R.G. 11970/2019 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI NORD Sezione lavoro nella persona del dott. #### ha pronunciato all'udienza del 09/07/2021 la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 11970/2019 R.G. LAVORO TRA ### n. a #### il ###, rappresentato e difeso dall'avv. ### come da procura in atti.
RICORRENTE E C.T.P. ### s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. ### RESISTENTE E ### in persona del legale rappresentante p.t., RESISTENTE CONTUMACE OGGETTO: T.F.R. e ### come in atti.
Ragioni di fatto e di diritto Con ricorso depositato in data ### l'epigrafato ricorrente ha dedotto di essere lavoratore dipendente a tempo indeterminato della società ### s.p.a.; di aver aderito in data ### al ### pensionistico complementare ### che a seguito della cessazione del rapporto di lavoro in data ### ha chiesto al ### la liquidazione delle somme accantonate; che con comunicazione del 23.2.2017 il ### ha comunicato il mancato versamento delle quote di T.F.R. di maggio e giugno 2015, da agosto a dicembre 2015, da gennaio a dicembre 2016 per un importo di € 1.063,21; che sussiste la legittimazione ad agire e l'interesse ad agire per chiedere la condanna del datore al versamento di tali importi al fondo complementare al fine di regolarizzare la propria posizione contributiva.
Egli ha quindi agito in giudizio chiedendo di accertare l'omesso versamento dell'importo di € 1.054,40, da parte della società datrice di lavoro, al ### di previdenza complementare ### e di condannare la società ### spa al versamento in favore del ### complementare ### degli importi non versati, maggiorati dell'incremento percentuale della quota ovvero di condannare la società datrice di lavoro al pagamento di tali importi in favore di parte ricorrente con condanna del ### a provvedere alla liquidazione di quanto dovuto con risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.
La società datrice di lavoro si è costituita in giudizio chiedendo a vario titolo il rigetto del ricorso. ### non si è costituito in giudizio e stante la regolarità della notifica se ne dichiara la contumacia.
All'odierna udienza, dopo la discussione orale ed all'esito della camera di consiglio, il ### ha deciso la causa con sentenza di cui ha dato pubblica lettura.
In via preliminare, deve essere rigettata l'eccezione di nullità del ricorso introduttivo proposta da parte resistente.
Il ricorso, al pari della citazione (art. 163, nn. 1, 2, 3, c.p.c.), è nullo se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti dai numeri 1, 2 e 3 dell'art. 414 c.p.c. La carenza, infatti, della individuazione del giudice adito, della parte e dell'oggetto della domanda si risolve nella mancanza di elementi indispensabili per il conseguimento dello scopo dell'atto (art. 156 c.p.c.).
In forza di questo stesso principio viene sanzionata da nullità la mancata “esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda" (art. 414, n. 4, cpc), non operando in quest'ultimo caso l'analogia con la previsione dell'art. 164 cpc, perché nel rito del lavoro il difetto del ricorso sul punto dell'esposizione dei fatti pregiudica l'assolvimento dei rigorosi oneri posti a carico del convenuto ed il giudice non potrà mai disporre l'integrazione di un elemento essenziale se questo manca nel contesto dell'atto (cfr. Cass. lav. n. 5586 del 7.6.99).
Sicchè, ove il ricorso sia privo dell'esatta determinazione dell'oggetto della domanda o dell'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto (art. 414, nn. 3 e 4, cpc), esso - avendo la norma carattere imperativo - è affetto da nullità, in applicazione delle norme generali di cui agli artt. 164 e 156 cpc, non sanabile nemmeno dalla costituzione della controparte (Cass. n. 13066 del 29.12.97; Cass. n. 6778 del 15.6.91).
Sotto il profilo dell'individuazione delle carenze sanzionabili è noto il consolidato orientamento della Cassazione che subordina la nullità dell'atto introduttivo del giudizio di lavoro all'omissione, ovvero all'assoluta incertezza, sulla base dell'esame complessivo dell'atto, del petitum, sotto il profilo sostanziale e procedurale, nonché delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della pretesa (tra le tante: Cass., 1.3.2000, n. 2257; Cass., 1.7.1999, n. 6714; Cass. 29.1.1999, n. 817; Cass., 27.2.1998, n. 2205; Cass., 27.4.1998, n. 4296; Cass. 30.12.94 n. 11318; 30.8.93 n. 9167).
Nel caso in esame, il thema decidendum è rappresentato dalla richiesta di condanna, esperita dal lavoratore nei confronti del proprio datore di lavoro, di versare i contributi e le quote di T.F.R. maturande al fondo di previdenza complementare cui ha aderito ovvero di condannare il datore al pagamento diretto di tali importi in suo favore.
Allo stesso modo, deve essere rigettata la richiesta formulata da parte resistente di differimento dell'udienza in quanto come emerge dalla ricevuta di avvenuta consegna depositata da parte ricorrente il ricorso è stato notificato nel rispetto del termine dilatorio di 30 gg di cui all'art. 415 c.p.c.
Par quanto riguarda il merito, parte ricorrente allega di agire in nome proprio ed a tutela del proprio diritto di credito.
Risulta, quindi, fondamentale la corretta ricostruzione del quadro normativo di riferimento. ###. 8 d.lgs. 252/2005 ha previsto per tutti i lavoratori subordinati assunti dopo il 30 giugno 2007, una delle tre seguenti opzioni: 1. manifestazione espressa della volontà di mantenere gli accantonamenti dovuti a titolo di T.F.R. presso il proprio datore di lavoro, senza conferirli in nessuna forma di previdenza complementare. Per i datori di lavoro con media annuale pari o superiore a 50 dipendenti il T.F.R. maturando va comunque versato presso il ### di ### I.N.P.S. in base all'art. 1 co. 755 e segg. l. 296/2006; 2. manifestazione espressa della volontà di conferire le quote di T.F.R. al sistema di previdenza complementare prescelto (fondi pensioni chiusi od aperti ovvero piani pensionistici individuali); 3. mero silenzio del lavoratore, qualificato dal legislatore come silenzio-assenso in ordine al conferimento del T.F.R. maturando al fondo di previdenza complementare individuato con accordo aziendale ovvero, in mancanza, a quello cui aderiscono la maggior parte dei lavoratori dipendenti in azienda, ovvero, in ulteriore subordine, all'apposita forma pensionistica complementare residuale istituita presso l'I.N.P.S. (c.d. Fondinps).
Tutti i lavoratori assunti successivamente al 30 giugno 2007, invece, devono comunicare, entro i successivi 6 mesi dall'assunzione, la loro scelta in ordine al T.F.R., secondo le modalità summenzionate.
In base all'art. 8 co. 1 d.lgs. 252/2005, inoltre, “il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente e attraverso il conferimento del TFR maturando”.
Il d.lgs. 252/2005 non ha disciplinato espressamente il caso di omesso versamento, nonostante vi fosse un criterio ad hoc nella legge delega [art. 1 co. 2 lett. e) n. 8 l. 243/2004] che non è stato attuato dal decreto delegato.
Il legislatore delegato, infatti, si è limitato ad utilizzare il termine atecnico di conferimento del T.F.R. Sul punto, neppure la più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 4626/2019) ha preso espressa posizione evidenziando che “3.3. La questione più delicata, che interessa il caso di specie, è indubbiamente quella del conferimento del T.f.r., che comporta l'adesione alle forme pensionistiche complementari, nella duplice modalità espressa o tacita (art. 8, comma 7, lett. a), b). Ed infatti, nell'ipotesi di insolvenza del datore di lavoro che abbia provveduto ad accantonare il T.f.r. conferito al fondo di previdenza complementare, senza tuttavia versarlo, si pone il problema di individuare, nell'ambito del rapporto associativo tra lavoratore e fondo, intermediato dal datore di lavoro quale debitore delle quote tempo per tempo maturate, il soggetto che abbia diritto ad insinuare allo stato passivo la pretesa creditoria (tenuto anche conto della previsione di intervento del ### di ### dell'### a norma del D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 5, comma 2, nel caso di omissione contributiva del datore di lavoro soggetto a procedura concorsuale). E ciò anche per l'espressione atecnica di "conferimento", che deve essere qualificata giuridicamente e che, se si vuole, costituisce un sintomo ulteriore, sotto il profilo della libertà di selezione dello strumento negoziale, del favor per l'autonomia privata in tale ambito previdenziale rispetto a quello obbligatorio. Sicchè, per una tale qualificazione della posizione individuale del lavoratore rispetto al fondo cui prestata la propria adesione, liberamente negoziabile tra le parti, occorre accertare la natura e la funzione del mezzo di volta in volta utilizzato: se una delegazione di pagamento, con incarico conferito dal lavoratore al datore di versare le quote di T.f.r. al fondo, ovvero di loro cessione, quale credito futuro, direttamente dal lavoratore al fondo, o strumenti ad essi assimilabili. E ciò comporta evidenti effetti diversi, in ordine alla titolarità del credito nei confronti del datore fallito (da insinuare allo stato passivo della procedura concorsuale), a seconda dell'opzione negoziale adottata. 3.4. Ma nel caso di specie, nel quale la Corte territoriale ha ritenuto il diritto del lavoratore di restituzione delle quote di T.f.r. trattenute dal datore di lavoro e non versate al fondo di previdenza complementare, sulla base dell'accertato "accantonamento presso il ### con idonea documentazione" (al primo periodo di pg. 2 del decreto), il fallimento ha completamente omesso la specifica indicazione, prima ancora della trascrizione, del modulo negoziale utilizzato tra le parti. I due motivi sono pertanto generici, in violazione del principio di specificità prescritto dall'art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, a fronte di una tale omissione, ostativa alla soluzione della questione in esame da parte di questa Corte (Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. 23 aprile 2010, 9748; Cass. 4 ottobre 2017, n. 23194; Cass. 4 aprile 2018, n. 8204). 5. Dalle superiori argomentazioni discende l'inammissibilità del ricorso, con la regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza”.
Per tali ragioni, ai fini della valutazione dell'ammissibilità e della fondatezza dell'azione di condanna esperita dal lavoratore nei confronti del datore di versare gli accantonamenti dovuti a titolo di T.F.R. al fondo complementare risulta imprescindibile, da un lato, la corretta individuazione delle situazioni giuridiche soggettive, attive e passive, configurabili in capo al lavoratore, al datore di lavoro ed al fondo percipiente e, dall'altro lato, i diversi rapporti intercorrenti tra tali soggetti alla luce delle caratteristiche del singolo caso concreto e degli specifici rapporti contrattuali intercorsi tra le parti.
In base agli artt. 1 e 4 dello statuto del fondo previdenziale depositato da parte ricorrente, infatti, deve ritenersi che il ### sia una forma pensionistica complementare di tipo negoziale, costituta in base all'accordo istitutivo sottoscritto dalle parti sociali il ### in favore dei lavoratori subordinati indicati dall'art. 5 dello statuto con le seguenti caratteristiche: - a contribuzione definita in quanto l'importo dei conferimenti periodici risulta determinato in misura fissa mentre risulta variabile l'importo della prestazione da erogare; - a capitalizzazione individuale in quanto i versamenti sono accantonati sul conto individuale dei singoli lavoratori (art. 9 dello statuto); - con gestione multicomparto degli investimenti in quanto le risorse raccolte sono investite in uno dei diversi comparti previsti (art. 6 dello statuto).
Nel caso in esame, come emerge dalla comunicazione del ### del 10.4.2017, il ricorrente ha aderito a tale forma pensionistica in data ###, con pensionamento dall'1.1.2017, con conferimento delle quote di T.F.R. maturate ed ha scelto di investire l'intera posizione economica individuale nel ### Come emerge, inoltre, dalla comunicazione del 23.2.2017 non risultano versati i contributi da maggio a giugno 2015 e da agosto 2015 a dicembre 2016.
Per quanto riguarda la disciplina dei conferimenti, il dato normativo di riferimento è rappresentato dall'art. 8 dello statuto, rubricato “Contribuzione”, secondo cui “1. Il finanziamento del ### può essere attuato mediante: i contributi a carico del lavoratore; i contributi a carico del datore di lavoro; il TFR maturando. 2. La misura minima dei contributi a carico, rispettivamente, delle imprese e dei lavoratori aderenti è stabilita dalla fonte istitutiva in misura percentuale secondo i criteri indicati all'art. 8, comma 2, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 (e successive modificazioni e integrazioni), di seguito definito "###. 3. Per gli associati con la modalità di cui all'art. 5 comma 13 del presente ### la contribuzione avviene secondo quanto previsto dalle disposizioni contrattuali di riferimento e non può essere né revocata né sospesa e non è trasferibile ad altre forme pensionistiche complementari. Tali associati sono liberi di attivare, in aggiunta alla citata contribuzione contrattuale, la quota maturanda di TFR nonché le quote ordinarie di contribuzione a carico proprio e del datore di lavoro previste dalle ### istitutive, tramite sottoscrizione dell'apposita modulistica. 4. Ferme restando le predette misure minime, riportate nella ### informativa, l'aderente determina liberamente l'entità della contribuzione a proprio carico, secondo le modalità stabilite dal Consiglio di amministrazione. 5. ### al ### realizzata tramite il solo conferimento del TFR maturando o degli importi previsti dall'art. 7 co. 9-undecies della L. 125/2015 non comporta l'obbligo di versamento della contribuzione a carico del lavoratore né del datore di lavoro, salvo diversa volontà degli stessi. Qualora il lavoratore contribuisca al ### è dovuto anche il contributo del datore di lavoro stabilito dalle fonti istitutive. 6. ### al ### realizzata tramite il solo conferimento del TFR maturando non comporta l'obbligo di versamento della contribuzione a carico del lavoratore né del datore di lavoro, salvo diversa volontà degli stessi. Qualora il lavoratore contribuisca al ### è dovuto anche il contributo del datore di lavoro stabilito dalle fonti istitutive. 7. ### di contribuzione al ### a carico dell'impresa cessa a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro con il lavoratore dipendente, nonché in caso di trasferimento della posizione individuale dell'aderente presso altro fondo 8. In costanza del rapporto di lavoro l'aderente ha facoltà di sospendere la contribuzione a proprio carico, con conseguente sospensione dell'obbligo contributivo a carico del datore di lavoro, fermo restando il versamento del TFR maturando al ### E' possibile riattivare la contribuzione in qualsiasi momento. 9. In caso di sospensione della prestazione lavorativa, per qualsiasi causa permane la condizione di associato e l'obbligo contributivo a carico dell'azienda e del lavoratore è rapportato alla retribuzione effettiva prevista per ciascuna causa. 10. ### può decidere di proseguire la contribuzione al ### oltre il raggiungimento dell'età pensionabile prevista dal regime obbligatorio di appartenenza, a condizione che alla data del pensionamento, possa far valere almeno un anno di contribuzione a favore delle forme di previdenza complementare. 11. In caso di mancato o ritardato versamento, secondo le fattispecie individuate all'interno del regolamento per la gestione delle irregolarità contributive predisposto dal ### il datore di lavoro è tenuto a reintegrare la posizione individuale dell'aderente e a risarcire il ### per le spese dovute al mancato adempimento contributivo, nel rispetto delle modalità operative e nelle quantità definite nel medesimo regolamento”.
I contributi dovuti così come le quote del T.F.R., quindi, sono versati direttamente dal datore di lavoro al fondo e la norma in esame disciplina la costituzione, la misura, la sospensione e la cessazione dell'obbligo di versamento al fondo complementare prevedendo all'undicesimo comma, in caso di omessa o ritardato versamento delle quote dovute al fondo, obbligo del datore non solo di versare i contributi dovuti ma di risarcire il danno subìto dal ### secondo le modalità stabilite dal regolamento.
Tale disposizione, però, non chiarisce quale sia la natura giuridica dello schema negoziale adottato ma deve essere letta in combinato disposto con l'art. 33 dello statuto, rubricato “### di adesione”, secondo cui “1. ### al ### avviene mediante presentazione di apposito modulo di adesione, sottoscritto e compilato in ogni sua parte. ### dei lavoratori che hanno manifestato la volontà di associarsi al ### deve essere preceduta dalla consegna dello ### e della documentazione informativa prevista dalla normativa vigente. 2. ### al ### avviene anche: in conseguenza degli effetti delle disposizioni di cui ai precedenti articoli 1 comma 2 e 5 comma 13; con il tacito conferimento del TFR di cui all'art. 8 comma 7 lett. b) del ### 252/05. 3. All'atto dell'adesione il ### verifica la sussistenza dei requisiti di partecipazione. 4. ### è responsabile della completezza e veridicità delle informazioni fornite al ### 5. La domanda di adesione volontaria è presentata dal lavoratore per il tramite del proprio datore di lavoro che la sottoscrive e, secondo le norme del presente ### e della fonte istitutiva, impegna entrambi nei confronti del ### la stessa contiene la delega al datore di lavoro per la trattenuta della contribuzione a carico del lavoratore. 6. La raccolta delle adesioni volontarie dei lavoratori viene svolta nei luoghi di lavoro dei destinatari, nelle sedi del fondo e dei soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive, dei ### nonché negli spazi che ospitano momenti istituzionali di attività del fondo e dei soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive. 7. La domanda di adesione volontaria viene inviata al ### tramite l'azienda presso cui il lavoratore è dipendente entro quindici giorni dalla consegna. La domanda viene esaminata dal Presidente o da persona da lui delegata, che nei 30 giorni successivi alla presentazione può richiedere ulteriore documentazione a corredo della domanda oppure rifiutarla, qualora non sussistano i requisiti per la partecipazione al ### in capo al soggetto che ha sottoscritto la domanda. 8. In presenza dei requisiti di partecipazione al ### nonché di domanda di adesione volontaria regolarmente compilata, l'associazione ha effetto dalla data di sottoscrizione del modulo di adesione. 9. A seguito dell'accettazione della domanda di adesione del lavoratore risulta associata al ### anche l'impresa dalla quale il medesimo lavoratore dipende. Per effetto dell'adesione i lavoratori e le imprese dalle quali dipendono, sono obbligati al versamento dei contributi nella misura stabilita dalle norme contrattuali in vigore e sono altresì tenuti all'osservanza delle norme contenute nel presente ### 10. Ai fini delle comunicazioni da parte del ### gli associati - ad esclusione dei rappresentanti dei lavoratori negli organi sociali - possono eleggere domicilio presso l'azienda in cui prestano servizio, fatti salvi gli adempimenti previsti dalle norme a tutela della riservatezza dei dati personali. 11. In caso di adesione mediante conferimento tacito del TFR o di adesione contrattuale ai sensi dell'art.5 comma 13, sulla base dei dati forniti dal datore di lavoro, il ### comunica all'aderente l'avvenuta iscrizione e tutte le informazioni necessarie al fine di consentire a quest'ultimo l'esercizio delle scelte di sua competenza”.
In altre parole, in base al chiaro tenore letterale dei commi quinto e nono della norma in esame, l'adesione al fondo da parte del lavoratore comporta, da un lato, il conferimento della delega al datore per la trattenuta della contribuzione e, dall'altro lato, determina la costituzione di un'obbligazione solidale in capo al lavoratore ed alla parte datoriale per il versamento dei contributi dovuti.
Sulla base di tale quadro normativo, allora, occorre distinguere tre diversi rapporti giuridici patrimoniali: - il rapporto di provvista tra datore e lavoratore/aderente: il datore di lavoro, in base al rapporto di lavoro subordinato, ha l'obbligo di accantonamento e di versamento del T.F.R. che costituisce un'obbligazione istantanea ad efficacia differita. Tali considerazioni sono condivise anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 19708/2018) pronunciatasi sulla pignorabilità delle quote accantonate secondo cui “anche dopo la riforma del settore disposta con il D.Lgs. n. 252 del 2005, le quote accantonate del trattamento di fine rapporto, tanto che siano trattenute presso l'azienda, quanto che siano versate al ### di ### dello Stato presso l'I.N.P.S. ovvero conferite in un fondo di previdenza complementare, sono intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura e corrispondono ad un diritto certo e liquido del lavoratore, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l'esigibilità, con la conseguenza che le stesse sono pignorabili e devono essere incluse nella dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell'art. 547 c.p.c.. Tale principio, valevole per i lavoratori subordinati del settore privato, si estende anche ai dipendenti pubblici, stante la totale equiparazione del regime di pignorabilità e sequestrabilità del trattamento di fine rapporto o di fine servizio susseguente alle sentenze della Corte costituzionale n. 99 del 1993 e 225 del 1997"; - il rapporto di valuta tra lavoratore/aderente e fondo di previdenza complementare: il lavoratore, in ragione dell'adesione manifesta o tacita, ha l'obbligo di procedere periodicamente ai conferimenti pattuiti al ### al fine di costituire il proprio montante (capitale accumulato) e maturare la propria posizione previdenziale. Sussiste, quindi, una obbligazione periodica ad esigibilità immediata correlata, stante la funzione previdenziale, alla costituzione di un'autonoma posizione previdenziale in capo al ricorrente volta all'erogazione di trattamenti previdenziali, anche di reversibilità od indiretti, ovvero alla liquidazione di un'indennità una tantum nei casi previsti; - il rapporto previdenziale tra il fondo di previdenza complementare ed il lavoratore/aderente od i suoi eredi: in base all'art. 11 d.lgs. 252/2005, il ### è tenuto all'erogazione, in favore del lavoratore o dei beneficiari designati, della prestazione pensionistica indicata. Si tratta, quindi, di una rendita (obbligazione periodica ad esigibilità immediata) ovvero di un'indennità una tantum (obbligazione ad esecuzione istantanea ed ad esigibilità immediata), correlata, in ordine all'an debeatur, alla maturazione dei requisiti di accesso stabiliti ed, in ordine al quantum debeatur, al montante previdenziale accumulato. Sul punto si evidenzia come la più recente giurisprudenza di legittimità ( 19571/2019), pronunciatasi sull'esercizio del diritto di riscatto in caso di decesso dell'aderente in data antecedente alla maturazione del diritto alla prestazione, seppure sulla normativa vigente prima della modifica attuata dal d.lgs. 147/2018, ha confermato la natura autonoma del diritto alla prestazione previdenziale.
Sulla base della natura giuridica dei diversi crediti e dei rapporti intercorrenti tra le parti nonché della documentazione summenzionata, è possibile ritenere che il meccanismo in esame sia riconducibile al modello della delegazione di pagamento ex artt. 1268 e segg. c.c. in quanto il lavoratore ### incarica il proprio datore di lavoro ### di versare le quote maturande di T.F.R. al fondo di previdenza complementare ###.
Il lavoratore delega, in altri termini, il proprio datore di lavoro ad eseguire un pagamento in favore del ### utilizzando come provvista quanto maturato dal lavoratore per T.F.R. sicché con un unico versamento si estinguono due distinte obbligazioni riconducibili sia al rapporto di provvista, tra datore e lavoratore, sia a quello di valuta, tra lavoratore e fondo.
II pagamento effettuato dal datore di lavoro delegato è infatti adempimento dell'obbligazione del lavoratore nei confronti del ### Ricorre, quindi, un'ipotesi di delegatio promittendi in quanto il datore di lavoro non procede immediatamente al pagamento, come nel caso della delegatio solvendi ex art. 1269 c.c., ma si obbliga ad adempiere in suo favore.
Tale distinzione strutturale tra le due ipotesi di delegazione è stata evidenziata anche dalla costante giurisprudenza di legittimità (Cass. 7945/2020) secondo cui “la delegazione di debito ha funzione creditoria, aggiungendo un nuovo debitore ### con posizione di obbligato principale accanto al debitore originario ### sì da rafforzare la posizione del creditore delegatario, mentre la delegazione di pagamento ha funzione solutoria, prevedendo che l'obbligazione sia adempiuta da un terzo ### anzichè dal debitore ###, senza per ciò solo aumentare gli obbligati verso il creditore delegatario. ### della delegazione di pagamento da parte del delegato ha rilievo unicamente nel rapporto interno col delegante, nel quale l'incarico di pagamento potrebbe essere rifiutato anche ove vi fosse provvista; con ogni evidenza, quindi, l'assunzione da parte del delegato di un obbligo esterno, verso il creditore delegatario, richiede un quid pluris rispetto all'accettazione dell'incarico di pagamento nel rapporto interno di delegazione.
Stabilire se trattasi in concreto di delegatio promittendi ex art. 1268 c.c., quindi se il delegato sia direttamente obbligato verso il delegatario e questi possa agire direttamente verso il delegato, o si tratti invece di mera delegatio solvendi ex art. 1269 c.c., senza azione diretta del delegatario verso il delegato, è valutazione di fatto, rientrante nella discrezionalità del giudice di merito, insindacabile in sede ###risultino violati i criteri legali di ermeneutica negoziale. La disciplina degli effetti dell'adesione del delegatario nella delegazione di debito non è applicabile per analogia all'adesione del delegatario nella delegazione di pagamento, essendo le due fattispecie di delegazione passiva analoghe sul piano strutturale, ma eterogenee sul piano funzionale”.
Per tali ragioni, non appare condivisibile la diversa tesi volta a sussumere il caso in esame nell'ipotesi della cessione del credito futuro.
In base agli artt. 1260 e segg. c.c., infatti, la cessione del credito rappresenta un'ipotesi di contratto, a titolo oneroso o gratuito, avente ad oggetto il trasferimento della titolarità di una pretesa creditoria non avente carattere personale dal creditore cedente a quello cessionario. Si tratta, quindi, di una vicenda circolatoria dal lato attivo di un diritto di credito mentre la delegatio promittendi non interessa il credito (lato attivo dell'obbligazione) ma il lato passivo del rapporto obbligatorio attraverso la sostituzione ovvero l'aggiunta del debitore delegato a quello delegante a seconda della natura rispettivamente liberatoria o cumulativa della delegazione.
A tale ricostruzione dogmatica osta anche un secondo argomento attinente alla disomogeneità tra i diversi rapporti obbligatori.
Come si è già evidenziato, il credito per T.F.R. rappresenta un'obbligazione istantanea ad efficacia differita mentre il dovere di accantonamento presso il ### di previdenza complementare costituisce un'obbligazione periodica ad esigibilità immediata.
Si tratta, quindi, di due obbligazioni strutturalmente diverse in quanto il lavoratore ha diritto al pagamento per intero del T.F.R. solo alla cessazione del rapporto mentre il ### di previdenza complementare ha diritto al pagamento delle quote alle diverse scadenze.
Tale diversità strutturale non è superabile neppure ricostruendo la fattispecie in termini di cessione di credito futuro per due ragioni.
In primo luogo, in base all'art. 1472 c.c. la vendita di cosa futura, cui è assimilabile anche la cessione di credito futuro, rappresenta un'ipotesi di vendita sottoposta a condizione sospensiva in quanto la vicenda traslativa risulta condizionata alla venuta ad esistenza della res. Il credito per T.F.R., invece, non rappresenta un credito futuro ma costituisce un credito attuale ad esigibilità differita. Il che è condiviso dalla consolidata giurisprudenza di legittimità la quale ha confermato l'esperibilità da parte del lavoratore, in costanza del rapporto di lavoro, dell'azione di accertamento della quota di T.F.R. accantonata. ### la Suprema Corte (Cass. 18501/2008), infatti, “10. Coerentemente, non potrebbe essere negato l'interesse, concreto ed attuale, del lavoratore ancora in servizio - alle dipendenze della stessa regione o di altro ente pubblico - a proporre azione di mero accertamento - avente ad oggetto le quote annuali del trattamento in questione (di cui alla cit. L.R. 7 luglio 1981, n. 38, artt. 16, 17 e 18), già maturate alla data della sua abrogazione (30 maggio 2000), al pari delle quote di accantonamento di qualsiasi trattamento di fine rapporto - ancorchè le quote stesse non siano ancora esigibili e, come tali, non possano formare oggetto di azione di condanna (vedi, per tutte, Cass., sez. un., n. 11945/1990; sez. lav., n. 4556, 7081/90; 4329/92; 6046/2000; 20516/2004)”.
In secondo luogo, dal punto di vista strutturale la cessione del credito presuppone la conservazione, dopo il trasferimento, dell'identità del credito. Nel caso in esame, invece, a seguito della cessione un credito istantaneo ad esigibilità differita diventa un credito ad esecuzione periodica ed immediata. Il che evidenzia come l'ipotesi in esame dovrebbe essere riconducibile al diverso istituto della novazione, contestualmente oggettiva e soggettiva, ex artt. 1230 e segg. c.c. in ragione della profonda trasformazione dell'oggetto del rapporto e tale effetto novativo, inoltre, non potrebbe che essere prodotto da un contratto necessariamente trilaterale con partecipazione di tutti i soggetti interessati.
In sintesi, per tutte le ragioni summenzionate, deve ritenersi che nel caso in esame ricorra un'ipotesi di delegatio promittendi in quanto il datore ### si obbliga nei confronti del fondo ### a versare le somme via via maturate a titolo di T.F.R. per conto del lavoratore ### in modo da estinguere sia il debito relativo al rapporto di provvista, tra datore e lavoratore e relativo all'obbligo di accantonamento e di versamento del T.F.R., sia al rapporto di valuta, tra lavoratore e fondo volto all'accumulo del montante previdenziale.
Il versamento periodico delle quote da accantonare al fondo complementare ha, quindi, effetti liberatori nei confronti del lavoratore nei limiti di quanto effettivamente versato.
Occorre ora analizzare il sistema rimediale in costanza di rapporto di lavoro. In questo caso, il lavoratore/aderente presenta due interessi meritevoli di tutela: 1. in ordine al rapporto di provvista, ha diritto all'accertamento del T.F.R. maturato, come già evidenziato; 2. in ordine al rapporto di valuta, ha diritto ad essere informato sia dell'andamento del fondo di previdenza complementare sia della situazione concernente la propria posizione previdenziale in base agli artt. 13 bis e segg. d.lgs. 252/2005.
Una volta ricostruita la fattispecie in termini di delegazione promissoria, è possibile individuare quali azioni possono essere esperite per la tutela delle diverse pretese creditorie.
In base all'art. 1268 c.c. la delegazione di pagamento è cumulativa salvo volontà liberatoria espressa del delegatario in favore del delegante ma con riconoscimento del beneficium ordinis in favore di quest'ultimo. Tale disposizione, quindi, riguarda solo ed esclusivamente le azioni di condanna ed esecutive esperibili dal delegatario nei confronti del delegato e, successivamente, nei confronti del delegante. ###. 1270 c.c., inoltre, disciplina, inoltre, l'ipotesi della revoca della delegazione ma la norma codicistica non ha previsto expressis verbis la diversa ipotesi in cui il delegato, seppur obbligatosi, non adempia alla prestazione dovuta ed il delegatario resti inerte.
In questo caso peculiare, è possibile ritenere che il delegante ha un interesse meritevole di tutela in quanto l'adempimento del delegato nelle mani del delegatario realizza il suo interesse all'estinzione del rapporto di valuta.
In caso di inerzia del delegatario nel richiedere la prestazione al delegato, il delegante può adempiere direttamente nelle mani del delegatario in ragione della natura cumulativa dell'istituto ex art. 1268 c.c. In questo caso, il delegante adempiendo nei confronti del delegatario estingue il rapporto di valuta ed ha facoltà di agire nei confronti del delegato per conseguire quanto dovuto in base al rapporto di provvista.
Il che si desume anche a contrario sia dal beneficium ordinis, posto a tutela del delegante e che presuppone la sua responsabilità nei confronti del delegatario, sia dalla revoca ex art. 1270 Per tali ragioni, il delegante non può agire in giudizio per conseguire la condanna del delegato al pagamento in favore del delegatario in assenza di alcuna richiesta da parte di quest'ultimo in quanto col proprio adempimento può soddisfare anche il proprio interesse.
Per tali ragioni, non può ritenersi esperibile neppure l'azione surrogatoria di cui all'art. 2900 c.c. proprio perché il lavoratore può superare il pregiudizio derivante dall'inerzia del fondo nel richiedere la prestazione al datore di lavoro adempiendo direttamente nelle mani del fondo. Le azioni di cognizione di condanna a favore di terzo sono, infatti, ipotesi eccezionali e si collegano alla tematica della sostituzione processuale ex art. 81 c.p.c. In questo caso il lavoratore farebbe valere in nome proprio il diritto del delegatario a conseguire dal delegato quanto dovuto in base allo stesso rapporto di valuta di cui egli stesso quale delegante risulta debitore. ### surrogatoria, inoltre, costituisce uno strumento di salvaguardia della garanzia patrimoniale generica del debitore inerte in favore di tutti i suoi creditori, a differenza, ad esempio, dell'azione revocatoria. Nel caso in esame, invece, anche prescindendo dalla natura futura ed incerta del diritto del lavoratore alla prestazione previdenziale nei confronti del ### di previdenza complementare, deve evidenziarsi come il pregiudizio che il lavoratore subirebbe dal mancato adempimento della prestazione non è correlato genericamente alle chances di solvibilità del proprio debitore (fondo di previdenza complementare) e, quindi, ad un autonomo diritto di credito ma al mancato versamento degli accantonamenti dovuti in base allo stesso rapporto di valuta.
Un ulteriore argomento di ordine sistematico milita in favore della tesi dell'inammissibilità della domanda di condanna in favore del fondo.
Nell'ambito della tutela esecutiva, infatti, occorre prendere in considerazione gli artt. 475 co. 2 c.p.c. e l'art. 511 c.p.c. In base alla prima disposizione citata, “la spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona alla quale è spedita”.
In altre parole, l'attivazione della tutela esecutiva spetta solo ed esclusivamente al soggetto indicato come titolare del relativo diritto nel titolo esecutivo. Il che non consente di soddisfare l'interesse del lavoratore. Occorre, infatti, evidenziare come l'interesse del lavoratore/aderente risulta soddisfatto solo ed esclusivamente in caso di versamento effettivo degli accantonamenti presso il fondo di previdenza complementare in ragione dell'inapplicabilità del principio di automaticità alla previdenza complementare. Nel caso di contributi dovuti all'### infatti, in base all'art. 2116 c.c. l'ente previdenziale è tenuto all'erogazione delle prestazioni previdenziali “anche quando l'imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza” e, quindi, il montante contributivo del lavoratore, presso l'I.N.P.S., ricomprende anche quei contributi che non siano stati effettivamente riscossi dall'ente previdenziale. Nel caso, invece, della previdenza complementare, il ### previdenziale è tenuto a considerare solo ed esclusivamente i contributi che siano stati effettivamente versati.
Per tali ragioni, in caso di perdurante inerzia del fondo di previdenza complementare anche successivamente alla formazione del titolo esecutivo giurisdizionale, il lavoratore non potrà mai attivare una procedura esecutiva in favore del fondo inerte.
Tali considerazioni, d'altra parte, si collegano anche alla seconda disposizione del libro terzo del codice di rito citata. ###. 511 c.p.c., infatti, disciplina la c.d. sostituzione esecutiva che si differenzia dalla sostituzione processuale, relativa al processo di cognizione, in quanto consente al creditor creditoris di poter partecipare alla distribuzione dalla somma ricavata dalla procedura esecutiva eseguita in danno del debitor debitoris pignorato in sostituzione del proprio debitore. ### la costante giurisprudenza di legittimità (Cass. 6019/2017), infatti, “la domanda di sostituzione esecutiva prevista dall'art. 511 cod. proc. civ., determina il subingresso del creditore dell'esecutato nella posizione processuale di quest'ultimo e nel diritto al riparto della somma ricavata dall'esecuzione (### 3, Sentenza n. 22409 del 19/10/2006, Rv. 593096). Pertanto, la domanda di sostituzione, pur non essendo propriamente assimilabile nè ad un pignoramento (di cui non ha la forma, mancando soprattutto l'ingiunzione di cui all'art. 492 c.p.c.), nè ad un atto di intervento (essendo, il sostituto, creditore del creditore procedente e non del debitore esecutato), è pur sempre uno strumento esecutivo, in quanto per il suo tramite il sostituto soddisfa forzatamente il proprio credito nei confronti del sostituito. Dunque, quando la domanda di sostituzione è proposta in relazione a un pignoramento presso terzi, il pagamento effettuato dal terzo pignorato estingue, fino alla concorrenza, non solo ### il suo debito nei confronti del debitore esecutato e ### il debito di quest'ultimo nei confronti del creditore procedente, ma anche ### il debito del creditore procedente nei confronti del creditore ad esso sostituitosi. In sostanza, il soggetto passivo della domanda di sostituzione va individuato in persona del creditore sostituito e non già del terzo pignorato o del debitore esecutato, per quali è indifferente che il pagamento avvenga a mani dell'originario pignorante o del suo sostituto. Lo strumento esecutivo di cui all'art. 511 c.p.c., ha ad oggetto il credito azionato dal creditore sostituito, che, in quanto facente parte del suo patrimonio, è a sua volta aggredibile da suoi creditori.
La domanda di sostituzione, nel caso di pignoramento presso terzi, è quindi dotata di capacità satisfattiva analoga al pignoramento diretto di quanto il creditore sostituito altrimenti recupererebbe dall'azione esecutiva in cui tale istanza viene invece presentata”.
In altre parole, l'unica ipotesi eccezionale in cui il processo esecutivo consente la partecipazione di un soggetto non titolare delle situazioni giuridiche soggettive cristallizzate nel titolo esecutivo è rappresentata dalla possibilità per il creditore di poter essere soddisfatto a discapito del proprio debitore che sia a sua volta il creditore procedente od intervenuto in una procedura esecutiva.
Per tali ragioni, deve essere rigettata la domanda di condanna, esperita dal lavoratore, di condanna del datore di lavoro al pagamento in favore del fondo di previdenza complementare. In costanza del rapporto di lavoro, quindi, in caso di inerzia del fondo, il lavoratore può versare gli importi dovuti al fondo complementare ma non può chiedere la condanna del proprio datore a tale versamento in favore del fondo complementare.
In caso di cessazione del rapporto, come nella fattispecie in esame, invece, restano ferme tutte le considerazioni summenzionate in ordine al rigetto della domanda di condanna al pagamento in favore del fondo di previdenza complementare ma risulta necessaria un'ulteriore precisazione.
II pagamento effettuato dal datore di lavoro delegato è infatti adempimento dell'obbligazione del lavoratore nei confronti del ### Pertanto, il ### è legittimato ad agire nei confronti del datore di lavoro per ottenere la corresponsione delle somme trattenute quale delegatario, ma ciò non esclude che, in caso di sua inerzia, si possa attivare direttamente il lavoratore per far valere il proprio diritto al pagamento delle quote di TFR non versate. In altri termini, se l'obbligazione non viene adempiuta dal delegato, il credito del lavoratore nei confronti del datore di lavoro non si estingue, ma il delegante resta titolare del proprio diritto al pagamento delle quote di TFR nell'ambito del rapporto di lavoro in ragione della esecuzione della prestazione lavorativa. In questo caso, infatti, alla cessazione del rapporto di lavoro, il credito per T.F.R. risulta estinto per adempimento nei limiti di quanto accantonato dal datore presso il ### complementare. Se nulla è stato accantonato diventa esigibile il credito per T.F.R. per l'intero mentre in caso di versamento parziale diventa esigibile solo la quota di T.F.R. non versata. Per tali ragioni, inoltre, deve essere rigettata la domanda di condanna del ### al pagamento di quanto dovuto in base ai versamenti omessi dal datore di lavoro.
Sussiste quindi la legittimazione attiva del lavoratore in ordine alla richiesta del T.F.R. ### i principi generali in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. Anche nel caso in cui sia dedotto l'inesatto adempimento dell'obbligazione, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento (si veda ex plurimis Cass., Sez. Un., 13533/2001). Nel caso di specie, avendo allegato il ricorrente-creditore l'inadempimento dell'obbligazione avente ad oggetto la corresponsione delle quote di T.F.R. e la cessazione del rapporto di lavoro, incombe sul convenuto-### debitore la prova dell'esattezza dell'adempimento.
Nel caso in esame, il resistente non ha fornito la prova di tali pagamenti.
Parte ricorrente, inoltre, con il deposito della comunicazione del ### del 23.2.2017, ha individuato anche le mensilità per cui il datore di lavoro ha omesso di procedere ai relativi versamenti (maggio e giugno 2015 e da agosto 2015 a dicembre 2016), ha depositato tutti i relativi prospetti paga e, pertanto, il datore di lavoro deve essere condannato al pagamento in suo favore dell'importo di € 1.063,21, come richiesto nel corpo del ricorso alla luce delle quote di T.F.R. che dovevano essere accantonate e che sono contabilizzate nei prospetti paga depositati da parte ricorrente, oltre interessi dalla maturazione, rappresentata dalla data di cessazione del rapporto, fino al saldo.
Deve essere, infine, rigettata la domanda di parte ricorrente di condanna ex art. 96 c.p.c. in quanto non si ritengono sussistenti i relativi presupposti. ### la costante giurisprudenza di legittimità (Cass. 29737/2019) “Questa Corte ha recentemente riesaminato la questione relativa alla funzione sanzionatoria della condanna per lite temeraria prevista da tale norma, in relazione sia alla necessità di contenere il fenomeno dell'abuso del processo, sia all'evoluzione della fattispecie dei "danni punitivi" che ha progressivamente fatto ingresso nel nostro ordinamento; al riguardo, è stato affermato che "la condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, applicabile d'ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., commi 1 e 2, e con queste cumulabile, volta al contenimento dell'abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'aver agito o resistito pretestuosamente (Cass. 27623/2017) e cioè nell'evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione. Tale pronuncia è stata preceduta da un altro fondamentale arresto secondo il quale "nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poichè sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quel sanzionatoria della responsabilità civile, sicchè non è ontologicamente incompatibile con l'ordinamento italiano l'istituto, di origine statunitense, dei "risarcimenti punitivi"(Cass. SSUU 16601/2017)": nella motivazione della sentenza richiamata l'art. 96 c.p.c., u.c. è stato inserito nell'elenco delle fattispecie rinvenibili, nel nostro sistema, con funzione di deterrenza”.
La mancata costituzione del ### non comporta la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Per quanto riguarda i rapporti tra parte ricorrente e la C.T.P., le spese di lite sono compensate nella misura del 30% in ragione dell'accoglimento parziale del ricorso e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli Nord, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando così provvede: 1. in parziale accoglimento del ricorso condanna la società ### s.p.a. al pagamento in favore di ### della somma di € 1.063,21 per le causali indicate in parte motiva, oltre interessi e rivalutazione dalla maturazione al saldo; 2. rigetta per il resto il ricorso; 3. liquida le spese di lite in complessivi € 400,00 oltre rimb. Forf. al 15%, iva e cpa come per legge, di cui compensa il 30% e condanna la società società CTP ### s.p.a. al pagamento in favore di ### del restante 70% delle spese; 4. nulla per le spese nei rapporti tra parte ricorrente ed il ### Aversa, 09/07/2021 il Giudice
del ### dott. #### n. 11970/2019
causa n. 11970/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Capolongo Barbato