blog dirittopratico

3.661.599
documenti generati

v5.31
Motore di ricerca Sentenze Civili
CSPT
torna alla pagina iniziale

Banca Dati della Giurisprudenza Civile

La Banca Dati gratuita "autoalimentata" dagli utenti di Diritto Pratico!

 
   
   
   
 
Legenda colori:
Corte di Cassazione
Corte d'Appello
Tribunale
Giudice di Pace
già visionate
appuntate
M
2

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 31169/2025 del 28-11-2025

... che: <<il pagame nto dell'IVA sulla t ariffa di igiene ambientale ex art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (c.d. ###), attesa la natura tributaria di detta tariffa e la sua non asso ggettabilit à ad imposta, integra indebito oggettivo e legittima l'azione di ripetizione promossa nei confronti del cedente, non assumendo rilevanza la eventuale detrazione, comunque non consentita, del relativo importo ad opera del cessionario>> (Cass. n. 6149/2020); e che <<la tariffa di igiene ambientale ex art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (c.d. ###), a differenza della cd. ###, avendo natura tri butaria, non è assoggettabile a IVA e, pertanto, le somme versate a tale titolo costituiscono un indebito , che legitt ima l'azione di ripe tizione nei confronti del cedente>> (Cass. n. 10900/2025). 7 Orbene, nella sentenza impugnata, il Tribunale di ### nella sentenza impugnata, ha rigettato il quarto motivo stabilendo che: a) in caso di IVA erroneamente assoggettata, se l'IVA è stata indebitamente versata, restano privi di fondamento il pagamento, la rivalsa e la detrazione; b) il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell'IVA versata in via di rivalsa; c) la questione relativa (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 718/2024 R.G. proposto da: ### S.P.A., nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall'avvocato #### , presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge; -ricorrente contro ### - S.P.A. ### nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall'avvocato ### presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge; -controricorrente avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 15905/2023 depositata il ###; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2025 dal #### 1. Nel 2020 la ### s.p.a. conveniva innanzi al Giudice di pace di ### s.p.a. per ottenere la restituzione di € 3.597,24, oltre interessi, versati a titolo di addizionale provi nciale all'accisa sull'energia elettrica per i consumi degli anni 2010-2012. A fondamento della domanda deduceva che l'addizionale, addebitata in bolletta dalla ### s.p.a., fosse illegittima poiché contrastante con l'art. 1, par. 2, della ### 2008/118/CE, come interpretata dalla Corte di giustizia dell'### europe a, chieden do quindi la ripetizione dell'indebito ex art. 2033 ### s.p.a. si costituiva contestando l'avversa domanda ed eccepiva: l'assenza dei presuppo sti per l'indebito oggettivo, trattandosi di pagamento avvenuto in forza di contratto valido ed efficace; l'inefficacia orizzontale delle direttive europee tra i privati; l'intervenuta prescrizione; la legittimità dell 'addizionale fino al 31 marzo 2010.  ### ice di pace di ### con sentenza n . 3262/20 21, accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo fondata l'eccezione di prescrizione, e condanna va ### a l pagamento di € 2.973,9 0, oltre interessi e spese. 
Avverso tale decisio ne proponeva ap pello ### s.p.a., sottolineando la necessità di un rinvio p regiudiziale al la Corte di Giustizia. 
Si costituiva ### s.p.a., chiedendo il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza appellata.  ### ale di ### con sentenza n . 1590 5/2023, rigettava l'appello e confermava int egralme nte la decisione di primo grado, compensando le spese tra le parti.  2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso ### s.p.a., articolato in quattro motivi. 
Ha resistito con controricorso ### s.p.a. 3 ### non ha rassegnato conclusioni scritte.  ### della società resistente ha depositato memoria. 
La Corte si è riservata il depo sito de lla motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. ### articola in ricorso quattro motivi. Precisamente: - con il primo motivo denuncia <<### e falsa applicazione dell'art. 2033 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3>>, nella parte in cui il giudice di appello ha affermato la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dell'azione di ripetizione dell'indebito, nonostante fino al 31 dicembre 2 011 il pagament o dell 'addizionale provinciale fosse dovuto, in esecuz ione di un contratto valido ed efficace alla luce della normativa italiana allora vigente; - con i l secondo motivo denuncia <<### e falsa applicazione dell'art. 6 c.1. D.L. n. 511/1988 e dell'art. 1 par. 2 della Direttiva n. 2008/118/CE, dell'art. 54 della L. 8 giugno 1990 n. 142, dell'art. 149 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - ### e dell'art. 19 ###, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3>> nella parte in cui il giudce di appe llo ha rilevato l'incompatibilità dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica con il det tato de ll'art. 1 p ar.2 de lla direttiva 2008/118/CE sull'errato presupposto della mancanza di una “finalità specifica” del tributo. Osserva che: a) l'addizionale provinciale ha natura di “accisa”, e non di tributo autonomo, sicché rispetto ad essa non è necessario verificare la sussistenza del requisito della “finalità specifica” richiesto dalla ### tiva europea, ch e è richiesto per l'istituzione di imposte “autonome” e non riguardo ai meri incrementi quantitativi dell'accisa; b) anche a voler ritenere sussistente il requisito della “finalità sp ecifica, questo era stato rispettato dal legislatore nazionale attraverso il D.L. n. 511/1988, sicché la normativa interna 4 non è in contrasto con quella unionale. Chiede, all'occorrenza, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sui quesiti sottesi alla censura; - con il terzo motivo denuncia <<### e falsa applicazione - alla luce del fermo principio della inefficacia c.d. orizzontale delle direttive UE - dell'art. 6 c. 1. D.L . n. 511/198 8, della ### 2008/118/CE art. 1 par. 2, dell'art. 4 comma 3 del ### dell'art. 288 TFUE, degli artt. 11 e 117 Cost, in relazione all'art. 360 c.p.c. comma 1, n. 3>>, nella parte in cui il giudice d'appello ha disapplicato la norma interna per contrasto con la direttiva europea, trattandosi di rapporto tra privati, in cui non è ammessa l'efficacia orizzontale delle direttive; - con il quarto motivo denuncia <<### e falsa applicazione dell'art. 2041 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3>>, nella parte in cui il giudice di appello ha a sua volta erroneamente affermato il diritto della società ### S.p.A. ad ottenere restituzione dell'importo richiesto a titolo di rimborso dell'IVA sul costo addebitato a t itolo di addizionale provincia le. Osserva che non costituendo, la somma corrisposta a titolo di addizionale, indebito oggettivo, l'Iva era dovuta sull'ammontare complessivo del corrispettivo ai sensi dell'art.  13, comma 1 del d.p.r. n. 633/1972 e che la restituzione del relativo importo, poiché destinat o a gravare definitiv amente soltanto sul consumatore finale e “neutro” p er l'acquirente esercente attività d'impresa, avrebbe comportat o un ingiustificato arric chimento a vantaggio della ### s.p.a. In sostanz a, secondo la ricorrente, il Tribunale avrebbe erroneamente confermato il diritto di ### S.p.A.  alla restituz ione degli importi richiesti a titolo di rimborso dell'### integrando ciò un ingiustificato arricchimento.  2. Il ricorso non è fondato.  2.1. Non fondati sono i primi tre motivi - che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente - ma la motivazione della sentenza impugnata va corretta. 5 ### la giurispruden za di qu esta Corte (cfr. il principio affermato da Cass. 13740/25 e ribadito già finora almeno da Cass. 13741/25, n. 16992/25, n. 16993/25, n. 17642/25, n. 17643/25, 28198/25, n. 28199/25, n. 28200/25, n. 28517/25, n. 28518/25, 28527/25, n. 28840/25, n. 28841/25, n. 29055/25: al quale il Collegio presta convinta ade sione), <<In tema d i addebito dell'addizionale provinciale di cui all'art. 6, commi 1, lett. c), e 2, del d.l. n. 511 del 1988, conv. con modif. dalla l. n. 20 del 1989, sostituito dall'art. 5 del d.lgs. n. 26 del 2007 (poi abrogato dal combinato disposto degli artt.  2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011, e 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, nonché dall'art. 4, comma 10, del d.l. n. 16 del 2012, conv., con m odif., dalla l. n. 44 del 20 12), il consumatore fi nale - se h a corrisposto al fornitore di e nergia, a titolo di rivalsa, l'imposta riconosciuta in contrasto con il d iritto d ell'### ea - è legittimato ad esercitare, nel rispetto dell'ordinario termine decennale di prescrizione, l'azione di ripetizione dell'indebito stesso ex art. 2033 c.c. direttamente nei confronti dello stesso fornitore (che potrà, a sua volta, rivalersi nei confronti dello Stato), poiché la dich iarata illegittimità costituzionale della norma interna per contrarietà al diritto UE (Corte cost., sentenza n. 43 del 2025) comporta, nei rapporti tra solvens e accipiens, la caducazione ex tunc della causa giustificatrice della prestazione>>. 
Avuto riguardo al disposto di cui sensi all'art. 118, co. 1, ultimo inciso, disp. att. cod. proc. civ., è qui sufficiente fare integrale richiamo alla motivazione della prima delle menzionate sentenze per giustificare il rigetto dei motivi in esame, con op portuna correzione della motivazione della qui gravata sentenza, del ricorso oggi esaminato.  2.2. Non fondato è anche il quarto motivo. 
Questa Corte, ormai da dieci anni (cfr. Cass. n. 9946/2015), ha precisato che: <<In tema di ### ai sensi dell'art. 19 del d.P.R. 23 ottobre 1972, n. 633, ed in conformità con l'art. 17 della direttiva del 6 Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, nonché con gli artt. 167 e 63 della successiva direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 2006/112/CE, non è ammessa la detrazione de ll'imposta pagata a monte per l'acquisto o l'importazione di beni o servizi - ovvero per conseguire la prestazione di servizi necessari all'impresa - per il solo fatto che tali o perazioni atte ngano all'oggetto dell'impresa e siano fatturate, poiché è, invece, indisp ensabile che esse siano effettivamente assoggettabili all'IVA nella misura dovuta, sicché, ove l'operazione sia stata erroneamente assoggettata all'### restano privi di fondame nto il pagamento dell'imposta da parte del ceden te, la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario e la detrazione da que st'ultimo operata nella su a dichiarazione ### con la conseguenza che il cedente ha diritto di chiedere all'### il rimborso dell'### il cessionario ha dir itto di chiedere al cedent e la restituzione dell'IVA versata in via di rivalsa, e l'### ha il potere-dovere di escludere la detrazione dell'IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal cessionario>>. 
Dando applicazione a detto principio (ribadito da Cass. 15536/2018, n. 8652/2020, n. 25741/2021 e n. 13149/2024) è stato precisato che: <<il pagame nto dell'IVA sulla t ariffa di igiene ambientale ex art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (c.d. ###), attesa la natura tributaria di detta tariffa e la sua non asso ggettabilit à ad imposta, integra indebito oggettivo e legittima l'azione di ripetizione promossa nei confronti del cedente, non assumendo rilevanza la eventuale detrazione, comunque non consentita, del relativo importo ad opera del cessionario>> (Cass. n. 6149/2020); e che <<la tariffa di igiene ambientale ex art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (c.d. ###), a differenza della cd. ###, avendo natura tri butaria, non è assoggettabile a IVA e, pertanto, le somme versate a tale titolo costituiscono un indebito , che legitt ima l'azione di ripe tizione nei confronti del cedente>> (Cass. n. 10900/2025). 7 Orbene, nella sentenza impugnata, il Tribunale di ### nella sentenza impugnata, ha rigettato il quarto motivo stabilendo che: a) in caso di IVA erroneamente assoggettata, se l'IVA è stata indebitamente versata, restano privi di fondamento il pagamento, la rivalsa e la detrazione; b) il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell'IVA versata in via di rivalsa; c) la questione relativa alla detrazione IVA già operata dal cliente finale non rileva nel rapporto privatistico con il fornitore, ma riguarda esclusivamente il rapporto tra il cliente e l'### Tanto affermando, il Tribunale di ### si è conformat o alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale: a) la detrazione dell'IVA è ammessa solo se le operazioni sono effettivamente assoggettabili all'### se l'operazione è stata erroneamente assoggettata, la detrazione operata dal cessionario è priva di fondam ento; l'erroneo assoggettamento ad IVA esclude la sussistenza di una base legale per i l pagame nto, la rivalsa e la detrazione, in applicazione del principio di neutralità dell'imposta indiretta; b) il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell'IVA versata in via di rivalsa, mentre il cedente ha diritto di chiedere il rimborso all'### Invero, alla luce de lla giurispruden za di questa Corte sopra richiamata, è errat o ritenere che l'eventuale detrazione contabile dell'IVA da parte del cessionario (### precluda l'azione di ripetizione nei confronti del cedente (### energia). 
La corresp onsione dell'IVA calcolata su una somma (l'addizionale) che è risultata non dovuta p erché illegittima (o dichiarata tale ex tun c dalla Corte costituzionale) è essa stessa un indebito e l'azione di ripetizione spett a al consumatore finale n ei confronti del fornitore. Il car attere indebito del capit ale implica il 8 carattere indebito della imposta (che del capitale rappre senta accessorio), con la conseguenza che il cessionar io ha dirit to alla restituzione dell'Iva indebita versata in rivalsa. 
Poiché la Corte costituzionale ha con la citata sentenza dichiarato la illegittimità costituzionale della norma istitutiva dell'addizionale, con efficacia ex tun c, ne risulta che l'imposta era ipso facto i ndebita: essendo la base imponibile illegittima ex tunc, anche l'IVA accessoria risulta indebita. 
Ne consegue che l'argomento centrale di Ene l, basato sull'ingiustificato arricchimento di ### per l'IVA detrat ta, è in contrasto con il meccanismo di neutralizzazione circolare dell'### che impone la restituzione dell'imposta indebita al cessionario da parte del cedente, lasciando all'### il potere-dovere di recuperare l'importo indebitamente detratto. Il carattere indebito del capitale (l'addizionale provinciale illegit tima), si ribadisce, implica il carattere indebito dell'imposta accessoria (l'###; ed è escluso il rischio di ing iustificato arricchimento del cessionario, in quanto il recupero dell'IVA indebitamente detratta è un onere che ricade (non sul cedente, ma) sull'### In senso contrario non vale invocare Cass. 13338/25. Invero, in quella occasione, la Co rte si è occupata principalmente della legittimazione del cessionario (l'acquirente di beni o servizi, soggetto IVA o consumatore finale) a proporre istanza di rimborso direttamente nei confronti dell'### (l'### finanziaria) per l'IVA di rivalsa, indebitam ente pagata; ed ha stabilito che, di regola, i l cessionario non ha una relazione diretta con l'### per il rimborso dell'IVA di rivalsa, ma deve esercitare un'azione di ripetizione d'indebito di natura civilistica nei confronti del cedente (il fornitore) per le somme versate in eccesso. 
Nel caso di specie, in vece, il consu matore finale (### ha correttamente esercitato l'azione ordinaria di ripetizione dell'indebito 9 ex art. 2033 c.c. direttamente nei confronti del fornitore (###.  ### prom ossa in questo giudizio è di na tura privatistica (tra fornitore e cliente finale) e non di natura tributaria (tra cliente finale e ###. In definitiva, nella specie, viene in discussione (non la legit timazione ad agire contro l'### bensì) il diritto del cessionario (### di o ttenere la restituzione dell 'IVA indebita dal cedente (###: Cass. n. 13338/2025 ha definito le eccezioni che consentono al cessionario di agire direttamente contro il ### , mentre nel caso d i specie si tratta di appli care il principio generale, che impone la restituzione dell'IVA indebit a, nel rapporto privato tra cedente e cessionario. ### di ripeti zione contro il fornitore è azione esperibile e non vi ene preclusa dall'eventuale detrazione contabile dell'IVA da parte del cessionario. 
In defi nitiva, il motivo viene deciso sulla ba se del segue nte principio di diritto: <<In tema di imposta sul valore aggiunto (###, ove l'operazione sia stat a erroneamente ass oggettata a tale imposta, in quanto calcolata su una b ase imponib ile che, a seguito di decl aratoria di illegittimità costituzionale ex tunc, è risultata indebita, restano prive di fondamento non solo la corresp onsione dell'imposta da parte del cedente, ma anche la rivalsa da costui effettuata nei confronti d el cessionario e la det razione eve ntualmente operata da quest'ultimo nella sua dichiarazione ### Conseguentemente, il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell'IVA versata in via di rivalsa. 
La possibilità che il cessionario abbia già operato la detrazione contabile dell'IVA non è idonea a precludere l'azione di ripetizione nei confronti del cedente, poiché la restituzione dell'imposta indebita al cessionario da parte del cedente è necessitata dal meccanismo di neutralizzazione circolare dell'###>.  3. Le spe se processuali vann o dichiarate integralmente compensate, in considerazione del fatto che può ancora considerarsi 10 recente il dirimente intervento della Corte costituzionale e della novità della questione sottesa al motivo quarto. 
Al rigetto del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell'importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).  P. Q. M.  La Corte: - rigetta il ricorso; - dichiara integralment e compensate tra le parti le spese processuali; - ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrent e al compe tente ufficio di merito, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### il 19 n ovembre 2 025, nella camera di consiglio della ###.  ### 

Giudice/firmatari: De Stefano Franco, Gianniti Pasquale

M

Tribunale di Teramo, Sentenza n. 948/2025 del 22-07-2025

... epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale; 2) ### edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; 3) ### C) : è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.”; al comma 2 che “Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di: ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7; ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15; ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15; al comma 3 che “### le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ### ordinaria civile Il Tribunale di Teramo, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa ### letto l'art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1580 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2018 e promossa: da #### E ### in qualità di eredi di ### rappresentati e difesi dagli avv.ti ### e ### elettivamente domiciliat ###e via Indipendenza n.17, presso gli studi dei difensori, giusta procura allegata all'atto di citazione attori contro ### e ### rappresentati e difesi dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###, presso il difensore, giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta convenuto e contro ### contumace convenuto e contro ### rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###, presso il difensore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terzo chiamato nonché contro ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###(angolo ### della ###, presso il difensore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terzo chiamato ### altre controversie di diritto amministrativo ### per parte attrice: “### l'###mo Tribunale adito ### 1. Accertare e dichiarare l'intervento di “sopraelevazione ed ampliamento” assentito nei titoli edilizi rilasciati come nuova costruzione disapplicandosi, sul punto, la previsione derogativa di detta distanza contenuta nell'art. 2.3.3 delle NTA del ### 2. accertare e dichiarare, in ogni caso, che l'intervento edilizio realizzato dai sigg.ri ### e ### non rientra tra gli interventi di «ristrutturazione edilizia» ex art.3, comma 1, lettera d) D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ma che lo stesso intervento deve annoverarsi nella categoria dell'intervento edilizio di «nuova costruzione», e sicché, il fabbricato descritto deve ritenersi realizzato in violazione della distanza minima assoluta di mt. 5 dal confine con la proprietà del sig. ### e di mt. 10 dal fabbricato del sig. ### di cui al DM 1444/68; 3. Disapplicare in via incidentale, ai sensi dell'art. 5 L. 2248/1865 all. E il permesso di costruire n. 37/2011 ed il permesso di costruire in variante n. 27/2012 perché in violazione delle distanze imposte dal DM 1444/68 e delle norme locali in materia di distanze tra confini; 4. Accertare e dichiarare la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie in premessa indicate, con particolare riferimento alla distanza dai confini e dai fabbricati per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia e per il mancato rispetto dell'art. 2.3.3 c. 9 delle NTA di PRG che non prevedono la possibilità di sopraelevare di due piani edifici monopiano in deroga né ammettono un fabbricato alto 9,40 mt, oltre gli 8,50 mt consentita dalle norme tecniche; 5. 
Accertare e dichiarare che l'edificazione dei sigg.ri ### e ### e ### è avvenuta, con riferimento al permesso n. 27/2012, in difformità alla normativa antisismica, in difetto dell'attestato di avvenuto deposito da parte del ###, così come prescritto dalla normativa di settore richiamata; 6. Condannare i sigg.ri #### e ### rispettivamente nella qualità di usufruttuari e nudo demolizione dell'intervento realizzato e disporre ex art. 872 c.c. la riduzione in pristino della distanza di metri 5 dal confine e di metri 10 dal fabbricato di proprietà del sig. ### di tutte le opere eseguite dai convenuti, o, quantomeno di tutta la parte eseguita in sopraelevazione ed ampliamento; 7. Condannare i sigg.ri ### e ### ex art. 872 al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali consistenti da un lato, nell'occlusione della visuale, della privazione di luce e di aria con pregiudizi sotto l'aspetto della salubrità; dall'altro, nella riduzione del rapporto tra il pregio e il godimento della propria abitazione che il mercato riconosce ed il deprezzamento commerciale dell'intero immobile di proprietà ### conseguenti alla mancata osservanza delle altre norme urbanistico edilizie in tema di allineamento degli edifici e di distanza; 8. Condannare i sigg.ri ### e ### disapplicando gli atti illegittimi, al pagamento delle spese e competenze del giudizio. Si chiede altresì l'accoglimento delle conclusioni come precisate ed integrate in sede di memorie e scritti difensivi e verbali d'udienza oggi integralmente richiamati”; per parte convenuta ### “La difesa della signora ### nel richiamare il contenuto dei propri scritti difensivi, precisa le conclusioni chiedendo che la domanda venga dichiarata inammissibile, ovvero respinta; e che in relazione all'art. 92 c.p.c., l'attore venga condannato alla rifusione delle spese di lite e dei compensi di avvocato. Salvezze illimitate”; per parte convenuta ### “La difesa del signor ### nel richiamare il contenuto dei propri scritti difensivi, dichiara che non intende rinunciare a nessuna eccezione, difesa o domanda quivi proposta e precisa le conclusioni come segue. 1. ### l'###mo Tribunale adito respingere le domande di parte attrice siccome inammissibili ovvero infondate. 2. In subordine, nel caso di accoglimento totale o parziale delle domande di parte attrice, accertare e dichiarare che le violazioni contestate da parte attrice sono imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom.  ### condannandolo pertanto a tenere indenne il deducente sig.  ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. In particolare, e non esclusivamente, condannare il geom.  ### al risarcimento del danno per la perdita del valore venale dell'immobile che dovrà essere demolito (deprezzamento del bene) nella misura di € 110,000,00 o somma diversa, maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi compensativi come per legge. 3. Condannare il geom. ### al pagamento delle spese di demolizione e di tutti gli oneri conseguenti nella misura non inferiore ad € 31.712,77, e dunque nella misura superiore che sarà di giustizia. 4. Condannare il geom. ### al risarcimento per mancato godimento dell'immobile nella misura di € 3.340,00 o somma diversa, maggiore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi come per legge. 4. Condannare parte attrice, ovvero in alternativa il geom. ### alla rifusione delle spese legali. Salvezze illimitate”; per il terzo chiamato ### “Nel contestare nuovamente tutto quanto ex adverso fin qui dedotto e/o prodotto si insiste per l'accoglimento di tutte le richieste istruttorie di cui alle memorie del sottoscritto procuratore ex art. 183 cpc, VI comma, del 22.6.2021 (la seconda) e del 13.7.2021(la terza), nonché si precisano le conclusioni così come rassegnate nella comparsa di costituzione e risposta datata 18.1.2019 ed integrate con la prima memoria del 18.5.2021 ex art. 183 cpc, VI comma, depositata dopo la costituzione in giudizio della terza chiamata in causa ### spa: “### all'###mo Tribunale adito , per le motivazioni espresse in narrativa, ### tutte le domande avversarie, comprese quelle ex adverso spiegate dalla terza chiamata in causa ### spa, in quanto infondate in fatto ed in diritto per le motivazioni sopra meglio esposte. Con vittoria di spese e competenze di causa, oltre rimborso forfetario, oneri fiscali e previdenziali come per legge. ###, ### denegata ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, anche in maniera parziale per i fatti dal 2011 al 2013, dichiarare la terza ### spa obbligata a manlevare e tenere indenne il geom. #### e, per l'effetto, condannarla al pagamento di tutte le somme che fossero eventualmente dovute dall'assicurato in favore delle controparti e non solo. Nello specifico si chiede che venga riconosciuto il diritto dell'assicurato geom. ### nei confronti della propria compagnia assicurativa ### spa, al rimborso: delle spese di lite, sostenute per la chiamata in causa, delle spese di resistenza, per contrastare l'iniziativa del terzo, e delle spese di soccombenza, che eventualmente sia stato condannato a pagare al terzo vittorioso (Corte di Cassazione, ### civile, ordinanza n. 4275/2024)”; per il terzo chiamato ### s.p.a.: “La difesa della ###ni ### ribadisce tutto quanto dedotto, eccepito e richiesto nella comparsa di costituzione e risposta, nelle successive memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c., ritualmente e tempestivamente depositate e nei verbali di causa, insistendo per l'integrale accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate. Torna nuovamente ad impugnare e contestare, per quanto di ragione, la perizia definitiva e l'elaborato integrativo depositati dal nominato CTU arch. G. Marini, salva ogni ulteriore confutazione in sede di scritti difensivi finali. Conferma, comunque, la tardività e l'inammissibilità della doglianza relativa alla violazione dell'art. 9, commi 2 e 3 del D.M. n. 1444/1968, sollevata per la prima volta dalla difesa degli attori con la seconda memoria istruttoria; sul punto, ribadisce di non accettare il contraddittorio, trattandosi di una vera e propria mutatio libelli ed eccepisce l'inutilizzabilità, in parte qua, dell'elaborato peritale. Ribadisce tutte le eccezioni sollevate circa l'operatività della polizza, i limiti di copertura e la prescrizione del diritto dell'assicurato ad essere tenuto indenne delle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dal presente giudizio. 
Si riporta a tutto quanto dedotto, eccepito e richiesto nelle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. per quanto attiene alle ulteriori richieste istruttorie, anche formulate dalle controparti e sulle quali l'###mo Sig. Giudice non si è pronunciato. Precisa le conclusioni: in via istruttoria, associandosi per quanto di ragione e per quanto compatibile con la posizione della ### alle richieste istruttorie formulate dalla difesa dell'assicurato geom. R. ### opponendosi alle richieste avverse per le motivazioni tutte già illustrate nelle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. ed insistendo (nella denegata ipotesi di ammissione) nella richiesta di abilitazione alla prova contraria, diretta e indiretta, con gli stessi testi ex adverso indicati e con i testi indicati dal geom. R. ### nel merito riportandosi alle conclusioni tutte rassegnate nella comparsa di risposta e ribadite nelle successive memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. che qui si abbiano per integralmente riportate e trascritte. Conclude altresì per l'integrale rigetto di ogni avversa conclusione e di ogni domanda e/o eccezione comunque formulata contro ###ni ### Con vittoria di spese e competenze di lite, rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA come per legge. Impugna e contesta ogni avversa deduzione, eccezione e richiesta, anche formulata attraverso le note di trattazione scritta, dichiarando espressamente di non accettare il contraddittorio su eventuali domande e/o eccezioni nuove e/o modificate comunque proposte dalle controparti. Salvezze illimitate”.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data ###, ### conveniva in giudizio, avanti l'intestato Tribunale, #### e ### per ivi sentire: 1) accertare e dichiarare l'intervento di “sopraelevazione ed ampliamento” assentito nei titoli edilizi meglio descritti in atti come nuova costruzione, disapplicandosi, sul punto, la previsione derogativa di detta distanza contenuta nell'art.  2.3.3 delle NTA del ### 2) accertare e dichiarare che l'intervento edilizio realizzato dai convenuti non rientrava tra gli interventi di “ristrutturazione edilizia” ex art.3, comma 1, lettera d) D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ma nella categoria dell'intervento edilizio di “nuova costruzione”, sicché, il fabbricato doveva ritenersi realizzato in violazione della distanza minima assoluta di mt. 5 dal confine con la proprietà dell'attore e di mt. 10 dal fabbricato dell'attore di cui al DM 1444/68; 3) disapplicare in via incidentale, ai sensi dell'art. 5 L.  2248/1865 all. E il permesso di costruire n. 37/2011 ed il permesso di costruire in variante n. 27/2012 perché in violazione delle distanze imposte dal DM 1444/68 e delle norme locali in materia di distanze tra confini; 4) accertare e dichiarare la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie indicate, con particolare riferimento alla distanza dai confini e dai fabbricati per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia e per il mancato rispetto dell'art. 2.3.3 c. 9 delle NTA di PRG che non prevedevano la possibilità di sopraelevare di due piani edifici monopiano in deroga né ammettevano un fabbricato alto 9,40 mt, oltre gli 8,50 mt consentita dalle norme tecniche; 5) accertare e dichiarare che l'edificazione dei dei convenuti era avvenuta, con riferimento al permesso n. 27/2012, in difformità alla normativa antisismica, in difetto dell'attestato di avvenuto deposito da parte del ###, così come prescritto dalla normativa di settore richiamata; 6) condannare i #### e ### rispettivamente nella qualità di usufruttuari e nudo proprietario, alla demolizione dell'intervento realizzato e disporre ex art. 872 c.c. la riduzione in pristino della distanza di metri 5 dal confine e di metri 10 dal fabbricato di proprietà dell'attore di tutte le opere eseguite dai convenuti, o, quantomeno di tutta la parte eseguita in sopraelevazione ed ampliamento; 7) condannare i convenuti, ai sensi dell'art.  art. 872 c.c. al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali consistenti, da un lato, nell'occlusione della visuale, della privazione di luce e di aria con pregiudizi sotto l'aspetto della salubrità e, dall'altro, nella riduzione del rapporto tra il pregio e il godimento della propria abitazione che il mercato riconosce ed il deprezzamento commerciale dell'intero immobile di proprietà ### conseguenti alla mancata osservanza delle altre norme urbanistico edilizie in tema di allineamento degli edifici e di distanza; 8) condannare i convenuti al pagamento delle spese del giudizio. 
A fondamento della domanda parte attrice allegava in sintesi e per quanto di interesse: - che l'attore era proprietario del fabbricato ad uso abitazione sito in ### via ### n. 5, confinante con il fabbricato di proprietà ### sito in via ### n. 7; - che, con permesso edilizio n. 37/2011, il Comune di ### autorizzava ### in qualità di comproprietario, alla sopraelevazione del fabbricato; - che l'intervento, qualificato come “ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione” del fabbricato preesistente monopiano e assentito sulla base dell'art. 2.3.3. comma 9 delle N.T.A. del PRG vigente, non era conforme, anche alla luce della relazione istruttoria redatta dal tecnico comunale incaricato, alle prescrizioni in materia di distanze di cui al D.M. 1444/1968 né alle disposizioni concernenti l'altezza massima degli edifici; - che, con permesso di costruire in variante n. 27/2012, il Comune di ### autorizzava i convenuti alla realizzazione, sullo stesso fabbricato, di una ulteriore sopraelevazione al piano secondo oltre i 250 mq di superficie edificabile in base alle previsioni di cui all'art. 2.3.3. comma 9 delle NTA con ampliamento e modifica delle distanze dal fabbricato vicino; - che anche tale intervento edilizio in variante era in contrasto con la normativa edilizia, urbanistica ed antisismica.   Si costituiva in giudizio ### la quale chiedeva l'estromissione dal giudizio, in quanto la sua qualità di usufruttuaria escludeva la legittimazione passiva rispetto all'azione esercitata dall'attore nel giudizio in esame.   Si costituiva in giudizio ### il quale, previa richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo ### e di declaratoria di inammissibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione ex art. 5 d.lgs. 28/2010, chiedeva il rigetto delle domanda attoree e, in via subordinata, di accertare e dichiarare che le violazioni contestate dall'attore erano imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom. ### con condanna di quest'ultimo a tenere indenne il ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. 
In particolare, parte convenuta esponeva in sintesi: - che il fabbricato interessato dall'intervento edilizio era stato edificato prima dell'entrata in vigore del D.M. 1444/1968 e sia il permesso di costruire n. 37/2011 che il permesso di costruire in variante n. 27/2012, emessi, rispettivamente, sulla scorta dei pareri favorevoli della ### in data 2 agosto 2011 e del Dirigente in data 18 febbraio 2013, erano conformi alla normativa urbanistica vigente all'epoca in cui tali titoli erano stati rilasciati; - che l'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A., nel testo ancora vigente nel 2011 e nel 2012, consentiva di sopraelevare edifici preesistenti nel rispetto delle distanze prescritte dal codice civile; - che l'adozione della variante al ### avvenuta nel 2007, con la quale l'art. 2.3.3 comma 9 N.T.A. era stato modificato imponendo il rispetto delle distanze di cui all'art. 9 D.M.  1444/1968, non aveva comportato la modifica immediata della stessa N.T.A., in quanto tale effetto si era prodotto soltanto nel 2013, a seguito dell'approvazione della variante, intervenuta successivamente al rilascio dei titoli abilitativi; - che, in ogni caso, l'attore aveva affidato incarico libero-professionale al geom. ### al quale andava ascritta la responsabilità per il danno eventualmente subito dal committente per irregolarità del prodotto edilizio per violazione delle distanze tra costruzioni previste dall'art. 9 del D.M. 1444 del 1968.   Nessuno si costituiva per ### il quale veniva dichiarato contumace.   Autorizzata la chiamata in causa del terzo, si costituiva in giudizio ### il quale, previa richiesta di autorizzazione a chiamare in causa il terzo ### s.p.a., chiedeva il rigetto delle domande avversarie e, in via subordinata, anche in caso di accoglimento parziale per i fatti dal 2011 al 2013, dichiarare il terzo ### s.p.a. obbligato a manlevare e tenere indenne il professionista e, per l'effetto, condannarlo al pagamento delle somme eventualmente dovute dall'assicurato in favore delle controparti.   Il terzo chiamato ### allegava in sintesi: - che, in data ###, a seguito dell'incarico ricevuto nel 2010 da ### (all'epoca comproprietario e attualmente usufruttuario), ### (all'epoca comproprietaria e attualmente usufruttuaria) e D'### (all'epoca usufruttuaria e attualmente deceduta), otteneva dal Comune di ### il permesso di costruire 37/2011 al fine di poter sopraelevare l'edificio monopiano (costruito prima del 1970) sito in #### n. 7, attraverso un primo piano adibito ad abitazione; - che, nel 2010, ### nel presente giudizio proprietario-convenuto e all'epoca solamente figlio dei due comproprietari (### e ###, incaricava il geom. ### di sopraelevare l'immobile suddetto, impartendogli dettagliatamente le indicazioni da seguire per soddisfare le proprie esigenze ed inviandogli disegni eseguiti a mano personalmente per illustrargli quello che doveva essere il risultato finale; - che, in data ###, il geom. ### otteneva il permesso di costruire in variante 27/2012, al fine di realizzare anche un secondo piano, costituito in parte dalla copertura inclinata del primo piano e in parte da una terrazza; - che il professionista portava subito tutti i committenti a conoscenza dei vincoli imposti dalla normativa nazionale in ordine alle distanze legali tra edifici, contrastanti con quelli previsti dalla normativa comunale, tant'è che tra le varie ipotesi progettuali nel 2010 presentava loro anche quella che contemplava la non sopraelevazione dell'intera sagoma dell'edificio esistente, con l'arretramento del nuovo fronte rispetto alla proprietà ### - che i ### e, in particolare, proprio l'odierno proprietario-convenuto, chiedevano espressamente al geometra di rendere esecutiva l'ipotesi progettuale che prevedeva la sopraelevazione dell'intera sagoma dell'edificio preesistente e di ottenere dal Comune di ### i necessari permessi di costruire; - che, terminato il secondo piano, a novembre 2013 i ### ricevevano una raccomandata da parte del legale dell'attore, a mezzo della quale veniva loro contestato il mancato rispetto delle norme sulle distanze legali tra le rispettive costruzioni, nonché di quelle relative all'altezza dell'elevazione; - che l'odierno convenuto-committente ordinava al geom. ### di procedere ugualmente con i lavori (finiture interne di tutte le opere già realizzate) che venivano ultimati nel 2016; - che il professionista aveva fedelmente adempiuto a tutti gli incarichi e a tutte le disposizioni impartitegli dai committenti; - che, anche nel caso in cui il professionista non avesse informato i committenti sui rischi connessi alla costruzione, i convenuti erano venuti a conoscenza delle problematiche derivanti dalla sopraelevazione sin dal 2013 e, tuttavia, non contestavano nulla né revocavano l'incarico al professionista; - che il convenuto era decaduto dalla richiesta di risarcimento ai sensi dell'art. 1669 c.c. né era ammissibile, per carenza dei presupposti, la richiesta di condanna ex art. 2043 c.c.; - che l'attore era da ritenersi corresponsabile dell'aggravamento dei danni, avendo atteso il termine dei lavori per intraprendere l'iniziativa giudiziale.   Autorizzata la chiamata in causa della compagnia assicurativa, si costituiva in giudizio ### s.p.a., la quale chiedeva il rigetto della domanda di manleva proposta dall'### e il rigetto della domanda attorea, con conseguente rigetto della domanda di garanzia e, in sintesi, deduceva: - che la polizza per la responsabilità professionale del geometra prevedeva una copertura limitata alle sole sanzioni inflitte ai clienti, nell'ipotesi di errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità, non rientrando l'errata progettazione, nella specie contestata, tra i rischi assicurati; - che il diritto del convenuto ad essere tenuto indenne dalle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dal presente giudizio doveva ritenersi prescritto, non avendo il professionista ottemperato agli obblighi contrattualmente previsti in caso di sinistro, con particolare riferimento alla tempestività della denuncia, avvenuta solo successivamente alla notifica dell'atto di citazione, nonostante la pregressa diffida inviata dal dall'attore ai convenuti; - che il geom. ### era stato dolosamente o colposamente inadempiente anche all'obbligo cd. di salvataggio, imposto dall'art. 1914 c.c. e dalle condizioni generali di assicurazione, di fare quanto possibile per evitare o diminuire il danno una volta verificatosi il sinistro, avendo l'assicurato omesso di comunicare la prima contestazione effettuata dal committente, impedendo alla ###ni s.p.a. di gestire la lite e di tentare una composizione bonaria della controversia; - che la garanzia avrebbe potuto essere ### considerata operante soltanto nei limiti del massimale contrattualmente previsto (€. 3.000.000,00) e nei limiti concordati e riportati in polizza, anche con riferimento ad ogni singolo sinistro ed ai rischi assicurati; - che, quanto al merito della controversia, il ### non aveva chiaramente indicato il profilo di responsabilità addebitato al geom. ### - che la compagnia assicurativa si associava all'eccezione di prescrizione dell'azione di cui all'art. 1669 c.c. ed evidenziava l'insussistenza dei presupposti di cui all'art. 2043 c.c., non essendo stato dimostrato il nesso causale tra l'attività del professionista ed il danno lamentato, atteso che i due permessi di costruire rilasciati dal Comune di ### erano comunque conformi alla normativa urbanistica vigente all'epoca del rilascio; - che la circostanza che l'attore, dopo la prima diffida, abbia atteso l'ultimazione dei lavori ed un ulteriore lasso di tempo di cinque anni prima di avviare l'azione giudiziaria, doveva essere valutata come fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c.; - che, in ogni caso, la pretesa creditoria del ### era infondata anche nel quantum. 
All'udienza del 19.11.2019 si costituivano #### e ### in qualità di eredi dell'attore ### nelle more deceduto. 
La causa, espletato con esito negativo il procedimento di mediazione, istruita mediante c.t.u., giungeva all'udienza del 4.3.2025, celebrata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., avanti la scrivente magistrato, cui medio tempore era stato assegnato il presente fascicolo, e, all'esito del deposito di note scritte di precisazione delle conclusioni, veniva trattenuta in decisione previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.  *** 
La domanda di parte attrice è solo parzialmente fondata e deve essere accolta per le ragioni e nei limiti di seguito esposti. 
In primo luogo, deve essere respinta la domanda di riduzione in pristino formulata da parte attrice nei confronti di ### e ### in quanto, rivestendo tali convenuti la qualità di meri usufruttuari, devono ritenersi privi di legittimazione passiva. La giurisprudenza, infatti, è costante nell'affermare che in tema di riduzione in pristino di opere illegittime per violazione delle distanze legali, la domanda di arretramento della costruzione, anche se realizzata dall'usufruttuario dell'immobile, deve essere proposta nei soli confronti del nudo proprietario, atteso che l'eventuale sentenza di accoglimento sarebbe inutiliter data (cfr. Cassazione civile sez. II, 21/02/2019, n.5147); in tale contesto, il titolare del diritto reale su cosa altrui riveste la qualità di parte interventrice in via adesiva ai sensi dell'art. 105 comma 2 c.p.c., quindi di soggetto titolare non di un interesse ad agire in senso tecnico, ma solo dell'interesse ad ottenere un esito favorevole per la parte adiuvata (cfr. Cass. 5900/2010; Cass. 8008/2011). 
È invece ammissibile la domanda di risarcimento proposta nei confronti dell'usufruttario quando abbia materialmente realizzato le opere illegittime. 
Si osserva che l'art. 872 c.c. concede al proprietario del fondo vicino, che per effetto della violazione delle distanze abbia riportato danni, l'azione risarcitoria aquiliana di natura obbligatoria che si cumula con quella ripristinatoria di natura reale; mentre quest'ultima deve essere proposta necessariamente nei confronti del proprietario della costruzione illegittima, anche se materialmente realizzata da altri, l'azione risarcitoria può, invece, essere esercitata anche nei soli confronti dell'autore materiale della costruzione, non configurandosi un'ipotesi disciplinata dall'art. 102 c.p.c. (cfr. Cass. 5545/2005; 5850/1999; Cass. 5520/1998). 
Tanto precisato, mette conto rilevare che nel presente procedimento è stata espletata c.t.u. (le cui conclusioni sono fatte proprie da questo Giudice, in quanto risultanti da un'attenta ed analitica disamina degli elementi di fatto posti a disposizione ed ispirate a criteri valutativi corretti non solo dal punto di vista logico, ma altresì conformi ai principi scientifici che presiedono la materia in esame), che ha appurato la presenza di un fabbricato in ### via ### n.7, che sviluppa su due piani fuori terra, oltre al piano sottotetto, costituiti da appartamenti ad uso residenziale di cui uno ricavato al piano terra, due al piano primo e uno al piano secondo ###. La scala di accesso ai piani primo e secondo, realizzata in ampliamento al fabbricato preesistente (che era esteso al solo piano terra) è posizionata sull'angolo sud-est. 
Il c.t.u. ha evidenziato che: 1. il fabbricato in questione, all'origine consistente in un edificio monopiano ad uso abitativo, costruito in data antecedente al 1 settembre 1967, è stato interessato da alcune opere realizzate in assenza di titolo abilitativo riguardanti difformità alle facciate dell'impianto principale, realizzazione di un piccolo fondaco di mq. 2,04 (anno 1966) adiacente al fabbricato principale (anno 1973) e ampliamento del fondaco esistente di mq. 8,03 (anno 1973), il tutto legittimato con ### in ### n. 941 del 16/05/1992; 2. in data ### il Comune di ### rilasciava permesso di costruire 37/2011, relativo al progetto, qualificato come “### ampliamento e sopraelevazione di un fabbricato residenziale monopiano”, di sopraelevazione di un piano dell'intera sagoma dell'edificio preesistente per la realizzazione di un piano ad uso abitativo, realizzazione di un piccolo piano interrato ubicato nell'area di sedime del nuovo corpo scala, ampliamento con realizzazione di un corpo scala indipendente fuori sagoma e antistante portico per l'accesso al piano primo e al piano copertura, realizzazione di un lastrico solare, in parte coperto e in parte lasciato a terrazzo praticabile con accesso diretto e indipendente dal nuovo vano scala laterale; 3. il Progetto veniva assentito su parere della ### nella seduta del 02.08.2011, sulla base dell'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. del P.R.G. vigente all'epoca, nonostante le criticità rilevate nel parere istruttorio del 29.07.2011 dal tecnico incaricato, #### con la supervisione del ### del #### (il parere evidenziava che l'intervento, pur essendo conforme alla normativa del P.R.G. vigente, non era conforme alla normativa sovraordinata in materia di distanze D.M. 1444/68 e che, in base al disposto dell'art. 2.3.3, comma 9, l'altezza massima era fissata in 8,50 ml, mentre il progetto prevedeva la realizzazione di un corpo scala indipendente e fuori sagoma, che andava a servire anche il lastrico solare, con un'altezza complessiva di ml 9,74, condizione la cui legittimità, in caso di approvazione da parte della ### edilizia, avrebbe dovuto essere dimostrata con dichiarazioni e grafici); 4. con richiesta in data ###, al Prot. n. 11227, veniva presentata una variante al ### di ### al fine di sopraelevare ulteriormente di un piano (piano secondo) il fabbricato, oltre i 250 Mq. di superficie edificabile previsti dal comma 9 dell'art. 2.3.3 delle N.T.A (precisamente le opere oggetto di variante consistevano nella mancata demolizione del ripostiglio esterno al piano terra, variazione da una a due unità abitative al piano primo, soprelevazione del piano copertura/terrazza, mancata realizzazione del piano interrato, leggera modifica della sagoma e delle distanze dai confini, realizzazione di locali ad uso abitazione civile al piano primo e secondo, in sostituzione dei portici); 5. tale progetto di variante veniva autorizzato dal Comune con ### di ### n. ###/2012 del 01/03/2013, con le seguenti prescrizioni: le aperture poste sulla parete sud del vano scala siano cieche, ai sensi dell'art. 1.6.4 comma 4 delle N.T.A.  vigenti; sia prevista la realizzazione di n.4 posti auto nell'area di pertinenza, aventi dimensioni in pianta pari a 5,00 x 2,50. 
Alla relazione di consulenza sono state allegate rappresentazioni planimetriche relative alla situazione preesistente alla costruzione dell'immobile oggetto di causa, caratterizzata dalla presenza di un fabbricato residenziale monopiano, e a quella attuale, dalle quali emerge come l'intervento in questione abbia determinato una sopraelevazione dell'edificio e variazioni volumetriche.  ### edilizio di cui trattasi, alla luce delle sopra richiamate risultanze, deve, quindi, essere qualificato come “nuova costruzione”, comportando l'aumento della volumetria e della superficie di ingombro rispetto all'immobile preesistente (cfr. c.t.u. pag.  20, laddove l'ausiliario afferma che “### edilizio messo in opera sul fabbricato ad uso abitativo sito in ### 7 di ### qualificato come “ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione”, in realtà ha riguardato un notevole ampliamento della superficie, determinando un incremento della volumetria del fabbricato e quindi, come tale, costituisce a tutti gli effetti una “nuova costruzione”, anche per la disciplina delle distanze”). 
In proposito, occorre richiamare l'orientamento della giurisprudenza ai sensi del quale “la sopraelevazione, anche se di ridotte dimensioni, comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti, e, quindi, anche per la disciplina delle distanze, come nuova costruzione” (cfr. Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 15732 del 15.6.2018; conforme, Cass. civ., sez. III, sent. n. 21059 dell'1.10.2009), nonché l'orientamento secondo cui “nelle opere edilizie, la semplice ristrutturazione si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano (e, all'esito degli stessi, rimangano inalterate) le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre è ravvisabile la ricostruzione allorché dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione, da considerare tale, ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui come previste dagli strumenti urbanistici locali, nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni, ovvero, ove una siffatta norma non esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario” (cfr.  SS.UU. ord. n. 21578 del 19 ottobre 2011, la quale richiama espressamente Cass. sent.  9637/06 e Cass. sent. n. 19287/09). A tale ultimo riguardo, si evidenzia come la giurisprudenza sia approdata a individuare una “ricostruzione” nell'ipotesi in cui il manufatto sia contenuto nei limiti preesistenti di altezza, volumetria, sagoma dell'edificio e una “nuova costruzione” nell'ipotesi in cui un edificio o le parti e/o le sopraelevazioni di esso siano costruiti per la prima volta (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337; Consiglio di Stato sez. IV, 16/10/2020, n.6282). ### specie, il manufatto è stato costruito senza il rispetto dell'altezza e della volumetria preesistente, pertanto esso rappresenta un novum che non consente di qualificare l'opera realizzata da parte convenuta in termini di ristrutturazione edilizia. 
Ciò considerato, deve valutarsi se l'opera sia rispettosa della normativa in materia di distanze. 
In particolare, per i fini che qui interessano, va richiamato l'art. 9 D.M. 1444/1968, il quale prevede: al comma 1 che: “Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: 1) ### A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale; 2) ### edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; 3) ### C) : è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.”; al comma 2 che “Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di: ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7; ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15; ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15; al comma 3 che “### le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”. 
Va osservato, in punto di diritto, che l'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 stabilisce che i ### nell'approvazione degli strumenti urbanistici, devono rispettare i limiti di distanza tra i fabbricati ivi stabiliti, in attuazione dell'art. 41 quinquies della legge 1150/1942, introdotto dall'art. 17 della legge n. 765/1967.
Nel caso in esame, le previsioni di cui all'art. 2.3.3 comma 9 della N.T.A. del P.R.G. approvato con delibera del ### n. 101 del 07/10/1997 e ss. mm.  ii., in vigore dal 06.02.1998 (“È consentita, nei limiti della superficie occupata al piano terra, con esclusione delle superfetazioni e delle costruzioni posticce, ed in deroga all'indice di utilizzazione fondiaria, alle distanze tra edifici ed alle distanze dai limiti di proprietà e di zona e dalla viabilità, la sopraelevazione di un piano di tutti gli edifici monopiano ed il completamento di edifici solo parzialmente sopraelevati al primo piano nel rispetto, comunque, dei seguenti parametri: -altezza delle costruzioni: H ≤ 8.50 m; - superficie edificabile della costruzione dopo la sopraelevazione: Se ≤ 250 mq; -superficie a parcheggio riferita all'intero edificio secondo quanto previsto dall'art.18 legge 6 agosto1967, n.765, così come modificato dal comma 2 dell'art. 2 della Legge 122/1989; - distanze dagli edifici e dai confini non inferiori a quelli previsti dal ### civile. Le aperture di vedute dirette sono consentite solo nelle pareti di sopraelevazione aventi distanza non inferiore a m 6.00 da pareti di edifici antistanti. Per distanze inferiori le pareti debbono essere cieche”), richiamate dalle stesse parti, contengono evidentemente elementi derogatori rispetto a quanto indicato nell'art. 9 D.M. 1444/1968.  ###. 2.3.3 comma 9 è stato successivamente modificato alla luce della N.T.A. 
Variante del P.R.G., adottata con deliberazione del ### n.99, in data ###, approvata con deliberazione del ### n. 7 in data ###, pubblicata sul B.U.R.A. ordinario n. 10 del 13/03/2013 (“### restando tutto quanto riportato nell'art. 2.3.3 comma 9 delle precedenti N.T.A., le modifiche apportate a tale comma, sono le seguenti: -distanze dagli edifici nel rispetto dell'art. 1.6.4 ≥ mt 10 o comunque nel rispetto dell'art. 9 del D.M. 1444/1968; -distanze dai confini come da art.  1.6.5”), proprio in merito alle disposizioni sulle distanze dagli edifici. 
In merito alla posizione nella gerarchia delle fonti del D.M. 1444/1968, la giurisprudenza ha ripetutamente precisato che le disposizioni di tale decreto assumono il grado di fonte primaria, pertanto le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserimento automatico (per tutte si veda Cass. SS.UU. sent. n. 14953 del 7 luglio 2011). Dalle considerazioni svolte segue che ogni strumento di pianificazione in contrasto con i limiti minimi stabiliti dal D.M. n. 1444/1968
è illegittimo, essendo consentita solo la fissazione di distanze superiori (cfr. C.d.S., Sez. V, 26 ottobre 2006, n. 6399). La particolare valenza della normativa in esame deriva dalle sue finalità di tutela di interessi generali in materia urbanistica; si tratta, infatti, di disciplina tesa ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, pertanto non è eludibile in funzione della natura giuridica dell'intercapedine (T.A.R. 
Lombardia - #### I, 16 ottobre 2009, n. 1742). 
In riferimento all'efficacia della norma, essa non è immediatamente precettiva nei rapporti privati (cfr. Cass. Civ., SS.UU, I luglio 1997, n. 5889; Cass. Civ., 4 dicembre 1998, n. 12292; Cass. Civ., 29 luglio 2004, n. 14363), tuttavia la non immediata operatività nei rapporti tra i privati risulta derogata nel caso in cui lo strumento urbanistico presenta una lacuna normativa, con conseguente applicazione dell'art. 9 D.M. 1444/1968 quale norma integrativa dell'art. 873 c.c. (cfr. C.d.S., Sez. V, 23 maggio 2000, n. 2983; Civ., SS.UU., 22 dicembre 1994, n. 9871) e nel caso in cui il piano disponga una distanza inferiore a quella del decreto ministeriale, con “l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata” (cfr.  Civ., 19 novembre 2004, n. 21899). 
La disposizione contenuta nella citata norma ha, quindi, carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza. Tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell'interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile. 
Non è poi inutile ricordare il prevalente orientamento della Suprema Corte secondo cui “l'ipotesi derogatoria contemplata del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, u.c., che consente ai comuni di prescrivere distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale ove le costruzioni siano incluse nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione ("### ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche"), riguarda soltanto le distanze tra costruzioni insistenti su fondi che siano inclusi tutti in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni entrambe facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata (così Cass. Sez. U, n. 1486 del 18/02/1997, ribadita ad es. recentemente da questa ### con le nn. 23681 del 21/11/2016 e 9915 del 19/04/2017). Ove le costruzioni non siano comprese nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione, la disciplina sulle relative distanze non è, quindi, recata del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art.  9, u.c., bensì dal comma 1 dello stesso art. 9 ("Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: (...)"), quale disposizione di immediata ed inderogabile efficacia precettiva (Cass. n. 12424 del 20/05/2010). Come più generalmente affermato da Corte Cost. 23 gennaio 2013, n. 6, del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, u.c., costituisce espressione di una "sintesi normativa", consentendo che siano fissate distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, pur provvista di "efficacia precettiva e inderogabile", solo nei limiti ivi indicati, ovvero a condizione che le deroghe all'ordinamento civile delle distanze tra edifici siano "inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio"” (cfr. Cassazione civile sez. II, 07/11/2017 n.26354). In questi termini si è espressa anche Cassazione civile sez. II, 28/12/2020, n.29644, la quale ha affermato che “la deroga, contemplata al D.M. 4 aprile 1968 n. 1444, art. 9, u.c., che consente ai ### di prescrivere distanze tra costruzioni inferiori a quelle previste dalla normativa statale, riguarda esclusivamente le distanze su fondi che siano inclusi in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata”. 
Alla luce delle considerazioni svolte sopra, è possibile tornare all'esame del caso di specie, nel quale deve essere disapplicata la norma contenuta nelle N.T.A. del PRG del Comune, nella parte contrastante con la norma di rango legislativo contenuta nel D.M.  1444/1968; pertanto, dovendosi disapplicare in parte qua la norma regolamentare, al momento della presentazione dei principali titoli abilitativi (### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 e ### di ### n.###/2012 del 1/03/2013), le distanze da rispettare nella realizzazione di nuovi fabbricati erano quelle indicate nel D.M. 1444/1968, ossia, nel caso di specie, metri 10 dall'edificio antistante e metri 5 dal confine con la proprietà ### Nell'elaborato peritale, il c.t.u. accertava che effettivamente la sopraelevazione insieme all'ampliamento e a tutte le altre opere erano stati realizzati in violazione delle distanze sopra indicate. 
Dalle planimetrie allegate alla c.t.u. (cfr. pagg. 25 e 26 dell'elaborato peritale) emerge chiaramente che l'intervento è stato realizzato ad una distanza dal fabbricato di parte attrice di m. 5,50 (in media) e dal confine ad una distanza di 1,63 (in media).  ### ha, altresì, precisato che per quanto concerne il balcone sul fronte nord-est del fabbricato, al piano primo, considerato che “per le sue caratteristiche va ad estendere ed ampliare la parte concretamente utilizzabile per l'uso abitativo dell'appartamento, si ritiene sia stata generata una servitù di veduta a carico del fondo della proprietà di parte attrice, essendo stato realizzato ad una distanza di m. 6,72 dal fabbricato di proprietà confinante a fronte dei m. 10, in violazione, quindi, del rispetto delle prescrizioni in materia di distanze legali alle quali andava assoggettata la sua progettazione”. 
In riferimento all'altezza massima dell'edificio, all'epoca del primo titolo abilitativo, l'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. disponeva un'altezza inferiore a 8.50 m, mentre le nuove N.T.A. della variante dello strumento urbanistico contenevano una suddivisione della #### (### e completamento del tessuto urbano esistente) in sottozone, distinguendo una serie di parametri come appresso indicati: altezze massime e indici di utilizzazione fondiaria: sottozona ###a Iuf 0,40 mq/mq, h ≤ 8.50 m; sottozona ###b Iuf 0,55 mq/mq, h ≤ 8.50 m; sottozona ###c Iuf 0,70 mq/mq, h ≤ 10,50 m; sottozona ###d Iuf 0,95 mq/mq, h ≤ 14,00 m. 
Il sopracitato articolo della normativa locale, in epoca sia anteriore che successiva all'approvazione della variante, stabiliva, in deroga all'indice di utilizzazione fondiaria, alle distanze tra edifici ed alle distanze dai limiti di proprietà e di zona e dalla viabilità, la possibilità di “sopraelevazione di un piano di tutti gli edifici monopiano ed il completamento di edifici solo parzialmente sopraelevati al primo piano, con superficie edificabile della costruzione dopo la sopraelevazione ≤ di 250 mq”. 
Si osserva che il ### di ### in variante (P.d.C. n. ###/2012 del 01/03/2013), richiesto al fine di sopraelevare ulteriormente di un piano (piano secondo) il fabbricato per realizzare dei locali ad uso abitativo oltre i 250 mq di superficie edificabile previsti dal comma 9, veniva rilasciato in data ###, quindi successivamente all'approvazione del nuovo ### avvenuta in data ###, ma prima della pubblicazione sul B.U.R.A. in data ###. 
Ebbene, nonostante l'inclusione del fabbricato oggetto di causa nella sottozona ###c di cui al nuovo art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. (con conseguente possibilità di realizzare un'altezza massima delle costruzioni pari a 10,50 m), deve ritenersi applicabile per entrambi i titoli abilitativi principali (### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 e ### di ### n. ###/2012 del 1/03/2013) la previsione di un'altezza pari a 8.50 m, atteso che lo strumento urbanistico non risultava ancora efficace al momento del rilascio del secondo titolo edilizio.  ### specie, non assume rilievo l'eventuale applicazione delle misure di salvaguardia, atteso che le stesse hanno come destinataria la ### pertanto non possono essere invocate dai confinanti per la regolamentazione dei rapporti di vicinato né, in particolare, per la disciplina delle distanze tra le costruzioni, potendo tali rapporti essere regolati oltre che dal codice civile, solo da uno strumento urbanistico definitivamente deliberato, approvato e reso esecutivo; solo quest'ultimo è suscettibile di integrare gli estremi delle c.d. norme di relazione, regolanti i rapporti privatistici e quindi invocabili, quale fonte di diritti soggettivi, davanti all'autorità giudiziaria ordinaria. 
In merito al contestato omesso deposito al ### della variante al ### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 prima di dare inizio all'esecuzione dei lavori, il c.t.u.  ha rilevato l'adempimento dell'obbligo previsto dalla normativa antisismica (artt. 2,3,4 e 9 L.R. 138/1996 e art. 4 L. 1086/1971) solo a lavori già effettuati (in data ###, al Prot.  n. 217120) e, in data ###, al Prot. n. 81122, è stato rilasciato il relativo attestato di avvenuto deposito. 
Ad avviso del c.t.u. “tale mancanza, che all'epoca avrebbe potuto generare la sospensione dei lavori, può essere ora considerata un mero inadempimento amministrativo, tanto che, a seguire è stato presentato anche il certificato di collaudo statico in data ### al ### n. 126869, autorizzato in data ### al ### 136673, così da portare a compimento tutto l'iter procedurale inerente l'assetto strutturale dell'edificio”.
In considerazione di quanto esposto, alla luce delle conclusioni del c.t.u., secondo cui “la proprietà degli eredi del #### a seguito dell'intervento edilizio sul fabbricato ad uso abitativo dei #### e ### riguardante la sopraelevazione di due piani ex novo, l'ampliamento con modifica di sagoma e aumento volumetrico rilevanti, realizzato in violazione della normativa urbanistica ed edilizia in tema di distanze legali come argomentato, ha subito pregiudizio sotto il profilo della prospicienza, della luminosità, della visuale, del soleggiamento e del pieno godimento”, il fabbricato realizzato dal convenuto ### antistante l'edificio di proprietà degli attori, deve essere arretrato, mediante demolizione, fino alla struttura portante (maschio murario) retrostante. 
Tale arretramento deve essere effettuato fino alla distanza dall'edificio prospiciente di metri m. 9,89, in considerazione della posizione del maschio murario (muro portante) sul quale arretrare la struttura e della circostanza che tale distanza, come rilevato dal c.t.u., seppure inferiore di cm 11 ai 10 metri di distanza minima prevista dalla ### può essere contenuta nel limite del 2% di tolleranza costruttiva di cui all'art. 34 bis del D.P.R.  380/2001. 
Non coglie nel segno la considerazione di parte convenuta ### diretta a contestare l'applicabilità del D.M. 1444/1968 in ragione delle novità introdotte dal D.L.  32/2019, c.d. “decreto sblocca cantieri” (convertito dalla ### n. 55/2019) e dal D.L.  76/2020 (convertito dalla ### 11 settembre 2020, n. 120). 
In punto di diritto, si rileva che il citato intervento normativo, ha operato una serie di modifiche agli standard urbanistici fissati dal D.M. n. 1444/1968. 
Le variazioni al D.M. n. 1444/1968 sono in concreto intervenute mediante le modifiche apportate dal D.L. n. 32/2019 e dal D.L. 76/2020 all'art. 2 bis del T.U. edilizia (introdotto a sua volta dal D.L. n. 69/2013), cioè con riferimento a quelle disposizioni che consentivano a regioni e province autonome di adottare disposizioni derogatorie sulle distanze legali. 
In sostanza, il D.L. n. 32/2019 ha aggiunto i seguenti commi al citato art. 2 bis: “1- bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. 1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo”. 
Il comma 1ter è stato poi così sostituito dall'art. 10, comma 1, lettera a), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76: In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. 
Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A di cui al decreto del ### per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell'ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela” A tale quadro si aggiunge anche la norma di cui all'art. 5, comma 1, lett. b) bis del menzionato D.L. n. 32 del 2019, secondo cui “le disposizioni di cui all'articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del ### dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9” (ovvero alle zone C). 
Da quanto sopra delineato deriva che con le modifiche apportate all'art. 2 bis del T.U. edilizia la demolizione e la ricostruzione di un fabbricato sono consentite nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché siano effettuate assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo. In caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai ### nell'ambito degli strumenti urbanistici. 
In primo luogo, l'applicabilità della disciplina in esame al caso di specie involge la problematica della retroattività delle leggi di “interpretazione autentica”. 
Occorre precisare, infatti, che la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che al legislatore non è preclusa la possibilità di emanare norme retroattive, sia innovative che di interpretazione autentica, purché tale scelta normativa sia giustificata sul piano della ragionevolezza, attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso della norma adottata. 
Tra tali valori - costituenti limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi - sono ricompresi il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti, quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (cfr. Corte Costituzionale, 12/04/2017, n.73; Corte Costituzionale, n.170; Corte Costituzionale, 05/04/2012, n.78). 
In secondo luogo, si rileva che l'intervento edilizio oggetto del presente giudizio, da un lato, costituisce nuova costruzione, non essendo dimostrata la coincidenza del volume dell'opera costruita da parte convenuta rispetto all'immobile preesistente, e, dall'altro, ricade in zona “B”, rientrando pertanto nell'ambito applicativo dell'art. 9 comma 1 n. 2) del D.M. 1444/1968 - non oggetto di interpretazione “autentica” da parte del D.L. n. 32/2019 - il quale per i “nuovi edifici” ricadenti in zone diverse dalla zona A continua a prescrivere “in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”. 
Le disposizioni citate non risultano, quindi, operanti nel caso di specie. 
Nell'atto introduttivo parte attrice chiedeva altresì la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti. 
Riguardo alla tutela risarcitoria nella materia in esame, si è specificato che il danno si identifica nella violazione stessa, determinando quest'ultima un asservimento di fatto del fondo del vicino, al quale, pertanto, compete il risarcimento senza la necessità di una specifica attività probatoria (cfr. Cass. II, n. 10600/1999). La violazione delle norme edilizie, infatti, integra sempre un fatto potenzialmente dannoso ai fini della condanna generica al risarcimento, salvo l'accertamento in sede di giudizio di liquidazione della concreta esistenza del danno e dell'entità dello stesso (cfr. Cass. II, n. 2162/1987); del resto, il danno che il proprietario subisce deve ritenersi in re ipsa, essendo l'effetto, certo e indiscutibile, dell'abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo e, quindi, della limitazione del relativo godimento che si traduce in una diminuzione temporanea del valore della proprietà (cfr. Cass. II, n. 21501/2018). 
In siffatti casi sussiste, peraltro, una obiettiva e palese difficoltà di quantificazione economica del pregiudizio subito, con conseguente legittimo ricorso al criterio di liquidazione equitativa ex art. 1226 Devesi evidenziare che il c.t.u. ha quantificato il valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi mediante redazione di un computo metrico estimativo, eseguito in base al prezzario delle opere edili anno 2022 della ### allegato all'elaborato peritale (allegato 8) in € 34.182,40, di cui € 32.867,69 per l'importo dei lavori da computo metrico estimativo e € 1.314,71 per costi della sicurezza (D.Lgs 81/08 e s.m.i.), cui devono aggiungersi le spese tecniche, l'I.V.A. e la ### di previdenza e assistenza liberi professionisti (progettazione, direzione lavori e coordinamento della sicurezza) per complessivi € 42.805,12.  ###, inoltre, ha constatato che l'intervento realizzato dal convenuto comportava una diminuzione del valore dell'immobile di proprietà di parte attrice, comprensivo della porzione di terreno che aveva subito la limitazione di godimento (corte di pertinenza), dovuta alla riduzione di alcuni parametri, quali la prospicienza, luminosità, visuale e soleggiamento. 
Ai fini del calcolo dell'indennità spettante agli attori a carico di tali violazioni, il c.t.u.  ha applicato il criterio del “valore complementare”, cioè quantificando l'importo dovuto in base alla differenza tra il valore di mercato nella situazione ante e post servitù; da tale operazione è stato ricavato il valore del canone di locazione del bene immobile a seguito della costituzione di servitù, tenuto conto delle reali conseguenze negative derivanti al fabbricato servente dall'intervento edilizio realizzato (applicazione di un indice di riduzione delle singole caratteristiche in funzione della situazione riscontrata in relazione a ubicazione, prospicienza, orientamento, quota, livello delle finiture, luminosità, visuale, soleggiamento), nonché della superficie commerciale del fabbricato di proprietà di parte attrice con i relativi accessori e pertinenze e dei valori OMI per un importo di € 8.157,54. 
Sempre in relazione alla domanda risarcitoria, il c.t.u. ha provveduto a stimare la perdita di valore dell'edificio degli attori per effetto della permanenza delle opere in violazione delle norme richiamate, sulla scorta del quesito assegnato dal precedente G.I. 
Osserva il Tribunale che la demolizione delle opere realizzate in violazione delle distanze, limitatamente alla porzione illegittima, è idonea a restituire l'originario valore di mercato all'immobile di parte attrice, il quale pertanto non subirà irrimediabilmente le conseguenze della riduzione dello spazio né la permanenza delle opere illegittime. 
Ritenuto, quindi, che il danno deve essere considerato in re ipsa, in assenza di criteri specifici e considerata l'idoneità della demolizione a restituire l'originario valore commerciale al fabbricato degli attori, questo giudicante ritiene di dover liquidare in via equitativa la somma di € 50.962,66 (derivante dalla sommatoria tra le spese per la riduzione in pristino e la riduzione di valore del bene per effetto della limitazione della facoltà di godimento); tale somma, liquidata in moneta attuale, deve ritenersi già comprensiva di interessi compensativi e rivalutazione (cfr. in tema di liquidazione equitativa del danno e unicità della somma comprensiva di capitale, interessi e rivalutazione monetaria ### 3, Ordinanza n. 20889 del 22/08/2018, ### 3, Sentenza n. 9515 del 20/04/2007), con la conseguenza che su di essa sono soltanto dovuti gli interessi corrispettivi (al tasso legale tempo per tempo in vigore) dalla data della presente sentenza al soddisfo. 
Venendo all'esame della domanda di manleva formulata da parte convenuta ### nei confronti del terzo ### la stessa è fondata nei limiti ed alla luce delle considerazioni che seguono.  ### i principi costantemente elaborati dalla ### l'architetto, l'ingegnere o il geometra, nell'espletamento dell'attività professionale (consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile), è debitore di un risultato. Difatti, il professionista, alla luce di tale orientamento, è tenuto ad una prestazione di un progetto concretamente utilizzabile anche dal punto di vista tecnico e giuridico; ne consegue che l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, darà luogo ad inadempimento dell'incarico (cfr. Cass., Sez. II, 18 gennaio 2017 n. 1214; Cass. 19 luglio 2016 n. 14759). 
Sulla scorta di tale interpretazione, rientra nella prestazione dovuta dal tecnico incaricato della redazione di un progetto edilizio, in quanto attività strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell'opera, l'obbligo di assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica e di individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da garantire la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dei lavori richiesti dal committente (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8014 del 21/05/2012). 
Da quanto sopra segue che se dall'edificazione di una costruzione in violazione delle norme sulle distanze legali sia derivato l'obbligo del committente della riduzione in pristino, sussiste il diritto di rivalsa del committente nei confronti del progettista direttore dei lavori; ciò, per esempio, quando l'irregolare ubicazione della costruzione sia conforme al progetto e non sia stata impedita dal professionista medesimo in sede di esecuzione dei lavori, in quanto il fatto illecito, consistente nella realizzazione di un edificio in violazione delle distanze legali rispetto al fondo del vicino, è legato da un nesso causale con il comportamento del professionista che ha predisposto il progetto e diretto i lavori ( Cass., Sez. II, 30 gennaio 2003 n. 1513). 
Peraltro, è stato precisato che “né la responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto” (cfr. ### civile sez. II, 21/03/2023, n.8058). 
Ancora, recentemente, proprio con specifico riferimento alle questioni relative alle distanze tra costruzioni previste dall'art. 9 del D.M. 1444/1968, anche in caso di contrasto tra la normativa locale e quella nazionale, in fattispecie analoga alla presente, si è affermato che “il professionista autore di un progetto edilizio per l'edificazione di una costruzione che si riveli in violazione delle distanze legali è responsabile dei danni conseguentemente patiti dai committenti, essendo questi ultimi eziologicamente correlati al suo inadempimento (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso, ai sensi dell'art. 2236 c.c., la responsabilità di un architetto per l'avvenuta progettazione di un edificio in violazione dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, sul presupposto che rientrasse nel sapere specialistico del professionista avvedersi del contrasto della normativa urbanistica locale - cui si era uniformato - con quella sovraordinata nazionale)” (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14527 del 25/05/2023).  ### specie, non è contestato che il citato professionista è stato incaricato della progettazione delle opere oggetto del permesso di costruire n. 37/2011 e del permesso di costruire in variante n. 27/2012 né è contestato che i progetti redatti avevano avuto l'approvazione degli organi amministrativi, sebbene con alcune criticità rilevate dalla stessa pubblica amministrazione. 
Come evidenziato dal c.t.u., il progetto autorizzato dal Comune di ### con ### di ### n.37/2011, rilasciato in data ###, veniva assentito su parere della ### nella seduta del 02.08.2011, in quanto conforme all'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. del P.R.G. vigente all'epoca, nonostante, nel parere istruttorio del 29.07.2011 venivano riscontrate la non conformità dell'intervento alla normativa in materia di distanze di cui al D.M. 1444/1968 e la violazione dei limiti di altezza di cui al citato art.  2.3.3, comma 9 (fissati in 8,50 ml), in quanto il progetto prevedeva la realizzazione di un corpo scala indipendente e fuori sagoma, con un'altezza complessiva di ml 9,74, “condizione la cui legittimità, in caso di approvazione da parte della ### edilizia, andava dimostrata con dichiarazioni e grafici”. 
Quanto al progetto di variante, lo stesso veniva autorizzato dal Comune con ### di ### n. ###/2012 del 01.03.2013, con le seguenti prescrizioni: “le aperture poste sulla parete sud del vano scala siano cieche, ai sensi dell'art. 1.6.4 comma 4 delle N.T.A.  vigenti; sia prevista la realizzazione di n.4 posti auto nell'area di pertinenza, aventi dimensioni in pianta pari a 5,00 x 2,50”. 
In considerazione di tali rilevi e in applicazione dei sopra enunciati principi in punto di responsabilità del progettista, non è possibile qualificare in termini di colpa lieve l'errore commesso dal professionista nel predisporre il progetto di realizzazione della costruzione in difformità dalle norme urbanistiche ed edilizie vigenti, dovendo egli ritenersi tenuto, nei confronti del committente, alla elaborazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico. Rientra, infatti, nel sapere specialistico del tecnico anche l'obbligo di avvedersi dell'eventuale contrasto della normativa urbanistica locale con quella sovraordinata nazionale. 
Il terzo chiamato ### deve, quindi, ritenersi responsabile dei danni subiti dal committente, atteso che la costruzione realizzata deve essere parzialmente demolita a causa delle indicate difformità. 
Non merita di essere condivisa l'eccezione del terzo chiamato ### relativa alla decadenza del convenuto dall'azione risarcitoria, in quanto è noto che il termine di un anno dalla scoperta dei vizi decorre dall'apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravità dei difetti e della loro causa da parte del committente. È evidente che tale conoscenza, nella specie, deve essere riferita alla notifica dell'atto di citazione per la riduzione in pristino, non potendo il convenuto acquisire sicura conoscenza dei vizi e delle cause dei difetti sulla scorta di mere diffide stragiudiziali. 
Neppure coglie nel segno l'allegazione del citato terzo in merito alla corretta esecuzione del suo incarico e alla sua funzione di mero “esecutore” della volontà dei committenti. 
Si osserva, infatti, che, da un lato, è rimasta indimostrata l'affermazione secondo cui il professionista avrebbe reso edotti i committenti delle problematiche esistenti e dei contrasti tra la normativa nazionale e quella regolamentare adottata dal Comune di ### in merito alle distanze legali tra edifici, non essendo sufficienti a tal fine i progetti versati in atti dal professionista, in cui vengono proposte diverse ipotesi di realizzazione dell'opera, anche senza sopraelevazione della porzione di edificio in ragione del mancato rispetto della distanza di m 6, come previsto dall'art. 1.6.4 N.T.A.; dall'altro, il fax del 10.5.2010 inviato dal ### (doc. 5 allegato alla comparsa di costituzione e risposta del terzo chiamato ### contiene la mera richiesta, corredata da un sommario schizzo, di elaborazione di un progetto di sopraelevazione con l'aggiunta di un corpo scala rispetto al fabbricato preesistente, con espresso incarico al professionista di realizzare materialmente il progetto e di ottenere i titoli abilitativi. Del resto, come sopra precisato, è irrilevante ai fini dell'esclusione della responsabilità del professionista l'accettazione del committente della eventuale realizzazione in violazione delle distanze legali. 
Deve essere, altresì, disattesa la deduzione del terzo ### in relazione alla corresponsabilità degli attori sull'aggravamento dei danni, per avere il ### atteso cinque anni dal momento in cui aveva investito il proprio legale di occuparsi della questione in oggetto prima di intraprendere il presente giudizio. Dalla documentazione in atti, infatti, non risulta alcun comportamento inerte di parte attrice, che si è attivata in via stragiudiziale sin dal novembre 2013 al fine di ottenere il rispetto della normativa sulle distanze legali (doc. 7 atto di citazione). 
Venendo all'esame delle specifiche poste risarcitorie richieste dal convenuto ### quest'ultimo ha formulato domanda di manleva in relazione alle seguenti conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'accoglimento delle domande di parte attrice: esborso di € 30.977,10 relativo alla perdita di valore dell'edificio degli attori a seguito dell'intervento edilizio; esborso di € 8.157,54 relativo alla indennità danno-servitù; esborso di € 42.805,52 relativo al valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi; deprezzamento dell'immobile di parte convenuta a seguito delle opere di riduzione in pristino per € 84.000,00. 
Quanto al primo importo, si evidenzia che il Tribunale ha escluso la risarcibilità della perdita di valore dell'edificio degli attori in caso di permanenza delle opere abusive, avendo disposto la riduzione in pristino. 
Quanto agli importi di € 8.157,54 e € 42.805,52, gli stessi sono stati riconosciuti come dovuti dai convenuti agli attori, pertanto rispetto ad essi, deve essere accolta la domanda di manleva del convenuto ### Quanto all'importo di € 84.000,00, la corresponsione dello stesso deve essere riconosciuta in favore del convenuto, in considerazione della differenza tra il valore di mercato dell'immobile di proprietà ### a seguito dell'intervento edilizio e il valore di mercato del fabbricato a seguito delle opere di riduzione in pristino della porzione realizzata in violazione alle norme urbanistico-edilizie. 
Non merita, invece accoglimento la richiesta del convenuto di condanna del professionista al pagamento degli oneri attinenti allo svuotamento dell'unità immobiliare ed al pregiudizio derivante dalla forzata indisponibilità del bene (stimato dal c.t.u. in € 2.200,00), in quanto formulata in termini generici e sfornita di riscontro probatorio, non avendo il ### dimostrato l'attuale, futura o ipotetica privazione del godimento dell'immobile. 
Ritiene, inoltre, il Tribunale che, in considerazione del fatto che l'esecuzione dell'intervento edilizio ad una distanza non rispettosa quantomeno delle N.T.A. è risultata nota al convenuto ### (sulla base della citata documentazione versata in atti) e che la pubblica amministrazione ha comunque assentito i progetti, nonostante le problematiche riscontrate dallo stesso ufficio tecnico, la responsabilità del professionista deve essere ridotta in misura pari al 50%. 
Il terzo chiamato ### quindi, deve essere chiamato a tenere indenne a tenere indenne e manlevare il convenuto ### di quanto andrà a pagare in dipendenza delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal parziale accoglimento delle pretese attoree per il complessivo importo di € 67.481,53, oltre interessi dalla domanda al soddisfo. 
Passando alla domanda di manleva formulata da parte del geom. ### nei confronti di ### s.p.a., la stessa è fondata e merita accoglimento. 
La compagnia assicurativa ha eccepito l'inoperatività della polizza, in quanto la copertura assicurativa era limitata alle sole sanzioni inflitte ai clienti nell'ipotesi di errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità, mentre erano esclusi i sinistri derivanti dalla mancata rispondenza delle opere all'uso ed alle necessità cui sono destinate e quelli relativi a sanzione conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (art. 7.3 delle Condizioni generali) e le perdite patrimoniali derivanti da errata progettazione (condizione particolare n. 714). 
Invero, il contratto di assicurazione stipulato tra il geom. ### e ### s.p.a. stabilisce, all'art. 7.1 lett. a) delle ### che l'assicurazione si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento, in conseguenza di danni corporali e danni materiali cagionati a terzi per i fatti verificatisi in relazione all'attività professionale di geometra, libero professionista, progettista e/o direttore dei lavori o collaudatore delle opere ivi indicate, tra cui rientrano le costruzioni civili. ###. 7.2 contiene un elenco di attività comprese in garanzia, tra cui, per quanto di interesse, l'attività di consulenza in genere (lett.a) e i danni corporali e materiali conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (lett.i).  ###. 7.3 menziona tra i rischi esclusi quelli: derivanti dalla mancata rispondenza delle opere all'uso ed alla necessità cui sono destinate, pur essendo compresi i danni corporali e i danni materiali che derivano dagli stessi effetti pregiudizievoli delle opere stesse (lettera j); relativi a sanzioni in genere conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (lettera l); derivanti da responsabilità volontariamente assunte dall'### e non direttamente derivantigli dalla legge (lettera o). 
Orbene, contrariamente agli assunti di ### s.p.a., a fronte della menzione espressa, tra i sinistri ricompresi nell'ambito della copertura assicurativa, dei danni derivanti dall'errata interpretazione dei vincoli urbanistici, al fine di ritenere esclusi dai rischi coperti i danni derivanti dall'inadempimento oggetto di esame - collegato proprio ad un errata interpretazione dei vincoli urbanistici - occorrerebbe una previsione contrattuale esplicita. Simile pattuizione, tuttavia, non è presente nel contratto di assicurazione, non essendo ravvisabile né nella lett. j né nella lett. o delle CGA richiamate. 
Una disposizione contrattuale esplicita di esclusione si riscontra, invece, nella lett. l delle CGAcon riferimento alle sanzioni applicate in conseguenza dell'errata interpretazione della normativa urbanistica, sicché devono ritenersi non coperti dall'assicurazione i danni relativi alle eventuali sanzioni applicate dal Comune. 
Si rileva, inoltre, che l'assicurato ha sottoscritto la ### - ### di ### del ### completa di tutte le estensioni possibili (714, 715, 718, 719 e 722). 
Va, altresì, rigettata l'eccezione di prescrizione sollevata da ### s.p.a., atteso che la denuncia del sinistro da parte dell'assicurato deve ritenersi tempestiva, emergendo per tabulas l'apertura del sinistro in data ###, quindi in epoca di poco successiva alla notifica dell'atto di chiamata in causa nel presente giudizio in data ### (doc. 1 memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. ###. Peraltro, come rilevato dallo stesso ### la diffida del procuratore degli attori in data ### risulta inviata esclusivamente ai convenuti e non al professionista.  ### va, dunque, condannata a manlevare il geom.  ### di quanto egli è tenuto a pagare al convenuto in ragione della presente sentenza. 
Venendo al governo delle spese di lite, nei rapporti tra attori e convenuti, il parziale accoglimento della domanda attorea giustifica la compensazione delle stesse nella misura di 1/3, mentre i restanti 2/3 vengono posti a carico dei convenuti in ragione della soccombenza principale e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M.  55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabile-complessità media e tenuto conto che la difesa ha riguardato più parti aventi la medesima posizione processuale (cfr. ### civile sez. III, 17/04/2024, n.10367). 
Nei rapporti tra convenuto ### e terzo chiamato ### il parziale accoglimento della domanda del primo giustifica la compensazione delle spese di lite nella misura di 1/3, mentre i restanti 2/3 vengono posti a carico del secondo in ragione della soccombenza principale e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M.  55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabile-complessità media. 
Nei rapporti fra ### e ### s.p.a. le spese di lite e di mediazione seguono la soccombenza e si liquidano a carico di ### s.p.a. come in dispositivo in applicazione del D.M. 55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabilecomplessità media. 
Le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto, vengono poste a carico di tutte le parti in solido, essendo stata la consulenza disposta ed espletata nell'interesse di tutte le parti.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando nella causa civile n. r.g. 1580/2018, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: - dichiara l'illegittimità della costruzione realizzata dal convenuto, limitatamente a quanto indicato nella parte motiva; - ordina al convenuto ### la demolizione, a propria cura e spese, mediante arretramento dell'immobile di sua proprietà fino al rispetto della distanza dall'edificio prospiciente di metri m. 9,89; - rigetta la domanda di riduzione in pristino nei confronti di ### e ### - condanna i convenuti ##### in solido tra loro, al pagamento in favore degli attori della somma di € 50.962,66, a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi dalla data della presente sentenza al soddisfo; - condanna il terzo chiamato ### al pagamento, in favore del convenuto ### della somma di € 67.481,53, a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi dalla data della presente sentenza al soddisfo; - condanna il terzo chiamato ### s.p.a a tenere indenne e manlevare l'assicurato ### di quanto andrà a pagare in dipendenza della presente sentenza, nei limiti della franchigia indicata in polizza; - compensa le spese di lite tra gli attori e i convenuti nella misura di 1/3; - condanna i convenuti a corrispondere a parte attrice, a titolo di rimborso di 2/3 delle spese di giudizio, la somma di € 11.584,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; - compensa le spese di lite tra ### e ### nella misura di 1/3; - condanna il terzo chiamato ### a corrispondere al convenuto ### a titolo di rimborso di 2/3 delle spese di giudizio, la somma di € 7.240,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; - condanna il terzo chiamato ### s.p.a a corrispondere ad ### a titolo di rimborso delle spese di giudizio, la somma di € 10.860,00 per compenso professionale, oltre € 653,30 per esborsi, rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge ed oltre spese di mediazione per € 1.512,00; - pone definitivamente le spese di c.t.u. a carico di tutte le parti in solido tra loro. 
Così deciso in ### il ### 

Il Giudice
dott.ssa ### (atto sottoscritto digitalmente)


causa n. 1580/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Silvia Fanesi

M
1

Corte di Cassazione, Sentenza n. 4896/2025 del 25-02-2025

... notarili di servitù di distanza, le esigenze di tutela ambientale. Quanto all a stalla ed alla concimaia scop erta re alizzate da ### nel 1981, identificate con le lettere A e B nell'allegato B alla ### la Corte d'Appello sulla base della relazione dell'ausiliario escludeva che ci fosse stata violazione della distanza legale dal confine di dieci metri prevista all'epoca della costruzione 7 di 21 per le zone agrico le, senza distinzioni di tipologia di edificio, dal regolamento edilizio approvato col D.G.R.V. n. 4071 del 9.11.1976. Relativamente alla concimaia aperta, identificata alla lettera E nell'allegato B alla ### realizzata da ### in forza del permesso di costruire n.9330 del 14.10.2003, la Corte d'Appello la riten eva assentita, in deroga alla distanza legale dal confine, perché co ntemplata nella planimetria della convenzi one del 9.7.2003. Il giudice di secondo grado riteneva, invece, fondato l'appello, in ordine alla concimaia identificata con la lettera F nell'allegato B alla ### re alizzata in forza del permesso di costrui re n. 10958 del 27.5.2009 e della successiva DIA in variant e n. 14461 del 24.12.2009, in qu anto secondo l'ausi liario la s tessa distava tra i 4,70 metri (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 5098/2019 R.G. proposto da: #### in perso na del legale rappresentante ### elettivamente domiciliat ###### V ### 72, presso lo studio dell'avvocato ### (###) , rappresentato e difeso dall'a vvocat o ### (###) per procura in calce al ricorso, -ricorrente contro ### elettivamente domi ciliato in #### 3, pres so lo studio del l'avvocato ### VAGNOZZI (###), che lo rappresenta e difende 2 di 21 unitamente e di sgiuntamente all'avvocato ### (###) per procura in calce al controricors o e ricorso incidentale, -controricorrente e ricorrente incidentale avverso la SENTENZA della CORTE ### di VENEZIA n.1904/2018 depositata il ###. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.1.2025 dal ##### S.S, proprietaria di alcuni terreni non edificati in tenimento del Comune di ### (mappali 4, 11 e 91 del foglio 12 del ### sui quali da tempo esercitava la propria attività vinicola, confinava sul lato est e sul lato nord con i terreni di proprietà di ### ino (mappali 256, 257 e 252 del foglio 12), che su essi esercitava attività di allevamento zootecnico di tipo intensivo di oltre 750 capi, avendo realizzato nel 1981 una struttura edilizia ad uso stalla (individuata co n la lettera A nell'allegato B alla ### ed una concimaia scoperta (individuata con la lettera B nell'allegato B alla ###. 
Nel corso degli anni, essendo mutat a la normativa nazionale ed europea sul benessere degli animali con conseguente necessità di adeguamento della dimensione degli spazi a disposizione dei capi allevati in modo intensivo, il legale rapp resentant e della ### S.S., ### e ### su richiesta del Comune di ### avevano con cluso una serie di convenzioni notarili di servitù di di stanza trascr itte nei regi stri immobiliari (atti del 15.6.1995, del 9.7.2003 e del 3.6.2008), che prevedevano dietro pagamento di un corr ispettivo a favore dei fondi serventi nei qu ali veniva creata una zona di ri spetto in 3 di 21 prossimità del confine in cui era prevista l'impossibilità di costruire, la possibilità di realizzare immobili a distanza inferiore a quella dal confine prescritta dalla normativa locale (art. 40 delle norme tecniche di attu azione del PRG del Comune di ###, di stanza compensata dalla zona di rispetto imposta al di là dal confine. 
Sulla base delle suddette convenzioni, dei titoli edilizi rilasciati dal Comune di ### in deroga alle distanze dal confine e col parere favorevole della ### 7, ### co struiva nel 1995 l'ampliamento della stalla identificato con la lettera C nell'allegato B alla CTU, nel 2003 l'edificio adibito ad alleva mento bovini identificato con la lettera D nel suddetto all egato e nel 2009 l'annesso rustico adibito in parte a concimaia coperta ed in parte a deposito identificat o con la lettera F nel suddetto all egato, e nel 2003 e 2008 ### erigeva due concimaie, identificate con le lettere E ed F nel menzionato allegato, non espressamente menzionate nelle convenzioni sottoscritte, a di stanza dal confine inferiore a quella prescritta dalla normativa locale. 
Nel 2011 la ### S.S., non potendo più tollerare l'esistenza a ridos so dei suoi terreni adibiti ad atti vità agricola vinicola degli edi fici (stalle, conci maie, annessi rusti ci) destinati all'allevamento intensivo di ### ed avendo avuto contezza della contrarietà a norme imperative del le deroghe apportate nelle convenzioni notarili di servitù di distanza, conveniva in giudizio il confinante da vanti al ### unale di ### per fare dichiarare la nullità delle convenzioni notarili per contrasto con norme imperative e per ottenerne la condanna alla demolizione dei fabbricati costruiti in violazione delle distanze legali dal confine ed in un cas o per asserito sconfinamento del fabbricato sulla sua proprietà in dividuata secondo i parametri catastal i, e quanto al le concimaie perché asseritamente non contemplate nelle convenzioni notarili, nonché al risarcimento dei danni subiti. 4 di 21 Si costitui va nel giudizio di primo grado ### che sosteneva che il confine tra le propriet à delle parti era rappresentato da una recinzione da lui realizzata in base a titolo edilizio nel 1987 e dalla linea retta in prosecuzione risultante anche catastalmente, confine mai contestato in precedenza e considerato dalle parti nelle convenzioni notarili intervenute nel 1995, 2003 e 2008; che comunque aveva usucapito la fascia di terreno a confine ora contestata; che le convenzioni costitutive di servitù di distanza erano pienam ente valide in quanto imponevano l'onere reale di compensare nei distacchi la distanza non osservata dal vicino; che anche le concimaie poi identificate con le lettere E ed F nell'allegato B all a CTU dovevano riten ersi assentite dal le convenzioni notarili del 2003 e 2008 perché rappresentate nelle planimetrie allegatevi.  ### concludeva quindi per il rigetto delle domande della controparte, ed avendo la stessa ripetutamente concordato la deroga alla di stanza dal confi ne, mutando improvvisamente e senza ragione il proprio atteggiamento, chiedendo un risarcimento danni spropositato e la demolizione dei fabbricati in precedenza assentiti, domandava la condanna della ### la S.S. al risarcimento danni per lite temeraria.  ### ibunale di ### dopo avere sospeso il giudizio per l'espletamento della procedura di mediazione, che dava esito negativo, disponeva l'espletamento di CTU per accertare i confini tra le proprietà delle parti e l'eventu ale violazione delle distanze legali, e con la s entenza n. 2752/2016 confermava quanto al confine, che esso era rappresentato dalla recinzione esistente dal 1987, respingeva le domande di parte attrice di accertamento della nullità delle convenzioni notarili e di risarcimento danni in forma specifica e per equivalente e condannava la ### S.S. al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. in misura pari alle spese processuali liquidate. 5 di 21 Avverso tale sentenza proponeva appello la ### S.S., che rip roponeva le d omande avanzate in primo grado e chiedeva la sospensione del l'esecuti vità della sentenza di primo grado, ment re ### o chiedeva la conferma della sentenza impugnata. 
Sospesa co n ordinanza del 20.3.2017 l'efficacia esecutiva del la sentenza del ### di ### la Corte d'Appello di Venezia, con la senten za n.1904/2018 del 27.3/3.7.2018, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accertava che l'annesso rusti co adibito in parte a conci maia co perta ed in parte a deposito, identificato con la lettera F nell'allegato B alla ### distava da 4,70 a 4,00 metri dal confine est con la proprietà della appellante, e m4,82 dal confine nord e violava quindi la distanza di cinque metri dal confin e est prescritta per gli annessi rustici dall'ar t. 40 delle norme tecni che di attuazione del PRG del ### e di ### condannando ### ad arretrarlo sul lato est fino ad una distanza di cinque metri dal co nfine, reputando invece irrilevante lo scostamento di 18 cm sul lat o nord. La sentenza stessa revocava la condanna emessa in primo grado a carico della ### S.S. ex art. 96 comma 3° c.p.c. e compensava le spese processuali del dopp io grado per reciproca soccombenza. 
In parti colare la sentenza di second o grado confermav a che il confine era rappre sentato dalla recinzione e che era stato confermato dalle parti col disegno allegato alla convenzione notarile del 15.6.1995, e rispetto ad esso non c'erano stati sconfinamenti dei fabbricati contestati, richiamava le convenzioni notarili concluse dalle parti del 1995, 2003 e 2008, che avevano immediatamente costituito le servitù prediali di distanza, ossia dei diritti reali e non potevano essere quindi oggetto di risoluzione per inadempimento, e le riteneva dotate della necessaria forma scritta ad substantiam richiesta dall'ar t. 1350 n. 4) cod. civ., e co nsentite, in qu anto 6 di 21 avevano derogato a norme poste a tutela della salubrità e non della sicurezza e stabilità degli edifici, e quindi di interessi privati e non di interessi pubblici, come confermato dal lo stesso ### di ### che proprio perché aveva considerato derogabili le norme locali sulle di stanze, con la cautela delle fasce di rispetto compensative previste nelle co nvenzioni notarili co stitutive delle servitù di distanza stipulate dalle parti, aveva concesso il permesso di costruire per gli edifici costruiti in deroga a quelle distanze , essendo state peraltro ris pettate le prescrizioni di carattere igienico-sanitario per gli allevament i di bestiame inte nsivi, come desumibile dal parere favorevole della ### 7. 
La Corte d'Ap pello dichiarava poi di concordare col ### unale di ### nel ritenere che in caso di succes sione nel tempo di discipline diverse in materia di di stanze, dovesse trovare applicazione la nuova di sciplina meno restrittiva anche alle costruzioni realizzate prima della sua entrata in vigore, ed identificava tale nuova disciplina nell'art. 44 della ### regionale del ### n.11/200 4 e nella lettera d) de gli atti di indirizzo approvati dalla ### ai sensi dell'art. 50 della L.R.  n.11/2004, con D.G.R.V. d el 15.5.2012 n. 856, precisando che obiettivo di tal e normativa, come ritenuto dal primo giudice, era quello di assicurare protezione contro l'inquinamento e le esalazioni nocive e/o fastidiose, per cui anche in questo caso le distanze dai confini dovevano ritenersi derogabili purché fossero assicurate comunque, attraverso l'imposizi one di fasce di rispetto sui fondi serventi in base alle convenzioni notarili di servitù di distanza, le esigenze di tutela ambientale. 
Quanto all a stalla ed alla concimaia scop erta re alizzate da ### nel 1981, identificate con le lettere A e B nell'allegato B alla ### la Corte d'Appello sulla base della relazione dell'ausiliario escludeva che ci fosse stata violazione della distanza legale dal confine di dieci metri prevista all'epoca della costruzione 7 di 21 per le zone agrico le, senza distinzioni di tipologia di edificio, dal regolamento edilizio approvato col D.G.R.V. n. 4071 del 9.11.1976. 
Relativamente alla concimaia aperta, identificata alla lettera E nell'allegato B alla ### realizzata da ### in forza del permesso di costruire n.9330 del 14.10.2003, la Corte d'Appello la riten eva assentita, in deroga alla distanza legale dal confine, perché co ntemplata nella planimetria della convenzi one del 9.7.2003. 
Il giudice di secondo grado riteneva, invece, fondato l'appello, in ordine alla concimaia identificata con la lettera F nell'allegato B alla ### re alizzata in forza del permesso di costrui re n. 10958 del 27.5.2009 e della successiva DIA in variant e n. 14461 del 24.12.2009, in qu anto secondo l'ausi liario la s tessa distava tra i 4,70 metri ed i 4,00 metri dal confine est, e tra i 5,00 metri ed i 4,82 metri dal confine nord, a fronte di una distanza minima dal confine prescritta dall'art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del ### di ### per gli annessi rustici di cinque metri e la deroga alla distanza era stata prevista nella convenzione notarile del 3.6.2008 per l'ampliamento ad uso allevamento intensivo e per un annesso rustico, e non per la concim aia che doveva essere rimossa fino a rispettare la distanza di cinque metri dal confine est, essendo irrilevante lo scostamento per il confine nord. Anche per tale concimaia veniva però escluso il diritto della parte appellante al risarcimento danni in quanto si trattava di una distanza dal confine e non tra costruzioni e non risultava che dalla sua violazione ne fosse derivata una limitazione al godi mento della propriet à della appellante. 
Quanto alla condanna al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. emessa in primo grado, l'accogliment o anche se parziale dell'appello, ne giustificava la revoca, di fettando l'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave. 8 di 21 Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso principale la ### S.S., affidandos i a cinque motivi, ed ha resistito con controricorso e ricorso incidentale ### affidandosi a tre motivi, al quale ha controdedotto la ### o ### S.S. con controricorso incidentale.  ###, in persona del ### ha concluso per l'accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, anche per le conseguenze in punto di domanda di risarciment o danni, co n rigetto degli altri motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale. 
In pros simità dell'udienza pubblica il so lo ### o ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..  RAGIONI DELLA DECISIONE Preliminarmente va respinta l'ecce zione d'inammissibi lità del ricorso principale sollevata dal controricorrente, in quanto la ### S.S., attraverso i primi tre motivi del ricorso, ha contestato tutte le motivazioni addotte dalla Corte d'A ppello di Venezia a sostegno della decisione adottata in punto di rigetto delle domande di accertamento della nullità delle convenzioni notarili di costituzione delle servitù di distanza, e di conseguente rigetto delle domande di risarcimento danni in forma specifica e per equivalente avanzate per la violazione delle distanze dal confine derogate con quelle convenzioni, compresa la motivazione afferente alla ritenuta applicabilità dell'art. 44 della ### regionale del ### n.11/2004 e della lettera d) degli atti di indirizzo approvati dalla ### ai sensi dell'art. 50 della L. R. n. 11/2004, con D.G.R.V. del 15.5.2012 n. 856.  1) Col pr imo motivo la ### eo ### S.S. lamenta, in relazione all'art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c. per motivazione apparente in 9 di 21 quanto manifestamente perplessa, contraddittoria e gravemente insufficiente, ed in relazione all'art. 360 comma primo n. 5) c.p.c.  l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, rappre sentato dall'interesse pubblico tutelato dalle norme sulle distanze previste dalla normativa locale applicabile (l'art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del ### di ### l'art. 44 della ### regionale del ### n. 11/2004, e la lettera d) degli atti di indirizzo approvati dalla ### ai sensi dell'art. 50 della L.R. n. 11/200 4, con D.G.R.V. del 15.5.2012 n.856). 
Si duole la ricorrente che l'impugnata sentenza, con ins uperabi le contraddizione, abbia ritenuto valide le convenzioni notarili di costituzione delle servitù di distanza del 15.6.1995, del 9.7.2003 e del 3.6.2008, con le quali le parti avevano derogato alle distanze dal confine imposte dalla normativa locale, asseritamente poste a tutela di interessi privati, ed abbia conseguentemente respinto le domande della ### S.S. di risarcimento danni in forma specifica e per equivalente basate sulla violazione di quelle distanze, - salvo che per la concimaia identificata con la lettera F nell'allegato B alla ### ritenuta no n assenti ta da convenzioni e costruita in contrasto con la distanza minima di cinque metri dal confine prescritta dall'art. 40 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del ### di ### -, per poi riconoscere che gli interessi tutelati dalla normativa locale applicabile erano attinenti alla tutela ambientale e della salu brità, e quindi ad interessi pubblici, in quanto tali non derogabili attrave rso conve nzioni tra privati, nonostante la cont raria vol ontà manifestata in proposito dal ### di ### che aveva ril asciato a favo re di ### i titoli edilizi in de roga alle distanze in base ai quali le stalle, gli annessi rustici e le concimaie in contestazione erano stati edificati. 10 di 21 2) Col second o motivo la ricorrente lamenta, in re lazione all'art.  360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 1418, 1421, 872, 873, 889, 890 cod. civ. e dell'art. 40 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G.  del ### di ### delle norme di cui alla delibera della ### del ### n. 7949/1989, attuativa dell'art. 6 della L.R.  del ### n. 24/1985, delle norme di cui alla delibera della ### del ### n. 3178/2014, attuativa degli articoli 44 e 50 della L.R. del ### n. 11/2004, delle norme di cui alla delibera della ### a ### del ### n. 85/2012 attu ativa degli articoli 44 e 50 della L.R. del ### n. 1 1/2004, nonché in relazione all'art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazio ne dell'art. 112 c.p.c. per ave re dichi arato inaccoglibil e un'azione di risoluzione per in adempimento delle co nvenzioni notarili mai proposta, ed in relazione all'art. 360 comma primo n. 5) c.p.c.  l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, quest'ultimo però non identificato. 
Si duole la ricorrente che la Corte d'Appello di Venezia, al fine di individuare gli interessi prot etti dalle distanze legali dal confine imposte per gli allevament i intensivi dalla normativa locale riconosciuta applicabile, abbia fatto riferimento agli articoli 873 cod. civ. (relativo alle distanze tra costruzioni) e 889 cod.  (distanze dal confine delle fosse di latrina o di concime), norme a tutela di intere ssi privatistici , che prescrivono quindi di stanze derogabili mediante accordi costitutivi di servitù di di stanza, anziché fare riferi mento all 'art. 890 cod. civ., che per fabbricare stalle impone di osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza quelle necessar ie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla so lidità, salubrità e sicurezza, e di osservare la normativa locale sopra richiamata e ritenuta applicabile dalla stessa sentenza im pugnata, che é preordinata all'ordi nato sv iluppo urbanistico del territorio comunale e ad evitare danni all'ambiente, 11 di 21 alla salubrità, igiene e sicurezza dei luoghi, e quindi alla tutela di interessi pubblici la cui valutazione é stata effettuata a mont e tramite la norma re golamentare che impone il rispetto di una distanza minima ass oluta dal confi ne non derogabile, la cui violazione comporta l' invalidità della deroga convenzi onale anche nei rappor ti interni tra i proprietari che hanno concl uso la convenzione (in tal senso Cass. 6.5.2015 n. 9148; Cass. 23.4.2010 n. 9751; Cass. 29.3.2007 n. 7702; Cass. 31.5.2006 n. 12966; Cass. 28.9.200 4 n. 19449; Cass. 4.2.2004 n. 2117; 25.6.2001 n. 8661; Cass. 30.3.1983 n. 2331).  3) Col terzo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all'art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art.  11 delle preleggi, la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 872, 873, 889, 890 cod. civ. e dell'art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del ### di ### delle norme di cui alla delibera della ### del ### 7949/1989, attuativa dell'art. 6 della L.R. del ### n. 24/1985, delle norme di cui alla delibera della ### del ### n.3178/2014, attuativa degli articoli 44 e 50 della L.R. del ### n. 11/2004, delle norme di cui alla delibera della ### del ### n. 85/2012 attu ativa degli ar ticoli 44 e 50 della L.R.  n.11/2004; nonché in re lazione all'art. 360 co mma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell'art. 112 c.p.c.; nonché in relazione all'art.  360 comma primo n. 3 e 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c. per motivazione apparente perché manifestamente perplessa, cont raddittoria e gravemente insufficiente, ed in relazione all'art. 360 comma primo n. 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. 
Si duole la ricorrente che l'impugnata sentenza abbia dichiarato del tutto genericamente applicabile la nuova normativa sopravvenuta sugli allevament i intensivi fissata dalla delibera della ### 12 di 21 ### del ### n. 856/2012, attuativa degli articoli 44 e 50 della L.R. del ### n. 11/2004, laddove il principio fondamentale ricavabile dal principio di irretroattività della legge, é che debbano essere applicate le disposizioni locali vigenti al tempo dell'esercizio dello ius aedificandi (Cass. 20.8.2015 n. 17043), salva l'applicabilità della disciplina sopravvenuta solo se meno restrittiva della precedente, e rileva altresì che la Corte d'Appello non abbia affatto individuato la disposizione applicabile della deli bera della ### del ### n.856/2012, peraltro variabil e a seconda del ti po di edificio e del numero e tipo dei capi dell'allevamento intensivo, e comunque più restrittiva della disciplina precedente, perché impositiva di una distanza minima dal confine di m 15, 20 o 25, oltre che di una distanza di 100 metri dai limiti della zona agricola e di 50 metri dalle residenze civili sparse. 
I prim i tre motivi, da esa minare co ngiuntamente, in qu anto afferenti alle motivazioni addotte dalla Corte d'Appello per giustificare la ritenuta validità delle convenzioni notarili costitutive di reciproche servitù di distanza del 15.6.1995, del 9.7.2003 e del 3.6.2008, con le quali le parti avrebbero derogato alle distanze dal confine imposte per stalle, annessi rustici e concimai e dalla normativa locale, e conseguentemente il rigetto (salvo che per la concimaia identificata con la lettera F nella planimetria allegata sub B all a ### delle domande della ### S.S. di condanna del confinante, ### al risarcimento danni in forma specifica e per equivalen te per la violazione di quelle distanze, sono fondati e meritano accoglimento. 
La motivazione addotta dalla Corte d'Appello, infatti, deve ritenersi meramente apparente ed inidonea a spiegare le ragioni della decisione adottata nel respingere, per la gran parte, le domande di accertamento della nullità delle summenzionate convenzioni notarili di deroga delle distanze legali dal confine imposte per le stalle, gli annessi rustici e le co ncimaie concluse dalle parti , e le 13 di 21 conseguenziali domande di risarcimento danni in forma specifica e per equivalente per violazione di tali distanze, e comunque si tratta di motivazione contraria a legge nella parte in cui finisce per considerare derogabili da parte di convenzioni private interessi pubblici che sono sottratti alla disponibilità delle parti. 
A pagina 16 capoverso e seguenti, infatti, la sentenza impugnata ritiene consentita la deroga convenzionale all a distanza prevista dall'art. 889 cod. civ., che in realtà si rifer isce alla distanza dal confine prescritta per le fosse di latrina o di concime, e non alle stalle, annessi rustici e concimaie, regolate quanto alla distanza dal confine dall'art. 890 cod. civ. (che si riferisce a stalle e simili) e dai regolamenti locali, e solo in difetto di essi, dalle distanze necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza, e parla di normativa a tutela di interessi privati e non di interessi pubblici, richiamando l'inconferente art. 873 cod. civ., relativo alle distanze tra costruzioni poste a tutela della salubrità e non del la sicurezza e stabilità degl i edifici (nella specie si tratt a invece di distanze dal confine im poste per man ufatti di un allevamento intensivo ritenuti inquinanti e potenzialmente nocivi in zona agricola), e la giurisprudenza che in presenza di accordo tra le parti e di forma scritta consent e di derogare alle distanze codicistiche tra costruzioni mediante la costituzione di servitù che attribuiscano il diritto di tenere l'edificio a distanza minore di quella legale (si cita Cass. 15.12.1984 n.6575). Poi, invece, a pagina 17, la Corte d'Appello ha riconosciuto l'applicabilità, per le distanze dal confine degli allevament i intensivi, non delle norme codicistiche degli articoli 889 e 873 cod. civ., ma dell'art. 40 delle norme tecniche di attu azione del PRG del ### di ### e dei sopravvenuti art. 44 della L.R. del ### n. 11/2004 e dell a lettera d) degli atti di indirizzo approvati dalla ### del ### ai sensi dell'art. 50 della L.R. del ### n.11/2004 con la ### della ### del ### n. 856 del 15.5.2012, 14 di 21 norme locali indicate, in accordo con la sentenza di primo grado, come aventi il fine di assicurare protezione contro l'inquinamento ed esalazioni nocive e/o fastidiose, ossia di tutelare tipici interessi pubblici e non privati, ma consider ati s alvaguardab ili con l'imposizione di un divieto di costruzione sul fondo servente, come confermato dal rilascio dei titoli edilizi in deroga alle distanze da parte del ### di ### e dal rilascio del parere favorevole della ### 7. 
In re altà sia gli interessi espressam ente richiamati dall'art. 890 cod.civ., che si riferisce alla costruzione di stalle ed edifici simili (solidità, salubrità, sicurezza), sia gli interessi per i quali la disciplina locale sopra indicata impone il ris petto di determinate distanze dal co nfine, variabili a seconda del tipo di co struzione destinata all'allevamento intensivo e del numero di capi di bestiame (assicurare protezione contro inquinamento, esalazioni nocive e/o fastidiose), sono interessi pubblici che non rientrano nel la disponibilità dei proprietari co nfinanti (vedi in tal senso in riferimento alla distanza leg ale imposta da un allevamento di animali nella ### Stato 21.12.2012 n. 6639). 
La giurisprudenza di questa Corte in relazione all'art. 890 cod.  ha stabilito che qualora le norme regolamentari (generali, speciali, locali) stabili scano una distanza minima, tale distanza dev'essere sempre os servata dal costruttore, indipendentement e dalla prova dell'esistenza di un pericolo, ed é inderogabile dalla volontà delle parti (Cass. n. 1035/1962), e che il rispetto della distanza prevista dall'art. 890 cod. civ. é collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un re golamento edilizio com unale che stabilisca la distanza medesima (vedi Cass. n. 22389/2009 relativa a fabbric he e depositi nocivi , anch'ess i regolati come le stall e dall'art. 890 cod. civ.). Proprio in riferim ento ad un'ipotesi di distanza legale di una stalla prescritta da un regolamento comunale 15 di 21 attuativo dell'art. 890 co d. civ., inoltre, questa Corte ha chiarito che la ratio della norma di cui all'ar t. 890 co d. civ. é qu ella di evitare il pericolo di danno derivante dalle esalazioni nocive alla salubrità ed all'igiene prov enienti da una stalla troppo vicina, pericolo sussistent e indipendente mente dall'accertamento delle caratteristiche dell'apertura di una vicina casa di abitazione per effetto della sola violazione della distanza imposta ( n.1623/1972). 
La sentenza im pugnata ha quin di errato nel riten ere interessi meramente privati quelli tutelati dall'art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del ### di ### e dall'art. 44 della L.R.  del ### n. 11/2004 e della lettera d) degli atti di indi rizzo approvati dalla ### del ### ai sensi dell' art. 50 della L.R. del ### n. 11/2004 con la ### della ### del Ve neto n. 856 del 15.5.2012, che rient rano comunque tra i regolamenti richiamati dall'art. 890 cod. civ. (vedi in tal senso per l'estensione del richiamo regolamentare anche alle norme regionali Cass. 3.11.2000 n.14354), e nel considerare quindi derogabili dalle parti le distanze dal co nfine imposte da tale normativa locale per la costruzione di stalle, ann essi rusti ci e concimaie. 
Del resto , per giurisprudenza co nsolid ata di questa Corte, sono derogabili mediante convenzioni notarili costitutive di servitù di distanza, che compensino, con la costit uzione di zone di inedificabilità del fondo servente, il mancato rispetto della distanza le norme del codice civile che prescrivono distanze tra costruzioni per evitare intercapedini dannose, mentre non sono derogabili per convenzione le prescrizioni co ntenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi comunali, ess endo dettate, contrariamente a quelle del codice civile, a tutela del l'interesse generale a un prefigurato modello urbanistico , inteso co me organizzazione del territorio da parte del competente ente locale, per cui tali deroghe 16 di 21 se concordate sono invalide (vedi Cass. 30.7.2024 n. 21322; 30.6.2022 n. 20839; Cass. 26.1.2022 n. 2309; Cass. 18.10.2018 n. 26270; Cass. 2.3.2018 n. 5016; Cass. 23.4.2010 n. 9751; 22.3.2005 n. 6170 ; Cass. 4.2.2004 n. 2117; Cass. 23.11.1999 n.12984; Cass. 29.4.1998 n. 4353; Cass. 13.8.1990 n. 8260; 27.5.1987 n. 4737; Cass. 21.3.1987 n. 2824). 
Quanto all 'affermata applicabilità ai fabbricati in contestazione dell'art. 44 della L.R. del ### n. 11/2004 e della lettera d) degli atti di indirizzo approvati dalla ### del ### ai sensi dell'art. 50 della L.R. del ### n.11/2004, deve ritenersi errata, trattandosi di fabbricati anteriori all'ent rata in vigor e di quella disciplina, da ritenere soggetti alla normativa locale applicabile all'epoca della rispettiva costruzione. 
Per gi urisprudenza consolidata di questa Corte, in fatti, “I regolamenti edilizi in materia di distanze tra costruzioni contengono norme di immediata applicazione, salvo il limite, nel caso di norme più restrittive, dei cosiddetti "diritti quesiti" (per cui la disciplina più restrittiva non si applica alle costruzioni che, alla data dell'entrata in vigore della normativa, possano considerarsi "già sorte"), e, nel caso di norme più favor evoli, dell 'eventuale giudicato fo rmatosi sulla legittimità o meno della costruzione” (Cass. ord. 21.12.2021 n. 40984; Cass. ord. n. 26713/2020). 
A ciò va aggiunto che l'impu gnata sentenza ha sbrigati vamente ritenuto applicabile la suddetta disciplina locale, senza neppure indagare le caratteristiche tipologi che ed il numero dei capi di bestiame dell'allevament o intensivo, incidenti sulla distanza dal confine da osservare, c on moti vazione per questo aspetto totalmente carente, che neppure consente di comprendere se tale normativa locale sopravvenuta sia in concreto più, o meno favorevole di quella locale anteriore (art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del ### di ### la) e se sia, o meno applicabile anche retroattivamente. 17 di 21 4) Col quarto motivo la ricorrente lamenta, in relazione all'art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dei criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 - 1363 e ss. cod. civ., ed in relazione all'art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. 
Si duole la ricorrente che la Corte d'Appello abbia ritenuto assentita, dalla convenzi one notarile del 9.7.2003 n. ###, la concimaia posta a circa due metri dal confine, individuata con la lettera E nell'allegato B alla ### perché asseritamente contemplata nella planimetria allegata a tale convenzione, così violando i crit eri del l'interpretazione letterale e della comune intenzioni delle parti, in quanto nella convenzione suddetta la deroga era riferita solo alla costruzione di un fabbricato ad uso di annesso rustico (ind ividuato con la lett era D nell'allegato B alla ### e non ad una concimaia. 
Tale moti vo deve ritenersi logi camente assorbito, per effetto dell'accoglimento dei primi due motivi, relat ivi alla nulli tà delle convenzioni notarili concluse dalle parti in deroga a di stanze dal confine stabilite a tutela di interessi pubblici e non meramente privati e qu indi sottratti alla disponibilità delle parti, risul tando quindi inutile accertare se la concimaia in questione fosse o meno compresa nella convenzione notarile del 9.7.2003 n. ###.  5) Col quinto motivo la ricorrente lamenta, in relazione all'art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazio ne e falsa appli cazione del combinato disposto degli articoli 871, 872, 873, 889, 890 cod.  e del l'art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del ### di ### delle norme di cui alla delibera della ### a ### del ### n. 7949/1989, attuativa dell'art. 6 della L.R.  del ### n. 24/1985, delle norme di cui alla delibera della ### del ### n.3178/2014, attuativa degli articoli 44 e 50 della L.R. del ### n. 11/2004, delle norme di cui alla delibera della ### a ### del ### n. 85/2012 attu ativa degli 18 di 21 articoli 44 e 50 della L.R. n. 11/2004, nonché degli articoli 1226, 2043, 1223, 2056 e 2697 cod. civ.. 
Si duole la ricorrente che la Corte d'Appello, pur accogliendo la sua domanda di arretramento della concimaia identificata con la lettera F nell'allegato B alla ### abbia ad essa applicato la distanza dal confine di cinque metri prevista per gli annessi rustici dall'art. 40 lettera b) punto 1 delle norme tecniche di attuazione del PRG del ### di ### anziché la distanza dal confine di trenta metri prevista dall'art. 40 lettera b) delle norme tecniche di attuazione del PRG del ### di ### per le concimaie quando si tratti di stalle di bovini in numero superiore a 30 capi, risult ando dal la relazione agronomica e dalla CTU che si trattava di un allevamento intensivo di oltre 750 capi, ed ulteriormente lamenta la mancata liquidazione dei danni subiti, da liquid are equitativamente, e da ritenere in re ipsa per le avvenute violazioni delle norme locali sulle distanze, e ciò sia per la concimai a oggetto dell'ordi ne di arretramento, sia per gli altri fabbricati re alizzati da ### in violazione delle distanze legali. 
Tale moti vo, per la prima parte dev e ritener si fondato e merita accoglimento, in quanto la Corte d'Appello ha commesso un errore di sussunzione, avendo applicato alla concimaia identificata con la lettera F nell'allegato B alla CTU la disciplina legale locale (art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del ### di ### relativa agli annessi rustici, anziché quella relativa alle concimaie, da in dividuare tenendo conto del numero dei capi bovini dell'allevamento intensivo, mentre per la seconda parte deve ritenersi assorbito per effetto dell'accoglimento della prima parte di questo motivo e dei primi tre motivi, che imporranno al giudice di rinvio di in dividuare le distanze applicabili ai singoli fabbricati dell'allevamento intensivo, tenendo conto dell'epoca di costruzione, delle caratteristiche ti pologiche e del nu mero di capi bovini dell'allevamento intensivo, e di valutare all 'esito, le domande di 19 di 21 risarcimento danni in forma specifica e per equi valent e, tenendo conto dell'inderogabilità per convenzione notarile delle distanze dal confine imposte dalla normativa locale, volte a tut elare un interesse pubblico.  6) Passando all'esame del ricorso incidentale, col primo articolato motivo ### si duole della manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione della sentenza impug nata in relazione all'art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., nella parte in cui ha stabilito che la concimaia identificata con la lettera F nell'allegato B alla CTU debba essere arretrata fino ad una distanza di cin que metri dal confine est, facendo riferimento all'erroneo confin e individuato dal ### che non corrisponde al confine corretto accertato dalla sentenza stessa, rap presentato dalla recinzione esistente e dalla li nea retta in prosecuzi one e confermato dal la convenzione notarile conclusa dalle parti il ### , confine quest'ultimo rispetto al quale risultava rispettata la distanza di cinque metri. Nel co ntempo il ricor rente incidentale lamenta, in relazione all'art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazio ne dell'art. 1362 cod. civ., per avere la sentenza impugnata ritenuto che la deroga del la convenzione del 3. 6.2008 si riferisse esclusivamente ad un ampliamento ad uso allevamento intensivo ed all 'annesso rustico, e non alla concimai a identificata con la lettera F nell'allegato B alla ### Il prim o articolato motivo del ricorso incidentale deve ritenersi assorbito per la necessità del giu dice di rin vio di applicare, alla concimaia identificata con la lettera F nell'allegato B alla ### la distanza legale prevista dall'art. 40 del le nor me tecniche di attuazione del PRG del ### di ### per le concimaie sulla base del numero di capi bovini dell'allevamento intensivo, e di prescindere dalle deroghe alle distanze stabilite nella convenzione notarile del 3.6.2008, naturalmente facendo riferimento al confine 20 di 21 accertato tra le proprietà e non a quello diversamente individuato dal ### 7) Col secondo motivo del ricorso incidentale ### chiede che in conseguen za dell'accogliment o del primo motivo di ricorso incidentale la controparte venga nuovamente condannata al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c., come era stato statuito in prim o grado, per avere abusato del proprio di ritto chiedendo la nullità delle convenzioni notarili concluse, dopo avere per lu nghi anni consentito lo svolgimento delle attività di allevamento intensivo nei fabbricati in contestazione in virtù delle deroghe alle distanze dal confine concesse.  8) Col terzo motivo del ricor so incidental e ### lamenta in relazi one all 'art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione dell'art. 91 c.p.c., per avere la Corte d'App ello compensato le spese processuali tra le parti per recip roca soccombenza, laddove la riconvenzionale di usucapione del ### era sta ta ritenuta assorb ita e non re spinta e la soccombenza della controparte era di gran lunga prevalente. 
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale devono ritenersi assorbiti per effetto dei motivi accolti, che imporranno al giudice del rinvio, di governare le spese ,e di decidere sulla domanda di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. rip roposta dal ### agro, in base all'esito finale della lite.  P.Q.M.  La Corte di Cassazione accoglie il primo, secondo e terzo motivo e per qu anto di ragione il quinto motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi del ricorso principale ed il ricorso incidentale, cassa l'im pugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte d'Ap pello di ### in diversa 21 di 21 composizione, che provvederà anche per le spese del giudi zio di legittimità. 
Così deciso nella camera di consiglio del 16.1.2025  

Giudice/firmatari: Orilia Lorenzo, Picaro Vincenzo

M

Tribunale di Bari, Sentenza n. 4128/2025 del 12-11-2025

... dell'infezione; alle azioni di rinforzo della pratica dell'igiene delle mani; ai momenti di addestramento per gli operatori sanitari sulla corretta tecnica di igiene delle mani ed alla relativa informativa. Alla luce di quanto detto, dal mancato assolvimento dell'onere probatorio in capo alla predetta convenuta discende l'accoglimento della domanda attorea. Ciò posto, deve ora procedersi alla quantificazione del danno. Ebbene, con riferimento al danno biologico, id est danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., sofferto da ### si osserva quanto appresso. Il danno biologico va inteso, come noto - secondo la definizione di origine pretoria, in seguito recepita dall'art. 5 della legge n. 57 del 2001, poi rifluito nell'art. 138, co. II, lett. a) e 139 co. 2 del d.lgs. n. 209 del 2005 - quale lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, avente un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamicorelazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla capacità di produrre reddito. Non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente le lesioni di lieve (leggi tutto)...

testo integrale

n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI TERZA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico designato, dott. ### ha pronunciato la seguente, ### nella causa civile di primo grado iscritta al n. 15762/2015 R.G., avente ad oggetto: ### ex artt.  2049 - 2051 - 2052 c.c., vertente tra ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo avvocato depositata telematicamente in data ###, - ATTORE - contro ### in persona del ### generale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliat ###, presso l'ufficio legale dell'Ente, rappresentata e difesa dall'Avv. ### giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta di nuovo difensore, depositata telematicamente il ###, - CONVENUTA - - ### - All'esito delle conclusioni rassegnate nelle note scritte depositate telematicamente dalle parti per l'udienza di precisazione delle conclusioni del 10.07.2025, celebrata mediante trattazione scritta, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., come da precedente provvedimento ritualmente comunicato, le parti hanno concluso riportandosi ai rispettivi scritti difensivi, e la causa è stata trattenuta per la decisione con assegnazione dei termini ridotti di 45 giorni per il deposito di comparse conclusionali e di successivi 20 giorni per il deposito di brevi memorie di replica ex art. 190, comma 2 c.p.c.  - RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE - Con atto di citazione del 7.10.2015, ritualmente notificato il ###.2015, ### conveniva innanzi a questo Tribunale la ### chiedendo di accertare e dichiarare la responsabilità del personale medico in servizio presso la medesima ### sanitaria per le lesioni subite dall'attore e, per l'effetto, condannare la convenuta al pagamento della somma di €. 661.488,10 o altra ritenuta di giustizia, oltre n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### rivalutazione monetaria ed interessi come per legge, con vittoria delle spese di lite da distrarre in favore del difensore dichiaratosi anticipatario. 
In particolare, parte attrice deduceva che “1) il giorno 2 ottobre 2012 a causa di un incidente stradale occorso all'attore (investimento moto - pedone in qualità di guidatore del motociclo), lo stesso riportava traumi multipli; 2) il sig. ### veniva, pertanto, trasportato con l'ambulanza al ### del P.O.  ### di ### 3) dopo i primi accertamenti del caso l'istante veniva ricoverato presso la ### di ### del predetto ### ove, a seguito di esami radiografici, gli veniva diagnosticata “frattura spiroide pluriframmentaria scomposta del 3° distale diafisario di perone e tibia dx”; 4) in data ### l'attore veniva operato per la riduzione e sintesi della frattura con viti e placca e, in data ###, gli veniva apposto gambaletto gessato. Veniva dimesso dal nosocomio con divieto di carico per gg. 30; 5) in data ### il sig. ### si recava presso l'ambulatorio di ortopedia del P.O. ### di ### al fine di aprire “una finestra” per effettuare la medicazione; 6) in data ### veniva rimosso l'apparecchio gessato, veniva effettuato controllo radiologico e veniva applicata valva in resina; 7) al successivo controllo del 30/11/2012 veniva evidenziata una modica secrezione della ferita e veniva prescritta terapia antibiotica per 5 gg; 8) (…); 9) al controllo del 05/01/2013 veniva evidenziata deiscenza della ferita chirurgica al terzo distale con esposizione della placca. Pertanto, veniva eseguita una medicazione e si prescriveva tutore “walker” e terapia antibiotica; 10) (…). 11) In data ### l'attore veniva nuovamente ricoverato presso la ### di ### del P.O. ### di ### per la deiscenza della ferita chirurgica ed intolleranza dei mezzi di sintesi; 12) in data ### il sig. ### veniva sottoposto ad intervento di rimozione dei mezzi di sintesi e toilette dei tessuti molli ed ossei ed esame colturale antibiogramma ed istologico. Tale esame evidenziò la presenza di “pseudomonas aeruginosa” e successiva applicazione del tutore. (…) 13) In data ### l'attore veniva dimesso dall'### con prescrizione di tutore e medicazioni. 14) Presentatosi al controllo in data ### al sig. ### veniva riscontrato un ritardo di consolidamento della frattura con dermatite e deiscenza della ferita. Al successivo controllo del 08/06/2013 veniva repertato “esiti di frattura della meta epifisi distale di tibia e perone con diffusa alterazione morfo - strutturale delle ossa del tarso e metatarso che presentano erosioni, in particolare a livello della base del quarto e quinto metatarso. 
Ridotto diffusamente il tono calcico. Edema dei tessuti molli. Sospette altre immagini di medesimo significato sono evidenti a livello rotuleo e dei condili femorali. I reperti descritti sono compatibili con evoluzioni osteomielitica post-trauma.(…)”; 15) (…); 16) in data ### il sig. ### veniva visitato presso la clinica ortopedica dell'### di ### e, a seguito di esami eseguiti, in data ### la rm stabiliva “paziente con pregressa frattura della gamba biossea, consolidata senza focali alterazioni di segnale della spongiosa ossea del perone, trattata chirurgicamente a livello della tibia con mezzi di sintesi già rimossi, esitata in pseudoartrosi a livello della metafisi distale dove è presente processo flogistico di tipo osteomielitico con sottile fistola verso la cute sul versante antero-mediale”. Coesiste alterazione di segnale della spongiosa ossea della tibia che si estende per due terzi distali, inibizione peri e paraostale inibizione del sottocute ed edema a carico del muscolo gemello interno”; 17) infine, in data ### l'attore eseguiva una rm che evidenziava “persiste processo osteomielitico con pseudoartrosi e persiste sottile fistola verso la cute sul n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### versante antero-mediale con raccolta di edema sottocutaneo”; 18) una scintigrafia dell'8/4/2014 evidenziò “### scintigrafico indicativo di processo flogistico acuto su base verosimile infettiva a livello del terzo distale diafisi tibiale destra ed epifisi distale”. 19) il ### l'istante venne ricoverato presso la ASL di ### per un intervento di revisione del focolaio pseudoartrosico con resezione di 7 cm circa di osso necrotico a livello tibiale ed applicazione di apparecchio ### per trasporto bifocale. Il ### inizio “trasporto” con regolazione di ### ed altro analogo trattamento fui eseguito in data ###. 20) in data ### l'attore venne nuovamente ricoverato a ### per la revisione PSA tibia ed innesti ossei della cresta iliaca omolaterale, resezione del perone, modifica apparato FE circolare”. 
Con l'odierno atto di citazione, dunque, l'attore chiedeva il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa della negligenza e dell'imperizia dei sanitari dell'ASL convenuta, che non avrebbero adempiuto “all'obbligo su di essi gravante di predisporre un'organizzazione idonea a garantire al paziente la totale sicurezza dal punto di vista infettivo”, con vittoria delle spese del presente giudizio. 
Con comparsa di costituzione e risposta, depositata in ### il ###, si costituiva in giudizio la ### la quale chiedeva il rigetto della stessa in quanto infondata in fatto e in diritto sia in ordine all'an che in ordine al quantum, con vittoria delle spese di giudizio. 
La causa è stata istruita mediante produzione documentale e CTU medico legale, a firma del dott. ### e con integrazione della CTU a firma del medesimo dott. D. ### e dott. ### specialista infettivologo, depositata telematicamente in data ###, ed è stata successivamente rinviata per la precisazione delle conclusioni, stante l'elevato carico del ruolo, sino all'udienza del 10.07.2025, celebrata mediante trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., come da precedente provvedimento ritualmente comunicato alle parti, non essendo stata chiesta la trattazione nelle forme ordinarie in aula di Tribunale, ove è stata introita in decisione da questo Giudice, nelle more designato per la trattazione del presente procedimento, sulle conclusioni rassegnate dalle parti nelle rispettive note scritte depositate telematicamente, e con la concessione dei termini ridotti di 45 giorni per il deposito di comparse conclusionali e di successivi 20 giorni per il deposito di brevi memorie di replica ex art. 190, comma 2 c.p.c.. 
La domanda attorea è fondata e, pertanto, va accolta per le ragioni e nei limiti di seguito precisati. 
In via preliminare, e al fine di un corretto inquadramento giuridico della fattispecie dedotta in giudizio, si rende opportuno evidenziare come parte attrice ha evocato in giudizio la ### per un fatto avvenuto nell'ottobre 2012, ovverosia per l'intervento chirurgico di riduzione e sintesi della frattura spiroide pluriframmentaria scomposta del 3° distale diafisario di perone e tibia dx in data ###. 
Orbene, al fine di qualificare la natura giuridica della responsabilità del soggetto evocato in giudizio, ribadito l'indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità più recente secondo cui “In tema di responsabilità sanitaria, le norme poste dagli artt. 3, comma 1, del d.l. n. 158 del 2012, convertito dalla legge n. 189 del 2012, e dall'art. 7, comma 3, della legge n. 24 del 2017, non hanno efficacia retroattiva e non sono applicabili ai fatti verificatisi anteriormente alla loro entrata in vigore” (cfr. Cass. civ., sez. 3, 11.11.2019, 28994, in cui si sottolinea che la pretesa retroattività di tali disposizioni “verrebbe ad interferire comunque con il potere ordinariamente riservato al giudice di interpretare i fatti e qualificarli giuridicamente, venendo n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### così inammissibilmente ad incidere, seppur indirettamente, sui singoli processi in corso, con patente lesione dell'affidamento di chi ha intrapreso un'azione giudiziaria sulla base di regole sostanziali certe, come quelle della natura contrattuale della responsabilità del sanitario - con dirompenti conseguenze sul riparto dell'onere della prova e sulla prescrizione - applicate in base al «diritto vivente»; ciò che esclude la legittimità della sussunzione dei fatti costituenti responsabilità civile del sanitario in termini di responsabilità extracontrattuale in epoca anteriore al primo gennaio 2013 ed al primo aprile 2017”; in senso conforme, Cass. civ., sez. 3, 8.11.2019, n. 28811), deve, dunque, escludersi che possa trovare applicazione alla fattispecie in esame la normativa di cui alla c.d. ###-Bianco n. 24/2017, siccome sopravvenuta rispetto all'intervento chirurgico subito in data ###, e deve ritenersi invece applicabile la disciplina di cui al c.d.  decreto Balduzzi, d.l. 13.09.2012, n. 158, in vigore il ###, e conv. con mod. nella legge 8.11.2012, 189, entrata in vigore l'11.11.2012. 
Peraltro, mette conto evidenziare che l'art. 3 comma 1 della legge ### non incide sul regime di responsabilità civile della struttura sanitaria (pubblica o privata); ai fini della presente decisione, dunque, non viene in rilievo il dibattito giurisprudenziale sulla natura giuridica contrattuale o extracontrattuale del medico in assenza di un contratto d'opera professionale. 
Ciò posto, non è comunque dubitabile che la responsabilità della struttura sanitaria, ente pubblico ospedaliero o casa di cura privata - essendo sostanzialmente equivalenti gli obblighi di prestazione di tali due tipi di strutture in favore del fruitore di tali servizi - debba essere inquadrata nell'ambito della responsabilità contrattuale, sul rilievo che l'accettazione del paziente in ospedale o in clinica privata, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta pur sempre la conclusione di un contratto (cfr. Cass. civ., 1°.09.1999, 9198; Cass. civ., 11.03.2002, n. 3492; Cass. civ., 14.07.2003, n. 11001; Cass. civ., 21.07.2003, n. 11316; civ. 4.03.2004, n. 4400; Cass. civ., 23.09.2004, n. 19133; Cass. civ., 3.02.2012, n. 1620; Cass. civ., 20.03.2015, n. 5590). 
In particolare, il rapporto che si instaura tra paziente e la struttura sanitaria, ente ospedaliero o clinica privata, trova la sua fonte nel contratto atipico c.d. di spedalità, concluso tra le parti per facta concludentia, ossia mediante la mera accettazione del malato presso la struttura. Si tratta di un contratto atipico a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall'assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell'ente ospedaliero), accanto a quelli di tipo “lato sensu” alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. 
Ne consegue che la responsabilità della struttura nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218 c.c., all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell'art. 1228 c.c., all'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale.  n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### agli onera probandi, come è stato condivisibilmente evidenziato dalla giurisprudenza di merito più attenta, “la contrattualizzazione della responsabilità medica ha delle ricadute dirette sul riparto degli oneri probatori”; infatti, il paziente-creditore sarà tenuto a dimostrare l'esistenza del rapporto contrattuale e a dedurre l'inadempimento “qualificato”, ossia astrattamente efficiente alla produzione del danno, del debitore della prestazione sanitaria, mentre quest'ultimo (nella duplice individuazione della struttura sanitaria e del medico) sarà tenuto a provare, per andare esente da responsabilità, che l'inadempimento non v'è stato o che è dipeso da causa a lui non imputabile, ovvero che pur esistendo non è stato causa del danno (cfr., in tal senso, ex multis, nella giurisprudenza di merito, ### Varese, 16.02.2010, n. 16, rel. Buffone; in senso conforme, ### Lecce, sez. II, 30.10.2015, n. 5192; ### Lecce, sez. II, 14.11.2016, n. 4824; #### sez. III, 28.03.2024, n. 1593). 
In ogni caso, la Suprema Corte, dopo aver confermato l'inquadramento “nell'ambito contrattuale” della “responsabilità della struttura sanitaria e del medico, nel rapporto con il paziente” ed aver evidenziato che “il problema del riparto dell'onere probatorio deve seguire i criteri fissati in materia contrattuale, alla luce del principio enunciato in termini generali dalle ### di questa Corte con la sentenza 30 ottobre 2001, n. 13533, in tema di onere della prova dell'inadempimento e dell'inesatto adempimento”, ha, condivisibilmente, precisato, con le sentenze n. 28991/2019 e n. 28992/2019 (pronunciate nell'ambito del c.d.  progetto “Sanità”), che “ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l'inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica, o l'insorgenza di nuove patologie, e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, che una causa imprevedibile e inevitabile ha reso impossibile l'esatta esecuzione della prestazione” (cfr. Cass. civ., sez,. 3, 11.11.2019, n. 28991, Rel. E. 
Scoditti; in senso conforme, già Cass. civ., sez. 3, 26.07.2017, n. 18392, Rel. E. Scoditti, Rv. 645164-01; civ., sez. 3, ord. 23.10.2018, n. 26700, Rv. 651166-01; Cass. civ., sez. 3, 29.10.2019, n. 27606; e più recentemente Cass. civ., sez. 6-3, ord. 31.08.2020, n. 18102; Cass. civ., sez. 6-3, ord. 26.11.2020, n. 26907, secondo cui “In tema di responsabilità sanitaria, il paziente è tenuto a provare, anche attraverso presunzioni, il nesso di causalità materiale tra condotta del medico in violazione delle regole di diligenza ed evento dannoso, consistente nella lesione della salute (ovvero nell'aggravamento della situazione patologica o nell'insorgenza di una nuova malattia), non essendo sufficiente la semplice allegazione dell'inadempimento del professionista; è, invece, onere della controparte, ove il detto paziente abbia dimostrato tale nesso di causalità materiale, provare o di avere agito con la diligenza richiesta o che il suo inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile”; Cass. civ., sez. 3, 29.03.2022, n. 10050, per cui “In tema di responsabilità contrattuale per inadempimento delle obbligazioni professionali (tra le quali si collocano quelle di responsabilità medica, anteriormente alla l. n. 24 del 2017), è onere del creditore-danneggiato provare, oltre alla fonte del suo credito (contratto o contatto sociale), il nesso di causalità, secondo il criterio del "più probabile che non", tra la condotta del professionista e il danno lamentato, mentre spetta al professionista dimostrare, in alternativa all'esatto adempimento, l'impossibilità della prestazione derivante da causa non n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile, da intendersi nel senso oggettivo della sua inimputabilità all'agente”]. 
Nel dettaglio, relativamente al rapporto tra responsabilità contrattuale in campo medico e causalità materiale, la Corte di Cassazione ha premesso innanzitutto che incombe sul paziente creditore di provare l'esistenza del nesso di causalità fra l'inadempimento ed il pregiudizio alla salute; diversamente opinando, infatti, si espungerebbe dalla fattispecie costitutiva del diritto l'elemento della causalità materiale. Di contro, la causalità relativa tanto all'evento pregiudizievole quanto al danno conseguenziale è comune ad ogni fattispecie di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, quale portato della distinzione fra causalità ed imputazione. 
Soggiunge la Suprema Corte che il fatto “che la causalità materiale si iscriva a pieno titolo anche nella dimensione della responsabilità contrattuale trova una testuale conferma nell'art. 1227 c.c., comma 1, che disciplina proprio il fenomeno della causalità materiale rispetto al danno evento sotto il profilo del concorso del fatto colposo del creditore (Cass. 19 luglio 2018, n. 19218; 21 luglio 2011, n. 15991), mentre il comma 2 attiene, come è noto, alle conseguenze pregiudizievoli del danno evento (c.d. causalità giuridica). Ogni forma di responsabilità è dunque connotata dalla congiunzione di causalità ed imputazione”; sicché, “la causalità materiale, pur teoricamente distinguibile dall'inadempimento per la differenza fra eziologia ed imputazione, non è praticamente separabile dall'inadempimento, perché quest'ultimo corrisponde alla lesione dell'interesse tutelato dal contratto e dunque al danno evento” (cfr. pag. 7 della motivazione di Cass. civ., sez. 3, 28991/2019, cit.). Ragion per cui, la causalità ha una propria autonoma dignità solo quale causalità giuridica, ossia quale elemento che perimetra il danno risarcibile attraverso l'identificazione del nesso eziologico fra evento di danno e danno conseguenza ex art. 1223 c.c.. 
Dunque, la Suprema Corte, con i recentissimi interventi del novembre 2019, ha inteso precisare che in materia di facere professionale, “la causalità materiale torna a confluire nella dimensione del necessario accertamento della riconducibilità dell'evento alla condotta secondo le regole generali sopra richiamate”; ciò poiché “se l'interesse corrispondente alla prestazione è solo strumentale all'interesse primario del creditore, causalità ed imputazione per inadempimento tornano a distinguersi anche sul piano funzionale (e non solo su quello strutturale) perché il danno evento consta non della lesione dell'interesse alla cui soddisfazione è preposta l'obbligazione, ma della lesione dell'interesse presupposto a quello contrattualmente regolato”; conseguentemente, “dato che il danno evento nelle obbligazioni di diligenza professionale riguarda, come si è detto, non l'interesse corrispondente alla prestazione ma l'interesse presupposto (diritto alla salute), la causalità materiale non è praticamente assorbita dall'inadempimento. Quest'ultimo coincide con la lesione dell'interesse strumentale, ma non significa necessariamente lesione dell'interesse presupposto” (cfr. pag. 7-8 della motivazione di Cass. civ., sez. 3, n. 28991/2019, cit.). 
Ne consegue che l'allegazione dell'inadempimento non postula ex se l'allegazione anche del danno-evento il quale, attendendo a un interesse ulteriore rispetto a quello perseguito dalla prestazione, non è necessariamente collegabile al mancato rispetto delle leges artis, ma ben può essere riconducibile a una causa diversa dall'inadempimento; detto altrimenti, “La violazione delle regole della diligenza professionale non ha n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### dunque un'intrinseca attitudine causale alla produzione del danno evento. Aggravamento della situazione patologica o insorgenza di nuove patologie non sono immanenti alla violazione delle leges artis e potrebbero avere una diversa eziologia” (cfr. pag. 8 della motivazione di Cass. civ., sez. 3, n. 28991/2019, cit.). 
Sul creditore, pertanto, grava l'onere sia di allegare la connessione puramente naturalistica fra la lesione della salute (in termini di aggravamento della situazione patologica o insorgenza di nuove patologie) e la condotta del medico, sia di provare quella connessione sul piano meramente naturalistico (“Il creditore ha l'onere di allegare la connessione puramente naturalistica fra la lesione della salute, in termini di aggravamento della situazione patologica o insorgenza di nuove patologie, e la condotta del medico e, posto che il danno evento non è immanente all'inadempimento, ha anche l'onere di provare quella connessione, e lo deve fare sul piano meramente naturalistico sia perché la qualifica di inadempienza deve essere da lui solo allegata, ma non provata (appartenendo gli oneri probatori sul punto al debitore), sia perché si tratta del solo profilo della causalità materiale, il quale è indifferente alla qualifica in termini di valore rappresentata dall'inadempimento dell'obbligazione ed attiene esclusivamente al fatto materiale che soggiace a quella qualifica. La prova della causalità materiale da parte del creditore può naturalmente essere raggiunta anche mediante presunzione”, cfr. pag. 8-9 della motivazione di Cass. civ., sez. 3, n. 28991/2019, cit.). 
La causalità materiale diventa, dunque, nelle obbligazioni di diligenza professionale elemento costitutivo della fattispecie dedotta in giudizio con conseguente onere probatorio in capo al creditore-attore. 
In sostanza, il creditore di prestazione professionale che alleghi un evento di danno alla salute, non solo deve provare quest'ultimo e le conseguenze pregiudizievoli che ne siano derivate (c.d. causalità giuridica), ma deve provare anche, avvalendosi eventualmente pure di presunzioni, il nesso di causalità fra quell'evento e la condotta del professionista nella sua materialità, impregiudicata la natura di inadempienza di quella condotta, inadempienza che al creditore spetta solo di allegare; chiariscono le pronunce di ### del 2019 che soltanto “una volta che il creditore abbia provato, anche mediante presunzioni, il nesso eziologico fra la condotta del debitore, nella sua materialità, e l'aggravamento della situazione patologica o l'insorgenza di nuove patologie, sorgono gli oneri probatori del debitore, il quale deve provare o l'adempimento o che l'inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile. Emerge così un duplice ciclo causale, l'uno relativo all'evento dannoso, a monte, l'altro relativo all'impossibilità di adempiere, a valle” (cfr. pag. 10, della motivazione di Cass. civ., sez. 3, n. 28991/2019, cit.). 
Il nesso di causalità materiale che il creditore della prestazione professionale deve provare è quello fra intervento del sanitario e danno evento in termini di aggravamento della situazione patologica o di insorgenza di nuove patologie; il nesso eziologico che invece spetta al debitore di provare, dopo che il creditore abbia assolto il suo onere probatorio, è quello fra causa esterna, imprevedibile ed inevitabile alla stregua dell'ordinaria diligenza di cui all'art. 1176, comma 1, c.c. ed impossibilità sopravvenuta della prestazione di diligenza professionale (art. 1218 c.c.). In caso di raggiungimento della prova della c.d. causalità estintiva, l'aggravamento della situazione patologica o l'insorgenza di una nuova patologia, pur eziologicamente riconducibile all'intervento sanitario, non è imputabile al medico.  n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### la diligenza richiesta al medico deve essere qualificata, ex art. 1176 c.c., comma 2, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura dell'attività esercitata, volti all'adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell'interesse creditorio, nonché ad evitare possibili eventi dannosi, essendosi in presenza di un dedotto inadempimento contrattuale. 
Ebbene, nell'adempimento dell'obbligazione professionale, si tratti di professionista o di imprenditore, va sempre osservata la diligenza qualificata ai sensi dell'art. 1176 c.c., comma 2, quale modello di condotta che si estrinseca nell'adeguato “sforzo tecnico”. 
Tale “sforzo” viene indicato come “diligenza qualificata”, intesa come diligenza ordinaria del buon professionista, e cioè la diligenza normalmente adeguata in ragione del tipo di attività e alle relative modalità di esecuzione (cfr. ex multis, Cass. civ., n. 12995/2006). 
In altri termini, la condotta del medico deve essere improntata sia alla generica diligenza che si richiede nell'adempimento di qualsivoglia obbligazione (art. 1176, co. 1 c.c.), sia alla diligenza specifica richiesta dalla natura della prestazione professionale (art. 1176, co. 2 c.c.), avuto riguardo alla particolarità della situazione concreta nella quale l'operatore sanitario è intervenuto. 
Il richiamo alla diligenza “qualificata” in questi termini ha la funzione di ricondurre la responsabilità alla violazione di obblighi specifici derivanti da regole disciplinari precise.  ### di regole tecniche all'esecuzione dell'obbligo determina il passaggio da un criterio di valutazione dell'adempimento soggettivo a un criterio oggettivo e generale, sicché la diligenza assume un duplice significato di parametro di imputazione del mancato adempimento e di criterio di determinazione del contenuto dell'obbligazione; nella diligenza, quindi, viene ricompresa inevitabilmente anche la perizia da intendersi come conoscenza ed attuazione delle regole tecniche proprie di una determinata professione. 
In conclusione, se, pur con il ricorso a presunzioni, permanga ignota la causa dell'evento di danno, il relativo rischio graverà sul creditore della prestazione professionale che vedrà respinte le sue istanze risarcitorie; ove viceversa, resti ignota la causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione di diligenza professionale o indimostrata l'imprevedibilità ed inevitabilità di tale causa, il relativo rischio graverà sul debitore che, provati gli altri elementi costitutivi della sua responsabilità, sarà chiamato a risponderne [ Cass. civ., sez. 3, 15.02.2018, n. 3704, secondo cui “Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l'esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del "più probabile che non", causa del danno, sicché, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata”; in senso conforme, già Cass. civ., sez. 3, 18392/2017, cit.; Cass. civ., sez. 3, n. 28991/2019, cit., ove si evidenzia, altresì, che “tali principi si collocano nell'ambito delle regole sull'onere della prova, le quali assumono rilievo solo nel caso di causa rimasta ignota. 
Si tratta quindi della regola residuale di giudizio grazie alla quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all'accertamento, anche in via presuntiva, della sussistenza o insussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione rispettivamente dei relativi fatti costitutivi o di quelli modificativi o estintivi (Cass. 16 giugno 1998, n. 5980; 16 giugno 2000, 8195; 7 agosto 2002, n. 11911; 21 marzo 2003, n. 4126)”].  n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### specificamente, al contenuto del nesso di causalità, in base ai più recenti e condivisibili orientamenti della giurisprudenza di legittimità, sussiste nesso causale tra il comportamento della struttura sanitaria e/o del sanitario qualora, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, c.d. regola della preponderanza dell'evidenza o “del più probabile che non”, cioè probabilità logica desumibile dagli elementi di conferma disponibili nel caso concreto e dalla contemporanea esclusione di possibili elementi alternativi (Cass., S.U., 11.01.2008, n. 576, 577, 581, 582, 584), si ritenga che l'opera materialmente posta in essere dal professionista abbia causato o concorso a causare il danno verificatosi oppure, in caso di condotta omissiva, se quell'opera, ove correttamente e prontamente svolta, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno verificatosi (cfr. più di recente, Cass. civ., sez. 3, del 15.02.2018, n. 3704; Cass. civ., sez. 3, ord. 23.10.2018, n. 26700; Cass. civ., sez. 3, 29.10.2019, n. 27606; Cass. civ., sez. 3, 11.11.2019, n. 28991).  ### in caso di condotte omissive, occorre procedere a un giudizio controfattuale di tipo sostitutivo e, quindi, chiedersi se l'evento si sarebbe ugualmente verificato in caso di scelte mediche e terapeutiche differenti. In secondo luogo, deve potersi escludere secondo il criterio di accertamento del “più probabile che non” che qualsiasi altro elemento - naturalistico o umano, esogeno rispetto all'azione del chirurgo-sanitario - abbia provocato da solo l'evento lesivo (41, c. 2 c.p.). 
Tale indagine va condotta tenendo presente che nel processo civile, in cui opera la regola della preponderanza dell'evidenza, lo standard di c.d. certezza probabilistica non può essere ancorato esclusivamente alla c.d. probabilità quantitativa della frequenza di un evento, che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato, secondo la c.d. probabilità logica, nell'ambito degli elementi di conferma, e, nel contempo, nell'esclusione di quelli alternativi, disponibili in relazione al caso concreto (cfr. Cass., lav., n. 47/2017; Cass. civ., sez. 3, ord. 20.06.2019, n. 16581, secondo cui “In tema di illecito civile, il nesso di causalità materiale va accertato secondo il criterio del "più probabile che non", indicando esso la misura della relazione probabilistica concreta tra condotta ed evento dannoso, con apprezzamento non isolato bensì complessivo ed organico dei singoli elementi indiziari o presuntivi a disposizione”). 
In applicazione dei principi sopra richiamati, era quindi onere di parte attrice allegare l'inadempimento (o comunque l'inesatto adempimento) delle prestazioni medico-professionali, provare il danno-evento lamentato ed il nesso di causalità “materiale” tra questo ed i trattamenti sanitari subiti, restando, invece, a carico di parte convenuta la prova dell'avvenuto adempimento, ossia che inadempimento non v'è stato, o che comunque pur sussistendo nel caso concreto, esso sia dipeso da fatto non imputabile al sanitario, ovvero ancora che, pur esistendo, non è stato causa del danno, essendo stato determinato da un evento imprevedibile ovvero inevitabile. 
Ciò posto, incontestato tra le parti il ricovero e l'intervento in data ### presso il P.O. ### di ### secondo le prospettazioni di parte attrice, l'infezione dell'apparato osteo-articolare riportata dal ### sarebbe stata contratta nella sala operatoria del P.O. ### di ### nel corso dell'intervento per la riduzione della frattura, a seguito di contaminazione della ferita chirurgica in sede intraoperatoria. 
Ebbene, le prospettazioni di parte attrice hanno trovato conferma nella consulenza medico-legale espletata nel corso del presente giudizio.  n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### invero, sulla scorta dei dati anamnestici e obiettivi raccolti, della documentazione presente in atti e dell'esame obiettivo del paziente, il consulente, dott. ### ha ricostruito il dato storico-clinico della paziente e coerentemente formulato le seguenti considerazioni di carattere tecnico scientifico, immuni da vizi logico-giuridici e da cui, pertanto, non vi sono concrete ragioni per discostarsi, evidenziando che: “Per ricostruire la vicenda dell'incidente occorso a ### il 2 ottobre 2012 a seguito del quale riportò la frattura spiroide biossea del terzo inferiore della tibia e del perone di destra e le successive complicanze infettive da osteomielite innestatesi sul focolaio fratturativo che lo affliggono ancora oggi, nonostante il trascorso di circa tre anni dall'evento traumatico, è doveroso richiamare qualche breve cenno sulla natura del processo osteomielitico e soprattutto sull'eziopatogenesi di questa particolare infezione. ### è un'infezione particolarmente grave dell'apparato osteo-articolare sostenuta dallo ### Essa è la manifestazione più grave delle infezioni che possono verificarsi a danno della struttura scheletrica. Si contrae normalmente in seguito a esposizioni di gravi fratture, ma un aspetto molto grave è costituito dal fatto che si contano 15.000 nuovi casi ogni anno in ### e molti di questi vengono contratte in sala operatoria. Da ciò si evince che questo super-batterio necessita di molto più che la normale sterilizzazione convenzionale degli ambienti usati per operare. (…). Il trattamento d'elezione è quello farmacologico con l'impiego di antibiotici a largo spettro o mirati se risulta noto l'agente patogeno. Una volta falliti eventuali tentativi di bonifica con la terapia antibiotica o nelle osteomieliti croniche, l'unica possibilità di eradicare l'infezione è quella di asportare l'osso e tutti gli organi limitrofi interessati fino ad arrivare a tessuto vitale e sano. (…). 
Tornando al caso in esame, possiamo sicuramente individuare per il ### la causa in una infezione intraospedaliera. A chiarimento di detta eziopatogenesi precisiamo innanzitutto i fattori di esclusione di altre fonti infettive. Si deve escludere innanzitutto la via ematica, in quanto il ### al momento dell'incidente stradale e anche nei mesi successivi a questo, non presentava alcun processo infettivo periferico in corso. (…). 
Va esclusa anche l'infezione esterna. Infatti, la frattura riportata dal ### per quanto complessa, era del tipo chiusa, cioè non vi furono lacerazione dei tessuti cutanei con esposizione dei monconi ossei. (…). Resta pertanto l'ultima soluzione: l'infezione fu contratta in sala operatoria nel corso dell'intervento di riparazione della frattura mediante applicazione di placche e viti subito nel corso del ricovero presso la U.O. 
Ortotraumatologia dell'### di ### in data 5 ottobre 2012 nel corso del ricovero ivi avvenuto dopo il transito al locale pronto soccorso proprio a seguito del sinistro stradale. La prova della veridicità della causa eziologica intraoperatoria risiede nella specifica tipologia degli agenti patogeni riscontrati costantemente nelle ripetute colture effettuate nei mesi successivi all'intervento dei prelievi del materiale infetto dal focolaio osteomielitico. Il primo prelievo effettuato il 28 febbraio 2013 evidenziò la presenza del batterio ### aeruginosa. Nel secondo prelievo del 20 giugno fu individuato, oltre allo ### aeruginosa, anche lo ### aureus. Infine, nei successivi prelievi del 12 agosto, del 25 settembre e 16 ottobre 2013, dopo aver avviato cicli di terapia antibiotica mirata a debellare entrambi i due superbatteri, fu individuata la persistenza del solo staphylococcus aureus. (…). In definitiva si è dimostrato come il processo infettivo osteomielitico sviluppatosi a livello del focolaio fratturativo del terzo inferiore della tibia e del perone della gamba destra sia derivato da contaminazione della ferita chirurgica in sede intraoperatoria nel corso n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### dell'intervento di applicazione dei mezzi di eseguito il 5 ottobre presso la U.O. di ### dell'ospedale ### di ### (…)”. 
Inoltre, a seguito della richiesta integrazione, il ### dott. D. ### con la collaborazione dello specialista infettivologo dott. D. ### ha illustrato le seguenti conclusioni: “1) ### fu sì contratta presso la struttura sanitaria convenuta; in particolare si è trattato di una infezione del sito chirurgico (### rientrante nelle cosiddette ICA o infezioni correlate all'assistenza. La presenza di diverse specie batteriche (### aureus, ### aeruginosa, Enterococcus faecalis) fanno ritenere che almeno le prime due hanno concorso, anche se con diversa incidenza, nella etiologia dell'infezione, mentre la terza risulta essere solo un patogeno cosiddetto d'appoggio, con scarsa virulenza, rapidamente debellato con la prima terapia antibiotica somministrata. La presenza di ### aeruginosa è indicativa della contaminazione ambientale della sala operatoria, trattandosi di un microrganismo nosocomiale usualmente colonizzante suppellettili, dispositivi medici e chirurgici e strumentario prevalentemente di sale operatorie e sale rianimazione. ### aureus è un germe saprofita spesso presente su cute e mucose (in particolare la mucosa del rino-faringe), che può divenire virulento in presenza di traumi che causino soluzione di continuità della cute e/o esposizione di organi interni. Dall'esame degli atti esaminati inoltre (cartelle cliniche, certificazioni e prescrizioni), si rilevano diffuse inadempienze da parte dei sanitari che in varie epoche e a vario titolo hanno curato il #### per inosservanza di linee guida e leges artis. ### è stata dipendente dal ricovero ospedaliero e quindi sussiste pienamente il nesso di casualità. 2) Pur ritenendo che la struttura abbia messo in atto tutte le dovute procedure e misure di prevenzione delle ICA previste dalla normativa vigente all'epoca, non possiamo confermarlo perché la convenuta non ha allegato alcuna documentazione in merito, tuttavia la presenza di ### aeruginosa induce a pensare che ci sia stata qualche falla nei sistemi di detersione, bonifica e disinfezione all'interno della sala operatoria a carico degli elementi presenti, ivi compresa la preparazione all'intervento del personale sanitario e ausiliario presente. 
Occorre però considerare che i germi nosocomiali hanno acquisito resistenze plurime, anche a disinfettanti molto energici come la clorexidina per cui molte infezioni correlate all'assistenza pur prevedibili, non sono tutte prevenibili anche con la messa in atto di tutte le cautele del caso; ancora oggi una buona percentuale sfugge a qualsiasi sistema di prevenzione. Per quanto attiene il personale sanitario, le omissioni sono relative all'inosservanza di linee guida e leges artis; riteniamo inoltre che il mancato, tempestivo consulto con lo specialista in ### quando si sono concretamente manifestati i primi danni causati dall'infezione ###, sia stata un'omissione che poi ha ancora più negativamente condizionato il decorso della malattia. 3) La patologia di cui risulta affetto l'autore è si da porsi in nesso di casualità materiale con l'infezione riscontrata”, concludendo, inoltre, sul danno biologico sofferto dal ### che: “4) La durata della malattia dal punto di vista civilistico è valutabile in complessivi anni due di inabilità temporanea, suddivisibili in giorni 60 ### di inabilità temporanea assoluta (ricoveri ospedalieri e divieto di carico), in giorni 100 ### di parziale al 75 % (settantacinque %) -immediato post-operatorio e convalescenza - ed in anni uno e giorni 180 ### di parziale mediamente al 50 % (cinquanta %), comprensivi del periodo di convalescenza e per la riabilitazione, le visite ed accertamenti specialistici ritenuti necessari. Riteniamo n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### congruo valutare gli attuali postumi sostanzialmente stabilizzati nella misura di 30 punti percentuali (trenta per cento), con riduzione della capacità lavorativa specifica (professione dichiarata: edicolante, e ludicosportiva (qualora applicabile), in pari percentuale. 5) Il danno differenziale (differenza fra i postumi totali come innanzi valutato (30%) ed i postumi permanenti comunque prevedibili per il tipo di lesione riportata: ### (7-8%) si ritiene congruo valutarlo nel 25% (venticinque%) di danno biologico alla salute” (cfr. relazione integrativa depositata telematicamente in data ###, in atti).  ### consulenziale è senza dubbio esaustivo e sorretto da una motivazione approfondita, completa e dettagliata, oltre che suffragata dagli approdi ermeneutici della scienza medico-legale più accreditata, tenuto conto che le considerazioni svolte dai ### sono sorrette da osservazioni di carattere scientifico e sono corredate da numerosi riferimenti alla letteratura scientifica. 
Le conclusioni rassegnate sono state inoltre ribadite dal ### nel pieno e completo contraddittorio con i consulenti e i procuratori delle parti, in sede di replica alle osservazioni formulate dai ### di parte.  ### all'esito degli accertamenti espletati, facendo proprio applicazione del criterio civilistico del “più probabile che non”, lo stesso Consulente ha riconosciuto la sussistenza di nesso causale tra il ricovero dell'attore presso l'### S. ### e l'infezione da questi contratta nel corso dell'intervento chirurgico di riduzione e sintesi della frattura e, ancora, tra l'infezione e la patologia riportata dall'odierno attore ###. 
Sul punto, deve rilevarsi che, in tema di infezioni nosocomiali, la responsabilità della struttura sanitaria non ha natura oggettiva, sicché, a fronte della prova presuntiva, gravante sul paziente, della contrazione dell'infezione in ambito ospedaliero, la struttura può fornire la prova liberatoria di aver adottato tutte le misure utili alla prevenzione delle stesse, consistente nell'indicazione: a) dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali; b) delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria; c) delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami; d) delle caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande; e) delle modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti; f) della qualità dell'aria e degli impianti di condizionamento; g) dell'avvenuta attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica; h) dei criteri di controllo e di limitazione dell'accesso ai visitatori; i) delle procedure di controllo degli infortuni e della malattie del personale e delle profilassi vaccinali; j) del rapporto numerico tra personale e degenti; k) della sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio; l) della redazione di un “report” da parte delle direzioni dei reparti, da comunicarsi alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella; m) dell'orario delle effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio. 
Sarebbe stato, dunque, onere della struttura sanitaria, rimasto tuttavia inadempiuto, allegare e dimostrare di aver adottato tutte le cautele prescritte al fine di prevenire l'insorgenza di patologie infettive e di aver applicato, nel caso specifico, i protocolli di prevenzione delle infezioni. 
Ciò posto, nel caso di specie, ai fini della prova della causalità materiale, che, come suesposto, grava sull'attore, occorreva fornire la dimostrazione che la patologia riportata da ### fosse n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### eziologicamente ascrivibile all'infezione nosocomiale e che questa fosse stata contratta presso l'### S.  ### di ### (struttura appartenente alla ###, sul presupposto implicito, in quanto desunto in via presuntiva, dell'inosservanza da parte della struttura ospedaliera delle cautele normalmente atte al governo di simili evenienze, circostanza che, invece, integrando l'inadempimento alle obbligazioni dedotte nel contratto, non rientra nell'onere probatorio di parte attrice, per la quale è, dunque, sufficiente allegarne la verificazione.  ### il nodo cruciale della vicenda è rappresentato dal comprendere se le infezioni nosocomiali contratte dall'attore siano state funzione di inadempienze organizzativo-assistenziali così come sostenuto nell'atto di citazione, ovvero se il rischio di contrarre le infezioni, benché prevedibile, non fosse in alcun modo evitabile nonostante la congruità assistenziale. 
Ebbene, spettava alla ### l'onere di dimostrare l'interruzione del nesso causale per andare esente da ogni responsabilità per i danni subiti dal paziente, provando la specifica causa imprevedibile e inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione. 
Per dirsi raggiunta tale ultima prova è necessario che la struttura dimostri non una semplice astratta predisposizione di presidi sanitari potenzialmente idonei ad evitare il rischio di infezioni ospedaliere a carico della generalità dei pazienti ma la concreta impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione direttamente e immediatamente nei confronti del singolo paziente danneggiato (cfr. tra le tante, Cass. civ., 22.02.2023, 549; nella giurisprudenza di merito, Corte App. Milano, sez. II, 4.05.2023, n. 1430; Corte App. Palermo, II, 28.09.2023, n.1671). 
Ebbene, nel caso di specie l'ASL convenuta non ha assolto all'onere probatorio su di essa gravante, stante l'assenza sia di documentazione attestante una eventuale corretta adesione alle indicazioni ministeriali ed alle buone pratiche clinico-assistenziali relative alla sorveglianza ed alla prevenzione del sito chirurgico rispetto alle infezioni nosocomiali, sia di rimandi all'applicazione degli stessi nella documentazione sanitaria presa in visione con particolare riferimento all'adozione, adesione e monitoraggio di procedure aziendali volte alla prevenzione dell'infezione; alle azioni di rinforzo della pratica dell'igiene delle mani; ai momenti di addestramento per gli operatori sanitari sulla corretta tecnica di igiene delle mani ed alla relativa informativa. 
Alla luce di quanto detto, dal mancato assolvimento dell'onere probatorio in capo alla predetta convenuta discende l'accoglimento della domanda attorea. 
Ciò posto, deve ora procedersi alla quantificazione del danno. 
Ebbene, con riferimento al danno biologico, id est danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., sofferto da ### si osserva quanto appresso. 
Il danno biologico va inteso, come noto - secondo la definizione di origine pretoria, in seguito recepita dall'art. 5 della legge n. 57 del 2001, poi rifluito nell'art. 138, co. II, lett. a) e 139 co. 2 del d.lgs. n. 209 del 2005 - quale lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, avente un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamicorelazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla capacità di produrre reddito. Non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente le lesioni di lieve entità che n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni. 
Il danno biologico è da ricondurre al diritto inviolabile alla salute, costituzionalmente riconosciuto all'art.  32 (Corte Cost. n. 184 del 1986) e ricorre in presenza di qualsiasi fatto illecito produttivo di una lesione all'integrità psico-fisica del danneggiato. 
La risarcibilità di tale danno trova il suo fondamento nell'art. 2059 c.c., il quale disciplina i danni non patrimoniali nell'ambito dei quali rientrano non solo i danni conseguenti a reati (art. 185 c.p.), ma tutti i danni derivanti dalle lesioni di diritti di rango costituzionale inerenti alla persona, tra i quali non può non riconoscersi il diritto alla salute di cui all'art. 32 Cost. (Corte cass. n. 8827/ 2003 e 8828/2003 e Corte Cost. 233/2003). 
Circa la liquidazione del danno biologico, noti i principi enucleati a partire da Cass. ### 11 novembre 2008 sentenza n. 26972, in punto di liquidazione onnicomprensiva del danno non patrimoniale risarcibile, inteso quale categoria unitaria non suscettiva di suddivisione in sottocategorie, nel cui ambito va ricompreso anche il danno morale, con esclusione di duplicazioni risarcitorie illegittime e del ristoro di lesioni di interessi c.d. “bagatellari”, quali meri disagi, fastidi, disappunti (o, per esempio, “danni da tempo perso”), non eccedenti la soglia di offensività minima necessaria a rendere serio e meritevole di tutela il pregiudizio lamentato, deve rilevarsi che la relazione medico-legale a firma del dott. ### ha accertato che le lesioni riportate da ### a seguito dell'intervento chirurgico subito e, quindi, dell'infezione nosocomiale contratta, hanno comportato: 1) una invalidità permanente biologica pari al 23%, quale danno differenziale tra lo stato anteriore (7-8%: esiti da “### di frattura scomposta femore sinistro”) e lo stato attuale (30%); 2) con 60 giorni di ITT (ossia una incapacità sub-totale dell'attore ad attendere alle sue ordinarie attività, cd. inabilità temporanea totale, rectius danno biologico temporaneo totale); 3) con 100 giorni di ITP al 75% (ossia una incapacità parziale dell'attore ad attendere alle sue ordinarie attività, cd. inabilità temporanea parziale, rectius danno biologico temporaneo parziale); 4) con ulteriori 545 giorni di ITP al 50%(ossia una incapacità parziale dell'attore ad attendere alle sue ordinarie attività, cd. inabilità temporanea parziale, rectius danno biologico temporaneo parziale).  ### ai criteri di liquidazione del danno biologico permanente, esclusa l'applicabilità al caso in esame degli importi economici previsti nelle tabelle contenute nei decreti emessi annualmente dal ### delle attività produttive in ossequio a quanto disposto dall'art. 139 co. 1 del d.lgs. n. 209/2005 e succ. integraz. e modific., in quanto operanti soltanto per le lesioni c.d. micropermanenti, ed esclusa, altresì, l'applicabilità della ### per il risarcimento dei danni derivanti da c.d. macrolesioni ex art. 138 cod. ass. di cui al D.P.R. 13.01.2025, n. 12, in vigore dal 5.03.2025, ma applicabile, ex art. 5, co. 1, “…ai sinistri verificatisi successivamente alla data della sua entrata in vigore”, va adottato il criterio del c.d. punto di invalidità, con adeguamento del valore medio di esso alle particolarità della fattispecie, secondo il calcolo c.d. tabellare ( Cass. civ., n. 6023/2001; n. 5910/2001; n. 6873/2000; n. 4852/1999). Com'è noto, il criterio di computo c.d.  tabellare si fonda sul principio progressivo, in base al quale il valore monetario del singolo punto di invalidità n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### aumenta con l'aumentare dell'invalidità permanente complessiva, ed il principio regressivo, in base al quale il valore decresce con il crescere dell'età dell'individuo leso. 
In applicazione di questo criterio, è opportuno fare ricorso alle tabelle di liquidazione del danno biologico predisposte dal ### di Milano, in quanto strutturate e concepite in funzione del nuovo inquadramento concettuale “unitario” del danno non patrimoniale, e ritenute dalla Suprema Corte come riferimento unico nazionale e recentemente aggiornate per adattarle alla variazione del costo della vita intercorsa dall'anno in cui è stata redatta la precedente versione [Cass. civ., ord. n. 134/2013; Cass. civ., sent. n. 2228/2012; civ., n. 18641/2011; Cass. civ., n. 14402/2011; Cass. civ., n. 12408/2011 secondo cui: “la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell'integrità psico-fisica presuppone l'adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi che, in difetto di previsioni normative (come l'art.  139 del codice delle assicurazioni private, per le lesioni di lieve entità conseguenti alla sola circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), vanno individuati in quelli tabellari elaborati presso il tribunale di Milano, da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto”, nonché da ultimo, negli stessi termini, Cass. civ., 20.05.2015, n. 10263, in cui si evidenzia la “vocazione nazionale” delle tabelle milanesi, “in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell'equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno a ridurre) … ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell'art. 3, comma 2, ###”; Cass. civ., sez. III, 04.02.2016, n. 2167 che recita testualmente: “Si è in particolare precisato che i parametri delle ### di ### sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella di inferiore ammontare cui sia diversamente pervenuto, sottolineandosi che incongrua è la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l'adozione dei parametri esibiti dalle dette ### di ### consente di pervenire (v. Cass., 20/5/2015, n. 10263; Cass., 18/11/2014, n. 24473; Cass., 30/6/2011, n. 14402. V. anche, da ultimo, Cass., 15/10/2015, n. 20895)”; ed ancora Cass. civ., 29.09.2015, n. 19211, per la quale: “Da questa Corte si è sotto altro profilo avuto già più volte modo di affermare che trattandosi di debito di valore ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale delle ### di ### vanno utilizzati i parametri vigenti al momento dell'emissione della decisione (v. Cass., 27/11/2015, n. 24210; Cass., 5/5/2015, n. 19211; Cass., 23/1/2014, n.1361; Cass., 17/4/2013, n.9231; Cass. 11/5/2012, n.7272), sicché allorquando le ### applicate per la liquidazione del danno non patrimoniale cambino nelle more tra l'introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice (anche d'appello) ha l'obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della pronunzia (cfr. Cass., 6/3/2014, 5254)”; Cass. civ., sez. III, 18.05.2017, n. 12470, secondo cui “### liquidazione del danno non patrimoniale non è consentito, in mancanza di criteri stabiliti dalla legge, il ricorso a una liquidazione equitativa pura, non fondata su criteri obiettivi, unici a permettere la verifica ex post del ragionamento seguito dal giudice nell'apprezzare ciascun profilo di nocumento del caso concreto, mentre va preferita l'adozione del criterio di liquidazione predisposto dal ### di ### idoneo a garantire l'uniformità di trattamento di situazioni analoghe”; Cass. civ., sez. 3, ord. 28.06.2018, n. 17018, per la quale “In materia di danno non patrimoniale, i n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### parametri delle "### predisposte dal ### di ### sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del predetto danno ovvero quale criterio di riscontro e verifica della liquidazione diversa alla quale si sia pervenuti. Ne consegue l'incongruità della motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l'adozione dei parametri tratti dalle "### di ### consenta di pervenire. (### specie, la S.C. ha cassato la sentenza della Corte territoriale che aveva ritenuto congruo l'importo liquidato dal giudice di primo grado, a titolo di risarcimento del danno biologico, in forza di una non motivata applicazione di una tabella diversa da quella predisposta dal tribunale di ### peraltro con riferimento a parametri non aggiornati alla data della decisione)”; e da ultimo, Cass. civ., sez. 3, 6.05.2020, n. 8532, per cui “Le tabelle per la liquidazione del danno alla persona predisposte dal ### di ### sono munite di efficacia para-normativa in quanto concretizzano il criterio della liquidazione equitativa di cui all'art. 1226 c.c.”]. 
Tale tabella, preso atto del suddetto intervento delle ### del 2008, ha considerato il danno morale come voce integrante della più ampia categoria del danno non patrimoniale. La tabella milanese infatti propone la liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente alla lesione permanente dell'integrità psicofisica suscettibile di accertamento medico legale e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di dolore, sofferenza soggettiva in via di presunzione in riferimento a un dato tipo di lesione, vale a dire la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati a titolo di danno biologico standard e danno morale, oltre che la personalizzazione del danno biologico. La tabella muove dall'esigenza di una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale biologico e di ogni altro danno non patrimoniale connesso alla lesione della salute. 
Peraltro, nella quantificazione del danno biologico, inteso come compromissione di tutta una serie di aspetti della personalità dell'individuo di fatto compromessi dalla lesione del bene salute (carattere c.d.  pluridimensionale del danno biologico), vanno ricomprese altre voci o componenti di tale figura di danno quali, per giurisprudenza di legittimità, ormai costante, il danno alla vita di relazione (Cass. civ. n. 3266/2003; n. 6023/2001; n. 15034/2001), il danno alla capacità lavorativa generica (danno che non consista nel pregiudizio patrimoniale per perdita o riduzione alla capacità lavorativa specifica; cfr. Cass. civ., n. 7084/2001; n. 4231/1999; n. 6736/1998) ed il danno estetico (che non determini un vero e proprio pregiudizio patrimoniale; cfr. Cass. civ., n. 6895/2001; n. 10762/1999; n. 12622/1999). 
Inoltre, con riferimento al caso che ci occupa, occorre precisare che, trattandosi di danno differenziale sofferto dal ### come evidenziato dallo stesso ### in aderenza ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità più recente in tema di danno iatrogeno differenziale e, segnatamente, in Cass. civ., sez. 3, 11.11.2019, n. 28986, Rv. 656174 - 02, secondo cui «In tema di liquidazione del danno alla salute, l'apprezzamento delle menomazioni preesistenti "concorrenti" in capo al danneggiato rispetto al maggior danno causato dall'illecito va compiuto stimando, prima, in punti percentuali l'invalidità complessiva, risultante cioè dalla menomazione preesistente sommata a quella causata dall'illecito e poi quella preesistente all'illecito, convertendo entrambe le percentuali in una somma di denaro, con la precisazione che in tutti quei n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### casi in cui le patologie pregresse non impedivano al danneggiato di condurre una vita normale lo stato di invalidità anteriore al sinistro dovrà essere considerato pari al cento per cento; procedendo infine a sottrarre dal valore monetario dell'invalidità complessivamente accertata quello corrispondente al grado di invalidità preesistente, fermo restando l'esercizio del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa secondo la cd. equità giudiziale correttiva od integrativa, ove lo impongano le circostanze del caso concreto» (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione con la quale il giudice di appello aveva accertato che il danneggiato, a causa del sinistro stradale occorsogli, aveva patito conseguenze dannose che avevano reso più penosa la menomazione preesistente di cui era portatore e aveva correttamente precisato che ai fini del calcolo del danno la sottrazione doveva essere operata non già tra i diversi gradi di invalidità permanente, bensì tra i corrispondenti valori monetari; in senso conforme, Cass. civ., sez. 3, 15.01.2020, n. 514; Cass. civ., sez. 3, 21.08.2020, n. 17555; Cass. civ., sez. 3, 27.09.2021, n. 26117; nonché da ultimo, Cass. civ., sez. 6-3, ord. 19.09.2022, n. 28327). 
Ciò posto, tornando al caso che ci occupa, a titolo di danno biologico permanente, quale danno iatrogeno differenziale, va dunque liquidato un risarcimento pari ad €. 164.840,00 (€.179.835,00 - €.14.995,00) calcolato secondo le tabelle milanesi aggiornate “### 2024”, tenendo conto della percentuale di danno biologico permanente ### complessivo sofferto dall'attore, pari al 30%, nonché dell'invalidità permanente teoricamente preesistente all'illecito, pari al 7%, tenuto conto del riscontrato aggravamento delle menomazioni accertato dal ### nonché dell'età dell'attore, trentasettenne (nato il ###), all'epoca dell'evento (5.10.2012) e dell'incremento per sofferenza soggettiva. 
Deve, inoltre, liquidarsi un ulteriore importo a titolo di personalizzazione. 
Sul punto, è noto il principio secondo cui l'ulteriore personalizzazione, inerente all'aspetto dinamicorelazionale del danno biologico, e comunque alla sofferenza psichica e morale patita dal danneggiato, ma non anche al danno non patrimoniale inteso omnicomprensivamente, può essere riconosciuta soltanto laddove il caso concreto presenti “peculiarità” che dovranno essere allegate e provate dal danneggiato, tali da meritare una ulteriore liquidazione rispetto ai criteri standard tabellarmente previsti (si vedano, ### di ### sezione X, 19 marzo 2010 n. 3614, e ### di ### sezione I, 11 gennaio 2011 n. 259). 
Ed invero, secondo l'orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità, esclusa, come noto, la praticabilità della liquidazione separata di danno biologico e danno morale, dovendosi ammettere la liquidazione unitaria anche della peculiare componente di pregiudizio a connotazione soggettiva (cfr., ex multis, Cass. civ., n. 19402/2013, secondo cui “Il danno biologico, il danno morale ed il danno alla vita di relazione rispondono a prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo, in quanto un determinato evento può causare, nella persona della vittima come in quelle dei familiari, un danno alla salute medicalmente accertabile, un dolore interiore ed un'alterazione della vita quotidiana. Ciò non significa che il giudice di merito sia tenuto, in via automatica, alla liquidazione separata di tutte queste singole poste di danno, ma si traduce nell'obbligo di tenere presente i diversi aspetti della fattispecie dannosa, evitando duplicazioni ma anche "vuoti" risarcitori”), il giudice, onde valutare nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche, patite dal soggetto leso e pervenire al ristoro del danno nella sua interezza, dovrà n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### tenere conto, al fine di escludere od ammettere la personalizzazione, di tutte le contingenze in concreto emerse, se ed in quanto vengano addotte circostanze che richiedano la variazione della liquidazione tabellare in aumento o in diminuzione (cfr. Cass. civ., n. 9231/2013; in senso conforme, Cass. civ., n. 5243/2014). 
Ebbene, alla luce delle citate compromissioni fisiche subite, tali da incidere sugli aspetti dinamicorelazionali nonché sulla capacità lavorativa “generica” (sulla capacità lavorativa “specifica” si veda infra), deve quindi ritenersi congruo un aumento del danno differenziale innanzi calcolato pari al 20%, a titolo di personalizzazione, così per un totale di €. 197.808,00.   Il suddetto importo tiene conto, in tal modo, di ogni componente descrittiva del danno non patrimoniale oggetto di circostanziata “personalizzazione”. 
Per quanto riguarda poi il danno biologico temporaneo si ritiene equo utilizzare, come parametro di riferimento, il valore indicato nelle suddette tabelle milanesi aggiornate “### 2024” pari ad €. 115,00 per ogni giorno di inabilità assoluta, con la conseguenza che andrà liquidato all'attore, a titolo di danno biologico temporaneo, un risarcimento pari ad €. 6.900,00 per i 60 giorni di inabilità totale (gg. 60 x €. 115,00), €.  8.625,00 per i 100 giorni di inabilità parziale pari al 75% (gg. 100 x €. 99,00 x 75%), €. 31.337,50 per i 545 giorni di inabilità parziale al 50%, così per un totale di €. 46.862,50.  ### la somma che è complessivamente dovuta a titolo di risarcimento per il danno biologico permanente e temporaneo, totale e parziale, subito da ### in occasione dell'intervento chirurgico per cui è causa è pari a complessivi €. 244.670,50 (€.197.808,00+ €. 46.862,50). 
Sulla somma complessiva non può riconoscersi la rivalutazione monetaria poiché, come detto, la misura del risarcimento è già espressa in valori attuali. 
Inoltre, in favore dell'istante, non possono del pari essere riconosciuti gli interessi “compensativi” in quanto la stessa non ha provato un nocumento finanziario (lucro cessante) subito a causa della mancata, tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento. Sicché deve ritenersi che la somma rivalutata (cioè, liquidata in moneta attuale) ricomprenda il danno causato dal ritardato pagamento dell'equivalente monetario (cfr. in proposito Cass., sez. III, 25.8.2003, n. 12452; Cass., sez. III, 28.7.2005, 15823; Cass., sez. III, 24.10.2007, n. 22347, pagg. 5 e segg. della motivazione; Cass., sez. III, 12.2.2008, 3268, pagg. 15 e segg. della motivazione; in senso conforme, più recentemente, Cass., sez. III, 12.2.2010, 3355). 
In altri termini, ad avviso del giudicante, il ritardato adempimento dell'obbligazione di valore non ha provocato al danneggiato un comprovato mancato guadagno, risultando l'importo liquidato a titolo risarcitorio già integralmente ristorativo e compensativo di ogni pretesa economica vantata dall'interessato.   Infatti, l'attore non ha neppure allegato presuntivamente l'esistenza di un ulteriore danno da ritardo che la rivalutazione monetaria non è stata sufficiente a risarcire. Lo stesso, insomma, non ha in alcun modo dimostrato di aver subito un ulteriore pregiudizio, consistito nella perduta possibilità di disporre tempestivamente della somma dovutagli, di investirla e di ricavarne un lucro finanziario. 
Ovviamente, gli interessi nella misura legale saranno dovuti dalla sentenza sino al soddisfo, atteso che con la liquidazione di cui alla presente sentenza il debito è divenuto di valuta.  n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### al danno patrimoniale da perdita o riduzione della capacità lavorativa specifica dell'attore (quella generica rientrando, come già detto, nella categoria danno non patrimoniale), deve rilevarsi quanto segue. 
Tale voce di danno è, come noto, generalmente ricondotta nell'ambito non già del danno biologico, bensì del danno patrimoniale (cfr. in particolare Cass. civ., 9.08.2007, n. 17464; Cass. civ., 27.01.2011, n. 1879), precisandosi, peraltro, al riguardo che l'accertamento dell'esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica non comporta l'automatico obbligo di risarcimento del danno patrimoniale da parte del danneggiante, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un'attività produttiva di reddito e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso (v. Cass., 25/8/2006, n. 18489, Cass., 8/8/2007, n. 17397, e Cass., 21/4/2010, n. 9444). Ed invero, il grado di invalidità personale determinato dai postumi permanenti di una lesione all'integrità psico-fisica non si riflette infatti automaticamente sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno, spettando al giudice del merito valutarne in concreto l'incidenza (cfr. sul punto, recentemente, civ., sez. 3, 9.11.2021, n. ###, secondo cui “Il danno da riduzione della capacità lavorativa specifica è generalmente ricondotto nell'ambito non già del danno biologico bensì del danno patrimoniale.  ### dell'esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica non comporta l'automatico obbligo di risarcimento del danno patrimoniale da parte del danneggiante, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un'attività produttiva di reddito e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso”). 
Orbene, nel caso di specie, il CTU ha ritenuto configurabile una “riduzione della capacità lavorativa specifica (professione dichiarata: edicolante, e ludico-sportiva (qualora applicabile)”, pari al 30% (cfr. pag.  32 della relazione integrativa, in atti). 
Tuttavia, parte attrice non ha allegato alcunché al fine di fornire riscontro in merito alla dedotta perdita di capacità specifica di lavoro. 
Ebbene, alla luce degli elementi suindicati, deve ritenersi che nel caso di specie non sia risarcibile un danno da lesione della capacità lavorativa “specifica”, dovendosi piuttosto ritenere sussistente esclusivamente una riduzione della capacità lavorativa “generica”, con conseguente appesantimento della percentuale di danno biologico in sede di personalizzazione, come innanzi già evidenziato. 
Ed invero, la giurisprudenza di legittimità ha recentemente ribadito che “il danno di natura patrimoniale derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona, mentre il danno da lesione della cenestesi lavorativa, di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell'attività lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell'essenza dell'individuo. Tale tipologia di danno, configurabile solo ove non si superi la soglia del 30 per cento del danno biologico, va liquidato omnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### valore monetario di ciascun punto (così la sentenza 28 giugno 2019, n. 17411, in linea con le precedenti ordinanze 9 ottobre 2015, n. 20312 e 22 maggio 2018, n. 12572; v. pure la sentenza 4 luglio 2019, n. 17931)”.  (cfr. Cass. civ., ord. n. 16628/2023).  ### la lesione della capacità lavorativa specifica, ossia l'attività lavorativa concretamente svolta dal danneggiato, costituisce danno patrimoniale risarcibile autonomamente qualora provochi una riduzione della capacità di guadagno (lucro cessante). 
Ebbene, secondo i pacifici principi enucleati in materia dalla giurisprudenza, questo tipo di danno patrimoniale deve essere accertato in concreto attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse prima del sinistro o, trattandosi di persona non ancora dedita ad attività lavorativa, avrebbe presumibilmente svolto, un'attività lavorativa produttiva di reddito, nonché la prova della contrazione o annientamento del reddito in precedenza percepito. 
La relativa prova incombe sul danneggiato e può essere anche data in via presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità lavorativa specifica (cfr. Cass. civ., 18.04.2003, n. 6291, in cui si evidenzia che il danneggiato è tenuto a provare che in passato svolgeva una attività produttiva di reddito e che dopo il sinistro ha perso la possibilità di continuare a lavorare o a svolgere lavori affini o altri lavori, confacenti alle proprie attitudini e condizioni personali e professionali). 
Orbene, nel caso di specie, deve evidenziarsi la scarsità in punto di allegazione e prova di cui era gravato lo stesso attore in merito alla predetta asserita perdita di capacità lavorativa “specifica”; infatti, avrebbe dovuto provare l'interruzione di qualunque rapporto di lavoro a seguito delle lesioni riportate e avrebbe dovuto documentare, ai fini che qui interessano, l'effettivo reddito effettivamente percepito, tramite, per esempio, produzione documentale delle dichiarazioni dei redditi precedenti e di quelle successive all'evento dedotto in giudizio. 
A fronte di tali insufficienti elementi, non può ritenersi raggiunta la prova in ordine alla stabile occupazione del sig. ### né si evince l'effettiva riduzione del proprio reddito; ed infatti, la liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa specifica deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima o di quelle che avrebbe sicuramente potuto percepire in relazione alle proprie capacità e attitudini (nei casi di danneggiato non ancora percettore di reddito).  ### della prova grava sul soggetto che chiede il risarcimento, che deve “concretamente” dimostrare sia lo svolgimento dell'attività che produce reddito, sia la misura in cui le lesioni subite abbiano inciso sulla sua capacità lavorativa specifica. 
Alla luce di quanto detto, non può ritenersi satisfattiva la produzione documentale di parte attrice, né tantomeno esaustive le risultanze emerse dalla ### dovendo per lo più inquadrarsi anche le stesse valutazioni espresse al riguardo dal Consulente come direttamente incidenti sul piano della perdita della capacità lavorativa “generica” del ### già oggetto, come innanzi evidenziato, di opportuna valutazione in termini di personalizzazione del danno non patrimoniale. 
Deve, in altre parole, darsi continuità all'orientamento secondo cui la liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno, deve avvenire secondo il criterio del “danno in concreto”, accertando n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### se in concreto il danneggiato abbia visto ridursi i propri redditi di lavoro ovvero dovrà attendersi una riduzione di tali redditi in futuro, spettando al giudice di merito verificare in concreto l'incidenza della compromissione dell'integrità psicofisica della vittima sulla sua capacità produttiva di reddito, e dovendo pertanto escludersi tale voce di danno ove non venga fornita prova che il danneggiato abbia perso il lavoro, o sia stato adibito a mansioni inferiori alle precedenti o, pur adibito alle stesse mansioni, abbia subito contrazioni di reddito (per es. per un differente orario di lavoro cui venga adibito, da full time a part time). 
In altri termini, stante il difetto di prova circa la perdita della capacità lavorativa “specifica” e di un danno da lucro cessante in termini di diminuzione della capacità di guadagno, al ### potrà, dunque, unicamente riconoscersi il danno da perdita della capacità lavorativa “generica”, quale voce di danno già ricompresa nel danno non patrimoniale onnicomprensivo, come innanzi già indicato. 
Con riferimento al danno patrimoniale relativo alle spese sanitarie, devono ritenersi congrue quelle indicate dal ### quantificate in complessivi €. 2.988,07. 
Non vanno, invece, riconosciute le ulteriori spese per viaggi aerei allegate al fascicolo di parte attrice, non essendo specificamente riconducibili agli eventi dedotti in giudizio. 
Ne consegue, in definitiva, che all'attore dovrà essere liquidato un importo complessivo a titolo di risarcimento del danno, non patrimoniale e patrimoniale, complessivamente sofferto, pari ad €. 247.658,57 (€.  244.670,50 + €. 2.988,07). 
Ogni ulteriore domanda, questione ed eccezione sollevata dalle parti deve ritenersi assorbita. 
In ordine alla regolamentazione delle spese processuali, il ridotto accoglimento nel quantum della domanda risarcitoria - tenuto conto del rigetto della domanda in relazione alla voce di danno relativa alla perdita della capacità di lavoro “specifica” - giustifica la parziale compensazione ex art. 92 c.p.c. in misura di 1/3 ponendo i restanti 2/3 a carico di parte convenuta, giusta la natura ed il valore della controversia, alla luce del principio di adeguatezza e proporzionalità con prevalenza del decisum sul disputatum (cfr. Cass., S.U., 11.09.2007, 19014), in base ai parametri per la liquidazione dei compensi per attività giudiziali di cui al D.M. n. 55/2014, come modificato e integrato dal D.M. n. 147/2022, tabella n. 2, quinta colonna, D.M. citato (scaglione di riferimento ricompreso tra €. 52.000,01 ed €. 260.000,00), non ravvisandosi ragioni per cui discostarsi dai valori medi, e con il beneficio della distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore dell'Avv. ### dichiaratosi anticipatario come ribadito con l'istanza di distrazione contemplata nella comparsa conclusionale (cfr., a tale ultimo riguardo, Cass. civ., sez. 3, 6.04.2006, n. 8085; nonché, Cass. civ., sez. 3, 12.01.2006, 412). 
Per quanto riguarda le spese inerenti la CTU espletata, come liquidate in corso di causa, queste vanno poste a carico dell'ASL convenuta soccombente.  P.Q.M.  ### di #### sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente decidendo sulla domanda avanzata da ### nella causa civile di primo grado iscritta al n. R.G.  15762/2015, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede: 1) accoglie, nei limiti e per le ragioni indicate in motivazione, la domanda attorea e, per l'effetto, n. 15762/2015 R.G. 
Dott. ### dichiara la responsabilità dell'### in ordine all'evento illecito dedotto in giudizio, e condanna l'### in persona del ### e legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di ### a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale e patrimoniale sofferto, della somma complessiva di €. 247.658,57, già rivalutata all'attualità, oltre interessi al tasso legale dalla sentenza sino all'effettivo saldo; 2) rigetta la domanda di risarcimento del danno patrimoniale per la perdita della capacità di guadagno; 3) compensa, per le ragioni indicate in motivazione, per 1/3 le spese processuali e condanna l'### in persona del ### e legale rappresentante pro tempore, alla rifusione dei residui 2/3 delle spese processuali sostenute da parte attrice che liquida in complessivi €. 11.125,34, di cui €.  1.723,34 per esborsi ed €. 9.402,00 per compensi professionali (già decurtati di 1/3 delle spese compensate), oltre rimborso spese forfettarie (15% sui compensi, art. 2 D.M. n. 55/2014), C.N.P.A. e I.V.A., se dovuta, come per legge, e con distrazione dei compensi in favore dell'Avv. ### 4) pone definitivamente le spese della CTU medico-legale, come liquidate in corso di causa, a carico della convenuta soccombente l'### Così deciso in ### l'11.11.2025. 
Si precisa che, in relazione ad eventuali dati sensibili contenuti nel provvedimento, in caso di riproduzione del provvedimento per finalità di divulgazione scientifica non dovrà essere riportata l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi della/e parte/i cui i dati sensibili si riferiscono nei termini di cui alle ### del ### per la ### e ai sensi del d.lgs. n. 196/2003, come modificato dal d.lgs. n. 101/2018, nonché del #### 2016/679 del 27.04.2016.   

Il Giudice
Dott. ###


causa n. 15762/2015 R.G. - Giudice/firmatari: Luca Sforza

M
1

Tribunale di Isernia, Sentenza n. 295/2025 del 13-10-2025

... in piena violazione della normativa in materia di igiene pubblica e del generale divieto di alterazione della destinazione della cosa comune” (cit., pag. 2). A sostegno di tali allegazioni di parte attrice, contestate integralmente dalla convenuta, occorre subito rilevare come la documentazione prodotta in giudizio dalla prima non costituisca prova dei fatti da essa allegati. Infatti, al di là della produzione dei rispettivi titoli di proprietà delle parti in causa, dei permessi urbanistici, e relativi allegati, rilasciati alla convenuta, del materiale fotografico inerente agli immobili, non vi è alcuna prova che i danni lamentati dagli attori siano derivati causalmente dalle attività edilizie poste in essere dalla convenuta sull'immobile di sua pertinenza. Certamente non costituisce prova dei fatti allegati in giudizio la consulenza tecnica di parte prodotta dagli attori: «La perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito (leggi tutto)...

testo integrale

- giudice onorario dott. ### - REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Isernia, ### in composizione monocratica nella persona del giudice onorario, dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di prima istanza, iscritta al N. 1120 del ### degli ### dell'anno 2019, passata in decisione all'udienza del 08/10/2025, promossa da ### cod. fisc.: ### e ### cod. fisc.: ###, entrambi residenti in ### del ####, elettivamente domiciliati in ### presso e nello studio dell'avv. ### che li rappresenta e li difende giusto mandato in calce all'atto di citazione; - attori contro ### cod. fisc.: ###, residente in ### del ####, elettivamente domiciliata in ### presso e nello studio degli avv.ti ### e ### che la rappresentano e la difendono anche disgiuntamente come da procure depositate in atti; - convenuta ### e codice domanda: proprietà - 130001. 
Conclusioni: come da verbale dell'udienza del 08/10/2025.  ******** 
FATTO E DIRITTO Si premette che la parte dello svolgimento del processo viene omessa, alla luce del nuovo testo dell'art. 132, comma 2, numero 4, cod. proc. civ. (come riformulato dall'art. 45, comma diciassettesimo della L. 69 del 2009) nel quale non è più indicata, fra i contenuti della sentenza, la "esposizione dello - giudice onorario dott. ### - svolgimento del processo". 
Il Tribunale ritiene, inoltre, che la controversia debba essere definita sulla base delle seguenti considerazioni che, per evidenti esigenze di economia processuale, si concentreranno sui soli profili ritenuti direttamente rilevanti ai fini della decisione, in ossequio al principio per cui al fine di adempiere l'obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri argomenti, tesi, rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente e non espressamente esaminati, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 20 novembre 2009, n. 24542). 
§1. - il processo. 
Con atto notificato il #### e ### traevano in giudizio ### davanti all'intestato tribunale, prima udienza indicata: 05/03/2020 (ex art. 168 bis, comma IV, c.p.c., al 11/03/2020, poi, d'ufficio, al 02/09/2020 ulteriormente differita al 23/09/2020), chiedendo l'accoglimento delle seguenti richieste: “### il tribunale adito, respinta ogni contraria deduzione, istanza, produzione, eccezione e difesa, per i motivi di cui in premessa: - accertare e dichiarare l'illegittimità delle opere realizzate dalla sig.ra ### sul proprio immobile come esposte in narrativa e nella perizia tecnica allegata; - accertare e dichiarare la responsabilità della convenuta nella causazione dei lamentati danni così come esposti in narrativa e nella perizia tecnica allegata; - condannare la convenuta alla rimozione delle opere in parola, al ripristino dello stato originario dei luoghi ed all'esecuzione di tutte le opere necessarie alla risoluzione delle suesposte problematiche, nonché al risarcimento dei danni subiti e subendi dagli attori, con quantificazione da determinarsi con apposita ### oltre interessi e rivalutazione; - giudice onorario dott. ### - -condannare la convenuta alla refusione delle spese e competenze di giudizio, oltre accessori come per legge, nonché delle spese sostenute per il tentativo di mediazione ex D.lgs. 28/2010; - condannare la convenuta al pagamento, in favore degli attori, di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell'art. 96 cpc, anche alla luce del suo rifiuto di partecipare al tentativo di conciliazione”. 
In data ###, si costituiva in giudizio ### depositando comparsa di costituzione e risposta (con allegate produzioni documentali), nella quale così concludeva: “### l'###mo Tribunale adito, ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa, provvedere come segue: a) rigettare le domande formulate dagli attori nei confronti della sig.ra ### in quanto infondate in fatto e diritto. b) in ogni caso, con vittoria di spese e competenze di lite oltre rimborso spese generali ed accessori come per legge in favore del sottoscritto procuratore che si dichiara difensore antistatario”. 
Concessi alla prima udienza i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., parte attrice depositava tutte e tre le memorie assertive, mentre parte convenuta solo quelle di cui ai primi due termini. 
Acquisita la documentazione prodotta dalle parti, il ### era disposta una c.t.u. diretta ad accertare la sussistenza delle lesioni e delle infiltrazioni d'acqua denunciate dagli attori nonché le relative cause, indicando anche le opere necessarie per la loro eliminazione e il costo complessivo.  #### nominato c.t.u., in data ###, depositava la propria relazione. 
In data ### era liquidato il c.t.u. 
Era quindi fissata l'udienza di discussione di cui all'art. 281 sexies, c.p.c.; entrambe le parti depositavano una memoria conclusionale. 
All'udienza del 08/10/2025, le parti comparivano davanti al giudice per discutere la causa, tuttavia, autorizzandolo, nell'eventualità che la sentenza completa delle motivazioni non fosse stata depositata all'esito dell'udienza stessa, a trattenerla in decisione avendo esse rinunciato ai termini di cui all'art.  190 c.p.c.  - giudice onorario dott. ### - §2. - il merito. 
All'esito dell'istruttoria espletata a mezzo della documentazione acquisita e dell'espletata c.t.u. tutte le domande di parte attrice devono essere rigettate perché risultate infondate. 
A sostegno della propria domanda, gli attori hanno allegato di essere proprietari di immobili (facenti parte dello stesso edificio) ubicati nel comune di ### del ### censiti nel catasto fabbricati al Fg. 13, p.lla 85, sub 7 (già sub 5) appartenente al sig. ### e al Fg. 13, p.lla 83, sub 3, di proprietà della sig.  ### Dello stesso stabile fa parte anche la proprietà della parte convenuta, sig. ### distinta in catasto al Fg. 13, p.lla 85, sub 2, e Fg. 13, p.lla 83, sub 4, posta al di sopra della proprietà ### e limitrofa a quella ### Gli attori, quindi, hanno dedotto la presenza nelle proprie abitazioni di una serie di lesioni nelle mura e nel solaio nonché infiltrazioni di acqua piovana, e, a seguito di incarico conferito a un tecnico di loro fiducia, il quale, all'esito degli accertamenti e sopralluoghi svolti “evidenziava che l'origine dei danni è riconducibile ai lavori effettuati ai piani superiori dalla sig.ra Bifulci” (cit., pag.  2), dopo aver tentato invano anche la strada della mediazione, citavano in giudizio la convenuta chiedendo l'accoglimento nei di lei confronti delle domande sopra riportate. 
In particolare, si evince dalla narrativa dell'atto introduttivo che il tecnico di parte attrice avrebbe rilevato “la presenza, nell'immobile della sig.ra ### …diffuse lesioni alle pareti ed ai solai dei diversi ambienti, nel tempo accresciutesi per ampiezza e quantità, e l'inflessione del solaio del soggiorno, anch'essa sensibilmente aggravatasi col trascorrere degli anni” (cit., pag. 1), e che la derivazione causale di tali fenomeni era riconducibile ai lavori effettuati dalla ### sulla sua sovrastante proprietà consistiti, tra l'altro, nella “realizzazione di due manufatti in legno sulla terrazza, la pavimentazione della stessa e la realizzazione di un cornicione in cemento armato” comportanti un aumento di carico sulla struttura dell'edificio di quasi 17 tonnellate in più.  - giudice onorario dott. ### - Sempre secondo gli attori, le verifiche compiute dal loro tecnico avrebbero evidenziato che i lavori effettuati dalla ### sarebbero stati eseguiti “in spregio a quanto previsto dal permesso di costruzione, dai progetti nonché dalle prescrizioni paesaggistiche e dalla normativa antisismica, mancando anche delle necessarie autorizzazioni o verifiche statico-dinamiche”. 
Inoltre, la convenuta avrebbe installato un montacarichi in gran parte del muro portante in comune alla ### causa di rumori e vibrazioni che, oltre alla presenza di una “sostanza oleosa” avrebbe provocato lo scollamento del battiscopa della sala oltre alla rottura di una serie di mattoni e l'avvallamento del solaio nello spigolo. 
Invece, per quanto riguarda l'altro attore, il ### nell'atto introduttivo è stata allegata “la presenza di una consistente infiltrazione di acqua, nella camera del sig. ### proveniente dalla grondaia del tetto della convenuta”, nonché “la presenza di un discendente nel quale confluisce l'acqua piovana della terrazza e lo scarico del bagno della sig.ra ### in piena violazione della normativa in materia di igiene pubblica e del generale divieto di alterazione della destinazione della cosa comune” (cit., pag. 2). 
A sostegno di tali allegazioni di parte attrice, contestate integralmente dalla convenuta, occorre subito rilevare come la documentazione prodotta in giudizio dalla prima non costituisca prova dei fatti da essa allegati. 
Infatti, al di là della produzione dei rispettivi titoli di proprietà delle parti in causa, dei permessi urbanistici, e relativi allegati, rilasciati alla convenuta, del materiale fotografico inerente agli immobili, non vi è alcuna prova che i danni lamentati dagli attori siano derivati causalmente dalle attività edilizie poste in essere dalla convenuta sull'immobile di sua pertinenza. 
Certamente non costituisce prova dei fatti allegati in giudizio la consulenza tecnica di parte prodotta dagli attori: «La perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, peraltro, non è obbligato in nessun caso - giudice onorario dott. ### - a tenerne conto» (così, Cass. Sez. 1 - , Ordinanza n. 5667 del 04/03/2025; id. 
Sez. 5 - , Ordinanza n. ### del 27/12/2018; id. Sez. 3, Sentenza n. 9551 del 22/04/2009). 
Inoltre, al di là della constatazione che non si tratta di perizia stragiudiziale giurata, lo stesso tecnico di parte non è stato chiamato a testimoniare sui fatti che avrebbe accertato: «La perizia giurata depositata da una parte non è dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato. Non essendo prevista dall'ordinamento la precostituzione fuori del giudizio di un siffatto mezzo di prova, ad essa si può solo riconoscere valore di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito ma della quale non è obbligato in nessun caso a tenere conto. Alla parte che ha prodotto la perizia giurata, è peraltro riconosciuta la facoltà di dedurre prova testimoniale avente ad oggetto le circostanze di fatto accertate dal consulente, che, se confermate dal medesimo in veste di testimone, possono acquisire dignità e valore di prova, sulla quale allora il giudice di merito dovrà, esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria valutazione ai fini della decisione.» ( Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4437 del 19/05/1997). 
Ciò precisato, va altresì rilevato che parte attrice ha fatto istanza per la nomina di una “CTU volta a determinare lo stato dei luoghi, i danni, gli interventi e le spese necessarie alle opere di riparazione e di ripristino dello stato dei luoghi, nonché quelle tese alla completa e definitiva eliminazione delle problematiche lamentate dagli attori” (memoria II termine, art. 183, comma 6, c.p.c.), quindi, per lo più diretta quantificare i danni subiti, dando evidentemente per già acquisita la prova del nesso causale dei lamentati danni, della quale era onerata. 
Pertanto, sotto il profilo del mancato soddisfacimento dell'onere della prova da parte degli attori, ciò sarebbe sufficiente per rigettare le loro domande. 
Tuttavia, nel merito delle questioni sollevate dagli stessi, occorre aggiungere che la disposta c.t.u., con ragionamento piano e coerente, immune da vizi logici e da intrinseche contraddizioni, giungendo alle conclusioni che qui si condividono, ha completamente disatteso le allegazioni attoree.  - giudice onorario dott. ### - Il nominato c.t.u., infatti, in risposta al primo quesito “previo esame degli atti e documenti prodotti, effettuati gli opportuni sopralluoghi e esaminati gli immobili delle parti in causa, accerti la sussistenza delle lesioni sulle mura e nel solaio nonché delle infiltrazioni lamentate da parte degli attori e ne individui le cause”, dopo aver dato conto dei sopralluoghi effettuati e delle verifiche eseguite sugli immobili, è giunto alle seguenti conclusioni che qui si fanno proprie: “il quadro fessurativo all'intradosso del solaio e sulle pareti perimetrali, limitato al solo spessore dell'intonaco, non rappresenta un pericolo per la resistenza statica del solaio…” e “In merito alle cause del quadro fessurativo in argomento, è parere dello scrivente CTU che esse, come già sopra argomentato, possono trarre origine dalle caratteristiche dei solai in ferro e laterizio caratterizzati da una deformabilità intrinseca che molto spesso si manifesta attraverso cavillature e fessurazioni dell'intonaco intradossale… e anche dalla vetustà dell'immobile che nel corso della sua vita utile per diverse cause, tra cui quelle sismiche, può avere subito fenomeni di “fatica” con conseguenti patologie in primis sul materiale aggregante ### e più in generale sul tessuto murario, come risulta anche dalle evidenze fessurative su diversi fabbricati del contesto edilizio circostante” (c.t.u., pag. 9). 
Inoltre, l'ausiliario ha rilevato, per quanto riguarda i muri, che “dalle verifiche effettuate con i carichi al massimo valore e ulteriormente incrementati dai coefficenti di maggiorazione è risultato che il valore di tensione all'interno del tessuto murario è inferiore, con buon margine di sicurezza, al valore limite di resistenza determinato …”. 
In altre parole, non soltanto è smentita l'allegazione di danni strutturali subiti dagli immobili degli attori, trattandosi dello stesso numero di lesioni, di uguale ampiezza e profondità, rilevati dalla precedente perizia svolta per la ### della Repubblica di ### nel 2009 e dai tecnici del servizio costruzioni in zona sismica regionale (c.t.u., pag. 3-4), ma soprattutto viene completamente a cadere l'allegazione attorea che ricollega la presenza di “lesioni accresciute per ampiezza e quantità” ai lavori oggetto di causa eseguiti più recentemente dalla ### - giudice onorario dott. ### - Infatti, facendo proprie le parole dell'ausiliario, accertato che “il quadro fessurativo… non ha subito alcun incremento né in numero, né in lunghezza, né in larghezza rispetto a quanto rappresentato nelle relazioni surrichiamate…” ovvero la perizia per conto della ### della Repubblica e dai tecnici regionali, e ciò dal 2009 al primo sopralluogo compiuto dal c.t.u. il ### (c.t.u., pag.  4), appare logica conclusione ritenere che i lavori eseguiti sulla sua proprietà esclusiva dalla convenuta, nell'intervallo di tempo considerato dal c.t.u.  2009/2022, non hanno determinato alcun peggioramento delle lesioni preesistenti negli immobili degli attori. 
Anche per quanto riguarda i fenomeni infiltrativi di acqua lamentati dal ### il c.t.u. smentisce completamente la ricostruzione dei fatti di parte attrice: “nel corso del 3° sopralluogo del 5.07.2022 ha accertato l'assenza delle infiltrazioni lamentate, e non poteva essere diversamente in quanto la tettoia realizzata da parte convenuta sulla terrazza di sua proprietà non può assolutamente sversare l'acqua di pioggia nella proprietà ### in quanto essa risulta completamente distaccata dalla grondaia del fabbricato ###” (c.t.u., pag. 9). Fenomeno infiltrativo che, invece, il c.t.u. ha ricondotto alla circostanza, verificata in sede di sopralluogo, inerente alla grondaia di raccolta dell'acqua piovana dalla falda del tetto di parte attrice che è risultata parzialmente ostruita e alla presenza di strati di guaina in diversi punti ammalorati, oggetto di interventi per nulla in relazione con la tettoia di parte convenuta. 
Infine, pure per quanto riguarda la generica allegazione contenuta nell'atto introduttivo e riguardante la presunta violazione della normativa urbanistica da parte della convenuta nell'esecuzione dei lavori effettuati sul suo immobile, essa non ha trovato riscontro nell'esperita c.t.u.  ###, pag. 3 delle controdeduzioni del c.t.u. alle osservazioni delle parti, ha indicato: il permesso a costruire, l'autorizzazione ambientale, la comunicazione inizio lavori, la lettera di trasmissione del progetto strutturale allo S.U.E., così concludendo: “pertanto i lavori de quibus dal punto di vista urbanistico-edilizio non possono definirsi abusivi; essi sono stati legittimamente - giudice onorario dott. ### - autorizzati e relativamente agli interventi locali strutturali è stata prodotta a sanatoria tutta la documentazione tecnico-progettuale richiesta dalle norme vigenti regolarmente trasmessa al SUE del Comune di ### del Sannio…”. 
Alla luce di quanto rilevato dal c.t.u., la risposta al secondo quesito demandatogli “indichi compiutamente le opere necessarie per la loro eliminazione quantificandone il costo complessivo” appare del tutto irrilevante per l'esito di questo giudizio, atteso che i lavori relativi agli interventi suggeriti dal c.t.u. non sono causalmente riconducibili ad alcuno degli interventi edilizi eseguiti dalla convenuta sul suo immobile, ma alla sistemazione e miglioramento delle parti comuni e non, ricordando che come soggiunto dall'ausiliario: “non sussiste pericolo attuale per la statica del solaio oggetto di controversia, ma è consigliabile nell'interesse reciproco delle parti realizzare un intervento di rinforzo del solaio…”. 
In conclusione, le domande attoree sono rimaste sprovviste di prova e, per tale motivo, devono essere rigettate. 
§3. - il regolamento delle spese di lite. 
In virtù del principio della soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c., le parti attrici devono essere dichiarate tenute e condannate, in via solidale fra loro (stante il loro interesse comune nella causa ex art. 97 c.p.c.), a rimborsare alla controparte costituita le spese processuali del presente giudizio, in conformità del ### adottato con il D.M. 10 marzo 2014 n. 55 e successive modifiche. 
Precisamente, tenuto conto dei parametri generali per la determinazione dei compensi in sede giudiziale previsti dall'art. 4, comma 1, del citato D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (e, in particolare, delle caratteristiche e del pregio dell'attività prestata, dell'importanza, della natura, della difficoltà - contrasti giurisprudenziali - e del valore dell'affare, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate), i compensi vengono liquidati sulla base della ### 2) allegata al predetto ### secondo i seguenti valori minimi di liquidazione previsti nello scaglione “indeterminabile - complessità bassa”, trattandosi di procedimento di “valore indeterminabile” (tenuto conto dell'art. 5, comma 6, D.M. 10.03.2014 n. 55, ai - giudice onorario dott. ### - sensi del quale “Le cause di valore indeterminabile si considerano di regola di valore non inferiore ad euro 26.000,00 e non superiore a euro 260.000,00, tenuto conto dell'oggetto e della complessità della controversia”): € 851,00 per la fase di studio della controversia; € 602,00 per la fase introduttiva del giudizio; € 903,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione; € 1.453,00 per la fase decisionale; va, inoltre, riconosciuto l'aumento del 30 % per presenza di più parti aventi stessa posizione processuale (art. 4, comma 2), pari a ulteriori € 1.142,70; per un totale di € 4.951,70, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% del compenso totale della prestazione, oltre a C.P.A. e I.V.A. come per legge e se dovute, con attribuzione agli avvocati ### e ### dichiaratisi antistatari. 
Per la stessa ragione, le spese di ### già liquidate da questo giudice con separato decreto datato 06/11/2023 e poste provvisoriamente a carico solidale delle parti, devono essere poste definitivamente a carico delle parti attrici. 
Non può essere invece accolta la domanda di condanna delle parti attrici a rifondere alla convenuta la somma di € 4.440,80 a titolo di spese e competenze per l'assistenza tecnica del proprio perito di parte, ing. ### atteso che la documentazione prodotta (una parcella pro forma) non costituisce prova dell'esborso sopportato dalla parte vittoriosa (cfr. Cass. Sez. 3 - , Ordinanza 21402 del 06/07/2022; id., Sez. 1, Sentenza n. 2605 del 07/02/2006).  PQM Il Tribunale di ### in composizione monocratica nella persona del giudice onorario, dott. ### definitivamente pronunciando sulle domande per cui è giudizio, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: 1) rigetta le domande attoree per le ragioni sopra spiegate; 2) condanna gli attori, come in epigrafe generalizzati, in solido tra loro, al rimborso delle spese di lite in favore della convenuta, ### che liquida in complessivi € 4.951,70, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% del compenso totale della prestazione, - giudice onorario dott. ### - oltre a C.P.A. e I.V.A. come per legge e se dovute, con attribuzione agli avvocati ### e ### dichiaratisi antistatari; 3) Ferma la solidarietà delle parti del giudizio nei confronti del c.t.u., pone le spese di c.t.u., liquidate con decreto datato 06/11/2023, definitivamente a carico degli attori, ### e ### Il presente atto è stato redatto con la collaborazione dell'A.U.P.P. dottor ### Manda alla cancelleria per gli adempimenti di sua competenza. 
Così deciso in ### il 13 ottobre 2025.  

Il Giudice
Onorario dott. ###


causa n. 1120/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Storto Luca

Quanto ritieni utile questo strumento?

4.4/5 (22516 voti)

©2013-2025 Diritto Pratico - Disclaimer - Informazioni sulla privacy - Avvertenze generali - Assistenza

pagina generata in 0.229 secondi in data 16 dicembre 2025 (IUG:5N-9BD3DD) - 1074 utenti online