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Tribunale di Nola, Sentenza n. 2133/2025 del 06-11-2025

... livello 4 del ruolo del personale tecnico-operativo, guardia giurata particolare, del ### da ### e ### di ### e ### - di aver svolto le mansioni di guardia giurata addetto alla regolamentazione e gestione del varco di accesso al complesso “###” ove la ### aveva in essere un contratto di appalto con la società ### S.p.a.; - che, invero, con decorrenza dal 05.02.2019, era stato adibito presso il cantiere ove la datrice di lavoro aveva in essere il contratto di appalto per la guardiania sito nel complesso denominato “###” di proprietà della committente convenuta; - che, tuttavia, la ### S.r.l. era inadempiente nel pagamento delle retribuzioni maturate nel corso del rapporto di lavoro, tanto da indurli a rassegnare le proprie dimissioni; - che, invero, in data ### avevano rassegnato le dimissioni per giusta causa, determinate dall'omesso pagamento delle retribuzioni per i mesi di settembre e ottobre 2019 e per tutte le mensilità dal mese di gennaio 2020 al mese di settembre 2020, oltre quattordicesima mensilità, ratei finali, TFR e quanto dovuto secondo il citato ### - di aver, pertanto, richiesto alla committente ### ai sensi e per gli effetti dell'art. 29 D.Lgs. n. 276/2003, il (leggi tutto)...

testo integrale

TRIBUNALE ORDINARIO DI NOLA Sezione Lavoro Il Giudice del lavoro, dr.ssa ### viste le disposizioni di cui all'art. 127 ter c.p.c.; richiamato il proprio decreto di trattazione scritta della presente controversia; letti gli atti di causa e le note scritte depositate dalle parti; pronuncia la seguente sentenza nei termini di cui all'art. 127 ter comma 3 c.p.c.; REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOLA Sezione Lavoro Il Giudice del lavoro, dr.ssa ### previo scambio e deposito telematico delle note scritte ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato in data ###, mediante deposito telematico contestuale di motivazione e dispositivo, la seguente ### nella controversia individuale di lavoro iscritta al R.G. n. 5163/2022 (cui è stato riunito per ragioni di connessione oggettiva e parzialmente soggettiva la causa R.G. n. 5188/2022) avente ad oggetto: retribuzione; #### e ### rappresentati e difesi, in virtù di procura in atti, dall'avv. ### e dall'avv. ### ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in ### via ### n. 16; ### - ### “### NAPPI” S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in virtù di procura in atti, dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli, via ### n°27; RESISTENTE CONCLUSIONI ### 1°) riconoscere e dichiarare che il ricorrente, per effetto della sussistenza dell'obbligo di solidarietà previsto dall'art. 29 Dlgs n.276/03 tra la resistente e la datrice di lavoro ### srl, ha diritto a vedersi riconosciute le somme richieste per le causali in premessa; 2°) per l'effetto condannare, anche in via equitativa, la committente ### per effetto della sussistenza dell'obbligo di solidarietà previsto dall'art. 29 Dlgs n.276/03 tra le medesime società, in persona dei legali rapp.ti p.t, al pagamento per l'intero importo dovuto in favore del ricorrente della somma di ### € #15.007,13.#, di cui €1.658,93 a titolo di trattamento di fine rapporto, somme lorde come rilevasi dall'allegato conteggio, che deve intendersi parte integrante e sostanziale del presente atto, somme da rivalutarsi dal dì della singola mancata erogazione sino alla data del soddisfo, oltre agli interessi legali con decorrenza dalla maturazione della singola spettanza, interessi ex art.1283 c.c. svalutazione monetaria, cioè risarcimento del maggior danno ex art. 429 c.p.c.  comma 3°, sino al dì del soddisfo. 3°) condannare la resistente in persona del suo legale rapp.te p.t., in caso di opposizione, al risarcimento dei danni ex art.96 c.p.c.; 4°) condannare in ogni caso la resistente e/o chi di ragione, in persona dei leg. rapp.te p.t. al pagamento delle spese, onorari di giudizio, oltre rimborso ex art.15 LP ed imposte di legge con attribuzione ai sottoscritti procuratori antistatari.  ### 1°) riconoscere e dichiarare che il ricorrente, per effetto della sussistenza dell'obbligo di solidarietà previsto dall'art. 29 Dlgs n.276/03 tra la resistente e la datrice di lavoro ### srl, ha diritto a vedersi riconosciute le somme richieste per le causali in premessa; 2°) per l'effetto condannare, anche in via equitativa, la committente ### per effetto della sussistenza dell'obbligo di solidarietà previsto dall'art. 29 Dlgs n.276/03 tra le medesime società, in persona dei legali rapp.ti p.t, al pagamento per l'intero importo dovuto in favore del ricorrente della somma di ### € #17.667,09#, di cui €2490.84 a titolo di trattamento di fine rapporto, somme lorde come rilevasi dalle buste paga allegate e dall'allegato conteggio, che deve intendersi parte integrante e sostanziale del presente atto, somme da rivalutarsi dal dì della singola mancata erogazione sino alla data del soddisfo, oltre agli interessi legali con decorrenza dalla maturazione della singola spettanza, interessi ex art.1283 c.c. svalutazione monetaria, cioè risarcimento del maggior danno ex art. 429 c.p.c. comma 3°, sino al dì del soddisfo. 3°) condannare la resistente in persona del suo legale rapp.te p.t., in caso di opposizione, al risarcimento dei danni ex art.96 c.p.c. 4°) condannare in ogni caso la resistente e/o chi di ragione, in persona dei leg. rapp.te p.t.  al pagamento delle spese, onorari di giudizio, oltre rimborso ex art.15 LP ed imposte di legge con attribuzione ai sottoscritti procuratori antistatari. 
PER PARTE RESISTENTE: Per la declaratoria di carenza di legittimazione passiva di ### S.p.A., per i motivi tutti già esposti in narrativa, ed in ogni caso per l'inammissibilità del ricorso, e comunque per il rigetto delle domande tutte proposte nei confronti di ### S.p.A., con ogni conseguenza in ordine alle spese. 
FATTO E DIRITTO 1. Con separati ricorsi depositati in data ###.2022, i ricorrenti in epigrafe riferivano: - di aver lavorato alle dipendenze della società ### S.r.l. dal 05.02.2019 al 08.09.2020 con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato full-time e inquadramento normativo ed economico nel livello 4 del ruolo del personale tecnico-operativo, guardia giurata particolare, del ### da ### e ### di ### e ### - di aver svolto le mansioni di guardia giurata addetto alla regolamentazione e gestione del varco di accesso al complesso “###” ove la ### aveva in essere un contratto di appalto con la società ### S.p.a.; - che, invero, con decorrenza dal 05.02.2019, era stato adibito presso il cantiere ove la datrice di lavoro aveva in essere il contratto di appalto per la guardiania sito nel complesso denominato “###” di proprietà della committente convenuta; - che, tuttavia, la ### S.r.l. era inadempiente nel pagamento delle retribuzioni maturate nel corso del rapporto di lavoro, tanto da indurli a rassegnare le proprie dimissioni; - che, invero, in data ### avevano rassegnato le dimissioni per giusta causa, determinate dall'omesso pagamento delle retribuzioni per i mesi di settembre e ottobre 2019 e per tutte le mensilità dal mese di gennaio 2020 al mese di settembre 2020, oltre quattordicesima mensilità, ratei finali, TFR e quanto dovuto secondo il citato ### - di aver, pertanto, richiesto alla committente ### ai sensi e per gli effetti dell'art. 29 D.Lgs. n. 276/2003, il pagamento degli emolumenti stipendiali arretrati ed impagati, oltre al TFR e alle indennità conclusive del rapporto, ma vanamente. 
Rivendicando di essere creditori della somma di € 15.007,13 ### e di € 17.667,09 ### oltre accessori, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di ### in funzione di Giudice del lavoro, la società ### S.p.a., quale committente coobbligata solidale ex art. 29 D.Lgs. n. 276/2003 della datrice di lavoro - appaltatrice inadempiente. 
Ritualmente istaurato il contraddittorio, si costituiva tempestivamente in giudizio la società convenuta rilevando, preliminarmente, che la ### S.r.l. era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Roma con sentenza n. 582 del 19.07.2021 e che gli odierni ricorrenti avevano fatto istanza di ammissione al passivo fallimentare rivendicando i medesimi crediti azionati nel presente giudizio. Nel merito, contestava in fatto e diritto la fondatezza della domanda, di cui chiedeva il rigetto. 
Fallito il tentativo di conciliazione, stante la sussistenza di ragioni di connessione parziale oggettiva e soggettiva, veniva disposta la riunione dei giudizi e ammessi i mezzi istruttori articolati dalle parti. 
Espletata l'istruttoria orale, acquisita la documentazione prodotta e le note difensive e di trattazione scritta depositate dalle parti, all'odierna udienza - celebratasi con le modalità di cui all'art. 127 ter c.p.c. - la causa veniva, quindi, decisa come da sentenza depositata telematicamente nel termine di legge. 2. Le parti ricorrenti agiscono in giudizio per il pagamento delle spettanze retributive maturate per il periodo settembre e ottobre 2019, da gennaio a settembre 2020, ratei tredicesima e quattordicesima 2020, permessi, ferie, buoni pasto e ### rimasti insoluti, convenendo, a tal fine, la società ### S.p.a., ex art. 29 D.Lgs.  276/2003, committente dell'appalto del servizio di vigilanza armata in favore della società datrice di lavoro ### S.r.l., dichiarata fallita in data ###.  3. ###. 29 comma 2 D.Lgs. n. 276/2003, come modificato dal D.L. n. 25/2017, conv. in L. n. 49/2017, ratione temporis applicabile, prevede che “2. … in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. … Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d'imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”. 
Va, in primo luogo, evidenziato che, per effetto delle modifiche introdotte con il D.L.  25/2017, conv. in L. n. 49/2017, non è più previsto un litisconsorzio necessario (di carattere processuale) tra committente e appaltatore come risultava nel testo normativo risultante dall'art.  4, comma 31, della L. n. 92/2012. 
Può richiamarsi, al riguardo, quanto affermato dalla Suprema Corte con riferimento alla disposizione in parola ante ### “15. La disposizione citata sancisce il principio della responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore, che garantisce il lavoratore circa il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all'appalto cui ha personalmente dedicato le proprie energie lavorative. In proposito, questa Corte ha chiarito, fra l'altro, che la logica della solidarietà tra l'appaltatore, eventuali subappaltatori ed il committente, nonché il dato testuale della norma, che fa riferimento al periodo di esecuzione del relativo contratto, impongono di ritenere che la solidarietà sussista solo per i crediti maturati con riguardo al periodo del rapporto lavorativo coinvolto dall'appalto stesso, con esclusione di quelli sorti in altri periodi (v. Cass. n. 17725/17); inoltre, che l'art. 29 cit. esonera il lavoratore dall'onere di provare l'entità dei debiti gravanti su ciascuna società appaltatrice convenuta in giudizio quale coobbligata (v. Cass. n. 834 del 2019).  16. La previsione di un vincolo di solidarietà tra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori è realizzata secondo un modulo legislativo che intende rafforzare l'adempimento delle obbligazioni retributive e previdenziali, ponendo a carico dell'imprenditore che impiega lavoratori dipendenti da altro imprenditore, il rischio economico di dovere rispondere in prima persona delle eventuali omissioni di tale imprenditore. La norma è volta a incentivare un utilizzo più virtuoso dei contratti di appalto, inducendo il committente (e il sub committente) a selezionare imprenditori affidabili, per evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore (v. Cass. n. ### del 2018; n. 22110 del 2019; v. anche Corte Cost. n. 254 del 2017).  17. ###. 29 del D.Lgs. n. 276 del 2003, sino alle novelle legislative del 2012, non prevedeva un regime di sussidiarietà, delineando una obbligazione solidale in senso stretto, ed esattamente un caso di solidarietà passiva che legittima il creditore a rivolgersi indifferentemente a uno o all'altro debitore.” (Cass. civ., sez. lav., 15/10/2024, n. 26760). 
Dunque, la novella del 2017 ha soppresso la previsione, introdotta dalla L. n. 92/2012 nel citato art. 29 comma 2, secondo cui “Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore e degli eventuali subappaltatori.”. 
Dunque, come nella formulazione ante L. n. 92/2012, il lavoratore creditore può agire direttamente nei confronti della committente, salvo il diritto di regresso di questa nei confronti del datore di lavoro. 
Pertanto, questo giudicante non ha ritenuto necessaria la partecipazione all'odierno giudizio della ### del fallimento della società datrice di lavoro, non autorizzando la relativa chiamata in causa pure formulata dalla convenuta.  4. Ciò premesso, si osserva che i presupposti per attivare la responsabilità solidale del committente è la sussistenza di un appalto e l'impiego da parte dell'appaltatore dell'attività lavorativa del dipendente nell'ambito dell'appalto medesimo. 
Al riguardo, è incontestato che la ### S.r.l. - indicata dai ricorrenti come datore di lavoro - fosse titolare dell'appalto del servizio di vigilanza armata del comprensorio ### a seguito dell'acquisizione del complesso aziendale ### S.r.l. in amministrazione straordinaria, originario appaltatore (cfr. all. ricorso estratto appalto ###. 
È, inoltre, documentalmente provata la sussistenza e la durata di un rapporto di lavoro subordinato, per il periodo indicato, intercorso tra i ricorrenti e la ### S.r.l. ( estratto contributivo, buste paga e modulo di recesso). 
È stata, invece, effettuata attività istruttoria ai fini della prova dell'impiego dei ricorrenti nell'appalto di vigilanza presso il Cis di ### 4.1. Sono stati escussi due testi, uno per parte. 
Il sig. ### per parte ricorrente, ha dichiarato: “### conosco i ricorrenti in quanto siamo colleghi da oltre trent'anni; siamo tutti e tre guardie giurate, con mansioni di capoturno, lavoriamo insieme nella stessa postazione presso il CIS di ### noi siamo coordinati dal brigadiere #### abbiamo lavorato alle dipendenze di diverse società che si sono avvicendate nel tempo nell'appalto di vigilanza del CIS di ### tra queste società vi era il ### presso la quale abbiamo lavorato dal gennaio-febbraio 2019 al settembre 2020, allorquando siamo passati con l'attuale società di vigilanza ### sempre presso il #### lavoriamo tutti come guardie giurate presso il CIS di ### dagli anni 1990. ADR: ho identica causa pendente nei confronti del CIS di ###”. 
Il sig. de ### di ### per parte resistente, ha dichiarato: “### sono responsabile dell'ufficio amministrazione e finanza del Cis di ### dal 2012; ### non conosco personalmente gli odierni ricorrenti; conosco il fornitore ### s.r.l. di servizi di vigilanza; ### il Cis è debitore della procedura fallimentare avendo bloccato il pagamento di talune fatture al ### in ragione della irregolarità contributiva riscontrata, tanto che il contratto di fornitura è stato risolto.”.  4.2. Il teste delle parti ricorrenti ha confermato che i medesimi hanno svolto, e svolgono tuttora, mansioni di guardie giurate presso il Cis di ### alle dipendenze delle varie società che si sono avvicendate nell'appalto di vigilanza armata della convenuta, tra cui la ### S.r.l.. 
Circa le doglianze di parte resistente in ordine all'efficacia probatoria di tali dichiarazioni, inficiate a dire della società dal fatto che il teste ### ha identico giudizio contro il CIS - ### S.p.a., si rammenti che, per consolidato orientamento della Suprema Corte, “### che, ai sensi dell'art. 246 c.p.c., determina l'incapacità a testimoniare è solo quello giuridico, personale, concreto ed attuale che comporta o una legittimazione principale a proporre l'azione ovvero una legittimazione secondaria ad intervenire in un giudizio già proposto da altri cointeressati; non rileva, quindi, l'interesse di mero fatto che un testimone può avere a che venga decisa in un certo modo la controversia in cui depone, pendente fra altre parti, ma identica a quella vertente tra lui ed un altro soggetto, senza che assuma rilievo il fatto che quest'ultimo sia, a sua volta, parte del giudizio in cui dev'essere resa la testimonianza; né l'incapacità a testimoniare può sorgere in caso di riunione di cause connesse per identità di questioni, incidendo detta riunione solo sull'attendibilità delle deposizioni” (cfr. Cass. civ., sez. lav., 07/09/2023, n. 26044; ma anche Cass. civ., sez. lav., 8993/2008; Cass. civ., n. 21279/2011; Cass. civ., n. 11204/2014; Cass. civ., n. 15927/2016; civ., n. 13418/2024). 
Ciò posto, rileva il giudicante che, nonostante l'interesse di mero fatto portato dal teste ### ad un esito positivo per i ricorrenti del giudizio in corso, non sono tuttavia emersi elementi tali da minarne l'attendibilità nonché la credibilità delle circostanze riferite. 
Invero, dalla deposizione del teste di parte resistente non si evincono elementi di segno contrario tali da far dubitare dell'effettiva adibizione dei ricorrenti all'appalto di vigilanza in essere tra la società datrice di lavoro e il ### Del resto, la stessa convenuta non ha specificamente contestato la circostanza, limitandosi solo ad affermare che l'onere della prova dell'impiego nell'appalto fosse a carico dei ricorrenti.  5. Ritenuti, dunque, sussistenti i presupposti di cui all'art. 29 comma 2 D.Lgs.  276/2003, si rileva, infine, che l'inadempimento datoriale dell'obbligazione retributiva è dimostrata dalla circostanza che i medesimi lavoratori hanno presentato, per identico credito, istanza di ammissione allo stato passivo del fallimento ### S.r.l. (cfr. istanze allegate alle note conclusionali del 27.10.2025) e dalla mail del 18.09.2024 prodotta dalla società convenuta a firma del ### in cui si legge che “- il ### si è insinuato al passivo della ### con domanda di ammissione, rubricata al cronologico n. 420 delle domande tempestive, per complessivi ### 15.007,13. Su tale istanza il G.D. ha emesso provvedimento di ammissione al passivo per l'importo di ### 13.673,63; - il ### si è insinuato al passivo della ### con domanda di ammissione, rubricata al cronologico n. 417 delle domande tempestive, per complessivi ### 17.667,09. Su tale istanza il G.D. ha emesso il provvedimento di ammissione al passivo per l'importo di ### 16.181,82”. 
Del resto, il sig. ### ha ottenuto dal ### di ### il pagamento del TFR per € 2.235,66 (compresi gli accessori come per legge; cfr. comunicazione ### allegata alle note del 27.10.2025).  5.1. Venendo alla determinazione dei crediti ricompresi nella garanzia ex art. 29 cit., si osserva che la Suprema Corte ha offerto un'interpretazione restrittiva della norma, ammettendo la responsabilità solidale dell'impresa committente solo per i crediti strettamente retributivi. 
È stato affermato che “La logica della solidarietà tra l'appaltatore ed il committente sancita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, che garantisce il lavoratore circa il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all'appalto cui ha personalmente dedicato le proprie energie lavorative, nonché il dato testuale della norma, che fa riferimento al periodo di esecuzione del relativo contratto, impongono di ritenere che la solidarietà sussiste solo per i crediti maturati con riguardo al periodo del rapporto lavorativo coinvolto dall' appalto stesso, con esclusione di quelli sorti in altri periodi, ed il termine biennale dalla cessazione dell' appalto previsto dalla suddetta disposizione ha natura di termine di decadenza per la proposizione dell'azione giudiziale per i crediti per i quali vi sia tale possibilità (Cass. n. 17725/2017; Cass. 19740/2015). 
Questa Corte ha avuto occasione di chiarire che In tema di responsabilità solidale del committente con l'appaltatore di servizi, la locuzione "trattamenti retributivi" di cui al D.Lgs.  276 del 2003, art. 29, comma 2, dev'essere interpretata in maniera rigorosa, nel senso della natura strettamente retributiva degli emolumenti che il datore di lavoro risulti tenuto a corrispondere ai propri dipendenti" (Cass. n. 10354/2016)” (Cass. civ., sez. lav., 30/10/2018, 27678). 
Invero, è stato chiarito che “secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, condivisa dal collegio, il valore dei pasti, di cui il lavoratore possa fruire in una mensa aziendale o presso esercizi convenzionati con il datore di lavoro, non costituisce elemento integrativo della retribuzione, allorché il servizio mensa rappresenti un'agevolazione di carattere assistenziale, anziché un corrispettivo obbligatorio della prestazione lavorativa, per la mancanza di corrispettività della relativa prestazione rispetto a quella lavorativa e di collegamento causale tra l'utilizzazione della mensa ed il lavoro prestato, sostituendosi ad esso un nesso meramente occasionale con il rapporto (Cass. 1 dicembre 1998, n. 12168; Cass. 17 luglio 2003, n. 11212; Cass. 21 luglio 2008, n. 20087; Cass. 8 agosto 2012, n. 14290; Cass. 8 settembre 20104, 18852). 
Il valore dei pasti o il cd. buono pasti, salva diversa disposizione, non è dunque elemento della retribuzione concretandosi lo stesso in una agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale (Cass. 6 luglio 2015, 13841). (…) Ed analogamente per l'indennità sostitutiva delle ferie non fruite, cui è in prevalenza attribuita una natura mista, di carattere risarcitorio in quanto volta a compensare il danno derivante dalla perdita di un bene determinato (il riposo, con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali), ma anche retributivo, per la sua connessione al sinallagma contrattuale e la funzione di corrispettivo dell'attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe dovuto essere non lavorato, in quanto destinato al godimento delle ferie annuali (Cass. 11 settembre 2013, n. 20836; Cass. 9 luglio 2012, n. 11462); quando non addirittura risarcitoria tout court (Cass. 11 maggio 2011, n. 10341; Cass. 8 luglio 2008, n. 18707). 
Appare allora evidente come la locuzione normativa "trattamenti retributivi", costitutiva in obbligazione di garanzia solidale, con l'appaltatore datore di lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2 il committente, che rimane estraneo alle vicende relative il rapporto di lavoro, debba essere interpretata in senso rigoroso, ossia della certa natura retributiva degli emolumenti che il datore di lavoro sia tenuto a corrispondere ai propri dipendenti: con la conseguenza dell'esclusione da essi dell'indennità sostitutiva delle ferie non fruite che, per le ragioni illustrate, non ha una tale natura” (Cass. civ., sez. lav., 19/05/2016, n. 10354; da ultimo, Cass. civ., sez. lav., 21/01/2025, n. 1450 “in tema di responsabilità solidale del committente con l'appaltatore di servizi, la locuzione "trattamenti retributivi" di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art.  29, comma 2, dev'essere interpretata in maniera rigorosa, nel senso della natura strettamente retributiva degli emolumenti che il datore di lavoro risulti tenuto a corrispondere ai propri dipendenti e tra questi non rientra l'indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti cui è in prevalenza attribuita una natura mista (da ultimo, Cass. n. 5247 del 2022; Cass. n. 23303 del 2019; Cass. n. 10354 del 2016).”.  6. Alla stregua delle suesposte coordinate ermeneutiche, vanno certamente scomputate le somme richieste a titolo di ferie, permessi e buoni pasto. 
In particolare, per quanto concerne il sig. ### va certamente riconosciuto il trattamento retributivo (come sopra inteso al netto delle voci non ricomprese nella retribuzione ex artt. 110 e ss. ### vigilanze private e servizi fiduciari) per le mensilità documentate da busta paga, ossia quelle di settembre ed ottobre 2019, gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio e giugno 2020, nonché i ratei delle mensilità aggiuntive per l'anno 2020, facilmente quantificabili ai sensi del ### Va, invece, certamente escluso il ### posto che agli atti risulta riconosciuto dal ### di ### dell'### Per quanto concerne, invece, le ultime tre mensilità per le quali non sussiste busta paga, risultano oscuri i criteri utilizzati per il calcolo delle stesse nei conteggi elaborati dalla parte, né è possibile, in assenza di allegazione dei giorni e degli orari di lavoro osservati, effettuare una quantificazione sulla base delle tabelle retributive. 
È opinione del giudicante che l'indicazione del credito retributivo - in assenza del datore di lavoro, unico legittimato a muovere eventuali contestazioni - debba essere precisa, nonché sorretta da prova documentale o, quantomeno, da specifica allegazione degli elementi e criteri posti alla base della quantificazione, come tale verificabile da parte del giudice in maniera ancor più rigorosa, tenuto conto che la committente non è in grado di prendere posizione sugli importi rivendicati.  6.2. Analoghe considerazioni per il sig. ### al quale va certamente riconosciuto il trattamento retributivo (ex artt. 110 e ss. ### vigilanze private e servizi fiduciari) per le mensilità documentate da busta paga, ossia quelle di settembre ed ottobre 2019, gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio e giugno 2020, nonché i ratei delle mensilità aggiuntive per l'anno 2020. 
Mentre per le ragioni già espresse, non possono riconoscersi le ultime tre mensilità per le quali non sussiste busta paga e neppure il ### stante l'impossibilità di una quantificazione in assenza delle buste paga afferenti all'anno 2019.  6.3. Coerentemente alle suesposte considerazioni, le somme spettanti al sig. ### a titolo di retribuzione mensile di settembre ed ottobre 2019, di gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio e giugno 2020 (complessivamente € 7.122,10 al netto dei buoni pasto), nonché i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità per l'anno 2020 (secondo il calcolo di parte ricorrente, dallo stesso limitato da gennaio a giugno 2020, pari a € 692,22 ciascuna), ammontano a complessivi € 8.506,54. 
Invece, le somme spettanti al sig. ### a titolo di retribuzione mensile di settembre ed ottobre 2019, di gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio e giugno 2020 (complessivamente € 8.807,95 al netto dei buoni pasto), nonché i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità per l'anno 2020 (secondo il calcolo di parte ricorrente, dallo stesso limitato da gennaio a giugno 2020, pari a € 692,22 ciascuna), ammontano ad € 10.192,39. 
Sulle singole componenti del credito sono, inoltre, dovuti, ex art. 429 comma 3° c.p.c., gli interessi al saggio legale sulle somme annualmente rivalutate dalla data di maturazione al saldo.  7. In ragione della soccombenza reciproca e del comportamento delle parti ricorrenti - che hanno proposto in diverse sedi la medesima domanda giudiziale -, si dispone la compensazione integrale delle spese di lite. P.Q.M.  La dr.ssa ### quale Giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, così provvede: 1. In parziale accoglimento del ricorso, condanna il CIS - ### S.p.a. al pagamento in favore di ### della somma complessiva pari a € 8.506,54, e in favore di ### di € 10.192,39, per le causali esposte in parte motiva, oltre interessi legali sulle somme annualmente rivalutate dalla data di maturazione al saldo; 2. Rigetta per il resto; 3. Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti. 
Manda alla ### per l'immediata comunicazione telematica alle parti costituite del presente provvedimento in forma integrale, comunicazione telematica che sostituirà la lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e diritto della decisione prevista dall'art. 429 cpc.. 
Così deciso in ### lì 06/11/2025. 
Il Giudice Dr.ssa

causa n. 5163/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Valentina Olisterno

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Tribunale di Avellino, Sentenza n. 923/2024 del 08-10-2024

... considerando che, in tale frangente, la G.P.G. è armata e munita di divisa. Non v'è dubbio, infatti, che la G.P.G. sia preposta a funzioni di incaricato di pubblico servizio, tra l'altro anche allo scopo di svolgere attività di vigilanza antitaccheggio, come previsto dall'art. 3 co. 2 lett. d) D. M. 269/2010 (“d) vigilanza antitaccheggio: è il servizio svolto presso negozi, supermercati, ipermercati, grandi magazzini e simili, finalizzato alla Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 prevenzione del reato di danneggiamento, furto, sottrazione ovvero di appropriazione indebita dei beni esposti alla pubblica fede”). Ebbene, la condotta in esame ha rivelato l'incapacità del sig. ### di dominare i propri istinti e di reprimerli, e ciò proprio nel compimento di una di quelle attività illecite che egli stesso è chiamato a prevenire ed impedire, rientrando nelle mansioni attribuibili alla guardia particolare giurata. Né rileva che, nella fattispecie, il ricorrente era impegnato nella diversa attività di trasporto valori, giacché la G.P.G. può essere deputata a svolgere una qualsiasi delle mansioni descritte dal citato art. 3, inclusa la vigilanza antitaccheggio, (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI AVELLINO ### e ### del lavoro, dott. ### all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente ### nella controversia iscritta al R. G. n. 734/2023, introdotta ### (c.f.: ###), rappresentato e difeso, in virtù di procura in atti, dall'avv. ### presso cui è elettivamente domiciliato; RICORRENTE CONTRO ### S.P.A. (c.f.: ###9), in persona del l. r. p. t., rappresentata e difesa, in virtù di procura in atti, dall'avv. ### presso cui è elettivamente domiciliata. 
RESISTENTE CONCLUSIONI: PER PARTE RICORRENTE: dichiarare l'illegittimità del licenziamento e disporre la reintegra nel posto di lavoro con le medesime mansioni, oltre al pagamento a titolo risarcitorio di una indennità non inferiore a cinque mensilità; in subordine, dichiarare la nullità del licenziamento per insussistenza dei fatti contestati o perché punibile con sanzione conservativa o ancora perché non ricorrono gli estremi della giusta causa, con conseguente condanna alla reintegra; con vittoria delle spese di lite, con attribuzione; PER PARTE RESISTENTE: rigettare il ricorso; con vittoria delle spese di lite. 
SVOLGIMENTO del ### ricorso depositato in data ###, il sig. ### esponeva di aver lavorato alle dipendenze di ### S.p.a., dapprima con contratto a tempo determinato e, successivamente, con contratto a tempo indeterminato, a far data dal 14.2.2013, senza soluzione di continuità, con orario a tempo pieno, secondo una Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 turnazione notturna o diurna, ed inquadrato nel livello ###.C.N.L. vigilanza privata, con le mansioni di guardia giurata, adibita al servizio di scorta valori. 
Riferiva che, in data ###, aveva ricevuto una contestazione di addebito disciplinare, con sospensione cautelativa dal lavoro, in ordine a quanto accaduto in data ###, all'interno del punto vendita ## S.p.a., sito in Napoli alla Via delle ### nel corso dell'espletamento dell'attività lavorativa, contestazione con cui gli veniva addebitato quanto segue: “In data ### Lei, addetto al servizio di trasporto valori con turno di lavoro dalle ore 06:00 alle ore 16:00, alle ore 7.00 circa è acceduto all'interno del punto vendita del committente ## S.p.A. sito in Napoli alla via delle ### n°280/2082, si è avvicinato ad uno scaffale del supermercato, si è illecitamente impossessato di una bevanda energizzante e l'ha celata nella tasca del pantalone della divisa. 
Allorquando gli addetti alla sicurezza della committente hanno rilevato e Le hanno contestato il furto, Lei ha ammesso l'illecita appropriazione ed ha proceduto alla restituzione del bene. Si aggiunga inoltre che Lei si è altresì illecitamente impossessato di un quantitativo non identificato di frutta destinata alla vendita. In considerazione della gravità degli addebiti contestati, Lei è sospeso cautelativamente dal lavoro, ferma restando la maturazione della retribuzione, con decorrenza immediata. Lei potrà presentare le Sue giustificazioni entro cinque giorni dalla ricezione della presente”. 
Deduceva di aver invano reso le giustificazioni in data, nei seguenti termini: “###le società, io sottoscritto ### in merito alla contestazione notificatami in data ###, recante protocollo n. 711/###, voglio innanzitutto sottolineare, che la vicenda così come contestatami, risulta essere difforme da come sono andati realmente i fatti. Voglio in primis precisare che, non mi sono reso responsabile di alcun fatto illecito. Infatti, ho si prelevato una lattina di bevanda energizzante dal modico costo di 0,40 centesimi di euro, all'ingresso del supermercato ## S.p.A sito in ### e dopo averla messa in tasca, senza aprirla, ho svolto le ordinarie procedure di lavoro relative al ritiro valori, e allorquando mi accingevo a pagarla, mi veniva comunicato che non era possibile, essendo la cassa ed il supermercato ancora chiusi. Pertanto, provvedevo alla restituzione della lattina di energizzante, essendo impossibilitato all'acquisto. Mi sorprende poi, leggere ulteriormente, l'addebito circa la sottrazione di un quantitativo non identificato di frutta. Trovo del tutto assurdo e privo di fondamento tale addebito, perché del tutto non corrispondente al vero. A conferma della correttezza avuta negli anni, mi preme sottolineare, che in altre circostanze, ho ritrovato, una volta una busta valori all'interno di un sacco, un'altra volta una banconote da 20 euro sempre all'interno di un sacco cunibo relativa all'incasso giornaliero, che era si era incastrata sotto la piattina, ancora una volta ho ritrovato un telefono su di una nave, e in tutte queste occasioni ho provveduto debitamente alla riconsegna dei beni, come riportato dalla “lista di zona” e dalle testimonianze dei colleghi presenti. Chiedo quindi gentilmente di scusarmi per aver tenuto comunque un comportamento contrario ai miei doveri. Mi impegnerò ad evitare che in futuro si verifichino nuovamente situazioni di questo tipo. Spero vogliate accettare le mie scuse. Mi rendo disponibile per ulteriori chiarimenti e chiedo sin da ora di esser ascoltato personalmente per chiarire ulteriormente la mia posizione”. 
Altrettanto vane le dichiarazioni spontanee rese al datore in data ###, tra l'altro, del seguente tenore: “il lavoratore richiama e conferma il contenuto della nota di controdeduzione Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 del 15.09.2022. In particolare. ribadisce di non essere responsabile di alcuna sottrazione di frutta. 
Diversamente invece, non si ritiene responsabile del ·furto· della bibita energizzante oggetto di contestazione disciplinare, ribadendo però che non era intenzionato a derubare il cliente … il lavoratore dichiara che arrivato alle casse e mentre era intenzionato a depositare sulla cassa del supermercato l'equivalente economico monetario della bibita sulla cassa è stato fermato dal un dipendente della committente ### … Il lavoratore si dichiara comunque colpevole di quello che ritiene essere meramente un equivoco, ribadendo di essere in sempre stato tn buona fede …”. 
Rappresentava di aver ricevuto comunicazione di licenziamento per giusta causa, senza preavviso, in data ###. 
Eccepiva l'illegittimità del licenziamento anzitutto in quanto non sorretto da alcuna valida e legittima motivazione, atteso che la condotta tenuta non era così grave da ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario con il datore di lavoro, in ragione del modico valore del prodotto summenzionato. 
Eccepiva altresì l'insussistenza del fatto, non essendovi prova del preteso furto. 
Deduceva il difetto di proporzionalità del provvedimento irrogato e la sussumibilità nella fattispecie astratta ex art. 101 C.C.N.L., che prevede la sola multa per negligenza nella prestazione di lavoro, con conseguente illegittimità del recesso, trattandosi di condotta tipica, sanzionata in via conservativa. 
Specificava, ferma l'assenza di prova della condotta di sottrazione di frutta, che l'asporto della bibita era finalizzato al suo pagamento e non già al doloso impossessamento, senza che si sia potuto configurare nemmeno un tentativo di furto, attesa la pronta restituzione del prodotto da parte sua, che egli peraltro intedeva acquistare regolarmente. 
Tanto premesso, evocava in giudizio ### S.p.A. innanzi al Tribunale di Avellino, in funzione di giudice del lavoro, per sentir accogliere le suesposte conclusioni. 
Ritualmente instaurato il contraddittorio, la società resistente si costituiva tempestivamente in giudizio, contestando la fondatezza dell'avversa domanda. 
Premesso che il ricorrente era stato assunto ab origine con contratto a tempo indeterminato, e ricostruiti i fatti ed il procedimento disciplinare, eccepiva la contraddittorietà e l'infondatezza delle giustificazioni addotte dal lavoratore, sottolineando che la propria committente ## S.p.a. ne aveva chiesto l'allontanamento con nota del 29.8.2022 (“Oggetto: richiesta allontanamento Vs. operatore da servizio ritiro valori punti vendita MD. La presente per chiederVi l'allontanamento di un Vs. Operatore da tutti i pdv ## S.p.A., che in data ### alle ore 07.00 circa, intento ad effettuare il ritiro valori dal mezzo forte del pdv di ### via ### ha tentato di asportare n. 1 bevanda energizzante del valore di € 0,59. La merce è stata recuperata da personale MD che ha chiesto la restituzione all'operatore stesso. Certi di una Vs. fattiva collaborazione per quanto richiesto, porgiamo distinti saluti”). 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024
Affermava la sussistenza della giusta causa di recesso alla luce delle mansioni espletate dal ricorrente (“guardia particolare giurata”, incaricata di pubblico servizio ai sensi del T.U.L.P.S. e s.m.i.), tali da comportare un particolare vincolo fiduciario ed il dovere di osservare “in ogni circostanza, un comportamento esemplare e comunque tale da non essere esposto a critiche o rilievi di alcun genere” (art. 2 Regolamento aziendale). 
Sosteneva che la condotta contestata aveva leso irrimediabilmente la fiducia datoriale, restando irrilevanti l'assenza di integrazione di una fattispecie penale ed il modico valore dell'oggetto materiale della condotta. 
Rappresentava la sussistenza del requisito di proporzionalità tra sanzione espulsiva e condotta contestata. 
In subordine, eccepiva l'aliunde perceptum e la delimitazione della denegata indennità risarcitoria ex art. 3 co. 1 D. Lgs. 23/2015. 
Concludeva ut supra. 
Acquisita la documentazione prodotta ed espletata l'istruttoria orale, all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., il giudizio veniva deciso come da sentenza.  MOTIVI della DECISIONE 1. Il ricorso è infondato e va rigettato. 
Pacifica la procedibilità dell'impugnazione per rispetto dei termini di cui all'art. 6 L.  604/1966, nel testo novellato dall'art. 32 L. 183/2010, l'analisi dei motivi di ricorso va preceduta da un imprescindibile esame dell'addebito disciplinare, onde chiarirne l'esatta portata. 
Richiamatone il contenuto, sopra tracciato, la contestazione disciplinare mossa nei confronti del sig. ### ha ad oggetto un tentativo di furto di una bevanda energizzante, del costo di vendita al pubblico pari a € 0,59, eseguito in danno di ## S.p.a., con recupero della merce da parte personale addetto alla vendita, prima che il ricorrente avesse potuto allontanarsi. 
Il lavoratore ha, invece, dedotto la propria volontà di acquistare e pagare la bevanda, senza però sapere che l'esercizio era ancora chiuso e che le casse non erano ancora attive, tanto da averla restituita all'addetto. 
In giudizio, il sig. ### ha quindi eccepito l'illegittimità del provvedimento sanzionatorio in considerazione dell'insussistenza del fatto illecito e quindi dell'inesistenza della giusta causa di recesso, nonché per violazione del principio di proporzionalità. 
Il ricorrente ha dedotto che, per l'insussistenza totale della prova del furto e per la tenuità dei fatti addebitati, non si possa irrogare la sanzione del recesso, anche perché le attività poste in essere non hanno inciso sul corretto svolgimento dell'attività Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 lavorativa, né determinato alcun ritardo nel servizio o danno all'immagine del datore di lavoro. 
Le contrastanti ricostruzioni offerte dalle parti hanno richiesto l'accertamento dei fatti attraverso l'istruttoria giudiziale.  2. Occorre premettere che l'onere della prova della sussistenza dei fatti addotti a sostegno del licenziamento, anche disciplinare, grava sul datore di lavoro, salvo ipotesi eccezionali, ai sensi dell'art. 2697 c.c., essendo il datore stesso tenuto a dimostrare la sussistenza dei presupposti costitutivi del diritto di recesso. 
Infatti, in tema di legittimità del recesso nel rapporto di lavoro, l'onere di dimostrare la sussistenza dei fatti posti a base del licenziamento per giusta causa o disciplinare, per costante giurisprudenza, è a carico del datore di lavoro ex art. 5 L. 604/1966 (Cassazione civile, sez. lav., 29/03/2018, n. 7830: “In tema di licenziamento, l' art. 5 della l.  n. 604 del 1966 pone inderogabilmente a carico del datore di lavoro l'onere di provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo, sicché il giudice non può avvalersi del criterio empirico della vicinanza alla fonte di prova, il cui uso è consentito solo quando sia necessario dirimere un'eventuale sovrapposizione tra fatti costitutivi e fatti estintivi, impeditivi o modificativi, oppure quando, assolto l'onere probatorio dalla parte che ne sia onerata, sia l'altra a dover dimostrare, per prossimità alla suddetta fonte, fatti idonei ad inficiare la portata di quelli dimostrati dalla controparte”; conforme: Cassazione civile, sez. lav., 16/08/2016, n. 17108; in tal senso, anche Cassazione civile, sez. lav., 14/07/2016, n. 14375; Cassazione civile, sez. lav., 09/06/2014, n. 12882: “Ex art. 5 legge n. 604 del 1966 (tuttora vigente ex dell'art. 1 d.lgs. 1 dicembre 2009, n. 179) grava sulla datrice di lavoro l'onere della prova della giusta causa o del giustificato motivo del licenziamento e quindi anche dell'elemento soggettivo della condotta addebitata al lavoratore”; Cassazione civile, sez. lav., 5.2.2024 n.3280: “Il lavoratore non deve allegare, né dimostrare, l'insussistenza della giusta causa e neanche il difetto di proporzionalità essendo piuttosto il datore di lavoro ad essere gravato dall'onere di provare sia l'esistenza della giusta causa sia la proporzionalità della sanzione irrogata. Infatti, per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario e la cui prova incombe sul datore di lavoro, occorre valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensità dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare; la valutazione della gravità dell'infrazione e della sua idoneità ad integrare giusta causa di licenziamento si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato”). 
Va precisato che, a parere del giudicante, il licenziamento disciplinare costituisce una sottocategoria del licenziamento per giusta causa, senza però esaurirne l'ambito: difatti, l'area della giusta causa è più ampia dell'area della responsabilità disciplinare, Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 nel senso che la prima contiene ed esubera la seconda, giacché un fatto, che non risulti riconducibile ad una fattispecie disciplinare tipizzata nella contrattazione collettiva o riportabile nell'alveo applicativo dell'art. 2106 c.c., è ben possibile che possa comunque costituire giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c. poiché idoneo a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario. 
In sostanza, il licenziamento disciplinare può corrispondere ad una fattispecie tipizzata, allorquando le parti sociali abbiano previsto la specifica condotta quale causa di recesso; ma tali previsioni, come detto, non esauriscono le ipotesi di giusta causa, salvo che il C.C.N.L. di settore non preveda espressamente che la condotta contestata venga sanzionata con misura conservativa. 
Al riguardo, si evidenzia che i criteri di proporzionalità ed adeguatezza della sanzione irrogata, rispetto alla gravità del fatto addebitato al lavoratore, una volta che ne sia accertata la materiale sussistenza, assumono un ruolo centrale all'interno del procedimento valutativo che deve essere compiuto dal giudice, chiamato a stabilire in quali casi sia giustificata l'adozione della sanzione espulsiva in luogo di quella conservativa. 
In materia, la Suprema Corte ha ripetutamente affermato che, per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c., l'accertamento della proporzionalità tra gravità della condotta e recesso del datore va espletato in concreto, ossia attraverso una valutazione caso per caso, che tenga conto dei singoli aspetti della fattispecie in controversia, da collocare nella scala sociale di valori, onde stabilire se la condotta sia così grave da giustificare il licenziamento (Cassazione civile, sez. lav., 13/07/2020, n. 14880: “La giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell'elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all'intensità del profilo intenzionale, dall'altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell'elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare. La giusta causa di licenziamento integra una clausola generale, che richiede di essere concretizzata dall'interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della ricorrenza concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici”; Cassazione civile, sez. lav., 01/07/2020, n. 13412: “In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra addebito e recesso, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza. ### al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva, non sulla base di una valutazione astratta dell'addebito, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto del fatto, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico della sua gravità, rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi rilievo alla configurazione delle mancanze operata dalla contrattazione collettiva, all'intensità dell'elemento intenzionale al grado di affidamento richiesto dalle mansioni, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla durata dello stesso, all'assenza di pregresse sanzioni, alla natura e alla tipologia del rapporto medesimo”). 
In sintesi, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale richiamato, la giusta causa di licenziamento di cui all'art. 2119 c.c. configura una clausola generale che comprende quei fatti e quei comportamenti idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro perché connotati da una particolare gravità, ponendosi in termini di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, come appunto quello della fiducia, che costituisce il presupposto indefettibile della collaborazione fra le parti. 
Pertanto, il giudice di merito deve necessariamente tener conto della natura del fatto contestato, da esaminare non solo nel suo contenuto obiettivo, ma anche sotto il profilo soggettivo e psicologico, onde procedere alla valutazione della sua idoneità a ledere il vincolo fiduciario e, dunque, a giustificare l'applicazione della massima sanzione disciplinare.  3. Ciò chiarito, può passarsi all'esame dei motivi di impugnazione del licenziamento, che, come anticipato, ha richiesto la verifica istruttoria di sussistenza materiale, prima ancora che giuridica, delle condotte contestate. 
Queste le dichiarazioni dei testimoni escussi.  ### “### guardia giurata. Sono a conoscenza dei fatti di causa in quanto all'epoca ero in servizio con il ricorrente. Ricordo che, nel periodo estivo, io, il ricorrente e un altro collega, signor ### eravamo assegnati al servizio trasporto valori nella stessa squadra. In quella occasione, non ricordo la data esatta, ci recammo presso il supermercato MD sito in ### alla via delle ### per espletare un prelievo valori. Nell'occasione, io ero caposquadra, ### era gregario e ### era autista. Ricordo che fui io ad entrare nel supermercato per fare il prelievo perché la cassaforte aveva dei problemi. In quella occasione, fu ### ad occuparsi della bonifica. Una volta prelevato il sacco, lo consegnai al collega ### il quale era entrato all'interno del supermercato e si trovava nei pressi degli scaffali di esposizione della merce. Dopodiché io sono uscito per la bonifica e ho atteso che ### uscisse anche lui. Non vedendolo arrivare, rientrai nel supermercato e vidi che stava discutendo con un impiegato di nome ### non ne ricordo il cognome. Ho sentito che l'impiegato dell'MD chiedeva a ### di tirare fuori una lattina che lo stesso avrebbe prelevato in precedenza. Ho visto che ### teneva la lattina nella tasca della divisa mimetica, posta sulla parte esterna della gamba. La tasca non ha chiusura con bottoni o zip, ma solo con la parte superiore in tessuto. Erano all'incirca le 7.00 del mattino e il supermercato Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 non era aperto al pubblico. Ho visto che ### tirava fuori la lattina dalla tasca. Si trattava di una bibita energizzante. Non so dire quali fossero le intenzioni del mio collega. A me non è mai capitato in quindici anni di servizio di avere necessità di acquistare un bene esposto in vendita presso un esercizio commerciale destinatario del servizio di carico e scarico. Tuttavia, di solito se abbiamo delle necessità il direttore del supermercato o il commesso ci danno tranquillamente quello che chiediamo. 
Nell'occasione di cui innanzi il ricorrente non aveva manifestato malesseri o risentimenti in mia presenza. Non ho mai visto il signor ### prelevare frutta dall'interno del predetto esercizio commerciale né portarla all'interno del blindato. Ciò ovviamente quando eravamo in squadra insieme. 
Più di una volta è capitato di stare in squadra con ### e ciò anche per il servizio presso il supermercato MD predetto. In quella giornata avevamo preso servizio alle 5.30 circa del mattino. La giornata lavorativa, di solito, termina quando si finiscono i prelievi, perciò essa può protrarsi anche fino a 12 ore. La giornata in cui si è verificato il predetto episodio era un sabato. Di solito il sabato si finisce prima perché ci sono meno prelievi da fare. La giornata in cui si è verificato l'episodio era una giornata estiva e non pioveva. Ribadisco che non so dire quali fossero le intenzioni che hanno mosso il ricorrente a prelevare la lattina contente la bibita. Inoltre, ricordo che il bene non venne pagato perché ### restituì la lattina presso le casse. Queste ultime non erano ancora accese. Quando siamo stati in squadra insieme, nei vari anni, non mi è mai capitato di vedere se lo ### aveva ritrovato e restituito denaro o altri beni. Preciso che, quando sono rientrato nel supermercato, ho visto che l'addetto dell'esercizio commerciale fermava il collega ### mentre questi si dirigeva verso l'uscita. Non ho visto ### invece, avvicinarsi alle casse per pagare. Preciso altresì che dopo aver dato il sacco a ### sono passati quattro cinque minuti senza vederlo uscire. Solo dopo ho fatto rientro nel supermercato e ho visto che ### aveva superato la barriera delle casse, non so se attraverso l'uscita ordinaria o quella riservata al personale, e ho visto che l'impiegato lo chiamava chiedendogli di restituire la bibita. All'ingresso del supermercato sono presenti distributori automatici di bibite, sempre accesi anche fuori l'orario di apertura del supermercato. Non so dire se il ricorrente dopo il licenziamento abbia svolto o svolga attività di lavoro”.  ### “### impiegato. Mi dichiaro indifferente alle parti. Sono il responsabile della sicurezza di M.D. S.p.A. per la regione ### Sono a conoscenza dei fatti di causa in quanto, a fine agosto 2022, intorno al giorno 25 o 26, non so essere più preciso perché non ricorso bene, venni allertato di un accadimento verificatosi all'interno dell'esercizio M.D. sito nel centro commerciale di ### Io sono intervenuto uno o due giorni dopo, non ricordo con precisione, ed ho provveduto a visionare i filmati delle videocamere presenti nella struttura commerciale. Da tali videoregistrazioni, prive di audio, ho visto che, nel giorno predetto, due guardie giurate, alle ore 7 del mattino circa, sono entrate nel supermercato. Una di loro si dirigeva verso l'ufficio dove è sita la cassaforte, mentre l'altra ha iniziato ad aggirarsi tra gli scaffali, prima fermandosi a tastare della frutta e poi dirigendosi verso le bibite. Dal filmato, si vedeva che tale guardia giurata prelevava una lattina e la inseriva in una tasca del pantalone. Non so dire quale tasca fosse, credo che fosse quella laterale. Dopodiché la stessa giardia giurata si recava verso l'ufficio, e in tale frangente la lattina non era visibile. Successivamente, entrambe le guardie giurate si allontanavano dal supermercato superando sia la barriera delle casse sia l'uscita che dà nella galleria del centro commerciale. Sempre dal filmato, ho visto che le due guardie giurate, giunte nei pressi della porta scorrevole che dà all'esterno del centro commerciale, venivano avvicinate da un dipendente di M.D.. In particolare, una di loro veniva fermata, mentre l'altra, che stava per uscire, subito si riavvicinava. Ho visto dalla Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 videoregistrazione che la guardia che era stata fermata, dopo aver parlato con il nostro dipendente, estraeva la lattina dalla tasca dei pantaloni e gliela riconsegnava. Non ho visto la guardia giurata dare denaro al nostro dipendente. Anzi ho visto che questi ha riportato la lattina all'interno del supermercato. Il dipendente in questione si chiama ### Posso escludere che la guardia giurata abbia preso della frutta. Io l'ho vista solo tastare le pesche. Ribadisco che il tutto si è verificato alle ore 7 del mattino, allorquando il supermercato era ancora chiuso al pubblico. A quell'ora erano presenti solo 7 o 8 dipendenti del supermercato, e non vi erano altre persone oltre alle due guardie giurate. I filmati in questione di solito vengono conservati ed inviati all'ufficio legale di M.D., a tal uopo memorizzati nel disco di rete. Non so dire se questi filmati esistano ancora o meno. Io ho fatto una relazione interna, che cioè ho trasmesso al mio datore di lavoro M.D. e precisamente al responsabile di funzione. Non ho personalmente inviato nulla a ### se non qualche fotografia che avevo scattato allo schermo durante la riproduzione del predetto filmato. Non so quali atti M.D.  abbia trasmesso a Cosmopol”.  ### “### un dipendente di M. D. S.p.A., con sede di lavoro presso l'esercizio sito in #### alla via #### a conoscenza dei fatti di causa in quanto lavoro presso M.D. da dodici anni circa. Ricordo che, a fine agosto 2022, tra il giorno 27 e 29, non sono essere più preciso, come di consueto due guardie giurate della ### vennero a ritirare il sacco con il contante alle 7 del mattino. Ciò accadeva almeno tre volte a settimana circa. In quell'occasione, ricordo che venne una guardia che già conoscevo e che, se non ricordo male, ha nome ### ed un'altra guardia che non avevo mai visto. Mentre la prima si recava verso l'ufficio per il prelievo del contante, l'altra entrava all'interno del supermercato. In quel momento, io ero impegnato a spostare delle pedane con il transpallet elettrico. Ho visto personalmente che la guardia che era dentro il supermercato prelevava una lattina di una bibita energizzante tipo ### dallo scaffale e la inseriva nel tascone laterale della gamba della divisa. In quel momento non ho reagito subito perché sono rimasto perplesso dall'accaduto. Tuttavia, successivamente, ho visto che le due guardie giurate stavano per uscire dalla struttura, perché avevano superato le casse e si trovano nei pressi della porta di uscita. A questo, ho fermato la guardia che aveva prelevato la lattina e gli ho chiesto cosa avesse nelle tasche. Lui mi rispose che aveva una lattina e me la riconsegno, chiedendomi scusa. Si offrì anche di pagare la bibita, ma in quel momento e a quell'ora le casse erano chiuse, perché l'esercizio era ancora chiuso al pubblico ed avrebbe aperto alle ore 8. In seguito, ho provveduto a riposizionare la lattina sullo scaffale. Poi ho aspettato che alle 8 arrivasse il direttore del supermercato e gli ho spiegato l'accaduto. Il supermercato è dotato di sistema antitaccheggio, che però è applicato ai prodotti più costosi, ad esempio il parmigiano. Per la lattina predetta, che ha valore di circa 60 - 70 centesimi, non viene utilizzato l'antitaccheggio. Tuttavia, in ogni caso, all'ora in cui si è verificato il predetto episodio, l'antitaccheggio è spento perché le casse non funzionano ancora ed il supermercato è chiuso al pubblico. Se non ricordo male la lattina in questione era quella piccola da 33 cl. Nel giorno predetto, le due guardie giurate sono entrate nel punto utilizzato per l'ingresso dei clienti, ossia quello da cui si accede al reparto ortofrutta. Per uscire hanno fatto il percorso inverso. Preciso che il ricorrente non mi chiese di fare il pagamento dopo l'apertura delle casse, ma che voleva pagare in quel momento.  l'accaduto, io chiesi al ricorrente il perché del suo gesto, ma lui non mi disse nulla, ed in specie non si giustificò, ad esempio dicendo che aveva preso la lattina perché aveva sete”. 
Siffatte dichiarazioni sono provenienti da soggetti attendibili, privi di qualsiasi interesse, anche di mero fatto, alla presente vicenda processuale; pertanto, esse vanno Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 ritenute credibili ed idonee a fondare il convincimento del giudicante.  4. Alla luce del quadro probatorio così formato, reputa il giudicante che il datore di lavoro abbia offerto piena dimostrazione di gran parte dei fatti esposti nella missiva di contestazione degli addebiti. 
Il teste ### collega di squadra del ricorrente, ha riferito di aver visto il sig.  ### discutere con un impiegato di MD e, successivamente, di prelevare dalla tasca una lattina di bibita energizzante. 
Ha precisato che il sig. ### prima di entrare nel supermercato non aveva manifestato alcun tipo di malessere. 
Il teste ha, inoltre riferito di aver visto il ricorrente restituire la bibita al commesso del supermercato nei pressi dell'uscita e di non spiegarsi il motivo di tale gesto. 
Il teste ### responsabile della sicurezza di M.D. per la regione ### ha dichiarato di aver visionato, nei giorni successivi all'evento, i filmati delle videocamere presenti nel locale commerciale e prodotti nella data del fatto contestato, ivi osservando una guardia giurata che si aggirava tra gli scaffali, prima fermandosi a tastare la frutta e, poi, dirigendosi verso le bibite. 
Il teste ha, altresì, riferito di aver visto la guardia, nei filmati stessi, prelevare una lattina e metterla in tasca e poi, di aver visto la guardia stessa raggiungere il collega nell'ufficio e, successivamente, avvicinarsi all'uscita. 
Il sig. ### ha dichiarato che le due guardie giurate sono state fermate dal dipendente del supermercato nei pressi della porta scorrevole che conduceva all'esterno del centro commerciale. 
Di uguale tenore è la testimonianza del sig. ### dipendente di MD, presente sul luogo al momento dell'accaduto. 
Trattasi, anzi, del soggetto che ha visto il ricorrente prelevare la bibita dallo scaffale e metterla in tasca. 
Il teste ha dichiarato di aver fermato la guardia nei pressi dell'uscita del centro commerciale, quando il ricorrente ed il suo collega avevano oramai superato la barriera delle casse. 
Ebbene, alla luce delle testimonianze raccolte, è emersa la prova parziale delle condotte contestate, giacché, mentre non dimostrata l'appropriazione di frutta esposta per la vendita, risulta, invece, provata l'apprensione della bevanda di cui sopra da parte del sig. ### In particolare, deve ritenersi dimostrata la sussistenza di una volontà del ricorrente di ottenere il bene attraverso l'asportazione dall'area di vendita e la sua dolosa occultazione. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024
Ciò è sufficiente a legittimare l'intimato licenziamento. 
Difatti, il segmento della condotta contestata, che è risultato dimostrato in giudizio, integra un inadempimento grave dei doveri di diligenza che fanno capo alla G.P.G., a prescindere dall'entità economica del bene attinto dalla condotta in questione. 
In specie, ad avviso del giudicante, la condotta stessa risulta provata sia nella sua consistenza materiale, sia nella sua rilevanza giuridica, quale fatto - inadempimento illecito, per di più di gravità tale da minare irrimediabilmente il vincolo fiduciario, in conformità alla corrente interpretazione dell'art. 18 co. 4 L. 300/1970 e dell'art. 3 co. 2 D. Lgs. 23/2015. 
In sostanza, è stato dimostrato che il sig. ### abbia posto in essere atti inequivocabilmente diretti ad appropriarsi illegittimamente della bibita, e ciò anzitutto occultandola nella tasca dei pantaloni. 
Già tale gesto è particolarmente significativo, poiché, se fosse stato vero che egli, invece, intendeva acquistarla, non vi era motivo per inserirla all'interno degli abiti e non, invece, portarla in mano, trattandosi di una lattina di piccole dimensioni. 
Né il ricorrente ha dedotto o provato di avere le mani occupate e di aver perciò avuto l'esigenza di riporre in tasca la bibita. 
A riguardo, la comune esperienza ex art. 115 co. 2 c.p.c. insegna che colui che si reca all'interno di un supermercato preleva i beni da acquistare manifestando apertamente le proprie intenzioni, e cioè portandoli in mano o ponendoli in un carrello, ove restano visibili, dopodiché espone i beni stessi agli addetti alle casse per il pagamento. 
Di contro, nel caso di specie, il sig. ### dopo aver preso la bibita, non ha raggiunto subito l'addetto presente nell'esercizio per chiedere di pagare, ma ha superato l'uscita del supermercato e si è diretto verso l'uscita del centro commerciale in cui esso è sito senza nulla riferire al dipendente di ## S.p.a. ivi presente circa l'acquisto della bibita ovvero la necessità di dissetarsi. 
Tale frazione della condotta corrobora ancor più il riscontro della volontà di appropriazione dolosa del prodotto, poiché il sig. ### ha rivelato di aver preso la merce solo dopo essere stato fermato dal teste ### e, per di più, come detto, comunque dopo aver superato la barriera delle casse. 
Inoltre, reputa il giudicante che è irrilevante che l'esercizio commerciale fosse chiuso al pubblico e che le casse non fossero ancora operanti, poiché tale circostanza, impeditiva dell'acquisto, sarebbe stata certamente esposta al ricorrente se questi avesse agito correttamente, chiedendo di pagare la bevanda prima di allontanarsi (e, prima ancora, esponendola apertamente nelle proprie mani). 
Parallelamente, risulta irrilevante il tentativo del sig. ### di “rimediare” Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 offrendo il pagamento a posteriori, poiché tale volontà non è idonea ad escludere la gravità della condotta tenuta, tale da configurare il delitto p. e p. ex artt. 56 e 624 c.p..  5. In ordine a tale aspetto, benché la rilevanza penale del fatto contestato non sia un elemento dirimente, ben potendo assurgere a giusta causa di recesso anche una condotta priva di rilievo penalistico, giova comunque rammentare che il furto in esercizio commerciale deve intendersi consumato solo allorquando l'agente non sia stato monitorato nel corso del compimento dell'azione delittuosa, la quale sia emersa solo dopo che egli abbia superato la barriera della casse, ad esempio a causa dell'attivazione del sistema antitaccheggio. 
Di contro, allorché l'agente venga osservato durante l'asportazione e l'occultamento della merce, sebbene venga poi fermato solo dopo aver superato le casse, la condotta resta limitata allo stadio del tentativo giacché i beni devono intendersi rimasti nella sfera di controllo e vigilanza del dominus, senza che l'agente abbia mai potuto conseguirne l'effettiva disponibilità (Cassazione penale, sez. V, 12/07/2022, n. 40321: “Se è vero che in caso di furto in supermercato, il monitoraggio dell'azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo, se l'azione furtiva non era stata monitorata e gli addetti alla vigilanza si erano accorti che l'imputato aveva occultato gli indumenti sottratti sulla sua persona, solo quando, oltrepassate le casse, era scattato l'allarme, riuscendo a bloccarlo, allora il delitto è consumato”; Cassazione penale, sez. IV, 20/11/2018, n. 12860: “In ipotesi di furto in supermercato, soltanto il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo”). 
Calando tali criteri nella fattispecie concreta, si osserva che la condotta in esame resta limitata al tentativo di furto, poiché il teste ### ha dichiarato di aver visto il sig.  ### mentre prendeva la lattina e di averlo fermato prima che uscisse dalla struttura che ospita il supermercato. 
Tuttavia, come detto, la mancata consumazione del delitto non priva la condotta del suo carattere di grave negazione degli elementi fiduciari del rapporto di lavoro, nelle peculiari caratteristiche della posizione di affidamento propria della G.P.G.. 
A tal fine, ciò che rileva è il fatto oggettivamente considerato, nel senso che deve Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 ritenersi condotta grave e, dunque, idonea a giustificare la reazione espulsiva, quel comportamento che conservi un'efficacia lesiva del vincolo fiduciario su cui si fonda il rapporto di lavoro, in considerazione dell'aspettativa datoriale rispetto alla corretta conduzione futura del rapporto da parte del lavoratore (Cassazione civile, sez. lav., 23/05/2018, n. 12798: “Per stabilire se sussiste la giusta causa di licenziamento con specifico riferimento al requisito della proporzionalità della sanzione occorre accertare in concreto se - in relazione alla qualità del singolo rapporto intercorso tra le parti, alla posizione che in esso abbia avuto il prestatore d'opera e, quindi, alla qualità e al grado del particolare vincolo di fiducia che quel rapporto comportava - la specifica mancanza commessa dal dipendente, considerata e valutata non solo nel suo contenuto obiettivo, ma anche nella sua portata soggettiva, risulti obiettivamente e soggettivamente idonea a ledere in modo irreparabile la fiducia del datore di lavoro”). 
Pertanto, la valenza penalistica del fatto, limitata al tentativo, e la scarsa consistenza del valore economico del prodotto, oggetto del tentativo di impossessamento, non sono rilevanti, giacché l'elemento che viene in rilievo nel presente giudizio è costituito dall'incidenza della condotta contestata sul futuro espletamento del rapporto (Cassazione civile, sez. lav., 17/04/2001, n. 5633: “In caso di licenziamento del lavoratore per abusivo impossessamento di beni aziendali, per la determinazione della consistenza dell'illecito non rileva, di regola, la qualificazione fattane dal punto di vista penale (e, in particolare, se l'illecito integri il reato consumato di furto o appropriazione indebita ovvero solo il tentativo), essendo necessario al riguardo che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro, e specialmente dell'elemento essenziale della fiducia”; Cassazione civile, sez. lav., 27/11/1999, n. 13299: “Per quanto attiene poi più specificamente all'abusivo impossessamento di beni aziendali da parte del dipendente, questa stessa Corte ha anche precisato che ai fini della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ovvero la circostanza che il fatto illecito sia stato commesso fuori dall'orario o dal posto di lavoro, ma la ripercussione sul rapporto di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento (cfr. ex plurimis: Cass. 18 giugno 1998 n. 6100; 25 novembre 1997 n. 11806; Cass. 22 ottobre 1993 n. 10505)”). 
In concreto, l'elemento dirimente in tal senso è rappresentato dalla attuata volontà del sig. ### dimostrata in giudizio, di impossessarsi del prodotto invito domino durante l'espletamento delle mansioni di G.P.G., mansioni che configurano un affidamento datoriale di massima entità circa la natura della condotta del lavoratore de quo, che deve specchiata ed improntata alla massima diligenza, nonché priva di qualsivoglia gesto deviante, soprattutto nel corso dell'orario lavorativo, considerando che, in tale frangente, la G.P.G. è armata e munita di divisa. 
Non v'è dubbio, infatti, che la G.P.G. sia preposta a funzioni di incaricato di pubblico servizio, tra l'altro anche allo scopo di svolgere attività di vigilanza antitaccheggio, come previsto dall'art. 3 co. 2 lett. d) D. M. 269/2010 (“d) vigilanza antitaccheggio: è il servizio svolto presso negozi, supermercati, ipermercati, grandi magazzini e simili, finalizzato alla Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 prevenzione del reato di danneggiamento, furto, sottrazione ovvero di appropriazione indebita dei beni esposti alla pubblica fede”). 
Ebbene, la condotta in esame ha rivelato l'incapacità del sig. ### di dominare i propri istinti e di reprimerli, e ciò proprio nel compimento di una di quelle attività illecite che egli stesso è chiamato a prevenire ed impedire, rientrando nelle mansioni attribuibili alla guardia particolare giurata. 
Né rileva che, nella fattispecie, il ricorrente era impegnato nella diversa attività di trasporto valori, giacché la G.P.G. può essere deputata a svolgere una qualsiasi delle mansioni descritte dal citato art. 3, inclusa la vigilanza antitaccheggio, sicché la condotta contestata non perde gravità per la sola circostanza secondo cui, nell'occasione, il lavoratore era adibito ad una mansione diversa. 
Anzi, l'incapacità di controllare le proprie azioni, per assicurarne la rettitudine, è ancor più grave se rapportata alle attività di scorta e trasporto valori. 
In sostanza, il disvalore della condotta va stimato non già sulla scorta del costo del bene che ne è oggetto, bensì in base alla natura ed alla tipologia della condotta ed alla sua incidenza sulla fiducia datoriale nel contesto delle concrete mansioni affidate. 
In conclusione, risulta dimostrata la sussistenza materiale e giuridica del fatto contestato, che questo giudice reputa idoneo a costituire giusta causa di licenziamento, dovendo ritenersi irrimediabilmente leso l'intuitus personae datoriale, così come dedotto nella missiva di licenziamento.  6. In ordine al dedotto difetto di proporzionalità, quanto sinora osservato sarebbe di per sé sufficiente ad escludere la fondatezza di tale motivo di ricorso: la condotta costituita dal tentativo di appropriarsi di un bene esposto al pubblico per la vendita, benché di risibile valore, è intrinsecamente grave se a commetterla sia una G.P.G., in quanto ciò che rileva è la natura del gesto compiuto, del tutto incompatibile con la tipologia di attività lavorativa espletata. 
Per l'appunto, occorre rimarcare che non rileva l'esiguo valore venale del bene che il sig. ### intenzionalmente voleva sottrarre, bensì la ripercussione di tale gesto sul rapporto di lavoro. 
Difatti, nonostante la condotta non abbia determinato la consumazione del reato di furto ed abbia attinto un bene di valore irrisorio, essa resta tale da porre in dubbio la futura correttezza del lavoratore nel prosieguo del rapporto, poiché ### S.p.a. ha visto pregiudicata la sua fiducia nell'integrità del comportamento del ricorrente. 
Dunque, anche ai fini della valutazione della proporzionalità quale componente della giusta causa ex art. 3 co. 1 D. Lgs. 23/2015, deve ritenersi che la reazione espulsiva sia commisurata alla gravità della condotta, restando privo di rilievo il valore monetario del bene che ne è stato oggetto. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024
Peraltro, tale conclusione risulta in linea con i principi a più riprese affermati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di rilevanza dell'oggetto materiale della condotta e di particolare tenuità del danno derivatone (Cassazione civile, sez. lav., 12/10/2017, n. 24014: “Ai fini dell'indagine volta ad accertare l'integrazione della giusta causa di licenziamento in relazione a una contestazione di asportazione di beni dell'azienda, la modesta entità del fatto può essere ritenuta non tanto con riferimento alla tenuità del danno patrimoniale, quanto in relazione all'eventuale tenuità del fatto oggettivo, sotto il profilo del valore sintomatico che lo stesso può assumere rispetto ai futuri comportamenti del lavoratore e, quindi, alla fiducia che nello stesso può nutrire l'azienda, essendo necessario al riguardo che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro e, specialmente, dell'elemento essenziale della fiducia, cosicché la condotta del dipendente sia idonea a porre in dubbio la futura correttezza del suo adempimento”; Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2017, n. 18184: “In tema di licenziamento, la tenuità del danno e la mancanza di precedenti disciplinari non sono circostanze in sé decisive, dovendo piuttosto verificarsi se l'inadempimento, complessivamente valutato, sia idoneo ad incidere sulla prognosi di futura correttezza dell'adempimento dell'obbligazione lavorativa”; Cassazione civile, sez. lav., 05/04/2017, n. 8816: “La tenuità del danno non è da sola sufficiente ad escludere la lesione del vincolo fiduciario, atteso che ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non già l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti”; Cassazione civile, sez. lav., 25/06/2015, n. 13168: “In caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione non già l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale, ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi dei dipendente rispetto agli obblighi assunti”). 
Di conseguenza, in applicazione dei principi enunciati, ritiene il giudicante che il licenziamento intimato dal datore di lavoro sia proporzionato all'infrazione commessa. 
Più in dettaglio, il ricorrente ha violato le comuni regole di correttezza, di civile convivenza, di diligenza, di onestà e di trasparenza che devono necessariamente essere rispettate nel rapporto tra le parti, vieppiù da parte del lavoratore che ricopra la delicata funzione di G.P.G., di rilievo anche pubblicistico. 
La condotta contestata, dunque, non può essere ricondotta ad una semplice leggerezza, bensì denota una insensibilità del lavoratore rispetto ad elementari regole di onestà e rettitudine, regole di cui proprio egli è preposto a garantire l'osservanza, con ciò appalesandosi quel grado di gravità idoneo a configurare l'irreparabile lesione del vincolo fiduciario. 
Ciò rende intollerabile, per la società datrice, la prosecuzione del rapporto di lavoro, il che, a sua volta, impone di ritenere proporzionata la sanzione espulsiva irrogata. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 7. Si ribadisce, inoltre, che il giudice dell'impugnativa di licenziamento non è vincolato dalle tipizzazioni contenute nella contrattazione collettiva, dovendo sempre e comunque eseguire il vaglio di proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto alla gravità dei comportamenti inadempienti del lavoratore, sia che il fatto venga previsto dalle parti sociali come giusta causa di licenziamento, sia che il C.C.N.L. applicato al rapporto non lo preveda (Cassazione civile, sez. lav., 12/11/2021, n. ###: “In tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva non è vincolante, spettando al giudice la valutazione di gravità del fatto e della sua proporzionalità rispetto alla sanzione irrogata dal datore di lavoro, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie”; Cassazione civile, sez. lav., 13/04/2021, n. 9657: “In tema di licenziamento disciplinare, la tipizzazione delle cause di recesso contenuta nella contrattazione collettiva non è vincolante, potendo il catalogo delle ipotesi di giusta causa e di giustificato motivo essere esteso, in relazione9657 a condotte comunque rispondenti al modello di giusta causa o giustificato motivo, ovvero ridotto, se tra le previsioni contrattuali ve ne siano alcune non rispondenti al modello legale, dunque nulle per violazione di norma imperativa; con la conseguenza che il giudice non può limitarsi a verificare se il fatto addebitato sia riconducibile ad una previsione contrattuale, dovendo comunque valutare in concreto la condotta addebitata e la proporzionalità della sanzione”; Cassazione civile, sez. lav., 19/08/2020, n. 17321: “In tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali costituisce uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell' art. 2119 c.c.”; Cassazione civile, sez. lav., 28.2.2024, n. 5304: “Le previsioni contrattuali - collettive sulle fattispecie punibili con il licenziamento disciplinare non sono tassative, ma solo esemplificative e quindi non vincolanti per il giudice, poiché la giusta causa è una nozione legale (art. 2119 c.c.). Viceversa, ai sensi dell'art. 12 legge n. 604/1966 sono tassative e vincolanti per il giudice le previsioni contrattuali - collettive sulle fattispecie punibili con sanzioni conservative. Per tali ragioni, la giusta causa di licenziamento è nozione legale rispetto alla quale non sono vincolanti - al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo - le previsioni dei contratti collettivi, che hanno valenza esemplificativa e non impediscono l'autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla idoneità delle specifiche condotte a pregiudicare il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore, con il solo limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione”).  ### la giurisprudenza, poi, nella valutazione dei motivi di licenziamento il giudice deve fare riferimento alle disposizioni di legge in materia di giusta causa, alle fondamentali regole del vivere civile e alle tipizzazioni di giusta causa presenti nei contratti collettivi considerando tutte le circostanze del caso concreto, i motivi, l'intensità dell'elemento intenzionale e di quello colposo ed ogni altro aspetto rilevante Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 (Cassazione civile, sez. lav., 2.3.2011, n. 5095: “La previsione di ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta in un contratto collettivo non vincola il giudice, dato che questi deve sempre verificare, stante l'inderogabilità della disciplina dei licenziamenti, se quella previsione sia conforme alla nozione di giusta causa, di cui all'art. 2119 c.c., e se, in ossequio al principio generale di ragionevolezza e proporzionalità, il fatto addebitato sia di entità tale da legittimare il recesso, tenendo anche conto dell'elemento intenzionale che ha sorretto la condotta del lavoratore”). 
Sul punto, parte ricorrente ha dedotto che il licenziamento comminato risulta ingiustificato in riferimento alla contrattazione collettiva di categoria, che all'art. 261 lett. b), nell'indicare le ipotesi di applicazione del licenziamento per giusta causa, non contempla espressamente la condotta contestata (“B) ### per giusta causa (senza preavviso) Si applica nei confronti del ### che commetta infrazioni che siano tali da rendere impossibile la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto di lavoro, per grave ed irreversibile lesione del rapporto fiduciario. A titolo esemplificativo: a) violi l'obbligo di fedeltà all'### comunicando a terzi notizie e informazioni riservate e/o riproducendo o esportando documenti, progetti, apparecchiature o altri oggetti di proprietà dell'### o del Committente; b) svolga, in concorrenza con l'attività dell'### prestazioni lavorative, per conto proprio o altrui, durante l'orario di lavoro; c) nel corso della malattia o dell'infortunio (professionali o non professionali) o dell'aspettativa, ancorché non retribuita, presti lavoro subordinato a terzi, anche non formalmente retribuito, ivi compreso per ### vel benevolentiae causa; d) simuli stato di malattia od infortunio, sia professionale che non professionale, percependo illegittimamente l'indennità ### o ### e/o la relativa integrazione datoriale; e) sia assente ingiustificato dal lavoro da oltre cinque giorni; f) commetta nei confronti dell'### furto, frode, danneggiamento volontario od altri simili reati; g) falsifichi le scritture contabili dell'### traendone personale beneficio; h) abbandoni ingiustificatamente il posto di lavoro con conseguente danno all'### o al Cliente; i) commetta violenza privata nei confronti dell'### e dei colleghi, con pericolo di reiterazione; j) abbia commesso comprovate molestie sessuali, con pericolo di reiterazione; k) abbia commesso comprovato comportamento di “mobbing” con pericolo di reiterazione; l) commetta, volontariamente, qualsiasi atto che possa compromettere la sicurezza e l'incolumità del personale, o del pubblico, e/o arrecare grave danneggiamento alle attrezzature, impianti o materiali dell'### m) partecipi a rissa sul luogo di lavoro o rivolga gravissime minacce ed offese ai colleghi, con manifesto pericolo di reiterazione nell'infrazione; n) fumi dove ciò possa provocare pregiudizio alla incolumità delle persone od alla sicurezza degli impianti o delle cose”). 
Inoltre, il lavoratore ha dedotto che, piuttosto, la condotta potrebbe al più sussumersi nella fattispecie contrattuale di cui all'art. 101 C.C.N.L., che sanziona con la multa la negligenza grave durante l'espletamento del lavoro, il che dovrebbe condurre al riscontro d'illegittimità del licenziamento. 
Entrambe le doglianze si rivelano infondate. 
Ribadito che il giudice dell'impugnativa di licenziamento può riscontrare la giusta causa di recesso ex art. 2119 c.c. anche quando la condotta non sia tipizzata dal C.C.N.L.  applicato, ma integri comunque una compromissione irrimediabile della fiducia datoriale, parimenti va ribadito che la condotta contestata al ricorrente costituisce di Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 per sé una grave violazione dei doveri della G.P.G., tale da concretizzare la giusta causa di licenziamento a prescindere da una espressa previsione contrattuale. 
Inoltre, la condotta stessa non può essere sussunta nella negligenza lavorativa, benché grave, giacché l'assenza di diligenza nell'espletamento della prestazione è riferibile ad una condizione soggettiva di colpa del lavoratore. 
Di contro, nel caso di specie, la condotta presenta inequivocabilmente il presupposto psicologico del dolo, anche se solo generico, essendo stata provata la volontà d'impossessamento illecito di un bene. 
Dunque, non può riscontrarsi l'invocata applicabilità del citato art. 101 C.C.N.L.. 
In conclusione, posta la sussistenza dei presupposti di legittimità del recesso, si rivelano infondati i motivi di impugnazione articolati nel ricorso, di cui deve disporsi il rigetto. 
Assorbito ogni altro profilo.  8. In punto di regolamentazione delle spese di lite, l'oggetto del giudizio, la natura e la qualità delle parti, le rispettive condotte processuali e preprocessuali, nonché la condizione di incertezza interpretativa in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti oggetto di contestazione disciplinare, costituiscono gravi ed eccezionali ragioni, analoghe a quelle previste dall'art. 92 co. 2 c.p.c., nel testo risultante a seguito di C. 
Cost. 77/2018, che ne impongono la compensazione in misura della metà. 
La residua parte segue la soccombenza e viene liquidata come in dispositivo, ai sensi del D. M. 55/2014, come modificato dal D. M. 147/2022, con individuazione dello scaglione di valore secondo il criterio del disputatum.  P. Q. M.  Il dott. ### quale ### del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, così provvede: 1) rigetta il ricorso; 2) compensa le spese di lite in misura della metà e condanna ### al pagamento della residua parte in favore di ### S.p.a., che liquida in € 1.350,00, oltre rimborso forfettario (15%), I.V.A. e C.P.A. come per legge. 
Così deciso in ### 7.10.2024 ### del lavoro dott. ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024

causa n. 734/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Del Gaudio Cinzia, Vernillo Domenico

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Tribunale di Avellino, Sentenza n. 499/2025 del 08-05-2025

... resistente, dal 3.6.2018, al fine di svolgere le mansioni di guardia giurata presso la sede dell'istituto bancario ### di ####, sito alla via ### con orario dal lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 16.20 presso la sede dell'### bancario ### sede di ### e sabato o domenica, nei medesimi orari, presso la sede ####### alla via ### osservando il turno “5 + 1”, ossia 8 ore al giorno per 5 giorno con un successivo giorno di riposo. Precisava di aver sempre svolto mansioni di G.P.G. con attività di piantonamento fisso (ispezione del perimetro interno ed esterno, controllo dell'ingresso, utilizzo di sistemi di videosorveglianza interni ed esterni, apertura e chiusura dei cancelli di ingresso attraverso sistemi computerizzati, controllo dei varchi di accesso alle strutture, supervisione del sistema di allarme). Indicava che il datore aveva fatto applicazione diretta del C.C.N.L. ### e servizi fiduciari, di cui lamentava l'inadempimento in relazione a diverse disposizioni normative ed economiche. Deduceva, in specie, l'inosservanza dell'art. 74 (“qualora l'orario giornaliero ecceda il limite di sei ore consecutive, il personale del ruolo tecnico operativo, beneficerà di un intervallo per pausa (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI AVELLINO ### e ### del lavoro, dott. ### all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente ### nella controversia iscritta al R. G. n. 1200/2023, introdotta DA ### (c.f.: ###), rappresentato e difeso, in virtù di procura in atti, dall'avv. ### presso cui è elettivamente domiciliato; RICORRENTE CONTRO ### S.R.L. (c.f.: ###), in persona del l. r. p. t. 
RESISTENTE CONTUMACE CONCLUSIONI PER PARTE RICORRENTE: previo accertamento, condannare la resistente al pagamento della somma di € 14.819,13, di cui € 887,83 per indennità sostitutiva della pausa giornaliera di 10 minuti ex art. 74 C.C.N.L., € 1.684,80 per indennità di piantonamento fisso bancario, oltre corrispondente maggior 13a per € 74,88, nonché € 1.150,24 per indennità sostitutiva dei permessi compensativi ex art. 76 C.C.N.L., € 189,28 per indennità sostitutiva dei permessi orari, € 528,73 per indennità sostitutiva di ferie, € 418,38 per 13a, € 1.921,79 per 14a, € 5.020,50 per paga base del superiore inquadramento spettante sin dall'assunzione ed € 2.942,70 per T.F.R., o della diversa somma di giustizia; con vittoria delle spese di lite, con attribuzione. 
SVOLGIMENTO del ### ricorso depositato in data ###, il sig. ### esponeva di aver lavorato alle dipendenze della società resistente dal 3.6.2016 al 30.6.2018, con contratto di lavoro subordinato full time, a tempo determinato, inquadrato nel livello 6 C.C.N.L. per i dipendenti da ### di ### privata, applicato in via diretta dalla resistente, con la qualifica di ### Rappresentava di aver già precedentemente lavorato alle dipendenze della società, con identico inquadramento, dal 4.4.2012 al 31.5.2016, allorquando, cessato il rapporto, aveva sottoscritto verbale di conciliazione dinanzi alla D.P.L. di Napoli, con rinuncia ad ogni pretesa. 
Riferiva che veniva nuovamente assunto dalla resistente, dal 3.6.2018, al fine di svolgere le mansioni di guardia giurata presso la sede dell'istituto bancario ### di ####, sito alla via ### con orario dal lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 16.20 presso la sede dell'### bancario ### sede di ### e sabato o domenica, nei medesimi orari, presso la sede ####### alla via ### osservando il turno “5 + 1”, ossia 8 ore al giorno per 5 giorno con un successivo giorno di riposo. 
Precisava di aver sempre svolto mansioni di G.P.G. con attività di piantonamento fisso (ispezione del perimetro interno ed esterno, controllo dell'ingresso, utilizzo di sistemi di videosorveglianza interni ed esterni, apertura e chiusura dei cancelli di ingresso attraverso sistemi computerizzati, controllo dei varchi di accesso alle strutture, supervisione del sistema di allarme). 
Indicava che il datore aveva fatto applicazione diretta del C.C.N.L. ### e servizi fiduciari, di cui lamentava l'inadempimento in relazione a diverse disposizioni normative ed economiche. 
Deduceva, in specie, l'inosservanza dell'art. 74 (“qualora l'orario giornaliero ecceda il limite di sei ore consecutive, il personale del ruolo tecnico operativo, beneficerà di un intervallo per pausa retribuita da fruirsi sul posto di lavoro della durata di minuti dieci …”), non avendo avuto la possibilità di fruire della pausa né dei riposi compensativi ivi stabiliti. 
Affermava di non aver fruito dei 7 giorni annui di permesso compensativo ex art. 76 C.C.N.L., avendo osservato il turno 5+1. 
Rivendicava altresì il diritto all'indennità di rischio per piantonamento fisso bancario, fissata in € 3,12 al giorno. 
Contestava altresì l'inquadramento nel livello 6 in quanto egli aveva già una pregressa esperienza lavorativa specifica di più di 4 anni, maturata nel corso del primo rapporto, sicché avrebbe dovuto essergli applicato l'inquadramento nel livello 4 C.C.N.L., mentre il livello 6 doveva essere applicato alle sole G.P.G. prive di esperienza, secondo l'automatismo previsto dalle parti sociali, in forza del quale, rispettivamente dopo 24 e 48 mesi di servizio, incluso quello svolto a tempo determinato, il lavoratore va inquadrato nel livello 5 e nel livello 4. 
Dichiarava di aver diritto alle correlate differenze retributive per applicazione di una maggior paga base. 
Rivendicava altresì l'indennità sostitutiva per ferie non fruite (10,92 giorni) e per permessi orari (R.O.L.) non goduti ex art. 84 C.C.N.L. (13 ore all'anno), ed i ratei di 14a mensilità non corrisposti da agosto 2016 fino a fine rapporto, nonché il T.F.R., totalmente omesso, quantificato come da C.U. 2019, il tutto per gli importi suindicati. 
Tanto premesso, conveniva in giudizio ### s.r.l. innanzi al Tribunale di Avellino, in funzione di giudice del lavoro, rassegnando le suesposte conclusioni. 
Ritualmente instaurato il contraddittorio, la resistente non si costituiva in giudizio, benché regolarmente intimata, e veniva dichiarata contumace. 
Acquisita la documentazione prodotta ed espletata la prova orale, all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., il giudizio veniva deciso come da sentenza.  MOTIVI della DECISIONE 1. Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti appresso segnati. 
Ai fini di un corretto iter motivazionale, l'esame di merito di tale segmento della domanda va preceduto dalla ricostruzione del riparto dell'onere probatorio, così come delineato dalla giurisprudenza. 
Il generale criterio di ripartizione dell'onere probatorio, vigente in ambito contrattuale ed in tema di obbligazioni pecuniarie (Cass., S.U., n. 13533/2001: “Il creditore che agisce in giudizio, sia per l'adempimento del contratto sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto (ed eventualmente del termine di scadenza), limitandosi ad allegare l'inadempimento della controparte, su cui incombe l'onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall'adempimento”) non trova deroghe nel contratto di lavoro subordinato, quale contratto di diritto comune. 
Dunque, l'attore che agisce per l'esatto adempimento, per la risoluzione del rapporto o per il risarcimento del danno, può limitarsi a provare la fonte dell'obbligazione, cioè del fatto costitutivo del rivendicato diritto di credito, allegando poi l'inadempimento (totale o parziale) del debitore; a fronte, il convenuto sarà onerato di provare l'esatto adempimento ovvero l'impossibilità sopravvenuta, a lui non imputabile, della prestazione, ovvero ancora altro fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto. 
Da ciò deriva, con riferimento al rapporto di lavoro subordinato, che soltanto ove ne sia provata l'esistenza e, dunque, la sussistenza dell'obbligazione retributiva, il lavoratore potrà limitarsi ad allegare l'inadempimento datoriale, a fronte del quale la parte resistente ha, a sua volta, l'onere di provare l'esatto adempimento o un evento idoneo a tenerla indenne da responsabilità (Cassazione civile, sez. lav., 27/10/2020, 23607: “Il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto mentre non è tenuto a dare la prova, negativa, che il pagamento non sia avvenuto anche perché, quale fatto estintivo del diritto del presunto creditore, la prova del pagamento incombe sul debitore”). 
Inoltre, quanto alla rivendicazione inerente all'inquadramento iniziale, reputa il giudicante che non si tratti di domanda diretta all'accertamento dell'intercorso espletamento di mansioni superiori ex art. 2103 co. 7 c.c., bensì dell'inadempimento della parte datoriale nell'applicazione dell'art. 31 C.C.N.L. in atti, che contiene le declaratorie professionali anche per il personale operativo, tra cui le G.P.G., qualifica attribuita al ricorrente, prevedendo un passaggio automatico tra i primi tre livelli in base all'anzianità di servizio. 
Quanto alle mensilità aggiuntive, che hanno natura di retribuzioni ordinarie, il lavoratore, dimostrata l'esistenza del rapporto, può limitarsi ad allegarne l'omesso pagamento, salvo provare la fonte contrattuale collettiva per la 14a, gravando sul datore l'onere di provare l'avvenuta soddisfazione del diritto ovvero una causa d'inadempimento non imputabile ex art. 1218 Identica osservazione va formulata in ordine ai permessi previsti dal C.C.N.L. 
Giova rammentare, in punto di valenza probatoria delle buste paga, che i prospetti hanno valore di confessione stragiudiziale, purché muniti di contenuto chiaro e non contraddittorio (Tribunale di Roma, sez. lav., 06/07/2020, n. 4124: “I prospetti paga hanno natura di confessione stragiudiziale, sicché, giusta gli artt. 2734 e 2735 c.c. , assumono piena efficacia di prova legale, vincolante quanto alle indicazioni in esse contenute, purché le stesse siano chiare e non contraddittorie”), sicché compete al datore di lavoro allegare e provare, con la necessaria specificità, che il relativo contenuto sia erroneo, a pena di subire l'efficacia probatoria contra se del documento da esso predisposto (Tribunale di Roma, sez. I , 26/11/2015: “Le risultanze delle buste paga hanno pieno valore probatorio contro il datore di lavoro ai sensi dell'art. 2709 c.c., inquadrandosi le relative annotazioni nella categoria delle confessioni stragiudiziali, non revocabili se non in caso di errore di fatto o violenza, ai sensi dell'art. 2732 c.c.: pertanto, anche se la parte dichiara il falso contro il proprio interesse, non può efficacemente ritrattare in ragione della non veridicità delle dichiarazioni che ha reso, ma deve subirne le conseguenze, a meno che non alleghi e dimostri che la confessione è stata viziata da errore di fatto o violenza”).
Il tutto come confermato dalla giurisprudenza di legittimità, che altresì ha attribuito alla busta paga valore di confessione stragiudiziale, a condizione che la liquidazione sia chiara e coerente (Cassazione civile, sez. lav., 30/01/2017, n. 2239: “In materia di retribuzione, il prospetto paga ha natura di confessione stragiudiziale, sicché, giusta gli artt. 2734 e 2735 c.c., ha piena efficacia di prova legale, vincolante quanto alle indicazioni ivi contenute, solo laddove queste siano chiare e non contraddittorie …”). 
Quanto al T.F.R., a fronte dell'allegazione del suo mancato pagamento, dovrà essere il datore di lavoro a provarne la corresponsione, fatto salvo l'onere del lavoratore, che ne rivendichi una misura maggiore rispetto a quanto liquidato, di dimostrare i sottesi fatti costitutivi. 
Infine, posta l'irrinunciabilità del diritto alle ferie, ove il lavoratore ne alleghi la mancata fruizione, dovrà essere il datore di lavoro a dimostrare la non imputabilità a sé di tale circostanza, allegando e provando di aver inutilmente invitato il lavoratore a chiedere di fruire delle ferie maturate, e solo laddove tale onere sia soddisfatto il lavoratore perderà il diritto alla correlata indennità sostitutiva risarcitoria, spettante alla conclusione del rapporto (Cassazione civile, sez. lav., 11/07/2023, n. 19659: “Le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale ed irrinunciabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro; il diritto alla indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato al diritto alle ferie annuali retribuite; è il datore di lavoro il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite; la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: - di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente; - di averlo, nel contempo, avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato”). 
Siffatta ripartizione dell'onus probandi non è intaccata dalla contumacia della parte datoriale, condotta che non equivale ad ammissione delle circostanze dedotte nel ricorso, né, al pari del silenzio nel campo negoziale, ad una manifestazione di volontà favorevole alle pretese dell'attore. 
Quest'ultimo, pertanto, non è dispensato dall'onere probatorio su di lui gravante in ordine ai fatti costitutivi delle proprie pretese (Cassazione civile, sez. lav., 20/07/1985, n. 4301; Cassazione civile, sez. lav., 13.11.1989, n. 4800). 
In caso di contumacia della parte convenuta, opera, dunque, la c.d. ficta contestatio dei fatti dedotti dalla parte ricorrente (ex art. 115 c.p.c.) e, pertanto, grava interamente su quest'ultima l'onere di provare l'esistenza di fatti costitutivi delle proprie domande (Tribunale di ### sez. lav., 27/04/2022, n. 1245).  2. Delineato il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, occorre procedere al vaglio di fondatezza del ricorso attraverso il globale esame del compendio probatorio raccolto nel giudizio. Queste le dichiarazioni rese dai testi.  ### “ADR “### stato un collega del ricorrente, in quanto ho lavorato alle dipendenze di ### dal 2014 al 2018. Il ricorrente ha iniziato a lavorare prima di me.” ADR “Io sono stato licenziato a giugno 2018 e, credo, con me, anche gli altri colleghi.” ADR “Io ed il sig. ### abbiamo svolto mansioni di GPG e facevamo vigilanza ad istituti bancari o altri esercizi commerciali, ad esempio siti in ###” ADR “### capitava che ci davamo il cambio ad inizio e fine turno.” ADR “### che lavoravamo tutti i giorni, inclusi sabato e domenica, nonché festivi. Facevamo turni orari dalle 7.00 alle 19.00, oppure dalle 20.00 alle 8.00. Quando lavoravamo presso le ### che chiudevano prima, alle 16.00 smontavamo e venivamo mandati a lavorare presso altri esercizi, ad esempio nei centri commerciali.” ADR “Tra le altre, ricordo che abbiamo lavorato presso la ### di ### e di ###” ADR “In particolare, lavoravamo non solo come portierato, ma anche come vigilanza fissa. Io non ho mai fatto scorta valori. Non so se il sig. ### l'abbia mai fatta. Nei supermercati, qualche volta abbiamo fatto anche l'antitaccheggio. Ad esempio, qualche volta, abbiamo lavorato presso l'### di ###” ADR “### maggior parte dei casi, lavoravamo da soli. Solo occasionalmente, eravamo in gruppi di 2 o più ###” ADR “In ogni caso, non abbiamo mai fatto la pausa giornaliera.” ADR “Fruivamo delle ferie una settimana all'anno, nel mese di luglio o nel mese di agosto.” ADR “### che l'attività di vigilanza da noi svolta era sempre armata.” ADR “Non ci è mai stata riconosciuta la possibilità di chiedere permessi retribuiti.” ADR “### altresì, che il titolare, sig. ### aveva anche un'altra società, ### e spesso ci mandava dall'una e dall'altra parte, utilizzandoci indistintamente”.  ### “ADR “### stato un collega del ricorrente, in quanto ho lavorato anche io alle dipendenze della società resistente, nel periodo dal 2015 al 2018. Quando ho iniziato, il sig. ### lavorava già, ed è andato via qualche mese dopo di me, non so essere più preciso. Io fui licenziato, se non erro, tra marzo ed aprile 2018.” ADR “### abbiamo svolto mansioni di ### facevamo vigilanza armata presso istituti bancari. Lavoravamo da soli, e ognuno aveva la propria ###” ADR “Il turno lavorativo, presso le ### andava dal lunedì al venerdì, dalle 8.00 alle 17.00, oppure dalle 8.20 alle 16.50. Inoltre, un giorno a settimana, avevamo la reperibilità durante l'orario di chiusura della ###” ADR “Gli istituti si trovavano in provincia di Napoli, ad esempio ##### e ### Facevamo sempre vigilanza armata, oltre al pronto intervento, in caso di allarme.” ADR “### lavoravamo su un turno di 12 ore, dalle 8.00 alle 20.00, il sabato o la domenica e, molto spesso, in entrambi tali giorni. In tali occasioni, venivamo applicati presso il consorzio “###”, a ### dove facevamo sorveglianza all'ingresso. Si trattava di un complesso industriale.” ADR “Lavoravamo da soli e, quindi, non potevamo fruire della pausa giornaliera.” ADR “Saltuariamente, avevamo una giornata di riposo settimanale, o sabato o domenica, quando non si doveva lavorare.” ADR “Non ci venivano concessi permessi. Fruivamo delle ferie solo per una settimana all'anno”. 
Siffatte dichiarazioni devono ritenersi coerenti e provenienti da soggetti attendibili, privi di qualsiasi interesse, anche di mero fatto, alla presente vicenda processuale, dichiarazioni le quali, pertanto, vanno ritenute credibili e idonee a fondare il convincimento del giudicante. 3. Il complessivo esame del compendio istruttorio impone anzitutto di ritenere fondata la domanda diretta ad ottenere il superiore inquadramento professionale. 
Va premesso che la tesi del lavoratore, secondo cui la società ha applicato direttamente il C.C.N.L. ### e ### trova riscontro nei prospetti paga in atti, laddove, nel campo “C.Contr.”, si legge il valore “###”, che, come noto, corrisponde al C..C.N.L. per i dipendenti da istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari ##### (cfr. messaggio I.N.P.S. n. 1552 del 16.4.2019). 
Ebbene, il citato art. 31 C.C.N.L., nel ruolo del personale tecnico-operativo che espleta le attività di cui all'art. 3 D. M. 269/2010 (vigilanza ispettiva, fissa, antirapina, antitaccheggio, telesorveglianza, scorta, traporto e deposito valori, ecc.), distingue tra livello VI, livello V e livello IV non già in base al contenuto tipologico delle mansioni espletate, ma solo in base alla pregressa anzianità di servizio specifico, che esprime, nella visione delle parti sociali, il “valore” (in senso atecnico) del lavoratore e, quindi, l'attribuzione di un inquadramento (e di una paga base) più elevato proprio a seconda del quantum di siffatta esperienza.  ### la norma contrattuale prevede un vero e proprio automatismo nella progressione verticale tra tali livelli, così disponendo: Pertanto, è di palmare evidenza che l'inquadramento della G.P.G. in uno di siffatti livelli dipende esclusivamente dalla precedente esperienza lavorativa. ### fattispecie, il sig. ### aveva già lavorato per più di 4 anni alle dipendenze di ### s.r.l. e con identiche mansioni di G.P.G., nel periodo dal 4.4.2012 al 31.5.2016, come emerge dal verbale di conciliazione del 13.6.2016 in atti. 
Né potrebbe opinarsi che la cessazione di tale pristino rapporto di lavoro abbia “cassato” l'anzianità di servizio così maturata dal ricorrente, considerando che egli è stato poi nuovamente assunto dalla stessa società odierna resistente dopo appena 2 giorni, ossia dal 3.6.2016 (cfr. prospetto paga di giugno 2016 in atti). 
In termini generali, l'anzianità di servizio è notoriamente un mero fatto giuridico, fonte di diritti economici del lavoratore, e non già uno status munito di autonoma rilevanza. 
Di conseguenza, la cessazione del rapporto di lavoro neutralizza l'anzianità di servizio pregressa, a meno che non si tratti di trasformazione di contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, come prevede il succitato C.C.N.L., ovvero di elusione del principio di infrazionabilità dell'anzianità. 
In tema, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la risoluzione del rapporto, seguita dall'immediata riassunzione alle dipendenze dello stesso datore di lavoro precedente, integra una circostanza che può essere presuntivamente valutata come un artificio, diretto a comprimere i diritti del lavoratore, se non accompagnata da oggettivi elementi di novità caratterizzanti il nuovo rapporto (Cassazione civile, sez. lav., n. 2227 del 13/03/1997 (Rv. 502981 - 01): “###ipotesi di formale interruzione di un rapporto di lavoro subordinato e di sua successiva prosecuzione tra le stesse parti, per il principio inderogabile dell'infrazionabilità dell'anzianità, sono nulli - e perciò irrilevanti ai fini della considerazione unitaria del rapporto - solo quei frazionamenti cui non corrisponda un'effettiva novazione sul piano oggettivo; l'accertamento in ordine alla sussistenza degli estremi della novazione oggettiva è riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua immune da vizi logici e giuridici”; Cassazione civile, sez. lav., n. 2569 del 03/03/1992 (Rv. 476026 - 01): “Nel caso di licenziamento di un lavoratore, seguito, senza soluzione di continuità, dalla sua immediata riassunzione alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, è insita una presunzione ### di sostanziale, ininterrotta unicità del rapporto, connessa con il principio di infrazionabilità della anzianità di servizio. Detta presunzione opera anche dopo l'entrata in vigore della legge 29 maggio 1982 n. 297 (in quanto anche nella nuova disciplina del trattamento di fine rapporto l'anzianità di servizio presso lo stesso datore di lavoro è rilevante in ragione degli incrementi automatici della retribuzione ad essa collegati) e può essere superata solo con la prova, a carico del datore di lavoro, della sussistenza di un accordo novativo tendente ad imprimere al secondo rapporto contrattuale concreti aspetti di diversità e fondato sulla oggettiva esistenza di situazioni giuridiche ed esigenze organizzative non secondarie ed accessorie, bensì radicalmente diverse, tali da escludere un qualsiasi intento fraudolento”).
Applicando tali condivisibili criteri alla fattispecie concreta, si ravvisa uno scarto cronologico tra i due rapporti di lavoro in questione invero risibile, cioè, come detto, di appena due giorni (1 e 2 giugno 2016). 
Da quanto riferito dai due testimoni, inoltre, si ricava la permanenza di identica qualifica ed identiche mansioni, la persistenza dello stesso impiego lavorativo e delle stesse località di espletamento della prestazione (istituti bancari in provincia di Napoli) e, in senso più ampio, l'assenza di una significativa soluzione di continuità tra i due rapporti, tanto che i due testi hanno dichiarato che il ricorrente aveva sempre lavorato, con dette mansioni, in un periodo compreso almeno tra l'anno 2014 e l'anno 2018. 
Per di più, la contumacia di parte resistente ha impedito l'emersione di elementi idonei a costituire, nel contesto del secondo rapporto lavorativo, un aliquid novi rispetto al primo rapporto. 
Di conseguenza, la cessazione del 31.5.2016 e la riassunzione del 3.6.2016 devono considerarsi eventi negoziali inefficaci, nei limiti di quanto domandato da parte ricorrente, in quanto diretti ad eludere la disposizione cogente di cui all'art. 31 C.C.N.L., nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto ad essere inquadrato nel livello V dopo 24 mesi di servizio e nel livello IV dopo ulteriori 24 mesi. 
Pertanto, ai soli fini dell'inquadramento del lavoratore e dell'anzianità di servizio a tanto valevole, i due rapporti vanno unitariamente considerati. 
Per l'effetto, deve ritenersi che il sig. ### alla data dell'1.6.2016 avesse già maturato 48 mesi di anzianità di servizio specifica, con diritto ad essere inquadrato nel livello ###.C.N.L. ed a ricevere le differenze retributive nella misura rivendicata nei conteggi (€ 5.020,50), che si rivela ivi correttamente determinata, avendo assunto a base di calcolo la corrispondente retribuzione tabellare mensile minima (€ 1.258,88) risultante dagli atti, per l'intero periodo del secondo arco lavorativo.  4. Risulta, invece, infondata la rivendicazione inerente all'indennità sostitutiva della pausa giornaliera. 
I due testi hanno entrambi confermato che l'orario di lavoro osservato da essi e dal ricorrente era sempre superiore alle 6 ore e che, non essendovi di solito altre unità di personale nel loro stesso turno, non erano in grado di fruire della pausa di 10 minuti, come invece prevista dall'art. 74 C.C.N.L. 
Provata tale circostanza di fatto, la norma, tuttavia, prevede che, in siffatta ipotesi, il lavoratore abbia diritto a riposi compensativi, da fruire entro i successivi 30 giorni.
A tal fine, è evidente che la norma postuli una richiesta che il lavoratore deve rivolgere al datore di lavoro, il quale può avere contezza della impossibilità di fruire della pausa de qua solo attraverso una comunicazione del lavoratore interessato. 
Ebbene, di tali richieste, che con altrettanta evidenza devono essere tempestive rispetto al succitato termine di 30 giorni, non vi è prova né orale né documentale. 
A ciò si aggiunga che, pur volendo obliterare tale risultanza processuale, la norma contrattuale suindicata non contempla alcuna indennità sostitutiva della pausa, e ciò proprio perché essa, se non fruita, è sostituita dai riposi. 
Pertanto, deve ritenersi che l'inadempimento datoriale riguardi per l'appunto l'omessa concessione del riposo compensativo, fermo che, in caso di siffatto inadempimento, neppure è prevista una indennità sostitutiva prestabilita. 
Dunque, tale segmento dell'azione proposta dal ricorrente integra una vera e propria domanda di risarcimento del danno, che richiede una compiuta allegazione e prova non solo del danno evento (cioè l'inadempimento datoriale), ma anche del danno conseguenza, ossia delle concrete conseguenze pregiudizievoli che il lavoratore abbia subìto, dovendo sempre escludersi l'ammissibilità di lesioni in re ipsa, anche in ambito contrattuale e lavoristico (Cassazione civile, sez. lav., 23/04/2021, n. 10868; Cassazione civile, sez. lav., 14/11/2016, n. 23146; Cassazione civile, sez. lav., 14/05/2012, n. 7471; sul punto, Corte d'Appello di Napoli, sez. lav., n. 4090/2024 del 18.11.2024, R. G. n. 2204/2022: “Con riferimento al motivo di gravame inerente la richiesta risarcitoria da mancato godimento dei dieci minuti di pausa in continuità con altre pronunce dell'intestata Corte , richiamate anche ai sensi dell'art. 118 disp. Att. Cpc, si ritiene la relativa pretesa destituita di ogni fondamento. ###. 74 del CCNL di settore prevede … In base a detta disposizione, dunque, al dipendente che espleti un orario di lavoro superiore alle sei ore consecutive è concesso un intervallo pausa retribuita di dieci minuti e, se non è possibile goderlo, dovranno essere concessi riposi compensativi da godersi entro i trenta giorni successivi. ## disparte la problematica della dubbia compatibilità di tale norma collettiva con il disposto della legge 133/08, si rileva che la fattispecie in oggetto è particolare perché si riferisce all'attività lavorativa - vigilanza privata molto distribuita sul territorio rispetto al quale è difficile un controllo reale, in particolare della fruizione della pausa. E' dunque ragionevole ritenere che spettava al singolo dipendente comunicare la mancata fruizione della pausa al fine di goder poi del riposo compensativo. … A ciò deve aggiungersi che la norma del contratto collettivo prevede espressamente, in caso di mancato godimento della pausa da parte del lavoratore, la possibilità di fruire di riposi compensativi, che, però, non risultano mai richiesti dal a ben vedere trattasi di circostanza neppure mai allegata in ricorso. Tale elemento, unitamente agli esiti dell'istruttoria, consente ancor di più di ritenere che la pausa effettivamente sia stata goduta. Sotto altro profilo non può non evidenziarsi che alcun emolumento può essere richiesto dal lavoratore che non ha fruito della pausa se non a titolo di risarcimento di danni, da allegarsi e provarsi adeguatamente. Non va infatti dimenticato che il ricorrente in primo grado ha agito espressamente lamentando l'inadempimento di una specifica disposizione contrattuale, nulla allegando in merito ad eventuali danni subiti. Pertanto non vi sono elementi che possano consentire di riconoscimento di un diritto al pagamento di differenze retributive o risarcitorie così come richiesti in questa sede ###risultano allegati e tanto meno provati concreti pregiudizi patrimoniali o non patrimoniali, eziologicamente ricollegabili all'omessa fruizione delle pause giornaliera o dei riposi compensativi. 
Deve, pertanto, ritenersi insussistente il diritto al risarcimento qui esaminato.  5. Ad opposte conclusioni si perviene in ordine alle indennità sostitutive per permessi annuali ex art. 84 C.C.N.L. (7 giorni all'anno per i lavoratori esposti al turno 5+1, corrispondenti a 49 ore all'anno), di cui i testi hanno confermato l'omessa fruizione. 
Per tale posta, tuttavia, i conteggi indicano la maggior cifra di 79 ore per l'anno 2017, senza che in ricorso sia stato specificato alcunché in merito. 
Pertanto, la relativa quantificazione va ridimensionata nel minor importo di € 713,44, dovendo considerarsi un monte annuo di 49 ore anche per l'anno 2017. 
Di contro, vanno riconosciuti per intero gli importi rivendicati per permessi orari non fruiti (€ 189,28) e per ferie non godute (€ 528,73), per queste ultime non essendo emersa la prova dell'avviso di datoriale circa la preclusione della monetizzazione in caso di omessa domanda di fruizione, da parte del lavoratore, nel corso del rapporto.  6. Stessa sorte segue la domanda di corresponsione dell'indennità di piantonamento fisso. 
In effetti, l'art. 108 C.C.N.L. prevede un emolumento aggiuntivo pari ad € 3,12 die per indennità di rischio giornaliera collegata all'espletamento del servizio di piantonamento antirapina, dovendo, per esso, intendersi quello descritto dall'art. 3 co.  1 lett. c) D.M. 269/2010 (“c) vigilanza antirapina: è il servizio svolto per la vigilanza continuativa di obiettivi in cui sono depositati o custoditi denaro, preziosi o altri beni di valore, come agenzie di istituti di credito, uffici postali, depositi di custodia di materiali o beni di valore, finalizzato alla prevenzione dei reati contro il patrimonio”). 
I testi hanno riferito che il ricorrente, oltre alle ulteriori attività riferite, ha costantemente espletato il servizio di vigilanza armata presso istituti di credito. 
In specie, ciò è stato confermato dal teste ### il quale ha dichiarato che il servizio presso le filiali bancarie in questione includeva non solo il portierato, ma anche la vigilanza fissa armata, la quale inevitabilmente comprende il servizio di prevenzione e contrasto dei reati contro il patrimonio, rispetto ai quali le agenzie bancarie risultano essere obiettivi particolarmente sensibili, come confermato dall'art. 3.f dell'allegato D al D.M. 269/2010 (“3.f: ### di vigilanza fissa antirapina - Il servizio consiste nella vigilanza fissa interna od esterna all'obiettivo da effettuarsi nelle sedi o nelle filiali di istituti di credito e uffici postali, nonché presso obiettivi che, per l'entità dei valori ivi esistenti, possono costituire un richiamo per possibili azioni criminose”).  ###à in esame, dunque, può essere sussunta nel piantonamento antirapina di cui al succitato art. 108 e dà diritto alla prefata indennità, da quantificarsi, secondo quanto indicato in ricorso, in complessivi € 1.684,80 (€ 3,12 die per 540 giorni), oltre incidenza sulla 13a mensilità, come in effetti prevede detta norma contrattuale, per € 74,88.  7. Va altresì accolta la domanda di pagamento dei maggiori ratei di 13a mensilità, per effetto dell'applicazione di una paga base più elevata connessa al superiore inquadramento spettante, e dei ratei di 14a mensilità, il tutto ex art. 117 C.C.N.L. 
La contumacia della società ha impedito l'emersione di un inadempimento non imputabile o di altro fatto preclusivo del diritto, specie in ordine alla dedotta omissione integrale della 14a, ad esclusione di quella dell'anno 2016. 
Anche per tali poste può essere condivisa la quantificazione operata in ricorso, rispettivamente per € 418,38 ed € 1.921,79. 
Parimenti da accogliere, infine, è la domanda di corresponsione del T.F.R., di cui risultano provati i presupposti costitutivi ex art. 2120 c.c., tra cui la cessazione del rapporto subordinato, non essendo emerse circostanze impeditive del diritto. 
Il relativo importo, come determinato nei conteggi di parte ricorrente per € 2.942,70, risulta ossequioso del criterio di calcolo legale e degli elementi costitutivi del credito, e va perciò condiviso. 
Le somme liquidate vanno intese al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali applicabili per legge, in virtù di pacifico indirizzo giurisprudenziale (Cassazione civile, sez. lav., 09/03/2020, n. 6639). 
Ai sensi dell'art. 429 co. 3 c.p.c., le somme medesime vanno maggiorate degli interessi legali sugli importi annualmente rivalutati, con decorrenza dalla data di maturazione delle singole componenti del credito sino al saldo. 
Assorbito ogni altro profilo.  8. In punto di regolamentazione delle spese di lite, l'accoglimento parziale del ricorso, che determina una situazione di soccombenza parziale assimilabile alla soccombenza reciproca (Cassazione civile, sez. lav., 16/01/2020, n. 812; sez. II, 08/10/2021, n. 27364; conforme: sez. I, 11/06/2021, n. 16563; sez. lav., 25/06/2020, 15 n. 12632; sez. III, 20/04/2020, n. 7961; sez. III, 15/01/2020, n. 516; conforme: II, 24724/2019), nonché l'oggetto e la natura del giudizio, la qualità e le posizioni delle parti, le rispettive condotte processuali e preprocessuali, costituiscono gravi ed eccezionali ragioni, analoghe a quelle previste dall'art. 92 co. 2 c.p.c., nel testo risultante a seguito della sentenza C. Cost. 77/2018, che ne impongono la compensazione in misura di un terzo. 
La residua parte segue la soccombenza e viene liquidata come in dispositivo, ai sensi del D. M. 55/2014, come mod. dal D. M. 147/2022, con attribuzione ex art. 93 c.p.c. al procuratore di parte ricorrente per dichiarazione di anticipazione fattane.  P. Q. M.  Il dott. ### quale ### del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, così provvede: 1) condanna ### s.r.l., in persona del l. r. p. t., al pagamento, in favore di ### e per i titoli indicati in motivazione, della complessiva somma lorda di € 13.494,50, di cui € 2.942,70 a titolo di T.F.R., oltre interessi legali sugli importi annualmente rivalutati, con decorrenza dalla data di maturazione delle singole componenti del credito sino al saldo; 2) rigetta per il resto il ricorso; 3) compensa le spese di lite in misura di un terzo e condanna ### s.r.l., in persona del l. r. p. t., al pagamento della residua parte, che liquida in € 1.800,00, oltre rimborso forfettario (15%), I.V.A. e C.P.A. come per legge, con attribuzione al procuratore di parte ricorrente dichiaratosi antistatario. 
Così deciso in ### 8.5.2025.  ### del lavoro dott.

causa n. 1200/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Vernillo Domenico

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 23355/2018 del 27-09-2018

... pericolosità dell'attività lavorativa prestata (ossia guardia giurata, istituita solamente dal gennaio 2001), l'esigenza aziendale di garantire la continuità di vigilanza, l'inesistenza di gratuità del trasporto per ritornare alla residenza di lavoro, l'intervallo tra un turno e l'altro da ritenersi superiore a due ore come dato "scontato", dovendosi invece coordinare l'accordo del 1983 con la novità dell'istituzione del servizio di vigilanza armata e la finalità del servizio di custodia armata; 2. i motivi sono inammissibilmente formulati per avere ricondotto sotto l'archetipo della violazione di contratto collettivo nazionale censure che, invece, attengono al gravame contro la decisione di merito mediante una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertate e ricostruite dalla Corte territoriale, non potendosi nemmeno rinvenire un vizio di falsa applicazione di legge (non lamentando, i ricorrenti, un errore di sussunzione del singolo 1 n. 10939/2014 R.G. caso in una norma che non gli si addice) né un difetto di motivazione (da scrutinare secondo il novellato testo dell'art. 360 n. 5 cod.proc.civ., come interpretato dalle ### 8053/2014, che richiede la mancanza (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso 10939-2014 proposto da: #### elettivamente domiciliati in #### 221, presso lo studio dell'avvocato ### che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato ### giusta delega in atti; - ricorrenti - contro ### S.R.L., quale società incorporante la ### la #### S.R.L., la S.E.P.S.A. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in #### 5, presso lo studio dell'avvocato ### che la rappresenta e difende giusta delega in atti; - controricorrente - nonchè contro ### S.R.L. ; - intimata - avverso la sentenza n. 6255/2013 della CORTE ### di NAPOLI, depositata il ### R.G. 5206/11; ###.M. ha depositato conclusioni scritte. n. i0939/2014 R.G.  ### 1. ### e ### dipendenti della ### s.r.l. (successivamente incorporata dall'### s.r.I.), con mansioni di "operai addetti alla vigilanza con funzioni di guardia particolare giurata" hanno agito per il riconoscimento, in contraddittorio con il datore di lavoro, dell'indennità di trasferta (composta da diaria e pernottazione) di cui all'art. 20 ### 23.7.1976, e la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha accolto le domande esclusivamente con riferimento all'indennità di pernottazione nella misura del 40% in relazione ai turni svolti presso le stazioni sfornite di dormitori, rilevando - quanto all'indennità di diaria - che, a mente del combinato disposto degli artt. 20 del CCNL, doveva intendersi per residenza "la località in cui ha sede l'ufficio, la stazione, il deposito, la rimessa, l'impianto, l'officina, la tratta a cui l'agente appartiene" da individuarsi nel territorio comunale (purchè tra residenza lavorativa e località di "comando" vi sia una distanza superiore a 3 Km, da calcolarsi a partire dai confini del comune di residenza, salvo che manchino i mezzi di trasporto per rientrare presso la residenza negli intervalli del turno di servizio purchè almeno uno di questi raggiunga la durata di due ore); 2. avverso tale sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi; 3. la società ha depositato controricorso; ### 1. con l'unico motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'art.  20 ### 23.7.1976 e dell'accordo 30.7.1983 nonché vizio di motivazione (ai sensi dell'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.), assumendo che la Corte territoriale non avrebbe considerato la rischiosità e la pericolosità dell'attività lavorativa prestata (ossia guardia giurata, istituita solamente dal gennaio 2001), l'esigenza aziendale di garantire la continuità di vigilanza, l'inesistenza di gratuità del trasporto per ritornare alla residenza di lavoro, l'intervallo tra un turno e l'altro da ritenersi superiore a due ore come dato "scontato", dovendosi invece coordinare l'accordo del 1983 con la novità dell'istituzione del servizio di vigilanza armata e la finalità del servizio di custodia armata; 2. i motivi sono inammissibilmente formulati per avere ricondotto sotto l'archetipo della violazione di contratto collettivo nazionale censure che, invece, attengono al gravame contro la decisione di merito mediante una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertate e ricostruite dalla Corte territoriale, non potendosi nemmeno rinvenire un vizio di falsa applicazione di legge (non lamentando, i ricorrenti, un errore di sussunzione del singolo 1 n. 10939/2014 R.G.  caso in una norma che non gli si addice) né un difetto di motivazione (da scrutinare secondo il novellato testo dell'art. 360 n. 5 cod.proc.civ., come interpretato dalle ### 8053/2014, che richiede la mancanza assoluta di motivazione oppure argomentazioni svolte in modo "talmente contraddittorio da non permettere di individuarla"); 3. la Corte territoriale, esaminando le espressioni lessicali utilizzate nell'art. 20 del ### 23.7.1976 (concernente l'indennità di trasferta, nelle sue due componenti di diaria e di pernottazione) e richiamando il consolidato orientamento di questa Corte (sentenze nn. 1166 del 1995, 3921 del 1998, 9548 del 2003, 22075 del 2007), ha ritenuto che la "residenza" del dipendente debba essere intesa nel senso del territorio comunale, ripartizione territoriale avente rilevanza giuridico-amministrativa, dovendosi riferire l'accordo interpretativo del 1983 (con cui le parti sociali hanno identificato con l'intero territorio comunale la località presa a riferimento per calcolare la trasferta) a tutte le previsioni dell'art. 20 citato; 4. la Corte ha, pertanto, precisato che — ai fini della liquidazione dell'indennità di diaria — deve sussistere una distanza superiore a tre Km tra i confini del comune di residenza e il luogo di "comando", a meno che (ove la distanza fosse inferiore) manchino i mezzi di trasporto, senza spese a carico del dipendente, in relazione a intervalli di almeno due ore del turno di servizio dal quale l'agente debba fare rientro; 5. il motivo, per la parte residuale, è infondato in quanto l'interpretazione della norma contrattuale censurata si rivela conforme alle regole di ermeneutica negoziale, dal momento che, nel rispetto del tenore letterale della disposizione, individua la sede di servizio dei ricorrenti nella località geografica e amministrativa in cui ha sede l'ufficio o la stazione ovvero la tratta (o le altre articolazioni previste dall'art. 20 CCNL 1976) cui il lavoratore appartiene, in conformità all'orientamento consolidato di questa Corte (cfr., oltre alle pronunce citate dalla sentenza impugnata, Cass. n. 15122 del 2004, Cass. n. 4222 del 2000, Cass. n. 1321 del 2017), e l'esame del motivo di ricorso, basato su un dato (la tipologia dell'attività lavorativa svolta dai ricorrenti) estraneo al contesto lessicale della clausola contrattuale, non offre elementi per mutare l'orientamento espresso nei precedenti sopra citati; 6. in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ.; 7. sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013); 2 n. 10939/2014 R.G.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. 
Così deciso in ### all'### camerale del 5 giugno 2018. 

Giudice/firmatari: Balestrieri Federico, Boghetich Elena

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Tribunale di Roma, Sentenza n. 3829/2024 del 20-05-2024

... dal 2021 della società convenuta con mansioni di guardia particolare giurata e con sede di lavoro presso la sede del Ministero degli ### con parente affetto da handicap grave ai sensi dell'art. 3 c.3 della L.n. 104/92 e rappresentante sindacale aziendale di ### CGIL, a decorrere dal mese di gennaio 2022 è stato trasferito dalla sede del Ministero presso la quale prestava servizio senza ricevere alcun formale provvedimento di trasferimento, essendo assegnato a rotazione presso altre sedi di lavoro molto distanti dal proprio domicilio. Parte ricorrente ha, inoltre, così ricostruito le risultanze dell'istruttoria orale svolta: “a) Il teste ### - anch'esso dipendente della convenuta e assegnato al medesimo appalto presso il Ministero degli ### in piazzale della ### - ha confermato le seguenti circostanze: - che in seguito al subentro della ### alcuni dipendenti iscritti alla ### (tra cui #### e patrizio ### oltre allo stesso testimone (rappresentante della ### iniziavano ad essere assegnati a giorni alterni ai servizi di vigilanza presso altri siti (“### la circostanza di cui al capitolo 11”). - che in sede di riunione del 29/11/2021 veniva concordato tra le oo.ss. e la convenuta (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI ROMA Sez. II^ lavoro Il Giudice del lavoro, dr. ### ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, all'udienza in data ### la seguente SENTENZA nella causa iscritta in materia di lavoro al n° 15392 del R.G. dell'anno 2022 promossa da: ### rappresentato e difeso dall'avv. C. ### - F. Mazzeo in virtù di procura allegata al ricorso introduttivo del giudizio ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore; RICORRENTE ### s.p.a.  in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. P. Rizzo in virtù di procura allegata alla memoria di costituzione ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore; RESISTENTE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato il ###, e ritualmente notificato, il ricorrente indicato in epigrafe ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma - GL la società indicata in epigrafe e, concludendo, ha chiesto: “Nel merito: ### e dichiarare per i motivi di cui al ricorso, l'illegittimità e/o l'invalidità e/o inefficacia dello spostamento e/o trasferimento e comunque dello spostamento senza rotazione dalla sede di lavoro comunicato al #### per i motivi di cui al ricorso e, per l'effetto, revocare, annullare e/o dichiarare inefficace lo stesso e ordinare pertanto alla ### spa di assegnare il ricorrente presso l'originaria sede di lavoro presso la sede del Ministero degli ### In via subordinata ### la violazione dell'impegno alla rotazione e comunque ritenuta la rotazione tra i lavoratori della società addetti all'appalto del Ministero degli ### un accomodamento ragionevole ai sensi dell'art.  3 bis del d.lgs 216/03 ordinare, se del caso, alla società convenuta di provvedere alla rotazione del ricorrente con gli altri lavoratori, con una modalità compatibile con le esigenze di cura e assistenza al padre e comunque con permanenza nell'appalto di originaria assegnazione. 
Con vittoria di spese, competenze ed onorari con maggiorazione del 30% in ragione dei riferimenti ipertestuali ai sensi del d.m. 37/2018 pubblicato in ### l'8 marzo 2018, da distrarsi in favore dei sottoscritti difensori, oltre al rimborso del contributo unificato del presente giudizio. 
In ogni caso ### alla convenuta per ogni giorno di ritardo nell'attuazione dell'emanando provvedimento una astreinte adeguata ex art. 614 bis c.p.c. nella misura di € 200,00 o altra maggiore o minore di giustizia.” La società convenuta si è tardivamente costituita in giudizio con memoria, eccependo l'infondatezza del ricorso sulla base delle allegazioni contenute nella memoria ed ha concluso, quindi, chiedendo rigettare il ricorso, con vittoria di spese ed onorari. 
Istruita documentalmente e con testimoni, la causa è stata discussa e decisa all'udienza del 29/03/124 con la lettura del dispositivo in udienza.  MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso è fondato e deve, quindi, essere accolto. 
Infatti si deve rilevare che l'art. 33 L.n. 104/92 prevede al c.5, come modificato dall'art.19 c.1 lett. b) L.n.53/2000 che ha eliminato il precedente riferimento alla convivenza, e dall'art. 24 della L.n. 183/10, che il lavoratore di cui al comma 3 della L.n. 104/92, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista il coniuge, un parente o un affine entro il secondo grado con handicap in situazione di gravità ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede ###relazione alla fattispecie dedotta in giudizio, osserva il Tribunale che dalle allegazioni delle parti, dalla documentazione versata in atti e dall'istruttoria orale svolta con i testimoni di parte ricorrente, essendo parte convenuta costituitasi tardivamente in giudizio con conseguente decadenza ex art. 416 c.p.c. dai mezzi di prova richiesti, è risultato provato che il ricorrente, dipendente dal 2021 della società convenuta con mansioni di guardia particolare giurata e con sede di lavoro presso la sede del Ministero degli ### con parente affetto da handicap grave ai sensi dell'art. 3 c.3 della L.n. 104/92 e rappresentante sindacale aziendale di ### CGIL, a decorrere dal mese di gennaio 2022 è stato trasferito dalla sede del Ministero presso la quale prestava servizio senza ricevere alcun formale provvedimento di trasferimento, essendo assegnato a rotazione presso altre sedi di lavoro molto distanti dal proprio domicilio. 
Parte ricorrente ha, inoltre, così ricostruito le risultanze dell'istruttoria orale svolta: “a) Il teste ### - anch'esso dipendente della convenuta e assegnato al medesimo appalto presso il Ministero degli ### in piazzale della ### - ha confermato le seguenti circostanze: - che in seguito al subentro della ### alcuni dipendenti iscritti alla ### (tra cui #### e patrizio ### oltre allo stesso testimone (rappresentante della ### iniziavano ad essere assegnati a giorni alterni ai servizi di vigilanza presso altri siti (“### la circostanza di cui al capitolo 11”).  - che in sede di riunione del 29/11/2021 veniva concordato tra le oo.ss. e la convenuta che tutti i dipendenti addetti all'appalto ### avrebbero effettuato a rotazione almeno un giorno di vigilanza presso siti diversi così da conservare l'assegnazione alla sede della ### (“Sul capitolo 15: “### quanto mi si legge in quanto ho partecipato personalmente alla riunione del 29/11/2021 indicata nel capitolo 12 del ricorso”) .  - che ciò nonostante dal mese di gennaio 2022 il signor ### era l'unico dipendente ad essere allontanato per 15 giorni continuativi dal presidio del Ministero degli ### esteri (“Sul cap. 16: confermo quanto mi si legge”).  - che a decorrere dal mese di febbraio 2022 il ricorrente veniva definitivamente rimosso dalla sede ###formale provvedimento e assegnato alle agenzie della ### di ### di ### n. 115, ### delle ### n. 148, ### n. 33, Colosseo e ### (“Sul cap. 17: ### quanto mi si legge anche al cap. 18. Preciso che il ricorrente venne assegnato al servizio antirapina presso varie banche. Ricordo che ha svolto tale servizio in ### e so che attualmente è ancora lì”.  - che al momento del trasferimento del ricorrente, presso la sede del Ministero degli ### erano occupati altri 13 dipendenti, tutti adibiti allo svolgimento delle medesime mansioni di vigilanza armata svolte dal ricorrente e per un numero di anni di servizio di gran lunga inferiore (vd. indicazione puntuale dei nominativi al cap. 22 del ricorso; “Sul cap. 22: ### quanto mi si legge”).  - che lo stesso testimone, rappresentante della ### è stato definitivamente allontanato dalla sede di lavoro della ### (“Sul cap. 23: Preciso che sono stato spostato in ### della ### del lavoro a marzo 2022 mentre il ricorrente in è stato spostato in ### Lorenzini”).  - che il ricorrente allorchè è stato allontanato dall'appalto del ministero è stato sostituito dal signor ### D'### dipendente occupato presso altro appalto, a decorrere dal 18 marzo 2022 (“Sul cap. 24: ### la circostanza. Io sono stato spostato dal Ministero degli ### intorno al 20 marzo 2022”).  - che il ricorrente, il signor ### e il signor ### sono stati gli unici dipendenti allontanati definitivamente dall'appalto del Ministero degli ### (“Sul cap. 25: Preciso che oltre al sottoscritto e al ricorrente è stato trasferito dall'appalto presso il Ministero degli esteri anche il signor ### Cristina”.  - che l'attuale sede di lavoro del ricorrente, in piazza ### comporta un percorso di oltre 40 minuti a seconda delle condizioni meteo e del traffico ("Sul cap. 34: ### quanto mi si legge”).  - che l'attuale orario di lavoro del ricorrente è fisso con piantonamento dalle 8.00 alle 16.50 con pausa di 50 minuti (“Sul cap. 35: ### quanto mi si legge escluse le valutazioni”.  - che il ricorrente effettua il servizio antirapina da solo e che non è consentito il suo allontanamento dal piantonamento (“Sul cap. 36 ### quanto mi si legge”).  b) Anche il testimone ### rappresentante sindacale della ### ha confermato le circostanze articolate. In particolare: - ha confermato, per esserne stato informato direttamente dai suoi iscritti alla ### - tra i quali il ricorrente - che a seguito del subentro della ### gli stessi iniziavano ad esser assegnati presso diversi appalti.  - ha confermato il contenuto della riunione del 29 novembre 2021 per avervi partecipato personalmente.  - ha confermato che dal mese di gennaio 2022 il ricorrente fu l'unico dipendente ad essere allontanato dall'appalto del ministero per 15 giorni, precisando di averne avuto conoscenza anche dal responsabile del personale della convenuta (“Sul cap. 16: ### quanto mi si legge. La circostanza mi è stata riferita dallo stesso ricorrente e inoltre il responsabile del personale della società, ### mi disse che l'allontanamento era temporaneo”).  - ha confermato l'assegnazione del ricorrente presso varie banche (“Sul cap. 17: Sono a conoscenza della circostanza in quanto ho letto le comunicazioni via pec aventi ad oggetto l'assegnazione del ricorrente presso varie banche come ad esempio ### oppur il ### Non ricordo di aver letto alcun provvedimento di trasferimento”).  - ha confermato che il ricorrente è stato definitivamente allontanato presso la banca di BPM di ### e di conoscere i turni di lavoro del ricorrente perché gli vengono da lui inviati per conoscenza (“Sul cap. 23 Conosco la circostanza in quanto mi è stata riferita dal ricorrente il quale mi inviava i l'assegnazione dei suoi turni” Sul cap. 36: “### quanto mi si legge. So da comunicazioni intercorse con la società che il ricorrente attualmente lavora presso la banca BPM di ### Lorenzini”. 
Ora, la società convenuta ha eccepito, innanzitutto, che nella fattispecie non trattasi di trasferimento atteso che nel contratto di lavoro del ricorrente del 29/9/21 è espressamente indicato quanto segue: “Art. 3 Sede di lavoro.  3.1. La sede di lavoro sarà indifferentemente presso una delle postazioni dei committenti richiedenti il servizio di vigilanza nell'ambito territoriale della regione ### afferente la sede di ### 3.2 ### ad una postazione non comporterà la cristallizzazione della posizione stessa.  3.3 ### ad una diversa postazione non configurerà un trasferimento in quanto le postazioni stesse, anche se richiedenti l'impiego di più guardie giurate ovvero servizi articolati o complessi, non costituiscono unità produttive”. 
Tuttavia occorre rammentare che l'art. 33 comma 5 della L. n. 104/92 prevede che: “Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede” e che tale norma considera la “sede ###l'“unità produttiva” di cui all'art. 2103 c.c.; a tal proposito la giurisprudenza della Cassazione ( n. 24015/17) ha precisato che “Il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, di cui all'art. 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992, nel testo modificato dall'art. 24, comma 1, lett. b), della L. n. 183 del 2010, opera ogni volta che muti definitivamente il luogo geografico di esecuzione della prestazione, anche nell'ambito della medesima unità produttiva che comprenda uffici dislocati in luoghi diversi, in quanto il dato testuale contenuto nella norma, che fa riferimento alla sede ###consente di ritenere tale nozione corrispondente all'unità produttiva di cui all'art. 2103 cod. civ.”. ###. n. 29009/20 ha affermato che “### consenso risulta imprescindibile e come tale necessario ai fini della legittimità del trasferimento che pure sia giustificato da esigenze tecnico organizzative del datore di lavoro, in un'ottica di bilanciamento di diritti che presuppone comunque che il consenso venga reso, salva una sua considerazione più o meno attenuata in sede di comparazione.” Concorda, quindi, il Giudice con l'assunto attoreo secondo il quale la norma pone un divieto di trasferimento dalla sede di lavoro che individua un concetto più limitato della unità produttiva in quanto individua qualunque luogo nel quale il lavoratore presti la propria attività e secondo il quale le esigenze di ordinaria natura organizzativa o produttiva che ai sensi dell'art. 2103 giustificano il potere del datore di lavoro di trasferire il proprio dipendente incontrano un limite nell'esigenza di garantire assistenza delle persone disabili in conformità ai valori costituzionali della dignità umana, dell'utilità sociale e dell'eguaglianza sostanziale (art. 2, 3 e 41 Cost.).  n. 24015/17 ha, infatti, affermato che “le misure previste dall'art. 33, comma 5, devono, dunque, intendersi come razionalmente inserite in un ampio complesso normativo - riconducibile al principio sancito dall'art. 3 Cost., comma 2 - che deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarietà che, da un lato, non si identificano esclusivamente con l'assistenza familiare e, dall'altro, devono coesistere e bilanciarsi con altri valori costituzionali. Va, inoltre, osservato che questa Corte (Cass. 9201/2012, 25379/2016, 22421/2015) ha affermato il principio secondo cui "la disposizione dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, laddove vieta dì trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati - alla luce dell'art. 3, secondo comma, ###, e della ### di ### che, al capo 3 - rubricato ### - riconosce e rispetta i diritti dei disabili di beneficiare di misure intese a garantire l'autonomia, l'inserimento sociale e la partecipazione alla vita della comunità (art. 26) e al capo 4 - rubricato ### - tratta della protezione della salute, per la quale si afferma che nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'### è garantito un alto livello di protezione della salute umana. Va anche osservato che la lettura dell'art. 33 c. 5 della L. n. 104 del 1992 nei termini sopra ricostruiti è conforme alla ### delle ### del 13 dicembre 2006 dei disabili, ratificata con legge n. 18 del 2009 dall'### (C. ### 275 del 2016) e dall'### con decisione n. 2010/48/CE (Cass. 12911/2017, 25379/2016, 2210/2016). 26. ### della tutela della persona con disabilità si realizza, per quanto rileva nella fattispecie in esame, anche mediante la regolamentazione del contratto di lavoro in cui è parte il familiare della persona tutelata, in quanto il riconoscimento di diritti in capo al lavoratore è in funzione del diritto del congiunto con disabilità alle immutate condizioni di assistenza”. 
Ciò posto, si osserva anche che le SU della Cassazione hanno affermato che: “Il diritto del genitore o del familiare lavoratore, che assiste con continuità un portatore di handicap, di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il proprio consenso, disciplinato dall'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, non si configura come assoluto ed illimitato, giacché esso - come dimostrato anche dalla presenza dell'inciso “ove possibile” - può essere fatto valere allorquando, alla stregua di un equo bilanciamento tra tutti gli implicati interessi costituzionalmente rilevanti, il suo esercizio non finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive od organizzative del datore di lavoro” ( n. 7945/08). E la Corte d'appello di ### con sentenza n. 4313/2023, richiamando la giurisprudenza di Cassazione, ha così affermato: “…E' nondimeno innegabile che l'applicazione dell'art. 33, comma 5 cit, postula, di volta in volta, un bilanciamento di interessi, bilanciamento necessario, per vero, in via generale, in tutti i trasferimenti atteso il disposto dell'art. 2103 c.c. che, nel periodo finale al primo comma, statuisce che il lavoratore non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. 28 ### probatorio rafforzato posto dall'art. 2103 c.c. sul datore di lavoro con riferimento all'esigenza dell'impresa di variare la sede lavorativa (ex multis Cass. 11984/2010) dimostra la preoccupazione del legislatore nei confronti dei provvedimenti destinati ad avere, nella generalità dei casi, ricadute sovente pregiudizievoli per il lavoratore sotto diversi versanti, incidenti non di rado oltre che sul piano economico anche su quello familiare per interrompere, per tempi non limitati, quei rapporti di affetti e di solidarietà quotidiana fondanti la comunità familiare. 29 A questi ultimi particolare attenzione è stata dedicata … dal legislatore italiano che, con l'art. 33 comma 5 della legge n. 104 del 1992, nel contesto normativo sovranazionale sopra richiamato, ha inteso regolare più incisivamente i poteri del datore di lavoro nei casi nei quali il lavoratore sia parte di una comunità familiare nella quale vi siano persone con disabilità che richiedono un impegno più pregnante e gravoso da parte del familiare lavoratore, impegno che l'inamovibilità di quest'ultimo può garantire.  30. La ricostruzione del quadro normativo nazionale e sovranazionale e dei principi giurisprudenziali sopra richiamati induce a ritenere che nel necessario bilanciamento di interessi e di diritti del lavoratore e del datore di lavoro, aventi ciascuno copertura costituzionale, dovranno essere valorizzate le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore, occorrendo condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui la persona con disabilità si trova inserita ed evitando riflessi pregiudizievoli dal trasferimento del congiunto ogni volta che le esigenze tecniche, organizzative e produttive non risultino effettive e comunque (ndr: non risultino) insuscettibili di essere diversamente soddisfatte (Cass. 25379/2016, 9201/2012). ( Cass. n. 24015/2017)”. 
Nel caso di specie, oltre a non sussistere il consenso espresso o tacito del ricorrente, la società convenuta non ha addotto né provato alcuna ragione tecnica, produttiva od organizzativa che abbia giustificato il trasferimento ai sensi dell'art. 2103 c.c., limitandosi ad affermare che per “sede di lavoro” devono intendersi tutte le postazioni in appalto all'interno del Comune di ### ed anzi l'istruttoria espletata ha confermato che il ricorrente è stato l'unico, insieme ad altri due dipendenti iscritti al sindacato, ad essere stato definitivamente allontanato dalla sede di lavoro del Ministero degli ### dove è stato sostituito con personale proveniente da altri appalti; inoltre il trasferimento è stato disposto dall'azienda in violazione del precedente accordo con le ### del 29/11/21 con il quale è stato concordato che tutti i dipendenti addetti all'appalto del Ministero degli ### avrebbero effettuato a rotazione almeno un giorno di vigilanza presso siti diversi così da conservare l'assegnazione presso la sede del Ministero. 
Quindi, se l'inamovibilità del lavoratore è giustificata dalle cure e dall'assistenza che deve prestare al familiare disabile e se la necessità di interpretare in termini costituzionalmente orientati il disposto di cui all'art. 33 c. 5 della L. 104/1992 impone di ritenere valido il divieto di trasferimento anche quando lo spostamento non comporti lo spostamento ad una nuova unità produttiva o quando si realizzi nell'ambito di uffici dislocati nel medesimo Comune (cfr.  n. 21670/19 - n. 2969/21), il trasferimento impugnato deve ritenersi illegittimo. 
Ne consegue, inoltre, quale risarcimento in forma specifica l'ordine alla società convenuta di assegnare il ricorrente presso la sede del Ministero degli ### presso la quale era precedentemente assegnato. 
Non risulta, invece, applicabile alla fattispecie il disposto dell'art. 614 bis c.p.c. atteso che l'ultimo comma di tale articolo esclude espressamente la sua applicabilità alle controversie di lavoro subordinato pubblico o privato. 
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo ai sensi del DM n. 55/14 e succ. modif. ( DM 147/22) applicabile ratione temporis, seguono la soccombenza ai sensi dell'art. 91 c.p.c.  P. Q. M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore istanza, deduzione ed eccezione disattesa: dichiara l'illegittimità del trasferimento impugnato e ordina alla società convenuta di assegnare il ricorrente presso la sede del Ministero degli ### Condanna la società convenuta al pagamento delle spese di lite liquidate in complessivi euro 4500,00, oltre spese generali 15%, IVA e CPA come per legge. 
Fissa il termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione.  ### 29/03/24 

IL GIUDICE
### n. 15392/2022


causa n. 15392/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Redavid Luca

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