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Corte di Cassazione, Ordinanza del 01-03-2024

... di merito e segnatam ente in quello di appello; b) sostenend o che la Corte bologn ese non avrebbe risposto all'appello, senza nulla dire sul contenuto cui non sarebbe stata data risposta. 8. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto evoca nuovamente la transazione e prima ancora altri documenti contrattuali (pag. 15) senza rispettare l'art. 366 n. 6, e nuovamente senza che sia offerto a questa Corte di comprendere la pertinenza di quanto si assume in relazio ne alla prospettazione assunta con l' appello che resta ignota. 9. Il quarto motivo è un “non motivo”, in quanto postula che non sia condannata alle spese l'interveniente, ma lo fa nella prospettiva che sia fondato il primo motivo e du nque postulando un effetto che sarebbe determinato dall'art. 336, primo comma, c.p.c. 10. Alla (leggi tutto)...

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 987/2021 R.G. proposto da: ### elettivamente domiciliata in ### DEL POPOLO 18, presso lo studio dell'avvocato ### (CF: ###), che la rappresenta e difende - Ricorrente - #### domiciliat ####### presso la ### della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato #### (CF: ###) - ### - avverso la SENTENZA del la CORTE D'### di ### 771/2020 depositata il ###. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2023 dal ### RITENUTO CHE: 1. Per quanto il Collegio desume dalla sentenza gravata, ### intimò ad ### licenza per finita locazione in relazione ad un contratto di locazione ad uso commerciale avente ad oggetto un immobile sito in ### di ### 2 di 10 2. ### si oppose all a convalida, dichi arandosi disponi bile a rilasciare i locali a cond izione che la locatrice gli corrispondess e l'indennità per perdita dell'avviamen to prevista dall'art. 34 l.  392/1978, quantificata nel canone di euro 1.077,60, moltiplicato per 18 mensilità.  3. Con lo stesso atto di opposizione spiegò intervento ### figlia dell'intimato, sostenend o di essere l'effettiva condu ttrice dell'immobile, in forza di un co ntratto di aff itto di azien da, comprensivo del rapporto di locazione dei locali in cui l'attività veniva esercitata, stipulato dalla stessa con il padre nel 1992.  4. Dopo l'emissione di ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. la causa proseguì secondo il rito locatizio.  5. ### eccepì il difetto di legittimazione passiva di ### ra ### in quanto estrane a al rapporto contra ttuale dedotto in giudizio, e chiese in via riconvenzionale la condanna del conduttore al pagamento in proprio favore della penale di euro 4.500,00 per ogni mese di ritardato sgombero dei locali, come previsto dall'art. 15 del contratto di locazione.  6. Con sent enza n. 172/2019 il Tribunale di Rimini dichi arò la risoluzione del con tratto e accolse la domanda di pag amento dell'indennità di avviamento a favore del ### 7. Avverso tale sentenza ### propose gravame dinanzi alla Corte d'### di ### 8. Con sentenza n. 771/2020, depositata in data ###, oggetto di ricorso, la Corte d'### di B ologna ha rigettato l'appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado.  9. Avverso la predetta sentenza ### propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui ### e ### resistono con controricorso.  10. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380-bis 1 c.p.c.  11. Le parti hanno depositato memoria. 3 di 10 CONSIDERATO CHE: 1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, 1° co., nn. 3 e 5, c.p.c., “Motivo ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. per violazione e/o falsa app licazione degli ar tt. 100 e 105 c.p.c. in relazione alla carenza di in teresse ad agire dell'intervenuta volontariamente al processo ### Omessa decisione in punto di richiesta estromissione della predetta ### quale parte del giudizio di primo e secondo grado”. Ad avviso della ricorrente, la sentenza della Corte d'### sarebbe viziata laddove “senza prendere posizione sul punto della legittimazione, si limita a condividere la decisione impugnata, senza effettuare alcun a autonoma rilettura sul punto” (così a p. n. 7 del ricorso). Inoltre, la ricorrente add uce la violazione degli art. 100 e 1 05 c.p.c., sostenendo che, nonostante la esplicita richiesta di estromissione di ### la sentenza gravata (così come quella di primo grado) hanno omesso qualsiasi autonoma statuizione sulla richiesta.  2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all'art.  360, 1° co., n. 3, c.p.c., “Motivo ex art. 360 n. 3 per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 34 e 36 dell a legge n. 392/19 78 in relazione alla carenza di attualità della loca zione ad oper a del conduttore intimato. Invalidità degli effetti della cessione d'azienda antecedente rispetto alla stipula del contratto di locazione oggetto della presente procedura”. La ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale abbia omesso di spiegare come mai un soggetto che non esercitava più attività di impresa (senza che dopo la stipula del contratto in essere possono intervenute modifiche di qualsivoglia genere rapporto sinallagmatico tra le parti in causa) dovesse essere beneficiario della indennità per perdita di avviamento.  3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., “Motivo ex art. 360 n. 3 per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175, 1176, 1337, 1366 e 1375 cod. civ., perché il contra tto di locazione è stato stipulato da un a parte 4 di 10 (### che tacendo in mala fede di essersi cancellato dalla ### di ### e di n on eserc itare più attività di impresa, ha poi permesso alla figlia, all'insaputa della locatrice, di esercitare attività di impresa all'interno dei locali commerciali locati, e o ra intende far valere parti antecedenti al contra tto, al fine di ottenere utilità economiche non spettanti per legge”. Come risulta dall'intestazione del motivo, la censura attiene al fatto che la Corte territoriale avrebbe violato le norme in epigrafe in quanto il contratto di locazione è stato stipulato da una parte (### che, tacendo in mala fede di essersi cancellato dalla ### di ### e di non eserci tare più attività di impresa, ha poi permesso alla figlia, all'insaputa della locatrice, di esercitare attività di impresa all'interno dei locali commerciali locati. 
A detta della ricorrente, la Corte territoriale avrebbe violato la legge sostanziale in tema di diritto all'indennità di avviamento (artt.  34 e 36 l. 392/1978) e la lex contractus, sia sulla scrittura privata intercorsa tra ### e ### il ###, sia sul contratto di locazione stipulato fra ### e ### sempre il ###. 
La ricorrente add uce altresì la violazione dell'art. 1366 relativo all'inter pretazione del contratto secondo buona fede, e conclude che “### è unica par te del co ntratto di locazione del 14 marzo 1996 nonché legittimato passivo del presente processo e ### a seguito dell a transazione del 14 marzo 1 996 risulta totalmente estranea alla presente vicenda contrattuale, non legittimata passiva re sistere o interv enire e, pertanto, da estromettere” (così a p. 19, 1° §, del ricorso).  4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., “Motivo ex art. 360 n. 3 per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per mancata condanna alle spese di ### intervenuta temerariamente e senza titolo nel proc esso”, dolendosi del fatto ch e la Corte territoriale abb ia 5 di 10 violato le norme in epigrafe per mancata condanna della ### alle spese di lite.  5. Il ricorso, presenta - come eccepito anche dai controricorrenti - in primo luogo una inammissibilità per inosservanza dell'art. 366, 3, c.p.c., in quanto l'esposizione somm aria del fatto: a) non riferisce le ragioni dell'opposizione alla convalida; b) riferisce in modo incomprensibile la ragione dell'intervento della ### in quanto non evide nzia che posizione av esse preso riguardo alla domanda originaria, ma si limita a dire solo che essa sostenne di essere l'effettiva conduttrice in forza di un contratto di affitto di azienda stipulato con il padre intimato sulla base del contratto del 1996; c) omette qualsiasi pur sommaria indicazione delle ragioni della decisione di primo grado, della quale indica solo le statuizioni; d) omette qu alsiasi indica zione, p ur sommari del la ragioni dell'appello.  5.1 Il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall'art. 366, primo comma n. 3, c.p.c. (nella versione applicabile ratione temporis), che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (si veda già Cass. sez. un. n. 11653 del 2006).  5.2 La prescrizione del requisito risponde non ad un'esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, so stanziali e/o proc essuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. n. 2602 del 2003). Stante tal e funzione, per so ddisfare il requisito imposto dall'articolo 366, 1° comma, n. 3, c.p.c. è necessario che il ricorso 6 di 10 per cass azione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l'indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.  5.3 ### risulta priva della chiarezza necessaria per consentire lo scrutinio dei motivi. Si ricorda che: “Il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai princip i di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda "sub iudice" posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell'intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell'ambito della tipologia dei vizi elencata dall'art. 360 c.p.c.; tuttavia l'inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o p regiudichi l'intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell'art.  366 c.p.c.” (Cass., Sez. Un., n. ### del 2021).  6. Il Collegio rileva, peraltro, che, se si potesse passare all'esame dei motivi, si evidenzier ebbe la loro inammissibilità in trinseca ed inoltre troverebbe conferma l'impossibilità di ricostruire il fatto in modo da poterne app rezzare la pertinenza rispetto all'ignoto svolgimento processuale.  6.1 Quanto al primo motivo, la mancanza di indicazioni delle ragioni dell'intervento rende incomprensi bile sia l'assunto espl icativo 7 di 10 contenuto nell'intestazione del motivo circa la “carenza di interesse ad agire dell'intervenuta” e di quella che si dice “omessa decisione in punto di richiesta di estr omissione”, sia il senso della riproduzione del contenuto della prospettazione della ricorrente, riprodotto a pag. 6 ed enunciato dalla sentenza. Le considerazioni in iure che il motivo svolge sono in conseguenza a loro volta incomprensibili. Il motivo viola l'art. 366, n. 6 , c.p.c. già per l'omessa indicazione delle ragioni dell'intervento, ma lo viola anche quando nelle pagg. 8-9 evoca circostanze fattuali senza rispettare tale norma e peraltro - in ragione della prima carenza segnalata comunque incomprensibili.  6.2 Inoltre, per quanto specificamente attiene alla censura contenuta nel primo motivo di “omessa decisione”, in relazione al n. 5 dell'art.  360 c.p.c., va rilevato che “i difetti di omissione e di insufficienza della motivazione sono configura bili, nei limiti in cui peraltro ammissibili ai sensi del novellato art. 360 primo comma n. 5 cod.  proc. civ., solo quando, dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, e qu ale risulta dalla sentenza oggetto del giudizio, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovve ro quand o si evinca l'obiettiva deficienza, nel comp lesso dell a sentenza, del procedimento logico che ha indotto il giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convinciment o, ma non quando come nella specie, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte rico rrente sul valor e e sul significato attribuiti dal giudice di merito ag li elementi delibati. In q uest'ultimo caso la censura si risolve in un'inammissibil e istanza di revisione dell e valutazioni e dei co nvincimenti dello stesso giudice di merito, finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione ( Cass. 16/10/2018 n.25843)” (così Cass., sez. lav., ord. 9/07/2020, 8 di 10 n. 14633; co nforme, nella sostanza, Cass., sez. lav., or d.  6/02/2020, n. 2858).  6.3 Va in oltre osservato che la sentenza gravata ha confermato integralmente la sentenza del Tribunale, motivando sulle medesime ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado. Essendo stato il gravame esperito dalla odierna ricorrente contro sentenza resa in prime cure in data ### 9 (come risulta dalla sentenza gravata), l'atto di appello risulta, per definizione, proposto con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione posteriormente all'11/9/2012. 
Siffatta circostanza determi na l'applicazione “ratione temporis ” dell'art. 348-ter, ultimo comma, c.p.c. (cfr. Cass., Sez. V, sent.  18/9/2014, n. 2686 0; Cass., Sez. 6-Lav., ord. 9/12/201 5, 24909; Cass., Sez. 6-5, ord. 11/5/2018, n. 11439), norma che preclude, in un cas o - qual è quell o presente - di cd. “d oppia conforme di merito”, la propos izione di moti vi di ricorso per cassazione formulati ai sensi dell'art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., salvo che la parte ricorrente non soddisfi l'onere “di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass., Sez. I, sent. 22/12/2016, n. 26774; Cass., Sez. Lav., sent. 6/8/2019, n. 20994). Nella specie la rico rrente non ha indicato le ragioni di diver sità fra le due pronunce, il che integra un'ipotesi di inammissibilità, in parte qua, del ricorso, con riferimento alle censure sollevate ex art. 360, n. 5, c.p.c. contenute nel primo motivo.  7. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto nuovamente viola l'art. 366, n. 6, c.p.c., in quanto nello svolgere la critica, dopo avere riassunto la cro nologia del la vicenda fatta dalla sentenza impugnata con il riprodurre la sentenza di primo grado, discute di un'affermazione della sentenza impugnata di condivisione del la “irrilevanza del fatto che l'attività commerciale fosse esercitata non 9 di 10 dal titolare del contratto d i locazione, ma da sogg etto diver so” sostenuta dal primo giudi ce, ma lo fa: a) evocando, senza rispettare detta norma quanto alla localizzazione una transazione, della quale in precedenza non si è mai riferito e riguardo alla quale nessuna precisazione sul modo in cui la sua rilevanza fosse stata introdotta nel giudizio di merito e segnatam ente in quello di appello; b) sostenend o che la Corte bologn ese non avrebbe risposto all'appello, senza nulla dire sul contenuto cui non sarebbe stata data risposta.  8. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto evoca nuovamente la transazione e prima ancora altri documenti contrattuali (pag. 15) senza rispettare l'art. 366 n. 6, e nuovamente senza che sia offerto a questa Corte di comprendere la pertinenza di quanto si assume in relazio ne alla prospettazione assunta con l' appello che resta ignota.  9. Il quarto motivo è un “non motivo”, in quanto postula che non sia condannata alle spese l'interveniente, ma lo fa nella prospettiva che sia fondato il primo motivo e du nque postulando un effetto che sarebbe determinato dall'art. 336, primo comma, c.p.c.  10. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso è dichiarato inammissibile.  11. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore di parte controricorrente, seguono la soccombenza.  P.Q.M.  La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che li quida in complessivi euro 4.500,00, oltre ag li esborsi, liquida ti in euro 200,00, oltre al rimborso spese generali 15% e accessori di legge, in favore di parte controricorrente, ### e ### Ai sensi dell'art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della 10 di 10 ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. 
Così deciso in ### l'8 novembre 2023, nella camera di consiglio 

Giudice/firmatari: Frasca Raffaele Gaetano Antonio, Rossello Carmelo Carlo

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 01-02-2024

... avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate; peraltro, sia l a mala fede che la colpa grave devono coinvolgere l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in sé, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, come nel caso di pretestuosità dell'azione per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza conso lidata, ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese e strumentale in fondatezza dei motivi di impugnazione”; - nello scrutinio del ricorso in esame può apprezzarsi non già la sua “mera” inammissibilità, ma la totale (leggi tutto)...

ORDINANZA sul ricorso per regolamento di competenza N. 12625/2023 R.G. proposto da: ### domiciliato in #### presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall'avv.  ### come da procura in atti - ricorrente - contro ### s.r.l., in persona del le gale rappresentante pro tempore, domiciliato in #### presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall'avv.  ### come da procura allegata alla memoria difensiva; - resistente - avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Firenze, nel procedimento iscritto al N. 1285/2023, depositata in data ###; N. 12625/23 R.G.  udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 28.11.2023 dal Consigliere relatore dr. ### Rilevato che - ### s.r.l. intimò ad ### licenza per finita locazione; l' intimato si oppose, e il Tribunale di Fi renze concesse ordinanza provvisoria di ril ascio ex a rt. 665 c.p.c. del 7.10.2021; la società notificò quindi al conduttore il relativo precetto per dar corso alla procedura esecutiva di rilascio; ### propose quindi opposizione ex ar t. 615, comma 1, c.p.c., chiedendo la sospensione del titolo esecutivo, poi effettivamente concessa dal giudice dell'opposizione preesecutiva. Avve rso tale provvedimento di sos pensione, la stessa ### propose dunque il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., poi accolto dal ### egio, e il giudice dell'opposizione pre-esecutiva vi si conformò con propria ordinanza del 17.1.2023; infine, avverso tale ultima ordinanza, lo ### propose ul teriore reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., che il Tribunale di Firenze, in composizione collegiale, rigettò con ordinanza del 26.4.2023, con dannando lo ### alla ri fusione delle spese di lite, nonché al risarcimento del danno per lite temeraria; Considerato che - avverso detta ordinanza, propone regolamento di competenza ### sulla base di un unico articolato motivo, cui resiste con memoria difensiva ### s.r.l., illustrata da ulteriore memoria; - il ### ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso; N. 12625/23 R.G. 
Ritenuto che - preliminarmente, vada disattesa l'eccezione di inamm issibilità del ricorso per difetto di specialità della procura, atteso che “Il difensore della parte, munito di procura speciale per il giudizio di merito, è legittimato a proporre istanza di re golamento di competenza, ove ciò non sia espressamente e inequivocabilmente escluso dal mandato alle liti, perché l'art. 47, comma 1, c.p.c. è una norma speciale, che prevale sull'art. 83, comma 4, c.p.c., in base al quale la procura speciale deve presumersi conferita per un solo grado di giudizio” (così, ex multis, la recente n. 5340/2022); - pertanto, la procura allegata al ricorso in esame abiliti l'avv. ### allo ius postulandi ai fi ni della proposizione del regolamento di competenza, tanto non essendo escluso nella procura ad litem rilasciata dallo ### in data ###, allegata al ricorso stesso; Considerato che - il ricorrente, sotto un primo profilo, propone regolamento di competenza avverso una ordin anza resa in sede di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., sul presupposto che la liquidazione delle spese operata dal giudice del cautelare appartenga invece alla “competenza” del giudice del merito; sotto un ulteriore profilo, il ricorrente invoca il potere regolatorio della Corte in relazione ad un presunto conflitto di competenza tra il giudice dell'opposizione pre-esecutiva, ex art. 615, comma 1, c.p.c., e un non meglio identificato alt ro giudice (“dell'opposizione al precetto e N. 12625/23 R.G.  all'esecuzione”), in ordine al potere di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo azionato per il rilascio; - tuttavia, è assolutamente consolidato - in linea generale - il principio per cui la statuizione del giudice del reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.  non è suscettibile di ricorso straordinario per cassazione, in quanto priva dei caratteri della definitività e della decisorietà (v. Cass. n. 12229/2018; con specifico riferimento all'ambito del processo esecutivo, v. Cass. 25411/2019); - a ciò deve aggiungersi - con particolare riferimento al regolamento di competenza - che da tale specifico ambito restano senz'altro escluse le decisioni rese in sede di giurisdizione cautelare; - infatti, nella giurisprudenza di questa Corte, è stato più volte affermato il principio secondo cui “In materia di pro cedimenti cautelari, è inammissibile la proposizione del regolamento di competenza, anche nell'ipotesi di duplice declaratoria d'incompetenza formulata in sede di giudizio di reclamo, sia in ragione della natura giuridica dei provvedimenti declinatori della competenz a - che, in sede ###possono assurgere al "genus" della sentenza e sono, pertanto, inidonei ad instaurare la pr ocedura di regolamento in quanto caratterizzati dalla provvisorietà e dalla riproponibilità illimitata - sia perch é l'eventuale decisione, pronunciata in esito al procedimento disciplinato dall'art. 47 cod. proc. civ., sarebbe priva del requisito della definitività, in ragione del peculiare regime giuridico del procedimento cautelare nel quale andrebbe ad inserirsi. (Nella fattispecie, e a seguito di reclamo contro un'ordinanza N. 12625/23 R.G.  emessa in sede cautelare, il Tribunale del lavoro i n comp osizione collegiale aveva declinato la propria competenza a fav ore della Corte d'appello, che, a sua volta, si era dichiar ata inco mpetente ed aveva richiesto, d'ufficio, il regolamento di competenza)” (Cass., Sez. Un., 16091/2009); - e anco ra, quello secondo cui “In tema di procedim enti cautelari è inammissibile la proposizione del regolamento di competenza, sia in ragione della natura giuridica dei provvedimenti declinatori della competenza - inidonei, in quella sede, ad instaurare la procedura di regolamento, in quanto caratterizzati dalla provvis orietà e dalla riproponibilità illimitata - sia perché l'eventuale decisione, pronunciata in esito al procedimento disciplinato dall'art. 47 cod. proc . civ., sarebbe priva del requisito della definitività, atteso il peculiare regime giuridico del proced imento cautelare nel qu ale andrebbe ad inser irsi. (Così statuendo, la S.C. ha dich iarato in ammissibile, ove qualificato come regolamento di competenza, il ricorso proposto avverso alcune ordinanze cautelari, co n cui l'adito giud ice civile aveva ritenuto inammissibili le domande, con le quali l'istante aveva invocato l'adozione di provvedimenti necessari a consentirgli di difendersi personalmente in un giudizio penale pendente a suo carico, dopo che analoga pretesa era stata disattesa dal giudice di quest'ul timo)” (Cass., Sez. Un., 18189/2013); - da tanto discende che entrambi i profili di censura agitati dal ricorrente (ossia, quello ineren te alla pretesa esclusiva “competenza” circa la N. 12625/23 R.G.  liquidazione delle spese da parte del giudice del merito, nonché quello in ordine al presunto conflitto di competenza circa il potere di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo di cui si è minacciata l'esecuzione) sono inammissibili, neppure essendo ipotizzabile, in materia cautelare - lo si ricorda - il conflitto di competenza d'ufficio ex art. 45 c.p.c. (v. Cass. 15639/2009); - è infatti palese che le due situazioni oggetto delle due censure svolte dalla parte ricorrent e sono situazioni che, essendo espressione di giurisdizione cautelare, sfuggono, giusta la ricordata giurisprudenza, al potere di questa Corte di intervenire con il regolamento di competenza; Considerato infine che - le caratteristiche dello stesso ricorso conducono tuttavia ad ulteriori riflessioni; - è noto che l'orientamento secondo cui la mera infondatezza in iure delle tesi prosp ettate in sede ###può di per sé in tegrare gli estremi della responsabilità aggravata di cui all'art. 96, comma 3, c.p.c.  (Cass., Sez. Un., n. 25831/2007) è stato oggetto di un a recente rimeditazione, così giungendosi a conclusioni maggiormente in linea col mutato quadro ordinamentale, sia nazionale che sovra nazionale. In particolare, l'approdo di tale diverso approccio è ben compendiato da Cass., Sez. Un., n. 9912/2018, che ha condivisibilmente affermato che “La responsabi lità aggravata ai sensi dell'art. 96, comm a 3, c.p. c., a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede la domanda di parte né la prova del danno, ma esige pur sempre, N. 12625/23 R.G.  sul pian o soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell'ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate; peraltro, sia l a mala fede che la colpa grave devono coinvolgere l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in sé, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, come nel caso di pretestuosità dell'azione per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza conso lidata, ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese e strumentale in fondatezza dei motivi di impugnazione”; - nello scrutinio del ricorso in esame può apprezzarsi non già la sua “mera” inammissibilità, ma la totale ingiustificabilità, al lume dell'insostenibile inquadramento della questione sottoposta a questa Corte - l'appartenere la “competenza” circa la liquidazione delle spese nel giudizio cautelare - ad una vera e propria questione di competenza, come tale suscettibile di regolamento ex art. 42 c.p.c., anche in relazione ad un preteso (ma inesistente, già in astratto) conflitto circa il potere di sospensione dell'efficacia ese cutiva del titolo: pertanto, detta insostenibilità finisce per costituire un elemento dal quale desumere la colpa grave, con sistita come già detto nell' ignorare, senza alcun N. 12625/23 R.G.  atteggiamento consapevole o critico, le interpretazioni consolidate delle norme processuali già tratteggiate; - emblematica, in tal senso, è la recente Cass. n. 4430/2022, che ha affermato che “In tema di responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c., costituisce indice di mala fede o colpa grave - e, quindi, di abuso del diritto di impugnazione - la proposizione di un ricorso per cassazione senza av er adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell'infondatezza della propria iniziativa processuale o, comunque, senza compiere alcun serio sforzo interpretativo, deduttivo, argomentativo, per mettere in discu ssione, con cr iteri e metodo di scientificità, il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla singola fattispecie concreta”; - in relazione al caso che qui occupa, ben possono mutuarsi - mutatis mutandis - le parole della già citata Cass. n. 4430/2022 (in motivazione): “Da ciò deriva che delle due l'una: o il ricorrente - e per lui il suo legale, del cui operato ovviamente il ricorrente risponde, nei confro nti dell a controparte processuale, ex art. 2049 c.c. - ben co nosceva l'insostenibilità della propria impugnazione, ed allora ha agito sapendo di sostenere una tesi infondata; ovvero non ne era al corrente, ed allora ha tenuto una co ndotta gravemente co lposa, consistita nel non esse rsi adoperato con la exacta diligentia esigibile (in virtù del generale principio desumibile dall'art. 1176, comma 2, c.c.) da chi è chiamato ad adempiere una prestazione profes sionale altamen te qualificata qu ale è quella dell'avvocato in generale, e dell'avvocato cassazionista in particolare (ex N. 12625/23 R.G.  aliís, Sez. 5, Sentenza n. 15030 del 17/07/2015, Rv. 636051; Sez. 3, Sentenza n. 4930 del 12/03/2015, Rv. 634773; Sez. 3, Sentenza n. 817 del 20/01/2015, Rv. 634642)”; - del resto, è ben nota la linea tracciata dal legislatore, specie nell'ultimo decennio (e ancora con la recente legge delega n. 206/2021, cui è stata data attuazione con il d.lgs. n. 149/2022), per rafforzare e qualificare la funzione di leg ittimità e il suo scopo di nomofilachia, intento che resterebbe ovviamente frustrato se la Corte non fosse investita solo di ricorsi che rendano necessario il suo intervento; - ciò in piena coere nza col mutato qu adro ordinamentale, ed in particolare: a) col principio di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., che impone interpretazion i delle norme proc essuali idonee a rendere più celere il giudizio. Infatti, la celerità del giudizio di legittimità, concentrato com'è in una sola udienza, dipende non tanto e non so lo dalle norme processuali che disciplinano il giu dizio di impugnazione, ma anche e soprattutto dal numer o di giudizi manifestamente infondati pendenti dinanzi la Corte. È dunque evidente che la proposizi one di ricorsi privi di qualsi asi ragionevole chance di accoglimento ha l'effetto di impedirle la celere decisione di quelli che, fondati od infondati che siano, pongano questioni le quali richiedano un intervento correttivo o nomofilattico del giudice di legittimità; b) col principio che considera illecito l'abuso del processo, ovvero il ricorso ad esso con finali tà strumentali (ex mu ltis, Cass. n. 5677/2017); c) col principio secondo cui le norme processuali vanno interpretate in modo da N. 12625/23 R.G.  evitare lo spreco di energie giuri sdizionali (così, Cass., Sez. Un., 12310/2015, in motivazione); - tanto risulta conforme anche alla giurisprudenza sovranazionale in tema di accesso al giudice di legittimità, che salvaguarda lo scopo legittimo della funzione nomofil attica per la cer tezza del diritto e la corre tta amministrazione della Giustizia, con uno strumento che è proporzionale alla struttura ed alla funzione del giudizio di legittimità, nel rispetto dei requisiti della sussistenza di una base normativa, della conoscibilità ex ante (che, al riguar do, è assicurata da una giurisprudenza sufficientemente consolidata o comunque ben nota, tanto che perfino la sua declinazione più rigorosa può essere plausibilmente prevista), con esclusione di un eccessivo formalismo (per tutte: Corte EDU, sez. I, 15 settembre 2016, ### c/ ### in causa n. ###/07, §§ 42-44; Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021, ### e altri c/ ### sui ricorsi riuniti nn. 55064/11, ###/13, 26049/14, già citata); - deve dunque concludersi che, dovendo ritenersi proposto il ricorso in esame quanto m eno con colpa grave, il ricorrente deve essere condannato d'ufficio al pagamento in favore della resistente, in aggiunta alle spese di lite, d'una somma equitativamente determinata in misura che può stimarsi congruo ragguagliare alle spese processuali liquidate (o ad un loro multiplo), ovvero in relazione al valore della controversia (v. 
Cass. n. 26435/2020), fermo restando che, nella liqui dazione della somma stessa, l'art. 96, comma 3, c.p.c., non fissa un limite minimo o N. 12625/23 R.G.  massimo, solo rinviando al prudente apprezzamento del giudice (v.  n. 8943/2022); - tale somma ben può essere quindi liquidata assumendo a parametro di riferimento anche l'importo delle spese di li te liquidate in virtù della soccombenza dello stesso ricorrente, ex art. 91 c.p.c., avuto riguardo ai compensi (su cui v. infra); nella specie, essa può dunque essere fissata in via equitativa ex art. 1226 c.c. nell'importo di € 3.000,00 in favore della resistente, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza; - in definitiva, il ricorso è inammissibile; le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente; questo è infine condannato al pagamento, in fav ore della resistente, del la ulteriore somma di € 3.000,00, per aver agito con colpa grave; - in re lazione all a data di pro posizione del ricorso (suc cessiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell'applicabilità dell'art. 13, comma 1- quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall'art.  1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).  P. Q. M.  la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in favore della resistente in € 3.000,00 per comp ensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario del 15% ed accessori di legge; condanna altresì il ricorrente, ai sensi del l'art. 96, comm a 3, c.p. c., al pagamento in favore della N. 12625/23 R.G.  resistente della somma di € 3.000,00, oltre interessi legali da oggi al soddisfo. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della Corte di cassazione, 

Giudice/firmatari: Frasca Raffaele Gaetano Antonio, Saija Salvatore

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 27-05-2019

... percorso argomentativo dei giudici d'appello, una diversa tesi difensiva prospettando una differente interpretazione delle emergenze processuali che postulano, nella sostanza, un non consentito terzo grado di merito ( cfr. 8758/2017; Cass. ###/2018). 3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 co 1 n° 4 cpc, la violazione dell'art. 345 cpc: lamenta che la Corte d'Appello non aveva reso alcuna motivazione sulla contestata proposizione da parte dell'appellante di domande ed eccezioni nuove, visto che il ### convenuto in primo grado, nulla aveva eccepito in merito alla dedotta calunniosità della denuncia e che solo nell'atto d'appello erano stati introdotti " i predetti nuovi argomenti ed eccezioni" ( cfr. pag. 20 terzo cpv del ricorso ). 3.1. Il motivo è inammissibile per (leggi tutto)...

ORDINANZA sul ricorso 12911-2017 proposto da: ### elettivamente domiciliato in #### l, presso lo studio dell'avvocato ### rappresentato e n\ difeso dagli avvocati #### SCHIFFO giusta procura speciale in calce al ricorso; - ricorrente - contro ### domiciliat ###### presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato ### giusta procura speciale in calce al controricorso; - con troricorrente - avverso la sentenza n. 1194/2016 della CORTE ### di BRESCIA, depositata il ###; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2019 dal Consigliere Dott.  ### 2 Ritenuto che 1. ### ricorre, affidandosi a quattro motivi illustrati anche con memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Brescia che, riformando la pronuncia del Tribunale, aveva rigettato la domanda proposta contro ### per ottenere il risarcimento dei danni consistenti nelle spese legali che aveva dovuto sostenere per difendersi nei processi penali intentati contro di lui, maresciallo dell'### dei ### in sede ordinaria e militare e definiti, rispettivamente, con dichiarazione di archiviazione e con assoluzione per insussistenza del fatto, a seguito di denuncia-querela del ### carabiniere scelto, che lo aveva accusato di essere stato da lui percosso durante l'espletamento delle sue funzioni.  2. ### ha resistito. 
Considerato che 1. Deve preliminarmente essere esaminata l'eccezione di inammissibilità del controricorso per difetto dello ius postulandi, sollevata anche dal ricorrente nella memoria ex art. 380bis n° 1 cpc, sulla base del rilievo secondo il quale la procura del ### sarebbe priva del requisito di specialità.  1.1. ### è fondata.  1.2. Questa Corte ha chiarito, con orientamento ormai consolidato, che "in tema di conferimento della procura speciale per il ricorso per cassazione, la procura apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 cod. proc. civ., come modificato dall'art. 1 della legge 27 maggio 1997, n. 141, benché sia da presumere speciale e specificamente conferita per la proposizione della impugnazione cui accede, non è valida allorché contenga espressioni incompatibili con il ricorso per cassazione e univocamente dirette in via esclusiva a cause diverse e ad attività proprie di altri giudizi o fasi processuali (cfr. ex multis Cass. 23381/2004; 6070/2005; Cass. 18257/2017; Cass. 28146/2018).  3 1.3. Questo Collegio intende dare seguito all'orientamento sopra riportato. 
Al riguardo, nel caso in esame il controricorrentetre—a###f###' dichiarato nell'intestazione del proprio atto difensivo che la procura speciale era "in calce" 4.A..7y44-' ad esso, mentre nsult,p., allegata in foglio separato privo di timbro di C Pil 3 " LA congiunzione, / si rileva tt he il contenuto del mandato è privo del requisito di specialità, non presentando alcun riferimento al giudizio di cassazione né, tantomeno, alla sentenza impugnata e mostrando invece, indicazioni rivolte a fasi ed attività proprie dei gradi di merito, compreso il procedimento di 4,144/2' • mediazione e la negoziazione assistita ( in essa si legge. "ogni più ampio potere di legge ed ogni più ampia facoltà, compresa quella di proporre reclami, impugnazioni, di sottoscrivere precetti, promuovere esecuzioni, incassare somme e rilasciare quietanze, transigere e conciliare anche ai sensi dell'art.  185 cpc e , sin d'ora, espressamente ai sensi del ### 28/2010, nonché rinunciare ed accettare rinuce agli atti del giudizio, farsi sostituire, eleggere domicili, nominare procuratori e propri sostituti, rinunziare alla comparizione personale delle parti, riassumere la causa, proseguirla, chiamare terzi in causa , proporre domande riconvenzionali ed azioni cautelari di qualsiasi genere e natura in corso di causa, chiedere ed accettare rendiconti" ).  1.4. ### di procura speciale rende inammissibile il controricorso per difetto dello ius postulandi del controricorrente.  2. Passando all'esame del ricorso, si osserva quanto segue.  2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 co 1 n° 3 cpc, la violazione del 368 c.p. e degli artt. 2043,2727,2729 c.c. e dell'art. 115 co 2 cpc; nonché , ex art. 360 co 1 n° 5 cpc, l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ossia la sussistenza del reato di calunnia. 
Lamenta al riguardo che la Corte territoriale aveva erroneamente applicato i principi di diritto esistenti in materia, richiamando una giurisprudenza non applicabile al caso di specie nel quale la vicenda descritta nella stessa sentenza impugnata consentiva di affermare che ricorresse il reato di calunnia in quanto il denunciante ### lo aveva consapevolmente accusato di fatti non veritieri, amplificando intenzionalmente un gesto che era risultato privo di E k rilevanza penale ed addirittura "espressivo di incoraggiamento e sostegno".  2.2. Con il secondo motivo, si deduce, inoltre, ex 360 co 1 n° 3 cpc la violazione e falsa applicazione degli artt. 652 cpp e 115 co 1 cpc,: il ricorrente contesta la affermata assenza di dolo e "gli oggettivi riscontri" sui quali tale affermazione si è fondata: assume, infatti, che la Corte territoriale non aveva tenuto conto dell'esito assolutorio dei procedimenti penali svoltisi sia dinanzi al giudice ordinario sia dinanzi al Tribunale militare competente.  2.3. I primi due motivi devono essere congiuntamente esaminati perché vincolati da stretta connessione logica.  2.4. Deve premettersi che in materia, questa Corte ha avuto modo di chiarire con orientamento dal quale questo Collegio non intende discostarsi che "la denuncia di un reato perseguibile d'ufficio o la proposizione di una querela per un reato così perseguibile, possono costituire fonte di responsabilità civile a carico del denunciante (o querelante), in caso di successivo proscioglimento o assoluzione del denunciato (o querelato), solo ove contengano gli elementi costitutivi (oggettivo e soggettivo) del reato di calunnia, poiché, al di fuori di tale ipotesi, l'attività del pubblico ministero titolare dell'azione penale si sovrappone all'iniziativa del denunciante-querelante, interrompendo ogni nesso causale tra denuncia calunniosa e danno eventualmente subito dal denunciato (o querelato)." ( cfr. Cass. 5597/2015; Cass. 11898/2016; ###/2018).  2.5. Nel caso in esame, oltre a non esserci mai stata una denuncia per calunnia da parte del ### nei confronti del ### la condotta di quest'ultimo risulta correttamente inquadrata dalla Corte d'Appello che, qualificando come "discutibile" il gesto oggetto della querela, consistente comunque ín un "tocco sul collo" da parte del suo "superiore gerarchico", commesso in presenza di persona dinanzi alla quale egli stava svolgendo un compito istituzionale, ha implicitamente ritenuto plausibile una percezione amplificata di esso da parte del destinatario, circostanza questa che vale ad escludere comunque una intenzionalità calunniosa nella presentazione della querela, visto che la sussistenza del fatto storico, sia pur diversamente qualificato, non era mai stata messa in discussione neanche nei giudizi svoltisi 5 in sede ###base alla esaustiva motivazione della Corte territoriale, è consentito escludere che ricorresse l'elemento soggettivo del reato sul quale il ### fonda i motivi in esame.  2.6. Entrambe le censure, pertanto, sono inammissibili perché il ricorrente non ha colto la ratio decidendi della motivazione e contrappone al congruo e logico percorso argomentativo dei giudici d'appello, una diversa tesi difensiva prospettando una differente interpretazione delle emergenze processuali che postulano, nella sostanza, un non consentito terzo grado di merito ( cfr.  8758/2017; Cass. ###/2018).  3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 co 1 n° 4 cpc, la violazione dell'art. 345 cpc: lamenta che la Corte d'Appello non aveva reso alcuna motivazione sulla contestata proposizione da parte dell'appellante di domande ed eccezioni nuove, visto che il ### convenuto in primo grado, nulla aveva eccepito in merito alla dedotta calunniosità della denuncia e che solo nell'atto d'appello erano stati introdotti " i predetti nuovi argomenti ed eccezioni" ( cfr. pag. 20 terzo cpv del ricorso ).  3.1. Il motivo è inammissibile per mancanza di autosufficienza e conseguente (a_ci violazione dell'art. 366 n° 4 cpc.: hei—eor.sq del ricorso, infatti, non vengono riportate le censure nuove rispetto alle quali la Corte territoriale avrebbe omesso di rilevare la preclusione prospettata. ( cfr. Cass. 22880/2017; 20405/2006).  4. Con il quarto motivo, infine, il ricorrente deduce, ex art 360 n° 4 cpc , la violazione dell'art. 112 cpc: lamenta che la Corte aveva ritenuto assorbito il secondo motivo di gravame che ricomprendeva anche la domanda di quantificazione del danno e la condanna per lite temeraria.  4.1. La censura è inammissibile. 
La Corte, infatti, ha correttamente applicato il principio secondo il quale, ove non venga accertato l'an debeatur, , la motivazione sul quantum e la domanda di responsabilità aggravata che sull'an fonda il proprio presupposto sono implicitamente assorbite.  4.2. Trattandosi di principio fondato sulla logica consecutio delle questioni da trattare in sentenza, il vizio dedotto - che postula l'inesistenza o apparenza 6 ### della motivazione - non trova coerenza fra la censura proposta e l'esaustivo contenuto della pur sintetica motivazione resa sul punto dalla Corte territoriale ( cfr. Cass. 17477/2007; Cass. 19547/2017; Cass. 29404/2017).  5. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.  6. Non deve essere emessa alcuna pronuncia sulle spese, in ragione dell'inammissibilità del controricorso. 
Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a norma del comma ibis dello stesso art. 13.  PQM La Corte, dichiara inammissibile il ricorso. 
Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a norma del comma ibis dello stesso art. 13. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della terza sezione civile del 26.6.2019. 
IL PRESIDENTE ###- bunocor,zo TA 

Giudice/firmatari: Amendola Adelaide, Di Florio Antonella

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 04-03-2024

... 2059 Ricorda di aver denunciato, in appello, che non vi fosse né prova del danno né del nesso causale col fatto di reato risalente al lontano 1993 né tantomeno una prova dell'ammontare del danno; lamenta che il giudice d'appello, nel rigettare l'appello dell'### abbia affermato, diversamente dal primo giudice, che il danno non potesse ritenersi in re ips a ma poi abbia comunque rigettato l'appello , affermando che il danno doveva ritenersi adeguatamente provato pur in mancanza assoluta di prove relative all'ammontare del danno, quindi senza specificare quali fossero gli elementi probatori posti a fondamento della sua valutazione, per cui avrebbe fondato il proprio giudizio su prove ritenute presenti ma in realtà assenti, quindi su 9 di 11 prove inesistenti o comunque non indicate (leggi tutto)...

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 2870/2021 R.G. proposto da: ### elettivamente domiciliato in ### 29, presso lo stud io dell'avvocato ### (###) che lo rappresenta e difende -ricorrente contro ### -intimato avverso SENTENZA del TRIBUNALE di CATANZARO n. 765/2020 depositata il ###.  2 di 11 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2024 dal ### FATTI DI CAUSA 1.- ### propone ricorso per cassazione articolato in sei motivi nei confronti di ### per la cassazione dell a sentenza n. 765\2020, pronunciata dal Tribunale di Catanzaro in sede ###data 17 giugno 2020, non notificata.  ### regolarmente intimato, non ha svolto attività difensive in questa sede. 
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale. Non sono state depositate memorie. All'esito della discussione il collegio ha riservato la decisione nei successivi 60 giorni.  2. - I fatti da cui trae origine la vicenda risalgono al lontano 1993: il ### all'epoca sedicenne, condotto in stato di fermo presso la stazione dei ### di ### di cui il ricorrente maresciallo ### era all'epoca comandan te, subiva percosse dalle quali conseguivano lievi lesioni personali, in relazione alle quali l'### veniva condannato p er il reato di cui all'articolo 582 de l codice penale.   2.1. - La sentenza penale di condanna era solo in parte riformata in appello, in quanto il giudice dell'impugnazione dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, ma confermava la condanna generica al risarcimento del danno da determinarsi in sede civile.  3. - Sulla base della decisione penale definitiva, il ### adiva il Giudice di pace di ### per ottenere il risarcimento dei danni nei confronti dell'### Il giu dice di pace condannava il maresciallo ### al risarcimento dei danni per le lesioni personali subite dal ### consistenti in escoriazioni di tipo lineare alla regione posterio re del torace e agli arti superiori, e scoriazioni ecchimotiche rosso violacee ai glutei e alla coscia destra e sinistra, 3 di 11 con prognosi di sette giorni, al risarcimento del danno nella misura complessiva di euro 1.871,40 da rivalutarsi dal giorno del fatto al saldo. La sentenza civile di primo grado affermava, tra l'altro, che il fatto illecito era stato ormai definitivamente accertato a mezzo della sentenza penale con “effetto vincolante nell'odierno giudizio civile non solo in ordine all'accertamento del fatto, alla sua rilevanza e alla sua commiss ione ma anche in ordine all'esist enza de l diritto al risarcimento che per tali reati (articolo 5 82 c.p.) deve ritenersi implicita”.  5. - ### dell'### volto a contestare sia l'esistenza sia la quantificazione del danno, che segnalava fosse stato liquidato come danno in re ipsa, in difetto di prova dello stesso, era integralmente rigettato dal Tribunale di ### con la sentenza qui impugnata, la quale, pur puntualizzando che, anche in sede di sentenza penale recante condanna generica al risarcimento, la prova del danno non possa ritenersi in re ipsa, confermava la sentenza di prime cure negli esiti, ritenendo che il giudice d i pace av esse opportunam ente motivato, sulla base dell'istruttoria espletata, in merito all'esistenza e all'entità del danno.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1.- Con il primo motivo il ricorre nte denuncia la nullità d ella sentenza per violazione dell'articolo 132, secondo comma, numero 4 c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 4 c.p.c. 
Ricorda di aver sostenuto fin dal primo grado che mancasse una prova della esistenza e dell'ammontare del danno e che i suoi rilievi erano stati rigettati in primo grado sulla base del ritenuto effetto vincolante della sentenza del giudice penale, che aveva pronunciato condanna definitiva dell'imputato al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile. 
In appello, il ricorrente denunciava sia che il giudice di primo grado fosse arrivat o alla condanna risarcitoria n ei suoi confront i senza neppure un principio di prova sul danno, sia che avesse ritenuto il 4 di 11 danno in re ipsa. Sostiene che a questi rilievi il giudice d'appello non abbia affatto risposto, essendosi dilungat o in una motivazione meramente apparente, che non rendeva minimamente percepibile il fondamento della decisione in quanto non indicava per quali ragioni fosse giunto a confermare la condanna al risarcimento, evidenziata dall'appellante come del tutto priva di prova.  2. - Con il secondo motivo denuncia l'illogicità e contraddittorietà della decisione, per violazione dell'articolo 132 comma seco ndo numero 4 c.p.c. in rela zione all'artico lo 360 numero 4 c.p.c. sul punto, oggetto di uno specifico motivo di appello, della mancanza di prova del danno. 
Sottolinea di aver denunciato in appello che, anche quando ci sia stato l'accertamento del reato con condanna generica al risarcimento del danno da coltivare in sede civile, sul danneggiato gravi comunque l'onere di fornire la prova delle conseguenze pregiudizievoli subìte a cagione del fatto reato. 
Il giudice d'appello avrebbe solo apparentemente fatto propri i rilievi mossi dall'appellante in tal senso, affermando che la prova del danno non possa essere ritenuta esistente in re ipsa, per poi confermare la correttezza della valutazione contenuta nella sentenza impugnata, affermando che il giudice di pace avesse condannato l'odierno ricorrente al risarcimento del d anno pre via una disamina del materiale probatorio, sia penale che civile.   Sostiene per contro il ricorrente che la motivazione sarebbe solo apparente, perché non indicherebb e affatto né da quali atti emergerebbe il danno, né quale sarebbe stata l'attività istruttoria compiuta in sede civile.  3. - I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, e sono entrambi inammissibili. 
La senten za civile d'appello è estremamente laconica nella ricostruzione del fatto, profilo peral tro non oggetto di autonoma censura. Nondimeno, essa richiama la sentenza di primo grado, che 5 di 11 traeva il fatto illecit o, fonte dell'obbligo risarcito rio, dalla ricostruzione e dall'accertamento svolto in sede penale, valorizzando alcune delle risultanze istruttorie, in conformit à all'esercizio del potere di formare il prop rio libero convincimento s ulla base dell'apprezzamento dei fatti processuali, sostenendo la scelta con una idonea giustificazione motivazionale. Benché l'### sia stato prosciolto, in sede penale, per intervenuta prescrizione del reato, è stato definitivamente accertato, ai fini civilistici, il fatto, cioè che il maresciallo responsabile della stazione dei carabinieri abbia picchiato un ragazzo condotto in stato di fermo presso la stazione stessa, infliggendogli lesioni guaribili in sette giorni: q uindi, dal fatto accertato in sede penale, recepito nella prima sentenza civile, a sua volta fatta propria dalla sentenza di appello, emergono non solo il fatto illecito, ma precisi parametri di riferimento utili ai fini di una quantificazione del danno, e quitativa ma correlata alla fattispecie concreta (l'età della vittima - la durata delle conseguenze fisiche - le peculiari circostanze di fatto tali da carat terizzare l'esperienza negativa cui era andato incontro il giovane ed il peso psicologico che essa aveva potuto avere per il ragazzo). 
La sentenza d'appello recepisce l'accertamento e la struttura logica motivazionale della sentenza di p rime cure, pur dissente ndo - correttamente, come si dirà, dalla qualificazione del danno in re ipsa. 
La mot ivazione dal provved imento impugnato pertanto non può ritenersi inesistente, o completamente contraddittoria e resiste alle critiche, tenuto conto dei ristretti limiti nei qua li il vizio di motivazione è tuttora censurabile. 
Sulla quantificazione del danno, il ricorrente si duole che, pur avendo i giudici civili recepito che i postumi delle lesioni erano modesti - sette giorni di prognosi - abbiano poi liquidato in danno in misura eccessiva. La censura si appunta quindi sulla valutazione di fatto del giudice di merito nel quantificare il danno, ed è inammissibile sia perché non prospetta neppure una violazione di legge, sia perché è 6 di 11 del tutto generica, limitandosi a lamentare l'eccessività dell'importo liquidato in relazione al danno effettivo.  4. - Con il terzo motivo l'### denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 578 c.p.p. e dell'articolo 2909 c.c. in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. 
Il ricorre nte denuncia che il giudic e di pace avrebbe fornito una errata interpretazione dell'articolo 588 c.p.p. là dove ha reputato che nei casi in cu i si dich iara il re ato estin to per amnistia o per prescrizione questa condanna comporti necessariamente come suo indispensabile presupposto l'affermazione della sussistenza del reato e della sua commissione e che quindi dia luogo a un giudicato civile sul diritto al risarcimento del danno, che non può essere più posto in discussione. 
Sottolinea che il giudice di pace n on considera ch e la condan na generica al risarcimento del danno in sede ###ogni caso spazio alla necessità di accertare nel giudizio civile la presenza di un effettivo danno ossia l'esistenz a e l'entità delle conseguen ze pregiudizievoli derivanti dal fatto illecito, prova che non può ritenersi in re ipsa ma deve essere fornita dalla vittima danneggiata, ben potendo verificarsi che il danno non sia provato e che quindi, pur in presenza di un reat o accertato non faccia seguito a ciò ne ssun risarcimento. 
Sottolinea poi che il giudice di seco ndo grado avrebbe dovu to correggere questa erronea applicaz ione dell'articolo 57 8 c.p.p.  operata dal giudice di primo grado, dalla quale era derivata la disapplicazione delle norme civili sul risarcimento del danno, mentre il giudice d'appello aveva rigettato i rilievi dell'appellante sul punto ritenendo che il giudice di p rime cure avesse fat to corret ta applicazione dei principi di diritto applicabili alla fattispecie.  5. - Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli articoli 2059, 2697 e 2909 in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. 7 di 11 Rileva che il giudice d'appello non si sarebbe attenuto alla corretta interpretazione delle norme citate , come risulta anche nell'interpretazione della giurisprudenza di legittimità, che devono essere correttamente intese nel senso che qualora un giudice penale abbia pronuncia to una condanna definitiva dell'imputat o al risarcimento dei danni in fa vore della cost ituita parte civile demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio civile, il giudice civile appunto sarà vincolato in ordine alla affermata responsabilità dell'imputato ma resta aperto il diritto-dovere del giudice ad un accertamento in concreto circa l'esistenza e l'entità di un pregiud izio risarcibile, ovvero resta a carico del danneggiato l'onere di provare di aver subito un pregiudizio e di provarne l'entità o alme no di fornire criteri indicativ i per pro varne l'ammontare (richiama in tal senso Cass. n. 8477 del 2020), perché il danno di cui all'articolo 2059 c.c. è un danno conseguenza, dal che deriva, sul piano probatorio, l'e sigenza di dimostrare, oltre al danno evento anche le ripercussio ni n egative derivanti dal fatto illeci to, cioè appunto il danno conseguenza e la causalità giuridica che riconnette le stesse alla lesione dei valori fondamentali dell'individuo. 
Al termine della esposizione del quarto motivo il ricorrente torna a censurare la quantificazione del danno, sempre rapportandosi alla sentenza di primo grado . Afferma che, essendo state accertate lesioni che hanno causato conseguenze fisiche complessivam ente modeste, pari a sette giorni di prognosi, il giudice civile avrebbe dovuto eventualment e riconoscere il danno sulla base di quanto emerso dal giudizio penale, limitandosi a liquidare il risarcimento per quei sette giorni di inabilità mentre, oltre a ciò, ha rite nuto di liquidare anche un danno non patrimoniale completamente carente di prova.  6. - I m otivi terzo e quarto superano appena la soglia dell'inammissibilità, in quanto tesi anch'essi ad una rivalutazione dei fatti, ma sono comunque infondati. 8 di 11 Il giudice di primo grado ha affermato che il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito era stato definitivamente accertato in sede penale, aggiungendo che il danno fosse in re ipsa. 
Il giudice d'appello, in risposta ad uno dei motivi di impugnazione dell'### ha fatto propria la prima affermazione del giudice di primo grado, corretta, secondo la quale il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito era stato definitivamente accertato in sede penale, ma ne ha corretto il passaggio finale, eliminando in tal modo l'errore in diritto compiuto dal giudice di primo grado, e ha affermato che il danno non potesse ritenersi in re ipsa. 
Ha p oi rigettato ugual mente l'appello, ri tenendo che il riconoscimento del diritto della vittima al risarcimento del danno ed anche la sua quantificazione fossero stati ancorati, dal giudice di pace, agli elementi istrut tori a disposizione, e ch e la val utazione equitativa effettuata su que lla base fosse condivisibile. Quindi la sentenza impugnata non contiene un'affermazione errata sul punto della necessità di comp iere un autonom o accertamento, in sede civile, delle conseguenze del fatto illecito.  7. - Con il quinto motivo il ricorre nte deduce la violazione dell'articolo 115 e dell'articolo 116 c.p.c. in relazione all'articolo 2059 Ricorda di aver denunciato, in appello, che non vi fosse né prova del danno né del nesso causale col fatto di reato risalente al lontano 1993 né tantomeno una prova dell'ammontare del danno; lamenta che il giudice d'appello, nel rigettare l'appello dell'### abbia affermato, diversamente dal primo giudice, che il danno non potesse ritenersi in re ips a ma poi abbia comunque rigettato l'appello , affermando che il danno doveva ritenersi adeguatamente provato pur in mancanza assoluta di prove relative all'ammontare del danno, quindi senza specificare quali fossero gli elementi probatori posti a fondamento della sua valutazione, per cui avrebbe fondato il proprio giudizio su prove ritenute presenti ma in realtà assenti, quindi su 9 di 11 prove inesistenti o comunque non indicate nell'ambito del la decisione. 
Torna a dire ch e, se si volev a recepire l'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza penale, come ha fatto il giudice di primo grado, allora il giudice d'appello avrebbe dovuto considerare tutti gli elementi istruttori, ovvero sia quanto emergeva contro l'### sia quanto emergeva a suo favore. Critica poi direttamente la decisione di primo grado affermando che essa abbia recepito la valutazione del giudice penale anche su l danno non patrimoniale subit o dal ### nel senso che questi, sottoposto a percosse all'interno di una stazione dei carabinieri oltre ad evidenti lesioni fisiche avrebbe riportato un danno n on patrimoniale perché l'episodio ave va sicuramente inciso negativamente sull o sviluppo psic hico del ### all'epoca sedicenne. 
Critica, in definitiva, che siano state prese in considerazione alcune risultanze del giudizio penale piuttosto che altre, e sostiene che il giudice civile avrebbe d ovuto considerare tutti i fatti nel loro complesso, e non poteva far rivivere l'aggravante del fatto che le percosse sarebbero state inflitte dall'### con abuso di potere e violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione perché questa aggravante era stata poi, in sede ###uta equiva lente all'attenuante.  8. - La censura è inammissibile, perché non attiene alla violazione di norme ma bensì all'apprezzamento dei fatti da parte del giudice civile, il quale ha tenuto conto della funzione svolta dall'### e della sua posizione di resp onsabilità all'interno della stazione d ei carabinieri ove sono avvenuti i fatti non ai fini della applicabilità della aggravante in sede penalistica ma per qualificare il disv alore da annettere alla sua condotta, in v irtù del ruolo di responsabi lità ricoperto dal ricorrente e per apprezzarne le ripercussioni negative sulla persona della vittima proprio perché giovane veniva percosso allorchè si trovava soggetto all'autorità di un adulto che avrebbe 10 di 11 dovuto svolgere una pu bblica funzione di prote zione sociale, all'interno di una stazione dei carabinieri.  9. - Con il sesto motivo il ricorrente si duole di una violazione di diritto - senza preci sare la norma violata-in relaz ione alla determinazione degli interessi e in particolare censura la sentenza d'appello, come già quella di primo grado, per aver quantificato il danno individuando poi il momento di decorrenza degli interessi nel momento del fatto, quindi critica il criterio seguito nella liquidazione del danno per non essere lo stesso stato liquidato ai valori attuali.  10. - Il motivo è infondato. 
La senten za impugnata dedica al computo degli interessi, in relazione al danno come quantificato già dal giudice di prime cure una affermazione coerente con i principi di diritto applicati da questa Corte in materia, in quanto rimanda i criteri enunciati da Cass. S.U.  n. 1712 del 1995 e tuttora validi : “trattandosi di debito di valore, pertanto, sulla somma riconosciuta in favore del danneggiato a titolo di risarcimento del danno, sono dovuti gli interessi dal verificarsi dell'evento dannoso fino al saldo ( principi tratti dalla nota pronuncia a sezioni unite della cassazione, sentenza n. 1712 del 17/2/1995.  11. - Il ricorso va pertanto rigettato. 
Nulla sulle sp ese, in difetto d i attività p rocessuale da p arte dell'intimato. 
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo d i contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell'art. 13, comma 1 quater del d.P.R.  115 del 2002.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso. 11 di 11 Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale. 
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 29  

Giudice/firmatari: Travaglino Giacomo, Rubino Lina

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 15-05-2024

... le sue eccezioni preliminari di inammissibilità. Il motivo è inammissibile. Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla legge n. 134 del 2012, vanno letti nel senso che l'impugnazione deve contenere , a pena di inammissibilità, un a chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della senten za impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le rag ioni addot te dal primo giudic e, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramen tali o la re dazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene (leggi tutto)...

ORDINANZA sul ricorso n. 23032/2019 proposto da: ### a ###### e ### elettivamente domiciliate in ### via ### di ### d a ### o 1/b, presso lo studio dell'Avv. ### che le rappresenta e difende; -ricorrenti contro MIUR, in persona del legale rappresentante p.t., domiciliato in ### via dei ### 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato , che lo difende e rappresenta per legge; -controricorrente avverso la SENTENZ A della CORTE ### DI BOLOGNA n. 20/2019, pubblicata il 22 gennaio 2019. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal ### SVOLGIMENTO DEL PROCESSO ###### e ### insegnanti a tempo determinato nell'a.s. 2012/2013 fino al 30 giugno 2013, hanno convenuto il ### per sentire accertare il loro diritto al pagamento delle ferie non godute.  ### si è costituito tardivamente. 
Il Tribunale di ### con sentenza n. 61/2018, ha accolto il ricorso.  ### ha proposto app ello assieme all'### scolastico regionale #### La Corte d'appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti, con sentenza 20/2019, ha accolto l'appello ###### e ### hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.  ### si è difeso con controricorso. 
Le ricorrenti hanno depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE 1) Con il primo motivo le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 342, 345 e 434, come modificati dalla legge n. 134 del 2012 c.p.c. in quanto la corte territoriale avrebbe errato a respingere le sue eccezioni preliminari di inammissibilità. 
Il motivo è inammissibile. 
Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla legge n. 134 del 2012, vanno letti nel senso che l'impugnazione deve contenere , a pena di inammissibilità, un a chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della senten za impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le rag ioni addot te dal primo giudic e, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramen tali o la re dazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., SU, n. 27199 del 16 novembre 2017). 
La corte territoriale ha accertato che il gravame del ### rispettava i requisiti di cui sopra, atteso che contestava l'interpretazione della normativa ritenuta applicabile fornita dal giudice di primo grado, indicando le ragioni in diritto a ciò sottese e, sul pun to, le rico rrenti hanno preso posizione in manier a estremamente generica. 
Inoltre, la corte territoriale ha rilevato che non vi era stata contestazione in appello dei conteggi e della mancata richiesta stragiudiziale di pagamento delle ferie.  2) Con il second o motiv o le ricorrenti contestano la vio lazione e falsa applicazione dell'art. 19 CCNL scuola. 
Con il terzo motivo si dolgono della violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 8, d.l. n. 95 del 2012, come modificato dalla legge n. 228 del 2012. 
Esse sostengono che la corte territoriale non avrebbe tenuto conto che i loro contratti a tempo det erminato erano scaduti il 30 giugno 2013, con la conseguenza che non avrebbero avuto la possibilità di godere delle ferie, pur avendole accumulate ai sensi degli artt. 13 e 19 del ### La sentenza di appello avrebbe errato nell'affermare che la normativa dettata dal d.l. n. 95 del 2012 avrebbe determinato l'azzeramento delle ferie residue al 31 dicembre 2012, così impedendone la monetizzazione. 
In realtà, il diritto a ricevere l'indennità in esame sarebbe sorto al momento della cessazione del rapporto di lavoro (il 30 giugno 2013); pertanto, era a questa data che avre bbe dovuto ess ere valutata l'esistenza di una norma preclusiva del pagamento delle ferie maturate e non godute.  ###. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 avrebbe già cessato di avere effetto nei confronti dei docenti a tempo determinato dal 1° gennaio 2013, ai sensi dell'art. 1, comma 55, della legge n. 228 del 2012. 
Le due doglianze, che, stante la stretta connessione, possono essere trattate congiuntamente, sono fondate. 
Al riguardo, trova applicazione il principio affermato da Cass., Sez. L, n. 14268 del 5 maggio 2022, per il quale il docente a tempo determinato che non ha chiesto di fruire delle ferie durante il periodo di sospensione delle lezioni ha diritto all'indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo inutilmente invitato a g oderne, con espresso avviso della pe rdita, in caso diverso, del diritto alle ferie ed alla indennità sostitutiva, in quanto la normativa interna - e, in particolare, l'art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, come integrato dall'art. 1, comm a 55, della legge n. 228 de l 2012 - deve essere interpretata in senso conforme all'art. 7, par. 2, della direttiva 2003/88/CE che, secondo quanto precisato dalla Corte di Giustizia, ### (con sentenze del 6 novembre 2018 in cause riunite C-569/16 e C-570/16, e in cause C-619/16 e C-684/16), non consente la perdita automatica del diritto alle ferie retribuite e dell'indennità sostitutiva, senza la previa verifica che il lavoratore, mediante una informazione adeguata, sia stato posto dal datore di lavoro in condizione di esercitare effettivamente il proprio diritto alle ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro. Occorre considerare, in relazione al periodo di causa ( anno scolast ico 2012/2013), tanto le disposizioni del contratto collett ivo del personale de lla scuola del quadrie nnio 2006/2 009 che la normativa di legge su lle ferie intervenuta nell'anno 2012.  ### 2006/2009 per il personale del ### del 29 novembre 2007, ha disciplinato le ferie del personale all'art. 13. 
Per il personale docente rilevano i commi 9 e 10. 
In base al comma 9, le ferie de vono essere fruite dal personale do cente durante i periodi di sospensione delle attività didattiche; durante la rimanente parte dell'anno può essere fruito dal personale docente un periodo di ferie non superiore a sei giornate lavorat ive, subordinatamente alla p ossibilità di sostituzione del docente con altro personale in servizio nella stessa sede, senza oneri aggiuntivi. Il comma dieci stabilisce, per i soli docenti a t empo indeterminato, che le ferie che non possono essere fruite nell'anno scolastico di riferimento, in tutto o in parte, per particolari esigenze di servizio - ovvero per motivate esigenze di carattere personale e di malattia - sono godute, entro l'anno scolastico su ccessivo, sempre nei periodi di sospensione dell'attività didattica. 
Il successivo art. 19 dello stesso ### - relativo al regime di ferie, permessi ed assenze del personale a tempo determinato - dopo un generale rinvio alle previsioni relative al personale a tempo indeterminato, pone alcune precisazioni. 
In particolare, ai sensi del comma 2, qualora la durata del rapporto di lavoro a tempo determinato sia tale da non consentire la fruizione delle ferie, le stesse sono liquidate al termine dell'anno scolastico (e, comunque, dell'ultimo contratto stipulato nel corso dell'anno scolastico). 
La previ sione collettiva stabilisce, inoltre, che «La fruizione delle ferie nei periodi di sospension e delle lezioni nel corso dell'anno scolastico non è obbligatoria. Pertanto, per il personal e docente a tempo determinato che, durante il rapporto di impiego, non abbia chiesto di fruire delle ferie durante i periodi di sospensione delle lezioni nel corso dell'anno scolastico, si dà luogo al pagamento sostitutivo delle stesse al momento della cessazione del rapporto». La norma deve essere interpretata nel senso che il personale docente a termine non è obbligato a fruire delle ferie nei periodi di sospensione delle lezioni che si verificano tra il primo e l'ultimo giorno di scuola - come fissati dal calendario regionale - dovendo intendersi in qu esto senso la locuzione «periodi di sospensione delle lezioni nel corso dell'anno scolastico». 
Pertanto, diversamente dal p ersonale di ruolo, il docente a termine non è tenuto a chiedere le ferie né può essere messo in ferie d'ufficio durante il periodo dell'anno scolastico in cui, secondo il calendario regionale, si svolgono le lezioni. 
Le ferie non godute vengono liquidate alla cessazione del rapporto a termine. 
Sulla disciplina d elle ferie nel pubblico impiego è in tervenuto il legislatore dell'anno 2012.  ###. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 6 luglio 2012, conv., con modif., dalla legge n. 135 del 2012, ha così disposto: «Le ferie, i riposi ed i permessi spet tant i al personale , an che di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (…), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corre sponsione d i trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, olt re a comportare il recupero delle somme indebit amente erogate, è fonte di responsabilità disciplin are ed amministrativa per il dirigente responsabile». 
La norma è stata oggetto della sentenza della Corte costituzionale n. 95 del 6 maggio 2016 che, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionalità sollevata sotto il profilo della violazione degli artt. 3, 36, commi 1 e 3, e 117, comma 1, ### (in relazione all'art. 7 della direttiva del 4 novembre 2003 2003/88/CE), ha rilevato l'erroneità del presu pposto in terpretativo da cui muoveva il giudice remittente ovvero che il divieto di corrispondere trattamenti economici sostitutivi delle ferie non godute si applicasse anche qu ando il lavoratore non abbia potuto godere delle ferie per malattia o per altra causa non imputabile. In sintesi, la Corte costitu zionale ha e videnziato che il diritto inderogabile alle ferie sarebbe violato se la cessazione dal servizio vanificasse, senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso dalla malattia o da altra causa non imputabile al lavoratore; così interpretata, ha concluso la Corte, la normativa censurata, introdotta al precipuo scopo di arginare un possibile uso distorto della monetizzazione, non si pone in antitesi con principi ormai radicati nell'esperienza giuridica italiana ed europea. 
Nello stesso anno 2012 il legislatore è nuovamente intervenuto - con l'art. 1, commi da 54 a 56, della legge n. 228 del 2012 -, dettando una disciplina speciale delle ferie per il personale della scuola. 
In base al comma 54 del detto art. 1, il personale docente - senza alcuna distinzione tra docenti a termine e docenti a tempo indeterminato - fruisce delle ferie nei giorni di sospensio ne delle lezioni d efiniti dai calendari scolastici regionali, ad esclusione di quelli destinati agli scrutini, agli esami di Stato e alle attività valutative. ### la rimanente parte dell'anno la fruizione delle ferie è consentita per un p eriodo non superiore a sei giornate lavorative, subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. 
Il successivo comma 55 ha aggiunto un ultimo periodo all'art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, sopra trascritto, precisando che la sua disciplina non si applica «al personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario supplente breve e saltuario o docente con contratto fino al termine delle lezioni o delle attività didattiche, limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie spettanti e quelli in cui è consentito al personale in questione di fruire delle ferie». 
La previsione non riguarda, dunque, il personale con supplenza annuale (fino al 31 agosto). 
Da ultimo, il comma 56 dello stesso art. 1, ha disposto che la disciplina dei commi 54 e 55 non può essere derogata dai contratti collettivi nazionali di lavoro e che le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013. In sostanz a, nel periodo interco rrente tra la legge n. 135 del 201 2 (di conversione del d.l. n. 95 del 2012) e la legge n. 228 del 2012 tutto il personale della scuola, anche a termine, è stato sottoposto alla disciplina generale del pubblico impiego e, dunque, all'obbligo di godere (anche d'ufficio) delle ferie ed al divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi delle ferie, con disapplicazione delle più favorevoli previsioni del ### 2006/2009. 
Con l'entrata in vigore dell'art. 1, comma 54, della legge n. 228 del 2012, tuttavia, per il personale docente della scuola è stata introdotta una disciplina speciale, modellata su quella già prevista dall'art. 13, comma 9, ### 2006/2009 ed estesa anche ai dipendenti a termine. Il successivo comma 55 ha autorizzato per il personale a termine della scuola, docente e non docente, con contratto breve o fin o al termine delle lez ioni o delle attiv ità did attiche, la liquidazione della indennità sostitutiva delle ferie, limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie spettanti e quelli in cui a tale personale è consentito di godere delle ferie. La disap plicazione d elle disposiz ioni contrattuali più favorevoli è avvenuta soltanto dal 1° settembre 2013. 
Il giudice dell'appello ha errato, dunque, quando ha negato che il detto comma 56 abbia attribuito perdurante efficacia fino al 31 agosto 2013 alle preesistenti clausole contrattuali in contrasto con esso e qui rilevanti; la disciplina delle ferie dei docenti a term ine, pe r effetto di tale prevision e, continu ava ad essere regolata fino al 31 agosto 2013 dall'art. 19 ### 2006/2009, a tenore del quale i docenti a termine non erano obbligati a fruire delle ferie nel periodo dell'anno scolastico destinato alle lezioni, con monetizzazione delle ferie non godute. 
Va preci sato, poi, che la questione di causa perde rilievo in ragione dell a necessità di interpretare le norme interne - e, tra esse, l'art. 5, comma 8, d.l.  95 del 2012, così come integrato dall'art. 1, comma 55, della legge n. 228 del 2012 - in conformità alle norme del diritto dell'### La CGUE, ### sezione, con tre sent enze del 6 no vembre 201 8 (rispettivamente, in cause riunite C-569/16 e C-570/16; in causa C-619/16; in causa C-684/16), nell'interpretare l'art. 7 de lla direttiva 2003/88/CE, in combinazione con l'art. 31 della ### dei diritt i fondamentali dell'U nione europea, ha affermato che esso osta ad una normativa nazionale in applicazione della quale il lavoratore che non ha chiesto di potere esercitare il proprio diritto alle ferie annuali retribuite prima della cessazione del rapporto di lavoro perde automaticamente i giorni di ferie annuali retribuite cui aveva diritto ai sensi del diritto dell'### alla data di tale cessazione e, correlativamente, il proprio diritto a un'indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute, senza una previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro in condizione di esercit are il proprio diritto alle ferie prima di tale cessazione, attraverso un'informazione adeguata da parte di quest'ultimo. 
In particolare, il giudice europeo ha precisato che l'art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88/CE non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che comprenda finanche la perdita del diritto alle ferie allo scadere del periodo di riferimento (o di un periodo di riporto), purché, però, il lavoratore che non ha più il diritto alle ferie annuali retribuite abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto. Il datore di lavoro deve, per contro, assicurarsi che il lavoratore sia messo in condizione di esercitare tale diritto; a questo fine, egli è segnatamente tenuto ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in grado di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo - se necessario formalmente - a farlo, e, nel contempo, informandolo - in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie in esame siano ancora idonee ad apportare all'inte ressato il riposo e il relax cui esse sono volt e a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, siffatte ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato o, ancora, alla cessazione del rapporto di lavoro, se quest'ultima si verifica nel corso di un simile periodo. Inoltre, l'onere della prova, in proposito, incombe al datore di lavoro. 
Le condizioni de quibus possono essere ricondotte in via interpretativa al testo dell'art. 5, comma 8, d.l. n. 95 del 2012, in quanto presupposto della imputabilità al lavoratore del mancato godimento delle ferie, che la Corte costituzionale ha già ritenuto essere richiesta dalla norma. 
Pertanto, il docente a termine non pu ò perdere il diritto al la in dennità sostitutiva delle ferie per il solo fatto di non averle chieste, se non dopo essere stato invitato dal datore di lavoro a goderne, con espresso avviso della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie ed alla indennità sostitutiva. 
Nella specie, non risulta che la corte territoriale abbia valutato se la P.A. abbia assolto a tale onere sulla stessa gravante e, dunque, il ricorso va accolto.  3) Il ricorso è accolto quanto ai motivi secondo e terzo, inammissibile il primo. 
La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di lite, applicando il seguente principio di diritto: ‹‹Il docente a tempo determinato che non ha chiesto di fruire delle ferie durante il periodo di sospensione delle lezioni ha diritto all'indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo inutilmente invitato a goderne, con e spresso avviso della perdi ta, in caso diverso , del diritto alle ferie e alla indennità sostitutiva, in quanto la normativa interna - e, in particolare, l'art.  5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, come integrato dall'art. 1, comma 55, della legge n. 228 del 2012 - deve essere interpretata in senso conforme all'art. 7, par. 2, della direttiva 2003/88/CE, che, secondo quanto precisato dalla Corte di Giustizia, ### (con sentenze del 6 novembre 2018 in cause riunite C-569/16 e C-570/16, e in cause C-619/16 e C-684/16), non consente la perdita automatica del diritto alle ferie retribuite e dell'indennità sostitutiva, senza la previa verifica che il lavoratore, mediante una informazione adeguata, sia stato posto dal datore di lavoro in condizione di esercitare effettivamente il proprio diritto alle ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro››.  P.Q.M.  La Corte, - accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, inammissibile il primo; - cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### il 19  

Giudice/firmatari: Tria Lucia, Cavallari Dario

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