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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 1096/2025 del 16-01-2025

... detrazione di quanto loro corrisposto a titolo di ### oltre interessi legali sugli importi rivalutati secondo gli indici ### dalla maturazione al soddisfo, nonché ad effettuare i consegu enti accantonamenti ai fini del TFR nelle misure rispettivamente indicate per ognuno dei tre lavo ratori; e condannava ### al pagamento delle spese processuali, come liquidate per ogni grado, e con distrazione. 2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva che #### e ### deducendo di aver lavorato alle dipe ndenze di ### rispettivamente dal 3.7.2000, dal 10.4.2000 e dal 29.7.1999, giusta contratti di formazione e lavoro, po i trasfo rmatisi in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, avevano, tra l'altro, chiesto, con i rispettivi ricorsi introduttivi di primo grado, che avevano d ato luogo a procedimenti poi riunit i, la condanna di ### al pagamento dell'ERS e all'accantonamento dei corrispondenti importo ai fini del ### . 3. La Corte giudicava fondate tali domande dei lavoratori (rigettate dal primo giudice), perché riteneva la spettanza della suddetta voce retributiva ad essi, assunti all'epoca della sua 3 istituzione ancorché con contratto di formazione e lavoro, per effetto (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso 20590-2021 proposto da: ### S.P.A. - ### MOBILITÀ ### in person a del legale rappresent ante pro temp ore, elettivamente domiciliata in #### 45, presso lo studio dell'avvocato ### che la rappresenta e difende; - ricorrente - contro ###### tutti elettivamente domiciliati in #### 1, presso lo studio degli avvocati ##### che li rappresentano e difendono; - controricorrenti - avverso la sentenza n. 833/2021 della CORTE D'### di ### depositata il ### R.G.N. 3587/2017; ### rapporto privato R.G.N. 20590/2021 Cron. 
Rep. 
Ud. 10/10/2024 CC udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/10/2024 dal ###. ### CASO.  ### 1. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d'appello di ### in parziale riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede n. 3749/2017, appellata dai lavoratori #### e ### di chiarava il diritto di detti appellanti all'ERS con decorrenza dall'1.8.2000; condannava l'### s.p.a. al pagamento delle relative differenze retributive, previa detrazione di quanto loro corrisposto a titolo di ### oltre interessi legali sugli importi rivalutati secondo gli indici ### dalla maturazione al soddisfo, nonché ad effettuare i consegu enti accantonamenti ai fini del TFR nelle misure rispettivamente indicate per ognuno dei tre lavo ratori; e condannava ### al pagamento delle spese processuali, come liquidate per ogni grado, e con distrazione.  2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva che #### e ### deducendo di aver lavorato alle dipe ndenze di ### rispettivamente dal 3.7.2000, dal 10.4.2000 e dal 29.7.1999, giusta contratti di formazione e lavoro, po i trasfo rmatisi in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, avevano, tra l'altro, chiesto, con i rispettivi ricorsi introduttivi di primo grado, che avevano d ato luogo a procedimenti poi riunit i, la condanna di ### al pagamento dell'ERS e all'accantonamento dei corrispondenti importo ai fini del ### .  3. La Corte giudicava fondate tali domande dei lavoratori (rigettate dal primo giudice), perché riteneva la spettanza della suddetta voce retributiva ad essi, assunti all'epoca della sua 3 istituzione ancorché con contratto di formazione e lavoro, per effetto della sua trasformazione successiva in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ai sensi dell'art. 3, quinto e dodicesimo comma, d.l. n. 726/1984, conv con mod. in legge n. 863/1984, in relazione al computo (in caso di assunzione del lavoratore in formazione, entro i limiti temporali fissati, dal medesimo datore di lavoro) del periodo di formazione nell'anzianità di servizio, siccome norma di equiparazione tout court al lavoro della formazione e lavoro, “con prescrizione di carattere generale, a tutto campo, senza li mitazione alcuna”, s econdo l'interpretazione consolidata nell'indirizzo giurisprud enziale di legittimità.  4. Avverso tale decisione l'### s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.  5. Hanno resistito gli intimati con controricorso.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e s.s. i n riferiment o all'### 11 lugli o 2000 anche in raffronto all'accordo preliminare di rinnovo del ### autoferrotranvieri del 2 marzo 2000. Assume che la Corte territoriale ha erroneamente applicato, nel caso di specie, l'art. 3, comma 5, d.l. n. 726/1984, laddove esso opera esclusivamente in relazione ad istituti in cui l'anzianità viene presa i n consideraz ione da discipline contrattuali ai fini dell'attribuzione di emolumenti, che hanno fondamento nella contrattazione collettiva nazionale (come gli aumenti periodici di anzianità). Con un secondo motivo deduce 4 la violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. degli accordi nazionali de ll'11 aprile 1995 e del 27 novembre 2000, per non aver e il giudice di meri to escluso l'emolumento rivendicato dai componenti della retribuzione dei lavoratori in CFL in base agli accordi denunciati. Con un terzo motivo essa deduce l' “errata interpretazione ed applicazione dell'art. 3 comma 5 del. D.L. n. 726/84 (convertito dall'art. 1 della legge 863/84), con conseguente vizio di sussunzione, in riferimento all'art. 360 comma 1 n. 3 cpc, nonché della ### europea n. 1999/70/CE”.  2. I tre motivi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati.  3. Con in dirizzo p iù recente, ma ormai consolidato, a superamento di uno più risalente nel senso de lla spettanza dell'E.R.S. anche ai lavoratori assunti co n contratto di formazione e lavoro poi trasformatosi a tempo indeterminato (Cass. 29 ottobre 2012, n. 18553; Cass. 22 novembre 2012, 20598; Cass. 23 novembre 2012, n. 20761; Cass. 1 luglio 2013, n. 6455; Cass. 19 febbraio 2015, n. 3344), questa Corte ha ritenuto che “non violano il d.l. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, convertito in legge n. 863 del 1984 e neppure introducono un trattamento discriminatorio, le clau sole della contrattazione collettiva nazionale che, nel contesto di una riforma degli istituti contrattuali della retribuzione, distinguono i l avoratori con contratto di formazione e lavoro dal personale già in servizio con rapporto a tempo indeterm inat o, equiparando i pri mi al personale di nuova assunzio ne senza inci dere sulla conservazione dell'anzianità di servizio; ciò avuto riguardo ad elementi della retribuzione degli autoferrotranvieri attribuiti ai soli dipende nti già in forza di un rapporto a tem po 5 indeterminato, che in tutto o in parte già ne beneficiavano, per evitare decurtazioni della retribuzione, con esclusione ritenuta legittima, quindi, per coloro che, alla data della stipu la dei relativi accordi collettivi, non li percepivano perché assunti con contratto a termine di for mazi one e lavoro, senza che ciò comporti disconoscimento dell'anzianità di servizio; nella specie non par dubbio che l'emolumento in contesa sia stato previsto “nel contesto di una riforma degli istitu ti contratt uali dell a retribuzione”, con l'intento di realizzare una semplificazione ed una razionalizzazione del trattamento retributivo dei lavoratori già assunti a tempo indeterminato, sicché l'elemento mensile consolidato denominato “### o di ### del ### (###)” non è fondato di rettamente sul comput o dell'anzianità di servizio, bensì è “determinato per confluenza” dalla percezione pregressa di voci retributi ve che sono state riordinate in un unico elemento, anche a compensazione della mancata erogazione di “premi, compensi ed indennità di origine aziendale” diversi da quelli confluiti nel nuovo si stema retributivo” (Cass. 26 novembre 2021, n. ###, in motivazione sub p.ti 2.2. e 2.3., con ampio richiamo di precedenti conformi; di recente: Cass. 23 maggio 2023, n. 14175).  3.1. Da ultimo il medesimo indirizzo è stato confermato in relazione a procedimenti che vedevano come parte ricorrente per cassazione appunto ### s.p.a. in fattispecie analoghe a quella che ci occupa (v. Cass. n. 12300/2024; n. 11841/2024; n. 10077/2024; n. 10060/2024).  4. Pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e, decidendo nel merito, con il rigetto delle domande dei lavoratori, e co n la com pensazione delle 6 spese dell' intero processo tra le parti, in conseguenza de l mutamento di indirizzo giurisprudenziale sulla questione.  P.Q.M.  La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande dei lavoratori. 
Dichiara compensate tra le parti le spese dell'inter o processo. 
Così deciso in ### nell'adun anza camerale del 

Giudice/firmatari: Patti Adriano Piergiovanni, Caso Francesco Giuseppe Luigi

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Corte di Cassazione, Sentenza n. 19455/2025 del 15-07-2025

... rig uardo alle doglianze con cui viene censurata l'interpretazione della portata e de i limiti delle p olizze assicurative fornita dalla Corte d'appello, va r ibadito che l'interpretazione del contratto, traducendosi in un'operazione di ricerca ed individuazione della comune volontà dei contraenti, costituisce un accertamento di fatto, riservato al gi udice di merito , non sind acabile in sede ###per violazione delle regole ermeneutiche, per vizio motivazionale o per omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (Cass. 4/04/2022, n. 10745; Cass. 14/07/2016; v. anche, tra le meno recenti, Cass. 22/06/2005, n. 13399), restando 28 invece inammissibile la critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice del merito, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, atteso che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data al contratto dal giudice del merito non deve essere l'unica possibile, né la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpre tazioni (Cass. 15/ 11/2017, n. 27136; Cass. 28/11/2017, n. 28319; vedi anche, tra le meno recenti, 2/05/2006, n. 10131 e Cass.20/11/2009, n. (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 1120/2021 R.G., proposto da ### società cooperativa per azioni, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempo re; rappresentata e difesa dagli ### e ### in virtù di procura in calce al ricorso; con domiciliazione digitale ex lege; -ricorrente nei confronti di ### s.p.a. (già ### dell'### Coop.), quale incorporante ### ol ### s.p.a., in persona del Presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore; rappresentata e difesa dagli ### e Rob erto ### in virtù di p rocura in calce al controri corso; con domiciliazione digitale ex lege; -controricorrente nonché di ### s.p.a., in perso na del procuratore ad negotia; rappre sentata e difesa dall'Avv.  ### o Lusetti , in v irtù di procura in calce al controricorso; con domiciliazione digitale ex lege; -controricorrente nonché di ### dei ###s che hanno assunto il rischio derivante dal contratto n. 1860197, in persona del procuratore speciale del rappresentante generale per l'### dei ###s; rappresentati e difesi dall'Avv. ### ti, in virtù d i pro cura in calce al controricorso; con domiciliazione digitale ex lege; -controricorrente e di ### dei ###s che hanno assunto il rischio derivante dal contratto n.1860198, in persona del procuratore speciale del rappresentante generale per l'### dei ###s; rappresentati e difesi dall'Avv. ### in virtù di procura in calce al controricorso; con domiciliazione digitale ex lege; 3 -controricorrente per la cassazione della sentenza n. 2420/2020 della CORTE d'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15 settembre 2020; udìta la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 aprile 2025 dal ### udìto il ### lico Ministero, in persona de l ### che ha chiesto l'accoglimento del primo motivo di ricorso; udìto l'Avv. ### per delega dell'Avv. ### per la ricorrente ### società cooperativa per azioni; udìto l'Avv. ### per la controricorrente ### s.p.a.; udìto l'Avv. ### per la controricorrente ### s.p.a.; udìto l'Avv. ### per delega dell'Avv. ### per i controricorrenti ### dei ###s che h anno assunto il rischio derivante dal contratto assicurativo n. 1860198; udìto l'Avv. ### per i controricorrenti ### dei ###s che hanno assunto il rischio derivante dal contratto assicurativo n. 1860197.  ### 1. Il 13 febbraio 2013 ### s.p.a. stipulò con ### s.c.p.a. un contratto “per la fornitura e la gestione di servizi di trasporto e trattamento valori”, in base al quale ### si obbligò, da un lato, alla fornitura d iretta a ### l ### di servizi di trasp orto e 4 trattamento valori nell'ambito territoriale di sua competenza e, dall'altro lato, a stipulare in nome proprio con istituti terzi contratti di fornitura dei medesimi servizi in ambiti territoriali diversi. 
Nel contratto era stato specificato (art. 2) che ### aveva “precipuo interesse ad avere quale unica controparte, cui opporre ogni eventuale eccezione, anche di compensazione, l'### con il quale il ### stesso viene perfezionato” e che l'### avrebbe potuto “assicurare i ### anche tramite istituti ter zi con lo stesso convenzionati … ferma restando, comunque, la piena e diretta responsabilità dell'### nei confronti della ### per l'operato degli IVP in questione”; inoltre, ### si era impegnata (art. 5) “ad assumersi il rischio relativo a i valori e ffettivamente traspor tati e/o lavorati anche da parte di istituti terzi”. 
In esecuzione del rapp orto contrattuale, ### service s.c.p.a.  individuò, quale istituto di vigilanza a mezzo del quale assicurare a ### s.p.a. i servizi di trasporto e custodia dei valori al di fuori del territorio di sua diretta competenza, la società ### s.p.a.. 
Questa società, però, omise di restituire denaro contante per un importo di oltre tre milion i di ### depositat o presso due caveau ubicati in provincia di ### e a ### in esecuzione di due ordini di versamento impartiti a settembre 2013, sempre per il tramite della mandataria, con conseguente perdita per ### stimabile nel complessivo importo di ### 3.228.785,00.  ### s.p.a. citò ### s.c.p.a. in giudizio risarcitorio 5 dinanzi al Tribunale di Bologna, per farne valere la responsabilità per il fatto del terzo, come previsto in base alle clausole contrattuali.  ### s.c.p.a. si costituì in giudizio, eccependo la nullità di tali clausole e chiamando in manleva le proprie compagnie assicurative, ovverosia gli assicuratori dei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto 1860197, quelli che avevano assunto il rischio derivante dal contratto 1860198 e la ### s.p.a.. 
Si costituirono le compagnie assicurative, eccependo l'inoperatività delle polizze; gli assicuratori dei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto 1860198 eccepirono anche la tardività della chiamata in causa e la mancanza di autorizzazione alla stessa.  il Tribunale accolse la domanda principale e condannò ### s.c.p.a. a pagare a ### s.p.a., a titolo risarcitorio, la somma di ### 3.228.785,00, oltre interessi con decorrenza dal 12 novembre 2014 (data della notifica della citazione); rigettò le domande di manleva.  2. La Corte d'appello di Bologna, previo rigetto dell'impugnazione principale proposta da ### s.c.p.a. e parziale accoglimento di quella incidentale spiegata da ### s.p.a., ha confermato la condanna della pri ma al pagamento, in favore della seconda, della somma di ### 3.228.785,00, retrodatando alla data del 31 ottobre 2013 (data della messa in mora stragiu diziale) la decorrenza dell'obbligo di corresponsione degli interessi. 
La Corte territoriale, fermo il rigetto delle domande di manleva, con 6 riguardo a quella principale risarcitoria ha ritenuto: - che il contratto stipulato tra ### s.p.a. e ### s.c.p.a. avesse previsto a carico della seconda l'obbligo di assicurare lo svolgimento dei medesimi servizi da essa svolti tramite soggetti terzi (unica modalità consentita dalla legge nell'ambito territoriale posto al di fuori della sua competenza), con attribuzione alla mandataria della piena, diretta ed esclusiva responsabilità nei confronti della mandante per l'operato degli istituti terzi di cui si fosse avvalsa, del quale aveva assunto espressamente il rischio; - che, pertanto, contrariamente a quanto eccepito da ### s.c.p.a., non era invocabile, in fu nzione dell'esclusione della responsabilità della mandataria per il fatto del terzo, l'art.1715 cod.  civ., in quanto tale dis posizione era derogata dalla rich iamata pattuizione contrattuale, per effetto della quale, tra l'altro, tornava applicabile anche la regola generale di cui all'art.1228 cod. civ.; - che, inoltre, neppure era invocabile, in funzione del rilievo di nullità della pattuizione contrattuale di responsabilità piena e diretta di ### s.c.p.a., l'art.1938 cod. civ., in quanto essa pattuizione non era qualificabile in termini di negozio di garanzia (né fideiussorio, né atipico , né autonomo), stante, in particolare , l'asse nza di accessorietà tra obbligazione del terzo e que lla del mandat ario, la sussistenza di un unico impegno di ### ad assicurare (con distinti strumenti giuridici) le medesime prestazioni di servizi” (pag. 12 della sentenza impugnata) e il carattere specifico ed attuale (pertanto, non futuro) di tale obbligazione. 7 3. Ha proposto ricorso per cassazione ### s.c.p.a. sulla base di sei articolati mot ivi, il primo dei quali diretto a censurare l'accoglimento della domanda principale risarcitoria e i restanti ( ad eccezione dell'ultimo, concernente le spese di lite) diretti a censurare il rigetto delle domande di garanzia. 
Hanno risposto con distinti controricorsi ### s. p.a. (in qualità di soggetto incorporante ### s.p.a.), ### s.p.a., gli ### dei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto n.1860197 e gli ### dei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto n.1860198. 
La trattazione del ricorso, già fissata in adunanza camerale (in vista della quale tut te le parti avevano depositato memoria, me ntre il ### pre sso la Corte, nella persona del ### tuto ### aveva depositato conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del primo motivo, con assorbimento degli altri), è stat a rinviata alla pubblic a udienza con ordinanza 22 ottobre 2024, n. 27380.  il ### lico ### presso la Corte, sempre nella persona d el ### ha depositato ulteriore memoria, ribadendo le già formulate conclusioni. 
Ulteriori memorie per l'udienza sono state depositate anche da tutte le parti private.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo vengono denunciate: «### e falsa applicazione di norme di legge. ### e falsa applicazione degli 8 articoli 1418, 1343 e 1421 codice civile. ### e falsa applicazione dell'art. 1938 codice civile. ### e falsa applicazione dell'articolo 1715 codice civile. ### e falsa applicazione degli articoli 1736 e 1746 comma 3 codice civi le. Vi olazion e e falsa applicazione degli articoli 134 e seguenti del r.d. 1 8 maggio 1931 n. 773 ###.  ### e falsa applicazione degli articoli 257 comma 1 lettera c) e 257 ter comma 2 del r.d. 6 maggio 1 940 n. 635 (Regolamen to di esecuzione del ###. Vio lazione e falsa ap plicazione del D.M. 1 dicembre 2010 n. 269».  ### s.c.p.a. censura la statuizione di accoglimento della domanda risarcitoria proposta nei suoi confronti da ### s.p.a.  (ora ### s.p.a.). 
La censu ra riguarda p recipuamente il mancato accoglimento dell'eccezione di nullità della clausola contrattuale con cui ### s.c.p.a. aveva assunto il rischio relativo ai valori e ffettivament e trasportati e/o lavorati anche da parte di istituti terzi; eccezione che era stata sollevata sul presup posto che la respon sabilità verso la mandante per gli atti posti in essere dai terzi con cui aveva contrattato avrebbe potuto essere assunta dalla mandataria priva di rappresentanza soltanto con la fissaz ione di un importo mass imo garantito, caratterizzandosi la pattuizione contrattuale stipulata in deroga alla regola p eculiare (ma com unque dispositiva) di c ui all'art.1715 cod. proc. civ. quale pattuizione di garanzia, come tale soggetta alla regola (questa, invece, imperativa) dell'art. 1938 cod.  civ.. 9 2. La delibazione dell'illustrata censura presuppone l'individuazione della natura del contratto stipulato il 13 febbraio 2013 tra ### s.p.a. e ### s.c.p.a..  ### le allegazioni della controricorren te ### s.p.a. , esso sarebbe qualificabile come un unico contratto di appalto di servizi, in base al quale l'appaltatrice ### s.c.p.a. si sarebbe impegnata personalmente a fornire alla committente ### s.p.a. servizi di trasporto e trattamento valori nell'ambito territoriale di sua competenza, salva la possibilità di avvalersi, anche mediante contratti di subappalto, di istituti di vigilanza terzi per l'espletamento dei servizi da erogare in favore delle filiali ### indicate nell'allegato E (“### Operativi”) per le ##### e per alcune filiali in ### con particolare riferimento alla zona di ### Se fosse corretta questa configurazione della natura del contratto stipulato inter partes, le censure rivolte con il primo motivo di ricorso alla sentenza d'appello sarebbero manifestamente infondate. 
In presenza di un unico contratto di appalto, infatti, sarebbe esclusa in radice l'applicabilità dell'art. 1715 cod. civ. (che regola la diversa fattispecie contrattuale del mandato) e la conseguente possibilità di individuare, nelle clausole contrattuali con cui ### s. c.p.a.  aveva assunto il rischio relativo ai valori trasportati o lavorati da parte di istituti terzi, un patto contrario in deroga alla regola di irresponsabilità del mandatari o privo di rappre sentanza stabilita dalla predetta disposizione. 
Piuttosto, la facol tà attribuita a ### “affinché stipuli e 10 gestisca in proprio nome ma per conto della ### su tutto il territorio nazionale, contratti con ### di ### Privata” (### A) delle ### del contratto), al di là del formale riferimento alla figura del “mandato senza rappresentanza ex art. 1705 cod. civ.”, andrebbe intesa come mera autorizzazione (arg. ex art. 1656 cod. civ.) ad avvalersi di terzi ausiliari nell'adempimento delle obbligazioni derivanti dall'appalto, cosicché, per un verso, gli eventuali contratti di subappalto da essa conclusi con gli istituti terzi integrerebbero nient'altro che la fonte del rapporto di “ausiliarietà” costituito tra le parti stipulanti (rapporto che, per giurispru denza consolidata, può trovare la sua fonte non solo nell'ipotesi classica del lavoro subordinato, ma in ogni ipotesi in cui il debitore si avvalga dell'attività di terzi per eseguire la prestazione, a prescindere dal rapporto intercorrente tra essi e il debitore medesimo: cfr., ad es., Cass. 31/08/2011, n. 17853); per altro verso, una volta che, in base a tale rapporto, l'attività degli ausiliari fosse stata inserita nel procedim ento esecutivo dell'obbligazione, esclu so ogni rapporto diretto tra questi ultimi e ### (cfr., ad es., Cass. 7/01/2025, n.940), Coo pservice avrebbe risposto del fatto d oloso o colposo commesso dagli istituti terzi in applicazione della regola generale di cui all'art. 1228 cod. civ., la quale non prevede alcun limite quantitativo ma obbliga il deb itore al risarcimento del danno effettivo subito dal creditore, ove tale danno sia st ato necessar iamente occasionato dall'incarico conferito all'ausiliario.   3. La tesi del contratto unico non sembra tuttavia attendibilmente sostenibile, apparendo corretta la dive rsa ricostruzione oper ata dal 11 giudice del merito - cui è riservata, tra l'altro, l'attività di interpretazione e qualificazione del negozio giuridico -, il quale ha condiviso al riguardo le premesse argomentative sulla fattispecie contrattuale, formulate dalla ricorrente ### s.c.p.a., in o rdine a l carattere “duale ” della pattuizione, quale articolantesi in un appalto di servizi e in un mandato senza rappresentanza, pur rifiutandone le implicazioni tratte in ordine alla relativa disciplina, con specifico riguardo all'invocata operatività della regola dispositiva dell'irresponsabilità del mandatari o senza rappresentanza per l'inadempimento dei terzi con cui abbia contrattato (art.1715 cod. civ.) e della regola imperativa della necessaria previsione di un limite quantitativo massimo diretto a circoscriver ne la responsabilità, ove pattiziamente stabilita (art. 1938 cod. civ.): la prima, reputata derogata dalla contraria clausola apposta al contratto; la seconda, ritenuta non applicabile in ragione della natura di detto patto contrario, di cui è stata esclusa la causa di garanzia. 
La qualificazione nei predetti termini della fattispecie negoziale, nonché plausibile, app are - come detto - decisamente corretta, in quanto l'insuperabile tenore testuale del contratto del febbraio 2013 evidenzia chiaramente i due nuclei della pattuizione e, quindi, i due distinti contratti stipulati tra le parti: da un lato, un contratto di appalto concernente la fornitura diretta di servizi d i trasporto e trattamento valori per l'ambito territoriale di competenza; dall'altro, un mandato senza rappresentan za avente ad oggetto la stipula di subappalti o subforniture con soggetti terzi per a mbiti territ oriali diversi, in conformità alle disposizioni d el ### o delle ### di ### 12 Sicurezza. 
Il contra tto di subfornitura di servizi di traspo rto e custodia dei valori, da svolgersi al di fuori del territorio di diretta competenza della ### era stato da questa con concluso con la società ### s.p.a. in esecuz ione del man dato senza rappresentanz a attribuitale da ### s.p.a., per modo che, con riguardo all'ipotesi di inad empimento del subfornitore, i rapporti tra ma ndante e mandataria dovevano effettivamente ritenersi regolati dall'art. 1715 cod. civ., che stabilisce la rego la dell'irresponsabilità del mandata rio verso il mandante, salvo che la contraria regola della responsabilità sia pattiziamente prevista o che l'insolvenza del terzo fosse nota o dovesse essere nota al mandatario all'atto della conclusione del contratto (art.  1715, ultima parte, cod. civ.). 
Ricostruita, dunque, la fattispecie neg oziale come fattispecie “duale”, articolantesi nei due distinti contratti dell'appalto di servizi e del mandato senza rappresen tanza, la delibazion e in iure delle censure veicolate con il primo motivo di ricors o per cassazione si fa più complessa, implicando - come già evidenziato nell'ordinanza interlocutoria - la risoluzione di diver se questioni giuridiche, concernenti: a) l'individuazione del fondamento della regola di irresponsabilità di cui all'art. 1715 cod. civ., quale regola dispositiva peculiare, caratterizzantesi, ad un tempo, come norma di parte speciale derogatoria di quella generale del rapporto obbligatorio codificat a nell'art. 1228 cod. civ., e come norma generale della disciplina tipica del mandato senza rappresentanza, derogabile dalla diversa volontà delle 13 parti; b) l'individuazione della causa del “patto contrario” eventualmente stipulato in deroga alla re gola g enerale dell'irresponsabilità del mandatario, con particolare riferimento alla questione se esso debba necessariamente avere una funzione distinta da quella del contratto a cui accede, oppure se, avuto riguardo all'interesse perseguito dalle parti nel caso concreto, possa avere una giustificazione funzionale all'interno della causa del mandato; c) la conseguente soluzione del problema se il detto “patto contrario”, nel derogare alla regola dell'irresponsabilità del mandatario, debba però necessariamente stabilire l'importo massimo entro il quale circoscrivere la sua responsabilità verso il mandante, in conformità al dettato della norma (questa, invece, imperativa) di cui all'art. 1938 cod. civ..  4. Come si è accennato, l'art. 1715 cod. civ., nello stabilire che il mandatario che agisce in nome proprio non risponde verso il mandante dell'adempimento delle obbligazioni assunte dalle persone con cui ha contrattato, prevede che a questa regola generale si faccia eccezione in due casi: a) quando le parti abbiano espressamente convenuto che il mandatario possa essere chiamato a rispondere dal mandan te; b) quando l'insolvenza del terzo fosse o dovesse essere nota al mandatario all'atto della conclusione del contratto.  ### del fondamento di quest a regola postula una ricognizione della disciplina generale del m andato senza rappresentanza, con particolare riferimento alla puntualizzazione soggettiva delle situazioni giuri diche soggettive, at tive e passive, derivanti dalla sua esecuzione. 14 ### questa disciplina, il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, i quali non hanno alcun rapporto col mandante (art. 1705, primo comma e secondo comma, primo periodo, cod. civ.). 
Pertanto, gli effetti del contratto concluso con il terzo si producono nella sfera giuridica del mandatario, mentre ad esso rimane estraneo il mandante, anche nell'ipotesi in cui i terzi abbiano avuto conoscenza del mandato.   Tuttavia, il mandante, «sostituendosi al mandatario», può, di norma, «esercitare i diritti di credi to derivanti dall'esecuzione del mandato» (art.1705, secondo comma, secondo periodo, cod. civ).  4.1. ### e la natura del “potere di sostituzione” del mandante (e della relativa legittimazione processuale) sono stati al centro di un travagliato contrasto giurisprudenziale che ha recepito, di volta in volta, le diverse opinioni formulate in dottrina. 
Sotto il profilo dell'oggetto ci si è domandati se il mandante, oltre all'azione di adempimento, sia legittimato ad esercitare, nei confronti dei terzi che hanno contrattato con il mandat ario, anche le azioni contrattuali, tra cui, in particolare, quella di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno. 
In senso restrittivo si è argomentato dal carattere eccezionale di tale potere in confronto a quello, invece, generale del principio sancito dal primo comma dell'art. 1705 cod. civ.; principio che sarebbe svuotato di contenuto se si riconoscesse al mandante la legittimazione ad esercitare azioni diverse da quella di adempimento, specificamente finalizzata alla 15 tutela dei diritti ### di credito che derivano al mandatario dall'esecuzione dell'incarico gestorio (ex aliis , Cass. 8/06/20 07, n.13375; Cass. 26/08/2006, n. 18512; Cass. 21/01/2005, n. 1312; Cass. 5/11/1998, n. 11118). 
In senso estensivo si è argomentato dalla ricostruzione del potere del mandante, non quale eccezione alla regola di cui all'art. 1705, primo comma, cod. civ., ma piuttosto quale generale legittimazione ad agire in giudi zio per il soddisfacimento dei crediti derivanti dal mandat o, mediante l'impiego di tutte le azioni scaturenti dal contratto. 
Questa generale legittimazione processuale troverebbe fondamento, sul piano sostanziale, in una vera e propria modificazione soggettiva del rapporto, la quale implicherebbe il riconoscimento della corrispondente legittimazione del terzo che ha contrattato col mandatario ad agire a sua volta contro il ma ndante, esercitando nei suoi c onfronti ogni azione derivante dal contratto o, quanto meno, a domandarne la condanna all'adempimento delle obbligazioni correlative ai diritti fatti valere verso di lui d al mandan te (ex aliis , Cass. 27/07/2006 n. 17145; 10/06/2004, n.11014; Cass. 10/08/1998 n. 7820). 
Con riguardo alla natura del meccanismo funzionale di cui all'art.  1705, secondo com ma, secondo periodo, cod. civ., l'opinione più risalente, movendo dalla lettera della norma, vi individuava una ipotesi di azione surrogatoria, in forza della quale il mandante eserciterebbe nei confronti del terzo un diritt o di cui sar ebbe t itolare il mandatario, sostituendosi a quest'ultimo. 
A tale opinione si è in tempi più recenti contrapposta quella della 16 c.d. azione diretta, fondata sull'argomento negativo diretto a rilevare l'assenza di uno dei presupposti fondamentali dell'azione surrogatoria (l'inerzia del debitore: arg. e x art.2900 co d. civ.), non ché sull'argomento positivo diretto ad individu are una modificazione soggettiva attiva nella titolarità dei diritti personali derivanti dai contratti stipulati dal mandatario in nome proprio per conto del mandante, in perfetta sincronia con la omologa modificazione soggettiva stabilita dal successivo art. 1706, primo comma, cod. civ., in relazione ai diritti reali sulle cose mobili acquistate dal mandatario sempre in nome proprio e per conto del mandante, il quale è legittimato, al riguardo, ad esercitare l'azione di rivendicazione, salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi.  4.2. Il contrasto, come è noto, è stato composto dalle ### di questa Corte con la sentenza 8/10/2008, n. 24772, la quale, con estremo rigore dogmatico, da un lato, ha ribadito il carattere generale della regola per cui il mandatario acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, i quali non hanno alcun rapporto con il mandante (art. 1705, primo comma e secondo comma, primo periodo, cod. civ.); dall'altro lato ha qualificato come eccezionali - e dunque, di stretta interpretazione - quelle disposizioni (in particolare, gli artt. 1705, secondo comma, secondo periodo e 1706, primo comma, cod. civ.), che, in deroga al richiamato, generale meccanismo effettuale, ne prevedano, sul piano processuale, una sorte diversa, imperniata sulla immediata reclamabilità del di ritto (di credito o reale) da parte del mandante. 
Pertanto, mentre, per un verso, l'oggetto del potere riconosciuto al 17 mandante dall'art. 1705, secondo comma, secondo periodo cod. civ., formalmente limitato all'esercizio dei «diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato», deve ritenersi rigorosamente circoscritto all'esercizio ### dei diritti sostanziali acquistati dal mandatario, con consegu ente esclusione delle azioni poste a tute la dell'intera posizione contrattuale (annulla mento, risoluzione, rescissione) o comunque di diritti diversi, anche succedanei, ai diritti di credito da essa derivanti ###, per altro verso, la natura della legittimazione processuale implicata dal meccanismo funzionale previsto dalla norma in esame si riconduce necessariamente alla figura dell'azione diretta, la quale postula sullo sfondo la titolarità sostanziale del diritt o giudizialmente esercitato in capo al mandante e non in capo al mandatario, sia pure per effetto dell'operatività di una vicenda di translatio limitata al solo profilo attivo del credito e non estesa all'intera posizione contrattuale costituitasi in capo al mandatario, la quale ultima, non solo, al contrario della prima, non potrebbe operare in difetto del consenso del contraente ceduto (arg. ex art. 1406 cod. civ. in relazione all'art. 1260 stesso codice), ma, soprattutto, non sarebbe conciliabile con il sistema delle disposizioni contenute negli artt. 1705 e 1706 cod.  civ., imperniato sulla ricostruzione dell'immediata azionabilità del diritto (personale, con azione di adempimento, o reale, con azione di rivendica), da parte del mandante, come eccezione alla regola generale della sua estraneità al contratto stipulato per suo conto, ma in nome proprio, dal mandatario.  4.3. Si delinea, in tal modo, il fondamento della regola dispositiva 18 contenuta nell'art. 1715 cod. civ., che esonera il mandatario che agisce in nome proprio dalla responsabilità, verso il mand ante, per l'adempimento delle obbligazio ni assunte dai terzi con cui ha contrattato. 
Infatti, se, da un lato, il soggetto passivo di detti rapporti obbligatori (il titolare della posizione di debito) continua ad essere il terzo che ha contrattato con il mandatario, dall'altro lato, il soggetto attivo (il titolare della posizione di credito) non è quest'ultimo, sebbene abbia contrattato in nome proprio, bensì il mandante, in capo al quale si sono trasferiti, per effetto della surrichiamata translatio, sia i diritti personali derivanti dall'esecuzione del mandato, sia i diritti reali sulle cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario. 
Pertanto, mentre, in ragione del carattere circoscritto della translatio, limitata al profilo attivo del credito, il mandatario conserva la titolarità della complessiva posizione contrattuale (e, con essa, la legittimazione esclusiva ad agire verso il terzo e ad essere da questi convenuto in relazione a tutti i diritti ed obblighi ad essa connessi, ad eccezione dei diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato), invece la legittimazione, parimenti esclusiva, ad esercitare questi diritti di credito compete in via diretta al mandante, il quale può far valere il diritto di cui è titolare direttamente nei confronti del terzo obbligato, ottenendone la condanna all'adempimento e con tando sulla sua conseguente responsabilità patrimoniale in sede esecutiva. 
La sussistenza, entro tali limiti, di un rapporto giuridico obbligatorio tra il manda nte e il terzo esclude la necessità d i ritenere ex lege il 19 mandatario automaticamente responsabile verso il mandante per il fatto del terzo e giustifica la previsione della regola generale, benché dispositiva, di irresponsabilità.  5. ### del fondamento della regola dispositiva di cui all'art.1715 cod. civ. consente di risolvere la questione, logicamente conseguente, concernente l'individuazione della causa dell'eventuale “patto contrario”, con il quale le parti, derogando alla predetta regola, attribuiscano pattiziamente al mandatar io senza rappresentanza la piena e diretta responsabilità, verso il mandante, per l'adempimento delle obbligazioni assunte dai terzi con cui ha contrattato. 
Avuto riguardo al fondamento della norma in esame, l'assunto posto a base delle censure formulate dalla società ricorrente - per il quale il “patto contrario” dovrebbe necessariamente avere una funzione di garanzia (in quanto riconducibile, secondo le varie prospettazioni, alla fideiussione, al negozio autonomo di garanzia, allo “star del credere” o, persino, ad una garanzia atipica) - non è evidentemente condivisibile. 
Esso, del resto, oltre che poggiare sull'erronea premessa dogmaticometodologica che ancora indulge ad indagini sulla causa meramente astratte, condotte con riguardo alla tipologia della pattuizione contrattuale di riferimento e senza tener conto dello specifico e concreto interesse effettivamente perseguito dalle parti stipulanti, non trova riscontro nell'attuale stadio dell'elaborazione dottrinale, la quale, pur avendo in pas sato lungamente riconosciuto, all' obbligazione pattiziamente assunta verso il mandante d al mand atario senza rappresentanza, il carattere di obbligazione di garanzia, in tempi più 20 recenti ha individuato altrove la natura del “patto contrario” di cui all'art.  1715 cod. civ., talora qualificandolo come promessa del fatto del terzo, talaltra come generica obbligazione di risultato, dest inata a divenire attuale in caso di inadempimento. 
Ebbene, ove si consideri - come sopra evidenziato - che la regola dispositiva dell'art. 1715 cod. civ. trova fondamento nella circostanza che i diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato, pur puntualizzandosi inizialmente sulla sfera giur idica del mandatario, vengono poi trasferiti su quella del mandante, il quale può agire per l'adempimento in via diretta (e non surrogatoria) nei confronti del terzo (così escludendosi, in deroga alla regola generale dell'art. 1228 cod. civ., la neces sità di ritenere ex lege il man datario automaticamente responsabile verso il mandante per il fatto del terzo), all'eventuale contraria clausola pattizia, con la quale le parti, nell 'esercizio della propria autonomia cont rattuale, attribuiscano liberamente al mandatario tale responsabilità, non può attribuirsi altro scopo che quello di ripristinare - adattandolo al meccanismo effettuale specificamente previsto, per il mandato senza rappresentanza, dagli artt. 1705 e 1706 cod. civ. - il prin cipio generale che esige c he il debitore che per l'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi risponda anche dei fatti dolosi o colposi di costoro. 
La causa del patto contrario previsto dall'art. 1715 cod. civ. quale eccezione convenzionalmente stabilita dalle parti alla regola dell'irresponsabilità del mandatario per le obbligazioni assunte dai terzi con cui ha contrattato in nome proprio, si rinviene, allora, all'interno 21 della stessa disciplina del mandato senz a rappresentanza, corrispondendo, in piena armonia alle istanze espresse dall'art. 24 Cost., alla funzion e di tutela dell'interesse del mandante - pur nei li miti derivanti dal generale meccanismo effettuale di cui all'art. 1705, primo comma, cod. civ. - al pieno esercizio dei diritti soggettivi di credito derivanti dall'esecuzione del mandato. 
Per il soddisfacimento di questi peculiari diritti, infatti, la legge - pur nell'ambito di un regime generale che vede le situaz ioni soggettive, attive e passive, derivanti dagli atti compiuti con i terzi puntualizzarsi esclusivamente sulla sfera giuridica del mandatario - attribuisce, non solo, di norma, al mand ante, per le ragioni sopra analiticamente evidenziate, la legittimazione ad agire per l'adempimento direttamente nei confronti del terzo, ma anche, in talune peculiari ipotesi, una tutela rafforzata, comprendente la legittimazione ad agire in via risarcitoria nei confronti del mandatario. 
Tali ipotesi, come detto, si riconducono a quella dell'insolvenza del terzo, con osciuta o conoscibile dal mandatario sin dal tempo della stipulazione del contratto (ipotesi che vede il mandatario responsabile a titolo di colpa) e a quella della clausola pattizia intesa a ripristinare la regola generale di cui all'art. 1228 cod. civ. (che vede il mandatario responsabile a titolo oggettivo in base al principio che chi sia appropria dell'operato altrui ne assume anche il rischio per danni arrecati a terzi).  5.1. Naturalmente, non può escludersi che, in relazione al concreto atteggiarsi dell'operazione negoziale e all'interesse pratico perseguito dalle parti, la detta pattuizione di attribuzione al mandatario della piena 22 e diretta responsabilità verso il mandante per il fatto del terzo possa assumere anche una causa ulteriore, eventualmente coincidente con una funzione di garanzia. 
Ma la causa primaria e assorbente del patto contrario stipulato in deroga alla regola di irresponsabilità di cui a ll'art.1715 co d. civ. va rinvenuta all'interno di quella del mandato senza rappresentanza, corrispondendo alla funzione di tutela dell'esigenza che il mandante - pur nell'ambito di un sistema che esclude di massima ogni suo rapporto con i terzi che hanno contrattato col manda tario - possa esercitar e pienamente i diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato.  6. Ciò posto in ordine alla causa della clausola convenzionale intesa a derogare al disposto dell'art. 1715 cod. civ., è agevole osservare che nella vicenda in esame la clausola apposta al contratto stipulato tra le parti - prevedendo la “piena e diretta responsabilità” della mandataria ### s.c.p.a. nei confronti della banca mandante per l'operato degli istituti di vigilanza terzi (art.5 del contratto); stabilendo a carico di ### l'assunzione del “rischio relativo ai valori effettivamente trasportati e/o lavorati anche da parte di istituti terzi”; ed evidenziando il “precipuo interesse” di ### s.p.a. ad “avere quale unica controparte, cui opporre ogni eventuale eccezione, anche di compensazione, l'### con il quale il ### stesso viene perfezionato” (art.2) - assume con evidenza la portata di regola pattizia derogatoria alla norma dispositiva di cui all'art. 1715 cod. civ., trovando la sua causa nella funzione di tutela della posizione del mandatario senza rappresentanza all'interno del meccanismo effettuale di cui ag li 23 artt.1705 e 1706 cod. civ., per modo che deve escludersi che la stessa sia invalida per contrarietà alla norma imperativa di cui all'art. 1938 cod.  civ., per avere omesso di circoscrivere la responsabilità di ### verso ### per l'inadempimento della ### s.p.a.  entro un limite massimo garantito. 
La detta norma impera tiva non trova in fatti applicazione ne lla fattispecie, già in ragion e dell'estraneità della richiamata pattu izione contrattuale ai negozi di garanzia, sicché deve ritenersi che la clausola stessa correttamente è stata reputata valida dal giudice del merito, il quale, altrettanto correttamente, ha accertato, in base ad es sa, la responsabilità della mandataria per l'inadempimento del terzo con cui aveva contrattato, condannandola al risarcimento del danno subìto dalla mandante. 
Il primo motivo del ricorso va dunque rigettato.  7. Con il secondo motivo vengono denunciate: «### e falsa applicazione di norme di legge. Vio lazione e falsa applicazion e dell'articolo 12 delle preleggi. ### e falsa applicazione de gli articoli 1362, 1363, 1365, 1366, 1367, 1370 codice civil e. 
Interpretazione della disciplina del contra tto di assicuraz ione denominato "### responsabilità civile verso terzi e verso prestatori di lavoro" stipulato da ### e ### in data 31 dicembre 2012 condotta dalla Corte d'Appello con violazione a falsa applicazione delle norme contenute nel capo IV del ### del ### del ### non ché in violazio ne e falsa applicazione d el disposto dell'articolo 12 delle preleggi . Violazio ne e falsa interpretazio ne 24 dell'articolo 635 codice penale». 
Viene impugnata la statuizione di rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti di ### s.p.a.. 
La senten za impugnata è censurata p er avere erroneamente interpretato la “### responsabilità civi le verso terzi e verso prestatori di lavoro” av ente numero 2550/60 /510000, stipulata da ### s.c.p.a. con ### l### s.p.a. in d ata 31 dicembre 2012, ritenendo circoscritto l'ambito di op eratività della garanzia assicurativa a tre casi specificatamente individuati, ossia «per morte, per lesioni personali e per danneggiamenti a cose».  8. Con il terz o motiv o vengono denunciate : «### e falsa applicazione di norme di legge. Vio lazione e falsa applicazion e dell'articolo 12 de lle prelegg i. ### e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1365, 1366, 1367, 1370 codice civil e. 
Interpretazione della disciplina del Con tratto di assicurazion e 1860197 stipulato con ### dagli ### dei ###s che ne hanno assunto il rischio in data 26 febbraio 2013 condot ta con violazione e falsa applicazione delle norme contenute nel ### del ### del ### de l Co dice Civile nonché del disposto dell'articolo 12 delle prel eggi. ### e fal sa interpretazione del disposto dell'articolo 635 c.p.». 
Viene impugnata la statuizione di rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti d egli ### d ei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto di assicurazione n. 1860197.   ### s.c.p.a. rammenta che il giudice del merito, sia di 25 primo che di secondo grado, ha escluso l'operatività della polizza in ragione della clausola prevista dal comma 6.03 dell'articolo 6 dell'allegato al contratto di assicurazione, la quale sottraeva dall'ambito della copertura assicurativa la responsabilità professionale derivante dallo svolgimento di servizi di vigilanza e, precisamente, dei servizi di “trasporto e contazione valori”, nonché di “gestione di caveaux, cassette di sicurezza e mezzi forti”. 
Osserva che, peraltro, essa società non aveva mai svolto nella ### servizi di vigil anza né aveva assunto alcuna obbligazione in tal senso, atteso che lo svolgimento di tali servizi sarebbe subordinato ad autorizzazione ex art. 134 ###, da essa richiesta ed ottenuta in relazione ad una diversa area territoriale. 
Al contrario, con riguardo alla Reg ione Ve neto, essa società si sarebbe limitata ad operare come mandataria senza rappresentanza di ### a fine di reperire, per suo conto ma in proprio nome, istituti di vigilanza autorizzati che eseguissero i predetti servizi. 
Tale attività, posta in essere in esecuzione del mandato ricevuto e culminata nella stipulazione del contratto con ### s.p.a., sarebbe sottratta all'ambito di operatività della surrichiamata clausola di esclusione.   Sulla base di tali argomentazioni, ### s.c.p.a. sostiene che, pertan to, la Co rte d'appello avrebbe violato e falsamente interpretato la normativa in tema di interpretazione del contratto. 
Si duo le, infine, del rigetto delle is tanze istruttorie da essa formulate. 26 9. Con il quarto motivo vengono denunciate: «### e falsa applicazione di norme di legge. Vio lazione e falsa applicazion e dell'articolo 12 delle preleggi. ### e falsa applicazione de gli articoli 1362, 1363, 1365, 1366, 1367, 1370 codice civil e. 
Interpretazione della disciplina del Con tratto di assicur azione 1860198 stipulato con ### dagli ### dei ###s che ne hanno assunto il rischio in data 26 febbraio 2013 condot ta con violazione e falsa applicazione delle norme contenute nel capo IV del ### del ### quarto del ### n onché del dispos to dell'articolo 12 delle preleggi». 
Viene impugnata la statuizione di rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti d egli ### d ei ###s che avevano assunto il rischio derivante dal contratto di assicurazione n. 1860198. 
La sentenza impugnata è censurata per avere escluso l'applicazione della polizza stipulata con gli ### dei ###s sul presupposto che la copertura assicurativa non si estendesse all'ipotesi di «colpa grave e dolo delle persone delle quali l'assicurato deve rispondere a norma di legge».  ### al riguardo, che la propria responsabilità verso la banca mandante per il fatto dell' istituto te rzo trovava la sua fonte esclusivamente nel contratto e non in una no rma di legge, no n trovando applicazione, in part icolare, né l'art. 1715 cod. civ. né l'art.1228 cod. civ..  10. I m otivi appena illustrati (il secondo, il terzo e il quarto) possono essere esaminati congiuntamente in ragione dell'evide nte, 27 reciproca connessione. 
Essi sono manifestamente inammissibili. 
Ad onta della formale intestazione, le censure proposte attengono, nella sostanza, a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello espresso dalla Corte d'appell o, ome ttendo di considerare che l'accertamento delle circostanze di fatto (tra cui rientra l'individuazione dell'ambito di operatività delle p olizze assicurative), nonché l'apprezzamento delle risultanze istruttorie e il giudizio di rilevanza dei mezzi istruttori dedotti dalle parti, sono attività riservate al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499). 
Con particolare rig uardo alle doglianze con cui viene censurata l'interpretazione della portata e de i limiti delle p olizze assicurative fornita dalla Corte d'appello, va r ibadito che l'interpretazione del contratto, traducendosi in un'operazione di ricerca ed individuazione della comune volontà dei contraenti, costituisce un accertamento di fatto, riservato al gi udice di merito , non sind acabile in sede ###per violazione delle regole ermeneutiche, per vizio motivazionale o per omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (Cass. 4/04/2022, n. 10745; Cass. 14/07/2016; v. anche, tra le meno recenti, Cass. 22/06/2005, n. 13399), restando 28 invece inammissibile la critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice del merito, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, atteso che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data al contratto dal giudice del merito non deve essere l'unica possibile, né la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpre tazioni (Cass. 15/ 11/2017, n. 27136; Cass. 28/11/2017, n. 28319; vedi anche, tra le meno recenti, 2/05/2006, n. 10131 e Cass.20/11/2009, n. 24539). 
Ne discend e la manifesta inammissibilità del secondo, terzo e quarto motivo di ricorso.  11. Con il quinto motivo viene denunciata la «### e falsa applicazione dell'articolo 269 c.p.c.».  ### s.c.p.a. sostiene che la Corte d'appello sarebbe incorsa nella violazione e falsa applicazione dell'art. 269 cod. proc. civ. per aver trattato “per inciso”, pur avendolo dichiarato assorbito, il motivo di appello incidentale con il quale gli ### dei ###s, che avevano assunto il rischio derivante dal contratto di assicurazione n. 1860198, avevano eccepito l'inammissibilità della chiamata in causa. 
Il quin to motivo resta assorbito p er effetto del rigett o dei precedenti.  12. Con il sesto motivo viene denunciata la «### e falsa applicazione dell'articolo 92 c.p.c.». 
La società ricorrente invoca una riforma delle statuizioni sulle spese dei gradi di merito per effetto dell'accoglimento degli altri motivi di ricorso, o, in subordine, l'annullamento di quella emessa dal giudice 29 d'appello, per non avere disp osto la compensazione delle spe se in ragione dell'«assoluta novità delle questioni trattate». 
Anche questo motivo è inammissibile. 
Nella parte in cui invoca la riforma delle «decisioni in materia di spese contenute nelle sentenze della Corte d'Appello e del Tribunale di ### la società ricorrente pone, invero, un “non motivo” (Cass.9/12/2024, n. ###; Cass. 8/08/2024, n. 22452), dal momento che l'auspicata rinnovazione del regolamento delle spese, in senso ad essa favorevole, postulerebbe l'accoglimento delle altre doglianze proposte con il ricorso, che de ve ess ere invece complessivamente rigettato, per le ragioni che si sono andate esponendo. 
Invece, nella parte in cui si duole della mancata compensazione delle spese in ragione della assoluta novità delle questioni trattate, la ricorrente omette di considerare che la regola ch e deve guidare il giudice del merito nella regolazione delle spese processuali è quella fondata sulla socco mbenza (art.9 1 cod. proc. civ.), mentre la compensazione, parziale o totale, al verificarsi delle ragioni previste dall'art.92, secondo comma, cod. proc. ci v. (nella formulazione applicabile ratione temporis), è riservata al prudente apprezzamento del giudice e trova quindi fondament o in un potere di natu ra discrezionale, il cui esercizio è di no rma incensurabile in sede di legittimità - salvo che per illogicità, inesistenza o apparenza della motivazione (Cass. 03/07/2 019, n. 1781 6; Cass. 26/0 7/2021, 21400) - e che trova il suo unico limite nell'impossibilità di porre le spese a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 24/06/2003, n. ###; Cass. 26/11/2020, n. 26912). 
Ne discende la complessiva inammissibilità del motivo in esame.  13. In defi nitiva, il ricorso pro posto da Coo pservice s.c.p.a. va rigettato, per essere infondato il primo motivo e inammissibili gli altri.  14. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della società ricorr ente e vengo no liquidate come da dispositivo in favore di ciascuna parte controrico rrente, in ragione dell'at tività difensiva spiegata.  15. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, al competente ufficio di merito, dell'ulteriore importo a titolo di contributo u nificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso. 
Condanna la società ricorrente a rimborsare alle società controricorrenti le sp ese del giudizio di legittimit à, che liquida, per ciascuna di esse, in ### 12.200 ,00 per compe nsi, oltre le spese generali, gli esborsi liquidati in ### 200,00 e gli accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenz a dei presupposti processuali per il ver samento, d a parte del la società ricorrente, al competente ufficio d i merito, 31 dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a qu ello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto. 
Così deciso in ### nella ### di consiglio della ### 

Giudice/firmatari: Travaglino Giacomo, Spaziani Paolo

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 1232/2025 del 17-01-2025

... affermato dalla Corte territoriale per cui la «mera interclusione» sarebbe ininfluente in quanto «l'#### di fatto tollera il passaggio e la superficie è esigua». 12 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### per i ricorrenti «l'interclusione di un fondo può essere vinta solo con la costit uzione di u na ser vitù a car ico del fondo servente, diversamente, il fondo interclusione è privo di un accesso costituito per titolo». Insomma, per i ricorrenti «l'unitarietà del bene originario non può essere esclu sa utilizzando un principio contro diritto, cioè la negazione della necessità di una servitù costituita per titolo»; sicché «i fondi interclusi […] non possono essere raggiunti con la “tolleranza” dell'### atteso che la tolleranza può cessare in qualsiasi momento». Tra l'altro, non può dimenticars i che «all'interno dei fondi interclusi, come evidenziato anch e d alla Corte d'appello insistono due pozzi per l'emungimento dell'acqua di irrigazione, detti pozzi sono rimasti in proprietà ### ma a causa dell'interclusione sono inutilizzabili, perché irraggiungibili». Di qui l'evidenza de lla «unitarietà aziendale ante esproprio» come p ure del «deprez zamento de lla (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso n. 3543/2019 r.g. proposto da: ### e ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### da cui sono rappresentati e difesi per procura in calce al ricorso -ricorrenti - contro ### per le ### già ### s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e d ifesa ex lege 2 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### dall'### dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in ### alla via dei ### n. 12.  - controricorrente e Prefettura di ### in persona del legale rappresentante pro tempore, e Società Italiana per Condotte d'### s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore -intimate avverso la senten za della Corte di appello di ### 411/2018 depositata in data ###; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 8/1/2025 dal ### dott. ### D'#### 1. ### era proprietario delle particelle, di cui al foglio 12, numeri 281 (ex n. 72 di mq 150),238 (ex 73 di mq 7427), 279 (ex 24, di mq 5633), 246 (ex 25 di mq 480), 242 (ex 26 di mq 104), 240 (ex 77, di mq 1501), 244 (ex 91 di mq 3578), 158, di mq 200,159, di mq 280,160, di mq 30,161 di mq 1400,179 di mq 240.  ### era proprietario della particella n. 248 (ex 20) di mq 1774. 
Tali terren i venivano coinvolti nell'espropriazione relativa alla variante tecnica per l'ammodernamento dell'autostrada #### riguardava alcune particelle facenti parte di un più vasto complesso fondiario «riconducibile all'azienda agraria dei due ### [] costituita da tre corpi immobiliari, il primo posto a nord ed in adiacenz a alla carre ggiata autostradal e direzione ### rno### il secondo, più grande, posto a sud ed adiacente alla carreggia ta autostradale ### il terzo, 3 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### costituito dalla particella n. 26 del foglio di mappa 13, posto a sud rispetto alla strada provinciale che da ### conduce a ### di ### strada dalla quale si accede all'azienda». 
L'### con delibera n. 365 del 24/12/1999 dichiarava l'opera di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza. 
Con decreto n. 364 del 6/6/2000 la ### di ### autorizzava l'occupazione temporanea ed urgente delle particelle sopra indic ate fino al 23/12/200 4, con la successiva p roroga apportata dal decreto n. 28709 del 9/12/2004, fino al 22/11/2005. 
In data ### la società Condotte d'### in nome e per conto dell'A nas, comunicava la determinazione dell'inde nnità provvisoria pari ad euro 3,10 al metro quadrato, per la somma di euro 68.128,70, oltre all'indennità di occupazione pari a 1/12 ed oltre all'indennità per fabbricati, soprassuolo e danni. 
Veniva offerta l'indennità provvisoria, al fine di giungere ad un accordo bonario, di euro 364.490,67, di cui euro 68.128,70 per il valore dell'area espropriata, per mq 21.977 X euro 3,10 al metro quadrato; euro 136.257,40 per la maggiorazione sp ettante al proprietario coltivatore diretto; euro 68.128,70 per l'occup azione temporanea dell'area agricola; euro 91 .975,87 per indennità per soprassuolo.  ### veniva respinta dagli attori. 
La società Condotte d'### depositava la somma di euro 68.128,70 presso la ### depositi e prestiti. 
In dat a 22/11/2005 il ### di ### ado ttava il decreto di esproprio, su autorizzazione dell'### con provvedimento n. 40143 del 7/11/2005. 
La società Condotte d'### notificava il decreto di esproprio ai proprietari il ###. 4 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### 2. A seguito di opposizione alla stima, la corte d'appello, dopo l'espletamento della ### determinava in complessivi euro 113.459,12 la somma totale dovuta a ### e in complessivi euro 1 0.156,76 la somm a totale dovuta a ### a t itolo di indennità di espro priazione ed ind ennità di occupazione legittima dei fondi.  2.1. Per quel che ancora qui rileva la Corte territoriale rilevava il difetto di legittimazione passiv a della societ à italiana Condotte d'### la quale aveva agito non in nome proprio, ma in nome e per conto della società appaltante, e q uindi dell'A nas, «unica protagonista della vicenda».  2.2. Quanto all'intimazione nei confronti del ### si rilevava che tale ad empimento asso lveva ad una mera esigenza di informazione, senza porre de tta auto rità nella qualifica d i parte formale, né sostanziale. Ne discendeva che la notifica alla ### era stata effettuata da parte attrice a soli fini informativi ai sensi dell'art. 51 della legge n. 2359 del 1865, non essendo d unque necessario dichiarare il difetto di legittimazione della ### 2.3. Chiariva poi la Corte d'appello che, poiché la dichiarazione di pub blica utilità era avvenuta i l 24/12/1999 con la deli bera dell'### n. 365, il regime normativo applicabile era quello dettato dalla legge n. 2359 del 1865.  2.4. Venivano escluse le domande di indennizzo relative alle particelle nn. 158,159,160,161 e 179, del foglio di mappa 12, in quanto le stesse «non erano in proprietà di ### all'epoca dell'occupazione di urgenza per cui è causa (1999/2 000), né all'epoca del decreto di espropriazione (2005), nonostante le diverse indicazioni testuali contenu te nell'elenco delle ditte al legato al decreto di occupazione». 5 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### 3. Per quel che ancora qui rileva, la Corte territoriale escludeva la sussistenza di un'ipotesi di espropriazione parziale. 
Invero, secondo l'assunto dei ricorrenti occorreva tener conto «nella determinazione delle indennità di espropriazione, oltre che della parte materialmente ablata, anche del deprezzamento subito dalla porzione di fondo rimasta in […] proprietà, quale conseguenza diretta del distacco della prima dal la seconda, sostenendo in particolare che i lavo ri autostradal i avre bbero sezionato l'est eso appezzamento di proprietà ### creando zone di interclusione o difficilmente raggiungibili, e determinan do così una sicura diminuzione di valore della parte residua, non espropriata». 
Per gli att ori, infatti, «i terreni residui e quelli espropriati facevano parte dello stesso fond o, essendo tra loro contigui, e soprattutto erano utilizzati nella stessa azienda agricola, sussistendo tra loro un vincolo struttu rale, funziona le ed economico; la diminuzione di valore della p arte rimanen te di azienda agricola sarebbe stata, nella specie, concreta ed obiettiva, e, pur tuttavia, non era stata presa in consider azione dall'ente espro priante al momento della quantificazione della relativa indennità». 
Tale assunto - a giudizio della Corte di merito - non era fondato, in ragione della peculiarità del caso concreto.  3.1. La Corte territoriale muoveva dall'assunto per cui il CTU aveva spiegato «che le porzioni di terreno espropriate, nonostante la loro marginale ubicazione e la loro ridotta dimensione rispetto all'intero compendio aziendale avevano esplicato, sino al momento della occupazione e contestuale immissione in possesso, un ruolo funzionale importante per l'attività produttiva tut ta, poiché su di esse, secondo la descrizione contenuta nel “verbale di accertamento dello stato di consistenza di immissione in possesso” del 18/8/2000, ricadeva la gran parte delle strutture costituenti l'impianto e la rete 6 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### di dist ribuzione idrica a servizio di tutt a l'azienda, divenu te sostanzialmente inutilizzabili a seguito della procedura ablatoria di che trattasi». 
Ed infatti, l'azienda era inizialmente dotata di n. 5 pozzi, di cui 2 ubicati sulla particella n. 73 (oggetto di esproprio per mq 7427), ora n. 238, immessi nel p ossesso dall'espropriante, unitamente alla cabina elettrica con quadri elettrici di comando, uno ubicato sulla particella 91, ora n. 244, di mq 3578 , anch'esso immesso nel possesso dalla società espropriante, e 2 ubicati sulla particella n. 24, ora 279, per mq 56, posti in adiacenza ad una vasca di accumulo e dei quali solo uno era stato immesso nel possesso dall'espropriante. 
Chiariva la Corte di merito che i pozzi «avevano rappresentato, sino all'immissione in possesso, la fonte essenziale di approvvigionamento di acqua per l'irrigazione di tutta l'area e, al momento dell'occupazione, si trovav ano in condizioni di regolare emungimento, tale che il re lativo apporto idrico, attraverso un sistema di irrigazione struttur ato su uno schema ad anello (è costituito da vasche di raccolta di varie dimensioni, una condotta irrigua principale automatizzata, un impianto di irrigazione a baffo e condotta principale, delle strade interpoderali che giungevano sino al centro aziendale, dei fossi di scolo ed una cabina elettrica di comando per accensione automatica degli impianti), partendo dai pozzi situati a nord dell'azienda, si diramava per tutta l'azienda in modo circolare e serviva così tutte le piantagioni, in massima parte di natura irrigua (agrumeti, frutteti, non ceti, uliveti)». 
Si evid enziava anche che, ad avviso del ###, «sarebbe da ritenere esistente, in punto di fatto, un intimo collegamento tra la più vasta parte residua del fondo agricolo (rimasta in proprietà dei ### e la parte espropriata, essendo esse risultate unite tra loro da un vincolo strumen tale ed obiettivo (tale, cioè, da conf erire 7 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### all'intero immobile unità economica e funzionale), proprio per il dato costituito dalla presenza, nella parte espropriata, della maggior parte delle strutture cost ituenti l'impianto idrico a ser vizio dell'intera azienda, ed in particolare dei pozzi immessi in possesso dall'### l'impossibilità di usare i quali dopo l'occupaz ione finalizzat a all'espropriazione ha determinato la trasformazione del complesso aziendale da irriguo a d asciutto, compromettendo alquanto la capacità produttiva della restante estesa proprietà a causa proprio della carenza di irrigazione, fertilizzazione e potatura delle piante, in un contesto di estesa piantagione di agrumi, oltre che di susineti e pescheti, richiedenti tutti costante innaffiamento per la loro crescita e produzione».  4. Tuttavia, la Corte d'appello escludeva la sussistenza dell'espropriazione parziale, in quanto «nel caso concreto i pozzi che sono stati immessi in possesso dall'### espropriante non ricadevano all'interno dell'area espropriata, bensì, stando alle risultanze della sovrapposizione dell'esproprio sui luogh i di causa, si trovavano all'esterno rispetto al confin e determinato dall'esprop riazione, e dunque al di fuori delle porzioni delle rispett ive particelle 73, di ubicazione dei pozzi numeri 1 e 2, con la cabina elettrica ed i quadri di comando), 92 (di ubicazione del pozzo n. 5) e 24 (di ubicazione dei pozzi numeri 3 e 4, di cui uno solo è stato immesso in possesso come si è detto sopra) oggetto di esproprio». 
Ciò emergeva dal giudizio per risarcimento dei danni instaurato da ### dinanzi al tribunale di ### nel 2003, «riguardante i pretesi danni su biti da ll'azienda agricola a seguito dell'occupazione di una parte di essa a fini di espropriazione». 
Per tale ragione, l'ente espropriante si era impossessato «del cuore dell'impianto idrico costituito dai pozzi suddetti», senza «un titolo giuridico, essendo la dichiarazione di pub blica utilità non 8 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### riferibile ### a quelle porzioni di particelle in cui si trovava la maggior parte dei pozz i occupati e poi acquis iti dall'ente espropriante, con la conseguenza che, riguardo ad essi, la acclarata trasformazione del terreno n on può che ritenersi di mero fatto, tutelabile, se del caso, in via risarcitoria, ma non certo valutabile ai fini della determinazione delle indennità di espropriazione». 
Ai fini della config urazione dell'espropriazione parziale mancherebbe un presupposto essenziale, o ssia «la regola re espropriazione dei siti in cui si trovavano i pozzi stessi , elementi essenziali dell'impianto idrico, la cui impossibilità di utilizzo avrebbe […] incis o in maniera negativame nte pre gnante sulla capacità produttiva dell'azienda tutta».  5. Quanto poi all'ulteriore aspetto relativo al cambiamento della viabilità all'interno dell'azienda, la Corte d'appello rilevava che su parti del fondo immesso nel possesso erano presenti delle stradine interpoderali che mettevano in comunicazione il relato sud con il lato nord dell'azienda, in particolare con le attuali particelle 280 (ex 24) e 282 (ex 72). 
A seguito dell'espropriazione, invece, «per potervi accedere si è reso nec essario attraversare, oltre agli scatolari con funzione idraulica e/o sottopassaggi autostradali, alc une strade in terra battuta di proprietà ### s.p.a.»; sicché, «se in precedenza era necessario percorrere i sottopassi autostradali per raggiungere le aree poste a nord dell'azienda, a seguito dell'espropriazione, oltre ai sottopassi, il proprietario è o bbligato a percorrere delle stradine divenute ora di proprietà del predetto ### per raggiungere, dalla parte sud, le particelle ubicate a nord del compendio aziendale». 
Ciononostante, per la Corte di merito, «il parziale mutamento nelle caratteristiche di collegamento viario verificatosi a seguito dell'esproprio, l'esiguità della porzione di proprietà residua rimasta 9 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### interclusa porta a riten ere che non si possono configurare, in relazione ad essa, i presupposti dell'espropriazione “parziale”, sotto il profilo sia dell'intimo collegamento tra le parti non espropriate e quelle espropriate attraverso un vincolo strumentale ed obiettivo, che dell'influenza negativa del distacco di una parte del fondo dal resto, tenuto conto anche che, in via di fatto, è risultato comunque tollerato l'attraversamento da parte del ### delle stradine ### in proprietà ### s.p.a. onde raggiungere le particelle 280 e 282».  6. La Corte d'appello, poi, respingeva la richiesta dell'indennità aggiuntiva fondata sulla circostanz a della lavorazione dire tta del suolo da parte degli attori e sul fatto di trarre il loro reddito proprio dall'azienda agricola menomata dall'espropriazione. 
Non risultava p rovato, infatti, l'elemento fattuale relativo alla lavorazione diretta del suolo. Anzi, dagli elementi raccolti emergeva, «anche in considerazione d ella vast ità dell'azienda», che i V itale erano «”imprenditori agricoli” […] quali soggetti […] che esercitano la coltivaz ione e produzione agricola con preval enza del fattore capitale sul lavoro e con impe gno prevalente di manod ope ra subordinata», non aventi quindi dir itto alla pretesa indennità aggiuntiva.  7. Nelle more, peraltro, interveniva la pronuncia del Consiglio di Stato n. 978 del 2012 che accoglieva in parte l'appello proposto da ### reputando l'illegittimità del decreto di proro ga n. 28709 del 9/12/200 4 nella part e in cui aveva autorizzato l'occupazione eccedente il quinquennio scadente il ###, in quanto «considerato che la proroga ha operato sino al 22 novembre 2005, il decreto non vale ad attribuire idoneo titolo per i 3 mesi su ccessivi, periodo d urante il quale l'occupazione è da ritenersi illecita e produttiva di danno». 10 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### qui la quantifi cazione «in via equitativa nella misura degli interessi legali sulla somma pari al valore venale degli i mmobili, considerando come congruo e ragionevole il prezzo di euro 6,00 per metro quadrato (somma dichiarata dall'appellante non contestata) per un risultato finale di euro 867,04 a favore di ### di euro 70,00 a favore di ### 8. Inoltre, nelle more veniva pronunciata sentenza da parte del tribunale di ### n. 806/2014 depositata il ###.  9. Avverso la sentenza della Corte d'appello hanno presentato ricorso per cassa zione ### e ### , depositando anche memoria scritta.  10. Ha resistito con controricorso l'### s.p.a (ora ### per le ###.  11. Sono rimaste intimate la prefettura di ### e la Società Italiana per Condotte d'### s.p.a.  ###: 1. Con il primo motivo di impugnazione ricorrenti deducono la «violazione dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per violazione dell'art. 40 legge 2359/1865 in relazione al mancato riconoscimento della maggiore indennità di esproprio della parte residua della proprietà non espropriata p er violazione de i principi in ordine al criterio di unitarietà e con particolare riferimento all'art. 1027 e 1031 c.c., in materia di costituzione della servitù di passaggio». 
In particolare, ai fini dell'individuazione dell'esplorazione parziale non poteva non farsi riferimento al «frazionamento di un'azienda agricola». 
Ad avviso dei ricorrenti, il ### aveva dato atto dell'esistenza dell'unitarietà aziendale, evidenziando che «l'espropriazione ha comportato, di fatto, una serie di problematiche che hanno influito negativamente sulla produttività dell'intera azienda agraria residua, 11 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### conducendo, ine vitabilmente e repentinamente alla diminuzione totale del suo valore di mercato».  ### ha indicato - a giudizio del ricorrente - due criteri oggettivi per dimostr are l'esistenza dell'unitarietà aziendale e la perdita di valore della parte re sidua causa dell'esp roprio. Essi erano identificabili, da un lato, nella impossibil ità di ut ilizzare i pozz i e dall'altra nelle strade interpoderali. 
Per la Corte d'appello, invece, tali criteri, pur se oggettivamente individuati per dimostrare la preesistente unitarietà aziendale ed il successivo danneggiamento della parte residua, erano inidonei «a determinare l'unitarietà e il d iritto all'indennizzo del ### per inesistenza dell'unitarietà aziendale». 
Si sarebbe dunque in presenza di «un'erronea applicazione delle norme di diritto in materia di valutazione dell'indennizzo, servitù ed interclusione». 
La Corte di merito ha dichiarato che le particelle n. 280 e n. 282 non espropriate e rimaste intercluse, lo sarebbero solo i n via di diritto, dovendo gli attori per raggiungere loro proprie tà «obbligatoriamente attraversare la proprietà ### rimanendo [tali aree] di fatto interclusione». 
E t uttavia, gli attori potrebbero com unque di fa tto passare attraverso i terreni di proprietà dell '### per raggiungere una porzione esigua di terreno. 
Sul punto , gli attori evidenziano ch e «detta in terclusione era inesistente prima dell'esproprio e riguarda un'estensione di mq 32.000,00». 
Non rileva in alcun modo quanto affermato dalla Corte territoriale per cui la «mera interclusione» sarebbe ininfluente in quanto «l'#### di fatto tollera il passaggio e la superficie è esigua». 12 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### per i ricorrenti «l'interclusione di un fondo può essere vinta solo con la costit uzione di u na ser vitù a car ico del fondo servente, diversamente, il fondo interclusione è privo di un accesso costituito per titolo». 
Insomma, per i ricorrenti «l'unitarietà del bene originario non può essere esclu sa utilizzando un principio contro diritto, cioè la negazione della necessità di una servitù costituita per titolo»; sicché «i fondi interclusi […] non possono essere raggiunti con la “tolleranza” dell'### atteso che la tolleranza può cessare in qualsiasi momento». 
Tra l'altro, non può dimenticars i che «all'interno dei fondi interclusi, come evidenziato anch e d alla Corte d'appello insistono due pozzi per l'emungimento dell'acqua di irrigazione, detti pozzi sono rimasti in proprietà ### ma a causa dell'interclusione sono inutilizzabili, perché irraggiungibili». 
Di qui l'evidenza de lla «unitarietà aziendale ante esproprio» come p ure del «deprez zamento de lla proprietà residua a seguito della perdita di unitarietà, quale conseguenza dell'esproprio». 
Del resto, il tribunale di ### con sentenza n. 806 del 2014, ha affermato che « l'interclus ione delle due particelle non dipende dalle attività materiali di esecuzione lavori, ma dall'esproprio parziale delle particelle del ### […] In definitiva i profili irreversibili di dan no subiti dalla parte residua della proprietà a seguito dell'interclusione della medesima dopo l'espropriazione, non possono che trovare riconoscimento nei con cetti di occupazione e di espropriazione parziale e danno diritto ad un'unica indennità». 
Nella zona di interclusione insistono due pozzi per l'emungimento delle acque da dest inare all'irrogazione de ll'azienda. Si t ratta de i pozzi numeri 3 e 4, insistente sulla particella 2 80, ex 24. Tale interclusione non consente l'accesso dei pozzi. 13 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### 2. Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «violazione dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per violazione dell'art. 40 legge 2359/1865 in relazione al mancato riconoscimento della maggiore indennità di esproprio della parte residua della proprietà non espropriata p er violazione de i principi in ordine al criterio di unitarie tà con riferime nto all'esistenza dell'impiant o irriguo». 
La Corte d 'appello ha escluso l'esistenza dell'unitarie tà dell'azienda agricola in quanto «nel caso concreto i pozzi che sono stati immessi ne l possesso dell'ente esp ropriante non ricadevano all'interno dell'area espropriata, b ensì, […] all'este rno rispetto al confine determinato dall'espropriazione». 
In realt à, però, l'oggettiv a unitarietà dell'azienda ag ricola è l'elemento che determina il diritto alla percezione dell'indennizzo di esproprio ex art. 40 della legge n. 2359 del 1865. 
Ad avviso dei ricorrenti, allora, «la Corte d'appello stravolge il concetto di unitarietà, laddove ritiene che l'ubicazione dei pozzi di emungimento sia elemento idoneo a dete rminare la suddetta unitarietà». 
In realt à, «l'unitarietà non è data dal pozzo, che può rappresentare un elemento, ma non il criterio, ma l'unitarietà deve essere valutata in maniera oggettiva per verificare quanto e come prima dell'esp roprio l'azienda rappresentasse un tutt'u no e dopo l'esproprio l'ablazione di u na superficie ha determinato un deprezzamento ed una diminuzione di valore del residuo, rispetto al suo valore ante esproprio». 
Ciò che deve rilevare, ai fini della sussist enza dell'unitarietà aziendale, è costituito «dalla preesistenza di un impianto idrico ad anello che interessava l'intero compendio aziendale, il pozzo è un elemento dell'impianto, non è l'unico, è il sist ema di irrigazione 14 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### diffuso su tutt a azienda in ma niera inscindibile che d etermina l'unitarietà». 
Esisteva dunque un impianto di irrigazione unitario che, a seguito dell'esproprio, non era più funzionante. 
Ciò che rileva - proseguono i ricorrenti - «è la comple ssità dell'impianto ai fini della sua ramificazione all'interno dell'intera azienda, per conferire alla stessa unitarietà». 
Va conside rato che «l'impianto senza tub azione non può funzionare» mentre «sono state divelte e mai ripristinate tutte le tubazioni che ricadevano in tutta la zona di esproprio». 
Senza dimenticare l'esproprio dell'impianto viario, in quanto le tubazioni principali dell 'impianto idrico non si snodano in zone coltivate, «ma sempre in corrispondenza delle strade interpoderali per facilitare le opere di manutenzione». È stato dunque eliminato l'impianto idrico sottostante al sistema viario.  3. I motiv i pri mo e secondo, che vanno esam inati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono fondati.  3.1. La Corte d'appello, nel reputare l'assenza dell 'unità funzionale dell'azienda agraria, ha violato il costante orientamento giurisprudenziale in tema di espropriazione parzia le, non aven do tenuto conto, da un lato, dell'ormai avvenuta totale interclusione della parte residua dei fondi degli attori, e quindi delle particelle 280, ex 24, sulla quale peraltro erano insediati i pozzi numeri 3 e 4, nonché della particella n. 282, ex 72, entrambe posizionate al nord, dall'altra parte dell'autostrada, e dall'altro, ha omesso di considerare che l'impianto di irrigazione era uno soltanto, unitario, coinvolgente l'intera azienda agricola, e pur muov endo dai 5 pozzi di emungimento delle acque (collocati appunto nella parte ###, si dipanava ad anello per irrogare tutte le piante che si trovavano nel territorio aziendale, sia nella parte centrale che a Sud dell'azienda. 15 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### 4. Per questa Corte, infatti, in t ema di espropriazione per pubblica utilità, quell a parziale per la quale l'indennit à va determinata sulla base della differenza fra il valore dell'unico bene prima dell'espropriazione ed il valore della porzione residua secondo l'art.40 della l. n. 2359 del 1865 (oggi art. 33 del d.P.R. n. 227 del 2001), si verifica quando la vicend a ablativa invest a parte di un complesso immo biliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un'unitaria destinazione economica, implicando per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l'indennizzo calcolato con riferiment o soltanto alla porzione espropriata, per effetto dell a compromission e o comunque dell'alterazione delle possibilità di ut ilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa (Cass., sez. 1, 15 luglio 2020, n. 15040; Cass., sez. 1, 2/7/2020, n. 13598; Cass., 1, 11 ot tobre 2021 , n. 27555). ### n on può riguardare soltanto la porzione espro priata, ma anche la comp romissione o l'alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione del bene rimasta nella disponibilità del proprietario, in tutti i casi in cui il d istacco d i una parte del fondo e l'esecuzione dell'ope ra pubblica influiscano negativamente sulla parte residua (Cass., 1, 15/6/2017, n. 14891). 
Pertanto, è necessario, da un lato, che ai fini della configurazione dell'espropriazione parziale, che la parte residua d el fondo sia intimamente collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale ed obiettivo, tale da conferire all'int ero immobile il carattere di unità economica e funzionale (Cass., 10/7/19 98, 6722) e, dall'altro, che il distacco di una parte di esso abbia influito, oggettivamente (con esclusione, dunque, di ogn i valutazione soggettiva), in modo negativo sulla parte residua (Cass. n. 14891 16 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### del 2017; Cass., sez. 1, 3/7/2013, n. 16616; Cass., 4/11/2005, 21401). 
La ratio di tale disciplina - che muove dai principi di cui all'art.  40 della legge n. 2359 del 1865, qui applicabile ratione temporis - è quella di tenere conto della circostanza che quando, come spesso accade, l'esproprio ha ad oggetto soltanto una parte della proprietà, la porz ione residua, pur no n interessata, può però subire un significativo deprezzamento; per la dottrina, dunque, l'indennità per la parte espropriata deve tenere conto, oltre che del valore della stessa in sé, anche della diminuzione di valore che l'ablazione della porzione proietta sul bene residuo. 
Pertanto, il pregiudizio prov ocato al proprietario di un fondo unitario dall'espropriazione parziale vie ne compensato con il riconoscimento, in sede di quantificazione dell'inden nizzo, dell'effettivo diminuito valore del bene complessiv amente considerato, avendo a riferimento ogni alterazione della potenzialità di utilizzo della porzione residua. 
La previsione dell'art. 33 del d.p.r. n. 327 del 2001 (art. 40 della legge n. 2359 del 1865), dunque, è in linea con i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale ed europea, i quali esigono non solo che l'indennizzo sia commisurato al valore venale del b ene espropriato, ma anche che esso, in tutti i casi in cui il distacco di una parte del fondo e l'esecuzione d ell'opera pu bblica in fluiscano negativamente sulla parte residua, sia calcolato tenendo conto della compromissione o alterazione delle possibilità di utilizzazione di quest'ultima, in modo da compensare il pregiudizio ad essa arrecato dall'ablazione. 
Ai fini della determinazione dell'indennizzo deve farsi riferimento non solo all'esiste nza di u na connessione funzionale tra la parte oggetto dell'espropriazione e quella non interessata, sicché le due 17 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### parti - appartenenti allo stesso proprietario - siano considerate come un'unicum sotto il profi lo funzionale di economico (Cass., sez. 1, 23/11/2004, n. 2210; Cass., sez.1, 9/4/1997, n. 561), ma anche l'effettivo “degrado” della parte non e spropriata, non essend o sufficiente la mera esecuzione di un'opera integrale tale requisito.  5. Nella specie, emerge dalla stessa motivazione della sentenza della Corte d'appello che la porzione residua di proprietà in capo ai ### costituita dalle particelle n. 280, ex 24, e n. 282, extra 72, è rimasta del tutto interclusa, a seguito dei lavori effettuati dall'### per l'ammodernamento dell'autostrada ### Tali terren i, che si trovano a n ord dell'apprez zamento complessivo, erano prima col legati attraverso sottopassag gi autostradali, mentre ora, pur essendo ancora disponibili tali sottopassaggi, tuttavia i terreni si ti a nord ed a sud di tale sottopassaggi sono divenuti di prop riet à esclusiva dell'### ne consegue la assoluta interclusione di tali appezzamenti di terreno, ove sono situati due pozzi di emungi mento, con r iferimento alla particella n. 280, ex 24. 
Deve anche precisarsi che, attraverso l'espropriazione, solo uno dei due pozzi è stato immesso nel possesso, mentre l'altro pozzo è rimasto nella disponibilità dei proprietari, ma, essendo stata distrutta l'intera rete di dist ribuzione idrica, che si trovava al di sotto dei terreni espropriati, anche tale pozzo è risultato inservibile, con la conseguente perdita di produt tività dell'inte ro compend io espropriato e anche della parte non espropriata (per un'ipotesi di espropriazione parziale di un'aziend a agricola cf r. Cass., sez. 1, 14/9/1995, n. 9586, in cui la diminuzione dell'azienda agricola era avvenuta per il frazionamento dei terreni e la maggiore onerosità della gestione; si è ritenuto sussist ere, po i, un'esp ropriazione parziale di immob ili a destin azione industria le, in relazione al 18 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### deprezzamento dei beni mobili facenti parte dell'a ttrezzatur a industriale, in relazione ai costi legati alla rimozione e reimpianto ovvero per il fatto di non essere altrimenti utilizzabili; vedi Cass., Sez. U., 8/6/1998, n. 5609). 
Neppure può essere condivis a l'affermazione della Corte di merito per cui i fondi siti a nord, e precisamente quelli sopra indicati di cui ai numeri 280 e 282, sarebbero comunque raggiungibili, di fatto, in virtù della mera tolleranza dell'### Come ricordato dai ricorrenti, infatti , tale tol leranza potrebbe venir meno in ogni momento, con la definitiva interruzione di ogni possibile attività intrapresa per lo sfruttamento agricolo dei fondi.  6. Con riferimento alla mancanza di interclusione, dunque, risulta erronea l'affermazione contenuta nella motivazione della sentenza della Corte d'appello per cui «il parzia le mutamento ne lle caratteristiche di collegamento viario verifica tosi a seguito dell'esproprio, l'esiguità della porzione di proprietà residua rimasta interclusa porta a ritenere che no n si possano configurare, in relazione ad essa, i presupposti dell'espropriazione “parziale”, sotto il profilo sia dell'intimo collegamento tra le parti non espropriate e quelle espropriate attraverso un vincolo strumentale d'obiettivo, che dell'influenza negativa del distacco di una parte del fondo dal resto, tenuto conto anche che, in via di fatto, è risultato comunque tollerato l'attraversamento da parte dei ### delle stradine ### in proprietà ### s.p.a. onde raggiungere le particelle 280 e 282». 
È sufficiente, con riguardo all'interclusione sicuramente avvenuta dei fondi di cui alle particelle n. 280 e 282, poste al nord rispetto all'appezzamento di terreno espropriato ed all'autostrada, osservare, da un lato, che si è in presenza di un'unica azienda agricola che concerneva tutti i terreni di proprietà dei ### anche e soprattutto attraverso un sistema di distribuzio ne idrico particolarmente 19 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### raffinato, con la presenza di ben 5 pozzi di emungimento delle acque, e, dall'altro , che i due terreni posti a nord sono div enuti irraggiungibili, con una interclusione totale deg li stessi , non superabile certo con la mera tolle ranza da parte dell' ### del passaggio dei ricorrenti per accedere ai terreni di loro proprietà.  7. Sempre nella motivazione della sentenza della Corte d'appello si rinviene la sussistenza di un'unica azienda agricola. Ed infatti, è lo stesso giudice di merito ad affermare con granitica evidenza che i pozzi e le adduzioni idriche « avev ano rappresentato, sino all'immissione in possesso, la fonte e ssenziale d i approvvigionamento di acqua per l'irrigazione di tutta l'area e, al momento dell'occupazione, si trovano in condizioni di regolare emungimento, tale che il relativo apporto idrico, attraverso un sistema di irrigazione strutturato su uno schema d'anello (e costituito da vasch e di raccolta di varie dimensio ni, una condotta irrigua principale automatizzata, u n impianto di irrigazione a baffo e condotta principale, delle strade interpoderali che giungevano sino al centro aziendale, dei fossi di scolo ed una cabina elettrica di comando per accensione automatica degli impianti), partendo dai pozzi situati a nord dell'azienda, si diramava per tutta l'azienda in modo circolare serviva così tutte le piantagioni, in passi ma parte di natura irrigua (agrumeti, frutteti, noceti, uliveti)». 
Prosegue la Corte d'appello nel riferire che, sulla scorta d el giudizio del ### «sarebbe da ritenere, in punto di fatto, un intimo collegamento tra la più vast a parte residua del fon do agricolo (rimasta in proprietà dei ### e la parte espropriata, essendo esse risultati unite tra loro da un vincolo strumentale d'obiettivo (tale, cioè, da conferire all'intero immobile unità economica e funzionale), proprio per il dato costituito dalla presenza, nella parte espropriata, della maggior part e delle strutture costitu enti l'impianto idrico a 20 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### servizio dell'inter a azienda, e in particolare dei pozzi im messi in possesso dall'ente, l'impossibilità di usare i quali dopo l'occupazione finalizzata all'espropriazione ha determinato la trasformazione del compendio aziendale da irr igua da asciutto, comp romettendo alquanto la capacità produttiva della restante estesa proprietà causa proprio della carenza di irrigazione, fertilizzazione e potatura delle piante, in un contesto di estesa piantagioni di agrumi, oltre che di susineti e pescheti, richiedenti tutti costante annaffia mento per la loro crescita e produzione». 
La perfe tta ricostruzione in fatto delle circostanze relative all'espropriazione ed alle caratteristiche essenziali del fondo utilizzato dall'impresa agricola non può poi essere messa in disparte semplicemente con l'affermazione per cui «i pozzi che sono stati immessi in possesso dall'e nte esp ropriante non ricad evano all'interno dell'area espropriata, bensì, stando alle risultanze della sovrapposizione dell'esproprio sui luogh i di causa, si trovavano all'esterno rispetto al confin e determinato dall'esprop riazione, e dunque al di fuori delle porzioni d elle rispe ttive particelle 73 (di ubicazione dei pozzi numeri 1 e 2, con la cabina elettrica dei quadri di comando), 91 (di ubicazione del pozzo n. 5) e 24 (di ubicazione dei pozzi numeri 3 e 4, di cui uno solo è stato immesso in possesso come si è detto sopra) oggetto di esproprio». 
La presenz a di un unitaria azienda agricola, perfettament e funzionante, poi sostanzialmente completamente distrutta a seguito dell'esproprio, non può perdere i caratteri della unitarietà esclusivamente perché i pozzi di emungimento si trovavano all'interno di particelle che non risultavano espropriate, in quanto ciò che rileva è proprio la sussistenza di un impianto idrico unitario, costituito non solo dai pozzi, ma anche dalle condotte irrigue, sia da quella principale a utomatizzata, sia dall'impianto di i rrigazione a 21 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### baffo, sia dalla condotta principale, sia dalle strade interpoderali, sia dei fossi di scolo, sia dalla cabina elettrica di comando. 
Sul punto, va considerato proprio quanto riportato dal ### e trascritto ritualmente nel motivo di ricorso per cassazione (a pagina 9), ove si chiarisce perfett amente che «sebbene l'ubic azione dei terreni oggetto di esproprio sia marginale, ovvero sebbene de tte particelle siano collocate tutte nella zona dell'azienda posta più a nord, lungo un tratto della già esistente autostrada, l'espropriazione ha comportato di fatto, una serie di problematiche che hanno influito negativamente sulla produttività dell'intera azienda agraria residua, conducendo inevitabilmente repentinamente alla diminuzione totale del suo valore di mercato» (cfr. pagina 120 della ###. 
A pag ina 15 del ricorso per cassazione si rich iama quanto riportato dal CTU a pagina 121 e, dunque, che «l'azienda, che basava la sua re dditivit à su colture che necessita obbligat oriament e di interventi irrigui per poter crescere fruttificare, e che quindi proprio per questo era dotata di pozzi ed impianti irrigui, si è trovata repentinamente in una condizione di siccità, non p otendo più i proprietari utilizzare l'acqua proveniente dai pozzi». 
Allo stesso modo, a chiarire l'esistenza dell'unitarietà aziendale, nel motivo di ricorso, a pagina 15, si riporta quanto affermato dal CTU a pagina 125, e quindi che «in seguito, poi, all'inizio dei lavori […] sono intervenuti problemi con alcuni tubi di adduzione che sono stati tranciati. Sono state riscontrate otturazioni degli impianti di irrigazione. Insomma, nei fatti l'azienda non ha più potuto essere irrigata. Il sistema d i irrigazione d ell'intera azienda agraria era costituito e basato su di uno schema ad anello che si dipartiva dai pozzi diramandosi in tutta l'azienda in modo circolare». 
Sempre ad evidenziare l'unitarietà aziendale nel motivo di ricorso per cassazione, a pagina 15, si riportano anche ulteriori affermazioni 22 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### del ### indicate nelle pagine 103,100 e 105, ove si chiarisce in modo inoppugnabile che «sull'area insistono le seguenti costruzioni cabina elettrica co n quadri elettrici di comando […] ### 'intera azienda agricola […] esiste un sistema di filtraggio delle acque […] l'azienda è titolare di quattro contratti ### per uso irriguo […] ### di raccolta acqua […] In funzione di tutto questo, l'importanza dei terreni in oggetto per tutta l'azienda agricola diventa fondamentale, poiché essi di fatto, ricoprivano un ruolo primario e finalizzato alla gestione economico pro duttiva e quindi all'e sercizio di tutta l'azienda». 
Sempre nel motivo di ricorso per cassazione, a pagina 16 ed a pagina 17 del ricorso, si riportano stralci della CTU (pag. 136), da dove emerge continuamente il richiamo all'unitarietà aziendale, con la precisazione per cui «per la determinazione del valore di mercato della proprietà rim asta in ditta, in seguito all'esproprio, occorre premettere che […] d) il sistema irriguo dell'intera azienda agraria che si ripartiva dai pozzi ubicati nella zona posta a nord dell'azienda, e che con uno schema ad anello andava a raggiungere e quindi ad irrigare tutta la vegetazione arborea presente nell'azienda, a causa dell'immissione in possesso dei predett i pozzi da parte dell'ente espropriante, conducendo quindi l'intera azienda nell'impossibilità di essere produttiva e quindi compromettendo nella sua redditività; e) le particelle facenti parte dell'azienda residua, sulle quali insistevano agrumeti e frutteti produtt ivi, dovranno essere in massim a p arte espiantati e reimpiantati», con la precisazione per cui l'espropriazione ha comportato «un'interclusione di alcune particelle rimaste in propriet à attorea . Più precisamente, le particelle che risultano ubicate a nord del tracciato autostradale. Detta interclusione, viene così configurata: gli attori, per poter giungere alla particella 280 (ex particella 24) ed alla particella n. 282 (ex 23 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### particella 72), devono obbligatoriamente percorrere le superfici che sono state oggetto di esproprio che sono in ditta ### S.p.A. e che si trovano nel lato nord e nel lato sud del tracciato autostradale» Per il ### dunque, la diminuzione di valore di dette particelle coincide esattamente con la totale perdita di valore di mercato, non potendo le stesse essere apprezzare dal mercato in m ancanza assoluta di domanda delle stesse nelle condizioni attuali. 
Senza che si possa dimenticare an che quan to affermato dal tribunale di ### nel procedimento n. 2955 del 2003, con la senten za n. 806 del 2014 , per cui l'in terclusione delle due particelle non dipende dall'attività materiale di esecuzione dei lavori ma dall'esproprio parziale delle particelle del ### Pertanto «i profili irreversibili di danno subiti dal la parte residua della proprietà a seguito dell'interclusione della medesima dopo l'espropriazione, non possono che trovare riconoscimento nei concetti di occupazione e di espropriazione parziale ed hanno diritto ad un'unica indennità». 
Neppure è condivisibile l'affermazione dell'### per cui sarebbe ancora possibile provvedere alla sistemazione dell'impianto irriguo, sicché non vi sarebbe una perdit a di valore definit iva dell'area rimasta in proprietà degli attori.  ### sul punto è sufficient e osservare che due poz zi, fondamentali per l'emungimento delle acque e per la distribuzione idrica a tutta la porzione residua, sono in realtà su due fondi del tutto interclusi ed irragiungibili; sicché anche provvedendo al rifacimento complessivo dell'impia nto idrico ad anello, mancherebbe l'acqua derivante dai pozzi ubicati sui fondi integralmente interclusi.  8. Con il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «violazione a 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione all'art. 40 del d.p.r . n. 327 del 2001 , in relazione al l'applicazione della maggiorazione dell'indennità ai ricorrenti quali imprenditori agricoli». 24 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### d 'appello ha escluso la sussistenza dei req uisiti per riconoscere agli attori il compe nso aggiun tivo relativo alla coltivazione dei terreni in forma diretta. Ciò ha fatto, sia in assenza della prova della qualifica di coltivatore diretto in capo a ### e da ### sia perché l'attività non è esercitata con «il lavoro diretto prevalente». 
Per i ricorren ti, inv ece, che sono imprenditori agricoli, la maggiorazione sarebbe comunque dovuta, proprio in relazione a tale qualifica. 
Dovrebbe cioè trovare applicazione l'art. 40 del d.P.R. n. 327 del 2001 che ha abrogato le norme precedenti. 
Trattasi di una norma che disciplina le modalità di liquidazione dell'indennità di esproprio e, dunque, de ve essere applicata ai procedimenti in corso. 
Del re sto, tale norma era vi gente al m omento in cui è stato emesso il decreto di determinazione della stima provvisoria.  8.1. Il motivo è infondato. 
Trova applicazione, infatti, nella fattispecie in esame l'art. 17 della legge n. 865 del 22/10/1971, vigente ratione temporis.  ###. 17 della legge 22/10/19 71, n. 865, stabilisce, al primo comma, che «nel caso che l'area da espropriare sia coltivata dal proprietario diretto coltivatore, nell'ipotesi di cessione volontaria ai sensi dell'art. 12, primo comma, il prezzo di cessione è determinato in misu ra tripla rispetto all'in dennità provviso ria, esclusa la maggiorazione prevista dal suddetto articolo». 
Pertanto, al proprietario coltivat ore diret to non spetta una indennità aggiuntiva, ma la disposizione si limita, nell'ipotesi di cessione volontaria, ad aumentare il prezzo di cessione in misura tripla [fino al 29/17/1977 er a doppia ] rispetto all'indennità provvisoria. 25 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### la giurisprudenza di legittimità ha esteso l'aumento del prezzo anche alle ipotesi di perdita del terreno in virtù di decre to di esproprio o di o ccupazione espropriat iva, non limitandolo più esclusivamente all'ipotesi della cessione volontaria del cespite (di recente Cass., sez. 1, 3/10/2024, n. 25972).  9. ### ha chiarito, con varie pronunce, la natura di coltivatore diretto, che consente la liqu idazione dell'indennità aggiuntiva in favore dei sogg etti non p roprietari, operando una distinzione rispetto alla qualifica di imprenditore agricolo, cui non spetta tale indennità (Cass., n. 25972 del 2024).  9.1. Si è, infatti, escluso dal novero dei soggetti aventi diritto all'indennizzo aggiuntivo di cui all'art. 17 della legge n. 865 del 1971, l'imprenditore agricolo, il quale esercita la coltivazione e produzione agricola con prevalenza del fattore capitale sul lavoro e con impegno prevalente di manodopera subordinata, senza che tale esclusione possa ritenersi in contrasto con il principio di uguaglianza, avuto riguardo alla differenza esi stente tra il predetto e d i soggetti menzionati dall'art. 17 della legge n. 865 del 1971 (Cass., sez. 1, 31/7/2019, n. 20658: che richiama Cass. n. 3706 del 24/2/2015; Cass., n. 12306 del 15/5/2008; Cass. n. 2477 del 19/2/2003). 
Nella giurisp rudenza più datata, la nozione di imprendito re agricolo viene rinvenuta nel combinato disposto degli articoli 2083, 2135 e 2751-bis c.c., trascurand o altre definizioni ad efficacia settoriale.  ### qualificante della coltivazione diretta sussiste, invece, in tutte quelle ipotesi in cui la coltivazione del fondo da parte del titolare avviene con la prevalenza del lavoro proprio e di persone della sua famiglia, in presenza di uno dei rapporti agrari tipici previsti dalla norma, con onere della prova, ai sensi dell'art. 2697 c.c., a capo 26 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### del soggetto che intende trarre conseguenze favorevoli (Cass., 11013 del 2013; anche Cass., sez. 1, 12/12/2002, n. 17714). 
Resta escluso dal novero degli a venti diritto l'imprenditore agricolo, ossia colui che e serciti la coltivaz ione e la p roduzione agricola professionalmente mediante coordinamento dei fattori della produzione ex art. 2082 c.c., e non svolga dunque attività di diretta utilizzazione agraria del terreno (Cass., sez. 1, 19/2/2003, n. 2477). 
Si è in oltre ch iarito che tale ragionam ento, se vale per l'imprenditore individuale, a maggior ragione deve valere quando il soggetto sia costituito in forma di società commerciale. 
Nessun dubbio con riferimento alle società di capitali, munite di personalità giuridica e costituenti, perciò, enti del tutto distinti dalle persone dei soci, ma ad analoghe conclusioni deve giungersi per le società commerciali costituite in forma di società di persone, perché anche tali organismi, ancorché privi di personalità giuridica, sono soggetti di diritto dis tinte le persone dei soci, (Cass., sez. 1, 19/2/2003, n. 2477). 
La qualità di imprenditore agricolo deve, invece, essere provata dal convenu to che la invochi in via di eccezione ( Cass., sez. 1, 15/5/2008, n. 12306).  10. Solo con l'art. 40, comma 4, del d.P.R. n. 327 del 2001 si è previsto che «al propriet ario coltivatore diretto o im prenditore agricolo a titolo princip ale spettano in dennità aggiuntiva, determinata in misura pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di colture effettivamente praticate». 
Tale norma, però , non può esser e utilizzata per fattispecie ricadenti nel regime normativo anteriore al d.p.r. n. 327 del 2001.  ### in tema di espropriazione per pubblica utilità, ai fini della individuazione della disciplina applicabile si applica alle controversie il regime giuridico previgente al d.lgs. n. 327 del 2001, in caso di 27 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### dichiarazione di pubblica utilità intervenuta prima del 30 giugno 2003 (Cass., Sez.U., 12/1/2023, n. 651). 
Ed infat ti, nei giu dizi aventi ad ogget to la determinazione dell'indennità di espropriazione, relativi a procediment i in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa prima del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del d.P.R. n.327 del 2001, opera la disciplina transitoria prevista dall'art. 57 dello stesso d.P.R., secondo cui le disposizioni del testo unico non si applicano ai progetti edilizi per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto, sia intervenuta la dich iarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, cui continuano invece ad applicarsi tutte le normative vigenti a quella data (Cass., sez. 1, 6/9/2019, n. 22373). 
Nella specie, la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dei lavori è stata effettuata dall'### con delibera n. 365 del 24/12/1999, mentre la ### di ### con decreto 364 del 6/6/2000 ha autorizzato l'occupazione temporanea.  11. Con il quarto motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «violazione dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione all'art. 324 c.p.c. in materia di giudicato, con conseguente errata indicazione del prezzo di esproprio, nonché in relazione alla violazione dell'art. 40 della legge 2359/1865 e 40 d.P.R. 327 del 2001 sempre in relazione alla determinaz ione del pre zzo di esproprio».  ### d 'appello ha fatto proprie le risultanze de lla ### evidenziando che era eccessivo «oltre che n on adeguatamen te riscontrata con dati oggettivi […] il maggior valore di euro 6,00/mq specificamente invocato da parte attrice in sede di com parsa conclusionale». 
Tale affermazione sarebb e erronea in qu anto la sentenza del Consiglio di Stato n. 978 del 2012, affermato che « […] valore venale 28 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### degli immobili, considerando come congruo e ragionevole il prezzo di euro 6,00 per metro quadrato (somma dichiarata dall'appellante non contestata) […]». 
Per la ### d'appello tale statuizione non sarebbe utilizzabile in quanto tale decisione sarebbe stata em essa, incidentalmente, in altro giudizio. 
Per il ricorrente, invece, tale decisione sarebbe stata emessa nel giudizio di opposizione all'esproprio, svoltosi tra le stesse parti, con l'autorità decidente che ha accolto, parzialmente, il ricorso proprio in relazione ad una statuizione relativa alla determinazione del valore del terreno, fini dell'esproprio. 
Si tratterebbe di decisione assunta dal giudice amministrativo, «vincolante nel presente giudizio, in quanto è suscettibile di formare cosa giudicata, in tutte le sue componenti essenziali ed opponibili, cosicché la det erminazione d el valore del terreno, costituisce un elemento essenziale, coperta dal g iudicato che d eve essere applicato».  12. Il motivo è infondato, ma va corretta la motivazione, tenendo conto dei limiti oggettivi del giudicato effettivamente formatosi.  12.1. A presci ndere dalla circostanza che i ricorren ti neppure hanno trascritto la motivazione della sentenza del Consiglio di Stato citata, tuttavia il giudice amministrativo ha dichiarato l'illegittima del provvedimento di proroga del termine d i occupazione, di cu i al decreto n. 28709 del 9/12/2004. Il termine quinquennale scadeva il ###, mentre con tale provvedimento il termine è stato prorogato sino al 22/11/ 2005, con un'occup azione illecita e produttiva di danno esclusivamen te per i tre mesi successivi al 18/8/2005. 
Per tale r agione, il Consiglio d i Stato ha quantificato «in via equitativa» nella misura degli interessi legali su una somma pari al 29 RG n. 3542/2019 Cons. Est. ### D'### valore venale deg li immobili, «consideran do come congruo e ragionevole il prezzo di euro 6,00 per mq. (Somma dichia rata dall'appellante non contestata) per un risultato finale di euro 867,04 a fa vore di ### di euro 70,00 a favore di #### giudizio, però, non ricade nei limiti oggettivi del quel giudicato; mentre il presente giudizio è relativo alla determinazione del controvalo re per un atto lecito della ###, l'accertamen to del giudicato amministrativo è relativo ad un fatto illecito, al quale non può estendersi la problematica del giudicato est erno, che presuppone la distinzione (propria del l'ambito negoziale) fra un rapporto fondamentale e la singola coppia diritto/obbligo, perché nel fatto illecito i re lativi elementi (caus alità , requisito soggettivo, danno) sono allineati sullo stesso piano e dunque concernono solo la fattispecie oggetto di giudizio.  13. La sentenza impugnata deve, dunque, essere cassata, con rinvio alla ### d'appello di ### in diversa composizione, che provvede rà anche sulle spese del giudizio di legittimità.  P.Q.M.  accoglie i motivi primo e secondo di ricorso; rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in ordine motivi accolti, con rinvio alla ### d'appello di ### in diversa compo sizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.  ### 

causa n. 3542/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Scoditti Enrico, D'Orazio Luigi

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 12154/2025 del 08-05-2025

... Tribunale di Ragusa, ha dichiarato inammissibile, per intervenuta decadenza ex art. 32 della legge n. 18 3/2010 , la domand a proposta da ### ‒ operaio assunto a termine per lavori di sistemazione idraulico-forestale ai sensi della legge reg. ### 16/1996 e dell'art. 43 legge reg. ### n. 14/2006 ‒ con la quale era stata denunciata l'illegittima reiterazione nel tempo di contratti a termine tra le parti; 2. erano intercorsi, infatti, con gli ### in epigrafe, dal 1987 al 201 4, plurimi contratti a termine pe r un periodo complessivamente superiore ai 36 mesi e il la voratore aveva ottenuto, in primo grado, la condanna delle amminis trazioni al risarcimento del danno, pari a 10 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, per l'abusiva reiterazione del termine; senonché, la Corte d'### andando di contrario avviso, aveva stabilito che i contratti a termine tra il 2001 e il 2010 avrebbero dovuto essere impugnati entro 60 gg. decorrenti dal 1° gennaio 2012, mentre i successivi «avrebbero dovuto essere im pugnati entro 60 gg. o entro 120 gg., a seguito dell'entrata in vigore delle modifiche di cui alla legge n. 92/20 12, secondo la n ormativa vigente ratione temporis» e tut to ciò (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 11529/2022 R.G. proposto da: ### rapp resentato e difeso dall'avvoc ato ### CORTESE; - ricorrente - contro ####'#### E ### '####### - intimato - avverso la sentenza n. 94/20 22 della CORTE D'### O di ### depositata il ### R.G.N. 266/2020; Dott. ### - Presidente - Dott. ### - ### - Dott. ### - ### rel. - Dott. ### - ### - Dott. ### - ### - Oggetto: Addetto lavori idraulic o forestale - reiterazione contratti a termine - risarcimento del danno 2 di 10 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal ####; ### 1. la Corte d '### di ### in riform a della sent enza del Tribunale di Ragusa, ha dichiarato inammissibile, per intervenuta decadenza ex art. 32 della legge n. 18 3/2010 , la domand a proposta da ### ‒ operaio assunto a termine per lavori di sistemazione idraulico-forestale ai sensi della legge reg. ### 16/1996 e dell'art. 43 legge reg. ### n. 14/2006 ‒ con la quale era stata denunciata l'illegittima reiterazione nel tempo di contratti a termine tra le parti; 2. erano intercorsi, infatti, con gli ### in epigrafe, dal 1987 al 201 4, plurimi contratti a termine pe r un periodo complessivamente superiore ai 36 mesi e il la voratore aveva ottenuto, in primo grado, la condanna delle amminis trazioni al risarcimento del danno, pari a 10 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, per l'abusiva reiterazione del termine; senonché, la Corte d'### andando di contrario avviso, aveva stabilito che i contratti a termine tra il 2001 e il 2010 avrebbero dovuto essere impugnati entro 60 gg. decorrenti dal 1° gennaio 2012, mentre i successivi «avrebbero dovuto essere im pugnati entro 60 gg. o entro 120 gg., a seguito dell'entrata in vigore delle modifiche di cui alla legge n. 92/20 12, secondo la n ormativa vigente ratione temporis» e tut to ciò anche se i contratti erano privi di forma scritta; in definitiva, poiché nessuno dei contratti era stato impugnato nei termini di decadenz a ‒ neanche l'ultimo che era cessato il ### ‒ la domanda era inammissibile; 3 di 10 3. contro tal e decisione il lavoratore ha propo sto ricorso per cassazione articolato in due motivi, men tre gli ### sono rimasti intimati; ### 1. nel primo motivo di ricorso il lavoratore denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 32 della legge n. 183 del 2010 nonché dell'articolo 116 cod. proc. civ. e dell'articolo 12 delle preleggi; egli sostiene che, diversamente da quanto rit enuto dall a Corte d'### la decadenza ex art. 32 legge n. 183 del 2010 non era applicabile alla fattispecie in esame, che non atteneva alla nullità del termine contrattuale ma, piuttosto, al superamento del limite di durata dei 36 mesi, sicché, in applicazione dell'articolo 5 comma 4- bis d.lgs. n. 368/2001, l'impugnativa poteva essere proposta in tal caso entro il termine di prescrizione ordinario; il ricorrente rileva, in particolare, che non v'è richiamo, da parte dell'art. 32, nel testo vigente ratione temporis al tempo dell'introduzione del giudizio di primo grado ( cioè nel 201 5), all'ipotesi prevista dall'art. 5, com ma 4 bis del d.lgs. n . 368 del 2001, che è quella invocata nella specie; assume che la previsione della decadenza ha carattere eccezionale, con la conseguenza che la disposizione prevista per l'impugnativa del contratto a termine non è applicabile analogicamente; evidenzia che la Corte d'### di ### avrebbe dovuto rilevare che nessun atto datoriale era stato impugnato (né con riferimento alla nullità del termine apposto al co ntratto né alla sua proroga) essendosi richiesto - ancorché in via subordi nata - il riconoscimento dell'indennità risarcitoria ai sensi e per gli effetti dell'art. 32 legge n. 183/2010 per l'abuso contrattuale perpetrato in oltre vent'anni di rapporti reiterati, al momento del superamento dei limiti temporali, domanda di natura non impugnatoria di alcun 4 di 10 atto datoriale e c he poteva essere propost a nel termine di prescrizione ordinario; 1.1 il motivo è infondato; con esso viene in sostanza contestato il passaggio argomentativo in cui la Corte d'### afferma che la decadenza dell'art. 32, comma 4, lett. a) , della legge n. 180/2010 si riferisce non soltanto all'azione di nul lità de l termine apposto al contratto d i lavoro stipulato ai sensi degli artt. 1, 2 e 4 del d.lgs. 368 del 2001 ma anche all'ipotesi, diversa, prevista dall'art. 5 comma 4-bis del d.lgs.  n. 368 d el 2001, in cui si fa valere l'abu siva reiterazione dei contratti a termine; 1.1.1 la censura deve essere disattesa, anche se la motivazione della pronuncia impugnata, conforme a diritto nel suo dispositivo, merita di essere rivista e integrata ex art. 384 comma 4 cod. proc.  civ.; il rilievo della Corte distrettuale secondo cui il termine di decadenza decorrerebbe dalla cessazione di ciascuno dei singoli contratti ricalca Cass. n. 8038/2022, precedente sottoposto a rimeditazione in pron unce successive, alle qual i va dat a in questa sede continuità, essendosi ivi chiarito come, in caso di azione promossa dal lavoratore per l'accertamento dell'abus iva reiterazione di contratti a tempo determinato, il termine di impugnazione, previsto a pena di decadenza dall'art. 32 comma 4 lett. a) della legge 183 del 2010 , «deve essere osservato e decorre dall'ul timo (ex latere actoris) dei contratti interco rsi tra le parti, atteso che la sequenza contrattuale che precede l'ultimo contratto rileva come dato fattuale, che concorre ad integrare l'abusivo uso dei contratti a termine e assume evidenza proprio in ragione dell'impugnazione dell'ultimo contratto» (così Cass., Sez. L, n. 4960 del 16/2/2023; cui adde Cass., Sez. L, n. ### del 12/12/2023); si è comunque precisato, in tutte le pronunce sopra richiamate, che la decad enza opera sul piano della cer tezza dei rapporti ed è 5 di 10 imprescindibile in ragion e della "ratio" della disposizione di assicurare, per tutti i casi in cui si intenda contestare la legittima apposizione del termine, tempi certi di stabilizzazione di situazioni giuridiche incerte; si è anche aggiunto che il risarcime nto de l danno, a sua volta, sarà soggetto all'ulteriore termine decennale di prescrizione, egualmen te decorrente dall'ultimo di tali contratti a termine, in considerazione della natura unitaria del predetto diritto, sicché il numero dei contratti in questione rileva solo ai fini della liquidazione del danno, p otendo anc he quelli stipulati oltre d ieci anni prima d ella richiesta di risarcimen to avere inciden za sulla quantificazione del pregiudizio patito dal dipendente (così Cass., ###/2023 cit.); 1.1.2 né vale obiettare ‒ per sostenere l'inapplicabilità all'ipotesi di superamento dei 36 mesi della decadenza ex art. 32, commi 3 e 4, della legge n. 1 83/2010, nel testo v igente prima delle modifiche apportate dalla legge 2 8 giugno 2012, n . 92 ‒ che non è espressamente richiamato, da tale disposizione, l'art. 5, comma 4 bis, del d.lgs. n. 368/2001; 1.1.3 come recentemente precisato da questa Corte (Cass., Sez. L, n. 2876 del 5/2/2025), il suddetto art. 32, nel testo antecedente alla modifica operata dalla legge n. 92 del 28/6/2012, estende la decadenza prevista per l'impugnazione del licenziamento dall'art. 6 della legge n. 604/1966, «all'azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001 , n. 3 68, e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo», (comma 3 lett. d) e prevede l'applicazione della nuova normativa anche «ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2 001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine» nonché «ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di 6 di 10 legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge» (comma 4 lett. a e b); la ratio della normativa, come detto, è quella di assicurare tempi certi di stabilizzazione di situazioni giuridiche incerte, ratio con la quale non sarebbe coerente un'interpretazione che, valorizzando il richiamo contenuto nella lettera d) del comma 3 e nella lettera a) del comma 4 ai soli artt. 1, 2 e 4 del d.lgs. n. 368/2001, «escluda dall'ambito di applicazione della decadenza fattispecie che, al pari di que lle espressamente richiamate dalla norma, ancorino la legittimità o meno del termine apposto al contratto al rispetto di regole di dettaglio peraltro ulteriori rispetto a quelle generali cui la norma esplicit amente rinvia» (così Cass., Sez. L, n. ### del 20/10/2022 che ha affermato l'applicabilità dell'art. 32 della legge n. 183/2 010 anche alle azioni di nullità del termin e per omesso rispetto delle condizioni imposte dall'art. 3 del d.lgs. n. 368/2001); il rinvio fatto agli artt. 1, 2, e 4 del d.lgs. n. 368/2001, come reso evidente anche dall'apprezzamento congiunto, a fini interpretativi, dei commi 3 e 4 dell'art. 32, è finalizzato unicamente ad indicare l'oggetto dell'azione di nu llità, che può riguardare sia il t ermine apposto al contratto (art. 1), anc he se stipulato dalle aziende indicate nell'art. 2, sia la proroga dello stesso (art. 4); il richia mo non è, invece, finalizz ato ad operare u na distinzione, quanto alla decadenza, fra le diverse violaz ioni dalle quali può derivare la nullità o l'illegittimità del termine medesimo o della sua proroga, violazioni che vanno fatte valere nel rispetto del termine decadenziale anche se la disciplina che si assume violata è dettata da norme non richiamate, ossia dagli artt. 3 e 5 del decreto; conferma questa interpretazione la lettera b) del comma 4 dell'art.  32 legge cit. che, nell'estendere il nuovo regime anche ai contratti a t ermine già conclusi alla d ata di entrata in vigore dell a nuova 7 di 10 legge, non opera alcuna differenziazione fra le diverse tipologie di vizio, rendendo ulteriormente chiaro che il rinvio agli artt. 1, 2, 4 del d.lgs. n. 368/2001 si riferisce alla tipologia di atto oggetto di impugnazione e non al vizio denunciabile; d'altro canto, come pure sopra ricordato, questa Corte non ha mai dubitato della applicabilità della decadenza anche all'azione con la quale si faccia valere in giudizio il superamento del limite massimo dei trentasei mesi e, proprio prende ndo le mosse da de tta applicabilità, ha affermato, e va qui ribad ito, ch e, qualora il superamento derivi dalla stipulaz ione in successione di p iù contratti, è sufficien te che venga tempestivamente impugnato l'ultimo contratto «atteso che la sequenza contrattuale che precede l'ultimo contratto rileva come dato fattuale, che concorr e ad integrare l'abusivo uso dei contratti a termine e assume evidenza proprio in ragione dell'impugnazione dell'ultimo contratto, concluso tra le parti, per far accertare l'abusiva reiterazione» (cfr. sempre Cass. n. 4960/2023 e Cass. n. ###/2023 citate); 1.1.4 avvalora, peraltro, tale ricostruzione il testo dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. 368 del 20 01, come riformulato dal d.l .  20/3/2014, n. 34, conv. in legge n. 78/2014, il quale stabilisce che è «consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a trentasei mesi , comprensiva di eventuali proroghe, concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell'ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato […]»; se il contratto previsto ab origine, ovvero per effetto di eventuali proroghe, di durata superiore ai 36 mesi vede, infatti, proprio in virtù del richiamo a tale ipotesi dell'art. 32 comma 4 lett. a) della legge n. 183/2010, applicarsi de plano il termine di decadenza in parola, non v'è (evi dentemente) alcuna ragi one di operare un distinguo in relazione a fattispecie, sostanzialmente analoga, in cui 8 di 10 il termine complessivo di 36 mesi viene superato per effetto di più contratti a termine oggetto di rinnovo oppure stipulati con periodi di interruzione fra l'uno e l'altro; 1.1.5 in conclusione, d eve ritene rsi che il previsto termine di decadenza trovi applicazione anch e in relazione all'azio ne per l'accertamento dell'abusiva reiterazione dei contratti a termine e si può osservare che la ratio di tale disciplina rispo nde, appunto, all'esigenza di favorire la certezza delle situazioni giuridiche ( sul punto Corte cost., sentenza n. 155 del 2014); 1.1.6 nella specie, la corte di merito, se è vero che ha fatto erroneamente riferimento al termine di decaden za in relazione a ogni singolo contratto a tempo determinato, ha aggiunto tuttavia, con accertamento di fatto che ha valenza decisiva e che non è stato specificamente censurato in sede ###che in relazione all'ultimo cont ratto concluso inter partes il termin e di decadenza ex art. 32 legge n. 183/2010, cit., non è stato affatto rispettato; ne consegue che il dictum di inam missibilità della domanda reso dalla corte territoriale rimane esente da censure; 2. nel secondo motivo si denuncia violazione, ex art. 360 n. 5 cod.  proc. civ., per avere la Corte d'### condannato la lavoratrice al pagamento delle spese processuali liquidate in €. 2.800,00 quanto al giu dizio di primo grado e in €. 3.308, 00 quanto al p resente giudizio di appello, oltre spese generali; si tratta di spese che si assum e siano state liquidate in modo “eccessivo”, senza conside rare la difficoltà della mat eria del contendere, il contegno delle parti e le condizioni economiche della lavoratrice, nonché la natura dei crediti di lavoro oggetto di causa; 3. il mot ivo è in ammissibile perché non ded uce la vio lazione dei massimi tariffari e sp ettando alla discreziona lità del giudice del merito liquidare le spese di lite purché, a meno di motivare 9 di 10 espressamente, non al di sopra di tali massimi (Cass. 10 maggio 2019, n. 12537); si è del resto a nche spiegato che la parte, la quale inten da impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, per pretesa violazione dei minimi (o dei massimi) tariffari, ha p ur sempre l'one re di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai qua li il giudice di merit o sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che deve rit enersi inammiss ibile il ricorso che contenga il semplice riferimento a prestazioni che sarebbero state liquidate in difetto (o in e ccesso) rispet to alla tariffa massima (Cass., Sez. 1-, n. 18584 del 30/06/2021; cui adde Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 11657 del 30/ 4/2024: « In tema di ricorso per cassazione, è inamm issibile il motivo con cui si lamenti che il giudice abbia liquidato, in maniera onnicomprensiva, il compenso per onorari ‒ ove, ratione temporis, non sia più in vigore la categoria dei diritti ‒, senza dolersi né della violazione della tariffa, nel massimo o nel minimo, spiegan done le ragioni, né d ella mancata distinzione fra compensi ed esborsi»); nel caso di specie, il motivo è privo di argomentazioni specifiche rispetto ai valori tariffari e dunque non restano integrati neanche i presupposti richiesti dalla giurisprudenza appena citata; 4. conclusivamente il ricorso va rigettato; 5. tale e sito esime, pe r il principio della dur ata ragionevole del giudizio, dal disporre la rinnovazione presso l'### generale dello Stato (il c ui patrocinio per l'Amm inistrazione reg ionale siciliana è previsto dall'art . 1 de l d.lgs. 2 marzo 1948, n. 142), della notifica del ricorso alle ### regionali intimate, che parte ricorre nte ha erroneamente eseguito presso l'A vvocatura distrettuale (su tale principio v., ex aliis, Cass. n. 394/2021; n. 26997/2020; Cass. n. 6924/2020); 10 di 10 6. nulla v a disposto in o rdine alle sp ese non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussiste nza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella ### di consiglio della S ezione 

Giudice/firmatari: Tria Lucia, Belle' Roberto

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 39/2021 del 07-01-2021

... appello fu promosso da ### quale avente causa per atto inter vivos di ### D'### moglie ed erede di ### la D'### aveva ceduto all'appellante i diritti litigiosi ad essa spettanti, ma il ### tanto in comparsa di costituzione in appello, quanto in sede di precisazioni delle conclusioni, dichiarava di non voler liberare la D'### chiedendo e ottenendo che il contraddittorio fosse integrato anche nei suoi confronti. In base a ciò, ### ritiene che ### D'### sia tuttora parte all'interno del presente giudizio; pertanto, avendo il giudice dell'appello omesso il suo nome tra i soggetti condannati in solido, si ritiene che ciò integri una violazione dell'art. 112 c.p.c. Tale doglianza risulta essere fondata. In base a quanto stabilisce l'art. 111 del codice di rito, il successore a titolo particolare per atto tra vivi di una delle parti del processo può intervenire volontariamente nel processo o esservi chiamato, ma ciò non comporta automaticamente l'estromissione dell'alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentano. Ne consegue che, nel giudizio di impugnazione contro la sentenza, il successore intervenuto in causa e l'alienante non (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso 22074-2018 proposto da: ### domiciliato in ### presso la ### della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall'avvocato ### giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente - contro ### domiciliato in ### presso la ### della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall'avvocato ### giusta procura in calce al controricorso; - ricorrente incidentale - nonchè ###'##### - intimati - avverso la sentenza n. 230/2018 della CORTE ### di ANCONA, depositata il ###; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2020 dal ###. ### Lette le memorie depositate dalle parti; MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE ### conveniva in giudizio davanti al Tribunale di ### ed ### chiedendo, in via principale, che il contratto di compravendita immobiliare stipulato tra i due convenuti venisse dichiarato nullo per illiceità del motivo, ovvero per simulazione assoluta, o in quanto contrario alle norme di buona fede, o in subordine inefficace nei confronti dell'attrice, con il risarcimento del danno; in via residuale chiedeva la risoluzione del contratto di compravendita immobiliare da lei stipulato col ### adducendo il grave inadempimento di quest'ultimo, e, di conseguenza il diritto al risarcimento del danno.  ### affermava, infatti, di aver acquistato dal ### con scrittura privata datata 28 settembre 1991, un immobile al prezzo di novantacinque milioni di lire, ed effettuato il pagamento dell'acconto dei primi venticinque milioni, veniva immessa nel godimento dell'appartamento. 
A luglio del 1994, l'attrice aveva versato ulteriori cinquantacinque milioni al venditore che, trasferitosi all'estero, non rispondeva ai diversi solleciti con i quali gli si chiedeva, in vista del completamento del pagamento, di addivenire al rogito notarile. 
Il 9 settembre 1994 il ### faceva pervenire alla ### una diffida ad adempiere al pagamento dei mancanti quindici milioni di lire entro il successivo 24 settembre, ma l'attrice rispondeva con una controdiffida nella quale lo invitava a presentarsi in data 10 ottobre 1994 davanti ad un notaio di ### con la documentazione necessaria per il perfezionamento dell'atto pubblico, ribadendo la disponibilità a pagare in detta sede quanto residuato. 
A causa dell'assenza in detta data del venditore, ### contattava nuovamente il venditore il quale, tramite il proprio procuratore, la informava di aver venduto l'immobile ad ### il 26 settembre 1994, e che l'atto di vendita era stato trascritto il giorno successivo e registrato in data 11 ottobre 1994. Pertanto, la ### agiva in giudizio proponendo nei loro confronti le domande di cui sopra. 
Con comparsa di risposta si costituiva in giudizio solo ### il quale chiedeva il rigetto delle domande attoree nonché, in via riconvenzionale, il rilascio dell'immobile ed un indennizzo per la sua occupazione sine titulo. 
Al termine dell'istruttoria, il Tribunale di ### con sentenza n. 680 del 2011, perveniva al rigetto di tutte le domande proposte da parte attrice, alla quale era subentrato ### quale erede della originaria attrice; il giudice di primo grado rigettava altresì la domanda riconvenzionale spiegata dal ### compensava le spese e non statuiva nulla nei confronti di ### rimasto contumace.  ### - quale avente causa per atto inter vivos da ### D'### erede di ### a sua volta subentrato in primo grado alla sorella ### quale erede della stessa - appellava la sentenza del Tribunale, riproponendo tutte le domande che dinanzi ad esso erano state avanzate.  ### si costituiva affinché la Corte pervenisse al rigetto del gravame e riproponeva, con appello incidentale, quanto domandato in via riconvenzionale in primo grado, chiedendo l'integrazione del contraddittorio nei confronti di ### D'### e degli eventuali eredi. 
La Corte di Appello di Ancona con sentenza n. 230/2018, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, dichiarando risolto il contratto di compravendita stipulato da ### con il ### per inutile decorso del termine intimato con la diffida ad adempiere, e condannando ### a restituire all'appellante la somma di C 41.316,55, oltre interessi, ed ### all'immediato rilascio dell'immobile illegittimamente occupato. 
Con riferimento all'azione proposta nei confronti del solo ### la Corte, riprendendo alcuni passaggi della sentenza impugnata, evidenziava che la diffida ad adempiere notificata dal ### il 20 settembre 1994 era pienamente giustificata dal fatto che il preliminare, il quale si era risolto per effetto dell'inutile decorso del termine, e ciò in quanto il contratto prevedeva che il pagamento totale del prezzo sarebbe dovuto avvenire già il 28 settembre 1993, ossia un anno prima della diffida. 
Dunque sosteneva la Corte che il ### aveva potuto disporre legittimamente dell'appartamento, dovendosi intendere risolto il preliminare ex artt. 1454 e 1455 c.c., a nulla valendo la controdiffida notificata da ### che, secondo i giudici di merito, mascherava unicamente un comportamento dilatorio della stessa, volto a procrastinare ulteriormente il termine per il pagamento del residuo del prezzo, ma dalla quale non si evincevano "motivi seri né tanto meno precisi per giustificare la mancata ottemperanza". 
Diversamente, le domande proposte nei confronti del ### e del ### volte a ottenere la dichiarazione di nullità del secondo contratto, venivano rigettate, anche alla luce dei \.1 principi dettati da Cass. 23158/2014, in base ai quali non può in alcun modo dichiararsi la nullità di tale accordo per illiceità dei motivi o per violazione degli obblighi di correttezza e buona fede. 
Relativamente all'azione volta ad ottenere la dichiarazione di simulazione assoluta del medesimo contratto, la Corte condivideva le affermazioni del giudice di primo grado in quanto tutte le deduzioni attoree non erano sufficienti a provare la nullità o l'inefficacia dell'atto pubblico di vendita; a detta dei giudici dell'appello, gli assunti del Tribunale apparivano logici e coerenti relativamente alla dimostrazione di un difetto di prova della simulazione, nonché non suscettibili di condurre a conclusioni univoche, anche alla luce della considerazione complessiva dei fatti di causa. 
Con riferimento all'azione revocatoria, la Corte territoriale richiamava il costante orientamento della giurisprudenza per rigettare la domanda, perché l'attore non aveva fornito la prova del consilium fraudis; inoltre, mancando qualsiasi credito risarcitorio da parte dell'### veniva escluso in radice anche l'eventus damni. 
Così deciso l'appello principale, la Corte passava ad analizzare l'appello incidentale proposto da ### relativo alla restituzione dell'immobile, ritenendolo parzialmente fondato, essendo venuto meno il titolo dell'### che lo legittimava ad occupare l'immobile; tuttavia non accoglieva la pretesa risarcitoria derivante dall'illegittima occupazione, risultando carente sotto il profilo probatorio, dal momento che, pur consapevole contrasto giurisprudenziale delineatosi in materia, non condivideva l'orientamento che considerava in re ipsa il danno subito dal proprietario a seguito dell'occupazione sine titulo, ma preferiva quello secondo cui, anche in suddetta ipotesi, il danneggiato debba provare l'effettiva entità del danno. 
Poiché il ### si era limitato a riportare indicativamente il valore del canone di locazione, senza dimostrare di aver perso occasioni favorevoli per la locazione, né di aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli a causa dell'occupazione dell'appartamento, la pretesa non poteva trovare accoglimento. 
Avverso la sentenza della Corte d'Appello di ### propone ricorso per cassazione, articolato in sette motivi.  ### ha resistito con controricorso e ha altresì proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi. 
Entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimità dell'udienza.  ### e D'### non hanno svolto difese in questa fase. 
Il primo motivo di ricorso è relativo "agli artt. 1453, 1454, 1455 cod. civ., rilevante sia ex num. 3) sia ex num. 5), com. I, art. 360 cpc". 
Parte ricorrente ritiene che la sentenza d'appello sia da censurare nella parte in cui ha affermato che allo spirare del termine ultimo indicato nella diffida, il contratto stipulato il 28 settembre 1991 doveva intendersi risolto in assenza del pagamento del saldo da parte della ### e che il ### potesse disporre nuovamente dell'appartamento. 
Infatti, i giudici dell'appello non avrebbero considerato l'insegnamento dettato dalla Cassazione secondo cui "l'eccezione inadempienti contractus consente di paralizzare la domanda di adempimento della controparte e di escludere il diritto della stessa di fare accertare o domandare la risoluzione", nonché quello relativo "al giudizio di comparazione in ordine al comportamento delle parti contrattuali, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi e all'oggettiva entità degli inadempimenti si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti, perché l'inadempimento dev'essere addebitato esclusivamente a quel contraente che, con il proprio comportamento abbia alterato il nesso di reciprocità che lega le obbligazioni assunte con il contratto, dando causa la giustificato inadempimento dell'altra parte". 
Il giudice a quo avrebbe altresì omesso di esaminare il fatto decisivo prospettato nella comparsa conclusionale, secondo cui a fronte dei numerosi solleciti della ### volti a rendere in forma pubblica l'atto di vendita, il ### restava inerte e ciò impedirebbe di qualificare come doloso o colposo, il ritardo della ### nell'adempimento della propria prestazione. 
Con il secondo motivo si censura "l'art. 132, com. II, num. 4), cpc., rilevante sia ex num. 4) sia ex num. 5, com. I, art. 360 cpc". 
La Corte avrebbe addebitato l'inadempimento in capo a ### attraverso una motivazione apparente laddove ha affermato che, avendo il ### e il ### stipulato davanti al notaio il loro contratto a poca distanza dalla scadenza del termine ultimo previsto nella diffida, anche la ### avrebbe potuto addivenire al rogito notarile, se solo avesse soddisfatto la richiesta del ### di pagare la parte restante del prezzo entro la data fissata nella diffida. 
Inoltre, la Corte avrebbe omesso di valutare i fatti decisivi relativi alla mancata dimostrazione della disponibilità dell'intero immobile, "l'inverosimile tempistica e l'incredibile semplificazione dell'atto pubblico del secondo contratto", malgrado vi fossero "oggettive difficoltà" relative all'esatta individuazione delle parti, dei beni e dei documenti relativi. 
I primi due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente e, in quanto infondati, devono essere rigettati. 
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte (recentemente ribadito da Cass. n. 13627/2017), quello secondo il quale nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, il giudice del merito è chiamato a comparare il comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti ed abbia causato il comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma. Tale accertamento, fondato sulla valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. 
La Corte d'appello ha reso un'ampia e logica motivazione, nel ritenere che, nel caso di specie, la condotta da ritenersi decisiva ai fini della risoluzione per inadempimento fosse quella della ### e non quella del ### al quale per converso nessun addebito poteva essere imputato, essendosi egli attenuto ai termini dell'accordo stipulato nel 1991. 
Sono stati ritenuti determinanti, infatti, ai fini dell'accertamento dell'inadempimento della ### la circostanza che la diffida era stata notificata dal ### dopo che era decorso un anno dalla data che le parti avevano concordato quale termine ultimo per il pagamento, e che l'ammontare del prezzo residuo di quindici milioni di lire impedisse di qualificare l'adempimento come di scarsa importanza. 
La ratio della norma di cui all'art. 1454 c.c. è quella di fissare con chiarezza la posizione delle parti rispetto all'esecuzione del negozio, mediante un formale avvertimento alla parte diffidata che l'intimante non è disposto a tollerare un ulteriore ritardo nell'adempimento, pena la risoluzione ope legis del contratto (Cass. n. 27530/2016; Cass. n. 3477/2012). 
Dunque, a nulla vale, nel caso di specie, l'aver opposto alla diffida una controdiffida, dal momento che è principio già statuito da questa Corte, che oggi si vuole ribadire, quello secondo il quale la controdiffida diretta a contestare la sussistenza di una qualsiasi delle condizioni cui è subordinata la risoluzione di diritto conseguente alla diffida ad adempiere, non sospende né evita tale effetto (Cass. n. 974/1971). 
Ciò, a maggior ragione nel momento in cui i giudici di merito hanno negato qualsiasi rilevanza nei termini di cui sopra alla controdiffida notificata dalla ### in quanto non solo non conteneva motivi apprezzabili tali da legittimare il mancato rispetto della diffida, ma lasciava trasparire unicamente un "comportamento dilatorio" dell'attrice, che ha acquistato ulteriore decisività anche "alla luce del pregresso contegno moroso". 
Queste dunque le motivazioni che hanno condotto all'addebito dell'inadempimento alla ### e non, come parte ricorrente adduce col presente ricorso, i vari impedimenti e inadempimenti legati alla stipula dell'atto pubblico, dedotti dalla stessa nella controdiffida, che, una volta ritenuti insussistenti dai giudici del merito, possono dirsi esaminati all'interno di una valutazione globale delle condotte delle parti e, pertanto, non risultano essere oggetto di un omesso esame, come prospettato dal ricorrente. 
Il terzo motivo denunzia la violazione del"l'art. 2644, com. II, cod. civ., rilevante ex num. 3), co. I, art. 360 cpc". 
Il giudice a quo, citando il precedente costituito da Cass. 23518/2014, avrebbe frainteso la questione che si poneva, spostando l'attenzione sul problema della distinzione tra frode alla legge e frode ai creditori, ma senza esaminare la più pertinente questione della responsabilità del venditore e del secondo acquirente all'interno di una vicenda di doppia alienazione immobiliare, che il ricorrente, in grado di appello, aveva prospettato mediante numerosi richiami alla dottrina e alla giurisprudenza, mostrando come oggi sia pacifico che è sufficiente la mera conoscenza della precedente alienazione per determinare una responsabilità del secondo acquirente che abbia trascritto per primo. 
Dunque, a prescindere dall'accoglimento o meno della domanda di nullità del secondo contratto di alienazione, parte ricorrente ritiene che il ### debba essere obbligato in solido al risarcimento dei danni nei confronti del ricorrente, e ciò sulla base di una giurisprudenza evolutasi a partire dagli anni ### dello scorso secolo, che ha sancito la responsabilità aquiliana del secondo acquirente per la semplice conoscenza della precedente vendita, senza richiedere l'ulteriore requisito della frode concertata con l'alienante. 
Anche questo motivo di ricorso non è meritevole di • accoglimento. L,7 Va evidenziato che la censura, così come articolata, non appare in grado di dimostrare che vi siano gli estremi per rinvenire un'effettiva violazione della norma richiamata in rubrica. 
Infatti, deve essere disattesa ogni affermazione volta a far ravvisare una responsabilità extracontrattuale in capo ad ### per il fatto di aver trascritto il secondo contratto di compravendita dell'immobile, dal momento che l'acquisto dell'appartamento, e la conseguente trascrizione dell'atto, sono avvenuti quando il termine indicato nella diffida era già spirato, e quindi in un momento successivo alla risoluzione di diritto della prima compravendita. 
Invero, una volta confermata l'intervenuta risoluzione del contratto per inadempimento della stessa parte acquirente, con il venir meno dell'efficacia del contratto con effetti ex tunc tra le parti, la seconda alienazione è comunque intervenuta allorquando la prima era ormai priva di effetti, essendo quindi esclusa la stessa astratta configurabilità di una pretesa risarcitoria quale conseguenza della seconda vendita. 
Non si versa, in effetti, in una situazione di doppia vendita immobiliare, dal momento che la conclusione del secondo accordo avvenne quando ormai il primo contratto si era risolto di diritto, per effetto del mancato adempimento entro il termine fissato nella diffida dal ### Quest'ultimo, consapevole della funzione della diffida ad adempiere aveva ormai correttamente inteso come risolto il rapporto con la ### e, dunque, nuovamente suscettibile di alienazione l'immobile. 
La quarta censura "è relativa agli articoli 2901 e seg. cod. civ., rilevante sia ex num. 3) sia ex num. 5), com. I, art. 360 cpc". 
Con riferimento al n. 3, il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha statuito in modo contraddittorio, che l'unico rimedio che l'ordinamento appresta ai creditori in queste circostanze sia quello che conduce alla sanzione dell'inefficacia, salvo poi ritenere che l'azione revocatoria proposta nei confronti dell'atto ### fosse infondata in quanto non si verteva in tema di revocatoria, non essendo dedotti e provati né il consilium fraudis, né l'eventus damni. 
Infatti, nell'atto di appello l'### aveva ripetutamente indicato il pericolo di un'incapienza generica del patrimonio del debitore nella condotta consapevole del doppio-venditore-debitore ### tale da recare pregiudizio alle garanzie patrimoniali di ### nonché prospettato la possibilità di avvalersi di tale istituto per una funzione restitutoria di un bene specifico. 
Con riferimento al n. 5, invece, la Corte avrebbe omesso di esaminare i fatti decisivi relativi al consilium fraudis, sia con riferimento al fatto che l'avv. ### fosse inizialmente avvocato del ### e successivamente procuratore del ### sia relativamente alla circostanza per cui la seconda alienazione si era perfezionata in tempi eccezionalmente rapidi rispetto allo spirare del termine previsto nella diffida, e senza alcuna traccia di modalità di pagamento del prezzo, con ciò dimostrando che in realtà vi fosse già da tempo un accordo tra le parti. 
Tale motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 
Va premesso che la vendita a terzi con atto trascritto di un bene immobile che abbia già formato oggetto, da parte del venditore, di una precedente alienazione si risolve nella violazione di un obbligo contrattualmente assunto nei confronti del precedente acquirente, determinando la responsabilità contrattuale dell'alienante con connessa presunzione di colpa ex art. 1218 c.c.; per converso la responsabilità del successivo acquirente, rimasto estraneo al primo rapporto contrattuale, può configurarsi soltanto sul piano extracontrattuale, ove trovi fondamento in una dolosa preordinazione volta a frodare il precedente acquirente o almeno nella consapevolezza dell'esistenza di una precedente vendita e nella previsione della sua mancata trascrizione e quindi nella compartecipazione all'inadempimento dell'alienante in virtù dell'apporto dato nel privare di effetti il primo acquisto, al cui titolare incombe di conseguenza la relativa prova a norma dell'art. 2697 c.c. ( Cass. n. 8403/1990 e 4090/1988). 
Per conservare la garanzia patrimoniale relativa a questo suo credito, il primo acquirente può esercitare l'azione revocatoria in merito alla seconda alienazione dell'immobile. Poiché, però, la revocanda alienazione è anteriore al credito da tutelare (che nasce solo con la trascrizione), la revocatoria può trovare accoglimento non per la mera consapevolezza della precedente vendita, bensì solo se sia provata la partecipazione del secondo acquirente alla dolosa preordinazione, in base a quanto previsto dall'art. 2901, n. 2, c.c., ossia alla specifica intenzione di pregiudicare la garanzia del futuro credito, che può essere desunta da obiettive circostanze (Cass. n. 759/1982). 
Nel caso di specie, contrariamente a quanto deduce il ricorrente, non solo i giudici del merito hanno ritenuto che difettasse di prova la circostanza della partecipazione del ### alla dolosa preordinazione dell'alienante, ma avendo dichiarato la risoluzione del primo accordo e ordinato la restituzione del prezzo da parte del ### sono pervenuti alla corretta conclusione per cui manchi un credito risarcitorio che l'### possa vantare, escludendo così a monte l'esistenza di un eventus damni, che rappresenta uno dei due indefettibili presupposti per la proposizione dell'azione. 
Inoltre le medesime considerazioni svolte in ordine alla conferma della statuizione dei giudici di merito quanto alla risoluzione per inadempimento della dante causa dell'odierno ricorrente, fa sì che fosse venuto meno il contratto che rappresenta la prima vendita, il che, oltre a confortare la legittimità della seconda alienazione, avvenuta come detto allorquando la risoluzione di diritto si era già perfezionata, conferma quanto asserito dalla sentenza di appello circa l'assenza di una qualsivoglia pretesa risarcitoria nei confronti sia del venditore che del secondo acquirente, mancando quindi l'esistenza del diritto di credito a garanzia del quale sarebbe dato il ricorso all'azione revocatoria. 
La quinta censura "è relativa all'art. 2729 cod. civ., rilevante sia ex num. 3) sia ex num. 5), com. I, art. 360 cpc". 
La sentenza sarebbe da censurare nella parte in cui ha statuito, conformemente alla decisione di primo grado, che la simulazione assoluta dell'atto notarile sia rimasta indimostrata e comunque urterebbe contro le risultanze processuali circa la condotta del ### volta a conseguire il possesso dell'immobile. In particolare, la Corte affermando che il pagamento del prezzo della vendita non era contestato, che il ### avesse manifestato una condotta costantemente volta a recuperare l'immobile e che non fossero stati dedotti comportamenti successivi alla stipula della compravendita, volti a far trasparire una volontà collusiva per recuperare indirettamente il bene, avrebbe omesso la valutazione sul contenuto della eccezione di simulazione, che viceversa non poteva che essere dimostrata se non mediante un insieme di presunzioni. 
Quanto affermato non consente di comprendere come la Corte abbia potuto condividere le conclusioni del Tribunale, in quanto non si potrebbe sostenere validamente che difetti in assoluto la prova di una simulazione se tale fatto sia dimostrabile mediante altri fatti a carattere presuntivo dedotti dall'attrice. 
Anche tale motivo di ricorso non risulta essere fondato e deve essere rigettato. 
Ancorchè prima facie la conferma della risoluzione per fatto imputabile al ricorrente potrebbe far propendere per una carenza di interesse all'accertamento della simulazione, posto che anche ove dimostrata la parte non ne trarrebbe alcun vantaggio, essendo venuto meno il suo titolo negoziale, l'interesse deve però ravvisarsi in relazione all'accoglimento della domanda riconvenzionale di rilascio del bene formulata dal ### che evidentemente presuppone il riconoscimento dell'avvenuto acquisto della proprietà da parte di questi, sicché ove l'acquisto fosse accertato come privo di effetti, verrebbe meno anche la giustificazione della condanna al rilascio. 
Ai fini del rigetto del motivo, va condiviso l'orientamento di questa Corte (Cass. n. 28224/2008; Cass. n. 22801/2014), secondo cui, in tema di simulazione assoluta del contratto, nel caso in cui la relativa domanda sia proposta da terzi estranei al negozio, spetta al giudice del merito valutare l'opportunità se fondare la decisione su elementi presuntivi, da considerare, non solo analiticamente, ma anche nella loro convergenza globale, così che l'apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico, presupposti che ricorrono nell'accertamento svolto, prima dal Tribunale, e poi dalla Corte d'Appello. 
In particolare, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che nessuno degli elementi forniti dall'appellante presentasse un grado di decisività tale da consentire di giungere a conclusioni univoche, anche alla luce di una considerazione complessiva degli stessi fatti, i quali al contrario contrastavano con una serie di condotte idonee a escludere l'esistenza di una simulazione assoluta. 
Con il sesto motivo si censurano gli "articoli 1175, 1176, 1366, 1375, cod. civ., rilevante ex num. 3), com. I, art. 360 cpc. 
La Corte avrebbe errato nel negare la violazione degli obblighi di buona fede sulla base del fatto che le norme richiamate abbiano a oggetto un regolamento contrattuale, mentre la ### e il ### non sono legati da alcun vincolo negoziale, in quanto sarebbe orientamento ampiamente condiviso dalla giurisprudenza di legittimità quello secondo cui il rispetto del principio di buona fede si pone a presidio di valori fondamentali dell'ordinamento da cui non si potrebbe prescindere anche nei casi in cui si versi al di fuori dei rapporti obbligatori diversi da quelli indicati dal legislatore. 
Con il settimo motivo di ricorso si censura "l'art. 132, com. II, num. 4), cpc, rilevante sia ex num. 4) sia ex num. 5, com. I, art. 360 cpc". 
La motivazione della Corte di ### risulterebbe apparente nella parte in cui qualifica come corretta la condotta del ### per il solo fatto che si fosse affidato a un pubblico ufficiale il quale, procedendo alla stipula, ha escluso l'esistenza di qualsiasi ostacolo all'acquisto dell'immobile. 
Inoltre, la Corte avrebbe omesso di esaminare il fatto decisivo attinente alla condotta del notaio che, nel momento in cui ha dovuto accertare che il bene immobile fosse libero da qualsiasi peso e impedimento, si è limitato ad affermare che "l'appartamento appartiene al venditore per metà...per l'altra metà in forza di successione della defunta moglie, asfaltando così ogni e qualsiasi difficoltà", relativa alla persona della moglie, nazionalità e figli della stessa. 
Il rigetto dei due motivi in esame, da trattare congiuntamente per la loro connessione, discende evidentemente dalle considerazioni svolte in occasione della disamina del terzo motivo di ricorso, in quanto, una volta ribadito che l'acquisto da parte del controricorrente è avvenuto allorquando il contratto in base al quale il ricorrente agisce in giudizio aveva ormai perso efficacia per l'avvenuta risoluzione di diritto, risulta preclusa in radice la possibilità di individuare nella condotta del ### la violazione di principio di buona fede tale da legittimare una pretesa di carattere risarcitorio ovvero conseguenze in ordine alla sorte del contratto di acquisto del bene. 
Il ricorso principale è quindi rigettato. 
Con il primo motivo del ricorso incidentale si denunzia "violazione ed errata o falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c.  e 132, co. 2, nn. 2, 4 e 5 c.p.c. ex art. 360 c.p.c. n. 4. Omessa pronuncia nei confronti di una delle parti chiamate in giudizio: litisconsorte processuale necessario D'###. 
La sentenza di primo grado venne pronunciata nei confronti di ### quale erede dell'originaria attrice ### Tuttavia, l'atto di appello fu promosso da ### quale avente causa per atto inter vivos di ### D'### moglie ed erede di ### la D'### aveva ceduto all'appellante i diritti litigiosi ad essa spettanti, ma il ### tanto in comparsa di costituzione in appello, quanto in sede di precisazioni delle conclusioni, dichiarava di non voler liberare la D'### chiedendo e ottenendo che il contraddittorio fosse integrato anche nei suoi confronti. In base a ciò, ### ritiene che ### D'### sia tuttora parte all'interno del presente giudizio; pertanto, avendo il giudice dell'appello omesso il suo nome tra i soggetti condannati in solido, si ritiene che ciò integri una violazione dell'art. 112 c.p.c. 
Tale doglianza risulta essere fondata. 
In base a quanto stabilisce l'art. 111 del codice di rito, il successore a titolo particolare per atto tra vivi di una delle parti del processo può intervenire volontariamente nel processo o esservi chiamato, ma ciò non comporta automaticamente l'estromissione dell'alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentano. Ne consegue che, nel giudizio di impugnazione contro la sentenza, il successore intervenuto in causa e l'alienante non estromesso sono litisconsorti necessari e che, se la sentenza è appellata da uno solo soltanto o contro uno soltanto dei medesimi, deve essere ordinata, anche d'ufficio, l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'altro, a norma dell'art. 331 c.p.c., dovendosi, in difetto, rilevare, anche d'ufficio, in sede di legittimità, il difetto di integrità del contraddittorio con rimessione della causa al giudice di merito per la eliminazione del vizio (cfr. Cass. n. 15905/2018). 
Dal momento, dunque, che il ### ha espressamente dichiarato in tutti i suoi scritti difensivi di appello di non voler liberare la D'### all'interno del processo oggi pendente davanti a questa Corte, non vi è spazio per ritenere che la stessa sia stata estromessa, ma al contrario deve tuttora considerarsi litisconsorte necessaria. 
Effettivamente la sentenza impugnata ha omesso ogni riferimento alla sua presenza in giudizio, nonostante fosse stata disposta l'integrazione del contradditorio, e tale omissione si è ripercossa anche sulla corretta regolamentazione delle spese di lite. 
Infatti, atteso che la medesima, ancorché contumace in appello, risulta essere soccombente rispetto alle sorti del giudizio, in accoglimento del motivo la sentenza impugnata deve essere cassata in parte qua, ma non palesandosi la necessità di ulteriori accertamenti in fatto, ritiene la Corte che la causa possa essere decisa nel merito, con la condanna della D'### in solido con l'odierno ricorrente principale al rimborso delle spese del giudizio di appello per la misura di quattro quinti ( e con compensazione del residuo quinto), come liquidate dalla Corte distrettuale). 
Con il secondo motivo di ricorso incidentale si deduce "violazione ed errata o falsa applicazione degli artt. 820, co. 3, c.c., 821, co. 3, c.c., 832 c.c., 1499 c.c., ex art. 360/1 n.3". 
La Corte, sebbene abbia ordinato il rilascio dell'appartamento in favore del ### costatando altresì l'illegittimità dell'occupazione dello stesso, ha respinto per mancanza di prova la domanda di risarcimento del danno patito dall'odierno controricorrente a seguito dell'illegittima occupazione, dal momento che lo stesso si sarebbe unicamente limitato a riportare in termini indicativi il valore del canone di locazione senza dimostrare la perdita di occasioni favorevoli per locarlo. 
Tale interpretazione sarebbe non condivisibile atteso il contrasto a cui perverrebbe con i principi, anche costituzionali, in materia di proprietà privata. 
Il motivo dev'essere rigettato. 
Come correttamente affermato dalla Corte territoriale, in tema di occupazione abusiva di immobili sussiste un contrasto giurisprudenziale che vede contrapporsi un orientamento che considera il danno in re ipsa (cfr. ex multis Cass. 9137/2018), ad un altro per cui il danno da occupazione abusiva debba comunque essere oggetto di dimostrazione da parte del danneggiato, richiedendo a tal fine che egli provi l'effettiva lesione derivante dall'abusiva occupazione (cfr. da ultimo, Cass. n. 13071/2018). 
Ritiene il Collegio di dover dare continuità alla più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. N. ###/2019; Cass. 1657/2019), che, ha rilevato che nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subìto dal proprietario è in realtà oggetto di una presunzione correlata alla normale fruttuosità del bene, presunzione che, tuttavia, essendo basata sull'id quod plerumque accidit, ha carattere relativo, iuris tantum, e quindi ammette la prova contraria (Cass. 7 agosto 2012, n. 14222; Cass. 15 ottobre 2015, n. 20823; Cass. 9 agosto 2016, n. 16670), non potendosi quindi correttamente sostenere che si tratti di un danno la cui sussistenza sia irrefutabile, posto che la locuzione "danno in re ipsa" va tradotta in altre ("danno normale" o "danno presunto"), più adatte ad evidenziare la base illativa del danno, collegata all'indisponibilità del bene fruttifero secondo criteri di normalità, i quali onerano l'occupante alla prova dell'anomala infruttuosità di uno specifico immobile. 
Avuto riguardo a tali principi, la sentenza impugnata appare incensurabile avendo evidenziato che il convenuto in realtà non solo non aveva provato ma ancor prima nemmeno allegato le circostanze dalle quali far discendere in via presuntiva l'esistenza del danno richiesto. 
Il motivo, lungi dal contrastare la correttezza di tale affermazione, si riduce ad una riproposizione della nozione di danno in re ipsa, ma in un'accezione, per quanto sopra esposto, che non può trovare riconoscimento nel nostro ordinamento, atteso che il danno da occupazione "sine titulo", in quanto particolarmente evidente, può essere agevolmente dimostrato sulla base di presunzioni semplici, ma un alleggerimento dell'onere probatorio di tale natura non può includere anche l'esonero dalla allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l'intenzione concreta del proprietario di mettere l'immobile a frutto (### 3, n. 13071, 25/5/2018, Rv.  648709). 
Nnel caso di specie, il ### non ha mai provato - né adeguatamente allegato le circostanze idonee a fondarlo - alcun danno derivante dall'occupazione sine titulo dell'immobile da parte delle sue controparti, ma ha semplicemente "riportato in maniera del tutto indicativa il valore del canone di locazione", senza mai dimostrare di aver perso occasioni favorevoli per locare l'immobile, ovvero di aver sofferto altri pregiudizi patrimoniali, lasciando così la sua pretesa sfornita di allegazione e prova, che correttamente i giudici di merito hanno provveduto a respingere. 
Le spese del presente giudizio seguono la prevalente soccombenza del ricorrente principale e dell'intimata D'### e si liquidano come da dispositivo, nulla dovendosi disporre quanto all'altro intimato che non ha svolto attività difensiva in questa sede. 
Poiché il ricorso principale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - ### di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.  PQM La Corte accoglie il primo motivo del ricorso incidentale e rigetta il ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dispone che le spese del giudizio di appello, previa compensazione di un quinto, siano poste per la residua quota, come liquidate dal giudice di appello, in solido a carico di D'### e ### Condanna, in solido tra loro, D'### e ### al rimborso delle spese del presente giudizio in favore di ### liquidandole nel complessivo importo di C 5.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 °A) sui compensi, ed accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall'art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso nella camera di consiglio del 20 novemb residente ### Oggi ir 7 GEN, 021 H ### vud4z,iiie ### B !###. 2018 n. 22074 sez. ### - ud. 20-11-2020 -22- 

Giudice/firmatari: Lombardo Luigi Giovanni, Criscuolo Mauro

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