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Rg 604/2022 CORTE DI APPELLO DI BARI - ### - REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di appello di Bari - ### per le controversie in materia di lavoro, previdenza e assistenza - composta dai ### dott.ssa ### dott.ssa ### dott.ssa ### relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 604 del ### dell'anno 2022, cui è riunita la causa 630 del ### dell'anno 2022, vertente tra ### rappr. e dif. dagli avv.ti ### e ### -### nel giudizio n. R.G. 604/2022, ### nel giudizio n. R.G. 630/2022- e INAIL rappr. e dif. dall'avv. ### -### nonché ### rappr. e dif. dall'avv. ### -### nel giudizio n. R.G. 604/2022, ### nel giudizio n. R.G. 630/2022- nonché ### contumace -### nonché ### COOP. ###.L. in liquidazione coatta amministrativa contumace -### nonché ### S.P.A. rappr. e dif. dall'avv. ### -### nonché SOCIETÀ ### rappr. e dif. dall'avv. ### -### nonché ### S.R.L. contumace -### FATTO E DIRITTO 1. Con ricorso depositato il ### dinanzi al Tribunale di Bari in funzione di giudice del lavoro, l'### proponeva azione di regresso ex artt. 10 e 11 T.U. 1124/1965 nei confronti di ### in qualità di amministratrice della ### S.r.l., ### quale socio lavoratore della ### a r.l., e ### in veste di direttore dei lavori della ### S.r.l., giusto appalto del 15.01.2007, per l'infortunio sul lavoro occorso in data ### al socio lavoratore di quest'ultima, ### al quale l'### aveva erogato - come da attestazione rilasciata dal ### della sede ### di ### - la complessiva somma di € 267.881,77, chiedendo al giudice adito di pronunciarsi sulle seguenti conclusioni: “Nel merito, ritenuta incidenter tantum la responsabilità penale della sig.ra ### quale amministratrice della ### S.r.l., del sig. #### quale socio lavoratore della ### S.r.l., nonché del sig. ### nella qualità di ### dei ### assunta con il contratto di appalto del 15/01/2007, dichiararsi conseguentemente tutti i convenuti civilmente responsabili verso l'I.N.A.I.L. in via di regresso a norma degli artt. 10 e 11 T.U. 30/6/1965 n. 1124 e, per l'effetto, condannarli in solido tra loro al pagamento in favore dell'I.N.A.I.L. della somma di euro 267.881,77 per i titoli specificati al punto 2 salvo variazione, oltre interessi legali dalla data delle singole erogazioni e dalla costituzione della rendita al saldo, con vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio”.
A fondamento della domanda l'### deduceva: 1) che in data ### presso la sede della ### S.r.l. si era verificato un grave incidente sul lavoro che aveva coinvolto ### socio lavoratore della ### S.r.l. con mansione di movimentazione merci, il quale, nel mentre era intento ad attraversare il piazzale della società per recarsi nello stabilimento di produzione dei granuli, era stato investito da un carrello elevatore condotto da ### riportando lesioni personali invalidanti consistite in “ampia deformazione della caviglia e del piede sinistro con estesi esiti cicatriziali; subanchilosi della caviglia sinistra in estensione completa, tumefazione dell'arto in toto”; 2) che trattandosi di infortunio sul lavoro aveva provveduto a erogare in favore della vittima ai sensi del D.P.R. 30.06.1965 n. 1124 prestazioni assicurative per l'importo complessivo di € 267.881,77; 3) che gli ispettori dello ### di ### avevano svolto visita ispettiva presso la ditta ### S.r.l. riscontrando una serie di inadempienze costituenti indizi di colpevolezza a carico di ciascuno dei resistenti, quali nello specifico: per ### “###area di lavoro non risultavano tracciate le distanze di sicurezza sulle vie di circolazione destinate ai veicoli ed al passaggio dei pedoni, in violazione dell'art. 8 D.P.R. 547/55 come modificato dall'art. 33, commi 3-5, D.lgs. n. 626/94; Non ha promosso la cooperazione ed il coordinamento congiunto tra le quattro cooperative al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nel ciclo lavorativo, in violazione dell'art. 7, co. 3, D.lgs. n. 626/94; Non ha provveduto a designare e formare i lavoratori incaricati al pronto soccorso, in violazione dell'art. 5, comma 2, D.lgs. 626/94”; per ### “conduceva il carrello elevatore senza porre l'attenzione e la diligenza necessarie e sufficienti ad evitare l'investimento del lavoratore ### specie in considerazione dell'assenza della segnaletica orizzontale atta a disciplinare il traffico interno all'area”; per ### “non verificava l'esistenza delle condizioni di sicurezza per i lavoratori e il rispetto delle norme antinfortunistiche da parte della ### consentendo che il ### si aggirasse a piedi in un'area priva di segnalazioni, percorsa anche da mezzi meccanici”; 4) che la responsabilità dell'evento era da ascrivere a tutti i convenuti, in concorso tra loro, in virtù di quanto accertato nel corso del procedimento penale instaurato dinanzi al ### di ### conclusosi con la sentenza n. 4551/2016 depositata in data ###, che, pur avendo dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, aveva chiarito l'impossibilità di accertare dagli atti, in modo incontestabile, l'esistenza di circostanze idonee a giustificare un proscioglimento nel merito degli imputati; 5) che da ciò derivava la responsabilità dei resistenti in via di regresso verso l'### ricorrendo nella specie tutte le condizioni formali e sostanziali all'uopo richieste dagli artt. 10 e 11 del T.U. 30.06.1965 n. 1124, e, dunque, il diritto dello stesso di vedersi rifondere le prestazioni assicurative erogate a beneficio del lavoratore infortunato. 1.1. Si costituiva in giudizio ### il quale eccepiva preliminarmente l'obbligatorietà dell'integrazione del contraddittorio nei confronti di ### della ### S.r.l. in liquidazione, in quanto contrattualmente responsabile del mezzo condotto da ### e di ### quale liquidatore della ### S.r.l., sussistendo tra gli stessi un litisconsorzio necessario, nonché il proprio difetto di legittimazione passiva, non rivestendo il medesimo più alcuna carica presso la ### appaltatrice, e contestava nel merito la fondatezza delle avverse pretese, non essendogli imputabile alcuna responsabilità in relazione alla causazione dell'evento lesivo, da ascriversi alla concorrente condotta del lavoratore infortunato e di ### 1.2. Si costituiva altresì ### che eccepiva preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva per non essere la stessa più amministratore della società committente dal 09.06.2009 e la necessità, in caso di mancata estromissione della stessa dal giudizio, di integrare il contraddittorio nei confronti sia della ### S.r.l., in qualità di datore di lavoro di ### solidalmente responsabile con quest'ultimo, anche al fine di consentire a detta ### di azionare la polizza assicurativa in essere con la compagnia ### sia del ### della ### S.r.l., richiedendo, altresì, di essere autorizzata alla chiamata in garanzia della ### S.p.a., con cui quest'ultima aveva stipulato all'epoca dei fatti una polizza per le lesioni personali, gli infortuni e le malattie professionali occorse ai propri prestatori di lavoro o ai dipendenti di ditte in sub appalto; nel merito contestava la fondatezza dell'avversa domanda, deducendo 1) il mancato assolvimento da parte dell'### dell'onere probatorio in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell'azione di rivalsa, avuto riguardo in particolare alla responsabilità della medesima per inosservanza delle norme sulla sicurezza e al nesso causale tra detta violazione e l'infortunio occorso al ### posto che: la predisposizione di tutti gli elementi necessari a garantire l'incolumità dei lavoratori era stata affidata a professionisti esterni; la società appaltante aveva adempiuto all'obbligo di informare l'appaltatrice ex art. 7 D.lgs. n, 629/1994 circa i rischi connessi alle attività da svolgere nello stabilimento; la mancata formazione di squadre di pronto soccorso in violazione dell'art. 5, comma 2, D.lgs. n. 624/1994 non aveva affatto influenzato l'esito dell'infortunio poiché tutti i dipendenti assunti dalla committente, provenendo dalla ### S.p.a., avevano già ricevuto presso quest'ultima una formazione al primo intervento; la presenza di una segnaletica orizzontale non avrebbe impedito l'evento in quanto nel punto di attraversamento in cui si era verificato vi era un passaggio promiscuo di mezzi e persone; 2) l'impossibilità per l'### di agire nei confronti di tutti i presunti responsabili in solido, potendo ciascuno rispondere solo pro quota; 3) la necessità di tener conto, nella quantificazione del risarcimento eventualmente dovuto, della condotta imprudente del lavoratore infortunato ai sensi dell'art. 1227, comma 1, 1.3. ### seppur ritualmente evocato in giudizio, rimaneva contumace. 1.4. Il Tribunale, con provvedimento reso all'udienza de1 05 dicembre 2017, autorizzava l'integrazione del contraddittorio nei confronti della ### S.r.l. e della ### S.r.l., nonché la chiamata in garanzia della ### (assicuratrice della ### e della ### (assicuratrice della ###. 1.5. Si costituiva, dunque, la ### Coop. a r.l. in liquidazione coatta amministrativa, la quale eccepiva preliminarmente l'inammissibilità e/o improcedibilità della domanda formulata dall'### nonché dai convenuti, essendo essa stata evocata in giudizio in spregio alle norme fallimentari, in forza delle quali i creditori dell'impresa sottoposta ad amministrazione straordinaria possono presentare la domanda di ammissione allo stato passivo fino a trenta giorni prima della data prevista per il suo esame o al più entro un anno dalla data di deposito del decreto di esecutività dello stato passivo; la decadenza dell'### dal diritto di agire in rivalsa nei propri confronti, posto che l'azione si sarebbe dovuta coltivare nel temine massimo di tre anni dal momento della liquidazione dell'indennizzo al danneggiato o dalla data di costituzione della rendita, essendo la ### rimasta estranea al procedimento penale conclusosi con sentenza irrevocabile in data ###; la nullità del ricorso ai sensi e per gli effetti del combinato disposto di cui agli artt. 414, nn. 3 e 4, 156 e 164 c.p.c., per omessa specificazione dell'oggetto della domanda e delle norme di diritto poste a fondamento della stessa; nel merito deduceva l'infondatezza dell'azione per omessa prova della sua responsabilità e, comunque, l'errata ripartizione del danno, non potendo la rivalsa dell'### realizzarsi sull'intera somma versata al danneggiato, poiché soggetta al doppio limite quantitativo rappresentato dall'ammontare delle prestazioni e dall'importo complessivo del risarcimento che sarebbe dovuto dal responsabile all'infortunato, secondo le nome generali sui danni da fatto illecito. 1.6. Si costituiva in giudizio, altresì, la ### S.p.a., richiedendo la riunione della controversia al giudizio instaurato dal ### per il risarcimento del danno differenziale ed eccependo: 1) l'inammissibilità e irritualità della propria chiamata in causa e delle domande proposte da ### nei suoi confronti per carenza di legittimazione, rispettivamente, attiva della resistente, e passiva della stessa, atteso che la ### S.r.l. era stata dichiarata fallita con la sentenza n. 147/2012 emessa dal Tribunale di ### in data ###, che la polizza di assicurazione “R.C. Aziende industriali” n. ###09 sottoscritta dalla suddetta società non copriva la responsabilità personale e patrimoniale degli amministratori e che la garanzia invocata non appariva, comunque, rientrare nel rischio assicurato, collegato alla sola “### e lavorazione di gomma e materie plastiche, vulcanizzazione e rigenerazione di pneumatici”, 2) in subordine, la prescrizione, sia annuale che biennale, di ogni e qualsivoglia diritto vantato dalla ### ai sensi dell'art. 2952, comma II, c.c. avendo la stessa omesso di dare comunicazione alla ### della richiesta risarcitoria inviata dal ### quantomeno sin dal lontano 2008, 3) l'improcedibilità e/o inammissibilità della richiesta di chiamata in causa del “### della ### S.r.l.”, stante l'intervenuta sentenza dichiarativa di fallimento della società e la conseguente possibilità di accertare un eventuale credito nei confronti della stessa solo in sede fallimentare ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 52 della L.F; nel merito contestava la domanda proposta dall'### nei confronti di ### poiché manifestamente infondata in fatto e in diritto, tanto nell'an che nel quantum debeatur, e comunque non provata. 1.7. Si costituiva anche la ### di ### la quale eccepiva preliminarmente: 1) l'incompetenza funzionale del giudice del lavoro adito, in favore del medesimo Tribunale - sezione fallimentare, risultando la ### a r.l. ammessa alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, giusto decreto del Ministero dello ### n. 45/2009; 2) il difetto di legittimazione attiva del ricorrente, nonché della resistente chiamante in causa in relazione alla domanda di integrazione del contraddittorio e chiamata in garanzia proposta nei confronti della stessa, in qualità di garante della suddetta ### non avendo la controparte alcun rapporto contrattuale diretto con la compagnia e difettando qualsivoglia domanda proposta in via principale nei confronti dell'assicurata, ovvero in via di manleva dalla stessa ### 3) l'inammissibilità della domanda dell'### in ragione dell'omessa formulazione di qualsivoglia istanza di insinuazione al passivo del credito presuntivamente vantato; nel merito contestava la fondatezza dell'avversa domanda, sia nell'an, per difetto di prova della responsabilità dell'assicurata, che nel quantum, anche in relazione alla richiesta di cumulo di interessi e rivalutazione sulle somme eventualmente a riconoscersi a titolo risarcitorio, non avendo parte attrice provato la circostanza di aver subito il maggior danno da svalutazione. 2. Espletata attività istruttoria, con sentenza n. 1039/2022 pubblicata in data ### il Tribunale ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ritenuta incidenter tantum la responsabilità penale di #### e ### ha dichiarato gli stessi, nelle qualità ivi indicate, civilmente responsabili verso l'### in via di regresso a norma degli artt. 10 e 11 T.U. n. 1124/1965, condannandoli in solido tra loro al pagamento in favore dell'### della somma di € 287.793,86 - come erogata al 23.07.2021 - maggiorata degli interessi legali dalla data delle singole erogazioni e dalla costituzione della rendita al saldo.
Il primo giudice in particolare ha ritenuto: 1) infondata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata da ### evocata in giudizio in qualità di amministratrice della ### S.r.l. all'epoca dell'evento, operando in tema di infortuni e sicurezza sul lavoro una nozione di datore di lavoro in senso prevenzionale che, per espressa previsione normativa, comprende non solo il datore di lavoro formale ma anche il titolare dei poteri di decisione e di spesa in materia di prevenzione e sorveglianza degli obblighi antiinfortunistici; 2) sussistente la responsabilità della ### ai sensi dell'art. 8 D.P.R. n. 547/55, come modificato dall'art. 33, commi 3-5, D.lgs. n. 626/94, per non aver provveduto a predisporre la segnaletica orizzontale idonea a disciplinare il traffico di pedoni e mezzi al fine di evitare incidenti tra essi, nonché per aver omesso di coordinare tra loro le attività di tutte le imprese di cui era committente, insistenti nello stesso perimetro lavorativo; 3) responsabile ### per non avere, nella duplice veste di amministratore e direttore dei lavori della ### S.r.l., verificato l'esistenza delle condizioni di sicurezza per i lavoratori e il rispetto delle norme antinfortunistiche da parte della ### S.r.l., nonché per non aver adeguatamente vigilato in relazione alla condotta di ### consentendo che lo stesso si aggirasse a piedi, con i tappi auricolare antirumore, in un'area priva di segnalazioni orizzontali e percorsa anche da mezzi meccanici; 4) responsabile ### per aver condotto il carrello elevatore senza porre l'attenzione e la diligenza necessarie e sufficienti a evitare l'investimento del ### specie in considerazione dell'assenza della segnaletica orizzontale atta a disciplinare il traffico interno all'area; 5) non ravvisabile una condotta anomala del lavoratore infortunato, tale da scindere il nesso causale tra le suddette condotte e l'evento lesivo; 6) mai costituito il rapporto processuale nei confronti della ### S.r.l. in quanto non ritualmente evocata in giudizio; 7) inammissibile la chiamata in causa da parte della ### della ### S.p.a. per non avere la stessa allegato e provato di avere azione diretta nei confronti della ### versandosi in ipotesi di ordinaria RCG e non già di ### né che il contratto di assicurazione copra anche la responsabilità personale e patrimoniale degli amministratori della società; 8) improcedibile/improseguibile l'azione nei confronti della ### chiamata in causa sia dalla ### che dall'### essendo la stessa in liquidazione coatta amministrativa; 9) inammissibile la chiamata in causa da parte della ### della ### di ### non sussistendo alcun titolo né diretto, né quale manleva per cui la ### debba rispondere nei confronti della ### Ha, quindi, condannato i resistenti al pagamento delle spese di lite in favore dell'### in misura di € 12.000,00 ciascuno, oltre accessori, nonché nei confronti della ### a r.l. in misura di € 8.000,00 cadauno a carico di ### e ### nonché la sola ### alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla ### S.p.a. e della ### di ### liquidate per ciascuna ### nella misura di € 8.000,00. 3. Avverso detta pronuncia hanno interposto appello sia ### che ### con distinti ricorsi depositati rispettivamente in data ### e 20.05.2022, dolendosi della sua erroneità per i motivi che di seguito saranno riepilogati e valutati, in forza dei quali hanno richiesto che in via preliminare sia dichiarato estinto il procedimento per mancata integrazione del contraddittorio ex art. 307 c.p.c. e che sia nel merito rigettata la domanda attorea, ovvero in via subordinata - nel solo caso dell'### - che sia ridotta la misura della condanna e disposta una adeguata rateizzazione; in ogni caso con vittoria di spese del doppio grado di giudizio. 3.1. L'### ha resistito ai gravami, depositando apposite memorie. 3.2. Si è, altresì, costituita nel presente grado di giudizio la ### di ### la quale ha in via preliminare richiesto la riunione dei procedimenti incardinati da ### e ### nonché eccepito l'inammissibilità della domanda spiegata in via diretta nei confronti della stessa in qualità di garante della ### a r.l., stante l'assenza di qualsivoglia domanda proposta in via principale nei confronti della assicurata ovvero in via di manleva da quest'ultima, e l'intervenuto giudicato sul relativo capo della statuizione di primo grado, per poi contestare, anche nel merito, le avverse impugnazioni, di cui ha richiesto il rigetto, con vittoria di spese e competenze professionali. 3.3. Anche la ### S.p.a. si è costituita in grado di appello e ha eccepito pregiudizialmente l'inammissibilità, irritualità e tardività ex art. 345 c.p.c. della evocazione nel presente giudizio della ### del ### S.r.l., nonché delle allegazioni e richieste istruttorie formulate per la prima volta in sede di gravame, e ha contestato nel merito la fondatezza delle avverse pretese, riportandosi a quanto dedotto in primo grado. 3.4. ### si è costituita nel giudizio di appello promosso da ### dichiarando di condividere i motivi di impugnazione ivi enunciati e ribadendo l'assenza di responsabilità della stessa nella causazione dell'evento infortunistico, in quanto dipeso dalla condotta del ### conducente del muletto, in concorso con quella del danneggiato. 3.5. ### al quale i gravami sono stati ritualmente notificati, è rimasto contumace. 3.6. Non si sono costituite nel presente grado di giudizio, benché ritualmente evocate, neppure la ### Coop. a r.l. in liquidazione coatta amministrativa e la ### del fallimento ### S.r.l. 4. Disposta, dunque, la riunione degli appelli proposti avverso la medesima sentenza, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., acquisiti i documenti prodotti dalle parti e il fascicolo d'ufficio relativo al primo grado di giudizio, all'esito della discussione orale svolta all'udienza del 20.02.2025 la causa è stata decisa come da dispositivo in calce trascritto.
Gli appelli sono infondati e vanno rigettati, con conseguente conferma dell'impugnata sentenza. 5. Con il primo motivo di impugnazione ### denuncia “### del giudizio. Violazione dell'art. 307 c.p.c., dell'art. 291 c.p.c., dell'art. 420, comma 9, c.p.c.
Violazione dell'art. 112 c.p.c.”, deducendo che il Tribunale si sarebbe impropriamente limitato a dichiarare mai costituito il rapporto processuale nei confronti della ### S.r.l., anziché statuire l'intervenuta estinzione del giudizio, senza possibilità di riassunzione, in considerazione della mancata ottemperanza da parte dell'### all'ordinanza del 05.12.2017 che aveva disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti della suddetta società.
Evidenzia, al riguardo, che ove il giudice del merito - pur in assenza di una situazione di litisconsorzio necessario di natura sostanziale - disponga la chiamata in giudizio di un terzo ex art. 107 c.p.c., si determina una situazione processuale di litisconsorzio necessario, sicché il vizio di costituzione del contraddittorio conseguente alla omessa notifica del provvedimento giudiziale entro il termine perentorio all'uopo concesso renderebbe nullo tutto il successivo procedimento, nonché la sentenza emessa, la quale, peraltro, nel caso di specie avrebbe violato l'art. 112 c.p.c. nella parte in cui ha dichiarato la ### S.r.l. estranea al contenzioso per non essersi la notifica compiuta nei confronti della stessa, non essendo stata richiesta detta pronuncia da alcuna delle parti in causa. 5.1. Con il secondo motivo di appello l'instante lamenta “### apparente e inesistente ### del contraddittorio necessario ### dell'art. 102 c.p.c. Falsa applicazione dell'art. 51 e dell'art. 201 L.F.”, sostenendo che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente dichiarato improponibile/improseguibile l'azione nei confronti della ### a r.l. - dal medesimo chiamata in causa in qualità di datore di lavoro del soggetto danneggiante - poiché in liquidazione coatta amministrativa, atteso che non si tratterebbe di un'azione volta a ottenere una condanna pecuniaria della citata ### dunque da proporre in sede di procedura concorsuale, bensì di una domanda di integrazione del contraddittorio necessario, tesa al mero accertamento della responsabilità della stessa. 5.2. Con il terzo motivo di gravame l'appellante censura il decisum di primo grado nella parte in cui ha dichiarato inammissibile la chiamata in causa da parte di ### della ### S.p.a., affermando che non si verserebbe in un'ipotesi di responsabilità civile generale (###, come ritenuto dal Tribunale, bensì di responsabilità civile verso prestatori di lavoro (###, sicché la convenuta avrebbe legittimamente chiamato in garanzia la propria assicurazione, che sarebbe, rispetto alla prestazione risarcitoria, nella posizione dell'obbligato in solido, atteso che la polizza in atti, dalla medesima sottoscritta in qualità di legale rappresentante della ### S.r.l., sarebbe una polizza integrativa per le lesioni personali subite dai dipendenti, il cui art. 15 non considererebbe terzo rispetto all'assicurato la resistente, la quale è in un rapporto di immedesimazione organica con la suddetta società. 5.3. Con il quarto motivo di impugnazione si duole della omessa notificazione al convenuto contumace ### dell'ordinanza con cui il giudice ne ha ammesso l'interrogatorio formale, sottolineando che ciò gli avrebbe impedito di giovarsi degli effetti positivi della mancata comparizione o della mancata risposta dell'interrogato, la quale avrebbe potuto indurre il Tribunale, applicando l'art. 232 c.p.c., a una diversa imputazione delle quote di responsabilità. 5.4. Con il quinto motivo di gravame l'appellante, premessa un'ampia ricostruzione degli istituti dell'azione di regresso ex art. 11 del T.U. n. 1124/1965 e dell'azione di surroga ex art. 1916, comma 4, c.c., nonché dato atto della modifica introdotta dall'art. 1, comma 1126, della legge 30 dicembre 2018 n. 145, idonea a suo dire a determinare nella specie una decisa riduzione della condanna, avendo l'### per effetto della stessa, regresso contro le persone civilmente responsabili solo per le somme pagate a titolo d'indennità e per le spese accessorie, nei limiti del complessivo danno risarcibile, contesta la valutazione delle risultanze istruttorie operata dal primo giudice, lamentando di essere stato condannato per il sol fatto di rivestire formalmente l'incarico di direttore dei lavori della ### S.r.l. alle cui dipendenze prestava attività lavorativa il danneggiato, laddove, invece, secondo costante giurisprudenza di legittimità, il direttore dei lavori risponderebbe dell'infortunio subìto dal lavoratore (e quindi anche in sede di regresso) solo qualora gli venga affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con possibilità di impartire ordini alle maestranze in virtù di una particolare clausola inserita nel contratto di appalto o qualora, per fatti concludenti, risulti la sua concreta ingerenza nell'organizzazione del lavoro, circostanza rispetto alla quale l'### ricorrente non avrebbe allegato alcunché.
Aggiunge che la statuizione di primo grado sarebbe affetta, sul punto della propria accertata responsabilità penale, da un vistoso vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., in quanto avrebbe aggiunto d'ufficio un titolo di responsabilità diverso e distinto da quello richiesto dall'### dichiarando sussistente a suo carico un profilo di colpa non solo nella veste di direttore dei lavori della ### S.r.l. ex art. 2087 c.c., ma anche in qualità di datore di lavoro della vittima dell'incidente ex art. 2049 c.c., sebbene lo stesso non sia stato chiamato in giudizio come amministratore della società datrice di lavoro di ### Obietta che a ogni modo non vi sarebbe prova alcuna della culpa in vigilando a lui attribuita, sottolineando che dagli atti del processo penale acquisiti per ordine del Tribunale sarebbe dato trarre numerose dichiarazioni idonee a comprovare l'estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere, delineando un comportamento abnorme ed esorbitante del lavoratore danneggiato e del conducente del mezzo che lo ha attinto rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, il quale si porrebbe come causa esclusiva dell'evento lesivo, con conseguente esonero totale del medesimo da ogni responsabilità.
Assume, quindi, che, una volta operata la liquidazione del danno patito dal lavoratore infortunato secondo gli ordinari criteri, il giudice avrebbe dovuto decurtare quanto posto a carico del danneggiato stesso per il suo concorso nella produzione dell'evento, per poi procedere al raffronto dell'ammontare del risarcimento così calcolato con il credito oggetto dell'azione di regresso, onde attribuire all'### una somma non eccedente l'ammontare del primo. 5.5. Con il sesto e ultimo motivo di impugnazione lamenta la violazione degli artt. 2056, 1221 e 1223 c.c. per avere il Tribunale liquidato l'intera somma richiesta dall' - erogata all'infortunato quale indennizzo per l'incidenza dell'invalidità sulla sua capacità lavorativa - senza previamente calcolare il danno civilistico, ovvero la somma che sarebbe spettata al ### a titolo di risarcimento dei soli danni patrimoniali in applicazione dei principi di diritto civile, quale limite massimo del diritto di regresso, e senza stabilire se l'importo richiesto rientri o meno nel predetto limite, non potendo l'Ente aggredire le somme liquidate al danneggiato a titolo di risarcimento dei danni morali e dei danni biologici.
Afferma di aver sin dalla sua costituzione in giudizio denunciato la lacunosità sul punto del ricorso introduttivo e la insufficienza della documentazione versata in atti dall'### stante la mancanza delle buste paga del lavoratore infortunato, da cui desumere con precisione l'ammontare del danno patrimoniale, e la non specificità della attestazione del ### in quanto non accompagnata dal “prospetto di calcolo del valore capitale della rendita di inabilità /menomazione permanente”, che dettaglierebbe - oltre alla data dell'infortunio, alla data di decorrenza della rendita e alla data del calcolo che attualizza il credito ### oggetto di rivalsa - anche e soprattutto i valori numerici delle singole voci che compongono l'ammontare del valore capitale della rendita erogata, e dal prospetto del calcolo dei ratei e degli interessi, che distingue tra “rateo netto patrimoniale” e “rateo netto danno biologico”, calcolati singolarmente mese per mese a partire dalla data di decorrenza del diritto.
Conclude, pertanto, che nessuna condanna potrebbe essere fondata sui generici conteggi offerti dalla controparte, né sarebbe possibile rifarsi per la determinazione del valore del danno alla percentuale di invalidità accertata in sede ###base alla quale è stata erogata la rendita, essendo le modalità di calcolo della stessa differenti in sede civilistica. 6. Procedendo all'esame dell'appello proposto da ### con il primo motivo di censura viene eccepita l'intervenuta estinzione del giudizio ai sensi dell'art. 307 c.p.c. per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della ### S.p.a., avendo l'### erroneamente provveduto a notificare il relativo provvedimento presso la sede legale della ### anziché presso la ### del fallimento.
Si evidenzia che, essendo stata la medesima ritenuta responsabile in qualità di legale rappresentante della ### S.r.l. all'epoca dell'infortunio del ### automaticamente anche detta società sarebbe responsabile e avrebbe diritto, in quanto litisconsorte necessario, di partecipare al giudizio, sicché la mancata integrazione del contraddittorio nei suoi confronti determinerebbe l'automatica estinzione del processo, anche in difetto di eccezione di parte, senza alcuna possibilità di riassunzione, trattandosi di un provvedimento che implica una pronuncia di mero rito ricognitiva dell'impossibilità di proseguire la causa in mancanza di una parte necessaria. 6.1. Con il secondo motivo di gravame l'appellante si duole del rigetto della domanda di garanzia dalla stessa formulata nei confronti della
S.p.a., deducendo di aver chiamato quest'ultima in giudizio sul presupposto che la medesima, come peraltro indicato dall'art. 15 delle condizioni generali di polizza, non sarebbe un soggetto terzo, bensì il soggetto assicurato, in considerazione del rapporto di immedesimazione organica che la legherebbe alla persona giuridica ### S.r.l., di cui sarebbe una mera esponente.
Puntualizza che la stessa, non essendo stata convenuta per eventuali responsabilità “personali” estranee al proprio ruolo di legale rappresentate della suddetta società, non doveva affatto provare che il contratto di assicurazione coprisse anche la responsabilità personale e patrimoniale degli amministratori della società, avendo diritto a essere garantita e manlevata dalla ### 6.2. Con il terzo motivo di impugnazione la ### rivendica l'assenza di un nesso causale tra le violazioni a lei contestate dall'### e il sinistro occorso a ### sostenendo che l'istruttoria avrebbe confermato inequivocabilmente che l'infortunio è dipeso dalla condotta posta in essere da ### conducente del muletto, in concorso con quella dello stesso lavoratore danneggiato.
Afferma che le riproduzioni fotografiche versate in atti comproverebbero la predisposizione della segnaletica orizzontale secondo le prescrizioni della ###5, rappresentata dalle mere strisce pedonali, essendo il resto della strada deputata al transito dei veicoli, puntualizzando che la segnaletica idonea a disciplinare il traffico di pedoni e mezzi di cui il Tribunale avrebbe rilevato l'assenza, addebitandole la violazione dell'art. 8 D.P.R. n. 547/55, come modificato dall'art. 33, commi 3-5, D.lgs. n. 626/1994, non avrebbe, comunque, determinato, per le parti coinvolte nel sinistro, una modifica rispetto al percorso seguito, né avrebbe impedito il verificarsi dell'evento infortunistico.
Aggiunge che non vi sarebbe stata necessità alcuna di indicare un percorso su strada, considerata la presenza di un percorso su marciapiede, che il ### avrebbe dovuto seguire per raggiungere il luogo di destinazione, come avrebbero confermato i testi escussi in primo grado, nonché di una segnaletica verticale costituita da cartelli di avvertimento che segnalavano la presenza su strada dei muletti.
Contesta, altresì, che il Tribunale le avrebbe erroneamente addebitato la violazione dell'art. 7, comma 3, del D.lgs. n. 626/1994 per non aver promosso la cooperazione e il coordinamento tra tutte le imprese di cui era committente, atteso che all'epoca del sinistro de quo la legge non prevedeva l'obbligo di redigere un unico piano di coordinamento con la presenza di tutte le imprese appaltatrici, essendo stato quest'ultimo introdotto solo successivamente dalla ### 03 agosto 2007, n. 123, bensì un mero obbligo di informativa, che sarebbe stato nella specie puntualmente assolto, avendo i soggetti coinvolti dichiarato espressamente di essere stati resi edotti dei rischi connessi con la “movimentazione di veicoli a motore”, senza considerare che, a suo dire, non esisteva necessità di coordinamento tra le diverse ditte appaltatrici, in quanto impegnate nello svolgimento delle stesse attività di facchinaggio e pulizia, e che il suddetto piano non sarebbe stato in ogni caso idoneo a evitare l'evento, essendo esso dipeso dal comportamento del ### il quale, pur sapendo che in una determinata zona vi era il passaggio di pedoni, non avrebbe adoperato la normale e basilare diligenza richiesta per la guida. 6.3. Con il quarto motivo di appello l'instante rimarca l'assenza di propria responsabilità in merito alle pretese contestazioni sollevate dall'### poiché priva delle competenze tecniche necessarie per adempiere e porre in essere quanto contestato dallo ### evidenziando di aver affidato a professionisti esterni - nello specifico al prof. ### (### del ### di ### e ### e all'ing. ### (componente del ### di ### e ### dai rischi) - la cura e la predisposizione di tutti gli elementi necessari a garantire l'incolumità dei lavoratori e di non aver ricevuto da essi alcuna segnalazione circa l'opportunità di tracciare le distanze di sicurezza, essendo stata ritenuta l'interferenza tra il passaggio di mezzi e di uomini non ostativa al rispetto da parte della ### S.r.l. della normativa e delle prescrizioni ricevute dalla ### 6.4. Con il quinto motivo di gravame eccepisce la propria carenza di legittimazione passiva, deducendo che ogni condanna connessa con il ruolo di ### della società ### S.r.l. dovrebbe essere direttamente imputata alla persona giuridica, senza determinare la lesione del suo patrimonio personale, con conseguente inammissibilità della pronuncia di primo grado.
Ribadisce che ove, invece, la medesima sia stata convenuta in giudizio in qualità di terzo, l'azione di regresso sarebbe prescritta, fermo restando che quest'ultima sarebbe comunque inammissibile, in quanto esperibile solo nei confronti del datore di lavoro, laddove, invece, ella sarebbe pacificamente estranea al rapporto assicurativo e non ricoprirebbe alcuna posizione di garanzia in favore della vittima. 6.5. Con il sesto motivo di censura la ### obietta che l'### non potrebbe pretendere di essere garantito in solido dai responsabili dell'evento, per conto dei quali ha pagato l'intero debito, posto che la disciplina secondo cui la società risponde solidalmente con coloro che ha incaricato della direzione o sorveglianza del lavoro, ove del fatto di essi debba rispondere secondo il codice civile, in virtù della posizione di garanzia ricoperta, non potrebbe trovare applicazione qualora si agisca nei confronti dei singoli responsabili, ragion per cui la stessa potrebbe al più rispondere esclusivamente della quota di risarcimento connessa con le sue presunte responsabilità, da determinarsi tenendo conto della quota di responsabilità addebitabile al ### e della condotta imprudente del ### ai sensi dell'art. 1227, comma 1, 6.6. Con il settimo motivo di impugnazione l'appellante stigmatizza il decisum di primo grado per aver ritenuto sic et simpliciter corretto l'importo richiesto dall'### il quale non avrebbe chiarito le modalità di determinazione del risarcimento del danno, essendosi limitato a depositare un mero conteggio fondato su dati (percentuali invalidanti) in alcun modo provati, dunque insufficiente a dimostrare l'entità dell'inabilità riportata dalla vittima e l'ammontare delle somme eventualmente spettanti alla controparte.
Reitera, dunque, la richiesta di ammissione di CTU medica tesa a verificare il reale stato invalidante del ### e l'importo corretto delle eventuali prestazioni spettanti, richiamando l'attenzione sulla circostanza per cui l'accertamento peritale svolto nell'ambito del procedimento azionato dal lavoratore infortunato per il conseguimento del c.d. danno differenziale avrebbe rilevato un'invalidità in misura inferiore (31%) rispetto a quella riconosciuta dall'### 6.7. Con l'ottavo motivo di appello lamenta che il Tribunale, dopo aver accertato la responsabilità di ### avrebbe impropriamente dichiarato improponibile e/o improseguibile l'azione nei confronti della ### S.r.l. - di cui il lavoratore era dipendente - in quanto in liquidazione coatta amministrativa, trascurando di considerare che la chiamata in causa della suddetta ### in quanto idonea ad attivare la polizza in essere con la ### di ### non avrebbe potuto determinare una condanna pecuniaria per la stessa. 6.8. Con il nono e ultimo motivo di gravame l'instante si duole della sua condanna al pagamento delle spese di lite in favore della ### di ### affermando di non aver mai formulato alcuna domanda nei confronti della ### rispetto alla quale il Tribunale avrebbe disposto d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, ponendo la chiamata in garanzia a carico dell'### 7. Orbene, questa Corte reputa non condivisibili e prive di fondamento le censure esposte negli atti di gravame. 7.1. Non è degna di pregio la doglianza degli instanti afferente alla intervenuta estinzione del giudizio ex art. 307 c.p.c., non ricorrendo nella specie l'ipotesi di omessa integrazione del contraddittorio necessario ex art. 102 c.p.c. nei confronti della ### S.r.l., dichiarata fallita dal Tribunale di ### con la sentenza n. 147/2012 emessa in data ###.
Si osserva innanzitutto che, qualora il convenuto in un giudizio risarcitorio prospetti la responsabilità di un terzo per il danno allegato dall'attore, non si determina affatto una ipotesi di litisconsorzio necessario tra gli stessi ai sensi dell'art. 102 c.p.c., bensì un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo, dal quale deriva a carico del giudice solo la facoltà, non sindacabile in sede di gravame, presupponendo una valutazione discrezionale, di ordinare la chiamata in causa del terzo, ai sensi dell'art. 107 c.p.c. (conf.
Cass. Civile, Sez. 3, 03 febbraio 2020, n. 2395; Cass., Sez. 3, 01.12.2004, n. 22596; Cass., Sez. Lav., 22.03.2002, n. 4129; Cass., Sez. 2, 22.06.1995, n. 7083).
Solo laddove effettivamente avvenga la chiamata in giudizio del terzo si determina una ipotesi di inscindibilità di cause, per dipendenza, e quindi, come correttamente rilevato dall'### di litisconsorzio necessario meramente processuale (cfr. Cass., 1, Ordinanza 28.02.2018, n. 4722; Cass., Sez. 2, 08.08.2003, n. 11946; Cass., Sez. 3, 29.10.2001, n. 13397; Cass., Sez. 2, 01.04.1999, n. 3114).
Con la chiamata in causa del terzo quale unico responsabile si realizza, cioè, un'ipotesi di dipendenza di cause, in quanto la decisione della controversia fra l'attore e il convenuto, essendo alternativa rispetto a quella fra l'attore e il terzo, si estende necessariamente a quest'ultimo, sicché i diversi rapporti processuali diventano inscindibili, legati da un nesso di litisconsorzio necessario processuale (per dipendenza di cause o litisconsorzio alternativo) che, permanendo la contestazione in ordine all'individuazione dell'obbligato, non può essere sciolto neppure in sede d'impugnazione.
Sennonché, nella specie non ricorre la dedotta inottemperanza all'ordinanza del 05.12.2017 con cui il Tribunale, accogliendo la richiesta in tal senso formulata da ### ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti della ### S.r.l. - inottemperanza le cui conseguenze andrebbero rinvenute nell'art. 270, comma 2, c.c., a norma del quale la causa viene cancellata dal ruolo con ordinanza non impugnabile, da cui decorre il termine trimestrale entro il quale la stessa deve essere riassunta con la chiamata in causa del terzo, ai sensi dell'art. 307, primo comma, c.p.c., pena l'estinzione del processo (Cass. ord. n. 3506/2024); nel caso in esame, invece, l'### ha dato seguito al provvedimento giudiziale di integrazione del contraddittorio, seppur procedendo alla notificazione dello stesso presso la sede legale della terza chiamata anziché presso la ### del fallimento.
Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la notifica non eseguita nei confronti del curatore del fallimento non è inesistente bensì nulla, essendo ravvisabile un collegamento tra la figura del curatore e la persona del fallito, e, di conseguenza, in caso di omessa costituzione del fallimento, deve disporsene la rinnovazione (Cass., V, 7 dicembre 2023, n. ###; Cass., Sez. V, 21 giugno 2016, n. 12785, cit.; Cass., VI, 11 aprile 2014, n. 8624; Cass., Sez. VI, 07 giugno 2012, n. 9281; Cass., Sez. V, 09 aprile 2008, n. 9214; Cass., Sez. II, 29 marzo 2006, n. 7252), dovendo essa essere effettuata presso il domicilio dell'organo pubblico cui spetta la rappresentanza (Cass., Sez. V, 23 marzo 2007, n. 7161).
Trattasi di una riaffermazione del principio secondo cui il luogo nel quale la notificazione del ricorso viene eseguita, non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell'atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando lo stesso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell'ambito della nullità dell'atto, come tale sanabile con efficacia ex tunc per raggiungimento dello scopo, o a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), ovvero in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c. (Cass. 5663/2018; Cass., Sez. U., 20 luglio 2016, n. 14916). ### sentenza emessa senza che sia stato disposto il rinnovo della notificazione è affetta da nullità e può essere impugnata per violazione di legge (v.
Cassazione, sezioni unite, 14916/2016 cit.; Cassazione, pronunce 12055/2016, 5955/2016, 14174/2015 e 10196/2015); ciò a condizione che il vizio sia stato eccepito dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso. ### infatti, il consolidato insegnamento della Suprema Corte, la violazione delle norme sulla notificazione di un atto processuale e l'inosservanza delle disposizioni sulla regolare costituzione del contraddittorio nei confronti di un convenuto costituiscono eccezioni de iure tertii, che non possono essere sollevate da altro convenuto, potendo essere fatte valere soltanto dalla parte direttamente interessata (Cass. Civile, sez. III, 29 ottobre 2019, n. 27607; Cass., Sez. 3, Ord. n. 7262 del 23.03.2018; Cass., Sez. 3, 19.12.2013, n. 28464; Cass., Sez. 3, 07.05.2009, n. 10516; Cass., Sez. 3, n. 20637 del 22.09.2006).
Ebbene, nel caso di specie la nullità della notifica in esame non è stata affatto eccepita: invero, in occasione della successiva udienza del 17.04.2018, a fronte delle deduzioni a verbale dalla ### S.p.a. nel frattempo costituitasi, che ha eccepito l'intervenuta decadenza della ### dalla possibilità di integrare il contraddittorio e, quindi, di formulare qualsivoglia domanda nei confronti della ### della ### S.r.l., l'odierna appellante si è limitata a richiedere “di autorizzarsi la chiamata in garanzia tempestivamente formulata nella memoria di costituzione, tanto a parziale modifica ed integrazione dell'ordinanza già emessa in data ###”.
Quanto sin qui osservato è sufficiente a dar conto dell'infondatezza delle censure di cui ai motivi in esame, formulate esclusivamente sulla base della deduzione dell'insussistente violazione dell'art. 102 c.p.c. 7.2. Ciò chiarito, è opportuno evidenziare che dev'essere dichiarata improponibile nell'odierna sede la domanda formulata da ### nei confronti della società fallita, in persona del curatore, rimasto contumace, essendo stata essa proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge.
È, invero, principio consolidato della Suprema Corte quello per cui l'accertamento di un credito nei confronti del fallimento è devoluto alla competenza esclusiva del giudice delegato, ex artt. 52 e 93 l. fall., con la conseguenza che, ove la relativa azione sia proposta nel giudizio ordinario di cognizione, deve esserne dichiarata d'ufficio, in ogni stato e grado, anche nel giudizio di cassazione, l'inammissibilità o l'improcedibilità, a seconda che il fallimento sia stato dichiarato prima della proposizione della domanda o nel corso del giudizio (Cass., Sez. I civ., 26 aprile 2023, n. 11021; Cass. 07.09.2019 22277 Cassazione civile, sez. III, 04 ottobre 2018, n. 24156). 7.3. Analoghe considerazioni possono essere svolte in relazione all'azione proposta nei confronti della ### Coop. a r.l., che il giudice di prime cure ha correttamente dichiarato improseguibile, avendo la Corte di legittimità avuto modo di affermare che, a seguito della sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa di una società si determina, per un verso, la perdita della capacità ### processuale degli organi societari, e, per altro verso, la temporanea improcedibilità, fino alla conclusione della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo davanti agli organi della procedura ai sensi degli artt. 201 e ss. L.F., della domanda azionata in sede di cognizione ordinaria, rilevabile anche d'ufficio e pur nella fase di cassazione, in difetto di una norma analoga alla L. n. 990 del 1969, art. 25 (Cassazione civile, sez. III, 20.03.2017, n. 7037; Cass., 09.03.2010 n. 5662).
Ne consegue che qualsiasi credito nei confronti di un'impresa posta in liquidazione coatta amministrativa dev'essere fatto valere in sede concorsuale, nell'ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il giudice può conoscerne in sede di cognizione ordinaria solo in un momento successivo, sulle opposizioni o impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede, così determinandosi una situazione di improponibilità, o, se proposta, di improseguibilità della domanda a tutela del principio della par condicio creditorum, che concerne sia le domande di condanna che quelle di mero accertamento del credito.
Nei confronti di un ente in liquidazione coatta amministrativa, come anche di un'impresa in fallimento o in liquidazione giudiziale, le azioni di accertamento o costitutive sono proponibili al di fuori della procedura concorsuale di verifica dello stato passivo solo quando sussiste uno specifico interesse, non altrimenti tutelabile, alla definizione dell'assetto dei rapporti contrattuali pendenti o instaurati dalla procedura (come nel caso della reintegra nel posto di lavoro del dipendente licenziato o dell'attribuzione di una determinata qualifica all'interno dell'ente o azienda), mentre l'accertamento di ogni altro diritto di credito, retributivo, risarcitorio o indennitario, deve avvenire mediante l'insinuazione al passivo (Cass. 28 ottobre 2024 n. 27796).
Dunque, le domande di mero accertamento o costitutive possono essere proposte al di fuori del procedimento di formazione dello stato passivo soltanto quando dall'eventuale pronuncia di accoglimento non si intenda far derivare diritti di credito o diritti restitutori.
In altri termini, devono dichiararsi improcedibili davanti al giudice ordinario le azioni di accertamento o costitutive quando la relativa pronuncia sia destinata a rappresentare la “base concettuale” di una pretesa creditoria deducibile in sede concorsuale. ### fattispecie de qua non si ravvisano i presupposti per configurare un interesse a un'azione di mero accertamento al di fuori della cognizione propria del concorso, tanto più che la domanda formulata dagli instanti ha manifestatamente una funzione strumentale alla condanna della ### S.r.l. e della ### S.r.l., a nulla rilevando la circostanza dagli stessi dedotta per cui la chiamata in causa delle suddette società avrebbe comportato l'attivazione, peraltro meramente eventuale, della polizza da esse stipulata rispettivamente con la ### S.p.a. e con la ### di ### 7.4. Parimenti infondata è la critica degli appellanti afferente all'erronea dichiarazione di inammissibilità della chiamata in causa, da parte della ### della ### S.p.a. in qualità di garante della fallita ### S.r.l., dovendosi sul punto condividere l'argomentazione del primo giudice secondo cui la ### chiamata a rispondere a titolo personale, in veste di legale rappresentante della suddetta società, non ha offerto prova di avere azione diretta nei confronti della ### posto che si verte in un'ipotesi differente da quella di ### quand'anche di ### (responsabilità civile verso terzi/verso prestatori di lavoro soggetti all'obbligo di assicurazione ###, anziché di responsabilità civile generale come stabilito dalla sentenza gravata, né risulta che il contratto di assicurazione copra anche la responsabilità personale e patrimoniale degli amministratori dell'azienda.
Non è pertinente il richiamo all'art. 15 delle ### di ### che a dire degli instanti, disponendo che “Non sono considerati terzi ai fini dell'assicurazione R.C.T.: … b) quando l'### non sia una persona fisica, il legale rappresentante, il socio a responsabilità limitata e i soggetti che si trovano con loro nei rapporti di cui alla lettera a)”, comproverebbe che la ### è il soggetto tutelato dal contratto e ha conseguentemente diritto a essere manlevata dalla ### senza necessità di provare alcunché, atteso che detta norma afferisce alla differente ipotesi dei terzi danneggiati esclusi dalla copertura assicurativa ### come conferma il riferimento ivi contenuto ai subappaltatori e ai loro dipendenti (lett. d), che fa salvo quanto disposto dal precedente art. 14 delle suddette ### ove sono, invece, elencate le garanzie comprese automaticamente nell'assicurazione della responsabilità civile verso terzi, tra cui figura, alla lettera e), quella per le lesioni personali gravi o gravissime subite proprio dai subappaltatori e loro dipendenti in occasione di lavoro.
Non giova neppure il riferimento alla nota della ### S.p.a. del 17.05.2022 (cfr. doc. n. 2 allegato al fascicolo di secondo grado della ###, posto che essa, in disparte la considerazione per cui risulta essere stata prodotta per la prima volta solo in grado di appello, riscontra un quesito formulato all'### in data ### in termini assolutamente generici e soprattutto non concerne il contratto e il fascicolo informativo relativi alla polizza “R.C. Aziende industriali” n. ###09 contratta tra la ### S.r.l. e l'allora ### S.p.a., bensì altro e diverso fascicolo informativo a essa allegato, tant'è che la ### ha ivi precisato di poter riscontrare la missiva solo in modo sommario poiché, “### la situazione con gli uffici di ### ed effettuate le dovute ricerche con i dati trasmessi dall'Esponente,… non risulta alcuna polizza in vigore”.
A ogni modo, quand'anche si ritenesse di avallare le argomentazioni difensive dell'appellante e, dunque, di ritenere la stessa il soggetto assicurato, poiché in un rapporto di immedesimazione organica con la ### S.r.l., la ### non avrebbe titolo, alla luce dell'intervenuto fallimento della società committente, a invocare l'applicazione della garanzia assicurativa ### spettando la legittimazione, al più, alla sola ### Ma soprattutto, è dirimente la considerazione che detta garanzia, pur essendo in astratto operante ai sensi del citato art. 14, lett. e) delle ### generali di ### a norma del quale “ La garanzia comprende i danni subiti dai ### e loro dipendenti in occasione di lavoro, sempreché dall'evento derivino la morte o le lesioni personali gravi o gravissime, così come definite dall'art. 583 del ###” - diversamente da quanto sostenuto dalla ### che si limita in maniera impropria a citare l'art. 12 lett. B) delle suddette ### rubricato “### della responsabilità Civile verso prestatori di lavoro soggetti all'obbligo di assicurazione ### (R.C.O.)” - tuttavia nel caso oggetto di scrutinio non potrebbe essere attivata, risultando la relativa richiesta inammissibile in quanto volta a tenere la ### indenne rispetto a un “credito” che, come già in precedenza chiarito, non potrebbe che essere accertato in sede fallimentare ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 52 della L.F.
Per quanto, quindi, non risponda al vero l'assunto della ### resistente per cui essa terrebbe indenne l'assicurata solo in relazione agli infortuni sofferti dai prestatori di lavoro suoi dipendenti addetti all'attività per la quale è prestata l'assicurazione, con esclusione di subappaltatori e loro dipendenti, va in ogni caso osservato che l'accoglimento della domanda formulata dalla ### nella rivendicata qualità di legale rappresentante della ### S.r.l., nei confronti della ###ni S.p.a., comporterebbe la violazione della competenza funzionale inderogabile del Tribunale fallimentare, al quale deve ritenersi riservata la decisione in merito.
In altri termini, gli eventuali diritti rivenienti dal contratto di assicurazione potrebbero essere fatti valere solo in presenza di una richiesta risarcitoria di cui la società fallita dovrebbe rispondere, quindi in presenza, in definitiva, di un “credito” che, tuttavia, non potrebbe mai essere accertato in questa sede ###quella fallimentare ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 52 della L.F, al fine di non ledere la par condicio creditorum. 7.5. Non appare fondata neppure la doglianza della ### afferente alla propria carenza di legittimazione passiva, atteso che la Corte di cassazione (cfr. Cass. Sez. Lav. del 22.01.2021, n. 1399), nel chiarire contro chi è esercitabile l'azione di regresso dell'### ha statuito che “...in materia di sicurezza sul lavoro trova applicazione la nozione di datore di lavoro non in senso lavoristico ma in senso prevenzionale, e che tale figura - per espressa definizione normativa della nozione relativa comprende non solo il datore di lavoro formale ma proprio la figura dell'amministratore unico, il quale è titolare dei poteri decisionali e di spesa in materia di sicurezza sul lavoro”.
In base al criterio di rappresentatività, nel caso in cui il datore di lavoro rivesta la forma societaria, la relativa responsabilità, sia penale che civile, grava proprio sul legale rappresentante della persona giuridica, essendo colui che è preposto alla gestione della società e s'identifica con il principale destinatario delle norme antinfortunistiche, salvo la sussistenza di una espressa delega volta a trasferire l'obbligo di prevenzione dal titolare della posizione di garanzia ad altri soggetti inseriti nell'apparato organizzativo della società; delega di cui nel caso di specie non è stata fornita prova alcuna (Cass., Sez. Lav., 04 giugno 2024, n. 15581; Cass. Pen. n. 43091/2014). ### appellante era, dunque, titolare di specifica posizione di garanzia connessa alla funzione di amministratrice della società, rispetto alla quale vi era una precisa responsabilità in tema di prevenzione e sorveglianza degli obblighi antinfortunistici ex artt. 2087 e 2050 Detta responsabilità sussiste anche in relazione alla speciale azione di regresso spettante jure proprio all'### ai sensi degli artt. 10 ed 11 del d.P.R. 30 giugno 1965 1124, essendo essa esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso soggetti responsabili o corresponsabili dell'infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all'attività lavorativa, giacché essi, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentano organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l'obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro, senza che a ciò sia di ostacolo la possibile affermazione della loro responsabilità solidale, atteso che l'art. 2055 c.c. consente la diversità dei rispettivi titoli di responsabilità (contrattuale per il datore di lavoro ed extracontrattuale per gli altri) (Cass., Sez. Lav., 04 giugno 2024 n. 15581 cit.; Cass. Civile, Sez. Lav., 10 gennaio 2023, n. 375; Cass. n. 17486/2013; Cass., Sez. Lav., 07.03.2008, n. 6212; Cass., Sez. Lav., 18.08.2004, n. 16141; Cass., Sez. Un., 16.04.1997, n. 3288).
In altri termini l'### può agire per la rivalsa delle prestazioni erogate all'infortunato non solo nei confronti del titolare del rapporto assicurativo, ma anche nei confronti di tutti coloro che in ragione dell'attività svolta siano gravati da specifici obblighi di prevenzione a beneficio dei lavoratori assoggettati a rischio, al di là della qualifica formale di datore di lavoro (Cass. Civile, Sez. VI, 07 dicembre 2021, n. ###; Cass. 18.05.2017 n. 12561).
Ne consegue che l'instante, in quanto chiamata, in veste di legale rappresentante della società committente, all'assolvimento dell'obbligo di sicurezza, risponde in sede di regresso, ove sia accertata la responsabilità nell'accadimento dell'infortunio occorso al lavoratore, dei conseguenti obblighi patrimoniali nei confronti dell'### assicuratore, a nulla rilevando la sua estraneità al rapporto assicurativo. 7.6. È, poi, priva di pregio la doglianza dell'appellante ### relativa all'omessa notifica della ordinanza di ammissione dell'interrogatorio formale del contumace ### e alla conseguente impossibilità per lo stesso di giovarsi ai sensi dell'art. 232 c.p.c. di una diversa imputazione delle quote di responsabilità.
Sul punto, si evidenzia che la suddetta ordinanza del 15.10.2019 risulta essere stata notificata una prima volta all'interessato in data ### su richiesta del procuratore di ### il quale alla successiva udienza del 03.12.2019 ha richiesto a verbale un nuovo termine per il medesimo adempimento, dando atto che il ### era risultato sconosciuto all'indirizzo indicato in ricorso.
Il primo giudice, nel rinviare la causa all'udienza del 25.02.2020 per l'espletamento della prova per testi richiesta dall'### e per l'interrogatorio formale del contumace, ha, quindi, disposto la notifica del verbale di udienza e del provvedimento di ammissione entro il ###.
All'udienza del 25.02.2020 il difensore della ### S.p.a. ha poi esibito l'originale dei verbali di causa contenenti i provvedimenti di ammissione dell'interrogatorio formale del convenuto ritualmente notificati, depositando, altresì, copia di cortesia degli stessi.
A ogni modo, è bene precisare che la mancata comparizione o risposta del ### all'interrogatorio formale a lui deferito - circostanza, peraltro, meramente eventuale - non avrebbe potuto di per sé determinare l'attribuzione a quest'ultimo di una maggiore quota di responsabilità nella determinazione dell'evento infortunistico occorso al ### e, dunque, una corrispondente riduzione di quella attribuibile all'appellante, avendo la Corte di cassazione statuito che, pur ricorrendo i presupposti per l'applicazione dell'art. 232 c.p.c., il giudice non può prescindere dall'intero corredo probatorio a sua disposizione, né può rifugiarsi in un'apodittica affermazione circa l'insussistenza di altri elementi contrastanti, quando gli stessi non sono stati nemmeno apparentemente considerati (Cass., Sez. III, ord. 22 marzo 2022 n. 9230).
Non è possibile, cioè, attribuire alla suddetta circostanza piena efficacia probatoria, in quanto in tema di prove e, in particolare, di interrogatorio formale, la disposizione dell'articolo 232 c.p.c., a differenza dell'abrogato articolo 218 del precedente codice di rito, non ricollega automaticamente alla mancata comparizione o risposta all'interrogatorio, per quanto ingiustificata, l'effetto della confessione, ma dà solo la facoltà al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, però, nel contempo, di valutare ogni altro elemento di prova e, quindi, di inserire quel comportamento nel più ampio quadro del compendio probatorio acquisito al processo (Cass. ord. 27 dicembre 2021, n. 41643; Cass. 18 aprile 2018, n. 9436; Cass. 06 agosto 2014, n. 17719; Cass. Civ. Sez. Lav., 14.02.2007, n. 3258). 8. Ciò chiarito, passando al merito, ritiene il Collegio che il Tribunale abbia correttamente giudicato gli odierni appellanti civilmente responsabili dell'infortunio occorso a ### ravvisando in capo agli stessi specifici profili di colpa sulla base della posizione di garanzia rivestita da ciascuno nelle rispettive qualità e delle connesse sfere di competenze che da tali posizioni discendono. 8.1. Quanto alla posizione di ### si condivide la statuizione del giudice di prime cure di imputabilità alla medesima di un duplice profilo di responsabilità in qualità di datore di lavoro - rappresentante legale della società committente ### S.r.l., dovendo ella rispondere della violazione dell'art. 8 D.P.R. 547/55, come modificato dall'art. 33, commi 3-5, D.lgs. n. 626/1994, per aver omesso di predisporre la segnaletica orizzontale idonea a disciplinare il traffico di pedoni e mezzi al fine di evitare incidenti tra essi, e della mancata promozione della cooperazione e del coordinamento prescritti dall'art. 7, D.lgs. n. 626/1994 tra tutte le imprese appaltatrici, ossia la ### S.r.l, la ### S.r.l. e la ### S.r.l., le cui attività, insistendo nello stesso perimetro lavorativo, interferivano tra loro.
Invero, in ossequio all'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la responsabilità del committente o del sub-committente per i danni derivati al lavoratore nel corso dell'attività lavorativa concessa in sub appalto, a causa dell'inosservanza delle misure di tutela delle condizioni di lavoro, è configurabile ai sensi degli artt. 2087 c.c. e 7 del D.lgs. n. 626/1994 (ora art. 26 del D.lgs. n. 81/2008), venendo meno per i soli rischi specifici delle attività proprie dell'appaltatore o del prestatore d'opera, atteso che la norma pone a carico del committente datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori ad altre imprese, l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, nonché quello di cooperare nell'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata, nell'ambito dell'intero ciclo produttivo, obblighi rispetto al cui adempimento il dovere di sapere del sub appalto costituisce una essenziale precondizione (Cass., Sez. VI, ord. n. 12465/2020, Cass. n. 12561/2017; Cass., Sez. Lav., 09.05.2017, n. 11311; Cass, ### Lav., 08.10.2012 n. 17092; Cass., Sez. IV penale, 29.01.2008 n. 12348).
Dunque, in tema di infortuni sul lavoro, l'art. 2087 c.c., espressione del principio del "neminem laedere" per l'imprenditore, e l'art. 7 del D.lgs. 19 settembre 1994 n. 626, che disciplina l'affidamento di lavori in appalto all'interno dell'azienda, prevedono l'obbligo per il committente, nella cui disponibilità permane l'ambiente di lavoro, di predisporre tutte le misure idonee a preservare l'incolumità dei lavoratori, ancorché dipendenti dall'impresa appaltatrice, consistenti nell'informazione adeguata non solo di quest'ultima ma anche dei singoli lavoratori, nella adozione delle misure necessarie al raggiungimento dello scopo, nella cooperazione con l'appaltatrice per l'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi all'ambiente di lavoro e all'attività affidata in appalto, tanto più se caratterizzata dall'uso di macchinari pericolosi (Cass., Sez. III, 20.10.2011 n. 21694).
La posizione di garanzia di cui il committente è titolare, anche nel caso di subappalto, è, altresì, idonea a fondare la sua responsabilità sia per la scelta dell'impresa che per l'omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini (Cass., Sez. IV, 08.01.2019 n. 5893; Cass., Sez. IV, 10.01.2018, n. 7188).
La Corte di cassazione (Cass., Sez. ###., 22.09.2020, n. 28728) ha, infatti, affermato che, in materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l'idoneità tecnico professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l'obbligo di verifica di cui all'art. 90, lett. a), D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo.
Nel caso di specie, la mancata predisposizione sul luogo di lavoro di una segnaletica orizzontale idonea a regolamentare il contestuale transito nella medesima area di mezzi a motore e pedoni emerge distintamente dalle testimonianze acquisite tanto nel primo grado del presente giudizio quanto nel procedimento penale celebrato a carico degli odierni appellanti nonché di ### dinanzi al Tribunale di ### (R.G.P.M. n. 4633/2007 e R.G. Trib. n. 189/2009) - dei cui atti il giudice del lavoro ha disposto l'acquisizione con ordinanza del 15.10.2019 -, a definizione del quale è stata emessa la sentenza n. 4551/2016, depositata in data ###, che, sebbene abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, ha chiarito l'impossibilità di accertare, in modo incontestabile, “l'esistenza di circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte degli imputati ovvero la sua penale rilevanza, sì da giustificare un proscioglimento nel merito degli stessi”.
Il teste ### escusso nel primo grado del presente giudizio all'udienza del 12.01.2021 su indicazione di ### della quale è stato consulente all'indomani dell'incidente per cui è causa, ha dichiarato: “A.D.R.: Non vi era predisposizione di percorsi dedicati con segnaletica orizzontale. ### solo segnaletica verticale, tipo segnali ammonitori di attenzione. Non vi erano segnali verticali di tipo stradale. Non vi erano per terra strisce o corsie delimitate; A.D.R.: Attraverso i portoni di ingresso del capannone avveniva l'accesso all'interno. I portoni riguardanti il piazzale ove è avvenuto l'incidente sono due e sono frontistanti ad una distanza di almeno 24 metri. ## spazio dei 24 metri è libero ed è interno al capannone. Nel piazzale per cui è causa vi era anche il transito di pedoni. Non vi era tuttavia alcuna distinzione di percorsi tra chi azionava i muletti e chi doveva attraversare il piazzale a piedi. Chi azionava i muletti per spostare le balle di plastica dal punto di stoccaggio all'interno del deposito seguiva un percorso - come Le ho mostrato testé sulla pianta dei luoghi - tale da correre il rischio di incrociare eventuali pedoni; Confermo che vi erano i cartelli monitori. Non ricordo di aver visto segnali relativi ai limiti di velocità”.
Analogamente il teste ### dipendente della ### S.r.l. dal 2005 al 2009, sentito alla medesima udienza del 12.01.2021 su richiesta della odierna appellante, ha riferito: “A.D.R.: Ricordo che vi era segnaletica verticale. Non era segnaletica di tipo stradale. Vi erano cartelli di ammonimento circa il rischio derivante dal transito dei muletti”.
Ha così confermato quanto già riferito in sede penale, ove, sentito all'udienza del 22.12.2011, aveva dichiarato: “### alle pareti ci sono dei segnali dove indicavano come guidare i muletti, non mettere due persone sui muletti, la velocità dei muletti, i pedoni che dovevano stare attenti quando attraversavano, però solo là”.
Il teste nella medesima occasione aveva, altresì, sconfessato quanto dedotto dall'appellante circa la presenza nel piazzale, all'epoca dell'infortunio per cui è causa, di strisce pedonali, rispondendo in senso negativo alla domanda del P.M. “A terra non c'è disegnato qualcosa?”, per poi precisare “Si, ma attualmente, prima di… ### prima dell'incidente non c'era”. ### stesso senso depongono le dichiarazioni rese nel giudizio penale da ### il quale, interrogato all'udienza del 22.12.2011 in qualità di responsabile della produzione della società committente, in merito all'esistenza di una regolamentazione della viabilità nel luogo dell'infortunio e alla presenza della relativa segnaletica affermava: “### di quello che ci riguarda a noi come ### si, cioè dovevamo fare attenzione quando si attraversava dall'officina in stabilimento al passaggio dei carrelli.
Segnaletica verticale, cioè delle insegne di fare attenzione ai pedoni, carrelli, muletti e…”.
Risulta, dunque, comprovata, sotto il profilo della violazione dell'art. 8 D.P.R. 547/55, come modificato dall'art. 33, commi 3-5, D.lgs. n. 626/1994, l'infrazione contestata alla ### la quale deve rispondere dell'evento infortunistico occorso al ### non potendo trovare accoglimento la censura della stessa afferente alla carenza di qualsivoglia elemento soggettivo a lei addebitabile. ### non può, infatti, utilmente invocare, onde neutralizzare l'effettività della posizione di garanzia ricoperta, la presenza del componente del servizio di prevenzione e protezione, nella persona rispettivamente dell'ing. ### e del relativo responsabile prof. ### in quanto le norme che prevedono detto servizio all'interno delle aziende (art. 31 D.lgs. 09.04.2008 n. 81, nel quale è confluita la disciplina dettata in materia dal D.lgs. n. 626/1994), lo configurano come un semplice ausiliario e, quindi, una figura diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nella individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti (Cass. 21 settembre 2022, n. ###; Cass., Sez. ###., 05.04.2013, n. 50605).
Trattasi, cioè, di un consulente del datore di lavoro, che lo coadiuva nelle funzioni di prevenzione degli infortuni, svolgendo compiti che si sostanziano nella ricerca dei fattori di rischio e nella individuazione delle misure per la sicurezza e salubrità dell'ambiente di lavoro, i cui risultati sono messi a disposizione della direzione aziendale, che li recepisce in base a un rapporto fiduciario che si instaura fra lo stesso e la parte datoriale (Cass., Sez. ###., 16.12.2009 n. 1841). ### del ### di ### e ### è, dunque, privo di poteri decisionali, assolvendo una prestazione di collaborazione in ragione del rapporto di ausiliarietà e di subordinazione al datore di lavoro, sicché non può essere ricondotto ad alcuna delle figure comprese nella categoria delle persone dotate di veste apicale.
La Suprema Corte ha, inoltre, evidenziato la differenza della figura in esame rispetto all'istituto della "delega di funzioni" previsto dall'art. 16 D.lgs. n. 81/2008, statuendo che soltanto quest'ultimo determina un esonero di responsabilità del datore di lavoro, comportando il subentro del delegato nei poteri e nelle prerogative connesse alla posizione di garanzia dello stesso, quale diretto destinatario degli obblighi inerenti alla sicurezza dei lavoratori (Cass., Sez. ###., 18 maggio 2023, n. 21153; Cass., sez. ###., 26 marzo - 20 maggio 2013, n. 21628).
Dunque, la mera designazione del responsabile della prevenzione e della protezione, non equivalendo a una delega di funzioni, non è sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
In altri termini, la figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non corrisponde a quella meramente eventuale di delegato per la sicurezza, poiché quest'ultimo, destinatario di poteri e responsabilità originariamente e istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro, deve essere formalmente individuato e investito del suo ruolo con modalità rigorose; ne consegue che la sua designazione non dà luogo a nessuna esenzione di responsabilità del datore di lavoro-legale rappresentante, il quale, anche se non svolge funzioni tecniche, rimane l'unico e diretto destinatario, per la posizione di garanzia derivante dalla sua qualifica, degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni (Cass., Sez. ###., 26.04.2017, n. 24958; Cass., Sez. ###., 10.07.2009, ###).
Né la ### a discapito di quanto dalla stessa assunto, può considerarsi esonerata da ogni responsabilità per il sol fatto che i professionisti esterni da lei nominati avrebbero, a suo dire, omesso di segnalare l'opportunità di tracciare le distanze di sicurezza nell'area di transito di mezzi e persone, in quanto la valutazione del rischio è funzione tipica del datore di lavoro, non delegabile neppure attraverso il conferimento di una delega di funzioni ad altro soggetto, ragion per cui le eventuali carenze nell'attività di collaborazione da parte del ### potrebbero, al più, comportare una responsabilità concorrente, ma non esclusiva di quest'ultimo (Cass., Sez. Pen., 18.05.2023 n. 21153). ### specie, tuttavia, la circostanza riferita dall'appellante risulta confutata dalle dichiarazioni rese nell'ambito del processo penale dall'ing. ### consulente esterno del gruppo ### in materia di sicurezza, il quale, sentito all'udienza del 22.12.2011, rispondendo alla domanda “Lei non ha ritenuto di suggerire per quello specifico passaggio particolari cautele a livello di segnaletica verticale e orizzontale?”, affermava “E' stata fatta una valutazione ed è stata anche proposta di ampliare la segnaletica delle… Evidentemente non è stata considerata necessaria, perché ribadisco gli spazi erano ampi e quindi la movimentazione dei pedoni e dei veicoli era garantita”.
Si rivela poi assolutamente pretestuosa la deduzione dell'appellante secondo cui la presenza della suddetta segnaletica orizzontale non avrebbe impedito il verificarsi dell'evento infortunistico, atteso che una segnaletica atta a distinguere, in un'area destinata al transito promiscuo di persone e mezzi meccanici, i percorsi riservati agli uni e agli altri, nonché ad assicurare una distanza di sicurezza sufficiente tra i lavoratori a piedi e i mezzi di trasporto, avrebbe, invece, ragionevolmente neutralizzato il rischio di collisione o quanto meno attenuato la carica lesiva dell'evento.
Non appare corroborata dalle risultanze istruttorie neppure l'asserzione secondo cui non vi era alcuna necessità di indicare un percorso su strada, poiché vi era un percorso su marciapiede per raggiungere il luogo di destinazione del lavoratore infortunato che lo stesso avrebbe dovuto seguire, atteso che, sebbene il teste ### abbia in prime cure dichiarato “A.D.R.: ### avrebbe potuto scegliere strade molto più lunghe per colmare la distanza tra i due capannoni, praticamente percorrendo il perimetro del piazzale e questo sarebbe stato più sicuro”, il teste ### riferiva in sede penale “### ci consigliavano di attraversare da vicino i muri dei capannoni, perché c'è uno spazio di 80 centimetri, come un marciapiede, no? ### per accedere all'officina devi assolutamente attraversare dei pezzi dove non c'è nessun…; …### bisogna sempre attraversare, per andare in questa officina bisogna sempre attraversare da dove passano i muletti…; Per accedere al capannone, dal capannone di produzione al capannone dove c'è l'officina meccanica, bisogna attraversare questo piazzale; Per chi deve accedere, per qualsiasi evenienza deve andare in questa officina, deve attraversare”.
La medesima circostanza emerge anche dalla deposizione resa nel procedimento penale dal teste ### consulente esterno della ### S.r.l. in materia di sicurezza, il quale dichiarava “E beh, per raggiungere le strutture operative bisognava comunque passare dal piazzale, nel senso che, per esempio, dall'officina meccanica per andare nel reparto di lavorazione bisognava comunque attraversare il piazzale; I pedoni si muovevano a ridosso delle strutture esistenti e quando arrivavano in prossimità dell'accesso attraversavano il piazzale”.
Dunque, contrariamente a quanto assunto dalla ### il passaggio attraverso il piazzale esterno della ditta committente era almeno in parte obbligato per i lavoratori che avevano necessità di spostarsi da un capannone all'altro, come nel caso del ### il quale, sentito a sommarie informazioni dagli ispettori ###5 in data ###, riferiva: “Il giorno 30-01-2007 intorno alle ore 8,30 mentre uscivo dal capannone dove è ubicata l'officina di manutenzione per recarmi nello stabilimento di produzione granuli di fronte allo stesso, nell'attraversare il piazzale venivo investito da un carrello elevatore condotto dal sig. ### Michele”.
Lo stesso è stato poi ascoltato in sede penale, all'udienza del 17.09.2010, ove, circostanziando meglio l'evento occorsogli, dichiarava: “Niente io avevo finito di assemblare i tubi. In pratica, il mio primo giorno lavorativo in quell'azienda, ci fu un macchinario che comunque doveva essere sostituito. Quindi, quando si toglie un macchinario, ovviamente le tubature, comunque, o si accorciano o si allungano, in base allo spessore che occupa il macchinario.
Niente, in pratica stavo ultimando il lavoro che avevo iniziato il giorno prima, dovevo ultimare il lavoro e poi ero rimasto d'accordo con i miei colleghi di lavoro che quando avrei finito di fare quel determinato lavoro li dovevo avvisare in modo da trasportare i tubi che avevo assemblato per il montaggio. Quando, appunto, ho finito di assemblare i tubi, mi stavo recando nell'altro capannone, a piedi, sempre all'interno dell'azienda… Improvvisamente non ho avuto neanche il tempo materiale di accorgermi che mi stava giungendo sopra il carrello elevatore, condotto da ### Michele…” (v. pagg. 7 e 11 del verbale di udienza del 17.09.2010). Al riguardo, si osserva che non vi è prova alcuna che l'infortunato non avesse di fatto costeggiato i capannoni prima di attraversare il piazzale ove è stato poi attinto dal mezzo condotto dal ### considerato che nessuno dei testi escussi, anche in sede penale, ha dichiarato alcunché circa la dinamica dell'evento infortunistico.
In particolare, i testi ### e ### sentiti in prime cure all'udienza del 12.01.2021 in relazione alla circostanza articolata dalla ### S.p.a. per cui “a.5) il sig. ### il giorno del riferito evento, ossia il ### alle ore 8.30 circa, usciva dal capannone, senza esigenza lavorativa alcuna, per recarsi presso il magazzino posto di fronte ed attraversava la sede stradale, omettendo di seguire il perimetro del capannone ove è ubicato il marciapiedi e di utilizzare il predetto marciapiedi”, hanno rispettivamente affermato: “### so per conoscenza diretta, ma solo de relato, come già riferito”; “### so di quanto mi legge sub a.5)”.
In egual modo, nel giudizio penale a carico degli odierni appellanti il teste ### riferiva: “A me mi è stato…stavo in produzione quando mi hanno avvisato che era successo un incidente… ### sono arrivato sul posto, ho trovato che c'era ### e l'infortunato a terra, mi sono subito recato ad aprire il cancello per l'ingresso per l'ambulanza e ho aspettato fuori” (v. pagg. 11-12 verbale di udienza del 22.12.2011).
Il teste ha sostanzialmente confermato quanto dal medesimo dichiarato a sommarie informazioni agli ispettori della ###5 in data ###: “In relazione al momento infortunistico dichiaro che non ero presente in quanto ero in produzione. Sono stato avvisato da un dipendente della ### e mi sono precipitato sul piazzale dove ho visto l'infortunato sig. ### disteso a terra a fianco di un muletto”. ### di un riscontro diretto in ordine alla condotta assunta dal ### in occasione del sinistro per cui è causa emerge anche dalla deposizione resa in primo grado, all'udienza del 25.02.2020, dal teste di parte ricorrente ### in qualità di ispettore dello ### di ### laddove ha dichiarato: “A.D.R.: All'uopo ci siamo recati nello stabilimento della ### e abbiamo assunto informazioni presso i dirigenti; in particolare ho sentito il caporeparto, di cui non ricordo il nome, il sig. ### in qualità di conducente del muletto, e un altro lavoratore, di cui non ricordo il nome, che asseriva di essere presente sul piazzale al momento dell'evento, anche se a suo dire non aveva visivamente assistito all'incidente, ma aveva solo udito delle grida”.
Di pari tenore si mostra la deposizione del teste ### anch'egli ispettore dello ### di ### all'epoca dei fatti, il quale ha affermato: “A.D.R.: …preciso che abbiamo sentito il ### il ### il capo reparto della ### di cui non ricordo il nome, sia un operaio dipendente di una ulteriore cooperativa che era di spalle e non aveva visto niente”. 8.2. Quanto all'utilizzo da parte del ### delle cuffie antirumore durante il transito da un capannone all'altro, che a dire degli appellanti sarebbe indice di una corresponsabilità dello stesso nella causazione dell'evento, si osserva che dall'istruttoria orale espletata sia nel presente giudizio che in quello penale non è emerso che ai lavoratori impiegati presso la ditta appaltatrice fosse stato prescritto di togliere il presidio otoprotettore durante l'attraversamento del piazzale esterno.
Sul punto il lavoratore infortunato, in occasione della sua audizione in sede penale, dopo aver confermato di aver ricevuto in dotazione le suddette cuffie per l'espletamento dell'attività a cui era preposto, affermava: “…io stavo soltanto eseguendo il mio lavoro rispettando le norme di sicurezza, perché in qualunque altra azienda non si è mai visto che un operaio, se esce da un capannone e entra in un altro capannone, ripeto, che non è lungo chilometri il tragitto, è lungo pochi metri, non si è mai visto che un operaio si tolga e si metta di nuovo le cuffie, anche perché, nel momento in cui ti vai a togliere i tappi, li devi gettare i tappi, devi prendere altri tappi”.
La dichiarazione del ### trova conforto in quella rilasciata all'udienza del 22.12.2011 da ### in veste di responsabile di produzione della ### S.r.l., il quale, rispondendo alla domanda del P.M. “E a voi era stato detto di togliere i tappi quando facevate un tragitto…”, riferiva “No, non ci è stato detto, però all'ingresso… ### di entrare all'ingresso, ci sono le segnaletiche di usare cuffie e tappi prima di entrare dentro”.
Dunque, il danneggiato non ha di fatto violato le prescrizioni in materia di sicurezza sul lavoro impartite dalla società committente, né vi sono evidenze probatorie che lo stesso abbia disatteso le raccomandazioni ricevute circa la necessità di prestare attenzione al percorso dei mezzi meccanici all'interno dell'azienda, non avendo le risultanze istruttorie in alcun modo confutato la deposizione dell'infortunato laddove ha affermato: “In pratica c'erano due capannoni, da uno uscivo io e stavo andando verso l'altro capannone, ma nel momento in cui stavo attraversando, come solitamente si fa, ho guardato sia a destra che a sinistra, perché, ripeto, non c'era nessun tipo di segnalazione, se mi dovevo fermare, se dovevo camminare, quindi per sicurezza ho guardato sia a destra che a sinistra e non veniva nessuno…” (v. pagg. 11 del verbale di udienza del 17.09.2010 in sede penale). ### fattispecie de qua non vi sono, pertanto, elementi per ravvisare una responsabilità esclusiva o concorrente del danneggiato.
Peraltro, anche laddove il dipendente non si fosse attenuto alle cautele imposte dalle norme antinfortunistiche o alle direttive dei datori di lavoro non sarebbe configurabile una colpa a suo carico, poiché proprio il vigilare sul rispetto di tali norme da parte del lavoratore, sì da proteggerne l'incolumità nonostante la sua imprudenza o negligenza, è l'obbligo cui è tenuto il datore di lavoro, dovendo quest'ultimo evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Cass., Sez. Lav., 25.02.2019, n. 5419; Cass., Sez. 4 penale, n. 22813 del 21.04.2015; Cass., Sez. Lav., 13.02.2012, n. 1994).
Dunque, nel caso di danno alla salute del lavoratore, la responsabilità del datore di lavoro è esclusa solo se il danno è stato cagionato da una condotta atipica ed eccezionale del prestatore che si pone come causa esclusiva dell'evento dannoso, mentre al di fuori di tale ipotesi, in linea generale, il datore di lavoro è responsabile quando omette di adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del lavoratore.
Compete, cioè, al datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c. prevenire anche le condizioni di rischio insite nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia del lavoratore, dimostrando di aver messo in atto a tal fine ogni mezzo preventivo idoneo, con l'unico limite del cd. rischio elettivo, da intendere come condotta personalissima del dipendente, intrapresa volontariamente e per motivazioni personali, al di fuori delle attività lavorative.
E' evidente, pertanto, che l'interruzione del nesso eziologico, a causa del comportamento imprudente del lavoratore, da solo sufficiente a determinare l'evento, richiede, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, che la condotta sia esorbitante o abnorme rispetto al tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata, ossia che sia posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidate, per cui esuli da ogni prevedibilità, oppure che rientri nelle mansioni affidate ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, scelte nella esecuzione del lavoro (Cass., Sez. IV penale, n. 7188 del 10.01.2018; Cass., Sez. IV penale, n. 16216/19).
In altri termini, il suddetto comportamento è “interruttivo” del nesso eziologico non perché “eccezionale”, ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (Cass., Sez. IV penale, 17.10.2018, n. 54813; Cass., Sez. IV penale, n. 27543 del 2017; Cass., Sez. Un., n. ### del 24.04.2014). 8.3. Alla odierna appellante è, inoltre, addebitabile un ulteriore profilo di colpa, consistente nella violazione dell'art. 7 D.lgs. n. 19 settembre 1994, n. 626, che, contrariamente a quanto assunto dalla ### pone a carico della committente, anche nella formulazione antecedente la modifica normativa entrata in vigore nell'agosto 2007, non un mero obbligo di informativa, bensì specifici obblighi di cooperazione e di coordinamento delle aziende appaltatrici.
Recita, invero, la norma: “1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima: a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera; b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività. 2. ###ipotesi di cui al comma datori di lavoro: a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto; b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva. 3. Il datore di lavoro promuove il coordinamento di cui al comma 2, lettera b). Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi”.
Considerato, dunque, che l'appalto comporta sempre la sovrapposizione di sfere organizzative diverse, quella del datore di lavoro committente e quella dell'appaltatore, creando il rischio di lacune nell'attività di prevenzione e controllo, l'art. 7 D.lgs. n. 19 settembre 1994, n. 626 sancisce, onde scongiurare detta evenienza, l'obbligo dei datori di lavoro di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto del contratto, nonché di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte, e cerca di responsabilizzare il datore committente attribuendogli, in via esclusiva, il compito di promuovere la cooperazione e il coordinamento.
Ai fini dell'operatività degli obblighi dettati dalla norma de qua occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - contratto d'appalto, d'opera o di somministrazione - ma all'effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte. Pertanto, non solo il contatto rischioso tra lavoratori di imprese diverse che operano nello stesso luogo, ma anche la coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni genera la posizione di garanzia dei datori di lavoro ai quali fanno capo le distinte organizzazioni (Cass., Sez. IV penale, 06.12.2018, n. 1777).
Ciò chiarito, nonostante nella specie non possa contestarsi alla odierna appellante ### - come dalla medesima rimarcato in sede di gravame - la mancata predisposizione del ### (### di ### dei ###, essendo stato detto adempimento introdotto solo dall'art. 3, comma 1, lettera a), ### n. 123 del 2007, entrata in vigore in epoca successiva all'infortunio per cui è causa, in seguito a sua volta abrogato dall'art. 26, comma 3, del D.lgs. n. 81/2008, non può ritenersi assolto l'obbligo di promuovere la cooperazione e il coordinamento tra le diverse imprese coinvolte nel ciclo produttivo, quali, nello specifico, la ### S.r.l., alle cui dipendenze prestava attività lavorativa il danneggiato, la ### S.r.l., datrice di lavoro di ### e la ### S.r.l.
Invero, la ratio dell'art. 7 del D.lgs. n. 626/1994 è quella di far sì che il datore di lavoro organizzi la prevenzione dei rischi interferenziali, derivanti dalla contemporanea presenza di più imprese che operano nel medesimo luogo di lavoro, promuovendo percorsi di informazione e cooperazione, nonché soluzioni comuni di problematiche complesse, rese tali dalla sostanziale estraneità dei dipendenti delle imprese appaltatrici all'ambiente di lavoro in cui prestano la loro attività (Cass. Pen., Sez. IV, 01.02.2018, 9167).
Mentre coordinare significa collegare razionalmente le varie fasi dell'attività in corso, in modo da evitare disaccordi, sovrapposizioni, intralci che possono accrescere notevolmente i pericoli per tutti coloro che operano nel medesimo ambiente; cooperare è qualcosa di più, perché vuol dire contribuire attivamente, dall'una e dall'altra parte, a predisporre e applicare le misure di prevenzione e protezione necessarie (Cass. Pen., IV, 09 luglio 2009 n. 28197).
In quest'ottica non possono dirsi sufficienti a eludere la responsabilità della ditta committente i verbali di riunione del 15.01.2007 e del 26.01.2007 prodotti in prime cure, posto che essi contengono una mera elencazione dei rischi presenti nello stabilimento ### S.r.l. a cui avrebbero potuto essere esposti i soci delle citate ### in base all'attività che erano chiamati a svolgere (cfr. doc. n. 5 allegato al fascicolo di primo grado della ###, e i distinti piani di coordinamento sottoscritti con ciascuna delle appaltatrici, in cui quest'ultime si limitano a dichiarare di essere state portate a conoscenza della vigente normativa in materia di sicurezza sul lavoro e a impegnarsi a rendere edotti i propri operatori di una serie di divieti e obblighi ivi indicati (cfr. doc. n. 6 nel fascicolo di primo grado). ### non ha adeguatamente regolamentato il rischio infortunistico con riferimento alla specifica attività appaltata alle suddette ### risultando il documento predisposto insufficiente e difettoso in ragione dei limiti di comunicazione e di informazione tra operatori appartenenti alle diverse realtà aziendali chiamate a operare congiuntamente sul luogo di lavoro e della mancata previsione di un sistema coordinato di misure di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata, nell'ambito dell'intero ciclo produttivo.
Né la necessità di coordinamento e cooperazione tra la società committente e le diverse ditte appaltatrici può considerarsi insussistente - come preteso dall'attrice - per il sol fatto che i dipendenti di queste ultime erano chiamati a svolgere le medesime attività di facchinaggio e pulizia, non essendo detta circostanza di per sé idonea a escludere il rischio legato al contestuale passaggio veicolare e pedonale nella medesima area e, dunque, la possibilità - nella specie di fatto concretizzatasi - di interferenze tra gli operatori nell'espletamento delle rispettive mansioni, tali da esporre a rischio l'incolumità degli stessi.
Non risulta, peraltro, cristallizzata l'epoca in cui furono redatti i piani di coordinamento in esame, atteso che essi non riportano in calce alcun riferimento temporale e che sebbene in ciascuno dei menzionati verbali di riunione si legga testualmente “In merito al piano coordinamento generale le parti concordemente elaborano in ogni sua parte e sottoscrivono il piano di coordinamento ex art. 7 D.lgs. 626/94 che viene allegato al presente verbale e di cui fa parte integrante”, lasciando così intendere che lo stesso sia stato sottoscritto in pari data, le dichiarazioni rilasciate in sede penale dall'ing. ### depongono nel senso della predisposizione dei due documenti in momenti differenti, in quanto il teste ha riferito di due distinte fasi, ossia una prima fase culminata nel verbale di riunione, in cui “vengono scambiate le informazioni che possono essere interessanti ai fini di evitare interferenze e cose del genere. Quindi si prende visione del documento di valutazione dei rischi dell'azienda, interni all'azienda, si prende in considerazione i rischi che dall'esterno le cooperative potevano portare all'interno della ### Si vedono i piani di emergenza, di primo soccorso…”, e una seconda fase deputata all'elaborazione del piano di coordinamento, aggiungendo di non ricordare quando ciò sia avvenuto, pur avendo per sua stessa ammissione preso parte sia all'incontro preliminare che alla stesura del documento (v. pagg. 26, 28, 32 del verbale di udienza del 22.12.2011 nel procedimento penale). 9. Esaminando ora la posizione dell'appellante ### si osserva innanzitutto che non sussiste il vizio di extrapetizione ex art. 112 c.p.c. dal medesimo denunziato, nel quale, secondo il costante orientamento della Suprema Corte, il giudice di merito incorre quando attribuisce alla parte un bene non richiesto, in quanto non compreso neppure implicitamente nelle deduzioni o allegazioni, e non anche quando ponga a fondamento della decisione esiti documentali del giudizio che si offrono alla sua valutazione, in quanto legittimamente acquisiti al preventivo e potenziale contraddittorio; ovvero quando, alterando gli elementi obiettivi dell'azione (petitum o causa petendi), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato) oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cassazione 15002/2023; Cass., Sez. V, 28 gennaio 2021, n. 1896; Cass., Sez. II, 21 marzo 2019, 8048; Cass., Sez. III, 24 settembre 2015, n. 18868).
A ben vedere nella fattispecie de qua il giudice di prime cure non ha interferito nel potere dispositivo delle parti, essendosi limitato a rilevare l'ulteriore ruolo di amministratore della ### S.r.l. assegnato all'appellante, pacificamente risultante dalla documentazione in atti, per poi subito dopo statuire che il medesimo risponde dell'evento infortunistico, tanto nella veste di direttore dei lavori quanto in quella di datore di lavoro della vittima, in ragione della omessa vigilanza in relazione alla condotta del ### avendo consentito a quest'ultimo di aggirarsi a piedi, con i tappi auricolari antirumore, in un'area priva di segnalazioni orizzontali e percorsa anche da mezzi meccanici.
Al riguardo, vero è, come argomentato dall'### che, secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di prevenzione degli infortuni il direttore dei lavori, pur svolgendo normalmente una attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto, risponde dell'infortunio subito dal lavoratore “qualora gli venga affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con possibilità di impartire ordini alle maestranze in virtù di una particolare clausola inserita nel contratto di appalto o qualora, per fatti concludenti, risulti la sua concreta ingerenza nell'organizzazione del lavoro” (Cass. Pen., Sez. IV, ### 20 aprile 2022, n. 15157; Cass. Pen., Sez. IV, 10 dicembre 2019, n. 49900; Cass., Sez. III, 08.01.2019, n. 19646); ma è altrettanto vero, contrariamente a quanto dedotto nell'atto di gravame, che sussistono nella specie elementi da cui è dato evincere siffatta prerogativa dell'### Invero, l'infortunato ### sentito nel processo celebrato in sede ###3/2007 e R.G. Trib. n. 189/2009) a carico degli odierni appellanti e di ### - dei cui atti il giudice del lavoro ha, si ribadisce, disposto l'acquisizione con ordinanza del 15.10.2019 -, nel rispondere, all'udienza del 17.09.2010, in ordine alla conoscenza di un direttore dei lavori e alla eventuale ricezione di direttive antinfortunistiche da parte dello stesso, dichiarava: “Mi fu presentato il primo giorno, diciamo, il responsabile, che mi illustrava l'azienda, all'interno dell'azienda cosa dovevo fare, la mansione che dovevo svolgere; In pratica lui mi disse che comunque la prassi aziendale doveva…cioè voleva che dovevamo seguire alcune procedure che… alle vecchie aziende per le quali io ho lavorato, erano sempre quelle le normative da seguire, le classiche normative di sicurezza diciamo”.
Ebbene, dalle istruzioni operative e dalle raccomandazioni di cautela rivolte dall'appellante, in qualità di direttore dei lavori, al lavoratore presente in cantiere, è possibile desumere l'ingerenza del medesimo nell'organizzazione dei lavori (v. in tal senso cit. Cass. Pen., Sez. IV, 10 dicembre 2019, n. 49900).
Sul punto occorre precisare che l'affermazione della responsabilità del direttore dei lavori si ricollega all'ingerenza in genere nella suddetta organizzazione, la quale implica l'assunzione di una posizione di garanzia, e non all'essere l'infortunio una specifica conseguenza dell'ingerenza, ossia di uno specifico ordine o disposizione di servizio. 10. Per quel che concerne la posizione di ### rimasto contumace anche nel presente grado di giudizio e rispetto alla cui corresponsabilità si è dunque formato il giudicato, il Tribunale ne ha correttamente rilevato la negligenza nel guidare il muletto che ha attinto il ### per non essersi avveduto della presenza di quest'ultimo, sottolineando al contempo come essa sia mitigata dall'assenza di segnaletica orizzontale nel piazzale in cui transitava al momento dell'evento.
Non si può, infatti, discutere di responsabilità esclusiva del lavoratore per l'infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle criticità: l'omissione di cautele da parte dei lavoratori non è idonea a escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa del committente che non abbia provveduto all'adozione di tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento del lavoro, non essendo né imprevedibile né anomala una dimenticanza dei lavoratori nell'adozione di tutte le cautele necessarie (Cass., Sez. Lav., 10 gennaio 2023, n. 375 cit.; Cass. civ., Sez. VI, 12 febbraio 2021, n. 3763; Cass., Sez. Lav., 09 agosto 2013, n. 19081). 11. Così delineate le responsabilità facenti capo agli odierni appellanti (e a ###, occorre evidenziare che nei casi di controversie per infortuni sul lavoro, allorquando un danno di cui si chiede il ristoro è determinato da più soggetti, ciascuno dei quali con la propria condotta contribuisce alla produzione dell'evento dannoso, si configura una responsabilità solidale ai sensi dell'art. 1294 c.c. fra tutti costoro, qualunque sia il titolo per il quale ognuno di essi è chiamato a rispondere. E invero, sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un unico evento dannoso è ricollegabile eziologicamente a più persone è sufficiente ai fini della suddetta solidarietà che tutte le singole azioni od omissioni abbiano concorso in modo efficiente a produrlo, stanti i principi che regolano il nesso di causalità e il concorso di più cause efficienti nella produzione dei danni (patrimoniali e non) da risarcire (Cass. 09 aprile 2014 n. 8372).
Il sorgere della responsabilità solidale richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone, atteso che l'unicità del fatto dannoso, considerata dalla norma suddetta, deve essere riferita unicamente al danneggiato e non va intesa come identità delle azioni giuridiche dei danneggianti e neppure come identità delle norme giuridiche da essi violate (Cass. 04.03.1993 n. 2605; Cass. n. 814/1997; Cass. n. 3596/1997; Cass. n. 15930/2002; Cass. n. 13071/2004; n. 27713/2005; Cass. n. 15687/2013). ### un medesimo danno è provocato da più soggetti, essi devono, quindi, essere considerati corresponsabili in solido poiché sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un evento dannoso è imputabile a più persone - come è accaduto nel caso di specie - al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell'obbligo risarcitorio, è sufficiente in base ai principi che regolano il nesso di causalità, soltanto il concorso di più cause efficienti nella produzione dell'evento, e cioè che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in maniera efficiente alla determinazione dello stesso (Cass. 11 marzo 2019, n. 6939; Cass. n. 7404 del 2012; n. 7618 del 2010 Cass. n. 7618 del 2010; Cass. n. 18939 del 2007; Cass. n. 23918 del 9 novembre 2006).
Dunque, in tema di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, pur operanti su diversi livelli di competenza, ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo di tutela imposto dalla legge, sicché l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile a ogni singolo obbligato (Cass. pen. n. 4927/2024; Cass. pen. 13.02.2023 n. 5907). 11.1. Ne consegue che risulta priva di pregio la censura della ### afferente alla possibilità per la stessa di rispondere esclusivamente della quota di risarcimento connessa con le proprie responsabilità, poiché l'obbligazione nei confronti dell'### che agisce in regresso sia nei confronti del datore di lavoro, sia verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell'infortunio, in ragione della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all'attività lavorativa, grava solidalmente su ciascuno di essi.
Del resto, la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio è prevista dal legislatore nell'interesse del creditore onde rafforzare il diritto di quest'ultimo, consentendogli di ottenere l'adempimento dell'intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori.
Non appare pertinente il richiamo dell'appellante all'art. 1299 c.c., in quanto la norma disciplina i rapporti interni tra condebitori solidali ed è volta a evitare che il debitore adempiente che intraprende l'azione di regresso sopporti da solo il rischio di insolvenza degli altri debitori: perciò egli può chiedere a ciascun debitore la sua quota, fermo restando che l'insolvenza di una grava anche su di lui perché altrimenti otterrebbe un vantaggio indebito (2041 c.c.). 12. Per quel che concerne poi la determinazione del quantum dovuto all'### va respinta la doglianza degli appellanti relativa alla omessa prova della menomazione indennitaria temporanea e permanente riconosciuta all'infortunato e dell'entità delle somme al medesimo erogate, atteso che all'uopo soccorrono il documento denominato “### di calcolo del valore capitale della rendita di inabilità/menomazione permanente” versato in atti dall'### già in prime cure (cfr. doc. n. 3 nel fascicolo di primo grado dell'### ricorrente), che dettaglia i valori numerici delle singole voci che compongono l'ammontare del valore capitale dell'indennizzo liquidato, e l'### rilasciata in data ### dal dirigente della sede ### di ### contenente l'indicazione delle prestazioni complessivamente erogate al lavoratore ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 20.06.1965 e del successivo D.lgs. n. 38 del 23.02.2000 a titolo di indennità temporanea, di rendita per inabilità permanente al 14.03.2017 e di accertamenti medicolegali, con la specifica per ciascuna di dette voci della spesa sostenuta e degli eventuali interessi.
Non risponde al vero la deduzione della ### secondo cui la CTU svolta nell'ambito del procedimento promosso dinanzi al Tribunale di ### dal lavoratore infortunato onde ottenere il risarcimento del pregiudizio patito (c.d. danno differenziale) avrebbe rilevato un danno (pari al 31%) inferiore rispetto alla misura riconosciuta dall'### posto che dal suddetto “### di calcolo” emerge che il grado finale di inabilità/menomazione permanente accordato dall'### alla vittima dell'infortunio è pari proprio al 31%.
Non vi è alcuno spazio, quindi, per dar seguito alla richiesta di CTU medico - legale, formulata dall'appellante ### al fine di verificare il reale stato invalidante del ### e l'ammontare delle prestazioni a quest'ultimo spettanti.
Va in proposito considerato che il giudizio di regresso si svolge senza la presenza del lavoratore, di modo che la contestazione circa la correttezza degli accertamenti medici non può trovare sede in detto giudizio, atteso che si tratterebbe di accertare lo stato fisico di un soggetto estraneo al processo, sicché eventuali contestazioni andrebbero mosse nella sede amministrativa propria (Cass. 24/03/87 n. 2865).
Il principio è stato ribadito da Cass. n. 17960/2006, secondo cui il datore di lavoro non può contestare il fondamento dell'azione di regresso perché lo stesso è estraneo al rapporto tra l'infortunato e l'istituto assicuratore pubblico, attenendo tale eccezione al contenuto, di rilievo pubblicistico, del rapporto assicurativo cui è estraneo il soggetto responsabile dell'evento dannoso (Cass. 14/07/72 n. 2437, 28/03/1984 n. 2050, 24/03/87 n. 2865 cit. e 28/08/87 n. 7098).
Di conseguenza, nel caso di specie non ha alcuna rilevanza l'omessa precisazione, da parte dell'### dei criteri seguiti per l'accertamento dei postumi invalidanti in vista di un possibile accertamento medico a mezzo di consulenza tecnica, trattandosi di una valutazione (quella medica effettuata dall'### che agisce in regresso) su cui il lavoratore nella presente sede non potrebbe comunque interferire.
Quanto, poi, alla correttezza delle modalità di calcolo e alla ricorrenza delle condizioni di legge che avrebbero legittimato l'### a far luogo al pagamento, va considerato che la natura pubblica dell'### comporta che esso svolga la sua azione attraverso atti emanati a conclusione di procedimenti amministrativi.
Tali atti, così come attestati dal ### della sede erogatrice (nel caso della liquidazione delle prestazioni conseguenti a infortunio sul lavoro), sono assistiti dalla presunzione di legittimità propria di tutti gli atti amministrativi, che può venir meno solo a fronte di contestazioni precise e puntuali che individuino il vizio da cui l'atto in considerazione sarebbe affetto e offrano contestualmente di provarne il fondamento (Cass. 25.07.87 n. 6456 e 27/04/79 n. 2456).
Pertanto, nel caso di specie - in cui il prospetto prodotto dall'### reca l'analitica indicazione delle somme corrisposte dall'### nonché delle causali e dei periodi di riferimento dei pagamenti - in difetto di contestazioni specifiche deve ritenersi che la liquidazione delle prestazioni sia avvenuta nel rispetto dei criteri enunciati dalla legge e che il credito relativo alle prestazioni erogate sia stato esattamente indicato in sede di regresso sulla base della certificazione emessa dal ### della sede. 12.1. E' del pari infondata la censura degli appellanti afferente alla erronea, a loro dire, liquidazione in favore dell'### dell'intera somma richiesta, senza la previa determinazione della somma spettante al lavoratore a titolo di risarcimento del danno civilistico.
Tale argomentazione non tiene conto del fatto che, nel caso di specie, il risarcimento dovuto al danneggiato in conseguenza dell'infortunio subito, calcolato secondo i criteri civilistici, è di gran lunga superiore al valore capitale della rendita liquidata dall'### a titolo di indennizzo previdenziale, come emerge dalla CTU depositata nel corso del giudizio di primo grado (RG 8943/2017) promosso dal lavoratore per il conseguimento del danno differenziale a carico dei responsabili.
E' evidente, dunque, che l'unica sede in cui il datore di lavoro potrebbe far valere la propria pretesa riduttiva del risarcimento (in misura corrispondente alle somme già versate e/o dovute all'### è quella del giudizio risarcitorio azionato nei suoi confronti dal lavoratore e non di certo quella del giudizio di regresso intrapreso dall'### cui spettano tutte le somme versate al lavoratore per le voci di danno oggetto di tutela indennitaria.
Invero, secondo il principio affermato in tema di compensatio lucri cum damno da Cass. Sez. U. n. 12566 del 22/05/2018, i pagamenti effettuati dall'assicuratore sociale riducono il credito risarcitorio vantato dalla vittima del fatto illecito nei confronti del responsabile, quando l'indennizzo abbia lo scopo di ristorare il medesimo pregiudizio del quale il danneggiato chiede di essere risarcito.
Ebbene, pacifica essendo la diversità strutturale e funzionale dell'indennizzo corrisposto dall'### nel caso di infortunio rispetto al risarcimento civilistico del danno da lesione della salute, i giudici di legittimità (cfr. Cass. Sez. 3, ordinanza n. ### del 31/10/2023) hanno chiarito che il criterio più coerente al detto principio per calcolare il credito risarcitorio residuo del danneggiato nei confronti del terzo responsabile (e cioè il c.d. danno differenziale) è quello di sottrarre l'indennizzo ### dal credito risarcitorio solo quando l'uno e l'altro siano stati destinati a ristorare pregiudizi identici (criterio per «poste identiche» e non per «poste omogenee»: v. Cass. Sez. 3 n. 26117 del 27/09/2021). A tanto deve aggiungersi che gli arresti della Corte di legittimità, richiamati negli atti di gravame a sostegno della pretesa necessità di calcolare il danno civilistico, sono riferiti al sistema di indennizzo previgente rispetto all'entrata in vigore del d.lgs. 38/2000, che non contemplava il danno biologico fra i pregiudizi coperti dall'indennizzo erogato dall'### e quindi imponeva di comparare quanto fosse dovuto al lavoratore a titolo di risarcimento dei soli danni patrimoniali secondo i criteri civilistici, al fine di determinare se l'importo richiesto dall'### rientrasse o meno nel predetto limite: considerazioni che evidentemente non si attagliano alla presente fattispecie, regolata dalla disciplina introdotta dal d.lgs. 38/2000. 12.2. Risulta, ancora, opportuno evidenziare che, nel caso che ci occupa, contrariamente a quanto preteso dall'appellante ### non spiega effetti lo ius superveniens rappresentato dall'art. 1, comma 1126, della L. n. 145/2018 (che ha modificato l'art. 10 del D.P.R. n. 1124/1965), che ha sostanzialmente ridefinito i criteri di calcolo del credito spettante all'### allorquando, indennizzata la vittima, abbia diritto di regresso nei confronti del datore di lavoro, e i criteri per il calcolo del risarcimento del danno c.d. differenziale spettante al lavoratore, rapportando il raffronto tra l'entità dell'importo del danno differenziale spettante al lavoratore e quello dell'azione di regresso e surroga esperibile dall'### a un calcolo per voci complessive (ovvero per sommatoria).
Invero, dette modifiche, in quanto di natura innovativa e non meramente interpretativa, non possono trovare applicazione in riferimento agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima del 01.01.2019, data di entrata in vigore della citata legge di stabilità e, dunque, nel presente procedimento, avente ad oggetto un infortunio sul lavoro avvenuto nel gennaio 2007.
Tanto ha chiarito la Suprema Corte, statuendo che “la legge finanziaria del 2019, nel mutare i criteri di calcolo del danno differenziale rendendo indistinte le singole poste (di danno biologico e patrimoniale) oggetto specularmente di risarcimento civilistico e di tutela indennitaria ### ha direttamente inciso sul contenuto di danno differenziale, cioè sulle componenti dello stesso, con inevitabili ripercussioni sulla integralità del risarcimento del danno alla persona, principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. per tutte Cass., S.U., n. 26972 del 2008); l'applicazione del citato art. 1, comma 1126 nei giudizi in corso determinerebbe, in base a quanto detto, il disconoscimento di effetti, riconducibili agli infortuni verificatisi e alle malattie denunciate prima dell'1.1.19, già prodotti dai suddetti fatti generatori e si porrebbe, quindi, in violazione del divieto di retroattività di cui all'art. 11 delle preleggi; non può validamente richiamarsi, a sostegno della retroattività, la giurisprudenza in materia di criteri generali equitativi di risarcimento del danno (Cass. n. 25485 del 2016; n. 7272 del 2012) poiché nel caso in esame, non è questione di parametro equitativo per cui è ritenuto appropriato il riferimento all'attualità, ma di disposizioni di legge rispetto a cui opera il divieto di retroattività; la L. n. 145 del 2018 dal punto di vista letterale difetta di qualsiasi statuizione espressa nel senso della retroattività senza che vi siano previsioni che depongono in senso contrario; l'art. 1, comma 1126, stabilisce: "In relazione alla revisione delle tariffe operata ai sensi dell'articolo 1, comma 128, della legge 23 dicembre 2013, n. 147, con decorrenza dal 1° gennaio 2019 e dei criteri di calcolo per l'elaborazione dei relativi tassi medi, sono apportate a decorrere da tale data le seguenti modificazioni"; la data di decorrenza dall'1.1.2019 è espressamente indicata e ripetuta in riferimento sia alla revisione delle tariffe e dei criteri di calcolo per l'elaborazione dei relativi tassi medi e sia quanto alle modifiche apportate agli artt. 10 e 11 del D.p.r. 1124 del 1965, come peraltro specificato nella relazione alla legge di bilancio 2019 (Dossier 27.12.2018, voi. II, A.C. 1334- B), con apposita sottolineatura ("Il comma 1126 prevede, con decorrenza dal 2019, alcune modifiche alla disciplina sulla tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nonché con riferimento ad alcuni settori, modifiche relative al livello dei premi ###); l'applicabilità delle modifiche normative ai giudizi in corso risulterebbe distonica anche rispetto ai criteri di ragionevolezza e di interpretazione logico sistematica, in quanto, come emerge dallo stesso incipit del comma 1126 sopra riportato, la modifica dei criteri di calcolo del danno differenziale è stata adottata a fronte della revisione delle tariffe che opera con decorrenza dall'1.1.19” (Cass. Civile, Sez. Lav., 19 aprile 2019, 11114; Cass. n. 8580/2019). 13. Va, infine, respinta la doglianza della ### circa la propria condanna al pagamento delle spese processuali in relazione alla chiamata in giudizio della ### di ### Invero, nel verbale di udienza dinanzi al Tribunale del 05.12.2017 si legge “in accoglimento della domanda preliminare di chiamata in garanzia della ### SpA…, assicuratrice della RCO della ### nonché della richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti della ### e della ### nonché della chiamata in garanzia della ### assicuratrice della RCO della ### dispone di ammettere la chiamata in garanzia della ### e ### Assicurazioni…”; simmetricamente, nella memoria di costituzione in prime cure, la ### assicuratrice ha eccepito “il difetto di legittimazione attiva del ricorrente, nonché della resistente chiamante in causa, sig.ra ### in relazione alla domanda di integrazione del contraddittorio e chiamata in garanzia proposta nei confronti della esponente compagnia” (v. pagg. 3 e 4).
La stessa appellante nell'atto di gravame evidenzia, del resto, che “la chiamata della ### datore di lavoro del conducente del mezzo che ha determinato l'infortunio era finalizzata a consentire a quest'ultima l'attivazione della polizza” in essere con la ### lamentando che “su un infortunio i cui pregiudizi sono garantiti da due compagnie assicuratrici (### e ### n.d.a.), che hanno peraltro percepito il premio pattuito, entrambe hanno omesso di tenere indenni i rispettivi assicurati” (cfr. pag. 31 e 32 del ricorso in appello della ###.
Né risulta che la ### abbia chiesto la modifica o revoca dell'ordinanza con cui il Tribunale ha ammesso la chiamata in garanzia della società di assicurazioni, sulla scorta delle deduzioni formulate dalla stessa ### nella comparsa di costituzione in primo grado, ove si dava atto che la ### “è titolare di una polizza assicurativa n. 6355 sottoscritta con la ### Assicurazioni” (v. pag. 4).
Dunque, la partecipazione in giudizio della ### assicurativa, delle cui spese di costituzione si discute, è ascrivibile all'appellante e alla sua iniziativa in giudizio.
Ne consegue che quest'ultima è tenuta alla rifusione delle suddette spese, in ossequio al principio di diritto statuito dalla Suprema Corte per cui “In tema di disciplina delle spese processuali, l'ingiustificata o comunque non necessaria evocazione in giudizio di un soggetto, anche se non destinatario di alcuna domanda, impone alla parte che l'abbia effettuata, ove sia risultata soccombente, di rimborsare al chiamato le spese processuali sostenute in funzione della costituzione e difesa nel giudizio medesimo, atteso che, ove questi non scelga di restare contumace (assumendo il rischio di provvedimenti pregiudizievoli nei suoi confronti), la sua costituzione in giudizio a mezzo di un difensore (con i consequenziali oneri economici) trova il proprio presupposto nel fatto stesso di essere stato evocato in giudizio, e non già in quello di essersi vista indirizzare una specifica domanda” (Cass., Sez. III, 12.12.2022 n. ###; Cass., Sez. Lav., 25517/2024).
Dunque, colui che attivamente o passivamente si espone all'esito del processo, oltre a conseguire i vantaggi, deve anche sopportare le eventuali conseguenze sfavorevoli che, in ordine alle spese, sono stabilite a suo carico in base al principio della soccombenza, e ciò persino ove si tratti di spese non rigorosamente conseguenziali e strettamente dipendenti dalla sua attività, come nel caso di quelle che vengono sopportate da coloro che sono chiamati a partecipare al giudizio quali terzi evocati per ordine del giudice, ancorché rivelatosi successivamente ingiustificato: solo in tal modo, infatti, rimane efficacemente salvaguardato il fondamentale diritto di difesa delle parti che vengono, anche se ingiustamente, chiamate in giudizio (Cass., Sez. 1, 11.04.2013, n. 8886; Cass., Sez. Lav., 19.04.2006 n. 9049).
In altri termini, in virtù del principio di causalità, di cui la soccombenza costituisce un'applicazione, non è esente da onere delle spese la parte che, col suo comportamento antigiuridico, riconducibile alla violazione di norme di diritto sostanziale, abbia provocato la necessità del processo, prescindendo dalle ragioni - di merito o processuali - che l'abbiano determinata (Cass., Sez. 1, ord. 29.07.2021 n. 21823; Cass. 19456/2008).
Correttamente, quindi, il giudice di prime cure ha posto a carico della ### le spese processuali liquidate in favore dalla ### assicurativa. 14. Alla luce delle precedenti considerazioni, gli appelli devono essere rigettati, con integrale conferma della sentenza impugnata.
Resta assorbita ogni altra questione. 15. Le spese del presente grado di giudizio seguono la integrale soccombenza degli appellanti.
La liquidazione è affidata al dispositivo che segue ed è effettuata sulla scorta dei parametri di cui alla tabella allegata al d.m. n. 55 del 2014, come modificato dal d.m. 147 del 2022, tenuto conto del valore della causa, della sua complessità e dell'attività processuale in concreto espletata. ### va, invece, disposto in merito alle spese processuali del presente grado di giudizio nei confronti di ### della ### Coop. a r.l. in liquidazione coatta amministrativa e della ### del ### S.r.l., rimasti contumaci. 16. Deve infine darsi atto della sussistenza, in relazione a entrambi gli appelli, dei presupposti per l'applicazione dell'art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall'art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012. Spetta, peraltro, all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo per l'inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (v. sez. un. n. 4315 del 2020). P.Q.M. La Corte di Appello di ### - ### lavoro, definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti proposti rispettivamente con ricorso depositato in data ### da #### e con ricorso depositato in data ### da ### nei confronti di ##### COOP. ###.L. in liquidazione coatta amministrativa, ### S.P.A., SOCIETÀ #### e ### S.R.L., avverso la sentenza n. 1039/2022 resa dal Tribunale di ### in data ###, così provvede: - rigetta gli appelli e, per l'effetto, conferma l'impugnata sentenza; - condanna gli appellanti in solido fra loro al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di #### S.P.A. e SOCIETÀ ### che liquida in € 10.000,00 per ciascuna parte appellata, oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.; - nulla per le spese del presente grado nei confronti di #### COOP. ###.L. in liquidazione coatta amministrativa e ### S.R.L.; - dà atto della sussistenza, in relazione a entrambi gli appelli, dei presupposti per l'applicazione dell'art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in materia di versamento dell'ulteriore importo del contributo unificato nella misura ivi specificata, se dovuto.
Così deciso in ### il #### dott.ssa ### estensore dott.ssa
causa n. 604/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Calia Isabella, Orlando Vittoria