testo integrale
### 26585 / 2021 R.G.
Tribunale di ### civile ### ha pronunciato ex art. 429 comma 1 prima parte c.p.c. mediante lettura del dispositivo e della contestuale motivazione all'esito della udienza di discussione del 25/3/2024 la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 26585/2021 del ruolo generale degli affari contenziosi civili avente ad oggetto: opposizione contro decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di canoni e di debiti riconosciuti, dichiarazione nullità, annullamento, risoluzione locazione e risarcimento del danno, e vertente TRA ### s.r.l. con codice fiscale ###, elett.te dom.ta in Napoli al ### n. 21 presso l'avv. ### , rappresentato e difeso da quest'ultimo e dall'avv. ### in virtù di procura a margine dell'atto di citazione in opposizione OPPONENTE - ###.C.E.R. - ### per l'### con codice fiscale ###, elett.te dom.ta presso la propria sede ###Napoli alla via ### n. 75, rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### in virtù di procura in calce alla comparsa di risposta ### : parte opposta conclude come da verbale di udienza del 25/3/2024 MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'atto di citazione introduttivo del presente giudizio, la ### s.r.l. ha proposto opposizione ex art. 645 c.p.c. contro il decreto ingiuntivo n. 7276/2021 emesso a suo carico ed in favore della A.C.E.R. - ### per l'### il ### all'esito del procedimento monitorio contrassegnato dal numero di ruolo 8916/2021 R.G., per l'importo complessivo di euro 38.884 oltre interessi e spese della procedura, importo richiesto nel relativo ricorso, depositato ex art. 633 c.p.c. dalla ### per essersi resa asseritamente la ### morosa nel pagamento dei canoni di locazione pattuiti in ratei mensili anticipati di euro 1.766,96 , e più in particolare : a) per tutti i canoni scaduti dal mese di gennaio al dicembre 2020 per un totale di euro 25.947,60; b) per tutti i canoni dal mese di agosto 2019 al mese di dicembre 2019 e per la morosità parziale relativa ai canoni di maggio e giugno 2019, per un totale di euro 12.936,67 .
Il titolo costitutivo del diritto al pagamento è stato identificato dalla A.C.E.R. nel contratto di locazione ad uso commerciale del 12 febbraio 2019, registrato presso l'### delle #### di Napoli il ### , stipulato tra il locatore ### per ### della ### di Napoli ( ora A.C.E.R. ) e la conduttrice ### s.r.l., avente per oggetto i locali terranei siti in Napoli alla via ### n. 69 / 71 / 73 / 77 / 81 / 83 / 87 ed alla ### n. 67 , riportati nel N.C.E.U. del Comune di Napoli - ### SFE - Fg. 3 - Particella n. 179 - sub 2, 3, 4, 6, 7, 9 e 1, con categoria C 1 ( cfr. doc. 3 allegato al ricorso monitorio, contratto di locazione-articolo 2 ), laddove in data ### si era proceduto alla consegna materiale degli immobili e delle chiavi, giusta verbale di consegna allegato al contratto di locazione ( cfr. doc. 3- verbale di consegna allegato al contratto ).
Ora, la ### s.r.l. nell'atto di citazione in opposizione ha descritto quelle che erano state le trattative prodromiche alla stipula del negozio del 2019, avendo premesso che il contratto di locazione per cui è causa sarebbe inscindibilmente legato ad altro accordo esistente tra le parti, ove la odierna opponente si era accollata il debito del precedente conduttore, nella persona di ### per canoni scaduti e non pagati pari ad euro 109.849,42 in relazione alla locazione di alcuni degli immobili poi locati nel 2019 alla ### , con il versamento del 10% all'atto della sottoscrizione ( euro 10.984,94 ) e la conseguente concessione di una rateizzazione per l'importo residuo ( euro 98.864,48 ) in 72 rate mensili di euro 1.406,06.
Trattasi più specificamente di atto di riconoscimento del debito prot. 8633 del 12/2/2019 della ### laddove questa si era assunta espressamente l'obbligazione pecuniaria di corrispondere all'I.A.C.P. ( oggi A.C.E.R. ) le somme dovute dal precedente conduttore ### per canoni scaduti e non pagati all'I.A.C.P. in relazione al contratto di locazione stipulato dal predetto conduttore relativamente agli immobili de quo, per la somma di euro 109.849,42, come determinato ed accertato con sentenza del Tribunale di Napoli n. 513/2017 .
La opponente ha anche dedotto che già in data ### la A.C.E.R. le aveva notificato telematicamente un atto d'intimazione di sfratto per morosità e conseguente citazione per convalida e che il ### le aveva notificato altro ricorso per decreto ingiuntivo e pedissequo provvedimento per il versamento della somma di euro 38.884,28, quali canoni di locazione non versati ed oggetto del predetto giudizio di sfratto per morosità attualmente pendente dinanzi all'adito Tribunale di Napoli, che sono diversi da quelli considerati dal decreto ingiuntivo n. 7276/2021, opposto nella presente sede.
Quindi la ### ha evidenziato l'irreperibilità del ### per la consegna delle chiavi dei locali, ai fini dell'effettuazione dei sopralluoghi ( per rilievi e saggi ) tesi alla formalizzazione delle complessive intese intercorse, ma oggetto di valutazioni solo “sulla carta” tra i tecnici delle parti , nonchè lo stravolgimento delle “volontà” contrattuali dello I.A.C.P. che con PEC del 3/10/2018 aveva inizialmente comunicato l'impossibilità di aderire alla proposta previamente effettuata ( ed oggetto dei numerosi incontri avvenuti nel corso dei mesi precedenti ), in quanto “era in fase di esecuzione il recupero giudiziario dei locali ai civici 69, 71 e 73” , locati al ### e che si sarebbe proceduto, quindi, con l'assegnazione competitiva dei beni non appena rientrati nel materiale possesso dello I.A.C.P. In proposito l'opponente ha anche allegato che la conclusione del contratto di locazione del 2019 era stata fortemente influenzata, a suo discapito, dalle “dinamiche” unilaterali che la avevano costretta, in punto di fatto, ad accettare condizioni inique, non essendo in grado di trovare altrove e nel breve periodo altra ubicazione per la propria attività commerciale.
La opponente ha però lamentato che gli immobili oggetto di locazione erano ( e lo sarebbero tuttora per colpa dell'A.C.E.R. ) inadatti allo svolgimento di qualsivoglia attività: essi, infatti, a suo dire necessitavano di notevoli interventi di restauro e regolarizzazione catastale (v. art. 3, comma 2 del contratto di locazione), che infatti la ### si era impegnata ad eseguire con l'accordo che le spese da essa sostenute sarebbero state detratte sino all'importo massimo di euro 55.000 ( v. art. 3, comma 4 ).
Ovviamente, per l'esecuzione di tali lavori, ritenendo la conduttrice che sul piano catastale non ci fossero criticità dato che la locatrice era la materiale proprietaria dell'intero immobile in cui si trovavano le unità oggetto di locazione, era necessario munirsi delle preventive autorizzazioni da parte degli ### competenti: di tale attività amministrativa, necessariamente propedeutica all'inizio dei lavori, si era fatta carico nel contratto sempre la ### , e ciò nell'ottica di velocizzare al massimo possibile il tutto, perché l'utilizzo da parte della ### dei locali affittati e, quindi, l'attività produttiva della stessa, era subordinata alla ristrutturazione per ripristinare i locali nel rispetto delle norme di legge. ###.C.E.R., però, si era riservata il diritto contrattuale di esprimere la propria preventiva autorizzazione a qualsivoglia “modificazione ai locali o alle pertinenze e prospetti del fabbricato” prevedendo, in caso di violazione, la risoluzione di diritto del contratto di locazione ( art. 11, lett. d) del contratto ). Pertanto, prima di presentare agli ### competenti qualsivoglia atto amministrativo ( per es., richiesta di permessi ecc… ), la ### doveva a suo dire ottenere l'autorizzazione dell'A.C.E.R., autorizzazione sempre negata.
La opponente ha infine asserito che dal raffronto tra la planimetria catastale originaria e la piantina catastale del 20/4/1998 risultarono una serie di abusi edilizi, consistenti soprattutto in aumento di superficie ed altezza, tali da rendere l'immobile locato inidoneo all'uso commerciale previsto in contratto.
Pertanto essa ha chiesto in via riconvenzionale la dichiarazione di nullità del contratto ex artt. 1346 e 1418 c.c. per impossibilità del suo oggetto, costituito dal godimento per fini commerciali degli immobili locati, non essendo autorizzabile alcun restauro a causa della presenza di abusi edilizi.
Sempre in via riconvenzionale, la ### ha proposto domanda di annullamento del contratto per dolo dell'A.C.E.R. ex artt. 1427 e 1439 c.c., per avere taciuto la locatrice la reale situazione urbanistica dei beni locati - i preesistenti abusi edilizi - e per averle fatto credere di poter restaurare gli immobili per destinarli all'uso commerciale, addirittura promettendole, per gli interventi di restauro ad effettuarsi, lo sconto sino ad euro 55.000 sui canoni a pagarsi ( art. 3, commi 2 e 4 del contratto di locazione ), o in subordine per errore di fatto essenziale ai sensi degli artt. 1427, 1428 e 1429 c.c., perché se avesse saputo dell'impossibilità di riattare gli immobili locati e di destinarli all'uso commerciale fissato in contratto, certamente non lo avrebbe sottoscritto.
Ulteriore domanda riconvenzionale è stata proposta per la risoluzione del contratto di locazione, per avere l'A.C.E.R., in violazione delle regole della buona fede, consapevolmente ed illecitamente impedito alla ### di raggiungere lo scopo, dichiarato in contratto, in ragione del quale è nato il rapporto di locazione per cui è causa : utilizzare i locali per svolgervi la propria attività commerciale, o per eccessiva onerosità, data l'impossibilità sopravvenuta di pagamento del canone di locazione e la sua eccessiva onerosità.
Infine è stata chiesta la condanna della locatrice a risarcire alla ### il danno emergente ed il lucro cessante, nella misura da quantificare in corso di causa : sotto il profilo del danno emergente i costi a qualsivoglia titolo sostenuti in relazione al contratto, la perdita di fatturato, il danno d'immagine e tutti gli altri eventuali danni dovessero derivare, nelle more del giudizio, dai comportamenti avversari; sotto il profilo del lucro cessante, il mancato guadagno e perdita di chance causate dal mancato svolgimento dell'attività commerciale. Il tutto con restituzione alla ### ex art.1458 c.c., di tutti gli importi pagati in relazione al rapporto contrattuale di locazione, nonché dei costi a qualsivoglia titolo sostenuti.
In via di eccezione la opponente invece ha dedotto l'illegittimo frazionamento del credito e di essere creditrice dell'A.C.E.R., quantomeno, di complessivi euro 23.120 oltre I.V.A., importo speso dalla ### per lavori di manutenzione ordinaria eseguiti sugli immobili locati ( v.: doc.ti 10, 11, 12 e 13 ). Pertanto, è stato chiesto di: a) dichiarare, ove occorra anche ai sensi dell'art. 2041 c.c., che la ### è creditrice dell'A.C.E.R. del predetto importo di euro 23.120 oltre I.V.A.; b) operare la compensazione tra il credito eventualmente dovuto all'A.C.E.R. ed il predetto credito della ### e condannare l'A.C.E.R. al pagamento dell'eventuale differenza in favore della ### Si è costituita la convenuta ed ha controdedotto che nell'articolo 3) del contratto di locazione, in assenza di ogni clausola condizionale sospensiva o risolutiva, la conduttrice aveva accettato espressamente le seguenti circostanze e obbligazioni: - “ (…) i locali si consegnano all'assegnatario nello stato a lui noto perché egli li ha in precedenza visitati e si impegna ad effettuare i lavori di ristrutturazione ed adeguamento alle normative vigenti “ . Altresì la conduttrice si era impegnata “ad eliminare eventuali abusi edilizi esistenti ed effettuare a proprie cure e spese le variazioni catastali e regolarizzazioni edilizie conseguenti”. Inoltre la conduttrice si era assunta espressamente l'obbligazione a propria cura e spese ( “cura e onere” ) di acquisire le autorizzazione per la realizzazione dei lavori come pure “ogni responsabilità per atti e fatti connessi alla loro esecuzione”.
Di qui l'affermazione che l'opponente conosceva tutte le circostanze e lo stato di fatto e diritto della consistenza immobiliare per cui è causa e ciononostante aveva accettato, senza alcuna condizione, di assumersi tutte le obbligazioni, oneri e rischi di cui all'atto di riconoscimento del debito e del contratto di locazione prendendo espressamente in consegna gli immobili oggetto del presente giudizio.
Con ordinanza del 6/3/2022 sono stati disposti la provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. del decreto ingiuntivo opposto e il mutamento del rito ex art. 426 c.p.c. da ordinario a speciale locatizio, con assegnazione anche del termine per l'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, che ha avuto luogo su iniziativa del creditore opposto, ma senza esito.
Ciò premesso, l'opposizione è infondata e va integralmente rigettata. Invero la eventuale non conformità dell'immobile locato alla disciplina edilizia e urbanistica non determina la illiceità dell'oggetto del contratto, atteso che il requisito della liceità dell'oggetto, previsto dall'art. 1346 c.c., è da riferire alla prestazione, ovvero al contenuto del negozio e non al bene in sé, né può far ritenere illecita la causa, ai sensi dell'art. 1343 c.c., perché locare un immobile costruito senza licenza, né condonato, non è in contrasto con l'ordine pubblico, da intendere come il complesso dei principi e dei valori che contraddistinguono l'organizzazione politica ed economica della società in un determinato momento storico. Il carattere abusivo di una costruzione, mentre può senz'altro costituire fonte di responsabilità dell'autore nei confronti dello Stato, non comporta, dunque, l'invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme ( v. civ. sez. III, 12/4/2023, n. 9766 ). Fra l'altro nel caso di specie, per quanto affermato dalla stessa opponente, l'edificio in cui sono ubicati gli immobili oggetto di locazione risale al 1930, e solo con l'art. 4 R.D.L. 640/1935 e con la legge urbanistica n. 1150 del 1942 è stato imposto, per la prima volta, di dotarsi di una licenza edilizia per la costruzione di un fabbricato in centri abitati, tanto è vero che le opere di realizzazione anteriore al 1942 non devono essere oggetto di richiesta di condono, proprio perché non sono da considerarsi illegittime, e ciò che permette di verificare la presenza o meno di un abuso edilizio non è mai il catasto ma solo il titolo abilitativo al Comune, che nel caso di specie non era necessario.
In generale, poi, al momento di stipulare un contratto di locazione di un immobile destinato a un determinato uso, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività ripromessasi nonché a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative, sebbene le parti siano comunque libere di pattuire — individuando nel contempo su chi grava il relativo onere economico — tanto l'effettiva possibilità di apportare all'immobile le necessarie modificazioni per poter svolgere l'attività prevista, quanto il fatto che quest'ultimo presenti ( o sia in potenziale condizione di acquisire ) le pertinenti condizioni giuridiche funzionali al rilascio delle autorizzazioni amministrative stesse ( v. Cass. civ. sez. III, 27/52008, n. 13761; civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303 ; Cass. civ. sez. III, 30/4/2005, n. 9019 ).
In altri termini, se non specificamente pattuito, il locatore non è tenuto ad adeguare i beni locati alle esigenze ricollegabili all'attività esercitata dal conduttore, anche se quest'ultima è stata indicata nel contratto, limitando ad essa l'uso consentito per l'immobile oggetto del rapporto, il che è lo stesso che dire che, pur se l'immobile fosse effettivamente inidoneo, nessuna responsabilità può essere imputata alla parte locatrice .
Vale infatti “il principio secondo il quale, stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso ( nella specie commerciale ), grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per l'attività ripromessasi, ed altresì adeguate a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative” ( Cass. civ. sez. III, 27/5/2008, n. 13761; Cass. civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303; Cass. civ., 30/4/2005, 9019 ) e “nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati a uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento della attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle autorizzazioni amministrative indispensabile alla legittima utilizzazione del bene locato, per cui, escluso che sia onere del locatore conseguire tali autorizzazioni, ove il conduttore non riesca ad ottenerle, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al proprietario, e ciò quand'anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato” ( cfr. Cass. civ. sez. III, 25/01/2011, n. 1735 ; Cass. civ. sez. III, 16/6/2014, n. 13651 ).
In definitiva, “La destinazione particolare dell'immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore” ( v. sul punto civ. sez. III, 7/6/2018, n. 14731 ) .
Nella fattispecie in esame, inoltre, la ### s.r.l. è una società commerciale, per tale motivo in possesso delle cognizioni tecniche necessarie per valutare correttamente le condizioni di utilizzabilità dell'immobile preso in locazione fin dall'inizio del rapporto .
La circostanza è tanto più evidente, perché la conduttrice non solo aveva accettato la consegna dei locati nello stato ad essa noto perché li aveva in precedenza visitati, ma addirittura si era impegnata ad eliminare eventuali abusi edilizi e ad effettuare a proprie cure e spese le variazioni catastali e regolarizzazioni edilizie conseguenti.
Infine, la conduttrice ha continuato ad occupare il bene immobile senza versare il corrispettivo, tenendo essa un comportamento contrario alla buona fede, nonostante si fosse assunta nel contratto il rischio della acquisizione dei titoli necessari, così liberando la proprietà da ogni e qualsiasi onere.
In proposito appare evidente che tale accollo del rischio, per quanto dedotto dalla stessa opponente, fu motivato dall'esigenza, nell'immediato, di evitare l'adozione da parte dell'I.A.C.P. di una procedura competitiva per la scelta del contraente, dato che era in fase di esecuzione il recupero giudiziario dei beni di cui ai civici 69, 71 e 73 precedentemente locati al ### e quindi per ottenere il subentro in via preferenziale e senza gara nella detenzione dei beni.
Da tanto deriva l'inesistenza di tutti i profili di invalidità o di risoluzione del contratto fatti valere dalla opponente, con conseguente rigetto non solo della sua opposizione ma anche delle domande riconvenzionali proposte, ivi compresa quella risarcitoria, e con contestuale dichiarazione di esecutorietà definitiva ex artt. 653 e 654 c.p.c. del provvedimento monitorio, anche se è già stata dichiarata la sua provvisoria esecuzione nel corso del giudizio con ordinanza resa ai sensi dell'art. 648 c.p.c..
Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 comma 1 c.p.c. e vengono liquidate come da dispositivo, in considerazione del valore della controversia individuato ai sensi degli artt. 5 ss. del D.M. 10/3/2014 n. 55 come modificato dal D.M. 13/8/2022, n. 147 , da applicare alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore, e 14 comma 1 c.p.c. e quindi dello scaglione di valore corrispondente, che coincide con l'importo del credito azionato con la domanda giudiziale originaria formulata nell'atto introduttivo del procedimento monitorio ( cd. criterio del disputatum , v. sul punto Cass. civ. sez. sez. II, 11/2/2022, n. 4520 ), pari a sua volta ad euro 38.884.
La liquidazione va effettuata per tutte le fasi contemplate dall'art. 12 comma 3 del medesimo regolamento ministeriale e con l'applicazione per i compensi dei livelli medi previsti dalla ### n. 2 allegata al decreto, che si riferisce ai giudizi di cognizione ordinaria, in ottemperanza alla regola stabilita dall'art. 4 comma 1, che fa sì che tali livelli siano adeguati per definizione ( nel senso che il ### è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, con apposita e specifica motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi affinché siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo, v. Cass. civ. sez. VI, 13/5/2022, n. 15392 ; Cass. civ. sez. VI, 25/5/2020, n. 9542 e Cass. civ. sez. III, 7/1/2021, n. 89 ) .
Si deve però tener conto, nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, anche del valore della domanda riconvenzionale risarcitoria di valore indeterminabile , la cui proposizione, ove sia diretta all'attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell'attività difensiva ( v. Cass. civ. sez. II, 3/7/1991, n. 7275 ; Cass. civ. sez. III, 29/11/2018, n. ###; Cass. civ. sez. VI, 6/2/2020, n. 2769 ).
Va infatti considerato che in tema di liquidazione del compenso spettante all'avvocato, la determinazione del valore della causa, anche ai fini dell'individuazione dello scaglione tariffario applicabile, deve essere effettuata a norma del codice di procedura civile, con la conseguenza che, in difetto di concreti elementi di stima precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio, deve ritenersi di valore indeterminabile la domanda di risarcimento, nella quale gli elementi di valutazione del danno, di cui si chiede il ristoro, costituiscano l'oggetto o uno degli oggetti dell'accertamento e della quantificazione rimessi al ### ( v. Cass. civ. sez. II, 31/03/2014, n. 7508 ).
Lo stesso vale quando, pur essendo stata richiesta la condanna di controparte al pagamento di una somma specifica, vi si si aggiunga, come nel caso di specie, l'espressione "o di quella maggiore o minore che si riterrà di giustizia" o espressioni equivalenti, poiché, ai sensi dell'art. 1367 c.c., applicabile anche in materia di interpretazione degli atti processuali di parte, non può ritenersi "a priori" che tale espressione sia solo una clausola di stile senza effetti, dovendosi, al contrario, presumere che in tal modo l'attore abbia voluto indicare solo un valore orientativo della pretesa, rimettendone al successivo accertamento giudiziale la quantificazione ( Cass. civ. sez. I, 26/4/2021, n. 10984 ).
Tuttavia per la determinazione del valore della controversia, la domanda riconvenzionale, non essendo proposta contro il medesimo soggetto convenuto, non si cumula con la domanda principale dell'attore sostanziale, ma, se di valore eccedente a quest'ultima, può comportare l'applicazione dello scaglione superiore perchè amplia il "thema decidendum" ed impone all'avvocato una maggiore attività difensiva, sì da giustificare l'utilizzazione del parametro correttivo del valore effettivo della controversia sulla base dei diversi interessi perseguiti dalle parti, ovvero del criterio suppletivo previsto per le cause di valore indeterminabile ( cfr. Cass. civ. sez. III, 27/01/2003, n. 1202 ; Cass. civ. sez. II, 14/7/2015, n. 14691 ; Cass. civ. sez. II, 1/8/2023, n. 23406 ). In altri termini, non deve procedersi al cumulo delle domande ma deve tenersi conto solo del maggiore tra i valori delle due contrapposte domande ( v.
Cass. civ. sez. II, 24/4/2008, n. 10758 ; Cass. civ. sez. II, 20/10/2023, n. 29182 ).
Per l'appunto nel caso di specie è sempre pari ad euro 7.616 il compenso da liquidare in base al valore della domanda dell'attore sostanziale rispetto a quello delle cause indeterminabili risarcitorie di bassa complessità, per cui questa è la somma al cui pagamento va condannata la opponente.
A tale importo vanno comunque aggiunti l'IVA e la CPA se documentate con fattura quali accessori delle spese legali ( cfr. Cass. civ. sez. III, 8/11/2012, n. 19307 ) nonchè il 15% sui compensi a titolo di rimborso forfettario ex art. 2 comma 2 D.M. 10/3/2014 55, che è dovuto “in ogni caso” e quindi segue automaticamente la condanna pronunciata ex art. 91 comma 1 c.p.c. ( v. Cass. civ. sez. III, 8/7/2010, n. 16153 ). P.Q.M. ### definitivamente pronunciando, così provvede : a ) rigetta l'opposizione proposta ex art. 645 c.p.c. e per l'effetto , visti gli artt. 653 e 654 c.p.c., dichiara la definitiva esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto ; ; b ) rigetta le domande riconvenzionali proposte dall'opponente ; c ) visto l'art. 91 comma 1 c.p.c. condanna la ### s.r.l. al rimborso in favore della A.C.E.R. - ### per l'### delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 7.686, di cui euro 7.616 per compensi ed euro 70 per esborsi, oltre IVA e CPA se documentate con fattura e il rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi.
Napoli, 25/3/2024 ###.U. ###
causa n. 26585/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Felice Angelo Pizzi