blog dirittopratico

3.659.434
documenti generati

v5.31
Motore di ricerca Sentenze Civili
CSPT
torna alla pagina iniziale

Banca Dati della Giurisprudenza Civile

La Banca Dati gratuita "autoalimentata" dagli utenti di Diritto Pratico!

 
   
   
   
 
Legenda colori:
Corte di Cassazione
Corte d'Appello
Tribunale
Giudice di Pace
già visionate
appuntate
M
3

Corte d'Appello di Ancona, Sentenza n. 270/2023 del 17-07-2023

... 05.10.2020), la ### S.p.A. aveva inviato alla lavoratrice una lettera raccomandata con la quale le era stato comunicato il suo provvisorio trasferimento una ### di ### per ragioni formative, ma che tuttavia tale missiva, al momento del rientro in servizio, non era stata ancora ricevuta dalla ### sicchè la stessa il giorno 05.10.2020, ignara del trasferimento, si era recata presso il consueto posto di lavoro (### “Marotta”) per riprendere il servizio, ricevendo tuttavia un diniego all'accesso in quanto persona non autorizzata. Dalla relazione di servizio elaborata dal personale della ### “Marotta” presente il giorno dei fatti oggetto di contestazione, si evince che la lavoratrice aveva chiesto di parlare con il ### minacciando in difetto di chiamare il proprio legale. Ed in effetti dopo pochi minuti si era recato sul posto il difensore dalla ### il quale, un volta conferito con il ### di ### ed il ### aveva accertato che la lavoratrice era stata provvisoriamente trasferita in altra sede di lavoro. Dal quadro probatorio così emerso risulta pertanto priva di ogni fondamento la contestazione sollevata dall'azienda, poiché la dipendente si era recata, come di consueto, nel consueto posto di (leggi tutto)...

testo integrale

Corte d'Appello di ##### N.116/2023 @-### - ###proporzionalità 02 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Ancona, ### e ### composta dai seguenti magistrati: Dr. ### relatore Dr.ssa #### nella camera di consiglio tenutasi in data 13 Luglio 2023 secondo le modalità previste dall'art.127 ter c.p.c., lette le note scritte depositate dalle parti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa per reclamo ex art.1, comma 58 della legge 28 giugno 2012 n.92 promossa con ricorso depositato in data ###, e vertente TRA ### S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in ####, rappresentata e difesa dall'Avv.###.J. Silvestri dall'Avv.###, come da procura in atti, elettivamente domiciliato presso lo studio di questi ultimi in ### E ### nata ad ### l'11.06.1964, ivi residente, rappresentata e difesa dall'Avv.###, come da procura in atti, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio legale in ### OGGETTO: reclamo ex art.1, comma 58 della legge 28 giugno 2012 n.92 avverso la sentenza n°89/2003 emessa dal Tribunale di ### in funzione di giudice del lavoro, in data ###.  ### la parte reclamante: “- riformare e/o annullare la sentenza n. 89/2023 depositata in data ### e comunicata in pari data nel procedimento Rg n. 181/2022 del Tribunale del ### di ### e per l'effetto: - in via preliminare: accertare e dichiarare, per le ragioni sopra esposte, l'inammissibilità di tutte le domande formulate dalla ###ra ### nei punti da 1 a 2.4 e da 4 a 4.3.3. delle conclusioni del ricorso introduttivo della fase sommaria in quanto oggetto di rinuncia in sede di opposizione all'Ordinanza ex art. 1 comma 49 Legge n. 92/2012 emessa in data ### nel procedimento rg 609/2021; - in via principale, confermare integralmente l'Ordinanza ex art. 1 comma 49 Legge n. 92/2012 emessa in data ### nel procedimento rg 609/2021; in via subordinata, anche nel caso in cui si ritenesse che l'anzianità di servizio della ###ra ### presso ### debba decorrere da una data antecedente all'01.05.2017, confermare la conversione del recesso in licenziamento per giustificato motivo soggettivo, riconoscendo dovuta la sola indennità sostitutiva del preavviso pari a 20 giorni come previsto nel ### applicato per i dipendenti inquadrati nel livello ### con anzianità di servizio tra 5 e 10 anni e oltre 10 anni; in via ulteriormente subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi in cui non venisse accolta l'eccezione preliminare di inammissibilità delle domande oggetto di rinuncia e non si ritenesse sussistente né la giusta causa né il giustificato motivo soggettivo di licenziamento, riconoscere alla ###ra ### esclusivamente il regime risarcitorio (nella misura minima) previsto dall'art. 3 comma 1 D.Lgs.  23/2015 in luogo della reintegra; in via ancor più gradata, nella non creduta ipotesi di accoglimento della domanda di reintegrazione nel posto di lavoro, detrarre l'aliunde perceptum a qualsivoglia titolo percepito dalla ###ra ### nonchè l'aliunde percipiendum. In ogni caso con vittoria di spese, competenze e onorari”. 
Per la parte reclamata: “in accoglimento delle conclusioni già svolte nel ricorso per l'impugnativa del licenziamento ai sensi dell'art.1 comma 48 della L.92 del 2012, così come richiamate integralmente nel ricorso in opposizione ai sensi dell'art.1 comma 51 e segg. della L.92 del 2012, ribadite poi con note per l'udienza del 28.2.2022, rigettare il reclamo proposto dalla controparte in quanto infondato in fatto e diritto e per l'effetto confermare la sentenza n.89 del 2023, resa nel giudizio n.181/2022 R.G. in data ### e pubblicata in data ###. In ogni caso con vittoria di spese e competenze del presente e del precedente grado di giudizio”.  RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con reclamo ex art.1, comma 58, della legge 92/2012, la società ### S.p.A. ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con cui è stata parzialmente accolta la sua opposizione avverso l'ordinanza emessa ex art.1, comma 49, della legge 92/2012 dal Tribunale di ### in data ###, con cui era stata parzialmente accolta la domanda proposta da ### tesa alla declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatole con lettera in data 17 Dicembre 2020 per giusta causa, per fatti contestati con lettera di addebito del 29.10.2020: a) per aver tentato di accedere illegittimamente nella caserma “Marotta” di ### (ove prestava attività lavorativa quale dipendente della ### S.p.A., appaltatrice del servizio di mensa e refezione), nonostante fosse stata temporaneamente trasferita ad altra sede; b) per aver falsamente denunciato, in una lettera del 18.10.2020 indirizzata alla stazione appaltante, la perpetrazione di condotte vessatorie in suo danno da parte della ### S.p.A., nonché per aver ivi denunciato “lo stato di totale mancanza di sicurezza e salubrità alimentare attuato dalla ### s.p.a. nell'erogazione del servizio di preparazione del cibo somministrato agli utenti della mensa” ed in particolare “### scongelati e ricongelati, scaduti, lasciati fermentare per giorni all'interno dei frigoriferi e senza alcuna etichettatura vengono cucinati a disprezzo della salute dei commensali”. 
Il Tribunale di ### mentre nella fase sommaria aveva convertito il licenziamento per giusta causa in recesso per giustificato motivo soggettivo (ritenendo infondate le accuse di insalubrità alimentare del cibo somministrato), all'esito del giudizio di opposizione ha ritenuto nullo il licenziamento ex art.2 D.Lgs. n°23/2015, ritenendo sussistente la natura discriminatoria del recesso, con susseguente condanna alla reintegra della ricorrente nel posto di lavoro e alla corresponsione a favore della lavoratrice di un'indennità risarcitoria commisurata alla sua ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegrazione, con ogni conseguenza in punto alla regolarità contributiva e previdenziale. 
A fondamento del reclamo, la ### S.p.A. ha censurato l'iter logico giuridico seguito nella sentenza impugnata sotto i seguenti profili: 1) omessa, insufficiente, erronea valutazione degli atti e dei documenti di causa in punto alla ritenuta irrilevanza disciplinare della condotta tenuta dalla sig.ra ### in data ### presso la ### “Marotta” di ### 2) omessa, insufficiente, erronea valutazione degli atti e dei documenti di causa, nonché delle risultanze istruttorie in punto alla ritenuta irrilevanza disciplinare della doglianza espressa nella lettera del 18.10.2020 indirizzata alla stazione appaltante circa presunte condotte vessatorie perpetrate in danno della lavoratrice; 3) omessa, insufficiente, erronea valutazione delle risultanze istruttorie in ordine alla contestata condotta della società ### S.p.A. di servire cibo avariato e/o adulterato; 4) erroneità della decisione in ordine alla ritenuta natura ritorsiva del licenziamento, con le correlate conseguenze in ordine alla tutela applicabile ex D.Lgs. n°23/2015. Ha quindi concluso come in epigrafe. 
La parte reclamata si è costituita in giudizio ed ha resistito al reclamo, del quale ha chiesto il rigetto, assumendone l'infondatezza in fatto ed in diritto, in riferimento a ciascuno dei motivi di gravame.  1.- Con il primo motivo di gravame, la società ### S.p.A. censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la rilevanza disciplinare della condotta tenuta dalla lavoratrice in data ### allorquando, al rientro da un periodo di assenza per malattia, nonostante la disposizione di temporaneo trasferimento presso altra sede, si era recata presso la ### “Marotta” di ### per riprendere il servizio e, vistasi denegare l'autorizzazione all'accesso in quanto persona non inserita nella apposita lista, aveva chiesto l'intervento del proprio legale, il quale accorso sul posto, aveva ottenuto di parlare con il ### supervisore dell'appalto. A parere della società reclamante la condotta non poteva rimanere esente da reazione disciplinare, in quanto violativa dei doveri di correttezza che devono caratterizzare la condotta del lavoratore, che nel caso di specie, secondo la prospettazione della reclamante, avrebbe dovuto anzitutto rapportarsi con il proprio datore di lavoro e non richiedere l'intervento del proprio difensore intrattenendo inopportunamente il personale della ### Il motivo è infondato. 
In punto di fatto risulta provato che, durante il periodo in cui ### era in malattia (con termine al 05.10.2020), la ### S.p.A. aveva inviato alla lavoratrice una lettera raccomandata con la quale le era stato comunicato il suo provvisorio trasferimento una ### di ### per ragioni formative, ma che tuttavia tale missiva, al momento del rientro in servizio, non era stata ancora ricevuta dalla ### sicchè la stessa il giorno 05.10.2020, ignara del trasferimento, si era recata presso il consueto posto di lavoro (### “Marotta”) per riprendere il servizio, ricevendo tuttavia un diniego all'accesso in quanto persona non autorizzata. Dalla relazione di servizio elaborata dal personale della ### “Marotta” presente il giorno dei fatti oggetto di contestazione, si evince che la lavoratrice aveva chiesto di parlare con il ### minacciando in difetto di chiamare il proprio legale. Ed in effetti dopo pochi minuti si era recato sul posto il difensore dalla ### il quale, un volta conferito con il ### di ### ed il ### aveva accertato che la lavoratrice era stata provvisoriamente trasferita in altra sede di lavoro. Dal quadro probatorio così emerso risulta pertanto priva di ogni fondamento la contestazione sollevata dall'azienda, poiché la dipendente si era recata, come di consueto, nel consueto posto di lavoro presso la ### “Marotta”, non avendo ancora ricevuto notizia del suo trasferimento.  ### reclamante ### S.p.A. ritiene inoltre censurabile in via disciplinare la condotta della ### in quanto lesiva dei doveri di correttezza a cui deve improntarsi la prestazione del dipendente, che in tal caso, a suo dire, avrebbe dovuto contattare l'azienda piuttosto che rivolgersi alla stazione appaltante, arrecando un pregiudizio all'immagine dell'azienda datrice di lavoro. 
In punto di diritto, va premesso che le clausole generali di correttezza e buona fede, i cui principali riferimenti normativi si trovano negli articoli 1175 e 1375 del codice civile, rappresentano obblighi accessori all'obbligazione contrattuale principale del prestatore di lavoro. Esse, da un lato, integrano il contenuto degli adempimenti previsti in contratto con impegni non previsti ma strettamente e ragionevolmente correlati all'obbligazione principale, e, dall'altro, consentono, sul piano interpretativo e applicativo, di valutare la condotta dei singoli contraenti, limitando all'occorrenza l'esercizio di pretese da parte di ciascuno di essi che possano comportare un disallineamento dell'equilibrio contrattuale. 
Il principio di correttezza di cui art.1175 c.c. costituisce quindi il limite interno di qualunque posizione giuridica di origine contrattuale e contribuisce alla conformazione (in senso ampliativo o restrittivo) delle stesse posizioni, in modo da assicurare l'equilibrio sostanziale del rapporto. ### di buona fede (in senso oggettivo) non si presta quindi ad essere predeterminato nel suo contenuto, richiedendo esso comportamenti diversi in relazione alle concrete circostanze. 
Nel caso in esame, è ragionevole ritenere che se la ### avesse contattato direttamente gli uffici amministrativi di ### S.p.A., avrebbe potuto immediatamente avere contezza delle ragioni per le quali era stato inibito il suo ingresso sul luogo di lavoro a lei noto, e ciò senza il coinvolgimento di persone terze, che nulla partecipavano del rapporto tra le parti in causa se non come fruitori del servizio. 
Tuttavia il Collegio non può non rilevare che le circostanze oggetto di causa si svolgono nell'ambito di un contesto di rapporti caratterizzati da incomprensioni e comportamenti reciprocamente accusatori, che possono aver determinato nell'odierna reclamata la decisione di affidarsi al proprio legale, piuttosto che contattare il proprio datore di lavoro, ritenuto autore di condotte illegittime, quanto meno sotto il profilo dell'omissione della vigilanza sui propri dipendenti asseritamente indicati come autori di episodi di violenza verbale nei suoi confronti. Pertanto, il Collegio ritiene condivisibile ed esente da vizi logici e giuridici l'iter argomentativo seguito dal primo Giudice lì dove ha ritenuto la condotta oggetto di contestazione non suscettibile di rilevanza disciplinare, in quanto espressione dell'esercizio del diritto di difesa, a fronte di una legittima pretesa ritenuta ingiustamente violata. 
Né può attribuirsi valenza processuale alla mancanza da parte della signora ### di una presa di posizione contraria alla condotta tenuta dal suo difensore per il tempo e le modalità da questi scelti per la difesa, strategia che rientra nella libertà dell'esercizio della professione e che è da ritenersi insidacabile in questa sede. 
Per tali ragioni, il primo motivo deve essere quindi respinto.  ***  2.- Con il secondo ed il terzo motivo di gravame, che per motivi di evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, la reclamante ### S.p.A. censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto irrilevante, sotto il profilo disciplinare, la missiva del 18.10.2020 a firma del legale e della ### (indirizzata anche alla stazione appaltante), con la quale, da un lato, si segnalavano presunte condotte vessatorie a danno della ### accadute nei locali di lavoro, e, dall'altro, venivano formulate accuse di somministrazione di cibo avariato e/o adulterato. 
Sul punto, il Giudice di prime cure ha ritenuto che la segnalazione espletata nella missiva fosse sussumibile nell'alveo dell'esercizio del diritto di denuncia ex art. 333 c.p.p., da ritenersi non limitato all'autorità giudiziaria, ma estensibile anche nei confronti della pubblica amministrazione, affinché possa attivare i poteri di controllo.  ### ritiene condivisibile l'iter argomentativo del Tribunale. 
Nella fattispecie, a parere del Collegio, le affermazioni contenute nella lettera del 18.10.2020 appaiono riconducibili nell'ambito del legittimo diritto di segnalazione a tutela del preminente interesse della salute pubblica, senza assumere carattere gratuitamente diffamatorio e/o calunniatorio. Ciò tanto più che, come correttamente rilevato dal primo Giudice, all'esito dell'espletamento dell'istruttoria orale, sono emerse evidenti criticità sulla conservazione dei cibi e carenze di igiene registrate nel verbale di ispezione igienico-sanitaria effettuata dal ### dei ### per la tutela della salute di ### in data ###. Si vedano, a conferma di ciò, le deposizioni dei testi ### indifferente (“Mi era stato detto che prima che io entrassi era capitato che vi erano stati dei commensali che avevano accusato problemi”; “episodi di cattiva conservazione degli alimenti erano abbastanza frequenti”; “so che si parlò di salmonellosi”; “mi è capitato di buttare cibo avariato, come polpette maleodoranti”), e ### sorella della lavoratrice (“una volta c'è stato un problema con dei legumi che erano stati tenuti in frigo per due giorni e successivamente serviti. Le venti persone che li avevano mangiati hanno avuto problemi di dissenteria e vomito”; “i commensali riferivano che si trattava di salmonellosi); “Mi è capitato di trovare del cibo avariato, ma vermi personalmente no. Mi è capitato di avere notato della pizza, che era stata precedentemente cotta e abbattuta, in cui vi era del prosciutto cotto che non aveva un bell'aspetto. Un commensale, infatti, una volta assaggiata l'ha riportata indietro e sono stati avvisati i capi mensa della ### che hanno ritirato la pizza. Una ventina di giorni fa quattro commensali mi riferivano di aver avuto dei problemi intestinali in seguito alla consumazione di melanzane”). Pur se l'ultima deposizione descritta proviene da uno stretto congiunto della lavoratrice, si ritiene che essa sia non meno attendibile delle contrarie deposizioni rese dai testi di parte datoriale, provenienti da soggetti che all'epoca della deposizione erano dipendenti della ### S.p.A. (### e ### ovvero da persone che hanno lavorato presso la ### “Marotta” in periodi differenti da quello oggetto di causa, e quindi non a conoscenza dei fatti di causa (###. 
Orbene, è noto che l'esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica delle decisioni aziendali, sebbene sia garantito dagli artt. 21 e 39 Cost., incontra i limiti della correttezza formale che sono imposti dall'esigenza, anch'essa costituzionalmente garantita (art. 2 Cost.), di tutela della persona umana; ne consegue che, ove tali limiti siano superati, con l'attribuzione all'impresa datoriale o ai suoi rappresentanti di qualità apertamente disonorevoli, di riferimenti infamanti e di deformazioni tali da suscitare il disprezzo e il dileggio, il comportamento del lavoratore può costituire giusta causa di licenziamento, pur in mancanza degli elementi soggettivi ed oggettivi costitutivi della fattispecie penale della diffamazione. 
In questa prospettiva, deve dunque ritenersi, in linea con quanto statuito dal primo Giudice, che il comportamento tenuto dalla reclamata, all'origine del disposto licenziamento, non possegga un oggettivo contenuto minaccioso, offensivo, dileggioso e calunnatorio nei confronti dell'azienda, per cui il mero intento, da parte della dipendente, di denunciare le anomalie (assumendosene la responsabilità) in ordine alla gestione aziendale, non integra ex se una giusta causa legittimante il recesso in tronco, non avendo determinato la compromissione di altri diritti o valori di pari rilievo costituzionale (non essendo sconfinato nell'ingiuria, nella calunnia e/o nella diffamazione), e non integrando una grave violazione dei principi di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto di lavoro di cui agli artt.1175 e 1375 c.c.. 
In altri termini, ritiene la Corte che le espressioni utilizzate dalla lavoratrice, così come riportate nella lettera del 18.10.2020, siano in realtà prive di un oggettivo contenuto minaccioso, offensivo, dileggioso e calunnatorio. Considerato quindi che non sono oggetto del contendere altre pregresse violazioni disciplinari (non richiamate dal datore in sede di recesso), il mero intento, da parte della dipendente, nei limiti e con le modalità prescritte dall'ordinamento, di denunciare le anomalie del proprio rapporto lavorativo (da lui ritenute sussistenti) non può integrare ex se una giusta causa legittimante il recesso ad nutum. 
In questa prospettiva, ritiene il Collegio che la valutazione complessiva della condotta tenuta da ### (come descritta nella contestazione disciplinare del 18.10.2020) porti a ritenere insussistente la giusta causa del licenziamento, non trattandosi di un comportamento univocamente violativo dell'obbligo generale di fedeltà posto dall'art.2105 c.c., e pertanto idoneo a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario che costituisce il presupposto fondamentale della collaborazione fra le parti nel rapporto di lavoro. Come è noto, infatti, “l'art. 2119 c.c. nel fornire la nozione di giusta causa, legittimante il recesso in tronco, fa riferimento non già ad un inadempimento, ma ad una causa che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto e che può non coincidere con inadempienze contrattuali, ma sia tale da scuotere quel rapporto fiduciario proprio del rapporto di lavoro subordinato” (Cass. 7.11.2000 n. 14466). 
Per le medesime ragioni fin qui esposte, ritiene il Collegio che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Come noto, infatti, affinchè si ravvisi tale tipologia di recesso occorre che l'inadempimento posto in essere dal lavoratore sia di notevole rilevanza, ossia tale da porsi in una via intermedia tra il grave inadempimento, caratterizzante la giusta causa di licenziamento, ed un inadempimento di minore rilievo per il quale è prevista l'applicazione di sanzioni disciplinari di natura conservativa. Nel caso del giustificato motivo soggettivo, inoltre, hanno rilievo solamente le condotte poste in essere dal lavoratore integranti la violazione dei doveri contrattuali. In quest'ordine di concetti, ritiene la Corte che la situazione di fatto delineata all'esito dell'istruttoria ed emergente dalla documentazione in atti ha ad oggetto due circoscritti episodi, concentrati in un ben delimitato lasso di tempo e presumibilmente privi di univoca intenzionalità lesiva, e che quindi appaiono sostanzialmente isolati nella storia lavorativa dell'odierna reclamata e comunque manifestazione lecita dell'esercizio di diritti tutelati dal nostro ordinamento. 
I motivi di reclamo in disamina vanno dunque entrambi disattesi.  ***  3.- Con il quarto motivo di gravame, la ### S.p.A. censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la natura ritorsiva del licenziamento, con le correlate conseguenze in ordine alla tutela applicabile ex D.Lgs. n°23/2015 Il motivo è fondato. 
Come è noto, il motivo ritorsivo determina la nullità del licenziamento solo quando il provvedimento sia stato determinato esclusivamente da esso, con la conseguenza che la nullità non si verifica quando nella determinazione del licenziamento con lo stesso motivo illecito ne concorra uno lecito, come una giusta causa o un giustificato motivo (in questo senso ex multis, Cass. sez. lav., n. 6501/13, n.4543/93 “l'allegazione, da parte del lavoratore, del carattere ritorsivo del licenziamento intimatogli non esonera il datore di lavoro dall'onere di provare l'esistenza di giusta causa o giustificato motivo del recesso, di guisa che, soltanto qualora tale prova sia stata almeno apparentemente fornita, incombe sul lavoratore l'onere di dimostrare l'illiceità del motivo unico e determinante, dato dall'intento ritorsivo che si cela dietro il recesso”). 
In caso contrario, accertata cioè l'assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, si dovrà verificare che il motivo illecito abbia avuto un'efficacia determinativa ed esclusiva del licenziamento, di modo che si ponga come unico e determinante e vada quindi ad integrare l'ipotesi di licenziamento ritorsivo, dovendosi, altrimenti, optare per il rigetto del ricorso. 
Ebbene, nella fattispecie va valutato se il motivo illecito abbia assunto efficacia determinativa ed esclusiva del licenziamento affinché possa parlarsi di licenziamento ritorsivo. 
La giurisprudenza sul tema è consolidata, nel senso che “in ipotesi di provvedimento datoriale ritorsivo spetta al lavoratore l'onere di provare la natura di tale atto, attraverso la dimostrazione di elementi specifici tali da far ritenere con sufficiente certezza l'intento di rappresaglia” (Cass. 14319/13) e nel senso che “l'intento ritorsivo deve avere avuto un'efficacia, non solo determinativa, ma anche esclusiva, in relazione alla volontà del datore di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di un provvedimento legittimo di licenziamento” (Cass. n. 5555/11; 18283/10; Cass. n. 10047/04). 
Ciò tuttavia non toglie che l'onere della prova può essere “assolto con la dimostrazione di elementi specifici, tali da far ritenere con sufficiente certezza l'intento di rappresaglia, il quale deve aver avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro” (Cass. n. 1823/10). 
E' infine necessario un rapporto di causalità fra le circostanze evidenziate e l'asserito intento di rappresaglia (Cass. n.7768/96), poiché “il giudice del merito, nel valutare gli elementi in suo possesso, ivi compresi quelli indiziari o presuntivi, discrezionalmente stabilisce e sceglie i più attendibili e concludenti ai fini della formazione del suo convincimento” (Cass. n.1902/1994), purché tale apprezzamento non si risolva in vizi logici o giuridici. 
Fatte tali premesse di ordine generale, ritiene il Collegio che, nella fattispecie in esame, non sia stato sufficientemente provato l'assunto di parte reclamata sulla natura ritorsiva del licenziamento intimato in data 17 Dicembre 2020, atteso che le risultanze istruttorie non fanno emergere, con sufficiente certezza, la riconducibilità dell'intimato licenziamento ad un intento di rappresaglia conseguente alla lettera del 18.10.2020 ovvero, più in generale, alla condotta della dipendente. Ne consegue che, in accoglimento della prospettazione formulata dall'odierna reclamante, non si riscontrano nella fattispecie i requisiti per affermare la natura ritorsiva del licenziamento, dal momento che i motivi posti a suo fondamento non possono che essere quelli cristallizzati nella lettera di intimazione del provvedimento espulsivo e nella precedente lettera di contestazione degli addebiti, i quali fanno esclusivo riferimento ad una condotta scorretta ed infedele della dipendente, ivi analiticamente descritta. Invero, la ### è stata posta nelle condizioni di presentare le proprie giustificazioni nell'ambito del procedimento disciplinare regolarmente avviato, senza che la stessa ne abbia usufruito. Sulle contestazioni disciplinari mosse in precedenza ed il quadro di asserita vessazione invocata dalla dipendente questa Corte si è già espressa con la sentenza n.72/2023, le cui argomentazioni qui si richiamano integralmente per relationem. 
Ne consegue che, non potendo dirsi dimostrata la sussistenza di un motivo illecito e ritorsivo posto a fondamento dell'atto di recesso impugnato, ed in assenza di indizi gravi, precisi e concordanti della volontà del datore di lavoro di liberarsi dell'apporto lavorativo della dipendente per motivi di rappresaglia, deve concludersi che non vi è prova di un motivo illecito occultato dietro le motivazioni del recesso esplicitate dal datore di lavoro. in difformità da quanto statuito dal primo giudice, ed all'esito dell'istruttoria espletata in prime cure, reputa pertanto il Collegio che nella fattispecie i requisiti sopra delineati non possano ritenersi pienamente integrati, dal momento che non è stato sufficientemente provato l'assunto di parte reclamata sulla natura ritorsiva del recesso, atteso che le risultanze istruttorie non hanno fatto emergere, con sufficiente certezza, la riconducibilità dell'intimato licenziamento ad un unico disegno di rappresaglia. Ne segue che la sentenza impugnata va riformata nella parte in cui ha dichiarato la nullità dell'intimato licenziamento ed ha applicato la tutela reale “piena”. 
Pertanto, ai sensi dell'art.3 comma 1 del D.Lgs. n°23/2015, il licenziamento va dichiarato illegittimo in quanto non ricorrono gli estremi del recesso per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, con conseguente diritto della lavoratrice all'indennità risarcitoria di cui al medesimo comma. A tal fine occorre rilevare che a seguito del subentro nel 2017 della ### S.p.A. nell'appalto del servizio di refezione della ### “Marotta” in ### (ove la ricorrente prestava servizio alle dipendenze della precedente appaltatrice ###, ai sensi degli artt. 331 e ss. del ### la ### è stata assunta ex novo dalla ### S.p.A. in data ### in applicazione della c.d. “clausola sociale” (con conseguente inapplicabilità della disciplina del trasferimento d'azienda di cui all'art.2112 c.c.). Ne consegue che, da un lato, il regime di tutela applicabile ratione temporis è quello di cui al D.Lgs. n°23/2015 (nessuna censura è stata sollevata sul punto), e che, dall'altro, ai fini del computo dell'indennità risarcitoria spettante dovrà tenersi conto di una anzianità lavorativa decorrente dalla data di sottoscrizione del contratto con la nuova appaltatrice, e dunque dal 01.05.2017.  ***  4.- Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, il reclamo deve essere accolto per quanto di ragione e la sentenza di primo grado riformata, nei termini di cui al dispositivo. 
In applicazione del principio stabilito dall'art. 92, 2° comma, c.p.c., considerato che ricorrono gravi ed eccezionali ragioni di ordine equitativo, attesa la natura della controversia (impugnazione di licenziamento), nonché tenuto conto dell'esito complessivo del giudizio e della obiettiva controvertibilità delle questioni trattate, le spese del grado possono essere compensate per la metà, rimanendo a carico della reclamante il pagamento della restante metà (liquidata come da dispositivo) a favore della reclamata ### P.Q.M.  La Corte di Appello di #### e ### definitivamente pronunciando sul reclamo proposto avverso la sentenza n°89/2003 emessa dal Tribunale di ### in funzione di giudice del lavoro, in data ###, contrariis reiectis, così decide: - accoglie il reclamo per quanto di ragione e, in parziale accoglimento del reclamo, dichiara illegittimo per carenza di giusta causa, il licenziamento intimato dalla ### S.p.A. a ### in data 17 Dicembre 2020 e, ai sensi dell'art. 3 comma 1 del D.Lgs. n°23/2015, dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio (dal 01.05.2017 alla data del licenziamento) e dunque pari ad otto mensilità, oltre interessi e rivalutazione monetaria; - rigetta il reclamo per il resto; - compensa per la metà le spese di lite di entrambi i gradi del giudizio (che liquida, per l'intero, per il primo grado, in complessivi €.8.000,00 (di cui €.3.500,00 per la fase sommaria ed €.4.500,00 per la fase di opposizione) ed in complessivi €.6.000,00 per il secondo grado, e condanna la società reclamante a rifondere alla parte reclamata la parte di spese non compensata, oltre spese generali nella misura del 15% del compenso totale per la prestazione (art.2 D.M.10.03.2014), I.V.A. e C.A.P.. 
Così deciso nella camera di consiglio tenutasi in data 13 Luglio 2023.   ### est.   ### (### sottoscritto digitalmente) Ha collaborato allo studio della controversia ed alla stesura della motivazione il ###ssa ### n. 116/2023

causa n. 116/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Santini Luigi, Benati Vanessa

M
2

Tribunale di Napoli, Sentenza n. 5828/2025 del 15-07-2025

... cautelativamente. Ti è stata inviata venerdi stesso una raccomandata di contestazione che ti perverrà probabilmente tra oggi e domani ### Giornata”; trovandosi già sul luogo di lavoro era stata ricevuta nella stanza del rag. ### che, in presenza del sig ### le aveva manifestato tutto il suo disappunto per la condotta da lei tenuta riferendole che avrebbe preso dei provvedimenti severi nei suoi confronti ed invitandola ad allontanarsi dall'ufficio affermando di non farvi più ritorno poiché sospesa; il successivo 30-11-2022 si era vista recapitare la lettera di contestazione a mezzo raccomandata ###-1 che, contrariamente alla prima versione, aveva rappresentato una diversa ed ulteriore argomentazione dei fatti arrivando ad arricchire le circostanze con una singolare affermazione ovvero che avrebbe reagito all'ingiusta contestazione aggredendo verbalmente il suo diretto “superiore” rag ### definendolo “fascista”. A fronte di ciò la società resistente, a riprova dell'assoluta legittimità del licenziamento come in concreto intimato, ha offerto una ricostruzione della vicenda di cui è causa in termini totalmente differenti allegando nel corpo della memoria di costituzione le seguenti (leggi tutto)...

testo integrale

TRIBUNALE DI NAPOLI ### REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, ### e ### in funzione del giudice monocratico dr.ssa ### ha pronunciato, in data ###, la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 11745/2023 del R.G.A.C. Sez. ### e #### elettivamente domiciliata in Napoli alla via dei ### 21 presso lo studio dell' avv. ### che la rappresenta e difende in virtù di procura in atti RICORRENTE E ### s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa, come in atti, dell'avv. ### con studio in ####, ### 59, giusta procura in atti RESISTENTE OGGETTO: accertamento rapporto, spettanze, impugnativa di licenziamento disciplinare ### come in atti RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data ### parte ricorrente in epigrafe indicata esponeva di essere stata assunta alle dipendenze della ### srl con contratto a tempo determinato fino al 31.07.2022, successivamente prorogato due volte, rispettivamente in data ### sino al 31/10/2022 ed in data ### sino al 30/04/2023, con le mansioni di impiegata amministrativa ed inquadrata al livello ### del ### di avere lavorato alle dipendenze della detta società fino al 13-12-2022 data in cui il rapporto era cessato per effetto di un licenziamento disciplinare; di avere lavorato dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle 14.00 alle 17.36, dal lunedì al venerdì, in luogo delle n° 38 ore settimanali e che l'orario di lavoro si era protratto spesso sino alle ore 19.00 ovvero per oltre 1 ora al giorno in più per 5 giorni a settimana; di avere svolto le mansioni di addetta alla gestione dell'archivio cartaceo e digitale aziendale, intrattenendo rapporti con la sede centrale di ### e provvedendo a curare la corrispondenza e tutte le richieste amministrative anche da parte di enti ed istituti bancari per la corretta gestione delle commesse intrattenute dalla convenuta; di aver maturato differenze retributive in virtù dell'applicazione dell'effettivo livello stipendiale dovuto che risultava essere corrispondente al livello ### del medesimo ### di categoria applicato (e non al livello ###); di essere stata vittima di un licenziamento disciplinare illegittimo per insussistenza del fatto contestato, violazione del procedimento disciplinare e del principio di proporzionalità e di aver percepito una retribuzione non proporzionata alla qualità e quantità della prestazione resa. 
Tanto premesso conveniva la società resistente dinanzi all'adito Tribunale al fine di ottenere l'adozione dei seguenti provvedimenti di giustizia: “ 1) accertare e dichiarare che tra la ricorrente ###ra ### e la ### è intercorso sin dal principio un rapporto lavorativo di natura subordinata a tempo indeterminato; 2) accertata e dichiarata la nullità, l'annullabilità e in ogni caso l' illegittimità del licenziamento intimato alla ricorrente per i motivi di cui in narrativa, e, conseguentemente, condannare la resistente al pagamento del danno ex art. 8 L.  604/66 da quantificarsi nella misura massima indicata da tale norma, con interessi e rivalutazione al soddisfo; 3) accertare e condannare la ### in persona del legale rapp.te p.t., al pagamento della somma di € 11765,36, a titolo di differenze retributive, TFR ed indennità mancato preavviso come meglio determinata in narrativa, oltre interessi e rivalutazione al soddisfo; 4) condannare, la resistente al pagamento delle spese e competenze di giudizio da liquidarsi al deducente procuratore”. 
La società resistente, regolarmente citata, si costituiva in giudizio eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità della domanda giudiziale per violazione del disposto di cui all'art. 414 c.p.c. in relazione alla richiesta di riconoscimento di differenze retributive per mansioni superiori e chiedendo, nel merito, il rigetto della stessa per la restante parte perché infondata in fatto ed in diritto con vittoria di spese di lite. 
In corso di causa era ammessa ed espletata la prova testimoniale. 
All'odierna udienza, all'esito del deposito di note conclusionali e della riformulazione dei conteggi da parte del procuratore della ricorrente, il Tribunale osserva che: E', in via preliminare, demandato al ### l'esame del vizio di inammissibilità della domanda giudiziale inerente le differenze retributive maturate in virtù dell'applicazione dell'effettivo livello stipendiale dovuto che risulterebbe in tesi essere corrispondente al livello ### del medesimo ### di categoria applicato (e non al livello ###) per violazione dell'art.414 c.p.c., eccepito dalla società resistente ed, in ogni caso, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio. 
Esso può trovare accoglimento sulla base delle considerazioni che seguono. 
Va, al riguardo, operata un'importante distinzione tra le allegazioni funzionali all'identificazione della pretesa vantata dall'attore, la cui mancanza, risolvendosi in un vizio della edictio actionis, sfocia nella nullità dell'atto introduttivo del giudizio e quelle, di diversa portata, la cui lacuna comporta, al contrario, la decadenza dal potere di allegare tali fatti nell'ulteriore corso del processo, salvo che si verifichino le condizioni in presenza delle quali vengono meno le preclusioni ricollegate al deposito del ricorso introduttivo. 
In definitiva, è solo in relazione alle prime che si potrà parlare di nullità del ricorso stesso, rilevabile dal convenuto nel termine di decadenza di cui all'art 416 c.p.c. e dal giudice, d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio. 
Le carenze nell'indicazione della causa poetendi, infatti, impediscono la corretta instaurazione del contraddittorio vietando, da una parte, al convenuto di attenersi a quanto sancito al riguardo dall'art 416 III comma c.p.c., in base al quale costui dovrebbe prendere posizione sui fatti affermati dall'attore “in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione” e, dall'altra, al giudice di esercitare con piena consapevolezza, non avendo un'esatta cognizione dei fatti di cui è causa, i poteri istruttori di ufficio di cui egli dispone. 
La mancata specificazione, nel ricorso introduttivo, degli elementi di fatto e di diritto posti a base della domanda, qualora non siano individuabili neppure alla stregua di un esame complessivo dell'atto introduttivo, comporta la nullità dello stesso anche alla luce della disposizione di cui all'art. 420 I comma c.p.c., in base alla quale le parti potranno modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate solo qualora ricorrano gravi motivi ed in presenza di un'apposita autorizzazione giudiziale, la quale, a sua volta, potrà essere concessa solo laddove il giudice accerti che la novità che si vuole introdurre in giudizio discenda, effettivamente, dall'andamento dialettico del processo e dall'attuazione del principio del contraddittorio e non si risolva, pertanto, in un semplice ripensamento, espressione di uno ius poenitendi che nel rito del lavoro non trova alcun margine di applicazione. 
La suddetta disciplina è ispirata ai caratteri di concentrazione, immediatezza ed oralità del processo del lavoro che, almeno in base alle intenzioni originarie del legislatore del 1973, attraverso la previsione dell'onere, in capo a ciascuna parte, di specificare, fin dall'inizio, già nei rispettivi atti introduttivi, le proprie richieste, avrebbe dovuto risolversi ed esaurirsi integralmente nell'ambito di una sola udienza, quella di cui all'art 420 c.p.c. 
Ritiene questo ### che non sia estensibile analogicamente al rito del lavoro il meccanismo di sanatoria descritto dall'art 164 V comma c.p.c. relativo ai vizi della citazione inerenti l'edictio actionis, diversamente da quanto sancito, al riguardo, da una recente pronuncia della Cass. a sez unite (sent. n. 11353/2004) sulla base delle riforme che, negli ultimi anni, hanno interessato il rito ordinario rendendolo sempre più affine, quanto ai suoi meccanismi di funzionamento, a quello del lavoro. 
Questo profilo, unitamente all'inquadrabilità del processo del lavoro, pur nella sua autonomia, nell'ambito del generale sistema del c.p.c. inerente il giudizio a cognizione ordinaria, secondo la Suprema Corte dovrebbe indurre l'interprete, in assenza di una specifica disposizione derogatoria alla disciplina ordinaria, a colmare ogni eventuale carenza nella regolamentazione del rito del lavoro attraverso l'applicazione tanto delle norme generali del I libro c.p.c., quanto di quelle del processo di cognizione del II libro del c.p.c., quest'ultime nei limiti della loro compatibilità con le peculiarità del rito stesso. 
E' in relazione a tale ultimo profilo che questo ### ritiene di doversi dissociare da quanto sancito dalla Suprema Corteproprio alla luce delle summenzionate esigenze di concentrazione e speditezza che, almeno nell'originario disegno normativo, avrebbero dovuto permeare il processo del lavoroe, quindi, ritenere il meccanismo di sanatoria di cui all'art 164 V comma c.p.c. incompatibile con l'immediata definizione del thema decidendi. 
Ragionando diversamente si finisce, infatti, per invertire i termini della questione dal momento che l'avvicinamento, effettuato nel corso degli anni, del processo ordinario a quello del lavoro, con le riforme del 1942 e del 1990, ha trovato la sua ratio nelle esigenze di speditezza ed economia processuale comuni ad entrambi, per cui sarebbe indubbiamente contraddittorio operare in senso inverso, estendendo la disciplina ordinaria al rito del lavoro, anche laddove tale operazione ermeneutica si risolvesse in una frustrazione delle suddette esigenze. 
E, infatti , indubbio come il meccanismo di rinnovazione dell'atto introduttivo sancito dall'art 164 V comma c.p.c, se esteso al rito del lavoro, finirebbe, inevitabilmente, per dilatare i tempi del processo, impedendo l'integrale trattazione dello stesso nell'ambito dell'udienza ex art 420 c.p.c. ed a nulla potendo valere, in senso contrario, il fatto che l'intenzione del legislatore di arrivare alla pronuncia del dispositivo all'esito della stessa sia stata nei fatti disattesa per effetto dell'incremento, in tale ambito, del contenzioso giudiziario. 
Per effetto della parità delle armi tra attore e convenuto, infatti, il trattamento processuale dell'atto introduttivo non potrebbe essere diverso da quello della memoria difensiva, per cui, una volta consentito al ricorrente di integrare il proprio ricorso con le allegazioni di ulteriori fatti idonei ad identificare correttamente la pretesa azionata in giudizio, dovrebbe essere permesso anche al convenuto, mediante un differimento dei termini per la costituzione in giudizio ex art 416 c.p.c, di poter effettuare, questa volta correttamente per effetto dell'avvenuta specificazione dei fatti costitutivi della pretesa attorea, quanto sancito a suo carico dall'art 416 III comma c.p.c, differendo nel tempo sia l'assunzione delle rispettive posizioni processuali, sia la trattazione dell'udienza di discussione prevista dall'art 420 c.p.c. 
La soluzione prospettata dalla Suprema Corte presenta, inoltre, un ulteriore elemento di criticità dal momento cheanche a voler interpretare la pronuncia di cui sopra nel senso che le decadenze maturate ed i diritti quesiti, che restano “ fermi” e “ salvi” ex art 164 V comma c.p.c., siano solo di natura sostanziale, mentre l'esercizio del potere officioso comporti in ogni caso la sanatoria ex tunc delle decadenze processuali (e, pertanto, anche di carattere istruttorio)- tale opzione interpretativa contrasterebbe, comunque, con il meccanismo, riferito dalla Corte, di “circolarità del processo del lavoro” sotto il profilo dell'onere di allegazione, onere di contestazione ed oneri probatori, dal momento che questi ultimi dovrebbero essere soddisfatti fin dall'inizio senza poter essere integrati successivamente. 
Difatti, una prova testimoniale articolata su un capo della domanda, attraverso l'integrazione dei fatti allegati, finirebbe con il tradursi in una prova su circostanze diverse da quelle capitolate nel ricorso e quindi in definitiva sarebbe una prova nuova, in violazione del principio, enunciato dalla stessa Corte, della preclusione dei mezzi istruttori maturata con il deposito del ricorso. 
Né a conclusioni migliori si perverrebbe aderendo alla diversa opzione interpretativa in base alla quale, una volta rinnovato l'atto ad opera del ricorrente, resterebbero comunque ferme le preclusioni maturate sotto il profilo istruttorio, in quanto il convenuto potrebbe in ogni momento dedurre la mancanza di prova in ordine a tutte quelle allegazioni, individualizzanti il diritto dedotto in giudizio, oggetto dell'atto rinnovato, con la conseguenza che il ricorrente vedrebbe rigettato nel merito il proprio ricorso con un conseguente snaturamento dell'istituto della sanatoria.  ### profilo della pronuncia della Suprema Corte che, a parere di questo ### risulta essere alquanto discutibile è, poi, quello relativo all'eventuale sanatoria del vizio del ricorso, attinente all'edictio actionis, per effetto del raggiungimento del suo scopo, in caso di mancata fissazione, da parte del giudice, di un termine perentorio per la rinnovazione dello stesso o per l'integrazione della domanda e nel caso di mancata tempestiva proposizione, da parte del convenuto, ai sensi dell'art 157 c.p.c., della relativa eccezione. 
La suddetta sanatoria della nullità di cui è causa risulta, infatti, essere totalmente incompatibile con la natura del vizio di cui si discute: trattandosi, infatti, di una non precisa definizione della pretesa azionata in giudizio, il cosiddetto raggiungimento dello scopo potrebbe operare solo qualora si fosse provveduto, in altro modo, all'identificazione della stessa. 
E', quindi, evidente che, in questa direzione possa operare solo il titolare della medesima e cioè l'attore, l'unico, infatti, in grado di far acquisire al processo l'elemento carente, integrando la propria domanda in modo da individuare la situazione soggettiva controversa. 
A conferma di ciò basti riflettere sul fatto che, nel processo di cognizione ordinario, a differenza di quanto avviene per i vizi inerenti alla “vocatio in ius”, per quello che attiene alla “edictio actionis”, eventuali lacune esistenti al riguardo non possano mai essere colmate, per le ragioni anzidette, dall'avvenuta costituzione del convenuto; di conseguenza, non si vede come possano operare in tal senso il mancato rilievo di un vizio di tal fatta ad opera della controparte o del giudice. 
In definitiva delle due l'una: o lo si considera insanabile, come finora affermato dalla giurisprudenza unanime prima della presa di posizione in senso inverso da parte della Cass a sez unite o lo si considera sanabile, ma esclusivamente, per la sua intrinseca natura, in seguito ad una attività integrativa da parte del solo ricorrente. 
Seppure, infine, il meccanismo di sanatoria di cui si discute abbia l'indubbio vantaggio di imporre, tanto al giudice quanto alla controparte, di valutare immediatamente la conformità del ricorso al modello legale, precludendo, pertanto, censure di nullità sollevate per la prima volta in sede di gravame, esso renderebbe, comunque, impossibile e/o difficoltoso l'accertamento dei fatti allegati, dal momento che le attività istruttorie esperibili nel corso del processo finirebbero per riguardare circostanze prive di specificità e compiutezza, con la conseguenza di addivenire ad una verità processuale anch'essa carente e perciò censurabile. 
Alla luce dei numerosi profili critici in questa sede esaminati, va, pertanto, ribadito il precedente orientamento dei giudici di legittimità, in base al quale i vizi di nullità del ricorso per insufficienza nell'indicazione degli elementi di cui all'art 414 n.4 c.p.c.  siano insuscettibili di integrazione attraverso il meccanismo di cui all'art 164 V, comma c.p.c. 
Ciò premesso in linea generale, con riferimento alla fattispecie concreta, giova evidenziare che la ricorrente, premesso di essere stata dipendente della società resistente, espone di aver espletato, pei i periodi indicati nel corpo del ricorso introduttivo, mansioni superiori di gestione dell'archivio cartaceo e digitale aziendale, intrattenendo rapporti con la sede centrale di ### dove risultava allocato lo stabilimento dedito all'attività principale e provvedendo a curare la corrispondenza e tutte le richieste amministrative anche da parte di enti ed istituti bancari per la corretta gestione delle commesse intrattenute dalla convenuta che svolgeva attività di gestione e smaltimento dei rifiuti. 
Tanto premesso, invocata l'applicazione dell'art 2103 c.c., deduce di aver maturato differenze retributive in virtù dell'applicazione dell'effettivo livello stipendiale dovuto che risultava essere corrispondente al livello ### del medesimo ### di categoria applicato (e non al livello ###). 
Pur tuttavia la ricorrente è incorsa in un insanabile vizio della domanda proposta in quanto l'analisi dell'atto introduttivo conduce, necessariamente, all'impossibilità di individuare con certezza gli elementi, giuridici e di fatto, addotti a fondamento della pretesa attorea. 
Parte ricorrente, infatti, deduce di avere espletato mansioni rapportabili ad un superiore inquadramento contrattuale, omettendo, tuttavia, di allegare quali siano stati, in concreto, i compiti affidatile limitandosi ad una sintetica esposizione nella quale prevalgono le qualificazioni tecnico giuridiche più che le modalità di espletamento della prestazione. 
Orbene la omissione di detti elementi preclude alla controparte di spiegare analitiche difese sui fatti dedotti ed al giudicante di procedere all'accertamento del contenuto della prestazione che costituisce il preliminare passaggio logico per potere valutare la correttezza dell'inquadramento contrattuale attribuito. 
In altri termini, sarebbe occorsa, sulla base di una puntuale ed analitica descrizione in fatto delle singole attività effettivamente espletate, la prospettazione e l'allegazione delle caratteristiche delle mansioni rivendicate alla luce delle nuove categorie contrattuali onde consentire al giudicante di verificare il rapporto tra le mansioni espletate e quelle rivendicate e di effettuare il giudizio di comparazione tra le stesse, nonché l'allegazione e la prospettazione della ricorrenza delle condizioni richieste per il riconoscimento del diritto alle differenze di trattamento economico. 
Dunque il giudicante non è stato posto nella condizione di potere operare la comparazione tra la qualifica attribuita e quella rivendicata. 
E' appena il caso di sottolineare come, ai fini prima indicati, non possa in alcun modo farsi riferimento alla documentazione versata in atti al deposito del ricorso, per l'evidente ragione che uno è il piano delle allegazioni - in relazione al quale, solo, va valutata la “completezza” del ricorso - altro è il piano delle produzioni documentali, destinato a venire in rilievo in una fase processuale logicamente e cronologicamente distinta ed in funzione esclusivamente probatoria di quanto già oggetto di precedente allegazione. 
Tanto premesso, di fronte all'evidente laconicità del ricorso, non sanabile, come innanzi chiarito, dall'integrazione delle circostanze fattuali poste a fondamento della pretesa azionata in giudizio, non solo si pregiudica il diritto di difesa del convenuto, ma si pone il giudicante nell'impossibilità di decifrare linearmente l'oggetto del contendere e di esercitare correttamente i suoi poteri istruttori. 
Alla stregua delle suesposte considerazioni, superflua ogni altra valutazione, la domanda giudiziale va, in parte qua, dichiarata inammissibile. 
Parte ricorrente rivendica, altresì, differenze retributive a titolo di lavoro straordinario deducendo di avere lavorato dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle 14.00 alle 17.36, dal lunedì al venerdì, in luogo delle n° 38 ore settimanali e precisando che l'orario di lavoro si sarebbe protratto spesso sino alle ore 19.00 ovvero per oltre 1 ora al giorno in più per 5 giorni a settimana. 
Ciò posto, con specifico riferimento al maggiore orario lavorativo che parte ricorrente assume di aver prestato rispetto a quello risultante dalle buste paga in atti, come già innanzi evidenziato, il lavoratore che agisce per ottenere il compenso per il lavoro svolto in eccedenza, rispetto all'orario originariamente pattuito a seguito di richiesta formulata dal datore nell'esercizio del potere direttivo e organizzativo in capo a quest'ultimo, ha, innanzitutto, l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro e, ove egli riconosca di aver ricevuto una retribuzione ma ne deduca l'insufficienza, come nel caso di specie, è altresì tenuto a provare il numero di ore effettivamente svolte, con specifico riferimento alla collocazione cronologica delle prestazioni lavorative eccedenti il normale orario di lavoro. 
Consolidate e condivisa giurisprudenza di legittimità ha sostenuto che la prova può essere fornita dal lavoratore con qualunque mezzo, ma non si può sostituire alla stessa il giudizio equitativo del giudice che potrà intervenire esclusivamente dinnanzi ad un diritto del lavoratore provato e, quindi, certo (cfr. Cass. n. 9906/2015; n. 19299/2014; 1389/2013). Ebbene, il rigore della prova esige il preliminare adempimento dell'onere di una specifica allegazione, dalla parte che ad essa sia tenuta, del fatto costitutivo (nel caso di specie: diritto al compenso per lavoro straordinario): secondo la circolarità, propria del processo del lavoro, tra oneri di allegazione, di contestazione e di prova (Cass. s.u. 17 giugno 2004, n. 11353; Cass. 9 febbraio 2012, n. 1878; Cass. 4 ottobre 2013, n. 22738)" (Cass. n. 16150/2018). 
Ed ancora: "il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, senza che possa farsi ricorso, nel relativo accertamento, al criterio equitativo di cui all'art. 432 c.p.c., atteso che tale norma riguarda la valutazione del valore economico della prestazione lavorativa e non già la sua esistenza (cfr. Cass. n. 4668 del 1993; Cass. n. 14466 del 1999; Cass. n. 1389 del 2003) (...) la valutazione sull'assolvimento dell'onere probatorio in ordine al lavoro straordinario prestato costituisce accertamento di fatto (Cass. n. 12434 del 2006; Cass. n. 3714 del 2009), così come quello in ordine alla mancata fruizione di permessi e ferie" (Cass. n. 16951/2018).  ###, inoltre, ha avuto modo di chiarire che, spettando al lavoratore dare la prova dell'effettiva prestazione del lavoro straordinario e/o feriale, non può ritenersi come dato acquisito al processo l'avvenuta prestazione di attività lavorativa oltre il normale orario ovvero nel periodo coincidente con quello feriale per il solo fatto che manchino contestazioni sul punto da parte del datore di lavoro: la controparte, infatti, non ha l'onere di fornire alcuna prova contraria se l'attore viene meno al suo onere probatorio (cfr., al riguardo, la sent. n. 3714/2009 cit., che ha precisato che neppure eventuali - ma non decisive - ammissioni del datore di lavoro sono idonee a determinare una inversione dell'onere della prova). 
Ciò posto, nella vicenda de qua, passando all'esame delle deposizioni testimoniali assunte in corso di causa, il teste ### ha dichiarato: “Indifferente. 
Conosco la ricorrente in quanto sono stata anche io dipendente della società resistente dal 7/3/2022 alla fine di ottobre 2022. Il rapporto di lavoro si è concluso di comune accordo, non ho giudizi in corso. Io ero impiegata in amministrazione ed ho osservato un orario lavorativo articolato, dal lunedì al venerdì, dalle 10:00 alle 16:00 con mezz'ora di spacco per il pranzo. Quando io arrivavo a lavoro alle 10:00 la ricorrente era già in servizio ed andava via alle 13:00 per rientrare o alle ore 14:00 o alle 15:00, non posso essere più precisa al riguardo. Era, in ogni caso, ancora in servizio quando io andavo via alle 16:00. Non mi risulta che vi fosse un dispositivo marcatempo. Era il sig. ### a raccogliere le presenze di tutti i dipendenti per fornirle al consulente del lavoro, per la redazione delle buste paga. Preciso che sia all'entrata che all'uscita dal lavoro ero tenuta a firmare un foglio relativo alla mia specifica posizione redatto per ciascuna mensilità in cui annotavo sia l'orario di entrata che di uscita, che riponevo, alla fine della mia giornata lavorativa, nel cassetto della mia scrivania ed, a fine mese, consegnavo al sig ### Questa stessa prassi riguardava tutti noi dipendenti e, quindi, anche la ricorrente. Non conosco gli orari di apertura e chiusura dell'ufficio”. 
A sua volta il teste ### ha dichiarato :” Indifferente. Sono dipendente della società convenuta dal febbraio 2022 anche se vi ho lavorato fin dal 2016 per effetto di un provvedimento di distacco della società ### srl. Il mio orario di lavoro è articolato dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 17:36 e l'orario lavorativo della ricorrente era il medesimo con l'unica precisazione che rientrava alle 15:00 ed usciva alle ore 18:36. ### di lavoro dei dipendenti è affisso in bacheca e sottoscritto dai dipendenti medesimi. ### un foglio presenze mensile per ogni dipendente nel quale erano annotati gli orari di entrata e di uscita di ciascuno di essi. ### dispone di un dispositivo marcatempo ma è stato istallato pochi giorni prima dei fatti di causa. Non mi risulta che la ricorrente sia mai rimasta in servizio oltre le 18:36 in quanto, in quel caso, avrei dovuto autorizzarlo io e non ho mai provveduto a farlo. Al massimo poteva accadere che se un dipendente arrivava in servizio con dieci minuti di ritardo usciva dal lavoro dieci minuti dopo. Poteva, inoltre, capitare che la ricorrente mi chiedere di rientrare alle 14:00 per uscire alle 17:36, per sue esigenze personali”. 
Infine, il teste ### ha dichiarato:” ### il cognato del sig. ### che è responsabile amministrativo della resistente. Conosco la ricorrente in quando anche io lavoro alle dipendenze della resistente dal 14/11/2022 e sono attualmente in servizio …. Il mio orario lavorativo era articolato dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle 13:00 e dalle 14: alle 17:36 mentre la ricorrente rientrava alle 15:00 per andare via alle 18:36. ### restava aperto dalle 9:00 alle 18:36. In genere ero io il primo ad arrivare e ad aprire l'ufficio mentre la ### arrivava qualche minuto dopo. Sia io che la ricorrente avevamo le chiavi dell'ufficio. Da quando ho cominciato a lavorare (14/11/2022) il dispositivo marcatempo era già presente nei locali aziendali ma non ne era stata ancora completata l'istallazione, che è avvenuta circa una settimana dopo. In quel frangente, nel corso della settimana precedente, sia io che la ricorrente usavamo sottoscrivere il foglio presenze sia all'entrata che all'uscita”. 
Dalla complessiva lettura delle deposizioni testimoniali assunte in corso di causa da ritenersi particolarmente attendibili in quanto rese da persone a diretta conoscenza dei fatti di causa, non può, pertanto, ritenersi sufficientemente provato che la ricorrente abbia osservato l'orario lavorativo così come dedotto nel corpo del ricorso introduttivo così che nulla possa esserle riconosciuto a titolo di lavoro straordinario. 
Parte ricorrente lamenta, altresì, la mancata corresponsione della retribuzione dovutale per le mensilità di novembre 2022, dicembre 2022, 13° mensilità e TFR mentre parte resistente eccepisce l'avvenuto pagamento di tutto quanto a lei spettante come da documentazione contabile allegata al n. 9 del proprio atto introduttivo costituita da copie di bonifici bancari riportanti una data successiva alla risoluzione del rapporto di lavoro. 
Ciò posto, considerando le causali specificamente indicate nelle singole copie dei bonifici bancari allegati agli atti, possono in questa sede rilevare a fini probatori solo quelli del 09.01.2023 e del 22.12.2022 - entrambi recanti la causale “acconto stipendio 2022” - per un importo, rispettivamente, di € 200,00 e di € 350,00. 
Ne consegue che, in mancanza di qualunque altra prova al riguardo in merito all'effettivo pagamento del dovuto ed in considerazione del calcolo così come effettuato dal procuratore di parte ricorrente in ossequio all'ordinanza resa in data 20 05.2025 in quanto correttamente effettuato e scevro da vizi di qualsivoglia genere, la società resistente va condannata al pagamento, in favore di parte ricorrente, di € 5.382,50 a titolo di differenze retributive ed € 1.302,94 a titolo di ### per un totale di € 6.685,43, oltre accessori di legge. 
In proposito non si ritiene di condividere la contestazione mossa dalla società resistente al conteggio così come riformulato dal procuratore di parte ricorrente in quanto sostanzialmente limitata all'individuazione del percepito conteggiato nel rispetto dei criteri di cui all'ordinanza adottata. 
Passando, a questo punto, all'esame della domanda giudiziale relativa all'impugnativa del licenziamento disciplinare comminatole in data ### con la conseguente condanna della società resistente al pagamento del danno ex art. 8 L. 604/66 da quantificarsi nella misura massima indicata da tale norma, essa va accolta alla stregua delle considerazioni che seguono. 
In proposito parte ricorrente ha lamentato, oltre all'insussistenza del fatto contestato, la violazione del procedimento disciplinare per effetto di un ingiustificato ampliamento della contestazione disciplinare così come inizialmente formulata nonché la violazione del principio di proporzionalità. 
Ciò posto, nel corpo del ricorso introduttivo, in merito all'effettiva dinamica degli episodi a lei contestati, ha allegato le seguenti circostanze di fatto: in data ###, nel mentre era intenta ad eseguire gli ordini e le direttive dei suoi diretti superiori, essendo nello specifico impegnata in una conversazione digitale con il dott ### per il reperimento di alcuni documenti dall'archivio aziendale, era stata ripresa dal rag.  ### che, senza alcuna concreta motivazione, era entrato nella stanza dove era allocata la sua postazione lavorativa e, con fare perentorio, l'aveva invitata ad interrompere la conversazione; di conseguenza, stupita dalla condotta del rag ### gli aveva rappresentato, mostrando il proprio apparecchio telefonico, che era impegnata in una conversazione digitale con il procuratore della società, il dott Rae e non con altri soggetti; stante i toni perentori usati dal rag ### nei propri confronti, si era vista costretta ad interrompere la conversazione rappresentando con incredulità tale circostanza allo stesso dott Rae che, nell'immediatezza, si era espresso come da stralcio di conversazione allegato all'atto introduttivo del seguente tenore “ mi richiami immediatamente sono io che decido se poter usare il telefono o meno....”; pur avendo evidenziato tale circostanza al rag ### lo stesso si era espresso in modo sgarbato affermando “devi fare quello che dico io”; successivamente, durante lo spacco, all'incirca alle ore 14.00, il rag ### le si era avvicinato sottoponendole per la firma la lettera di contestazione formulata nel seguente tenore “in data ###, Lei utilizzava, nelle ore di lavoro, il telefono personale contravvenendo a quanto disposto nel regolamento aziendale da lei sottoscritto ed affisso in bacheca” (all 4); come emergeva chiaramente da tale lettera di contestazione, la società datrice inizialmente le aveva contestato solo la circostanza “peraltro non corrispondente al vero” di essere stata impegnata in una conversazione telefonica disattendendo precisi ordini e disposizioni aziendali; non essendo presente il legale rapp.te della società ### ed al fine di evitare ulteriori incomprensioni, aveva invitato lo stesso rag.  ### ad allontanarsi dalla propria postazione di lavoro dicendogli che avrebbe provveduto a firmare il documento per ricezione all'esito della pausa pranzo; in seguito a tanto il rag. ### si era allontanato senza fare più ritorno per cui, al termine della giornata lavorativa, non avendolo più incontrato e ritenendo l'episodio concluso e frutto solo di un momento d'ira passeggero, aveva fatto ritorno a casa senza riceve alcuna ulteriore indicazione; il giorno 28-11-2022, ovvero il lunedì successivo agli eventi, si era recata presso il luogo di lavoro e, nel mentre era intenta ad accedere al portone di via ### era stata raggiunta da un messaggio Wh, inoltrato dal rag. ### del seguente tenore: “### oggi non dovrai presentarti in ufficio in quanto a seguito dei fatti di venerdi sei stata sospesa cautelativamente. Ti è stata inviata venerdi stesso una raccomandata di contestazione che ti perverrà probabilmente tra oggi e domani ### Giornata”; trovandosi già sul luogo di lavoro era stata ricevuta nella stanza del rag. ### che, in presenza del sig ### le aveva manifestato tutto il suo disappunto per la condotta da lei tenuta riferendole che avrebbe preso dei provvedimenti severi nei suoi confronti ed invitandola ad allontanarsi dall'ufficio affermando di non farvi più ritorno poiché sospesa; il successivo 30-11-2022 si era vista recapitare la lettera di contestazione a mezzo raccomandata ###-1 che, contrariamente alla prima versione, aveva rappresentato una diversa ed ulteriore argomentazione dei fatti arrivando ad arricchire le circostanze con una singolare affermazione ovvero che avrebbe reagito all'ingiusta contestazione aggredendo verbalmente il suo diretto “superiore” rag ### definendolo “fascista”. 
A fronte di ciò la società resistente, a riprova dell'assoluta legittimità del licenziamento come in concreto intimato, ha offerto una ricostruzione della vicenda di cui è causa in termini totalmente differenti allegando nel corpo della memoria di costituzione le seguenti circostanze di fatto: in data ###, alle ore 10.00 circa, il responsabile rag. ### - fuori ufficio per motivi di lavoro - aveva telefonato in ufficio per richiedere alcune informazioni al sig. ### collega della ricorrente, chiedendogli, nell'occasione, di passargli al telefono la ### il sig. ### aveva riferito che non era possibile nell'immediato dal momento che la ### era impegnata al cellulare in una conversazione di carattere privato; giunto in ufficio verso le ore 12.10 circa, il rag.  ### si era recato nella stanza della ### che, nell'occasione, era intenta a chattare con il suo cellulare per cui, presa alla sprovvista ed imbarazzata, gli aveva riferito che gli sms che stava scrivendo erano diretti al dott. ### il rag ### aveva, quindi, contattato nell'immediato il dott. Rae il quale gli aveva confermato che, nella richiamata circostanza, non aveva affatto contattato la ricorrente per cui le si era rivolto evidenziando che quanto riferito non corrispondeva al vero, ribadendole che per le comunicazioni di servizio durante l'orario di lavoro doveva usare il telefono fisso aziendale e che l'uso del telefono cellulare era vietato dal regolamento aziendale affisso in bacheca, sottoscritto da tutti i dipendenti per presa visione e consegna; il giorno stesso, poco dopo l'accaduto, il rag. ### aveva convocato la ricorrente nella sala riunioni alla presenza del collega, sig. ### riferendole che, in considerazione del fatto che nonostante i reiterati rimproveri verbali aveva continuato ad usare il telefono cellulare per motivi personali durante l'orario di lavoro, dal giorno successivo avrebbe dovuto riporre il cellulare nella sua stanza, precisandole che avrebbe potuto in ogni caso chiedere di usarlo per motivi d'urgenza; a quel punto la ricorrente, con fare arrogante, rivolgendosi al suo responsabile, rag. ### con toni piuttosto alti, aveva riferito testualmente:” sei un fascista, io il mio cellulare non lo lascio nella tua stanza!”; attesa la gravità dell'accaduto ed alla luce del fatto che l'episodio era accaduto in un area coworking, dunque, in presenza di altre persone, le era stata recapitata a mezzo raccomandata la lettera di contestazione in atti cui era seguita l'intimazione del provvedimento disciplinare. 
Tanto premesso in ordine alla diversità della ricostruzione fattuale della vicenda di cui è causa così come riportata nei rispettivi atti difensivi e passando, a questo punto, all'esame delle deposizioni testimoniali, il teste ### ha dichiarato:” Indifferente. ### dipendente della società convenuta dal febbraio 2022 anche se vi ho lavorato fin dal 2016 per effetto di un provvedimento di distacco della società ### srl. ### il responsabile amministrativo della struttura ed il giorno 25/11/2022 ero fuori sede ed avevo chiamato il collega ### sul telefono fisso per avere alcune informazioni d'ufficio ed, in quell'occasione, gli avevo chiesto se poteva passarmi al telefono la ricorrente. In quella circostanza il sig. ### mi riferì che era impegnata al telefono in una conversazione personale sul cellulare. Preciso che l'ufficio è piccolo e che la ricorrente e il sig ### lavoravano su due scrivanie separate ma vicine così da formare una L ###. ### rientrato in ufficio intorno alle ore 12:00 e, nel recarmi nella mia stanza, ho visto la ricorrente chattare con il suo cellulare personale che ha provveduto a lanciare di sobbalzo non appena si è accorta della mia presenza. Dal momento che in azienda è consentito l'uso del telefonino cellulare per motivi personali solo dietro autorizzazione, essendo, in ogni caso, a disposizione dei dipendenti il telefono fisso nonché quello cellulare aziendale, ho chiesto alla ricorrente cosa stesse facendo con il cellulare e la stessa mi ha risposto che stava chattando con il sig. ### procuratore generale della società. In quell'istante ho contattato il sig Rae che mi ha riferito che non stava chattando con la ricorrente. Ho convocato verbalmente sia ### che la ricorrente in sala riunioni per discutere della questione relativa all'uso del cellulare, per cui ci siamo accomodati nella sala riunioni in cui ho chiarito, ulteriormente, le modalità di utilizzo del cellulare in azienda. In quel frangente ho avvertito la ricorrente e il sig ### che, qualora il comportamento fosse continuato, sarei stato tenuto a chiedere loro di portare i cellulari nella mia stanza per riporli sul mio mobiletto cosi che avrebbero potuto usarli solo dietro mia autorizzazione. In quella circostanza la ricorrente mi ha detto: “Tu questo non lo puoi fare. Sei un fascista” sbattendo i pugni sul tavolo. Preciso che il nostro ufficio è posizionato all'interno di uno studio di avvocati in cui abbiamo fittato due stanze, per cui l'affermazione della ricorrente, essendo stata proferita a voce alta, è stata udita da più persone. In quella occasione ho avvertito la ricorrente che sarebbe stato attivato un procedimento disciplinare. Il Giudice esibisce al teste il documento n°4 allegato alla produzione di parte ricorrente ed il teste risponde: “Non è la contestazione disciplinare che è stata notificata alla ricorrente, non so dire cosa sia e non so riferire sulla sua provenienza. La contestazione disciplinare che ha preceduto il licenziamento l'ho spedita personalmente verso le ore 17:00/18:00 di quella medesima giornata, tramite raccomandata, dopo averla letta e non è questa che mi viene esibita in visione. Non mi risulta che alla ricorrente, al momento della contestazione verbale, sia stata sottoposta in visione anche una contestazione scritta quale quella allegata al n° 4 che mi è stata esibita in visione e che avrebbe dovuto firmare stesso in quel momento. Se ben ricordo la domenica sera successiva all'episodio o forse lo stesso lunedì mattina verso le ore 7:00 ho avvertito la ricorrente che non si sarebbe dovuta presentare al lavoro in quella giornata in quanto le sarebbe stata recapitata una raccomandata, quella da me spedita il venerdì precedente, con cui, cautelativamente, veniva sospesa dal lavoro. Generalmente per comunicazioni di ufficio si è sempre provveduto con il telefono fisso oppure con il cellulare aziendale e, solo in casi eccezionali, tramite l'uso di telefoni personali…”. 
A sua volta il teste sig ### ha dichiarato:” ### il cognato del sig.  ### che è responsabile amministrativo della resistente. Conosco la ricorrente in quando anche io lavoro alle dipendenze della resistente dal 14/11/2022 e sono attualmente in servizio. Il 25 novembre 2022 partecipai anche io nella qualità di impiegato amministrativo alla riunione che si tenne poco prima delle 13:00 nei locali aziendali alla presenza anche della ricorrente e del responsabile amministrativo sig ### Nel corso della stessa riunione si discusse del divieto dell'uso improprio del cellulare durante l'orario lavorativo da parte di noi impiegati del settore amministrativo, all'epoca io e la ricorrente. Qualche ora prima della riunione il rag ### mi contattò non ricordo se sul telefono fisso o sul cellulare aziendale per informarsi su pratiche che stavo seguendo ed in quella circostanza mi chiese di passare il telefono alla sig.ra ### ma io gli risposi che ero impossibilitato a farlo in quanto si era allontanata dalla stanza per rispondere ad una telefonata sul suo cellulare privato. In quella circostanza io comunicai alla sig.ra ### che era a pochi metri da me, che il ### voleva comunicare con lei telefonicamente e quest'ultima mi rispose di attendere “un attimo “ ma, contestualmente, il sig ### mi riferì che non era più necessario in quanto a breve sarebbe arrivato in ufficio. Nel corso della riunione ### ribadì che nelle ore di lavoro il telefono privato non andava utilizzato e che, in ipotesi eccezionali, bisognava chiedere il permesso a lui, anche eventualmente per utilizzare la linea aziendale per esigenze personali. In quel medesimo contesto ### ribadì che la ricorrente era stata richiamata più volte e che avrebbe voluto non arrivare al punto di sottrarci i nostri telefoni personali per tenerli in una apposita postazione all'interno dell'ufficio, ma che lo avrebbe fatto qualora si fosse trovato costretto. A questo punto la ### si rivolse al sig. ### dicendo : “ questo non lo puoi fare, sei un fascista”. A quel punto ### le comunicò che avrebbe provveduto a comunicarle un provvedimento disciplinare, senza chiarire quale in concreto sarebbe stato. In quel contesto il ### non parlò di licenziamento. Non mi risulta che le comunicazioni di servizio avvenissero mediante l'uso di telefoni personali in quanto sia io che la ricorrente siamo sempre stati contattati, per le esigenze aziendali, o sul telefono fisso, o sul cellulare aziendale. 
Conosco il dott ### che è il procuratore della società. Non ho mai assistito a telefonate di quest'ultimo, per motivi lavorativi, sul cellulare personale della ricorrente. Prima della riunione, dal momento che le stanze sono attigue, ho sentito il sig ### contattare il sig Rae ma non so riferire il contenuto preciso della telefonata. Il mobilio dove è riposta tutta la documentazione aziendale è situato all'interno della medesima stanza ove erano posizionate le scrivanie mia e della ### Io non ho partecipato alla redazione di nessun provvedimento disciplinare ma nel pomeriggio fui incaricato dal ### di inviare una raccomandata alla ricorrente, cosa che, però, non riuscii a fare in quanto, pur essendomi recato all'ufficio postale sito a pochi metri dall'ufficio, lo trovai chiuso per cui ritornai in ufficio e riconsegnai la raccomandata al ### che mi disse che se ne sarebbe occupato personalmente. Ho avuto modo di leggere il contenuto dell'atto e si trattava della contestazione disciplinare. Dopo pochi minuti dalla riunione il ### andò via dall'ufficio per cui escludo che durante la pausa pranzo abbia consegnato la contestazione disciplinare nelle mani della ### Se ben ricordo l'episodio di cui ho parlato accadde di venerdì ed il lunedì successivo la ricorrente si presentò al lavoro in quanto non aveva ancora ricevuto la raccomandata. La mattina del lunedì il ### e la ricorrente arrivarono quasi contestualmente ed il primo le riferì che non avrebbe dovuto riprendere la sua attività lavorativa in quanto aveva provveduto ad inviarle una contestazione disciplinare a mezzo posta preannunciandole che doveva ritenersi sospesa dal servizio, cosa che disse di averle, tra l'altro, comunicato anche a mezzo whatsapp sul suo cellulare personale…. Per qualunque questione lavorativa sia io che la ricorrente dovevamo rivolgerci al sig. ### Io non ho mai intrattenuto conversazioni di carattere aziendale a mezzo whatsapp con il sig. ### né sul cellulare privato né, tantomeno, su quello aziendale”. 
In definitiva, dall'istruttoria testimoniale espletata in corso di causa da una parte è risultata del tutto smentita la circostanza - invocata dalla ricorrente a fondamento della lamentata violazione del procedimento disciplinare - inerente l'esistenza di una prima lettera di contestazione avente ad oggetto il solo uso improprio del cellulare per motivi personali durante le ore lavorative che si sarebbe rifiutata di firmare a mano per ricezione e, poi, illegittimamente ampliata “ad arte” ( con la conseguente legittimità del licenziamento così come effettivamente irrogato sotto il profilo formale) e, dall'altra, ha trovato conferma la circostanza inerente l'accusa da lei rivolta al rag ### suo superiore gerarchico, di essere un “fascista” alla presenza di un altro collega, così come contestatale nella contestazione disciplinare recapitatale a mezzo raccomandata e posta alla base del successivo provvedimento di licenziamento. 
Né alcun rilievo probatorio - al fine di confermare la veridicità della tesi attorea - può essere riconosciuto allo stralcio della conversazione allegato a mezzo whatsapp con il dott. Rae - allegato al n. 3 del ricorso introduttivo - del seguente tenore“ mi richiami immediatamente sono io che decido se poter usare il telefono o meno....” per due ordini di considerazioni: sia perché non vi è alcuna prova in atti della effettiva riconducibilità al dott. Rae del messaggio suindicato sia perché il suo stesso tenore smentisce - di per se solo - la ricostruzione fattuale della parte ricorrente così come effettuata nel corpo del ricorso introduttivo laddove costei - come già prima evidenziato - da una parte ha lamentato che, stante i toni perentori usati dal rag. ### nei propri confronti, si era vista costretta ad interrompere la conversazione rappresentando con incredulità tale circostanza allo stesso dott Rae che, nell'immediatezza, si sarebbe espresso come da stralcio di conversazione allegato all'atto introduttivo e dall'altro parte ha precisato che, solo successivamente, durante lo spacco, all'incirca alle ore 14.00, lo stesso rag.  ### le si sarebbe avvicinato sottoponendole per la firma la lettera di contestazione formulata nel seguente tenore “in data ###, Lei utilizzava, nelle ore di lavoro, il telefono personale contravvenendo a quanto disposto nel regolamento aziendale da lei sottoscritto ed affisso in bacheca” (all 4), laddove, al contrario, nel medesimo stralcio della conversazione con il dott. Rea allegato in atti già compare proprio la foto della lettera di contestazione suindicata che, invece, secondo il concreto concatenarsi degli eventi così come ricostruiti secondo la tesi attorea, non avrebbe dovuto essere ancora né redatta nè a lei sottoposta. 
Una volta confermata l'effettiva sussistenza della condotta così come contestata alla parte ricorrente nei termini sia di uso improprio del cellulare sul luogo di lavoro sia di impiego del termine “ fascista” nei confronti del rag. ### suo superiore gerarchico, all'interno del medesimo contesto aziendale ed alla presenza del collega ### è, certamente, a quest'ultimo profilo che occorre fare riferimento al fine di valutare la legittimità del licenziamento così come intimato sotto l'aspetto della lamentata violazione del criterio di proporzionalità. 
Ed, infatti, in relazione all'uso improprio del cellulare, dalla medesima contestazione disciplinare in atti si evince come esso fosse avvenuto - seppure in diversi contesti temporali - solo nel corso della giornata del 25.11.2022 così da non poter certamente integrare una giusta causa di licenziamento. 
In relazione alla contestata “ insubordinazione” valgono, invece, le seguenti considerazioni.  ### la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte quella di giusta causa di licenziamento è una nozione legale che prescinde dalla previsione del contratto collettivo.  ### delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi ha, al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, valenza meramente esemplificativa sicché non preclude un'autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla idoneità di un grave inadempimento o di un grave comportamento del lavoratore, contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile, a far venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore (cfr. in termini Cass. n. 7567/2020; Cass. n. 13411/2022; Cass. n. 19023/2019; Cass. 27004/2018 ed ivi le richiamate Cass. n. 14321/2017; Cass. n. 52830/2016; Cass. 9223/2015). 
Ne consegue che il giudice chiamato a verificare l'esistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo di licenziamento incontra solo il limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione, vale a dire alla condotta contestata al lavoratore, (oltre Cass. 27004/2018 e Cass. n. 14321/2017, citate, si veda anche Cass. n. 6165/2016; Cass. 19053/2005). 
Al giudice del merito è consentito, perciò, di escludere che un comportamento, pur sanzionato dal contratto collettivo con il licenziamento, integri una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo di licenziamento, avuto riguardo sia alle circostanze concrete che lo hanno caratterizzato sia alla compatibilità con il principio di proporzionalità. 
Stante, però, l'inderogabilità della disciplina dei licenziamenti, il giudice è sempre tenuto a verificare se la previsione del contratto collettivo sia conforme alle nozioni di giusta causa e giustificato motivo (in argomento, Cass. n. 6498/2012, in motivazione). 
Infatti, la scala valoriale recepita nel c.c.n.l. costituisce uno dei parametri cui fare riferimento ai fini del giudizio di sussunzione della fattispecie concreta nella clausola generale di cui all'art. 2119 c.c. Tuttavia, anche quando la condotta sia astrattamente corrispondente alla fattispecie tipizzata contrattualmente, occorre pur sempre che essa sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa, attraverso un accertamento in concreto della proporzionalità tra sanzione ed infrazione, anche sotto il profilo soggettivo della colpa o del dolo (v. Cass. n. 9396/2018; Cass. n. 28492/2018; Cass. 14063/2019, nonché Cass. n. 8826/2017; Cass. n. 27004/2018, Cass. n. 19023/2019). 
Ne discende che il giudice deve verificare la condotta, in tutti gli aspetti soggettivi ed oggettivi che la compongono, anche al di là della fattispecie contrattuale prevista ( n. 27004/2018, citata). 
Inoltre, ai fini della valutazione di proporzionalità, l'indagine giudiziale deve essere diretta non solo a verificare se il fatto addebitato sia o meno riconducibile alle disposizioni della contrattazione collettiva che consentono l'irrogazione del licenziamento, ma anche, attraverso una valutazione in concreto, se il comportamento tenuto, per la sua gravità, sia suscettibile di ledere in modo irreparabile la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la prosecuzione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, con particolare attenzione alla condotta del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti e a conformarsi ai canoni di buona fede e correttezza (v. Cass. n. 18195/2019). 
Nel caso in esame, l'art. 49 del ### di settore prevede che “ il lavoratore potrà incorrere nel licenziamento senza preavviso in tutti quei casi, anche non richiamati nel presente contratto, in cui la gravità del fatto non consenta la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto di lavoro quali, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, ...grave insubordinazione verso i superiori gerarchici”. 
Ciò posto, come già innanzi evidenziato, dall'istruttoria testimoniale espletata in corso di causa è emerso che il rag. ### - superiore gerarchico della ricorrente - l'aveva convocata nella sala riunioni alla presenza del collega, sig. ### riferendole che, in considerazione del fatto che nonostante i reiterati rimproveri verbali aveva continuato ad usare il telefono cellulare per motivi personali durante l'orario di lavoro, qualora il comportamento fosse continuato, sarebbe stato costretto a chiederle di portare il cellulare nella sua stanza per riporlo sul suo mobiletto cosi che avrebbe potuto usarlo solo dietro sua autorizzazione e che, a quel punto, la ricorrente si era rivolta nei suoi confronti riferendogli testualmente la seguente espressione:” sei un fascista, io il mio cellulare non lo lascio nella tua stanza!”. 
Tanto chiarito in termini di ricostruzione fattuale della vicenda de qua, va richiamato quell'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato secondo il quale il rifiuto di eseguire un ordine del proprio datore impartito in rapporto alla prestazione lavorativa, pur costituendo l'ipotesi più comune di insubordinazione - come recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione che ha ritenuto legittimo il licenziamento di un lavoratore che si era rifiutato di cambiare squadra di lavoro (Cass., Sez. Lav., 4 febbraio 2020, 2515) - non ne esaurisce la fattispecie. 
Invero, detta fattispecie si estende a qualsiasi comportamento che incide sull'osservanza di tutte le disposizioni per la disciplina del lavoro ricevute dal datore e dai suoi collaboratori in rapporto all'organizzazione in cui il dipendente è inserito. 
Come nel caso di specie, non è, tuttavia, necessario che tale comportamento abbia recato danno all'azienda; era stato, ad esempio, ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente che aveva abbandonato il posto di sorveglianza a cui era addetto (Cass., Sez. Lav., 10 gennaio 1986, n. 88) e, analogamente, quello di un addetto al controllo notturno delle apparecchiature che si era allontanato dal luogo ove stava svolgendo la sua prestazione lavorativa (### Roma, 10 luglio 1985). 
Ciò premesso, si rileva come la vasta casistica della Cassazione in materia sia raramente lineare nell'affrontare la fattispecie in esame, posto che non ogni alterco o mancanza di rispetto nei confronti dei superiori gerarchici integrano un'ipotesi di insubordinazione. 
Sul punto, si osserva, infatti, che la Suprema Corte non aveva ritenuto riconducibili alla nozione di insubordinazione grave - legittimante il licenziamento per giusta causa del lavoratore - le espressioni irriguardose (ma non minacciose) rivolte all'amministratore della società se effetto di una reazione emotiva ed istintiva a rimproveri ricevuti (Cass., Sez. Lav., n. 6569/2009), l'uso di parole offensive e volgari da parte di un lavoratore che si sentiva vittima di una maliziosa delazione (Cass., Sez. Lav., 11 febbraio 2015, 2692) o, ancora, la reazione ad atti del superiore gerarchico estranei al rapporto di lavoro e palesemente arbitrari, benché la reazione fosse stata espressa in modo qualificabile come illegittimo (Cass., Sez. Lav., 19 dicembre 1998, n. 12717). 
Parte della giurisprudenza ha, inoltre, statuito che al fine di qualificare l'insubordinazione va, altresì, considerata l'eventuale provocazione subita dal lavoratore (Cass., Sez. Lav., 5 settembre 2000, n. 11706). 
Nell'accertamento della sussistenza della fattispecie si assiste, dunque, ad un combinarsi di valutazioni oggettive e soggettive: quanto più lieve è la gravità oggettiva della condotta, tanto più marcata dovrà essere la intenzionalità della stessa perché il licenziamento sia legittimo. 
Ciò posto e passando, a questo punto, all'esame della fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, va, in via preliminare, evidenziato che il concetto di insubordinazione va qualificato come negazione della subordinazione e, cioè, come aperta contestazione dei poteri del datore e lesione del diritto del datore all'ordinato svolgimento della prestazione e del suo prestigio derivante dal buon andamento dell'azienda, richiedendosi, pertanto, in generale, la effettiva riferibilità del comportamento al contratto di lavoro. 
Sostiene parte resistente che in questo modulo sia da inquadrare anche il comportamento in esame in quanto contestazione, da parte della ricorrente, nei confronti del proprio responsabile per il suo modo di esprimersi e di realizzarsi nella gestione del potere gerarchico e, pertanto, da considerarsi non esterno al rapporto di lavoro. 
Giova, tuttavia, osservare che il rapporto di subordinazione investe lo spazio del potere assegnato al superiore (e dei simmetrici obblighi del dipendente a questi subordinato): non gli atti del superiore palesemente ed incontrovertibilmente (anche per illegittima forma) esterni a questo spazio. E, pertanto, la (pur non legittima) reazione ad atti caratterizzati da questa palese misura di estraneità (al rapporto di subordinazione) non costituiscono insubordinazione. 
E, nel caso in esame, il comportamento del rag. ### di minaccia di sottrarre il cellulare della ricorrente durante l'orario lavorativo per riporlo su un mobiletto all'interno della sua stanza così da consentirne l'utilizzazione solo previa sua specifica autorizzazione - cellulare costituente un bene di proprietà personale della dipendente e che, pertanto, non avrebbe potuto in alcun modo esserle legittimamente sottratto potendo l'uso abusivo dello stesso sul posto di lavoro essere tutt'al più oggetto di una specifica contestazione disciplinare ad esso relativa - non costituendo un modo di esprimersi e realizzarsi del superiore nella gestione del potere gerarchico, e' da considerarsi palesemente estraneo al rapporto di lavoro: ciò in quanto pur risultando che il suddetto comportamento sia stato materialmente attuato in occasione dell'effettivo esercizio delle mansioni di responsabile gerarchico nel corso di una riunione con la ricorrente e con un collega della stessa, esso resta ovviamente esterno rispetto ai normali poteri di un superiore gerarchico ed in tal modo non riferibile ai simmetrici obblighi del subordinato dipendente. 
E la reazione a questo comportamento non può ritenersi costituisca insubordinazione (peraltro disciplinarmente rilevante ai fini della controversia solo ove assuma grave misura) tale da determinare la lesione dei diritti e del prestigio del datore e la violazione degli obblighi di diligenza, dovendosi rilevare, al contrario, che il comportamento in controversia, non diretto contro il datore di lavoro bensì contro colui che usava in modo distorto dei relativi poteri, non sia riferibile al sinallagma contrattuale. 
In definitiva, le espressioni ingiuriose dirette al superiore gerarchico, quando costituiscono la reazione ad un comportamento offensivo e provocatorio, non costituiscono giusta causa di licenziamento, dovendosi, in proposito, sottolineare come la valutazione della gravità del fatto sia in realtà basata sull'elemento psicologico e, cioè, sul fatto che l'espressione ingiuriosa debba considerarsi di natura reattiva rispetto ad una provocazione. 
La reazione, pertanto, nella specie, è stata certamente eccessiva ma esclude l'insubordinazione per oltraggio in quanto non volta a contestare l'autorità gerarchica ma a reagire ad un comportamento ritenuto offensivo e provocatorio; a tal fine non hanno rilievo “i fatti in se” ma “la percezione” che di essi ha avuto il soggetto provocato ( Cass. n. 11706/2000). 
In definitiva, il concreto contesto in cui è stata adoperata l'espressione “ sei un fascista” lascia ragionevolmente ipotizzare che il riferimento al fascismo sia stato fatto in maniera indiretta, ossia involgendo un modo di comportarsi ritenuto arbitrario ed antidemocratico e non sia stato, invece, rivolto alla persona del superiore gerarchico; quindi, parte ricorrente non ha espresso un giudizio di valore negativo nei suoi diretti confronti essendo stata la finalità dell'espressione adoperata quella di esprimere una forma, sia pur irrituale, di protesta nei confronti di un ordine di servizio palesemente illegittimo. 
Tali elementi depongono nel senso di attribuire alla citata espressione il valore di una mera “intemperanza” in quanto tale inidonea a dimostrare una volontà di insubordinazione o di aperta insofferenza nei confronti del potere disciplinare e organizzativo del datore di lavoro. 
Pertanto, non si ravvisano sul piano della fattispecie imputata alla ricorrente, gli estremi identificativi dell'oltraggio e/o dell'ingiuria rivolta ad un superiore. 
Non sussiste, dunque, il fatto contestato alla ricorrente, nella sua accezione non solo materiale ma anche giuridica, per cui non si è realizzato un inadempimento sanzionabile con il licenziamento. 
Tanto premesso in ragione della data di assunzione di parte ricorrente va applicata la tutela prevista dal job act. 
Ciò posto, all'art. 3 D lgs 23/2015 “### per giustificato motivo e giusta causa” si prevede che “1. ### quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità”. 
A sua volta all'art. 9 “Piccole imprese e organizzazioni di tendenza” si prevede che “1. Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l'articolo 3, comma 2 e l'ammontare delle indennità e dell'importo previsti dall'articolo 3, comma 1, dall'articolo 4, comma 1 e dall'articolo 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità”. 
Nel caso di specie, trattandosi di un rapporto di lavoro intercorso tra le parti in causa dal 17.02.2022 al 13.12.2022 ed essendo pacifica l'applicabilità della sola tutela obbligatoria per il requisito dimensionale della società resistente così come si evince dalle conclusioni del ricorso introduttivo, quest'ultima va, pertanto, condannata al pagamento, in favore di parte ricorrente, di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari ad una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dall'atto di costituzione in mora del 09.01.2023 ( cfr. all. n. 9) all'effettivo soddisfo. 
Spetta, altresì, alla parte ricorrente, per effetto dell'illegittimità del licenziamento così come dichiarata, l'indennità sostitutiva del preavviso nella misura di legge. 
Sugli importo dovuti e così come accertati in questa sede vanno, altresì, calcolati gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dalle scadenze mensili per le differenze retributive e dalla cessazione del rapporto per il TFR e l'indennità sostitutiva del preavviso e fino al soddisfo.  ### della lite, solo in parte favorevole alla ricorrente, giustifica la compensazione delle spese processuali nella misura della metà. 
La restante parte segue la regola della soccombenza e si liquida come da dispositivo.  PQM Il Giudice del ### definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da ### con ricorso del 21.06.2023 nei confronti di ### s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t, così provvede: in parziale accoglimento della domanda giudiziale dichiara l'illegittimità del licenziamento intimato alla parte ricorrente in data ### e, per l'effetto, condanna la società resistente al pagamento, in suo favore, di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari ad una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dall'atto di costituzione in mora del 09.01.2023 all'effettivo soddisfo; condanna, altresì, la società resistente al pagamento, in favore di parte ricorrente, dell'importo pari ad € 6.685,43 ( al lordo delle ritenute previdenziali e fiscali) di cui € 1.302,94 a titolo di TFR oltre all'indennità sostitutiva del preavviso nella misura di legge ed oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali dalle scadenze mensili per le differenze retributive e dalla cessazione del rapporto per il TFR e l'indennità sostitutiva del preavviso e fino al soddisfo; condanna la società resistente al pagamento, nella misura della metà, delle spese di lite liquidate, per l'intero, in € 2.695,00 per compenso professionale, con attribuzione, oltre oneri accessori come per legge ed oltre ad € 259,00 a titolo di contributo unificato; compensa le spese per la restante parte.   Così deciso in Napoli in data ### 

Il Giudice
del ###ssa ### n. 11745/2023


causa n. 11745/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Dell'Erario Matilde

M
1

Corte di Cassazione, Sentenza n. 10635/2025 del 23-04-2025

... l'invio da parte del difensore del ricorrente di una lettera raccomandata riassuntiva dei fatti, s pedita in data 28 gennaio 2013. Pertanto, secondo il giudice di primo grado, anche tenendo conto della rinnovazione de lla citazione origin aria, avvenuta con la memoria integrativa del 10 gennaio 2014 (e pur considerando l'efficacia ex nun c della sanatoria), la d omanda risultava proposta nel termine di decadenza di cui all'art. 802 Nel motivo di rammenta altresì che, avendo il Tribunale rigettato nel merito la domanda di revocazione, escl udendo che l'intestazione della quota fosse ascrivibile ad un intento liberale del ricorrente, quanto alla decadenza si era fatto riferimento alla necessità di apprezzare le varie condotte in materia unitaria, il che non consentiva di ritenere intervenuta nemmeno pro parte la decadenza. Con gli altri motivi di appello si era poi insistito sulla sussistenza dell'animus donandi e sul carattere ingiurioso della condotta della convenuta. La Corte d 'Appello, secondo la prospettazione del ricorren te, avrebbe riconosciuto l'esist enza di una donazione indiretta da parte del marito in favore della moglie , quant o alla quota de l 50%, ed avrebbe altresì (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso 6116-2019 proposto da: ### rappresentato e difeso dall'avvocato ### giusta procura in calce al ricorso; ### e lettivamente domiciliato in ### alla ###.S. NITTI 11, presso lo studio dell'avvocato ### rappresentato e difeso dall'avvocato ### giusta procura in calce al ricorso; - ricorrenti - contro Ric. 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -2- ### rappresentata e dif esa dall'avvocato ### giusta procura in cal ce ai controricorsi; - controricorrente - avverso la sente nza n. 5529/2018 della CORTE D'###, depositata l'11/12/2018; lette le conclusioni scritt e del ### istero, nella p ersona del ### dott. ### che ha chiesto il rigetto del ricorso di ### Lette le memorie delle parti; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/03/2025 dal ###. ### udito il ###, nella persona del ### dott. ### che ha chiesto il riget to del ricorso di ### o ### e l'accoglimento de l terzo motivo del ricorso di ### udito l'avvocato ### per delega dell'avvocato ### e l‘avvocato ### per delega dell'avvocato ### RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con atto d i citazione notificat o in dat a 28 febbraio 2013, ### e ### rispettivamente padre e figlio, hanno convenuto, in nanzi al Tribunale di Milano, S imona ### chiedendo la revoca per ingratitudine della donazione indiretta fatta in favore di quest'ultima della quota del 50% della casa coniugale sita in ### - ### n. 6, di proprietà del marito ### per la restante parte. Ric. 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -3- Si costituiva in giudizio la convenuta, eccependo la nullità della citazione per indeterminatezza del petitum e causa petendi, e la decadenza dell'azione ex art. 802 c.c. nonché la nat ura di obbligazione naturale di tutt e le attribuzioni patrimoniali effettuate dal marito, e richiedeva la sospensione del giudizio per la pregiudizialità di quello di separazione personale proposto da entrambi i coniugi. 
Il Tribunale adito, dopo aver provveduto alla riunione del giudizio con al tro, introdotto il 2 ottobre 2015, avente ad ogge tto la medesima domanda ed un'altra di nullità (ovvero, in subordine, di revocazione per per ingrat itudine) de lla donazione della somma di € 14.92 9,29 ass eritamente effettuata da ### in favore dell a nuora S imona ### ha, con sentenza n. 6937/2 017, rigettato le pretese degli attori, condannandoli al pagamento in solido delle spese di lite liquidate in € 8.875,00 oltre accessori. In particolare, il giudice di prime cure, ritenuta la carenza di interesse del pad re ### per aver agito nell'interesse del figlio in entrambi i procedimenti, nel confermare la nullità della ci tazione int roduttiva - già dichiarata con ordinanza istrutt oria d el 14 ottobre 2013 - dichiarava la decadenz a ex art. 8 02 c.p.c. della domanda di revocazione quanto all'attività di sottrazione delle somme da parte della convenuta dal conto corrente cointestato ai coniugi, e respinta la domanda per la ritenuta assenza di animus donandi quanto alla cointestazione de ll'appartament o in ragione del vincolo coniugale ch e avrebbe giustificato l'arr icchimento conseguito con la gestione del conto cointestato, potenzialmente destinato al sostentamento della famiglia. Ric. 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -4- Avverso tale decisio ne, ### ci e ### hanno proposto appello innanzi all a Corte d'Appello di ### deducendo l'illegittimità della declaratoria di nullità della citazione introduttiva, della conseguente pronuncia di parziale decadenza dell'azione, nonché l'erro re di giudizio sulla ritenuta assenza di animus donandi in capo al padre ed al figlio. 
La conven uta ha resistito al gravame, eviden ziandone l'infondatezza domandandone il rigetto, e proponendo appello incidentale condizionato, per l'ipotesi di riconoscimento della donazione e di sua revocaz ione, finalizzat o ad ot tenere la restituzione della somma di € 28.500,00, asseritam ente impegnata per l'acquisto del bene nonché la restituzione del 50% della somma mutuata dala banca in occasione dell'acquisto. 
La Corte t erritoriale, con sentenza n. 5529 dell'11 dic embre 2018, nel respingere l'ap pello, ha confermato, con motivazione parzialmente difforme, la sentenza di primo grado, ritenendo la decadenza dell'azione promossa ai sensi dell'art. 802 c.p.c. e condannando gli appellanti alla refusione delle spese di lite.  2. Avverso tale sentenza ### e ### hanno disgiuntamente proposto ricorso, principale e successivo, basati rispettivamente su sei ed otto motivi.  ### resiste con due distinti controricorsi. 
Tutte le parti hanno d epo sitato memoria in prossimità dell'udienza.  3. Il primo motivo de l ricorso di ### denu ncia la nullità del processo, de gli atti, d ell'attività avversaria e della sentenza per la violaz ione e/o falsa app licazione de gli artt. 6 CEDU, 111 Cost., 42 quater R.D. n. 12/1941, 2 L. n. 57/2016, 5 Ric. 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -5- D. Lgs. n. 116/2017, nonché degli artt. 156, 158 e 159 c.p.c. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. quale conseguenza del fatto che la convenuta si sarebbe difesa in proprio in giudizio in qualità di avvocato, pu r essendo u n magistrato onorario del Tribunale di ### ed avrebbe altresì avuto come difensore un magistrato onorario, l'Avv. ### esercente funzioni giurisdizionali presso il medesimo Tribunale di ### A parere del ricorrente, la normativa sulla magistratura onoraria non solo non rigu arderebbe esclusivamente g li avvocati e di riflesso la loro deonto logia, ma avrebb e diretta attinenza all'ordinamento giudiziario e alla magistratura, strett amente correlata ai principi de ll'equo processo e dell'imparzialit à del giudice. 
Lo svolgimento di attività difensiva da parte dei due magistrati onorari avrebbe, quindi, determinato la nullità della sentenza di primo grado e di quella di appello. 
Il mot ivo è infondato, in quan to ritiene il Collegio che sia incensurabile l'affermazione del giudice di appello che ha ritenuto che, in assenza di una espressa previsione no rmativa che contempli l'attività svolta dal magistrato onorario quale difensore dinanzi alla stessa autorità giudiziaria presso cui svolga funzioni giurisdizionali, si è al cospetto di una situazione di incompatibilità che si riflet te sulla potenziale rilevanza discipl inare della condotta, senza però anche inficiare la validità degli atti compiuti. 
Appare pertinente il richiamo della Corte distrettuale al principio affermato da questa Corte secondo cu i sulla validità dell'atto posto in essere dal difensore, iscritto all'albo e munito di procura, non incidono eventuali situazioni di incompatibilità con l'esercizio ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -6- della professione, quali quelle discendenti dalla qualità di pubblico dipendente, che, sanzionabili sul piano disciplinare, non privano della legittimazione all'esercizio della professione medesima, fino a ch e persista de tta iscrizione (fattispecie relativa alla sottoscrizione dell'atto di appello da parte di un difensore, dipendente delle ### dello St ato - la cui immissione nell'### aveva mantenuto i suoi effetti pur dopo la trasformazione dell'### dello Stato in società per azioni - e successiva mente iscritto, senza contestazioni, nell'albo speciale di un Consiglio dell'ordine degli Avvocati; Cass. S.U.  5035/2004; Cass. S.U. n. 3034/1988; Cass. n. 1754/1984; n. 29462/2017). 
E' pur vero che le norme ordinamentali vietano agli avvocati che ricoprano le mansio ni d i giudici onorari l'esercizio della professione dinanzi all'ufficio giudiziario nel quale svolgono le funzioni di giudice onorario, ma t rattasi di incompatibilità assimilabile a quella alla quale fa nno riferimento, con i deb iti adattamenti, i precedenti richiamati, il che implica che, stante la pacifica iscrizione della contro ricorrente e del suo difensore all'albo e la loro abi litazione all 'esercizio d ella professione forense, non può desumersi alcuna invalidità per l'avere gli stessi assunto la difesa in una causa pendente dinanzi al Tribunale di ### ove sono incardinati come giudic i onorari, ril evando unicamente sul piano disciplinare, av endo in tale senso doverosamente il Tribunale disposto la trasm issione degli atti processuali al ### del Tribunale ai fini dell'attivazione del potere di vigilanza che gli compete (si veda anche Cass. S.U.  13456/2017, che in relazione alla condotta di un avvocato che ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -7- aveva patrocinat o una causa dinanzi all'ufficio giudiziario ove svolgeva le funzioni di giudice onorario, ha riconosciuto anche il concorrente esercizio del potere disciplinare da parte degli organi di categoria). 
Trattasi di considerazioni che app aiono dirimenti in ordine al profilo denunciato nel ricorso, potendosi in ogni caso sottolineare come il richiamo al dovere di imparzialità e terzietà del giudice non assume dire tta rilevanza nella fat tispecie, potendo infatti porsi solo in u na futu ra controversia nella quale si potrebbe dubitare dell'effettivo possesso di tali requisiti in capo al giudice onorario che sia chiamato a decidere una controversia rispetto ad una parte che sia stata sua avversaria in un procediment o dal medesimo patrocinato. 
Ma soccorrono in tale direzione gi istituti dell'astensione e della ricusazione che pe rmettono alla parte di poter rimediare ed evitare che la decisi one possa e sser assun ta da un iudex suspectus. Né risulta dedotto ch e nella fattispecie, anche in ragione dell'inserimento dei due legali nell'organico del Tribunale, vi sia stato un difetto di imparzialità o terzietà del giudice che ha deciso la controversia de qua, non avendo mai parte ricorrente proposto istanza di ricusazione.  4. Il second o motivo del ricorso di ### denunci a la nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., in relazione alla violazione degli artt. 6 CEDU, 25, 101 e 111 Cost., nonché degli artt. 158, 273 e 274 c.p.c. per la sussistenza di un vizio di costitu zione d el giudice e l'usurpazione del giudice naturale. A parere del ricorrente in primo grado sia il ### di sezione, con il provvedim ent o di rimessione del secondo ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -8- giudizio al giudice d el primo pro cedimento, sia quest'ult imo, designandosi quale giudicante per entrambi i giudizi, avrebbero dato luogo ad un vizio di costituzione del giudice, usurpazione del giudice naturale e non imparzialità del processo. 
In particolare , dopo la notifica del secondo atto di cit azione, il giudice designato aveva rimesso gli atti al ### del Tribunale che a sua volta ave va rimesso la secon da causa al giudice al quale era sta to asseg nato il giudizio scatu rente d al primo atto di citazione. 
Questi, però, no n aveva immediatame nte disposto la riunione delle due cause, n el mentre avrebb e invece dovuto immediatamente gli atti al giudice assegnatario della seconda causa, perpetrando in tal modo una violazione del principio del giudice naturale. 
Invece, ha disposto che le cause viaggiassero per varie udienze in parallelo, procedendo alla loro riunione solo in un successivo momento, ponendo in essere un'at tività che si connota come abnorme, risultando eviden te la violazione dell'art. 2 5 Cost, quanto al principio di precostituzione del giudice naturale, e dei principi della ### Anche tale motivo è infondato. 
La sentenza impugnata ha sottolineato come tra le due cause vi fosse una solo parziale identità oggettiva, atteso che nel secondo giudizio, oltre ad allegarsi il compimento di ulteriori condotte successive idonee a legittimare la revocazione per ingratitudine della donazione de ll'appartamento, il solo ### sosteneva che vi fosse stata anche un'altra donazione di somma ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -9- di denaro affetta da nullità o comunque suscettibile a sua volta di revocazione. 
E' st ato quindi eviden ziato che legittimamen te il giudice, cui erano state assegnate, a seguito di provvedimento presidenziale ex art. 2 74 c.p. c. entrambe le cau se, aveva inizialmente temporeggiato in ordine alla riunione, ma ciò a l fine di permettere ad entrambe le cause di pervenire allo stesso stadio di avan zamento, onde prevenire il rischio che la riunione n on potesse assicurare una loro trattazione unitaria, in ragione del diverso grado in cui versavano. 
Occorre ribadire che la decisione sull 'istanza di riu nione di pi ù cause, che si adegua al principio dell'economia dei giudizi, costituisce espressione del potere ordinatorio del giudice, che lo esercita quindi in m aniera incensurabile, sicché resta inammissibile l'impugnazione anche avverso il provvedimento che abbia semplicemen te omesso di pronunciare sull'invocata riunione di p rocedimenti distinti (cfr. ex multis Cass. ###/2021; Cass. n. 28539/2021, sul presupposto che poiché si tratta di provv edimen to che si fonda su valutazioni di mera opportunità, costituisce esercizio del pote re discrezionale del giudice e ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione e insindacabile in sede di legitt imità; Cass. 1310/1998). 
Ne deriva che non pu ò in alcun m odo essere sindaca ta la decisione del giudice, cui erano st ati rimessi en trambi i procedimenti, di non provvedere al l'immedia ta riunione degli stessi, dovendosi altre sì escludere che l'assegnazione da parte del presidente del tribunale assuma una portata vincolante in tale ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -10- direzione, come si ricava app unt o dallo stesso de ttato dell'art.  274 c.p.c., n orma qui applicata, che d ispone che al g iudice assegnatario sia rimessa l'adozione dei pro vvedimenti p iù opportuni, ivi incluso quello di non procedere alla riunione ovvero di soprassedervi temporaneamente. 
Deve perciò escludersi che la norma rechi in sé la regola secondo cui, una volt a non provv edutosi alla riun ione, i procedimenti debbano automaticamente rit ornare agli originari assegnatari, prevalendo invece la diversa asse gnazione dispos ta dal cap o dell'ufficio, che radica nel giudice dinanzi al quale è stata disposta la riunione, l'attribuzione del potere di decidere entrambe. 
Ma ancor più assorbent e rispetto al la censura mossa dal ricorrente è la considerazione che all'interno dello stesso ufficio giudiziario non è di n orma possibile invocare il princip io del giudice naturale ove si dibatta solo dell'individuazione del giudice persona fisica. 
E' stato più volte affermato che l'inosservanza del principio della immutabilità del giudice istruttore, sancito dall'art. 174 cod. proc.  civ., in difetto di una espressa sanzione di nullità, costituisce una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla validità degli atti e non è causa di nullità del giudizio o della sentenza (cfr. Cass. n. 7622/2 010) e ciò in quanto (cfr. Cass. 12982/2022) la trattazione della causa da parte d i un giu dice diverso da quello individuato secondo le tabelle, determinata da esigenze di organizzazione interna al medesimo ufficio giudiziario, pur in mancanza di un formale provvedimento di sostituzione da parte del presidente del tribunale, costituisce una mera irregolarità di carattere interno ch e, in difetto di una espre ssa ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -11- sanzione di nullità, non incide sulla validità degli atti, né è causa di nullità del giudizio o della sentenza (conf. ex multis Cass. 26327/2007, secondo cui la sostituzione di giudic i di pari funzioni, appartenenti al medesimo ufficio giudiziario, disposta al di fuori del procedimento di variazione tabellare, costituisce una mera irregola rità, e non incide sulla validità de i provved imenti giudiziari adottati).  5. Il terz o motivo del ricorso d i ### denunci a la violazione degli artt. 2909 e 2969 c.c., 324 c.p.c. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., nonché la nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell'art. 112 c.p.c., per aver la Corte terr itoriale erron eamente rite nuto intempestiva l'azione promossa dagli attori, incorrendo nel vizio di ult rapetizione e violazione del giudicato inte rno che si era formato sul punto. 
A parere del ricorrente la tempestivit à dell'azione e/o il rigetto dell'eccezione di decadenza sareb bero copert i dal giudicato interno e non potevano essere oggetto di ulteriore discussione. 
Evidenzia che il Tribunale, sebbe ne fosse pervenut o al rigetto della domanda d i revocazione della donazione della quota dell'appartamento, nell'esaminare l'eccezione di decadenza sollevata dall a convenuta, aveva rite nuto che la stessa fosse fondata unicamente in relazione alle asserite condotte distrattive delle somme versate sul conto corrente cointestato. 
Viceversa, quanto al compo rtamento ingiurioso collegato alla relazione extraconiugal e addebitata alla convenuta ed al suo comportamento successivo alla scoperta, la senten za appellata aveva ritenuto che la condotta ingiuriosa, individuata anche nella ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -12- complessiva trama volta a recidere il legame affettivo tra il padre e le figlie, aveva assunto un grado di gravità solo nel momento in cui era st ata effe ttivamente indiv iduata dall'attore, il che coincideva con l'invio da parte del difensore del ricorrente di una lettera raccomandata riassuntiva dei fatti, s pedita in data 28 gennaio 2013. Pertanto, secondo il giudice di primo grado, anche tenendo conto della rinnovazione de lla citazione origin aria, avvenuta con la memoria integrativa del 10 gennaio 2014 (e pur considerando l'efficacia ex nun c della sanatoria), la d omanda risultava proposta nel termine di decadenza di cui all'art. 802 Nel motivo di rammenta altresì che, avendo il Tribunale rigettato nel merito la domanda di revocazione, escl udendo che l'intestazione della quota fosse ascrivibile ad un intento liberale del ricorrente, quanto alla decadenza si era fatto riferimento alla necessità di apprezzare le varie condotte in materia unitaria, il che non consentiva di ritenere intervenuta nemmeno pro parte la decadenza. 
Con gli altri motivi di appello si era poi insistito sulla sussistenza dell'animus donandi e sul carattere ingiurioso della condotta della convenuta. 
La Corte d 'Appello, secondo la prospettazione del ricorren te, avrebbe riconosciuto l'esist enza di una donazione indiretta da parte del marito in favore della moglie , quant o alla quota de l 50%, ed avrebbe altresì ravvisato la ricorrenza dei presupposti per la revocazione per ingrat itudine nell a condotta d ella convenuta, ma, inopinatamente, avrebbe dichiarato la decadenza anche in relazione alle condotte anteriori alla detta missiva, e ciò in quan to la piena coscienza della con dotta a ntigiuridica d ella ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -13- moglie doveva essere collocata tra il settembre ed il dicembre del 2012, così che alla dat a de lla rinnovaz ione della citazione, avvenuta nel gen naio del 2014, era ormai decorso il termine decadenziale prescritto per legge. 
Si sottolinea però che, avuto riguardo al contenuto della sentenza impugnata, e considerato il contenuto dei mot ivi di appello principale, la Corte d'Appello non poteva autonom amente procedere ad una rivalutaz ione del dies a quo del termine di decadenza, dovendo ritenersi vincolato a quanto affermato d al Tribunale (ed essendo chiam ato a poter ope rare solo ad una rivalutazione in melius per gli appellanti principali), in assenza di un motivo di appello incidentale da parte della convenuta. 
Inoltre, una volta riscontrata l'erronea declaratoria di decadenza, la domanda di revocazione deve essere accolta, avendo la Corte riconosciuto sia la ricorrenza della donazione ind iretta sia l'antigiuridicità della condotta della controricorrente. 
Il motivo è solo in parte fondato. 
Come si ricava dal la lettura della se ntenza del Tribunale, ch e risulta riportata in maniera quasi inte grale nel mot ivo di impugnazione, effettivamente e ra stata ravvisata la decadenza solo in re lazione alle cond otte distrattive la cui cristallizzazione era fatta risalire al 23 dicembre del 2011. 
Quanto alle successive condotte addebitate alla convenuta si era ritenuto che il dies a quo della decadenza coincidesse con quello della missiva del 28 gennaio 2023, il che rendeva anche in parte priva di ri levanza la q uestione concernente l'e fficacia ex nunc della sanatoria dell'atto di citazione per i vizi dell'editio actionis. Ric. 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -14- Con l'appello principale era stata attint a solo la parziale declaratoria di decadenza, ma effett ivamente deve concordarsi con la difesa del ricorrente circa il fatto che il rigetto da parte del Tribunale dell'eccezione de qua, quan to ai fatti successivi alla condotta distrattiva, non fosse stata a sua volta oggetto di un motivo di appello incidentale. Rileva a tal fine la circostanza che l'appello incidentale, peraltro proposto in via condizionata, riguardava, per l'ipotesi in cui fosse stata accolta la domanda di revocazione, il ricono scimento del diritto alla restituzione della somma versata al fine di permettere l‘acquisto dell'appartamento, nonché della metà della somma mutuata dalla banca, sempre in vista dell'acquisto del cespite. 
Coglie nel segno la censura di parte ricorrente che, a fronte di un espresso rigetto (parzia le) dell'eccezione di decadenza, ritiene che fosse necessar ia la pro posizione di un motivo di app ello incidentale ###, affinché la Corte d'appello, come poi avvenuto, provvedesse a riscontrare la decadenza anche in relazione a quelle condot te per le quali era stata e sclusa l'intempestività della domanda. 
Cass. S.U . n. 11799/2017 ha affermato il principio per cui, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed in equivocamente, la valutazi one di infondatezza, la devoluzione al giudice d'ap pello de lla sua cognizione, da parte del conv enuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lit e, esige la proposi zione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, comma 2, c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -15- sensi dell 'art. 329, comma 2, c.p.c.), né sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccez ione non si a stata oggetto di alcun esame, diretto o in diretto, ad opera del giu dice di prime cure, chiarendosi, altresì, che, in tal caso , la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l'eccezione, se il potere di sua rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest'ultimo l'esercizio ex art. 345 , comma 2, c.p.c. (confor mi da ul timo, Cass. 25876/2024; Cass. n. 9505/2024). 
In assenza di appello incidentale da parte della ### alla Corte d'App ello era quindi precluso il riesam e della que stione della decadenza anche in relazione a quelle condotte per le quali era stata esclusa dal T ribunale, né può soste nersi che le conclusioni della comparsa di risposta in appello, con le quali si chiedeva di dichiarare la decadenza per i motivi tutti espositi in atti valga come ap pello incid ent ale, potendo al più essere apprezzata alla stregua di una mera riproposizione delle difese ex art. 346 c.p.c., che, p erò per quanto detto, non appariva modalità idonea a rendere ancora attuale per il giudice di appello la possibilità di rivalutare la questione decisa dal Tribunale (e ciò anche tacere del fatto che, a front e delle mo tivazioni della sentenza appellata, il mero richiamo alle difese esposte in atti, non appare evid entemente un a modalità di formulazione dei motivi di appello risp ettosa dei requisiti di specific ità imposti dall'art. 342 c.p.c.). 
Poiché, quindi, la Co rte d'Appello non poteva ritornare sull a decadenza quanto ai fatti successivi al cristallizzarsi degli episodi ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -16- distrattivi, la sentenza gravata, in accoglimento del motivo deve essere cassata. 
Non risulta però fondata la deduzione secondo cui la decisione di appello avrebbe anche accertato sia la ricorrenza della donazione indiretta sia la presenza degli elementi per la sua revocazione. 
Quanto alla prima, il passaggio della sentenza d'appello di cui al terzo capoverso dell a pag. 11, appare compiuto al solo fine di individuare in quale astratta fattis pecie sare bbe da ricondurre, ove prova ta, la vicenda dedotta in giudizio, ma deve altresì escludersi che vi sia stato un concreto accertamento circa il fatto che l'intest azione sia attribuibile ad un inte nto lib erale del ricorrente, anche in considerazione del fatto che la deci sione è stata evidentemente adottata sulla base della ragione più liquida, in ragione del carattere assorbente assegnato al riscontro della decadenza, che esimeva dal dover verificare anche l'effettiva ricorrenza della donazione indiretta.  ### è a dirsi quanto alla seconda deduzione, in quanto il passaggio motivazionale di cui al secondo capoverso della pag.  10, lungi dal riprodurre quello che è il convincimento della Corte, riporta piutto sto la tesi difensiva del ricorrent e e pr ecisamente indica le condotte che a suo dire avrebbero configurato la grave ingiuria legittimante la revocazione della donazione.  6. Il quin to motivo del ricorso di A rturo ### denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111 Cost. e 132, co.  2, n. 4, c.p.c. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., degli artt. 2 Cost., 163, 164 e 156 c.p.c. in relazione all'art. 360, co. 1, nn. 3 e 4, c.p.c., nonché l'omessa considerazione di fatti decisivi in relaz ione all'art. 360, co. 1 , n. 5, c.p.c ., per aver la Corte Ric. 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -17- territoriale rigettato la censura degli attori relativa all'illegittimità della declaratoria di nullità dell'atto di citazione con motivazione apparente e comunque manifestamente illogica e insanabilmente contraddittoria. In particolare, a parere del ricorrente, il giudice di secondo grado avrebbe confermato la declaratoria di nullità del primo atto di citazione, già di chiarata dal Tribunale, esclusivamente basandosi su un riconoscimento implicito degli attori dell'esist enza del vizio di nullità, trascurando tuttavia l'effettivo contenuto della cit azione che invece risultava pienamente conforme al dettato dell'art. 163, nn. 3 e 4, c.p.c. 
Il prim o motivo del ricorso d i ### analoga mente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 163, co. 3, nn. 3 e 4, e 164, co. 4 e 5, c.p.c. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver la Corte territoriale errato nel ritenere nulla per indete rminatezza della causa peten di e del petitum la citazione introduttiva del giudizio di primo grado. 
In particolare , a parere del ricorrent e, la Corte si sarebbe erroneamente limitata ad un mero confronto d elle conclusioni assunte dagli attori ne ll'atto di citazio ne introduttivo - con i l quale venivano denunciate le gravi ingiurie verso i donanti - con quelle dagli stessi riformulate nella memoria integrativa ex art.  164 c.p.c., ritenendo di conseguenza che il dubbio o l'ambiguità in ordine al soggetto legitt imato at tivo - se il padre, il figlio oppure entrambi - desse luogo ad indeterminatezza della domanda introduttiva. 
I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati. Ric. 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -18- Il Tribunale con l'ordinanza del 14 ottobre 2013, modificando il proprio precedente op inamento, ha ritenuto la nu llità della citazione del 2013 “per indeterminatezza dei requisiti relativi alla causa pet endi ed al petitum, facen do gli attori riferimento alla donazione di ### nei confronti della convenuta, poi chiedendo che venga dichiarata la revoca della donazione p er grave ingiuria nei confronti dei donanti, in tal modo risultando la legittimazione attiva anche di ### Maniaci”. 
In ott emperanza dell'ordine di integrazione della domanda, gli attori, sulla base dei medesimi fatti allegati, hanno chiarito che la grave ingiuria e ra da individuare ne i confronti del solo marito della convenuta, o ccorrendo quindi revocare la d onazione della quota indivisa effettuata da quest'ultimo. 
La Corte d'Appello ha poi condiviso la valutazione espressa dal Tribunale, ma ha tratto dalla nullità e dall'efficacia ex nunc che la legge annett e alla sua integrazione, l'effetto d ella decaden za della domanda di revocazione, con un esito che è stat o già ravvisato erroneo alla luce della disamina del terzo mot ivo del ricorso di ### Va al riguardo richiamato il principio espresso dalle ### secondo cui la nullità della citazione, ai sensi dell'art. 164, quarto comma, cod. proc. civ., p uò essere dichiarat a soltanto allorché l'incertezza investa l'intero contenuto dell'atto, mentre, allorché sia possi bile individuare uno o p iù domande sufficientemente identificate nei loro elementi essenziali, l'event uale difett o di determinazione di altre domande , malamente formulate nel medesimo atto, comporta l'improponibilità solo di quelle, e non anche la nullit à della ci tazione nella sua interezza, e che la ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -19- denuncia in sede ###vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un'attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell'att o introdutt ivo del giudizio per indeterminatezza dell'oggetto della domanda o delle ragioni poste a su o fondamento, fa sì che il giudice di legittimit à no n deve limitare la propria cognizione all'esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha v agliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti e d i documenti su i quali il rico rso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal cod ice di rito (ed o ggi, quind i, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.) (Cass. S.U. n. 8077/2012). 
Rilevato che i motivi in esame appaiono satisfattivi dei requisiti formali necessari per consentire alla Corte di p oter legittimamente accedere agli atti, ad avviso de l Collegio, la conclusione dei giudici di merit o in ordine alla nullità per vizi dell'editio actionis dell'originario atto di citazione non può essere condivisa. 
La stessa sentenza di questa Corte ha, poi, chiarito che la nullità della citazione si produce, a norma dell'art. 164 c.p.c., comma 4, solo quan do il petitum sia stato del tutto omesso o sia assolutamente incerto, oppure quando manch i del tutto l'esposizione dei fatti costituenti la ragione della domanda, e che, nello scrutinare la conformit à dell'atto al modello legale, ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -20- l'identificazione dell'oggetto della domanda va peraltro operata avendo riguardo all'insieme delle indicazioni contenute nell'atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, producendosi la nullità solo quan do, all'esito del predetto scrutinio, l'oggetto risulti "assolutamente" incerto. 
Tale valutazione va condotta in coerenza con la ragione ispiratrice della norma, che impone all'atto re di specifi care sin dall'atto introduttivo, a pena di nullità, l'ogget to della sua domanda: ragione che risiede nell'e sigenza di p orre imm ediatamente il convenuto nelle condizioni d i apprestare adeguate e puntuali difese (prima ancora che di offrire al giudice l'immediata contezza del thema decidendum). Ne consegue che non può prescindersi, nel valutare il grado d'incertezza della domanda, dalla natura del relativo oggetto e d alla relazione in cui, con esso, si trovi eventualmente la controparte: se tale, cioè, da consentire, comunque, un'agevole individuazione di quanto l'attore richiede e delle ragioni per cu i lo fa, o se, viceversa, t ale da rend ere effettivamente difficile, in difetto di maggiori specificazioni, l'approntamento di una precisa linea di difesa ( cfr. per il passato, Cass. n. 17023 del 2003 e n. 27670 del 2008 e, dopo l'intervento delle ### Cass. n. 11751/201 3, che ribadisce l'esigenza di garantire l'adeguato svolgimento del diritto di difesa da parte del convenuto). 
Alla luce di t ali coordin ate ermen eutiche, la valutazione del contenuto dell'atto di citazione del 2013 non può in alcun modo avallare il giudizio di nullità espresso dai giudici di merito. 
La norma di cui all'art. 164 c.p.c., quanto all'esposizione dei fatti, presuppone per la nullità la sua assoluta omissione, carenza che ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -21- non si ravvisa, av endo g li attori analitic amente riportato nelle prime pagin e della citazione le varie vicende patrimoniali che avevano permesso di addivenire all'acquisto dell'immobile di ### E' st ato ricordato come inizialmente ### fosse stato beneficiario di una donazione indiretta immobiliare da parte del padre, e che il bene così acquistato era stato poi rivenduto al fine di conseguire la provvista p er permet tere l'acquisto dell'appartamento per cui è causa, acquisto al quale aveva nuovamente contributo economicamente il padre. Alla pagina 3 si evidenzia come la donazione fosse avvenuta i n fav ore dell a convenuta ad opera del solo coniuge e tale ricostruzione trova poi il conforto del primo punto delle conclusioni dello stesso atto, nel quale si riferisce di una donazione indiretta dal padre al figlio per l'intero e dal secondo alla moglie per la quota. 
Né può sostenersi che l'oggetto, ovvero il petitum mediato, sia assolutamente incerto, per il fatto che si a stata chiesta la revocazione della d onazione per ingiuria della quale sarebbero stati vittime entrambi gli attori, indicati come donanti. 
Trattasi ragionevolmente di una cautela indotta dal fatto che le complesse vicende che avevano portato all'acquisto del secondo appartamento, ed alla cointestazione della quota in favore della convenuta, avrebbero potuto in ipotesi indurre a ritenere che, in relazione al contributo economico appo rtato dal padre in occasione dell'acquisto, la qualità di donante anche nei confronti della nuora fosse stata assunta da questi, e non anche dal figlio, ma ciò non determina una assoluta incertezza dell'oggetto della ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -22- domanda, che è chiaramente fi nalizzata a conseguire la revocazione della donazione della quota della metà. 
Una volta rinvenuta l'esauriente esposizione dei fatti di causa, ed una volta eventu almente raggiunta la prova degli stessi, l'accoglimento della domanda a favore de l solo marito ovvero anche del suocer o costituisce l'esi to di un apprezzament o di merito, essendo una diretta conseguenza dell'accertamento circa l‘effettiva assunzione della qualità di donante in capo ad entrambi o ad uno solo degli attori. 
Né può incidere sul tale conclusione la circostanza che gli attori abbiano inteso adempiere all'ordine di inte grazione della domanda, essendo evidente ch e si tratta di condot ta imposta proprio dall'adozione d el provvedimento, la cui inottem peranza avrebbe esposto gli attori stessi alle gravi conseguenze scaturenti dall'inerzia (conseguenze che oggi l'art . 183 quater c.p.c.  individua nel rigetto della domanda). 
Deve, pertanto , escludersi che l'avvenuta inte grazione della domanda, con la specificazione che la revocazione era richiesta dal solo ### ci ### equivalga al riconoscim ento implicito della nullità originaria dell'atto di citazione. 
Né potrebbe rilevare l'argomento che nella citazione non sia stata richiesta da ### la restituzione in proprio favore del bene donato, e ciò in quanto le conclusioni del la citazione del 2013, come accennato, sono n el senso che la richiesta di revocazione era avanz ata da en trambi i donanti, e che, trattandosi di donazione indiretta, e non essendo il bene donato proveniente dal patrimonio del donante, la revocazione, al pari di quanto affermatosi in mat eria di collazione o riduzione di ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -23- donazioni indirette, non potrebbe portare al recupero del bene in natura (Cass. n. 11496/2010; Cass. n. 3546 1/2022), ma al riconoscimento di un diritto di credito di importo corrispondente al valore del bene indirettamente donato. 
La senten za impugnata si palesa , quindi, erronea quanto alla conferma della d eclaratoria di nullità dell'originario atto di citazione, e deve pertanto essere cassata anche in parte qua.  7. Il quarto motivo del ricorso di ### d enuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6 ### 2, 3, 24 e 111 Cost., 1 1 preleggi, 164 c.p.c. e 802 c.c., in relazione agli artt. 360, co. 1, nn. 3 e 4, c.p.c., nonché l'omesso esame di un fatto decisivo per la controversia in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5, c.p .c., per av er la Corte territoriale, nel confermare la decadenza dell'azione, violat o i principi dell'equo processo e dell'affidamento incolpevole. ### il ricorrente, la Corte avrebbe dovuto fornire u n'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 164, co. 5, c.p.c., essendo tale n orma confliggente con i principi costituzional i di ragi onevolez za, proporzionalità e difesa nella parte in cui, in caso di nullità della citazione, fa salve le d ecade nze maturate ante riormen te alla rinnovazione o alla integrazione. Il termine annuale di decadenza, insuscettibile di atti interruttivi intermedi, sarebbe incompatibile, a p arere del ricorrente , con i tempi della giustizia civile e di gestione del ruolo da parte del giudice. 
Il quarto motivo del ricorso di ### analogamente, ed in subo rdine, denuncia la violazione e falsa interpretazione dell'art. 164, co. 5, c.p.c. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. e in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. per avere la Corte Ric. 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -24- territoriale erroneamente pronunciato la decadenza con riferimento a termini scaduti successivamente all'atto di citazione dichiarato nullo. Second o il ricorrente la Corte av rebbe dovuto fornire un'interpret azione costituzionalmente orientata dell'art.  164, co. 5, c.p.c., essendo tale norma confliggente con i principi costituzionali di ragionevolezza, propo rzionalità e difesa nella parte in c ui, in c aso di nullità de lla citazione, fa salve le decadenze maturate anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione. Il termine annual e di de cadenza, insuscettibile di atti interrut tivi intermedi, sarebbe incompatibile, a parere del ricorrente, con i tempi della giustizia civile e di gestione del ruolo da parte del giudice. 
I m otivi da esaminare congiun tamente , attesa la sostanziale identità delle critiche che po ngono, restano evid entemente assorbiti per effetto dell'accoglimento dei motivi di cui al punto che precede.  8. Il second o motivo del ricorso di ### den uncia la violazione e falsa applicaz ione degli artt. 802 c.c., 99 e 100 c.p.c., anche con riferimento all'art. 105, co. 2, c.p.c. in relazione all'art. 360, co. 1 , n. 3, c.p.c. pe r ave r la Corte territ oriale erroneamente disconosciuto l'interesse ad agire e la legittimazione dell'odierno ricorrente principale. 
In particolare, secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado avrebbe errato nel non riconoscere in capo allo st esso un interesse ad agire, consiste nte ne l riconoscimento g iudiziario della sua donazione indiretta e nel disconoscere che l'interesse ad agire possa e ssere rappresentato anche da un interesse essenzialmente morale a conseguire l'effetto della restituzione in ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -25- capo al figl io dell'int era proprietà dell'im mobile oggetto di donazione indiretta. 
Il terz o motivo del ricorso d i ### denuncia la violazione e falsa appli cazione dell' art. 802 c.c. in relazione all'art. 360, co. 1 , n. 3, c.p.c. pe r ave r la Corte territ oriale erroneamente pronunciato la decadenza dal l'azione di revocazione. In particolare , a parere del ricorrente, i fatt i ingiuriosi dedotti a sostegno della domanda di revocazione non potrebbero essere scomposti in singoli episodi, isolatament e considerati, ma andrebbero valutati complessivamente in quanto espressione durevole del sentimento di disistima delle qual ità morali e di irr ispetto sità del la dignità del donante, in ciò manifestandosi la ingratitudine sulla quale si fonda tale domanda di revocazione. La Corte non av rebbe p ertanto t enuto conto di tale continuità, intensità e durevolezza delle condotte ingiuriose nel valutare i tempi utili ad escl ude re la decadenza annu ale dell'azione proposta. 
Anche tali motivi re stano eviden temente assorbiti una volta riscontrata la erro neità de lla declaratoria di nullità dell'at to di citazione del 2013 (essendo stata effettuata anche la valutazione di dife tto di interesse prima dal ### unale e po i dalla Corte d'Appello sulla base del contenuto dell'att o di integrazion e a seguito del riscontro della nullità).  9. Il sesto motivo del ricorso di ### che denuncia la violazione e/o falsa appli cazione dell'art. 802 c.c., in relazione all'art. 360, co. 1 , n. 3, c.p.c., n ullit à della senten za ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. per la violazione degli artt. 111 Cost.,132, co. 2, n. 4, e 112 c. p.c ., nonché l'omessa ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -26- considerazione di fatti decisivi in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il termine decadenziale fosse iniziato a decorrere nel periodo tra settembre 2012 e dicem bre 2012, quando gli att ori avrebbero acquistato piena consapevolezza de ll'ingratitudine della convenuta, a differenza di quanto ritenuto dal ### il quale aveva fissato il termine al 28 gen naio 20 13, data di invio alla convenuta dell'ultima raccomand ata da parte del difensore dei ricorrenti, in cui venivano contestati ulteriori fatti ingiuriosi, resta assorbito per effetto dell'accoglimen to del terzo motivo del medesimo ricorso.  10. Il settimo motivo del rico rso di ### den uncia nullità della sentenz a per la violazione d el principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi de ll'art. 112 c.p.c., degli artt. 111 Cost. e 132, co. 2, n. 4, c.p.c. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., violazione degli artt. 99, 273 e 274 c.p.c., 801 e 2909 c.c. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.  nonché l'omessa considerazione di fat ti decisivi in relazione all'art. 360, co. 1 , n. 5, c.p.c. pe r ave r la Corte territ oriale omesso di decidere sulla domanda di cui al secondo procedimento incardinato, dimenticando di s tatuire su tutte le successive condotte ingiuriose ivi denunciate unitamente ed in progressione rispetto a quelle stesse condotte che erano state ogget to del primo procedimento. 
Il giudice di secondo grado, nel riunire le due cause postulando erroneamente la totale identità di cause, avrebbe inoltre omesso di fornire un'adeguata motivazione sul punto. 
Il motivo è assorbito. Ric. 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -27- La sentenza di appello, seppur erroneamente, per quanto sopra detto, ha ravvisato la decade nza avut o riguardo unicamente ai fatti dedot ti con il primo atto di citazione. Tu ttavia, risulta de l tutto omessa la disamina di quanto esposto con il secondo atto di citazione del 2 ot tobre 2015 , ove si richiamavano una serie di condotte, posteriori a quelle richiamate nel primo atto di citazione, le quali potrebbero essere valutate come costituire una progressione dell'atteggiamento ingiurioso in precedenza tenuto ovvero la manifestazione di un nuovo grave sentimento di avversione tale da giustificare ex se la revocazione de lla donazione. 
Per effetto della disposta riunione, il giudice di rinvio sarà perciò chiamato a valutare, non solo l'effe ttiva ricorrenza di una donazione indiretta, come era sollecitato dai motivi di appello principale avanzati dagli attori soccombenti, ma altresì, laddove tale prima verifica si risolva in senso affermativo, la ricorr enza dei presupposti per la revocazione per ingratitudine, alla luce del complesso deg li elementi fattuali alleg ati in entrambi gli att i di citazione.  11. Il qui nto motivo del ricorso di ### denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132, co. 2, n. 4, c.p.c. con riferimento all'art. 782 c.c. ed in relazione all'art.  360, co. 1, n. 4, c.p.c. per aver la Corte territoriale omesso di pronunciare sulla domanda introdot ta con il secondo atto di citazione, domanda che aveva più specificamente ad oggetto la restituzione della somma di euro 14.929,29, versata tramit e bonifico dal padre sul conto corrente cointestato al figlio ed alla nuora per nulli tà della don azione per vizio di forma e per ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -28- revocazione della stessa per ingratitudine, sempre limitatamente alla quota del 50%. Il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente applicato il termine decadenziale alla domanda di rimborso, trattandosi, i nvece, di una domanda non atti nente soltanto a revocazione per ingratitudine bensì alla nullità di una ulteriore donazione per difetto di forma, per la quale non opera invece il termin e decade nziale, ma il termine d i prescrizione dell'azione di ripetizione. 
Il motivo è infondato in quanto la sentenza di appello è pervenuta al rigetto della domanda de qua sulla base di una duplice ratio.  ### se da un lato ha ritenu to che la m aturata decadenza assorbisse anche la richie sta di revocazione dell a donazione del denaro, ha altresì specificato, con accertamento in fatto che non appare censurato dal motivo di ricorso, che in realtà dei versamen ti de quibu s unico beneficiario doveva intendersi il solo ### che si era servito delle somme bonificate per adempiere a propri debiti tribu tari, e che era in ogni caso carente la dimostrazione che i versamenti fossero stati effettuati con l'animus di beneficiare anche la nuora.  ### critica a tali valu tazioni rende perciò inammissibile il mezzo di impugnazione.  12. ### motivo del ricorso d i ### denun cia la violazione e/o omessa applicazione degli artt. 769 e 801 c.c. in relazione all'art. 360 , co. 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte territoriale assorbito la quest ione relativa all'esistenza della donazione indiretta no nché la verifica dei gravi comportam enti ingiuriosi costituenti ingratit udine secondo la medesima Corte.  ### il ricorrente, il giudice di secondo grado, sebbene avesse ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -29- riconosciuto la sussistenza, nel cas o di spe cie, della donazione indiretta dal marito alla moglie del 50% della casa coniugale nonché il fatto che il compendio probatorio documentale versato in primo grado attesterebbe l'ingratitudine della controricorrente, ha omesso di statuire sul punto. 
Il sesto mo tivo del ricorso di ### iaci denunci a la violazione ed omessa applicazione degli artt. 769 e 801 c.c. in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per le medesime ragioni indicato nell'omologo motivo del figlio. 
I m otivi, da esaminare congiuntame nte pe r la loro sostanziale sovrapponibilità, sono inammissibili. 
Ed, infatti, una volta ribadito che d eve escludersi c he sia l'esistenza della donazione indiretta che la ricorrenza della grave ingiuria abbiano co stituito degli accertamenti effe ttivamente compiuti dal giud ice di appell o, è evidente che gli ste ssi sono risultati assorbiti per e ffetto dell'erronea declaratoria di decadenza. 
Trattandosi quindi di temi assorbiti nella sentenza d'appello, va richiamato il principio per cui nel giudizio di legittimità introdotto a seguito di ricorso per cassazione non possono trovare ingresso, e perciò non sono esam inabili, le question i sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell'accoglimento di un'eccezione pregiudiziale, con la conseguenza che, in dipe ndenza della cassazione della sent enza impugnata per l'accoglimento del motivo attinente alla questione assorbente, l'esame delle ulteriori questioni oggetto di censura va rimesso al giudice di rinvio, salva l'eventuale ricorribilità per cassazione avverso la successiva ### 2019 n. 6116 sez. ### - ud. 14-01-2025 -30- sentenza che abbia aff rontato le sud dette questioni precedentemente ritenute superate (Cass. n. 19442/2022; n. 28530/2022; Cass. n. 23558/2014). 
Poiché le questioni il cui esame è sollecitato non potevano essere devolute a questa Corte, i motivi in esame sono inammissibili.  13. La sentenza è perciò cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d'Appello di ### in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio. 
Va infin e disattesa la richiesta di cancellazione delle asserite espressioni offensive, come richiamate a pag. 21 della memoria della controricorren te, trattandosi a ben vedere di legittima espressione del diritto di difesa, consistendo nella narrazione di fatti funziona li alla tesi sostenuta, e senza ch e eccedano dai doveri di lealtà e probità.  PQM La Corte accoglie il terzo ed il quanto motivo del ricorso di ### nonché il primo motivo del ricorso di ### nei termini di cui in motivazione, rigetta i primi due motivi del ricorso di ### dichiara inammissibili l'ottavo mot ivo del ricorso di ### ed il quinto e sesto motivo del ricorso di ### ed assorbiti gli altri motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di ### in diversa composizione. 
Così deciso in ### nella ### a di consigl io della ### 

Giudice/firmatari: Manna Felice, Criscuolo Mauro

M
4

Tribunale di Roma, Sentenza n. 1679/2024 del 30-01-2024

... data ###, l'Avv. ### per conto della ###ra ### con lettera raccomandata A/R indirizzata alla società ### S.r.l., chiedeva alcuni chiarimenti circa la gestione della società, lamentando, nello specifico, l'illegittima assunzione della delibera assembleare dell'08.10.2015 - con cui veniva deliberato il ripianamento delle perdite mediante versamenti da parte dei soci - per la mancata ricezione, da parte della ###ra ### dell'avviso di convocazione e la violazione dell'art. 2481 bis c.c.. Lo stesso faceva, inoltre, presente che la ###ra ### aveva già comunicato alla società, prima dell'invio della missiva in oggetto, la propria volontà di esercitare il diritto di recesso e, pertanto, chiedeva di liquidare la quota sociale alla ###ra ### ovvero la messa in liquidazione della società, diffidando espressamente il #### a non dare seguito alla delibera assunta dalla società in data ###, ritenuta dallo scrivente procuratore illegittima, avvertendo, infine, che in difetto sarebbe stato costretto ad adire l'autorità giudiziaria penale e civile a tutela dei diritti e degli interessi della ###ra ### Il presente giudizio veniva instaurato dal #### il quale, nelle more, decedeva in data ###; il (leggi tutto)...

testo integrale

RG 57757/2016 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA SEZIONE VIII CIVILE In composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. ### ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile in primo grado iscritta al n. 57757 del registro generale degli affari civili contenziosi dell'anno 2016, vertente TRA ### (C.F. ###), nata a ### il ###, rappresentata e difesa dagli Avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. ### in #### delle ### n. 3; - attrice - E ### (C.F. ###), nata a ### il ###, rappresentata e difesa dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ####### n.3; - convenuta - Oggetto: revocazione di donazione per ingratitudine ex art. 801 Conclusioni delle parti: come in atti.  RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione, ritualmente notificato, il #### padre della ###ra ### la quale proseguiva il giudizio in seguito al decesso del primo, ai sensi dell'art. 302 c.p.c., conveniva la ###ra ### dinanzi al Tribunale di ### per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “### all'###mo Tribunale adito, contrariis reiectis, Preliminarmente in ### ex art. 337 c.p.c. 1) sospendere il presente giudizio RG 57757/16 ex art. 337 II° co. c.p.c. o per diversa previsione di ### avendo nel successivo giudizio RG 7266/17, invece promosso con citazione 24 Gennaio 2017 dalla ivi attrice signor ### nei confronti del signor ### con sentenza n. 17961/19 il Tribunale di ### sancito il valido acquisto in proprietà del 45% della partecipazione sociale della ### s.r.l. da parte del ### nel Dicembre 2016, oggetto del gravame RG 69020/19 depositata; ### Preliminarmente in ### ex artt. 163 III° co n. 7, 166, 167 II° co. e 155 c.p.c. 2) Accertare e dichiarare che, in relazione alla I° udienza indicata dall'attore ex art. 163 III° co. n. 7 c.p.c. alla data del 12 Dicembre 2016, la convenuta signora ### costituita il 23 Novembre 2016, come risultante dagli ### del ### 57757/16, che si allega, e non il 22 Novembre 2016 come indicato in detto atto depositato in forma cartacea e privo di deposito della ### 3) Accertare e dichiarare che la costituzione della convenuta signora ### alla data del 23 Novembre 2016 è tardiva perché in violazione degli artt. 163 III° co. n. 7,166 e 155 I° co. c.p.c., e del termine di “almeno 20 giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione” stabilito dall'art. 167 II° co, tempestivamente eccepita per l'attore a verbale della I° udienza, 4) Accertare e dichiarare l'intervenuta decadenza ex art. 167 II° co. c. p.c. della convenuta signora ### per le eccezioni processuali e di merito svolte nella sua comparsa di costituzione, in difetto delle relative allegazioni documentali e di loro espletamento; ### 5) ### validamente proposte le domande attoree formulate anche ex art. 183 nn. 1 e 2 c.p.c. 6) Dichiarare validamente depositati nel presente giudizio i documenti attorei introdotti ex art. 183 nn. 1 e 2 c.p.c., e la predetta sentenza n. 17961/19; ### 7) ### le domande attoree formulate ex art. 163 c.p.c., come integrate ex artt. 183 nn. 1 e 2 c.p.c., per l'annullamento per ingratitudine della donazione del 45% della partecipazione sociale della ### s.r.l. effettuata dal signor ### a ### con rogito not. Miele 5 Luglio 2011, divenuta bene ereditario relitto dal predetto, deceduto il 10 Dicembre 2017, con subentro dell'attuale attrice e figlia signora ### in questa posizione sostanziale e processuale di erede per il 50% mediante ### ex art. 302 c.p.c. in data 13 Febbraio 2018; 8) ### le avverse domande perché non vere in fatto, erronee in diritto e totalmente prive di prova, in violazione dell'art. 2697 c.c. Con vittoria di onorari e di spese di lite. Salvis iuribus”. 
A seguito di rituale notifica del predetto atto di citazione, si costituiva in giudizio la ###ra ### rassegnando le seguenti conclusioni: “### l'adito Tribunale, per i fatti, le circostanze e le causali di cui innanzi rigettare le domande attoree, perché assolutamente inammissibili ed improcedibili, nonché infondate in fatto ed in diritto. Ricorrendone i presupposti, voglia condannare l'attore ex art. 88 e 96 c.p.c.; voglia condannare l'attore alla rifusione delle spese e dei compensi del presente giudizio, da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore antistatario ex art. 93 c.p.c.”. 
In sintesi, il #### padre delle ###re ### e ### donava alle proprie figlie, con atto ai rogiti del ### di ### in data ###, repertorio 9515, raccolta n. 5567, il 45% ciascuna, delle quote della ### S.r.l., per un valore nominale di € 4.080,00 ciascuna, restando il donante titolare della quota residua della detta società, del valore del 10%.  ###.ra ### si trasferiva all'estero, mentre la società veniva amministrata dalla sorella ### stante la sua assenza dall'### la ###ra ### chiedeva alla società ### S.r.l., con diverse lettere raccomandate depositate in atti, chiarimenti circa la gestione della società. 
In data ###, l'Avv. ### per conto della ###ra ### con lettera raccomandata A/R indirizzata alla società ### S.r.l., chiedeva alcuni chiarimenti circa la gestione della società, lamentando, nello specifico, l'illegittima assunzione della delibera assembleare dell'08.10.2015 - con cui veniva deliberato il ripianamento delle perdite mediante versamenti da parte dei soci - per la mancata ricezione, da parte della ###ra ### dell'avviso di convocazione e la violazione dell'art. 2481 bis c.c.. 
Lo stesso faceva, inoltre, presente che la ###ra ### aveva già comunicato alla società, prima dell'invio della missiva in oggetto, la propria volontà di esercitare il diritto di recesso e, pertanto, chiedeva di liquidare la quota sociale alla ###ra ### ovvero la messa in liquidazione della società, diffidando espressamente il #### a non dare seguito alla delibera assunta dalla società in data ###, ritenuta dallo scrivente procuratore illegittima, avvertendo, infine, che in difetto sarebbe stato costretto ad adire l'autorità giudiziaria penale e civile a tutela dei diritti e degli interessi della ###ra ### Il presente giudizio veniva instaurato dal #### il quale, nelle more, decedeva in data ###; il giudizio veniva, quindi, proseguito dalla sig.ra ### in qualità di sua erede, ai sensi dell'art. 302 c.p.c. 
In particolare, la parte attrice riteneva si configurasse la fattispecie dell'ingiuria grave nei confronti del donante ### nella parte della suddetta missiva in cui la ###ra ### per mezzo del suo legale Avv. ### diffidava il #### avvertendolo che in mancanza sarebbe stata costretta ad adire l'autorità giudiziaria civile e penale a difesa dei suoi diritti; cosa che, in effetti, la ###ra ### fece, agendo successivamente in giudizio, con ricorso ex art. 700 e 669 c.p.c., con cui veniva chiesto di accertare il comportamento illecito della società ### S.r.l. e di emettere i relativi e conseguenti provvedimenti. 
Orbene, deve preliminarmente rigettarsi la richiesta di sospensione come formulata dall'attrice in sede di udienza di precisazione delle conclusioni, avendo i due giudizi (il presente e quello rubricato al numero 7266/2017, definito con sentenza numero 17961/2019 oggetto di gravame) oggetti diversi (revocazione di donazione il primo, impugnazione di delibera assembleare il secondo) e non strettamente connessi, non dovendo, quindi, ritenersi sussistenti i presupposti per l'applicazione dell'art. 337, 2° comma c.p.c. 
In ordine alla domanda di revocazione della donazione posta all'attenzione di questo giudicante, si evidenzia, preliminarmente, il contenuto dell'art. 801 c.c. che statuisce: “la domanda di revocazione per ingratitudine non può essere proposta che quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti dai numeri 1, 2 e 3 dell'art. 463 c.c., ovvero si è reso colpevole d'ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi degli articoli 433, 435 e 436”. 
All'infuori dei casi sopra descritti e dell'ipotesi di sopravvenienza di figli - di cui all'art. 800 c.c. - la donazione non può essere revocata, in quanto il legislatore consente al donante di ottenere la retrocessione del bene donato, solo in ragione delle suddette particolari circostanze sopravvenute: ciò in quanto, l'atto di donazione, con cui un soggetto si spoglia di un bene o di un diritto, con spirito di liberalità, al fine di arricchire un altro soggetto, viene considerato dal legislatore un atto i cui effetti dovrebbero essere pressocché stabili nel tempo, avendo previsto, proprio per la sua importanza, anche una serie di formalità per il suo compimento (artt. 782 c.c. e 48, L. n. 89 del 1913). 
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha descritto più volte la natura e i caratteri tipici della fattispecie dell'ingiuria grave, in particolare, tra le tante pronunce sulla materia in oggetto, la più recente, sentenza n. 13554 del 2022 della Cassazione, secondo la quale: “### grave richiesta dall'art. 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all'onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriorizzata, ossia resa palese ai terzi, mediante il comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero invece improntarne l'atteggiamento, a prescindere, peraltro, dalla legittimità del comportamento del donatario” (in tal senso cfr. anche Cass. n. 20722 del 2018; n. 22013 del 2016). 
Ancora, la Corte di Cassazione, con ### n. 17188 del 2008, precisava: “La manifestazione, nel comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero invece, improntarne l'atteggiamento, non può essere desunto da singoli accadimenti che, pur risultando di per sé censurabili, per il contesto in cui si sono verificati e per una situazione oggettiva di aspri contrasti esistenti tra le parti, non possono essere ricondotti ad espressione di quella profonda e radicata avversione verso il donante che costituisce il fondamento della revocazione della donazione per ingratitudine”. 
Nel merito di quanto sottoposto alla cognizione di questo giudicante, non si ritiene sussistente alcuna ipotesi di ingiuria grave nei confronti del #### tenuto conto anche del sopra esposto orientamento prevalentemente sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità. 
Nel caso di specie, a ben vedere, la donataria, esercitando il suo diritto di socio, diffidava il padre, soggetto che rivestiva la qualità di amministratore unico della Co.fe.me. S.r.l., dall'eseguire una data delibera assembleare che, secondo la donataria, era stata illecitamente assunta dalla società e agiva, successivamente, in giudizio nei confronti della società medesima, al fine di sentire dichiarare la nullità della delibera assembleare assunta in quella sede. 
Orbene, nella detta condotta, posta in essere dalla ###ra ### non è ravvisabile un comportamento ingiurioso nei confronti del donante, posto che la donataria si limitava a compiere attività necessarie per la tutela dei suoi diritti sociali; né assume rilevanza, l'eventuale infondatezza delle azioni intraprese, dovendosi altrimenti sostenere che al donatario non sarebbe possibile, per tale sola qualità, proporre un'azione volta ad accertare un illecito compiuto dal soggetto donante. 
Peraltro, dalla suddetta missiva, inviata dall'Avv. ### per conto della ###ra ### non mergono espressioni offensive nei confronti dell'onore e del decoro del donante: la stessa missiva riporta quale destinatario la società e, comunque, le frasi rivolte direttamente al #### non risultano idonee a denigrare e offendere la sua persona. 
In definitiva, né dal tenore letterale della suddetta missiva né, tantomeno, dal fatto in sé di agire giudizialmente nei confronti del padre donante, a tutela di diritti e prerogative sociali, è possibile ravvisare in maniera puntuale e specifica atteggiamenti o esternazioni denigratorie rivolte da parte della donataria al donante. 
Conseguentemente la domanda attorea deve essere integralmente respinta. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, tenuto conto del valore indicato in atti, come da dispositivo.  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: - rigetta la domanda di parte attrice per le ragioni indicate in parte motiva; - condanna ### a rifondere le spese di lite sostenute da ### e che liquida in complessivi € 3.230,00 a titolo di compensi professionali, oltre iva, c.p.a. e rimborso spese generali nella misura del 15% come per legge, con distrazione in favore dell'Avv. ### procuratore costituito, dichiaratosi antistatario.  ### 29/01/2024. 
IL GIUDICE Dott. ### redatta con la collaborazione della Dott.ssa #### addetto all'### per il processo.  

causa n. 57757/2016 R.G. - Giudice/firmatari: Erasmo Gabriello

M
1

Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sentenza n. 2660/2022 del 15-11-2022

... impugnato e contestato in toto il contenuto della lettera di contestazione, fornendo le proprie spiegazioni, consistenti nel fatto di essersi limitata ad acquistare alcuni capi, “previa adeguata misurazione, tanto dopo aver messo da parte in luogo aperto e visibile, alle colleghe”, e, soprattutto, dopo averle informate della esistenza delle buste con i capi. Aggiungeva, poi, che alcuni degli indumenti descritti, al momento della contestazione, non erano stati neanche consegnati al negozio di ### in cui la ricorrente si trovava. Concludeva, infine, per l'immediato reintegro nelle proprie funzioni. A seguito di tali giustificazioni, con successiva comunicazione raccomandata del 22.01.2016, le veniva intimato il licenziamento, intimando, senza preavviso, il licenziamento disciplinare. La ricorrente deduceva, di aver impugnato il licenziamento, con raccomandata AR del 03.02.2016.. ### riferiva, poi, di aver depositato denuncia-querela presso la stazione dei ### di ### fornendo la propria versione dei fatti contestati, e di aver aggiunto, in tale sede, che, nelle circostanze già richiamate - oggetto di esposizione nel presente procedimento - il ### avrebbe commesso nei suoi confronti (leggi tutto)...

testo integrale

###### nella persona del Giudice dott.ssa ### in funzione di Giudice del ### all'esito di trattazione cartolare, in data ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 4510/2016 promossa da: ### rappresentata e difesa dall'avv. ### elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in #### alla via dei ### 66 RICORRENTE ### s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. ### elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in #### alla via ### D'### 5 RESISTENTE ### E DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data ###, la ricorrente indicata in epigrafe esponeva di aver lavorato alle dipendenze della ### s.r.l. dal 07.09.2010 al 12.01.2016, nel settore del commercio di biancheria personale, maglieria e camicie, presso le sedi di ### e di ### e, dal 28.11.2015, nel punto vendita di ### con la qualifica di commessa, con applicazione del ### del ### - livello VI; affermava di aver lavorato presso detti negozi sotto le direttive del sig. ### amministratore e legale rappresentante della società, nonché dalla sua collaboratrice #### riferiva, di essere stata sottoposta, in data ###, a contestazione disciplinare, con contestuale sospensione cautelativa, con cui il sig. ### le comunicava che, nel periodo prenatalizio, avrebbe “messo da parte” - conservandoli in alcune buste di plastica - diversi indumenti di biancheria intima e pigiameria, destinati a regali personali e, a detta delle responsabili del negozio, non pagati. Specificava, poi, di essere stata accusata di aver indossato suddetti capi “in ben tre giorni e durante gli orari lavorativi”. Ancora, si comunicava con la citata lettera di contestazioni che, in data ###, che, quando si era presentata in cassa per pagare i capi “prenotati”, la quantità degli stessi sarebbe risultata notevolmente inferiore e che, “alla precisa domanda di dove si trovassero gli altri indumenti, era stato risposto che i capi non pagati erano stati riposti; tutto ciò determinava nel datore di lavoro la formalizzazione di una contestazione relativa agli obblighi di sistemazione e conservazione della merce nonché di aver indossato capi di abbigliamento in vendita prima di averli pagati”. La ricorrente riferiva , poi, in ricorso che, alla luce di tale situazione, veniva invitata a fornire spiegazioni, ma che, visto il tono ed il contenuto della contestazione, “restava attonita”, sul rilievo che “nei negozi del sig. ### una qualsiasi cliente può chiedere di indossare un capo di abbigliamento per verificarne la vestibilità, mentre una dipendente non può farlo”. 
Precisava che, in ogni caso, con raccomandata AR del 16.01.2016, aveva impugnato e contestato in toto il contenuto della lettera di contestazione, fornendo le proprie spiegazioni, consistenti nel fatto di essersi limitata ad acquistare alcuni capi, “previa adeguata misurazione, tanto dopo aver messo da parte in luogo aperto e visibile, alle colleghe”, e, soprattutto, dopo averle informate della esistenza delle buste con i capi. Aggiungeva, poi, che alcuni degli indumenti descritti, al momento della contestazione, non erano stati neanche consegnati al negozio di ### in cui la ricorrente si trovava. Concludeva, infine, per l'immediato reintegro nelle proprie funzioni. A seguito di tali giustificazioni, con successiva comunicazione raccomandata del 22.01.2016, le veniva intimato il licenziamento, intimando, senza preavviso, il licenziamento disciplinare. 
La ricorrente deduceva, di aver impugnato il licenziamento, con raccomandata AR del 03.02.2016..  ### riferiva, poi, di aver depositato denuncia-querela presso la stazione dei ### di ### fornendo la propria versione dei fatti contestati, e di aver aggiunto, in tale sede, che, nelle circostanze già richiamate - oggetto di esposizione nel presente procedimento - il ### avrebbe commesso nei suoi confronti un'ingiuria, “accusandola di essere una ladra e di rubare da tempo nel proprio negozio” ed, ancora, di averla aggredita fisicamente “lanciando la ‘borsetta' della ### in viso”, riferendo che “solo la fuga immediata e l'intervento delle altre commesse aveva evitato guai peggiori” e che “per tali fattispecie di reato, chiedeva la punizione ai sensi di legge”. 
Pertanto, alla luce dei fatti in narrativa, la ricorrente adiva l'intestato ### chiedendo che “ dichiari la illegittimità e/o l'inefficacia del licenziamento comminato, per motivi di cui al presente ricorso e, per l'effetto, ordini la ricostituzione de rapporto di lavoro o in subordine condanni la società resistente al pagamento di una indennità nella misura massima prevista dalla legge, tenuto conto della anzianità di servizio comunque, della somma ritenuta di giustizia per l'adito Giudice. Condanni ancora la convenuta al pagamento del ### da determinarsi in base alla documentazione contabile in atti e della mensilità di gennaio 2016, vinte le spese. 
A sostegno della propria domanda, l'istante deduceva l'illegittimità del licenziamento, ritenendo insussistenti le motivazioni dello stesso ed infondati gli addebiti mossi; in particolare, contestava la proporzionalità tra il fatto contestato - disconosciuto - e la sanzione irrogata, sul rilievo che la portata della contestazione non sarebbe stata valutata in modo oggettivo, tenendo conto dell'elemento intenzionale del soggetto incolpato e valutando la gravità dei fatti addebitati alla lavoratrice in relazione alla portata oggettiva e soggettiva. 
Instauratosi regolarmente il contraddittorio si costituiva la società ### s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., che eccepiva l'infondatezza del ricorso e, con diverse argomentazioni in fatto e in diritto, chiedeva il rigetto del ricorso. 
In particolare, la resistente riteneva il licenziamento della ### legittimo, sul rilievo che la stessa, con un insolito comportamento, avrebbe, di fatto, sottratto alla vendita, in un periodo di particolare afflusso di clientela, gli indumenti conservati nelle buste e non pagati. 
Sosteneva, ancora, che la ricorrente, “forse compreso che il suo comportamento aveva destato sospetti, nei successivi giorni 18.12.2015, 19.12.2015 e 09.01.2016, si faceva vedere dalle altre dipendenti indossare i capi di abbigliamento in precedenza contenuti nelle buste dette e, precisamente, leggins marca ### calze marca ### magliette marca ### nonché mettere da parte in altre buste calze moda marca #### e ### leggins marca ### slip marca ##### e ### e reggiseni marca ### e Selene” e riferiva che, per tale ragione, nello stesso giorno del 09.01.2016, “innanzi all'ennesima prova dei capi di abbigliamento e di sistemazione in buste di altri, l'amm.re della società sig. ### chiedeva alla ricorrente di provvedere al pagamento di ciò che fosse sua intenzione comprare”, ma che “innanzi a tale perentoria richiesta, la signora ### si presentava alla cassa con un numero di capi di molto inferiore a quello che in precedenza risultava contenuto nelle buste, circostanza che veniva, nello stesso contesto, verificata dalle altre dipendenti del negozio”. 
La società comparente precisava, poi, che, “il sig. ### a questo punto, fermava la vendita e chiedeva ulteriori chiarimenti alla signora ### che si giustificava rilevando di aver riposto i capi non consegnati alla cassa” e che “la dipendente ### innanzi a quanto affermato dalla ricorrente, affermava che la merce prelevata dalla collega ### non era stata riposta e, comunque, non risultava pagata”. Specificava che, “anzi, accadeva che, durante quanto sopra, dalla borsa della ricorrente, che la stessa aveva aperto per prelevare il portafoglio, sporgessero scatole vuote di capi di abbigliamento in precedenza contenuti nelle buste di plastica e non presentati alla cassa per il pagamento”. 
In sintesi, sosteneva parte resistente, la legittimità dell'irrogato licenziamento per giusta causa e/o giustificato motivo soggettivo, a causa della definitiva compromissione, a seguito della condotta tenuta dalla ricorrente, del fondamentale elemento fiduciario sotteso al rapporto di lavoro. Faceva rilavare in particolare la gravità del comportamento tenuto dalla ricorrente, consistito, dapprima nella sottrazione di merce aziendale dalla vendita, peraltro in un periodo di particolare afflusso della clientela, riponendoli in buste di plastica e, successivamente tentando di evitare il dovuto pagamento della merce, approfittando del vincolo fiduciario connesso alle sue mansioni di commessa, che, dunque, è risultato irreparabilmente leso. Dunque il comportamento tenuto dalla ricorrente avrebbe inciso gravemente sul rapporto di lavoro e sulla fondamentale fiducia ad esso sottesa, in maniera tale da porre in dubbio la futura correttezza del comportamento della stessa e dell'adempimento dei suoi obblighi. Faceva inoltre rilevare, la società resistente, il rispetto dei requisiti formali e motivazionali del licenziamento e conseguentemente chiedeva il rigetto del ricorso del ricorso e la condanna alle spese della ricorrente. 
Sentite le parti, esperito il tentativo di conciliazione, ammessa ed espletata la prova per testi, concesso all'esito il termine per il deposito di note, la causa, all'esito di trattazione cartolare disposta ai sensi dell'art. 83 comma 7 lett. h) D.L. n. 18/2020, sulle conclusioni di cui alle note di trattazione scritta ritualmente depositate, è decisa con sentenza. 
Può essere utile nella disamina del caso di specie riportare la contestazione disciplinare, comunicata alla ricorrente con raccomandata del 12.1.2016, con la quale le veniva comunicato che “…ai sensi dell'art. 7 della legge 300/1970, le seguenti violazioni co valenza disciplinare: a) nel periodo prenatalizio, lei aveva messo da parte, conservati in alcune buste di plastica, diversi indumenti, fra cui collant moda, collant contenitivi, leggins, magliettine, reggiseni e slip donna, nonché dei pigiami di marca ### Naj oleari, ### and honey, buccia di mela e ### che lei assumeva destinati ai suoi regali personali; b) da una verifica effettuata dai responsabili del negozio, sig.ra ### e ### risultava che nessuno di tali capi era stato pagato; c) nei giorni 18.12.2015, 19.12.2015 e 9.1.2016, lei è stata vista dalle altre dipendenti indossare i capi di abbigliamento in precedenza contenuti nelle buste dette, e, precisamente, leggins marca ### calze marca ### magliette marca ### nonché mettere da parte in altre buste calze moda marca #### e ### leggins marca ### slip marca ##### e ### e reggiseni ### e ### d) a fronte della richiesta di pagamento, il giorno 9.1.2016, lei si presentava alla cassa con una quantità di capi notevolmente inferiore a quella che in precedenza risultava contenuta nelle buste, come verificato anche dalle altre dipendenti del negozio; e) alla precisa richiesta di chiarimenti avanzata dal sig. ### quale amministratore della soc. ### s.r.l., lei rispondeva di aver riposto i capi non pagati; f) a fronte della contestazione del sig. ### che dall'inventario risultavano mancanti diversi capi di cui erano state ritrovate le relative scatole vuote, la dipendente ### cui erano state contestate le medesime circostanze, riferiva che trattavasi di merce prelevata dalla collega ### e non pagata; g) che nello giorno 9.1.2016, venivano notate sporgere dalla sua borsa scatole vuote di capi di abbigliamento in precedenza contenuti nelle buste di cui sopra; h) che lei si è resa responsabile della violazione dei suoi obblighi di conservazione e sistemazione della merce, nonché di aver indossato capi di abbigliamento in vendita prima di averli pagati e di aver conservato e trattenuto in scatole vuote dei capi di abbigliamento giammai venduti e non rinvenuti durante l'inventario…” e contemporaneamente a tali contestazioni la ricorrente veniva invitata a rendere le sue giustificazioni e veniva cautelativamente sospesa dal servizio fino al termine del procedimento disciplinare. La ricorrente, sentita a sua difesa, contestava il fatto addebitatole, affermando che la ricostruzione dei fatti suindicata non corrispondesse al vero, affermando di essersi limitata ad acquistare alcuni capi, “previa adeguata misurazione, tanto dopo aver messo da parte in luogo aperto e visibile, alle colleghe”, e, soprattutto, dopo averle informate della esistenza delle buste con i capi. 
All'esito di tali giustificazioni, la società resistente, con raccomandata del 16.1.2016 irrogava alla ricorrente il licenziamento disciplinare per giusta causa.   Ritiene il ### che il ricorso sia infondato e debba essere rigettato, alla luce di una istruttoria espletata che ha dato esiti precisi e concordanti circa la sussistenza del fatto contestato alla ricorrente. 
Va preliminarmente disatteso il motivo di impugnazione di carattere formale dell'irrogato licenziamento, ovvero nessuna violazione dell'art. 2 della legge n. 604 e 7 dello ### dei lavoratori è ravvisabile, essendo stati compiutamente descritti i fatti addebitati della contestazione disciplinare, nonché ribaditi nell'atto di licenziamento: è invero palese che la motivazione del licenziamento è stata completa e specificamente fondata sui fatti verificatisi tra il ### e il ###, in particolare nelle condotte tenute dalla ricorrente nelle date del 18 e 19 dicembre 2015 e 9.1.2016, che vengono descritti con chiarezza e completezza, in maniera tale da consentire alla lavoratrice una precisa individuazione della causa del suo licenziamento; nel caso di specie poi, come in tutti i casi di licenziamento disciplinare, occorre tener conto che l'intimazione del licenziamento è stata preceduta dalla contestazione dell'addebito, e pertanto il provvedimento impugnato ha legittimamente richiamato, peraltro riportandoli espressamente, i motivi della precedente contestazione. 
Quanto alla contestazione della mancata affissione del codice disciplinare, deve rilevarsi che secondo la più recente Giurisprudenza di merito e di legittimità, ai fini della validità del licenziamento intimato per ragioni disciplinari in determinate circostanze, si ritiene non necessaria tale forma di pubblicità, in presenza della violazione di norme di legge e comunque di doveri fondamentali del lavoratore, riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione. (da ultimo Cass. n. 6893 del 20/03/2018). In particolare, poi la Corte di Cassazione ha precisato che, in materia di licenziamento disciplinare, il principio di necessaria pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti non si applica nei casi - come quello di specie - in cui il licenziamento sia irrogato per sanzionare condotte del lavoratore che concretizzano violazione di norme penali o che contrastano con il cosiddetto "minimo etico", mentre deve essere data adeguata pubblicità al codice disciplinare con riferimento a comportamenti che violano mere prassi operative, non integranti usi normativi o negoziali. (Cass. 22626 del 03/10/2013). Detta doglianza dunque da parte della ricorrente non può essere ritenuta inficiare la validità del licenziamento proprio in considerazione della natura dei fatti contestati. 
Ciò premesso, passando al merito del ricorso, occorre valutare la sussistenza di una giusta causa di licenziamento. A tale scopo la ricostruzione storica dell'accaduto, pur in presenza di una generica contestazione della ricorrente, è emersa piuttosto pacificamente. Tale ricostruzione ha consentito di appurare la sussistenza dei fatti contestati alla ### Dalle deposizioni dei testi condotti dalla parte resistente è emersa con tranquillizzante chiarezza la sussistenza dei fatti così come contestati alla ricorrente. Si tratta di deposizioni precise e concordanti di colleghe della ricorrente presenti all'epoca dei fatti nel negozio, ritenute peraltro particolarmente attendibili anche perché - la teste ### e la teste Mastroianni…- non più dipendenti, al momento della deposizione, della società resistente e, pertanto, considerate “equidistanti” dalle parti in causa. 
Ebbene dalla la teste ### collega della ricorrente e responsabile del negozio di ### - inoltre non più dipendente della resistente all'epoca della deposizione - emerge che: “io non ho mai messo da parte merce del negozio per poi pagarla successivamente, e quando io ero responsabile, non è mai stato fatto dalle commesse; ### “ricordo che nel periodo prenatalizio del 2015, vi era un continuo arrivo di merce nuova con prezzi vantaggiosi e la ricorrente aveva manifestato alle altre colleghe che potevano essere buone occasione per regali natalizi, ma a me personalmente non ha mai riferito di aver messo da parte merce; ### “voglio precisare che sentivo le commesse parlare tra di loro di tali accantonamenti, per cui alla fine di ogni giornata lavorativa chiedevo se avessero qualcosa da pagare o da segnare come merce sospesa e la risposta datami dalla ricorrente era sempre negativa; ### “io voglio precisare che dopo aver visto nell'antibagno buste contenenti merce del negozio ho chiesto alle commesse di chi fossero e mi fu risposto dalla ### che si trattava di buste messe da parte dalla ### e dalla ### stessa” Adr: “ho riferito al titolare di detta circostanza, anzi il titolare stesso, dopo essere andato in bagno e aver notato queste buste e mi aveva chiesto spiegazioni, e io gli ho riferito quanto mi aveva detto la ### ovvero che si trattava di merce messa da parte da lei stessa e dalla ### ciò è accaduto intorno al 18/19 dicembre del 2015, in tale occasione il ### mi chiese se le suddette commesse mi avessero riferito che avevano messo da pare della merce e se detta merce mi fosse stata pagata, io gli risposi che non mi era stato riferito nulla dalle commesse e quantomeno pagato; ### “in tale circostanza il ### mi invitò a farmi pagare dalla ricorrente e dall'altra commessa, e ricordo che, successivamente, lo chiesi dunque alla ricorrente e alla ### che quindi si avvicinarono alla cassa per pagare con una sola busta di dimensioni molto ridotte e mezza vuota” ### “non ricordo di preciso quando ciò è capitato, ricordo però che era visibile e chiaro che la merce che la ricorrente e la ### portarono alla cassa per il pagamento era molto inferiore a quella messa da parte: riferisco ciò in quanto avevo visto che nell'antibagno erano state messe da parte due buste piene di merce, mentre la ricorrente e la ### portarono poca merce contenuta in una sola busta e ricordo che dalla borsa della ricorrente, quando la stessa la aprì per prendere il portafogli per pagare, uscì una scatola vuota, o mi pare di ricordare che vi fossero anche degli involucri esterni di calze” ### “quindi io ho chiesto dove fosse l'altra merce che era prima nelle buste, e sia la ricorrente che l'altra commessa mi risposero che era solo quella la merce che avevano messo da parte; preciso che non mi riferirono di aver riposto la merce che non avevano acquistato” ### “ho sempre visto affisso nei locali del negozio il codice disciplinare, non ricordo dove, forse vicino alla cassa” ADR : “ribadisco che non ricordo bene quando ciò avvenne, ma credo appena dopo le festività natalizie; ### “escludo che il ### abbia profferito parole offensive nei confronti della ricorrente e che le abbia lanciato oggetti”. Ebbene emerge da tale testimonianza una ricostruzione dei fatti, del tutto coerente e in conferma delle condotte contestate alla ricorrente; i dubbi sull'individuazione delle circostanze temporali, comprensibili alla luce della distanza dai fatti della deposizione, appaiono in ogni caso di scarso valore in quanto la teste ricorda che i fatti descritti avvennero prima e subito dopo le festività ### Tale deposizione, in ogni caso, trova totale riscontro con quanto riferito sia dalla teste ### che dalla teste ### entrambe colleghe della ricorrente all'epoca dei fatti e presenti nello stesso punto vendita. In particolare la teste ### collega della ricorrente all'epoca dei fatti, commessa addetta alla cassa, riferisce di aver lavorato per la resistente fino a circa pochi mesi successivi alla fine del rapporto di lavoro tra le parti , e dichiara: “preciso che io ero addetta alla cassa, ma non ero l'unica cassiera del negozio: ricordo che la ricorrente prelevava merce dal negozio, dicendo a noi colleghe che poi l'avrebbe pagata in un secondo momento; devo precisare che ho visto la ricorrente indossare alcuni capi di abbigliamento, prelevati dal negozio e poi con indosso gli stessi andare via, dicendo a noi colleghe che avrebbe poi pagato detta merce; devo altresì precisare che a me personalmente detta merce non è stata pagata, non posso riferire se sia stata però pagata ad altre colleghe, che svolgevano mansioni di cassiera, ad esempio la collega #### “in particolare posso riferire di aver visto la ricorrente prelevare scatole e confezioni di leggins e magliette dal negozio, l'ho vista recarsi in bagno per cambiarsi e quindi uscire dal bagno con indosso i capi del negozio: in dette occasioni diceva a noi colleghe che li avrebbe pagati, ma a me personalmente non sono stati mai pagati; ### “ho visto che la ricorrente teneva detta condotta in diverse occasioni, sicuramente per più di due volte; ### “preciso detta condotta è stata tenuta diverse volte dalla ricorrente, e ricordo che una sera, al momento della chiusura del negozio, in particolare, il titolare dello stesso, sig. ### vide fuoriuscire dalla borsa della ricorrente una scatola di un indumento che la stessa indossava quel giorno; ### “ricordo che dopo aver notato questa scatola il sig. ### iniziò a chiedere spiegazioni alla ricorrente e ricordo che l'atmosfera si iniziò a riscaldare, ma non so riferire cosa è poi accaduto, perché subito dopo aver concluso le operazioni di chiusura cassa andai via dal negozio: al momento in cui sono andata via oltre alla ricorrente e al titolare del negozio era presente anche l'altra cassiera, anche se stavamo chiudendo e ritengo sia andata via anche quest'ultima; ### “al momento del licenziamento eravamo dipendenti io e l'altra cassiera, la sig.ra ### oltre la ricorrente e la cugina della stessa, sig.ra Annamaria” ### “non ricordo se negli uffici amministrativi era affisso il codice disciplinare” ### “penso che la ricorrente metteva in borsa gli indumenti che toglieva per indossare quelle che aveva prelevato dal negozio, per portarle a casa, anche se non ho visto materialmente questi indumenti in borsa: ho visto, come ho già precisato che la ricorrente entrava in bagno con le confezioni di indumenti prelevati dal negozio e usciva con gli stessi indosso, presumo dunque che quelli che toglieva li riponesse in borsa” ### “ricordo che dopo il licenziamento della ricorrente fu fatto un inventario della merce che mancava dal negozio, proprio a causa dei fatti attribuiti alla ricorrente” ### “non so essere più precisa sulla discussione intervenuta la sera a cui ho fatto riferimento, perché è passato molto tempo, in particolare ricordo che il titolare chiese alla ricorrente spiegazioni sulla scatola che aveva visto fuoriuscire dalla borsa della stessa e ricordo che aveva fatto queste richieste in maniera tranquilla, ma non sono in grado di precisare cosa la ricorrente avesse risposto, ricordo solo che dopo la discussione si animò”. Le testimonianze delle testi ### e ### appaiono particolarmente significative, pienamente concordanti sulle circostanze e confermative dei fatti contestati. Inoltre, si ribadisce che entrambe le testimoni, al momento della deposizione, non erano più dipendenti della resistente anche da molto tempo e ciò induce a ritenere le stesse particolarmente attendibili. Emerge con tranquillizzante chiarezza il comportamento tenuto dalla ricorrente, consistito, dapprima nella sottrazione di merce aziendale dalla vendita, peraltro in un periodo di particolare afflusso della clientela - ovvero prima e subito dopo le festività natalizie-, riponendoli in buste di plastica e, successivamente, allorquando le venivano chieste spiegazioni su tale comportamento e la stessa veniva invitata a pagare la merce disposta all'interno di dette buste, la ricorrente tentava di evitare il dovuto pagamento della merce, recando presso la cassa merce sicuramente inferiore rispetto a quella messa da parte, che tutte le commesse avevano potuto notare e, inoltre, negando la circostanza di aver indossato capi di biancheria e di abbigliamento, che, successivamente sono risultati non pagati. In particolare è confermata la circostanza verificatasi il 9 gennaio 2016, quando la ricorrente aveva indossato la magliettina di marca ### la cui confezione fu vista uscire dalla sua borsa al momento in cui le veniva chiesto di pagare e fornire spiegazioni. Detti fatti sono confermati anche dalla teste ### altra commessa collega della ricorrente, che riferisce: “ricordo che qualche giorno prima della vigilia di ### del 2015 le responsabili del negozio, che all'epoca erano ### e ### notarono un comportamento ambiguo da parte della ricorrente, ovvero notavamo che la ricorrente metteva da parte merce del negozio, togliendole dagli scaffali riponendole in bustoni di plastica dello stesso negozio e conservandoli presso un deposito posto nel punto vendita, utilizzato anche per il cambio di stagione, dicendo, se qualcuno di noi le chiedeva spiegazioni, che si trattava di merce messa da parte e che avrebbe pagato successivamente, si trattava di regalini di natale” ### “si trattava di magliettine della ### reggiseni della ### qualche pigiama da uomo per il fidanzato e forse un pigiama per la madre” ### “ricordo che fu notato da noi commesse, anche da me personalmente, che la ricorrente indossasse i capi d'abbigliamento messi da parte, in dette circostanza l'abbiamo riferito alla responsabile del negozio” ### “ovvero, più precisamente, successivamente, quando la cosa è sembrata sempre è più frequente e lampante, prima le responsabili hanno chiesto spiegazioni alla ricorrente, che rispondeva che la merce era stata riposta sugli scaffali e quella da lei indossata era merce acquistata precedentemente; quindi successivamente abbiamo avvisato il titolare di quello che si stava verificando in negozio, il sig. ### che non sempre è presente in negozio, pertanto dopo questa segnalazione ricordo che il sig.  ### venne in negozio” ### “ricordo che questo accadeva qualche giorno dopo ### del 2015, mi pare di ricordare che fosse già gennaio 2016, ricordo che il sig. ### andò prima nel deposito per verificare la presenza dei bustoni con merce messa da parte dalla ricorrente (anzi detta verifica non ricordo se avvenne lo stesso giorno o nei giorni precedenti, subito dopo che noi lo avevamo avvisato) ricordo che quel giorno la ### indossava una maglietta della ### nera che ritengo non avesse pagato, affermo ciò in considerazione del fatto che la scatola della suddetta maglietta fu trovata nella sua borsa: o meglio devo precisare che i fatti andarono così: dopo che il sig. ### controllò la merce riposta nelle buste dalla ricorrente chiese spiegazione del motivo per cui quella merce era riposta nel deposito ( preciso che erano presenti nel negozio, oltre a me e alla ricorrente, la sig.ra ### e la sig.ra ### forse era presente anche ### ovvero l'addetto al deposito, che stava facendo l'inventario e ### ovvero un'altra commessa); alla richiesta di spiegazioni del titolare, la ricorrente affermava che si trattasse di merce che voleva comprare e che quindi avrebbe dovuto pagarla, affermando ciò portava presso la cassa le buste poste nel deposito” ### “ci rendiamo immediatamente conto che la busta che viene portata alla cassa dalla ricorrente è apparentemente più vuota di quanto avevamo noi stesse e il titolare verificato poco prima, quindi il titolare, resosi conto che la merce era inferiore a quella precedentemente vista, chiede dove fossero le altre cose presenti nei detti bustoni, al che la ricorrente rispose che le aveva riposte sugli scaffali perchè ci aveva ripensato e non voleva più acquistarle” “il titolare del negozio e la ricorrente ebbero una discussione che si protrasse fino ad ora di chiusura, ricordo che per questo motivo io andai via lasciando la ricorrente e il sig. ### ricordo che, quando andai via erano presenti anche le responsabili del negozio” ### “il giorno dopo, quando mi sono recata al lavoro era presente anche la ricorrente”; ### “devo precisare che conservate presso il deposito citato vi erano due buste, una delle quali conteneva le cose messe da parte da ### cugina della ricorrente e commessa della resistente: preciso ciò perché nelle circostanze da me riferite prima furono chieste spiegazioni anche ad ### e le due commesse si incolpavano a vicenda della merce mancante” la teste riferisce anche che: “la prassi di mettere da parte merce per poi pagarla successivamente era diffusa tra noi commesse”, ma subito dopo precisa che, “ma si trattava di casi in cui la pagavamo nella stessa giornata o, più raramente, in circostanze eccezionali il giorno dopo, non si verificava mai che mettessimo da parte merce per pagarla giorni successivi” ### “per motivi di amicizia nei confronti della ricorrente io e le altre commesse e le responsabili in particolare non abbiamo riposto sugli scaffali la merce messa da parte, si trattava sicuramente da parte delle responsabili di una mancanza nei confronti del titolare, ma per motivi di amicizia e fiducia nei confronti della ricorrente non è stato fatto” ### “che io sappia la ricorrente non aveva detto a nessuno della merce messa da parte, so questo perché prima di riferirlo al titolare ci siamo confrontate tutte: certamente la ricorrente non doveva dirlo a me ma alle responsabili del negozio, alle quali a quanto mi hanno riferito non è stato detto nulla dalla ricorrente” ### “certamente non potevo notare tutte le cose che indossava la ricorrente, ma in alcune circostanze, come ad esempio collant o calze o magliette lo si notava, anche perché la suddetta merce risultava poi mancante dall'inventario” ### “a proposito della maglietta nera ### devo precisare che ho visto che la ricorrente entrava in bagno con una maglietta e usciva indossando la suddetta maglietta nera con in mano la scatola, non posso certo riferire che l'ho vista indossarla perché lo ha fatto chiusa in bagno”. 
Tale quadro istruttorio, chiaro e coerente, fornito dai testimoni addotti da parte resistente non viene scalfito dalle deposizioni dei testimoni condotti dalla ricorrente. Ebbene, del tutto irrilevante appare la testimonianza del teste ### magazziniere e dipendente della resistente all'epoca dei fatti, addetto al magazzino presso il punto vendita di ### e quindi non quello di ### dove era addetta la ricorrente ; il teste riferisce di non essere stato presente nel negozio dove lavorava la ricorrente e di aver appreso, poiché riferitogli dalle colleghe del punto vendita di ### del licenziamento della ricorrente, in particolare “la ricorrente non sarebbe venuta più a lavoro perché ### ovvero il titolare, sig. ### l'aveva trovata con alcuni capi nella borsa”, la circostanza riferita dal teste, ovvero che “era possibile che qualche commessa mettesse da parte un capo o due per sé, sempre riferendolo prima al titolare, per poi acquistarlo”, è, invero, riferita anche dalle altre testimoni, e neppure la parte resistente la esclude, tuttavia, come precisato dalla società, confermato dall'istruttoria, quando ciò accadeva si avvisavano i responsabili o lo stesso titolare, chiedendosene il permesso, e, soprattutto, il pagamento della merce avveniva il giorno stesso o, al massimo, nella giornata successiva. Testimonianza parimenti ininfluente ai fini della decisione è quella di ### fidanzato della ricorrente, il quale riferisce solo la inconferente circostanza di essere andato a riprendere la ricorrente il “giorno del licenziamento” e di aver trovato una situazione di agitazione, del tutto comprensibile alla luce dei fatti accaduti: in pratica una deposizione che nulla aggiunge, ma nulla esclude a quanto riferito dagli altri testimoni. La testimonianza di ### cugina della ricorrente e commessa collega della stessa all'epoca dei fatti, è stata ritenuta di minore attendibilità, poiché coinvolta nei fatti di causa, essendole state addebitate le medesime condotte contestate alla ricorrente, pertanto la deposizione della stessa, peraltro farcita di elementi valutativi, sembra volta al chiaro scopo di discolpare se stessa dalle accuse rivoltile. In ogni caso, detta testimonianza, sfrondata degli elementi valutativi di cui è infarcita, conferma, seppur genericamente, gli avvenimenti del 9 gennaio in particolare e, in ogni caso, non adduce alcun elemento utile al fine di consentire una diversa ricostruzione dell'accaduto. Ebbene la teste riferisce che “la sera del 9 gennaio del 2016, sia io che mia cugina siamo state convocate dal ### che ci aveva invitato a portargli delle buste di plastica, che io e mia cugina tenevamo da parte nell'antibagno e che contenevano merce del negozio, che avevamo messo da parte per poi pagarle; preciso che per prassi tutte le commesse tenevano da parte alcuni capi di abbigliamento per poi acquistarle successivamente: a seguito di tale invito abbiamo portato le buste e il ### le ha controllate, a seguito di tale controllo disse che dalla busta di mia cugina mancavano delle cose rispetto a ciò che era stato messo da parte dalla stessa ricorrente, a tale contestazione mia cugina precisò che alcuni di questi articoli, che erano stati messi da parte per effettuare dei regali di ### erano stati rimessi a posto, perché non le erano più serviti”, inoltre precisa, così indirettamente confermando la circostanza del ritrovamento della scatola della magliettina di marca ### nella borsa della ricorrente, che “il sig.  ### si iniziò ad agitare, e intimò a mia cugina di portargli la sua borsa personale, lei così fece, e nella borsa vi era la scatola vuota di una maglietta indossata da mia cugina, durante la pausa pranzo per cambiarsi, e di detta circostanza il sig. ### era stato messo al corrente, tra l'altro la stessamaglietta era indossata in quel momento da mia cugina, a prova che detta circostanza era conosciuta dal ### a questo punto infatti mia cugina riferì che avrebbe pagato la maglietta prima di uscire, ma il ### che ormai aveva perso la calma, iniziò ad apostrofare mia cugina”. 
In conclusione, dall'istruttoria espletata, emerge una ricostruzione dei fatti del tutto coerente e rappresentativa dei fatti contestati. Tale ricostruzione dei fatti emerge dal contenuto delle dichiarazioni dei testi escussi, in particolare le colleghe commesse del negozio all'epoca dei gatti, della cui attendibilità non si ha motivo di dubitare, a tal proposito deve altresì ribadirsi che le testi ### e ### al momento della deposizione non erano più dipendente della resistente. 
Dunque, il ### osserva come, alla luce delle risultanze processuali, debba concludersi per la sussistenza degli addebiti formulati alla ricorrente in sede di contestazione disciplinare. 
Ebbene, tutti gli elementi messi fin qui in evidenza costituiscono senza dubbio elementi di prova idonei (in quanto gravi, precisi e concordanti) per sostenere la natura squisitamente disciplinare del licenziamento, quale reazione del datore ad una condotta del dipendente che integra l'inadempimento degli obblighi contrattuali di non scarsa importanza, perché inidonea a realizzare l'interesse datoriale o addirittura contraria ad esso e foriera di pregiudizio per quest'ultimo. 
Ebbene, tali le condotte accertate, occorre a questo punto valutare la sussumibilità delle stesse nel concetto di giusta causa di licenziamento. 
Per giungere al giudizio relativo alla sussistenza della giusta causa di licenziamento, ai sensi dell'art. 2119 c.c., occorre accertare in concreto, così come statuito dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, se, in relazione alla qualità del singolo rapporto intercorso tra le parti, alla posizione che in esso abbia avuto il prestatore di lavoro, e, quindi, alla qualità ed al grado del particolare vincolo di fiducia che quel rapporto comportava, la specifica mancanza commessa dal dipendente, considerata e valutata non solo nel suo contenuto obbiettivo, ma anche nella sua portata soggettiva, specie con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stata posta in essere, ai suoi modi, ai suoi effetti ed all'intensità dell'elemento psicologico dell'agente, risulti obiettivamente e subiettivamente idonea a ledere, in modo grave, così da farla venire meno, la fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente e tale, quindi, da esigere una sanzione non minore di quella massima, definitivamente espulsiva (cfr., tra le altre, Cass., sez. lav., 01.03.2011, n. 5019; Cass., sez. lav., 08.09.2006, n. 19270). 
La condotta addebitata al lavoratore deve, dunque, configurare un inadempimento di tale gravità da non consentire la prosecuzione, neppure provvisoria del rapporto di lavoro, a causa del venir meno dell'elemento fiduciario che rappresenta il presupposto fondamentale della collaborazione tra le parti del rapporto di lavoro. Il licenziamento, pertanto, deve rappresentare una conseguenza proporzionata alla violazione commessa, la cui gravità deve risultare tale che qualunque altra sanzione risulti insufficiente a tutelare l'interesse del datore di lavoro. (in tal senso cfr. Cass., sez. lav., 18.09.2012, n. 15654; Cass., sez. lav., 11.05.2002, n. 6790). 
Ai fini della valutazione del requisito della proporzionalità della sanzione disciplinare inflitta al lavoratore, la giurisprudenza della Suprema Corte ha affermato che “In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra addebito e recesso, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza; spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva, non sulla base di una valutazione astratta dell'addebito, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto del fatto, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico della sua gravità, rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi rilievo alla configurazione delle mancanze operata dalla contrattazione collettiva, all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla durata dello stesso, all'assenza di pregresse sanzioni, alla natura e alla tipologia del rapporto medesimo” (Cass., lav., 13.02.2012, n. 2013). 
Anche di recente è stato rimarcato che “in caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione non già l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale, ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti” (Cass. 25.6.2015 n. 13168). 
Sicché, come ancora recentemente ribadito (cfr. Cass. 5.7.2016 n. 13676), la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di “grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell'elemento fiduciario”, dovendo il giudice valutare: da un lato, la “gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all'intensità del profilo intenzionale; dall'altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta”, per stabilire se la lesione dell'elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale in concreto da giustificare la massima sanzione disciplinare (cfr. Cass. 18.9.2012 n. 15654; Cass. 2.3.2011 n. 5095; Cass. 13.12.2010 n. 25144). Rileva quindi ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza (cfr. Cass. 16.10.2015 n. 21017; Cass. 4.3.2013 n. 5280; 13.2.2012 n. 2013). 
Come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, l'obbligo di fedeltà - la cui violazione può rilevare come giusta causa di licenziamento - va collegato ai principi generali di correttezza e buona fede e comporta che il prestatore debba astenersi da qualsiasi condotta che, per la sua natura e le sue possibili conseguenze, risulti in contrasto con i doveri connessi all'inserimento del lavoratore nell'impresa o sia, comunque, idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto di lavoro. Quanto all'obbligo di fedeltà, esso si sostanzia nell'obbligo di un leale comportamento del lavoratore nei confronti del datore di lavoro e va collegato con le regole di correttezza e buona fede di cui agli art. 1175 e 1375 c.c., con la conseguenza che il lavoratore deve astenersi non solo dai comportamenti espressamente vietati dall'art. 2105 c.c., ma anche da tutti quelli che, per la loro natura e le loro conseguenze, appaiono in contrasto con i doveri connessi all'inserimento del lavoratore nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa o creano situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell'impresa stessa o sono idonei, comunque, a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto stesso (cfr, ex multis, Cass., sez. lav., 18 settembre 2013, n. 21362). 
Alla luce di tali principi, la condotta tenuta dalla ricorrente, considerate tutte le circostanza del caso concreto, considerata la specificità delle mansioni alla stessa assegnate, in qualità di commessa, considerato in particolare anche l'oggetto dell'attività aziendale, e in particolare dalle modalità con cui si effettua la stessa, ovvero di vendita al pubblico, in un grande magazzino, con esposizione della merce in spazi ampi, che rende particolarmente difficile il controllo delle merci stesse, si ritiene concreti giusta causa di licenziamento, essendo idonea a ledere in modo grave la fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente, incidendo negativamente sull'affidamento circa il futuro corretto adempimento delle mansioni, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti (in tal senso da ultimo Cass. n. 22692 del 2.11.2011). 
Particolarmente grave appare la condotta della dipendente, che ha approfittato della disponibilità delle merci vendute dalla resistente, in quanto commessa addetta alle vendite per sottrarle all'azienda datrice di lavoro. Irrilevante, come pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza, le argomentazioni circa lo scarso valore economico della merce sottratta, circostanza che non attenua in alcun modo l'intervenuta lesione del vincolo fiduciario sotteso al rapporto di lavoro, non potendo incidere minimamente sull'intrinseco disvalore della condotta del lavoratore, né sulla plausibile prognosi di reiterazione della stessa condotta.   Alla luce delle argomentazioni esposte si ritiene altresì di esprimere un giudizio di piena proporzionalità ai fatti contestati del licenziamento impugnato, con conseguente rigetto della domanda volta all'impugnativa di licenziamento.   Deve invece accogliersi la domanda volta alla condanna della resistente al pagamento del ### A fronte, invero della contestazione della ricorrente in ordine alla corresponsione del ### incombeva al datore di lavoro provare di aver adempiuto a tale pagamento; prova che al contrario non è stata offerta dalla resistente che, al contrario, non pare neppure contestare il mancato pagamento del ### e, pertanto, va condannata al pagamento dello stesso. 
Riguardo al quantum debeatur, il TFR può essere quantificato, in base alla documentazione in atti (Cud relativo all'anno 2014 e diverse buste paga relative), nonchè anche ai sensi dell'art. 2120 c.c., nella somma di euro 1909,42.   Alla luce di tali parametri, l'importo dovuto alla ricorrente è quantificato in € 1909,42 a titolo di ### oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalle singole scadenze fino al soddisfo. 
State la reciproca soccombenza si ritengono sussistere eccezionali motivi per compensare le spese di giudizio.  ### reciproca soccombenza giustifica la compensazione integrale delle spese di lite.  P.Q.M.  ### nella persona della dott.ssa ### in qualità di Giudice del ### definitivamente pronunciando nella presente controversia, disattesa ogni contraria eccezione o istanza, così provvede: - rigetta il ricorso relativamente alle domande volte all'impugnativa di licenziamento; - condanna la ### s.r.l. al pagamento della somma di euro 1909,42 a titolo di TFR alla ricorrente oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalle singole scadenze fino al soddisfo; - compensa le spese di lite. 
S. ### 15.11.2022 

Il Giudice
RG n. 4510/2016


causa n. 4510/2016 R.G. - Giudice/firmatari: Valentina Paglionico

Quanto ritieni utile questo strumento?

4.4/5 (22497 voti)

©2013-2025 Diritto Pratico - Disclaimer - Informazioni sulla privacy - Avvertenze generali - Assistenza

pagina generata in 0.252 secondi in data 15 dicembre 2025 (IUG:2Q-0EAC7C) - 1293 utenti online