutazione, somma che peraltro l'istante sembra richiedere per due volte, vale a dire sia nei confronti dei convenuti venditori che del notaio rogante. Né precisazione alcuna circa il pregiudizio subito si rinviene nella memoria ex art.183 comma 6, n.1, c,p.c. depositata dall'attore. Al contrario, nella seconda memoria ex art. 183 c.p.c., l'istante chiedeva ammettersi c.t.u per determinare “a quanto ammonta oggi la somma che la ### s.a.s. deve versare al fine di corrispondere l'oblazione e rendere quindi l'immobile consono ai requisiti urbanistici e catastali.” Tale somma costituirebbe, infatti, il danno patrimoniale asseritamente sofferto e, anche in tale ipotesi, la consulenza d'ufficio non veniva espletata, non potendo essere volta all'acquisizione di elementi che è onere delle parti allegare ai sensi dell'art. 2967 Deve, dunque, ritenersi che la domanda di parte attrice, volta ad ottenere il risarcimento dei danni, si appalesa del tutto generica, non potendosi individuare con precisione, sulla base di un esame complessivo dell'atto di citazione e dei successivi scritti difensivi, il pregiudizio subito dalla parte attrice, che non ha peraltro offerto elementi di quantificazione al riguardo. Va altresì specificato che l'istante ha chiesto liquidarsi sia il danno emergente, relativo alle spese necessarie per l'eliminazione dei vizi accertati e che deve concretizzarsi in un risarcimento per equivalente, sia il lucro cessante derivante dalla mancata o parziale utilizzazione della cosa, ovvero dalla mancata rivendita del bene. Per quanto concerne il risarcimento del danno per equivalente, va osservato che l'attore non ha mai prodotto in giudizio alcuna contestazione da parte del Comune di ### in ordine al preteso mancato versamento dell'oblazione di cui è causa, né tantomeno ha allegato alcun provvedimento di irrogazione di una sanzione per il presunto abuso, limitandosi a quantificare, in maniera generica, il risarcimento del danno. In ordine, invece, al lucro cessante, non è stata fornita alcuna prova della mancata utilizzazione del bene immobile da parte dell'attrice. Invero, per quanto concerne l'impossibilità di rivendere il bene oggetto di causa, eccepita dall'attrice, va osservato che parte convenuta, nella memoria conclusionale, ha prodotto in giudizio, con documentazione ammissibile in quanto sopravvenuta (31.3.2014) rispetto allo spirare del termine di cui all'art. 183, comma 6, n. 2 cpc (28.3.2014), la visura ipotecaria da cui si evince che la ### s.a.s. di ### provvedeva a vendere alla ###co ### s.a.s. di ### il bene immobile in questione. ### non ha contestato la predetta circostanza, non depositando la memoria di replica. Sulla domanda di risarcimento nei confronti del notaio La domanda proposta dall'attore nei confronti del notaio rogante deve essere rigettata per le motivazioni che si espongono. Com'è noto, l'obbligazione assunta dal professionista nei confronti del cliente è obbligazione di mezzi o di comportamento, non di risultato, con la conseguenza che l'inadempimento del professionista consiste nella violazione dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale e presuppone la violazione del dovere di diligenza media prescritto dall'art. 1176, 2° comma Nell'ambito della disciplina delle “professioni intellettuali” (artt. 2229-2238 c.c.) - da intendersi tutte le professioni per le quali l'accesso è subordinato all'iscrizione in appositi albi o elenchi - è previsto uno specifico regime di responsabilità (art. 2236 c.c.), in base al quale “se la prestazione implica soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave”. La giurisprudenza concorde ha limitato il campo di applicazione di detta norma ai soli casi d'imperizia, con la conseguenza che risponde anche per colpa lieve il professionista che, nell'esecuzione della propria prestazione, provochi un danno per imprudenza o negligenza (ex plurimis Cass. civ., Sez. III, 19 aprile 2006, n. 9085). Quanto sopra vale anche per il fatto degli ausiliari (collaboratori, praticanti etc.) di cui il professionista si avvalga “sotto la propria direzione e responsabilità” (art. 2232 c.c.). Di conseguenza, il cliente che fa valere la responsabilità del professionista è tenuto a provare di aver dato incarico al professionista, nonché di avere sofferto un danno causato dalla insufficiente, inadeguata o negligente attività del professionista o del suo ausiliario (Cassazione, ### n. 13533/2001).
In tal senso la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in merito al criterio di valutazione del comportamento tenuto dal professionista nello svolgimento della sua attività, ha avuto modo di precisare che: “il professionista deve porre in essere i mezzi concettuali ed operativi che, in vista dell'opera da realizzare, appaiono idonei ad assicurare quel risultato che il committente si ripromette dall'esatto e corretto adempimento dell'incarico, con la conseguente valutazione del suo comportamento alla stregua della diligentia quam in concreto” (Cassazione, sez. III sentenza 26 aprile 2010, n. 9916).
Ciò posto in via generale, nello specifico la domanda non è fondata e non merita accoglimento, non avendo parte attorea pienamente soddisfatto l'onere probatorio posto a suo carico. ### la prospettazione dell'attrice, infatti, il notaio deve essere in grado di assicurare la certezza in ordine al contenuto del contratto-atto; nel caso di specie, l'inosservanza dei suddetti obblighi in relazione al pagamento dell'oblazione dà luogo a responsabilità ex contractu per inadempimento dell'obbligazione di prestazione d'opera intellettuale.
Inoltre, ad avviso dell'istante, il notaio non può invocare la limitazione ex art. 2236 c.c., in quanto il mancato espletamento di una attività preparatoria importante, quale la constatazione che la sanatoria si riferisca all'immobile corretto, non integra una previsione di imperizia cui è indirizzata la previsione normativa in parola, ma negligenza o imprudenza, ai sensi dell'art. 1176 c.c. rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve. Infine, secondo l'istante, attesa la circostanza che il medesimo danno è stato provocato da più soggetti, per inadempimenti di contratti diversi intercorsi tra ciascuno di essi ed il danneggiato, sussistono tutte le condizioni necessarie per la responsabilità in solido del notaio e dei venditori convenuti. ### la regola generale posta dall'art. 2697 cc l'attrice, stante la contestazione relativa sia all'an, sia al quantum ed in particolare, per quanto qui specificamente interessa, circa la colpevole omissione di accertamenti relativi allo stato dell'immobile, aveva l'onere, prima, di allegare in maniera sufficientemente precisa l'inadempimento e, poi, di provare in maniera altrettanto precisa il pregiudizio sofferto. Sul punto va osservato che l'assenza di responsabilità in capo al notaio rogante, in ipotesi di immobile affetto da abusi edilizi, è stata più volte ribadita dalla giurisprudenza secondo cui “recepita la dichiarazione del privato in ordine all'esistenza e agli estremi della concessione, l'atto notarile, redatto con le prescritte formalità, è perfettamente valido e corrispondente al canone formale dell'atto pubblico, ai sensi dell'art. 2699 c.c. , come tale dotato della forza probante privilegiata e dell'efficacia prevista dall'art. 2700dello stesso codice” (Cass. ### del 19.9.2008). Ritiene la S.C. invece ravvisabile il reato di cui all'art. 483 c.p. a carico del venditore dichiarante, esistendo un preesistente obbligo giuridico di affermare il vero, mentre il pubblico ufficiale (il notaio) risponde soltanto della conformità dell'atto alla dichiarazione ricevuta.
Precisa la Corte di Cassazione che: “### di un obbligo giuridico di dire la verità a carico del privato emerge incontrovertibilmente dal sistema positivo” escludendo qualsiasi responsabilità del notaio, sia d'ordine penale che d'ordine disciplinare o civile, confermando la validità dell'atto di trasferimento, ancorché l'immobile risulti gravato da abusi edilizi (“nessun obbligo di verificare la corrispondenza di tali dichiarazioni al vero incombe sul notaio rogante, tenuto solo a recepire le dichiarazioni del privato in ordine all'esistenza e agli estremi della concessione”: Cass.n.###/2008) Anche una ulteriore sentenza della Corte Suprema di Cassazione, V ### penale, n.11628/12, depositata il 26 marzo 2012, con la quale il ### ribadisce che “secondo un condivisibile orientamento interpretativo è corretta l'esclusione di un obbligo giuridico a carico del pubblico ufficiale rogante di verificare la corrispondenza al vero di quanto dichiarato dal venditore, nel caso di specie, della conformità del bene compravenduto agli strumenti urbanistici”. Precisano i giudici che “nessun obbligo riguarda il notaio, tenuto solo a verificare che, per dichiarazione dell'alienante , risultino gli estremi della conformità agli strumenti urbanistici o della concessione rilasciata in sanatoria, come prescritto dalla legge 28 febbraio 1985 n. 47, art. 17 e art. 40, comma 2° nel testo poi sostanzialmente riprodotto dal D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, art. 46”. In sostanza solo l'omissione da parte del notaio di riportare nell'atto tale dichiarazione è sanzionata dalla norma con la nullità dell'atto comunque stipulato, ed è anzi prevista come ragione ostativa alla stipula dello stesso atto. Infatti, la norma vieta la stipula di un atto di trasferimento privo del requisito della dichiarazione e richiama la responsabilità del notaio che vi provveda senza l'inserimento nell'atto della dichiarazione da parte del venditore “al di fuori della previsione di qualsivoglia onere a carico del notaio , di verifica della veridicità della dichiarazione di parte”. ### “recepita la dichiarazione del privato in ordine all'esistenza e agli estremi della concessione, l'atto notarile, redatto con le prescritte formalità , è perfettamente valido e corrispondente al canone formale dell'atto pubblico” (cfr. Corte di Cass. sentt. n. 11628/2012 e n. ###/2008 già citate). Deve, dunque, ritenersi che ricevuta questa dichiarazione, gli obblighi del notaio possono ritenersi assolti, non risultando dalle norme un suo obbligo di attivarsi, personalmente o tramite suoi delegati, ad eseguire ulteriori verifiche, atte ad accertare la corrispondenza al vero della dichiarazione ricevuta e quando ciò non emerga già dagli atti a sua conoscenza o comunque in suo possesso. Orbene, nel caso di specie la dichiarazione della parte venditrice era espressamente contenuta nell'atto pubblico redatto dal notaio convenuto (art. 5 e 8 del contratto di compravendita). Né l'istante ha dedotto, prima, e dimostrato, poi, in maniera analitica (non per meri enunciati di ordine generico), da quali elementi concreti (omessi o non correttamente interpretati) si poteva dedurre la conoscenza in capo al notaio della mancata concessione del condono edilizio per il bene oggetto di compravendita. ###, infatti, non ha mai indicato da quale documento o da quale elemento concreto il notaio poteva o doveva desumere l'esistenza dell'allegata irregolarità urbanistica (mancanza del condono edilizio). Del resto, ciò trova conforto, a contrario, proprio nell'allegazione attorea da cui si desume che, soltanto in seguito agli accertamenti tecnici svolti dal consulente di parte, e a distanza di quattro anni dalla conclusione del contratto di compravendita, è emersa la carenza dei requisiti urbanistici riferiti all'immobile di cui è causa. Al contrario, elementi univoci erano posti a disposizione del notaio rogante nella redazione del contratto in esame: la richiesta di sanatoria presentata per tutti e tre i subalterni, la certificazione del Comune di ### e, soprattutto, la perizia tecnica del p.e. ### in cui era confermato il pagamento dell'oblazione per lo specifico immobile oggetto di causa. Inoltre, se al notaio si addebita l'omissione di indagini specifiche, va osservato che non risulta allegato o altrimenti provato da parte attrice che l'incarico professionale comprendesse una tale specifica obbligazione. Sul punto, infatti, si è specificato in giurisprudenza che se si vuole impegnare il notaio a garantire la veridicità di quanto le parti affermano in ordine a circostanze il cui controllo esula dal dovere di diligenza del professionista occorre stipulare con lo stesso un apposito contratto di mandato. ### il giudice di legittimità, in assenza di un espresso incarico volto a richiedere il controllo sulla veridicità delle affermazioni di una parte, non può farsi discendere tale dovere da una specifica norma o dai principi generali dell'ordinamento giuridico, né tale dovere può essere desunto automaticamente dal contratto d'opera professionale, come, invece, accade per l'obbligo di visura ipotecaria. Nel medesimo significato ed in una fattispecie identica a quella oggetto di causa, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la verifica della conformità urbanistica di un immobile pur risolvendosi essa in una qualità giuridica della cosa, richiede il possesso di competenze e l'esecuzione di verifiche di natura tecnico - edilizio - urbanistica che sfuggono alla preparazione professionale del notaio e che, di conseguenza, gli imporrebbero di rivolgersi ad altro professionista, geometra, architetto o ingegnere, ciò dovendo risultare da uno specifico incarico in tal senso. ### nel caso in esame si deve rilevare come la dichiarazione resa dalle parti venditrici nel testo degli atti, oltre al mancato conferimento di un incarico ulteriore, costituisca la prova dell'esatto adempimento della prestazione professionale del notaio convenuto. Se un inadempimento si è verificato, come innanzi specificato, esso è ascrivibile esclusivamente ai diversi venditori e non anche al ### rogante, il quale, infatti, non può rispondere di un inadempimento negoziale non proprio ma di terzi (il venditore immobiliare). Per quanto attiene, poi, alla quantificazione dei danni, possono replicarsi le medesime considerazioni già esposte con riferimento alla domanda avanzata dall'attrice nei confronti di parte venditrice, dovendosi ritenere la stessa generica e non sufficientemente provata. Anche la domanda proposta nei confronti del notaio ### va, dunque, respinta.
Nei rapporti tra l'attrice e i venditori si reputa sussistano eccezionali ragioni per compensare tra le parti le spese di lite, stante il contenuto della presente decisione in ordine all'inadempimento contrattuale delle parti venditrici.
Le spese di lite seguono le regole della soccombenza nei rapporti tra l'attrice e il convenuto ### P.Q.M. il Tribunale di Napoli in composizione monocratica, definitivamente pronunziando, così provvede: - rigetta ogni domanda proposta dalla ### s.a.s. di ### & C.; - compensa le spese di lite tra l'attrice e i convenuti ######## -condanna l'attrice al rimborso in favore del convenuto ### delle spese di lite, liquidate in euro 12678,00 per compensi, oltre ### CPA e rimborso forfettario spese generali come per legge.
Napoli, 20-11-2018 Il giudice
Dott.ssa ###
causa n. 27080/2013 R.G. - Giudice/firmatari: Stravino Luigia, Sepe Roberta