testo integrale
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI AVELLINO ### e ### del lavoro, dott. ### all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente ### nella controversia iscritta al R. G. n. 734/2023, introdotta ### (c.f.: ###), rappresentato e difeso, in virtù di procura in atti, dall'avv. ### presso cui è elettivamente domiciliato; RICORRENTE CONTRO ### S.P.A. (c.f.: ###9), in persona del l. r. p. t., rappresentata e difesa, in virtù di procura in atti, dall'avv. ### presso cui è elettivamente domiciliata.
RESISTENTE CONCLUSIONI: PER PARTE RICORRENTE: dichiarare l'illegittimità del licenziamento e disporre la reintegra nel posto di lavoro con le medesime mansioni, oltre al pagamento a titolo risarcitorio di una indennità non inferiore a cinque mensilità; in subordine, dichiarare la nullità del licenziamento per insussistenza dei fatti contestati o perché punibile con sanzione conservativa o ancora perché non ricorrono gli estremi della giusta causa, con conseguente condanna alla reintegra; con vittoria delle spese di lite, con attribuzione; PER PARTE RESISTENTE: rigettare il ricorso; con vittoria delle spese di lite.
SVOLGIMENTO del ### ricorso depositato in data ###, il sig. ### esponeva di aver lavorato alle dipendenze di ### S.p.a., dapprima con contratto a tempo determinato e, successivamente, con contratto a tempo indeterminato, a far data dal 14.2.2013, senza soluzione di continuità, con orario a tempo pieno, secondo una Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 turnazione notturna o diurna, ed inquadrato nel livello ###.C.N.L. vigilanza privata, con le mansioni di guardia giurata, adibita al servizio di scorta valori.
Riferiva che, in data ###, aveva ricevuto una contestazione di addebito disciplinare, con sospensione cautelativa dal lavoro, in ordine a quanto accaduto in data ###, all'interno del punto vendita ## S.p.a., sito in Napoli alla Via delle ### nel corso dell'espletamento dell'attività lavorativa, contestazione con cui gli veniva addebitato quanto segue: “In data ### Lei, addetto al servizio di trasporto valori con turno di lavoro dalle ore 06:00 alle ore 16:00, alle ore 7.00 circa è acceduto all'interno del punto vendita del committente ## S.p.A. sito in Napoli alla via delle ### n°280/2082, si è avvicinato ad uno scaffale del supermercato, si è illecitamente impossessato di una bevanda energizzante e l'ha celata nella tasca del pantalone della divisa.
Allorquando gli addetti alla sicurezza della committente hanno rilevato e Le hanno contestato il furto, Lei ha ammesso l'illecita appropriazione ed ha proceduto alla restituzione del bene. Si aggiunga inoltre che Lei si è altresì illecitamente impossessato di un quantitativo non identificato di frutta destinata alla vendita. In considerazione della gravità degli addebiti contestati, Lei è sospeso cautelativamente dal lavoro, ferma restando la maturazione della retribuzione, con decorrenza immediata. Lei potrà presentare le Sue giustificazioni entro cinque giorni dalla ricezione della presente”.
Deduceva di aver invano reso le giustificazioni in data, nei seguenti termini: “###le società, io sottoscritto ### in merito alla contestazione notificatami in data ###, recante protocollo n. 711/###, voglio innanzitutto sottolineare, che la vicenda così come contestatami, risulta essere difforme da come sono andati realmente i fatti. Voglio in primis precisare che, non mi sono reso responsabile di alcun fatto illecito. Infatti, ho si prelevato una lattina di bevanda energizzante dal modico costo di 0,40 centesimi di euro, all'ingresso del supermercato ## S.p.A sito in ### e dopo averla messa in tasca, senza aprirla, ho svolto le ordinarie procedure di lavoro relative al ritiro valori, e allorquando mi accingevo a pagarla, mi veniva comunicato che non era possibile, essendo la cassa ed il supermercato ancora chiusi. Pertanto, provvedevo alla restituzione della lattina di energizzante, essendo impossibilitato all'acquisto. Mi sorprende poi, leggere ulteriormente, l'addebito circa la sottrazione di un quantitativo non identificato di frutta. Trovo del tutto assurdo e privo di fondamento tale addebito, perché del tutto non corrispondente al vero. A conferma della correttezza avuta negli anni, mi preme sottolineare, che in altre circostanze, ho ritrovato, una volta una busta valori all'interno di un sacco, un'altra volta una banconote da 20 euro sempre all'interno di un sacco cunibo relativa all'incasso giornaliero, che era si era incastrata sotto la piattina, ancora una volta ho ritrovato un telefono su di una nave, e in tutte queste occasioni ho provveduto debitamente alla riconsegna dei beni, come riportato dalla “lista di zona” e dalle testimonianze dei colleghi presenti. Chiedo quindi gentilmente di scusarmi per aver tenuto comunque un comportamento contrario ai miei doveri. Mi impegnerò ad evitare che in futuro si verifichino nuovamente situazioni di questo tipo. Spero vogliate accettare le mie scuse. Mi rendo disponibile per ulteriori chiarimenti e chiedo sin da ora di esser ascoltato personalmente per chiarire ulteriormente la mia posizione”.
Altrettanto vane le dichiarazioni spontanee rese al datore in data ###, tra l'altro, del seguente tenore: “il lavoratore richiama e conferma il contenuto della nota di controdeduzione Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 del 15.09.2022. In particolare. ribadisce di non essere responsabile di alcuna sottrazione di frutta.
Diversamente invece, non si ritiene responsabile del ·furto· della bibita energizzante oggetto di contestazione disciplinare, ribadendo però che non era intenzionato a derubare il cliente … il lavoratore dichiara che arrivato alle casse e mentre era intenzionato a depositare sulla cassa del supermercato l'equivalente economico monetario della bibita sulla cassa è stato fermato dal un dipendente della committente ### … Il lavoratore si dichiara comunque colpevole di quello che ritiene essere meramente un equivoco, ribadendo di essere in sempre stato tn buona fede …”.
Rappresentava di aver ricevuto comunicazione di licenziamento per giusta causa, senza preavviso, in data ###.
Eccepiva l'illegittimità del licenziamento anzitutto in quanto non sorretto da alcuna valida e legittima motivazione, atteso che la condotta tenuta non era così grave da ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario con il datore di lavoro, in ragione del modico valore del prodotto summenzionato.
Eccepiva altresì l'insussistenza del fatto, non essendovi prova del preteso furto.
Deduceva il difetto di proporzionalità del provvedimento irrogato e la sussumibilità nella fattispecie astratta ex art. 101 C.C.N.L., che prevede la sola multa per negligenza nella prestazione di lavoro, con conseguente illegittimità del recesso, trattandosi di condotta tipica, sanzionata in via conservativa.
Specificava, ferma l'assenza di prova della condotta di sottrazione di frutta, che l'asporto della bibita era finalizzato al suo pagamento e non già al doloso impossessamento, senza che si sia potuto configurare nemmeno un tentativo di furto, attesa la pronta restituzione del prodotto da parte sua, che egli peraltro intedeva acquistare regolarmente.
Tanto premesso, evocava in giudizio ### S.p.A. innanzi al Tribunale di Avellino, in funzione di giudice del lavoro, per sentir accogliere le suesposte conclusioni.
Ritualmente instaurato il contraddittorio, la società resistente si costituiva tempestivamente in giudizio, contestando la fondatezza dell'avversa domanda.
Premesso che il ricorrente era stato assunto ab origine con contratto a tempo indeterminato, e ricostruiti i fatti ed il procedimento disciplinare, eccepiva la contraddittorietà e l'infondatezza delle giustificazioni addotte dal lavoratore, sottolineando che la propria committente ## S.p.a. ne aveva chiesto l'allontanamento con nota del 29.8.2022 (“Oggetto: richiesta allontanamento Vs. operatore da servizio ritiro valori punti vendita MD. La presente per chiederVi l'allontanamento di un Vs. Operatore da tutti i pdv ## S.p.A., che in data ### alle ore 07.00 circa, intento ad effettuare il ritiro valori dal mezzo forte del pdv di ### via ### ha tentato di asportare n. 1 bevanda energizzante del valore di € 0,59. La merce è stata recuperata da personale MD che ha chiesto la restituzione all'operatore stesso. Certi di una Vs. fattiva collaborazione per quanto richiesto, porgiamo distinti saluti”).
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024
Affermava la sussistenza della giusta causa di recesso alla luce delle mansioni espletate dal ricorrente (“guardia particolare giurata”, incaricata di pubblico servizio ai sensi del T.U.L.P.S. e s.m.i.), tali da comportare un particolare vincolo fiduciario ed il dovere di osservare “in ogni circostanza, un comportamento esemplare e comunque tale da non essere esposto a critiche o rilievi di alcun genere” (art. 2 Regolamento aziendale).
Sosteneva che la condotta contestata aveva leso irrimediabilmente la fiducia datoriale, restando irrilevanti l'assenza di integrazione di una fattispecie penale ed il modico valore dell'oggetto materiale della condotta.
Rappresentava la sussistenza del requisito di proporzionalità tra sanzione espulsiva e condotta contestata.
In subordine, eccepiva l'aliunde perceptum e la delimitazione della denegata indennità risarcitoria ex art. 3 co. 1 D. Lgs. 23/2015.
Concludeva ut supra.
Acquisita la documentazione prodotta ed espletata l'istruttoria orale, all'esito della discussione ex art. 127 ter c.p.c., il giudizio veniva deciso come da sentenza. MOTIVI della DECISIONE 1. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Pacifica la procedibilità dell'impugnazione per rispetto dei termini di cui all'art. 6 L. 604/1966, nel testo novellato dall'art. 32 L. 183/2010, l'analisi dei motivi di ricorso va preceduta da un imprescindibile esame dell'addebito disciplinare, onde chiarirne l'esatta portata.
Richiamatone il contenuto, sopra tracciato, la contestazione disciplinare mossa nei confronti del sig. ### ha ad oggetto un tentativo di furto di una bevanda energizzante, del costo di vendita al pubblico pari a € 0,59, eseguito in danno di ## S.p.a., con recupero della merce da parte personale addetto alla vendita, prima che il ricorrente avesse potuto allontanarsi.
Il lavoratore ha, invece, dedotto la propria volontà di acquistare e pagare la bevanda, senza però sapere che l'esercizio era ancora chiuso e che le casse non erano ancora attive, tanto da averla restituita all'addetto.
In giudizio, il sig. ### ha quindi eccepito l'illegittimità del provvedimento sanzionatorio in considerazione dell'insussistenza del fatto illecito e quindi dell'inesistenza della giusta causa di recesso, nonché per violazione del principio di proporzionalità.
Il ricorrente ha dedotto che, per l'insussistenza totale della prova del furto e per la tenuità dei fatti addebitati, non si possa irrogare la sanzione del recesso, anche perché le attività poste in essere non hanno inciso sul corretto svolgimento dell'attività Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 lavorativa, né determinato alcun ritardo nel servizio o danno all'immagine del datore di lavoro.
Le contrastanti ricostruzioni offerte dalle parti hanno richiesto l'accertamento dei fatti attraverso l'istruttoria giudiziale. 2. Occorre premettere che l'onere della prova della sussistenza dei fatti addotti a sostegno del licenziamento, anche disciplinare, grava sul datore di lavoro, salvo ipotesi eccezionali, ai sensi dell'art. 2697 c.c., essendo il datore stesso tenuto a dimostrare la sussistenza dei presupposti costitutivi del diritto di recesso.
Infatti, in tema di legittimità del recesso nel rapporto di lavoro, l'onere di dimostrare la sussistenza dei fatti posti a base del licenziamento per giusta causa o disciplinare, per costante giurisprudenza, è a carico del datore di lavoro ex art. 5 L. 604/1966 (Cassazione civile, sez. lav., 29/03/2018, n. 7830: “In tema di licenziamento, l' art. 5 della l. n. 604 del 1966 pone inderogabilmente a carico del datore di lavoro l'onere di provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo, sicché il giudice non può avvalersi del criterio empirico della vicinanza alla fonte di prova, il cui uso è consentito solo quando sia necessario dirimere un'eventuale sovrapposizione tra fatti costitutivi e fatti estintivi, impeditivi o modificativi, oppure quando, assolto l'onere probatorio dalla parte che ne sia onerata, sia l'altra a dover dimostrare, per prossimità alla suddetta fonte, fatti idonei ad inficiare la portata di quelli dimostrati dalla controparte”; conforme: Cassazione civile, sez. lav., 16/08/2016, n. 17108; in tal senso, anche Cassazione civile, sez. lav., 14/07/2016, n. 14375; Cassazione civile, sez. lav., 09/06/2014, n. 12882: “Ex art. 5 legge n. 604 del 1966 (tuttora vigente ex dell'art. 1 d.lgs. 1 dicembre 2009, n. 179) grava sulla datrice di lavoro l'onere della prova della giusta causa o del giustificato motivo del licenziamento e quindi anche dell'elemento soggettivo della condotta addebitata al lavoratore”; Cassazione civile, sez. lav., 5.2.2024 n.3280: “Il lavoratore non deve allegare, né dimostrare, l'insussistenza della giusta causa e neanche il difetto di proporzionalità essendo piuttosto il datore di lavoro ad essere gravato dall'onere di provare sia l'esistenza della giusta causa sia la proporzionalità della sanzione irrogata. Infatti, per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario e la cui prova incombe sul datore di lavoro, occorre valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensità dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare; la valutazione della gravità dell'infrazione e della sua idoneità ad integrare giusta causa di licenziamento si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato”).
Va precisato che, a parere del giudicante, il licenziamento disciplinare costituisce una sottocategoria del licenziamento per giusta causa, senza però esaurirne l'ambito: difatti, l'area della giusta causa è più ampia dell'area della responsabilità disciplinare, Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 nel senso che la prima contiene ed esubera la seconda, giacché un fatto, che non risulti riconducibile ad una fattispecie disciplinare tipizzata nella contrattazione collettiva o riportabile nell'alveo applicativo dell'art. 2106 c.c., è ben possibile che possa comunque costituire giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c. poiché idoneo a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario.
In sostanza, il licenziamento disciplinare può corrispondere ad una fattispecie tipizzata, allorquando le parti sociali abbiano previsto la specifica condotta quale causa di recesso; ma tali previsioni, come detto, non esauriscono le ipotesi di giusta causa, salvo che il C.C.N.L. di settore non preveda espressamente che la condotta contestata venga sanzionata con misura conservativa.
Al riguardo, si evidenzia che i criteri di proporzionalità ed adeguatezza della sanzione irrogata, rispetto alla gravità del fatto addebitato al lavoratore, una volta che ne sia accertata la materiale sussistenza, assumono un ruolo centrale all'interno del procedimento valutativo che deve essere compiuto dal giudice, chiamato a stabilire in quali casi sia giustificata l'adozione della sanzione espulsiva in luogo di quella conservativa.
In materia, la Suprema Corte ha ripetutamente affermato che, per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c., l'accertamento della proporzionalità tra gravità della condotta e recesso del datore va espletato in concreto, ossia attraverso una valutazione caso per caso, che tenga conto dei singoli aspetti della fattispecie in controversia, da collocare nella scala sociale di valori, onde stabilire se la condotta sia così grave da giustificare il licenziamento (Cassazione civile, sez. lav., 13/07/2020, n. 14880: “La giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell'elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all'intensità del profilo intenzionale, dall'altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell'elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare. La giusta causa di licenziamento integra una clausola generale, che richiede di essere concretizzata dall'interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della ricorrenza concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici”; Cassazione civile, sez. lav., 01/07/2020, n. 13412: “In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra addebito e recesso, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza. ### al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva, non sulla base di una valutazione astratta dell'addebito, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto del fatto, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico della sua gravità, rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi rilievo alla configurazione delle mancanze operata dalla contrattazione collettiva, all'intensità dell'elemento intenzionale al grado di affidamento richiesto dalle mansioni, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla durata dello stesso, all'assenza di pregresse sanzioni, alla natura e alla tipologia del rapporto medesimo”).
In sintesi, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale richiamato, la giusta causa di licenziamento di cui all'art. 2119 c.c. configura una clausola generale che comprende quei fatti e quei comportamenti idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro perché connotati da una particolare gravità, ponendosi in termini di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, come appunto quello della fiducia, che costituisce il presupposto indefettibile della collaborazione fra le parti.
Pertanto, il giudice di merito deve necessariamente tener conto della natura del fatto contestato, da esaminare non solo nel suo contenuto obiettivo, ma anche sotto il profilo soggettivo e psicologico, onde procedere alla valutazione della sua idoneità a ledere il vincolo fiduciario e, dunque, a giustificare l'applicazione della massima sanzione disciplinare. 3. Ciò chiarito, può passarsi all'esame dei motivi di impugnazione del licenziamento, che, come anticipato, ha richiesto la verifica istruttoria di sussistenza materiale, prima ancora che giuridica, delle condotte contestate.
Queste le dichiarazioni dei testimoni escussi. ### “### guardia giurata. Sono a conoscenza dei fatti di causa in quanto all'epoca ero in servizio con il ricorrente. Ricordo che, nel periodo estivo, io, il ricorrente e un altro collega, signor ### eravamo assegnati al servizio trasporto valori nella stessa squadra. In quella occasione, non ricordo la data esatta, ci recammo presso il supermercato MD sito in ### alla via delle ### per espletare un prelievo valori. Nell'occasione, io ero caposquadra, ### era gregario e ### era autista. Ricordo che fui io ad entrare nel supermercato per fare il prelievo perché la cassaforte aveva dei problemi. In quella occasione, fu ### ad occuparsi della bonifica. Una volta prelevato il sacco, lo consegnai al collega ### il quale era entrato all'interno del supermercato e si trovava nei pressi degli scaffali di esposizione della merce. Dopodiché io sono uscito per la bonifica e ho atteso che ### uscisse anche lui. Non vedendolo arrivare, rientrai nel supermercato e vidi che stava discutendo con un impiegato di nome ### non ne ricordo il cognome. Ho sentito che l'impiegato dell'MD chiedeva a ### di tirare fuori una lattina che lo stesso avrebbe prelevato in precedenza. Ho visto che ### teneva la lattina nella tasca della divisa mimetica, posta sulla parte esterna della gamba. La tasca non ha chiusura con bottoni o zip, ma solo con la parte superiore in tessuto. Erano all'incirca le 7.00 del mattino e il supermercato Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 non era aperto al pubblico. Ho visto che ### tirava fuori la lattina dalla tasca. Si trattava di una bibita energizzante. Non so dire quali fossero le intenzioni del mio collega. A me non è mai capitato in quindici anni di servizio di avere necessità di acquistare un bene esposto in vendita presso un esercizio commerciale destinatario del servizio di carico e scarico. Tuttavia, di solito se abbiamo delle necessità il direttore del supermercato o il commesso ci danno tranquillamente quello che chiediamo.
Nell'occasione di cui innanzi il ricorrente non aveva manifestato malesseri o risentimenti in mia presenza. Non ho mai visto il signor ### prelevare frutta dall'interno del predetto esercizio commerciale né portarla all'interno del blindato. Ciò ovviamente quando eravamo in squadra insieme.
Più di una volta è capitato di stare in squadra con ### e ciò anche per il servizio presso il supermercato MD predetto. In quella giornata avevamo preso servizio alle 5.30 circa del mattino. La giornata lavorativa, di solito, termina quando si finiscono i prelievi, perciò essa può protrarsi anche fino a 12 ore. La giornata in cui si è verificato il predetto episodio era un sabato. Di solito il sabato si finisce prima perché ci sono meno prelievi da fare. La giornata in cui si è verificato l'episodio era una giornata estiva e non pioveva. Ribadisco che non so dire quali fossero le intenzioni che hanno mosso il ricorrente a prelevare la lattina contente la bibita. Inoltre, ricordo che il bene non venne pagato perché ### restituì la lattina presso le casse. Queste ultime non erano ancora accese. Quando siamo stati in squadra insieme, nei vari anni, non mi è mai capitato di vedere se lo ### aveva ritrovato e restituito denaro o altri beni. Preciso che, quando sono rientrato nel supermercato, ho visto che l'addetto dell'esercizio commerciale fermava il collega ### mentre questi si dirigeva verso l'uscita. Non ho visto ### invece, avvicinarsi alle casse per pagare. Preciso altresì che dopo aver dato il sacco a ### sono passati quattro cinque minuti senza vederlo uscire. Solo dopo ho fatto rientro nel supermercato e ho visto che ### aveva superato la barriera delle casse, non so se attraverso l'uscita ordinaria o quella riservata al personale, e ho visto che l'impiegato lo chiamava chiedendogli di restituire la bibita. All'ingresso del supermercato sono presenti distributori automatici di bibite, sempre accesi anche fuori l'orario di apertura del supermercato. Non so dire se il ricorrente dopo il licenziamento abbia svolto o svolga attività di lavoro”. ### “### impiegato. Mi dichiaro indifferente alle parti. Sono il responsabile della sicurezza di M.D. S.p.A. per la regione ### Sono a conoscenza dei fatti di causa in quanto, a fine agosto 2022, intorno al giorno 25 o 26, non so essere più preciso perché non ricorso bene, venni allertato di un accadimento verificatosi all'interno dell'esercizio M.D. sito nel centro commerciale di ### Io sono intervenuto uno o due giorni dopo, non ricordo con precisione, ed ho provveduto a visionare i filmati delle videocamere presenti nella struttura commerciale. Da tali videoregistrazioni, prive di audio, ho visto che, nel giorno predetto, due guardie giurate, alle ore 7 del mattino circa, sono entrate nel supermercato. Una di loro si dirigeva verso l'ufficio dove è sita la cassaforte, mentre l'altra ha iniziato ad aggirarsi tra gli scaffali, prima fermandosi a tastare della frutta e poi dirigendosi verso le bibite. Dal filmato, si vedeva che tale guardia giurata prelevava una lattina e la inseriva in una tasca del pantalone. Non so dire quale tasca fosse, credo che fosse quella laterale. Dopodiché la stessa giardia giurata si recava verso l'ufficio, e in tale frangente la lattina non era visibile. Successivamente, entrambe le guardie giurate si allontanavano dal supermercato superando sia la barriera delle casse sia l'uscita che dà nella galleria del centro commerciale. Sempre dal filmato, ho visto che le due guardie giurate, giunte nei pressi della porta scorrevole che dà all'esterno del centro commerciale, venivano avvicinate da un dipendente di M.D.. In particolare, una di loro veniva fermata, mentre l'altra, che stava per uscire, subito si riavvicinava. Ho visto dalla Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 videoregistrazione che la guardia che era stata fermata, dopo aver parlato con il nostro dipendente, estraeva la lattina dalla tasca dei pantaloni e gliela riconsegnava. Non ho visto la guardia giurata dare denaro al nostro dipendente. Anzi ho visto che questi ha riportato la lattina all'interno del supermercato. Il dipendente in questione si chiama ### Posso escludere che la guardia giurata abbia preso della frutta. Io l'ho vista solo tastare le pesche. Ribadisco che il tutto si è verificato alle ore 7 del mattino, allorquando il supermercato era ancora chiuso al pubblico. A quell'ora erano presenti solo 7 o 8 dipendenti del supermercato, e non vi erano altre persone oltre alle due guardie giurate. I filmati in questione di solito vengono conservati ed inviati all'ufficio legale di M.D., a tal uopo memorizzati nel disco di rete. Non so dire se questi filmati esistano ancora o meno. Io ho fatto una relazione interna, che cioè ho trasmesso al mio datore di lavoro M.D. e precisamente al responsabile di funzione. Non ho personalmente inviato nulla a ### se non qualche fotografia che avevo scattato allo schermo durante la riproduzione del predetto filmato. Non so quali atti M.D. abbia trasmesso a Cosmopol”. ### “### un dipendente di M. D. S.p.A., con sede di lavoro presso l'esercizio sito in #### alla via #### a conoscenza dei fatti di causa in quanto lavoro presso M.D. da dodici anni circa. Ricordo che, a fine agosto 2022, tra il giorno 27 e 29, non sono essere più preciso, come di consueto due guardie giurate della ### vennero a ritirare il sacco con il contante alle 7 del mattino. Ciò accadeva almeno tre volte a settimana circa. In quell'occasione, ricordo che venne una guardia che già conoscevo e che, se non ricordo male, ha nome ### ed un'altra guardia che non avevo mai visto. Mentre la prima si recava verso l'ufficio per il prelievo del contante, l'altra entrava all'interno del supermercato. In quel momento, io ero impegnato a spostare delle pedane con il transpallet elettrico. Ho visto personalmente che la guardia che era dentro il supermercato prelevava una lattina di una bibita energizzante tipo ### dallo scaffale e la inseriva nel tascone laterale della gamba della divisa. In quel momento non ho reagito subito perché sono rimasto perplesso dall'accaduto. Tuttavia, successivamente, ho visto che le due guardie giurate stavano per uscire dalla struttura, perché avevano superato le casse e si trovano nei pressi della porta di uscita. A questo, ho fermato la guardia che aveva prelevato la lattina e gli ho chiesto cosa avesse nelle tasche. Lui mi rispose che aveva una lattina e me la riconsegno, chiedendomi scusa. Si offrì anche di pagare la bibita, ma in quel momento e a quell'ora le casse erano chiuse, perché l'esercizio era ancora chiuso al pubblico ed avrebbe aperto alle ore 8. In seguito, ho provveduto a riposizionare la lattina sullo scaffale. Poi ho aspettato che alle 8 arrivasse il direttore del supermercato e gli ho spiegato l'accaduto. Il supermercato è dotato di sistema antitaccheggio, che però è applicato ai prodotti più costosi, ad esempio il parmigiano. Per la lattina predetta, che ha valore di circa 60 - 70 centesimi, non viene utilizzato l'antitaccheggio. Tuttavia, in ogni caso, all'ora in cui si è verificato il predetto episodio, l'antitaccheggio è spento perché le casse non funzionano ancora ed il supermercato è chiuso al pubblico. Se non ricordo male la lattina in questione era quella piccola da 33 cl. Nel giorno predetto, le due guardie giurate sono entrate nel punto utilizzato per l'ingresso dei clienti, ossia quello da cui si accede al reparto ortofrutta. Per uscire hanno fatto il percorso inverso. Preciso che il ricorrente non mi chiese di fare il pagamento dopo l'apertura delle casse, ma che voleva pagare in quel momento. l'accaduto, io chiesi al ricorrente il perché del suo gesto, ma lui non mi disse nulla, ed in specie non si giustificò, ad esempio dicendo che aveva preso la lattina perché aveva sete”.
Siffatte dichiarazioni sono provenienti da soggetti attendibili, privi di qualsiasi interesse, anche di mero fatto, alla presente vicenda processuale; pertanto, esse vanno Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 ritenute credibili ed idonee a fondare il convincimento del giudicante. 4. Alla luce del quadro probatorio così formato, reputa il giudicante che il datore di lavoro abbia offerto piena dimostrazione di gran parte dei fatti esposti nella missiva di contestazione degli addebiti.
Il teste ### collega di squadra del ricorrente, ha riferito di aver visto il sig. ### discutere con un impiegato di MD e, successivamente, di prelevare dalla tasca una lattina di bibita energizzante.
Ha precisato che il sig. ### prima di entrare nel supermercato non aveva manifestato alcun tipo di malessere.
Il teste ha, inoltre riferito di aver visto il ricorrente restituire la bibita al commesso del supermercato nei pressi dell'uscita e di non spiegarsi il motivo di tale gesto.
Il teste ### responsabile della sicurezza di M.D. per la regione ### ha dichiarato di aver visionato, nei giorni successivi all'evento, i filmati delle videocamere presenti nel locale commerciale e prodotti nella data del fatto contestato, ivi osservando una guardia giurata che si aggirava tra gli scaffali, prima fermandosi a tastare la frutta e, poi, dirigendosi verso le bibite.
Il teste ha, altresì, riferito di aver visto la guardia, nei filmati stessi, prelevare una lattina e metterla in tasca e poi, di aver visto la guardia stessa raggiungere il collega nell'ufficio e, successivamente, avvicinarsi all'uscita.
Il sig. ### ha dichiarato che le due guardie giurate sono state fermate dal dipendente del supermercato nei pressi della porta scorrevole che conduceva all'esterno del centro commerciale.
Di uguale tenore è la testimonianza del sig. ### dipendente di MD, presente sul luogo al momento dell'accaduto.
Trattasi, anzi, del soggetto che ha visto il ricorrente prelevare la bibita dallo scaffale e metterla in tasca.
Il teste ha dichiarato di aver fermato la guardia nei pressi dell'uscita del centro commerciale, quando il ricorrente ed il suo collega avevano oramai superato la barriera delle casse.
Ebbene, alla luce delle testimonianze raccolte, è emersa la prova parziale delle condotte contestate, giacché, mentre non dimostrata l'appropriazione di frutta esposta per la vendita, risulta, invece, provata l'apprensione della bevanda di cui sopra da parte del sig. ### In particolare, deve ritenersi dimostrata la sussistenza di una volontà del ricorrente di ottenere il bene attraverso l'asportazione dall'area di vendita e la sua dolosa occultazione.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024
Ciò è sufficiente a legittimare l'intimato licenziamento.
Difatti, il segmento della condotta contestata, che è risultato dimostrato in giudizio, integra un inadempimento grave dei doveri di diligenza che fanno capo alla G.P.G., a prescindere dall'entità economica del bene attinto dalla condotta in questione.
In specie, ad avviso del giudicante, la condotta stessa risulta provata sia nella sua consistenza materiale, sia nella sua rilevanza giuridica, quale fatto - inadempimento illecito, per di più di gravità tale da minare irrimediabilmente il vincolo fiduciario, in conformità alla corrente interpretazione dell'art. 18 co. 4 L. 300/1970 e dell'art. 3 co. 2 D. Lgs. 23/2015.
In sostanza, è stato dimostrato che il sig. ### abbia posto in essere atti inequivocabilmente diretti ad appropriarsi illegittimamente della bibita, e ciò anzitutto occultandola nella tasca dei pantaloni.
Già tale gesto è particolarmente significativo, poiché, se fosse stato vero che egli, invece, intendeva acquistarla, non vi era motivo per inserirla all'interno degli abiti e non, invece, portarla in mano, trattandosi di una lattina di piccole dimensioni.
Né il ricorrente ha dedotto o provato di avere le mani occupate e di aver perciò avuto l'esigenza di riporre in tasca la bibita.
A riguardo, la comune esperienza ex art. 115 co. 2 c.p.c. insegna che colui che si reca all'interno di un supermercato preleva i beni da acquistare manifestando apertamente le proprie intenzioni, e cioè portandoli in mano o ponendoli in un carrello, ove restano visibili, dopodiché espone i beni stessi agli addetti alle casse per il pagamento.
Di contro, nel caso di specie, il sig. ### dopo aver preso la bibita, non ha raggiunto subito l'addetto presente nell'esercizio per chiedere di pagare, ma ha superato l'uscita del supermercato e si è diretto verso l'uscita del centro commerciale in cui esso è sito senza nulla riferire al dipendente di ## S.p.a. ivi presente circa l'acquisto della bibita ovvero la necessità di dissetarsi.
Tale frazione della condotta corrobora ancor più il riscontro della volontà di appropriazione dolosa del prodotto, poiché il sig. ### ha rivelato di aver preso la merce solo dopo essere stato fermato dal teste ### e, per di più, come detto, comunque dopo aver superato la barriera delle casse.
Inoltre, reputa il giudicante che è irrilevante che l'esercizio commerciale fosse chiuso al pubblico e che le casse non fossero ancora operanti, poiché tale circostanza, impeditiva dell'acquisto, sarebbe stata certamente esposta al ricorrente se questi avesse agito correttamente, chiedendo di pagare la bevanda prima di allontanarsi (e, prima ancora, esponendola apertamente nelle proprie mani).
Parallelamente, risulta irrilevante il tentativo del sig. ### di “rimediare” Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 offrendo il pagamento a posteriori, poiché tale volontà non è idonea ad escludere la gravità della condotta tenuta, tale da configurare il delitto p. e p. ex artt. 56 e 624 c.p.. 5. In ordine a tale aspetto, benché la rilevanza penale del fatto contestato non sia un elemento dirimente, ben potendo assurgere a giusta causa di recesso anche una condotta priva di rilievo penalistico, giova comunque rammentare che il furto in esercizio commerciale deve intendersi consumato solo allorquando l'agente non sia stato monitorato nel corso del compimento dell'azione delittuosa, la quale sia emersa solo dopo che egli abbia superato la barriera della casse, ad esempio a causa dell'attivazione del sistema antitaccheggio.
Di contro, allorché l'agente venga osservato durante l'asportazione e l'occultamento della merce, sebbene venga poi fermato solo dopo aver superato le casse, la condotta resta limitata allo stadio del tentativo giacché i beni devono intendersi rimasti nella sfera di controllo e vigilanza del dominus, senza che l'agente abbia mai potuto conseguirne l'effettiva disponibilità (Cassazione penale, sez. V, 12/07/2022, n. 40321: “Se è vero che in caso di furto in supermercato, il monitoraggio dell'azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo, se l'azione furtiva non era stata monitorata e gli addetti alla vigilanza si erano accorti che l'imputato aveva occultato gli indumenti sottratti sulla sua persona, solo quando, oltrepassate le casse, era scattato l'allarme, riuscendo a bloccarlo, allora il delitto è consumato”; Cassazione penale, sez. IV, 20/11/2018, n. 12860: “In ipotesi di furto in supermercato, soltanto il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo”).
Calando tali criteri nella fattispecie concreta, si osserva che la condotta in esame resta limitata al tentativo di furto, poiché il teste ### ha dichiarato di aver visto il sig. ### mentre prendeva la lattina e di averlo fermato prima che uscisse dalla struttura che ospita il supermercato.
Tuttavia, come detto, la mancata consumazione del delitto non priva la condotta del suo carattere di grave negazione degli elementi fiduciari del rapporto di lavoro, nelle peculiari caratteristiche della posizione di affidamento propria della G.P.G..
A tal fine, ciò che rileva è il fatto oggettivamente considerato, nel senso che deve Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 ritenersi condotta grave e, dunque, idonea a giustificare la reazione espulsiva, quel comportamento che conservi un'efficacia lesiva del vincolo fiduciario su cui si fonda il rapporto di lavoro, in considerazione dell'aspettativa datoriale rispetto alla corretta conduzione futura del rapporto da parte del lavoratore (Cassazione civile, sez. lav., 23/05/2018, n. 12798: “Per stabilire se sussiste la giusta causa di licenziamento con specifico riferimento al requisito della proporzionalità della sanzione occorre accertare in concreto se - in relazione alla qualità del singolo rapporto intercorso tra le parti, alla posizione che in esso abbia avuto il prestatore d'opera e, quindi, alla qualità e al grado del particolare vincolo di fiducia che quel rapporto comportava - la specifica mancanza commessa dal dipendente, considerata e valutata non solo nel suo contenuto obiettivo, ma anche nella sua portata soggettiva, risulti obiettivamente e soggettivamente idonea a ledere in modo irreparabile la fiducia del datore di lavoro”).
Pertanto, la valenza penalistica del fatto, limitata al tentativo, e la scarsa consistenza del valore economico del prodotto, oggetto del tentativo di impossessamento, non sono rilevanti, giacché l'elemento che viene in rilievo nel presente giudizio è costituito dall'incidenza della condotta contestata sul futuro espletamento del rapporto (Cassazione civile, sez. lav., 17/04/2001, n. 5633: “In caso di licenziamento del lavoratore per abusivo impossessamento di beni aziendali, per la determinazione della consistenza dell'illecito non rileva, di regola, la qualificazione fattane dal punto di vista penale (e, in particolare, se l'illecito integri il reato consumato di furto o appropriazione indebita ovvero solo il tentativo), essendo necessario al riguardo che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro, e specialmente dell'elemento essenziale della fiducia”; Cassazione civile, sez. lav., 27/11/1999, n. 13299: “Per quanto attiene poi più specificamente all'abusivo impossessamento di beni aziendali da parte del dipendente, questa stessa Corte ha anche precisato che ai fini della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ovvero la circostanza che il fatto illecito sia stato commesso fuori dall'orario o dal posto di lavoro, ma la ripercussione sul rapporto di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento (cfr. ex plurimis: Cass. 18 giugno 1998 n. 6100; 25 novembre 1997 n. 11806; Cass. 22 ottobre 1993 n. 10505)”).
In concreto, l'elemento dirimente in tal senso è rappresentato dalla attuata volontà del sig. ### dimostrata in giudizio, di impossessarsi del prodotto invito domino durante l'espletamento delle mansioni di G.P.G., mansioni che configurano un affidamento datoriale di massima entità circa la natura della condotta del lavoratore de quo, che deve specchiata ed improntata alla massima diligenza, nonché priva di qualsivoglia gesto deviante, soprattutto nel corso dell'orario lavorativo, considerando che, in tale frangente, la G.P.G. è armata e munita di divisa.
Non v'è dubbio, infatti, che la G.P.G. sia preposta a funzioni di incaricato di pubblico servizio, tra l'altro anche allo scopo di svolgere attività di vigilanza antitaccheggio, come previsto dall'art. 3 co. 2 lett. d) D. M. 269/2010 (“d) vigilanza antitaccheggio: è il servizio svolto presso negozi, supermercati, ipermercati, grandi magazzini e simili, finalizzato alla Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 prevenzione del reato di danneggiamento, furto, sottrazione ovvero di appropriazione indebita dei beni esposti alla pubblica fede”).
Ebbene, la condotta in esame ha rivelato l'incapacità del sig. ### di dominare i propri istinti e di reprimerli, e ciò proprio nel compimento di una di quelle attività illecite che egli stesso è chiamato a prevenire ed impedire, rientrando nelle mansioni attribuibili alla guardia particolare giurata.
Né rileva che, nella fattispecie, il ricorrente era impegnato nella diversa attività di trasporto valori, giacché la G.P.G. può essere deputata a svolgere una qualsiasi delle mansioni descritte dal citato art. 3, inclusa la vigilanza antitaccheggio, sicché la condotta contestata non perde gravità per la sola circostanza secondo cui, nell'occasione, il lavoratore era adibito ad una mansione diversa.
Anzi, l'incapacità di controllare le proprie azioni, per assicurarne la rettitudine, è ancor più grave se rapportata alle attività di scorta e trasporto valori.
In sostanza, il disvalore della condotta va stimato non già sulla scorta del costo del bene che ne è oggetto, bensì in base alla natura ed alla tipologia della condotta ed alla sua incidenza sulla fiducia datoriale nel contesto delle concrete mansioni affidate.
In conclusione, risulta dimostrata la sussistenza materiale e giuridica del fatto contestato, che questo giudice reputa idoneo a costituire giusta causa di licenziamento, dovendo ritenersi irrimediabilmente leso l'intuitus personae datoriale, così come dedotto nella missiva di licenziamento. 6. In ordine al dedotto difetto di proporzionalità, quanto sinora osservato sarebbe di per sé sufficiente ad escludere la fondatezza di tale motivo di ricorso: la condotta costituita dal tentativo di appropriarsi di un bene esposto al pubblico per la vendita, benché di risibile valore, è intrinsecamente grave se a commetterla sia una G.P.G., in quanto ciò che rileva è la natura del gesto compiuto, del tutto incompatibile con la tipologia di attività lavorativa espletata.
Per l'appunto, occorre rimarcare che non rileva l'esiguo valore venale del bene che il sig. ### intenzionalmente voleva sottrarre, bensì la ripercussione di tale gesto sul rapporto di lavoro.
Difatti, nonostante la condotta non abbia determinato la consumazione del reato di furto ed abbia attinto un bene di valore irrisorio, essa resta tale da porre in dubbio la futura correttezza del lavoratore nel prosieguo del rapporto, poiché ### S.p.a. ha visto pregiudicata la sua fiducia nell'integrità del comportamento del ricorrente.
Dunque, anche ai fini della valutazione della proporzionalità quale componente della giusta causa ex art. 3 co. 1 D. Lgs. 23/2015, deve ritenersi che la reazione espulsiva sia commisurata alla gravità della condotta, restando privo di rilievo il valore monetario del bene che ne è stato oggetto.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024
Peraltro, tale conclusione risulta in linea con i principi a più riprese affermati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di rilevanza dell'oggetto materiale della condotta e di particolare tenuità del danno derivatone (Cassazione civile, sez. lav., 12/10/2017, n. 24014: “Ai fini dell'indagine volta ad accertare l'integrazione della giusta causa di licenziamento in relazione a una contestazione di asportazione di beni dell'azienda, la modesta entità del fatto può essere ritenuta non tanto con riferimento alla tenuità del danno patrimoniale, quanto in relazione all'eventuale tenuità del fatto oggettivo, sotto il profilo del valore sintomatico che lo stesso può assumere rispetto ai futuri comportamenti del lavoratore e, quindi, alla fiducia che nello stesso può nutrire l'azienda, essendo necessario al riguardo che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro e, specialmente, dell'elemento essenziale della fiducia, cosicché la condotta del dipendente sia idonea a porre in dubbio la futura correttezza del suo adempimento”; Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2017, n. 18184: “In tema di licenziamento, la tenuità del danno e la mancanza di precedenti disciplinari non sono circostanze in sé decisive, dovendo piuttosto verificarsi se l'inadempimento, complessivamente valutato, sia idoneo ad incidere sulla prognosi di futura correttezza dell'adempimento dell'obbligazione lavorativa”; Cassazione civile, sez. lav., 05/04/2017, n. 8816: “La tenuità del danno non è da sola sufficiente ad escludere la lesione del vincolo fiduciario, atteso che ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non già l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti”; Cassazione civile, sez. lav., 25/06/2015, n. 13168: “In caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione non già l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale, ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi dei dipendente rispetto agli obblighi assunti”).
Di conseguenza, in applicazione dei principi enunciati, ritiene il giudicante che il licenziamento intimato dal datore di lavoro sia proporzionato all'infrazione commessa.
Più in dettaglio, il ricorrente ha violato le comuni regole di correttezza, di civile convivenza, di diligenza, di onestà e di trasparenza che devono necessariamente essere rispettate nel rapporto tra le parti, vieppiù da parte del lavoratore che ricopra la delicata funzione di G.P.G., di rilievo anche pubblicistico.
La condotta contestata, dunque, non può essere ricondotta ad una semplice leggerezza, bensì denota una insensibilità del lavoratore rispetto ad elementari regole di onestà e rettitudine, regole di cui proprio egli è preposto a garantire l'osservanza, con ciò appalesandosi quel grado di gravità idoneo a configurare l'irreparabile lesione del vincolo fiduciario.
Ciò rende intollerabile, per la società datrice, la prosecuzione del rapporto di lavoro, il che, a sua volta, impone di ritenere proporzionata la sanzione espulsiva irrogata.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 7. Si ribadisce, inoltre, che il giudice dell'impugnativa di licenziamento non è vincolato dalle tipizzazioni contenute nella contrattazione collettiva, dovendo sempre e comunque eseguire il vaglio di proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto alla gravità dei comportamenti inadempienti del lavoratore, sia che il fatto venga previsto dalle parti sociali come giusta causa di licenziamento, sia che il C.C.N.L. applicato al rapporto non lo preveda (Cassazione civile, sez. lav., 12/11/2021, n. ###: “In tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva non è vincolante, spettando al giudice la valutazione di gravità del fatto e della sua proporzionalità rispetto alla sanzione irrogata dal datore di lavoro, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie”; Cassazione civile, sez. lav., 13/04/2021, n. 9657: “In tema di licenziamento disciplinare, la tipizzazione delle cause di recesso contenuta nella contrattazione collettiva non è vincolante, potendo il catalogo delle ipotesi di giusta causa e di giustificato motivo essere esteso, in relazione9657 a condotte comunque rispondenti al modello di giusta causa o giustificato motivo, ovvero ridotto, se tra le previsioni contrattuali ve ne siano alcune non rispondenti al modello legale, dunque nulle per violazione di norma imperativa; con la conseguenza che il giudice non può limitarsi a verificare se il fatto addebitato sia riconducibile ad una previsione contrattuale, dovendo comunque valutare in concreto la condotta addebitata e la proporzionalità della sanzione”; Cassazione civile, sez. lav., 19/08/2020, n. 17321: “In tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali costituisce uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell' art. 2119 c.c.”; Cassazione civile, sez. lav., 28.2.2024, n. 5304: “Le previsioni contrattuali - collettive sulle fattispecie punibili con il licenziamento disciplinare non sono tassative, ma solo esemplificative e quindi non vincolanti per il giudice, poiché la giusta causa è una nozione legale (art. 2119 c.c.). Viceversa, ai sensi dell'art. 12 legge n. 604/1966 sono tassative e vincolanti per il giudice le previsioni contrattuali - collettive sulle fattispecie punibili con sanzioni conservative. Per tali ragioni, la giusta causa di licenziamento è nozione legale rispetto alla quale non sono vincolanti - al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo - le previsioni dei contratti collettivi, che hanno valenza esemplificativa e non impediscono l'autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla idoneità delle specifiche condotte a pregiudicare il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore, con il solo limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione”). ### la giurisprudenza, poi, nella valutazione dei motivi di licenziamento il giudice deve fare riferimento alle disposizioni di legge in materia di giusta causa, alle fondamentali regole del vivere civile e alle tipizzazioni di giusta causa presenti nei contratti collettivi considerando tutte le circostanze del caso concreto, i motivi, l'intensità dell'elemento intenzionale e di quello colposo ed ogni altro aspetto rilevante Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 (Cassazione civile, sez. lav., 2.3.2011, n. 5095: “La previsione di ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta in un contratto collettivo non vincola il giudice, dato che questi deve sempre verificare, stante l'inderogabilità della disciplina dei licenziamenti, se quella previsione sia conforme alla nozione di giusta causa, di cui all'art. 2119 c.c., e se, in ossequio al principio generale di ragionevolezza e proporzionalità, il fatto addebitato sia di entità tale da legittimare il recesso, tenendo anche conto dell'elemento intenzionale che ha sorretto la condotta del lavoratore”).
Sul punto, parte ricorrente ha dedotto che il licenziamento comminato risulta ingiustificato in riferimento alla contrattazione collettiva di categoria, che all'art. 261 lett. b), nell'indicare le ipotesi di applicazione del licenziamento per giusta causa, non contempla espressamente la condotta contestata (“B) ### per giusta causa (senza preavviso) Si applica nei confronti del ### che commetta infrazioni che siano tali da rendere impossibile la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto di lavoro, per grave ed irreversibile lesione del rapporto fiduciario. A titolo esemplificativo: a) violi l'obbligo di fedeltà all'### comunicando a terzi notizie e informazioni riservate e/o riproducendo o esportando documenti, progetti, apparecchiature o altri oggetti di proprietà dell'### o del Committente; b) svolga, in concorrenza con l'attività dell'### prestazioni lavorative, per conto proprio o altrui, durante l'orario di lavoro; c) nel corso della malattia o dell'infortunio (professionali o non professionali) o dell'aspettativa, ancorché non retribuita, presti lavoro subordinato a terzi, anche non formalmente retribuito, ivi compreso per ### vel benevolentiae causa; d) simuli stato di malattia od infortunio, sia professionale che non professionale, percependo illegittimamente l'indennità ### o ### e/o la relativa integrazione datoriale; e) sia assente ingiustificato dal lavoro da oltre cinque giorni; f) commetta nei confronti dell'### furto, frode, danneggiamento volontario od altri simili reati; g) falsifichi le scritture contabili dell'### traendone personale beneficio; h) abbandoni ingiustificatamente il posto di lavoro con conseguente danno all'### o al Cliente; i) commetta violenza privata nei confronti dell'### e dei colleghi, con pericolo di reiterazione; j) abbia commesso comprovate molestie sessuali, con pericolo di reiterazione; k) abbia commesso comprovato comportamento di “mobbing” con pericolo di reiterazione; l) commetta, volontariamente, qualsiasi atto che possa compromettere la sicurezza e l'incolumità del personale, o del pubblico, e/o arrecare grave danneggiamento alle attrezzature, impianti o materiali dell'### m) partecipi a rissa sul luogo di lavoro o rivolga gravissime minacce ed offese ai colleghi, con manifesto pericolo di reiterazione nell'infrazione; n) fumi dove ciò possa provocare pregiudizio alla incolumità delle persone od alla sicurezza degli impianti o delle cose”).
Inoltre, il lavoratore ha dedotto che, piuttosto, la condotta potrebbe al più sussumersi nella fattispecie contrattuale di cui all'art. 101 C.C.N.L., che sanziona con la multa la negligenza grave durante l'espletamento del lavoro, il che dovrebbe condurre al riscontro d'illegittimità del licenziamento.
Entrambe le doglianze si rivelano infondate.
Ribadito che il giudice dell'impugnativa di licenziamento può riscontrare la giusta causa di recesso ex art. 2119 c.c. anche quando la condotta non sia tipizzata dal C.C.N.L. applicato, ma integri comunque una compromissione irrimediabile della fiducia datoriale, parimenti va ribadito che la condotta contestata al ricorrente costituisce di Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024 per sé una grave violazione dei doveri della G.P.G., tale da concretizzare la giusta causa di licenziamento a prescindere da una espressa previsione contrattuale.
Inoltre, la condotta stessa non può essere sussunta nella negligenza lavorativa, benché grave, giacché l'assenza di diligenza nell'espletamento della prestazione è riferibile ad una condizione soggettiva di colpa del lavoratore.
Di contro, nel caso di specie, la condotta presenta inequivocabilmente il presupposto psicologico del dolo, anche se solo generico, essendo stata provata la volontà d'impossessamento illecito di un bene.
Dunque, non può riscontrarsi l'invocata applicabilità del citato art. 101 C.C.N.L..
In conclusione, posta la sussistenza dei presupposti di legittimità del recesso, si rivelano infondati i motivi di impugnazione articolati nel ricorso, di cui deve disporsi il rigetto.
Assorbito ogni altro profilo. 8. In punto di regolamentazione delle spese di lite, l'oggetto del giudizio, la natura e la qualità delle parti, le rispettive condotte processuali e preprocessuali, nonché la condizione di incertezza interpretativa in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti oggetto di contestazione disciplinare, costituiscono gravi ed eccezionali ragioni, analoghe a quelle previste dall'art. 92 co. 2 c.p.c., nel testo risultante a seguito di C.
Cost. 77/2018, che ne impongono la compensazione in misura della metà.
La residua parte segue la soccombenza e viene liquidata come in dispositivo, ai sensi del D. M. 55/2014, come modificato dal D. M. 147/2022, con individuazione dello scaglione di valore secondo il criterio del disputatum. P. Q. M. Il dott. ### quale ### del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, così provvede: 1) rigetta il ricorso; 2) compensa le spese di lite in misura della metà e condanna ### al pagamento della residua parte in favore di ### S.p.a., che liquida in € 1.350,00, oltre rimborso forfettario (15%), I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Così deciso in ### 7.10.2024 ### del lavoro dott. ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 08/10/2024
causa n. 734/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Del Gaudio Cinzia, Vernillo Domenico