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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 3321/2024 del 25-03-2024

... canoni a pagarsi ( art. 3, commi 2 e 4 del contratto di locazione ), o in subordine per errore di fatto essenziale ai sensi degli artt. 1427, 1428 e 1429 c.c., perché se avesse saputo dell'impossibilità di riattare gli immobili locati e di destinarli all'uso commerciale fissato in contratto, certamente non lo avrebbe sottoscritto. Ulteriore domanda riconvenzionale è stata proposta per la risoluzione del contratto di locazione, per avere l'A.C.E.R., in violazione delle regole della buona fede, consapevolmente ed illecitamente impedito alla ### di raggiungere lo scopo, dichiarato in contratto, in ragione del quale è nato il rapporto di locazione per cui è causa : utilizzare i locali per svolgervi la propria attività commerciale, o per eccessiva onerosità, data l'impossibilità sopravvenuta di pagamento del canone di locazione e la sua eccessiva onerosità. Infine è stata chiesta la condanna della locatrice a risarcire alla ### il danno emergente ed il lucro cessante, nella misura da quantificare in corso di causa : sotto il profilo del danno emergente i costi a qualsivoglia titolo sostenuti in relazione al contratto, la perdita di fatturato, il danno d'immagine e tutti gli altri eventuali (leggi tutto)...

testo integrale

### 26585 / 2021 R.G. 
Tribunale di ### civile ### ha pronunciato ex art. 429 comma 1 prima parte c.p.c. mediante lettura del dispositivo e della contestuale motivazione all'esito della udienza di discussione del 25/3/2024 la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 26585/2021 del ruolo generale degli affari contenziosi civili avente ad oggetto: opposizione contro decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di canoni e di debiti riconosciuti, dichiarazione nullità, annullamento, risoluzione locazione e risarcimento del danno, e vertente TRA ### s.r.l. con codice fiscale ###, elett.te dom.ta in Napoli al ### n. 21 presso l'avv. ### , rappresentato e difeso da quest'ultimo e dall'avv. ### in virtù di procura a margine dell'atto di citazione in opposizione OPPONENTE - ###.C.E.R. - ### per l'### con codice fiscale ###, elett.te dom.ta presso la propria sede ###Napoli alla via ### n. 75, rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### in virtù di procura in calce alla comparsa di risposta ### : parte opposta conclude come da verbale di udienza del 25/3/2024 MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'atto di citazione introduttivo del presente giudizio, la ### s.r.l. ha proposto opposizione ex art. 645 c.p.c. contro il decreto ingiuntivo n. 7276/2021 emesso a suo carico ed in favore della A.C.E.R. - ### per l'### il ### all'esito del procedimento monitorio contrassegnato dal numero di ruolo 8916/2021 R.G., per l'importo complessivo di euro 38.884 oltre interessi e spese della procedura, importo richiesto nel relativo ricorso, depositato ex art. 633 c.p.c. dalla ### per essersi resa asseritamente la ### morosa nel pagamento dei canoni di locazione pattuiti in ratei mensili anticipati di euro 1.766,96 , e più in particolare : a) per tutti i canoni scaduti dal mese di gennaio al dicembre 2020 per un totale di euro 25.947,60; b) per tutti i canoni dal mese di agosto 2019 al mese di dicembre 2019 e per la morosità parziale relativa ai canoni di maggio e giugno 2019, per un totale di euro 12.936,67 . 
Il titolo costitutivo del diritto al pagamento è stato identificato dalla A.C.E.R. nel contratto di locazione ad uso commerciale del 12 febbraio 2019, registrato presso l'### delle #### di Napoli il ### , stipulato tra il locatore ### per ### della ### di Napoli ( ora A.C.E.R. ) e la conduttrice ### s.r.l., avente per oggetto i locali terranei siti in Napoli alla via ### n. 69 / 71 / 73 / 77 / 81 / 83 / 87 ed alla ### n. 67 , riportati nel N.C.E.U. del Comune di Napoli - ### SFE - Fg. 3 - Particella n. 179 - sub 2, 3, 4, 6, 7, 9 e 1, con categoria C 1 ( cfr. doc. 3 allegato al ricorso monitorio, contratto di locazione-articolo 2 ), laddove in data ### si era proceduto alla consegna materiale degli immobili e delle chiavi, giusta verbale di consegna allegato al contratto di locazione ( cfr. doc. 3- verbale di consegna allegato al contratto ). 
Ora, la ### s.r.l. nell'atto di citazione in opposizione ha descritto quelle che erano state le trattative prodromiche alla stipula del negozio del 2019, avendo premesso che il contratto di locazione per cui è causa sarebbe inscindibilmente legato ad altro accordo esistente tra le parti, ove la odierna opponente si era accollata il debito del precedente conduttore, nella persona di ### per canoni scaduti e non pagati pari ad euro 109.849,42 in relazione alla locazione di alcuni degli immobili poi locati nel 2019 alla ### , con il versamento del 10% all'atto della sottoscrizione ( euro 10.984,94 ) e la conseguente concessione di una rateizzazione per l'importo residuo ( euro 98.864,48 ) in 72 rate mensili di euro 1.406,06. 
Trattasi più specificamente di atto di riconoscimento del debito prot. 8633 del 12/2/2019 della ### laddove questa si era assunta espressamente l'obbligazione pecuniaria di corrispondere all'I.A.C.P. ( oggi A.C.E.R. ) le somme dovute dal precedente conduttore ### per canoni scaduti e non pagati all'I.A.C.P. in relazione al contratto di locazione stipulato dal predetto conduttore relativamente agli immobili de quo, per la somma di euro 109.849,42, come determinato ed accertato con sentenza del Tribunale di Napoli n. 513/2017 . 
La opponente ha anche dedotto che già in data ### la A.C.E.R. le aveva notificato telematicamente un atto d'intimazione di sfratto per morosità e conseguente citazione per convalida e che il ### le aveva notificato altro ricorso per decreto ingiuntivo e pedissequo provvedimento per il versamento della somma di euro 38.884,28, quali canoni di locazione non versati ed oggetto del predetto giudizio di sfratto per morosità attualmente pendente dinanzi all'adito Tribunale di Napoli, che sono diversi da quelli considerati dal decreto ingiuntivo n. 7276/2021, opposto nella presente sede. 
Quindi la ### ha evidenziato l'irreperibilità del ### per la consegna delle chiavi dei locali, ai fini dell'effettuazione dei sopralluoghi ( per rilievi e saggi ) tesi alla formalizzazione delle complessive intese intercorse, ma oggetto di valutazioni solo “sulla carta” tra i tecnici delle parti , nonchè lo stravolgimento delle “volontà” contrattuali dello I.A.C.P. che con PEC del 3/10/2018 aveva inizialmente comunicato l'impossibilità di aderire alla proposta previamente effettuata ( ed oggetto dei numerosi incontri avvenuti nel corso dei mesi precedenti ), in quanto “era in fase di esecuzione il recupero giudiziario dei locali ai civici 69, 71 e 73” , locati al ### e che si sarebbe proceduto, quindi, con l'assegnazione competitiva dei beni non appena rientrati nel materiale possesso dello I.A.C.P. In proposito l'opponente ha anche allegato che la conclusione del contratto di locazione del 2019 era stata fortemente influenzata, a suo discapito, dalle “dinamiche” unilaterali che la avevano costretta, in punto di fatto, ad accettare condizioni inique, non essendo in grado di trovare altrove e nel breve periodo altra ubicazione per la propria attività commerciale. 
La opponente ha però lamentato che gli immobili oggetto di locazione erano ( e lo sarebbero tuttora per colpa dell'A.C.E.R. ) inadatti allo svolgimento di qualsivoglia attività: essi, infatti, a suo dire necessitavano di notevoli interventi di restauro e regolarizzazione catastale (v. art. 3, comma 2 del contratto di locazione), che infatti la ### si era impegnata ad eseguire con l'accordo che le spese da essa sostenute sarebbero state detratte sino all'importo massimo di euro 55.000 ( v. art. 3, comma 4 ). 
Ovviamente, per l'esecuzione di tali lavori, ritenendo la conduttrice che sul piano catastale non ci fossero criticità dato che la locatrice era la materiale proprietaria dell'intero immobile in cui si trovavano le unità oggetto di locazione, era necessario munirsi delle preventive autorizzazioni da parte degli ### competenti: di tale attività amministrativa, necessariamente propedeutica all'inizio dei lavori, si era fatta carico nel contratto sempre la ### , e ciò nell'ottica di velocizzare al massimo possibile il tutto, perché l'utilizzo da parte della ### dei locali affittati e, quindi, l'attività produttiva della stessa, era subordinata alla ristrutturazione per ripristinare i locali nel rispetto delle norme di legge. ###.C.E.R., però, si era riservata il diritto contrattuale di esprimere la propria preventiva autorizzazione a qualsivoglia “modificazione ai locali o alle pertinenze e prospetti del fabbricato” prevedendo, in caso di violazione, la risoluzione di diritto del contratto di locazione ( art. 11, lett. d) del contratto ). Pertanto, prima di presentare agli ### competenti qualsivoglia atto amministrativo ( per es., richiesta di permessi ecc… ), la ### doveva a suo dire ottenere l'autorizzazione dell'A.C.E.R., autorizzazione sempre negata. 
La opponente ha infine asserito che dal raffronto tra la planimetria catastale originaria e la piantina catastale del 20/4/1998 risultarono una serie di abusi edilizi, consistenti soprattutto in aumento di superficie ed altezza, tali da rendere l'immobile locato inidoneo all'uso commerciale previsto in contratto. 
Pertanto essa ha chiesto in via riconvenzionale la dichiarazione di nullità del contratto ex artt. 1346 e 1418 c.c. per impossibilità del suo oggetto, costituito dal godimento per fini commerciali degli immobili locati, non essendo autorizzabile alcun restauro a causa della presenza di abusi edilizi. 
Sempre in via riconvenzionale, la ### ha proposto domanda di annullamento del contratto per dolo dell'A.C.E.R. ex artt. 1427 e 1439 c.c., per avere taciuto la locatrice la reale situazione urbanistica dei beni locati - i preesistenti abusi edilizi - e per averle fatto credere di poter restaurare gli immobili per destinarli all'uso commerciale, addirittura promettendole, per gli interventi di restauro ad effettuarsi, lo sconto sino ad euro 55.000 sui canoni a pagarsi ( art. 3, commi 2 e 4 del contratto di locazione ), o in subordine per errore di fatto essenziale ai sensi degli artt. 1427, 1428 e 1429 c.c., perché se avesse saputo dell'impossibilità di riattare gli immobili locati e di destinarli all'uso commerciale fissato in contratto, certamente non lo avrebbe sottoscritto. 
Ulteriore domanda riconvenzionale è stata proposta per la risoluzione del contratto di locazione, per avere l'A.C.E.R., in violazione delle regole della buona fede, consapevolmente ed illecitamente impedito alla ### di raggiungere lo scopo, dichiarato in contratto, in ragione del quale è nato il rapporto di locazione per cui è causa : utilizzare i locali per svolgervi la propria attività commerciale, o per eccessiva onerosità, data l'impossibilità sopravvenuta di pagamento del canone di locazione e la sua eccessiva onerosità. 
Infine è stata chiesta la condanna della locatrice a risarcire alla ### il danno emergente ed il lucro cessante, nella misura da quantificare in corso di causa : sotto il profilo del danno emergente i costi a qualsivoglia titolo sostenuti in relazione al contratto, la perdita di fatturato, il danno d'immagine e tutti gli altri eventuali danni dovessero derivare, nelle more del giudizio, dai comportamenti avversari; sotto il profilo del lucro cessante, il mancato guadagno e perdita di chance causate dal mancato svolgimento dell'attività commerciale. Il tutto con restituzione alla ### ex art.1458 c.c., di tutti gli importi pagati in relazione al rapporto contrattuale di locazione, nonché dei costi a qualsivoglia titolo sostenuti. 
In via di eccezione la opponente invece ha dedotto l'illegittimo frazionamento del credito e di essere creditrice dell'A.C.E.R., quantomeno, di complessivi euro 23.120 oltre I.V.A., importo speso dalla ### per lavori di manutenzione ordinaria eseguiti sugli immobili locati ( v.: doc.ti 10, 11, 12 e 13 ). Pertanto, è stato chiesto di: a) dichiarare, ove occorra anche ai sensi dell'art. 2041 c.c., che la ### è creditrice dell'A.C.E.R. del predetto importo di euro 23.120 oltre I.V.A.; b) operare la compensazione tra il credito eventualmente dovuto all'A.C.E.R. ed il predetto credito della ### e condannare l'A.C.E.R. al pagamento dell'eventuale differenza in favore della ### Si è costituita la convenuta ed ha controdedotto che nell'articolo 3) del contratto di locazione, in assenza di ogni clausola condizionale sospensiva o risolutiva, la conduttrice aveva accettato espressamente le seguenti circostanze e obbligazioni: - “ (…) i locali si consegnano all'assegnatario nello stato a lui noto perché egli li ha in precedenza visitati e si impegna ad effettuare i lavori di ristrutturazione ed adeguamento alle normative vigenti “ . Altresì la conduttrice si era impegnata “ad eliminare eventuali abusi edilizi esistenti ed effettuare a proprie cure e spese le variazioni catastali e regolarizzazioni edilizie conseguenti”. Inoltre la conduttrice si era assunta espressamente l'obbligazione a propria cura e spese ( “cura e onere” ) di acquisire le autorizzazione per la realizzazione dei lavori come pure “ogni responsabilità per atti e fatti connessi alla loro esecuzione”. 
Di qui l'affermazione che l'opponente conosceva tutte le circostanze e lo stato di fatto e diritto della consistenza immobiliare per cui è causa e ciononostante aveva accettato, senza alcuna condizione, di assumersi tutte le obbligazioni, oneri e rischi di cui all'atto di riconoscimento del debito e del contratto di locazione prendendo espressamente in consegna gli immobili oggetto del presente giudizio. 
Con ordinanza del 6/3/2022 sono stati disposti la provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. del decreto ingiuntivo opposto e il mutamento del rito ex art. 426 c.p.c. da ordinario a speciale locatizio, con assegnazione anche del termine per l'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, che ha avuto luogo su iniziativa del creditore opposto, ma senza esito. 
Ciò premesso, l'opposizione è infondata e va integralmente rigettata. Invero la eventuale non conformità dell'immobile locato alla disciplina edilizia e urbanistica non determina la illiceità dell'oggetto del contratto, atteso che il requisito della liceità dell'oggetto, previsto dall'art. 1346 c.c., è da riferire alla prestazione, ovvero al contenuto del negozio e non al bene in sé, né può far ritenere illecita la causa, ai sensi dell'art. 1343 c.c., perché locare un immobile costruito senza licenza, né condonato, non è in contrasto con l'ordine pubblico, da intendere come il complesso dei principi e dei valori che contraddistinguono l'organizzazione politica ed economica della società in un determinato momento storico. Il carattere abusivo di una costruzione, mentre può senz'altro costituire fonte di responsabilità dell'autore nei confronti dello Stato, non comporta, dunque, l'invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme ( v.  civ. sez. III, 12/4/2023, n. 9766 ). Fra l'altro nel caso di specie, per quanto affermato dalla stessa opponente, l'edificio in cui sono ubicati gli immobili oggetto di locazione risale al 1930, e solo con l'art. 4 R.D.L. 640/1935 e con la legge urbanistica n. 1150 del 1942 è stato imposto, per la prima volta, di dotarsi di una licenza edilizia per la costruzione di un fabbricato in centri abitati, tanto è vero che le opere di realizzazione anteriore al 1942 non devono essere oggetto di richiesta di condono, proprio perché non sono da considerarsi illegittime, e ciò che permette di verificare la presenza o meno di un abuso edilizio non è mai il catasto ma solo il titolo abilitativo al Comune, che nel caso di specie non era necessario. 
In generale, poi, al momento di stipulare un contratto di locazione di un immobile destinato a un determinato uso, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività ripromessasi nonché a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative, sebbene le parti siano comunque libere di pattuire — individuando nel contempo su chi grava il relativo onere economico — tanto l'effettiva possibilità di apportare all'immobile le necessarie modificazioni per poter svolgere l'attività prevista, quanto il fatto che quest'ultimo presenti ( o sia in potenziale condizione di acquisire ) le pertinenti condizioni giuridiche funzionali al rilascio delle autorizzazioni amministrative stesse ( v. Cass. civ. sez. III, 27/52008, n. 13761; civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303 ; Cass. civ. sez. III, 30/4/2005, n. 9019 ). 
In altri termini, se non specificamente pattuito, il locatore non è tenuto ad adeguare i beni locati alle esigenze ricollegabili all'attività esercitata dal conduttore, anche se quest'ultima è stata indicata nel contratto, limitando ad essa l'uso consentito per l'immobile oggetto del rapporto, il che è lo stesso che dire che, pur se l'immobile fosse effettivamente inidoneo, nessuna responsabilità può essere imputata alla parte locatrice . 
Vale infatti “il principio secondo il quale, stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso ( nella specie commerciale ), grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per l'attività ripromessasi, ed altresì adeguate a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative” ( Cass. civ. sez. III, 27/5/2008, n. 13761; Cass. civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303; Cass. civ., 30/4/2005, 9019 ) e “nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati a uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento della attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle autorizzazioni amministrative indispensabile alla legittima utilizzazione del bene locato, per cui, escluso che sia onere del locatore conseguire tali autorizzazioni, ove il conduttore non riesca ad ottenerle, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al proprietario, e ciò quand'anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato” ( cfr. Cass. civ. sez. III, 25/01/2011, n. 1735 ; Cass. civ. sez. III, 16/6/2014, n. 13651 ). 
In definitiva, “La destinazione particolare dell'immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore” ( v. sul punto civ. sez. III, 7/6/2018, n. 14731 ) . 
Nella fattispecie in esame, inoltre, la ### s.r.l. è una società commerciale, per tale motivo in possesso delle cognizioni tecniche necessarie per valutare correttamente le condizioni di utilizzabilità dell'immobile preso in locazione fin dall'inizio del rapporto . 
La circostanza è tanto più evidente, perché la conduttrice non solo aveva accettato la consegna dei locati nello stato ad essa noto perché li aveva in precedenza visitati, ma addirittura si era impegnata ad eliminare eventuali abusi edilizi e ad effettuare a proprie cure e spese le variazioni catastali e regolarizzazioni edilizie conseguenti. 
Infine, la conduttrice ha continuato ad occupare il bene immobile senza versare il corrispettivo, tenendo essa un comportamento contrario alla buona fede, nonostante si fosse assunta nel contratto il rischio della acquisizione dei titoli necessari, così liberando la proprietà da ogni e qualsiasi onere. 
In proposito appare evidente che tale accollo del rischio, per quanto dedotto dalla stessa opponente, fu motivato dall'esigenza, nell'immediato, di evitare l'adozione da parte dell'I.A.C.P. di una procedura competitiva per la scelta del contraente, dato che era in fase di esecuzione il recupero giudiziario dei beni di cui ai civici 69, 71 e 73 precedentemente locati al ### e quindi per ottenere il subentro in via preferenziale e senza gara nella detenzione dei beni. 
Da tanto deriva l'inesistenza di tutti i profili di invalidità o di risoluzione del contratto fatti valere dalla opponente, con conseguente rigetto non solo della sua opposizione ma anche delle domande riconvenzionali proposte, ivi compresa quella risarcitoria, e con contestuale dichiarazione di esecutorietà definitiva ex artt. 653 e 654 c.p.c. del provvedimento monitorio, anche se è già stata dichiarata la sua provvisoria esecuzione nel corso del giudizio con ordinanza resa ai sensi dell'art. 648 c.p.c.. 
Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 comma 1 c.p.c. e vengono liquidate come da dispositivo, in considerazione del valore della controversia individuato ai sensi degli artt. 5 ss. del D.M. 10/3/2014 n. 55 come modificato dal D.M. 13/8/2022, n. 147 , da applicare alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore, e 14 comma 1 c.p.c. e quindi dello scaglione di valore corrispondente, che coincide con l'importo del credito azionato con la domanda giudiziale originaria formulata nell'atto introduttivo del procedimento monitorio ( cd. criterio del disputatum , v. sul punto Cass. civ. sez. sez. II, 11/2/2022, n. 4520 ), pari a sua volta ad euro 38.884. 
La liquidazione va effettuata per tutte le fasi contemplate dall'art. 12 comma 3 del medesimo regolamento ministeriale e con l'applicazione per i compensi dei livelli medi previsti dalla ### n. 2 allegata al decreto, che si riferisce ai giudizi di cognizione ordinaria, in ottemperanza alla regola stabilita dall'art. 4 comma 1, che fa sì che tali livelli siano adeguati per definizione ( nel senso che il ### è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, con apposita e specifica motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi affinché siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo, v. Cass. civ. sez. VI, 13/5/2022, n. 15392 ; Cass. civ. sez. VI, 25/5/2020, n. 9542 e Cass. civ. sez. III, 7/1/2021, n. 89 ) . 
Si deve però tener conto, nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, anche del valore della domanda riconvenzionale risarcitoria di valore indeterminabile , la cui proposizione, ove sia diretta all'attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell'attività difensiva ( v. Cass. civ. sez. II, 3/7/1991, n. 7275 ; Cass. civ. sez. III, 29/11/2018, n. ###; Cass. civ. sez. VI, 6/2/2020, n. 2769 ). 
Va infatti considerato che in tema di liquidazione del compenso spettante all'avvocato, la determinazione del valore della causa, anche ai fini dell'individuazione dello scaglione tariffario applicabile, deve essere effettuata a norma del codice di procedura civile, con la conseguenza che, in difetto di concreti elementi di stima precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio, deve ritenersi di valore indeterminabile la domanda di risarcimento, nella quale gli elementi di valutazione del danno, di cui si chiede il ristoro, costituiscano l'oggetto o uno degli oggetti dell'accertamento e della quantificazione rimessi al ### ( v. Cass. civ. sez. II, 31/03/2014, n. 7508 ). 
Lo stesso vale quando, pur essendo stata richiesta la condanna di controparte al pagamento di una somma specifica, vi si si aggiunga, come nel caso di specie, l'espressione "o di quella maggiore o minore che si riterrà di giustizia" o espressioni equivalenti, poiché, ai sensi dell'art. 1367 c.c., applicabile anche in materia di interpretazione degli atti processuali di parte, non può ritenersi "a priori" che tale espressione sia solo una clausola di stile senza effetti, dovendosi, al contrario, presumere che in tal modo l'attore abbia voluto indicare solo un valore orientativo della pretesa, rimettendone al successivo accertamento giudiziale la quantificazione ( Cass. civ. sez. I, 26/4/2021, n. 10984 ). 
Tuttavia per la determinazione del valore della controversia, la domanda riconvenzionale, non essendo proposta contro il medesimo soggetto convenuto, non si cumula con la domanda principale dell'attore sostanziale, ma, se di valore eccedente a quest'ultima, può comportare l'applicazione dello scaglione superiore perchè amplia il "thema decidendum" ed impone all'avvocato una maggiore attività difensiva, sì da giustificare l'utilizzazione del parametro correttivo del valore effettivo della controversia sulla base dei diversi interessi perseguiti dalle parti, ovvero del criterio suppletivo previsto per le cause di valore indeterminabile ( cfr. Cass. civ. sez. III, 27/01/2003, n. 1202 ; Cass. civ. sez. II, 14/7/2015, n. 14691 ; Cass. civ. sez. II, 1/8/2023, n. 23406 ). In altri termini, non deve procedersi al cumulo delle domande ma deve tenersi conto solo del maggiore tra i valori delle due contrapposte domande ( v. 
Cass. civ. sez. II, 24/4/2008, n. 10758 ; Cass. civ. sez. II, 20/10/2023, n. 29182 ). 
Per l'appunto nel caso di specie è sempre pari ad euro 7.616 il compenso da liquidare in base al valore della domanda dell'attore sostanziale rispetto a quello delle cause indeterminabili risarcitorie di bassa complessità, per cui questa è la somma al cui pagamento va condannata la opponente. 
A tale importo vanno comunque aggiunti l'IVA e la CPA se documentate con fattura quali accessori delle spese legali ( cfr. Cass. civ. sez. III, 8/11/2012, n. 19307 ) nonchè il 15% sui compensi a titolo di rimborso forfettario ex art. 2 comma 2 D.M. 10/3/2014 55, che è dovuto “in ogni caso” e quindi segue automaticamente la condanna pronunciata ex art. 91 comma 1 c.p.c. ( v. Cass. civ. sez. III, 8/7/2010, n. 16153 ).  P.Q.M.  ### definitivamente pronunciando, così provvede : a ) rigetta l'opposizione proposta ex art. 645 c.p.c. e per l'effetto , visti gli artt. 653 e 654 c.p.c., dichiara la definitiva esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto ; ; b ) rigetta le domande riconvenzionali proposte dall'opponente ; c ) visto l'art. 91 comma 1 c.p.c. condanna la ### s.r.l. al rimborso in favore della A.C.E.R. - ### per l'### delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 7.686, di cui euro 7.616 per compensi ed euro 70 per esborsi, oltre IVA e CPA se documentate con fattura e il rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi. 
Napoli, 25/3/2024 ###.U.  ### 

causa n. 26585/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Felice Angelo Pizzi

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Tribunale di Napoli Nord, Sentenza n. 3804/2025 del 02-11-2025

... 11) In via del tutto subordinata, ove si accerti la risoluzione del contratto di vendita con riservato dominio, condannarsi la ### S.p.A. a restituire le rate riscosse (anche ai sensi dell'art. 1526 c.c. ove la risoluzione possa ricondursi ad inadempimento); 12) Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa, oltre al 15% a titolo di rimborso forfetario spese generali, I.V.A. e C.P.A. Nell'accogliere l'azione revocatoria proposta in via subordinata, il ### di ### ha rigettato la domanda di cui al punto 8) - cioè quella volta all'accertamento dell'avvenuto acquisto, da parte della curatela, della proprietà del locale commerciale, laddove fosse stato dimostrato che la #### aveva versato tutte le rate del prezzo - sul presupposto che le risultanze istruttorie non consentivano di affermare che effettivamente si fosse realizzata la condizione sospensiva del pagamento dell'ultima rata del prezzo. Se la domanda di cui al punto 6) era stata oggetto di rinuncia - quella cioè volta ad ottenere il rilascio dell'immobile -, anche le domande di cui ai punti 7) e 9) venivano rigettate sul presupposto che “l'accoglimento dell'azione revocatoria non implica l'invalidità della vendita, ma (leggi tutto)...

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Tribunale di ###.G. 2702/2023 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di ### in composizione monocratica e nella persona del dott. ### ha pronunziato la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta R.G. 2702/2023 avente ad oggetto “rilascio immobile” e pendente ### della ### s.r.l. in liquidazione, in persona del curatore p.t., rappresentato e difeso, giusta procura in calce all'atto di citazione, dall'avv. ### presso il cui studio, sito in ### alla via ### n. 88, è elettivamente domiciliato ### E #### s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., società rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla comparsa di risposta, dall'avv. ### presso il cui studio, sito in ### alla via ### n. 6, è elettivamente domiciliata #### note scritte depositate ai sensi dell'art 127 ter c.p.c. in sostituzione dell'udienza originariamente fissata per la data del 16.6.2025, le parti concludevano in conformità dei rispettivi scritti difensivi e la causa veniva riservata in decisione con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. ### di ### R.G. 2702/2023 RAGIONI IN FATTO E ### Con atto di citazione ritualmente notificato la curatela del ### della ### s.r.l.  in liquidazione deduceva: che in data ### il ### di ### aveva dichiarato il fallimento della ### s.r.l. in liquidazione e che sette anni prima, in data ###, detta società aveva stipulato con la ### s.p.a. un contratto di acquisto con patto di riservato dominio di un locale commerciale sito all'interno del ### di ### (riportato in catasto al foglio 2, particella 5175, sub 66) per il prezzo complessivo di € 287.773,64, di cui una parte era stata corrisposta al momento della stipula (€ 154.849,62), altra parte in data ### (€ 17.814,56) e la restante quota di € 115.109,46 sarebbe dovuta essere versata in 18 rate semestrali del valore di € 6.394,97 a decorrere dall'1.4.2005 all'1.10.2013; che detto immobile era stato concesso in locazione alla stessa ### s.p.a. contratto dell'8.11.2004, con la previsione di un canone annuo di € 16.979,98 oltre ### che sarebbe andato in compensazione con le rate da doversi versare per l'acquisto; che, con scrittura privata del 30.7.2008, la ### s.r.l.  aveva poi ceduto alla società #### s.r.l. l'intera posizione contrattuale nascente dal contratto di compravendita sopra richiamato, cessione che era avvenuta con il consenso della ### s.p.a.; che, per effetto di tale convenzione, la #### era subentrata in tutti gli obblighi e diritti di credito derivanti dalla vendita, ivi compreso il diritto all'acquisizione della piena proprietà del lotto al pagamento dell'ultima rata del prezzo; che alla #### era stato altresì ceduto il contratto di locazione stipulato con la ### s.p.a.; che nel 2013 la curatela del fallimento della ### aveva promosso dinanzi al ### di ### un giudizio finalizzato ad ottenere una declaratoria di nullità dell'atto di cessione del contratto o, in subordine, di inopponibilità alla curatela ai sensi dell'art. 2901 c.c., con contestuale accertamento della proprietà in proprio favore laddove fosse stata pagata anche l'ultima rata del prezzo; che il ### di ### con sentenza n. 9403/2017, aveva accolto l'azione revocatoria relativa all'atto di cessione del contratto ed alla prodromica cessione delle n. 142 azioni della ### s.p.a., dichiarando in tal modo inefficaci gli atti nei confronti della massa dei creditori; che, avverso detta sentenza, avevano proposto appello sia la #### che la curatela del fallimento ### s.r.l. e, all'esito del giudizio di secondo grado, la Corte d'Appello di ### con sentenza n. 4038/2021 passata in giudicato, aveva confermato la ### di ### R.G. 2702/2023 dichiarazione di inefficacia della cessione del contratto nei confronti della massa dei creditori e, accogliendo in parte il gravame del fallimento ### aveva accertato che nel corso del giudizio di primo grado era stata pagata l'ultima rata del prezzo della compravendita; che, alla luce di tale accertamento, doveva ritenersi che la proprietà dell'immobile si era definitivamente trasferita in capo alla cessionaria #### che, con comunicazioni del 2.5.2018 e del 7.10.2020, la ### s.p.a. aveva invitato la #### a riacquistare il possesso dell'immobile, che era stato poi rilasciato definitivamente dopo offerta reale a mezzo ufficiale giudiziario in data ###; che l'accoglimento della revocatoria fallimentare di un atto traslativo comportava il diritto alla restituzione del bene all'amministrazione del fallimento; che, tenuto conto del fatto che il rapporto di locazione instaurato con la società ### s.p.a. si era nelle more risolto, la curatela aveva ormai maturato il pieno diritto alla materiale restituzione dell'immobile. 
Tanto premesso ed esposto, concludeva affinché la #### s.r.l. fosse condannata al rilascio del locale commerciale sopra indicato ed alla refusione delle spese processuali. 
Si costituiva la società convenuta che, contestando l'ammissibilità della domanda, evidenziava che il fallimento poteva conseguire la materiale disponibilità del bene non attraverso un'azione ordinaria di rilascio (non potendosi ritenere titolare della proprietà dell'immobile), quanto piuttosto promuovendo il recupero del cespite attraverso l'esecuzione forzata. Rappresentava che effettivamente il contratto di locazione si era risolto e che l'immobile risultava quindi ormai vuoto. 
Concludeva affinché la domanda fosse dichiarata inammissibile o che, in via gradata, fosse dichiarata cessata la materia del contendere. 
Rigettate le istanze istruttorie articolate dalla parte convenuta, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni ed era riservata in decisione con ordinanza del 19.6.2025. 
La domanda è infondata e va rigettata per le considerazioni che seguono. 
Con la sentenza n. 9403/2017 del 21.9.2017 il ### di ### ha accolto l'azione revocatoria proposta dalla curatela del fallimento ### s.r.l., dichiarando l'inefficacia nei confronti della massa dei creditori dell'atto di cessione del contratto stipulato il ###, con cui la ### s.r.l. aveva ceduto alla #### s.r.l. il contratto di vendita con patto di riservato dominio concluso l'1.4.2005 ed avente ad oggetto un locale ### di ### R.G. 2702/2023 commerciale situato nel centro commerciale ### di #### napoletano ha contestualmente accolto l'azione revocatoria anche in relazione all'atto di cessione, dalla ### s.r.l. alla #### s.r.l., di n 142 azioni della ### s.p.a. al prezzo di € 3.666,44. 
Nell'ambito del giudizio definito con tale pronuncia dal tribunale di ### il fallimento ### s.r.l. aveva proposto le seguenti domande: 1) accertarsi e dichiararsi la simulazione della clausola di pattuizione del prezzo di cessione del contratto effettuato con scrittura privata autenticata nelle firme dal notaio ### in data ###, rep. n. 16910, racc. 3326, reg.to il ### e, pertanto, la simulazione e l'inopponibilità al fallimento della quietanza di pagamento del prezzo in esso contenuta, nonché la simulazione e l'inopponibilità al fallimento della clausola di pattuizione del prezzo della prodromica cessione di pari data delle n.142 azioni della ### s.p.a. (al dichiarato prezzo di € 3.666,44) nonché della quietanza di pagamento del prezzo; 2) accertarsi la nullità, per difetto di causa, - dell'atto di “cessione del contratto” del 30/07/2008 effettuato con scrittura privata autenticata nelle firme dal notaio ### rep. n. 16910, racc. 3326, reg.to il ###, con il quale la ### s.r.l. in liquidazione ha ceduto alla ### - ### s.r.l. il contratto avente ad oggetto il locale commerciale (“lotto”) situato nel ### in ### alla strada consortile, agglomerato industriale ### nord denominato "###", esteso circa mq 141,50 (superficie lorda pavimenti) distinto con la sigla 66 (lotto "75p - g"), riportato nel catasto fabbricati del comune di ### in ditta "### s.r.l.", foglio 2, p.lla 5183 (già p.lla 5175) , sub 66, via ### nord snc", piano 1, cat.d/8, rc euro 1.704,00” e delle relative parti e diritti comuni al prezzo dichiarato in atti di ### 250.000,00 oltre Iva e così per complessivi ### 300.000,00; - dell'atto di pari data con il quale sono state cedute dalla ### s.r.l. alla #### s.r.l. le n.142 azioni della ### s.p.a., al prezzo di € 3.666,44; 3) in subordine dichiararsi l'inefficacia, ai sensi degli artt.2901 c.c. e 66 L.F., dei predetti atti di cessione; 4) Accertare che la ### S.p.A. con il consenso della la #### s.r.l. ha ### di ### R.G. 2702/2023 ancora l'uso dell'immobile oggetto della compravendita con patto di riservato dominio; 5) con dichiarazione di opponibilità dell'emittenda sentenza alla ### s.p.a.; 6) in ogni caso condannarsi la ### S.p.A. e/o la #### s.r.l. all'immediato rilascio del locale commerciale sopra indicato (e delle parti comuni oggetto di cessione) nonché al pagamento delle indennità di occupazione del medesimo locale (e delle parti comuni) con decorrenza dall'atto del 30/7/2008 in caso di accoglimento delle azioni di nullità e dalla notifica del presente atto in caso di accoglimento della revocatoria, da liquidarsi in separato giudizio; 7) ordinare e/o condannare la ### S.p.A. a reintegrare la curatela del fallimento ### s.r.l. in liquidazione nell'esercizio dei diritti connessi alla partecipazione societaria ed a inserire nella comunicazione annuale dell'elenco soci al registro delle imprese il fallimento ### s.r.l. in liquidazione quale titolare di 142 azioni in luogo della #### s.r.l.; 8) Nel caso che nel corso del presente giudizio si dovesse verificare la condizione sospensiva dell'effetto traslativo della proprietà dell'immobile sopra indicato, oggetto del contratto di compravendita ceduto e/o, comunque, nel caso di pagamento dell'ultima rata del prezzo della compravendita con patto di riservato dominio di cui alla richiamata scrittura del 30/07/2008, accertare che la curatela della ### s.r.l. in liquidazione è divenuta proprietaria del locale commerciale (“lotto”) situato nel ### in ### alla strada consortile, agglomerato industriale ### nord denominato "###", esteso circa mq 141,50 (superficie lorda pavimenti) distinto con la sigla 66 (lotto "75p - g"), riportato nel catasto fabbricati del comune di ### in ditta "### s.r.l.", foglio 2, p.lla 5183 (già p.lla 5175), sub 66, via ### nord snc", piano 1, cat.d/8, rc euro 1.704,00” e delle relative parti e diritti comuni, ordinando al ### dei ### tenuti presso l'### di ### - #### di ### immobiliare, di trascrivere/annotare la sentenza anche con riferimento a tale effetto traslativo; 9) Nel caso che il pagamento dell'ultima rata non dovesse essere effettuato accertarsi e dichiarare che la curatela del fallimento ### s.r.l. in liquidazione, ai sensi dell'art.  73 L.F., ha diritto di optare per il subentro nel contratto o di sciogliersi con obbligo del ### di ### R.G. 2702/2023 venditore di restituire le rate riscosse; 10) In conseguenza delle eccezioni dei convenuti accertarsi la nullità, o in subordine l'inefficacia ex art. 2901 c.c., della transazione che le parti convenute avrebbero concluso con la scrittura di accettazione datata 19/07/2013; 11) In via del tutto subordinata, ove si accerti la risoluzione del contratto di vendita con riservato dominio, condannarsi la ### S.p.A. a restituire le rate riscosse (anche ai sensi dell'art. 1526 c.c. ove la risoluzione possa ricondursi ad inadempimento); 12) Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa, oltre al 15% a titolo di rimborso forfetario spese generali, I.V.A. e C.P.A. 
Nell'accogliere l'azione revocatoria proposta in via subordinata, il ### di ### ha rigettato la domanda di cui al punto 8) - cioè quella volta all'accertamento dell'avvenuto acquisto, da parte della curatela, della proprietà del locale commerciale, laddove fosse stato dimostrato che la #### aveva versato tutte le rate del prezzo - sul presupposto che le risultanze istruttorie non consentivano di affermare che effettivamente si fosse realizzata la condizione sospensiva del pagamento dell'ultima rata del prezzo. 
Se la domanda di cui al punto 6) era stata oggetto di rinuncia - quella cioè volta ad ottenere il rilascio dell'immobile -, anche le domande di cui ai punti 7) e 9) venivano rigettate sul presupposto che “l'accoglimento dell'azione revocatoria non implica l'invalidità della vendita, ma soltanto la sua inefficacia ed inopponibilità alla massa dei creditori, senza alcun effetto restitutorio” (cfr. pag. 12 della sentenza n. 9403/2017). 
Avverso detta pronuncia proponevano appello sia la #### che il fallimento ### Quest'ultimo censurava la sentenza di primo grado nella parte in cui non era stata accertato il proprio acquisto della proprietà dell'immobile a seguito dell'avvenuto integrale pagamento del prezzo da parte della società cessionaria. Si doleva altresì del mancato accoglimento delle domande di cui ai punti 7) e 9). 
Con sentenza n. 4038/2021 del 29.10.2021 - pronuncia di cui è stato documentato l'avvenuto passaggio in giudicato - la Corte d'Appello di ### ha rigettato l'appello proposto dalla #### s.r.l., confermando l'accoglimento dell'azione revocatoria proposta dal fallimento. 
Con riguardo all'appello proposto dall'odierna parte attrice, la Corte, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, è giunta ad affermare che le emergenze istruttorie ### di ### R.G. 2702/2023 consentivano di ritenere che la #### avesse interamente corrisposto il prezzo della vendita alla ### s.p.a.. Tuttavia, non poteva essere accolta “la domanda di accertamento della qualità di proprietaria dell'immobile in capo alla curatela del fallimento della ### s.r.l. posto che gli effetti costitutivi dell'azione revocatoria ordinaria sono limitati alla declaratoria di inefficacia ed inopponibilità al fallimento in sede esecutiva dell'atto di cessione del contratto di compravendita e delle partecipazioni sociali oggetto di causa, con conseguente possibilità del fallimento di aggredire in sede esecutiva l'immobile che per effetto dell'accertamento svolto può ritenersi acquistato in via definitiva dalla cessionaria del contratto, essendo stato provato il pagamento dell'ultima rata del prezzo” (cfr. pagg. 9 e 10 della sentenza n. 4038/2021 della Corte d'Appello di ###. 
Nel promuovere il presente giudizio, la curatela fallimentare ha dapprima chiarito che l'immobile oggetto della vendita non era più nella detenzione della ### s.p.a., ma era stato nelle more liberato a seguito della risoluzione del rapporto locatizio anch'esso oggetto di cessione in favore della #### Quindi, ha evidenziato come solo con la materiale acquisizione del bene alla massa fosse possibile procedere alla sua vendita in sede fallimentare. Sulla scorta di tale premessa ha pertanto azionato un'azione restitutoria del cespite nei confronti della società originariamente cessionaria del contratto di vendita.  ### esperita non può trovare accoglimento. 
Invero, costituisce principio giurisprudenziale di recente affermato dalla Suprema Corte quello secondo cui l'accoglimento dell'azione revocatoria - sia quella ordinaria che quella fallimentare - produce un mero effetto reintegrativo della garanzia patrimoniale, attribuendo quindi alla curatela la sola legittimazione ad aggredire in sede esecutiva l'immobile, senza conferire al fallimento alcun diritto alla restituzione dell'originaria posizione negoziale ceduta. 
Invero, quando il bene è uscito dal patrimonio del debitore poi dichiarato fallito ed è entrato in quello dell'acquirente è ovviamente possibile liquidare questo bene a vantaggio dei creditori del debitore dante causa. La strada per ottenere tale risultato (cioè la possibilità di liquidazione) però, non è quella di far rientrare il bene nel patrimonio fallimentare come “bene del fallito”, da liquidare quindi secondo le regole del fallimento alla stregua dei beni esistenti al momento della dichiarazione di fallimento e di quelli ### di ### R.G. 2702/2023 acquistati dal fallito in corso di fallimento, bensì liquidare un bene a favore del ceto creditorio - e conseguire così il risultato che il ### ha evidentemente inteso realizzare - escludendo che il bene stesso sia ###entrato a far parte del patrimonio fallimentare come “bene del fallito”. 
La finalità dell'azione revocatoria ordinaria è quella di permettere al creditore definitivamente vittorioso di aggredire esecutivamente il bene oggetto dell'atto revocato nella forma dell'espropriazione contro il terzo proprietario ex articolo 602, c.p.c.: il creditore, dunque non utilizzerà l'espropriazione contro il debitore come avrebbe potuto (e dovuto) fare se il bene fosse nuovamente del suo debitore al momento del pignoramento, come se fosse, cioè, rientrato nel patrimonio del suo debitore all'esito vittorioso dell'azione revocatoria, proprio perché il risultato dell'esercizio vittorioso e definitivo dell'azione revocatoria ordinaria non consiste nel far rientrare il bene oggetto dell'atto revocato nel patrimonio del dante causa. Come accade quando l'articolo 66, L.F.  mette a disposizione del curatore l'azione revocatoria ordinaria, a vantaggio - in tal caso - dell'intero ceto creditorio che abbia fatto valere le proprie ragioni nel fallimento: si potrà, quindi, conseguire il risultato della liquidazione del bene già oggetto dell'atto revocato; ma anche qui lo si potrà fare senza che il bene sia previamente entrato a far parte del patrimonio fallimentare come bene del fallito. È chiaro e ne consegue che se il fallimento dovesse chiudersi, dopo l'esito vittorioso da parte del curatore dell'azione revocatoria ordinaria, senza che si sia reso necessario liquidare quel bene, il bene continuerebbe a rimanere - come è sempre stato - di chi lo ha acquistato dal debitore poi fallito: l'esito favorevole dell'azione revocatoria risulterebbe a questo punto, a posteriori superfluo: avrebbe consentito di liquidare quel bene se ce ne fosse stato bisogno. Ciò è coerente con lo scopo che il ### mirava a raggiungere consentendo al curatore l'esercizio tanto della revocatoria ordinaria quanto della revocatoria fallimentare, quello cioè di ampliare la platea dei beni da liquidare nel fallimento a favore del ceto creditorio. 
Ne discende che non è con l'esito vittorioso e definitivo dell'azione revocatoria (ordinaria e fallimentare) che il bene esce dal patrimonio dell'acquirente soccombente in revocatoria e rientra tra i beni del fallito (da liquidare): non può quindi essere trattato, ai fini della liquidazione, né come un bene esistente nel patrimonio del fallito al momento della dichiarazione di fallimento, né come un bene acquistato dal fallito durante il fallimento (anche se può essere liquidato a favore del ceto creditorio o tramite procedure competitive ### di ### R.G. 2702/2023 o secondo le norme del codice di procedura civile). 
Il momento in cui l'acquirente soccombente in revocatoria perde la titolarità del bene è necessariamente un momento successivo: quando del bene stesso diviene titolare chi lo acquista dal fallimento, quando cioè, a soddisfazione del ceto creditorio, nel patrimonio fallimentare entra il denaro che ne costituisce il prezzo. ### canto, se la ragione per cui il ### consente al curatore l'esercizio delle revocatorie è quella di accrescere i risultati della liquidazione, e dunque, trattandosi di immobili, a segnare la perdita del diritto (da parte dell'acquirente soccombente in revocatoria) e l'acquisto del diritto (da parte di chi acquista dal fallimento) sarà o il decreto di trasferimento pronunciato dal giudice delegato se si è scelto di liquidare il bene secondo le disposizioni del codice di procedura civile, oppure l'atto notarile tra curatore e acquirente se si è fatto ricorso alle procedure competitive. Si può aggiungere che questa conclusione risulta perfettamente coerente con quanto accade nel caso di esercizio dell'azione revocatoria ordinaria ex articolo 2901, cod. civ. quando il creditore vittorioso abbia successivamente iniziato un'espropriazione contro il terzo proprietario ex art. 602, c.p.c. pignorando il bene dell'acquirente soccombente in revocatoria: anche in questo caso, infatti, perdita del diritto (da parte dell'acquirente soccombente in revocatoria) e acquisto del diritto (da parte di chi acquista nell'ambito dell'espropriazione immobiliare) saranno riconducibili al decreto di trasferimento pronunciato dal giudice dell'esecuzione ex articolo 586, c.p.c.. 
Decreto che - appunto - trasferirà il diritto dall'uno all'altro soggetto, e che sarà coerentemente trascritto contro l'acquirente soccombente in revocatoria e a favore di chi ha acquistato in vendita forzata. Anche il curatore, così come ogni creditore, dopo aver esercitato vittoriosamente l'azione revocatoria ordinaria, può procedere alla liquidazione del bene già oggetto dell'atto revocato iniziando contro l'acquirente soccombente in revocatoria e dunque iniziare un'espropriazione “contro il terzo proprietario” ex art. 602, c.p.c.. 
Tali argomentazioni di diritto sono state di recente compiutamente riaffermate dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23485/2021, di cui vengono di seguito riportati alcuni decisivi passaggi: “Nel nostro ordinamento concorsuale, invero, è pacifico che le azioni promosse dalla curatela per la dichiarazione d'inefficacia di atti di disposizione patrimoniale compiuti dal fallito mirano non ad ottenere il sovvertimento, sul piano della validità, degli effetti traslativi degli atti compiuti e dunque il ripristino in capo alla massa ### di ### R.G. 2702/2023 dei creditori esattamente del medesimo titolo già disposto dal fallito, cioè regolato negozialmente in modo ex post dichiarato giudizialmente inefficace, bensì "la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori" (Cass. 9584/2015) mediante la "assoggettabilità ad esecuzione" del medesimo bene che ne sia stato oggetto; con il successo della domanda, dunque, il fallito non ridiventa titolare in senso dominicale dell'identico bene oggetto dell'atto dichiarato inefficace, bensì accade che sia l'organo concorsuale a poter disporne esecutivamente o, se ciò sia impossibile, conseguire il ripristino dell'equilibrio patrimoniale alterato dall'atto, in una misura equivalente alla consistenza che esso aveva nei termini di valore depauperativi accertati…”, chiarendo, altresì, come “…4. l'obiettivo delle azioni revocatorie anche in esame, unificate dalla menzionata inefficacia, è perciò quello di permettere, in capo agli organi concorsuali, "la liquidazione di un bene che, rispetto all'interesse dei creditori, viene in considerazione soltanto per il suo valore" (Cass. 26041/2013); è così stato chiarito che "oggetto della domanda revocatoria, sia essa ordinaria che fallimentare, non è il bene trasferito in sé, ma la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori, mediante il suo assoggettamento ad esecuzione forzata" tant'è che quando l'azione sia promossa dopo il fallimento dell'accipiens, non potendo essere esperita con la finalità di recuperare il bene ceduto - stante l'intangibilità dell'asse fallimentare - "i creditori del cedente (ovvero il curatore in caso di suo fallimento) potranno insinuarsi al passivo del fallimento del cessionario per il valore del bene oggetto dell'atto di disposizione" (Cass. s.u.  12476/2020); altrettanto incontroverso è che la sentenza che accoglie la domanda revocatoria fallimentare ha natura costitutiva, in quanto modifica ex post una situazione giuridica preesistente, sia privando di effetti, nei confronti della massa fallimentare, "atti che avevano già conseguito piena efficacia", sia "determinando, conseguentemente, la restituzione dei beni o delle somme oggetto di revoca alla funzione di generale garanzia patrimoniale (art. 2740 c.c.) ed alla soddisfazione dei creditori di una delle parti dell'atto"; con la conseguenza che la situazione giuridica vantata dalla massa ed esercitata dal curatore non integra un diritto di credito (alla restituzione della somma o dei beni) esistente prima del fallimento (né nascente all'atto della dichiarazione dello stesso) e indipendentemente dall'esercizio dell'azione giudiziale, ma rappresenta un vero e proprio diritto potestativo all'esercizio dell'azione revocatoria (Cass. s.u. 5443/1996; Cass. s.u.  ###/2018)…”. ### di ### R.G. 2702/2023 Non si ignora in questa sede ###orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto al curatore il potere di apprensione del bene, non soltanto per sottoporlo ad espropriazione, ma anche per gestirlo nell'interesse della massa (cfr. n. ### del 04/12/2018). Tuttavia, in questa sede si intende aderire all'orientamento più di recente sostenuto con la sentenza della Suprema Corte del 2021 sopra richiamata che, in maniera più coerente con le conseguenze di mera inefficacia derivanti dall'accoglimento dell'azione revocatoria - che non implica quindi alcuna invalidità del trasferimento e, quindi, nemmeno il diritto alla materiale apprensione del bene precedentemente ceduto - ha limitato il potere dispositivo del curatore alla sede esecutiva. 
A tale indirizzo ha d'altronde compiutamente aderito anche la Corte d'Appello con la pronuncia sopra richiamata n. 4038/2021, che ha in via definitiva risolto il contenzioso già instauratosi tra le parti (“### ha sul punto correttamente applicato il prevalente orientamento di legittimità secondo cui in tema di fallimento, il curatore che abbia esercitato con successo l'azione revocatoria (fallimentare o ordinaria) della cessione del contratto, già facente capo al fallito, non può esercitare le facoltà previste dall'art. 72 l.fall.  in relazione alla posizione contrattuale originaria, poiché l'accoglimento dell'azione revocatoria non restituisce al fallimento la pienezza della posizione negoziale ceduta, ma attribuisce la sola ed esclusiva legittimazione a procedere alla sua liquidazione. (cfr. per tutte Cass.23485/21 e Cass. 3676/11)” - cfr. pag. 10 della sentenza della C.d.A.) Invero, sulla scorta del medesimo approccio interpretativo, la Corte, oltre ad aver escluso che il fallimento avesse acquistato la proprietà del locale commerciale, ha altresì rigettato il gravame nella parte in cui la curatela aveva chiesto che, in accoglimento dell'originaria domanda di cui al punto 7), la ### s.p.a. reintegrasse la curatela nell'esercizio dei diritti connessi alla partecipazione societaria atteso che anche l'atto di cessione delle n. 142 azioni della ### s.p.a. era stato revocato ex art. 2901 c.c. dal ### di ### (“Gli stessi principi consentono di respingere la richiesta di ordinare alla reintegrare la curatela del fallimento della nell'esercizio dei diritti connessi alla partecipazione societaria e ad inserire nella comunicazione annuale dell'elenco soci al registro delle imprese il fallimento della Losdos” ). 
In conclusione, l'azione di rilascio proposta da parte attrice deve essere rigettata. 
La peculiarità del caso concreto e le incertezze giurisprudenziali che emergono da pronunce di merito e di legittimità contrastanti nella materia, integrano gravi ed ### di ### R.G. 2702/2023 eccezionali ragioni per compensare integralmente le spese di lite tra le parti alla luce della disciplina che regola la soccombenza come riletta alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 77/2018.  P.Q.M.  ### in composizione monocratica, definitivamente pronunziando nella controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: • rigetta la domanda; • compensa le spese processuali. 
Così deciso in ### in data ### IL GIUDICE dott.

causa n. 2702/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Alfredo Maffei

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 31753/2025 del 04-12-2025

... franchising, ma che però abbia adempiuto a quelle della locazione. Se dunque il franchising è risolto per inadempimento, la locazione viene meno per via del collegamento con il franchising, non già perché, a sua volta, anche la locazione è inadempiuta. Sul piano concettuale questa tesi non è errata, ma non porta alle conseguenze volute dalla società ricorrente. Infatti, la circostanza che il contratto collegato subisca solo gli effetti della risoluzione de ll'altro, non toglie che le ragioni di quella risoluzione rilevino comunque. Ossia, dire che il contratto collegato non è risolto per inadempimento, ma è solo privato di effetti, significa mettere in luce il piano degli effetti, ma non quello causale. Sul piano causale il collegamento neg oziale costituisce un'unica operazione negoziale, pur nella autonomia dei singoli cont ratti collegati, tanto che davanti all'inadempimento in uno d ei due contratti, la parte inadempiente può fare eccezione di inadempimento nell'altro contratto (Cass., n. 21070/2024). E dunque, se uno dei due contratti è risolto per inadempimento, questo stesso inadempime nto giustif ica la privazione degli effetti dell'altro: l'inadempimento è causa di (leggi tutto)...

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ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 7507/2023 R.G. proposto da: ### rappresentata e difesa dell'avvocato #### (###) -ricorrente contro ### rappresentata e difesa dall'avvocato ### (###) 2 di 8 -controricorrente avverso la SENTENZA della CORTE ### di CATANIA 81/2023 depositata il ###. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2025 dal #### società ### s.p.a. ha intimato a ### s.r.l. sfratto per morosità di un immobile da quest'ultima condotto in sublocazione, convenendola in giudizio per la convalida d ello sfratt o; contestualmente ha esposto di intrattenere con la convenuta anche un contratto di franchising, stipu lato nel marzo 2016, e che tra questo negozio e quello di sublocazione sussisteva un collegamento funzionale, come previsto dall'art. 2 del secondo contratto, nel senso che il venir meno del primo avrebbe travolto anche la sublocazione. 
Ha dedotto, altresì, che la convenuta si era resa inadempiente al contratto di franchising ed ha chiesto la risoluzione del contratto di sublocazione per inadempimento della conduttrice. 
Il Tribunale di Catania ha escluso la morosità ed ha ritenuto che la risoluzione della locazione presupponesse la previa risoluzione del franchising. 
Invece la Corte di appello ha accolto la tesi della ### s.p.a. ed ha pronunciato la risoluzione del contratto di franchis ing con conseguente risoluzione di quello di locazione.   Avverso tale decisione propone ricorso la ### s.r.l.  con cinque motivi di ricorso, ulteriormente illustrati con memoria.  ### s.p.a. resiste con controricorso e deposita memoria illustrativa.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1.- Con il primo motivo si prospetta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli articoli 99 e 112 cod.  proc. civ. 3 di 8 La tesi è la seguente. 
La Corte di Appello ha dichiarato risolto il franchising in assenza di una domanda apposita, sul presupposto che, una volta chiusa la fase sommaria dello sfratto, ed iniziata la causa di merito, la ricorrente poteva cambiare la causa petendi. 
Sostiene la ricorrente che tuttavia ### s.p.a. non ha mai formulato la domanda di risoluzione del contratto di franchising.  2.- Questo motivo è ulteriormente specificato nel secon do, che prospetta violazione dell'art. 345 c.p.c. 
Sostiene la ricorrent e che, anche ad ammettere che la do manda possa essere mut ata ad inizio della c ausa ordinaria, dunque una volta chiusa la fase sommaria della convalida, comunque ciò non è accaduto, avendo la ### spa, solo in appello, ma mai in primo grado, chiesto la risoluzione del franchising (p. 7 del ricorso). 
Questi due m otivi sono connessi e possono esaminarsi insieme. 
Essi sono infondati. 
Come eccepito dalla controricorrente, la Corte di Appello non ha pron unciato la risoluzione del franchising (a causa de lla cui risoluzione poi è venuta meno la sublocazione), ma ha accertato l'avvenuta risoluzio ne di diritto di quel cont ratto: ‹‹stante l'inadempimento della ### s.r.l. in ordine alla restituzione delle somme pagate dai clienti finali, il mancato rispetto del piano di rientro concordato e la messa in mora inviata dal factor, la ### spa con comunicazione dell'1 giugno 2017 ha dichiarato di volersi avvalere della condizione risolutiva espressa prevista dall'art. 22.2 del contratto di franchising›› (p. 6).   Il che significa che non era necessaria una apposita domanda, in quanto l'avvenuta risoluzione del franchising (per esercizio del diritto potestativo) era un presupposto logico della risoluzione del collegato contratto di sublocazione. Ed andav a semplicemente accertata. 4 di 8 E comu nque, come dimostra la controricorre nte, la qu estione dell'avvenuta risoluzione di diritto del contratto di franchising era stata introdo tta tempestivamente. La controricorrente (p. 18 del controricorso) riporta infatti il passo della memoria di costituzione ad inizio della causa di merito in cui si legge, tra l'altro, che << infatti, il contratto è stato pacificamente riso lto pe r inadempiment o ed inoltre non sussiste alcun avviamento proprio della ### S.r.l. la quale al contrario pro prio in v irtù dell'accordo di franchising ha sfruttato l'enorme avviamento della ### S.p.A.>>, dopo avere premesso (p. 17) che la risoluzione del franchising comportava il venir meno della sublocazione.   Dunque, il giu dice investito della risoluzione de lla sublocazione, o come vedremo meglio, della cessazione degli effetti di quest'ultima, aveva solo da accertare che il collegato contratto di franchising si era riso lto di diritto, non d oveva pronunciarne la risoluzione. E quell'accertamento egli ha potuto fare per via della domanda comunque introdotta, come si è visto, dalla ### spa. 
La senten za impugnata non incor re, dunque, nei vizi denu nciati, dovendosi, peraltro, tenere conto che nel pro cedimento per convalida di sfratto, l'opposizione dell'intimato ai sensi dell'art. 665 c.p.c. determina la conclus ione del procedimento a carattere sommario e l'instaurazione di un nuovo e autonomo procedimento con rit o ordinario, nel quale le parti possono esercitare tu tte le facoltà connesse alle rispettive po sizioni, ivi compresa, per il locatore, la possibilità di porre a fondamento della domanda una causa petendi diversa da quella originariamente formulata e, per il conduttore, la possibilità di dedurre nuove eccezioni e di spiegare domanda riconvenzionale (Cass., sez . 3, 23/06/2021 , n. 17955; Cass., sez. 3, 28/02/2023, n. 5955).  3.- Il terzo motivo prospetta violazione degli articoli 1453, 1362, 1363, 1366 La censura è la seguente. 5 di 8 Sostiene la ricorrente che il fatto che i contratti fossero collegati non comporta che, risolto uno per inadempimento, dovesse dirsi risolto anche l'altro, sempre, a sua volta, per inadempimento. 
Sostiene la ricorrente: ‹‹si vuole in altri termini evidenziare che il collegamento negoziale incide solo sul piano della permanenza del vincolo, secondo il principio simul stabunt, simul cadent, ma non su quello, diverso, della valid ità od efficacia dei si ngoli contratti, seppure avvinti teleologicamente›› (pag. 10 del ricorso). 
Ed ancora più precisamente: ‹‹ove venga accertata e dichiarata la risoluzione del rapporto collegato, il contratto non interessato dalla causa di risoluzione cessa di produrre effetti solo mediatamente, ma di certo non può dirsi risolto per inadempimento anch'esso… ›› (pag.  10 del ricorso). 
Aggiunge la ricorrente che la conclusi one cui è giunta la Corte territoriale sarebbe anche contraria alle intenzioni dei contraenti, i quali, all'art. 2 del contratto di sublocazione, avevano concordato il collegamento funzionale dei contratti di affiliazione e sublocazione, esclusivamente nel senso che il venir meno del primo avrebbe determinato la sola cessazione degli effe tti de l secondo, non risultando, invece, dal medesimo contratto che l'inadempimento agli obblighi nascenti dal franchisin g potesse comportare una causa autonoma di risoluzione di diritto della sublocazione. 
Da questa premessa trae la seguente conseguenza: ‹‹ne consegue che l'accertame nto degli obblighi nascenti dal fran chising andava espletato con un separato giudizio, nel contraddittorio tra le parti…; solo all'esito di una eventuale pronuncia di inadempimento, la ### s.p.a. avrebbe potuto agire per chiedere la cessazione degli effetti (ma non l a risoluzione pe r inadempim ento) del contratto di sublocazione›› (pag. 11 del ricorso). 
Una seconda conseguenza è tratta dal motivo successivo.  4.- Con il quarto motivo, infatti, si prospetta violazione dell'art. 34 della legge n. 392 del 1978. 6 di 8 ### la ricorrente il fatto che il contratto collegato non si debba dire risolto a sua volta per inadempimento, in quanto è solo privato dei suoi effetti, ha una ulteriore conseguenza, e cioè che non poteva negarsi il diritto a percep ire l'indennità per la perdit a dell'avviamento, la quale presuppone per l'appunto l'inadempimento del conduttore. 
Censura ulteriormente svolta, questa, con il motivo successivo.  5.- Con il quinto motivo, infatti, si prospetta violazione degli articoli 1362, 1363, 1366 c.c., nonché dell'art. 34 legge n. 392/78. 
La tesi è sempre la medesima. 
Poiché il contratto di sublocazione viene meno non già a causa della sua risoluz ione per inadempimen to, ma a causa del suo collegamento con quello dichiarato risolto, ne deriva che non può il conduttore essere privato della indennità di avviamento. 
In particolare, ‹‹il venir mento del diritto alla perdita dell'avviamento commerciale avrebbe potuto essere sancito esclusi vamente nell'ipotesi di inadempimento della società ### s.r.l. al pagamento dei canoni di locazione, secondo la disciplina di cui all'art.  34 del la legge 27 lugli o 1878, n. 392, circostanza ne lla specie inoppugnabilmente esclusa›› (pag. 14 del ricorso).  6. Questi tre mo tivi, come eme rge chiaramente, vertono sulla medesima questione e vanno dunque trattati insieme. 
Essi sono infondati. 
Intanto essi sono ammissibili, in astratto, poiché contengono una sufficiente censura dei criteri erme neutici, censu ra, cioè, non generica, ma riferita a specifici canoni di interpretazione. 
Tuttavia, la p remessa su cui si fondano è suggestiv a: in caso di contratti collegati, se uno dei due viene risolto per inadempimento, l'altro viene meno per effetto del collegamento con quello risolto; non viene meno perché a sua volta è risolto per inadempimento. Dati due contratti collegati, può accadere che la parte sia inadempiente in uno dei due, ma non nell'altro; può darsi che non abbia adempiuto 7 di 8 alle prescrizioni del franchising, ma che però abbia adempiuto a quelle della locazione. Se dunque il franchising è risolto per inadempimento, la locazione viene meno per via del collegamento con il franchising, non già perché, a sua volta, anche la locazione è inadempiuta.   Sul piano concettuale questa tesi non è errata, ma non porta alle conseguenze volute dalla società ricorrente. 
Infatti, la circostanza che il contratto collegato subisca solo gli effetti della risoluzione de ll'altro, non toglie che le ragioni di quella risoluzione rilevino comunque. 
Ossia, dire che il contratto collegato non è risolto per inadempimento, ma è solo privato di effetti, significa mettere in luce il piano degli effetti, ma non quello causale. 
Sul piano causale il collegamento neg oziale costituisce un'unica operazione negoziale, pur nella autonomia dei singoli cont ratti collegati, tanto che davanti all'inadempimento in uno d ei due contratti, la parte inadempiente può fare eccezione di inadempimento nell'altro contratto (Cass., n. 21070/2024). 
E dunque, se uno dei due contratti è risolto per inadempimento, questo stesso inadempime nto giustif ica la privazione degli effetti dell'altro: l'inadempimento è causa di risoluzione dell 'intera operazione negoziale. 
Diversamente, il conduttore trarrebbe va ntaggio dal suo inadempimento nel diverso contratto di franchising: ove il conduttore potesse avere l'indennità per la perdita dell'avviamento, pur avendo dato causa, med iante l'inadempimento del collegato contratto di franchising, al venire meno della locazione, si tradirebbe lo scopo del collegamento e si riconoscerebbe al conduttore - rectius alla parte inadempiente - un beneficio che invece presuppone che costui non abbia dato causa alla risoluzione. 
Più precisame nte, ciò che impedisce di riconoscere al con duttore l'indennità per la perdita dell'avviamento è l'inad empimento del 8 di 8 contratto collegato e dunque della intera operazione, non già l'effetto di tale inadempimento: l'effetto può anche operare, in relazione alla locazione, come mera perdita di effetti finali, ma ciò non toglie che quella perdita di effe tti finali abbia cau sa pur sempre nell'inadempimento del contratto collegato, ed in ult ima istanza, della intera operazione negoziale.   Il ricorso va pertanto rigett ato e le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso. 
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore de lla controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in ### 8.500,00 per compensi, oltre alle spese forfett arie nell a misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in ### 200,00, ed agli accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. 
Così deciso in ### il 10 ottobre 2025.  ### 

Giudice/firmatari: Condello Pasqualina Anna Piera, Cricenti Giuseppe

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 13548/2024 del 15-05-2024

... società proprietaria aveva concesso l'immobile in locazione finanziaria in cui, con il suo consenso, sulla base di successive cessioni, erano subentrate nel corso del tempo diverse società e, da ultimo, l'### s.r.l.; che, peraltro, il contratto con questa società e ra stato risolto di diritto in ragione del suo inadempimento; c he, dunque, era stato richiesto alla conduttrice il rilascio dell'immobile e il pagamento dei canoni insoluti sino alla risoluzione - eccepì l'incompetenza territoriale del Tribunale di Milano in favore di quello di ### e la nullità o l'inesistenza del contratto; invocò il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, domandò la condanna dell'attrice al rilascio dell'immobile. Con le note di trattazione scritta ex art. 83, lett. h), decreto-legge n.18/2020, la società ### & Co. chiese la condanna della controparte «al risarcimento di tutte le spese» da ess a sostenute per la messa a norma dell'area oggetto di sublocazione, pari ad ### 180.000 (o del la maggi or somma accertanda) e si dichiarò di sposta a ril asciare l'immobile dietro pagamento di questa som ma; «ferma restando l a produzione documentale integrativa di cui alla memoria 420 c.p.c.», (leggi tutto)...

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ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 20979/2021 R.G., proposto da ### quale legale rappresentante della società di diritto egiziano ### & Co .; ra ppresentata difesa dagli ### E. Lunghi (###) e ### (###), in virtù di procura su foglio separato congiunto al ricorso; - ricorrente - nei confronti di ### s.p.a., ### - ### per la ### dei ### s.p.a., in proprio e nella qualità di mandataria con rappresentanza di ### s.p.a., in persona del legale rappre sentante pro temp ore; rappresentata e di fesa dall'### (###), in virtù di procura su foglio separato in calce al controricorso; - controricorrente - per la cassazione della sentenza n. 1951/2021 della CORTE d'APPELLO di MILANO, depositata il giorno 30 giugno 2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 marzo 2024 dal #### 1. Con ricorso ex art. 414 e ss. cod. proc. civ., la società ### & Co. - premesso che era subconduttrice di un immobile sito a ### sul ### in cui svolgeva attività di autodemolizione sulla base di un contratto stipulat o con la soc ietà sublocatrice ### s.r.l.; che aveva appreso che la ### p roprietaria del bene, aveva dato alla ### i l'incarico di metterlo in vendita; e che, in quanto subconduttrice, era titolare di diritto di prelazione - convenne ### e BCC ### dinanzi al Tribunale di Milano, chiedendo che fossero condannate a formulare nei suoi confronti una proposta di vendita, nonché al risarcimento dei danni patiti e patiendi per l'atteggiamento avversario ex art.96 cod. proc. civ., da liquidarsi in via equitativa e comunque in misura non in feriore a 20.000 Euro, dichiarandosi disposta a pag are la somma di ### 320.000 per l'acquisto dell'immobile, come da perizia di stima. 3 Si costituì in giudizio ### - ### per la ### dei ### s.p.a., in proprio e in qualità di mandataria di ### la quale - premesso che la società proprietaria aveva concesso l'immobile in locazione finanziaria in cui, con il suo consenso, sulla base di successive cessioni, erano subentrate nel corso del tempo diverse società e, da ultimo, l'### s.r.l.; che, peraltro, il contratto con questa società e ra stato risolto di diritto in ragione del suo inadempimento; c he, dunque, era stato richiesto alla conduttrice il rilascio dell'immobile e il pagamento dei canoni insoluti sino alla risoluzione - eccepì l'incompetenza territoriale del Tribunale di Milano in favore di quello di ### e la nullità o l'inesistenza del contratto; invocò il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, domandò la condanna dell'attrice al rilascio dell'immobile. 
Con le note di trattazione scritta ex art. 83, lett. h), decreto-legge n.18/2020, la società ### & Co.  chiese la condanna della controparte «al risarcimento di tutte le spese» da ess a sostenute per la messa a norma dell'area oggetto di sublocazione, pari ad ### 180.000 (o del la maggi or somma accertanda) e si dichiarò di sposta a ril asciare l'immobile dietro pagamento di questa som ma; «ferma restando l a produzione documentale integrativa di cui alla memoria 420 c.p.c.», chiese, nella denegata ipotesi di non ammissione di tale memoria, comunque un termine per il deposito dei documenti.  ### ibunale di Mi lano, con sentenza n.934/2021, all'esito dell'udienza di discussione del 3 febbraio 2021, dichiarò inammissibile sia la domanda principale della ### & Co. (per mutatio libelli), sia la domanda riconvenzionale della BCC ### s.p.a. (per mancata formulazione dell'istanza di cui 4 all'art. 418 cod. proc. civ.) e condannò la prima a rimborsare le spese di lite sostenute dalla seconda, in quanto soccombente.   2. La Corte d'appello di Milano ha rigettato l'impugnazione proposta dal la ### & Co., condannandola alle spese del grado.  3. ### & Co. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. 
Risponde con controricorso ### - ### per la ### dei ### s.p.a., in proprio e nella qualità di mandataria con rappresentanza di ### s.p.a.. 
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell'art.380-bis.1 cod. proc. civ..  ### presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte. 
Entrambe le parti hanno depositato memoria.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo vengono denunciati «omesso esame di un punto decisivo og getto di discussione delle parti (360 n. 5 cpc) e violazione e falsa applicazione di norme di diritto (360 n. 3 cpc), con riferimento alla memoria ex art. 420 cpc». 
La società ### & Co. deduce che «sin dalla trattazione della prima udienza», aveva domandato al giudice di primo grado termine per una memoria ai sensi dell'art. 420 cod. proc. civ., al fine di produrre specifici documenti la cui esibizione processuale era imposta dalle di fese avversarie , nonché al fin e di precisare meglio la domanda, senza che il giudice di prime cure avesse provveduto al rig uardo e senza che la Corte d'appello abbia preso posizione sul relativo mezzo di gravame.  1.1. Il motivo è inammissibile per molteplici ragioni. 5 1.1.a. Lo è, anzitutto, con riferimento ad entrambe le doglianze in cui si articola, per manifesta violazione dell'art. 366 n. 6 cod. proc. civ.. 
La parte ricorrente, infatti, ha omess o sia di riprodu rre direttamente od indirettamente il tenore della richiesta che sarebbe stata formulata sin dalla prima udienza, sia di “localizzare” in questo giudizio di legittimità il relativo verbale; con riguardo a quest'ultimo, tra l'altro, non viene data alcuna indicazione, né nel senso che se ne è prodotta copia, né - come ammette Cass., Sez. Un., n. 22726 del 2011 ai fini del rispetto dell'art. 366 n. 6 c.p.c. - nel senso che si è inteso fare riferiment o alla sua presenza nel fascico lo d'ufficio del primo giudice, in ipotesi acquisito al fascicolo d'appello; altrettale mancanza di indicazioni si coglie quanto alla reiterazione della richiesta in sede di discussione, tanto più alludendosi a note conclusive di primo grado; infine, nulla si dice sulla deduzione con l'appello della omessa presa di posizione sulla richiesta. 
In propos ito va ricordato che, in applicazion e del principio di autosufficienza del rico rso per cass azione, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di atti o documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonché alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire al giudice di legittimità di individuare i termini della censura sulla sola base del ricorso, il quale deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permetterne l'esame (Cass., Sez., Un., 02/12/2008, n.28547; Cass. , Sez. Un., 25/03/2010, n. 7161; Cass. 20/11/2017, n. 27475; Cass. 07/03/2018, n. 5478; Cass. 10/12/2020, n. 28184). 
La mancata riproduzione diretta o indiretta del contenuto degli atti e dei documenti evocati costituisce, pertanto, un'evidente violazione 6 dell'art.366 n.6 cod. pro c. civ., cui consegue la sanzio ne dell'inammissibilità del motivo di ricorso.  1.1.b. Altra ragione di inammissibilità del motivo nel suo complesso va rivenuta nell'irragionevolezza del la censura con esso esposta, atteso da un lato, che la ricorrente deduce di avere presentato “note conclusive” sulla domanda successiva risarcitoria, e considerato, dall'altro, che la sentenza impugnata dà atto dell'avvenuta implicita rinuncia alla domanda or iginaria iner ente al diritto di prelazione; domanda rispetto alla qu ale sarebbe stata stru mentale la richiesta asseritamente pretermessa, formulata sin dalla prima udienza.  1.1.c. Con specifico riferimento alla doglianza di omesso esame - ove pure si voglia prescindere dal rilievo che, inerendo essa a norme sul procediment o, avrebbe dovuto dedursi come di retta violazione dell'art.420 cod. proc. civ. -, resta che, in applicazione della regola di cui all'art. 348-ter, ultimo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis (ma la disposizione ha trovato continuità normativa nel nuovo art. 360, quarto comma, cod. proc. civ., introdotto dal d.lgs. n.149 del 2022), va esclusa la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 dell'art. 360 dello stesso codice, nell'ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l'integrale conferma della decisione di primo grado (c.d . “doppia conform e”); in proposito, qu esta Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione si applica, ai sensi dell'art.  54, co mma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, conver tito, co n modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d'appello introdotti con ricorso deposi tato o con citazi one di cui sia stata richi esta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella c.d. “doppia conforme” in facto, sicché il ricorrente in cassa zione, per evita re l'inammissib ilità del motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 c.p.c., ha l'onere - nella specie non 7 assolto - di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro di verse (Cass. 18/12/20 14, 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994).  1.1.d. Quanto, infine, alla specifica doglianza con cui è denunciata violazione di legge, è agevole rilevare che l'ordinamento processuale non conosce la “memoria” ex art.420 cod. proc. civ., ma l'udienza di discussione di cui alla norma in parola; udienza che, nel caso di specie, per espressa allegazione della parte ricorrente (p.10 del ricorso), si sarebbe regolarmente celebrata in data 3 febbraio 2021. 
È vero che secondo una prassi largamente in uso presso i giudici che applicano il rito del lavoro, in vista dell'udienza di discussione il giudice può concedere alle parti termine per note scritte illustrative, ma, stando alle allegazioni contenute nel ricorso (p.8), nella fattispecie anche tal e strumento difensivo sarebbe stato accordato, poiché si deduce che le parti avrebbero usufruito di “note conclusive”. 
In ogni caso, sia la discussione orale all'udienza di cui all'art.420 cod. proc. civ., sia le note scritte eventualmente articolate in vista di essa su concessione del giudice, non possono evidentemente essere utilizzate né per mutare la domanda (che, ai sensi del primo comma di detta disposizione, può essere solo emendata, previa autorizzazione del giudice, purché sussistano “gravi motivi”, nella specie non dedotti), né per produrre nuovi documenti, vig endo nel rito del lavoro le preclusioni di cui agli artt. 414 (per l'attore) e 416 (per il convenuto) cod. proc. civ.. 
Tale produzione sarebbe possibile solo ove fossero ammessi nuovi mezzi di prova ai sensi del quinto comma dell'art. 420 cod. proc. civ., previa richiesta di termine al riguardo (art. 420, settimo comma), ciò che nella fattispecie non risulta sia avvenuto. 8 In definitiva, il primo motivo di ricorso va dichiarato inammissibile.   2. Con il secondo motivo viene denunciata «violazione e falsa applicazione di norme di diritto (360 n. 3 cpc) con riferimento alla distinzione tra mutatio ed emendatio libelli». 
La ricorrente deduce che il petitum della domanda formulata con le “note conclusive” era «palesemente» co ntenuto in quello della domanda formulata con il ricorso introduttivo del giudizio, del quale rappresentava una «restrizione e non un ampliamento». 
Sostiene che tale variazione, non comportando un ampliamento del thema decidendum, avrebbe potuto essere effettuata senza «neppure che vi fosse la necessità di una memoria 420 cpc», e, quindi, in piena legittimità.  2.1. Anche il secondo motivo è inammissibile.  2.1.a. Lo è anzitutto, per violazione dell'art. 366 n.4 cod. proc. civ., in quanto, pur essendo diretto a dedurre violazione di norme di diritto, non vengono indicate le disposizioni che si assumono violate né esse possono essere individuate alla luce degli argomenti addotti dalla ricorrente.  2.1.b. In sec ondo luogo, anche il motivo in esame, co me il precedente, viola l' art. 366 n. 6 cod. proc . civ., dal momento che omette di riprodurre sia il contenuto della domanda originaria sia il contenuto di quella asseritamente solo modificata.  2.1.c. In terzo luogo, esso motivo, nel distinguere tra mutatio libelli (che sarebb e vietata) ed emendatio libelli (che sa rebbe invece consentita), omette di consider are che nel rit o del lavor o anche la semplice emendatio è preclusa se non ricorrono “gravi motivi” e la modifica non sia autorizzata dal gi udice (arg. ex art. 420, primo comma, cod. proc. civ.). 9 3. Con il terzo motivo viene denunciata «mancata pronuncia su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (360 5 cpc) ed errata applicazione di norme di diritto (360 n. 3 cpc) in punto compensazione delle spese di primo e secondo grado».   La società ricorrente lamenta che il giudice di primo grado l'abbia condannata al rimborso delle spese della controparte senza tener conto della socco mbenza reciproca e che la Corte d'appello , «gravata di apposito punto d'impugnazione, nulla abbia detto in merito» (p.16 del ricorso), condannandola anche alle spese del secondo grado.  3.1. Anche questo motivo è inammissibile.  3.1.a. Anzitutto, dal momento che, nella sostanza, viene dedotta un'omessa pronuncia su un motivo di appello, avrebbe dovuto essere riprodotto direttamente o indirettamente tale motivo.  3.1.b. In secondo lu ogo, la censura risulta priva di coerenza argomentativa nella parte in cui fa riferimento alle spese del grado d'appello, poiché il presupp osto della invocata compensazione (la soccombenza reciproca) è detto esister e solo in relazione al prim o grado.  3.1.c. Infine, la formulazione della censura ai sensi dell'art. 360 n.5 cod. proc. civ. trova nuovamente il suo limite di ammissibilità nel divieto di cui all'art. 348-ter, ultimo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis.  3.2. Giova comunque osservare che, se le illustrate, assorbenti ragioni di inammis sibilità non ne avessero precluso lo scrutinio nel merito, il terzo motivo sarebbe stato manifestamente infondato, movendo esso dall'erroneo postulato in iure secondo cui, integratasi la fattispecie della so ccombenza reciproca, il giudice del merito non avrebbe il potere (arg. ex art.92, secondo comma, cod. proc. civ.) ma il dovere di compensare le spese tra le parti; in contrario, va invece 10 ribadito - dando continuità ad un consolidato orientamento di questa Corte - che la regola che deve guidare il giudice nella regolazione delle spese pr ocessuali è quella fondata sulla soccombenza (art.91 co d.  proc. civ.), mentre la compensazione, parziale o totale, al verificarsi delle ragioni previste dall'art.92, secondo comma, cod. proc. civ. (nella formulazione applicabile ratione temporis), è riservata al prudente apprezzamento del giudice e trova quindi fondamento in un potere di natura discrezionale, il cui esercizio è di norma incensurabile in sede di legittimità - salvo che per illogici tà, inesistenza o appar enza della motivazione (Cass. 03/07/ 2019, n. 17816; Cass. 26 /07/2021, 21400) - e che trova il suo unico limite nell'impossibilità di porre le spese a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 24/06/2003, 10009; Cass. 26/11/2020, n. 26912). 
Non sussistendo, dunque, un diritto della parte soccombente ad ottenere la compensazione delle spese, non è sindacabile la statuizione del giudice di appello che - come nella fattisp ecie -, rilevata la soccombenza della parte medesima, la c ondanni al ri mborso delle spese sostenute dall'altra parte.  4. In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.  5. La ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio legittimità, li quidate come in dispositivo , in applicazione del principio di soccombenza.  6. Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto - ai sensi dell'art.13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 - della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto.  P.Q.M.  La Corte dichiara inammissibile il ricorso; 11 condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità che liquida in ### 7.600,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in ### 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte de lla ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto. 
Così deciso in ### nella ### di consiglio della ### 

Giudice/firmatari: Frasca Raffaele Gaetano Antonio, Spaziani Paolo

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Tribunale di Lamezia Terme, Sentenza n. 913/2025 del 12-11-2025

... trattazione scritta, parte ricorrente chiedeva la risoluzione del contratto per morosità, nonché la condanna al pagamento dei canoni pari ad ### 4.996,25, così determinati: €.650,00 (canone mensile) * 8 mensilità (compresa la quota residua di maggio a dicembre 2023) ossia sino al 18.12.23 quale data di effettivo rilascio dell'immobile. All'udienza del 12.11.25, la causa veniva incamerata per la decisione. Motivi della decisione. La domanda di risoluzione è fondata e merita accoglimento. È pacifico, risultando dal contratto, sia l'uso abitazione sia l'importo mensile del canone pari ad ### 650,00, al cui pagamento l'### di ### non ha provveduto. Il principale obbligo scaturente dalla conclusione di un contratto di locazione per il conduttore consiste nel pagamento del corrispettivo pattuito per il godimento della cosa locata. ### di tale obbligo costituisce causa di risoluzione del contratto ed il locatore potrà agire in giudizio per sentir dichiarare lo scioglimento del vincolo contrattuale, con conseguente condanna al rilascio dell'immobile. Pertanto, alla luce delle superiori argomentazioni, si deve pervenire alla declaratoria di risoluzione per morosità del conduttore. (leggi tutto)...

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TRIBUNALE DI LAMEZIA TERME REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di ###, in composizione monocratica, in persona del giudice dr.  ### ha emesso la seguente: sentenza nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1163/2023 R.G. nascente dal procedimento di intimazione di sfratto per morosità n. 983/2023 RGAC, avente ad oggetto: risoluzione contratto di locazione per uso diverso e vertente tra ### di ### & C. s.a.s. in p.l.r.p.t., C.F.: ###, con l'Avv. ### ricorrente e ### di ### in p.l.rp.t., P.I.:###; Resistente contumace #### per morosità. 
Conclusioni: ### in atti. 
Svolgimento del processo. 
Parte ricorrente, con atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida, ritualmente notificato all'intimata ### di ### adiva il Tribunale di ### al fine di ottenere la convalida dell'intimato sfratto per morosità relativamente all'immobile locato sito in ### alla ### (descritto in contratto come porzione di capannone oltre servizi e piazzale anteriore e posteriore al detto immobile adibito ad uso diverso dall'abitativo ed individuato nel N.C.E.U. di ### sez. Nicastro al F. di Mappa 34, p.lla 377, sub 11; F. di Mappa 34, p.lla 376), nonché la declaratoria di risoluzione giudiziale del contratto di locazione stipulato in data ### e registrato il ### presso l'### delle ### - U.T.  ### al n. 1293 serie ###, avente la durata di sei anni (canone annuo 7.800,00 corrisposto in rate mensili di ### 650,00 con decorrenza dal 01.07.21 al 30.06.27), parte ricorrente chiedeva, dunque, l'emissione di decreto ingiuntivo per i canoni scaduti pari ad euro 3.637, 75, oltre i canoni a scadere fino alla materiale esecuzione dello sfratto, nonché il risarcimento dei danni. 
Resisteva l'intimata, nel merito, ammetteva in parte la propria morosità. 
All'udienza di convalida, stante il persistere della morosità e l'insistenza dell'intimante nella convalida di sfratto ed ingiunzione di pagamento, il G.I. ordinava il rilascio dell'immobile, stabilendo la data del 18.12.2023 per l'esecuzione; disponeva il mutamento del rito e fissava l'udienza per la discussione, con concessione dei termini per il deposito di memorie. 
Depositate le memorie integrative e le note di trattazione scritta, parte ricorrente chiedeva la risoluzione del contratto per morosità, nonché la condanna al pagamento dei canoni pari ad ### 4.996,25, così determinati: €.650,00 (canone mensile) * 8 mensilità (compresa la quota residua di maggio a dicembre 2023) ossia sino al 18.12.23 quale data di effettivo rilascio dell'immobile. 
All'udienza del 12.11.25, la causa veniva incamerata per la decisione. 
Motivi della decisione. 
La domanda di risoluzione è fondata e merita accoglimento. 
È pacifico, risultando dal contratto, sia l'uso abitazione sia l'importo mensile del canone pari ad ### 650,00, al cui pagamento l'### di ### non ha provveduto. Il principale obbligo scaturente dalla conclusione di un contratto di locazione per il conduttore consiste nel pagamento del corrispettivo pattuito per il godimento della cosa locata. ### di tale obbligo costituisce causa di risoluzione del contratto ed il locatore potrà agire in giudizio per sentir dichiarare lo scioglimento del vincolo contrattuale, con conseguente condanna al rilascio dell'immobile. 
Pertanto, alla luce delle superiori argomentazioni, si deve pervenire alla declaratoria di risoluzione per morosità del conduttore. 
Per altro verso, la domanda proposta dalla ### di ### & C.  s.a.s., di risarcimento danni deve essere rigettata perché non provata. 
Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M.  Il Tribunale di ### in composizione monocratica e nella persona del Giudice Dr. ### definitivamente pronunziando sulla domanda proposta dalla ### di ### & C. s.a.s., così provvede: 1. dichiara risolto per morosità del conduttore il contratto di locazione relativo all'immobile sito in #### (descritto in contratto come porzione di capannone oltre servizi e piazzale anteriore e posteriore al detto immobile adibito ad uso diverso dall'abitativo ed individuato nel N.C.E.U. di ### sez. Nicastro al F. di Mappa 34, p.lla 377, sub 11; F. di Mappa 34, p.lla 376), in forza del contratto di locazione stipulato in data ### e registrato in data ###, presso l'### delle ### - U.T.  ### al nr 1293 serie ###, e avente decorrenza dal 01.07.21; 2. Intima all'### di ### l'immediato rilascio dell'immobile - sito in #### (descritto in contratto come porzione di capannone oltre servizi e piazzale anteriore e posteriore al detto immobile adibito ad uso diverso dall'abitativo ed individuato nel N.C.E.U. di ### sez. Nicastro al F. di Mappa 34, p.lla 377, sub 11; F. di Mappa 34, p.lla 376), libero da persone e cose; 3. Condanna l'### di ### al pagamento dei canoni non corrisposti pari ad ### 4.996,25 da maggio 2023 fino al 18.12.23, data dell'effettivo rilascio dell'immobile, oltre interessi al tasso legale dal dì del dovuto e sino al saldo effettivo 4. Condanna l'### di ### alla refusione delle spese di lite che si liquidano in euro 1.550,00 oltre accessori come per legge, con distrazione. 
Così deciso in ### in data 12 novembre 2025.   Il Giudice Dr.

causa n. 1163/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Marino Reda

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