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Corte di Cassazione, Sentenza n. 13532/2025 del 20-05-2025

... SENTENZA sul ricorso 862-2020 proposto da: I.N.P.S. - ### in persona del legale rappresent ante pro te mpore, elettivamente domiciliato in #### 29, presso l'### dell'### rappresentato e difeso dagli avvocati #### STUMPO, #### - ricorrente - contro ### elettivamente domiciliato in #### 1, presso lo st udio dell'avvo cato ### che lo rappresenta e difende; - controricorrente - avverso la sentenza n. 736/2019 della CORTE ### di TORINO, depositata il ### R.G.N. 110/2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/2025 dalla ###. #### 3, comma 1, lett. C) d.lgs. 22/2015. R.G.N. 862/2020 Cron. Rep. Ud. 11/02/2025 PU udito il P.M. in persona del ###. ###, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l'avvocato ### M ### per delega verbale (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso 862-2020 proposto da: I.N.P.S. - ### in persona del legale rappresent ante pro te mpore, elettivamente domiciliato in #### 29, presso l'### dell'### rappresentato e difeso dagli avvocati #### STUMPO, #### - ricorrente - contro ### elettivamente domiciliato in #### 1, presso lo st udio dell'avvo cato ### che lo rappresenta e difende; - controricorrente - avverso la sentenza n. 736/2019 della CORTE ### di TORINO, depositata il ### R.G.N. 110/2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/2025 dalla ###. #### 3, comma 1, lett. C) d.lgs.  22/2015. 
R.G.N. 862/2020 Cron. 
Rep. 
Ud. 11/02/2025 PU udito il P.M. in persona del ###. ###, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l'avvocato ### M ### per delega verbale avvocato ### udito l'avvocato #### 1. La Corte d'appello di Torino confermava la decisione di primo grado che aveva dichiarato il diritto di ### - licenziato dalla società ### srl il 21 aprile 2017, dopo essere stato in ### nell'anno 2 016- a p ercepire la indennità ### 1.1. La Corte territoriale, premesso che era pacifica la sussistenza degli ulteriori requisiti di accesso alla ### (stato di disoccupazione e accredito di 13 settimane di contribuzione nel quadrien nio precedente) esponeva che seco ndo la tesi dell'### non era integrato il requisito delle 30 giornate di «lavoro effettivo» negli ultimi 12 mesi, di cui alla lettera c) dell'art. 3, comma 1, d.lgs . n. 22/2 015; dett o requisito doveva interpretarsi, nell'assunto dell'### come giornate di effe ttiva presenza al lavoro ed era già stato temp erato dall'### che, ai fini della individu azione del periodo di riferimento di 12 mesi, aveva previsto la “neutralizzazione” dei periodi di assenza dal lavoro per forz a maggiore o comunque non volontari, come malattia, cassa integrazione, congedi per handicap.  1.2. Il giu dice dell'appello disatte ndeva le difese dell'### 1.3. Richiamava la giurisprudenza costit uzionale relativa alla indennità di mobilità (Corte cost. n. 423/1995) e quella della Corte di cassazione in punto di integ razione salariale per i lavoratori agricoli (Cass. n. 16235/2002 e Cass. 3 n. 13024 /2001), secondo le quali, ai fini del diritto al le prestazioni previdenziali, costituivano giornate di lavoro effettivo anche i giorni in cui, pur mancando la prestazione, sussisteva, comunque, l'obbligo d el datore di lavoro di corrispondere la retribuzione e, dunque, di pagare la contribuzione, come nei casi di ferie e riposo retribuito.  1.4. Riteneva che tale soluzione dov esse essere adottata anche per la ### ancorché la norma in considerazione, a differenza di a ltre (come l'art. 16 l.  223/1991 sulla indennità di mobilità), non specificasse che tra le g iornate di lavoro effettiv o erano compresi i periodi di sospensione del rapporto di lavoro coperti da contribuzione; la interpretazione doveva essere adottata, infatti, sulla base della ratio della disposizione normativa, dovendosi valorizzare la correla zione tra la prestazione richiest a e l'obbligo di versare la retribuzione e quindi la contribuzione.  1.5. La dom anda doveva essere pertanto accolta, essendo pacifico che -neutralizzato il periodo di cassa integrazionenell'anno 2015, considerati i giorni di assenza per ferie, fest ività e ### era integr ato il requisito in contestazione.  1.6. Restavano assorbite le ulteriori osservazioni svolte dall'### in relazione alla motivazione subordinata svolta dal Tribunale.  2. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l'### articolato in un unico motivo di censura, cui la parte privata ha resistito con controricorso.  3. La causa, già fissata per l'adunanza camerale del 14 novembre 2024, in relazione alla quale entrambe le parti depositavano memoria, è stata rinviata per la fissazione della udienza pubblica. ### ha depositato conclusioni scritte , chiedendo il rigetto del ricorso; il controricorrente ha depositato nuova memoria. 4 RAGIONI DELLA DECISIONE 4. Con l'unico motivo di censura l'### ha denunciato— ai sensi dell'articolo 360 n. 3 cod.proc.civ.— la violazione e/o falsa app licazione dell'art.3,comma 1, lett. c ) del d.lgs. 4 marzo 2015 n. 22 anche in relazione all'art . 12 disp.  prel.cod. 4.1. La que stione sottoposta a questa Corte con il ricorso è se ne l computo del periodo dell e 30 giornate di lavoro effettivo, di cui alla norma considerata, debbano essere comprese le giornat e in cui la prestazione non è sta ta effettivamente resa.  4.2. In particol are, l'### ha cont estato la decisione impugnata per avere computato come giornate di lavoro effettivo quelle retribuite nell'anno 2015 per ferie, festività e r.o.l.  4.3. L'### ha svolto, poi, una serie di censure anche in merito alla possibilità di neutralizzare i periodi durante i quali il lavor atore avre bbe usufruito del contratto di solidarietà (a zero o re) così da retrodatare il pe riodo di riferimento nell'ambito del quale individuare i trenta giorni di lavoro effettivo sul presupposto che la Corte di a ppello avrebbe ritenuto che «il requisito delle trenta giornate effettive sussisterebbe […] sia che si neutralizzi il periodo di solidarietà (a zero ore) del 2015 sia che si considerino come “effettivamente lavorate” le giornate del 2015 ret ribuite a titolo di ferie, festivit à, rol» ( v. pag . 11 del ricorso per cassazione).  5. Le censure sono infondate.  5.1. Va preli minarmente osservato che la decisione della Corte di appello poggia sull'unica ratio decidendi in base alla quale le giornate di ferie, festiv ità e rol devono 5 considerarsi di “lavoro eff ettivo” e sono dunque u tili ad integrare il requisito di legge.  5.2. Sulla base di tale premessa, deve osservarsi che l'art. 3 del d.lgs. n. 22 del 2015, nella formulazione applicabile ratione temporis, ricono sce l'indennità mensile di disoccupazione, denominata «### pre stazione di ### per l'### (###», ai lavo ratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e presentino congiuntamente i seguenti requisiti: «a) siano in stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, 181, e successive modificazioni; b) possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; c) possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione».  5.3. ### giudizio devolve al Collegio, nuovamente, l'interpretazione del requisito dell e trenta giornate «di lavoro effettivo», tipizzato dalla lettera c).  5.4. La Corte, in effetti, si è g ià confront ata con la disposizione in oggetto e ha ritenuto che «le trenta giornate di lavo ro effettivo, nei dod ici mesi precedenti l'in izio della disoccupazione, cui l'art. 3, comma 1, lett. c) del D.Lgs. nr.  22 del 20 15, subordina, in concorso con altre condizioni previste dalla stessa norma, il trattamento della ### sono integrate anche da giornate di ferie e/o di riposo retribuito» (Cass. nr. 22922 del 2024. Conforme, Cass. nr. ### del 2024).  5.5. Il principio poggia sulla considerazione che le ferie, come i riposi, rappresentano momenti connaturali al rapporto di lavoro. ### la loro fruizione vi è piena vitalità -e quindi effettività- del rapporto stesso. 6 5.6. Per la Corte il «lavo ro effet tiv o» è, dunque, sempre comprensiv o di quelle “pause” periodiche della prestazione lavorativa che , finalizzate al recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore , sono equipar abili alla effettiva e concreta esecuzione delle mansioni.  5.7. Le argomentazioni esposte, dalle quali non vi è ragione di discost arsi, meritan o di essere ulteriormente precisate nella presente sede ###rilievo situazioni in part e diverse, poiché il lavo ratore, nel periodo di riferimento (ovvero quello dei «dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione»), ha fruito non solo di giorni di ferie ma, altresì, di “festività” e di “rol”, pause tutte che i giudici territoriali hanno considerato utili ad integrare il requisito di legge.  5.8. In coerenza con i richiamati precedenti, la raggiunta conclusione va senz'altro condivisa.  5.9. ###. 3 cit., pur nella sua peculiare formulazione terminologica, evoca un concetto giuridico di “effettività” non coincidente con il significato, stre tta mente naturalistico, di una attività materialmente in essere. La prestazione di lavoro è, infatti, effettiva non solo nel mo mento in cui è concretamente eseguita ma durante tutte le su e pause fisiologiche ed anche quando è offerta ma, ingiustificatamente, rifiutata.  5.10. In tutte queste ipotesi, il sinallagma contrattuale resta inalterato nella sua concreta funzionalità, tanto che non vi è in terruzione dell'obbligazione retributiva e di q uella contributiva.  5.11. Diversamente ragionando, il lavoratore verrebbe ad essere pregiudicato, n ei diritti previdenziali, pur esercitando legittime prerogative, garantite da leggi o contratti collettivi, o, ancor di più, in presenza di comportamenti unilaterali e ingiusti del datore di lavoro (basti 7 pensare, a tale ultimo riguardo, ad un ordine giudiziale di ricostituzione del rapporto di lavoro, no n ottemperato pe r esclusiva volontà della parte datoriale).  6. Occorre precisare che differente è, inve ce, la situazione in presenza di eventi che, per legge, determinano una cesura temporanea del rapporto di lavoro, co n sospensione delle reciproche prestazioni delle parti. Sono i casi tipici, in via esemplificativa, della maternità, infortunio e malattia ma lo sono anche quelli, per esempio, di godimento del congedo genitoriale o di permessi dal lavoro per assistere persone con handicap grave o, ancora, quelli coperti da cassa integrazione guadagni o contratti di solidarietà a zero ore.  6.1. Si tra tta di eventi questi ch e impe discono totalmente lo svolgimento dell'attività e che -diversamente dalle ipote si prima valutate (ferie, riposi , festività, ecc.)- sospendono pure le obbligazioni principali delle parti. Casi tutti accumunati da l fatto che l'originario rapporto, per un certo periodo di tempo, entra in uno stato di quiescenza non essendo dovute né la prestazione lavorativa dal dipendente, né la retribuzione dal datore di lavoro. ### il verificarsi di tali situazioni, dunque, il lavoro non è “effettivo”, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. C) d.lgs. n. 22/2015.  6.2. E tuttavia, la sospensione del rapporto di lavoro - in luog o della sua estinz ione per impossibilità de lla prestazione lavorativa, secondo la disciplina dei rapporti di durataè l'effe tto della protezione che l'### ento riconosce, ex art. 38 Cost., ad obiettive situazioni impeditive dello svolgimento della prestazione lavorativa per cause non imputabili al lavoratore.  6.3. In questa prospettiva, è evidente allora che anche i periodi di “inattività” del sinallagma contrattuale per eventi tutelati dal ### n on possano ricadere in danno del lavoratore, quanto al godimento della prestazione ### e 8 sono, perciò, “neutralizzati”, nel senso che di essi non si tiene conto nel computo del periodo di riferimento di dodici mesi di cui all'art.3 in commento.  6.4. In altre parole, ove nei « dodici mesi che precedono l'inizio del p eriodo di dis occupazione» si sia verificata una causa di sospensione del rapporto di lavoro, il relativo periodo non è preso in considerazione (ed è, dunque, neutralizzato) ai fini della verifica del periodo di riferimento di dodici mesi, di c ui alla lettera c) dell'ar t. 3 del d.lgs.  n. 22 del 2015, in applicazione di un principio generale insito nel sistema e volto ad impedire che il lavoratore perda il diritto ad una prestazione previdenziale in una situazione tutelata dal medesimo ordinamento assicurativo.  7. Conclusivamente, possono enunciarsi i seguenti principi di diritto : «In tema di accesso ai nuovi trattamenti di integrazione salariale (cd. ### ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 22 del 2015, nella formulazione antecedente alle modifiche disposte dall'art. 1, comma 171, della l. 30 dicembre 2024, n. 207 (e app licabili agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2025): - il requ isito delle “trenta giornate di lav oro effettivo” risulta integrato -oltre che da giornate di ferie e/o di riposo retribuitoda ogn i giornata che dia luogo al diritto de l lavoratore alla retribuzione e alla relativa contribuzione; - ai fini del computo dei “dodici m esi che precedono l'inizio del pe riodo di diso ccupazione” si escludono (sono neutralizzati) i periodi di sospensione del rapporto di lavoro per cause tut elate d alla legge, impeditive delle re ciproche prestazioni».  8.1. La sentenza impugnata è conforme alle indicazioni che precedono e si sottrae, dunque, ai mossi rilievi. 9 9. La novi tà di molti profili de lle que stioni trattate giustifica la compensazione delle s pese del giudizio di legittimità, mentre, tenuto conto del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza de i presupp osti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.  P. Q. M.  La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contribut o unific ato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto. 
Così deciso in ### nella came ra di consig lio 

Giudice/firmatari: Esposito Lucia, Marchese Gabriella

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Tribunale di Velletri, Sentenza n. 1689/2025 del 20-11-2025

... l'uno o per l'altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione. Ed appare coerente alla regola dettata dall'art. 2697 c.c., che distingue tra fatti costitutivi e fatti estintivi, ritenere che la prova dell'adempimento, fatto estintivo del diritto azionato dal creditore, spetti al debitore convenuto, che dovrà quindi dare la prova diretta e positiva dell'adempimento, trattandosi di fatto riferibile alla sua sfera di azione” (Cassazione civile SS. UU. 30 ottobre 2001 n. 13533; in senso conforme cfr. 982/2002; Cass. 13925/2002; Cass. 18315/2003; Cass. 6395/2004; 8615/2006; Cass. 13674/2006; Cass. 1743/2007). Pertanto il creditore che agisce per l'adempimento o per la risoluzione o per il risarcimento del danno da inadempimento ha solo l'onere di (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI VELLETRI ### in persona del giudice, dott. ### all'esito dell'udienza fissata per il 19 novembre 2025, sostituita dal deposito di note scritte ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c. (introdotto dall'art. 3, co. 10, del D. 
Lgs. n. 149/2022 e modificato, a decorrere dal 26 novembre 2024, dall'art. 3, co. 1, lett. i, del D. Lgs. n. 164/2024), ha pronunciato in data 19 novembre 2025, previa lettura delle note sostitutive dell'udienza depositate dalle parti costituite, la seguente ### ex art. 127-ter c.p.c.  nella causa iscritta al n. 836, del ### dell'anno 2024, pendente #### con l'avv. ### - ricorrente - E ### SOCIETÀ ### in persona del legale rappresentante pro tempore, con l'avv. ### - convenuta - ### con l'avv. ### - convenuta - ### E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data ### la parte ricorrente DI ### ha chiamato in giudizio le parti convenute indicate in epigrafe e - premessi i fatti costitutivi delle proprie domande - ha presentato le conclusioni di cui alle pagg. 12/14 del ricorso, qui di seguito integralmente riportate e trascritte: A - Accertata e dichiarata la insussistenza di valida somministrazione nè di validi rapporti di appalto tra la convenuta ### di ### e ### Coop. risultata fittiziamente titolare della posizione datoriale nei confronti della ricorrente, accertare e dichiarare che la sig.ra ### di ### a far data dal 7/2/2020, ovvero con la diversa decorrenza ritenuta di giustizia, ha reso un unico ed ininterrotto rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato con ### di ### con diritto al trattamento economico e normativo di cui al #### del ### personale non medico, ovvero con il diverso inquadramento ritenuto di giustizia, con condanna della società ### di ### al pagamento in favore della ricorrente, per i titoli di cui alla parte in diritto ed al conteggio analitico parte integrante del presente ricorso, della somma di euro 152.653,98, di cui euro 11.677,45 a titolo di ### oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo; B - Accertata e dichiarata la inefficacia/nullità del licenziamento intimato alla ricorrente con effetto dal 5 ottobre 2023, occorrendo anche previa declaratoria del carattere fittizio e simulato del rapporto associativo formalizzato tra la ricorrente e la convenuta società cooperativa ### Coop, ordinarne, ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. 23/2015, la reintegrazione nel posto di lavoro nei confronti di quella tra le convenute che risulterà esserne stata la effettiva parte datoriale al momento del licenziamento e con condanna di quest'ultima al pagamento in favore della ricorrente dell'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per il periodo compreso tra il giorno del licenziamento e quello di effettiva reintegrazione, oltre accessori di legge e oltre alla condanna al versamento dei relativi contributi previdenziali ed assistenziali; ovvero, accertata la inesistenza di un valido atto risolutivo del rapporto, ritenere lo stesso giuridicamente ancora in essere, con condanna della società ### di ### al pagamento in favore della ricorrente di tutte le retribuzioni medio tempore maturate a far data dal licenziamento, oltre accessori di legge; in via subordinata, dichiarare illegittimo il licenziamento disposto da ### soc. coop.  nei confronti della sig.ra ### per violazione dell'art. 7 L. 300/1970 e per l'effetto, ai sensi dell'art. 8 L. 604/1966, ordinare a ### soc. coop., in persona del legale rappresentante pro-tempore, di procedere all'immediata riassunzione della dipendente, o in mancanza, di pagare in suo favore l'indennità risarcitoria di cui all'art. 8 cit. pari ad una mensilità per ogni anno di retribuzione nella misura massima di sei mensilità; C - In subordine, gradatamente e salvo gravame: - condannare la società ### di ### al pagamento, in solido con ### soc. coop. ai sensi dell'art. 29 D. l. 276/2003 in favore della ricorrente, di euro 152.653,98, di cui euro 11.677,45 a titolo di ### ovvero in subordine secondo quanto previsto con applicazione del ccnl multiservizi applicato da ### soc. coop., con riserva di produzione del conteggio sindacale. 
Con vittoria di spese e compensi legali, oltre i.v.a. e c.p.a. e rimborso spese forfetarie del 15%. Trattandosi, nella specie, di un contenzioso a controprova e sussistendo una situazione in ordine a questioni di fatto riconducibile a gravi ed eccezionali ragioni di cui all'art. 92 c.p.c. (C. Cost. 77/2018) si chiede, in caso di rigetto del ricorso, la compensazione delle spese di lite.  - con ogni altra conseguenza di legge. 
Nel dettaglio, la parte ricorrente ha dedotto, a fondamento delle suddette domande, ### di avere lavorato dal 7.02.2020 al 5.10.2023 (ad eccezione di taluni sotto-periodi di sospensione dell'attività lavorativa a causa delle restrizioni previste per il contenimento dell'epidemia da ###19) presso la casa di alloggio per anziani ### avente sede ###, gestita dalla parte convenuta ### svolgendo, alle dipendenze di quest'ultima, mansioni di assistente familiare adibita alla cura degli ospiti della struttura, nonché mansioni di addetta alla preparazione delle colazioni e dei pasti e alla somministrazione di essi ai degenti, di addetta alla pulizia delle sale, delle camere e dei bagni, di addetta al lavaggio dei vestiti degli ospiti e alla somministrazione di farmaci, nonché alla prestazione di ausilio alla deambulazione degli ospiti, ### di avere svolto, dal 7.02.2020 al 30.06.2022, orari di lavoro dalle 07:30 alle 13:30 e dalle 15:00 alle 20:00 per sette giorni alla settimana, e, dal 1.07.2022 al 5.10.2023, orari di lavoro dalle 07:30 alle 13:30 e dalle 15:00 alle 20:00 per sei giorni alla settimana, ### di avere sempre lavorato nei giorni festivi e di non avere goduto di ferie e di permessi retribuiti, né di avere percepito la relativa indennità sostitutiva, ### che la suddetta prestazione lavorativa è stata svolta dapprima in assenza di alcuna formalizzazione contrattuale e che la stessa, a partire dal 19.07.2022, è stata poi resa tramite la fittizia interposizione della parte convenuta #### quale datore di lavoro meramente formale della parte ricorrente, ### che il licenziamento intimato dalla parte convenuta #### in data ### è illegittimo, sia in quanto intimato a non domino sia in quanto non preceduto da alcun procedimento disciplinare, e di avere diritto, in ogni caso, all'indennità sostitutiva del preavviso, ### di avere diritto, fin dall'inizio del rapporto di lavoro, al riconoscimento dell'inquadramento al livello ### del ### per i dipendenti dalle strutture sanitarie private - personale non medico (livello riguardante, tra l'altro, i lavoratori che svolgono mansioni “che richiedono capacità tecnico-manuali per lo svolgimento di attività semplici ed autonomia esecutiva e responsabilità, nell'ambito di istruzioni fornite, riferita al corretto svolgimento della propria attività, e che svolgono anche attività di pulizia”, ivi compresi l'aiuto cuoco e l'ausiliario specializzato).
Si sono costituite in giudizio le parti convenute indicate in epigrafe, contestando le affermazioni della parte ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso. 
La parte convenuta ### (n.q. di titolare dell'impresa individuale ### ha ammesso che la parte ricorrente ha prestato attività lavorativa presso la suddetta casa di alloggio per anziani anche nel periodo dal 7.02.2020 al 18.07.2022, svolgendo mansioni di addetta alle pulizie, ma ha sostenuto che si sarebbe trattato di prestazioni lavorative meramente occasionali (e dunque autonome), non di prestazioni rientranti nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato; inoltre la parte convenuta #### ha dedotto che l'appalto stipulato con la parte convenuta ####À ### a decorrere dal 1.07.2022 sarebbe genuino e che la prestazione lavorativa svolta dalla parte ricorrente nel periodo dal 19.07.2022, che sarebbe consistita esclusivamente in attività di pulizia degli ambienti e di rifacimento dei letti dei degenti, andrebbe imputata esclusivamente alla parte convenuta ### SOCIETÀ ### La causa, istruita con l'acquisizione dei documenti prodotti dalle parti costituite e con l'assunzione di prove testimoniali, è stata decisa in data odierna, previa lettura delle note sostitutive di udienza ex art. 127-ter c.p.c.  depositate dalle medesime parti.  * * * 
La domanda di accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato irregolare asseritamente intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta ### nel periodo dal 7.02.2020 al 18.07.2022 è infondata. 
La parte convenuta ha negato che sia mai intercorso, tra sé e la parte ricorrente, un rapporto di lavoro di natura subordinata nel periodo in questione e ha dedotto che la parte ricorrente avrebbe prestato esclusivamente una attività lavorativa occasionale e autonoma, avente per oggetto solamente lo svolgimento di pulizie. 
Stando così le cose, gravava sulla parte ricorrente, ex art. 2697 c.c., l'onere di dimostrare la natura subordinata e non occasionale di tale attività lavorativa. 
Difatti, secondo la giurisprudenza, “è […] principio risalente e indiscusso che la volontà negoziale non ha il potere di qualificare giuridicamente i rapporti posti in essere, trattandosi di compito riservato al giudice; nondimeno, con specifico riguardo al contratto di lavoro, poichè ogni attività umana economicamente valutabile può costituire oggetto sia di un rapporto di lavoro subordinato che di un rapporto di lavoro autonomo, le parti possono esprimere la volontà di stipulare un contratto di lavoro autonomo, mediante pattuizioni che precisino le modalità di attuazione del rapporto in modo che siano giuridicamente compatibili con l'autonomia e, in questo caso, la qualificazione del rapporto in termini di subordinazione sarà consentito solo ove le pattuizioni iniziali non siano state rispettate in sede di esecuzione, esprimendo, quindi, le parti la volontà di modificarle” (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 29/12/2006, n. 27608; in senso analogo Cassazione civile, sez. lav., 21/10/2015, n. 21424; Cassazione civile, sez. lav., 19/11/2003, n. 17549; Cassazione civile sez. lav. 7 novembre 2001 n. 13778; Cassazione civile lav. 10 aprile 2000 n. 4533; Cassazione civile, sez. lav., 10/08/1999, n. 8574). 
La giurisprudenza ha anche individuato gli elementi sintomatici della subordinazione nel vincolo di soggezione personale del lavoratore a poteri - facenti capo al datore di lavoro - di direzione generica e programmatica (da soli invero non sufficienti a configurare la subordinazione) uniti a più pervasivi poteri gerarchici di “eterodirezione” tramite ordini specifici (con efficacia in termini di obbligatoria conformazione immediata della condotta del lavoratore nel senso indicato di volta in volta dal datore di lavoro), di vigilanza e di controllo sullo svolgimento della prestazione lavorativa, e disciplinari (Cassazione civile sez. lav. 3 agosto 2016 n. 16210; Cassazione civile sez. lav.   5 settembre 2014 n. 18783; Cassazione civile sez. lav. 17 ottobre 2011 21439; Tribunale Roma sez. lav. 7 dicembre 2016 n. 10602; Tribunale Milano sez. lav. 8 settembre 2017 n. 2046; Tribunale Milano sez. lav. 28 luglio 2014; Tribunale Milano sez. lav. 16 gennaio 2012 n. 128; Tribunale Milano sez. lav.   9 dicembre 2010 n. 5122; Tribunale Napoli sez. lav. 24 novembre 2011 ###), nonché in ulteriori fatti indiziari - che tuttavia assumono valenza probatoria sussidiaria e da sola non decisiva - costituiti dalla collaborazione e dall'inserimento stabile e continuativo del lavoratore nell'organizzazione aziendale (con correlata limitazione dell'autonomia del lavoratore nell'organizzazione e nello svolgimento della sua prestazione lavorativa), dalla durata complessiva del rapporto intercorso tra le parti, nella regolamentazione dell'orario (cioè nel vincolo d'orario predeterminato a monte dal datore di lavoro in modo rigido e fisso, con conseguente necessità per il lavoratore di concordare preventivamente assenze, richiedendo cioè di fatto l'autorizzazione per usufruire di ferie o permessi), dalla forma e nella modalità pattuita per la retribuzione (in particolare, in caso di compenso mensile fisso), dall'assenza di rischio del lavoratore in relazione all'andamento positivo o negativo dell'attività di impresa, dalla primaria rilevanza attribuita allo svolgimento della prestazione nelle forme pattuite rispetto al risultato ottenuto per il tramite di essa (Cassazione civile sez. lav. 10 luglio 2015 n. 14434; Cassazione civile lav. 8 aprile 2015 n. 7024; Cassazione civile sez. lav. 8 gennaio 2015 n. 66; Cassazione civile sez. lav. 21 ottobre 2014 n. 22289; Cassazione civile sez. lav.   12 gennaio 2012 n. 248; Cassazione civile sez. lav. 17 ottobre 2011 n. 21439; Cassazione civile sez. lav. 27 aprile 2010 n. 10024; Tribunale Milano sez. lav.   8 settembre 2017 n. 2046; Tribunale Milano sez. lav. 16 gennaio 2012 n. 128; Tribunale Milano sez. lav. 9 dicembre 2010 n. 5122; Tribunale Napoli sez. lav.   24 novembre 2011 n. ###; Tribunale Trieste sez. lav. 12 gennaio 2012; Tribunale Pescara sez. lav. 20 gennaio 2016 n. 42). 
Nel caso di specie, dall'istruttoria testimoniale svolta è emerso che la parte ricorrente, quantomeno a partire dal 2021, ha svolto attività di pulizia e di lavanderia, invero in modo non occasionale, presso la casa di alloggio per anziani gestita dalla parte convenuta ### (vd. testimonianze di ### e di ###: tuttavia dalle dichiarazioni dei testimoni escussi non è emersa in alcun modo l'esistenza di elementi sintomatici della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta ### nel periodo ora in esame (vd. testimonianze di ### di ### di ### e di ####. 
E' opportuno precisare che le dichiarazioni rese dal testimone ### - non riscontrate ab externo tramite altri elementi di prova - sono irrilevanti ai fini della decisione, poiché tale testimone non ha avuto conoscenza diretta dei fatti per cui vi è causa e si è limitata a riferire il contenuto di tre o quattro conversazioni telefoniche avvenute tra la parte ricorrente e ad altri soggetti, da un lato, e gli orari in cui la parte ricorrente entrava e usciva dalla sua casa, dall'altro. 
Quanto appena evidenziato vale altresì per quanto riguarda le dichiarazioni rese dal testimone ### Dall'istruttoria testimoniale non è quindi emerso alcun elemento attestante che la suddetta attività lavorativa resa della parte ricorrente in favore della parte convenuta ### nel periodo in esame (cioè dal 7.02.2020 al 18.07.2022) sia stata svolta in posizione di subordinazione rispetto a tale parte convenuta e/o ai suoi preposti. 
Occorre precisare, inoltre, che la natura subordinata del suddetto rapporto di lavoro nel periodo in parola non risulta neppure dimostrata a mezzo delle prove documentali acquisite al giudizio. 
Alla luce del compendio probatorio sopra illustrato, la domanda di accertamento della ### natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso, in assenza di alcuna formalizzazione contrattuale, tra la parte ricorrente e la parte convenuta nel predetto periodo deve essere quindi rigettata. 
Il rigetto della domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti appena menzionate nel periodo in esame determina l'assorbimento di tutte le altre domande presentate dalla parte ricorrente in riferimento al medesimo periodo, essendo lo scrutinio di queste ultime logicamente e giuridicamente subordinato all'accoglimento della prima.  * * * 
La domanda di accertamento dell'esistenza di una interposizione illecita di manodopera posta in essere dalla parte convenuta #### nei confronti della parte convenuta ### nel periodo dal 19.07.2022 al 5.10.2023 è pure infondata. 
In punto di diritto occorre preliminarmente ricordare, a tale riguardo, che l'art. 1 della L. n. 1369/1960 (in materia di “### di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere di servizi”) - successivamente abrogato e sostituito dall'art. 27 del D. Lgs. n. 276/2003 - prevedeva che “È vietato all'imprenditore di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall'appaltatore o dall'intermediario, qualunque sia la natura dell'opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono. […]. È considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subappalto, anche per esecuzione di opere o di servizi, ove l'appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante, quand'anche per il loro uso venga corrisposto un compenso all'appaltante” (cfr. art. 1, co. 1 e 3, della L. n. 1369/1960) e che “Gli imprenditori che appaltano opere o servizi, compresi i lavori di facchinaggio, di pulizia e di manutenzione ordinaria degli impianti, da eseguirsi nell'interno delle aziende con organizzazione e gestione propria dell'appaltatore, sono tenuti in solido con quest'ultimo a corrispondere ai lavoratori da esso dipendenti un trattamento minimo inderogabile retributivo e ad assicurare un trattamento normativo, non inferiore a quelli spettanti ai lavoratori da loro dipendenti” (cfr. art. 3, co.  1, della L. n. 1369/1960). 
Le ### deroghe ammesse rispetto ai divieti suddetti erano state introdotte dapprima tramite gli artt. 1 e 3 della L. n. 196/1997 e poi tramite gli artt. 4, 5, 20-28 del D. Lgs. n. 276/2003 (disposizioni trasfuse, ad eccezione degli artt. 4 e 5 del D. Lgs. ult. cit., nel D. Lgs. n. 81/2015, in vigore dal 25 giugno 2015), ove è stato previsto che l'attività di intermediazione di manodopera è ammessa solo ove posta in essere da determinati soggetti che hanno ottenuto una apposita autorizzazione amministrativa e l'iscrizione in un apposito albo tenuto dal Ministero del lavoro. 
La giurisprudenza ha infatti chiarito, a tale riguardo, che “la fattispecie […] dell'interposizione di manodopera è regolata dal D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art.  29 (come modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 911). Il richiamato decreto legislativo, pur nella ridefinizione dei confini del divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro - che, originariamente previsto ex art. 2127 c.c., soltanto per i lavori a cottimo, era stato poi esteso ad ogni attività di lavoro subordinato dalla L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1 (poi abrogata dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 85, comma 1, lett. c) - ha ribadito la sostanza del divieto di intermediazione e di interposizione nelle prestazioni di lavoro, dettando la disciplina degli strumenti leciti all'interno della vicenda interpositoria (appalti, somministrazione, distacco), nonchè quella sanzionatoria nelle ipotesi di somministrazione irregolare e appalto non genuino” (Cassazione civile, SS. UU., 07/02/2018, n. 2990).  ###. 27 del D. Lgs. n. 276/2003 (ora trasfuso, in parte, nel D. Lgs.  81/2015) ha stabilito che "1. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 20 e 21, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), il lavoratore può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione. 2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. […]. Ai fini della valutazione delle ragioni di cui all'articolo 20, commi 3 e 4, che consentono la somministrazione di lavoro il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza delle ragioni che la giustificano e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano all'utilizzatore".  ###. 20, co. 2, del D. Lgs. n. 276/2003 - rubricato “### di liceità [della somministrazione regolare di lavoro]” (ora sostanzialmente trasfuso dell'art. 30, co. 1, del D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i.) - ha inoltre previsto che “Per tutta la durata della missione i lavoratori svolgono la propria attività nell'interesse nonché sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore. Nell'ipotesi in cui i lavoratori vengano assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato essi rimangono a disposizione del somministratore per i periodi in cui non sono in missione presso un utilizzatore, salvo che esista una giusta causa o un giustificato motivo di risoluzione del contratto di lavoro”.  ###. 38, co. 1-3, del D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i. dispone ora, in materia di “### irregolare”, che “1. In mancanza di forma scritta il contratto di somministrazione di lavoro è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore. 2. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 31, commi 1 e 2 [riguardanti i limiti quantitativi alla somministrazione regolare di lavoro], 32 [riguardanti ipotesi in cui non è comunque ammessa la somministrazione di lavoro] e 33, comma 1, lettere a), b), c) e d) [riguardanti i requisiti formali del contratto di somministrazione], il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell'utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione. 3. Nelle ipotesi di cui al comma 2 tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione. […]”. 
Il legislatore è successivamente intervenuto - tramite l'art. 80-bis del D.L. n. 34/2020 e s.m.i., recante interpretazione autentica dell'art. 38, co. 3, del D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i. - a chiarire che “Il secondo periodo del comma 3 dell'articolo 38 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ai sensi del quale tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione, si interpreta nel senso che tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro non è compreso il licenziamento”. 
Inoltre l'art. 39 del D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i. (rubricato “### e tutele”) stabilisce ora che “1. Nel caso in cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavoro con l'utilizzatore, ai sensi dell'articolo 38, comma 2, trovano applicazione le disposizioni dell'articolo 6 della legge n. 604 del 1966, e il termine di cui al primo comma del predetto articolo decorre dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore. 2. Nel caso in cui il giudice accolga la domanda di cui al comma 1, condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore, stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966. 
La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, relativo al periodo compreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la costituzione del rapporto di lavoro”. 
La giurisprudenza ha precisato, circa la distinzione tra appalto di servizi e somministrazione illecita di manodopera, che “La nozione di appalto di manodopera o di mere prestazioni di lavoro, vietato dall'art. 1 della legge n. 1369 del 1960, in mancanza di una definizione normativa, va ricavata tenendo anche conto della previsione dell'art. 3 della stessa legge concernente l'appalto ### di opere e servizi all'interno dell'azienda con organizzazione e gestione propria dell'appaltatore. Come si è già detto, l'ipotesi di appalto di manodopera è configurabile sia in presenza degli elementi presuntivi considerati dal terzo comma del citato art. 1 (impiego di capitale, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante), sia quando il soggetto interposto manchi di una gestione di impresa a proprio rischio e di un'autonoma organizzazione - da verificarsi con riguardo alle prestazioni in concreto affidategli, in particolare, nel caso di attività esplicate all'interno dell'azienda appaltante, sempre che il presunto appaltatore non dia vita, in tale ambito, ad un'organizzazione lavorativa autonoma e non assuma, con la gestione dell'esecuzione e la responsabilità del risultato, il rischio di impresa relativo al servizio fornito. Peraltro, con riferimento agli appalti cosiddetti “endoaziendali”, che sono caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, va precisato che il divieto di cui all'art. 1 della legge n. 1369 del 1960 opera tutte le volte in cui l'appaltatore mette a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all'appaltatore stesso i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo e non assuma, con la gestione dell'esecuzione e la responsabilità del risultato, il rischio d'impresa relativo al servizio fornito (Cass. 16788/2006, cit.; Cass. 5/10/2002 n. 14302; 21/5/1998, n. 5087)" (Cassazione civile sez. lav., 21/03/2017, n. 7179). 
In senso analogo è pure orientata la giurisprudenza che si è pronunciata in riferimento alla rilevanza ### penale della fattispecie, secondo cui “In tema di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, la distinzione tra contratto di appalto e quello di somministrazione di manodopera è determinata non solo dalla proprietà dei fattori di produzione, ma anche dalla organizzazione dei mezzi e dalla assunzione effettiva del rischio d'impresa, in assenza dei quali si configura una mera fornitura di prestazione lavorativa che, se effettuata da soggetti non autorizzati, è sottoposta alla sanzione penale di cui all'art. 18 d.lg. 10 settembre 2003, n. 276” (Cassazione penale sez. III 05 giugno 2015 n. 27866; Cassazione penale sez. III 27 gennaio 2015 n. 18667). 
Inoltre, secondo la giurisprudenza, “In tema di interposizione ed intermediazione nella prestazione lavorativa, se, da un lato, l'imprenditore è libero di affidare in appalto tutte le attività suscettibili di fornire un autonomo risultato produttivo, senza che si possa escludere l'ipotesi in cui l'organizzazione del committente sarebbe in grado di eseguire direttamente la lavorazione, dall'altro lato, il divieto posto dall'art. 1 della legge n. 1369 del 1960 (applicabile ratione temporis) opera, in riferimento agli appalti «endoaziendali» (caratterizzati appunto dall'affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente inerenti al ciclo produttivo del committente, come si evince dall'art. 3 della citata legge n. 1369), tutte le volte in cui l'appaltatore, pur titolare di effettiva organizzazione aziendale, metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all'appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo” (Cassazione civile sez. lav. 9 aprile 2008 n. 9264; nello stesso senso cfr. Cassazione penale, sez. III, 27/01/2022, n. 16302). 
Quanto agli effetti dell'intermediazione illecita di manodopera, la giurisprudenza ha altresì chiarito che “### sanzionatorio previsto dal D.Lgs.  n. 276 del 2003, consente al lavoratore, sia nelle ipotesi di somministrazione irregolare (stipulata "al di fuori dai limiti e delle condizioni" previste, art. 27), sia nelle ipotesi di appalto fittizio ("stipulato in violazione" di legge, art. 29, comma 3 bis), la proposizione di un ricorso giudiziale notificato, anche soltanto nei confronti del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, con cui richiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione o dell'appalto non genuini” (Cassazione civile, SS. UU., 07/02/2018, n. 2990) e che “In tema di fornitura di lavoro interinale, la violazione delle disposizioni della legge n. 196 del 1997, ed in particolare dell'art. 1, comma 2, lett. a), comporta la sostituzione della parte datoriale e, salvo che non ricorrono specifiche ragioni che consentano l'apposizione di un termine, l'instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'utilizzatore interponente, senza che assuma rilievo che al rapporto con l'interposto fosse a termine, atteso che la medesima sanzione è prevista per la meno grave violazione dell'obbligo di stipulare il contratto con forma scritta e che, sul piano sistematico, una diversa conclusione, porterebbe alla inammissibile situazione per cui la violazione del divieto di interposizione di manodopera consentirebbe all'interponente di beneficiare di una prestazione a termine altrimenti preclusa" (Cassazione civile sez. lav. 05 dicembre 2012 n. 21837). 
I principi pretori sopra illustrati, formatisi prevalentemente sulla base del D. Lgs. n. 276/2003 e s.m.i., continuano ad applicarsi anche nella vigenza della nuova disciplina della materia di cui al D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i.: difatti la giurisprudenza ritiene che “Ai fini dell'accertamento di un'interposizione illecita nell'ambito di un appalto endoaziendale, [di cui agli] artt. 29 e ss., D.lgs. 276/2003, e 30 e ss., D.Lgs. 81/2015, che hanno abrogato le precedenti disposizioni al riguardo, [il legislatore] ha sostanzialmente recepito l'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità nel vigore della precedente disciplina. In particolare, occorre fare riferimento all'effettivo potere organizzativo e direttivo dell'appaltatore, che mette a disposizione l'attività lavorativa dei prestatori di lavoro, e all'autonomia di risultato rispetto a quello del committente. Ove, invece, l'appaltatore si limiti a occuparsi della mera gestione amministrativa del rapporto di lavoro, si verserà in un'ipotesi, vietata, di interposizione e intermediazione nelle prestazioni lavorative” (cfr. Corte appello ### sez. lav., 12/10/2022, n. 259). 
In sostanza, sussiste interposizione illecita di manodopera - anziché appalto ### di servizi o di opere - nei seguenti casi: 1) laddove i lavoratori operanti alle ### dipendenze dell'impresa appaltatrice svolgano la propria attività non solo nell'interesse e sotto la direzione del committente, ma, di fatto, in posizione di diretta subordinazione nei confronti del committente e/o dei suoi ausiliari, con conseguente estraneità dell'appaltatore (loro datore di lavoro formale) rispetto alla conduzione dell'attività oggetto dell'appalto; (2) laddove i lavoratori operanti per l'impresa appaltatrice svolgano la propria attività utilizzando capitale, macchine e attrezzature fornite dal committente, e, al contempo, laddove l'appaltatore non sia dotato di una propria autonoma organizzazione nei luoghi in cui avviene lo svolgimento dell'attività oggetto dell'appalto - cioè di un'organizzazione distinguibile da quella del committente (soprattutto nel caso di c.d. appalti “endoaziendali”, vale a dire svolti all'interno della sede operativa del committente) - e non sia effettivamente “responsabile” del risultato dell'attività oggetto dell'appalto, cioè non sia effettivamente condizionato dal gradimento del committente e possa quindi disinteressarsi della conduzione e degli esiti dell'attività oggetto di appalto; (3) laddove, nei c.d. appalti “endoaziendali”, i processi produttivi svolti dai lavoratori inviati dall'impresa appaltatrice presso la sede operativa dell'impresa committente siano indistinguibili da quelli svolti dai dipendenti di quest'ultima - cioè siano privi di alcuna autonomia funzionale e/o organizzativa rispetto al resto delle attività svolte direttamente dal personale dell'impresa committente - oppure laddove i predetti lavoratori inviati dall'impresa appaltatrice realizzino un risultato produttivo indistinguibile da quello realizzato dai dipendenti dell'impresa committente. 
Nel caso di specie, in base alle risultanze dell'istruttoria testimoniale e alla documentazione in atti non appare invero sussistente alcuna interposizione illecita di manodopera realizzata dalla parte convenuta ##### nei confronti della parte convenuta #### nel periodo dal 19.07.2022 al 5.10.2023.  ### stipulato tra la parte convenuta ### (quale committente) e la parte convenuta #### (quale appaltatore) aveva un oggetto composto, cioè duplice, ovverosia (1) la prestazione del servizio di assistenza agli anziani e ai disabili e (2) la prestazione del servizio di pulizia della casa di alloggio per anziani gestita dal committente (all. 3 al fascicolo della parte convenuta #### all. 2 al fascicolo della parte convenuta ###. 
Il primo oggetto dell'appalto - cioè il servizio di assistenza agli anziani e ai disabili - appare invero indistinguibile dall'oggetto sociale del committente, esercente una impresa individuale di gestione di alloggio per anziani (all. 8 al fascicolo di parte ricorrente). 
Il secondo oggetto dell'appalto - cioè il servizio di pulizia della casa di alloggio per anziani gestita dal committente - è invece distinto e autonomo rispetto al suddetto oggetto sociale del committente (all. 8 al fascicolo di parte ricorrente). 
Per quanto riguarda i lavoratori, dipendenti della parte convenuta #### inviati da essa a svolgere, presso la committente ### attività di assistenza ai disabili appare quindi configurabile, in concreto, la terza ipotesi di interposizione illecita di manodopera sopra illustrata (quella riguardante l'indistinguibilità dei processi produttivi svolti dai lavoratori inviati dall'impresa appaltatrice presso la sede operativa dell'impresa committente rispetto ai processi produttivi svolti dai lavoratori dipendenti dell'impresa committente e/o l'indistinguibilità dei risultati produttivi realizzati dai lavoratori inviati dall'impresa appaltatrice presso la sede operativa dell'impresa committente rispetto ai risultati produttivi realizzati dai lavoratori dipendenti dell'impresa committente). 
Non appare invece configurabile tale ipotesi di interposizione illecita di manodopera per quanto riguarda i lavoratori, dipendenti della parte convenuta #### inviati da essa a svolgere, presso la committente ### attività di pulizia della casa di alloggio per anziani gestita dal committente: difatti, come già rilevato, in tale caso il processo produttivo svolto dall'appaltatore e il risultato produttivo da esso realizzato sono autonomi e distinguibili rispetto all'oggetto sociale del committente. 
Nel caso di specie, dall'istruttoria testimoniale è emerso che la parte ricorrente - nell'ambito dell'appalto intercorso tra la parte convenuta ##### e la parte convenuta ### - ha svolto di fatto, in via esclusiva, mansioni di addette alle pulizie, al riassetto dei letti e alla lavanderia (vd. testimonianze di ### e di ###. 
Non vi è prova che la parte ricorrente abbia svolto anche attività di movimentazione di anziani ricoverati nell'alloggio, di pulizia personale degli stessi e di somministrazione di farmaci. 
Alla luce delle mansioni concretamente svolte dalla parte ricorrente non è quindi configurabile, rispetto ad essa, alcuna interposizione illecita di manodopera realizzata dal datore di lavoro, per le ragioni esposte in precedenza. 
Inoltre, in considerazione delle risultanze dell'istruttoria testimoniale, non appaiono neppure sussistere in concreto, rispetto alla parte ricorrente, le due ulteriori ipotesi di interposizione illecita illustrate in precedenza, non essendo emersa né l'esistenza di una diretta subordinazione della parte ricorrente nei confronti del committente e/o dei suoi ausiliari o preposti, da un lato, né l'assenza di una autonoma organizzazione dell'appaltatore nei luoghi in cui è avvenuto lo svolgimento dell'attività oggetto dell'appalto e, al contempo, l'assenza di responsabilità dell'appaltatore, nei confronti del committente, circa il risultato dell'attività oggetto dell'appalto, dall'altro. 
A tale ultimo riguardo va evidenziato che la sussistenza di una responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente (e, dunque, l'esistenza di un effettivo condizionamento derivante, per l'appaltatore, dal gradimento del committente circa le concrete modalità di esecuzione del servizio appaltato) appare evincibile proprio dalle specifiche ragioni addotte dalla parte convenuta #### per il licenziamento della parte ricorrente: difatti tale licenziamento è stato disposto proprio in considerazione delle divergenze e delle incomprensioni verificatesi tra la parte ricorrente e l'imprenditore committente durante l'esecuzione del servizio appaltato (all. 5 al fascicolo di parte ricorrente), ovverosia in ragione di un diverbio litigioso avvenuto tra tali soggetti. 
La domanda in esame deve essere quindi rigettata, per le ragioni illustrate in precedenza.  * * * 
La domanda di accertamento del diritto della parte ricorrente al pagamento di differenze retributive - per i titoli indicati nel ricorso e nei correlati conteggi - nei confronti della parte convenuta ##### è parzialmente fondata.  ###, tra la parte ricorrente e tale parte convenuta, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e parziale (a 15 ore settimanali) a decorrere dal 20.07.2022 è documentalmente provata (all.ti 3, 4 al fascicolo di parte ricorrente). 
In punto di diritto, facendo applicazione dei principi giurisprudenziali relativi al riparto dell'onere della prova, si devono distinguere - tra i vari titoli indicati nei conteggi dalla parte ricorrente - quelli in riferimento ai quali la medesima parte era gravata soltanto dall'onere di provare l'esistenza del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro subordinato intercorso di fatto tra le parti (cc.dd. “rapporto contrattuale di fatto”), e di mera deduzione delle proprie pretese fondate su di esso, e quegli altri titoli in relazione ai quali la parte ricorrente era gravata dall'onere di provare l'esistenza di altri fatti costitutivi del diritto vantato. 
Difatti il diritto vivente - nell'applicare i principi di cui agli artt. 1218, 1453 ss. e 2697 c.c. - ha chiarito che, in materia contrattuale, “### del creditore dall'onere di provare il fatto negativo dell'inadempimento in tutte le ipotesi di cui all'art. 1453 c.c. ( e non soltanto nel caso di domanda di adempimento), con correlativo spostamento sul debitore convenuto dell'onere di fornire la prova del fatto positivo dell'avvenuto adempimento, è conforme al principio di riferibilità o di vicinanza della prova. 
In virtù di tale principio, che muove dalla considerazione che il creditore incontrerebbe difficoltà, spesso insuperabili, se dovesse dimostrare di non aver ricevuto la prestazione, l'onere della prova viene infatti ripartito tenuto conto, in concreto, della possibilità per l'uno o per l'altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione. 
Ed appare coerente alla regola dettata dall'art. 2697 c.c., che distingue tra fatti costitutivi e fatti estintivi, ritenere che la prova dell'adempimento, fatto estintivo del diritto azionato dal creditore, spetti al debitore convenuto, che dovrà quindi dare la prova diretta e positiva dell'adempimento, trattandosi di fatto riferibile alla sua sfera di azione” (Cassazione civile SS. UU. 30 ottobre 2001 n. 13533; in senso conforme cfr.  982/2002; Cass. 13925/2002; Cass. 18315/2003; Cass. 6395/2004; 8615/2006; Cass. 13674/2006; Cass. 1743/2007). 
Pertanto il creditore che agisce per l'adempimento o per la risoluzione o per il risarcimento del danno da inadempimento ha solo l'onere di dimostrare l'esistenza del titolo - cioè l'esistenza del contratto stipulato con il debitore o del rapporto di lavoro - e di dedurre lo specifico fatto costitutivo della propria domanda, gravando poi sul debitore l'onere di dimostrare di aver già adempiuto o che il proprio inadempimento è di scarsa importanza (art. 1455 c.c.) o che il termine di adempimento già inutilmente decorso non aveva natura essenziale per il creditore (art. 1457 c.c.) o che l'inadempimento o il ritardo sono stati determinati da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore (art. 1218 c.c.). 
Sono assoggettate a tale ### criterio di riparto dell'onere di deduzione e di prova le pretese relative alla retribuzione ordinaria, alla 13°, alla 14°, al ### a tutto ciò che il ### di settore riconosce al lavoratore senza prevedere ulteriori specifiche condizioni, all'indennità di mancato preavviso (laddove le dimissioni del lavoratore siano state cagionate proprio dall'inadempimento del datore di lavoro alla obbligazione retributiva). 
Pertanto, laddove la parte convenuta non abbia fornito in giudizio la prova dell'esistenza di fatti estintivi o impeditivi delle pretese vantate dalla parte ricorrente per tali titoli, spetta alla parte ricorrente il relativo pagamento. 
Sono invece assoggettate al criterio generale in materia di onere della prova ex art. 2697 c.c. (affirmanti incumbit probatio) le seguenti componenti retributive: lavoro straordinario e/o supplementare, maggiorazione lavoro festivo e domenicale, festività, ferie non godute e non retribuite, permessi non goduti e non retribuiti. 
Difatti la giurisprudenza ha chiarito, in materia di lavoro straordinario, che “Il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, senza che l'assenza di tale prova possa esser supplita dalla valutazione equitativa del giudice, utilizzabile solo in riferimento alla quantificazione del compenso” (Cassazione civile sez. lav., 20/02/2018, n. 4076; Cassazione civile sez. lav., 14/05/2015, n.9906) e che “Sul lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per lavoro straordinario grava un onere probatorio rigoroso, che esige il preliminare adempimento dell'onere di una specifica allegazione del fatto costitutivo, senza che al mancato assolvimento di entrambi possa supplire la valutazione equitativa del giudice” (Cassazione civile sez. lav., 19/06/2018, n. 16150). 
Analoghi principi valgono altresì per il lavoro supplementare - cioè per il lavoro svolto in misura superiore a quella prevista da un contratto di lavoro a tempo parziale - e per il lavoro domenicale e festivo (Cassazione civile lav., 14/05/2015, n. 9906)): anche in tali ipotesi grava sul lavoratore l'onere di dimostrare di aver prestato attività lavorativa al di fuori degli orari e dei giorni previsti dal contratto di lavoro. 
Lo stesso vale pure per le ferie: difatti, come chiarito dalla giurisprudenza, “il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non godute ha l'onere di provare l'avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l'espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell'indennità suddetta (Cass. sez. lav., 7.7.2008 n. 18584; Cass. lav., 16.2.2007 n. 3619; Cass. sez. lav., 21.8.2003, n. 12311; Cass. sez. lav., 3.6.2000, n. 7445; Cass. sez. lav., 3.2.1999, n. 935); mentre incombe al datore di lavoro, per come detto, l'onere di fornire la prova del relativo pagamento” (Cassazione civile lav., 22/12/2009, n. 26985). 
Nel caso di specie, accertata (tramite la documentazione indicata in precedenza) l'esistenza e la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta #### nel periodo dal 20.07.2022 al 5.10.2023 - e facendo applicazione dei principi giurisprudenziali suesposti - la parte ricorrente ha diritto, in primo luogo, al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, poiché il licenziamento disciplinare adottato dalla parte convenuta ##### è stato disposto per giustificato motivo soggettivo (e non per giusta causa e senza preavviso: all. 5 al fascicolo di parte ricorrente) e poiché la parte convenuta non ha dedotto né provato di avere già corrisposto alla parte ricorrente tale indennità. 
La parte ricorrente ha diritto, in secondo luogo, al pagamento del TFR nella misura contrattualmente prevista, non avendo la parte convenuta dedotto né provato di avere già corrisposto alla parte ricorrente tale componente retributiva. 
La parte ricorrente non ha invece diritto al pagamento della paga ordinaria relativa alle mensilità di luglio 2023, agosto 2023 e settembre 2023 - nella misura contrattualmente prevista - poiché vi è prova documentale, in atti, dell'effettivo pagamento di tali mensilità per opera della parte convenuta #### (all. 8 al fascicolo di parte convenuta ####.
Per quanto riguarda il diritto della parte ricorrente al pagamento di ulteriori differenze retributive - asseritamente derivante dallo svolgimento di mansioni superiori, dalla prestazione di ore di lavoro supplementare e straordinario, dalla prestazione di lavoro domenicale e festivo, e dal mancato godimento di ferie e di permessi retribuiti - va evidenziato che la parte convenuta #### ha espressamente contestato la sussistenza dei fatti costitutivi di tale diritto: pertanto, in conformità ai suesposti principi in materia di riparto dell'onere della prova, gravava sulla parte ricorrente l'onere di provare l'esistenza di tali fatti. 
All'esito dell'istruttoria testimoniale svolta non è invero emersa alcuna prova dell'avvenuto svolgimento, per opera della parte ricorrente, delle dedotte mansioni superiori, né degli orari di lavoro maggiori rispetto a quelli contrattualmente previsti, né della prestazione di lavoro domenicale e festivo, né della effettuazione di attività lavorativa in misura incompatibile con il godimento delle ferie e dei permessi retribuiti. 
Pertanto le domande attoree di pagamento di differenze retributive per i titoli ### di cui sopra devono essere rigettate: conseguentemente, deve essere rigettata anche la domanda di pagamento delle correlate integrazioni del TFR e delle retribuzioni differite. 
Del pagamento del TFR e della indennità sostitutiva del preavviso risponde esclusivamente la parte convenuta #### giacché le obbligazioni aventi per oggetto tali componenti retributive esorbitano dal regime della responsabilità del committente ex art.  29, co. 2, del D. Lgs. n. 276/2003 e s.m.i. 
Tenuto conto della conformazione del rapporto di lavoro intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta #### nel periodo dal 20.07.2022 al 5.10.2023 - per come risultante formalmente dal contratto di lavoro e dalle buste paga (all.ti 3, 4 al fascicolo di parte ricorrente) - , l'indennità sostitutiva del preavviso può essere liquidata, in via equitativa ex art. 432 c.p.c., nella misura di euro 800,00 lordi, e il TFR contrattualmente dovuto può essere liquidato, anch'esso in via equitativa ex art. 432 c.p.c., nella misura di euro 1.000,00 lordi. 
La domanda in esame deve essere quindi parzialmente accolta, nei limiti appena indicati.  * * * 
La domanda di accertamento dell'invalidità del licenziamento è parzialmente fondata. 
La parte ricorrente ha dedotto che il licenziamento disposto nei suoi confronti dalla parte convenuta #### in data ### sarebbe in primo luogo inefficace, in quanto adottato a non domino (cioè da un soggetto diverso dall'effettivo datore di lavoro) e, in secondo luogo, annullabile, in quanto emesso senza il preventivo svolgimento del procedimento disciplinare. 
La prima censura ora menzionata è infondata, poiché - per le ragioni esposte in precedenza (in punto di insussistenza, rispetto alla parte ricorrente, di una interposizione illecita di manodopera realizzata dalla parte convenuta #### in favore della parte convenuta ### - il datore di lavoro della parte ricorrente era, alla data del licenziamento, la parte convenuta #### e non la parte convenuta ### La seconda censura sopra riportata è invece fondata. 
La parte ricorrente - pur non negando l'esistenza del fatto disciplinarmente rilevante che ha condotto al licenziamento - ha dedotto che il medesimo licenziamento sarebbe comunque annullabile in quanto adottato in assenza del prodromico procedimento disciplinare. 
Il mancato svolgimento del procedimento disciplinare, per opera della parte convenuta #### prima dell'adozione del provvedimento datoriale espulsivo è un fatto pacifico tra le parti.  ###. 4 del D. Lgs. n. 23/2015 e s.m.i. - applicabile ratione temporis al caso di specie - prevede ora, a seguito della parziale declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla pronuncia C. Cost. n. 150/2020, che “1. Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all'articolo 7 della legge 300 del 1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale […], in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità [dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto], a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto”. 
Nel caso di specie - tenuto conto, in particolare, della brevità del rapporto di lavoro intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta #### - l'indennità di cui sopra può essere quantificata nella misura di quattro mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (da stimarsi, a sua volta, sulla base di una retribuzione mensile di euro 608,55: all. 4 al fascicolo di parte ricorrente). 
La domanda in esame va dunque accolta parzialmente, nei limiti sopra indicati.  * * * 
In conclusione, il ricorso deve essere accolto parzialmente. 
Le spese di lite relative ai rapporti tra la parte ricorrente e la parte convenuta #### seguono la soccombenza, ai sensi dell'art. 91 c.p.c., e sono poste a carico di tale parte convenuta.
Le suddette spese possono essere liquidate - tenendo conto 1) delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, 2) dell'importanza, della natura, delle difficoltà e del valore dell'affare, 3) delle condizioni soggettive del cliente, 4) dei risultati conseguiti, 5) del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, nonché delle previsioni di cui al D.M. n. 55/2014 emanato dal Ministero della Giustizia, da ultimo modificato dal D.M. n. 147/2022, e delle tabelle allegate al D.M. ult. cit.  - nella misura di euro 3.000,00: ai compensi si aggiunge il rimborso forfetario delle spese generali pari al 15% degli stessi (espressamente reintrodotto dall'art.  2 del D.M.), oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge. 
Le spese in parola devono tuttavia essere compensate parzialmente, per ½, in ragione dell'accoglimento soltanto parziale del ricorso. 
Le spese di lite riguardante il rapporto tra la parte ricorrente e la parte convenuta ### invece, possono essere interamente compensate - facendo applicazione della più recente giurisprudenza costituzionale in materia di spese di lite nel processo del lavoro (cfr. C. Cost.  77/2018) - in considerazione delle concrete condizioni soggettive della parte ricorrente, per come risultanti dagli atti di causa.  P.Q.M.  - accertata l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e parziale intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta #### dal 20.07.2022 al 5.10.2023 e accertato il diritto della parte ricorrente al pagamento, a carico della parte convenuta #### di euro 800,00 lordi a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e di euro 1.000,00 lordi a titolo di ### condanna la parte convenuta #### al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle somme in questione; - accertata l'annullabilità del licenziamento comminato dalla parte convenuta #### nei confronti della parte ricorrente in data ###, dichiara l'estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna la parte convenuta #### al pagamento, in favore della parte ricorrente, di una indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale pari a n. 4 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (da stimarsi sulla base di una retribuzione mensile di euro 608,55); - rigetta il ricorso nella restante parte; - respinge ogni altra domanda e/o eccezione; - condanna la parte convenuta #### al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente, liquidate, previa compensazione parziale, in euro 1.500,00, oltre spese generali al 15%, IVA e ### da distrarsi, ove richiesto, in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari; - compensa le spese di lite tra la parte ricorrente e la parte convenuta ### Velletri, 19 novembre 2025 Il giudice dott.

causa n. 836/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Claudio Silvestrini

M

Corte di Cassazione, Ordinanza del 08-03-2025

... ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. ###/2019 R.G. proposto da: ### rappresentato e difeso dall'Avv. ### SORACE presso il q uale è domiciliato come da pe c registri di giustizia - ricorrente - contro ###'###, ### E ### RICERCA, rappresentato e difeso dall'### presso i cui uffici in ### via dei ### 12 è domiciliato - controricorrente - avverso la senten za della Corte d'Appello di Catanzaro 711/2019, depositata il ###, RG 1414/2016; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.12.2024 dal ###; ### 1. 2 di 9 la Corte d 'Appello di Catanzaro ha respinto l'appello proposto da ### avverso la sentenza del T ribunale della stessa città che aveva rig ettato il rico rso con il quale il docente, in relazione all'anno scolast ico 2013/2014, av eva chiesto il pagamento (leggi tutto)...

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ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. ###/2019 R.G. proposto da: ### rappresentato e difeso dall'Avv. ### SORACE presso il q uale è domiciliato come da pe c registri di giustizia - ricorrente - contro ###'###, ### E ### RICERCA, rappresentato e difeso dall'### presso i cui uffici in ### via dei ### 12 è domiciliato - controricorrente - avverso la senten za della Corte d'Appello di Catanzaro 711/2019, depositata il ###, RG 1414/2016; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.12.2024 dal ###; ### 1.  2 di 9 la Corte d 'Appello di Catanzaro ha respinto l'appello proposto da ### avverso la sentenza del T ribunale della stessa città che aveva rig ettato il rico rso con il quale il docente, in relazione all'anno scolast ico 2013/2014, av eva chiesto il pagamento delle ore di inattività fra una lezione e l'altra (c.d. “ore buco”) ed aveva do mandato il ri sarcimento del dan no non patrimoniale patito pe r essere stato utilizzato anche nella sede ###violazione d ell'art. 33 della legge 104/1992, applicabile alla fattispecie in ragione della assistenza prestata alla madre affetta da grave disabilità; la Corte d'Appello, quanto a quest'ultima domanda, ha osservato che l'utilizzaz ione presso la sede ###in tegrava trasferimento, poiché il ### era rimasto assegnato all'unic o istituto scolastico, suddiviso in due plessi, peraltro posti a distanza di solo un chilometro; quanto all'orario di lavoro il giudice d'appello ha evidenziato che: - non vi era stata violazione dell'art. 28 del CCNL 2006/2009 che stabilisce solo il limite massimo orario e non fa divieto di eccedere le 4 ore giornaliere; - la alle gazione, generica, non consentiva di comprendere quante fossero le ore di distacco fra un periodo di servizio e l'altro; - l'appellante non aveva né allegato né dimostrato che fosse rimasto a disposizione del datore di lavoro nell'intervallo; - il richiamo al principio di cui a Cass. 17511/2010, secondo cui gli spostam enti tra diverse località dopo l'inizio della prestazione era da considerare come lavorat ivo, no n era pertinente perché il ricorrente non a veva allegato, anco ra prima che provato, nulla del genere; 2.  ### ha prop osto ricorso per cassaz ione con quatt ro motivi, cui il Ministero ha opposto difese con controricorso. 3 di 9 RAGIONI DELLA DECISIONE 1.  il primo m otivo d i ricorso adduce la violazione di legge, con riferimento agli artt. 112 e 115 c.p.c. ed all'art. 111 dell a ### evidenziando come la Corte d'Appello abbia omesso di scrutinare il profilo di gravame con il quale si era d enunciata l'impossibilità giuridica che il Tribunale d isponesse, come aveva indebitamente fatto, la condanna alle spese del ricorren te, nonostante la P.A. fosse stata difesa da un funzionario; 1.1 il mot ivo censura l'omesso esame di un pro filo che tuttavia in diritto è manifestamente infondato; l'art. 152 b is disp. att. c .p.c., pienam ente applicabile ratione temporis, prevede infatti che «nelle liquidazioni delle spese di cui all'articolo 91 del codice di procedura civile a favore delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, d el decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, se assistite da propri dipendenti ai sensi dell'articolo 417 bis del codice di procedura ci vile, si appli ca il decreto adottato ai sens i dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dal la legge 24 marzo 2012, n. 27, per la liq uidazio ne del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto»; non hanno du nque rilievo i richiami di giurisprudenza in senso difforme, che riguarda un diverso e specifico am bito, ovve rosia quello delle sanzioni am ministrative, in sé non rie ntrante nel novero dell'art. 417 bis del c.p.c. che è regolato dalla norma sopra testualmente citata; vale dun que, per disattendere la censura, il principio per cu i l'omessa motivazione in diritto, se l'esito del giudizio di appello sia giuridicamente esatto, non giustifica la cassazione della sentenza, 4 di 9 ma soltanto la sua integrazione motivazionale (tra le varie, Cass., S.U., 2 febbraio 2017, n. 2731; Cass., S.U., 27 dicembre 2013, 28663); 2.  il secondo motivo denuncia la violazione di legge, con riferimento all'art. 92 c.p.c . (art. 360 n. 3 c.p.c.), nonch é l'insufficiente ed omessa motivazione ( art. 360 n. 5 c.p.c.) e si riferisce alla condanna alle spese pronunciata in secon do grado, sul me ro presupposto della soccombenza, richiamando la possibilità di una loro compensazione per gravi ed eccezionali ragioni quale conseguente a Corte Costituzionale 19 aprile 2018, n. 77; 2.1 il motivo è manifestamente infondato, perché la compensazione è rimessa alla discrezionalità del giudice che non è tenuto a motivare le ragi oni della applicaz ione della regola gen erale della soccombenza (Cass., S.U., 15 luglio 2005, n. 14989; Cass. 26 aprile 2019, n. 11329); 3.  il terz o motivo di ricorso, premesso un incipit della rubrica in termini di “insufficiente motivazione”, denuncia la violazione degli artt. 2107 e 2108 c.c., dell'art. 28, co. 9, del CCNL del comparto scuola, nonché dell'art. 491, co. 5, d. lgs. n. 297 del 1993, del d.  lgs. n. 66 del 2003, della ### 1993/2002 e dell'art. 4, co.  2, dell'accord o contrattuale 14.1.1995, oltre che dell'art. 115 c.p.c.; nella censura si osser va come il tema non era l'eccedenza del lavoro rispetto al le quattro ore giornaliere, ma semmai q uello di avere prolungato la prestazione giornaliera di un'ora, in conseguenza del “buco” orario realizzato; il motivo, rispetto all'affermazione della Corte territoriale secondo cui non sarebbe stato d imostrato dal ricorrente il suo essere a disposizione del datore di lavoro in quell'ora di “buco”, replica che 5 di 9 quell'assetto orario risultava dai quadri orari della stessa scuola, da cui eme rgevano appunto intervalli brevi, mai eccedenti l'ora e dunque implicanti uno stazionamento intra moenia, richiamandosi in diritto sia la ### eurounitaria che imponeva come orario di lavoro quello in cui il lavoratore sia a dispo sizione d el datore e rimarcando come in que i bre vi periodi di una sola ora non si potessero certamente esplicare le libere prerogative extra moenia, come desumibile sulla base di un lineare ragionamento presuntivo; non aveva poi valore l'assunto della sentenza impugnata secondo cui l'appartenenza delle sedi di ### e ### alla medesima scuola potesse escludere in radice la possibilità di configurare ore eccedenti, richiamandosi sul punto il parere del Ministero del lavoro secondo cui la prestazione di uno spostamen to obbligato era d a qualificare come orario di lavoro ed analoga previsione dell'art. 4, co., 2, dell'accordo contrattuale 14.1.1995 ministeriali; 3.1 l'insufficiente motivazione, che non costituisce più autonomo vizio rilevante ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p. c. (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053), è addotta con modalità del tutto generiche, che non consentono di avere per ritualment e introdott o un profilo di censura da questo punto di vista; 3.2 quanto al tema dell'utilizzazione dell'ora di “buco” nell'interesse del datore di lavoro, non è implausibile quanto argomentato dalla Corte territoriale e cioè che comun que in quelle ore il docente fosse libero, sicché gli assunti del ricorrente secondo cui i tabulati orari ed altri event uali ragioname nti presuntivi potessero cond urre a diverse conclusioni att iene al merito ed alla val utazione dell'istruttoria e non è sindacabile, in sede d i legittimità (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. ###; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, 24148; ora an che Cass. 2 2 novembre 2023, n. ###), sotto il profilo della violazione di legge; 6 di 9 3.3 vi è in fine il tema del servire quell e ore d i “buco” per gli spostamenti dall'una all'altra sede del medesimo istituto scolastico; la Corte d'Appello non ha eluso il tema, affrontato nel riferire su Cass. 17511/2020, ma in proposito ha affermato che il ricorrente nulla aveva allegato, né provato, sul punto; quest'ultima affermazione attiene alla mancanz a di allegazione e prova di quanto in ipo tesi potrebbe sostanziare una domanda fondata sul fatto che le o re di “buco” fossero imp iegate e si rendessero necessarie nell'inte resse datoriale al trasferirsi del ricorrente da una sede all'altra; quanto affermato dal citato precedente di legittimità, come anche dal parere ministeriale che cita il ricorrente, non è in discussione, potendosi ritenere che le ore di “buco” , se davvero necessarie a quel fine, rien trino nell'orario di lavoro e siano come tali da remunerare, secondo principi comuni e di fondo dell'ordinamento lavoristico; tuttavia, la Corte territoriale ha det to che in propo sito erano mancate le debite allegazioni e prove, che dovrebbero riguardare appunto l'esistenza di quel nesso tra gli intervalli ed il lavoro sulle due sedi; rispetto a quando dett o d alla Corte territoriale, in gran parte riguardante profili di fat to, il motivo nul la replic a e pertanto il dibattersi in esso sui conseguenti pr ofili di diritto è sterile e d inammissibile; 4.  il quarto motivo denuncia la violazione di legge, con riferimento agli artt. 4 e 33 della legge n. 104 del 1992 ed al ### sulla mobilità del personal e docente del 2013/2014, oltre a violazione dell'ar t.  115 c.p.c. e ad insufficiente motivazione; in esso si riepilog a la de cisione della Corte d'Appello pe r quanto riguarda la d omanda d i risarcimento del danno per il pregiu dizio 7 di 9 cagionato dalle ore “buco”, quali forme di prolungamento di orario, rispetto all'assistenza al genitore disabile, così violando i dirit ti sanciti dalla legge n. 104 del 1992 e dalle norme civilistiche, oltre che impede ndo l'assolvimento deli corrispondenti obblighi parentali; il mot ivo adduce che la Corte terri toriale avrebbe neg ato la fondatezza della domanda sul presupposto: a) che la prestazione fosse stata resa presso un un ico istituto scolastico, seppure articolato in due diversi plessi e che pertanto non vi era stato alcun riferimento in violazione dell'art. 33, co. 5, della legge n. 104; b) che la riduzione del tempo disponibile per la madre era stata fatta con g enericità tale da contenere in sé «i crismi della propria irrilevanza»; 4.1 rispetto a tale assetto decisorio, il motivo adduce una “insufficiente motivazione”, nonché, nell'ordine , l'esclusione, sancita dal ### per la mobilità del 2013/2014 (art. 7, co. 2, lett. a), dei beneficiari delle precedenze, t ra cui rientra chi presti assistenza al ge nitore con d isabilità, dalle graduatorie per le catt edre orario “est erne”, oltre al rientrare dei movimenti da “sezioni associate, funzionanti in comuni diversi”, nei “movimenti tra comuni diversi” (art. 19, co. 2), tenuto conto che le cattedre “orario” costituite su comuni diversi sono appunto quelle riguardanti scuole di comuni diversi (art. 7, co.  3, lett. c); da tutto ciò si dovrebbe desumere, secondo il ricorrente, l'erroneità dell'affermazione della sentenza secondo cui non sarebbe stato disposto alcun trasferimento in violazione dell'art. 33 comma 5 della legge n. 104; il motivo afferma inoltre che, stante l'esistenza della posizione di caregiver del ricorrent e, nota all'istituto scolastico, n on aveva spiegazione la «pleonastica e non motivata» afferma zione di genericità ed irrilevanza asc ritta dalla sente nza impugnata alla 8 di 9 prospettazione del ricorrente, il tutto in sostanziale inosservanza, sul piano istruttorio, dell'art. 115 c.p.c. e delle nozioni comuni di esperienza; 4.2 anche in questo caso la denuncia di insufficiente motivazione è del tutto generica ed inammissibile per le stesse ragioni già indicate al punto 3.1; 4.2 inammissibili sono anche le censure che fanno riferimento alla violazione di contratti int egrativi, in quanto essi non rientrano nell'ambito dei motivi deducibi li con il ricorso per cassazione, riguardando l'art. 360 n. 3 c.p.c. soltanto la violazione dei contratti collettivi “nazionali” e non gli accordi, pur anche nazionali, ma di natura “integrativa” (fra le tante Cass. n. 5565/200 4; Cass. n .  20599/2006; Cass. n. 28859/2008; Cass. n. 6748/2010; Cass. 15934/2013; Cass. n. 4921/2016, Cass. n. 16705/2018; Cass. ###/2018; Cass. n. 20917/2019; Cass. n.7568/2020; Cass. 25626/2020); in ogn i caso, la senten za impugnata fa riferim ento al l'istituto di adibizione del ricorrente come “unico”, seppure articolato in diversi plessi, sicché, in mancanza di censure o mig liori specificazioni in fatto, non ha senso discorrere di cattedre “esterne”; 4.3 in assen za di profili di illeg ittimità in ordine all'orario, né di questioni su altri diritti discendenti dalla legge n. 104, va da sé che non possano avere rilievo questioni sui disagi cui fa riferimento il ricorrente; ciò è già assorbente , ma in ta le quadro, non può comunque ritenersi implausibile il rilievo di genericità contenuto nella sentenza impugnata in ordine alla lamentata riduzione del tempo disponibile per la cura della propria genitrice disabile, non potendosi certo dire 9 di 9 che ciò sia conseguenza ne cessitata ed inevi tabile di quelle ore “buco”; 5.  il ricorso va quindi nel suo complesso disatteso e le spese del grado seguono la soccombenza.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 3.500,00 per compensi oltre al rimborso delle spese prenotate a debito. 
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussi stenza dei presu pposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### 

Giudice/firmatari: Di Paolantonio Annalisa, Belle' Roberto

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Tribunale di Marsala, Sentenza n. 504/2016 del 09-06-2016

... ### ha confermato la ricostruzione dei fatti per come descritta dall'opposto, dichiarandosi peraltro creditore dei coniugi opponenti e, negando pertanto di aver mai ricevuto le somme indicate in atto di citazione. Il procedimento è stato istruito attraverso la documentazione agli atti e l'interrogatorio formale degli opponenti (limitatamente agli articolati ammessi con ordinanza depositata il 4 febbraio 2014. Sulle conclusioni rassegnate dalle parti è stato assunto in decisione con l'assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.. Innanzitutto si dichiara l'inammissibilità dei documenti prodotti dagli opponenti unitamente alla comparsa conclusionale: gli stessi infatti non solo sono stati prodotti in un momento in cui non si sarebbe più potuto instaurare il contraddittorio sui medesimi (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il TRIBUNALE di ### in composizione monocratica in persona del magistrato: dott.ssa ### ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1603 /2012 R.G. 
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo n. 218/2012 vertente tra ### nato a ### il 13.10. 1969, codice fiscale ###, e ### nata a ### il ###, codice fiscale ###, elettivamente domiciliati in ### presso lo studio dell'Avv. ### che li rappresenta e difende in virtù di mandato ad litem steso in calce all'atto introduttivo del giudizio, - attori -opponenti e SAMMARTANOFRANCESCO, nato a ### il ###, codice fiscale ###, rappresentato e difeso dall'Avv. ### giusto mandato ad litem steso a margine del ricorso per decreto ingiuntivo, elettivamente domiciliato in ### presso lo studio del suo procuratore, -convenuto -opposto ### nato a ### il ###, codice fiscale ###, rappresentato e difeso, giusto mandato ad litem steso a margine della comparsa di costituzione, dall'Avv. ### elettivamente domiciliato in ### presso lo studio del suo procuratore, -### chiamato in causa - Conclusioni delle parti: attori: Voglia il Tribunale dichiarare ed accertare, per le ragioni di cui in premessa, tanto in fatto quanto in diritto, che nessuna somma è dovuta dagli opponenti all'opposto e, per l'effetto, revocare e/o dichiarare nullo e/o annullare il decreto ingiuntivo opposto perché infondato, ingiusto ed illegittimo; condannare l'opposto, in via riconvenzionale e in solido con il chiamato in causa, che risulta avere agito con mala fede o colpa grave, alla restituzione di quanto indebitamente incassato in virtù della messa in esecuzione del titolo illegittimo oltre al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c., che si quantificano in € 26.000,00 o a quella somma maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, che qualora l'ill.mo giudice adito riterrà di difficile o incerta quantificazione, potrà dallo stesso essere liquidata equitativamente ex art. 1226 c.c., oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto al saldo; condannare l'opposto alla restituzione del titolo in suo possesso essendo illegittima la causa che giustifica il possesso di detto titolo da parte sua; in denegata ipotesi, qualora il giudice ritenesse gli opponenti debitori della somma stabilita nel decreto ingiuntivo opposto, accerti in via riconvenzionale e per effetto della chiamata in causa del terzo, che le somme in questione, per i motivi di cui in narrativa, sono ad esclusivo carico del sig. ### e per l'effetto condanni quest'ultimo alla refusione delle somme cui il giudice dovesse condannare gli opposti; vinte le spese. 
Convenuto: ### il Tribunale ritenere e dichiarare infondata, in fatto ed in diritto, l'opposizione proposta da ### e ### e, per l'effetto, confermare il decreto ingiuntivo n. 218/2012 nel limite della somma di € 11.825,85 (quale somma residua dell'originario credito); ritenere e dichiarare che i sigg.ri ### e ### sono debitori nei confronti del ### Sammartano dell'importo di € 11.825,85; condannare i sigg.ri ### e ### a pagare in favore del sig. ### la somma di € 11.825,85 oltre interessi legali fino all'effettivo soddisfo; vinte le spese.  ### chiamato in causa: ### il Tribunale ritenere e dichiarare infondata, in fatto ed in diritto, l'opposizione proposta da ### e ### ritenere e dichiarare che nessuna responsabilità può essere addebitata al sig. ### per i fatti di causa; ritenere e dichiarare infondate in fatto ed in diritto le richieste avanzate nei confronti del sig. ### vinte le spese da distrarre in favore del procuratore antistatario. 
OMISSISS MOTIVI DELLA DECISIONE Oggetto del giudizio è il credito che parte opposta sostiene vantare nei confronti degli opponenti in virtù della scrittura privata del 02.01.2012. 
Gli opponenti chiedono la revoca del D.I. 218/2012 negando la sussistenza del credito azionato. 
A tal fine sostengono che l'assegno richiamato nel ricorso per decreto ingiuntivo era stato consegnato in bianco ad un soggetto terzo (nei confronti del quale chiedono venga esteso il contraddittorio) quale promessa di pagamento; quest'ultimo poi lo avrebbe consegnato all'opposto e, riempito in ogni sua parte, sarebbe stato portato all'incasso nonostante l'iniziale mancanza dei requisiti necessari a qualificarlo come titolo di credito. 
Per tali motivi chiedono la revoca del d.i. opposto e la condanna ai sensi dell'at. 96 c.p.c. delle controparti; in via riconvenzionale, chiedono la condanna del terzo chiamato in causa alla restituzione di quanto illegittimamente incassato. 
Sia l'opposto che il terzo chiamato in causa contestano tutto quanto ex adverso sostenuto. 
In particolare il ### evidenzia che la ### aveva già riconosciuto la sussistenza del credito azionato con precedente scrittura privata del 9 maggio 2011; successivamente, stante l'inadempimento delle obbligazioni assunte con tale scrittura, entrambi gli opponenti sottoscrivevano nuova scrittura privata; anche stavolta restavano inadempienti, costringendo l'opposto ad agire in giudizio per il recupero del credito.
Con riferimento poi al rapporto sottostante sostiene che il credito deriva da un prestito elargito ai coniugi tramite l'intermediazione del ### previa consegna dell'assegno, già completo in ogni sua parte.  ### ha confermato la ricostruzione dei fatti per come descritta dall'opposto, dichiarandosi peraltro creditore dei coniugi opponenti e, negando pertanto di aver mai ricevuto le somme indicate in atto di citazione. 
Il procedimento è stato istruito attraverso la documentazione agli atti e l'interrogatorio formale degli opponenti (limitatamente agli articolati ammessi con ordinanza depositata il 4 febbraio 2014. 
Sulle conclusioni rassegnate dalle parti è stato assunto in decisione con l'assegnazione dei termini ex art.  190 c.p.c.. 
Innanzitutto si dichiara l'inammissibilità dei documenti prodotti dagli opponenti unitamente alla comparsa conclusionale: gli stessi infatti non solo sono stati prodotti in un momento in cui non si sarebbe più potuto instaurare il contraddittorio sui medesimi (udienza ex 281 quinquies c.p.c.) ma, soprattutto, non vi è prova che la parte sia stata nell'impossibilità di produrli prima (anzi, gli stessi documenti dimostrano che la parte ben avrebbe potuto produrli prima). 
Per tali motivi non potranno essere esaminati ai fini della decisione e se ne dispone l'espunzione. 
Tanto premesso, considerato che gli opponenti, in data successiva al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo ed antecedente all'emissione del decreto medesimo hanno versato all'opposto un ulteriore acconto di € 4.000,00, il d.i. va preliminarmente revocato poiché reso, per stesso riconoscimento dell'opposto, per una somma maggiore rispetto all'esatto ammontare del presunto credito. 
Con riguardo invece agli ulteriori motivi di opposizione, questi si sono dimostrati privi di riscontro. 
Gli opponenti infatti hanno eccepito e lamentato la carenza di valore cartolare dell'assegno portato all'incasso e l'insussistenza del rapporto sottostante. 
Nulla invece hanno contestato in ordine alla scrittura privata, peraltro riconosciuta da entrambi in sede di interrogatorio formale.
Ebbene, l'assegno bancario, nei rapporti diretti tra traente e prenditore (ovvero tra girante ed immediato giratario), anche se privo di valore cartolare, deve essere considerato come una promessa di pagamento, e pertanto, secondo la disciplina dell'art. 1988 c.c., comporta una presunzione “iuris tantum” dell'esistenza del rapporto sottostante, fino a che l'emittente (o il girante) non fornisca la prova - che può desumersi da qualsiasi elemento ritualmente acquisito al processo, da chiunque fornito - dell'inesistenza, invalidità ed estinzione di tale rapporto. 
In sostanza il portatore dell'assegno - posto a fondamento dell'azione causale come semplice promessa di pagamento - in quanto destinatario della promessa, si giova della c.d, “astrazione processuale della causa debendi” e dell'effetto che essa produce (art. 1988 c.c.) in termini di inversione dell'onere della prova in ordine all'esistenza del sottostante rapporto obbligatorio, donde la conseguenza che il promissario il quale agisca per l'adempimento dell'obbligazione ha il solo onere di dar prova della promessa, non anche quello di dar prova del rapporto giuridico dal quale la promessa trae origine, mentre incombe al promittente l'onere di provare l'inesistenza, l'invalidità o l'estinzione del rapporto fondamentale. 
Nel caso de quo, oltre all'assegno e, a prescindere dallo stesso, l'opposto ### ha agito in sede ###virtù della scrittura privata sottoscritta dagli opponenti in data ###, alla quale sono peraltro seguiti ben due versamenti (l'uno in data ### e l'altro il successivo 22.08.2012). 
Quindi ancor più calzante appare il consolidato orientamento giurisprudenziale, sia di legittimità che di merito, che, partendo dal dato letterale della norma di cui all'art. 1988 c.c. ha sancito che la ricognizione di debito ha effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, determinando l'astrazione processuale della "causa debendi", con la conseguenza che il destinatario è dispensato dall'onere di provare l'esistenza e la validità del predetto rapporto, che si presume fino a prova contraria; essa, però, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, presupponendo pur sempre l'esistenza e la validità del rapporto fondamentale, con la conseguenza che la sua efficacia vincolante viene meno qualora sia giudizialmente provato che tale rapporto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione o un altro elemento relativo al rapporto fondamentale, che possa comunque incidere sull'obbligazione oggetto del riconoscimento. 
Orbene, nonostante le divergenti ricostruzioni fattuali, gli opponenti non hanno fornito alcuna prova in ordine all'insussistenza del rapporto sottostante e/o dell'estinzione del medesimo. 
Né le prove orali articolate dagli opponenti avrebbero potuto fornire una siffatta prova, proprio perché vertenti su circostanze che esulano dall'oggetto del giudizio. 
Infine, nessuna istruttoria è stata svolta in ordine alla domanda in riconvenzionale, rimasta del tutto priva di fondamento. 
Concludendo, si revoca il d.i. 218/2012 poiché reso per una somma maggiore rispetto a quanto vantato dall'opposto; per il resto l'azione è infondata e non merita di essere accolta. 
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.  P. Q. M.  Il Tribunale di ### in composizione monocratica, nella causa n. 1603 /2012 R.G., definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così decide: revoca il d.i. 218/2012; accerta e dichiara il minor credito vantato dall'opposto ### nella somma di € 11.825,85; per l'effetto condanna gli opponenti al pagamento in favore del ### della somma di € 11.825,85, oltre interessi legali dal dovuto al soddisfo; rigetta le domande avanzate, anche in riconvenzionale, dagli opponenti; in virtù del principio della soccombenza, rilevato che il d.i. è stato revocato in considerazione della minor somma vantata, condanna gli opponenti a rifondere all'opposto ### il 70% delle spese di lite, liquidate complessivamente pari ad € 1.820,00 per compensi di procuratore (€ 350,00 per la fase di studio, € 280,00 per la fase introduttiva, € 560,00 per la fase istruttoria ed € 630,00 per la fase decisionale); oltre spese forfettarie ed oneri accessori di legge; condanna gli opponenti a rifondere al terzo ### le spese di lite, liquidate pari ad € 2.600,00 per compensi di procuratore (€ 500,00 per la fase di studio; € 400,00 per la fase introduttiva, € 800,00 per la fase istruttoria ed € 900,00 per la fase decisionale), oltre spese forfettarie ed oneri di legge; dispone la distrazione delle spese in favore del procuratore antistatario; Così deciso in ### il ### Il Giudice Dott.ssa

causa n. 1603/2012 R.G. - Giudice/firmatari: Signorello Filippetta

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Tribunale di Bari, Sentenza n. 1776/2025 del 02-05-2025

... e le eccezioni intese a paralizzare i fatti estintivi e modificativi dedotti dall'opponente o le pretese avanzate dall'opponente in via riconvenzionale e ad indicare i mezzi di prova a loro sostegno. Di conseguenza, gravando sull'opponente l'onere di articolare la propria difesa secondo quanto previsto dall'art. 416, terzo comma cod. proc. civ., così prendendo specifica posizione in ordine ai fatti allegati dall'attore, la mancanza di una tempestiva e specifica contestazione consente al giudice di ritenere tali fatti come ammessi, mentre l'allegabilità di fatti nuovi oltre tale termine significherebbe compromettere il sistema delle preclusioni sul quale il rito del lavoro si fonda e la funzione di affidare agli atti introduttivi del giudizio la cristallizzazione dei temi controversi e delle (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Bari Sezione Lavoro Il Tribunale, nella persona del giudice designato Dott. ssa ### udienza in trattazione scritta del 02/05/2025 ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa lavoro di I grado iscritta al N. 13873/2023 R.G. promossa da: ### rappr. e dif. dall'avv. ### RICORRENTE contro: ### rappr. e dif. dall'avv. ### RESISTENTE RAGIONI DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data ### la parte opponente in epigrafe indicata proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 1272/2023 del 02.10.2023, provvisoriamente esecutivo, emesso dal Tribunale di Bari, in funzione di giudice del lavoro, con il quale le veniva ingiunto il pagamento in favore di ### della somma di € 25.519,26 a titolo di crediti da retribuzione e ### oltre interessi, rivalutazione e spese legali. 
A sostegno dell'opposizione, la ### ha eccepito: - la nullità e/o inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo opposto; - la erroneità degli importi richiesti con il ricorso monitorio; - la omessa detrazione di importi corrisposti in corso di rapporto. 
Pertanto, adiva il Tribunale di Bari in funzione del giudice del lavoro chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni “1) in via preliminare, per i motivi in premessa esposti, sospendere immediatamente ed inaudita altera parte la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto; 2) in via preliminare ed in rito, dichiarare la nullità e/o inesistenza della notifica del decreto opposto, per difformità fra gli atti notificati all'odierna opponente e quelli depositati nel fascicolo telematico n° 10086/2023 RG; 3) nel merito, per i fatti e le ragioni esposti, revocare l'opposto decreto perché infondato, ingiusto ed illegittimo; 4) rideterminare, all'esito dell'espletanda attività istruttoria, il credito effettivo della sig.ra ### allo stato assolutamente incerto ed illiquido.  5) con vittoria di spese e competenze di giudizio”. 
Si costituiva l'opposto eccependo la tardività dell'opposizione nonchè la nullita' della notifica dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo per mancata notifica del decreto di fissazione udienza cron. 57375 e cron.  57377 e contestando i motivi della spiegata opposizione. 
Con ordinanza del 31.01.2024 veniva sospesa l'esecuzione provvisoria del predetto decreto limitatamente alla parte eccedente la somma di € 20.955,82. 
All'odierna udienza in trattazione scritta, acquisita la documentazione in atti, la causa veniva decisa con sentenza con motivazione contestuale. 
Con riferimento alle deduzioni svolte preliminarmente dall' opponente, in ordine all'inesistenza/nullità della notifica del decreto ingiuntivo - poichè la copia del ricorso depositato nel fascicolo telematico sarebbe difforme dalla copia del ricorso notificata a mezzo p.e.c. alla società opponente - si rileva l'infondatezza dell'eccezione sollevata, attesa l'intervenuta sanatoria ex art. 156 c.p.c., per aver l'atto raggiunto il suo scopo. 
In tema di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, a parere di chi scrive, la circostanza della parziale difformità della copia del ricorso notificata a mezzo p.e.c. all' opponente rispetto alla copia del ricorso depositata nel fascicolo telematico, non rende inesistente la notifica.  ###, infatti, è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione - ipotesi che, nel caso di specie, pacificamente non ricorrono, nulla essendo stato dedotto in tal senso - ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria di nullità, con consequenziale applicazione della sanatoria, prevista in via generale dall'articolo 156 del ### secondo cui la stessa non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato (Tribunale Napoli Nord sez. I, 22/11/2023, n.4696). 
Nel caso di specie, l'opponente si è costituito in giudizio di opposizione argomentando eccezioni inerenti l'avversa pretesa monitoria, dimostrando così di aver avuto piena contezza dell'atto che, pertanto, ha in raggiunto lo scopo di conoscenza. 
E' altresì infondata l'eccezione sollevata dalla parte opposta di tardività dell'opposizione, atteso che il ricorso risulta depositato telematicamente in data ### e, dunque, nel termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo, avvenuta in data ###. 
Inoltre, va disattesa l'eccezione sollevata dall'opposta di nullita' della notifica dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo per mancata notifica del decreto di fissazione udienza cron. 57375 e cron. 57377, in quanto l'eventuale nullità della notifica è stata sanata dalla costituzione della parte alla quale essa era diretta. 
Ad ogni buon conto, è pacifico che in data ### l'opponente provvedeva alla rinnovazione della notifica degli atti, entro il termine fissato con provvedimento del 20.12.2023 (fino a 10 giorni prima dell'udienza di discussione dell'istanza di sospensione del 26.01.2024). 
Tutto ciò premesso, giova ricordare che l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione, con la conseguenza che il giudice dell'opposizione, ove opponente ed opposto siano i titolari del rapporto dedotto in giudizio, per partecipazione alla sua costituzione ovvero per successione alle parti originarie, è investito del potere - dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni proposte "ex adverso", ancorchè il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio, e non può, quindi, limitarsi ad accertare e dichiarare la nullità del decreto stesso (### ex plurimis Cass. 13001/2006). 
Nel rito del lavoro, infatti, l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dall'opponente, che ha la veste sostanziale di convenuto, deve avere il contenuto della memoria difensiva ai sensi dell'art. 416 cod. proc. civ. e, quindi, l'opponente deve compiere tutte le attività previste a pena di decadenza, quali le eccezioni processuali e di merito, non rilevabili d'ufficio, e le domande riconvenzionali, oltre ad indicare i mezzi di prova e produrre i documenti, non diversamente da quanto è previsto per ogni convenuto nel rito del lavoro; parimenti, l'atto di costituzione dell'opposto è riconducibile, piuttosto che allo schema della memoria difensiva, a quella di un atto integrativo della domanda azionata con la richiesta di decreto ingiuntivo, sicchè l'opposto ha l'onere di proporre con essa tutte le deduzioni e le eccezioni intese a paralizzare i fatti estintivi e modificativi dedotti dall'opponente o le pretese avanzate dall'opponente in via riconvenzionale e ad indicare i mezzi di prova a loro sostegno. Di conseguenza, gravando sull'opponente l'onere di articolare la propria difesa secondo quanto previsto dall'art. 416, terzo comma cod. proc. civ., così prendendo specifica posizione in ordine ai fatti allegati dall'attore, la mancanza di una tempestiva e specifica contestazione consente al giudice di ritenere tali fatti come ammessi, mentre l'allegabilità di fatti nuovi oltre tale termine significherebbe compromettere il sistema delle preclusioni sul quale il rito del lavoro si fonda e la funzione di affidare agli atti introduttivi del giudizio la cristallizzazione dei temi controversi e delle relative istanze istruttorie (cfr. Cass 7688/2004; Cass. 13467/2003). 
Passando ad esaminare i motivi di opposizione, occorre rilevare che, nel caso di specie, è incontestato e non bisognevole di prova lo svolgimento dell'attività lavorativa dell'opposta nel periodo oggetto del presente giudizio (aprile 2016 - maggio 2017). Inoltre, la documentazione che supporta la richiesta di ingiunzione è costituita dalle buste paga - non contestate dall'opponente - relative al predetto periodo. La stessa Suprema Corte ha affermato che in ordine all'istanza di ingiunzione per conseguire il pagamento del ### di ### il presupposto documentale - che è, pertanto, fonte di prova scritta - è da ricercare nella produzione delle buste paga ovvero del CUD (cfr. Cass. 10041/2017). Ed invero, costituisce prova scritta atta a legittimare la concessione del decreto ingiuntivo, a norma degli artt. 633 e 634 cod.proc.civ., qualsiasi documento, proveniente non solo dal debitore ma anche da un terzo, che , anche se privo di efficacia probatoria assoluta, sia ritenuto dal giudice idoneo a dimostrare il diritto fatto valere, fermo restando che la completezza della documentazione va accertata nel successivo giudizio di opposizione nel quale il creditore può fornire nuove prove per integrare, con efficacia retroattiva, quelle prodotte nella fase monitoria (### L, Sentenza n. 13429 del 09/10/2000). 
A ben vedere, nel caso che ci occupa, la spiegata opposizione si fonda sull'asserita erronea determinazione del quantum dovuto al lavoratore a titolo di di retribuzioni e ### in quanto le somme indicate nelle buste paga sarebbero state calcolate al lordo delle ritenute. 
In ordine alla quantificazione delle pretese, si ritiene che l'importo dovuto al lavoratore vada necessariamente conteggiato al lordo delle ritenute fiscali. Infatti nel caso in cui il datore di lavoro non adempia, spontaneamente ed alla scadenza, ai propri obblighi di pagamento di quanto spettante al lavoratore, perde la propria funzione di sostituto d'imposta; il lavoratore, quindi, che agisca in executivis per il mancato spontaneo adempimento del datore di lavoro, ha diritto a conseguire l'intera disponibilità del suo credito di lavoro, facendo a lui capo ogni obbligazione verso il fisco (### Roma, sez. lav., 11 aprile 2019, n. 3667; nello stesso senso ### 07/10/2014, n. 2293 “l'accertamento e la liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore devono essere effettuati al lordo delle ritenute fiscali e contributive, la cui detrazione riguarda il diverso e successivo momento del pagamento dei crediti medesimi. Infatti, le prime attengono al distinto rapporto di imposta, sul quale il giudice non ha il potere di interferire, e anche le seconde non possono essere considerate nell'ambito del giudizio di cognizione, poiché il datore di lavoro può provvedervi in relazione alla sola retribuzione corrisposta alla scadenza”, cfr. ### sez. lav., 18/04/2016, n. 1985 “La liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore per differenze retributive, e quindi anche per il t.f.r., debbono essere effettuati al lordo delle ritenute fiscali, poiché il meccanismo della loro determinazione inerisce ad un momento successivo a quello dell'accertamento della liquidazione e si pone in relazione al distinto rapporto d'imposta”. 
Ciò detto, va rilevato che dalla documentazione depositata dalla parte opponente (cfr. doc. 7 - 8 - 9 allegati al fascicolo di parte opponente), emerge la sopravvenuta corresponsione in favore della parte opposta di una parte della somma ingiunta, per un totale di ### € 2.563,44. 
Del resto, la parte opposta non ha contestato i detti pagamenti sopravvenuti né la relativa imputazione. 
Quanto invece al pagamento a mezzo assegno bancario del 26.05.2016 di € 2.000,00 - la cui imputazione al pagamento delle retribuzioni risulta contestata dall'opposta -, lo stesso non risulta espressamente e con certezza riconducibile al credito vantato dall' opposta, pertanto, il relativo importo non può essere decurtato dall'importo complessivo spettante alla lavoratrice. Lo stesso dicasi con riferimento all'asserito pagamento tramite assegno bancario di ### 500,00 del quale peraltro non risultano evidenze in atti. 
Neppure possono essere considerati rilevanti ai fini della quantificazione delle somme dovute gli asseriti pagamenti in contanti - fermamente contestati dall'opposta - con riferimento ai quali l'opponente non ha prodotto le relative quietanze di pagamento. 
Ne consegue che dall'importo complessivo indicato nel decreto ingiuntivo n. 1272/2023 vada sottratto l'importo già corrisposto alla lavoratrice di € 2.563,44. 
Conclusivamente, pertanto, in parziale accoglimento dell'opposizione, il decreto ingiuntivo n. 2273/2019 del 02.10.2023 va revocato. Tuttavia, risultando fondata la richiesta della parte attrice in senso sostanziale, la ### va condannata al pagamento in favore di ### dell'importo complessivo di euro 22.955, 82, al lordo delle trattenute di legge, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge. 
Le spese del giudizio, liquidate come da infrascritto dispositivo, seguono la prevalente soccombenza della parte opponente.  P.Q.M.  Definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione disattesa: revoca il decreto ingiuntivo opposto; condanna la ### al pagamento in favore di ### dell'importo complessivo di euro 22.955, 82, al lordo delle trattenute di legge, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge; condanna la ### alla rifusione delle spese di lite in favore di ### che si liquidano nella complessiva somma di ### 2.760,00 (di cui ### 650,00 per la fase monitoria ed ### 2.110,00 per la presente fase di opposizione), oltre spese forfettarie al 15% IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.  ### 02.05.2025 

Il Giudice
del ###.ssa ### n. 13873/2023


causa n. 13873/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Angiuli Agnese

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