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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI LAMEZIA TERME in persona del Giudice, dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al numero 946 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2016, trattenuta in decisione all'udienza del 19.3.2025 (sostituita con il deposito di note scritte ai sensi degli artt. 127 e 127-ter c.p.c.), con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c., e vertente ### “### S.R.L.” (C.F./P.I. ###), in persona del ### p.t., elettivamente domiciliato in ####, via F. Nicotera n. 18, presso lo studio dell'avv. ### M. ### che lo rappresenta e difende giusta procura alle liti in atti; #### S.R.L. S.R.L (C.F./P.I. ###), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### che la rappresenta e difende giusta procura alle liti in atti; ###: azione revocatoria fallimentare (artt. 67 e seguenti L.F.). CONCLUSIONI: come da note di trattazione scritta sostitutive dell'udienza ex artt. 127 e 127-ter c.p.c. in atti. ### atto di citazione ritualmente notificato la ### del ### s.r.l. conveniva in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, la ### s.r.l. al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: “### l'Illustrissimo Tribunale adito, respinta ogni contraria eccezione ed istanza ed in accoglimento delle domande attoree così provvedere: 1) in via principale: - accertare e dichiarare l'inefficacia nei confronti della ### attrice e, per l'effetto, revocare ex art. 67, comma 1, n. 1) L.F., del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, l'atto di transazione stipulato tra ### s.r.l. e ### s.r.l. in data ### avente data certa mediante apposizione di timbro postale recante la data del 23.11.2012; 2) in via subordinata: - accertare e dichiarare l'inefficacia nei confronti della ### attrice e, per l'effetto, revocare ex art. 67, comma 1, n. 2) del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, la compensazione delle reciproche posizioni debitorie e creditorie intervenuta tra ### s.r.l. e ### s.r.l. con atto stipulato in data ### avente data certa mediante apposizione di timbro postale recante la data del 23.11.2012; 3) in via ancor più subordinata: - accertare e dichiarare la nullità dell'atto di transazione stipulato tra ### s.r.l. e ### s.r.l. in data ###, avente data certa mediante apposizione di timbro postale recante la data del 23.11.2012, per mancanza degli elementi essenziali per la sua validità; 4) in ogni caso e in via principale: - accertare e dichiarare che la ### del fallimento ### s.r.l. ha diritto all'indennità per miglioramenti apportati al fondo a seguito della costruzione da parte della società fallita del capannone individuato al ### del Comune di ### foglio 53, p.lla 475, sub 4, categoria D/7, rendita catastale euro 8.326,00, su terreno dell'odierna convenuta nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo e, per l'effetto, condannare ### s.r.l. al pagamento in favore della ### attrice della somma di euro 338.000,00 o di quella maggiore o minore somma che verrà accertata nel corso del giudizio o che l'adito Tribunale riterrà di giustizia oltre svalutazione monetaria ed interessi legali dalla data della restituzione dell'immobile fino all'effettivo soddisfo; - condannare, altresì, la società convenuta alla refusione, in favore della ### fallimentare, delle spese e compensi professionali di causa oltre accessori di legge”.
In punto di fatto la difesa della ### attrice deduceva: che, con contratto del 14.2.1992, la società ### s.p.a. aveva concesso in locazione alla ### s.r.l. (società controllata al 100% dalla ### s.p.a.), una porzione del complesso industriale di cui era proprietaria in ####, comprendente un'area estesa circa mq 12.000,00 e un capannone per 5.200,00 mq; che, in considerazione della necessità della consociata ### s.r.l. (anch'essa società controllata al 100% da ### s.p.a.) di procedere urgentemente alla installazione di una linea di produzione nella stessa area industriale e in attesa che ### s.r.l. perfezionasse la progettazione e la costruzione di un nuovo fabbricato in area adiacente, la ### s.r.l. aveva concesso in uso con diritto di superficie una porzione di terreno e di fabbricato per un totale di mq 8.800,00 di terreno e di circa mq 3.600,00 di capannone, in forza del contratto di locazione anzidetto e di scrittura privata del 25.2.1993 controfirmata per accettazione dalla controllante ### s.p.a. e dalla consociata ### s.r.l.; che, con successivo contratto del maggio 1993, la locataria ### s.r.l., concedeva in sublocazione alla ### s.r.l. un'area della superficie di mq 7.830,00 (facente parte della più vasta area locata da ### s.p.a.), nonché un capannone industriale di mq 2.600,00 insistente su tale area; che, con atto pubblico del 29.10.1993 per ### (rep. n. 20087), la ### s.p.a. aveva venduto alla controllata ### s.r.l. un complesso industriale corrispondente anche ai beni concessi in sublocazione alla ### s.r.l.; che, su tale area, la ### s.r.l. aveva consentito alla consociata ### s.r.l. di costruire un capannone industriale esteso circa mq. 1.048,00 in adiacenza a quello già locato, previa concessione di un diritto di superficie in favore di ### s.r.l. e la previsione di una remunerazione annua pari al canone di sublocazione su cui insisteva il costruendo edificio, giusta scrittura privata del 18.2.1994; che l'immobile identificato al ### del Comune di ### foglio 53, part. 475, sub 4, categoria ###, rendita catastale euro 8.326,00, era edificato dalla ### s.r.l. in virtù di concessione edilizia rilasciata dal Comune di ### n. 2757 del 22.6.1994, con il successivo rilascio del certificato di collaudo statico e di rispondenza; che, con atto per ### stipulato il ###, rep. n. 56763, racc. n. 12535, la ### s.r.l. in liquidazione, aveva venduto alla ### s.r.l. la piena proprietà del complesso immobiliare ricomprendente i fabbricati di cui sopra; che, in tale contratto, non era stata fatta menzione del diritto di superficie concesso in favore di ### s.r.l., ma la società acquirente aveva dichiarato di essere edotta “della utilizzazione da parte della ### s.r.l., in forza di precedenti contratti, di alcuni locali ad aree del compendio immobiliare compravenduto alla società acquirente ben noti” e “di essere consapevole e di accettare la situazione di fatto consistente nel possesso materiale di alcuni beni immobili da parte della ### s.r.l.. Detta situazione di fatto deriva dalla cessazione del contratto di affitto degli immobili stessi intervenuta in data ###”; che le parti, inoltre, avevano dichiarato che il prezzo della compravendita era stato convenuto in euro 800.000,00 tenuto conto “delle problematiche, degli oneri e della situazione di fatto esistente, relative alla condivisione delle aree e dei servizi attualmente usufruiti in comune con la società ### s.r.l., valore stimato complessivamente in euro 300,000,00”; che, con contratto del 2.2.2011, registrato il ###, la ### s.r.l. aveva concesso in locazione alla ### s.r.l. un complesso immobiliare comprendente, oltre ai due capannoni suddescritti, anche un'area esterna al capannone di mq 1.000,00 e un locale di mq 150 circa per un canone mensile di euro 2.500,00 oltre IVA per i primi due anni, e di euro 3.500,00 oltre IVA per gli anni successivi; che, con scrittura privata del 18.4.2012, sulla premessa che “### s.r.l., di fatto, non utilizza più tutte le aree e la superficie oggetto della locazione originaria, per cui per lo svolgimento della propria attività, considerato il grave periodo di crisi aziendale e la mancata produzione, ha la necessità di avere la disponibilità di un solo capannone”, le parti avevano convenuto che a modifica ed integrazione del precedente contratto di locazione del 2.2.2011, l'### s.r.l. concedeva in locazione per un canone mensile ridotto di euro 600,00 il solo capannone esteso mq 2.600,00 a ### s.r.l., che accettava, e restituiva al locatore le altre unità immobiliari (tra cui anche il capannone di mq 1.048,00 costruito da ### s.r.l.); che, con successiva scrittura privata del 25.9.2012, le parti avevano risolto consensualmente il suddetto contratto di locazione e la società ### s.r.l. si era obbligata a restituire l'immobile concesso in locazione entro la data del 30.9.2012; che, in tale atto, al punto n. 8) era stato stabilito che “il credito che la ### s.r.l. vanta nei confronti della ### s.r.l. alla data del 24.9.2012, viene utilizzato in compensazione sulla cessione del capannone costruito dalla ### s.r.l. sul terreno di proprietà della ### s.r.l., riportato in ### alla sezione S. ### foglio 53, part. 475, sub 4, scheda 1”, mentre al successivo punto n. 9) della predetta scrittura privata era pattuito che la ### s.r.l. “si obbliga sin d'ora a favorire il trasferimento del suddetto capannone alla ### s.r.l. nelle forme previste dalla legge vigente, e ritenute fiscalmente meno onerose per entrambe, entro la data del 15.10.2012”; che, con atto di transazione del 30.10.2012, era stato dato atto in premessa: che la ### s.r.l. aveva concesso alla ### s.r.l. il diritto di superficie per la realizzazione di un capannone con semplice lettera del 18.4.1994; che la ### s.r.l. aveva costruito nel 1994 un nuovo capannone di mq. 1.048,00 circa a seguito di regolare concessione edilizia; che l'atto con cui era stato concesso il diritto di superficie, di durata di trenta anni, non era mai stato registrato; che la presenza della ### s.r.l. all'interno del complesso industriale acquistato dalla ### s.r.l. era stata regolarizzata successivamente tra le parti con contratto di locazione del 2.2.2011 e successive modifiche del 18.4.2012; che, per effetto di tali contratti e servizi utilizzati, la ### s.r.l. si era resa debitrice nei confronti della ### s.r.l., alla data del 1.10.2012, della somma di euro 142.000,00; che la ### s.r.l. intendeva estinguere il suo debito verso la ### s.r.l. rinunciando espressamente al proprio diritto di superficie e permutando il capannone costruito nel 1994; che, al suddetto capannone, la ### s.r.l. aveva attribuito un valore di euro 142.000,00; che, sulla base di tali premesse, nell'atto di transazione del 30.10.2012, le parti avevano convenuto e stipulato quanto segue: “la ### rinuncia, anticipatamente ed espressamente, al diritto di superficie e trasferisce alla ### s.r.l., che accetta a transazione e saldo di ogni diritto e pretesa comunque dipendente dai rapporti di cui in premessa, il capannone dalla stessa costruito nel 1994, a cui si attribuisce un valore di euro 142.000,00. Con la rinuncia espressa al diritto di superficie ed il trasferimento del capannone a transazione e saldo, si estingue il credito di euro 142.000,00 vantato dalla ### s.r.l., la quale si dichiara soddisfatta e ritiene di non avere null'altro a pretendere ad alcun titolo in dipendenza dei fatti e rapporti di cui sopra nei confronti di ### s.r.l.”; che, con sentenza n. 17/2013 del 25.6.2013, il Tribunale di ### aveva dichiarato il fallimento della ### s.r.l.; che la transazione tra le parti era stata sottoscritta nel periodo sospetto con sproporzione tra le prestazioni ed era, pertanto, revocabile ai sensi dell'art. 67, comma 1, n.1 L.F.; che, comunque, nel caso in cui tale atto fosse configurabile quale una compensazione volontaria esso era revocabile ai sensi dell'art. 67, comma 1, n. 2 L.F.; che la transazione del 30.10.2012, in ogni caso, era nulla per mancanza degli elementi essenziali; che spettavano alla ### del ### attrice i miglioramenti arrecati al fondo sotto forma di aumento di valore per la costruzione su di esso di un capannone industriale.
Sulla scorta di tali deduzioni la ### attrice concludeva come sopra riportato e trascritto.
Radicatosi il contraddittorio resisteva in giudizio con apposita comparsa di risposta la ### s.r.l. la quale, relativamente alla domanda di indennità per miglioramenti ex artt. 936 e 1150 avanzata dalla controparte, eccepiva in via preliminare: 1) il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto il concedente il diritto di superficie a favore della ### s.r.l. era stata la ### s.r.l.; 2) la prescrizione estintiva del diritto in quanto il capannone costruito dalla ### s.r.l. era stato realizzato nel lontano 1994; 3) la compensazione dell'eventuale credito vantato dal ### con quello certo e liquido della società convenuta ammontante ad euro 142.000,00 derivato dall'inadempimento della ### s.r.l. in bonis alle obbligazioni contrattuali esistenti tra le parti. Nel merito, la società convenuta adduceva la carenza dei requisiti per la richiesta di revocatoria fallimentare e l'assenza di conoscenza dello stato di insolvenza da parte sua nonché la sussistenza di tutti gli elementi di validità della transazione conclusa tra le parti concludendo, pertanto, nel modo che segue: “### all'Illustrissimo Tribunale adito, rigettata ogni contraria istanza, eccezione e deduzione: in via preliminare e pregiudiziale: - accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva della convenuta ### s.r.l. rispetto alla condanna alla corresponsione di indennità per miglioramenti ex artt. 936 e 1150 c.c. e/o comunque indennità per i miglioramenti apportati al fondo a seguito dell'asserita costruzione da parte della società fallita del capannone individuato al ### del Comune di ### foglio 53, part. 475, sub 4, categoria ###, rendita catastale euro 8.326,00, su terreno dell'odierna convenuta nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo, con adozione di ogni provvedimento conseguenziale; - nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della eccezione preliminare e nella denegata ipotesi di accoglimento di domanda di revocazione della transazione e comunque in ogni caso, dichiarare l'intervenuta prescrizione del reclamato diritto alla corresponsione della indennità per migliorie; in via principale, senza rinuncia alle superiori eccezioni: - respingere e rigettare le domande avanzate da controparte in quanto infondate in fatto e in diritto e comunque non provate; in via subordinata e salvo il gravame di ogni altro diritto e/o azione: - nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della spiegata eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva in capo alla ### s.r.l., nonché nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda azionata da controparte e nella denegata ipotesi di mancato accoglimento dell'eccezione di prescrizione, ed in ogni caso fatto salvo ed impregiudicato ogni diritto ed azione, si avanza eccezione di compensazione tra quanto la convenuta venisse condannata a pagare nei confronti del ### a titolo di indennità per miglioramenti ex artt. 936 e 1150 c.c. (e/o comunque di indennità per i miglioramenti apportati al fondo a seguito dell'asserita costruzione) ed il credito certo, liquido ed esigibile di euro 142.000,00 vantato dalla stessa ### s.r.l. per i servizi prestati ed i canoni scaduti e non corrisposti dalla società fallita, tutti meglio specificati nelle fatture elencate in allegato all'atto di transazione del 30.10.2012 (credito non contestato dal ###.
Vinte le spese”.
Alla prima udienza di trattazione del 21.11.2016 la ### attrice, a seguito delle difese della società convenuta, chiedeva di chiamare in causa ex art. 269 c.p.c. la ### s.r.l. in liquidazione; il Tribunale con ordinanza del 23.2.2017 autorizzava la citazione del terzo domandata dall'attrice.
All'udienza del 18.9.2017 la ### del ### s.r.l. rappresentava di non avere potuto notificare la chiamata in causa alla terza chiamata in quanto la ### s.r.l. in liquidazione era stata cancellata dal registro delle imprese.
Concessi i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., la controversia veniva istruita mediante le produzioni documentali delle parti e attraverso una CTU volta ad effettuare la stima dei beni immobili oggetto di causa e ad accertare l'eventuale aumento di valore del fondo in questione con quantificazione dell'indennità dovuta per i miglioramenti (con elaborato peritale redatto dall'ing. ### depositato via telematica il ###).
La causa, dopo alcuni rinvii interlocutori dovuti al carico del ruolo ed alla necessità di trattenere in decisione cause di maggiore urgenza e risalenza di iscrizione secondo le prescrizioni dei decreti presidenziali organizzativi sullo smaltimento dell'arretrato del settore civile, sulle conclusioni in epigrafe indicate, veniva trattenuta in decisione all'udienza del 19.3.2025 (svoltasi secondo il modulo procedimentale della trattazione scritta ai sensi degli artt. 127 e 127 ter c.p.c.), con la concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE Il Tribunale, nella odierna sede è chiamato a pronunciare sulle seguenti domande di parte attrice: 1) domanda principale finalizzata ad accertare e dichiarare l'inefficacia nei confronti della ### attrice e la revoca ex art. 67, comma 1, n. 1) L.F. della transazione del 30.10.2012 tra ### s.r.l. e ### s.r.l.; 2) domanda subordinata volta ad accertare e dichiarare l'inefficacia nei confronti del ### attore e, per l'effetto, la revoca ex art. 67, comma 1, n. 2) L.F., della compensazione volontaria delle reciproche posizioni debitorie e creditorie intervenuta tra ### s.r.l. e ### s.r.l. con atto stipulato in data ###; 3) domanda ulteriormente subordinata finalizzata ad accertare e dichiarare la nullità dell'atto di transazione inter partes per la mancanza degli elementi essenziali; 4) domanda volta ad accertare e dichiarare il diritto della ### del ### s.r.l. all'indennità per i miglioramenti apportati al fondo di proprietà della convenuta a seguito della costruzione da parte della società fallita del capannone meglio descritto in citazione, nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo con la conseguente condanna della ### s.r.l. al pagamento in favore della ### attrice della somma di euro 338.000,00 o di quella maggiore o minore somma accertata nel corso del giudizio oltre svalutazione monetaria ed interessi legali dalla data della restituzione dell'immobile fino all'effettivo soddisfo.
Nel costituirsi in giudizio la società convenuta ha contestato tutte le richieste della ### attrice affermando l'insussistenza dei presupposti di legge per il loro accoglimento. Con particolare riguardo alla domanda per indennità dei miglioramenti della controparte, la ### s.r.l. ha eccepito: 1) il proprio difetto di legittimazione passiva considerato che il concedente il diritto di superficie a favore della ### s.r.l. era stata la ### s.r.l. che era, quindi, l'unico soggetto giuridico nei cui confronti far valere la pretesa della parte attrice; 2) la prescrizione del diritto; 3) la compensazione dell'eventuale credito vantato dal ### con quello certo e liquido della società convenuta derivante dall'inadempimento della ### s.r.l. in bonis alle obbligazioni negoziali esistenti tra le parti (canoni di locazione e utilizzo di altri servizi).
Tanto sinteticamente ricostruito circa il thema decidendum ed il conseguente thema probandum, vanno evidenziati, perché in grado di semplificare i successivi articolati passaggi motivazionali, gli eventi principali relativi ai complessi rapporti giuridici tra le varie parti coinvolte nella controversia in oggetto dovendosi sottolineare in particolare: a) che la società ### s.p.a., con contratto del 14.2.1992, aveva concesso in locazione alla ### s.r.l., una porzione del complesso industriale di cui era proprietaria in ####, comprendente un'area estesa circa mq 12.000,00 e un capannone per 5.200,00 mq ; b) che la ### s.r.l., con lettera del 18.2.1994, aveva concesso alla ### s.r.l. il diritto di superficie per la realizzazione di un capannone (v. doc. 5 fascicolo di parte attrice); c) che la ### s.r.l. aveva costruito nel 1994 un nuovo capannone di circa mq. 1.048,00 a seguito di regolare concessione edilizia (cfr. doc. 5 fascicolo di parte attrice); d) che l'atto con cui era stato concesso il diritto di superficie, di durata di trenta anni, non era mai stato registrato e pertanto non era opponibile ai terzi; e) che la ### s.r.l. in liquidazione, con atto pubblico stipulato il ###, aveva ceduto alla ### s.r.l., la piena proprietà del complesso immobiliare ricomprendente i fabbricati di cui sopra (cfr. doc. 9 fascicolo di parte attrice); f) che tra la ### s.r.l. e la ### s.r.l. era stato concluso un contratto di locazione in data ### (con successive modifiche del 18.4.2012) al fine di consentire la presenza della ### s.r.l. all'interno del complesso industriale acquistato dalla ### s.r.l. (v. doc.ti 10-12 fascicolo di parte attrice); g) che la ### s.r.l. si era resa debitrice nei confronti della ### s.r.l., alla data del 1.10.2012, della somma di euro 142.000,00 per effetto dei contratti tra le parti e per i servizi utilizzati dalla società in bonis; h) che, con atto di transazione del 30.10.2012, la ### s.r.l. intendeva estinguere il suo debito verso la ### s.r.l. rinunciando espressamente al proprio diritto di superficie e permutando il capannone costruito nel 1994, mentre da parte sua, la società convenuta rinunciava al suo credito nei riguardi della ### s.r.l. (v. doc. 13 fascicolo di parte attrice).
Dunque, con scrittura privata del 18.2.1994, la ### s.r.l. ha concesso alla ### s.r.l. in bonis il diritto di superficie per la costruzione di un capannone industriale sul fondo sublocato alla consociata per una retribuzione annua pari al canone di locazione del terreno ove insisteva il fabbricato in costruzione.
Tale atto, perfettamente valido ed efficace tra le parti contraenti in quanto redatto per iscritto nella forma minima della scrittura privata, non era stato però trascritto sicchè era inopponibile a tutti i terzi, quindi anche, nella specie, alla ### s.r.l. che aveva acquistato dalla ### s.r.l. - con atto pubblico del 21.1.2010 tempestivamente trascritto - il terreno ove insisteva il capannone costruito nel 1994 dalla ### s.r.l., determinando ciò l'acquisto automatico della costruzione da parte del nuovo titolare del fondo per effetto dell'accessione.
E' noto, infatti, che sia il diritto di servitù sia il diritto di superficie esigono la forma scritta per la loro costituzione (art. 1350 n. 2 e 3 c.c.). Inoltre, i contratti che costituiscono diritti di servitù o diritti di superficie devono essere trascritti perché il relativo diritto sia opponibile agli aventi causa delle parti (art. 2643 n. 2 e n. 4 c.c.). Ciò significa che in mancanza di trascrizione il diritto non sarà opponibile all'avente causa del titolare del fondo servente e del concedente.
La giurisprudenza, però, ritiene, in tema di servitù volontariamente costituita, che questa possa essere opposta all'avente causa del titolare originario del fondo servente non solo in caso di trascrizione ma anche, pur se la trascrizione non c'è stata, se la servitù sia stata espressamente menzionata nell'atto di trasferimento del fondo stesso (Cass. 17634/2013, Cass. 9457/2011). A tal fine, tuttavia, non sono sufficienti mere formule di stile (che spesso si trovano negli atti notarili) ma
è necessario che la servitù venga descritta (Cass. 5158/2003, Cass. 17634/2013), cioè che sia richiamata chiaramente.
La regola per cui è ritenuta sufficiente la menzione del diritto nel contratto di trasferimento è espressamente affermata nelle pronunce sopra appena richiamate solo per le servitù; tuttavia, data la comune natura di diritto reale e la comune regola della forma scritta e della necessità di trascrizione, sembra ragionevole possa essere estesa anche al diritto reale di superficie.
Ebbene, nel caso di specie, nel contratto di compravendita tra la ### s.r.l. e la ### s.r.l. non vi è stata alcuna menzione (come peraltro riconosciuto da tutte le parti in causa) della costituzione del diritto di superficie; di conseguenza, come detto, l'esistenza del diritto di superficie della ### s.r.l. non era opponibile alla società convenuta e nei confronti di quest'ultima l'atto costitutivo del diritto reale era totalmente inefficace e non produttivo di effetti.
Effettuata nei termini appena illustrati la ricostruzione delle domande attoree e dei passaggi fondamentali relativi ai complessi rapporti giuridici tra le parti coinvolte nelle operazioni economiche e giuridiche susseguitesi nel corso del tempo, passando più propriamente al merito della res litigiosa, deve osservarsi che, nell'atto di citazione, sono state formulate delle domande in via subordinata tra loro e non in via alternativa.
La differenza tra la formulazione delle domande in via alternativa, piuttosto che in via subordinata una all'altra, risiede esclusivamente nella circostanza che, nel primo caso, è l'attore a rimettere al potere discrezionale del giudice la valutazione delle pretese fatte valere sotto una “species iuris” piuttosto che l'altra, mentre nella seconda ipotesi si richiede, espressamente, che il giudice prima valuti la possibilità di accogliere una domanda e, solo nell'eventualità in cui questa risulti infondata (o, comunque, da rigettare), esamini l'ulteriore richiesta (v. ex multis Cassazione civile, sez. III, 19/10/2016, n. 21083).
Nel caso di specie, pertanto, si procederà ad esaminare le domande di parte attrice secondo il loro ordine iniziale, partendo quindi dalla revocatoria fallimentare di cui all'art. 67, comma 1, n. 1 L.F..
Tale domanda ha ad oggetto un atto di transazione e merita integrale accoglimento.
Al riguardo giova rammentare che la transazione consiste nella composizione di una controversia attraverso l'accordo delle parti su un regolamento del loro rapporto mediante reciproche concessioni (art. 1965 c.c.) ed essa può avere per effetto l'estinzione del rapporto preesistente e la creazione di un nuovo rapporto (transazione novativa) o escludere tale effetto (transazione semplice o conservativa).
La transazione presuppone l'attitudine ad incidere su un conflitto giuridico (res dubia) che, laddove non ancora sorto, allude ad una lite stragiudiziale che può sfociare nella contesa processuale. Si fa, in altri termini, riferimento a un dissenso attuale suscettibile di indurre le parti del rapporto controverso ad azionare le relative pretese in giudizio.
Elemento caratterizzante il tipo contrattuale è la sussistenza di reciproche concessioni, per effetto delle quali si realizza la funzione giuridica di tale figura negoziale.
Per tali ragioni, la transazione si configura come negozio dispositivo, sicché idoneo a incidere solo in ordine a situazioni giuridiche soggettive rimesse alla libera disponibilità dei contraenti (art. 1966 c.c.).
La definizione della lite si realizza “aliquid dando, aliquid retinendo”. Trattasi, dunque, di un contratto a prestazioni corrispettive dal quale scaturiscono obblighi e diritti reciproci, di modo che la prestazione di una parte, legata alla prestazione dell'altra, convergono nella sintesi di interessi che forma il sinallagma.
La transazione ha altresì natura di contratto commutativo, sebbene simile carattere presenti aspetti peculiari, tali da non consentire alcun sindacato sull'equilibrio delle prestazioni, come si evince dal divieto di impugnazione per causa di lesione ai sensi dell'art. 1970 c.c..
Dal punto di vista funzionale, la volontà di definire la “res dubia” e le reciproche concessioni integrano lo schema causale del negozio transattivo, di tal chè l'accordo negoziale deve contenere un regolamento di interessi volto a mediare tra le iniziali prospettazioni delle parti, con reciproche attribuzioni o riduzione delle rispettive pretese.
Di converso, dovrà ritenersi, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, nullo e invalido il negozio qualora preveda solo la totale rinuncia di una parte senza alcuna corrispondente concessione da parte dell'altra (si veda, ex multis, Cass. Sez. II, 25 ottobre 2013, n. 24169; Cons.
Stato, Sez. V, 22 giugno 2018, n. 3888).
Parimenti invalido per mancanza di causa è l'accordo transattivo in assenza della lite (stragiudiziale o giudiziale), poiché mancherebbe la ragione ed il termine di riferimento delle reciproche concessioni, risultando così compromessa la funzione del negozio.
Fatte le superiori premesse teoriche sulla transazione, si rileva come la domanda di revocatoria fallimentare, nel caso di specie, sia astrattamente ammissibile in quanto la transazione non è impugnabile - ai sensi dell'art. 1970 c.c. - dalle parti, mentre i creditori e, dopo il fallimento, il curatore fallimentare possono agire in revocatoria avverso tale atto (cfr. Tribunale Modena, 19/03/2018, n.477).
Orbene, ai sensi dell'art, 67, comma 1, L.F. “sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore: 1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso”.
Venendo in rilievo la tematica della revocatoria fallimentare giova preliminarmente inquadrare detto tema.
Partendo dall'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., questa si compone di quattro elementi: un atto del debitore di disposizione patrimoniale, oneroso o gratuito; che tale atto arrechi un pregiudizio al creditore; la “malafede” del debitore; se l'atto è oneroso, anche la “malafede” del terzo accipiens.
La revocatoria fallimentare ex art. 67 L.F. prevede, invece, delle presunzioni che permettono una più agevole ricostruzione del patrimonio da sottoporre ad esecuzione concorsuale.
Il primo requisito, di carattere oggettivo, resta invariato, dovendo il ### provare l'avvenuto compimento dell'atto di disposizione patrimoniale.
Sul secondo requisito, di carattere oggettivo, intervengono invece due presunzioni. A tenore della prima, gli atti posti in essere dall'imprenditore in un certo periodo anteriore alla dichiarazione di fallimento (c.d. retrodatazione dell'insolvenza, calibrata sulla base delle diverse tipologie negoziali variamente idonee ad incidere sul patrimonio del debitore successivamente fallito) si presumono (iuris tantum) compiuti in stato di insolvenza, sicché sarà il terzo accipiens a dover provare in concreto che il debitore non era insolvente. Su tale prima presunzione si innesta la seconda, a tenore della quale tutti gli atti posti in essere in stato di insolvenza (anche se il fallimento non è stato ancora dichiarato) si presumono (iuris et de iure) pregiudizievoli per i creditori perché idonei ad alterare quanto meno la par condicio creditorum (Cass., n. 23430/2012). ### è quindi dispensato dall'onere di provare l'eventus damni. ### fallimentare è altresì dispensato dall'onere di provare il terzo requisito, di carattere soggettivo, dal momento che la “malafede” del debitore è presunta (iuris et de iure).
Ai sensi del quarto elemento, di carattere soggettivo, bisogna verificare se lo stato di insolvenza del debitore fosse noto al terzo (scientia decoctionis). Orbene, per alcuni atti di carattere anomalo (art. 67 co. 1 L.F.) e quindi particolarmente sintomatici dello stato di insolvenza, è posta anche una presunzione (iuris tantum) di conoscenza di tale stato in capo al terzo.
La prova contraria non è soltanto quella di carattere negativo, con cui il convenuto tenta di dimostrare l'inesistenza di sintomi dello stato di insolvenza (come l'assenza di protesti o di procedure esecutive immobiliari), ma anche quella di carattere positivo, con cui il convenuto tenta di dimostrare che sussistevano circostanze tali da far ritenere che l'imprenditore successivamente fallito si trovasse in una situazione di normale esercizio dell'impresa (v. Cass., n. 8224/2011).
E proprio in tema di atti anomali, la giurisprudenza di legittimità ha affermato la possibilità di revocatoria del negozio di transazione per sproporzione ex art. 67 co. 1 n. 1 L.F.: in tal caso, il giudice non dovrà limitarsi a valutare solo le prestazioni dedotte in transazione, né le prestazioni originariamente pattuite tra le parti, ma dovrà valutare le reciproche concessioni in base ad un giudizio prognostico sulla fondatezza delle reciproche pretese (Cass., n. 26124/2013). Ciò in quanto la sola valutazione delle prestazioni dedotte in transazione non ne coglierebbe appieno la sua ratio, che sta nel rapporto tra “l'aliquid datum” e “l'aliquid retentum” (qualcosa si è dato, qualcosa si è conservato). Così come non può prendere in considerazione le pretese originarie come dedotte dalle parti, dovendo piuttosto stimare il valore delle pretese originarie sulla base del grado di incertezza che le caratterizza. Ed è sulla base di questi parametri che il giudice deve trarre l'entità della concessione che ciascuna parte ha compiuto nei riguardi dell'altra, per poi raffrontarle e verificarne l'eventuale sproporzione.
Dunque, al fine di accertare la sproporzione tra due prestazioni contrapposte occorre verificare l'eventuale disequilibrio sostanziale delle attribuzioni patrimoniali tra il fallito ed il contraente e dunque esaminare il rapporto tra l'insieme di quanto dato e/o promesso dal soggetto poi fallito e quanto, nel complesso, ricevuto quale controprestazione (v. Cass. Civ., ###- I, Ordinanza 12700 del 13/05/2019, che in motivazione afferma che “la citata norma fa espresso richiamo, infatti, al rapporto tra l'insieme di quanto dato e/o promesso dal soggetto di poi fallito, nel complesso, ricevuto in cambio («gli atti ... in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso»). ### quanto si inscrive coerentemente, del resto, nella logica della figura di revocatoria relativa agli atti sproporzionati: che si focalizza proprio sul disequilibrio sostanziale delle attribuzioni patrimoniali (compiute o promesse) che risultano discendere dall'operazione intercorsa tra il soggetto poi fallito e il contraente in bonis”).
In tema di sproporzione tra le prestazioni, la giurisprudenza di legittimità ha opinato quanto segue: - Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26124 del 21/11/2013 (Rv. 628921 - 01): “In tema di revocatoria fallimentare promossa per sproporzione tra le prestazioni ai sensi dell'art. 67, primo comma, n. 1, legge fall. ed avente ad oggetto una transazione, il giudice non deve avere riguardo né soltanto alle prestazioni dedotte nell'atto di transazione, né soltanto alle pretese originarie come declinate dalla parte, ma deve tenere conto complessivamente delle reciproche concessioni. A tal fine, tuttavia, non occorre effettuare un accertamento incidentale in termini di fondatezza o infondatezza delle pretese originarie, ma è necessario stabilire il valore di queste, tenendo conto, con un giudizio prognostico, sia delle probabilità di un positivo accertamento in sede giudiziaria, sia di tutte le altre circostanze (quali la solvibilità del debitore ed il tempo necessario per l'attuazione del diritto in via giudiziale) che incidono sulla valutazione economica della originaria pretesa nel momento in cui la parte transigente vi ha rinunziato”; - Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13881 del 06/07/2015 (Rv. 635829 - 01): “In tema di revocatoria fallimentare, la valutazione sulla "notevole sproporzione" tra le prestazioni eseguite e le obbligazioni assunte dal fallito e ciò che a lui è stato dato o promesso, necessaria per la dichiarazione di inefficacia del negozio ai sensi dell'art. 67, primo comma, n. 1), L.F. (nella versione anteriore alla modifica di cui al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif. dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, applicabile "ratione temporis"), deve essere effettuata "ex ante", ossia al momento della conclusione del contratto, dovendosi prescindere da una misura fissa o parametro da cui desumere il depauperamento patrimoniale del debitore (analoga alla lesione "ultra dimidium" propria della rescissione), poiché è sufficiente, per la sua configurabilità, che tale depauperamento sia consistente. Il relativo giudizio costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.”; - Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 21279 del 13/09/2017 (Rv. 646762 - 01): “In tema di revocatoria fallimentare promossa per sproporzione tra le prestazioni ai sensi dell'art. 67, comma 1, n. 1, L.F. ed avente ad oggetto una transazione, il giudice non deve avere riguardo né soltanto alle prestazioni dedotte nell'atto di transazione, né soltanto alle pretese originarie come declinate dalla parte, ma deve tenere conto complessivamente delle reciproche concessioni. A tal fine, tuttavia, non occorre effettuare un accertamento incidentale in termini di fondatezza o infondatezza delle pretese originarie, ma è necessario stabilire il valore di queste, tenendo conto, con un giudizio prognostico, sia delle probabilità di un positivo accertamento in sede giudiziaria, sia di tutte le altre circostanze (quali la solvibilità del debitore ed il tempo necessario per l'attuazione del diritto in via giudiziale) che incidono sulla valutazione economica della originaria pretesa nel momento in cui la parte transigente vi ha rinunziato”; - Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 8635 del 09/04/2018 (Rv. 649141 - 01): “In tema di revocatoria fallimentare, promossa per far valere l'affermata sproporzione tra le reciproche prestazioni rinunciate nell'ambito di una transazione intercorsa tra le parti, l'onere della prova incombe sulla parte che ha proposto l'azione revocatoria, ed ha per oggetto anche il valore della rinuncia operata da controparte, senza che possa distinguersi tra elementi dedotti dalla parte attrice ed elementi dedotti dalla convenuta, le cui allegazioni sul punto non possono considerarsi oggetto di un'eccezione in senso stretto, avendo invece natura di mere contestazioni o difese.
A conclusione di quanto appena illustrato può affermarsi, quindi, che il contratto di transazione è soggetto alla revocatoria fallimentare; infatti, la sua natura non aleatoria ma commutativa fa sì che ciascun contraente subisca un sacrificio patrimoniale determinato, onde procurarsi un vantaggio corrispondente e rende possibile al giudice valutare, ex art. 67, n. 1, L.F., se la prestazione assunta dal fallito sorpassi notevolmente la controprestazione. La valutazione del giudice va effettuata con riferimento alle sole prestazioni dedotte in contratto e non anche con riferimento alle reciproche concessioni, ossia alle pretese originarie dei contraenti, poiché le valutazioni delle parti circa la situazione preesistente restano assorbite nel regolamento contrattuale, vale a dire nelle reciproche attribuzioni patrimoniali (cfr. Cass., 20/03/1976, n.1016 e 27/06/2001, n. 8808).
Tornando al caso di specie, tenuto conto di tutti gli elementi emersi durante il giudizio, non può che giungersi alla conclusione che le obbligazioni assunte dalla ### s.r.l. con la transazione intervenuta il ### (e dunque nel termine di un anno prima del fallimento dichiarato in data ###) sopravanzano di oltre un quarto quelle assunte dalla ### s.r.l..
Infatti, il diritto di superficie della ### s.r.l., in quanto non trascritto, non era opponibile alla ### s.r.l. ed era inefficace nei suoi riguardi; purtuttavia, la ### s.r.l. vantava ugualmente un diritto per i miglioramenti apportati al fondo divenuto di proprietà della società convenuta a seguito della costruzione del capannone industriale di circa 1.048,00 quantificato dalla CTU svolta in corso di causa in euro 356.160,03 per aumento di valore del terreno (v. pag. 11 CTU ing. ### in atti).
Quindi, mentre la ### s.r.l. ha rinunciato a pretendere il pagamento della somma di euro 142.000,00 rimasta impagata e dovuta in forza dei contratti in essere tra le parti e dei servizi di cui aveva usufruito la società poi fallita, la ### s.r.l., invece, ha rinunciato ad ogni azione per i miglioramenti relativi alla costruzione del capannone sul fondo acquistato dalla convenuta quantificabili nell'importo ben maggiore di euro 356.160,03 ridotto in modo ingiustificato e sproporzionato ad euro 142.000,00 (anche tenuto presente che il prezzo pagato dalla ### s.r.l. per l'acquisto del fondo era stato già ridotto di euro 300.000,00 per le “problematiche e gli oneri” derivanti dalla situazione di possesso da parte di ### s.r.l. di una parte del compendio immobiliare acquistato dalla convenuta), nonostante non sussistessero nemmeno dubbi sulla solvibilità della ### s.r.l..
Al fine di verificare la sproporzione tra le prestazioni nessun rilievo assume la circostanza dedotta dalla convenuta secondo cui il valore del capannone costruito dalla ### s.r.l. fosse stato determinato in sede di transazione facendo la media tra le perizie effettuate autonomamente dalle parti coinvolte nell'accordo considerato che tali valutazioni erano state compiute sempre dagli interessati e non rimesse piuttosto ad un soggetto terzo rispetto ai contraenti.
Pertanto, non si può che giungere alla conclusione che tra le contrapposte concessioni vi sia una proporzione ben superiore rispetto al quarto previsto dalla norma in esame: infatti, a fronte del significativo sacrificio patrimoniale subito dalla fallita non è dato rinvenire alcun vantaggio corrispondente considerato il pieno riconoscimento della intera pretesa della controparte che non aveva subito alcun significativo sacrificio patrimoniale.
Conseguentemente, in accoglimento della domanda principale proposta da parte attrice ex art 67, primo comma, n. 1 L.F. l'atto di transazione del 30.12.2012 deve essere dichiarato inefficace nei confronti del fallimento, non avendo la convenuta, come era suo preciso onere fare, provato che non conosceva lo stato di insolvenza della ### s.r.l. al momento della conclusione della transazione.
Nella previsione dell'art. 67 comma 1 L.F., infatti, vi è una vera e propria inversione dell'onere della prova in forza del quale il convenuto in revocatoria deve fornire la prova positiva che, nel momento in cui è stato posto in essere l'atto revocabile, esistevano specifiche e concrete circostanze tali da far ritenere, ad una persona di media diligenza, che l'imprenditore si trovava in una situazione di ordinario esercizio dell'impresa (cfr. per il merito Tribunale di Patti, Sentenza n. 612/2024 del 20- 05-2024).
In pratica, per gli atti di cui all'art. 67, comma 1, n. 1, L.F., la “scientia fraudis” del terzo - da intendersi come consapevolezza dello stato di insolvenza - è presunta per legge in ragione del carattere anomalo dell'atto, con la conseguenza che grava sul terzo l'onere di dimostrare la propria “inscientia decoctionis”, ossia che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore (Cass. civ., 17286/2014). Tale prova non è stata fornita dalla ### s.r.l..
Pertanto, ricorrono tutti i presupposti per l'accoglimento della domanda principale avanzata dalla parte attrice: 1) l'atto è stato compiuto nel c.d. “periodo sospetto”, vale a dire, nel caso in esame, nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento (art. 67, comma 1, n. 1, L.F.) (v. doc. 14 fascicolo di parte attrice); 2) la parte attrice ha fornito la prova della sproporzione fra le reciproche prestazioni rinunciate nell'ambito della transazione intercorsa tra le parti (Cass. civ., n. 8635/2018); 3) con l'accordo transattivo per cui è causa si è determinata una lesione della “par condicio creditorum” in quanto, con riferimento al carattere pregiudizievole per i creditori, secondo il condivisibile orientamento della Corte di Cassazione, in caso di fallimento, l'”eventus damni”, identificato nel puro e semplice fatto della lesione della “par condicio creditorum”, è oggetto di presunzione legale assoluta (Cass. civ., sez. un., n. 7028/2006 e Cass. civ., 17044/2016).
A seguito di quanto sopra, la domanda ex art. 67, comma 1, n.1 L.F. avanzata in via principale dalla ### attrice deve essere accolta e, per l'effetto, deve dichiararsi, nei confronti del ### la inefficacia della transazione intervenuta e stipulata in data ### tra la società fallita ancora in bonis e la odierna convenuta. ### della domanda principale determina l'assorbimento di quelle proposte in via subordinata in virtù del principio di diritto, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in base al quale la figura dell'assorbimento, che esclude il vizio di omessa pronuncia, ricorre, in senso proprio, quando la decisione sulla domanda cd. assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, che con la pronuncia sulla domanda cd. assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno e, in senso improprio, quando la decisione cd. assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande (### Cass. 11547/13).
Resta da esaminare la domanda della ### attrice di accertamento del credito per i miglioramenti recati al fondo a seguito della costruzione del capannone di cui si è detto e di conseguente condanna della società convenuta al conseguente pagamento.
Tale domanda è fondata nei termini che si dirà e deve essere qualificata dal Tribunale quale domanda svolta ai sensi dell'art. 936 c.c. anziché ex art. 1050 c.c..
Vale ricordare che il principio dell'accessione stabilisce che tutto quello che si trova sul suolo è del proprietario del suolo. Alcune volte, però, delle opere (o miglioramenti) sul suolo vengono realizzate da soggetti non proprietari, in queste ipotesi, il proprietario del suolo (o il soggetto che ha realizzato l'opera) può chiedere la rimozione dell'opera oppure può decidere di mantenere l'opera pagando l'aumento del valore del fondo. ###. 936 c.c. regola la realizzazione dell'opere o miglioramenti su suolo altrui eseguite da terzi, in questa ipotesi il proprietario del suolo ha diritto di conservare le opere (pagando il miglioramento del fondo) oppure ha diritto di farle eliminare rispristinando lo stato quo ante. La rimozione non può essere richiesta decorsi 6 mesi dall'incorporazione e la decadenza dall'esercizio dello ius tollendi non è rilevabile d'ufficio.
Diversa è l'ipotesi prevista dall'art. 1050 c.c. il quale prevede che se il possessore del fondo è in buona fede ha diritto ad avere il rimborso delle spese straordinarie, ha diritto all'indennità per i miglioramenti, e per le addizioni effettuate dal possessore in buona fede si applica l'art. 936 c.c..
Gli artt. 936 e 1150 c.c., quindi, tendono entrambi al medesimo obiettivo, cioè la rifusione del valore delle migliorie.
La differenza tra l'art. 936 c.c. e 1050 c.c., tuttavia, è evidente se si nota che il soggetto che esegue l'opera ex art. 936 c.c. è un qualsiasi terzo senza nessun rapporto con il fondo (terzo è chiunque abbia eseguito le opere), mentre per l'art. 1050 c.c. il soggetto che esegue l'opera è il possessore qualificato (in buona fede). Quindi, l'art. 1150 c.c. presuppone la qualità di possessore (ad esempio non è possessore il titolare di un contratto preliminare di vendita).
Inoltre, mentre la scelta sul da farsi (ripristino o conservazione dei miglioramenti) per l'art. 936 è lasciata al proprietario del fondo, nell'art.1050 c.c. il proprietario del fondo deve solo pagare i miglioramenti.
Legittimato passivo dell'azione intentata dal terzo, che ha costruito nel fondo altrui con materiali propri, ai fini della indennità di cui all'art 936 c.c., è il soggetto che rivesta la duplice qualità di proprietario del fondo e di beneficiario delle opere realizzate al momento dell'inizio della controversia (art. 111 c.p.c.).
La Suprema Corte ha chiarito che una volta proposta la domanda di corresponsione di una somma a titolo di miglioramenti, l'inquadramento della stessa nella fattispecie di cui all'art. 1150 c.c. o in quella di cui all'art. 936 c.c. è solo un problema di qualificazione giuridica, attività che il giudice di merito non solo può, ma deve compiere (Cass. civ. sez. III, del 26 giugno 2018, n. 16804).
Come poc'anzi anticipato, il Tribunale ritiene che la domanda attorea sia riconducibile nell'alveo applicativo dell'art. 936 c.c. e non piuttosto nell'ambito dell'art. 1150 c.c. posto che essendo inopponibile il diritto di superficie vantato dalla ### s.r.l. alla ### s.r.l. (perché il relativo atto costitutivo da parte della ### s.r.l. non era stato tempestivamente trascritto), la società fallita è da considerarsi a tutti gli effetti un soggetto terzo al momento in cui è avvenuta l'incorporazione in quanto l'opera realizzata non è avvenuta in esecuzione di un rapporto contrattuale che legava la ### s.r.l. al proprietario del fondo ma sulla base di un rapporto non opponibile a quest'ultimo e quindi non avente alcuna efficacia o effetto tra le parti del presente giudizio.
I giudici di legittimità, del resto, hanno sancito che “per l'applicabilità degli artt. 936 e 937 cod. è necessario che autore delle opere eseguite su suolo altrui sia un terzo, dovendo considerarsi tale colui che non è vincolato al proprietario dell'immobile da alcun rapporto negoziale ovvero da alcun rapporto di altro tipo che comporti una specifica disciplina circa immissioni del genere. Non è, pertanto, terzo, ne' colui che abbia eseguito l'opera in base a contratto concluso col proprietario dell'immobile - salva l'ipotesi che tale contratto venga in seguito meno per invalidità, risoluzione e simili - ne' colui che già si trovi ad essere parte di un rapporto col proprietario dell'immobile nello ambito del quale rapporto la legge ponga una specifica disciplina delle addizioni e migliorie, ne' colui che esegua materialmente la opera in adempimento di un contratto con persona diversa dal proprietario dell'immobile, in quanto in siffatta ipotesi l'esecutore materiale entra con la cosa medesima in rapporto in via esclusivamente secondaria a seguito e per effetto di un incarico conferitogli a qualsiasi titolo dall'autore e che si limita ad eseguire l'altrui” (v. Cass. 970/1983).
Ebbene, nella specie, la ### s.r.l. non ha costruito il capannone in base ad un contratto concluso con la ### s.r.l., non era parte di un rapporto con il proprietario della res nell'ambito del quale la legge disponeva una specifica disciplina delle migliorie e non era un mero esecutore altrui dell'opera materiale; di conseguenza la società in bonis era da considerarsi un terzo ai sensi dell'art. 936 c.c..
Oltretutto va ricordato che, con un principio di diritto certamente trasponibile alla fattispecie che qui occupa per identità di ratio, la Cassazione ha chiarito che ”il diritto di credito ai miglioramenti ex art. 936 c.c. sorge anche nell'ipotesi in cui il terzo abbia avuto la disponibilità del fondo e la concessione di eseguire le opere dal proprietario del fondo in base ad un titolo nullo” ( 904/2019; Cass. 1949/1962).
Trovano pertanto applicazione i princìpi in materia di acquisto per accessione della proprietà delle opere fatte sopra o sotto il suolo da un terzo con materiali propri (art. 936 c.c.), in forza dei quali l'opera appartiene al proprietario del fondo su cui essa è stata realizzata, con effetto automatico e a decorrere dal momento in cui sia avvenuta l'incorporazione (Cass. 904/2019; Cass. 11742/2013; Cass. 5116/1986).
In altre parole, una volta realizzata la costruzione, il superficiario ne acquista la proprietà a titolo originario. Purtuttavia, allorquando il suo acquisto del diritto di superficie è travolto (per nullità del titolo costitutivo del diritto di superficie oppure perché lo stesso non è stato trascritto, ed un terzo ha acquistato la piena proprietà del suolo e trascritto tempestivamente, esattamente come nel caso di specie), il superficiario perde il diritto di mantenere la costruzione sul suolo altrui, e riprende ad operare il principio dell'accessione (essendo scopo ed effetto naturale della concessione del diritto di superficie quello di impedire il verificarsi dell'effetto dell'accessione a favore del dominus soli).
Pertanto, nel caso in disamina, il diritto all'indennità della ### fallimentare non trova il suo fondamento nel diritto di superficie (che non era stato trascritto e, pertanto, era inefficace e inopponibile nei confronti della convenuta), ma nell'avere realizzato, la ### s.r.l., come soggetto terzo, un capannone che per effetto dell'accessione è divenuto di titolarità del proprietario del suolo, non rilevando in alcun modo la successiva regolamentazione negoziale e contrattuale dei rapporti tra le due parti in causa che è intervenuta ad incorporazione già avvenuta e successivamente all'accessione.
Ebbene, l'obbligo di indennizzare il terzo, che abbia eseguito sul fondo altrui opere con materiali propri, secondo la previsione dell'art. 936 comma 2 c.c., viene a gravare, sul proprietario al momento dell'accessione (Cassazione civile sez. I, 07/09/1984, n. 4780).
Nel caso di specie, l'accessione si è verificata nel momento stesso in cui la ### s.r.l. ha acquistato dalla ### s.r.l. il terreno sul quale era collocato il capannone realizzato dalla ### s.r.l.; infatti, con la compravendita del fondo (unitamente a tutte le opere sullo stesso presenti) il diritto di superficie costituito a favore della società ancora in bonis doveva considerarsi esaurito quale diritto reale, mentre il capannone, per effetto dell'automatica operatività dell'accessione, era divenuto immediatamente di proprietà del nuovo proprietario del suolo.
Se ne inferisce che l'unico soggetto legittimato passivo al pagamento dell'indennità in questione è la società convenuta dovendosi respingere, per tutte le motivazioni innanzi esposte, l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla ### s.r.l.. ###, vale richiamare anche il tralatizio insegnamento della Cassazione secondo il quale “l'obbligo di indennizzare il terzo, che abbia eseguito sul fondo altrui opere con materiali propri, secondo la previsione dell'art. 936 comma 2 c.c., viene a gravare, anziché sul proprietario al momento dell'accessione, sul successivo acquirente del bene medesimo, qualora il primo abbia trasferito l'immobile al secondo senza includere nel prezzo le suddette opere, atteso che, in tale situazione, è detto acquirente che riceve un arricchimento in relazione al depauperamento dell'esecutore, secondo un nesso di causalità necessaria, anche se indiretta” (cfr. Cassazione civile sez. I, 07/09/1984, n. 4780).
Nondimeno non potrebbe mai sostenersi l'inapplicabilità nel caso di specie dell'art. 936 c.c., sull'assunto che i lavori non sono stati eseguiti dalla ### s.r.l. bensì da altre imprese a cui fu affidata la esecuzione dei lavori. Ed invero l'indennizzo che il proprietario del suolo deve corrispondere al terzo che ha eseguito costruzioni sul suolo con propri materiali è dovuto a colui per iniziativa e a spese del quale l'opera è stata realizzata e non già a chi l'ha materialmente eseguita per incarico di altri (Cassazione civile n. 977/1973).
Ciò detto, va respinta anche l'ulteriore eccezione preliminare di prescrizione della società convenuta. ### la ### s.r.l., infatti, il capannone era stato completato nel 1994 e quindi alla data di introduzione del presente giudizio il diritto ai miglioramenti della ### attrice era irrimediabilmente prescritto per decorso del termine decennale. ### non persuade e non può meritare condivisione alcuna.
Invero, “in tema di accessione, quando le opere sono state fatte da un terzo con materiali propri, il diritto al relativo indennizzo sorge in corrispondenza della preclusione dello ius tollendi ed è da tale momento che comincia a decorrere anche il termine di prescrizione per l'esercizio di tale diritto, ossia trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione oppure dall'incorporazione stessa, se fatta dal terzo in buona fede o a scienza del proprietario” (Cassazione civile , sez. II , 12/11/2024 , n. 29134).
Nella fattispecie che qui occupa, l'accessione si è verificata automaticamente a seguito dell'acquisto del terreno in cui era ubicato il capannone costruito dalla società dichiarata fallita da parte della ### s.r.l. avvenuto con il rogito del 21.1.2010, sicchè appare evidente che il relativo termine di prescrizione decennale non poteva ancora essere decorso al momento della introduzione del presente giudizio perché è dalla predetta data che deve essere fatto partire il termine di sei mesi per l'esercizio dello ius tollendi (ammettendo che la società convenuta abbia avuto conoscenza dell'incorporazione dall'acquisto) e poi, dopo la sua maturazione, di quello di prescrizione decennale, mentre la domanda della parte attrice è stata introdotta con citazione notificata il ###.
Peraltro, anche a voler considerare per mera ipotesi la domanda attorea di miglioramenti come proposta ai sensi dell'art. 1150 c.c. e non ex art. 936 c.c., il termine prescrizionale non sarebbe maturato alla data di introduzione del presente giudizio considerato che il dies a quo della prescrizione, ai sensi del citato art. 1150 c.c., non decorre dalla realizzazione dell'opera ma da quando essa è stata consegnata (Cass. n. 2876/1991) consegna che nella specie è avvenuta a seguito della scrittura privata del 18.4.2012 (v. doc. 11 fascicolo di parte attrice).
Qualificata nei termini appena detti la domanda di miglioramenti attorea e superate nel modo poc'anzi illustrato anche le eccezioni preliminari di parte convenuta, ritiene il Tribunale che nel caso di specie sussistono certamente tutti i presupposti per l'accertamento del credito per miglioramenti.
Infatti, la ### s.r.l. ha realizzato le opere sul suolo oggi di proprietà della convenuta; tali opere costituiscono senza dubbio un miglioramento per cui ai sensi dell'art. 936 c.c., alla ### attrice, spetta un'indennità nella misura dell'aumento di valore conseguito dal terreno acquistato, quantificato dal CTU ing. ### in euro 356.160,033.
Invero dalla realizzazione del capannone la ### s.r.l. ha ricevuto sicuramente un incremento del suo patrimonio (cfr. Cass. 4623/2001). ### la disciplina dettata dall'art. 936 cod. civ., l'utilità dell'opera realizzata su suolo altrui influisce sulla determinazione della misura dell'indennità spettante all'autore dell'opera, dovuta nella minor somma tra il valore dei materiali ed il prezzo della mano d'opera o l'aumento di valore recato al fondo; ne consegue che il proprietario del terreno è tenuto ad indennizzare il terzo solo se ed in quanto dalla realizzata incorporazione sia effettivamente derivato un incremento del suo patrimonio (v. cit. Cass. 4623/2001).
Peraltro, il capannone costruito dalla ### s.r.l. era regolare dal punto di vista urbanistico ed edilizio essendo stato edificato in virtù di concessione edilizia rilasciata dal Comune di ### (cfr. Cass. 1237/2016: “In tema di accessione, ove l'esecuzione delle opere con materiali propri su suolo altrui configuri illecito penale, il terzo non ha diritto all'indennizzo ex art. 936 cod. civ., salvo che il manufatto sia oggetto di regolarizzazione urbanistica mediante concessione in sanatoria, giacché questa restituisce l'immobile ad uno stato di conformità al diritto, escludendo la sua futura demolizione”).
Al riguardo, del resto, deve essere evidenziato che l'aumento di valore del fondo divenuto di proprietà della ### s.r.l. è stato accertato in modo inequivoco dalla condivisibile perizia tecnica d'ufficio disposta in corso di causa. ### incaricato dal Tribunale, infatti, con conclusioni dedotte da un'attenta ed analitica disamina degli elementi di fatto posti a sua disposizione ed ispirati a criteri valutativi corretti non solo dal punto di vista logico ma altresì conformi ai principi scientifici e specialistici che presiedono la materia in esame, ha osservato, dopo avere descritto gli immobili oggetto di accertamento peritale, il valore reale e di mercato del terreno oggetto di causa e del capannone ivi realizzato, quanto qui di seguito riportato: “La stima di un immobile non può prescindere dall'analisi delle condizioni strutturali e congiunturali del mercato. La stessa operazione di raccolta delle informazioni, non è neutrale rispetto all'esito della stima. Diventa, quindi, indispensabile possedere le conoscenze necessarie, sia relative alle variabili endogene, sia a quelle esogene, che sono in grado di condizionare il processo di formazione dei valori. A sua volta, l'analisi dei mercati immobiliari non può ignorare il concetto di segmentazione, soprattutto se si considera il fatto che questa, dal punto di vista estimativo, è parte della valutazione stessa, perché trova riscontro nel principio comparativo. Se si considerano le caratteristiche che contraddistinguono i beni immobili, è facile intuire come non sia possibile fare riferimento a un mercato immobiliare unico, occorre piuttosto prendere in considerazione sottomercati omogenei, ossia segmenti, la cui determinazione è fortemente legata all'obiettivo della valutazione. Ai fini dell'analisi economico-estimativa, il processo di segmentazione individua i sottoinsiemi di mercato, nei quali gli immobili presentano un alto grado di sostituibilità, e sono sufficientemente comparabili. Tra i parametri che vengono solitamente utilizzati per definire i segmenti di mercato, possiamo riconoscere: la localizzazione urbana; la destinazione d'uso; l'epoca di costruzione; la tipologia immobiliare; la tipologia edilizia; la dimensione; i caratteri della domanda e dell'offerta; la forma di mercato; il livello di prezzo stesso, rappresentato dal valore di compravendita o dal canone d'affitto. Dal punto di vista operativo, la delimitazione dei segmenti di mercato è un'operazione abbastanza complessa, che può essere implementata utilizzando due procedimenti. Da un lato, un procedimento deduttivo, che segue un approccio dal generale al particolare, dall'altro un procedimento induttivo, ovvero dal particolare al generale, in cui si aggregano unità immobiliari simili, soprattutto in base alla localizzazione. Il primo, necessita della rilevazione di un campione di dati immobiliari sufficientemente numeroso, mentre il secondo si applica partendo da un'unità immobiliare, della quale sono noti i parametri sopra indicati, identificando le altre unità immobiliari simili dello stesso fabbricato. La stima del valore di mercato di un immobile, secondo un approccio “market oriented”, si fonda sul principio per cui il valore di un immobile dipende fondamentalmente dal valore dei beni simili. Le condizioni di applicabilità del ### sono legate alla collocazione dell'immobile valutato all'interno del mercato, e la sua applicabilità, consiste nel confrontare il bene oggetto di stima con i beni simili. Quindi in base al numero di caratteristiche, opportunamente misurate, si potranno distinguere due procedimenti di stima: uno di tipo mono-parametrico, che basa il suo confronto su un solo parametro, e uno pluri-parametrico, che basa il confronto su più parametri differenziati rispetto a più caratteristiche. Inoltre, a seconda del numero di informazioni disponibili e riferite a beni simili rispetto a quello oggetto di stima, si potrà operare ricorrendo a modelli deterministici, quando si è in presenza di un numero molto scarso di informazioni, o a modelli probabilistici quando si è in presenza di un numero rilevante di prezzi effettivi di mercato. In questo caso, dopo avere effettuato una ricerca di mercato dei comparabili, presso numerose fonti sia pubbliche che private, visto il mercato refrattario, effettuavo un'ispezione ipocatastale presso l'### delle ### servendomi della collaborazione del collega ### valutatore certificato. Dalla ricerca, constatavamo la scarsa rilevanza di comparabili, in particolare ne trovavamo uno solo simile a quello oggetto di stima, e pertanto decidevo di utilizzare come metodo di stima, il “coast approach”. Esso è un procedimento di stima mirato a determinare il valore di un immobile attraverso la somma del valore del suolo e del costo di ricostruzione dell'edificio, eventualmente deprezzato. E' detto anche metodo del costo di riproduzione (o ricostruzione) deprezzato. La stima del costo di ricostruzione deprezzato, è richiesta nella stima di edifici, impianti equipaggiamenti, attrezzature e macchine destinate a finalità strumentali, per i quali si può fare astrazione dei rapporti di complementarietà con il terreno. ### del coast approach è altresì suggerito, nella stima di immobili speciali di aziende agricole e industriali, immobili secondari e accessori di immobili complessi. Si tratta in sostanza di immobili e impianti che di rado sono venduti separatamente, dal resto del complesso immobiliare o produttivo di cui sono parte, che presentano un mercato limitato e spesso mostrano forma e dimensioni specifici per l'uso cui sono destinati. Esso si fonda sul principio, che nella maggior parte dei casi un investitore non sarà disposto a pagare per un immobile, una somma superiore al valore del terreno sul quale lì immobile è costruito e al costo di costruzione dell'edificio, al netto di un eventuale deprezzamento. Questo principio, stabilisce che una persona prudente non pagherebbe per un bene o servizio più del costo che sosterrebbe per l'acquisto di un bene o servizio sostitutivo e ugualmente soddisfacente. Il costo dell'alternativa migliore, sia essa l'originale o una sostituta, tende a stabilire il valore di mercato. In effetti l'acquirente potenziale, opta tra l'acquisto di un immobile esistente, e la costruzione di un edificio con le stesse caratteristiche su un terreno simile, tenendo conto del grado di deprezzamento del bene esistente. Le condizioni di applicazione del procedimento di stime riguardano: la stima del valore di mercato del terreno edificato; la stima del costo di ricostruzione a nuovo dell'edificio; la stima del deprezzamento. La stima del valore del terreno può essere eseguita con criterio comparativo di mercato, i costi con procedimento comparativo riguardo ad opere o interventi simili, oppure analitico (computo metrico estimativo)” (v. pagg. 7 e 8 CTU in atti).
Quanto alla stima del terreno e al costo di ricostruzione il CTU ha accertato che “nel procedimento a costo di ricostruzione deprezzato, per terreno edificato, si intende il suolo occupato dal sovrastante edificio, ed il suo valore è stimato per differenza tra il valore del terreno edificabile ed i costi di trasformazione derivanti dalla demolizione. Nel nostro caso in esame, il prezzo del terreno edificabile si stima, facendo riferimento al prezzo medio delle aree edificabili, ricadenti nella zona del terreno oggetto di stima, considerate come stretto sostituto. Indicando con “Pe” ed “Ee” rispettivamente il prezzo medio e l'indice di fabbricabilità dei terreni edificabili di confronto, e con “Eo” l'indice di fabbricabilità del subject, si imposta la seguente proporzione lineare: Po : Eo = Pe : Ee da cui Po = ### Il prezzo di mercato del terreno dell'immobile oggetto di stima, è pari a 12,00 euro/mq + ### ossia 15,00 euro/mq. La sua consistenza è pari a 1041,6 mq, pertanto il valore del terreno edificabile è pari: 15,00 x 1041,6 = 15.624,00 euro. Inoltre, considerando il terreno su cui è stata edificata la tettoia, di mq 138,00, il cui valore è: 15,00 x 138,00 = 2.070,00 euro: il valore totale del terreno è: 15.624,00 + 2.070,00 = 17.694,00 euro… Il costo di ricostruzione di un'opera esistente già prodotta nel passato, rappresenta la somma delle spese che, alla data della stima, un'impresa edile dovrebbe sostenere per realizzare un'eguale o un'equivalente opera, attraverso un ipotetico processo edilizio, riferito a un dato di mercato dei mezzi produttivi e a un dato ciclo realizzativo. Il suddetto costo si distingue in: - costo di ricostruzione propriamente detto, ovvero il costo di ricostruzione di un esatto duplicato dell'opera, stimato a prezzi correnti, impiegando stessi materiali, tecnologie e standard costruttivi dell'epoca di realizzazione. - Costo di rimpiazzo, ovvero costo di ricostruzione stimato a prezzi correnti di un manufatto avente utilità e funzione equivalenti a quelle esistente, realizzato impiegando materiali, tecnologie, standard costruttivi e schema esecutivo correnti. Il costo di ricostruzione a nuovo dell'edificio comprende, sia costi di costruzione diretti e indiretti, sia gli oneri finanziari sul capitale a debito per costi diretti e indiretti che l'utile del promotore. Esso può essere stimato, sia con procedimento empirico che analitico. Nel primo procedimento, la stima viene effettuata per comparazione con tipologie edilizie simili a quella in valutazione, nel secondo si effettua il computo metrico estimativo del costo di costruzione. Per i fabbricati strumentali, industriali e commerciali, l'U.E.C propone una formula che calcola il deprezzamento percentuale D%, in modo che all'inizio per t = 0 il deprezzamento percentuale è nullo, e alla fine per t = n il deprezzamento percentuale è del 100 % D% = (t/n 100 + 20)/140 - 2,86 altrimenti la stima del deprezzamento può essere svolta con procedimento analitico.
Nel caso in esame, come si può vedere nei seguenti prospetti, il deprezzamento è calcolato con l'applicazione della formula proposta dall'U.E.C. per la struttura, e con la funzione lineare per gli impianti. Il calcolo del costo di costruzione a nuovo, è stato effettuato facendo riferimento all'applicativo web, messo a disposizione dal ### in concerto con ### secondo i parametri giudiziali del DM 140/2012” (v. pagg. 9-11 CTU in atti).
Infine, il CTU ha quantificato l'eventuale aumento di valore del terreno oggetto di causa in conseguenza della realizzazione sullo stesso del capannone e ha determinato l'indennità dovuta per tale costruzione alla parte attrice asseverando che “l'indennità è l'aumento del valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti. Essa è data dalla differenza tra il valore di mercato con i miglioramenti e il valore di mercato senza i miglioramenti del fondo. In questo caso, è data dalla differenza tra il valore del costo di ricostruzione deprezzato del capannone e il valore del terreno ovvero (come evidenziato nel prospetto del costo di ricostruzione): ### = 373.854,033 - 17.694,00 = 356.160,033 euro” (v. pag. 11 CTU in atti).
Dalle attendibili e puntuali risultanze della perizia in atti, quindi, è emerso che l'indennità per l'aumento di valore dei suoli spettante alla parte attrice all'epoca degli accertamenti peritali era pari ad euro 356.160,033.
Quanto alle osservazioni critiche delle parti (soprattutto di quella convenuta), il CTU ing. ### ha risposto in maniera esaustiva e condivisibile anche ai rilievi critici sollevati dalle parti potendosi per ragioni di brevità richiamare per relationem il contenuto delle sue risposte alle richieste di chiarimenti dei disputanti.
Infatti, “ove il giudice di merito riconosca convincenti le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, non è tenuto a esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, in quanto l'obbligo della motivazione è assolto già con l'indicazione delle fonti dell'apprezzamento espresso, dalle quali possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state implicitamente rigettate”(cfr. Cass. Civ., Sez. II, 31 agosto 2018 n. 21504. In senso del tutto conforme v. Civ., Sez. VI, 14 febbraio 2019, n. 4352, rv. 653010-01; Cass. Civ., Sez. I, 11 giugno 2018, 15147, rv. 649560-01; Cass. Civ., Sez. III, 23 marzo 2017, n. 7402; Cass. Civ., Sez. I, 3 giugno 2016, n. 11482, rv. 639844. Cass. Civ., Sez. I, 29 novembre 2018, n. ###; Cass. Civ., Sez. II, 29 dicembre 2017, n. ###; Cass. Civ., Sez. II 16 dicembre 2016, n. 26059; Cass. Civ., Sez. II, 22 marzo 2016, n. 5600; Cass. Civ., Sez. III, 30 novembre 2015, n. 24340; Cass. Civ., Sez. Lav., 25 ottobre 2013, n. 24182; Cass. Civ., Sez. I, 6 maggio 2010, n. 11009; Cass. Civ., Sez. Lav., 7 luglio 2008, n. 18584; Cass. Civ., Sez. III, 6 ottobre 2005, n. 19475; Cass. civ., Sez. I, 8 maggio 2003, 6970). Pertanto, può ritenersi che il giudice del merito, aderendo alle conclusioni del consulente tecnico che abbia a sua volta replicato ai rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione “con l'indicazione delle fonti del suo convincimento” (###ormai pressoché pacifica possibilità di motivare per relationem attraverso il semplice richiamo alle conclusioni peritali, si v., ad es., Corte App. Catania, ### II, 14 giugno 2019; Cass. Civ., Sez. I, 24 dicembre 2013, n. 28647, rv. 628930; Cass. Civ., Sez. Lav., 23 aprile 2013, n. 9778; Cass. Civ., Sez. V, 11 maggio 2012, 7364 (rv. 622900)).
Di conseguenza, può dirsi sedimentato il principio di diritto in forza del quale, affinché la sentenza possa considerarsi adeguatamente motivata, non sarà quindi necessario che il giudice prenda in esame anche le diverse conclusioni offerte dai consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, dovranno considerarsi implicitamente disattese in quanto incompatibili con le conclusioni rassegnate dal consulente tecnico d'ufficio. Del resto, le critiche dei consulenti tecnici di parte che tendano al riesame di elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico d'ufficio, si risolvono in mere argomentazioni difensive il cui mancato esame non può mai integrare né il vizio di motivazione previsto dall'art. 360 n. 5 c.p.c. né la violazione di legge exart. 360 n. 3 c.p.c. (Nello stesso senso, Cass. Civ., Sez. VI, 2 febbraio 2015, n. 1815; Cass. Civ., Sez. III, 7 luglio 2009, n. 15904; Cass. Civ., Sez. III, 30 aprile 2009, n. 10123; Cass. Civ., Sez. I, 3 aprile 2007, 8355; Cass. Civ., Sez. II, 13 settembre 2000, n. 12080). ### nessuna nullità della CTU si ravvisa nel caso di specie.
Infatti, la Suprema Corte ha chiarito che il potere di attingere a dati estranei al processo viene legittimamente esercitato dal CTU "in tutti i casi in cui al consulente sia necessario, per portare a termine l'indagine richiesta, acquisire documenti in genere pubblici non prodotti dalle parti e che tuttavia siano necessari per portare a termine l'indagine e per verificare sul piano tecnico se le affermazioni delle parti siano o meno corrette (vedi Cass. n. 2921/2015).
Dunque, in termini generali, il consulente tecnico d'ufficio può acquisire dati tecnici di riscontro alle affermazioni e produzioni documentali delle parti, dovendo comunque sempre indicare la fonte di acquisizione di questi dati per consentire alle parti stesse di verificarne l'esatto e pertinente prelievo (vedi in tal senso la già citata sentenza della Cassazione n. 2921/2015).
Nel caso di specie, la parte convenuta non ha indicato in modo preciso e puntuale quali sarebbero stati i documenti allegati alla CTU acquisiti in violazione del principio del contraddittorio.
Ad ogni buon conto, qualora anche il perito abbia acquisito aliunde documenti e atti pubblici presso gli enti competenti questi hanno avuto semplicemente una funzione di riscontro e di verifica rispetto alle allegazioni cartolari delle parti. Si è trattato, comunque, di documentazione che è stata certamente sottoposta all'esame della parte convenuta la quale ha potuto interloquire sul suo contenuto essendo stato così garantito il contraddittorio nell'espletamento delle indagini tecniche.
Vi è poi che la CTU è corretta anche nella parte in cui non ha preso in considerazione le presunte migliorie che sarebbero state apportate dalla ### s.r.l. al capannone costruito dalla ### s.r.l. considerato che, né nella comparsa di risposta né nelle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., la parte convenuta ha mai allegato di avere concretamente realizzato delle opere sul capannone oggetto di causa non avendo contestato che lo stesso sia stato interamente costruito dalla ### s.r.l. nel 1994. Nondimeno non è stata prodotta alcuna documentazione dalla quale il Tribunale avrebbe potuto dedurre la realizzazione di alcune opere da parte della ### s.r.l. sul capannone in questione.
Di conseguenza, tutti i rilievi critici sollevati dalla difesa della ### s.r.l. alla perizia d'ufficio sono privi di fondamento potendosi utilizzare, quindi, le risultanze del lavoro peritale che hanno determinato l'indennità per l'aumento di valore dei suoli spettante alla parte attrice in euro 356.160,033.
Va accolta, tuttavia, l'eccezione di compensazione parziale avanzata dalla società convenuta.
La Cassazione, infatti, ha ribadito l'ammissibilità della compensazione fallimentare anche in sede giudiziale (Cass., Sez. 2, 7 dicembre 2021, n. ###), secondo quel condivisibile orientamento in base al quale “nel giudizio promosso dal curatore per il recupero di un credito del fallito il convenuto può eccepire in compensazione, in via riconvenzionale, l'esistenza di un proprio controcredito verso il fallimento, atteso che tale eccezione è diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice ottenendone il rigetto totale o parziale, mentre il rito speciale per l'accertamento del passivo previsto dagli artt. 93 e ss. l. fall. trova applicazione nel caso di domanda riconvenzionale, tesa ad una pronuncia a sé favorevole idonea al giudicato, di accertamento o di condanna al pagamento dell'importo spettante alla medesima parte una volta operata la compensazione” (cfr. ex multis Cass. 18.12.2017 n. ###; in senso analogo, Cass. 28.9.2016 19218).
Al riguardo, con estrema chiarezza è stato stabilito dalla Suprema Corte che “la disposizione contenuta nell'art. 56 della legge fall. rappresenta una deroga al concorso, a favore dei soggetti che si trovino ad essere al contempo creditori e debitori del fallito, non rilevando il momento in cui l'effetto compensativo si produce e ferma restando l'esigenza dell'anteriorità del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte. Le stesse esigenze poste a base della citata norma giustificano l'ammissibilità anche della compensazione giudiziale nel fallimento, per la cui operatività è necessario che i requisiti dell'art. 1243 cod. civ. ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia, quando la compensazione viene eccepita” ( 27.04.2010 n. 10025); a ciò si aggiunga che “la compensazione nel fallimento è ammessa anche quando il controcredito del debitore del fallimento divenga liquido e esigibile dopo il fallimento, purché il fatto genetico della obbligazione sia anteriore alla relativa dichiarazione, mentre è irrilevante che la sentenza di accertamento del controcredito intervenga successivamente alla dichiarazione di fallimento” (così Cass. 27.10.2015 n. 21784).
Accertata l'ammissibilità dell'eccezione di compensazione di parte convenuta nel presente giudizio vanno richiamati i principi affermati dalle ### della Cassazione, con la nota sentenza 15 novembre 2016 n.23225. ### della Cassazione, infatti, attraverso la surrichiamata pronuncia, hanno delimitato l'ambito di operatività della compensazione legale e di quella giudiziale. ### un consolidato principio, la compensazione legale richiede, per poter trovare applicazione, che il titolo del credito sia incontrovertibile, ossia non più soggetto a modificazioni a seguito di impugnazione, non solo nella sua esattezza, ma anche nella sua esistenza (credito certus nell'an, quid, quale, quantum debeatur). Perciò accanto ad una nozione di liquidità sostanziale del credito in base al titolo, si è aggiunta una nozione di "liquidità" processuale stabilizzata che non sussiste se il creditore principale contesta, non pretestuosamente, nell'an e/o nel quantum, il titolo che accerta il controcredito o potrebbe contestarlo (credito litigioso). Ne deriva che la compensazione legale opera di diritto, su eccezione di parte, e per avere efficacia estintiva "satisfattoria" deve avere ad oggetto due contrapposti crediti certi, liquidi, ossia determinati nella consistenza ed ammontare, omogenei ed esigibili (requisiti desumibili dai rispettivi titoli costitutivi: Cass. 22 ottobre 2014, 22324; Cass. 11 gennaio 2006, n. 260).
La compensazione legale si distingue da quella giudiziale, perché per la ricorrenza della prima i due crediti contrapposti devono essere certi, liquidi ed esigibili anteriormente al giudizio, mentre per la seconda il credito opposto in compensazione non è liquido, ma viene liquidato dal giudice nel processo, purché reputato di "pronta e facile liquidazione" (Cass. civ. Sez. ### 15-11-2016, 23225).
Quindi, se il credito opposto in compensazione è certo, ma non liquido, nel senso di non determinato, in tutto o in parte, nel suo ammontare, il giudice può provvedere alla relativa liquidazione se è facile e pronta; quindi, o può dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale fino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido, o può sospendere cautelativamente la condanna del debitore fino alla liquidazione del controcredito eccepito in compensazione.
Se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale, o in altro giudizio già pendente, l'esistenza del controcredito opposto in compensazione (art. 35 c.p.c.) il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale né giudiziale (Cass. civ. Sez. ### 15-11-2016, 23225).
Difatti, la compensazione giudiziale, di cui all'art. 1243 c.c., comma 2, presuppone l'accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale la medesima compensazione è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo (Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 04/12/2018, n. ### (rv. 651827-01)). In tale ipotesi, pertanto, resta esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, e va parimenti esclusa l'invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall'art. 295 c.p.c., o dall'art. 337 c.p.c., comma 2, in considerazione della prevalenza della disciplina speciale del citato art. 1243 c.c. (Cass. civ. Sez. ### 15-11-2016, n. 23225).
Facendo applicazione dei ridetti principi, può affermarsi che la locuzione contenuta nel secondo comma dell'art. 1243 c.c. ai sensi della quale "se il debito opposto in compensazione....è di facile e pronta liquidazione" deve interpretarsi, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel senso che solo un pronto e facile accertamento del controcredito può giustificare il ritardo sulla decisione del credito principale certo, liquido ed esigibile, onde dichiarare estinti entrambi i rispettivi crediti per compensazione.
La compensazione giudiziale, prevista dall'art. 1243, secondo comma, c.c., è invero ammessa soltanto se il giudice del merito, nel suo discrezionale apprezzamento, riconosce la facile e pronta liquidità del credito opposto in compensazione, con la conseguenza che, difettando tali condizioni, egli deve disattendere la relativa eccezione e il convenuto potrà far valere il credito in separata sede con autonomo giudizio. La verifica della sussistenza del requisito della liquidità, risolvendosi in una valutazione di fatto, è incensurabile in sede di legittimità (### 21923/2009).
È pertanto possibile affermare che la compensazione giudiziale è ammessa solo se il giudice riconosca la facile e pronta liquidità del credito, in senso lato e con riferimento anche all'”an debeatur”.
La giurisprudenza di merito e di legittimità ha ripetutamente affermato che in presenza di una contestazione, “prima facie” non pretestuosa ed infondata, dell'esistenza del credito che la controparte intende portare in compensazione, e per l'accertamento del quale si renda necessaria l'istruzione della causa, la compensazione è inammissibile.
Se il giudice adito per il pagamento del credito principale può procedere alla quantificazione dell'importo del credito opposto in compensazione con una semplice attività di calcolo, o di determinazione degli interessi, allora può procedere alla pronuncia di compensazione, o sospendere la condanna al pagamento del credito principale, sussistendo in questo caso la "pronta liquidazione" richiesta dalla norma; al contrario se vi è contestazione circa l'an dell'obbligazione, da cui scaturisce il debito opposto ed eccepito in compensazione, non può invocarsi l'applicazione del sopra richiamato art. 1243 c.c..
Va sottolineato, comunque, che la ### recentemente, ha affermato che “ai sensi dell'art. 1243, comma 2, c.c., la compensazione giudiziale può operare anche in presenza di contestazione del controcredito, purché la contestazione venga sollevata nello stesso giudizio introdotto dal creditore opposto ed il giudice ne accerti l'esistenza” (### civile, sez. II, 30/07/2024, 21383). ### tali premesse di carattere sistematico deve riconoscersi che non vi sono ragioni ostative alla compensazione in questa sede dei rispettivi crediti delle parti.
Infatti, è stata data la prova sull'esistenza del controcredito eccepito (contratti inter partes, indicazione delle fatture in allegato alla transazione del 30.10.2012), il quale, non essendo stato contestato dalla ### attrice è da ritenersi assolutamente determinato sia sotto il profilo dell'an sia del quantum. Il controcredito della ### s.r.l., quindi, è certo, quantomeno di pronta e facile liquidazione ed è sorto anteriormente alla dichiarazione di fallimento della ### s.r.l., oltre a essere reciproco e accertato dal giudice dinanzi al quale l'eccezione è stata fatta valere. ### di compensazione della società convenuta, pertanto, può trovare accoglimento.
Occorre ricordare, però, che il credito vantato dalla ### s.r.l. è un debito di valuta, mentre quello della ### fallimentare è un debito di valore (“Il pagamento dell'indennità ex art. 936 c.c., infatti, costituisce debito di valore; la somma dovuta va rivalutata tenuto conto della svalutazione monetaria intervenuta fino al momento della decisione della causa” v. Cass. ###/2024; Cass. n. 6380/1988) e, pertanto, l'estinzione parziale per compensazione può operare esclusivamente dalla data della presente decisione.
Va rammentato, quindi, che “il credito risarcitorio per inadempimento contrattuale si trasforma in credito pecuniario per effetto e dal momento della quantificazione giudiziale. Ne consegue che la sua estinzione per compensazione, in ragione di coesistenza con credito pecuniario del danneggiante verso il danneggiato, può verificarsi, ai sensi dell'art. 1243 cod. civ., esclusivamente alla data di detta liquidazione giudiziale e con riferimento alla somma da essa risultante, rimanendo preclusa ogni possibilità di far retroagire in compensazione medesima a data anteriore” (Cass. nn. 1114/1995, 22035/2004).
Inoltre, “nel caso di coesistenza di debiti reciproci aventi natura diversa, per essere uno di valore, in quanto a titolo di risarcimento danni, e l'altro di valuta, nella determinazione, ai fini della compensazione, dell'ammontare del primo, non può non tenersi conto - dovendo i danni da risarcire essere determinati con riferimento ai valori monetari del tempo della decisione finale della causa - della incidenza della svalutazione monetaria, il cui calcolo, con la conseguente sua aggiunta all'entità dei danni determinata con riferimento ai valori della moneta al tempo dell'evento dannoso, costituisce una semplice modalità della liquidazione” (Cass. n. 21802/2006).
Onde, per il calcolo dei rapporti di dare-avere tra le parti, occorre calcolare sulla somma di euro 142.000,00 vantata dalla ### s.r.l., che è obbligazione di valuta, gli interessi moratori al tasso di cui all'art. 1284 comma 4, c.c. (come peraltro concordato dalle parti nel contratto di locazione, tenuto presente, in ogni caso, che con la sentenza n. 5803 del 2019 la ### ha affermato espressamente che la nozione di transazione commerciale, di ispirazione comunitaria, in assenza di limitazioni dev'essere intesa in senso lato, ricomprendente tutte le prestazioni di servizio, tra cui anche la locazione) a partire dal 31.10.2016 (giorno del deposito della comparsa di risposta nella quale è stata sollevata l'eccezione di compensazione e con la quale la società convenuta ha chiesto, dunque, l'accertamento del proprio controcredito) e fino alla data odierna.
Il “dies a quo” per la decorrenza degli interessi moratori è da identificarsi nel giorno della proposizione della domanda giudiziale poiché, in mancanza di termine per l'adempimento, non potendosi applicare l'art. 1219 n. 3) c.c., occorre far riferimento al momento in cui il creditore ha richiesto il pagamento, da identificarsi, per il caso in esame, nel giorno della proposizione della eccezione di compensazione.
Alla luce di ciò, l'importo dovuto per gli interessi moratori al tasso sopraindicato, maturati dal giorno della eccezione riconvenzionale del 31.10.2016 sino ad oggi, ammonta ad euro 100.303,16 (calcolato sulla sorta capitale per complessivi euro 142.000,00) per complessivi euro 242.303,16.
Quanto all'indennità per i miglioramenti dovuti per l'aumento di valore del fondo spettanti alla ### attrice va ribadito che essa deve quantificarsi in complessivi euro 356.160,033; trattandosi, come detto, di un debito di valore (cfr. Cass. n. 6973/2017 e Cass. 26125/2015), il detto importo deve essere rivalutato fino alla sua liquidazione odierna; questo Tribunale determina in euro 425.255,08 l'indennizzo dovuto, già liquidato in moneta attuale comprensivo di rivalutazione, in considerazione del mutato potere di acquisto della moneta dalla data della consulenza di ufficio, quando cioè veniva determinato l'importo.
Spettano poi alla parte attrice gli interessi legali da calcolarsi sulla somma di euro 425.255,08 devalutata alla data della domanda (euro 348.855,68), e poi via via rivalutata anno per anno secondo gli indici ### sino alla data della presente pronuncia, per un importo complessivo di euro 471.474,58. ### del corrispettivo dovuto alla ### s.r.l. (pari ad euro 242.303,16, comprensivo di interessi di mora al tasso di cui all'art. 1284 comma 4, c.c.) e dell'indennità per miglioramenti spettanti alla ### attrice (pari ad euro 471.474,58, comprensivo di interessi sulla somma via via rivalutata) possono ora essere tra loro compensati. Ne consegue, quindi, che, all'esito della compensazione parziale, la ### s.r.l. deve essere condannata al pagamento in favore della ### attrice dell'importo di euro 229.171,42, oltre interessi legali ex art. 1282 c.c. dalla pubblicazione e fino al soddisfo.
In conclusione, va accolta la domanda principale svolta dalla ### attrice con conseguente revoca e dichiarazione di inefficacia ex art. 67, comma 1, n. 1 L.F., nei confronti del fallimento, del contratto di transazione stipulato in data ### tra la ### s.r.l. in bonis e la convenuta; la ### s.r.l., inoltre, deve essere condannata, a corrispondere al ### della ### s.r.l., già effettuata la compensazione tra i rispettivi crediti, la somma di euro 229.171,42, oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo, a titolo di miglioramenti e di aumento di valore del fondo.
La novità assoluta di alcune delle questioni giuridiche e fattuali sottoposte al vaglio del Tribunale unitamente all'accoglimento dell'eccezione di compensazione spiegata dalla parte convenuta, rendono equa una pronuncia di compensazione integrale delle spese di lite tra le parti anche ai sensi del novellato art. 92 c.p.c.. Nessun importo deve essere riconosciuto alla parte attrice a titolo di rimborso delle spese del CTP in quanto superflue, trattandosi di elaborato tecnico di parte che non è stato posto in alcun modo a fondamento della presente decisione laddove era assolutamente prevedibile per la ### attrice, in ragione delle domande formulate, la nomina in corso di causa di un perito d'ufficio. Sul punto, infatti, la Suprema Corte ha chiarito che “sono ripetibili dalla parte vittoriosa gli onorari del consulente tecnico da essa assunto (Cass. 16990/2017; Cass. n. 1626 del 1965; conf. n. 625 del 1972)” in quanto “le spese della consulenza di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva, vanno comprese fra le spese processuali al cui rimborso la parte vittoriosa ha diritto” (v. Cass. civ. n. 26729/2024), ciò a meno che “il giudice non ne rilevi l'eccessività o la superfluità, ai sensi del primo comma dell'art. 92 cod. proc. civ. (Cass. n. 3716 del 11 giugno 1980: conf. Cass. n. 10173 del 2015, n. 84 del 2013, n. 6056 del 1990, n. 625 del 1972, n. 1626 del 1965).
Invece, le spese della CTU svolta in corso di causa, come liquidate con separato decreto, devono essere poste definitivamente a carico della parte convenuta per il principio di causalità. P.Q.M. Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando, ogni contraria e diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: - revoca e dichiara inefficace, nei confronti della ### del ### della ### s.r.l. il contratto di transazione del 30.10.2012 tra la ### s.r.l. in bonis e la ### s.r.l.; - condanna la ### s.r.l. a corrispondere alla ### del ### della ### s.r.l., per i titoli di cui in motivazione, già operata la compensazione tra le parti dei reciproci crediti e debiti di cui alla parte motiva, la somma di euro 229.171,42, oltre interessi nella misura legale dalla sentenza al saldo definitivo; - compensa interamente tra le parti in causa le spese di lite; - pone definitivamente a carico della ### s.r.l. le spese della CTU espletata in corso di causa come liquidate con separato decreto detratte tutte le somme eventualmente già corrisposte a titolo di acconto; - dispone che, ai sensi dell'art. 52, comma 3, ### in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e di ogni altro terzo eventualmente citato nel provvedimento. ### 30 luglio 2025.
Il Giudice dott.
Il presente provvedimento viene redatto su documento informatico e sottoscritto con firma digitale dal Giudice dott. ###
causa n. 946/2016 R.G. - Giudice/firmatari: Regasto Salvatore