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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 24098/2025 del 28-08-2025

... tentato di entrare sul luogo di lavoro non solo senza green pass (imposto dall'articolo 9 del decreto legge 127 del 21) ma con green pass di altra persona, e che il fatto era stato riconosciuto dal lavoratore, la corte ha ritenuto sproporzionata la sanzione. Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per un motivo, resiste con controricorso il datore, che propone il ricorso incidentale per tre motivi, rispetto ai quali il lavoratore è rimasto intimato. 3 di 4 ### egio, all'esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento. ###: Il ricorso principale propone unico motivo che deduce violazione dell'articolo 18, comma 4 e 5, ### Lav., per av ere la corte territoriale trascurato l'insussistenza del fatto, da intendersi quale fatto avente carattere delle illiceità e rilevanza giuridica, in assenza anche di gravità del danno; inoltre, l'ar ticolo 56 del decreto legislativo 127 del 21 dispone che i so ggetti privi di certi ficato ### debb ano essere considerati com e assenti senza retribuzione, senza conseguenze disciplin ari (mentre so lo se sorpresi nel luogo di lavoro senza green pass possono essere licenziati). Il motivo è (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 25233/2023 R.G. proposto da: ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avvocato ### (###) che lo rappresenta e difende -ricorrente contro ### (### - I.F.M. #### -intimati sul controricorso incidentale proposto da ### elettivamente domiciliato in ### P.### 27, presso lo studio dell'avvocato #### (###) che lo rappresenta e difende unitamente 2 di 4 agli avvocati ### (###), #### (###) -ricorrente incidentale contro ### -intimato avverso SENTENZA di CORTE D'### n. 3569/2023 depositata il ###. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/04/2025 dal ####: Con sentenza dell'11.10.23 la corte d'appello di Napoli, in parziale riforma di sentenz a del 2022 del tribunale dell a stessa sede, ha dichiarato risolto il rapporto lavorati vo tra le parti in epigrafe e condannato il datore ex articolo 18, comma cinque, al pagamento di un'indennità pari a 20 mensilità. 
In particolare, premesso che il lavoratore era stato licenziato per avere tentato di entrare sul luogo di lavoro non solo senza green pass (imposto dall'articolo 9 del decreto legge 127 del 21) ma con green pass di altra persona, e che il fatto era stato riconosciuto dal lavoratore, la corte ha ritenuto sproporzionata la sanzione. 
Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per un motivo, resiste con controricorso il datore, che propone il ricorso incidentale per tre motivi, rispetto ai quali il lavoratore è rimasto intimato.   3 di 4 ### egio, all'esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.  ###: Il ricorso principale propone unico motivo che deduce violazione dell'articolo 18, comma 4 e 5, ### Lav., per av ere la corte territoriale trascurato l'insussistenza del fatto, da intendersi quale fatto avente carattere delle illiceità e rilevanza giuridica, in assenza anche di gravità del danno; inoltre, l'ar ticolo 56 del decreto legislativo 127 del 21 dispone che i so ggetti privi di certi ficato ### debb ano essere considerati com e assenti senza retribuzione, senza conseguenze disciplin ari (mentre so lo se sorpresi nel luogo di lavoro senza green pass possono essere licenziati). 
Il motivo è infondato: nel caso il lavoratore era entrato nel luogo di lavoro e quindi non era solament e privo di certificato, ed in oltre aveva posto in essere un compor tamento fraudolent o che comunque l'aveva poi portato all'interno del luogo di lavoro senza certificazioni ### Quanto al ricorso inci dentale, il primo motivo deduce ex numero quattro e 112 c.p.c., per avere la corte territoriale applicato l'art.  18 comma cinque stat. Lav. senza domanda del lavoratore. 
Il moti vo è infondato in qu anto il giudice è legittimato ad inquadrare la fattispecie nel modo consentito dall'ordinamento, una volta che il lavoratore abbia impugnato il licenziamento ed invocato la tutela avverso lo stesso. 
Il secondo motivo deduce violazione agli articoli 1175, 1375, 2106 e 2119 c.c., e 213 del contratto co llettivo , per av er ritenuto la sanzione del licenziamento sproporzionata. 4 di 4 Il motivo è privo di pregio e va disatteso, posto che la valutazione della corte territoriale, tipicamente di merito e non sindacabile in sede di legittimità, è corretta. 
Il terzo motivo ex art. 360 co. 1 numero cinque c.p.c. lamenta vizio di motivazione per aver trascurato fat ti da cui emergerebbe l'intenzionalità della condotta. 
Il moti vo è infondato, posto ch e la corte territor iale ha compiutamente esaminato la condotta in tut ti i suoi aspetti, oggettivi e soggettivi, senza alcuna omissione. 
Ne consegue il rigetto di entrambi i ricorsi. 
Spese compensate per soccombenza reciproca. 
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto, per entrambi i ricorrenti.  p.q.m.  rigetta il ricorso principale ed il ricorso incid entale, spese compensate. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio del 30 aprile 2025.   

Giudice/firmatari: Leone Margherita Maria, Buffa Francesco

M

Corte d'Appello di Milano, Sentenza n. 2666/2024 del 10-10-2024

... prenotato il vaccino e non risulta che si fosse opposta in passato ad altri trattamenti vaccinali (del resto nelle risposte ai pazienti oggetto di allegata produzione la ###ra ### si lamenta della mancata osservanza del termine “di tolleranza” legato al rilascio del green pass ma non a proprie convinzioni personali in ordine alla inefficacia del vaccino). Avverso tale ordinanza ha proposto appello ### formulando i seguenti motivi di appello: 1. ###'ART. 4 CO. 1 D.L. 44/2021 - ### CERTIFICATO DI GUARIGIONE DELLA RICORRENTE ### ha dedotto che le ### della Corte di Cassazione (ord. n. 28429 del 29 settembre 2022), unico soggetto legittimato a dirimere le controversie in tema di riparto di giurisdizione, in punto di giurisdizione nelle controversie relative all'accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale da parte degli ### professionali hanno affermato: “La giurisdizione spetta, invece, al giudice ordinario, in quanto, alla luce del petitum sostanziale della promossa azione giudiziaria, la situazione di diritto soggettivo rivendicata dall' U. - ossia di continuare ad esercitare la professione sanitaria di fisioterapista, nonostante l'inadempimento all'obbligo vaccinale - non è (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'### prima civile nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa ### dott.ssa ### dott.ssa ### istr.  ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 1173/2023 promossa in grado d'appello DA ### (C.F. ###), elettivamente domiciliata in ###. ### 48, ### presso lo studio degli avv.ti ### e ### che la rappresentano e difendono come da delega in atti, ##### SASSARI (C.F. ###), elettivamente domiciliato in ### 134, ### presso lo studio dell'avv. ### che lo rappresenta e difende come da delega in atti, ### CONCLUSIONI ### voglia l'Ill.ma Corte di Appello di ### riformare integralmente l'ordinanza n. 2779/2023 del Tribunale di ### pubblicata e comunicata alle parti il giorno 28/03/2023 nel procedimento RG 25015/2022, e mai notificata e, conseguentemente: 1) accertare la natura illegittima e ingiustamente discriminatoria ### del provvedimento di sospensione dall'albo della Dr.ssa ### adottato dall'Ordine dei ### e degli ### della ### di ### in data 27 aprile 2022, ### della lesione dei diritti della ricorrente e ### del danno derivatone; 2) condannare l'Ordine dei ### e degli ### della ### di ### al risarcimento dei seguenti importi, oltre interessi e rivalutazione dalla data della sentenza al saldo: a. di € 27.000, ovvero quella somma, maggiore o minore, ritenuta di giustizia dal ### per il danno patrimoniale, oltre interessi e rivalutazione dalla data della sentenza al saldo; b. di € 40.000, ovvero quella somma, maggiore o minore, ritenuta di giustizia dal ### a titolo di danno non patrimoniale, oltre interessi e rivalutazione dalla data della sentenza al saldo; 3) con vittoria di spese ed onorari di giustizia.  ### E #### l'ill.mo Giudice adito, per i motivi rappresentati in espositiva, voglia: - contrariis reiectis; - in via preliminare: dichiarare l'irricevibilità dell'appello per violazione dei principi di chiarezza e sinteticità, avuto riguardo a quanto indicato nelle pagine da 19 a 48 dell'avverso atto - in via principale e nel merito: rigettare l'atto d'appello in quanto infondato in fatto e in diritto; - in ogni caso, con vittoria di spese.  #### ha proposto ricorso ex art. 702 bis c.p.c. e contestuale ricorso ex art. 700 c.p.c. nei confronti dell'### dei ### e degli ### della ### di ### Con il ricorso proposto ex art. 702-bis c.p.c., la ricorrente ha chiesto: − in via pregiudiziale: ritenere rilevanti e non manifestamente infondate le questioni prospettate in merito all'incostituzionalità dell'art. 4 D.L. 44/2021, in ogni sua parte, e per l'effetto sollevare l'incidente di costituzionalità; − ancora, in via pregiudiziale, ritenere rilevanti e non manifestamente infondate le questioni prospettate in merito alla contrarietà dell'art. 4 D.L. 44/2021 con le citate norme di diritto europeo, disapplicandolo direttamente, ovvero effettuando rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia; − nel merito, previo accertamento della natura ingiustamente discriminatoria del provvedimento di sospensione dell'### della lesione dei diritti della ricorrente e del danno derivatone: 1) accertare il diritto della ricorrente al libero esercizio della propria professione; 2) annullare o, comunque, disapplicare il provvedimento di sospensione dall'### della ricorrente; 3) ordinare a parte resistente di provvedere alla cancellazione della sospensione della ricorrente dall'### − in via subordinata, previo accertamento della natura discriminatoria del provvedimento di sospensione dall'### di accertare il diritto allo svolgimento della professione ovvero annullare o comunque, disapplicare il provvedimento di sospensione limitatamente alla mancata previsione della possibilità di svolgere l'attività professionale osservando le misure atte a scongiurare il contagio; − in ogni caso, di condannare l'### dei medici convenuto al risarcimento dei danni subiti. 
A supporto delle proprie domande ha, in sintesi, allegato: − di essere medico cardiologo libero-professionista, che svolge la professione in collaborazione presso il ### (### di ### il quale opera nella città metropolitana in diversi poliambulatori; − di avere scelto di non sottoporsi alla vaccinazione contro il virus da ### 19 dopo aver condotto studi medico-scientifici e verifiche empiriche, dai quali è emerso che esiste un mezzo diverso e migliore per tutelare dei sanitari che frequentano i luoghi di lavoro; − che, in ragione del difetto di vaccinazione, l'### di ### sulla base dell'art. del DL 44/2021 convertito nella legge n. 76/2021, ha, erroneamente, emesso il provvedimento di sospensione annotato all'### dopo poco più di tre mesi dalla guarigione della ricorrente dal dal ###19 (docc. 78, 79, 80 del ricorrente); − l'illegittimità del provvedimento di sospensione poiché emanato in osservanza dell'art. 4 del DL 44/2021, quale norma contraria alla ### e al diritto dell'### europea; − l'illegittimità del provvedimento di sospensione poiché emanato in violazione dell'art. 4 co. 5 del DL 44/2021, per avere l'### resistente omesso la valutazione del certificato di immunizzazione con validità al 21 gennaio 2023; − di essere vittima di discriminazione in ragione delle proprie convinzioni personali vista la natura discriminatoria del provvedimento di sospensione il quale determina una disparità di trattamento tra i sanitari vaccinati e quelli non vaccinati e, dunque, discrimina questi ultimi in ragione delle proprie personali convinzioni in ordine all'inefficacia del vaccino, nonché una disparità di trattamento tra i soggetti non vaccinati che non sono sanitari i quali possono svolgere la loro vita di relazione e i soggetti non vaccinati che sono sanitari, ai quali è precluso lo svolgimento della propria professione; − l'inesistenza di fondate giustificazioni soggettive ed oggettive a supporto della discriminazione selettiva conseguente all'obbligo vaccinale, poiché svariati studi scientifici e dati epidemiologici dimostrano che la vaccinazione è idonea a pregiudicare la salute del singolo, non è dotata di efficacia immunizzatrice e, peraltro, non è necessaria ai fini della tutela della salute pubblica e, dunque, non può costituire requisito per l'esercizio della professione sanitaria o comunque integrare l'ipotesi di cui all'art. 2 lett. i) della ### 2000/78, recepita con il D.lgs. 216/2003, nonché dal D.lgs. 81/2008; in particolare, il test in vitro, nonché la sottoposizione a test con i citati tamponi antigenici o molecolari risultano mezzi preventivi più efficaci della vaccinazione per la tutela della salute pubblica; a fronte di tali rilievi grava su controparte l'onere di provare che la vaccinazione non costituisca un requisito essenziale e determinante per l'esercizio della professione; − l'illegittimità della sanzione irrogata poiché sproporzionata anche in ragione del fatto che lo svolgimento della professione della dott.ssa ### può essere svolto a distanza e, dunque, senza contatto diretto e ravvicinato con i pazienti; − di aver subito danni di natura patrimoniale e non patrimoniale a causa del provvedimento in questione. 
Si è costituito l'### dei ### e ### della ### di ### chiedendo, in via preliminare, dichiararsi l'incompetenza territoriale del Giudice adito e, in via principale e nel merito, il rigetto del ricorso in quanto infondato. 
Con ordinanza del 27.3.2023 il Tribunale di ### ha 1. dichiarato il difetto di interesse ad agire riguardo alla domanda di accertamento del diritto di ### a svolgere la professione sanitaria; 2. rigettato le restanti domande formulate da ### nei confronti dell'### dei ### e degli ### della ### di ### 3. condannato ### al pagamento, in favore dell'### dei ### e degli ### della ### di ### delle spese di lite, liquidate in complessivi euro 7.122,00 per compensi oltre spese generali al 15%, i.v.a e c.p.a come per legge in relazione alla fase di merito e in euro 4.000,00 per compensi oltre rimborso forfetario, iva e cpa per la fase cautelare.  ### motivazionale percorso dal giudice di prime cure può essere così sintetizzato: − l'eccezione di incompetenza territoriale svolta dall'### dei ### e degli ### della ### di ### è infondata; − con DL 162/2022 del 31 ottobre 2022, convertito con modificazioni dalla L. 199/2022, il legislatore ha modificato l'art. 4 del DL 144/2021 prescrivendo che, successivamente alla data del 1° novembre 2022, la vaccinazione dell'infezione da ###2 cessa di costituire requisito essenziale per l'esercizio della professione sanitaria. Pertanto, vi è sopravvenuta carenza di interesse ad agire della ricorrente rispetto alla domanda di accertamento del proprio diritto al libero esercizio della professione sanitaria; − in via pregiudiziale, la ricorrente ha chiesto di sottoporre alla Corte costituzionale la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 4 del DL 22/2021 in riferimento all'art. 32 Cost., nella parte in cui prescrive l'obbligo di sottoposizione ad un trattamento sanitario obbligatorio inidoneo a preservare lo stato di salute dei consociati, nonché pregiudizievole per la salute dell'obbligato. Tuttavia, tale questione è stata già sottoposta alla ### che con sentenza 14 del 2023, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento all'art. 32 Cost., dell'art. 4, commi 1 e 2, del DL n. 44 del 2021 come convertito, nella parte in cui prevede, da un lato, l'obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall'altro lato, per effetto dell'inadempimento dello stesso, la sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie. Essendo, dunque, stata definita dalla Corte costituzionale nei termini che precedono la questione di legittimità costituzionale quivi sottoposta dalla ricorrente, non sussistono, nella specie, i presupposti per attivare il giudizio incidentale di costituzionalità dell'art. 4 del DL 162/2022; − la ricorrente ha dedotto la contrarietà dell'art. 4 in epigrafe al diritto dell'### europea e, segnatamente, alla ### UE 2018/958, nella parte in cui, nel precludere ai sanitari non vaccinati contro il ###19 lo svolgimento della propria attività lavorativa, pone delle restrizioni all'esercizio di una professione regolamentata non proporzionate rispetto allo scopo di tutela della salute collettiva (pag. 49 e 50 del ricorso). In particolare, la ricorrente ha evidenziato che, in luogo dell'obbligo vaccinale, sarebbe stato maggiormente proporzionato allo scopo, l'obbligo di sottoposizione a tamponi orofaringei ovvero l'effettuazione di test in vitro. Tuttavia, tale argomentazione è priva di pregio poiché la non sproporzionatezza della misura in questione rispetto allo scopo di proteggere quanti entrano in contatto con i sanitari e di evitare l'interruzione di servizi essenziali per la collettività è già stata condivisibilmente affermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 14/2023. La conclusione a cui è giunta la Corte costituzionale in tema di proporzionalità della conseguenza della mancata sottopozione all'obbligo vaccinale da parte dei sanitari non è scalfita dalla circostanza che, nella specie, la Dr.ssa ### fosse in grado di svolgere la propria professione senza recarsi sul luogo di lavoro (pag. 60 del ricorso). Va, infatti, osservato che il giudizio sulla proporzionalità della misura va condotto in astratto e non può tenere in considerazione le peculiarità del caso concreto. Peraltro, l'ampiezza della misura, considerato che solo alcuni sanitari sono in grado di svolgere la propria professione da remoto, appare idonea a soddisfare l'obiettivo preso di mira dal legislatore e non appare così sproporzionata da giustificare un giudizio di contrarietà al diritto dell'### europea. Pertanto, non vi sono ragioni per ritenere che l'art. 4 del DL 162/2022, nella parte in cui prevede la sospensione dall'esercizio della professione dei sanitari non vaccinati contro il virus da ###19 si ponga in contrasto con l'art. 1 della Dir. 2018/958 il quale prescrive che: “Al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, la presente direttiva stabilisce norme su un quadro comune per lo svolgimento di valutazioni della proporzionalità prima dell'introduzione di nuove disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che limitano l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio, o prima della modifica di quelle esistenti”; − la ricorrente ha dedotto altresì l'illegittimità perché l'### nell'emanare il provvedimento di sospensione, ha omesso di valutare il certificato di guarigione idoneo a consentirle lo svolgimento della professione. Alla luce dei dedotti motivi di illegittimità, la ricorrente domanda l'annullamento ovvero la disapplicazione del provvedimento di sospensione. Il giudice ordinario è, tuttavia, titolare di un potere generale di disapplicazione dell'atto amministrativo e di un potere di annullamento dell'atto amministrativo soltanto nei casi previsti dalla legge. Quanto ai cd. limiti interni della giurisdizione, l'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso, 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, prevede che: “quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità amministrativa, i ### si limiteranno a conoscere degli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio”. ### amministrativo “non potrà essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei ### in quanto riguarda il caso deciso”. ###. 5 della stessa legge prevede che “in questo, come in ogni altro caso, le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi”. Da tali disposizioni emerge che il giudice ordinario, nell'ambito delle controversie sottoposte alla sua giurisdizione, è titolare del potere di disapplicazione incidentale dell'atto amministrativo quando quest'ultimo non costituisce l'oggetto diretto della lesione e, dunque, del petitum, ma viene in rilievo soltanto in via incidentale. Il terreno di elezione di tale forma di disapplicazione è quello relativo alle controversie devolute alla giurisdizione del giudice ordinario in cui, ai fini della loro risoluzione, può assumere valenza pregiudiziale il giudizio di validità di un atto amministrativo. 
Sulla scorta di tali premesse, la Corte di Cassazione ha ritenuto, invero, che il potere di disapplicazione dell'atto amministrativo da parte del Giudice ordinario non sussiste nel caso in cui la contestazione “investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo, che si assume non essere conforme a legge” (Cass. civ., sez. un., 27 febbraio 2017, n. 4881). E, ancora, recentemente, le ### della Corte di Cassazione hanno evidenziato che quando il petitum sostanziale, vale a dire, il bene della vita l'oggetto della domanda rivolta al Giudice, è quello di ottenere l'annullamento di un atto illegittimo e immediatamente lesivo, il giudice ordinario non è titolare di alcun potere, dovendo essere tale domanda rivolta innanzi al Giudice amministrativo. Diversamente, nell'ipotesi in cui l'atto amministrativo non è prospettato quale fonte diretta della lesione, in capo al giudice ordinario residua il potere di disapplicazione incidentale e quello di assumere i pronunciamenti idonei a rimuoverne gli effetti, senza che ciò comporti alcuna interferenza nell'esercizio della potestà amministrativa e, dunque, entro i fisiologici limiti ordinamentali della disapplicazione incidentale ai fini della tutela dei diritti soggettivi controversi". (Cass. civ. sez. un. n. 4079/2023, Cass. Sez. Un., n. 3670/2011). 
Facendo applicazione di tali principi, nella prospettazione del ricorrente, il provvedimento di sospensione rappresenta fonte diretta della lesione vantata. In altre parole, il petitum sostanziale oggetto della domanda quivi proposta va ravvisato nella caducazione del provvedimento di sospensione asseritamente viziato per i motivi esposti nel ricorso introduttivo. Alla luce di tali considerazioni, deve ritenersi che l'A.G.O. non risulta né titolare del potere di annullare, né di disapplicare l'atto amministrativo di sospensione del provvedimento di sospensione emanato dall'### convenuto. 
A ciò si aggiunga che la ricorrente, ha chiesto l'annullamento ovvero la disapplicazione del provvedimento di sospensione dall'ordine, previo accertamento della natura discriminatoria dello stesso. 
Nel formulare tale domanda, la ricorrente ha indebitamente sovrapposto il profilo della illegittimità del provvedimento di sospensione con quello della sua natura discriminatoria. Non si vede, infatti, come la natura discriminatoria di un atto possa atteggiarsi a mero vizio di legittimità del provvedimento amministrativo o, per contro, come possa desumersi la natura discriminatoria di un provvedimento dalla mera circostanza che esso sia affetto da vizi di illegittimità. 
Peraltro, all'accertamento della natura discriminatoria di un atto consegue la dichiarazione di inefficacia dello stesso e non una dichiarazione di invalidità, come sembrerebbe adombrare la ricorrente nel proprio ricorso introduttivo. 
Le domande volte a far valere la disapplicazione o l'annullamento del provvedimento di sospensione dell'### resistente oggetto della presente controversia risultano, pertanto, infondate; − quanto prospettato dalla ricorrente, non riveste né i crismi di una discriminazione diretta, né quelli di una discriminazione indiretta. La ricorrente, infatti, non ha allegato elementi di fatto dai quali risulti che l'### resistente, nell'adozione del provvedimento di sospensione le ha riservato un trattamento meno favorevole rispetto a quello riservato ad un'altra persona nella sua medesima situazione ovvero in una situazione analoga. Né ha allegato che, l'### avendo adottato nei suoi confronti il provvedimento di sospensione, l'abbia, di fatto, posta in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altri soggetti, in difetto di oggettiva giustificazione. 
Va preliminarmente rilevato, che il tema della natura discriminatoria del provvedimento di sospensione in quanto adottato nei confronti della ricorrente prima che nei confronti di altri sanitari non vaccinati non risulta sufficientemente approfondito e circostanziato negli atti processuali, né in alcun modo documentato. 
In ogni caso, non si vede come tale anticipazione temporale nell'adozione del provvedimento possa ritenersi condotta discriminatoria fondata sulle personali convinzioni della ricorrente in merito all'inefficacia del vaccino. Ciò anche considerando che è verosimile ritenere che gli ulteriori sanitari destinatari del provvedimento di sospensione, avendo omesso di sottoporsi al vaccino, condividano sostanzialmente le opinioni personali della ###ra ### sul trattamento sanitario in questione. 
Peraltro, non risulta che l'### convenuto, facendo applicazione della legge, abbia riservato alla ###ra ### in qualità di sanitaria non vaccinata, un trattamento deteriore rispetto a quello riservato a colleghi parimenti non vaccinati in ragione delle proprie opinioni personali. 
L'### convenuto, infatti, nell'emanare il provvedimento di sospensione si è limitato ad applicare una disposizione di legge (l'art. 4 del D.L. 44/2021) che ha prescritto un generalizzato e indiscriminato obbligo di vaccinazione in capo ai sanitari pena la sospensione dallo svolgimento dell'esercizio della professione medica. 
Ciò posto, nel sostenere la natura discriminatoria della condotta tenuta dall'### la ricorrente lamenta un differente trattamento tra situazioni tra loro dissimili e non analoghe. Alla luce dell'attuale quadro normativo, invece, il giudizio sulla discriminazione e, dunque, sull'illegittimo trattamento differenziato in ragione di convinzioni personali, non può essere esperito ponendo in comparazione situazioni tra loro diverse ed incommensurabili proprio perché la legge impone che il giudizio venga esperito raffrontando situazioni uguali o situazioni analoghe. 
Tale operazione di confronto non è sostenibile anche a mente del fatto che la tutela antidiscriminatoria trova il suo fondamento costituzionale nell'art. 3 Cost., in base al quale il principio di uguaglianza si viola trattando in maniera ingiustificatamente diversa situazioni uguali o analoghe e, potenzialmente, anche trattando in maniera eguale situazioni tra loro diverse. 
Ora, anche a voler ritenere che le situazioni che la ricorrente vorrebbe mettere a confronto siano comparabili e, dunque, anche volendo sostenere che sia configurabile un trattamento differenziato rilevante ai sensi della normativa antidiscriminatoria, esso sarebbe comunque oggettivamente giustificato da una finalità legittima. 
Si osserva, infatti, che contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nel ricorso introduttivo (pag. 9), l'introduzione dell'obbligo vaccinale in capo ai sanitari a pena di sospensione temporanea dalla professione costituisce un mezzo volto a realizzare legittime finalità di tutela della salute collettiva, proporzionato allo scopo. 
Tale conclusione si impone alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 14/2023 che ha giudicato conforme a ### e, dunque, proporzionata e non irragionevole la scelta legislativa consacrata nell'art. 4 del D.L. 44/2021. 
Tale assunto, peraltro, prescinde da considerazioni di ordine scientifico in merito all'efficacia dei vaccini contro il ###19; queste, infatti, si sottraggono al sindacato e alla competenza di questa ### giudiziaria. 
Sulla scia di tale ragionamento, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 14/2023 (par. 8.2), nell'affrontare il tema della coerenza della scelta del legislatore di introdurre l'obbligo vaccinale rispetto alle conoscenze scientifiche disponibili, ha affermato che: “tutte le volte che una decisione implichi valutazioni tecnico-scientifiche, il legislatore sceglie tra le possibili opzioni che la scienza offre in quel momento storico. E la scelta tra le possibili opzioni, che inevitabilmente racchiudono una intensità diversa e quindi un diverso grado di limitazione dei diritti, è esercizio di discrezionalità politica che, nei limiti della sua ragionevolezza e proporzionalità, non può essere sostituita da una diversa scelta di questa Corte” e che, in ogni caso: “le autorità scientifiche attestino concordemente la sicurezza dei vaccini per la prevenzione dell'infezione da ###2 oggetto di CMA e la loro efficacia nella riduzione della circolazione del virus (come emerge dalla diminuzione del numero dei contagi, nonché del numero di casi ricoverati, in area medica e in terapia intensiva, e dall'entità dei decessi associati al ###2 relativi al periodo che parte dall'inizio della campagna di vaccinazione di massa risalente a marzo-aprile 2021)”. 
A tali profili, già di per sé sufficienti a far ritenere che, nella specie, la ricorrente non sia stata vittima di una discriminazione né diretta né indiretta, va aggiunto che, analogamente a quanto avvenuto in fase cautelare, nel presente giudizio di merito, la ricorrente ha omesso di approfondire la ragione a fondamento dell'asserita discriminazione; segnatamente, la correlazione intercorrente tra la scelta di non sottoporsi alla vaccinazione obbligatoria contro il ###19 e le sue personali opinioni in ordine all'inefficacia del vaccino. 
Per contro, dai documenti processuali risulta che la ricorrente abbia prenotato il vaccino e non risulta che si fosse opposta in passato ad altri trattamenti vaccinali (del resto nelle risposte ai pazienti oggetto di allegata produzione la ###ra ### si lamenta della mancata osservanza del termine “di tolleranza” legato al rilascio del green pass ma non a proprie convinzioni personali in ordine alla inefficacia del vaccino). 
Avverso tale ordinanza ha proposto appello ### formulando i seguenti motivi di appello: 1. ###'ART. 4 CO. 1 D.L. 44/2021 - ### CERTIFICATO DI GUARIGIONE DELLA RICORRENTE ### ha dedotto che le ### della Corte di Cassazione (ord. n. 28429 del 29 settembre 2022), unico soggetto legittimato a dirimere le controversie in tema di riparto di giurisdizione, in punto di giurisdizione nelle controversie relative all'accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale da parte degli ### professionali hanno affermato: “La giurisdizione spetta, invece, al giudice ordinario, in quanto, alla luce del petitum sostanziale della promossa azione giudiziaria, la situazione di diritto soggettivo rivendicata dall' U. - ossia di continuare ad esercitare la professione sanitaria di fisioterapista, nonostante l'inadempimento all'obbligo vaccinale - non è intermediata dal potere amministrativo, ma soffre di limiti e condizioni previste esaustivamente dalla legge; e, del resto, immediatamente e direttamente contro le stesse disposizioni della fonte di rango primario, impositiva di detto obbligo, l'istante rivolge le proprie doglianze di "inefficacia" e di "illegittimità". 5.1. Trova, dunque, evidenza - come anche posto in risalto nelle conclusioni scritte del ### - la consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice secondo cui appartiene alla cognizione del giudice ordinario la controversia in cui venga in rilievo un diritto soggettivo nei cui confronti la pubblica amministrazione eserciti un'attività vincolata, dovendo verificare soltanto se sussistano i presupposti predeterminati dalla legge per l'adozione di una determinata misura, e non esercitando, pertanto, alcun potere autoritativo correlato all'esercizio di poteri di natura discrezionale (tra le altre, Cass., S.U., 25 settembre 2017, 22254; Cass., S.U., 11 maggio 2018, n. 11576; Cass., S.U., 28 maggio 2020, n. 10089; Cass., S.U., 14 marzo 2022, n. 8188). […]” Pertanto, secondo l'appellante, il primo ### aveva certamente il potere di sindacare l'illegittima sospensione della ricorrente, posta in essere in violazione di una normativa che privava l'### di qualsivoglia discrezionalità operativa. 
Ciò premesso, l'appellante ha dedotto che il provvedimento di sospensione è da ritenersi illegittimo per le ragioni che seguono: • l'art. 4 co. 1 D.L. 44/2021 (nella sua versione vigente al momento dei fatti) disponeva che “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, per la prevenzione dell'infezione da ###2 sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita, comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021, della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della salute.” • due erano le ### ministeriali emanate in relazione alla somministrazione della vaccinazione in soggetti con pregressa infezione da ###2: 1. la Circolare 8284 del 3 marzo 2021, la quale disponeva che “è possibile considerare la somministrazione di un'unica dose di vaccino anti-### 2/###19 nei soggetti con pregressa infezione da ###2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa”; 2. la Circolare n. ### del 21 luglio 2021, rubricata “### indicazioni sulla ### dei soggetti che hanno avuto un'infezione da ###2”, la quale prescriveva che “### seguito alla circolare prot. n° ###- 03/03/2021-### visto il parere del ### tecnico scientifico di cui all'Ordinanza del ### del ### della ### n. 751 del 2021, acquisito con prot. n°###-21/07/2021-### è possibile considerare la somministrazione di un'unica dose di vaccino anti-###2/###19 nei soggetti con pregressa infezione da ###2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione”.  • al caso di specie è applicabile unicamente la ### ministeriale del luglio 2021, in forza: • del principio temporale (lex posterius derogat priori); • della pacifica interpretazione letterale della suddetta ### (che rappresenta un espresso “aggiornamento” alla precedente circolare di marzo 2021); • applicando tale ### ministeriale, quindi, per i lavoratori soggetti all'obbligo vaccinale guariti dal ###2 la vaccinazione doveva ritenersi: • consigliata entro i sei mesi dalla guarigione; • imposta entro l'anno dalla stessa; • l'unica possibile interpretazione letterale è quella per cui, fino a che non sia decorso un anno dalla guarigione, non è possibile ritenere che il lavoratore sia sottoposto all'obbligo. Nel nostro ordinamento è, infatti, del tutto pacifico il principio per cui un obbligo diviene tale solamente alla sua scadenza e non prima. 
Il Giudice di primo grado avrebbe, pertanto, dovuto riconoscere l'illegittimità del provvedimento di sospensione della ricorrente, in quanto efficace dal 27 aprile 2022, ossia a distanza di poco più di tre mesi dalla guarigione, avvenuta il 21 gennaio 2022.  ###, ha chiesto, infine, che, ove ritenuto necessario dal ### venga disposto con ordinanza, sentite le parti costituite, il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione per la risoluzione della seguente questione di diritto: “se l'art. 4 co. 1 D.L. 44/2021, ove disponeva che “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, per la prevenzione dell'infezione da ###2 sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita […] nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della salute” debba interpretarsi nel senso che non era possibile ritenere inadempienti rispetto all'obbligo vaccinale i soggetti guariti dal virus ###2, prima dello scadere dei termini entro i quali effettuare la vaccinazione previsti nelle ### del Ministero della Salute”.  2. ILLEGITTIMITÀ DELL'#### E #### l'appellante, negli atti e nei documenti di causa è provato, mediante richiamo a documenti emessi da fonti ufficiali, che a fronte del fatto notorio della scarsa efficacia dei vaccini a contenere la diffusione del contagio, i test in vitro, se posti in essere correttamente e nel rispetto delle linee guida dell'OMS e dell'### svolgono una funzione preventiva molto più efficace della vaccinazione nell'impedire il diffondersi del contagio e nello scongiurare l'insorgenza della malattia non solo grave, ma anche lieve. La diagnostica tempestiva ogni 48 ore determina l'esito che sia intercettata la malattia prima che essa insorga. Il test rileva, infatti, la possibile presenza del virus, prima che si manifestino sintomi della malattia e, quindi, consente di impedire il suo stesso insorgere esistendo cure efficaci nella fase di asintomaticità. 
Ciò premesso, l'appellante ha chiesto di accertare che: 1) la vaccinazione, imposta dall'art. 4 D.L. 44/2021 quale misura unica di contenimento del contagio nell'esercizio della professione medica, non rappresentava un mezzo tecnicamente idoneo a tal fine; 2) conseguentemente, lo svolgimento dell'attività professionale della Dottoressa anche in assenza di vaccinazione contro la malattia ###19, non avrebbe determinato un innalzamento del rischio di contagio sul luogo di lavoro; 3) sussiste uno strumento alternativo assolutamente efficace, meno invasivo e del tutto privo di rischi, rappresentato dall'obbligo di esibizione di test negativo al ###2 al momento dell'ingresso nei locali ove si svolge l'attività professionale.  ### ha illustrato la tesi secondo cui i tamponi sono un mezzo alterativo e più efficace della vaccinazione al fine di evitare il rischio di contagio, deducendo poi la non correttezza e condivisibilità delle pronunce della Corte Costituzionale (chiedendo, altresì, l'audizione del ### della Corte Costituzionale e del giudice relatore per “rendere contezza delle loro affermazioni”).  ### ha dedotto, poi, che il test di proporzionalità imposto dalla normativa europea è stato sicuramente violato in ragione dell'accertata inidoneità della vaccinazione a conseguire il fine della normativa speciale. In luogo della misura della vaccinazione sarebbe, infatti, stato sufficiente e necessario imporre - secondo l'appellante - a tutti i professionisti sanitari di svolgere regolari tamponi prima di entrare in contatto con i pazienti. A tal fine ha richiamato la giurisprudenza europea secondo cui in applicazione del principio di proporzionalità, “qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere alla meno restrittiva” (ex multis, Corte giust., sent. 11.03.1987, in cause riun. 279, 280, 285, 286/84, ####C:1987:119, punto 34).  3. ###'### “### CONFERMATO” A ##### ha impugna la sentenza “nella parte in cui omette qualsivoglia considerazione relativamente alle difese svolte al paragrafo 9 del ricorso introduttivo (titolato “### di fondamento delle giustificazioni addotte nel provvedimento impugnato e delle deroghe previste dalla ### 2000/78 e dal D.Lgs n. 216/2003”), nel quale si sindacava l'inattendibilità dei dati medicostatistici posti a fondamento della normativa emergenziale e, conseguentemente, l'illegittimità di quest'ultima”. 
Al riguardo, ha evidenziato che la ### nella sua recentissima sentenza n. 15/2023, ha espressamente affermato che la legittimità dell'obbligo vaccinale discende proprio dai dati epidemiologici forniti dalle “autorità preposte”, fra le quali l'ISS (vedasi i paragrafi 10.3.1-10.3.4 della pronuncia). 
In punto di fatto, ha chiesto di accertare “che i dati statistici dei “casi” di ###2 e di ###19, rilasciati dall'ISS a conforto dell'asserita efficacia vaccinale sotto tutti i profili prospettati (minori ricoveri dei vaccinati negli ospedali, nelle terapie intensive, minori decessi, prevenzione dal rischio malattia ###19) sono inutilizzabili, perché sprovvisti di qualsivoglia pregio medico-scientifico. 
Essi devono ritenersi dei veri e propri falsi assoluti in quanto sono la risultante da un lato del disallineamento dalle linee guida medico-scientifiche dettate dagli organismi internazionali, e dall'altro dell'utilizzo alterato degli strumenti della diagnostica PCR”.  ### l'appellante, è falsa, in fatto, l'asserita “ragionevolezza” delle norme sugli obblighi vaccinali, in quanto asseritamente supportata da dati epidemiologici acquisiti a ministero di autorità sanitarie pubbliche-istituzionali. È, invece, vera la circostanza esattamente opposta: le norme che hanno sancito l'obbligo vaccinale selettivo che ha determinato il provvedimento di sospensione dal lavoro della parte ricorrente sono state approvate sulla base di test in vitro effettuati, esclusivamente, da laboratori privati in assenza di verifica e controllo della loro effettiva correttezza metodologica di svolgimento e veridicità di esiti, da parte di alcuna autorità sanitaria pubblica istituzionale. 
Le leggi sull'obbligo vaccinale e le sentenze che hanno ritenuto costituzionali quelle leggi, si fondano, quindi, secondo l'appellante, su un abnorme travisamento dei fatti, avendo le stesse scambiato per attività pubbliche istituzionali quelle svolte, senza alcun controllo da parte di qualsivoglia autorità pubblica sanitaria nazionale, da soggetti privati che hanno agito, peraltro, in un incontrastato continuo conflitto di interessi.  ### ha contestato la correttezza e l'attendibilità dei test svolti dai laboratori privati. 
Quindi, secondo l'appellante, la conseguente inidoneità dei dati scientifici sull'andamento dell'epidemia in ### non consente di valutare correttamente il rapporto rischi-benefici dei vaccini. 
La previsione della perdita del diritto al lavoro per l'omessa vaccinazione non può essere, pertanto, supportata da alcuna verifica di proporzionalità, mancando in radice i dati sulla diffusione del virus in ### e sulla sua effettiva efficacia causale in relazione ai decessi ascritti alla malattia ###19. 
Il fatto che in altri ### sia stata riscontrata un'epidemia di ###2 non può, inoltre, determinare la necessità logicità e la proporzionalità della privazione di diritti fondamentali al lavoro e al sostentamento di un lavoratore italiano anche se si verte in un contesto di asserita propagazione di un virus. 
Risulta, dunque, provato, secondo l'appellante, che il ### abbia esercitato, in maniera abnormemente irragionevole, la sua prerogativa discrezionale di imporre l'obbligo vaccinale selettivo alla parte ricorrente, avendo, da un lato, affermato di porre a fondamento delle normative dati epidemiologici provenienti da autorità pubbliche istituzionali, quando, al contrario, si è fatto condizionare da dati epidemiologici generati da laboratori privati travisando, pertanto, il requisito formale essenziale per il corretto dispiegamento della sua volontà di tutela della salute pubblica e, dall'altro, utilizzato quale fondamento di merito delle normative, dati falsi di diffusione del virus ###2 e della malattia ###19, generati dai laboratori privati in conflitto di interessi rispetto alle effettive necessità di tutela della salute pubblica ed in violazione delle linee guida dettate dagli organismi sanitari internazionali.  ### ha precisato che il petitum sostanziale della presente controversia è da rinvenirsi, pertanto, non nella contestazione del diritto dello Stato italiano a varare una legge che imponga l'obbligo vaccinale, ma nell'accertamento che quella legge che ha cancellato, temporaneamente, il diritto al lavoro ed altri diritti fondamentali delle parti ricorrenti, sia stata approvata fondandosi sul travisamento e la falsificazione dei fatti che ne costituivano il dichiarato presupposto di necessità, ragionevolezza e proporzionalità.  ### ha precisato che non vi è alcuna preclusione ostativa all'esame delle domande formulate a seguito delle pronunce della Corte costituzionale e che contesta tali pronunce in quanto viziate da abnormi errori di fatto e da determinanti travisamenti dei medesimi. Le argomentazioni di fatto della Corte - a parere dell'appellante - sono pienamente sindacabili perché non sono sorrette da alcuna presunzione di veridicità. La valutazione dei fatti di causa rientra nel pieno ed esclusivo potere di verifica e di accertamento riservato al giudice del merito che deve effettuarla nel rispetto degli art. 115 e 116 cpc. 
Da tali considerazioni discenderebbe secondo l'appellante la necessaria declaratoria di inadempimento contrattuale del ### Inoltre, ha aggiunto la ### che la Corte costituzionale ha espressamente affermato, nelle sentenze nn. 14-15, di non avere trattato alcun profilo di eventuale contraddizione tra normative europee e la legge interna sull'obbligo vaccinale, perché tema non sollevato dai giudici remittenti. Le sentenze al paragrafo 10.1. affermano, infatti: “### innanzitutto, precisare che tra questi parametri non possono essere considerati quelli desumibili dal regolamento UE n. 953/2021 e dal principio di proporzionalità, di cui all'art. 52, paragrafo 3, ### Difetta, invero, ogni riferimento, tanto nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione, quanto nella sua motivazione, all'art. 117, primo comma, ###, eventualmente invocato insieme all'art. 11 ###, che costituiscono il tramite attraverso il quale è possibile dedurre, in un giudizio di legittimità costituzionale, la violazione, da parte di una disposizione di legge nazionale, della normativa europea (ordinanza n. 215 del 2022).” ### l'appellante, la controparte è direttamente responsabile dei danni subiti essendo l'autorità che ha emanato il provvedimento di sospensione e di azzeramento degli emolumenti e che è venuta meno, unilateralmente, ai suoi obblighi contrattuali di garantire la prestazione lavoro e di corrispondere gli emolumenti. Essa non può addurre quale esimente di responsabilità la circostanza di essere stata obbligata da una legge ad assumere il provvedimento impugnato. Avrebbe, infatti, potuto esercitare una diversa valutazione della norma ed operare, discrezionalmente, una scelta difforme rispetto a quella effettuata: vale a dire non applicare la norma illegittima lesiva del diritto al lavoro. Una simile presa di posizione sarebbe stata sanzionata con una mera ammenda, tra l'altro di importo risibile. Il soggetto che ha emesso il provvedimento di sospensione ha, pertanto, attuato la scelta di campo di violare norme poste a tutela di diritti fondamentali e, pertanto, deve assumersi, secondo l'appellante, il carico delle conseguenze che ne derivano. La sua responsabilità discende dalla violazione diretta delle corrette norme contrattuali che disciplinano il rapporto tra le parti.  4. SUSSISTENZA DI UNA DISCRIMINAZIONE VIETATA AI DANNI DELLA RICORRENTE ### l'appellante la condotta della controparte è oggettivamente discriminatoria, in quanto ha fatto sì che alla Dr.ssa ### - la quale in ragione delle proprie convinzioni personali non ha ritenuto di sottoporsi alla vaccinazione - venisse applicato un termine di differimento dell'obbligo vaccinale palesemente difforme rispetto a quello previsto dal dettato normativo.  5. #### la prospettazione dell'appellante, la Dr.ssa ### svolge la libera professione di cardiologa. A causa della sospensione ha dovuto interrompere la propria attività lavorativa in quanto, diversamente, avrebbe addirittura rischiato l'avvio di un procedimento penale a proprio carico per il reato di esercizio abusivo della professione. ### ha precisato che, come si evince dall'ultima parcella della dottoressa, prima della forzata sospensione, la stessa guadagnava circa € 5.000 lordi mensili, a seconda del numero delle prestazioni svolte e delle specificità dei singoli casi affrontati. 
Questo ammontare medio è confortato dalle ultime dichiarazioni dei redditi, che attestano un reddito mensile pari a circa € 4.500 (doc. 84). Quindi è del tutto logico e prudente ritenere - secondo l'appellante - che la Dr.ssa ### se avesse continuato a lavorare nei mesi di sospensione, avrebbe certamente guadagnato tra gli € 4.000 e i 5.000 mensili. L'### dei ### responsabile dell'ingiusta discriminazione, è dunque tenuto a risacire una somma di pari ammontare medio lordo, a titolo di lucro cessante, dalla data di sospensione della Dr.ssa ### (27 aprile 2022) fino alla scadenza della sospensione dall'albo (1° novembre 2022). La somma totale richiesta a titolo di danno patrimoniale per mancati introiti professionali è, quindi, pari a € 27.000 (€ 4.500 x 6 mesi). 
Inoltre, l'appellante ha dedotto la dott.ssa ### ha subito danni non patrimoniali in quanto è stata trattata come pericolosa untrice, soggetto da emarginare con ogni mezzo possibile fino ad evitargli la possibilità di lavorare ed impedendole di procurarsi addirittura i mezzi di sostentamento. 
Il quantum di riferimento è quello contemplato dalle tabelle del Tribunale di ### in materia di consenso estorto al trattamento sanitario. Sussiste, infatti, secondo l'appellante, un chiaro parallelismo fra la situazione di chi è stato sottoposto a un trattamento sanitario contro la propria volontà e quella di chi, non volendo sottoporsi a detto trattamento, subisce un comportamento discriminatorio in forza della propria scelta, lesivo di plurimi diritti fondamentali. Il risarcimento dovuto ammonta, pertanto, ad avviso dell'appellante, sulla base del scaglione “### all'autodeterminazione di eccezionale entità: liquidazione oltre € 20.000,00” delle ### a € 40.000,00. 
Si è costituito il ### dell'### dei ### della ### di ### il quale ha chiesto il rigetto dell'appello.  MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene la Corte che l'appello proposto da ### sia infondato e che, pertanto, vada rigettato. 
Con il primo motivo d'appello la dott.ssa ### ha, dapprima, censurato l'ordinanza appellata nella parte in cui ha ritenuto l'insussistenza in capo al giudice ordinario del potere di disapplicare il provvedimento amministrativo contestato dalla ricorrente e, poi, dedotto l'illegittimità del predetto provvedimento di sospensione adottato dalla controparte per violazione dell'art. 4 co. 1 d.l. 44/2021. 
Ritiene la Corte che tale motivo sia infondato per le ragioni che seguono. 
Innanzitutto, occorre osservare che, come correttamente osservato da entrambe le parti, l'art. 4 co. 1 D.L. 44/2021 prevedeva, per la prevenzione dell'infezione da ###2 , l'obbligo per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di sottoporsi a vaccinazione gratuita, comprensiva della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della ### Pertanto, il Ministero della ### con ### n. 8284 del 3 marzo 2021 ha disposto: “Visto il parere espresso dal ### permanente sull'infezione da ###2 del ### di ### trasmesso alla ### della ### del Ministero della ### con nota protocollo n° 477-03/03/2021- ### conforme a quello espresso in data ###, si rappresenta che è possibile considerare la somministrazione di un'unica dose di vaccino anti-###2/###19 nei soggetti con pregressa infezione da ###2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa.” Successivamente, il medesimo Ministero con circolare n. ### del 21 luglio 2021 ha statuito: “### seguito alla circolare prot n° ###-03/03/2021-### visto il parere del ### tecnico scientifico di cui all'Ordinanza del Ca. del Dipartimento della ### n. 751 del 2021, acquisito con prot. n°###-21/07/2021-### si rappresenta che è possibile considerare la somministrazione di un'unica dose di vaccino anti-###2/###19 nei soggetti con pregressa infezione da ###2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione”. 
Infine, con nota del 24 marzo 2022 il Ministero della ### richiamando entrambe le suindicate circolari e al fine di chiarire i termini di decorrenza dell'obbligo di somministrazione dell'unica dose per i professionisti con pregressa infezione da ###2, ha precisato: “Da quanto precede, discende che il professionista sanitario deve essere considerato inadempiente all'obbligo vaccinale qualora non effettui la dose in questione alla prima data utile (90 giorni) indicata nelle circolari menzionate. Ciò alla luce di quanto prescritto dal menzionato articolo 4, comma 1, del d.l. n. 44 del 2021, che, come si è visto, rimanda alle indicazioni e ai termini stabiliti con circolare del Ministero della salute”. 
Ebbene, nel caso di specie la guarigione dell'appellante - secondo la sua stessa prospettazione - è avvenuta il 21 gennaio 2022 e il provvedimento di sospensione della stessa dall'esercizio della professione sanitaria è stato adottato il 27 aprile 2022. 
Ciò posto, appare evidente che tale provvedimento è da ritenersi legittimo, in quanto adottato a seguito del decorso del termine di 90 giorni dalla guarigione dell'odierna appellante, la quale, a seguito del decorso del predetto termine, è stata correttamente ritenuta inadempiente sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero della ### Peraltro, giova precisare, ad abundatiam, che anche l'eventuale adesione alla prospettazione (non condivisa da questa Corte) dell'appellante, non condurrebbe ad una diversa soluzione della controversia. 
Invero, l'eventuale declaratoria di illegittimità del provvedimento di sospensione non consentirebbe comunque di accogliere la domanda di annullamento o disapplicazione dello stesso per sopravvenuta carenza di interesse dell'appellante, atteso che - come affermato dal giudice di prime cure - a seguito della modifica dell'art. 4 del DL 144/2021, a decorrere dalla data del 1° novembre 2022, la vaccinazione dell'infezione da ###2 ha cessato di costituire requisito essenziale per l'esercizio della professione sanitaria. 
Dalla predetta eventuale declaratoria di illegittimità del provvedimento di sospensione non potrebbe, poi, conseguire neppure l'accoglimento della domanda risarcitoria formulata dall'odierna appellante nei confronti dell'### dei ### e degli ### della ### di ### per carenza dell'elemento soggettivo. E', infatti, evidente come non sia ravvisabile in capo all'### dei ### né il dolo né la colpa, avendo lo stesso agito sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero della ### e di un'interpretazione delle stesse ritenuta, peraltro, corretta da diversi giudici di merito (v. sentenze richiamate dalla parte appellata nella propria comparsa di costituzione, pp. 12-17). 
Parimenti infondati risultano il secondo e terzo motivo d'appello. 
Invero, come correttamente osservato dal giudice di prime cure, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del DL 22/2021 “è stata già sottoposta e definita dalla ### La Corte costituzionale, infatti, con sentenza n. 14 del 2023, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento all'art. 32 ###, dell'art. 4, commi 1 e 2, del DL n. 44 del 2021 come convertito, nella parte in cui prevede, da un lato, l'obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall'altro lato, per effetto dell'inadempimento dello stesso, la sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie. In particolare, la Corte ha evidenziato che: “(…) l'art. 32 ### postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto negativo di non assoggettabilità a trattamenti sanitari non richiesti o non accettati) con il coesistente diritto degli altri e quindi con l'interesse della collettività (sentenze n. 5 del 2018, n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990) (…) ###ambito di questo contemperamento tra le due declinazioni, individuale e collettiva, del diritto alla salute, l'imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio trova giustificazione in quel principio di solidarietà che rappresenta «la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal ### (sentenza n. 75 del 1992) (…) questa Corte è sempre partita dalla consapevolezza che esiste un rischio di evento avverso anche grave con riferimento ai vaccini e, ancor prima, a tutti i trattamenti sanitari (sentenze n. 268 del 2017, n. 118 del 1996 e n. 307 del 1990). E ha, pertanto, sostenuto che, fino a quando lo sviluppo della scienza e della tecnologia mediche non consentirà la totale eliminazione di tale rischio, la decisione di imporre un determinato trattamento sanitario attiene alla sfera della discrezionalità del legislatore, da esercitare in maniera non irragionevole (sentenza 118 del 1996). (…) Ciò che la Corte può e deve verificare, pertanto, è, innanzitutto, se la scelta del legislatore di introdurre l'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da ###2 per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'art. 1, comma 2, della legge n. 43 del 2006, anche alla luce della situazione pandemica esistente, sia suffragata e coerente, o meno, rispetto alle conoscenze medico-scientifiche del momento (sentenza n. 5 del 2018), quali tratte dagli organismi nazionali e sovranazionali istituzionalmente preposti al settore.  (…) 11.- Alla luce dei dati sin qui ripercorsi, deve ritenersi che le autorità scientifiche attestino concordemente la sicurezza dei vaccini per la prevenzione dell'infezione da ###2 oggetto di CMA e la loro efficacia nella riduzione della circolazione del virus (come emerge dalla diminuzione del numero dei contagi, nonché del numero di casi ricoverati, in area medica e in terapia intensiva, e dall'entità dei decessi associati al ###2 relativi al periodo che parte dall'inizio della campagna di vaccinazione di massa risalente a marzo-aprile 2021). 
Appare evidente, dunque, in coerenza con il dato medico-scientifico che attesta la piena efficacia del vaccino e l'idoneità dell'obbligo vaccinale rispetto allo scopo di ridurre la circolazione del virus, la non irragionevolezza del ricorso ad esso, «[a] fronte di “un virus respiratorio altamente contagioso, diffuso in modo ubiquo nel mondo, e che può venire contratto da chiunque” (sentenza n. 127 del 2022)» (sentenza n. 171 del 2022), caratterizzato da rapidità e imprevedibilità del contagio. 12.- Tale valutazione di non irragionevolezza e idoneità allo scopo vale con particolare riferimento agli esercenti le professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario di cui all'art. 1, comma 2, della legge n. 43 del 2006. E infatti, l'obbligo vaccinale per tali soggetti consente di perseguire, oltre che la tutela della salute di una delle categorie più esposte al contagio, «il duplice scopo di proteggere quanti entrano con loro in contatto e di evitare l'interruzione di servizi essenziali per la collettività (sentenza n. 268 del 2017)»”. 
Inoltre, con la sentenza n. 15/2023, la ### si è espressa in ordine alla ragionevolezza della previsione, per i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socioassistenziali e socio-sanitarie, dell'obbligo vaccinale anziché di sottoposizione ai test diagnostici. ### la ### “le disposizioni qui censurate hanno operato un contemperamento del diritto alla libertà di cura del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l'interesse della collettività. ### dell'obbligo vaccinale ai lavoratori impiegati in strutture residenziali, socioassistenziali e sociosanitarie […] ha costituito, in tale prospettiva, attuazione dell'art. 32 ###, inteso quest'ultimo come comprensivo del dovere dell'individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, prevenendo il rischio di diffusione del contagio da ###2 in danno delle categorie più fragili. 
E si è trattato di decisione idonea allo scopo che il legislatore si era prefisso, in quanto l'obbligo vaccinale per gli operatori sanitari ha consentito di perseguire, oltre che la tutela della salute di una delle categorie più esposte al contagio, «il duplice scopo di proteggere quanti entrano con loro in contatto e di evitare l'interruzione di servizi essenziali per la collettività» (sentenza n. 268 del 2017)”. 
Ciò posto, alla luce delle citate sentenze della ### non suscettibili di essere messe in discussione dalle deduzioni svolte dall'appellante, la questione di legittimità costituzionale svolta dalla dottoressa ### è da ritenersi infondata. 
Parimenti non condivisibili risultano, ad avviso di questa ### le deduzioni svolte dall'appellante in ordine all'asserita contrarietà al diritto europeo della normativa in materia di obbligo vaccinale. 
Ritiene, infatti, il collegio che, anche alla luce delle considerazioni svolte dalla ### nelle sentenze citate, tale obbligo risulti conforme al principio di ragionevolezza e proporzionalità, trattandosi di soluzione necessaria, idonea e adeguata a garantire il corretto bilanciamento degli interessi coinvolti. 
Inoltre, giova precisare che la ### dei ### dell'### con sentenza del 29 agosto 2024 (Ruolo 24622/22) ha rigettato il ricorso proposto da diciannove cittadini sammarinesi, sei cittadini italiani e un cittadino moldavo contro le decisioni delle autorità di ### di sospendere gli operatori sanitari che avevano rifiutato di vaccinarsi contro il ###19. ### ha ritenuto: − che le misure adottate fossero proporzionate e giustificate, considerato il legittimo l'obiettivo di proteggere la salute pubblica durante una pandemia globale; − che gli ### hanno un'ampia discrezionalità in materia di politica sanitaria, soprattutto in situazioni eccezionali come una pandemia; − che, pertanto, le conseguenze del rifiuto di vaccinarsi erano legittime e previste dalla legge; − che le misure adottate, infatti, miravano a ridurre il rischio di contagio e a proteggere i diritti e le libertà degli altri, il che le rendeva "necessarie in una società democratica"; − che non vi era stata alcuna violazione dell'articolo 8, poiché le misure imposte erano temporanee e non avevano influito in modo significativo sulla dignità o sul benessere emotivo dei ricorrenti; − che erano infondate le accuse di discriminazione, affermando che il diverso trattamento riservato ai lavoratori non vaccinati era giustificato dall'obiettivo di proteggere la salute pubblica. 
Peraltro, occorre osservare, ad abundatiam, che anche in questo caso l'eventuale adesione alla prospettazione (non condivisa da questa ### dell'appellante, non condurrebbe ad una diversa soluzione della controversia. 
Invero, l'eventuale accertamento della contrarietà alla ### e al diritto europeo dell'obbligo vaccinale in questione non consentirebbe comunque di annullare/disapplicare il provvedimento di sospensione dell'appellante dall'esercizio della professione sanitaria per sopravvenuta carenza di interesse dell'appellante, atteso che - come affermato dal giudice di prime cure e già in precedenza precisato - a seguito della modifica dell'art. 4 del DL 144/2021, a decorrere dalla data del 1° novembre 2022, la vaccinazione dell'infezione da ###2 ha cessato di costituire requisito essenziale per l'esercizio della professione sanitaria. 
Dal predetto eventuale accertamento della contrarietà alla ### e al diritto europeo dell'obbligo vaccinale in questione non potrebbe, poi, conseguire neppure in questo caso l'accoglimento della domanda risarcitoria formulata dall'odierna appellante nei confronti dell'### dei ### e degli ### della ### di ### per carenza dell'elemento soggettivo. E', infatti, evidente che non è ravvisabile una responsabilità a titolo di colpa o dolo dell'odierna parte appellata, che si è limitata a dare applicazione alle norme di legge vigenti, rispetto alle quali non aveva alcuna discrezionalità, come peraltro è stato affermato dalla stessa appellante e dalle ### della ### di Cassazione nell'ordinanza richiamata dalla medesima parte. 
Infondato è, infine, il quarto motivo d'appello. 
Come correttamente, affermato dal giudice di prime cure e dalla citata sentenza della ### dei ### dell'### non è ravvisabile nel caso di specie alcuna discriminazione dell'odierna appellante intesa come disparità di trattamento rispetto ad altre situazioni analoghe e il diverso trattamento riservato agli operatori sanitari non vaccinati era giustificato dall'obiettivo di proteggere la salute pubblica.  ### proposto da ### deve, quindi, essere rigettato con conseguente conferma dell'ordinanza impugnata. 
Le spese del grado, regolamentate secondo la soccombenza ex art. 91 c.p.c., vengono poste a carico dell'appellante ### sulla base dei parametri medi previsti per la cause di valore indeterminabile di complessità media dal D.M. 147/2022, avuto riguardo alle questioni di diritto affrontate e all'impegno difensivo profuso, al netto della fase istruttoria, in quanto non espletata nel presente giudizio. 
Sussistono, infine, per l'appellante, i presupposti previsti dall'art. 13, comma 1 quater D.P.R.  115/02.  P.Q.M.  la ### d'Appello di ### ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando, così dispone: 1) rigetta l'appello formulato da ### e, per l'effetto, conferma integralmente l'ordinanza del 27.3.2023 del Tribunale di ### 2) condanna ### al pagamento, in favore dell'### dei ### della ### di ### delle spese processuali del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi € 8.470,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori di legge; 3) dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio dell'11 settembre 2024. 
Il consigliere est. ### 

causa n. 1173/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Raineri Carla Romana, Pittoni Patrizia, Rizzi Emanuela

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Giudice di Pace di Trapani, Sentenza n. 175/2025 del 05-05-2025

... lavorativa in mancanza della certificazione verde, c.d. green-pass. Parte ricorrente eccepiva, fra l'altro, la radicale nullità dell'ordinanza ingiuntiva di pagamento in quanto il prodromico verbale di accertamento (n. 17/A, in essa citato) non veniva mai notificato, atteso che l'unico verbale di contestazione notificato al ### recava il numero di identificazione 63/A. Orbene, va anzitutto precisato che nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa , di cui all'art. 22 della ### 689/81, cosi' come nell'ordinario processo civile, vige il principio dell'onere della prova a carico delle parti in causa, onere disciplinato dagli artt. 2697 e ss. del ###. Controparte resistente si rendeva inadempiente in ordine al deposito, nei termini di legge, dei cc.dd. atti prodromici, onde ne discende l'illegittimità dell'ordinanza-ingiunzione di pagamento per inesistenza dell'atto presupposto richiamato per relationem, sub specie verbale di contestazione n. 17/A. Alla luce delle suesposte considerazioni, appare dunque legittimo esprimere un giudizio di accoglimento del ricorso in opposizione, atteso che, ai sensi dell'art. 6 comma 11 del D.Lvo 150/11, “non vi sono elementi sufficienti della (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI TRAPANI Il Giudice di ### della sezione civile di ### Dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 1985/2024 R.G. degli affari civili contenziosi, e promossa da ### nato ### il ###, rappresentato e difeso dall'avv. ### opponente contro ### di ### in persona del ### pro-tempore opposto contumace ### : O. S. A. 
Conclusioni : come in atti. 
FATTO E DIRITTO Con ricorso del 17.9.24 ### impugnava l'ordinanza-ingiunzione n. Fasc. 2175/2024 emessa dal ### di ### in data ### e notificata il ###, che traeva origine dal verbale n. 63/A del 01/12/2021, con cui l'Asp di ### contestava al ricorrente, presso il suo esercizio commerciale, la violazione dell'art. 9 septies, D.L. n. 52/2021, conv. dalla L. n. 17/06/2021 n. 87, che prevede e punisce chi svolge attività lavorativa in mancanza della certificazione verde, c.d. green-pass. 
Parte ricorrente eccepiva, fra l'altro, la radicale nullità dell'ordinanza ingiuntiva di pagamento in quanto il prodromico verbale di accertamento (n. 17/A, in essa citato) non veniva mai notificato, atteso che l'unico verbale di contestazione notificato al ### recava il numero di identificazione 63/A. 
Orbene, va anzitutto precisato che nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa , di cui all'art. 22 della ### 689/81, cosi' come nell'ordinario processo civile, vige il principio dell'onere della prova a carico delle parti in causa, onere disciplinato dagli artt. 2697 e ss. del ###. 
Controparte resistente si rendeva inadempiente in ordine al deposito, nei termini di legge, dei cc.dd. atti prodromici, onde ne discende l'illegittimità dell'ordinanza-ingiunzione di pagamento per inesistenza dell'atto presupposto richiamato per relationem, sub specie verbale di contestazione n. 17/A. 
Alla luce delle suesposte considerazioni, appare dunque legittimo esprimere un giudizio di accoglimento del ricorso in opposizione, atteso che, ai sensi dell'art. 6 comma 11 del D.Lvo 150/11, “non vi sono elementi sufficienti della responsabilità dell'opponente”. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e si determinano, in base ai parametri forensi, nell'importo di € 346,00, oltre spese generali, iva e cpa.  P. Q. M.  Visti gli artt. 22 e 23 della legge 689/81 ; Accoglie il ricorso in opposizione proposto da ### come sopra rappresentato e difeso, in data ###, atteso che non vi sono prove sufficienti per affermare la responsabilita' dell'opponente. 
Conseguentemente, annulla l'ordinanza-ingiunzione n. Fasc. 2175/2024 emessa dal ### di ### in data ### e notificata il ###. 
Condanna la ### di ### alla refusione delle spese processuali, ammontanti ad € 346,00, oltre spese generali, iva e cpa, in favore di parte ricorrente. 
Cosi' deciso in ### addi' 5.5.25. 
Il Giudice di ###

causa n. 1985/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Vincenzo Vitale

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 7228/2024 del 31-12-2024

... della… intervenuta normativa relativa all'obbligo di green pass, comunico la messa a disposizione delle energie lavorative a far data dal g. 02.05.2022 (…). (doc.6); parte convenuta negava la sussistenza di relazioni professionali di carattere subordinato in data antecedente il febbraio 1999; allo stesso modo, alcun rapporto, men che mai subordinato, era intercorso tra le parti tra la cessazione del primo rapporto (dicembre 1999) e la costituzione (oltre un anno e dieci mesi dopo) del secondo, al 22 ottobre 2001); gli orari osservati dalla ricorrente erano stati quelli previsti dai contratti (in atti) e dai corrispondenti cedolini paga (pure allegati); il lavoro oltre l'orario ordinario aveva trovato regolare retribuzione con le maggiorazioni contrattualmente previste; erano sempre state riconosciute in favore della ricorrente tutte le voci contrattualmente previste, ivi comprese 13esima e 14esima mensilità, nonché le eventuali indennità ferie ed ogni altra voce eventualmente prevista; la ### aveva sempre percepito la retribuzione per come puntualmente indicata nelle allegate buste paga sottoscritte dalla ricorrente stessa-, con pagamento in contanti come dalla stessa richiesto; sempre (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, in funzione di Giudice del lavoro dr. ### all'esito della discussione orale delle parti, all'udienza del 29 ottobre 2024, mediante lettura del dispositivo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 13409/2022 ###, nata a Napoli il ### rapp.ta e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti ### (C.F. ###) e ### (c.f.  ###) ed elett.te dom.ta presso lo studio del primo in Napoli alla ###. Sanfelice 24 Ricorrente -convenuto in riconvenzionale E ### nato a Napoli il ### (CF: ###), rappresentato e difeso dall'Avv. ### (C.F.: ###) ed elettivamente domiciliato presso lo ### del suddetto in Napoli alla ### 89 Convenuto - ricorrente in riconvenzionale ### per parte ricorrente: Accertare e dichiarare la sussistenza tra le parti in causa di un rapporto di lavoro subordinato a far data dal maggio del 1998 e sino al 28.2.2022 e, di conseguenza, condannare #### al pagamento della somma complessiva, comprensiva di differenze retributive, ratei istituti indiretti e ### di euro 131.292,30 in favore della ricorrente, oltre interessi e rivalutazione dalla data di maturazione delle singole voci di credito e fino al totale soddisfo. Il tutto con vittoria di spese, diritti, onorari, forfait 12.5%, IVA e ### da attribuirsi ai costituiti procuratori. 
Per il convenuto Preliminarmente, a seguito della spiegata domanda riconvenzionale, ai sensi dell'art.418 c.p.c., si chiede al sig. Giudice adito, a modifica del decreto di cui all'art. 415 c.p.c., di voler fissare con nuovo decreto altra udienza di comparizione delle parti e di discussione. 
In via preliminare e di rito, - accertare e dichiarare l'intervenuta decadenza dall'azione da parte della ricorrente, e, ovviamente, di ogni conseguenza anche sul piano retributivo, contributivo e risarcitorio, per mancata impugnativa dei rapporti antecedenti il ### nel termine di legge di 60 giorni e del successivo termine di 180 per l'istaurazione del giudizio, ed in ogni caso per violazione dell'art. 32, l. 183/10 e ss.mm per tutto quanto indicato nel presente atto, specie al punto B e sub ###.  - accertare e dichiarare che nulla può essere ex adverso richiesto a titolo di differenze retributive e contributive, dichiarando la relativa prescrizione, per intervenuta prescrizione quinquennale antecedentemente al 30.7.2022 e/o in subordine, per intervenuta prescrizione quinquennale decennale antecedentemente al 30.7.2022 e/o dal diverso momento emergente a seguito dal giudizio e/o secondo legge e/o ritenuto di giustizia e/o, in ogni caso, i crediti relativamente maturati e antecedenti a cinque anni ovvero, in subordine, dieci anni dalla data di notifica del primo atto interruttivo della prescrizione limitando l'eventuale condanna al periodo successivo, per tutto quanto indicato nel presente atto, specie al punto B e sub ### da intendersi qui integralmente riportati e trascritti; - accertare e dichiarare che nulla può essere ex adverso richiesto a titolo di differenze retributive e contributive, dichiarando la relativa prescrizione, per intervenuta prescrizione presuntiva annuale dei crediti richiesti antecedentemente al 30.7.2022 e/o in subordine, per intervenuta prescrizione presuntiva triennale antecedentemente al 30.7.2022 e/o dal diverso momento emergente a seguito dal giudizio e/o secondo legge e/o ritenuto di giustizia e/o, in ogni caso, i crediti relativamente maturati e antecedenti a 1 ovvero, in subordine, 3 anni dalla data di notifica del primo atto interruttivo della prescrizione limitando l'eventuale condanna al periodo successivo, per tutto quanto indicato nel presente atto, specie al punto B e sub ### da intendersi qui integralmente riportati e trascritti; - accertare e dichiarare, in subordine, che nulla può essere ex adverso richiesto a titolo contributivo e/o di differenze contributive, dichiarando la relativa prescrizione, per intervenuta prescrizione quinquennale dei crediti richiesti antecedentemente al 30.7.2022 e/o dal diverso momento emergente a seguito dal giudizio e/o secondo legge e/o ritenuto di giustizia e/o, in ogni caso, i crediti relativamente maturati e antecedenti a 5 anni dalla data di notifica del primo atto interruttivo della prescrizione limitando l'eventuale condanna al periodo successivo, per tutto quanto indicato nel presente atto, specie al punto B e sub ### da intendersi qui integralmente riportati e trascritti.  - nel merito, e in via di progressivo subordine: ▪ Rigettare le domande avversarie perché generiche, infondate e/o non provate. Nella denegata ipotesi di accoglimento totale o parziale della domanda della ricorrente, limitare le conseguenze risarcitorie, in ragione delle eccezioni esposte nel presente atto e delle difese tutte qui esposte, ed eventualmente procedere a compensazioni tra quanto richiesto e quanto già percepito ad ogni titolo dalla ricorrente, in forza di quanto dedotto nel presente atto, specie al punto C e D da intendersi qui integralmente riportati e trascritti.  ▪ accogliere la domanda riconvenzionale e per l'effetto condannare la ricorrente al pagamento della relativa indennità pari ad ### 620,00. 
Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa per le ragioni tutte di cui al presente atto. 
Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con ricorso depositato in data ###, parte ricorrente esponeva: di aver svolto attività lavorativa a decorrere dal maggio del 1998 e sino all'intero mese di gennaio 1999 in favore del convenuto rag. ### titolare di uno studio professionale di consulenza fiscale e del lavoro, sito in Napoli alla ### di ### n. 155, senza che la posizione lavorativa della stessa fosse contrattualmente regolamentata; che le erano state assegnate mansioni ascrivibili al IV livello del ### del 26.6.1997 e successivi (24/10/01, 3/5/06, 29/7/08, 29/11/2011, 17/4/2015); in particolare, ella, dal momento dell'inizio delle attività lavorative e sino al momento della cessazione del rapporto di lavoro avvenuta il ###, aveva prestato la propria attività lavorativa presso lo studio professionale del datore di lavoro in Napoli alla ### di ### n. 155, studio successivamente trasferito, a decorrere dal dicembre 2006, alla ### 19, disimpegnando i seguenti compiti, con l'ausilio di PC, per l'intero periodo lavorativo e in virtù di specifiche direttive impartite dal convenuto: tenuta della contabilità dei clienti; comunicazioni di apertura e chiusura partite ### comunicazioni IVA periodiche; annotazioni relative alla contabilità della partita doppia; gestione e registrazione delle situazioni dei costi e ricavi dei clienti; ancora, la ricorrente, in possesso, tra l'altro delle chiavi di studio, provvedeva a svolgere l'attività di segreteria, per lo studio professionale del convenuto stesso, allo smistamento della posta, delle telefonate, agli adempimenti con gli uffici esterni. 
Deduceva di aver osservato il seguente orario di lavoro, seguendo le indicazioni provenienti della parte datrice: dal maggio 1998 al dicembre 1999, per 5 giorni alla settimana, dalle ore 9.00 alle ore 18.00 (8 ore giornaliere) di ciascuna giornata lavorativa con 1 ora di intervallo, per un totale di n. 40 ore settimanali; affermava che, a partire dal febbraio del 1999 e sino al dicembre 1999, ella aveva usufruito di un formale progetto d'inserimento professionale come impiegata amministrativa per la durata di n. 11 mesi e con orario mensile massimo di n. 80 ore, nell'ambito del quale restavano, sostanzialmente, invariate le mansioni sino ad allora svolte, così come invariato restava l'orario di lavoro settimanale; il detto progetto prevedeva una retribuzione di £. 7.500 orarie; che alla scadenza del suddetto progetto d'inserimento professionale, a decorrere dal gennaio 2000, ella, pur continuando a svolgere la abituale attività lavorativa in favore del convenuto, non riceveva, nuovamente, alcuna regolamentazione contrattuale e questo sino all'1.10.2001; che dall'ottobre 2001 e sino al 28.2.2022 il rapporto di lavoro tra le parti si svolgeva con contratto di lavoro a tempo indeterminato con part-time verticale sino al termine del rapporto di lavoro (28.2.2022), e orario ricompreso tra le ore 10.00 e le ore 14.00 (4 ore giornaliere) per n. 5 giorni alla settimana, per un totale di n 20 ore settimanali; rilevava d aver ricevuto la retribuzione meglio specificata in ricorso (ossia pari a lire 700.000 mensili dal maggio del 1998 e sino al gennaio 1999 per n. 8 ore giornaliere; poi a partire dal febbraio 1999 e sino al dicembre 1999 diveniva pari a £ 900.000 mensili per n. 8 ore giornaliere; Successivamente, dal gennaio del 2000 e sino all'ottobre del 2001 era pari a £ 500.000 mensili per n. 4 ore giornaliere, per poi, dal novembre 2001 e sino alla cessazione del rapporto, attestarsi su ### 362,00 mensili per n. 4 ore giornaliere); ella, inoltre, a far data dal 23.3.2020 e sino al dicembre 2021 veniva posta, a seguito degli eventi pandemici collegati al ### -19, in C.I.G., ### in ### percependo il trattamento economico dagli uffici preposti all'erogazione; precisava che questo era stato l'unico periodo in cui parte datrice aveva provveduto alla emissione di buste paga fedeli alla reale situazione di fatto, ossia riportanti quanto effettivamente corrisposto in favore della istante; diversamente, negli altri periodi, le buste paga avevano sempre riportato importi diversi rispetto a quanto effettivamente corrisposto da parte datrice alla ricorrente; affermava che alla ripresa, in via ordinaria, dell'attività lavorativa, non le veniva corrisposta la retribuzione per il mese di gennaio 2022; che dal 10-2-2022 la ricorrente si assentava dal lavoro in quanto sprovvista di greenpass. 
Aggiungeva che nel corso del rapporto di lavoro non le era mai stata corrisposta la 14° mensilità (anche definita dai ### “premio feriale”), né le festività soppresse, né, la stessa, aveva percepito ratei di ferie maturate e non godute per l'anno 2022 ed i ratei di permessi maturati e non goduti. Inoltre, nulla le era stato corrisposto a titolo di TFR all'atto della cessazione del rapporto. Con raccomandata AR del 13.4.22, reiterata il ###, parte datrice comunicava la risoluzione del rapporto di lavoro, stante il perpetrarsi dell'assenza della ### dal febbraio 2022. Nelle more, con telegramma del 27.4.2022 la ricorrente, alla luce delle intervenute modifiche normative in materia prevenzione ### -19 per l'accesso ai luoghi di lavoro, inviava al convenuto telegramma al fine di mettere a disposizione dello stesso la propria attività lavorativa. Tutto ciò premesso in fatto, ritenendosi creditrice della parte convenuta, rassegnava le conclusioni esposte. 
Fissata udienza di discussione per il ###, si costituiva tempestivamente la convenuta; deduceva la sussistenza di due distinti rapporti lavorativi intercorrenti tra le parti e interrotti per un lungo periodo: un primo rapporto tra le parti era sorto nel febbraio 1999 attraverso l'adesione ai cd. “Piani di ### Professionale” (cd. PIP) (come da doc.1) che consentivano l'assunzione a termine di lavoratori in stato di disoccupazione, stipulato per la durata di 11 mesi e con orario mensile di ore 80 e venuto a cessazione al naturale decorrere del termine di 11 mesi previsto dallo specifico contratto in essere tra le parti; in relazione a detta risoluzione, nessuna rivendicazione o impugnativa di sorta era stata posta in essere dalla ricorrente; un secondo rapporto era sorto il 22 ottobre 2001 (quindi, oltre 1 anno e 10 mesi dopo la cessazione del primo rapporto), stipulato con contratto subordinato a tempo parziale, per 20 ore settimanali, mansioni di impiegata di livello 4 di cui al ### (v.  doc. 2); detto secondo rapporto veniva risolto dall'odierno convenuto in data ### (v.  comunicazione in doc. 3), attraverso licenziamento per giustificato motivo oggettivo (risoluzione, anche in tal caso, non impugnata dall'odierna ricorrente); in effetti la ricorrente non si era più presentata al lavoro dal 10.2.2022 poiché non in regola con gli obblighi vaccinali “anti covid”; la risoluzione inviata tramite raccomandata a/r all'indirizzo comunicato dalla ricorrente ritornava al mittente con la motivazione “l'indirizzo è insufficiente” (doc.4); veniva quindi inviata nuova comunicazione in data ### che veniva ritirata dalla ricorrente in data ### (doc.5); tali circostanze relative alle motivazioni che avevano portato alla risoluzione del contratto erano confermate dalla comunicazione inviata dalla stessa ricorrente al convenuto mediante telegramma del 27.4.2022 con la quale ella dichiarava che, solo all'esito della… intervenuta normativa relativa all'obbligo di green pass, comunico la messa a disposizione delle energie lavorative a far data dal g. 02.05.2022 (…). (doc.6); parte convenuta negava la sussistenza di relazioni professionali di carattere subordinato in data antecedente il febbraio 1999; allo stesso modo, alcun rapporto, men che mai subordinato, era intercorso tra le parti tra la cessazione del primo rapporto (dicembre 1999) e la costituzione (oltre un anno e dieci mesi dopo) del secondo, al 22 ottobre 2001); gli orari osservati dalla ricorrente erano stati quelli previsti dai contratti (in atti) e dai corrispondenti cedolini paga (pure allegati); il lavoro oltre l'orario ordinario aveva trovato regolare retribuzione con le maggiorazioni contrattualmente previste; erano sempre state riconosciute in favore della ricorrente tutte le voci contrattualmente previste, ivi comprese 13esima e 14esima mensilità, nonché le eventuali indennità ferie ed ogni altra voce eventualmente prevista; la ### aveva sempre percepito la retribuzione per come puntualmente indicata nelle allegate buste paga sottoscritte dalla ricorrente stessa-, con pagamento in contanti come dalla stessa richiesto; sempre aveva ricevuto tutto quanto spettante per legge e contratto ed in piena conformità alla quantità e qualità del lavoro prestato; la convenuta contestava lo svolgimento di alcune delle mansioni indicate in ricorso (non rientrava nel mansionario della ricorrente e non provvedeva la stessa alle comunicazioni di apertura e chiusure partita ### all'invio delle comunicazioni IVA periodiche, alla gestione e registrazione delle situazioni dei costi e ricavi dei clienti e a tutte le corrispondenti attività antecedenti e successive necessarie), visto che il rag. ### si avvaleva di un programma informatico e gestiva direttamente le attività descritte. Infine, parte convenuta formulava domanda riconvenzionale per il pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, attesa la asserita iniziativa della ricorrente nella risoluzione del rapporto, senza rispetto dei termini previsti dalla normativa di categoria. 
Fissata nuova udienza a seguito della presentazione della domanda riconvenzionale per la data del 15 giugno 2023, si verificava la mancanza di volontà concreta ad una definizione transattiva della controversia (parte convenuta rappresentava di aver proposta alla ricorrente la definizione transattiva della controversia, mediante la corresponsione della somma complessiva di euro 20.000,00 al netto, a fronte di una richiesta di euro 50.000,00 netti, oltre alle spese di lite proveniente da parte ricorrente); si procedeva, quindi, all'ammissione dei mezzi istruttori, con ordinanza resa in udienza; all'udienza del 12-12-2023, i procuratori delle parti rappresentavano che anche gli ulteriori tentativi di addivenire ad un accordo conciliativo erano falliti (in dettaglio, parte ricorrente era giunta alla offerta complessiva -comprensiva di spese legalidella somma di euro 32.000,00 a detti fini mentre parte ricorrente rimaneva ferma nella propria richiesta di euro 50.00,00) e chiedevano procedersi con l'esame dei testi presenti. 
Il Giudice disponeva in conformità, procedendo con l'esame del teste ### essendo assente il teste ### intimato dalla convenuta; l'esame del teste suddetto aveva luogo all'udienza del 15-2-2024; nel corso della stessa udienza si procedeva con l'esame della teste ### nonché del teste ### all'esito, su richiesta dei procuratori delle parti (preso atto che il nuovo tentativo di conciliazione non aveva sortito effetto, poiché la proposta dell'offerta di euro 32.000,00 comprensiva di spese di lite e con rateizzazione proveniente dalla convenuta era stata ritenuta non satisfattiva da parte ricorrente, che riteneva congrua la cifra di euro 38.000,00 oltre le spese di lite), il Giudice fissava udienza per la discussione, con termine per il deposito di note illustrative. All'udienza del 29-10-2024, svolta in presenza delle parti, dopo discussione orale, il giudice decideva la causa con dispositivo. del quale veniva data lettura, con riserva del termine per il deposito dei motivi.  ***** 
Il ricorso appare parzialmente fondato e meritevole di accoglimento, nei limiti segnati dalla presente sentenza. 
Va premesso che incombeva sulla parte ricorrente, sulla scorta del disposto dell'art. 2697 cod.  civ. l'onere di provare gli elementi di fatto posti a base della domanda. 
Ed invero, non appare revocabile in dubbio che incombe sul prestatore di lavoro che agisce in giudizio per ottenere una pronuncia di condanna del datore di lavoro al pagamento di competenze retributive fornire riscontri processuali documentali e/o testimoniali, di avere intrattenuto un rapporto di lavoro subordinato nel periodo, con le mansioni e con l'orario di lavoro assunti in ricorso, mentre incombe sul datore di lavoro l'onere di provare i fatti modificativi, impeditivi ed estintivi delle avverse pretese. Come noto, l'elemento centrale del rapporto di lavoro subordinato, desumibile dall'art. 2094 c.c., è ravvisabile nella collaborazione nell'impresa alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro. La collaborazione, peraltro comune anche ad altre tipologie contrattuali, descrive il fenomeno della partecipazione del lavoratore all'attività del datore di lavoro e si concretizza nell'inserimento del primo nell'organizzazione produttiva del secondo. Il fulcro della subordinazione consiste, invece, nella soggezione del prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore che deve estrinsecarsi nell'emanazione di ordini specifici oltre che nell'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni lavorative (si veda ex plurimis Cass. n. 5534/2003, Cass. n. 4889/2002 Cass. n. 7608/1991). Intesa come eterodeterminazione spaziale e temporale della prestazione lavorativa, non è, nella pratica, sempre agevolmente individuabile. Ecco perché la giurisprudenza ricorre ad una serie di indici sussidiari, rivelatori della natura subordinata del rapporto di lavoro quali la vincolatività dell'orario, l'esclusività del rapporto, la retribuzione fissa a tempo, l'assenza di rischio in capo al lavoratore, l'inerenza della prestazione al ciclo produttivo del datore (si veda ex plurimis n. 849/2004, Cass. n. 2970/2001 e Cass. n. 224/2001). Peraltro, va detto che i suddetti indici hanno natura sussidiaria perché svolgono una funzione di natura complementare e secondaria, meramente indiziaria rispetto all'unico elemento probante della subordinazione, rappresentato dalla dimostrazione della permanente disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro con assoggettamento gerarchico al potere di direzione e controllo di quest'ultimo (si veda ex plurimis Cass. n. 3745/1995, nonché Cass. n. 326/1996). 
Sulla scorta di queste premesse, l'istruttoria svolta, a parere del giudicante, consente di avvalorare soltanto parzialmente l'assunto secondo cui la ricorrente avrebbe intrattenuto con la parte convenuta un rapporto di lavoro subordinato per l'intero periodo dedotto in giudizio. 
In particolare, considerato il contenuto della documentazione prodotta (da cui emerge l'attestazione scritta della sussistenza di due distinti rapporti di lavoro), ritiene il giudicante che la parte ricorrente non abbia fornito la prova di aver intrattenuto rapporti di lavoro subordinato (con le caratteristiche di subordinazione e assoggettamento su descritte) nei periodi non coperti dall'efficacia dei detti contratti, ossia nel periodo dal maggio del 1998 al gennaio del 99 (periodo antecedente la data di stipula del contratto di inserimento professionale) e nel periodo successivo alla scadenza di detto contratto, fino alla data di stipula del contratto a tempo indeterminato dell'ottobre del 2021. 
E, invero, nella prospettiva di parte ricorrente, la prova doveva essere affidata al contenuto delle dichiarazioni rese dai testi intimati, ossia il fratello ### e la sorella ### Ritiene il giudicante che gli elementi di prova apportati dai suddetti testi non siano di efficacia e precisione tale da consentire di ritenere la sussistenza di un rapporto subordinato per i periodi controversi Al riguardo, l'insussistenza (per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 248 del 1994) del divieto di testimoniare sancito per i parenti dall'art. 247 c.p.c. non consente al giudice di merito una aprioristica valutazione di non credibilità delle deposizioni rese dalle persone indicate da detta norma (Cass. civ., Sez. III, 20/01/2006, n.1109); ma ciò neppure esclude che l'esistenza di uno dei vincoli in essa indicati possa, in concorso con ogni altro utile elemento, essere considerato ai fini della verifica della maggiore o minore attendibilità delle deposizioni stesse (Cass. civ., Sez. II, 30/08/2004, n.17384); coloro che sono legati da vincoli di parentela ed affinità alle parti del giudizio, infatti, se da una parte, in ragione dei suddetti vincoli, possono essere a conoscenza delle vicende familiari, dall'altra sono, anche inconsapevolmente, soggetti ad eventuali prese di posizione a favore del proprio parente, giungendo, talora, proprio per ragioni di affetto, a rendere, sia pur in buona fede, deposizioni scarsamente obiettive. 
Pertanto, in sede di valutazione delle dichiarazioni rese da costoro, occorre che il giudice abbia cura di fondare il proprio apprezzamento, oltre che sulla loro verosimiglianza, anche sul riscontro che queste possono trovare, o meno, nelle deposizioni di altri testi ed in genere nelle risultanze probatorie e deve, in ogni caso, osservare un rigore valutativo superiore rispetto a quello ordinariamente dedicato alla testimonianza resa da soggetto non legato alle parti da rapporti di parentela. 
Opportuna l'analisi delle prove testimoniali suddette. 
Il teste ### ha reso le seguenti dichiarazioni: ### sono il fratello della ricorrente; non ho mai avuto rapporti professionali con il convenuto, che non conosco personalmente; ADR; sono al corrente del fatto che la ricorrente ha lavorato per anni presso lo studio del rag.  ### nei primi periodi la accompagnavo al mattino alla riviera di ### dove era situato lo studio, quasi alla fine della villa in direzione via piedigrotta; ricordo perfettamente che nei pressi c'era una filiale del ### di Napoli; parlo dell'anno successivo alla mia assunzione che avvenne nel 1997; ero stato assunto part-time e osservavo l'orario del turno serale, ragion per cui non avevo difficoltà ad accompagnare mia sorella; inoltre, quando lavoravo nel we ed avevo giorni liberi durante la settimana, capitava che andassi a prendere la ricorrente presso lo stesso studio intorno alle 18:00 se ben ricordo; dal 1999 ho iniziato a lavorare full-time e mi era diventato più complicato accompagnarla con frequenza, ma anche in questo periodo mi è capitato di accompagnarla; negli anni 2000-2001 (precisamente alla fine del 1999) ricordo che mi è capitato di accompagnarla, in particolare associo il periodo ad un problema di salute del quale soffrì mia sorella (una patologia ad un occhio); ADR: non sono mai salito nei locali dello studio, tuttavia, nel periodo di trasloco dei locali dello studio dalla ### al ### ricordo che la ricorrente svolgeva lavoro a casa; posso dire che si trattava di registrazione di fatture (registro verde) e liquidazione di ### per quello che sono riuscito a comprendere, non essendo esperto della materia; ADR: accompagnavo mia sorella intorno alle 8.55; ricordo che la sua attività iniziava intorno alle 9:00; ciò per tutto il periodo di attività svolta presso la ### di ### quando è passata al vomero, svolgeva attività dalle 10:00 (come ho verificato quando la ho accompagnata) alle 14:00 (qualche volta mi è capitato di andare a prenderla; ciò fino al 2008, perché a seguito del mio matrimonio, non ho più potuto effettuare detti accompagnamenti; ADR: nel periodo precedente il 1998 la ricorrente aveva svolto attività presso altro studio, se ben ricordo sito in ### dove capitava di accompagnarla. 
ADR: Non so dire se la ricorrente lavorasse al pc e fosse in grado di farlo; non lo ricordo. 
A domanda di parte convenuta: al mattino, quando accompagnavo mia sorella, partivamo da casa; all'epoca convivevamo; abbiamo avuto la stessa residenza fino al mio matrimonio; da quando non abbiamo più vissuto insieme io partivo da casa mia (### a ### in Napoli) e andavo a prenderla; ciò anche quando mia sorella si è sposata ed è andata a vivere a ### non ricordo di preciso la data del matrimonio, ma credo intorno al 2000; la mia attività lavorativa la ho sempre svolta presso la ### al ### direzionale di Napoli. 
Osserva il giudicante che il teste si dice a conoscenza delle vicende professionali relative alla odierna ricorrente e tuttavia manifesta una certa imprecisione nei ricordi; detta circostanza non può che fondare da parte di questo giudicante una valutazione di scarsa credibilità; in particolare, deve rilevarsi che il teste ### afferma: “accompagnavo mia sorella intorno alle 8.55; ricordo che la sua attività iniziava intorno alle 9:00; ciò per tutto il periodo di attività svolta presso la ### di ### quando è passata al vomero, svolgeva attività dalle 10:00 (come ho verificato quando la ho accompagnata) alle 14:00”. 
Questa affermazione si pone in stridente contrasto e contraddizione con la stessa prospettazione di parte attorea, secondo cui il trasferimento presso la sede del ### (via ### era avvenuto nel dicembre del 2006 mentre sin dall'ottobre del 2001 l'orario osservato era un parttime con inizio alle ore 10:00 (dal ricorso introduttivo si evince letteralmente che “Nel periodo di cui al punto 7) (ossia dall'ottobre del 2001 n.d.e.) e, comunque, sino al termine del rapporto di lavoro (28.2.2022), l'orario osservato era ricompreso tra le ore 10.00 e le ore 14.00 (4 ore giornaliere) per n. 5 giorni alla settimana, per un totale di n 20 ore settimanali”. 
Si tratta di una imprecisione piuttosto evidente e rilevante, che non consente di ritenere la prova testimoniale attendibile. 
Quanto alle teste ### ella ha reso le seguenti dichiarazioni: ADR: sono la sorella della ricorrente; non ho mai svolto attività lavorativa per il dr. ### non ho frequentato lo studio del convenuto; mi è capitato di accompagnare mia sorella e anche di andarla a prendere a piedi, ossia coi mezzi pubblici; nel 1998 ho terminato un rapporto di lavoro decennale; poi ho svolto attività lavorativa occasionale; fino al 2000 abbiamo vissuto nello stesso appartamento con mia sorella in Napoli, salita san ### a ### n.33 ADR: accompagnavo mia sorella perché per diversi anni sono stata cliente del ### e capitava che andassi presso il centro; non avendo orari stabiliti prendevo accordi con mia sorella per accompagnarla e poi andavo al ### al ### accompagnavo mia sorella soltanto allo studio di via ### andavamo con la funicolare; ciò negli anni successivi al 2013; ossia 2014/2015; in precedenza mi è capitato di andare a prendere mia sorella nel periodo natalizio per gli acquisti; lei usciva alle due del pomeriggio e andavamo insieme per compere; ciò da sempre e sempre presso lo studio del ### dove mi recavo per andare a prenderla. 
Si tratta di dichiarazioni da cui alcun elemento rilevante ai fini della prova della sussistenza di un rapporto di lavoro per periodi diversi da quelli coperti da formale contratto può trarsi, con riguardo all'arco temporale cui si riferiscono i ricordi della teste. 
Deve, pertanto, ribadirsi che non è stata fornita da parte ricorrente la prova della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato per i periodi non coperti da atti formali di assunzione. 
Ciò posto, quanto al periodo coperto dal contratto di inserimento professionale, deve osservarsi che, considerato il lungo periodo di tempo intercorso fino alla stipula del contratto successivo, in assenza di prova di una continuità della prestazione, alcuna domanda formulata da parte ricorrente può accogliersi. 
A tanto osta la maturazione della decadenza dall'impugnativa del detto contratto (prodotto da parte ricorrente) con ciò accogliendosi l'eccezione tempestivamente sollevata da parte convenuta, in quanto non risulta intervenuta alcuna impugnativa nel termine di 60 giorni, ex art. 32, l. 183/10); nello stesso senso depone la considerazione che, sulla validità formale del contratto, alcuna censura è stata avanzata da parte ricorrente né, deve rilevarsi, alcuna irregolarità emerge ictu oculi; in ogni caso, come condivisibilmente ricordato dalla convenuta, occorre evidenziare, che, stante la presentazione del ricorso solo nel luglio 2022 e la sua notifica solo in data ### (v. ricorso con relata di notifica in doc. 15), così come l'assenza di qualsivoglia argomentazione dimensionale da parte della ricorrente, qualsivoglia pretesa antecedente i termini prescrizionali (quinquennale e in subordine decennale), decorrenti a ritroso da tale ultima data (quindi antecedenti il ### per prescrizione decennale e il ### per quella quinquennale, ovvero dalla diversa data eventualmente emergente in giudizio, ritenuta secondo legge e giustizia), è comunque viziata perché ormai intervenuta una inconfutabile prescrizione sugli asseriti crediti. 
Ciò premesso, ritenuta acquisita la prova documentale dello svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato part-time per 4 ore (dalle 10:00 alle 14:00) su cinque giorni lavorativi a partire dalla data del 22 ottobre 2001 e fino al 28-2-2022. 
In relazione a detto periodo, incontestati il formale inquadramento nel 4° livello del contratto collettivo (pacificamente applicato) e l'orario di lavoro osservato, alla lavoratrice competono le somme in relazione ai titoli per i quali risulta fornita la prova documentale e in relazione ai quali ella non abbia ammesso la corresponsione. 
Con riguardo a detti crediti, parte convenuta ha eccepito il regolare e pieno pagamento delle somme dovute ma non ha fornito, come era suo onere, la prova dell'estinzione dei debiti relativi. E, invero, la parte datoriale si è riportata esclusivamente al contenuto delle buste paga asseritamente recanti la sottoscrizione della odierna ricorrente. 
Tuttavia, ritiene il giudicante che la mera sottoscrizione delle buste paga non sia idonea di per sé sola a provare, neppure in via presuntiva, il pagamento delle retribuzioni dovute, ben potendo la firma del lavoratore significare l'avvenuta consegna della sola busta paga (così n.17413/2015, in ipotesi in cui la firma era preceduta dalla dicitura "per ricevuta"); la suprema Corte ha ribadito in numerose pronunce che la mera sottoscrizione del foglio paga non costituisce "ricevuta e quietanza" relativamente alle somme indicate (Cass. 21699/2018 ex multis). Inoltre, deve osservarsi che l'art.1 co.911 della L. n°205/2017 vieta, a decorrere dal 1°luglio 2018, la possibilità di pagare gli stipendi senza l'utilizzo di mezzi tracciabili. 
La retribuzione corrisposta da parte datrice in favore della ### non risulta, pertanto, essere adeguata qualitativamente e quantitativamente alle mansioni svolte, con riferimento, come detto, al IV livello del ### di appartenenza; pertanto, la retribuzione da conferire alla ricorrente, dalla data di assunzione a quella della risoluzione del rapporto, deve essere relazionata ai suddetti parametri. 
Spettano, quindi, alla ricorrente le somme relative alle differenze di retribuzione ordinaria, nonché ai ratei di 13ma e 14ma mensilità e quelle che trovano la propria fonte in istituti contrattuali, quali i permessi, tutto secondo quanto espressamente previsto nelle buste paga prodotte; compete la somma prescritta a titolo di T.F.R nella misura che sarà precisata. 
In particolare, competono le somme richieste dalla ricorrente a titolo di differenze sulla retribuzione ordinaria (in mancanza di prova del pagamento da parte della convenuta) ivi compresa la retribuzione del gennaio 2022 che non risulta corrisposta, nonché il pagamento della somma per i titoli di diretta derivazione contrattuale, come i ratei di tredicesima, rispetto ai quali, peraltro, il diritto è previsto indistintamente per tutti i lavoratori dal d.p.r. 28.7.1960 1070 (fonte legale), che ha esteso erga omnes l'accordo interconfederale del 1946 e trova, inoltre, fondamento nella previsione costituzionale di cui all'art. 36. Compete la somma richiesta a titolo di quattordicesima mensilità, di derivazione contrattuale e la cui debenza è ammessa da parte datrice nel proprio atto di costituzione in giudizio. Compete il trattamento di fine rapporto, in quanto il diritto al pagamento del TFR è previsto indistintamente per tutti i lavoratori dall'art. 2120 Codice civile e dalla legge n. 297/1982 e non essendo emersa la prova della corresponsione dello stesso. 
Ritiene il giudicante che non competano le somme richieste a titolo di “festività soppresse”, poiché non può dirsi assolto, sulla scorta delle dichiarazioni testimoniali e documentali acquisite, l'onere che gravava sulla lavoratrice di provare la mancata fruizione entro l'anno previsto per il godimento nonostante la specifica richiesta avanzata. 
Per la quantificazione degli importi dovuti, per i titoli accertati come dovuti, possono accogliersi i conteggi prodotti dalla parte ricorrente (con esclusione delle somme relative ai periodi per i quali non risulta provata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e di quelle richiesta ex art. 4 ex fest. Legge 54/77 e D.P.R. 792/85), in quanto basati sulle previsioni contrattuali, non contestati in modo puntuale e specifico, metodologicamente corretti e privi di omissioni logiche, ritenendosi, come detto, adeguato (e, del resto, incontestato), in ragione delle mansioni in concreto svolte dall'istante e del contenuto della documentazione prodotta, il riferimento al IV livello retributivo del C.C.N.L. di categoria. 
Ne risulta un credito in favore della ricorrente della somma complessiva di euro 117.362,90 (di cui euro 100.407,69 per differenze retributive relative al periodo da 22-10-2001 al 28-2-2022 ed euro 16.955,21 a titolo di trattamento di fine rapporto), oltre gli interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione dei singoli diritti al saldo effettivo, secondo il meccanismo di cui all'art. 429 c.p.c.. 
Va disattesa la domanda di pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, formulata dalla parte convenuta in via riconvenzionale, in quanto è documentalmente provato che il recesso dal rapporto è avvenuto ad iniziativa del convenuto (all. n. 3 della memoria di costituzione). 
La complessiva somma dovuta è da considerarsi al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali, atteso che il meccanismo di tali ritenute da parte del datore di lavoro è inerente ad un momento successivo a quello dell'accertamento e della liquidazione delle spettanze del dipendente e si pone in relazione a distinti rapporti previdenziali e tributari sui quali non interferisce, in mancanza di norme specifiche, il giudice chiamato a detto accertamento e liquidazione ( lav., 7.6.93, n. 6340; Cass. 24.8.90, n. 8634; Cass. 9.6.89, n. 2818; Cass. 17.4.87, n. 3871; 25.7.86, n. 4792; Cass. 22.5.85, n. 3105; Cass. 17.10.85, n. 5121; Cass. 29.6.82, n. 3912). 
Al pagamento della somma suddetta va condannata la parte convenuta, che, per il principio della soccombenza, va condannato, altresì, al pagamento delle spese di lite, nella misura indicata in dispositivo con attribuzione in favore dei procuratori anticipatari. 
Tenuto conto della complessità della controversia, nonché del carico del ruolo e delle decisioni emesse da questo giudice in pari data, non si è potuto procedere alla contestuale lettura in udienza “del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione” così come disposto dal novellato primo comma dell'art. 429 c.p.c. applicabile al presente giudizio ratione temporis.  P.Q.M.  Il Tribunale di Napoli, in funzione di Giudice del ### in persona del dr. ### sul ricorso presentato da ### nei confronti di ### nel procedimento rg. n 13409/2022, ogni diversa istanza disattesa, così decide: a) in parziale accoglimento del ricorso, accerta la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra le parti a partire dal 22-10-2001 e fino al 28-2-2022; b) per l'effetto, condanna il convenuto ### al pagamento, in favore della ricorrente, a titolo di differenze retributive dovute, della complessiva somma di euro 117.362,90 (di cui euro 16.955,21 a titolo di T.F.R.), oltre accessori come da motivazione; c) rigetta il ricorso per il resto; d) rigetta la domanda riconvenzionale; e) pone a carico della convenuta le spese di lite, che liquida, in favore della ricorrente, in euro 6.699,00, oltre I.VA., C.P.A e spese generali con attribuzione in favore dei procuratori dichiaratisi anticipatari; f) fissa in giorni sessanta il termine per il deposito dei motivi. 
Napoli, 29-10-2024 

Il Giudice
dr. ### n. 13409/2022


causa n. 13409/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Mele Anna, Armato Francesco

M
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Tribunale di Grosseto, Sentenza n. 44/2025 del 05-02-2025

... 3.11.2021 prot. ### (doc. 21). Il possesso del “green pass” per accedere ai luoghi di lavoro era stato imposto - come è noto - per ragioni di igiene e sicurezza. Il lavoratore non negava il fatto, ma sosteneva l'irrilevanza della condotta in quanto il tentativo di utilizzare la certificazione del padre era avvenuto senza accesso ai luoghi di lavoro (parte datoriale aveva contestato al ### la violazione di cui all'art. 3, co. 8 del d.l. 127/2021). In realtà è avvenuto che il personale addetto alla vigilanza si è avveduto del tentativo di aggirare le regole da parte del ### Parte ricorrente contesta la possibilità di valutare tale precedente producendo l'assoluzione intervenuta in sede ###/2023 di questo Tribunale, prodotta telematicamente in data ###). La circostanza è irrilevante. Il fatto sussiste nella sua oggettività, come riconosciuto dallo stesso ### il quale - si legge a pag. 4 della sentenza - ha “(…) confermato che, alla richiesta del green pass da parte dell'addetto al controllo, mandava, tramite ### quello del padre pensionato, ### specificando che in quel periodo non si recava fisicamente a lavoro, ma lavorava da casa. Inoltre, ha riferito di aver mandato il (leggi tutto)...

testo integrale

Tribunale Ordinario di ### in persona del Giudice, dott. ### all'udienza del 5 febbraio 2025, all'esito della camera di consiglio, ha pronunciato la seguente ### ex art. 429, 1° comma c.p.c., modificato dall'art. 53, comma 2 d.l. n. 112/2008, conv. in legge n. 133/2008, nella causa civile iscritta al n. 696 del ### dell'anno 2024, vertente TRA ### (c.f. ###), nato a ### ( Gr ) il ### ed ivi residente ###, rappresentato, difeso e domiciliat ###studio in ### viale ### n. 7, giusta procura in atti telematici. 
RICORRENTE E ACQUEDOTTO del ### S.p.A. (C.f. e P. I.v.a.:###), con sede #######, ### 10, rappresentata e difesa dall'### presso il quale in #### 3, elegge domicilio, giusta delega in atti telematici.  ###: impugnazione licenziamento disciplinare. ###: Ricorrente: “### all' ecc.mo Giudice adito, accertata e dichiarata la nullità e/o l'illegittimità e/o l'inefficacia del licenziamento disciplinare per cui è causa, disposto da Acquedotto del ### spa nei confronti del sig. ### a mezzo lettera 18.01.2024, per tutte le ragioni meglio esposte in atti e previa se del caso declaratoria di illegittimità della sanzione irrogata con lettera prot. Adf 26195 del 20.09.2023, annullare il provvedimento espulsivo condannando la società convenuta alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro, nonché al pagamento in favore del ricorrente - previa occorrenda CTU contabile - dell'indennità risarcitoria prevista dall'art. 18, co. 4 della L. 300/1970, oppure, in via subordinata, con condanna della società convenuta al pagamento in favore del ricorrente dell'indennità risarcitoria prevista dall' art. 18, co. 5 della L. 300/1970, oppure ancora, sussistendone i presupposti, con condanna della società convenuta al pagamento in favore del ricorrente dell'indennità risarcitoria prevista dall' art.  18, co. 5 della L. 300/1970. Il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto e fino all' effettivo saldo. Con vittoria dei compensi professionali e delle spese del giudizio, oltre rimborso forfettario spese, Cap e Iva come per legge”. 
Convenuta: “### il Tribunale di ### sezione lavoro, ogni contraria domanda ed eccezione disattesa, dichiarare inammissibili e comunque respingere perché infondate le domande proposte da ### nei confronti della conchiudente nel procedimento in epigrafe, con le conseguenti pronunzie in ordine alle spese del giudizio”.  RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con ricorso ex art. 414 cpc. ### ha impugnato il licenziamento disciplinare con preavviso, irrogatogli da Acquedotto del ### S.p.A. con lettera del 18 gennaio 2024, per grave inadempimento agli obblighi previsti dal rapporto di lavoro e violazione di quelli specifici previsti dalla contrattazione collettiva; in particolare, per aver omesso di consegnare al medico competente gli esami clinici per gli accertamenti periodici previsti dal programma di sorveglianza sanitaria, così non rendendosi disponibile a sottoporsi ai controlli sanitari preventivi. 
Il ricorrente, nello specifico, ha dedotto ### di avere una “idiosincrasia per gli esami ematici, tanto che ogni volta era costretto ad evitare di eseguirli in occasione delle visite periodiche in quanto effettuate in locali non adatti stante il rischio di sentirsi male o svenire” (così testualmente a pag. 5 del ricorso); ### che quindi era solito svolgere gli esami in proprio presso un ### con tempistiche più dilatate, producendo tal fine accettazione ASL relativa al solo anno 2022 (all. 9) e ### che mai in passato ciò gli aveva creato problemi con l'### del ### che avrebbe comunque potuto sollecitarlo prima di intraprendere l'iniziativa disciplinare. Contestava infine la sussistenza della recidiva richiamata con riferimento alle lettere prot. AdF 1035 del 14.01.2022 e prot. AdF 26195 del 20.09.2023, in atti allegate, concludendo come sopra riportato.  2. Si è costituita Acquedotto del ### deducendo la fondatezza delle contestazioni mosse al dipendente con riferimento ### alla gravità del suo comportamento, denotante disinteresse verso gli obblighi imposti dalla normativa in tema di sicurezza sul lavoro; ### ai conseguenti disagi e alle ricadute in termini di organizzazione aziendale e ### alla sussistenza della recidiva contestata ex art. 21 lett.  a) n. 4 del CCNL per i dipendenti delle aziende del settore gas-acqua. Assumendo, in definitiva, la regolarità della contestazione e, nel merito, la legittimità e proporzionalità del provvedimento espulsivo, parte resistente concludeva per l'integrale rigetto del ricorso.  3. All'esito dell'udienza del 12.11.2024, il Tribunale, tentata invano la conciliazione, ordinava alla resistente di produrre in giudizio la documentazione relativa alle visite mediche annuali effettuate dal medico competente nei confronti del ricorrente a partire dal 2020, con indicazione della data della convocazione per la visita, della data ### 4 di 21 di effettuazione della visita, della data e del luogo di effettuazione delle analisi cliniche da parte del ricorrente nonché della data della produzione alla società di tali analisi, rinviando, a tal fine, all'udienza del 22.1.2025 per la verifica nel contraddittorio. 
Ritenutane quindi la natura documentale, all'odierna udienza la causa veniva discussa e decisa con la presente sentenza di cui veniva data lettura.  ***  4. Logicamente in via preliminare rispetto all'esame del merito occorre dire circa il denunciato vizio procedurale, sussunto nell'allegazione di parte ricorrente - sia pure espressa in coda al ricorso; cfr. pag. 8 - secondo cui il provvedimento sanzionatorio sarebbe affetto da “ogni ulteriore illegittimità (…) anche sotto il profilo procedurale (…)”. Il supposto motivo di nullità non è sostenuto da alcuna specifica ragione, come sarebbe stato preciso onere della parte. Non si comprende quindi quale violazione dell'art. 7 della L. 300/70 e/o dall'art. 21, lett. B, del ###-Acqua applicato al rapporto di lavoro, la resistente avrebbe commesso (e la cui insussistenza sarebbe invece chiamata a comprovare), posto che nessuna indicazione è stata in tal senso fornita, né dalla lettura degli atti disponibili se ne ravvisa invero alcuna.  5. Nel merito, ritiene il Tribunale che il ### abbia manifestato una condotta tale da legittimare l'interpretazione dell'ultima sortita come una sostanziale conferma del suo disinteresse e della sua mancanza di disponibilità a sottoporsi agli accertamenti sanitari preventivi e periodici. 
La previsione, normata all'art. 21 punto 4, non richiede il rifiuto espresso, bensì, appunto, un atteggiamento di non collaborazione o indisponibilità, che dir si voglia. Si intende con ciò affermare che non può spettare al lavoratore, senza fondato e documentato motivo oggettivo, stabilire tempi e modi delle visite, né egli può costringere il datore di lavoro a sollecitare l'attuazione di comportamenti dovuti o ad attendere che sia l'interessato a stabilire se, come e quando sottoporsi ai controlli preventivi (che includono, per quel che qui rileva, anche gli esami ematochimici e urinari); né, peggio ancora, può mettere il datore di lavoro nella condizione di doverlo far lavorare in assenza di una completa certificazione d'idoneità o addirittura in totale carenza di essa, salvo in alternativa sospenderlo dal lavoro. Tutto ciò pena, altrimenti, la ### 5 di 21 violazione dei generali obblighi di correttezza e collaborazione nell'esecuzione del contratto, previsti a carico di entrambe le parti di esso. 
E' convincimento del Tribunale che - in assenza di qualsiasi riscontro medico, oggettivo, circa le asserite difficoltà personali del ### nel sottoporsi agli esami (“idiosincrasia o rischio di svenire”, così definiti in ricorso), nonché in presenza della mera, apodittica, affermazione secondo cui gli ambulatori individuati dall'azienda fossero siti in “locali non adatti” (così sempre a pag. 5 del ricorso) - fosse in realtà suo intento non rispettare le tempistiche dettate dall'azienda con l'organizzazione dei prelievi a proprio carico per tutti i dipendenti (correva solo qualche giorno tra il preavviso e l'appuntamento per il prelievo) e così stabilire in autonomia il periodo e il lasso di tempo da interporre tra l'invito dell'azienda a presentarsi per sottoporsi agli esami e la loro concreta esecuzione per proprio conto (peraltro eventuale poiché, come si vedrà, non vi è certezza alcuna che egli abbia davvero svolto gli esami clinici ogni anno e che il giudizio di idoneità non sia invece rimasto appeso all'attesa della presentazione delle analisi).   6. A prescindere da quali fossero le motivazioni personali, che qui sono comunque irrilevanti in quanto prive di riscontri certi, è indubitabile che la condotta del ### abbia legittimato l'iniziativa datoriale perché si è tradotta in una sostanziale mancanza di disponibilità a rispettare i controlli periodici, spintasi al punto d'imporre che la completezza del quadro sanitario relativo al suo stato di salute, sul quale il medico competente è chiamato a esprimersi circa l'idoneità a lavoro ai sensi dell'art. 41 D.lgs 81/2008, si formasse oltre i tempi previsti, quindi oltre il termine richiamato in calce a ogni giudizio di idoneità, ove - è bene chiarirlo - veniva puntualmente precisato che la successiva visita avrebbe dovuto essere preceduta (e non seguita) dall'esecuzione degli esami clinici richiesti (la consueta dizione riportata nei giudizi di idoneità in atti è infatti la seguente: “da sottoporre a nuova visita entro (…) previa esecuzione degli accertamenti previsti dal programma di sorveglianza sanitaria predisposto dal medico competente e in vostro possesso”). 
È bene precisare infatti che il protocollo di sorveglianza sanitaria dell'azienda ( produzioni docc. 2 e 2 bis res.) prevede diverse tipologie di esami da produrre prima della visita, in ragione del tipo di lavoro svolto per Acquedotto del ### al cui interno ### 6 di 21 operano figure professionali le più disparate (dal terminalista, all'addetto alle letture, all'operaio etc.). ### operaio addetto alle manutenzioni, principalmente nel settore acquedotto, era tenuto a eseguire esami alcuni dei quali con cadenza annuale (### emocromo, creatininemia, glicemia, esame urine, ### g-GT, trigliceridemia etc.. 
Accertamento alcol e/o sostanze stupefacenti, a seconda che l'addetto guidasse o no anche mezzi), altri con cadenza biennale (spirometria, audiometria). Incontestato che il ricorrente fosse ovviamente a conoscenza della circostanza.   7. Il Tribunale ha ordinato il deposito della documentazione relativa alle visite mediche annuali effettuate dal medico competente sul ### a partire dal 2020. 
Il primo giudizio di idoneità acquisito è datato 7.5.2020 e risulta rilasciato dal dott. 
Mazzeo; in esso il medico riporta l'esito come “idoneo in attesa di esami di laboratorio”. In quell'occasione il ### aveva disatteso la convocazione per l'esecuzione del prelievo presso il laboratorio grossetano individuato dall'azienda in via ### 440 (cfr. mail di convocazione del 4.5.2020 per l'effettuazione del prelievo prevista per il giorno successivo, doc. 25.4). Non è dato conoscere se, dove e quando il ### abbia effettuato le previste analisi ematiche e urinarie, dal momento che nulla è stato da lui prodotto né altro è stato rinvenuto in azienda (all'esito dell'ordine giudiziale, il procuratore della resistente attestava infatti che non era stata rinvenuta presso AdF alcuna documentazione relativa alla “data e luogo di effettuazione delle analisi cliniche da parte del ricorrente nonché data della produzione alla società di tali analisi”). 
Il secondo giudizio di idoneità acquisito è datato 31.5.2021 e risulta rilasciato dalla dott.ssa ### in esso il medico riporta l'esito come “idoneo”, “in attesa di referto esami ematochimici”. Anche in quell'occasione il ### aveva disertato la convocazione per l'esecuzione del prelievo esami presso altro laboratorio grossetano, individuato questa volta dall'azienda in via ### 7 (cfr. mail di convocazione del 13.5.2021 per l'effettuazione del prelievo prevista per il giorno 18 maggio, doc. 26.5). Il medico disponeva esecuzione di nuova visita entro il maggio 2022 sempre “previa esecuzione degli accertamenti previsti dal programma di sorveglianza sanitaria predisposto dal medico competente ed in vostro possesso”. Anche riguardo a tale annualità non è dato conoscere se, dove e quando il ### abbia effettuato le previste analisi ematiche e urinarie, dal momento che nulla è stato da lui prodotto né è stato ### 7 di 21 rinvenuto in azienda (all'esito dell'ordine giudiziale, il procuratore della resistente attestava nuovamente che non era stata rinvenuta presso AdF alcuna documentazione relativa alla “data e luogo di effettuazione delle analisi cliniche da parte del ricorrente nonché data della produzione alla società di tali analisi”). 
Con riferimento al maggio 2022 (periodo in cui scadeva la precedente idoneità), l'azienda ha rinvenuto solo ### la convocazione per l'esecuzione della visita medica fissata per il ###, questa volta presso un ulteriore ambulatorio, sito in via ### 35 (doc. 30.1); ### la mail, di oltre un mese e mezzo dopo, precisamente del 23.6.2022, con la quale il dott. ### (nuovo medico competente dell'azienda) chiedeva lumi sulle analisi del ### all'### amministrativo, nella persona di ### e quest'ultima gli rispondeva il giorno successivo che aveva “contattato” ### “per sapere se si è recato ad effettuare il prelievo sangue il 5 maggio 2022 in via ### 69” e questi le aveva riferito “che ogni anno le fa successivamente privatamente e le invia quanto prima” (si tratta dello scambio di mail allegato come doc. 6 di parte resistente). Poiché nulla ha prodotto il ricorrente e null'altro agli atti ha rinvenuto l'azienda, è logico dedurre che in occasione della visita fissata per il ### il nuovo medico non ha rilasciato il giudizio di idoneità in mancanza degli esami, con ciò regolandosi in modo differente da chi lo aveva preceduto (ovvero dai dottori ### e ### i quali rilasciavano il giudizio valido un anno con la dicitura “in attesa di esami” senza porre scadenze, sollecitare o comunque accertarsi poi dell'effettiva esecuzione e produzione, quindi non è dato sapere se tali esami siano davvero stati effettuati; si noti che, come detto, l'azienda non li ha rinvenuti e gli unici prodotti dal ricorrente sono relativi al novembre 2022, di cui appresso si dirà). È ragionevole quindi dedurre che il nuovo medico, preso atto della ricorrenza di una certa prassi da parte del ### non abbia inteso adeguarsi alle condotte (non corrette) di chi lo aveva preceduto e non abbia rilasciato la certificazione di idoneità, insistendo nel richiederla all'interessato, a mezzo dell'ufficio per il personale, ancora a oltre un mese e mezzo di distanza dalla convocazione (cfr. ancora doc. 6 cit.). 
Accade poi che a fine giugno il ### si infortuna e rimane assente dal lavoro per quasi 5 mesi, precisamente dal 27.6.2022 al 14.11.2022. Il dato è incontestato e risulta dalla ### 8 di 21 nota di parte resistente di accompagnamento della produzione documentale, depositata telematicamente in data ###. 
Ne consegue quindi che il ### al quale entro maggio 2022 non era stato rilasciato il nuovo giudizio di idoneità dal dott. ### per carenza delle analisi, ha lavorato per quasi tutto il mese di giugno 2022 in carenza di giudizio di idoneità per fatto a lui imputabile (con tutti i conseguenti rischi che potevano derivarne sia per il lavoratore stesso che, sul piano delle responsabilità, anche per l'azienda, oltre che per lo stesso medico). 
Si arriva così al novembre 2022 ovvero al termine del periodo di malattia. 
In data ### il dott. ### effettua visita per “### lavoro dopo 60 gg” e rilascia giudizio di idoneità con prescrizione di “sottoporre a nuova visita medica entro il ###” (doc. 27.1 res.). Rilascia quindi un certificato della validità di un solo mese anziché di un anno, come prassi, secondo il programma di sorveglianza sanitaria. 
Si tratta di una scelta dettata dalla mancanza, ancora una volta, delle analisi. ### era stato infatti convocato per il prelievo da effettuarsi in data ### presso ADF ### in ### 69 da parte del laboratorio analisi ### con mail di tre giorni prima (14.11.2022). Nel pomeriggio dello stesso giorno previsto per il prelievo, la ### scrive al collega ### informandolo che il ### si era nuovamente rifiutato (“mi ha chiamata l'infermiera del laboratorio ### comunicando che il collega ### si è rifiutato di effettuare le analisi del sangue”; cfr. doc. 27.4 res.) ### poco dopo risponde alla ### di aver parlato con il medico ### in merito al problema di ### e che questi lo aveva informato che, per che questa volta, avrebbe rilasciato il certificato solo per un mese e che se a dicembre non avesse fatto le analisi non avrebbe dato l'idoneità (scrive ### alla ### “Ho parlato con il medico. Il giudizio di idoneità sarà per 1 mese, pertanto il 15 dicembre verrà convocato a visita (e ad effettuare le analisi). Se non si sottoporrà verrà considerato non idoneo. Metto in cc ### per allineamento”. Si tratta della mail doc.  27.5 inviata alle 15.04 del 17.11.2022 dove ### è inserito in copia conoscenza. Tra la mail della ### al ### e quella di risposta di quest'ultimo alla ### si inserisce la mail del ### a ### ove questi scrive che avrebbe rivisto il ### a dicembre (doc. 27.4. e 27.5). È ben possibile, peraltro, che tra i due vi sia stato ### 9 di 21 un approfondimento a voce, nel quale il medico ha precisato al ### che in difetto non avrebbe rilasciato il certificato (come avvenuto già a maggio), il che tuttavia è irrilevante in questa sede essendo già chiari i termini della questione: ### non si era sottoposto ad analisi neppure presso l'ennesima struttura e aveva costretto il medico a rilasciare un certificato di breve durata e a rivederlo poco dopo. Il certificato doc. 27.1 del 17.11.2022 reca infatti la seguente dicitura: ”da sottoporre a nuova visita medica entro il ### previa esecuzione degli accertamenti previsti dal programma di sorveglianza sanitaria predisposto dal medico competente ed in vostro possesso”. 
Ipotizzare che la durata del certificato di un solo mese fosse dovuta a fattori diversi (es.  lo stato di salute del ### che rientrava a lavoro dopo 5 mesi di assenza) è mera congettura priva di riscontro e soprattutto contraria allo stesso contenuto documentale della suddetta mail, ove il ### scrive di aver parlato con il medico e che il giudizio di idoneità sarà di un solo mese e che se a dicembre il ### non effettuerà le analisi sarà considerato inidoneo: il motivo della durata estremamente limitata del certificato dunque è ben esplicitato (tra l'altro il responsabile ### precisa di inserire per opportunità in copia conoscenza il medico: “### in cc ### per allineamento”). 
Martedì 20.12.2022 la ### scrive al medico ### mettendo in copia conoscenza anche ### “### come riferito da ### il collega ### è stato convocato per prelievo sangue e visita medica per il giorno giovedì 22 dicembre ore 8,45 presso laboratorio medico ### Follonica”. (cfr. doc. 28.3 res.). Infatti, con mail del giorno prima, 19.12.2022, ### aveva scritto al ### (mettendo sempre in copia conoscenza anche il ###: “### sei convocato per giovedì 22 dicembre ore 8,45 presso il laboratorio ### - via ### 68/c - ### per effettuare le analisi del sangue e visita medica. 
Grazie” (cfr. doc. 28.5 res. e 4 e 5 allegati alla memoria di costituzione). Il giorno successivo, 20.12.2022, l'### del personale si dà da fare per assicurarsi che il ### abbia letto la mail di convocazione, così la ### scrive al ### “Ho contattato ### per sapere se aveva visto la mail, comunque gli ho ridetto della convocazione, ha accennato che le analisi l'aveva fatte a ### al presidio ospedaliero il 5 dicembre per conto suo, ma ancora non ha i risultati, oggi provava a ### 10 di 21 sentire… poi mi ha detto ”### piu' aspetterete!!” (cfr. doc. 4 e 5 allegato alla memoria di costituzione). 
In effetti il ### ha infine presentato le analisi (si tratta delle analisi, effettuate presso un ambulatorio ASL di ### in data ###; cfr. doc. 9 allegato al ricorso, eseguite dopo che il medico il 17 novembre gli aveva rilasciato un giudizio di solo un mese). E così il giudizio di idoneità del 22.12.2022 questa volta viene rilasciato con validità annuale, con la consueta prescrizione: “Da sottoporre a nuova visita medica entro il ### previa esecuzione degli accertamenti previsti dal programma di sorveglianza sanitaria predisposto dal medico competente ed in vostro possesso.” (doc.  28.1). 
Si arriva infine alla scadenza del nuovo certificato nel 2023. 
L'### personale con mail del 29.9.2023 convoca il ### per effettuare visita e prelievo del sangue presso ### entrambi nella giornata del 5.10.2023 (cfr. doc. 29.2 e 29.3). Ancora una volta il ### non si sottopone a prelievo e il medico questa volta non gli rilascia l'idoneità. Con mail del 13.10.2023 (doc. 29.4) infatti la ### - che aveva ricevuto una mail dal medico ### con la quale questi la invitava a contattare il ricorrente - sollecita il ### scrivendogli: “### buongiorno, il medico sollecita l'invio dell'esecuzione degli esami ematici “. 
Passano oltre due mesi senza che il ### dia riscontro alla richiesta. Così, in data ###, la ### scrive ai suoi responsabili (doc. 29.6) “Ad oggi non è pervenuto il giudizio idoneità del collega ### (non effettuato prelievo sangue)”. Ebbene, a quella data era scaduto il termine ultimo di validità della precedente certificazione e, nonostante la società si fosse mossa per tempo, il ### non aveva inteso riscontrare le richieste. Ricevuta tale notizia, la sera del 21.12.2023 ### di ### scrive ai colleghi comunicando la sospensione del ### dal servizio (così il testo del doc. 29.7: “### vi comunico che - da domani 22 dicembre - ### è ### Abbiamo provato a contattarlo telefonicamente più di una volta senza successo. Manderemo lui una e-mail, ### è già stato avvertito che in caso si presenti a lavoro sarà rimandato a casa. Grazie”). A quel punto, proprio lo stesso giorno da cui decorreva la sospensione, il ### consegna all'ufficio ### l'impegnativa delle analisi che si era fatto prescrivere ### 11 di 21 solo in data ### (doc. 3) e poche ore dopo richiede all'### la mail del medico per potergli inviare i risultati, scrivendo che le analisi sarebbero state pronte dal 29.12.2023 (doc. 4). Il medico quindi, ricevutele, lo stesso 29.12.2023 rilascia il certificato (doc. 29.1), dando atto che lo aveva visitato il ###, evidentemente anche questa volta non rilasciando e consegnando alle parti, datore di lavoro e lavoratore, la certificazione fino a che non ha infine ricevuto le analisi quel 29 dicembre (si legge nel giudizio che la durata era fissata al massimo fino al 4.10.2024, avendolo visitato il 5 ottobre 2023; in calce alla certificazione si precisa poi che, sebbene la visita sia stata effettuata il ###, il giudizio veniva trasmesso al lavoratore e al datore di lavoro solo il 29 dicembre, cioè solo dopo aver ricevuto le analisi). 
Quindi il ### se non fosse stato sospeso, avrebbe in alternativa costretto nuovamente l'azienda a farlo lavorare per oltre una settimana senza certificazione o con certificazione incompleta, quindi inidonea, poiché la precedente era scaduta dal momento che la nuova visita avrebbe dovuto essere eseguita entro il ###.  8. Venendo dunque alla valutazione della condotta del dipendente, giova preliminarmente ricordare che la questione relativa alla pretesa illegittimità di un licenziamento disciplinare va affrontata sotto il duplice aspetto della fondatezza delle contestazioni mosse al lavoratore e della proporzionalità tra la gravità delle contestazioni disciplinari accertate (che devono rivestire il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro e, in particolare, dell'elemento della fiducia che deve continuamente sussistere tra le parti) e la sanzione espulsiva adottata ex art. 2119 c.c. Alla luce infatti del consolidato insegnamento della S.C. di Cassazione “per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario e la cui prova incombe sul datore di lavoro, occorre valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensità dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare; la valutazione della gravità dell'infrazione e della sua ### 12 di 21 idoneità ad integrare giusta causa di licenziamento si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato” (ex multis, Cass. civ., Sez. lavoro, 03/01/2011, n. 35; nello stesso senso, ### Lav., 19/09/2012, n. 15564). 
Tanto premesso, si ritiene che la contestazione mossa al ricorrente risulti documentalmente comprovata in misura superiore al nucleo essenziale di rilevanza disciplinare per i fini che qui ci occupano. 
Essa inoltre è indubbiamente grave. 
La sorveglianza sanitaria costituisce infatti uno dei fulcri sui quali si basa la tutela del soggetto in ambiente lavorativo e, al suo interno, i protocolli sanitari rappresentano strumenti fondamentali perché calibrati sui rischi specifici, tenendo conto dello stato di salute del singolo lavoratore e degli "indirizzi scientifici più avanzati". 
Ai sensi dell'art. 2 lett. m) del D.lgs. 81/2008 per "sorveglianza sanitaria" si intende infatti l'insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa. ###. 41 del D.lgs. 81/2008 affida la sorveglianza al medico competente e stabilisce che essa comprende, tra le altre, “(…) la visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica”. La previsione prosegue stabilendo che “la periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l'anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. ### di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente”. 
Degli esiti della visita, il medico competente informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore (art. 41, co. 8). 
Il datore di lavoro sostiene i costi della sorveglianza sanitaria, sia per le prestazioni del medico, sia per le spese relative all'effettuazione degli esami clinici e biologici e delle indagini diagnostiche mirati al rischio specifico, ritenuti necessari dal medico competente (così espressamente, l'art. 41, co. 4, cit. secondo cui “Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b) e d) sono ### 13 di 21 altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti”. Inoltre, ai sensi del comma successivo, “Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell'#### e predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall'articolo 53”). 
Obiettivo della sorveglianza sanitaria è quindi la tutela dello stato di salute e la sicurezza dei lavoratori, i quali per questo motivo sono tenuti a collaborare con il medico competente. Infatti, ai sensi dell'art. 20 del T.U. cit., “1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. 2. I lavoratori devono in particolare: a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; (…) i) essi hanno l'obbligo di sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente”. 
I lavoratori devono, in particolare, fornire al datore di lavoro e al medico competente tutte le informazioni richieste e hanno l'obbligo di sottoporsi alle visite secondo le modalità e le periodicità che vengono loro comunicate. 
La sorveglianza sanitaria rappresenta in definitiva uno strumento fondamentale per prevenire l'insorgenza di patologie professionali e tutelare l'integrità psico-fisica dei lavoratori. È quindi indispensabile che datori di lavoro, medici competenti e lavoratori rispettino scrupolosamente gli obblighi previsti dalla normativa per garantire la tutela della salute e della sicurezza all'interno nei luoghi di lavoro. Essa è tal punto rilevante che il mancato rispetto dei relativi obblighi comporta - ai sensi degli artt. 55 e 58 del d.lgs 81/2008 - l'applicazione di sanzioni sia per il datore di lavoro che per il medico competente (che vanno dall'arresto, all'ammenda, a una sanzione amministrativa pecuniaria per i casi meno gravi) in relazione a condotte quali, sul versante del datore di lavoro, la mancata valutazione dello stato di salute dei lavoratori ai fini ### 14 di 21 dell'assegnazione delle mansioni specifiche, la mancata attivazione del piano di sorveglianza sanitaria nei casi obbligatori, l'assegnazione del lavoratore alla mansione prima di ricevere il giudizio di idoneità dal medico competente. Sul versante del medico competente, le suddette sanzioni sono previste per inadempienze o negligenze relative alla scrittura e alla conservazione delle schede sanitarie, allo svolgimento dell'attività di sorveglianza sanitaria o per la mancata regolarità e periodicità delle visite mediche. Ma il T.U. all'art. 59 punisce con l'arresto o l'ammenda o con una sanzione amministrativa anche il lavoratore che si sottrae agli obblighi di cui al suddetto art. 20 (oltre che all'art.  43). Tutto questo per sottolineare la gravità di manchevolezze che vanno a minare l'efficienza e gli interessi tutti sottesi alla sorveglianza sanitaria. 
Ovviamente oltre che al sistema sanzionatorio pubblico, il lavoratore è altresì passibile delle sanzioni riservate nel rapporto privato al proprio datore di lavoro, spesso, in subiecta materia, affidate a specifiche previsioni della contrattazione collettiva. Così è per l'art. 21 n. 4 del CCNL per i dipendenti delle aziende del settore gas-acqua, che sanziona con il licenziamento con preavviso la condotta del lavoratore “che non si rende disponibile a sottoporsi ai controlli sanitari preventivi e periodici previsti dal programma di sorveglianza sanitaria o rifiuta di sottoporsi agli accertamenti sanitari per determinare l'effetto di alcool o stanze stupefacenti o altri controlli sanitari consentiti dalla legge”. Tale sanzione colpisce quel comportamento che non necessita di pervenire all'estremo grado del rifiuto, ma che si arresta alla soglia della non disponibilità. E si ritiene qui oltremodo evidente che la reiterata condotta del ### si sia sostanziata in una totale mancanza di diponibilità nel senso suddetto. L'### sostiene a proprie spese i costi per la sorveglianza e non si vede per quale motivo essa debba tollerare - come vorrebbe parte ricorrente - un comportamento che segnala incuranza verso tali profili e debba così assumersi il rischio (come avvenuto in passato) di impiegare il lavoratore senza la completa idoneità ovvero, in alternativa, accettare di rinunciare alla sua prestazione finché egli non si sia risolto ad assolvere gli obblighi in tema di sorveglianza sanitaria. Del resto, è palesemente irregolare il rilascio (come avvenuto soprattutto in passato con medici competenti scelti dalla resistente differenti da quello attuale) di una idoneità (persino di un anno) “in attesa” di analisi cliniche obbligatorie, che sono ritenute necessarie per completare il quadro, e all'esito rilasciare ### 15 di 21 comunque l'idoneità (analisi che non è dato conoscere se, in più di un'occasione, siano mai pervenute, non essendovene traccia). Se esse sono necessarie, delle due l'una: o il lavoratore è idoneo (alla luce degli esiti delle analisi) o, in difetto, non lo è. Si comprende bene quindi che il nuovo medico competente dott. ### abbia inteso sottrarsi a una condotta non corretta, quando in maniera netta, quando in maniera più blanda. Egli, infatti, a maggio del 2022 non ha rilasciato il certificato, a novembre dello stesso anno lo ha rilasciato per un solo mese (pratica neppure questa lineare, che costringeva a replicare le visite e che tuttavia valeva a mettere pressione sul lavoratore, perché probabilmente il medico non ha voluto privare l'azienda di un lavoratore, con in connessi disagi in tema di organizzazione della complessa attività lavorativa di una struttura come ### ammettendolo solo per un mese anche se mancavano le analisi necessarie per completare il giudizio sull'idoneità). 
La disciplina non prevede la possibilità né di un giudizio sospeso, né di un giudizio positivo ma condizionato. 
Siffatta conclusione, oltre che obbligata, è altresì espressamente dettata sia dalla previsione del T.U. che del protocollo di sorveglianza sanitaria adottato in azienda, oltre che ribadita nello stesso giudizio di idoneità annualmente consegnato al lavoratore (ove è scritto espressamente che la visita dovrà essere ripetuta entro una certa data - generalmente l'anno - “previa” esecuzione delle analisi richieste). Ciò non fa che evidenziare in negativo il grado di negligenza in capo al lavoratore, che puntualmente disattendeva la previsione specifica. 
Non solo. 
Assume il lavoratore che egli avrebbe una “idiosincrasia” verso le analisi e sarebbe soggetto a svenimenti. Si tratta di una “giustificazione” che non può trovare accoglimento poiché priva di qualsiasi sostegno documentale. 
Apodittica è altresì l'affermazione secondo cui i locali dove sarebbe stato chiamato dall'azienda a eseguire le analisi sarebbero stati “non adatti” (pag. 5 ric.): apodittica perché non sostenuta da alcun elemento e inoltre oggettivamente inverosimile. Negli anni il ### è stato chiamato a effettuare analisi in almeno ben quattro strutture diverse, ovviamente autorizzate all'esecuzione di attività medica siffatta. Non si comprende quindi, nel contesto dato, su che basi si possa condividere il giudizio di parte ricorrente circa la loro inidoneità. 
Neppure si può condividere il dato sul quale insiste parte ricorrente circa l'esistenza di una “prassi” aziendale tollerante che avrebbe legittimato la condotta attendista del ### Al di là del fatto che il cambio di linea, seguito al cambio del medico, nel senso di un maggior rigore era evidente sin dal 2022, a ogni modo non è possibile confondere la tolleranza di una certa condotta da parte datoriale (peraltro coinvolgente lo stesso medico scelto dall'azienda) con la prassi o l'uso aziendale in senso proprio. Peraltro, è evidente che la prassi o l'uso non può essere “contra legem”: nel caso specifico non può autorizzare il rilascio di giudizi di idoneità senza le analisi previste in via obbligatoria e preventiva dalla legge oltre che dalla normativa aziendale interna.   9. Si è detto così della sussistenza e della gravità della condotta disciplinarmente ascritta al ### sanzionata dal D.lgs. cit., che espone a responsabilità anche penale sia l'azienda che il medico competente (per trascurare le responsabilità che sorgerebbero per il caso in cui il lavoratore senza la certificazione adeguata e completa dovesse accusare malori o subire un infortunio); condizioni tali che legittimano ex se l'iniziativa espulsiva datoriale. Rimane ancora da dire in merito alla contestata recidiva. 
Parte datoriale assume infatti che il licenziamento è fondato sia su una infrazione disciplinare punita con la sanzione espulsiva sia sul fatto che tale infrazione è stata preceduta, nel biennio antecedente, dalla irrogazione di due sanzioni disciplinari conservative, circostanza che da sola giustificherebbe il licenziamento a titolo di “recidiva” (art. 21 lett. a) n. 4). 
Nella prospettiva della resistente i precedenti formalmente contestati assolverebbero anche la funzione di confermare la proporzionalità della sanzione in relazione alla pregressa condotta inosservante del lavoratore e al venire meno dell'elemento fiduciario. Il riferimento è ai provvedimenti disciplinari irrogati a carico del dipendente con lettere prot. AdF 1035 del 14.01.2022 e prot. AdF 26195 del 20.09.2023, in atti allegati (doc. 13/22). 
Il primo provvedimento fa seguito alla contestazione disciplinare di cui alla lettera del 13.12.2021 prot. ### (doc. 13) per aver il dipendente comunicato, solo dopo numerosi solleciti rimasti senza riscontro, quindi con grave ritardo, l'avvenuto ### 17 di 21 smarrimento di un rilevatore di gas a lui assegnato. La contestazione correttamente fa riferimento ai rischi per la sicurezza connessi alla circostanza che egli, ove si fosse rilevato opportuno o persino necessario, non avrebbe potuto utilizzare quello strumento nelle lavorazioni di competenza, così esponendosi per un periodo di tempo indeterminabile a rischi per la salute e l'incolumità fisica propria e dei colleghi, essendo il ### un operaio addetto alle manutenzioni che opera, all'occorrenza, anche in ambienti chiusi o confinati. ### riconosceva di aver ricevuto in dotazione lo strumento e di averlo smarrito in data imprecisata e non negava dunque il colpevole ritardo nella denuncia, asserendo tuttavia di utilizzare lo strumento raramente. ### contestava così la violazione dei principi in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro previsti dal decreto legislativo 81/2008. ### impugnava la sanzione attivando il collegio arbitrale previsto dall'art. 7 della legge 300/1970, che definiva il procedimento con verbale di conciliazione del 29.3.2022 (doc. 16) e l'irrogazione della sanzione concordata del provvedimento disciplinare della sospensione di due giorni dal lavoro e dalla retribuzione. 
Il precedente evidentemente sussiste e la responsabilità del dipendente risulta indubitabile. Esso attua sperpero non rilevante di materiale dell'azienda, art. 21 lett. a) n. 2), violazione che giustificherebbe la multa, e soprattutto violazione della normativa in tema di sicurezza sul lavoro, art. 21 lett. a) n. 3, che ha giustificato l'applicazione della sanzione della sospensione. 
Lo stesso è a dirsi riguardo alla sanzione disciplinare oggetto del provvedimento n. prot. 
AdF 26195 del 20.09.2023, irrogata a seguito della contestazione disciplinare di cui alla lettera prot. n. 24339 del 28.08.2023 (doc. 17 res.). In tale occasione il ### che aveva subito un infortunio sul lavoro in data ###, aveva omesso di comunicare alla società la dinamica dell'evento al fine di consentirne la doverosa denuncia all'### e successivamente si era reso irreperibile. Aveva altresì omesso di trasmettere la certificazione di prosecuzione o di chiusura dell'infortunio, risultando assente ingiustificato dal 22 al 25 agosto 2023. Il datore di lavoro irrogava la sanzione del provvedimento disciplinare della sospensione di un giorno dalla retribuzione e dal servizio; tale sanzione non veniva impugnata e quindi può dirsi definitivamente accertata. Non vi sono ragioni per discostarsi da tale giudizio, come invocato invece in ### 18 di 21 questa sede da parte ricorrente, dal momento che l'omissione della comunicazione necessaria a parte datoriale per conoscere luogo, tempi e modalità dell'infortunio, è documentale, oltre che rilevante. 
Entrambe le sanzioni sono state comminate nel biennio antecedente rispetto a quella qui impugnata e sono quindi valutabili ai fini della recidiva nel rispetto della previsione di cui all'art. 7, ult. co., della L. 300/1970 e della lett. B) punto 5 dell'art. 21 CCNL cit.   10. Per quanto attiene invece all'ulteriore precedente, tuttavia antecedente al biennio, di cui alla nota del 22.10.2021 prot. ### (doc. 20), esso può essere valutato ai fini del giudizio sulla complessiva gravità delle mancanze del lavoratore e della proporzionalità del provvedimento sanzionatorio comminato ai suoi danni. 
Anche tale precedente sussiste. ### era stata contestata la violazione della normativa in materia di accesso ai luoghi di lavoro di cui all'art. 3 del D.L. 127/2021 perché aveva tentato di far uso della certificazione verde ###19 (c.d. “###”) del padre, essendone egli sprovvisto. La condotta ha dato luogo all'irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per sette giorni, comunicata con nota del 3.11.2021 prot. ### (doc. 21). Il possesso del “green pass” per accedere ai luoghi di lavoro era stato imposto - come è noto - per ragioni di igiene e sicurezza. Il lavoratore non negava il fatto, ma sosteneva l'irrilevanza della condotta in quanto il tentativo di utilizzare la certificazione del padre era avvenuto senza accesso ai luoghi di lavoro (parte datoriale aveva contestato al ### la violazione di cui all'art. 3, co. 8 del d.l. 127/2021). 
In realtà è avvenuto che il personale addetto alla vigilanza si è avveduto del tentativo di aggirare le regole da parte del ### Parte ricorrente contesta la possibilità di valutare tale precedente producendo l'assoluzione intervenuta in sede ###/2023 di questo Tribunale, prodotta telematicamente in data ###). La circostanza è irrilevante. Il fatto sussiste nella sua oggettività, come riconosciuto dallo stesso ### il quale - si legge a pag. 4 della sentenza - ha “(…) confermato che, alla richiesta del green pass da parte dell'addetto al controllo, mandava, tramite ### quello del padre pensionato, ### specificando che in quel periodo non si recava fisicamente a lavoro, ma lavorava da casa. Inoltre, ha riferito di aver mandato il green pass del padre per ### 19 di 21 ripicca e di aver comunque chiarito che lui personalmente non ne era in possesso (…)”. 
Ebbene se pure non risulta configurabile il reato di sostituzione di persona in quanto - come scrive il giudice nella sentenza con la quale lo ha mandato assolto ai sensi del co.  2 dell'art. 530 cpp., prospettando peraltro, in ipotesi, la differente sussunzione del fatto nella forma tentata - il personale non è stato tratto in inganno e si è accorto che non si trattava del pass del dipendente, ciò non toglie che l'azienda possa liberamente valutare il comportamento del lavoratore come detonante conferma della sua mancanza di rispetto e attenzione verso la normazione in tema di obblighi sanitari e sicurezza sul lavoro, sì da confermare il giudizio negativo circa la possibilità che egli si sarebbe astenuto in futuro dall'adottare condotte analoghe, così condizionando e compromettendo la necessaria presenza del vincolo fiduciario. 
Sostiene poi parte ricorrente che tale fatto sarebbe irrilevante in quanto antecedente al biennio (cfr. verbale del 12.11.2024). ### non è corretto. Si legge, ad esempio, in un passaggio della sentenza della Corte di legittimità n. 10853/2019 che "il principio della immutabilità della contestazione disciplinare, corollario del principio di specificità sancito dall'art. 7 I. 20 maggio 1970 n. 300, vieta al datore di lavoro di licenziare un dipendente per motivi diversi da quelli contestati. Non è tuttavia preclusa al datore di lavoro la possibilità di considerare, nella valutazione della gravità della condotta, fatti analoghi commessi dal lavoratore, come confermativi della gravità di quelli posti a fondamento del licenziamento, anche se risalenti a più di due anni e perfino ove non contestati". In ossequio a tale principio, nella giurisprudenza della Corte e in quella di merito si è consolidato l'orientamento secondo il quale, nel licenziamento disciplinare, il principio dell'immutabilità della contestazione preclude al datore di lavoro di licenziare per motivi diversi da quelli contestati, ma non vieta, ai fini della garanzia del diritto di difesa del lavoratore incolpato, di considerare fatti non contestati e risalenti anche di oltre due anni quali circostanze confermative della significatività di altri addebiti posti a base della sanzione espulsiva. Ciò al fine della valutazione della complessiva gravità, anche sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del prestatore di lavoro e della proporzionalità o meno del correlato provvedimento sanzionatorio comminato dal datore di lavoro (così, tra le tante, Cass. 6523/1996; Cass. n. 1925/1998; Cass. n. 5044/1999; Cass. n. 7734/2003; Cass. 21795/2009; Cass. 1145/2011; Cass. n. 17086/2012; Cass. n. 14453/2017 e la più recente Cass. n. 8803/2020). 
Dunque, anche tale più risalente trasgressione del ricorrente, pur antecedente al biennio, correttamente valutata, non può che incidere negativamente sulla valutazione complessiva del ### come persona irrispettosa dei principi della convivenza in ambiente di lavoro che si esprimono nell'osservanza scrupolosa delle regole sulla sicurezza e la salute nel contesto lavorativo.   11. È necessario procedere a questo punto a una breve digressione sull'istituto della recidiva, che può operare in due distinte direzioni: come elemento costitutivo della fattispecie ovvero come criterio di valutazione della gravità del fatto addebitato. 
Affinché operi con valenza costitutiva - quale è nel caso di specie la recidiva prevista dal ### al n. 4 dell'art. 21 - è necessario che la precedente sanzione sia stata comminata (così Cass. civ., 8 agosto 2012, n. 14241) o che l'infrazione sia stata almeno contestata (Cass. civ., 20 ottobre 2009, n. 22162). In tale secondo caso, non è sufficiente la mera indicazione nella medesima contestazione di più comportamenti in quanto - richiamando la massima consacrata nel già citato arresto giurisprudenziale 22162/2009 - “ai fini disciplinari, la recidiva, per sua stessa natura, presuppone non solo che un fatto illecito sia posto in essere una seconda volta, ma che lo sia stato dopo che la precedente infrazione sia stata (quanto meno) contestata formalmente al medesimo lavoratore; ove tale contestazione per la precedente infrazione sia mancata, e non sia pertanto configurabile la recidiva, la reiterazione del comportamento, che si ha per effetto della mera ripetizione della condotta in sé considerata, non è irrilevante, incidendo comunque sulla gravità del comportamento posto in essere dal lavoratore, che, essendo ripetuto nel tempo, realizza una più intensa violazione degli obblighi del lavoratore e può, pertanto, essere comunque sanzionato in modo più grave” (cfr. in senso analogo, Cass. 1145/2011 e 14453/2017). 
Allorché invece non operi come elemento costitutivo della fattispecie la previa contestazione non è necessaria ed essa costituisce mero criterio ai fini della valutazione della consistenza del fatto addebitato (così, Cass. 25 novembre 1996, n. 10441). 
Nel caso di specie, parte datoriale ha puntualmente contestato i due precedenti infrabiennali, per cui le dette condotte possono essere considerate sia come reiterazione ### 21 di 21 della medesima condotta legittimante in sé l'applicazione della sanzione espulsiva ex art. 21 n. 4 (che richiama la recidiva in qualunque delle mancanze contemplate al punto 3 e la recidiva reiterata in qualunque delle mancanze contemplate al punto 2 e/o 3, condizioni ricorrenti nel caso di specie per le ragioni in precedenza esposte), sia ai fini della gravità complessiva del fatto ascritto al lavoratore, in uno - a tale secondo fine - con la valutazione del precedente antecedente al biennio.   12. Alla luce di tutte le superiori argomentazioni, riconosciuta la sussistenza della causa di licenziamento contestata al ### l'impugnativa proposta deve essere rigettata. 
Le spese di lite possono essere integralmente compensate giusta Corte Costituzionale 77/18, che ha esteso l'irragionevolezza e disuguaglianza della previsione dell'art. 92 cpc non solo ai casi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti ma anche a quelle di “assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle tipiche espressamente previste dalla disposizione censurata”. Nella previsione in esame possono certamente ascriversi le iniziative processuali che comportino la necessità di valutare - in assolvimento della ripartizione dell'onere probatorio gravante nello specifico su parte datoriale come avviene tipicamente in ogni caso di licenziamento - dati complessi nella disponibilità del datore di lavoro o non puntualmente conosciuti da chi assume l'iniziativa di ricorre al Giudice.  P . Q . M . 
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da ### disattesa ogni diversa istanza ed eccezione, così provvede: - rigetta il ricorso; - compensa integralmente tra le parti le spese di lite.  ### 5 febbraio 2025 

IL GIUDICE
### n. 696/2024


causa n. 696/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Grosso Giuseppe

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