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REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### civile, composta dai ###: Dott. ##### rel.est. ha pronunciato la seguente ### nella causa civile n. 368/2022 R.G. promossa con atto di citazione notificato in data ### e posta in decisione all'udienza collegiale del 28.5.2025 d a ####.C. - con sede ###### in via ### 51 e sede ###via ### n. 17 - codice fiscale ### - in persona del ### e legale rappresentante, assistita, rappresentata e difesa, anche in via disgiunta tra di loro, per procura alle liti in calce al presente atto ex art. 83, comma ### cod. proc. civ., dagli avvocati ### e ### -ed elettivamente R.Gen. N. 368/2022 OGGETTO: ### (deposito bancario, apertura di credito, cassetta di sicurezza) domiciliat ####### in via ### n. 20.e APPELLANTE c o n t r o ### S.R.L., società con socio unico, codice fiscale e partita IVA ### con sede in 24050 Ghisalba ###, via ### n.30 A, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa in giudizio, come da procura in atti espressamente conferita anche per il presente grado di giudizio, dall'### del ### di ### con studio in 25086 Rezzato ###, in via ### n.29, e presso quest'ultimo elettivamente domiciliat ###punto: appello a sentenza del Tribunale di Bergamo n.243/22 pubblicata in data #### l'appellante In parziale riforma della sentenza n. 243/2022, emessa dal Tribunale di Bergamo, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa e reietta, voglia la Corte d'Appello adita accogliere le seguenti conclusioni: In via principale: respingersi tutte le domande, ivi compreso l'appello incidentale, avanzate dalla società ### S.r.L. nei confronti della ### di ### dell'### e del ### s.c. per tutte le ragioni esposte nell'atto introduttivo di questo giudizio, siccome palesemente inammissibili oltre che nulle, prescritte (quanto meno per tutto il periodo antecedente il 2010) nonché infondate sia in fatto che in diritto.
In via istruttoria: attesa la integrale contestazione della relazione tecnica depositata dal C.T.U. Dr. ### per tutte le ragioni esposte in primo grado dal Consulente di ### nonché dalla difesa della ### di ### dell'### e del ### s.c. e dettagliatamente descritte e riformulate nell'atto di appello di questo giudizio, disporsi la riconvocazione del predetto C.T.U. o a suo giudizio assegni ad altro ### d'### e ciò affinché la Corte d'Appello ordini la rinnovazione del procedimento di consulenza tecnica d'ufficio.
Con vittoria di spese e competenze professionali di entrambi i gradi del giudizio.
Per l'appellata ### rejectis, spese del presente grado di giudizio rifuse, con IVA e CPA come per legge, ### la Corte di Appello di ###ma: ###: Dichiarare inammissibile l'appello ex adverso proposto ex art.342 cpc, in accoglimento di quanto eccepito al punto 1 (diviso in parti) della comparsa di costituzione e risposta; #### PRINCIPALE (####: in accoglimento delle medesime domande proposte in primo grado, come da ultimo precisate con note del 9.11.2021 (doc.1v), nonché tenuto conto dell'avvenuto condizionamento, in sede di comparsa conclusionale, della domanda di nullità totale del contratto di mutuo n.ri 99417 e 52639 del 23.4.2015, al previo rilievo d'ufficio, ex art.1422 cc, della suddetta per mancanza di causa, con riguardo alla concreta funzione economicoindividuale del finanziamento, ovvero, come meglio si preciserà in sede di atti difensivi finali, tenuto conto di uno scopo comune alle parti, quello della destinazione dell'intera somma di cui la prestito al ridimensionamento del saldo passivo di conto corrente, per rendere possibile modificare il limite dell'apertura di credito (senza che ve ne fosse effettiva necessità, tolte le rimesse prive di giustificazione), nonché, come già dedotto in sede di comparsa di risposta, del collegamento tra il mutuo e la modifica al fido, come attestato dal doc.C -006-richiesta rinnovazione fido ###S.r.l. pag. 3 del relativo pdf, ovvero “### di concessione di fido del 10 marzo 2015” prodotto da controparte in sede ###particolare dai termini, riferiti al contratto di mutuo per cui è causa, “destinato alla riduzione dell'apertura in c/c da 1.200.000,00 a 600.000,00”, da leggere, quale prova dell'accordo tra le parti ex art.1325 cc n.1, unitamente a ###2bis__d.c._ec._o._s.__da_11_98_a_12_05__I.pdf prodotto in sede costituzione da parte convenuta appellata (pag.11 del file pdf ): accertare e dichiarare, nel solo caso di esercizio del relativo potere di rilievo d'ufficio, la nullità del contratto di mutuo fondiario n.ri 99417 e 52639 del 23.4.2015, nonché della modifica del medesimo avvenuta nel 2016, in accoglimento di quanto dedotto nel punto 3a della parte in diritto della comparsa di costituzione e risposta, per conseguenza ricalcolando il saldo del conto corrente n. 2980/70 stornando tanto l'accredito della somma erogata, quanto l'addebito delle relative rate; #### SUBORDINATA: Preso atto dell'avvenuta chiusura del mutuo da parte della banca, già prima dell'introduzione del giudizio di primo grado con raccomandata erroneamente datata 6.4.2020, ma spedita il ### prodotta dall'appellante in detto giudizio come doc.1 , considerato anche l'esito dell'interrogazione del sito delle ### di cui al doc.1bis, entrambi contenuti nel doc.1a nel presente grado, oppure in virtù dell'esercizio del diritto di recesso avvenuto a opera della banca con lettera del 26.11.2020, e/o in considerazione della email pec dell'8.2.2022 di ### per le ragioni più diffusamente esposte in atti (cfr. il punto 2 della parte in diritto della comparsa di costituzione e risposta), previa detrazione, dal dovuto, come già richiesto in primo grado, se del caso, considerata anche la diffida ad adempiere dell'8.2.2022 (nei limiti del possibile, come più diffusamente dedotto in atti e in sede di compensazione impropria; paragrafi 3b e 4 della parte in diritto del medesimo atto difensivo), quanto spettante alla banca in virtù del mutuo n.ri 99417 e 52639 del 23.4.2015, qualora sia ritenuto valido, operata la decurtazione e/o compensazione impropria di cui ai già citati paragrafi del medesimo primo atto nel presente giudizio (fatta ogni debita considerazione circa l'applicabilità o meno dell'art.1458 cc, nella parte relativa ai contratti di durata, al mutuo e tenuto conto della retroattività o meno della diffida, con ogni conseguenza sulla necessità o meno di stornare l'erogazione della somma piuttosto che le rate già pagate) ai sensi e per gli effetti di cui all'art.2033 cc o altra norma applicabile (jura novit curia), condannare l'istituto di credito appellante alla corresponsione della differenza eventualmente risultante in favore di ### S.r.l., con interessi dal pagamento o dalla domanda di primo grado, a seconda della ritenuta mala fede o buona fede del percipiente come per legge e rivalutazione monetaria nei limiti di quanto ### consentito dall'art.1224 cc, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, da quantificarsi tenuto conto del dettato dell'art.1284 cc, ivi compreso, tra l'altro, il penultimo comma, fermo il diritto, oltre che all'accertamento del saldo, in accoglimento di ogni proposto appello incidentale, alla ripetizione delle sole rimesse solutorie non prescritte (che risultino tali dopo il ricalcolo del saldo), nel denegatissimo caso in cui il conto fosse ritenuto tuttora aperto; #### (EVENTUALMENTE, #### 1. in sede di ricalcolo del saldo, tenere conto anche degli estratti prodotti dall'appellante in forma più leggibile dall'apertura del contratto di conto corrente, stornando tutte le rimesse che, tolto ogni addebito che risulti privo di giustificazione in virtù della nullità parziale del contratto di conto corrente, risultino ripristinatorie oppure solutorie ma non prescritte (tenuto conto dell'interruzione della prescrizione, come già dedotto in primo grado e qui ribadito); 2. accertare e dichiarare, nel solo caso di previo rilievo d'ufficio, la nullità delle pattuizioni di cui al contratto n.2583 del 19.8.2020 relative alla commissione di disponibilità fondi e alla penale di sconfinamento, per violazione dell'art.2 bis del D.L. 185 del 2008, convertito in legge 2 del 2009 e per conseguenza stornare anche le rimesse relative, in sede di ricalcolo del saldo.
In via istruttoria: si chiede che sia disposto un supplemento di perizia di ufficio per tenere conto di: - l'eventuale rilievo della nullità d'ufficio del mutuo, con conseguente accoglimento dell'appello incidentale sul punto a ciò condizionato; - l'eventuale rilievo della nullità delle condizioni contrattuali relative a commissione di disponibilità fondi (che tale è, anche se impropriamente denominata ### e penale di sconfinamento, con conseguente accoglimento dell'appello incidentale sul punto a ciò condizionato; - necessità di tener conto della compensazione, anche impropria, tra il credito dell'appellata e rate di mutuo scadute e a scadere, se ritenuto valido, in modo diverso a seconda che il mutuo sia ritenuto nullo oppure valido ma risolto; - necessità di considerare anche le risultanze degli estratti conto prodotti dall'apertura del rapporto (1996) dalla convenuta, in forma ffmaggiormente leggibile, dato che a ciò mai ci si è opposti e neppure ora ci si oppone, prestando anzi il consenso ex art.198 cpc, come già avvenuto nel precedente grado, per il caso in cui fosse stata riaperta l'istruttoria. ### atto di citazione in data #### s.r.l. citava in giudizio, avanti il Tribunale di Bergamo, ### di ### dell'### e del ### ed esponeva di aver acceso nell'anno 1996 contratto di conto corrente bancario presso la ### di ### di ### ora fusa nella convenuta e, successivamente nell'anno 2015 (rep.99417, racc. 52639 ###, un contratto di mutuo fondiario. Deduceva che nel corso di tali rapporti erano state addebitate somme illegittime a titolo di commissioni di massimo scoperto e di commissioni sostitutive, mai pattuite e comunque prive di causa, che erano stati applicati interessi anatocistici e che le condizioni contrattuali erano rimaste indeterminate. Lamentava inoltre la nullità del mutuo perché stipulato solo al fine di ripianare altri debiti verso la banca, nonché con applicazione di tassi usurari e indeterminati a causa della pattuizione della clausola floor.
Chiedeva pertanto accertarsi la nullità delle clausole del conto corrente in essere e, quanto al rapporto di mutuo, chiedeva dichiararsene la nullità o comunque l'usurarietà delle pattuizioni relative agli interessi, nonché la condanna della controparte alla restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto a quelle legittimamente dovute.
Si costituiva in giudizio in data ### la ### di ### dell'### e del ### contestando integralmente le avverse pretese ed evidenziando la validità delle clausole relative alle c.m.s indicate nel rapporto di conto corrente e di capitalizzazione trimestrale degli interessi; rilevava la piena legittimità del mutuo sia con riferimento alla giustificazione della erogazione delle somme sia con riguardo agli interessi applicati; eccepiva in ogni caso l'inammissibilità della domanda attorea relativa al conto corrente in quanto priva d'interesse, perché il conto era ancora aperto, ed in ogni caso la prescrizione del diritto a ripetere ogni addebito avvenuto prima del decennio dall'introduzione del giudizio.
Chiedeva pertanto il rigetto delle avverse domande.
Esperita consulenza tecnica d'ufficio depositata in data ###, la causa era posta in decisione all'udienza in data ### con termini per il deposito di conclusionali e repliche. In quella sede, la società correntista rinunciava alle doglianze relative alla nullità del mutuo, sollecitando una pronuncia d'ufficio in tal senso.
Con sentenza del 28.1.2022 n. 243/2022 il Tribunale di Bergamo in composizione monocratica accertava e dichiarava l'illegittimità di parte degli addebiti in conto corrente e il conseguente saldo a credito della correntista pari a € 673.376,96 e la validità del contratto di mutuo, compensando le spese di giudizio e di consulenza per un quarto e ponendo la parte restante a carico della banca convenuta.
Il Tribunale riteneva segnatamente che: - risultava prodotto in atti (doc.2 bis parte attrice) il contratto di apertura di conto corrente n.2980/70 acceso in data ### presso la filiale di ### della banca convenuta. Erano stati altresì allegati al fascicolo di parte attrice gli estratti conto relativi al periodo decorrente dal primo trimestre 1996 al terzo trimestre 2020, di cui alcuni (31.3.1996-30.9.1998, 31.12.1998 1 31.12.1999) riscontrati non leggibili da parte del consulente, nonchè lettere di concessione di affidamento datate 4.2.1999, 30.6.2000, 27.2.2001, 9.7.2002, 20.2.2006, 8.1.2008 e una lettera-contratto di apertura di credito in data ###. Da tali documenti e sino a quello ultimo indicato non emergevano specificatamente determinati i tassi attivi e passivi applicati al rapporto né le modalità di relativa applicazione, ne conseguiva l' indeterminatezza dei tassi stessi con conseguente necessaria applicazione del tasso sostitutivo Bot per il relativo periodo (31.3.1996- 19.8.2010); le condizioni contrattuali relative ai tassi, presenti secondo la prospettazione della ### nel contratto con richiamo di quelle in vigore dal 7.11.1994 e dall'1.1.1995 asseritamente allegate al contratto di conto corrente non erano dimostrate, non risultando adeguata prova dell'allegazione del documento al contratto nè, tanto meno, esso risultava sottoscritto dalla parte attrice nella parte relativa all'indicazione dei tassi e nella veste di legale rappresentante della società; - d'altra parte, essendo stato il contratto stipulato in data ### avrebbero dovuto applicarsi le condizioni con decorrenza 1.1.1995, le quali tuttavia tacevano in merito al tasso di interesse attivo e passivo applicabile al rapporto; infine l'indicazione di ‘tassi passivi - su tutte le forme di raccolta dalla clientela T.U.S. -7,00% e tassi attivi su tutte le forme di impiego dalla clientela ### rate… ###…' risultava assolutamente generica sia in ordine al tipo di operazione per la quale il tasso è applicato sia in merito alla forbice in concreto utilizzata; - analogamente fino alla data del 19.8.2010 non risultava alcuna pattuizione adeguata in merito alla commissione di massimo scoperto o ad essa sostitutiva: segnatamente, quella contenuta nella comunicazione in data ### non riportava le modalità di calcolo ed applicazione dell'onere; - non risultava alcuna nuova pattuizione in merito all'applicazione di interessi anatocistici; determinando tale applicazione un peggioramento delle condizioni del cliente essa doveva essere pattuita ai sensi dell'articolo 7 della delibera ### del 2 febbraio 2000; pertanto detti addebiti dovevano essere espunti, perché non era intervenuta alcuna nuova pattuizione successiva alla delibera; - in punto all'eccezione di prescrizione, fermo che la mancata contestazione degli estratti conto non precludeva l'esame delle doglianze attoree, e ferma la sussistenza di aperture di credito, non si rilevavano rimesse solutorie prescritte; - non ostava all'ammissibilità della domanda di accertamento il fatto che il conto fosse ancora aperto, in quanto l'interesse della correntista sussisteva, sul piano pratico, al fine della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime, del ripristino, da parte della correntista, di una maggiore estensione dell'affidamento concessole, siccome eroso da addebiti contra legem, nonché per l'escussione di un saldo maggiore alla chiusura del conto; - la domanda di ripetizione era, invece, inammissibile in quanto l'attrice non aveva provato di aver chiuso il conto prima dell'instaurazione del giudizio: non aveva prodotto la cartolina di ricevimento della raccomandata in data ### spedita alla banca convenuta, né poteva ritenersi all'uopo idonea la produzione dell'esito dell'interrogazione del sito internet delle ### atteso che, da un lato, esso indicava data di spedizione (4 aprile) antecedente a quella riportata sulla lettera (6 aprile) e, da altro lato, dal predetto esito non risultava il soggetto che aveva in concreto ritirato il plico e dunque la qualifica di incaricato alla relativa ricezione. Infine, un'eventuale presunzione di consegna non poteva essere affermata neppure alla luce della movimentazione del conto da parte della cliente: risultava infatti che in data #### aveva effettuato un giroconto per € 100 su tale rapporto e che in data ### era stato depositato sul medesimo conto l'importo di un assegno di € 14.500 alla stessa intestato; - il mutuo era valido, poiché ### non aveva provato che la somma mutuata non era stata messa a sua disposizione dalla banca ma che era stata immediatamente destinata al ripianamento dei debiti sussistenti nei confronti della banca; non era peraltro chiaro il saldo a debito nel rapporto di mutuo e con quali modalità nel tempo esso si era determinato in senso riduttivo rispetto alla cifra inizialmente indicata come mutuata; la somma precettata risultava peraltro contestata in atti, e una consulenza tecnica in tal senso sarebbe stata esplorativa; le domande in punto di usurarietà del mutuo non erano state riportate in sede di precisazione delle conclusioni.
Avverso la sentenza proponeva appello la ### chiedendo la riforma della sentenza ed il rigetto delle domande proposte da ### srl.
Si costituiva ### srl e contestava la fondatezza dell'appello chiedendone il rigetto; inoltre, proponeva appello incidentale relativamente alla mancata prova della chiusura del conto e alla mancata compensazione, sollecitando inoltre una pronuncia d'ufficio relativamente alla validità del mutuo.
Senza ulteriore istruttoria, all'udienza del 28.5.1025 le parti precisavano le conclusioni e la Corte tratteneva la causa in decisione assegnando i termini ex art. 190 c.p.c. MOTIVI DELLA DECISIONE ### spa ha eccepito l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art.342 cpc. ### è infondata dal momento che l'atto introduttivo del presente grado contiene l'esposizione di tutti gli elementi richiesti dalla citata norma nel testo vigente ratione temporis, essendo possibile individuare sia le opposte censure mosse alla sentenza appellata, tanto in punto di ricostruzione dei fatti, quanto in punto di diritto, sia gli argomenti che l'appellante intende contrapporre a quelli adottati dal giudice di primo grado a sostegno della decisione. Va ricordato che in questo senso si è già pronunciata la Cassazione a sezioni ### (27199/2017) che ha chiarito che <<Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata>>. ### va, quindi, disattesa.
Procedendo, quindi, all'esame dei motivi di appello proposti dalla ### con il primo motivo essa lamenta che il Tribunale non abbia tenuto conto del comportamento processuale di ### nel corso del processo di primo grado, che sarebbe stato sanzionabile ai sensi dell'art.116 cpc, così violando l'art 112 cpc.
Segnatamente, la società avrebbe dato corso a plurime produzioni documentali irrituali e pertanto inammissibili, oltre la scadenza dei termini di cui al codice di rito; inoltre, avrebbe omesso di produrre gli estratti conto sin dall'apertura del conto (avvenuta nel 1996) fino al 31.10.1998, pur avendoli a disposizione come risulterebbe dall'elaborato peritale di parte oltre che dalla loro mancata richiesta in sede di mediazione, dall'esame dei quali avrebbe potuto evincersi che le condizioni di cui alla delibera ### del 2000 erano già state applicate dalla ### prima della sua stessa entrata in vigore, con la conseguenza che l'introduzione della circolare del 9.2.2000 non avrebbe comportato aggravamento delle condizioni in precedenza applicate.
In secondo luogo, la domanda di mediazione prodotta dalla società appellata non sarebbe stata quella originale, nella quale, tra gli allegati, risultavano gli scalari da giugno 1996 in poi, ma sarebbe stata alterata.
Infine, la società appellante avrebbe irritualmente depositato una pec datata 13.11.2021 con allegata una perizia del dott. ### del 2018 non avente data certa.
Tutto ciò configurerebbe un vero e proprio abuso del processo.
Il motivo è infondato.
La nuova documentazione prodotta dalla difesa di ### alla udienza di precisazione delle conclusioni nel presente grado (doc.ti 10, 10 bis e 11) è ammissibile in quanto di formazione successiva alla proposizione dell'appello: essa risulta, tuttavia, irrilevante ai fini del decidere, in quanto la vicenda in sede penale e disciplinare, pur avendo avuto origine dal presente procedimento, è del tutto estranea alle questioni agitate nel presente giudizio e non può, dunque, essere valorizzata ai sensi dell'art. 116 cpc.
Parimenti irrilevante è la questione relativa alla differenza tra i due moduli di domanda di mediazione prodotti dalla correntista posto che l'appellante non contesta la regolarità del procedimento di mediazione e la procedibilità della domanda, ma solo una pretesa condotta processuale scorretta derivante dal fatto che in uno di essi risulterebbero indicati, tra gli allegati, anche gli estratti conto dal 1996 al 1998 in poi, non prodotti in giudizio, e ciò avrebbe impedito alla banca di potere dimostrare l'applicazione della pari periodicità della capitalizzazione anche ante 2000. ## disparte la considerazione che la produzione incompleta da parte del correntista non impediva alla banca di produrre gli estratti conto e la documentazione mancante, di cui essa aveva certamente la disponibilità, ove ritenuta essenziale al fine di provare la periodicità della capitalizzazione applicata ante 2000, come peraltro l'istituto di credito ha fatto, rileva il Collegio che la loro produzione da cui si evincerebbe la applicazione di fatto della periodicità della capitalizzazione, contrariamente a quanto ritiene l'appellante, non sarebbe comunque valsa ad escludere la nullità della capitalizzazione ante delibera ### 2000, derivante dalla violazione dell'art. 1283 cc, e la conseguente necessità di una specifica pattuizione per la sussistenza di un peggioramento delle precedenti condizioni per i motivi che più diffusamente si esporranno in occasione dell'esame del quarto motivo di appello.
Quanto al fatto che la perizia di parte del dott. ### risulterebbe indicata quale allegato solo in uno dei due moduli di domanda di mediazione in atti e che quindi non ne sarebbe provata la data, appare sufficiente evidenziare che la perizia di parte è qualificabile come mero atto difensivo e non rientra, pertanto, nel novero dei nuovi mezzi di prova e non soggiace quindi al divieto dei “nova” previsto dall'art. 345 cpc, ma può essere prodotta in ogni momento, anche per la prima volta in appello (cfr. 28.06.2024 n. 17851), a nulla quindi rilevando a quando essa risalga e se fosse stata o meno già allegata alla domanda di mediazione originale.
Nessun abuso del processo è, pertanto, configurabile, con conseguente rigetto del primo motivo di gravame.
Con il secondo motivo l'appellante censura la decisione del primo giudicante nella parte in cui essa stabilisce che dai documenti prodotti non risultavano determinati i tassi attivi e passivi applicati al rapporto né le loro modalità di applicazione, che non vi era adeguata prova che le condizioni richiamate dal contratto prodotto e ad esso allegate fossero quelle in vigore dal 7.11.1994 e dall'1.1.1995, né risultava che il documento contenente tali condizioni fosse stato sottoscritto da parte attrice relativamente all'indicazione dei tassi né da un soggetto legale rappresentante della società; inoltre, essendo stato il contratto stipulato in data ### avrebbero dovuto trovare applicazione le condizioni con decorrenza in data ###, le quali non dicevano nulla in merito all'interesse attivo e passivo derivante dal rapporto; la formula con riferimento a prime rate e top rate era assolutamente generica e non forniva indicazioni rispetto alla formula utilizzata in concreto per la determinazione del tasso. ### la banca appellante, invece, le condizioni economiche allegate alla convenzione di conto corrente del 16 aprile 1996 farebbero esplicito riferimento al ### di ### (###, ossia il tasso con cui ### d'### concedeva prestiti agli ### di ### poi sostituito con il TUR (tasso ufficiale di riferimento) nel 2003, disponendo che la determinazione si realizzi attraverso una maggiorazione o riduzione di tale tasso. Il tasso, dunque, sarebbe determinato o comunque determinabile per relationem, ma il Tribunale non ne avrebbe tenuto conto, in violazione dell'art. 112 cpc.
Il capo della sentenza impugnata sarebbe viziato anche per inesistenza della motivazione. Segnatamente sarebbe errata la parte della pronuncia in cui il giudice non avrebbe considerato provate le condizioni relative ai tassi, in quanto il documento originale relativo alle condizioni contrattuali, unico foglio fronte-retro, sarebbe stato sottoscritto dal sig. ### quale legale rappresentante di ### srl nella stessa data (16 aprile 1996) della sottoscrizione della convenzione di c/c; inoltre, in tale documento sarebbero riportate tre date a cui farebbero riferimento tre blocchi di condizioni (interessi attivi e passivi, commissioni di tenuta conto e valute, spese per operazione): dunque i tassi sarebbero stati correttamente determinati per relationem come ritenuto ammissibile dalla Suprema Corte.
Il motivo è infondato.
Nessuna omessa motivazione è, innanzitutto, configurabile avendo il giudice espressamente dato atto del perché ha ritenuto di non tenere conto della determinazione del tasso per relationem, affermando, con riferimento alla tesi difensiva della ### secondo cui le condizioni contrattuali relative ai tassi sarebbero state presenti nel contratto con richiamo a quelle in vigore dal 7.11.1994 e dall'1.1.1995 allegate al contratto di conto corrente, che di tale allegazione inscindibile al contratto non vi fosse adeguata prova in atti e che essendo stato il contratto stipulato in data ### avrebbero dovuto trovare applicazione le condizioni con decorrenza 1.1.1995 le quali tuttavia nulla dicevano in merito al tasso di interesse attivo e passivo applicabile al rapporto. ### del tribunale risulta, peraltro, condivisibile.
Ai sensi dell'art. 117, comma 4, ### i contratti devono indicare il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati ed in caso di inosservanza di tale disposizione si applica il tasso previsto al comma 7 del medesimo articolo.
Il contratto di conto corrente n. 2980/70 del 16.04.1996 (cfr. doc. 3) prevedeva che esso sarebbe stato regolato “dalle condizioni economiche riportate nell'allegato prospetto, che forma parte integrante e sostanziale della lettera di cui sopra”.
Sin dall'atto di citazione in giudizio ### che lo ha prodotto unitamente alla perizia di parte versata in atti, ha contestato che il doc. 3 bis ottenuto dalla banca a seguito dell'istanza ex art 119 TUB, costituisse il prospetto richiamato nel contratto di conto corrente o fosse comunque mai stato ad esso allegato, spettando quindi alla banca provare il contrario.
Ritiene il Collegio, come già affermato dal Tribunale, che tale prova non sia stata fornita.
Manca, infatti, nel contratto di conto corrente, qualsiasi indicazione che permetta di individuare quali sarebbero state le condizioni economiche applicabili e quale sarebbe stato il prospetto allegato, né vi è alcun riferimento alle condizioni economiche in quel momento vigenti o ai “### e condizioni in vigore dal 7/11/1994” e “dal 01/01/95”, né infine vi è il richiamo al doc. 3 bis riportante questi ultimi tassi.
Parimenti, in quest'ultimo documento non vi è alcun riferimento alla società correntista e/o al c/c n. 2980 del quale esso, in tesi, avrebbe dovuto costituire il prospetto allegato. Non vi sono, inoltre, altri indizi che possano anche solo fare presumere che il suddetto documento coincidesse con l'”allegato prospetto” al contratto di conto corrente, come ad esempio la data corrispondente a quella di stipula del contratto di conto corrente (16.4.1996) o la numerazione progressiva delle pagine, non essendo datato nè numerato.
Irrilevante è, infine, la circostanza, più volte richiamata dalla banca, che tale documento risulti sottoscritto, trattandosi di documento che è stato prodotto in giudizio in primis dalla stessa correntista che sin dall'inizio ha contestato trattarsi del documento richiamato dal contratto e la sua estraneità alla vicenda contrattuale e tenuto conto che la previsione dell'art. 214 cpc opera solo nel caso in cui il documento sottoscritto sia stato prodotto dalla controparte (cfr. in questo senso Cass. 1.12.2016 24539; Cass. 19.09.2022 n. 27362).
Quanto, infine, al fatto che le condizioni contrattuali sarebbero state contenute negli estratti conto comunicati alla correntista è priva di rilievo non potendo tale comunicazione unilaterale sostituire la previsione contrattuale prevista a pena di nullità, e ciò rende irrilevante anche la mancanza di contestazione degli estratti conto da parte della correntista.
Non vi è, dunque, prova, come già ritenuto dal primo giudice, che tale documento fosse allegato al contratto di c/c n. 2980 e ciò appare sufficiente a giustificare il rigetto della doglianza.
Con il terzo motivo l'appellante si duole dell'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ritiene insussistente, fino alla data del 19.08.2010, una pattuizione adeguata delle commissioni di massimo scoperto, poiché la comunicazione resa in data ### non riportava le modalità di applicazione e calcolo di tale onere e non recava la sottoscrizione della società correntista.
I parametri di riferimento al contrario sarebbero stati pattuiti nella predetta comunicazione: la commissione sarebbe stata determinata nel minimo (0,125%) e nel massimo (0,500%), così come sarebbero stati determinati i giorni valuta; gli interessi creditori sarebbero stati capitalizzati annualmente e quelli debitori trimestralmente.
Il motivo è infondato.
Dirimente appare la considerazione che nessun riferimento alla cms è contenuto nel contratto di conto corrente n. 2890/70 (ed invero neppure nel doc. 3 bis richiamato, infondatamente, dalla ### quale parte integrante di esso) con la conseguenza che la successiva comunicazione del 8.1.2008, non sottoscritta dalla correntista, anche ove ritenuta determinata, non potrebbe sanare la mancata previsione originaria in contratto. Non può, infatti, utilmente richiamarsi la clausola n. 16 del contratto di conto corrente che prevedeva la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali tramite comunicazione semplice con lettera al correntista in quanto la successiva comunicazione delle condizioni contrattuali non può sanare e colmare la carenza originaria di qualsiasi previsione in ordine alla cms.
La facoltà di variare il tasso di interesse, commissioni e spese spetta, infatti, all'istituto di credito solo allorchè esse siano state validamente pattuite all'atto del sorgere del rapporto ovvero, in seguito, tramite accordo sottoscritto da entrambe le parti, accordo nella specie carente sin dall'origine con riguardo alla cms.
Il motivo va, quindi, respinto.
Con il quarto motivo l'appellante si duole dell'erroneità della pronuncia relativa all'anatocismo, segnatamente nella parte in cui il primo giudicante non lo ritiene pattuito, neppure a seguito della delibera ### del febbraio 2000.
Sostiene l'appellante che la ### avrebbe, al contrario, applicato la medesima periodicità di capitalizzazione degli interessi attivi e passivi già prima dell'entrata in vigore della delibera ### del 2000, come risulterebbe dagli scalari di giugno 1996, marzo 1997 e giugno 1997. Pertanto non sarebbe stato necessario, dopo la delibera del ### del 9.2.2000, un ulteriore consenso espresso del cliente, in quanto le condizioni applicate post-2000 non comportavano alcun peggioramento rispetto alle precedenti, fermo l'adempimento dell'onere di pubblicazione in ### e di comunicazione per iscritto alla clientela, regolarmente eseguito dalla ### Il motivo è destituito di fondamento. ### ha allegato che dopo l'entrata in vigore della ### 9 febbraio 2000, ha provveduto ad adeguare la capitalizzazione degli interessi effettuando la pubblicazione delle nuove condizioni (capitalizzazione trimestrale sia per gli interessi passivi che per quelli attivi) nella ### e inviando alla società correntista la comunicazione delle modifiche nell'estratto conto, e di non avere, invece, stipulato un'apposita convenzione scritta, al pari di quella richiesta per la stipulazione dei contratti soggetti alla nuova disciplina, non sussistendo alcun peggioramento rispetto alle condizioni precedenti, stante l'applicazione di fatto della capitalizzazione trimestrale anche per gli interessi attivi.
La tesi non può essere accolta.
E', infatti, noto e consolidato il principio espresso dalla celebre sentenza della Corte di Cassazione del 16.3.1999 n. 2374 (e le successive n. 3096 e n. 3845) e successivamente ribadito dalle ### della Suprema Corte con sentenza n. 21095/2004 (nello stesso senso successivamente: Cass. SS.UU. n. 24418/2010; Cass. 17.08.2016 n. 17150; Cass. 14.3.2018 n. 6251) che ritiene illegittima la prassi dell'anatocismo bancario in quanto rispondente ad un mero uso negoziale e non normativo, vietato ai sensi dell'art. 1283 c.c., con conseguente nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi per il contrasto con il divieto di anatocismo sancito dall'art. 1283 c.c., e necessità di ricalcolare gli interessi a debito del correntista senza operare capitalizzazione alcuna; la SC ha successivamente affermato che l'art. 1283 cc osta anche ad una eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale e non può essere ipotizzato come esistente un uso, anche non normativo, di capitalizzazione con quella cadenza o comunque con applicazione di una capitalizzazione con periodicità più estesa di quella trimestrale (cfr. SS.UU n. 24418/2010. Cfr. in senso conforme Cass. 3.9.2013 n. 20172 e Cass. 6.5.2015 n. 9127).
Stante la illegittimità della previsione della capitalizzazione degli interessi per violazione del divieto di anatocismo previsto dall'art. 1283 cc a nulla rileva, pertanto, che la ### nonostante l'espressa previsione di cui all'art. 7 del contratto di conto corrente n. 2980/70, di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e annuale per gli interessi attivi, abbia applicato di fatto la medesima periodicità anche per gli interessi attivi, ciò non valendo a sanare la nullità della clausola anatocistica.
Tutte le questione sollevate dall'appellante in ordine alla allegazione degli estratti conto dal 1996 al 1998 alla domanda di mediazione e alla loro mancata produzione in giudizio da parte della società correntista, nonché alla illeggibilità degli scalari 1996/1998 prodotti dalla banca, come già anticipato in occasione dell'esame del primo motivo di gravame, rimangono dunque assorbite.
E' noto altresì che successivamente alla pronuncia di incostituzionalità dell'art. 25, comma 3, D.Lgs. n. 342 del 1999, <<le clausole anatocistiche inserite in contratti di conto corrente conclusi prima dell'entrata in vigore della delibera ### 9 febbraio 2000 sono radicalmente nulle, con conseguente impraticabilità del giudizio di comparazione previsto dal comma 2 dell'art. 7 della delibera del ### teso a verificare se le nuove pattuizioni abbiano o meno comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, sicché in tali contratti perché sia introdotta validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa pattuizione formulata nel rispetto dell'art. 2 della predetta delibera>> (Cass., n. 9140/2020; Cass., n. 29420- 2020)” (cfr Cass. 2.4.2024 n. 8639. Cfr anche Cass. 21 ottobre 2019, 26769, non massimata; Cass. 21 ottobre 2019, n. 26779, non massimata).
Sull'interpretazione dell'art. 7, secondo comma, delibera ### 9 febbraio 2000, era, peraltro, sorto recentemente un contrasto all'interno della ### della Cassazione (cfr. ord 5054 e 5064 del 2024 e ord. interlocutoria n.13167 del 14 maggio 2024), che è stato risolto dalla recentissima pronuncia della SC n. 28215 del 4.11.2024, la quale ha affermato come non vi siano ragioni per discostarsi dal consolidato precedente orientamento espresso dalla sentenza della SC n. 9140 del 2020 sopra riportato (e dalle successive ordinanze conformi) che ha <<escluso la possibilità per le banche di procedere all'adeguamento contrattuale mediante la pubblicazione nella ### e la comunicazione al correntista non già in ragione di una valutazione comparativa espressiva del carattere peggiorativo delle nuove condizioni rispetto a quelle precedenti, esito della nullità di queste ultima e, dunque, dell'assenza di una valida ed efficace pattuizione anatocistica, quanto in virtù della impraticabilità di una siffatta comparazione discendente proprio dalla mancanza di uno dei termini di raffronto a causa della nullità della relativa previsione negoziale>>.
Alla luce del principio sopra esposto, gli adempimenti posti in essere dalla ### appellante (pubblicazione in GU e invio di comunicazione) non sono sufficienti per il periodo successivo al 2000, ad assicurare la legittimità degli addebiti a titolo di capitalizzazione degli interessi, a tal fine occorrendo un'apposita convenzione scritta, al pari di quella richiesta per la stipulazione dei contratti soggetti alla nuova disciplina, che le parti nella specie non hanno stipulato.
Ne discende la illegittimità degli addebiti a titolo di capitalizzazione degli interessi a debito applicati dalla ### anche per il periodo successivo al 30 giugno 2000.
Giustamente quindi il Tribunale, in ossequio agli orientamenti giurisprudenziali sopra riportati, ha epurato il conto corrente n. 2980/70 da ogni capitalizzazione per tutta la durata del rapporto.
Con il quinto motivo l'appellante si duole dell'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui essa ha ritenuto che i pagamenti fossero tutti ripristinatori e non solutori e che, pertanto, l'eccezione di prescrizione fosse infondata.
Al contrario, secondo la banca appellante, poichè l'atto di citazione era stato notificato in data ###, tutti gli addebiti eventualmente illegittimi effettuati in epoca anteriore al 4.6.2010 dovrebbero ritenersi inattaccabili per intervenuta prescrizione in quanto le rimesse annotate in epoca anteriore sarebbero state effettuate su conto scoperto e dovrebbero ritenersi solutorie; i documenti 4 e 4bis prodotti dalla ### infatti, non costituivano aperture di credito ma mere comunicazioni, per ammissione della cliente stessa, con eccezione dell'apertura di credito in data ### che corrispondeva a un negozio con tutti gli elementi necessari, inclusa la sottoscrizione.
Ne discende la inattendibilità della consulenza tecnica che non ha rilevato rimesse solutorie (oltre ad avere ritenuto illeggibili solo gli estratti conto del 1996, 1997 e 1998 prodotti dalla banca) e la necessità di riconvocare il ctu al fine di effettuare nuovi conteggi che tengano conto della prescrizione.
Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha fatto corretta applicazione dell'orientamento ormai consolidato della Suprema Corte secondo cui il correntista che agisca per la ripetizione delle somme a suo dire indebitamente corrisposte dalla banca e alla quale quest'ultima abbia eccepito la prescrizione del diritto alla ripetizione dell'indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, grava l'onere di dimostrare il carattere meramente ripristinatorio e non solutorio delle rimesse effettuate sul conto corrente e, ancor prima, l'onere di provare l'esistenza di un contratto di apertura di credito, che consenta di qualificare tutti o alcuni versamenti come meramente ripristinatori della disponibilità accordata (cfr. sul punto, tra le tante: Cass. ord n. 8035 del 26.3.2025; Cass. sent. sez. I n. 2660 del 30.01.2019; Cass. n. 27704 del 30.10.2018). A tal fine, peraltro, la SC ha ritenuto che il giudice possa valorizzare la prova della stipula di un contratto di apertura di credito ritualmente acquisita anche in difetto di specifica allegazione del correntista, in quanto la deduzione circa l'esistenza di un impedimento al decorso della prescrizione determinato dalla esistenza di un'apertura di credito costituisce una eccezione in senso lato e non in senso stretto ( Cass. 8053/25 cit; Cass. ord. n. 3127 del 6.12.2019).
Ciò posto, l'orientamento di legittimità più recente, da cui non vi è ragione di discostarsi, ha affermato che ai fini della prova della natura ripristinatoria delle rimesse non può ritenersi insussistente una apertura di credito per il solo fatto che il correntista non abbia fornito la prova della stipulazione del contratto in forma scritta, in quanto la rilevazione del vizio di nullità per difetto del requisito di cui all'art. 117, comma primo, del d.lgs. n. 385 del 1993, non corrisponde all'interesse della correntista al quale resterebbe in tal modo precluso l'accoglimento della domanda di ripetizione imponendo di attribuire natura solutoria a tutti i versamenti effettuati sul conto corrente nel corso del rapporto.
Non essendo dunque rilevabile d'ufficio la nullità, deve ritenersi che non sia preclusa alla società correntista la possibilità di fornire la prova della concessione dell'affidamento attraverso mezzi diversi dalla produzione del documento contrattuale con ogni mezzo, quali gli estratti conto o i riassunti scalari, attestanti il reiterato adempimento da parte della ### di ordini di pagamento impartiti dalla correntista, anche in assenza di provvista, le risultanze del libro fidi attestanti l'esistenza di una delibera di concessione di un finanziamento, la segnalazione alla ### dei ### della ### d'### la stabilità dell'esposizione, l'entità del saldo debitore, la previsione di una commissione di massimo scoperto, le voci quali “spese gestione fido” e “revisione fido”, nella misura in cui essi, anche in compresenza, possano essere considerati idonei a dimostrare, in via di presunzione, l'esistenza di un accordo tra le parti per l'utilizzazione da parte della correntista d'importi eccedenti la disponibilità esistente sul conto ed i limiti di tale utilizzazione (cfr. in tal senso Cass. 24.01.2024 4621; Cass. ord. 8035/25) .
Nella specie tale prova, come giustamente ritenuto dal Tribunale, emerge dalle comunicazioni inviate dalla ### alla società correntista e prodotte sub all. 4bis, in cui si dà atto della richiesta di affidamento da parte di ### srl rivolta alla banca e in cui quest'ultima comunica che il competente ### ha concesso la linea di credito a valere sul c/c n. 2980, indicandone l'importo (euro 1.600.000,00 con comunicazione del 30.06.2000, reiterata con comunicazione del 27.02.2001; euro 826.000 per il fido di conto corrente generico ed euro 500.000,00 per MT fondiari con comunicazione del 9.7.2002; euro 1.200.000,00 fino a revoca con comunicazione in data ###). Da tali comunicazioni si ricava, inequivocabilmente, che il conto era affidato nonché i limiti dell'affidamento concesso.
Nessuna critica specifica è stata mossa ai conteggi del ctu che, sulla base del corretto presupposto che il conto corrente era affidato, non ha rilevato rimesse solutorie ma solo ripristinatorie. Non può quindi essere accolta la richiesta di richiamo del ctu per procedere al riconteggio del saldo ritenendo il conto corrente non affidato.
Il motivo va quindi respinto.
Con il sesto motivo l'istituto di credito appellante si duole della decisione di primo grado di considerare ammissibile la domanda di accertamento della nullità delle clausole, nonostante il conto corrente risultasse ancora aperto. ### proposta da ### srl sarebbe stata infatti sostanzialmente un'azione di condanna finalizzata al pagamento o alla restituzione di somme corrisposte indebitamente: l'azione di ripetizione dell'indebito, infatti, anche quando consequenziale a una previa azione di accertamento della nullità parziale del contratto, sarebbe comunque soggetta all'onere di allegazione e prova delle somme indebitamente versate; nel caso di specie l'unico pagamento rilevante sarebbe il versamento del saldo finale, a seguito della chiusura del conto. Dunque il correntista potrebbe sempre agire anche a conto aperto per l'accertamento della nullità parziale del contratto, ma qualora voglia agire per la ripetizione delle rimesse solutorie dovrebbe individuare i singoli versamenti aventi funzione solutoria. Nel caso di specie, la correntista non aveva, invece, individuato i singoli versamenti di cui ha domandato la restituzione.
Pertanto, l'inammissibilità della domanda di ripetizione travolgerebbe anche la domanda di accertamento negativo, essendo la seconda strumentale alla prima. ### di accertamento di un credito irripetibile sarebbe inoltre inammissibile per carenza di interesse ai sensi dell'art.100 cpc in quanto si tratterebbe di azione volta ad ottenere l'accertamento di un fatto e non di un diritto.
Non sarebbe comunque provata, secondo l'appellante, la chiusura del conto in quanto ### srl non aveva provato la ricezione della raccomandata di recesso del 6.4.2020 non avendo mai prodotto la cartolina di ritorno; inoltre, pur essendo la lettera datata 6 aprile 2020, il tagliando delle poste riportava come data di spedizione quella di due giorni prima (4 aprile 2020); l'esito di spedizione recava ### quale indirizzo di consegna, quando la lettera doveva invece essere consegnata a ### la stessa società aveva versato sul conto un assegno per € 14.500,00 in data ### e aveva continuato a utilizzare la procedura di home banking, infine non poteva ravvisarsi abuso nella condotta della banca che aveva continuato ad addebitare sul conto corrente le rate del mutuo perché così era previsto in contratto.
Quest'ultimo motivo va esaminato unitamente al primo motivo di appello incidentale proposto dalla società ### s.r.l., con cui la società appellata si duole dell'erronea statuizione del primo giudice in merito alla mancata chiusura del conto corrente, con conseguente inammissibilità della domanda di ripetizione, poiché la cartolina di ricevimento della raccomandata spedita in data ### non era stata prodotta, né poteva rilevare l'interrogazione al sito di ### che indicava una data di spedizione antecedente a quella riportata sulla lettera e non dava riscontro dell'avvenuta ricezione del plico, ferma la sussistenza di accrediti e addebiti sul conto anche in data successiva.
Sostiene, infatti, la società che, ai sensi dell'art.7 ultimo paragrafo del contratto di conto corrente, era prevista la possibilità per il correntista di recedere dal contratto di conto corrente e dalla convenzione d'assegno, facendo addebitare le rate su altro conto, tramite semplice raccomandata, e non necessariamente raccomandata con ricevuta di ritorno.
Ai sensi della corrente giurisprudenza, inoltre, la schermata del sito di ### avrebbe valore probatorio relativamente all'avvenuto invio della missiva, da cui conseguirebbe la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art 1335 cc, conoscenza mai smentita dall'### Quanto all'indicazione sulla missiva del luogo di “Martinengo” quale indirizzo di ricezione sarebbe dovuta solo al fatto che a ### ove si trova la sede ###vi sarebbe più un ufficio postale, dunque, l'invio sarebbe stato comunque evaso presso l'ufficio postale di #### srl aveva inoltre inviato una raccomandata di recesso ulteriore in data ### prodotta in allegato alla memoria di cui all'art.183 c.VI n.1, doc.32 in primo grado, anticipata da pec, per cui il conto sarebbe stato comunque da ritenersi chiuso a quella data e l'addebito delle rate sul conto corrente dopo tale data sarebbe stato comunque indebito e abusivo. Infine la ### stessa aveva prodotto una raccomandata datata 26.11.2020 in cui essa stessa recedeva dai contratti di conto corrente e d'assegno, oltre che dal mutuo (doc. 14 BCC).
Il conto doveva quindi considerarsi chiuso almeno alla data del 20.10.2020, con conseguente ammissibilità della domanda di ripetizione del saldo allora pari a € 943.932,45, o al più tardi alla data del 27.11.2020, con saldo calcolabile solo una volta acquisiti gli estratti conto mancanti: tale acquisizione sarebbe possibile in quanto sarebbe già stata esperita la richiesta di cui all'art.119 TUB.
Il motivo di appello incidentale è fondato nei limiti che si espongono, mentre è infondato il quinto motivo di appello principale.
Ai sensi dell'art. 1422 cc <<l'azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione dell'azione di ripetizione>>. E' pertanto soggetta a prescrizione l'azione di ripetizione dell'indebito (art.2033 cc), mentre quella di accertamento della nullità, totale o parziale, del contratto, o di singole clausole di esso, è da ritenersi imprescrittibile.
Con ordinanza n. 21646 del 5.9.2018, la Suprema Corte, investita del ricorso avverso la pronuncia con cui il giudice del merito aveva affermato che il rigetto della domanda relativa all'indebito - ritenuta inammissibile a rapporto di conto corrente aperto - avrebbe travolto anche le domande presupposte aventi ad oggetto la richiesta di accertamento della nullità di clausole contrattuali e la rideterminazione del saldo, in quanto strumentali all'accoglimento della domanda di condanna, non potendo l'esame di tali domande ed il connesso interesse ad esse prescindere dalla richiesta restitutoria, ha affermato che “Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte distrettuale … il correntista, in una situazione quale quella in esame, contrassegnata dall'assenza di rimesse solutorie da lui eseguite, ha comunque un interesse di sicura consistenza a che si accerti, prima della chiusura del conto, la nullità o validità delle clausole anatocistiche, l'esistenza o meno di addebiti illegittimi operati in proprio danno e, da ultimo, l'entità del saldo ### ricalcolato, depurato delle appostazioni che non potevano aver luogo. Tale interesse rileva, sul piano pratico, almeno in tre direzioni: quella della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime; quella del ripristino, da parte del correntista, di una maggiore estensione dell'affidamento a lui concesso, siccome eroso da addebiti contra legem; quella della riduzione dell'importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere a seguito della cessazione del rapporto (allorquando, cioè, dovranno regolarsi tra le parti le contrapposte partite di debito e credito). Sotto questi tre profili la domanda di accertamento di cui si dibatte prospetta, dunque, per il soggetto che la propone, un sicuro interesse, in quanto è volta al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile, che non può attingersi senza la pronuncia del giudice. Come lucidamente osservato dalle ### di questa Corte, il correntista, sin dal momento dell'annotazione in conto di una posta, avvedutosi dell'illegittimità dell'addebito in conto, ben può agire in giudizio per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo favore delle risultanze del conto stesso: e potrà farlo, se al conto accede un'apertura di credito bancario, proprio allo scopo di recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido concessogli”(Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418, in motivazione; nel medesimo senso, sempre in motivazione, Cass. 15 gennaio 2013, n. 798. In senso conforme, di recente, si è espressa Cass. 16602/2024, in motivazione).
Correttamente, quindi, il primo giudice ha statuito sul merito delle domande di accertamento proposte, giacché l'acclarata l'insussistenza di rimesse solutorie non escludeva un interesse della correntista rispetto alle pronunce invocate.
Ritiene, peraltro, il Collegio, qui discostandosi dalla sentenza impugnata, che il conto corrente 2980/70 fosse in realtà da ritenersi già chiuso prima della introduzione del giudizio o comunque nel corso dello stesso.
Non si condivide, infatti, la conclusione del Tribunale secondo cui la società correntista non avrebbe fornito la prova di essere receduta dal rapporto di conto corrente con la lettera raccomandata datata 4 aprile 2020 non avendo prodotto la cartolina ricevimento della raccomandata.
La Suprema Corte, con principio ormai consolidato, ritiene che <<la produzione in giudizio di un telegramma, o di una lettera raccomandata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art. 1335 c.c., fondata sulle univoche e concludenti circostanze della suddetta spedizione e sull'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico>> (cfr. Cass. 10.01.2025 656; Sez. L. n. 24015, 12/10/2017, Rv. 646099; conf. Cass. nn. 511/2019, 17204/2016, 17417/2007, 8073/2002, 758/2006, 23920/2013).
A questo principio non si è conformata la decisione qui gravata.
Al fine di vincere la presunzione di ricezione della predetta raccomandata non appare dirimente la circostanza che la data riportata sulla lettera di recesso (6 aprile 2020) sia di due giorni successiva a quella riportata nella ricevuta di spedizione (4 aprile 2020), ben potendo tale discordanza ricondursi ad un mero errore materiale non avendo, del resto, la ### neppure allegato di avere ricevuto una diversa missiva da parte della correntista datata 4 aprile 2020 o con data immediatamente antecedente.
Nulla dimostra poi il fatto che dalla interrogazione del sito ### (cfr. doc. 1 bis della correntista) risulti la indicazione, quale destinatario, dell'### di ### anziché di ### poiché lo stesso è avvenuto con riferimento sia alla successiva raccomandata del 19/20.11.2020 inviata dalla correntista (cfr. timbro dell'ufficio di ### apposto sull'avviso di ricevimento) con cui è stato notificato l'atto di precetto allegato dall'appellata sub 2 alla nota di deposito dell'11.10.2021 (doc. 1u), anch'essa consegnata dall'### postale di ### (come si evince dal timbro stampigliato), la cui consegna al destinatario è pacifica.
Rileva, peraltro, la Corte che, anche a volere diversamente ritenere valorizzando, come fatto dal Tribunale, la successiva operatività della correntista sul conto rimasto aperto (a giustificazione della quale, in effetti, nulla di convincente ha dedotto la correntista), varrebbe comunque il recesso esercitato da ### con la successiva raccomandata A/R del 19.10.2020, consegnata alla banca il giorno successivo, come da avviso di ricevimento prodotto in atti sub doc. 1n, e la cui ricezione è peraltro confermata dalla stessa banca nella missiva di risposta del 26.11.2020.
Quand'anche, infine, si volesse accogliere l'obiezione della ### in ordine alla necessità di regolare preventivamente il rapporto di mutuo concesso prima di potere procedere alla chiusura del conto corrente su cui venivano regolate le rate, giova sottolineare che la stessa ### con missiva inviata a mezzo PEC in data 26 novembre 2020, ha comunicato il recesso e la chiusura del conto corrente n. 2980 nonché la revoca e la decadenza dal beneficio del termine del mutuo fondiario in essere.
Non vi è dubbio, dunque, che il conto corrente n. 2980 sia stato chiuso al più tardi nel corso del presente giudizio e ciò rende ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito sin dall'inizio regolarmente introdotta dalla correntista, essendo sufficiente che il conto sia chiuso al momento della decisione (cfr. in questo senso Cass. 15.6.2018 n. 15797 che a sua volta richiama Cass. 18.12.2014 n. 26769, secondo cui “è sufficiente che la condizione dell'azione sussista al tempo della decisione, poichè la sua sopravvenienza rende proponibile l'azione "ab origine", indipendentemente dal momento in cui si verifichi").
Con il secondo motivo d'appello incidentale ### srl lamenta l'omessa pronuncia del giudice di primo grado in merito alla nullità del mutuo, pur sussistendo i requisiti per una pronuncia d'ufficio e ferma la rinuncia alla domanda di nullità. Segnatamente il giudice avrebbe errato nel ritenere sussistente un difetto di allegazione in merito alla circostanza per cui il mutuo sarebbe stato immediatamente destinato a ripianare una situazione debitoria preesistente.
Al contrario la società avrebbe allegato a pag.2 della citazione in primo grado la sussistenza di un saldo negativo sul conto corrente (dove poi sarebbe stato erogato il mutuo) per oltre un milione di euro. Sarebbe inoltre provato l'immediato impiego della somma per il ripianamento del debito della società in quanto il passivo del conto, successivamente alla data dell'erogazione, si era ridotto ad € 600.000,00, il che sarebbe evidenza dell'immediato impiego delle somme per il pagamento del preesistente debito. Tale situazione, poiché soggetta a rilievo d'ufficio, non incontrerebbe le preclusioni di allegazione imposte alle parti.
Sussisterebbe inoltre un collegamento negoziale tra il mutuo e la modifica dell'apertura di credito: entrambi i negozi sarebbero stati stipulati con l'unico fine di ridurre l'entità del fido e corredare di garanzia ipotecaria l'esposizione, che sarebbe stata tuttavia in realtà inesistente, alla luce del ricalcolo effettuato dal consulente tecnico, in quanto l'effettivo saldo del conto in quel momento come accertato dalla consulenza tecnica sarebbe stato pari a € 900.000,00, ben superiore quindi all'ammontare del finanziamento; infine, in sede ###data 10 marzo 2015 la ### stessa aveva affermato che il mutuo era destinato alla riduzione dell'apertura di credito (doc. C- 006). Il relativo documento farebbe piena prova ex art.2735 cc quanto meno delle circostanze sfavorevoli all'istituto di credito, in ordine al collegamento tra mutuo e riduzione dell'apertura di credito; si rinverrebbe riscontro di tale collegamento anche nel doc.2 bis del fascicolo di parte, prodotto sin dalla comparsa di costituzione. Dunque il mutuo stesso non avrebbe avuto ragion d'essere, perchè non sarebbe stato necessario ridurre l'esposizione della ### allora insussistente.
Si tratterebbe di questione distinta rispetto a quella relativa alla validità del mutuo solutorio, in quanto la sentenza di Cass. n.11055 del 27.4.2025 la riterrebbe questione separata e riservata al giudizio del giudice di merito.
Il motivo è infondato.
Anzitutto va escluso il vizio di omessa motivazione avendo, al contrario, il Tribunale espresso il motivo per cui ha ritenuto di non rilevare di ufficio la nullità del mutuo per cui è causa, affermando che la società attrice non aveva provato <<che la somma mutuata non era stata messa a sua disposizione dalla banca ma che era stata immediatamente destinata al ripianamento dei debiti sussistenti nei confronti della banca>> e si era invece limitata <<ad affermare che alla data di stipula del mutuo esisteva una propria esposizione debitoria verso la banca di oltre un milione di euro; analoga affermazione è stata svolta dal perito dell'attrice nella propria relazione>>. ### questa Corte ritiene, peraltro, che non vi siano i presupposti per il rilievo d'ufficio della nullità del mutuo.
Con sentenza del 5 marzo 2025 n. 5841 le ### sono, infatti, intervenute sulla questione relativa alla validità del mutuo cd. solutorio in quanto destinato a ripianare debiti pregressi, escludendone la nullità in quanto, in sintesi, con l'accredito delle somme sul conto corrente, anche con una mera operazione contabile, il contratto di mutuo è da intendersi perfettamente concluso e la disponibilità giuridica della somma effettivamente conseguita e ciò a prescindere dal successivo impiego delle somme; le ### hanno, inoltre, escluso che si tratti di “mutuo di scopo” o di pactum de non potendo in quanto lo spostamento di denaro costituisce il presupposto dell'operazione: l'accredito in conto corrente delle somme erogate non solo è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo, ma anzi proprio la possibilità di un loro impiego è condizione per estinguere il debito già esistente. Hanno quindi concluso che l'utilizzo concreto delle somme da parte del mutuatario risulta in definitiva giuridicamente irrilevante, e, quindi, inidoneo tanto ad inficiare la validità del contratto sotto il profilo della causa, quanto ad influire sul sinallagma contrattuale.
Non vi sono, pertanto, i presupposti per il rilievo della nullità del mutuo per cui è causa sol perché la somma mutuata è stata destinata a ripianare la preesistente situazione debitoria o a ridurre l'affidamento di euro 1.200.000,00, concesso.
Con il terzo motivo, subordinato al rigetto del secondo, ### srl lamenta la mancata rilevazione dell'avvenuta risoluzione del mutuo in virtù della diffida ad adempiere in data ###, nonché la mancata compensazione impropria delle somme dovute in forza del mutuo stesso con quelle riconosciute a credito della correntista.
Sarebbero infatti applicabili i principi espressi in ### U, Sentenza 23225 del 2016, in materia di compensazione, anche se oggetto della domanda non sarebbe mai stata una domanda o un'eccezione di compensazione, ma la mera volontà di detrarre dal proprio credito quanto ancora dovuto in forza del mutuo, ove ritenuto valido. ### poi a volere ritenere che la domanda avesse avuto ad oggetto una compensazione, ancorchè impropria, l'istituto sarebbe stato applicabile poiché sussisterebbero i requisiti di cui all'articolo 1243 cc: la negazione del credito non avrebbe fatto venir meno la certezza dello stesso, in quanto, come la CTU avrebbe dimostrato, le contestazioni di controparte erano manifestamente infondate e quindi inidonee a far venir meno tale requisito; il credito sarebbe inoltre liquido ed esigibile, in quanto il conto dovrebbe considerarsi al più tardi chiuso durante il giudizio di primo grado, date le plurime comunicazioni di recesso da parte di ### Non osterebbe all'operatività della compensazione la pendenza sub iudice del credito: esso sarebbe certo o quantomeno accertabile in questa sede, perché questo sarebbe il giudice competente all'accertamento (pag 39 citazione); esso sarebbe poi liquido e comunque esigibile perchè il conto sarebbe chiuso, e in ogni caso l'esigibilità non dipenderebbe dalla chiusura del conto ma dalla mera esigibilità delle somme.
Tale esigibilità sussiste sia per il conto corrente sia per il mutuo, che il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto risolto già in data ###, per iniziativa della ### a causa dell'assenza di fondi sul conto corrente stesso su cui erano addebitate le rate. Ebbene, la risoluzione non sarebbe avvenuta allora in quanto il conto, epurato dagli addebiti illegittimi, sarebbe stato in positivo: sarebbe invece avvenuta successivamente, con pec in data ### inviata dalla società mutuataria (divenuta efficace 15 giorni dopo ai sensi e per gli effetti dell'art.1454 cc) a seguito dell'esito del giudizio di primo grado, quando la ### avrebbe mancato di dare riscontro alla richiesta ivi contenuta di ricevere l'accredito di quanto dovuto, detratto quanto spettante alla ### stessa in forza del mutuo.
Il motivo va accolto nei limiti che seguono.
Con lettera del 26.11.2000, trasmessa dalla ### via Pec e la cui ricezione da parte di ### non è stata contestata, l'istituto di credito ha risolto il contratto comunicando la revoca del mutuo fondiario per il mancato pagamento di n. 18 rate scadute e la decadenza dal beneficio del termine: il contratto di mutuo deve, pertanto, intendersi risolto a quella data per il non contestato mancato pagamento, a quella data, delle predette rate. ### dunque di qualsiasi rilievo è la successiva diffida ad adempiere ex art 1454 cc inviata da ### srl l'8.2.2022, essendo il contratto di mutuo già risolto.
Non può, conseguentemente, essere accolta la richiesta della società correntista di compensare le sole rate già scadute alla data della chiusura del conto, continuando ad addebitare le rate scadute successivamente, non essendo il mutuo più in essere ed essendo la correntista decaduta dal beneficio del termine del mutuo.
Dal saldo a credito della correntista come accertato dal c.t.u., pari ad euro 673.376,96, va dunque detratto il debito complessivo ancora dovuto a titolo di mutuo e pari ad euro 582.486,64 (di cui euro 548.782,26 per capitale ed il resto per interessi, già detratti gli interessi di mora, pari ad euro 2.157,01, cfr. lettera della banca del 26.11.2020), con conseguente condanna della banca appellata al pagamento della differenza. *****
In conclusione, l'appello va respinto, mentre va accolto, nei limiti indicati, l'appello incidentale proposto da ### srl.
Per l'effetto, la sentenza impugnata va parzialmente riformata in quanto: -va dichiarata ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito avanzata ab origine dalla società correntista stante l'intervenuta chiusura del conto corrente n. 2980 al più tardi il ###; -per l'effetto, la banca appellante va condannata al pagamento della somma di euro 90.890,32, oltre interessi ex art. 1284, quarto comma cc, dalla domanda giudiziale al saldo. Non è dovuta rivalutazione trattandosi di debito di valuta e non di valore e non avendo la correntista neppure allegato di avere subito un maggior danno ex art 1224 cc.
Quanto alle spese occorre tener conto dell'esito complessivo del giudizio.
Infatti <<In tema di spese processuali, l'accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un'unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall'art. 92, comma 2, c.p.c.>> (Cass. S.U. ###/2022).
Ciò premesso, ritiene la Corte, valutato l'esito complessivo della lite, sussistere una parziale soccombenza di ### con riferimento alla usurarietà del mutuo, alla cui domanda la società correntista ha rinunciato solo all'esito ### della ctu.
Si ritiene, pertanto, che vada disposta la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio nella misura di 1/5 mentre la residua parte va posta a carico della ### appellante e va liquidata come in dispositivo in conformità ai parametri medi di liquidazione di cui al D.M. n. 147/2022 dello scaglione di riferimento in base all'importo della domanda accolta (scaglione compreso tra € 52.000 ed € 260.000, nei limite del quale è stata peraltro contenuta la domanda), ad eccezione della fase istruttoria di secondo grado per la quale si applicano i parametri minimi in relazione all'attività effettivamente svolta. P . Q . M .
La Corte d'### di ### sezione prima civile, definitivamente pronunciando, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo n.243/22 pubblicata in data ###, appellata da ### di ### dell'### e del ### e, in via incidentale da ### srl: -in parziale accoglimento dell'appello incidentale dichiarata ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito avanzata da ### s.r.l. e, per l'effetto, condanna la banca appellante al pagamento in favore dell'appellata della somma di euro 90.890,32, oltre interessi ex art. 1284, quarto comma cc, dalla domanda giudiziale al saldo; -rigetta l'appello proposto da ### di ### dell'### e del ### -compensa nella misura di 1/5 le spese di entrambi i gradi del processo e condanna ### di ### dell'### e del ### al pagamento della residua parte in favore di ### srl, spese che nel complesso liquida: -per il giudizio di primo grado in euro 2.552,00 per la fase di studio, euro 1.628,00 per la fase introduttiva, euro 5.670,00 per la fase istruttoria ed euro 4.253,00 per la fase decisoria -per il presente grado in euro 2.977,00 per la fase di studio, euro 1.911,00 per la fase introduttiva, euro 2.163,00 per la fase istruttoria ed euro 5.103,00 per la fase decisoria oltre rimborso del contributo unificato ove corrisposto e delle spese forfettarie nella misura del 15%, Iva e cpa come per legge; -pone definitivamente le spese di ctu nella misura già liquidata in atti a carico di ### di ### dell'### e del ### Sussistono i presupposti, ai sensi dell'art 13 comma 1, quater del DPR 115/2002, del pagamento del doppio del contributo unificato a carico di ### di ### dell'### e del ### deciso in ### nella camera di consiglio del 15 ottobre 2025 #####
causa n. 368/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Cesare Massetti, Pallini Alda, Laneri Annamaria