testo integrale
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'#### E ### composta dai signori magistrati: Dott. ### rel.
Dott.ssa #### all'udienza del 12 febbraio 2025 ha pronunciato la seguente SENTENZA nella controversia civile in grado di appello iscritta al n. 2411/2022 del ### - ### e ######## Caka, tutti in qualità di eredi legittimi di ### rappresentati e difesi dagli avv.ti #### e ### ed elettivamente domiciliati presso lo studio della prima sito in #### 9; #### rappresentato e difeso dagli avv.ti ### ed ### ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultima sito in #### 44; INPS - ### della ### rappresentato e difeso dall'avv. ### e con lei elettivamente domiciliato in #### 29, presso gli uffici dell'avvocatura distrettuale dell'### APPELLATI ####
I.accertare e dichiarare, per tutti i suesposti motivi, che tra il #### ed il #### titolare dell'omonima ditta, è intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato full time, senza soluzione di continuità dal 01/05/1995 al 07/06/2018, stante la nullità dei contratti a tempo determinato medio tempore intercorsi dal 01/05/1995 al 14/01/2012; II. accertare e dichiarare, sulla base della qualità dell'attività lavorativa prestata il diritto del #### ad essere inquadrato nel livello “operaio qualificato/#### livello 2° ex operaio qualificato” del ### “### Operai” e dei “### di lavoro della ### di ### operai agricoli” medio tempore succedutisi, e ciò a far data dal 01/05/1995 al 07/06/2018; III. accertare e dichiarare sulla base della qualità e quantità dell'attività lavorativa prestata per tutto l'arco temporale dal 01/05/1995 al 07/06/2018, ai sensi dell'art. 36 della ### e dei ### applicabili “### Operai” e dei “### di lavoro della ### di ### operai agricoli” medio tempore succedutisi, l'insufficienza della retribuzione percepita dal #### IV. accertare e dichiarare, ai sensi degli artt. 2043 c.c., 2059 c.c., la responsabilità del #### per i fatti illeciti avanti descritti commessi in danno del #### astrattamente riconducibili anche alla fattispecie di reato ex art. 603 bis. c.p.; V. Condannare il #### titolare dell'omonima ditta, al pagamento in favore degli appellanti a titolo di differenze retributive ed anche per il risarcimento del danno patrimoniale iure hereditatis da fatto illecito ex art. 2043 c.c., della somma di € 825.960,21 ovvero nella minore o maggiore somma ritenuta di giustizia oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali; VI. Condannare il #### al risarcimento in favore degli appellanti a titolo di danno morale iure hereditatis ex art. 2059 c.c. da fatto illecito della somma di € 390.000,00, o in quella minore o maggiore ritenuta di giustizia, determinata anche in via equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c., oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali; VII. condannare ### titolare dell'omonima ditta, al versamento presso l'### di tutti i contributi assicurativi e previdenziali dovuti e non corrisposti sulle differenze retributive accertate in sentenza, salvo il risarcimento dei danni, e di conseguenza; VIII. Dichiarare l'### - ### della ### - in persona del suo legale rapp.te pro tempore, tenuto a ricostituire la posizione previdenziale del ####
IX. Con condanna dell'appellato ### al pagamento delle spese legali determinate in base al D.M. 55/2014 sullo scaglione di valore di causa. ###.In riforma dell'impugnata sentenza, condannare l'appellato ### al pagamento della somma di € 84.721,30 dei quali € 46.168,09 per straordinario feriale diurno, € 32.900,47 per straordinario festivo diurno ed € 5.652,74 per TFR oltre interessi legali sulle somme rivalutate.
II. Condannare l'appellato ### al pagamento delle spese di lite in favore dei sottoscritti difensori antistatari da liquidarsi nella complessiva somma di € 29.132,20. Con vittoria di spese ed onorari del secondo grado di giudizio, con attribuzione. #### la Corte adìta, contrariis reiectis: Nel merito: In via principale: ### il gravame avanzato dai ricorrenti avverso i capi della sentenza, che controparte ha impugnato in quanto infondato in fatto e diritto e comunque inammissibile ed improponibile.
In via subordinata: ### denegata ipotesi di ritenuto accoglimento del gravame avverso il capo della sentenza di primo grado che ha pronunciato l'intervenuta decadenza e prescrizione delle domande relative ai contratti otd sottoscritti dalle parti e/o nella denegata ipotesi in cui la Corte ritenesse di dichiarare intervenuto dal 1995 un rapporto di lavoro a tempo indeterminato full time, rigettare le pretese di parte appellante ed operare il computo del risarcimento dovuto ai sensi di legge e quindi sulla scorta del disposto di cui all'art 32 comma 5, con decorrenza dal gennaio 2004 per le motivazioni di cui alla premessa.
In via ulteriormente subordinata e gradata: ### inconcessa ipotesi in cui la Corte adìta ritenesse di liquidare l'eventuale dovuto sulla scorta delle pregresse retribuzioni, asseritamente non corrisposte per straordinari, lavoro in giorni festivi e ferie asseritamente non godute, determinare il quantum sulla scorta delle statuizioni della sentenza di primo grado per le motivazioni tutte di cui alla premessa, respingendo in punto il gravame.
Con vittoria delle spese del grado. #### l'###ma Corte adita: - in via principale, decidere come di giustizia sulla domanda proposta dall'appellante nei confronti del convenuto datore di lavoro e - ove accertata, all'esito dell'istruttoria, la sussistenza del rapporto di lavoro come qualificato da parte ricorrente e del diritto alle differenze retributive - condannare il convenuto stesso a pagare all'### i contributi previdenziali omessi, nonché le relative sanzioni aggiuntive, civili ed amministrative, entro i limiti della prescrizione, rimettendo all'### l'esercizio del potere in ordine alla quantificazione delle somme dovute a titolo di contributi, somme accessorie e sanzioni aggiuntive, - in via riconvenzionale, nel caso di accoglimento dell'appello, condannare gli appellanti, sig.ri ####### in qualità di eredi legittimi di ### ciascuno pro quota, al pagamento nei confronti dell'### della somma complessiva di €. 51.179,69 a titolo di restituzione dell'indennità di disoccupazione agricola indebitamente versata dall'### previdenziale al sig. ### - qualora la sentenza di primo grado venga riformata, tenere comunque indenne l'### da qualunque condanna, con assolvimento da ogni onere.
Con vittoria, in ogni caso, di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio, da porre a carico della parte soccombente.
Fatto e diritto 1. ###### in qualità di eredi legittimi, rispettivamente moglie e figli di ### ricorrevano al giudice del lavoro del Tribunale di ### allegando quanto segue: - ### proveniente dalla regione del ### era emigrato in ### nel 1992, poi raggiunto dalla sua famiglia a gennaio del 1993; - dopo una serie di lavori saltuari, aveva trovato una stabile occupazione come operaio agricolo presso l'azienda di ### esercente attività di “coltivazioni agricole di cereali e seminativi associate all'allevamento ovino”, ove aveva prestato attività lavorativa subordinata dal 1° maggio 1995 al 7 giugno 2018, data in cui era rimasto vittima di un infortunio mortale sul lavoro; - era stato assunto il 1° maggio 1995 con un contratto di lavoro a tempo determinato full time ed inquadrato quale ### “### Comune”, di cui al C.C.N.L. “### Operai” ed aveva prestato la propria attività, sino al 14 gennaio 2012, in forza di una serie di rapporti di lavoro a tempo determinato, sebbene nel periodo avesse svolto l'attività lavorativa senza alcuna soluzione di continuità; - nell'ambito dei suddetti rapporti di lavoro a tempo determinato, annualmente, il de cuius aveva fruito di più periodi di disoccupazione agricola, percependo dall'### la relativa indennità, considerata dal datore in conto del salario dovuto, ciò nonostante il contemporaneo ed ininterrotto svolgimento dell'attività lavorativa; - in data 14 gennaio 2012 era stato poi regolarizzato con un contratto a tempo indeterminato full time ed inquadrato quale operaio comune del ### “### Operai”; - da maggio 1995 e sino al 2008 ### aveva prestato la propria attività lavorativa alle dipendenze del resistente nelle terre site su strada ### in ### ove aveva alloggiato con tutta la famiglia in un container/prefabbricato di circa 60 mq posto all'interno dell'azienda agricola, con un minimo servizio igienico, senza acqua corrente sostituita da una cisterna d'acqua, e senza riscaldamenti; - successivamente, dalla fine del 2008 e sino al 2018, ### aveva prestato la propria attività lavorativa nelle terre dell'azienda agricola site in località ####; - per tutta la durata del rapporto lavorativo, dal 1° maggio 1995 al 7 giugno 2018, ### aveva lavorato 7 giorni a settimana dalle ore 04.30 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle ore 20 durante il periodo invernale, mentre nel periodo estivo (giugno - agosto), oltre al precedente orario aveva svolto attività lavorativa anche dalle ore 22.00 alle ore 02.00; - aveva lavorato indistintamente in tutti i giorni festivi dell'anno incluse le domeniche, ##### non aveva mai usufruito delle ferie, di permessi retribuiti e non, né gli era mai stata corrisposta alcuna indennità sostitutiva e l'indennità di malattia nei relativi periodi, non aveva mai percepito tredicesima e quattordicesima mensilità, né festività; nulla aveva mai percepito a titolo di lavoro straordinario feriale diurno, di lavoro straordinario feriale notturno, di lavoro straordinario festivo diurno e di straordinario festivo notturno; - il rapporto di lavoro di ### era cessato in data 7 giugno 2018, a seguito di un infortunio mortale sul lavoro; - alla cessazione del rapporto nulla era stato corrisposto agli eredi a titolo di t.f.r. e competenze di fine rapporto; - con nota del 6 agosto 2018 i ricorrenti avevano richiesto il pagamento di tutte le differenze retributive, maturate e non corrisposte, oltre alla regolarizzazione della posizione contributiva.
Tanto premesso in fatto, ed inseriti nel ricorso i conteggi delle differenze retributive reclamate, complessivamente quantificate in € 915.770,84, in diritto deducevano: a) sulla natura subordinata a tempo indeterminato del rapporto intercorso dal 1° maggio 1995 al 7 giugno 2018 fra il de cuius ed il ### con diritto all'inquadramento nel livello di “operaio qualificato/#### livello 2° ex operaio qualificato, tempo indeterminato” del ### per i dipendenti delle imprese agricole; b) sul diritto iure hereditatis al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito dal loro congiunto a seguito del sistematico sfruttamento lavorativo da parte del ### che lo aveva fatto alloggiare insieme a tutta la famiglia in un container privo dei servizi essenziali, che lo aveva fatto lavorare 7 giorni su 7, anche nelle festività, con orari di gran lunga superiori a quelli previsti dalla vigente legislazione, senza mai un giorno di riposo, corrispondendogli una retribuzione di gran lunga inferiore a quella dovuta; i fatti descritti integravano la fattispecie di cui all'articolo 603 bis c.p. nella nuova formulazione; il danno patrimoniale ex articolo 2043 c.c. subito dal de cuius ammontava a € 915.770,84, pari alle differenze retributive maturate dal congiunto nel corso dell'intero rapporto di lavoro ed all'indebito arricchimento del ### il danno morale ex articolo 2059 c.c. era quantificato in € 450.000,00.
Tanto premesso concludevano: a) dichiarare che fra ### e ### era intercorso un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; b) dichiarare il diritto del de cuius ad essere inquadrato, fin dall'inizio, nel livello “operaio qualificato/#### livello 2° ex operaio qualificato” del ### “### Operai”; c) dichiarare l'insufficienza della retribuzione percepita nel corso del rapporto di lavoro da ### d) dichiarare la responsabilità, ex articoli 2043 e 2059 c.c., del ### per i fatti illeciti descritti; e) condannare il ### al pagamento, in proporzione della quota ereditaria, a titolo di differenze retributive e per il risarcimento del danno patrimoniale iure hereditatis, a ### della somma di € 305.256,95 ed a #### e ### della somma di € 122.102,78 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali; f) condannare il ### al risarcimento del danno morale iure hereditatis quantificato per ### nella somma di € 150.000,00 e per #### e ### nella somma di € 60.000,00 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali; g) condannare il ### al versamento all'### di tutti i contributi assicurativi e previdenziali dovuti e non corrisposti sulle differenze retributive accertate in sentenza. 2. Si costituiva ### contestando il ricorso e deducendo quanto segue: - l'azienda era dedita all'allevamento di due razze di ovini: pecore sarde e pecore ### allevate separatamente in due distinti lotti di terreno; - ### aveva lavorato da maggio 1995 in qualità di operaio comune con contratti a tempo determinato (###, usufruendo della disoccupazione agricola nelle giornate in cui non prestava attività; - il 22 dicembre 2003 era stata sottoscritta in sede sindacale una dichiarazione con cui le parti avevano dato atto della regolarità delle retribuzioni e del rapporto in essere fino ad allora; - dopo un periodo in cui era ritornato in ### dal 2004 alla fine del 2011 tra le parti erano intercorsi solo contratti a tempo determinato; - dal 14 gennaio 2012 aveva assunto il ### con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, in qualità di bracciante agricolo a tempo pieno, ### di lavoro per gli operai agricoli e florovivaisti, liv. ###, per la cura delle pecore sarde nei terreni di ### - durante il periodo estivo, nel quale il lavoro si riduceva, erano impiegati di solito due operai, oltre ### invece nel periodo invernale erano impiegati circa tre operai per gregge; - l'attività lavorativa del ### dal 14 gennaio 2012 si sostanziava nella cura delle pecore sarde e nella loro mungitura, con orari di lavoro variabili a seconda del periodo dell'anno: nel periodo invernale, da novembre a giugno, si occupava della mungitura meccanica due volte al giorno e tale attività poteva svolgersi dal lunedì al sabato dalle ore 5,30 alle 8,00 e dalle 15,30 alle 17,30; durante il periodo estivo, da luglio a ottobre, durante il quale non si effettuava la mungitura, l'attività si sostanziava nel controllare gli animali e fornire loro cibo e acqua e si protraeva dal lunedì al sabato per circa 3 ore al giorno, di solito la mattina; - il ### non si occupava della cura degli agnelli; sporadicamente si era recato alla ### viterbese per prendere il mangime; non si occupava della cura e della somministrazione dei farmaci agli ovini, che era affidata ai veterinari; non si occupava della pulizia del terreno con il trattore, della sarchiatura, della semina e della falciatura e della raccolta del fieno, compiti svolti dal titolare dell'azienda; - all'inizio del rapporto di lavoro il ### era residente a ### il container gli era stato fornito dal ### su richiesta del dipendente, come appoggio giornaliero per evitare di rientrare a casa durante i periodi di pausa; era dotato di tutti i comfort, compreso il condizionatore, i servizi igienici con acqua corrente e potabile e stufa a legna; non erano mai stati autorizzati altri usi; - il ### aveva sempre usufruito delle ferie, come risultava dalle buste paga (di solito nel mese di agosto); - il ### per arrotondare lo stipendio, si era offerto di svolgere lavori di piccola manutenzione (riparazione dei recinti, potatura di alberi, aiuto nella semina) pattuendo un compenso aggiuntivo; aveva chiesto ed ottenuto un contributo spese per l'affitto dell'abitazione di ### di circa 300 euro al mese; - per le mansioni di cui al contratto di lavoro era stato regolarmente retribuito come da busta paga; aveva usufruito di un furgone di proprietà aziendale anche per esigenze di vita privata, compreso l'accompagnamento delle figlie a scuola e dei familiari alle visite mediche; - l'azienda convenuta operava nel rispetto della normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro ed aveva adottato un documento di valutazione rischi (### a norma di legge; inoltre era attenta nella formazione e nella preparazione dei suoi lavoratori; infatti, anche il ### aveva partecipato ad appositi corsi di aggiornamento conseguendo anche l'abilitazione all'uso di trattori agricoli e forestali gommati e a cingoli; - l'infortunio mortale del ### si era verificato in un luogo estraneo alla sua attività lavorativa, nei pressi del capannone di ricovero delle pecore ### in ### del ### 1, allorché aveva messo in moto un trattore in disuso da anni, di proprietà del padre del ### mentre quelli in uso erano tutti nuovi e regolarmente registrati; - dopo la morte del ### il ### aveva corrisposto alla di lui moglie ### un assegno circolare di € 10.000,00 a titolo di TFR e competenze di fine rapporto, arrotondato per eccesso, oltre ad un assegno di € 4.000,00 intestato direttamente all'agenzia funebre ### che si era occupata del funerale e del trasporto della salma in ### aveva inoltre pagato i biglietti aerei per la figlia #### e per il nipote ### aveva perfino affittato un pulmino e guidato fino in ### per portare la moglie, il figlio ### la nuora e le tre nipoti.
Ha pertanto concluso chiedendo "In via preliminare, accertare e dichiarare l'intervenuta prescrizione e decadenza per mancata impugnazione del termine sui contratti a tempo determinato fino al 31.12.2011; nel merito, respingere integralmente le avverse pretese in quanto nulle, inammissibili e comunque infondate.”. 3. L'### chiamato in giudizio per la domanda di versamento dei contributi previdenziali, si costituiva rivendicando - ove accertata all'esito dell'istruttoria la sussistenza di differenze retributive - il diritto al pagamento dei contributi omessi, nonché delle relative somme aggiuntive, nei limiti della prescrizione.
Rammentava, inoltre, l'avvenuta percezione, da parte del ### della complessiva somma di €. 51.179,69 a titolo di disoccupazione agricola per la quale, in caso di accoglimento della richiesta di accertamento dell'unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, formulava domanda riconvenzionale per ottenerne la restituzione da parte dei ricorrenti, ciascuno pro quota, in qualità di eredi legittimi del ### 3.1. Alla domanda riconvenzionale replicavano i ricorrenti eccependo, in primis, l'intervenuta prescrizione del diritto al recupero dell'indebito e proponendo, poi, una reconventio reconventionis per sentir condannare il ### al pagamento in loro favore di tutte quelle somme che gli stessi, in caso di accoglimento della domanda riconvenzionale, fossero tenuti a ripetere all'### 4. Il processo era istruito con i documenti prodotti dalle parti e con l'assunzione di prova testimoniale.
All'esito, con la sentenza oggi impugnata, il Tribunale di ### in parziale accoglimento della domanda, accertava e dichiarava che tra ### e ### era intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato full time dal 14 gennaio 2012 al 7 giugno 2018 per lo svolgimento di mansioni riconducibili all'inquadramento di “operaio qualificato/#### livello 2° ex operaio qualificato” del ### “### Operai” e dei “### di lavoro della ### di ### operai agricoli” e, per l'effetto, condannava il ### al pagamento in favore dei ricorrenti, in qualità di eredi, della complessiva somma, a titolo di differenze retributive, di € 64.376,50 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo ed oltre alla regolarizzazione della posizione contributiva, respingendo per il resto il ricorso; dichiarava compensate per due terzi le spese di lite tra le parti e condannava il ### al pagamento del terzo residuo liquidato in complessivi € 4.252,00 per compensi professionali, oltre spese generali ed accessori di legge.
Il Tribunale motivava la decisione sui seguenti rilievi: - i contratti a termini e le relative clausole temporali non erano mai stati formalmente contestati ed anche l'allegazione di una prestazione lavorativa continuativa ed ininterrotta, comprensiva dei periodi intercorrenti tra un contratto a tempo determinato e l'altro, non aveva trovato puntuale ed utile riscontro probatorio; pertanto, in difetto di atti interruttivi, era maturata la prescrizione per qualsiasi credito antecedente all'instaurazione del rapporto a tempo indeterminato del 14 gennaio 2012; - per quanto riguardava l'orario di lavoro, nel periodo di assunzione con contratto a tempo indeterminato, dal complesso delle prove testimoniali, non sempre tra loro combacianti, si poteva ritenere provata una prestazione lavorativa di otto ore al giorno per sette giorni, per un totale di 56 ore settimanali, ciò che induceva a quantificare in 12 ore settimanali l'ammontare del lavoro straordinario diurno (per il quale era prevista la maggiorazione del 25%) e in minimo 8 ore a settimana il lavoro straordinario festivo (per il quale era prevista la maggiorazione del 35%); - per quanto riguardava l'inquadramento, le mansioni svolte in via prevalente dal de cuius, e segnatamente quelle di mungitura e governo degli animali, giustificavano la pretesa di inquadramento come operaio qualificato nell'### 2 livello 2°, anziché nell'### 3^ relativa alla mera attività di pastore quale addetto al pascolo degli animali; - dai conteggi allegati risultava che il ### aveva costantemente percepito una retribuzione superiore anche al livello rivendicato, mentre residuava un credito a suo favore a titolo di festività e mensilità aggiuntive, lavoro straordinario diurno e festivo e t.f.r., per il totale di € 64.376,50, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; - non ricorrevano i presupposti dell'ipotesi di reato riconducibile all'articolo 603 bis c.p. perché l'interpretazione della fattispecie offerta dalla Suprema Corte induceva a ritenere che non qualsiasi difformità della retribuzione dalle previsioni collettive, non ogni violazione di disposizioni riguardanti l'orario di lavoro o il riposo settimanale potessero ritenersi sufficienti ad integrare il reato se la condotta datoriale non desse consapevolmente e volontariamente luogo ad un eclatante pregiudizio per il lavoratore e ad un rilevante assoggettamento alle volontà datoriali, reso palese dalle circostanze complessive delle condizioni di lavoro e di vita del lavoratore in stato di bisogno. La prova assunta non dava ragione dell'esistenza di tali condizioni. 5. Avverso tale decisione propongono l'odierno appello gli originari ricorrenti sulla base di otto motivi d'impugnazione, cui resiste ### Si costituisce anche l'### riportandosi alle difese già avanzate nel primo grado ed evidenziando che, stante l'avvenuta interruzione della prescrizione con la notifica del ricorso in data 24 gennaio 2019, i contributi fino a tutto il 2013 sono prescritti. Reitera, poi, condizionatamente all'accoglimento dell'appello principale, la domanda riconvenzionale di ripetizione dell'indebito pagamento della disoccupazione agricola. 6. Con il primo motivo d'impugnazione gli odierni appellanti censurano la decisione del Tribunale di ### nella parte in cui non ha riconosciuto la sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato per il periodo dal 1995 al 2012.
Rappresentano di avere richiesto, fin dall'atto introduttivo, l'accertamento dell'unicità del rapporto dal 1995 al 2018 e tale domanda, per giurisprudenza consolidata, si caratterizzerebbe come una azione di nullità imprescrittibile.
Lamentano che il Tribunale abbia dato per scontata la regolarità dei predetti contratti a tempo determinato senza tener conto che il ### non li ha prodotti in giudizio. Stante la forma scritta richiesta a pena di nullità, il rapporto dovrebbe intendersi fin dall'inizio costituito a tempo indeterminato. 6.1. Il motivo d'appello è infondato.
La Corte di Cassazione afferma, con consolidato orientamento, che <<La disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, quale prevista dalla legge n. 230 del 1962, non trova applicazione nel caso di rapporti di lavoro agricolo atteso che l'art. 6 della legge medesima deve essere interpretato estensivamente nel senso che - nell'escludere espressamente dalla disciplina da quest'ultima legge dettata i salariati fissi <<comunque denominati>>, tipici lavoratori a tempo determinato, secondo la contrattazione collettiva di categoria dell'epoca, ai quali la precedente disciplina speciale aveva approntato, al fine di assicurare una certa stabilità del rapporto, una specifica tutela prescrivendo (con norma a carattere inderogabile) una durata del rapporto non inferiore a due annate agrarie (legge 533 del 1949) e fissando in pari durata il rinnovo in caso di mancata disdetta (legge n. 1161 del 1955) - si riferisce, al di là del suo tenore letterale, a maggior ragione anche ai braccianti, sia avventizi che giornalieri, caratterizzati dalla intrinseca precarietà e dalla saltuarietà dell'occupazione, ed in generale a tutti gli altri lavoratori a termine operanti nel medesimo settore dell'agricoltura e variamente denominati dalla contrattazione collettiva (nazionale e territoriale) di categoria (quali gli operai fissi, i braccianti fissi, i braccianti semifissi, gli obbligati, i giornalieri di campagna), a nulla rilevando che l'elencazione contenuta nell'articolo unico del d.P.R. 7 ottobre 1963 n. 1525, attuativo dell'art. 1, comma secondo, lett. a), legge n. 230 del 1990, cit., contemplava alcune ipotesi di lavori stagionali in agricoltura che legittimavano l'apposizione del termine al contratto di lavoro, atteso che la successiva normativa ampliativa dell'area di applicazione del contratto a termine (art. 8 bis D.L. n. 17 del 1983, conv. in legge n. 79 del 1983; art. 23, comma primo, l. n. 56 del 1987) non contiene alcuna limitazione al lavoro stagionale agricolo. Consegue che non trova applicazione, tra l'altro, la prescrizione dell'atto scritto per l'apposizione del termine al contratto di lavoro (ai sensi dell'art. 1 legge n. 230 del 1990, cit.), ma operano le formalità procedurali e le prescrizioni dettate in tema di collocamento dei lavoratori agricoli (legge n. 83 del 1970, cit., e succ. mod.), parimenti dirette a tutelare questi ultimi, in quanto onerano il datore di lavoro di indicare la durata del rapporto nella sua richiesta all'### del lavoro ed assicurano al lavoratore la comunicazione dell'atto di avviamento.>> (Cass. sez. un., 265/1997; Cass. 11361/2004). ### dei rapporti di lavoro agricolo dalla disciplina generale concernente il contratto a termine - stante l'esistenza di una apposita normazione diretta a regolare il settore - è stata confermata anche dalla legge 368/2001 che all'articolo 10, comma 2 prevede che “### esclusi dalla disciplina del presente decreto legislativo i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato così come definiti dall'art. 12, comma 2, del d.lgs. 11 agosto 1993, n. 375”.
Il richiamato articolo 12, comma 2, del d.lgs. 375/1993 detta una definizione estremamente ampia dell'operaio a tempo determinato in agricoltura, prevedendo al riguardo che “Ai fini della distinzione di cui al comma 1 le locuzioni di salariato fisso a contratto annuo e categorie similari contenute in leggi, atti aventi forza di legge ed atti amministrativi sono equivalenti a quella di operaio a tempo indeterminato, ferma restando per ogni altra locuzione l'equivalenza a quella di operaio a tempo determinato.”. ### sostanza, la locuzione di operaio a tempo indeterminato abbraccia una categoria residuale comprensiva, come affermato dalla giurisprudenza, di “tutti gli altri lavoratori a termine operanti nel medesimo settore dell'agricoltura e variamente denominati dalla contrattazione collettiva (nazionale e territoriale) di categoria”.
Per tale tipologia di lavoratori non necessita, ai fini della validità dell'apposizione del termine, la stipula del contratto in forma scritta: tale necessità era già esclusa dalla legge 230/62 e l'esclusione è stata ribadita anche dal d.lgs. 368/2001 che, nel dare attuazione interna alla direttiva 1999/70/CE, ha tenuto conto della peculiarità del lavoro in agricoltura, legato alla stagionalità, alle differenti colture, alle variazioni climatiche, alle intemperie improvvise, ecc., ragion per cui la temporaneità della prestazione costituisce la norma.
La tutela dei lavoratori a tempo determinato in tale settore non si esplica, quindi, attraverso la forma contrattuale, bensì attraverso le formalità procedurali e le prescrizioni dettate in tema di collocamento dei lavoratori agricoli previste, da ultimo, dal già richiamato d.lgs. 375/1993.
Parte appellante richiama, a sostegno della tesi della necessità dell'atto scritto, tre pronunce della Suprema Corte (Cass. 27974/2018, Cass. 15494/2011, Cass. 17222/2020) che, però, non sono conferenti al presente giudizio perché riguardano rapporti di lavoro a tempo determinato in settori estranei all'agricoltura.
Anzi, al contrario di quanto asserito dagli odierni appellanti, le richiamate pronunce 15494/2011 e 17222/2020, concernenti rapporti di lavoro a termine alle dipendenze di ### di bonifica, confermano che i contratti a termine nel settore agricolo non sono soggetti alla forma scritta a pena di nullità: la Corte Suprema, infatti, ha ritenuto infondato il ricorso <<alla luce del principio più volte affermato da questa Corte secondo il quale al rapporto di lavoro dei dipendenti dei consorzi di bonifica è applicabile la disciplina sui contratti a termine di cui alla legge n. 230 del 1962, e in particolare la prescrizione dell'atto scritto a norma dell'art. 1, poiché la disposizione dell'art. 6, che esclude dalla disciplina della stessa legge i rapporti tra "datori di lavoro dell'agricoltura e salariati fissi comunque denominati" (e - in base ad una necessaria interpretazione estensiva - tutti i lavoratori agricoli), è applicabile ai lavoratori alle dipendenze di imprese definibili come agricole a norma dell'art. 2135 c.c., mentre gli enti di bonifica (anche se talvolta ricondotti dalla legge al settore agricolo ai fini previdenziali) non sono imprenditori agricoli, perseguendo fini economici non solamente agricoli, anche se con attività in parte strumentali all'agricoltura>>.
Dall'estratto contributivo in atti risulta che ### ha lavorato, fino al 31 dicembre 2011, come operaio agricolo a tempo determinato e, nei periodi in cui non prestava attività, ha percepito l'indennità di disoccupazione agricola.
A fronte di tali risultanze documentali, sarebbe stato onere dei ricorrenti dare la prova rigorosa dell'unicità del rapporto di lavoro intercorso tra il de cuius ed il ### Il primo motivo d'appello deve, quindi, essere respinto. 7. Con il secondo motivo d'impugnazione gli appellanti censurano il capo della decisione che ha accertato che la prestazione lavorativa continua ed ininterrotta, comprensiva anche dei periodi tra un contratto a tempo determinato e l'altro, non ha trovato riscontro probatorio.
Osservano, al riguardo, che dalle deposizioni rese dai testimoni ###### e ### l'assunto dei ricorrenti era risultato pienamente dimostrato.
Evidenziano che il giudice di primo grado ha ritenuto raggiunta la prova di una prestazione lavorativa abituale di 7 giorni a settimana, per un totale di 56 ore settimanali, dal 2012 al 2018 e che a tale conclusione è giunto sulla base delle deposizioni testimoniali che hanno riferito che il ### provvedeva alla mungitura di circa 1000 pecore per due volte al giorno per 12 mesi all'anno.
Rappresentano, quindi, che avendo l'attività di mungitura carattere continuativo e non stagionale, necessariamente il ### aveva svolto continuativamente la medesima mansione anche nel periodo anteriore al 2012.
Rappresentano che la mungitura e cura del bestiame deve esser costante e continua tutto l'anno ed è incompatibile con una sospensione dell'attività lavorativa per disoccupazione agricola. 7.1. Il motivo d'appello è infondato. ### delle deposizioni testimoniali richiamate dagli appellanti non conferma l'asserita unitarietà del rapporto di lavoro anche in data antecedente al 14 gennaio 2012.
Il testimone ### ha dichiarato: “### operaio agricolo a tempo indeterminato alle dipendenze di ### e di ### Abito vicino alle proprietà di ### e mi è capitato di vedere ### (da tutti conosciuto come ### lavorare sui suoi terreni: lo incontravo spesso e ci parlavo spesso del lavoro. Ci avrà lavorato per una ventina d'anni; mi risulta che ciò sia avvenuto in modo ininterrotto fatta eccezione per i periodi di ferie. Il lavoratore mi disse che durante il rapporto di lavoro in alcuni periodi costui percepiva anche l'indennità di disoccupazione; non ho mai saputo se tale indennità fosse computata o meno nella retribuzione. Non so dire se ciò sia avvenuto per una o più volte. Posso però confermare che nell'occasione in cui ne ebbi a parlare con ### egli lavorava contestualmente con ### Non sono in grado di collocare temporalmente la circostanza.”.
La dichiarazione è generica, proveniente da un soggetto che non lavorava nella stessa azienda agricola, ma che abitava nelle vicinanze della proprietà del ### e, per tale ragione, gli era “capitato di vedere Kryezi” lavorare sui terreni dell'appellato.
Anche il riferimento alla percezione dell'indennità di disoccupazione in costanza di rapporto lavorativo è ininfluente, trattandosi di circostanza appresa de relato - peraltro dal diretto interessato - che, comunque, non può nemmeno essere chiamato a conferma.
Anche l'affermazione che il ### avrebbe lavorato ininterrottamente per circa venti anni costituisce una mera valutazione personale del testimone (“mi risulta”), non suffragata da alcun elemento riferito nella deposizione, peraltro contraddetta dalla deposizione del testimone ### anch'esso abitante a circa 200 metri dall'azienda del ### e dai suoi pascoli in località ### che ha affermato che più spesso vedeva il ### sui terreni dell'azienda ### (quindi, non su quelli del ### come riferito dall'altro testimone ### e che su detti terreni il ### teneva le pecore al pascolo per circa un mese, per poi spostarsi su altri terreni sempre di proprietà ### siti a ### ove non aveva modo di vederlo lavorare.
In definitiva, né il testimone ### né il testimone ### hanno visto per 20 anni il ### lavorare continuativamente ed ininterrottamente per l'impresa ### Il testimone ### poi, dipendente della ditta ### ha dichiarato di avere visto il ### pascolare le pecore sui terreni di proprietà ### siti in località ### ed a ### e che lavorava sette giorni la settimana, ma nulla ha riferito su una eventuale prestazione lavorativa ininterrotta anche nel periodo in cui il ### ha prestato attività con contratti a termine.
Anche il testimone ### nulla ha riferito sulla ininterrotta continuità del rapporto di lavoro anche negli anni in cui il ### ha lavorato con contratti a termine.
Peraltro, il testimone svolge attività lavorativa con mansioni di autista alle dipendenze dell'impresa di trasporto pubblico ### ragione per cui vedeva il ### la mattina intorno alle 4.30 nei pressi dell'aeroclub, quando si recava a lavoro, mentre era intento alla mungitura delle pecore.
Si tratta, quindi, di una conoscenza dei fatti superficiale, come confermato dalla circostanza che non ha saputo rispondere sugli orari di lavoro osservati dal de cuius, né se fruisse di ferie.
La testimone ### ha dichiarato: “E' stato il ricorrente a riferirmi di aver percepito la disoccupazione agricola nei primi anni del rapporto in cui era assunto a tempo determinato; anche in quel periodo era occupato tutti i giorni per l'intero anno e percepiva regolarmente la retribuzione. Anzi non so dire se percepisse la retribuzione, confermo però che in quel periodo percepisse la disoccupazione agricola. ADR: non ricordo quando il ricorrente ebbe a riferirmi le circostanze or ora riferite.”.
Quest'ultima deposizione è priva di valore probatorio. La testimone richiama una circostanza asseritamente narratale dal ### - che non può essere chiamato a conferma - riferita ad un periodo indeterminato (“nei primi anni del rapporto”), senza una precisa collocazione temporale (la testimone non ricorda quando il ### le avrebbe riferito il fatto), senza una altrettanto precisa collocazione all'interno del dialogo in cui sarebbe avvenuta la rivelazione (di cosa stavano parlando, perché il ### le rivelò la circostanza), caratterizzata da ricordi confusi (la testimone prima riferisce che nel medesimo periodo il ### avrebbe percepito la retribuzione, poi smentisce ed afferma che non sa se la percepisse).
In sostanza, merita piena condivisione la valutazione del Tribunale di ### che l'allegazione dell'avvenuto svolgimento di una prestazione lavorativa continua ed ininterrotta, comprensiva anche dei periodi tra un contratto a tempo determinato e l'altro, non abbia trovato riscontro probatorio.
Non merita nemmeno di essere condivisa l'affermazione che, essendo la mungitura un'attività a carattere continuativo e non stagionale, necessariamente il ### avrebbe dovuto svolgere continuativamente la medesima mansione anche nel periodo anteriore al 2012: infatti, ciò che ha carattere continuativo è l'attività, non necessariamente il soggetto che la esercita. Nulla esclude, infatti, in difetto di una prova sulla continuazione ininterrotta del rapporto di lavoro, che nei periodi di disoccupazione agricola l'attività fosse svolta da altro dipendente dell'impresa ### 7.2. Anche il secondo motivo d'appello è, quindi, infondato. 8. Con il terzo motivo d'impugnazione gli appellanti censurano la dichiarata prescrizione, da parte del Tribunale di ### dei crediti afferenti le differenze retributive dal 1995 al 31 dicembre 2011.
Censurano tale capo della decisione osservando che la sussistenza di un unico ed ininterrotto rapporto di lavoro dal 1° maggio 1995 al 7 giugno 2018 esclude che possa essersi verificata la prescrizione.
Rilevano, inoltre, che il ### nella memoria difensiva di primo grado non avrebbe eccepito la prescrizione, bensì la decadenza dall'impugnazione dei rispettivi contratti a termine.
Osservano che l'articolo 32 della legge 183/2010 non è applicabile ai contratti a termine in agricoltura, perché la disposizione fa chiaramente riferimento alle norme del d.lgs. 368/2001 che non trovano applicazione al lavoro agricolo.
Evidenziano, infine, che trattandosi di rapporti a termine stipulati in frode alla legge, non sarebbe configurabile un decorso della prescrizione dei diritti dagli stessi derivanti. 8.1. Il motivo è infondato.
Alla luce dei risultati della prova, esaminati in relazione al precedente motivo d'impugnazione, ed alla conseguente esclusione della sussistenza di un unico rapporto di lavoro continuativo ed ininterrotto dal 1° maggio 1995 al 7 giugno 2018, il motivo d'appello è, di per sé, infondato.
Infondata è anche l'affermazione che il ### non avrebbe proposto l'eccezione di prescrizione.
E' sufficiente richiamare, in proposito, la pagina 13 della memoria difensiva di primo grado del ### ove il paragrafo II si apre con la rubrica “In via preliminare. Efficacia dell'accordo sindacale del 22.12.2003; Eccezione di prescrizione.”.
Nel suddetto paragrafo si legge che “### nessuno dei contratti a tempo determinato è stato mai impugnato dal sig. ### determinandosi così una insuperabile decadenza e rendendo le domande collegate a quel periodo inammissibili, perché tardive, in quanto il rapporto di lavoro collegato a quel periodo è finito e non è stato rivendicato alcunché negli obbligatori termini di legge.”.
Laddove il riferimento alla mancata rivendicazione di alcunché negli obbligatori termini di legge, letto alla luce della rubrica del paragrafo, contiene un chiaro riferimento anche all'eccezione di prescrizione, oltre che di decadenza.
Anche le conclusioni della memoria del ### sono molto chiare sul punto, richiedendo “In via preliminare, accertare e dichiarare l'intervenuta prescrizione e decadenza per mancata impugnazione del termine sui contratti a tempo determinato fino al 31.12.2011”.
Ebbene, se è vero che ai contratti agricoli non trova applicazione la decadenza di cui all'articolo 32 della legge 183/2010 - contenendo la disposizione un univoco riferimento alle disposizioni del d.lgs. 368/2001 non applicabili, come già in precedenza osservato, ai contratti a termine in agricoltura -, ciò però non esclude che la prescrizione in relazione ai singoli contratti decorra dalla conclusione di ciascun rapporto di lavoro.
Non essendo intervenuto, come già accertato dal giudice di prime cure, alcun atto interruttivo della prescrizione nel quinquennio successivo alla data di cessazione dei singoli contratti, i diritti alle differenze retributive dagli stessi insorti sono definitivamente estinti.
Né sussiste la frode alla legge o l'illegittimità del termine apposto ai singoli contratti fino al 31 dicembre 2011, solamente affermata dagli appellanti ma, come già in precedenza riferito, del tutto carente di prova. 8.2. Anche il terzo motivo d'impugnazione deve, quindi, essere respinto. 9. Con il quarto motivo d'impugnazione gli odierni appellanti lamentano che, per il periodo dal 14 gennaio 2012 al 7 giugno 2018, il Tribunale di ### abbia riconosciuto lo svolgimento di 8 ore di lavoro al giorno.
Si dolgono che tale ricostruzione sia stata effettuata sulla base di alcune deposizioni testimoniali, ingiustamente preferite ad altre di segno contrario.
Deducono che l'orario di lavoro allegato in ricorso sarebbe, altresì, desumibile anche dal tempo necessario alla mungitura delle pecore.
Osservano, al riguardo, che l'attività lavorativa necessaria per due mungiture non poteva mai essere inferiore a 12 ore al giorno, tenendo conto di circa 1.000 capi, che ogni fase della mungitura occupava 24 pecore e che ogni fase di mungitura aveva una durata media di circa 9 minuti.
Impugnano, poi, il capo della decisione in cui il Tribunale ha ritenuto impossibile stabilire se le restanti attività (pascolo, pulizia della mungitrice, alimentazione, abbeveramento degli animali, ecc.) fossero svolte nelle otto ore o quale eventuale ulteriore impegno richiedesse l'espletamento di tali mansioni.
Si dolgono che, anche in questo caso, il giudice di prime cure non abbia correttamente valutato le testimonianze assunte.
Osservano che il complesso di tali attività farebbe risultare ampiamente provato lo svolgimento di un orario lavorativo di 13,5 ore giornaliere per sette giorni a settimana. 9.1. Con il quinto motivo d'impugnazione, da trattare congiuntamente con il precedente per la diretta connessione alla problematica dell'orario di lavoro, si dolgono che il Tribunale di ### non abbia riconosciuto le differenze retributive per il lavoro notturno.
Deducono, infatti, che dall'istruttoria espletata nel primo grado sarebbe emerso pacificamente che il ### era impegnato in attività lavorativa notturna in almeno 8 giorni all'anno per 3 ore ciascuno. 9.2. I due motivi d'appello devono essere respinti perché tutte le questioni riproposte dagli appellanti sono state compiutamente esaminate dalla sentenza impugnata e definite con decisione che questo Collegio integralmente condivide.
Né le critiche all'impugnata sentenza sono in grado di scalfire il ragionamento posto dal giudice a fondamento della decisione, basato sul rigoroso accertamento degli esiti dell'istruttoria espletata.
Appare opportuno, quindi, riportare la motivazione dell'impugnata sentenza concernente la decisione sull'orario di lavoro: <<I dati certi emersi dall'istruttoria possono essere così di seguito sintetizzati: in tale periodo ### era addetto alle pecore sarde di proprietà del ### in numero di 800/1000 capi di cui si occupava insieme ad almeno un altro operaio per l'anno intero (teste ### o per due o tre mesi all'anno (###.
Provvedeva a portarle al pascolo, sui terreni del ### in località in località ### e ### o anche sui terreni dell'azienda ### in strada ### n. 5 (strada ### o in strada ### Fontanacci.
Ne curava la mungitura utilizzando un impianto a 24 posti, che richiede 10/15 minuti (teste ### o anche solo 8/9 minuti (teste ### se non addirittura tra i 2 e i 5 minuti (teste Fazzari) per ogni turno. A tale incombente, secondo la maggior parte dei testi, provvedeva due volte al giorno per l'intero anno (il teste ### ha spiegato che la doppia mungitura è richiesta durante i "mesi di lattazione" mentre negli altri periodi avviene "una volta al giorno" aggiungendo però che "in considerazione del numero delle pecore normalmente si fa in modo di far nascere gli agnelli per metà del gregge in un periodo e per l'altra metà in altro periodo dell'anno così da avere sempre il latte. Questo comporta che la doppia mungitura si effettua per lo più per tutto l'anno"; il teste ha anche dichiarato di non sapere come si comportasse ### con i propri greggi, ma ha aggiunto "di solito vedevo il ricorrente mungere due volte al giorno le pecore per tutto l'anno"); il veterinario dell'azienda ### (teste ### ha invece sostenuto che "La mungitura era svolta due volte al giorno da settembre fino alla tarda primavera o inizio estate (nel restante periodo prima si passava ad una sola mungitura la cui frequenza viene progressivamente ridotta fino ad arrivare nella seconda metà di luglio alla cessazione totale della mungitura fino ad ottobre quando tendenzialmente si ricominciano); ciascuna mungitura durava da mezz'ora fino a due ore o due ore e mezza".
In aggiunta a tali attività ### provvedeva alla nutrizione degli animali (ritirando talvolta il mangime presso il ###, al loro abbeveraggio (avvalendosi di cisterne che caricava in azienda e riportava al pascolo), alla sistemazione della paglia nell'ovile (zona recintata del terreno) mentre della pulizia si occupavano ditte esterne (teste ### e all'occorrenza della realizzazione o rimozione dei recinti.
Taluni dei testi hanno inoltre riferito che per circa una settimana all'anno ### si occupava anche del fieno e segnatamente della falciatura e della ranghinatura che eseguiva con il trattore in orario notturno (21,00 - 24,00) per la durata di circa tre giorni, e successivamente del carico delle balle sul rimorchio e del loro trasporto presso l'azienda ### (la circostanza è stata invece negata dalla teste ###.
Dalle dichiarazioni dei testi, non sempre combacianti tra loro, non è possibile ricostruire con esattezza gli orari di lavoro del ### verosimilmente l'attività di mungitura, di pulizia della macchina e di trasporto della paglia, si svolgeva tutti i giorni dalle 4.30/5,00 alle 8.30/9.30 e ancora dalle 15.00 alle 19.30 (cfr. dep. ###, sebbene il teste ### abbia riferito di averlo visto già al pascolo nei pressi dell'aeroclub intorno alle 4.30 del mattino e la teste ### abbia dichiarato di averlo incontrato più volte al bar la mattina già verso le 8.00/8.30.
Non è stato invece possibile stabilire se le restanti attività (quali il pascolo, la pulizia della mungitrice, l'alimentazione e l'abbeveramento degli animali, il ritiro ed il trasporto del mangime e dell'acqua con la cisterna, ecc.) fossero svolte nei predetti orari o quale eventuale ulteriore impegno richiedesse l'espletamento di tali mansioni. Né può dirsi chiarito se la necessità della doppia mungitura fosse necessaria per l'intero anno o se fosse limitata alla metà dell'anno, alternata a mesi di riduzione o di fermo.
Incerta deve ritenersi anche la prova dello svolgimento annuale e reiterato, dell'opera notturna di falciatura e ranghinatura del fieno, che ad ogni buon conto - per quanto è stato possibile comprendere - occupava complessivamente all'incirca tre ore per tre giorni consecutivi, salvo il successivo carico e trasporto delle balle che prolungava l'attività per la restante parte della settimana. Pur ritenendo verosimile lo svolgimento di tali mansioni, quanto meno in via occasionale, risulta difficile pervenire alla quantificazione oraria dell'impegno se non in via del tutto approssimativa e ipotetica.
In ragione di tali emergenze deve quindi ritenersi provata una prestazione lavorativa abituale di otto ore al giorno per sette giorni (per un totale di 56 ore settimanali, a fronte dell'orario medio di 6,30 ore giornaliere e 39 settimanali, previsto dal contratto collettivo).
Ciò che induce a quantificare in 12 ore settimanali l'ammontare del lavoro straordinario diurno (per il quale è prevista la maggiorazione del 25%) e in minimo 8 ore a settimana il lavoro straordinario festivo (per il quale è prevista la maggiorazione del 35%). Ne risulta in via approssimativa un ammontare mensile medio di lavoro straordinario diurno pari a 51,96 ore ed un ammontare mensile medio di lavoro straordinario festivo di 34,68 ore.>>.
Le critiche degli appellanti non sono in grado di mettere in discussione la motivazione del giudice di prime cure, basata su un puntuale esame delle risultanze istruttorie. 9.3. I due testimoni richiamati da parte appellante che avrebbero deposto per il maggior orario di lavoro del ### a) la testimone ### non ha mai lavorato per il ### e conosce i fatti solo per l'amicizia intercorsa con i figli del ### La stessa non ha mai assistito di persona allo svolgimento della prestazione di lavoro da parte del ### ma ha riferito di sapere l'ora a cui usciva per recarsi a lavoro e l'ora di ritorno per aver talvolta dormito a casa del ricorrente (fatto che sarebbe capitato spesso, anche due volte a settimana); b) il testimone ### ha dichiarato che il ### “di solito” iniziava a lavorare alle 5,00 e “tendenzialmente” rientrava verso le 10,30, ma “qualche volta” gli capitava di vederlo rientrare anche alle 11.00 o alle 12.00. ## disparte la scarsa attendibilità della testimone ### e la genericità del testimone ### è sufficiente osservare che entrambi i testimoni riferiscono l'ora in cui vedevano il ### recarsi a lavoro e tornarvi, che è cosa ben differente dall'effettivo orario di lavoro prestato.
Comunque, il Tribunale, preso atto proprio della difficoltà di far combaciare le diverse deposizioni, ha assunto l'orario giornaliero che certamente, dal complesso dell'attività istruttoria compiuta, risulta essere stato effettuato dal de cuius. 9.4. Parimenti privo di pregio è il tentativo degli appellanti di risalire all'orario di lavoro effettuato dal ### computando la durata delle mungiture.
Anche su tale aspetto il Tribunale di ### ha dato atto della discordanza delle dichiarazioni dei testimoni sui tempi di durata di una fase di mungitura con una macchina da 24 capi.
Non hanno senso i calcoli effettuati dagli appellanti, perché presupporrebbero che la durata di una fase di mungitura sia di 9 minuti - quale calcolata nell'atto d'appello -, senza tenere conto che sulla tempistica può incidere anche la capacità e la velocità del pastore addetto.
Ma la tesi degli appellanti non tiene conto nemmeno dei risultati dell'istruttoria: in proposito il testimone ### ha dichiarato che “La mungitura delle pecore viene eseguita due volte al giorno per almeno i 5/6 mesi di lattazione e poi una volta al giorno; in considerazione del numero delle pecore normalmente si fa in modo di far nascere gli agnelli per metà del gregge in un periodo e per l'altra metà in altro periodo dell'anno così da avere sempre il latte. Questo comporta che la doppia mungitura si effettua per lo più per tutto l'anno” ma, ovviamente, con un numero di pecore dimezzato.
Il testimone ### veterinario dell'azienda ### ha altresì dichiarato che <<La mungitura era svolta due volte al giorno da settembre fino alla tarda primavera o inizio estate (nel restante periodo prima si passava ad una sola mungitura la cui frequenza viene progressivamente ridotta fino ad arrivare nella seconda metà di luglio alla cessazione totale della mungitura fino ad ottobre quando tendenzialmente si ricominciano); ciascuna mungitura durava da mezz'ora fino a due ore o due ore e mezza. … Preciso che la mungitura non ha ad oggetto tutte le pecore.>>.
E' evidente, quindi, che i calcoli effettuati dagli appellanti sono basati su dati non esistenti nella realtà.
Ed anche i testimoni ##### (nessuno dei tre pastore) riferiscono di avere visto il ### procedere, per due volte al giorno, alla mungitura delle pecore, ma senza indicare il numero dei capi ogni volta sottoposti all'operazione. 9.5. Infondata è anche l'affermazione che l'orario di lavoro dovesse essere necessariamente superiore alle 8 ore a causa dello svolgimento delle restanti attività (quali il pascolo, la pulizia della mungitrice, l'alimentazione e l'abbeveramento degli animali, il ritiro ed il trasporto del mangime e dell'acqua con la cisterna).
In realtà nessuno dei testimoni ha quantificato il tempo utilizzato dal ### per lo svolgimento di tali attività, peraltro riferite in maniera assai generica, sicché vale il discorso sulla quantificazione dell'orario di lavoro concretamente e sicuramente risultante dal coacervo delle deposizioni rese. 9.6. Parimenti infondata è la doglianza relativa al lavoro notturno.
Anche su tale punto le uniche deposizioni che ne hanno riferito differiscono fra loro sulla durata del periodo delle lavorazioni notturne, nonché sulle ore di lavoro prestato per ciascuna notte lavorata.
Sulla base di tale rilievo, appare quindi condivisibile l'affermazione dell'impugnata sentenza che “risulta difficile pervenire alla quantificazione oraria dell'impegno se non in via del tutto approssimativa e ipotetica.”. 9.7. Il quarto e quinto motivo d'appello devono, quindi, essere respinti. 10. Il sesto motivo d'impugnazione ripropone i conteggi delle differenze retributive effettuati nel primo grado del giudizio.
Il motivo d'impugnazione ha, come presupposto logico, l'accoglimento di tutti i precedenti motivi d'appello, con la conseguenza che, respinti questi ultimi, anche la presente doglianza deve essere disattesa.
Con detto motivo, poi, gli appellanti propongono, in via subordinata, una censura ai conteggi effettuati dal giudice a quo deducendo che l'ammontare delle ore di straordinario diurno e delle ore di straordinario festivo calcolate in sentenza determinerebbe differenze retributive per € 79.068,56 ed una conseguenziale differenza per t.f.r. di € 5.625,74.
Anche tale doglianza subordinata non può trovare accoglimento, dal momento che gli appellanti non chiariscono quali sarebbero gli errori del conteggio effettuato in sentenza e come, quindi, sono pervenuti al nuovo conteggio. 11. Con il settimo motivo d'impugnazione gli appellanti chiedono la riforma della sentenza nella parte in cui ha respinto la domanda di risarcimento del danno per l'ipotesi delittuosa di cui all'articolo 603 bis c.p.c.
Si dolgono, in primo luogo, che il giudice non abbia ammesso la prova testimoniale richiesta su tali aspetti, lamentando una violazione del diritto di difesa.
Si riportano alle allegazioni del ricorso introduttivo, deducendo sulle fotografie versate in atti e censurando l'erronea valutazione, da parte del giudice di prime cure, del materiale probatorio acquisito. 11.1. Gli odierni appellanti richiamano l'ipotesi delittuosa di cui al citato articolo nella versione introdotta, dal 4 novembre 2016, dall'articolo 1, comma 1, della legge 199/2016.
Solamente da tale data, quindi, sussiste l'ipotesi delittuosa in relazione alla quale gli odierni appellanti chiedono il risarcimento del danno. ### formulazione della disposizione, introdotta dall'articolo 12 del d.l. 138 del 13 agosto 2011, coordinato con la legge di conversione n. 148/2011, prevedeva invece quanto segue: <<1. Dopo l'articolo 603 del codice penale sono inseriti i seguenti: «Art. 603-bis (### illecita e sfruttamento del lavoro). - ### che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Ai fini del primo comma, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti circostanze: 1) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) la sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale; 4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.>>. ### ipotesi, quindi, puniva esclusivamente la condotta di coloro che avessero svolto “un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento” mediante l'utilizzazione di “violenza, minaccia, o intimidazione”.
La sussistenza di un'attività organizzata dedita all'intermediazione, al reclutamento ed all'organizzazione dell'attività lavorativa caratterizzata dallo sfruttamento, attività perseguita mediante la violenza, la minaccia o l'intimidazione, non è nemmeno allegata nel ricorso introduttivo.
Quindi, fino al 4 novembre 2016 non è nemmeno in astratto delineabile la fattispecie delittuosa invocata dagli appellanti.
La versione dell'articolo 603 bis c.p., vigente da tale ultima data, contiene significativi tratti di innovazione rispetto alla fattispecie in precedenza delineata dalla medesima norma codicistica.
Prevede la disposizione di legge attualmente vigente: <<### che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque: 1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori; 2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni: 1)la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; 4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.>>.
La nuova definizione della condotta sussumibile nella fattispecie penale, come delineata al comma 1, numero 2), non richiede più l'attività di intermediazione, reclutamento ed organizzazione della manodopera, ma ritiene sufficiente anche la sola condotta del datore di lavoro che “utilizza, assume o impiega manodopera, …, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.”.
Ebbene, appare necessario, quindi, verificare se dal 4 novembre 2016 il ### abbia sottoposto il ### a condizioni di sfruttamento approfittando del suo stato di bisogno. 11.2. La norma richiamata individua gli indici di sfruttamento nella sussistenza di una o più delle seguenti condizioni: 1)la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato.
La chiave di lettura della disposizione, come già osservato dal Tribunale di ### è nell'avverbio “palesemente”, che sta ad indicare che non qualsiasi difformità tra quanto percepito dal lavoratore e quanto dovuto dal datore di lavoro sia idoneo ad integrare la fattispecie, ma piuttosto una sproporzione che dia evidenza di una condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante soggezione del lavoratore e che sia obiettivamente indice di una situazione di sudditanza di quest'ultimo.
Nel caso di specie, come rilevato dall'impugnata sentenza, la retribuzione ordinaria percepita dal ### dal 4 novembre 2016 fino alla data di conclusione del rapporto di lavoro è stata sempre superiore a quella contrattualmente dovuta, anche riferita al maggior livello contrattuale rivendicato e riconosciuto dal Tribunale di ### (vedere conteggi depositati all'udienza di discussione del giudizio di primo grado).
Ciò evidenzia l'insussistenza del principale indice di sfruttamento.
Anche la palese sproporzione fra la retribuzione percepita e la quantità e qualità del lavoro prestato non sussiste nel caso in esame.
Il giudice di primo grado, con motivazione pienamente condivisa da questo Collegio, ha accertato lo svolgimento 8 ore di lavoro giornaliero per sette giorni, per un totale di 56 ore di lavoro settimanale rispetto alle 39 previste dal ### Come osservato dall'impugnata pronuncia, “Ne risulta in via approssimativa un ammontare mensile medio di lavoro straordinario diurno pari a 51,96 ore ed un ammontare mensile medio di lavoro straordinario festivo di 34,68 ore”.
Sussiste quindi l'inadempimento contrattuale del datore di lavoro che, però, per la quantità rilevata non dà luogo ad una condizione di eclatante pregiudizio e non integra, quindi, l'indice di sfruttamento richiesto dall'articolo 603 bis c.p. 2) La reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie.
Ritiene il Collegio che anche tale indice di sfruttamento non ricorra nella vicenda in esame.
La previsione della contrattazione collettiva di 39 ore settimanali corrisponde ad un orario di lavoro di 6,5 ore giornaliere per 6 giorni a settimana. ### lavorava per 8 ore giornaliere, quindi la violazione della normativa dell'orario di lavoro non si traduceva in un fatto eclatante idoneo a dare luogo alla fattispecie di cui all'articolo 603 bis c.p. ### lavorando 8 ore giornaliere, fruiva ampiamente dei periodi di risposo giornalieri previsti dal d.lgs. 66/2003.
Dall'istruttoria è emerso che, sistematicamente, il ### non fruiva del riposo settimanale, ma tale situazione, valutata nel complesso delle condizioni lavorative, non determina, di per sé sola, una condizione sufficiente ad integrare la fattispecie dell'articolo 603 bis c.p.
Diversamente da quanto dedotto dai ricorrenti in primo grado, dalla prova testimoniale è emerso che il ### fruiva regolarmente del periodo di ferie annuale. 3) La sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro.
La sussistenza di detto indice di sfruttamento non è nemmeno allegata nel ricorso introduttivo. 4) La sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
La sottoposizione del ### a condizioni di lavoro ed a metodi di sorveglianza degradanti non è nemmeno allegata nel ricorso introduttivo e, comunque, non emerge assolutamente dalla prova espletata.
Quanto all'esistenza di condizioni alloggiative degradanti, ferme comunque le condivise osservazioni al riguardo contenute nell'impugnata sentenza, si osserva che - se anche tale condizione fosse esistita - dalle stesse allegazioni dei ricorrenti e dalla prova espletata risulta che la stessa è in ogni caso cessata negli anni 2007 - 2008, data dalla quale il ### con la propria famiglia avrebbe cessato di abitare presso il container in località ### (ciò oltre a tenere conto che, come precisato nell'impugnata sentenza e non oggetto di critica specifica nell'atto d'appello, il ### risultava risiedere, fino al 2012, in ### e che il testimone ### che dal 1990 abita nelle vicinanze dell'impresa agricola ### ha dichiarato che "all'epoca ### abitava vicino a me in ####).
La cessazione della condizione abitativa in data di molto antecedente rispetto all'entrata in vigore dell'articolo 603 bis c.p., ed in particolare rispetto alla nuova versione della norma in relazione alla quale gli appellanti chiedono il risarcimento del danno, ne esclude quindi la rilevanza. 11.3. Anche il settimo motivo d'appello merita, quindi, di essere respinto. 12. Con l'ottavo motivo d'impugnazione gli odierni appellanti censurano la decisione del Tribunale di ### nella parte in cui afferma che “La parziale reciproca soccombenza e la consistente sproporzione tra domanda e credito accertato giustifica la compensazione delle spese di lite per due terzi e la condanna della parte resistente al pagamento della parte residua nella misura liquidata in dispositivo.”.
Si dolgono della violazione dell'art. 5 del d.m. n. 55/2014 che dispone che le spese dovute alla parte vittoriosa sono liquidate in base al decisum e non al petitum (comma 1) e i compensi dovuti al difensore dal cliente si determinano secondo il valore effettivo della controversia quando risulti manifestamente diverso da quello presunto (comma 2). ### di tale principio esclude la compensazione dei valori sulla base dell'accertata sproporzione tra quanto richiesto e quanto accertato.
Si dolgono, poi, dell'errata liquidazione per la mancata applicazione dell'aumento dovuto alla circostanza che il difensore rappresentava più persone con la stessa posizione processuale e del mancato aumento per gli atti redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e procedono, quindi, al nuovo conteggio delle spese del primo grado. 12.1. Il motivo d'appello è parzialmente fondato. ### 5, comma 1, del DM 55/2014 prevede che <<### liquidazione dei compensi a carico del soccombente, il valore della causa - salvo quanto diversamente disposto dal presente comma - è determinato a norma del codice di procedura civile. … Nei giudizi per pagamento di somme o liquidazione di danni, si ha riguardo di norma alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata. …>>.
Il presente giudizio ha ad oggetto domande di pagamento somme (differenze retributive) e liquidazione di danni (risarcimento del danno patrimoniale e morale per l'asserita commissione del reato ex articolo 603 bis c.p.), sicché trova applicazione il criterio derogativo previsto dalla richiamata disposizione regolamentare per la valutazione del valore della causa che, quindi, deve essere stabilito avuto riguardo alla somma attribuita.
Accertato, pertanto, che il valore del giudizio è determinato secondo il decisum, quindi in relazione al valore delle differenze retributive riconosciute di € 64.376,50, il Collegio condivide la doglianza che su tale valore non possa essere ulteriormente operata la compensazione sulla base dell'accertata sproporzione tra quanto richiesto e quanto accertato.
La liquidazione delle spese del primo grado deve, quindi, essere rinnovata attribuendo agli odierni appellanti l'intero importo medio previsto per lo scaglione di riferimento (da € 52.001 a € 260.000) delle cause di lavoro.
La liquidazione viene effettuata secondo il valore medio della tariffa, per tutte le fasi processuali previste, tenendo conto della quantità delle questioni di fatto e di diritto affrontate e della difficoltà del giudizio. ### medio, pari a € 13.395,00, deve essere aumentato a € 16.900,00 in applicazione dell'articolo 4, comma 1 bis, del DM 55/2014 che prevede che “Il compenso determinato tenuto conto dei parametri generali di cui al comma 1 è ulteriormente aumentato fino al 30 per cento quando gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all'interno dell'atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all'interno dell'atto.”.
Gli atti dei ricorrenti rivestono le caratteristiche tecnico - informatiche richiamate dalla disposizione, sicché l'aumento è dovuto nella misura indicata, prossima al 30%.
Non si ritiene, invece, di riconoscere l'ulteriore aumento per l'assistenza prestata dal difensore a più soggetti aventi la medesima posizione processuale, atteso che, nel caso di specie, la totale identità della posizione dei ricorrenti si è esplicata nella redazione di difese unitarie da parte del difensore che, quindi, non giustificano l'aumento in relazione ad ogni singolo soggetto rappresentato. 13. Il parziale accoglimento dell'appello impone la condanna del ### al pagamento delle spese di lite del grado liquidate sempre secondo il principio del decisum (quindi, la differenza tra quanto attribuito a titolo di spese con la presente pronuncia e quanto invece riconosciuto dal Tribunale di ###.
Le spese si liquidano in dispositivo secondo lo scaglione di valore (da € 5201 a € 26.000) e tenendo conto dell'attività processuale effettivamente svolta (non si liquida, quindi, la fase di istruttoria/trattazione che non si è tenuta nel grado).
Le spese del rapporto processuale con l'### possono essere, invece, interamente compensate, stante la posizione di sostanziale terzietà dell'### in tale genere di giudizi, nei quali è chiamato in causa come litisconsorte necessario al solo fine di far valere nei suoi confronti la condanna emessa a carico del datore di lavoro al fine del successivo recupero contributivo. P.q.m. In parziale accoglimento dell'appello ed in parziale riforma dell'impugnata sentenza, nel resto confermata, condanna ### al pagamento in favore degli odierni appellanti delle spese di lite del primo grado quantificate nella complessiva somma di € 16.900,00 per compenso, oltre il 15% per spese generali, iva e c.p.a, da distrarre ai difensori antistatari, in luogo della liquidazione effettuata nell'impugnata sentenza. ### al pagamento in favore degli odierni appellanti delle spese di lite del presente grado di giudizio che liquida nella complessiva somma di € 3.000,00 per compenso, oltre il 15% per spese generali, iva e c.p.a, da distrarre ai difensori antistatari.
Dichiara interamente compensate le spese di lite del presente grado di giudizio fra gli appellanti e l'### Così deciso all'udienza del giorno 12 febbraio 2025. ###
causa n. 2411/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Stefano Scarafoni