testo integrale
ORDINANZA sul ricorso 24560-2017 proposto da: D'### rappresentata e difesa, in forza di procura conferita a margine del ricorso per cassazione, dagli avvocati ### E ### - ricorrente - contro ### (###, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati #### E ### con domicilio eletto in #### 29, presso l'Avvocatura centrale dell'### - controricorrente - per la cassazione della sentenza n. 1677 del 2017 della CORTE D'###, pronunciata il 26 maggio 2017 e pubblicata il 30 maggio 2017 (R.G.N. 362/2015). Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio dell'8 novembre 2022 dal #### 1.- La signora ### D'### ha chiesto al Tribunale di Brindisi di riliquidare l'indennità di disoccupazione agricola relativa all'anno 2013, sulla base della retribuzione media convenzionale dei lavoratori agricoli della provincia di ### (### 63,84). Ad avviso della ricorrente, l'### avrebbe errato nel computare l'importo della prestazione sulla base dei salari contrattuali.
Il Tribunale ha accolto la domanda, con sentenza n. 1782 del 9 ottobre 2014, che ha ritenuto ancora vigente la disciplina dettata dall'art. 7, quinto comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, 638. 2.- Con sentenza pubblicata il 30 maggio 2017 con il numero 1677 del 2017, la Corte d'appello di Lecce ha accolto il gravame proposto dall'### e, in totale riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda della D'### con compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
La Corte territoriale, dopo aver disatteso l'eccezione d'inammissibilità dell'appello, ha scrutinato il merito delle doglianze, procedendo alla ricognizione del complesso quadro normativo. 2.1.- Le prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato erano originariamente commisurate a retribuzioni convenzionali, calcolate annualmente con decreto del ### del lavoro e della previdenza sociale 2.2.- Il decreto legislativo 16 aprile 1997, n. 146, ha dato impulso al «graduale avvicinamento tra il sistema di calcolo utile per le prestazioni temporanee in favore degli avventizi e dei lavoratori a tempo indeterminato», stabilendo che, a regime, le prestazioni 2 _ fossero determinate sulla base delle retribuzioni stabilite nei contratti collettivi. 2.3.- A decorrere dal 1° gennaio 2006, l'art. 01, comma 4, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 11 marzo 2006, n. 81, ha ancorato la retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi unificati, dovuti per tutte le categorie dei lavoratori a tempo determinato e indeterminato, al salario contrattuale (art. 1, comma 1, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 1989, n. 389).
Sempre a decorrere dal 1° gennaio 2006, l'art. 01, comma 5, del citato d.l. n. 2 del 2006 ha poi esteso l'applicazione del salario contrattuale al calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli agricoli a tempo determinato e assimilati. 2.4.- Con legge d'interpretazione autentica, l'art. 1, comma 785, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha puntualizzato che ai piccoli coloni, ai coltivatori diretti, ai coloni e ai mezzadri, continua ad applicarsi il salario medio convenzionale di cui all'art. 28 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488: tali categorie, difatti, non percepiscono retribuzioni fissate sulla base di contratti collettivi.
Da tale disciplina, tuttavia, non si può desumere la reviviscenza del criterio del salario medio convenzionale per gli operai agricoli a tempo determinato, in quanto il legislatore ha inteso circoscrivere a una determinata categoria di lavoratori la permanenza del criterio del salario medio convenzionale, senza menzionare gli operai agricoli a tempo determinato. 2.5.- Anche dall'art. 1, comma 55, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, emerge che gli operai agricoli a tempo determinato sono oramai attratti nella sfera di operatività del d.l. n. 338 del 1989, con la conseguente applicazione del salario contrattuale. 3 Che l'art. 01, comma 5, del predetto d.l. n. 2 del 2006 non sia stato abrogato è dimostrato anche dall'art. 18, comma 18, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111. 2.6.- Il criterio del salario medio convenzionale, già gradualmente superato in virtù del regime transitorio delineato dal d.lgs. n. 146 del 1997, ha cessato di avere efficacia con il d.l. n. 2 del 2006, che ha prescritto di tener conto della retribuzione stabilita dai contratti, anche quando sia inferiore a quella convenzionale.
A partire dal 2006, pertanto, gli operai agricoli a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato sono stati equiparati per quel che attiene alle modalità di quantificazione dell'indennità di disoccupazione, commisurata alla retribuzione spettante secondo i contratti collettivi di settore, nazionale o provinciale, fatte salve le condizioni più favorevoli sancite dal contratto individuale. 2.7.- La «notevole complessità» della questione e i contrasti emersi «nella giurisprudenza di merito locale» inducono a compensare per intero le spese del doppio grado. 3.- ### D'### impugna per cassazione la sentenza della Corte d'appello di Lecce, con ricorso notificato il 10 ottobre 2017 e affidato a tre motivi, illustrati da memoria ai sensi dell'art 380- bis.1. cod. proc. 4.- L'### resiste con controricorso, illustrato da memoria in prossimità dell'adunanza in camera di consiglio. 5.- Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, in base agli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1. cod. proc. 6.- Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.- La signora ### D'### articola tre motivi di ricorso per cassazione, che si possono così compendiare. 4 1.1.- Con il primo mezzo, la ricorrente denuncia: violazione e/o falsa applicazione dell'art. 434 cod. proc. civ. «in combinato» con l'art. 2697 cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e 5, cod. proc. civ., «in combinato» con gli artt. 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ., e nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 cod. proc. civ. e dell'art. 118 disp. att. cod. proc. La Corte territoriale avrebbe disatteso l'eccezione d'inammissibilità dell'appello, senza motivare sul punto e senza considerare che è passata in giudicato la statuizione della sentenza di primo grado in ordine alla condanna dell'### a riliquidare l'indennità di disoccupazione secondo il salario medio convenzionale.
La sentenza impugnata sarebbe errata anche perché non avrebbe adeguatamente valutato il fatto che l'### non ha provato in alcun modo, mediante la produzione dei documenti indispensabili, la determinazione dell'indennità di disoccupazione agricola sulla base della retribuzione contrattuale. 1.2.- Con la seconda censura, la ricorrente allega, in primo luogo, violazione e/o falsa applicazione dell'art. 434 cod. proc. civ., «in combinato» con gli artt. 82-83, 163, n. 6, e 182 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., «in combinato» con gli artt. 112, 113, 115 e 116 cod. proc. La ricorrente prospetta, in secondo luogo, nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 cod. proc. civ. e dell'art. 118 disp. att. cod. proc. civ., «in combinato» con gli artt. 83, 165, 166, 180, 182 e 183 cod. proc. civ., per omessa pronuncia circa l'eccezione preliminare di difetto di procura, in relazione all'art. 360, n. 3, n. 4 e n. 5, cod. proc. ### dell'### sarebbe inammissibile per difetto di procura, in quanto la procura alle liti per notar P. Castellini del 23 dicembre 2011 sarebbe stata rilasciata dal dottor ### dimessosi dalla carica nel febbraio 2014 (la circostanza sarebbe notoria), e 5 comunque non sarebbe stata prodotta. La sentenza impugnata su tale eccezione non si sarebbe in alcun modo espressa. 1.3.- Con la terza doglianza, la ricorrente denuncia, infine, violazione e/o falsa applicazione (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) dell'art. 8 della legge 12 marzo 1968, n. 334, «in combinato disposto» con l'art. 28 del d.P.R. n. 488 del 1968, con gli artt. 1 e 3 della legge 8 agosto 1972, n. 457, con l'art. 7, commi 1 e 5, del d.l. n. 463 del 1983, con l'art. 1, commi 1 e 2, del d.l. n. 338 del 1989, con l'art. 4 del d.lgs. n. 146 del 1997, con l'art. 45, comma 21, della legge 17 maggio 1999, n. 144, con l'art. 63, comma 6, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, con l'art. 01, commi 4 e 5, del d.l. n. 2 del 2006, con l'art. 1, commi 785 e 786, della legge 296 del 2006, con l'art. 1, comma 55, della legge n. 247 del 2007, con l'art. 2, commi 5 e 153, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e con l'art. 2, comma 3, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
Erroneamente la Corte d'appello di Lecce avrebbe tenuto conto della retribuzione contrattuale versata dal datore di lavoro. Dal combinato disposto delle previsioni richiamate, si desume che è il salario medio convenzionale, di cui all'art. 28 del d.P.R. n. 488 del 1968, il criterio per il calcolo delle prestazioni previdenziali temporanee di disoccupazione dei lavoratori agricoli a tempo determinato, così come avviene per indennità di malattia, di maternità e pensioni e per la determinazione dei contributi. ###. 7, comma 5, del d.l. n. 463 del 1983, in combinato disposto con l'art. 1, comma 2, del d.l. n. 338 del 1989, continuerebbe ad escludere l'applicazione dei minimali retributivi per gli operai a tempo determinato e confermerebbe la vigenza del salario medio convenzionale, per il calcolo dei contributi dovuti e delle prestazioni previdenziali. Vigenza ribadita anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 257 del 2011). - 6 A partire dal 1° gennaio 2006, per effetto dell'art. 01, commi 4 e 5, del d.l. n. 2 del 2006, il salario medio convenzionale per provincia, consistente nella media tra le retribuzioni per le rispettive qualifiche previste dai contratti collettivi provinciali di lavoro vigenti al 30 ottobre di ogni anno, rappresenterebbe il criterio generale per il calcolo dei contributi, delle prestazioni previdenziali temporanee e delle pensioni in agricoltura. 2.- Il primo motivo di ricorso è infondato nella parte in cui denuncia la nullità della sentenza, in quanto sorretta da una motivazione soltanto apparente, in violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. 2.1.- La motivazione si configura come apparente, con la conseguente nullità della sentenza, in quanto affetta da un error in procedendo, quando la motivazione, pur esistente dal punto di vista grafico, non renda percepibile il fondamento della decisione: le argomentazioni che la sorreggono, difatti, sono oggettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., S.U., 3 novembre 2016, n. 22232; di recente, Cass., sez. VI-1, 1° marzo 2022, n. 6758). 2.2.- Tali presupposti non si riscontrano nel caso di specie.
La sentenza impugnata, dopo aver passato in rassegna i motivi di gravame proposti dall'### (pagine 2 e 3, sezione "###), evidenzia che tali motivi sono avvalorati da «una specificazione chiara ed esauriente» (pagina 3, sezione "RAGIONI DELLA DECISIONE").
Alla luce dell'esposizione in fatto e delle ragioni espresse in motivazione, si può ricostruire in maniera nitida il percorso argomentativo che ha condotto i giudici d'appello a reputare ammissibile l'impugnazione. 3.- Il motivo è, per altro verso, inammissibile, nella parte in cui censura violazione e/o falsa applicazione dell'art. 434 cod. proc. civ., per le convincenti ragioni illustrate dall'### nel controricorso (pagine 8 e 9) e nella memoria depositata in prossimità dell'adunanza in camera di consiglio (pagina 2). 3.1.- La deduzione della questione dell'inammissibilità dell'appello, pur legittimando questa Corte all'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre che il motivo di censura sia articolato in modo specifico e rispettoso delle prescrizioni dell'art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, cod. proc. Il ricorrente che si dolga in cassazione della mancata declaratoria d'inammissibilità dell'appello deve, a pena d'inammissibilità, riportare nel ricorso il contenuto delle critiche mosse dalla controparte alla sentenza impugnata, al fine di avvalorarne la dedotta genericità (Cass., sez. I, 23 dicembre 2020, n. 29495).
In conformità alle indicazioni offerte dalla sentenza della Corte EDU del 28 ottobre 2021, nella causa ### ed altri contro ### tale principio dev'essere modulato secondo criteri di sinteticità e chiarezza, che impongono la trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d'interesse. Si attua così il fine legittimo di semplificare l'attività del giudice di legittimità e si garantiscono al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica di questa Corte e il nucleo indefettibile del diritto di accesso della parte a un organo giudiziario (Cass., sez. lav., 4 febbraio 2022, n. 3612). 3.2.- La ricorrente, nell'illustrazione del motivo (pagina 4 del ricorso, punto 4.2.), si limita a rilevare, senza alcun supporto di riferimenti circostanziati, che l'atto introduttivo del gravame contiene «una lunga e contraddittoria ricostruzione del quadro normativo attualmente vigente».
Dalla stessa narrativa della sentenza impugnata (sezione "###, pagine 2 e 3), si può evincere che l'### previdenziale ha contestato in radice, sulla scorta della disciplina pertinente, l'impianto 8 - argomentativo della pronuncia di primo grado, che poggia sull'applicabilità del salario medio convenzionale. La radicalità della prospettazione propugnata dall'### impedisce di configurare il "giudicato interno", adombrato nel ricorso con riguardo alle statuizioni della sentenza di primo grado.
Né la parte ricorrente ha confutato in alcun modo le deduzioni svolte dall'### nel controricorso (pagine 9 e 10), al fine di corroborare la specificità delle doglianze formulate in sede d'appello contro la pronuncia del Tribunale brindisino.
La valutazione della Corte territoriale, che ha ritenuto il gravame conforme ai requisiti tipizzati dall'art. 434 cod. proc. civ., in quanto sorretto da una «specificazione chiara ed esauriente» (il punto già richiamato a pagina 3 della sentenza d'appello), non è stata confutata dalla parte ricorrente con censure specifiche, idonee a smentire gli elementi desumibili dalla sentenza impugnata e dalle stesse repliche della parte controricorrente. 3.3.- Inammissibile è il motivo, nella parte in cui deduce violazione dell'art. 2697 cod. La violazione di tale precetto può essere censurata in cassazione ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., solo quando il giudice abbia attribuito l'onere della prova a una parte diversa da quella che ne era gravata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Cass., sez. III, 29 maggio 2018, n. 13395).
La violazione dell'art. 2697 cod. civ. non può essere invece utilmente denunciata in sede di legittimità quando, in virtù di un'incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice ritenga erroneamente che la parte onerata abbia assolto tale onere: in questo caso, vi è un erroneo apprezzamento sull'esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313).
La ricorrente richiama in maniera cumulativa e indistinta l'art. 2697 cod. civ. e gli artt. 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ., con una commistione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge e del vizio di omesso esame di un fatto decisivo.
A ben vedere, la D'### si prefigge di censurare la disamina delle risultanze istruttorie che i giudici del gravame hanno compiuto con prudente apprezzamento, alla stregua della disciplina appropriata e delle evidenze documentali acquisite, e ambisce a un riesame del merito, che esula dai compiti affidati a questa Corte.
Peraltro, il punto nodale della controversia è la pretesa dell'odierna ricorrente di vedersi corrispondere l'indennità di disoccupazione agricola alla stregua del salario medio convenzionale e tale pretesa è apparsa alla Corte d'appello infondata in diritto, sulla base di argomentazioni che non involgono l'applicazione dell'onere della prova. 4.- Il secondo mezzo non è fondato, nei due profili di censura in cui si articola.
La Corte d'appello ha implicitamente disatteso le eccezioni d'invalidità della procura formulate dall'odierna ricorrente, in forza di una valutazione che non incorre nel vizio di violazione e/o falsa applicazione di legge. 4.1.- Quanto all'invalidità della procura, in quanto conferita dal dottor ### successivamente cessato dall'incarico di legale rappresentante dell'### si deve escludere che tale sopravvenienza infici la validità della procura.
Come ha evidenziato l'### (pagina 11 del controricorso), questa Corte è costante nell'affermare che il mutamento dell'organo investito della rappresentanza processuale della persona giuridica è irrilevante rispetto alla regolarità del procedimento iniziato in forza di procura rilasciata dal precedente rappresentante. Tale mutamento non priva della sua perdurante efficacia un mandato ad litem originariamente concesso dall'organo effettivamente investito del potere rappresentativo (Cass., sez. VI-L, 12 luglio 2017, n. 17216).
La procura generale ad litem, ove provenga da un organo abilitato a conferirla, resta valida e imputabile all'ente, finché non venga revocata. Sono dunque ininfluenti le vicende modificative dell'organo che l'ha rilasciata, in quanto si tratta di un atto dell'ente e non della persona fisica che lo rappresentava (Cass., sez. I, 22 maggio 2007, n. 11847).
Da tali principi, affermati anche con riguardo all'avvicendamento dei legali rappresentanti dell'### (ordinanza n. 17216 del 2017, cit.), non v'è ragione alcuna di discostarsi, né la parte ricorrente ha addotto elementi che inducano a rimeditare le conclusioni raggiunte da questa Corte e ribadite con orientamento oramai consolidato. 4.2.- Strettamente correlato al primo profilo di censura è il secondo, che verte sul mancato deposito, ad opera dell'### della procura notarile, mancato deposito eccepito nella comparsa di costituzione e risposta depositata in grado d'appello (pagina 9 del ricorso, che trascrive i passaggi rilevanti).
La parte ricorrente si duole del fatto che non abbia potuto così conoscere le generalità del legale rappresentante dell'### e verificarne i poteri e la correlata facoltà di nomina dei difensori (cfr. la già richiamata pagina 9 del ricorso per cassazione).
Tali circostanze, che fondano la censura formulata con il secondo mezzo, sono contraddette dalle asserzioni della stessa parte ricorrente, che, proprio alla luce degli estremi della procura notarile richiamata in atti, ha contestato la validità della procura rilasciata il 23 dicembre 2011 da un legale rappresentante oramai cessato dall'incarico. Della procura notarile la parte ricorrente ha potuto dunque acclarare esistenza e tenore, tanto da eccepirne l'inidoneità a fungere da valida procura per il giudizio in corso.
Peraltro, nel pronunciare su eccezioni di analogo tenore, questa Corte, con argomentazioni che la parte ricorrente non induce a disattendere, ha puntualizzato che «l'### ha richiamato espressamente l'atto notarile con il quale il legale rappresentante dell'### ha conferito al direttore centrale dell'### il generale potere di deliberare la costituzione in giudizio (mentre quest'ultimo ha poi conferito procura ai legali dell'### per la singola controversia): l'atto notarile in questione, del quale è stato specificamente indicato il numero di repertorio e gli estremi identificativi, è atto pubblico, conoscibile agevolmente da tutti» (Cass., sez. lav., 17 ottobre 2022, n. ###, punto 11). Chi ha revocato in dubbio la regolarità della procura «aveva modo, dunque, di sincerarsi della provenienza effettiva [...] e dell'effettiva sussistenza del potere dei legali dell'### di costituirsi in giudizio nell'interesse dell'### per la controversia in questione» (il richiamato punto 17; nello stesso senso, anche Cass., sez. lav., 28 febbraio 2022, n. 6506, punto 6). 5.- Infondato, infine, è l'ultimo mezzo. 5.1.- Come ha osservato la parte controricorrente nella memoria illustrativa (pagine 7 e 8), questa Corte ha ribadito a più riprese che, in tema d'indennità di disoccupazione agricola, ai fini del calcolo delle prestazioni temporanee previste in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non si può fare riferimento alla misura del salario medio convenzionale di cui all'art. 28 del d.P.R. n. 488 del 1968 (Cass., sez. lav., 16 dicembre 2021, n. 40400). 5.2.- Il criterio del salario medio convenzionale, invocato nell'odierno giudizio dalla ricorrente, è stato superato dapprima in forza dell'art. 4 del d.lgs. n. 146 del 1997, che ha prefigurato una graduale transizione da un salario "virtuale", determinato in forza di decreti ministeriali, al salario contrattuale, che si atteggia come "salario reale".
In virtù dell'art. 4 del d.lgs. n. 146 del 1997, il salario contrattuale avrebbe sostituito il salario medio convenzionale, una volta che l'importo di tale salario, così come rilevato nel 1995 per le singole qualifiche degli operai agricoli, fosse stato superato da «quello spettante nelle singole province in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative». 5.3.- Il superamento del criterio del salario medio convenzionale è stato quindi imposto in via definitiva dall'art. 01, commi 4 e 5, del d.l. n. 2 del 2006. Il legislatore ha introdotto, per gli operai agricoli a tempo determinato, il criterio della retribuzione prevista dai contratti collettivi, senza più condizionare l'entrata in vigore del nuovo criterio al superamento del salario medio convenzionale da parte del salario contrattuale. ###. 01 del d.l. n. 2 del 2006 ha previsto che, per tutte le categorie di lavoratori agricoli a tempo determinato e indeterminato, a decorrere dal 10 gennaio 2006, si abbia riguardo alla retribuzione di cui all'art. 1, comma 1, del d.l. n. 338 del 1989, che così dispone: «La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo».
Tale criterio opera sia per la determinazione della retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi agricoli unificati dovuti per tutte le categorie di lavoratori agricoli a tempo determinato e indeterminato (comma 4), sia per le prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato (comma 5).
La disposizione in esame ha un tenore letterale inequivocabile, dal quale l'interprete non può prescindere (art. 12 preleggi). 5.4.- Con la definitiva introduzione del salario contrattuale è coerente anche l'art. 1, comma 55, della legge n. 247 del 2007, che così dispone: «Per gli operai agricoli a tempo determinato e le figure equiparate, l'importo giornaliero dell'indennità ordinaria di disoccupazione di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modifiche e integrazioni, nonché dei trattamenti speciali di cui all'articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, e all'articolo 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, è fissato con riferimento ai trattamenti aventi decorrenza dal 10 gennaio 2008 nella misura del 40 per cento della retribuzione indicata all'articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, ed è corrisposto per il numero di giornate di iscrizione negli elenchi nominativi, entro il limite di 365 giornate del parametro annuo di riferimento».
Anche tale previsione conferma che essenziale parametro di riferimento è la retribuzione contrattuale di cui all'art. 1 del d.l. 338 del 1989. 5.5.- Come questa Corte ha ribadito anche di recente (fra le molte, Cass., sez. lav., 2 dicembre 2022, n. ###), a diverse conclusioni non si può giungere in virtù dell'art. 1, comma 785, della legge n. 296 del 2006, sol perché tale disposizione richiama l'art. 8 della legge n. 334 del 1968.
Invero, si tratta di una norma d'interpretazione autentica del d.l. n. 2 del 2006, che si salda alla norma interpretata (Corte costituzionale, sentenza n. 88 del 1995, punto 6 del ### in diritto), per configurarsi come un contenuto precettivo unitario, e che, pertanto, dalla norma interpretata non può essere scissa. ###. 1, comma 785, della legge n. 296 del 2006 ha fatto salve le previsioni di cui all'art. 28 del d.P.R. n. 488 del 1968, «per i soggetti di cui all'articolo 8 della legge 12 marzo 1968, n. 334, e per gli iscritti alla gestione dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri». ### traspare dal dettato letterale, la norma d'interpretazione autentica interviene a identificare i soggetti, cui continua ad applicarsi il salario medio convenzionale, in mancanza di un salario contrattuale da assumere a parametro: tale platea include compartecipanti familiari e piccoli coloni e gl'iscritti alla speciale gestione dell'### di coltivatori diretti, mezzadri e coloni.
A tale riguardo, è significativo che la normativa d'interpretazione autentica mantenga inalterata la previsione dell'art. 01, commi 4 e 5, del d.l. n. 2 del 2006, che sancisce inequivocabilmente l'applicazione del criterio del salario contrattuale per la categoria degli operai agricoli a tempo determinato.
Né tale differenziazione potrebbe essere censurata al metro dell'art. 3 Cost., alla stregua dell'eterogeneità delle fattispecie poste a raffronto e della discrezionalità che compete al legislatore nel tutelare il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni (Cass., sez. lav., 2 dicembre 2022, n. ###).
A favore della prospettazione di parte ricorrente non milita il fatto che la legge d'interpretazione autentica richiami l'art. 8 della legge 334 del 1968, in quanto tale disciplina concerne pur sempre i soli compartecipanti familiari e i piccoli coloni e menziona i giornalieri di campagna, al solo fine d'individuare un termine di riferimento della normativa applicabile ai lavoratori autonomi.
Nel medesimo contesto, il legislatore, con l'art. 1, comma 786, della legge n. 296 del 2006, ha espunto il riferimento «e assimilati», che si accompagnava alla dizione "operai agricoli", ma non ha modificato in alcun modo le previsioni riguardanti gli operai agricoli a tempo determinato.
Tale innovazione s'inquadra nella coeva scelta di differenziare il trattamento di compartecipanti e piccoli coloni, originariamente accomunati (assimilati, giustappunto) ai giornalieri di campagna, e disvela l'autentica finalità dell'intervento normativo, volto a conservare il salario medio convenzionale per categorie estranee all'area della contrattazione collettiva.
Ove l'intento del legislatore fosse stato quello di ripristinare, anche per gli operai agricoli a tempo determinato, il criterio del salario medio convenzionale, le disposizioni dell'art. 01, commi 4 e 5, del d.l. n. 2 del 2006 sarebbero state non interpretate, ma abrogate in toto, in quanto, intese nel senso delineato dalla parte ricorrente, cesserebbero di avere una propria ragion d'essere. 5.6.- Il quadro non muta in conseguenza della normativa d'interpretazione autentica dettata dall'art. 2, commi 5 e 153, della legge n. 191 del 2009, con valenza retrospettiva, al fine di dirimere le molteplici controversie pendenti, che ancora gravitano nell'orbita del criterio del salario medio convenzionale, richiamato dalle risalenti disposizioni oggetto dell'intervento interpretativo. Nessun argomento si può trarre a favore di una reviviscenza del criterio del salario medio convenzionale, retaggio del sistema previgente, ai fini della determinazione dell'indennità di disoccupazione agricola. ### del salario contrattuale non solo è stabilita a chiare lettere dall'art. 01, commi 4 e 5, del d.l. n. 2 del 2006, che sul punto non è stato modificato dalla normativa d'interpretazione autentica della legge n. 296 del 2006, ma rinviene un'ulteriore conferma, in epoca più recente, nell'art. 18, comma 18, del d.l. n. 98 del 2011: «### 4 del decreto legislativo 16 aprile 1997 n. 146, e l'articolo 01, comma 5, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva».
Da tale disposizione si può arguire che è ancora vigente l'art. 01, comma 5, del d.l. n. 2 del 2006, inequivocabile nel sancire il ruolo cruciale del salario contrattuale.
È pur sempre il salario contrattuale il parametro che presiede al calcolo delle prestazioni temporanee, pur con le precisazioni introdotte in sede d'interpretazione autentica con riguardo alle voci individuate in sede di contrattazione collettiva.
Né elementi in senso contrario si possono trarre dalla sentenza 257 del 2011 della Corte costituzionale, relativa al calcolo delle prestazioni pensionistiche, diverse dall'indennità di disoccupazione che nell'odierno giudizio viene in rilievo.
Ai giornalieri di campagna si applica dunque, ratione temporis, il medesimo criterio del salario contrattuale, senza distinzioni che possano dare àdito a dubbi di legittimità costituzionale. 5.7.- Non merita, pertanto, d'essere accolta l'istanza di rimessione alle sezioni unite, formulata dalla parte ricorrente nella memoria illustrativa.
Sulla questione controversa, l'orientamento di questa Corte si è oramai consolidato ed è suffragato da argomenti letterali e sistematici, che le censure della parte ricorrente non inducono a sottoporre a revisione critica, così da rendere necessario interpellare le sezioni unite.
La sentenza d'appello, che ricostruisce in modo analitico il quadro normativo di riferimento, in armonia con l'indirizzo concorde di questa Corte, merita, pertanto, d'essere confermata. 6.- Il ricorso, in ultima analisi, va rigettato. 7.- Alla luce della peculiare complessità delle questioni dibattute, le spese del presente giudizio possono essere compensate, così come hanno già statuito i giudici d'appello con riguardo alle spese del primo grado e del gravame, sul presupposto (in questa sede non contestato) di dover comunque provvedere al relativo riparto. 8.- A norma dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228), il rigetto del ricorso impone di dare atto (Cass., S.U., 27 novembre 2015, n. 24245) dei presupposti per il pagamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per l'impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315). P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio ### la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dell'art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### civile dell' ovembre 2022.