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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 9993/2025 del 03-11-2025

... personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri. Laddove, per la rilevanza della partecipazione, o della mancata partecipazione, ad alcuni momenti processuali, o per l'attribuzione di un particolare valore alle dichiarazioni rese dalla parte, la legge non ha ritenuto che la parte potesse farsi sostituire, attribuendo un disvalore, o un preciso significato alla sua mancata comparizione di persona, lo ha previsto espressamente (v. art. 231 c.p.c, sulla risposta all'interrogatorio formale: "La parte interrogata deve rispondere personalmente" e il successivo art. 232 che fa discendere precise conseguenze alla mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio): v. Cass. n. 15195 del 2000: "### formale non può essere reso a mezzo di procuratore speciale atteso che il soggetto cui è deferito deve rispondere ad esso oralmente e personalmente, in base all'art. 231 cod. proc. civ.. Non è previsto, né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore. Deve quindi ritenersi che la parte (in (leggi tutto)...

testo integrale

Tribunale di Napoli 8 ### n. r.g. 14021/2024 Oggi 3 novembre 2025 il Giudice pronuncia sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. depositandola in pct dando atto che la “procura speciale” depositata non è idonea a supportare la partecipazione del delegato alla mediazione trattandosi di documento privo dei requisiti richiesti dalla normativa come letta dalla giurisprudenza citata e di seguito riportata. 
Il Giudice dott. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Napoli 8 SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c.  la seguente ### Emessa tra: ### C.F. ### E ### C.F.  ###### in proprio che nella qualità di ex soci e successori universali ex lege della ### s.r.l., partita iva n. ###, cancellata dall'ufficio del registro delle imprese in data ### rapp.ti e difesi, in virtù di procura rilasciata su foglio separato ed allegato al presente atto, dagli avv.ti ### (C.F. ### fax ### - pec: ###) e ### (C.F. ### tel - fax ### - ### pec: ###), con i quali el.te domiciliano presso lo studio del primo in ### di ####, alla via ### n. 3 #### C.F. ### rapp.to e difeso giusta procura alle liti conferita su foglio separato (cfr.doc.1.Procura alle liti.pdf) da considerarsi allegato al presente atto con modalità telematiche dall'avv. ### (C.F. ###) con studio e domicilio eletto in Napoli al ### n.13 #### per l'### (P.IVA ###, C.F. n. ###,), ex ### in persona del suo ###.ssa ### per atto del ### di ### (rep. N. 54207 - racc. 25241), rappresentata e ifesa in ogni stato e grado dall'Avv. ### (C.F. ###) del ### di ### - il dquale dichiara il seguente indirizzo PEC ### ed elettivamente domiciliat ####### n. 278 ### CONCLUSIONI: Le parti sulla procedibilità su indicazione della scrivente hanno preso posizione come da note di trattazione ### esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione In ordine alla procedibilità del presente giudizio, si osserva quanto segue. ###. 5, comma 1 bis, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 aggiornato alla L. 9 agosto 2013, n. 98 - artt. 84 e 84 bis e dal ### 149/2022, art. 7 prevede che chi intende promuovere un giudizio in materia di diritti reali e condominio, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti d'opera, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione dinanzi ad un organismo abilitato, pena l'improcedibilità della domanda giudiziale. ###. 8 co. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 prevede che sia al primo incontro che agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti debbano partecipare con l'assistenza dell'avvocato. 
Sull'interpretazione di detta norma e sulla delegabilità a terzi della partecipazione alla detta procedura si è recentemente espressa la Corte di Cassazione con sentenza del 27 marzo 2019 n. 8473, ove si legge: "... La questione giuridica che il ricorso impone di risolvere è se, nel suddetto procedimento di mediazione, il cui preventivo esperimento è previsto obbligatoriamente, a pena di improcedibilità, per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, del d.ls. n. 28 del 2010 (introdotto dall'art. 84 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni della legge 9 agosto 2013, n. 98, dopo che la Corte cost. con sentenza n. 272 del 2012 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1 del medesimo articolo) e disciplinato, in particolare, dagli artt. 5 e 8 dello stesso, la parte che propone la mediazione sia tenuta a comparire personalmente davanti al mediatore, affinché il tentativo si possa ritenere compiuto, a pena di improcedibilità dell'azione proposta senza previo esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, o se la stessa possa - e in che modo - farsi sostituire. Qualora si ammetta che la parte possa farsi sostituire, ovvero che sia un atto delegabile ad altri, occorre individuare i modi e le forme di tale sostituzione, ovvero se possa essere sostituita da chiunque, ed in particolare se possa farsi sostituire anche dal suo avvocato e, qualora si ammetta che possa essere sostituita dal suo avvocato, con quale atto tali poteri possano essere conferiti. Il legislatore con il decreto legislativo menzionato ha cercato di accelerare, se non forzare, la creazione di una cultura di risoluzione alternativa delle controversie, con finalità deflattiva, imponendo per una vasta serie di controversie questa ipotesi di mediazione come obbligatoria, il cui mancato esperimento è stato sanzionato con l'improcedibilità. Dalla lettura delle disposizioni ad essa dedicate, emerge l'adozione di un procedimento deformalizzato che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita era costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione delle figura del mediatore, e dall'offerta alle parti di un momento di incontro, perché potessero liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultassero irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonché da agevolazioni fiscali. Il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali. Quanto alla presenza dell'avvocato, essa originariamente non era neppure prevista' è stata introdotta nell'art. 5 dal comma 1 bis, che prevede che chi intenda esercitare l'azione debba promuovere preventivamente la mediazione obbligatoria assistito dal proprio avvocato. Si può osservare che la novella del 2013, che introduce la presenza necessaria dell'avvocato, con l'affiancare all'avvocato esperto in tecniche processuali che "rappresenta" la parte nel processo, l'avvocato esperto in tecniche negoziali che "assiste" la parte nella procedura di mediazione, segna anche la progressiva emersione di una figura professionale nuova, con un ruolo in parte diverso e alla quale si richiede l'acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate. Non è questa la sede per valutare le probabilità di successo della creazione forzosa di una cultura della mediazione. Occorre prendere atto che la legge impone in una vasta serie di casi, come momento necessario e significativo precedente alla possibilità stessa di introdurre il giudizio, la necessità di esperire la mediazione e sciogliere alcuni nodi del rapporto tra mediazione obbligatoria e giudizio, per individuare quando la condizione di procedibilità possa ritenersi soddisfatta e in particolare se, nel caso di specie, il giudice abbia correttamente ritenuto che l'azione proposta fosse improcedibile (valutazione effettuata ai soli fini della soccombenza virtuale, perché qui la domanda di merito era stata alla fine rinunciata). Come si è detto, il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti. Ha imposto quindi alle parti (o meglio, alla parte che intende agire in giudizio) questo impegno preliminare mediante il quale fida di poter evitare (alle parti, e allo Stato più in generale) un buon numero di controversie, ben più onerose e lunghe rispetto ai tempi della mediazione obbligatoria. ###. 8, dedicato al procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati. La previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato. Tuttavia, la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri. Laddove, per la rilevanza della partecipazione, o della mancata partecipazione, ad alcuni momenti processuali, o per l'attribuzione di un particolare valore alle dichiarazioni rese dalla parte, la legge non ha ritenuto che la parte potesse farsi sostituire, attribuendo un disvalore, o un preciso significato alla sua mancata comparizione di persona, lo ha previsto espressamente (v. art. 231 c.p.c, sulla risposta all'interrogatorio formale: "La parte interrogata deve rispondere personalmente" e il successivo art. 232 che fa discendere precise conseguenze alla mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio): v. Cass. n. 15195 del 2000: "### formale non può essere reso a mezzo di procuratore speciale atteso che il soggetto cui è deferito deve rispondere ad esso oralmente e personalmente, in base all'art. 231 cod. proc. civ.. Non è previsto, né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore. Deve quindi ritenersi che la parte (in particolare, la parte che intende iniziare l'azione, ma identico discorso vale per la controparte), che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche - ma non solo - dal suo difensore. Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, come previsto dal progetto della ### sulla riforma delle ADR all'art. 84). Quindi il potere di sostituire a sé stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito ma solo con una procura speciale sostanziale. Ne consegue che, sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale. Per questo motivo, se sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore. Perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista”. 
I principi di diritto enunciati dalla sentenza richiamata possono essere riepilogati come segue: - nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche,
è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore; nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l'assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale. 
Procura speciale sostanziale che non può ritenersi integrata dalla documentazione depositata per l'odierna udienza dall'attore: in essa la sottoscrizione è del tutto priva di autenticazione. 
Peraltro, il principio de quo è stato di ribadito da Cassazione civile sez. III, 05/07/2019, (ud.  09/05/2019, dep. 05/07/2019), n. 18068 che ha stabilito espressamente che la partecipazione di soggetto non munito di procura speciale fa si che lo stesso non possa considerarsi validamente delegato a partecipare in sostituzione della parte ed equivale a mancata partecipazione della stessa con conseguente mancato assolvimento della condizione di procedibilità e inevitabile declaratoria di improcedibilità della domanda. 
Da ultimo, hanno aderito anche la Corte di Appello di Napoli sez. II, in data ###, con la sentenza n.3227; la Corte Appello Napoli con la sentenza n. 3444 del 2023; nonché la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18106 del 2024. 
La novità della questione giurisprudenziale trattata e la assenza di un orientamento unitario in sede di primo grado , giustificano la integrale compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.  PQM - Dichiara improcedibile la domanda - compensa integralmente le spese di lite.  ### resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante deposito in pct Napoli, 3 novembre 2025 Il Giudice dott.ssa

causa n. 14021/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Console Francesca

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Tribunale di Perugia, Sentenza n. 501/2021 del 25-03-2021

... (così l'art. 231 c.p.c. a proposito della risposta all'interrogatorio formale e l'art. 232 che fa discendere dalla mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio conseguenze specifiche). La Cassazione si è quindi persuasa che la parte che intende iniziare l'azione (ma lo stesso dicasi dell'avversaria) che - per scelta o per impossibilità - non - 12 - possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta, incluso il proprio difensore. 3.2. Sennonché, come si diceva, è parso imprescindibile il fatto che per poter validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte debba conferire simile potere mediante una procura che abbia quale specifico oggetto la partecipazione alla mediazione e che conferisca il potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto. Invero la S.C. stigmatizzato il fatto che il potere di sostituire a sé altri nella partecipazione alla mediazione vada conferito con una procura sostanziale e speciale. Nell'ammettere che essa ben possa essere conferita al difensore, alcuna previsione di legge escludendolo, ha negato nondimeno la sufficienza della comune (leggi tutto)...

testo integrale

N. 5523/2015 R.Gen.Aff.Cont.   TRIBUNALE DI PERUGIA ### IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Perugia, in funzione di giudice monocratico, sulle conclusioni precisate all'udienza del 14 settembre 2020, all'esito dello scambio degli scritti conclusivi, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. R.G. 5523/2015 tra #### e difeso dall'avv. ### e dall'avv.  ### ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv.  ### in #### n. 30, giusta procura in atti; ###À ### S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. #### (detto ###, #### rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dall'avv. ### CHELO e dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv.  ### - 2 - ###: altre ipotesi di responsabilità extracontrattuale non ricomprese nelle altre materie (art. 2043 c.c. e norme speciali) CONCLUSIONI: le parti hanno concluso come da verbale d'udienza del 14 settembre 2020, qui da intendersi integralmente richiamato e trascritto.  RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, parte attrice ha convenuto in giudizio la ### S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.  #### (detto ### e ### rispettivamente, giornalista e direttore responsabile del quotidiano “### di Latina”, onde ottenerne la condanna la ristoro dei danni patrimoniali e non, stimati in € 100.000,00, subiti in conseguenza della pubblicazione, sul giornale “### di Latina”, degli articoli comparsi nelle date del 14 e 15 marzo 2015, nonché la condanna degli stessi ai sensi dell'art. 12 della L.- 47/1948, con ordine della pubblicazione dell'emananda sentenza sui giornali indicati. 
In particolare, dopo aver premesso di aver prestato servizio, dal 1984 al 2011, come ### prima, e come ### poi, presso gli uffici giudiziari di ### il dott. ### ha dedotto che ### magistrato in servizio presso la ### di ### aveva presentato un esposto nei propri confronti, rappresentando di aver ricevuto in maniera tardiva l'avviso di deposito della sentenza di condanna dell'anzidetto procedimento di cui era titolare, a causa della condotta del collega ### (secondo marito dell'ex cognata di uno degli imputati del processo “### del Parco”), vedendosi in tal modo preclusa la possibilità di proporre appello incidentale. 
Ha aggiunto l'attore che in seguito a tale esposto, la ### di ### aveva aperto un'indagine (proced. r.g.n.r. 78/2011), conclusasi con decreto di archiviazione del G.I.P. di ### nel quale era evidenziato che la notizia di - 3 - reato era da considerarsi infondata, avendo il dott. ### “agito in conformità alle disposizioni organizzative vigenti, tabellarmente e per prassi”, non ravvisandosi, nella sua condotta, alcun atteggiamento di intenzionalità. 
Parte attrice ha, inoltre, dedotto che, contestualmente al procedimento penale, era stato aperto un procedimento disciplinare, dinanzi al ### della ### nei confronti dello stesso dott. ### all'esito del quale gli è stata irrogata la sanzione disciplinare della censura, con decisione confermata dalle ### della Corte di Cassazione le quali avevano rilevato che, pur non ricorrendo l'elemento soggettivo doloso, fosse possibile ravvisare una condotta negligente nell'applicazione delle norme regolamentari e dei servizi organizzativi della ### 1.1. In relazione a tale vicenda, deduce ancora l'attore, in data ### “### di Latina” ha pubblicato un articolo a firma ### concernente la anzi descritta vicenda, del cui contenuto si duole l'attore. 
Evidenzia, in particolare, il dott. ### che, nel dare conto del procedimento disciplinare che lo aveva riguardato, il predetto quotidiano ha diffuso la notizia che questi avesse favorito, nello svolgimento del suo lavoro, il cognato, contribuendo a far finire in prescrizione un processo (cd. processo “### del Parco”) in cui quest'ultimo era coinvolto; in particolare, parte attrice ha lamentato che sia il c.d. “strillo” (“Il magistrato e i favori al parente”; “### del ### processo prescritto anche per colpa del pm #### definitiva”) sia l'articolo in cui la vicenda era descritta riportavano informazioni false a carico dell'odierno istante; ha lamentato, inoltre, l'attore che particolare risalto fosse stato dato alla notizia in questione, in quanto l'articolo era stato annunciato fuori dalle edicole della provincia di ### con la c.d. “civetta”, in cui era scritto “Il villaggio del parco. La Cassazione: quel magistrato favorì il cognato”.  1.2. Il dott. ### ha, poi, evidenziato che in data 14 marzo 2015 il proprio legale aveva chiesto la rettifica immediata delle notizie riportate nel predetto articolo ed, in particolare, della notizia secondo cui l'odierna parte - 4 - attrice avrebbe causato con il proprio comportamento la prescrizione dei reati di cui avrebbe dovuto rispondere il sig. ### erroneamente indicato quale cognato del dott. ### In seguito a tale richiesta, in data 15 marzo 2015, “### di Latina” ha effettivamente pubblicato un articolo dal titolo “### di ### ecco la verità”, in cui è stata integralmente trascritta la predetta rettifica richiesta dal legale, previa precisazione che tale intervento del difensore era successivo alla notizia della condanna del ### per la gestione del fascicolo relativo al “### del Parco”. 
Nondimeno, parte attrice ha evidenziato l'erroneità ### della notizia riportata in quest'ultimo articolo, non avendo il sig. ### mai gestito il fascicolo inerente al “### del Parco”, aggiungendo, inoltre, che la sanzione del CSM nei confronti dell'odierno istante era dovuta ### alla mancata notizia al PM del deposito della sentenza e alla tardiva trasmissione dell'atto di appello proposto dagli imputati condannati.  1.3. Sicché, sottolineato che entrambi gli anzidetti articoli avevano avuto ampia diffusione - stante la pubblicazione del quotidiano “### di Latina” a mezzo internet, oltre ad essere stati citati sia da altre testate giornalistiche, quale, ad esempio, “### di Latina” sia da siti specializzati in materia di ecologia e territorio - l'attore si duole del carattere diffamatorio delle notizie riportate, ritenendole lesive del proprio onere/reputazione, allegando, segnatamente, che negli articoli del 14-15 marzo 2015, sarebbero riportate quattro notizie false, e cioè che: a) uno degli imputati, ### fosse parente del dott. ### b) il dott. ### avrebbe subito la sanzione disciplinare della censura per aver contribuito a far cadere in prescrizione il reato ascritto al cognato; c) il dott. ### avrebbe influito sul fascicolo a carico del sig. ### ingerendo nella gestione dello stesso; - 5 - d) il dott. ### per un tornaconto personale, avrebbe ingerito nel procedimento penale “### del Parco”.  ### riportato tali notizia false, al dire di parte attrice, avrebbe dato luogo ad un superamento di due dei tre limiti nel rispetto dei quali devono essere esercitati il diritto di cronaca e il diritto di critica, ossia, in particolare, la verità e la continenza. 
Tale travalicamento sarebbe da imputare non solo all'autore degli articoli in questioni (###, ma anche al direttore responsabile della testata giornalistica “### di Latina” (a titolo di concorso nella diffamazione ex art.  596 bis c.p. ovvero ai sensi dell'art. 57 c.p.) e all'editore dello stesso, in forza di quanto stabilito dall'art. 11, L. n. 47/1948. 
Il dott. ### ha, poi, allegato di aver subito, dalla pubblicazione dei predetti articoli, danni patrimoniali e non patrimoniali, tanto più ingenti a fronte non solo del ruolo rivestito dal ### stesso all'intero della magistratura, ma anche a fronte del radicamento della propria famiglia nella zona di ### Da qui le conclusioni rassegnate in citazione, sopra solo sinteticamente compendiate, ed a cui si opera integrale rinvio.  1.4. Si sono costituiti in giudizio la società editoriale ### S.r.l., ### (detto ### come chiaramente desumibile dal fatto che in sede di costituzione il sig. ### viene indicato come articolista) e ### i quali hanno dedotto, in via preliminare, l'improcedibilità della domanda attorea, stante sia il fatto che la procedura di mediazione, seppur iniziata, non è stata ritualmente condotta e conclusa, sia il fatto che, all'incontro di mediazione, non hanno partecipato personalmente le parti del presente giudizio, ma i loro difensori, ancorché muniti di procura speciale, con conseguente violazione del combinato disposto di cui agli artt. 5, comma 1 bis e 8, D.Lgs. n. 28/2010. 
Nel merito, i convenuti hanno eccepito l'infondatezza della domanda di controparte, prendendo posizione in ordine alle affermazioni di parte attrice a - 6 - proposito della falsità delle informazioni riportate, allegando, nello specifico, che: a) l'errore sul grado di parentela è da imputarsi alla Corte di Cassazione a ### al riguardo, è stato anche aggiunto che l'erronea indicazione del grado di affinità/parentela tra il dott. ### e l'imputato ### non ha alcun rilievo agli occhi dei lettori; b) l'articolo incriminato ha precisato che, in sede di appello, è maturata la prescrizione con conseguente conferma delle condanne solo per quegli imputati che avevano deciso di farsi comunque giudicare; c) nell'ambito del procedimento disciplinare a carico del dott. ### è stata affermata l'“influenza” che quest'ultimo ha avuto nel procedimento penale a carico del sig.  ### inoltre, è evidente -al dire dei convenutiche la mancata proposizione dell'appello incidentale da parte della ### di ### sia dipesa anche dalla condotta del dott. ### d) l'articolo del 14 marzo 2015 non fa riferimento ad alcuna ingerenza del dott. ### nel procedimento penale “### del Parco”.  1.5. I convenuti hanno, ancora, dedotto che le pubblicazioni in questione sono espressione non solo del diritto di cronaca, ma anche del diritto di critica, che, come tale, non può essere ritenuto diffamatorio, operando la relativa causa di giustificazione; ed hanno, poi, allegato l'insussistenza dei lamentati danni patrimoniali e la mancanza di prova in ordine ai danni non patrimoniali, precisando, inoltre, al riguardo, sia che l'articolo “incriminato” è solo uno sia che “### di Latina” ha un modesto livello di vendite, stante il risalire della sua fondazione ad agosto 2014. 
Da ultimo, hanno evidenziato che la sanzione di cui all'art. 12, L. 47/1948 può essere irrogata solo nei confronti dell'autore dell'articolo, e non anche nei riguardi del direttore responsabile e dell'editore convenuto, essendo tale sanzione collegata al reato di diffamazione. 
I convenuti hanno, pertanto, concluso chiedendo, in via preliminare, che la domanda di parte attrice venga dichiarata improcedibile, e, nel merito, il rigetto di tutte le pretese avversarie.  - 7 - 2.Assegnati i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la causa è stata trattata senza assunzione di mezzi istruttori. 
Mutato il giudice istruttore, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c., incombente cui si è proceduto secondo il modulo della cd. trattazione cartolare in ragione dell'emergenza sanitaria legata alla diffusione del ###sar-###2 3. Deve, in primo luogo, essere disattesa l'eccezione di improcedibilità della domanda. 
Il Tribunale osserva, in via generale, che la questione pone il problema di affrontare alcune problematiche in tema di mediazione obbligatoria, introdotta come condizione di procedibilità di una vasta serie di controversie dal D.Lgs.  28 del 2010, affrontate recentemente anche dalla Suprema Corte (cfr.  8473/2019) e, in particolare, la questione giuridica se, nel suddetto procedimento di mediazione, il cui preventivo esperimento è previsto obbligatoriamente, a pena di improcedibilità, per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, del d.ls. n. 28 del 2010 e disciplinato, in particolare, dagli artt. 5 e 8 dello stesso, la parte che propone la mediazione sia tenuta a comparire personalmente davanti al mediatore, affinché il tentativo si possa ritenere compiuto, a pena di improcedibilità dell'azione proposta senza previo esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, o se la stessa possa - e in che modo - farsi sostituire; qualora, poi, si dovesse ammettere che la parte possa farsi sostituire, ovvero che sia un atto delegabile ad altri, occorre individuare i modi e le forme di tale sostituzione, ovvero se possa essere sostituita da chiunque, e in particolare se possa farsi sostituire anche dal suo avvocato e, qualora si ammetta che possa essere sostituita dal suo avvocato, con quale atto tali poteri possano essere conferiti. 
Sempre in via generale, si osserva, conformemente a quanto rilevato dalla Suprema Corte, che il legislatore con il decreto legislativo menzionato ha cercato di accelerare, se non forzare, la creazione di una cultura di risoluzione alternativa - 8 - delle controversie, con finalità deflattiva, imponendo per una vasta serie di controversie questa ipotesi di mediazione come obbligatoria, il cui mancato esperimento è stato sanzionato con l'improcedibilità. 
Dalla lettura delle disposizioni ad essa dedicate, emerge l'adozione di un procedimento deformalizzato che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita è costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione delle figura del mediatore, e dall'offerta alle parti di un momento di incontro, perché possano liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultano irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonché da agevolazioni fiscali. 
Il successo dell'attività di mediazione è, dunque, riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale, il quale può, grazie alla interlocuzione diretta e informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, e aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione. 
Si premette, a riguardo, che effettivamente il Tribunale ritiene che il procedimento di mediazione obbligatoria ex D.Lgs. n. 28/2010 abbia natura personalissima, con la conseguenza che esso esige la presenza personale della parte, ovvero la presenza di un rappresentante munito di procura speciale. 
All'uopo, le parti possono conferire procura speciale ad altri soggetti per farsi rappresentare nel procedimento di mediazione, a condizione che sia espressamente conferito loro il potere di parteciparvi. 
Il rappresentato, quindi - trattandosi di rappresentanza avente natura negoziale e non processuale - deve conferire adeguata procura ad negotia che autorizzi il rappresentante ad agire in nome e per conto, con chiara specificazione dei poteri e dei limiti.  - 9 - La mediazione, infatti, non può considerarsi ritualmente esperita neppure con la semplice partecipazione del legale, ancorché munito di procura speciale per la partecipazione alla mediazione, dal momento che nella detta procedura, la funzione del legale, come definita in via interpretativa dall'art. 5, co. 1 bis e co.  2, D.Lgs. n. 28/2010, è di mera assistenza alla parte comparsa e non (per la formulazione normativa utilizzata e per il migliore e più efficace funzionamento dell'istituto), di rappresentanza della parte assente. 
Quanto al riferimento alla procura sostanziale, la ratio è da rinvenirsi nel fatto che l'attività di mediazione è finalizzata a verificare se sia possibile instaurare tra le parti - innanzi al mediatore - un dialogo tale da consentire in quella sede la risoluzione alternativa della controversia; ed in tal senso non è dubitabile che tale condizione non possa ritenersi soddisfatta dal conferimento della mera procura processuale conferita al difensore e da questi autenticata (neppure se ivi vi sia il riferimento dell'informazione alla parte dello svolgimento del procedimento di mediazione), posto che la procura processuale conferisce al difensore il potere di rappresentanza in giudizio della parte ma non gli conferisce la facoltà di sostituirsi ad esso in una attività esterna al processo - quale è appunto il procedimento di mediazione. 
Osserva, ancora, il Tribunale che la Suprema Corte con sentenza del 27 marzo 2019, n. 8473 si è espressa nel senso per cui nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore, contestualmente precisando che nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, ed eventualmente nella persona dello stesso difensore che l'assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale. 
Invero, la Suprema Corte, consapevole della necessità di chiarire le questioni controverse in tema di mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità - 10 - per una vasta serie di controversie (segnatamente quelle indicate dall'art. 5, comma 1 bis, introdotto dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 84, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, dopo che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 272 del 2012, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1 del medesimo articolo) in ragione del fatto che gli artt. 5 e 8 dello stesso prescrivono che la parte che propone la mediazione sia tenuta a comparire personalmente davanti al mediatore, affinché il tentativo si possa ritenere compiuto, a pena di improcedibilità dell'azione proposta, ha dettato un “decalogo” da osservare nell'esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria per poter essere sostituiti.  3.1. Nel dettaglio, una volta ammesso che la parte possa farsi sostituire, riconosciuta cioè la possibilità che l'atto sia delegabile ad altri, si è occupata di individuare i modi e le forme di tale sostituzione e se sia delegabile chiunque, incluso il proprio difensore ma a quali condizioni. 
Nel fare ciò è partita dal considerare come il legislatore, con il decreto legislativo in commento, abbia cercato di stimolare “la creazione di una cultura di risoluzione alternativa delle controversie, con finalità deflattiva”, cui è funzionale proprio la sanzione dell'improcedibilità. 
La Corte ha evinto dalla lettura delle disposizioni normative l'adozione di un “procedimento deformalizzato che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita è costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione delle figura del mediatore, e dall'offerta alle parti di un momento di incontro, perché possano liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultino irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonché da agevolazioni fiscali”, evidenziando ancora che “…il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire - 11 - amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali…”. 
Dalla novella del 2013 che ha introdotto la presenza necessaria dell'Avvocato e l'affiancamento al legale esperto in tecniche processuali che rappresenta la parte nel processo altro esperto in tecniche negoziali che assiste la parte nella procedura di mediazione, si è tratta dimostrazione della progressiva emersione di una “figura professionale nuova, con un ruolo in parte diverso e alla quale si richiede l'acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate”. 
Questa esigenza di “dialogo informale e diretto tra parti e mediatore” nella ricerca di una “composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa” per entrambi i contendenti, in logica deflattiva e acceleratoria di “un buon numero di controversie” la cui tempistica è notoriamente superiore ai tempi della mediazione, ha, secondo i giudici di legittimità, trovato emersione nell'art. 8 del D.Lgs. in commento che, nel disciplinare il procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro Avvocati, a dimostrazione che la parte non può evitare di presentarsi davanti al mediatore inviando il proprio difensore. 
Nondimeno, la comparizione personale è compatibile con la delega, non sussistendo previsioni espresse in senso contrario e non rivestendo l'attività natura di atto strettamente personale, laddove, quando per la rilevanza della partecipazione ad alcuni momenti processuali o per l'attribuzione di un particolare valore alle dichiarazioni rese, la legge non ha ritenuto possibile la sostituzione, lo ha affermato espressamente (così l'art. 231 c.p.c. a proposito della risposta all'interrogatorio formale e l'art. 232 che fa discendere dalla mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio conseguenze specifiche). 
La Cassazione si è quindi persuasa che la parte che intende iniziare l'azione (ma lo stesso dicasi dell'avversaria) che - per scelta o per impossibilità - non - 12 - possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta, incluso il proprio difensore.  3.2. Sennonché, come si diceva, è parso imprescindibile il fatto che per poter validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte debba conferire simile potere mediante una procura che abbia quale specifico oggetto la partecipazione alla mediazione e che conferisca il potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto. 
Invero la S.C. stigmatizzato il fatto che il potere di sostituire a sé altri nella partecipazione alla mediazione vada conferito con una procura sostanziale e speciale. 
Nell'ammettere che essa ben possa essere conferita al difensore, alcuna previsione di legge escludendolo, ha negato nondimeno la sufficienza della comune procura alle liti, ancorché accordata con facoltà di compiere ogni più ampio potere processuale (occupandosi anche della possibilità di autenticarne il contenuto, escludendo che a ciò sia bastevole il potere dello stesso legale). 
In conclusione, si è affermato il seguente principio di diritto per cui “…la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'Avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista…”. 
Ne consegue che il potere di sostituire a sé qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale; in ordine, invece, alla possibilità o meno di conferire tale potere avvalendosi esclusivamente della procura conferita al difensore e da questi autenticata, la Suprema Corte ha escluso tale possibilità, prevedendo che nell'ipotesi in cui la parte scelga di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata da quest'ultimo, perché il - 13 - conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti da lui autenticagli direttamente. 
In conclusione, dunque, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire da chiunque e, quindi, anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista. 
Il principio è stato di recente ribadito da Cassazione civile sez. III, 05/07/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 05/07/2019), n. 18068 che ha stabilito espressamente che la partecipazione del solo difensore munito di semplice procura alle liti fa sì che lo stesso non possa considerarsi validamente delegato a partecipare in sostituzione della parte ed equivale a mancata partecipazione della stessa con conseguente mancato assolvimento della condizione di procedibilità e inevitabile declaratoria di improcedibilità della domanda. 
In via di estrema sintesi, per qui rileva, debbono trovare applicazione i seguenti principi: - nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore; - nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l'assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale. 
Ad essi si aggiunge l'ulteriore per cui la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente - 14 - informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre.  3.3. Tanto premesso in punto di diritto, nella specie si ha che con atto del 3 luglio 2015, l'attore aveva conferito al proprio difensore non già una procura alla liti né una procura per la mera partecipazione, bensì una procura distinta ed autonoma da quella posta alla base del presente procedimento, espressamente attribuendo il potere di rappresentanza, anche a conciliare, riferito al procedimento di mediazione, come chiaramente evincibile dal tenore della procura di seguito riportata.  3.4. Invero, è evidente che la procura conferita non sia la procura alle liti sulla cui scorta è stato avviato il presente procedimento: si tratta, infatti, di una - 15 - procura specifica e sostanziale (come richiesto sulla scorta dei principi giurisprudenziali sopra diffusamente ripercorsi), con espressa previsione del potere di conciliare la controversia innanzi all'### di mediazione; Ne consegue che se, da un lato, è vero che l'avv. ### non aveva un potere di autentica di tale procura, la circostanza che la procura in questione sia stata autenticata dallo stesso difensore-rappresentante è sostanzialmente irrilevante.  3.5. A ben vedere, il vero problema che si pone è se l'attribuzione di una rappresentanza sostanziale dovesse avvenire necessariamente mediante il conferimento di una procura notarile. 
A tale quesito, reputa il Tribunale che occorra dare risposta negativa, posto che nessuna norma prevede che nel procedimento di mediazione la rappresentanza sostanziale di una parte debba necessariamente essere conferita in forma autentica. 
Reputa il Tribunale in ordine alla forma della procura, che essa debba ritenersi libera, e come tale, che non necessiti dell'autentica notarile sia perché il disposto dell'art. 1392 c.c. richiede la forma per relationem del contratto che il rappresentante deve concludere con la conseguenza che la procura speciale con autentica notarile è richiesta solo per quegli atti per i quali l'ordinamento richiede la forma dell'atto pubblico notarile, non suscettibile di applicazione analogica (es.  diritti reali immobiliari) sia perché in assenza di una espressa previsione normativa che richieda la forma della procura notarile per partecipare alla mediazione e negoziare gli interessi della parte deve ritenersi che essa sia “libera” in ossequio al principio generale di libertà delle forme (Cass. Civ., SS.UU.  6459/2020). 
Pertanto, anche per la partecipazione all'incontro di mediazione in nome e per conto di un altro soggetto non può che essere richiesta la forma necessaria per l'atto che deve essere compiuto (art. 1392 c.c.) e, nel caso di specie, come - 16 - detto, nessuna norma prevede che per la partecipazione all'incontro di mediazione sia necessaria la procura notarile o equipollente, né per la sottoscrizione di una eventuale conciliazione relativa ad una pretesa risarcitoria, atteso che la materia oggetto del contendere non richiedeva o richiede particolari forme per la definizione negoziale della stessa.  ### canto, posto che per la procedura di mediazione è prevista l'assistenza del difensore (art. 8 D.L.vo n.28/10 come modificato dal D.L.  69/13) e che, come riconosciuto nella pronuncia della S.C. sopra richiamata, lo stesso difensore può essere delegato anche alla rappresentanza sostanziale, non si vede perché dovrebbero esistere requisiti di forma ancora più stringenti di quelli relativi alla procura a stare in giudizio, con la quale possono essere conferite le più ampie facoltà di definire e transigere, disponendo dei diritti sostanziali della parte rappresentata.  3.6. Peraltro, ragioni di mera completezza espositiva impongono di osservare che l'eventuale opinione circa il non corretto svolgimento della procedura di mediazione non avrebbe di certo condotto alla improcedibilità della domanda ma, al più, all'assegnazione del termine per l'attivazione della procedura. 
Ed infatti, nella specie, se, seguendo la prospettazione suggerita dai convenuti, si fosse ritenuta la procedura di mediazione non ritualmente esperita in ragione della mancata partecipazione della parte, ciò si sarebbe tradotto nel ritenere la fase precedente al giudizio tamquam non esset con l'ulteriore conseguenza che, rilevata la condizione di ### improcedibilità, si sarebbe dovuto fare applicazione del disposto dell'art. 5 D. lgs. 28/2010 e assegnare il termine per l'inizio della procedura, come dovuto tutte le volte in cui il Giudice si avveda che, in una causa sottoposta a mediazione obbligatoria, quest'ultima non è stata esperita. 
Né tale richiesta avrebbe potuto considerarsi una inammissibile domanda nuova, risolvendosi nell'ineluttabile applicazione di una disposizione di legge, laddove della stessa ne fossero sussistiti i presupposti.  - 17 - 4. Venendo al merito della controversia, ### il ### che la domanda possa ritenersi fondata nei sensi e per le ragioni che seguono. 
Al riguardo, si premette che appaiono circostanze incontestate in punto di fatto l'avvenuta pubblicazione sulla predetta testata giornalistica, la pluralità di destinatari della comunicazione (essendo tale dato, per vero, in re ipsa, attesa la diffusività del mezzo utilizzato) e l'assenza del dott. ### (cfr. doc.ti 4 e 7 atto di citazione), circostanze queste che vanno ad integrare gli elementi costitutivi ### del reato di diffamazione a mezzo stampa. 
Ciò posto, in ordine alla domanda risarcitoria avanzata da parte attrice, vanno esaminate separatamente le responsabilità ascrivibili, rispettivamente, al giornalista ### (il quale ha firmato gli articoli in oggetto con lo pseudonimo ###, al direttore responsabile, sig.ra ### e alla società editoriale ### S.r.l., i quali, in applicazione del principio solidaristico, ‹‹sono responsabili per l'intero nei confronti del danneggiato, ai sensi dell'art. 1292 c.c., ma con diritto di regresso nei rapporti interni con gli altri obbligati secondo la gravità delle rispettive colpe e le conseguenze che ne sono derivate›› (Cass., 19 settembre 1995, n. 9892).  4.1. Nello specifico, in relazione alla responsabilità del giornalista ### (detto ###, si evidenzia che la risarcibilità del danno consegue alla qualificazione del fatto a questi ascritto come reato, spettando, pertanto, a questo giudice operare in via incidentale il predetto accertamento, verificando se, nel caso in esame, sussistano gli estremi del reato di cui all'art. 596 bis c.p. 
Si tratta, quindi, esclusivamente di verificare la portata diffamatoria delle affermazioni contenute negli articoli in questione, nonché la ricorrenza o meno, nel caso di specie, dell'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria: a tal riguardo, si osserva che, contrariamente all'assunto della convenuta, a venire in rilievo non è il diritto di critica, quanto piuttosto quello di cronaca, giacché tramite le pubblicazioni contestate non può ritenersi che l'autore dello scritto abbia esposto un'opinione sulla vicenda che ha coinvolto l'attore, bensì ha - 18 - fornito ai lettori un'informazione, qual è, appunto, quella riportata circa il ruolo del dott. ### nel far cadere in prescrizione i reati di cui al procedimento c.d. “### del Parco”. 
Nel contributo giornalistico, non si rinviene alcuna valutazione dell'operato di parte attrice, essendo riportata una narrazione della vicenda penale oggetto del procedimento c.d. “### del Parco” e dell'incidenza che il ritardo del ### nel comunicare l'intervenuto deposito della sentenza di condanna ha avuto sull'esito della procedura penale. 
Per tale ragione, quindi, gli articoli in questione non possono dirsi espressione del diritto di critica per come definito dalla giurisprudenza il quale ‹‹…presuppone una rielaborazione dei fatti con l'introduzione di contributi personali dell'autore che partendo da fatti veri, nel loro nucleo essenziale, li espone esprimendo giudizi, formulando valutazioni e possibili nessi di causalità, rendendo il lettore edotto del personale punto di vista dell'autore…›› (#### se. I, 3 luglio 2020, n. 9631).  4.2. Esso va, piuttosto, qualificato come esempio di esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, a proposito del quale la Corte di Cassazione ha affermato che ‹‹… può assumere tratti illeciti proprio allorquando non si limiti a diffondere la notizia in sé - ad es. di un provvedimento giudiziarioovvero a riferire o a commentare l'attività investigativa o giurisdizionale, ma utilizzi le informazioni desumibili da un provvedimento giudiziario o da atti di indagine per ricostruzioni o ipotesi giornalistiche tendenti ad affiancare o a sostituire gli organi investigativi…›› nella ricostruzione di vicende giuridicamente rilevanti, ‹‹…di talché il rischio del superamento dei limiti potrebbe annidarsi proprio in caso di ampliamenti estemporanei che con la pretesa della completezza finiscano con dare notizie non veritiere…›› (Cass. pen., sez. V, 14 maggio 2020, n. 15086). 
Si impone, in sostanza, al giornalista l'obbligo del controllo della fonte (che deve essere sempre legittima e legittimamente usata), al fine di assicurare che la stampa persegua la finalità costituzionale della corretta e veritiera informazione e non sia usata strumentalmente per diffondere notizie false o ancora non accertate.  - 19 - Andando più nel dettaglio, il diritto di cronaca giudiziaria consiste nel diritto di raccontare accadimenti reali, aventi ad oggetto fatti giuridicamente rilevanti, per mezzo della stampa, in considerazione del loro interesse per la generalità dei consociati1.  1 Per la individuazione dei confini di tale diritto, ancora oggi resta un fondamentale punto di riferimento quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 5259 del 1984. 
La Corte ben chiarì nell'occasione che occorreva realizzare un ragionevole bilanciamento tra i diritti all'onore ed alla reputazione da un lato (art. 2 e 3 Cost.) e la libertà di opinione e manifestazione del pensiero dall'altro (art. 21 Cost.). Ed individuò le condizioni per l'esercizio legittimo del diritto di cronaca (inteso come il diritto di raccontare, tramite mezzi di comunicazione di massa, accadimenti reali che interessano la generalità dei consociati), identificabili nella verità oggettiva del fatto riportato, che può essere anche soltanto putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca (Cass. n. 25157/2008); nella sussistenza di un interesse pubblico all'informazione, c.d. pertinenza (ex multis: Cass. n. 5146/2001; Cass. 5259/1984; Cass. n. 15999/2001; Cass. n. 23366/2004); nella forma civile dell'esposizione dei fatti e della loro valutazione, e cioè nella c.d. continenza, che implica che lo scritto non deve mai eccedere lo scopo informativo da conseguire, deve essere improntato a serena obiettività, con esclusione di ogni preconcetto intento denigratorio e deve essere redatto nel rispetto di quel minimo di dignità cui ha pur sempre diritto anche la più riprovevole delle persone (Cass. 5259/1984). 
Il bilanciamento tra il diritto del singolo all'onore e l'interesse pubblico all'informazione vede dunque un fattore discriminante decisivo nella correlazione tra fatto e notizia ed è proprio tale correlazione, col concorso degli altri due requisiti della continenza e pertinenza, che riporta la lesione della reputazione altrui, astrattamente offensiva, nell'ambito dell'operatività della scriminante dell'esercizio di un diritto, ai sensi dell'art. 51 c.p. e rende la condotta lecita. Peraltro, il potere-dovere di raccontare e diffondere a mezzo stampa notizie e commenti, in materia di cronaca giudiziaria, deve confrontarsi anche con il presidio costituzionale della presunzione di non colpevolezza di cui all'art. 27 Cost. In tale ordine concettuale la giurisprudenza è costante nel sottolineare il particolare rigore con cui deve essere valutata la prima delle condizioni sopra indicate, precisando che la verità di una notizia mutuata da un provvedimento giudiziario sussiste ogniqualvolta essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso, senza alterazioni o travisamenti di sorta, dovendo il limite della verità essere restrittivamente inteso. ###, anche putativa, del diritto di cronaca giudiziaria di cui all'art. 51 cod. pen., va, dunque, esclusa allorché manchi la necessaria correlazione tra fatto narrato e fatto accaduto, il che implica l'assolvimento dell'obbligo di verifica della notizia e, quindi, l'assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva di quanto esposto, nonché il rigoroso obbligo di rappresentare gli avvenimenti quali sono, senza alterazioni o travisamenti di sorta, risultando inaccettabili i valori sostitutivi, quale quello della verosimiglianza, in quanto il sacrificio della presunzione di innocenza richiede che non si esorbiti da ciò che è strettamente necessario ai fini informativi (Cass. Civ. n. 16917/2010). Nel diffondere informazioni in merito a procedimenti penali in corso o definiti, occorre dunque un rigoroso controllo con ogni cura professionale, della attendibilità e correttezza della notizia, da rapportare alla gravità del fatto e all'urgenza di informare il pubblico, onde vincere dubbi e incertezze in ordine alla verità dei fatti narrati, in modo che l'eventuale errore sugli stessi possa ritenersi involontario ed incolpevole. Inoltre, l'onere probatorio, in sede processuale, grava sul giornalista che deve appunto fornire la prova di aver effettuato tutti i controlli e riscontri necessari a verificare la verità della notizia riportata (Cass. Civ. n. 2271/2005, 5081/2010, 18264/2014).  - 20 - Nell'ambito di tale modalità espressiva vengono in rilievo i canoni della pertinenza (rilevanza sociale dell'argomento o del fatto oggetto di cronaca) e della continenza (correttezza espositiva), della verità dei fatti. 
Il requisito della pertinenza si considera integrato nel momento in cui il destinatario del fatto di cronaca narrato abbia rilievo pubblico; in particolare, si ricorda che, in materia di cronaca (e anche di critica) giudiziaria, la giurisprudenza ravvisa una presunzione iuris et de iure di pertinenza della notizia oggetto della cronaca ogni volta in cui essa attenga all'esercizio di un potere statale, ritenendo che in tal caso “…l'interesse pubblico alla conoscenza della notizia è da ritenersi sempre sussistente, in quanto la libertà di manifestazione del pensiero in ordine a temi di interesse generale è da considerarsi un vero e proprio presupposto delle società democratiche, necessario alla possibilità di svolgimento del dibattito pubblico…” (Cass. Pen., sez. I, sent.  8801/18). 
La continenza viene intesa dalla giurisprudenza quale “…forma civile di esposizione dei fatti e della loro valutazione…” (Cass. Civ., sez. I, sent, n. 8959/84), la quale non può essere esclusa in ragione del solo utilizzo, da parte del cronista, di espressioni che abbiano contenuto lesivo dell'altrui reputazione (ex multis: Pen., sez. V, sent. n. 41414/16; Cass. Pen., sez. V., sent. n. 4853/16): invero, il criterio in esame può dirsi sussistente anche ove il critico ricorra a “…parole sferzanti, nella misura in cui siano correlate al livello della polemica, ai fatti narrati e rievocati…” (Cass. Pen., sez. V, sent. n. 4853/10), purché non trasmodino in attacchi gratuiti alla persona e in arbitrarie aggressioni al patrimonio morale del destinatario (Cass. Pen., sez. V, sent. n. 1481/91; Cass. Pen., sez. V, sent.  22869/03).  ### criterio da prendere in considerazione è quello della verità dei fatti, intesa dalla giurisprudenza come “…sostanziale corrispondenza ### tra i fatti come sono accaduti (res gestae) e i fatti come sono narrati (historia rerum gestarum)…” (Cass. Pen., sez. V, sent. n. 25636/16).  - 21 - 4.2.1. Con riguardo al requisito della verità (oggettiva o anche soltanto putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) della notizia, la giurisprudenza ha affermato che la condotta del giornalista è lecita quando si limiti a “…diffondere la notizia di un provvedimento giudiziario in sé ovvero a riferire o commentare l'attività investigativa o giurisdizionale…” (ex multis: Cass., sent.  7333/08); invece i limiti dell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria siano superati in particolar modo quando “…le informazioni desumibili da un provvedimento giudiziario vengano utilizzate per ricostruzioni o ipotesi giornalistiche tendenti ad affiancare o a sostituire gli organi investigativi nella ricostruzione di vicende penalmente rilevanti ed autonomamente offensive…”; la giurisprudenza maggioritaria ritiene che gravi sul giornalista l'onere di verificare le notizie e di dimostrarne la pubblica rilevanza (Cass., sent. n. 7333/08). 
Ancor più nel dettaglio, costituisce insegnamento della giurisprudenza di legittimità che ormai può ben dirsi uniforme ed anche recentemente ribadito ( Cass. civ. sez. III, 12 ottobre 2020, n. 21969) quello secondo cui la natura della fonte non esonera mai il giornalista dall'onere di esaminare, controllare e verificare la notizia, così da sopprimere ogni dubbio sulla sua veridicità. 
La scriminante derivante dal combinato disposto dell'art. 51 c.p. e art. 59 c.p., comma 1, anche nella sua forma putativa, esige invero l'adempimento, da parte di chi intende esercitare il diritto che gli farebbe scudo dalla fattispecie penale, di specifici oneri appunto di verifica che investono ogni genere di fonte: l'errore sulla verità di quanto diffuso non può essere infatti “frutto di negligenza, imperizia o comunque colpa non scusabile”, onde l'errore rilevante ai fini della scriminante putativa “…non deve vertere... sull'attendibilità della fonte di informazione, sì da poter ritenere sufficiente l'affidamento riposto in buona fede su una fonte non costituente "prova" della verità, per quanto autorevole possa essere…” (così chiaramente si esprime Cass. pen., sez. 5, 21 febbraio 2000 n. 1952; sulla stessa linea Cass. pen., sez. V, 5 marzo 2010 n. 23695 puntualizza che l'esimente putativa del diritto di cronaca giudiziaria non può essere affermata per il “…presunto elevato livello di attendibilità della fonte se il giornalista non ha provveduto a sottoporre al dovuto controllo la notizia…”; e - 22 - ancora sull'assoluta necessità della verifica delle fonti quale presupposto della scriminante putativa per l'esercizio del diritto di cronaca o di critica giudiziarie v., da ultimo, Cass. pen., sez. 5, 20 settembre 2019 n. ###). 
Pertanto, nessuna incidenza è attribuibile all'affidamento, anche in buona fede, maturato nei confronti della fonte in sé, occorrendo comunque, da parte di chi intende diffondere, verificare attentamente l'inconsistenza di ogni dubbio (Cass. pen., sez. 5, 11 marzo 2005 n. 15643 insegna che “…è configurabile la scriminante putativa dell'esercizio del diritto di cronaca quando, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il cronista abbia assolto l'onere di esaminare, controllare e verificare la notizia, in modo da superare ogni dubbio, non essendo, a tal fine, sufficiente l'affidamento ritenuto in buona fede sulla fonte…”; Cass. pen., sez. V, 13 luglio 2010 n. 27106 inequivocamente afferma che “…la scriminante putativa del diritto di cronaca giudiziaria può essere invocata in caso di affidamento del giornalista su quanto riferito dalle sue fonti informative, non solo se abbia provveduto comunque a verificare i fatti narrati, ma abbia altresì offerto la prova della cura posta negli accertamenti svolti per stabilire la veridicità dei fatti…”; e Cass. pen., sez. V, 13 novembre 2017 n. 51619 ribadisce che la scriminante putativa dell'esercizio del diritto di cronaca “…è configurabile solo quando, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il cronista abbia assolto all'onere di esaminare, controllare e verificare l'oggetto della sua narrativa, al fine di vincere ogni dubbio…”; Cass. pen., sez. 5, 10 ottobre 2018 n. 45813 conferma che per godere dell'esimente del diritto di cronaca giudiziaria in relazione alla fattispecie penale della diffamazione a mezzo stampa “…il giornalista deve esaminare e controllare attentamente la notizia in modo da superare ogni dubbio, non essendo sufficiente in proposito l'affidamento in buona fede sulla fonte informativa…”; conforme, da ultimo, Cass. pen., sez. 5, 4 novembre 2019 n. 50189; e, ad abundantiam, sull'affine profilo dell'esercizio del diritto di critica giudiziaria quale scriminante putativa cfr., sulla stessa linea, Cass. pen., sez. I, 27 settembre 2013 n. 40930 e Cass. pen., sez. V, 18 aprile 2019 n. 21145).  4.2.2. A questo consolidato insegnamento della Suprema Corte penale è coerentemente sintonica anche l'interpretazione nomofilattica civile, la quale - 23 - infatti ha sempre affermato che, per godere dell'esimente anche putativa del diritto di cronaca, occorre che la notizia sia “…frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca…”, vale a dire che il giornalista “…l'abbia accuratamente verificata…” (così, p.  es. Cass. sez. III, 8 febbraio 2007 n. 2751; sulla linea della necessità del serio e diligente lavoro di ricerca si sono espressi, tra gli arresti massimati, pure sez. III, 16 maggio 2007 n. 11259, Cass. sez. III, 20 ottobre 2009 n. 22190 e Cass. sez. III, 4 settembre 2012 n. 14822; e cfr. altresì i più risalenti Cass. sez. III, 10 gennaio 2003 n. 196, Cass. sez. III, 13 febbraio 2002 n. 2066, Cass. sez. I, 24 settembre 1997 n. 9391, Cass. sez. III, 2 luglio 1997 n. 5947 e Cass. sez. 3, 29 agosto 1990 n. 8963). 
Invero, la verifica che grava sul giornalista ai fini della scriminante deve essere sempre conformata e proporzionata alla fonte della notizia: e, fermo il fatto, del tutto ovvio, che compete al giudice di merito valutare se la verifica sia stata nel caso concreto “seria e diligente”, riprendendo la formula sovente adottata, come appena visto, dalla giurisprudenza nomofilattica per descriverne l'idoneità, non è certo esigibile dal giornalista, dinanzi ad una notizia di fonte giudiziaria, di “replicare” in toto con una sua inchiesta privata gli esiti dell'indagine pubblica per essere legittimato poi a diffondere questi ultimi.  4.2.3. La giurisprudenza della Suprema Corte ha espressamente riconosciuto che ai fini della scriminante è sufficiente che l'articolo del giornalista corrisponda al contenuto degli atti e provvedimenti dell'autorità giudiziaria, non potendosi pretendere che dimostri la fondatezza delle decisioni assunte in sede giudiziaria “…e dovendo d'altra parte il criterio della verità della notizia essere riferito agli sviluppi di indagine e istruttori quali risultano al momento della pubblicazione dell'articolo e non già a quanto successivamente accertato in sede giurisdizionale…” (così Cass. sez. 3, 9 marzo 2010 n. 5637): insegnamento, quest'ultimo, dal quale, del tutto logicamente, si deve desumere a contrario che il giornalista dovrà effettuare il suo personale scandaglio sulla veridicità della notizia in relazione “…a quanto successivamente accertato in sede giurisdizionale…” nel caso in cui si sia percorso un non indifferente tratto di tempo tra l'atto giudiziario e il momento in cui quest'ultimo viene - 24 - diffuso tramite l'articolo (analogo insegnamento sortisce poi da Cass. sez. 3, ord.  9 maggio 2017 n. 11233 e Cass. sez. 3, ord. 16 maggio 2017 n. 12013).  4.3. Ed allora, venendo alla fattispecie in esame, in relazione all'articolo pubblicato in data 14 marzo 2015, deve evidenziarsi che, innanzitutto, ricorre il requisito della pertinenza atteso il rilievo pubblico di parte attrice, essendo, all'epoca dei fatti, il dott. ### presso la Corte d'Appello di ### e, quindi, soggetto che riveste una carica istituzionale, del cui operato non vi è dubbio che l'opinione pubblica abbia interesse a conoscere. 
Parimenti, ricorre il requisito della continenza, in quanto né il titolo né il contenuto delle pubblicazioni contiene frasi o parole offensive: per vero, tanto le modalità espositive quanto il lessico appaiono misurati e proporzionati rispetto alla notizia veicolata dal giornale, oltre a non eccedere rispetto allo scopo informativo, non traducendosi, pertanto, in attacchi gratuiti alla persona dell'istante né in arbitrarie aggressioni al patrimonio morale dello stesso. 
A difettare, però, è il requisito della verità. 
Queste le ragioni.  4.4. Al riguardo, occorre premettere che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di diffamazione a mezzo stampa, l'affermazione circa la natura diffamatoria di un articolo di stampa implica la valutazione del suo contenuto complessivo e degli elementi tipografici della comunicazione, e cioè del titolo, dell'occhiello e di eventuali foto (Cass. Pen., sez. V, 30 gennaio 2019, n. 19960). 
Ed allora, prendendo in considerazione il titolo (“Il magistrato e i favori al parente”) ed il catenaccio (“### del parco: processo prescritto anche per colpa del pm #### definitiva”) della prima pagina de “### di Latina” del 14 marzo 2015, nonché il titolo (“### favorì il cognato”), il catenaccio (“### accusato di aver trasmesso in ritardo atti al collega ### facendo finire tutto prescritto”) ed - 25 - il contenuto dell'articolo a pagina 25 (cfr. doc. 4 atto di citazione), appare evidente che nel quotidiano in questione è stata riportata una notizia non totalmente rispondente al reale andamento della vicenda che ha interessato il dott. ### ed, inoltre, non corrispondente, sotto molteplici aspetti, a quelle che sono state le affermazione del C.S.M. e della Corte di Cassazione nel corso del procedimento disciplinare a carico dello stesso. 
Più nel dettaglio, gli elementi da cui si desume la non completa veridicità delle notizie riportate dall'articolista sono i seguenti: ### sia nella locandina fuori dalle edicole (“### del #### magistrato favorì il cognato; cfr. doc. 5, atto di citazione”), sia in prima pagina (in particolare, nel titolo: “Il magistrato e i favori al parente”; e nel sommario dell'articolo: “(…) Una condotta che ha favorito il costruttore degli immobili, cognato del magistrato”), che a pagina 25 (anche qui, nel titolo: “### favorì il cognato”; e nel corpo del contributo: I colonna, riga 16, “(…) parente del costruttore degli immobili confiscati a ### Farnia”; ed ancora, V colonna, riga 7, “essendo ### suo cognato”) dell'edizione de “### di Latina” del 14 marzo 2015, è stato detto che ### all'epoca, imputato nel procedimento “### del Parco”, era parente, nella specie cognato, del dott. ### Tuttavia, tale dato non risponde a verità: invero, come si legge nei provvedimenti del CSM e delle ### della Corte di Cassazione (cfr. doc.ti 3 e 4 (punto 32), comparsa di costituzione e risposta), parte attrice non era cognato dell'imputato ### quanto piuttosto quest'ultimo era cognato della di lui moglie. 
Ora, diversamente da quanto dedotto nella comparsa di costituzione e risposta, appare evidente che l'aver qualificato il dott. ### come cognato del sig. ### non può essere dipeso dall'aver mutuato tale dato dal provvedimento della Cassazione, atteso che mai la Suprema Corte ha ravvisato siffatto rapporto di affinità, avendo, piuttosto, fatto - 26 - riferimento all'esistenza di tale relazione tra la moglie dell'odierno esponente e il predetto #### canto, questo elemento non appare affatto privo di interesse agli occhi dei lettori, posto che il riportare l'esistenza di una parentela (o, più correttamente, di un'affinità) tra l'imputato ### e il ### in una vicenda quale quella di specie, non può che avere l'effetto di indurre il pubblico a ritenere, o quanto meno ad ipotizzare, che la condotta ascritta al ### sia dipesa dal predetto rapporto e che il dott. ### abbia agito al fine di favorire il proprio affine; ### nell'occhiello (“### del ### processo prescritto anche per colpa del PM #### definitiva”) e nel sommario della prima pagina dell'edizione de “### di Latina” (“A far finire in prescrizione il processo per il “### del Parco” (…) hanno contribuito le omissioni dell'allora pm ### Saveriano”), viene evidentemente riportata la notizia che parte attrice, con la sua condotta omissiva, avrebbe concorso a far cadere in prescrizione i reati oggetto del procedimento penale “### del Parco”. 
Medesima informazione è stata veicolata anche nell'occhiello (“### accusato di aver trasmesso in ritardo atti al collega ### facendo finire tutto prescritto”) e nel corpo dell'articolo di cui a pagina 25, I colonna, riga 13 e ss., del quotidiano (“(…) il processo per il “### del Parco” è finito in prescrizione grazie anche alle omissioni di quel pubblico ministero, parente del costruttore degli immobili confiscati a ### Farina”). 
Sicché non v'è chi non veda come l'autore dell'articolo in esame ha imputato il maturarsi della prescrizione dei reati di cui al procedimento “### del Parco” ### alle condotte di parte attrice, chiaramente discostandosi, in questo modo, da quella che è la realtà emergente dalle carte del procedimento disciplinare a carico del dott. ### Invero, il C.S.M. ha affermato che il vantaggio conseguito dagli imputati nel procedimento “### del Parco”, a fronte della anzi descritta - 27 - condotta omissiva di parte attrice, è stato quello ‹‹…di non doversi difendere dall'appello, almeno incidentale, del pubblico ministero e di non affrontare dunque il rischio di un aggravamento della pena loro irrogata…›› (cfr. pag. 6, doc. 4, comparsa di costituzione e risposta), e non anche quello di vedere cadere in prescrizione i reati ascrittigli. 
Analogamente, le ### della Corte di Cassazione hanno, a chiare lettere, affermato che ‹‹… il danno ed il correlativo vantaggio consistono nel non aver potuto vagliare la possibilità dell'appello da parte della ### e nel non averlo subito da parte dell'imputato. La perdita di queste possibilità costituisce in sé un danno per l'ufficio del PM (di cui faceva parte il dott. ### e un vantaggio per l'imputato (cognato della moglie del magistrato)…›› (cfr. doc. 3, comparsa di costituzione e risposta). 
A ciò deve, poi, aggiungersi che né nella richiesta di archiviazione del procedimento penale n. 78/11 R.G.N.R. né nel successivo decreto di archiviazione si trova traccia dell'affermazione secondo cui la condotta del dott. ### avrebbe avuto quale scopo quello di favorire una persona a lui nota, contribuendo a far cadere in prescrizione i reati oggetto del processo “### del Parco” (cfr. doc.ti 2 e 3, atto di citazione). 
Peraltro, l'aver attribuito a parte attrice un ruolo attivo nell'intervenuta prescrizione, favorendo così l'imputato ### appare in contraddizione, con l'ulteriore affermazione contenuta nell'articolo in esame, secondo cui proprio il medesimo ### (ex cognato della moglie del dott. ### abbia rinunciato alla prescrizione: in sostanza, non si vede come il ### possa essere stato favorito dalla condotta di parte attrice ipotizzata dall'autore dell'articolo, dal momento che lo stesso ha deciso di non avvalersi dei benefici derivanti dalla prescrizione, preferendo, quindi, essere giudicato. Da ultimo si aggiunga che, essendo stata l'azione penale esercitata, tanto da essersi giunti ad una pronuncia peraltro di condanna, oggetto di successiva impugnazione, non è dato - 28 - comprendere in che modo la condotta omissiva dell'attore nel non trasmettere tempestivamente la sentenza possa avere avuto influenza diversa ed ulteriore dal precludere la proposizione dell'appello incidendo sul corso della prescrizione; ### nel quotidiano, si legge, inoltre, “Ma soprattutto il sostituto ### ha specificato che ### avrebbe avuto un qualche interesse nel caso del “Villaggio”, essendo ### suo cognato”: tale circostanza risulta non solo decontestualizzata, non essendo indicata l'occasione nel corso della quale il dott. ### si sarebbe così espresso, ma soprattutto appare smentita da quanto emerso nel corso del procedimento penale a carico di parte attrice. 
In particolare, nella richiesta di archiviazione, viene precisato: “…avendo il dr. ### dichiarato che mai l'indagato aveva interferito nel corso delle indagini o del processo che si era celebrato nei confronti degli affini della moglie…” (cfr. doc. 2, atto di citazione); nello stesso senso, si è, poi, espresso il Giudice per le ### “…il processo di primo grado … si era concluso con condanna e …mai nel corso del suddetto procedimento, per quanto dichiarato dallo stesso Dott. ### il Dott. ### aveva palesato interessamento o, tanto meno, volontà di interferire” (cfr. doc. 3, atto di citazione). 
In verità, nelle sentenze disciplinari si legge che l'attore era al corrente del procedimento penale a carico di ### cognato della moglie, e che nel corso delle indagini preliminari l'odierno attore aveva consegnato al dott.  ### (pm competente) una memoria difensiva dell'indagato, pregando il collega di leggerla, ma ciò viene fatto sempre senza mai attribuire all'attore alcuna cointeressenza o ingerenza nella gestione del procedimento ma sempre legata alla condotta omessa di tempestiva trasmissione della sentenza (ai fini dell'appello) nonché degli atti di appello (ai fini dell'appello incidentale), oggetto della contestazione disciplinare.  - 29 - 4.5. Dagli elencati elementi, si evince, con chiarezza, che l'articolo del 14 marzo 2015 è stato strutturato, nel suo complesso, in maniera tale da indurre i lettori a ritenere che la condotta posta in essere da parte attrice abbia concorso a far cadere in prescrizione i reati oggetto del procedimento “### del Parco”, e che, soprattutto, ciò sia avvenuto al fine di recare un vantaggio all'imputato ### qualificato ### come cognato del magistrato. 
Ed allora, se così è, non vi è dubbio in ordine al fatto che ### (detto ### abbia travalicato quelli che sono i limiti del diritto di cronaca ed, in particolare, il limite della verità, sottoponendo all'attenzione del lettore notizie di sicuro interesse, in quanto concernenti un magistrato, ma non descritte con la richiesta precisione ed accuratezza, e contenenti notizie non rispondenti agli atti del processo disciplinare e penale. 
Tale modus operandi risulta tanto più censurabile se si considera che la verifica della veridicità delle informazioni che il giornalista era tenuto a compiere non può ritenersi particolarmente complicata, dato che si sarebbe dovuto limitare ad un'analisi dei provvedimenti emessi nel corso del procedimento disciplinare e di quello penale, della cui conoscenza, da parte dello scrittore, non può dubitarsi, stante il fatto che gli stessi vengono citati nell'articolo in questione. 
In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che “…in tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esimente del diritto di cronaca giudiziaria è configurabile, qualora la notizia sia mutata da un provvedimento giudiziario, quando l'attribuzione del fatto illecito ad un soggetto sia rispondente a quella presente negli atti giudiziari e nell'oggetto dell'imputazione, sia sotto il profilo dell'astratta qualificazione che della sua concreta gravità, con la conseguenza che essa non è invocabile se il cronista attribuisca ad un soggetto un fatto diverso nella sua struttura essenziale rispetto a quello per cui si indaga, idoneo cagionare una lesione della reputazione…” (Cass. Pen., sez. V, 29 gennaio 2020, 13782).  - 30 - 4.6. A conclusioni differenti, invece, deve pervenirsi con riferimento al secondo articolo (del 15 marzo 2015), di cui parte pure attrice lamenta il contenuto diffamatorio (cfr. doc. 7, atto di citazione). 
Va, infatti, osservato che lo scritto in questione non sembra contenere notizie non rispondenti a realtà, posto che si limita a riportare quanto scritto dal legale del dott. ### in seguito alla pubblicazione del giorno precedente, fatta eccezione per quanto è stato scritto nell'incipit dello stesso. 
In verità, a pag. 33 de “### di Latina” si legge: “### la notizia della condanna dell'allora sostituto procuratore ### confermata dalla Cassazione, per la gestione del fascicolo relativo al “### del Parco” …”. 
Ora, come detto, non era il dott. ### il titolare del fascicolo in questione, essendo lo stesso di competenza del dott. ### ma anche che la condotta ascritta all'odierno esponente era dovuta alla mancata comunicazione della sentenza di condanna intervenuta in primo grado in tempo utile a consentire al dott. ### di proporre appello incidentale, rispetto ad un dovere esigibile all'attore in forza di disposizioni organizzative in vigore presso l'### di appartenenza dell'attore. 
Sicché, è possibile ritenere che il giornalista con l'utilizzo del termine “gestione” del fascicolo non abbia, in realtà, inteso fare riferimento alla conduzione dell'indagine da parte dell'attore ma, per l'appunto, abbia inteso riferirsi all'attività da cui poi è scaturita la vicenda penale e disciplinare a carico del dott. ### e che, in senso lato, può certamente essere intesa come una attività di “gestione del fascicolo” ancorché con esclusivo riguardo alla attività di comunicazione della sentenza di condanna e degli appelli. 
In tale articolo, dunque, il riferimento alla “gestione” non è tale da evocare e suggerire nel lettore alcun riferimento diverso ed ulteriore da quello che era la condotta materiale effettivamente ascritta all'attore, sicché deve escludersi qualsivoglia carattere diffamatorio.  - 31 - 4.6. Da ultimo, in ordine all'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 596 bis c.p., si osserva che lo stesso può dirsi sussistente nel caso di specie, a fronte del fatto che, senza necessità di indagare la sussistenza di una volontà diffamatoria, il giornalista ha riportato fatti che sapeva non essere ### rispondenti al vero e che potevano indurre i lettori ad avere un'idea falsata dei reali accadimenti, e lo ha fatto nella consapevolezza che quanto da lui scritto sarebbe stato letto da una molteplicità di persone: sussiste, pertanto, il dolo (almeno nella forma eventuale) proprio della fattispecie in questione. 
In proposito, la recente giurisprudenza di merito ha ribadito che ‹‹quanto all'elemento soggettivo, il dolo del reato è generico e consiste nella consapevolezza di pronunciare o di scrivere una frase lesiva dell'altrui reputazione, ma anche nella volontà che la frase denigratoria venga a conoscenza di più persone (pertanto è necessario che l'autore della diffamazione comunichi con almeno due persone ovvero con una sola persona, ma con tali modalità, che detta notizia sicuramente venga a conoscenza di altri ed egli si rappresenti e voglia tale evento). In altri termini, non è necessario la sussistenza dell'animus diffamandi, ma è sufficiente da parte del soggetto attivo la rappresentazione e la volontà della comunicazione con più persone dell'addebito offensivo›› (### Pescara, 7 gennaio 2019, n. 4). 
Ed inoltre, sempre rispetto all'elemento soggettivo, ‹‹è richiesto il dolo generico che può anche assumere la forma del dolo eventuale, nel senso che è sufficiente che l'agente, consapevolmente, faccia uso di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive e non è richiesta la presenza di un animus iniuriandi vel diffamandi›› (###, Firenze, sez. II, 12 ottobre 2018, n. 3103).  4.7. Alla luce di tutto quanto sin qui affermato, appare possibile affermare che ricorrono i presupposti per ritenere integrato il reato di diffamazione ex art.  596 bis c.p. in capo a ### (detto ###, non operando la scriminante del diritto di cronaca ###, atteso che, per la modalità della sua formulazione, l'effetto comunicativo generato dai passaggi sopra richiamati vanno nel senso di indurre il lettore a ritenere che l'attore abbia tenuto una - 32 - condotta di indebito favoritismo, concorrendo a causare anche il maturarsi della prescrizione; e si può dunque affermare che tale effetto comunicativo abbia determinato una lesione della reputazione dell'attore, che per le ragioni che sono esposte, non può dirsi scriminata dal diritto di manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelato, ed in particolare dal diritto di cronaca che ne costituisce il principale corollario.  4.8. Venendo ad esaminare la responsabilità della direttrice responsabile del quotidiano, ### si sottolinea che ricorrono tutti i presupposti per ascrivere in capo alla stessa il reato di cui all'art. 57 c.p., e cioè: - la qualifica soggettiva dell'autore del reato essendo la sig.ra ### è direttrice responsabile de “### di Latina”; - la condotta omissiva atteso che dagli atti di causa, è emerso che la predetta convenuta non abbia esercitato una adeguata vigilanza sui contenuti delle pubblicazioni di cui parte attrice lamenta il carattere diffamatorio. Invero, non risulta in atti che il direttore responsabile abbia verificato la verità dei fatti riportati negli articoli, o meglio che abbia controllato se il giornalista abbia compiuto un'effettiva verifica delle informazioni dallo stesso riportate e, soprattutto, della rispondenza a verità delle stesse; - elemento soggettivo, in quanto la condotta della convenuta ### è colposa, denotandosi un atteggiamento negligente della stessa nello svolgimento del proprio ruolo, atteggiamento acuito dal carattere di preminenza che la stessa ricopre all'interno del giornale. 
Sussiste, pertanto, in capo a ### la responsabilità ex art. 57 c.p. e, conseguentemente, la responsabilità risarcitoria nei confronti di parte attrice.  4.8. La società editoriale ### S.r.l. risponde a titolo risarcitorio, in forza dell'art. 11, L. 47/1948, ai sensi del quale “per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili in solido con gli autori del reato fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l'editore”: si tratta di un'ipotesi di responsabilità indipendente da - 33 - qualsiasi colpa, il cui fondamento è dato dall'assunzione del rischio di cui il legislatore fa carico a coloro che traggono un'utile da un'attività che gli è riconducibile.  5. Procedendo, ora, a verificare l'esistenza dei danni richiesti, va osservato che parte attrice ha lamentato di aver subito danni patrimoniali e non patrimoniali. 
Accertati come innanzi i fatti di causa, in diritto va fatta applicazione dei principi reiteratamente espressi la S.C. a tenore dei quali “…ai fini dell'affermazione della responsabilità, sia in materia contrattuale che extracontrattuale, si richiede il nesso di causalità tra l'inadempimento o il fatto illecito e il danno e l'onere della dimostrazione di tale nesso, sia in materia contrattuale che extracontrattuale, è a carico di colui che agisce per il risarcimento…” (Cassazione civile, sez. VI, 05/12/2017, n. 28995 ). 
Ora, parte attrice ha dedotto di aver subito un danno patrimoniale (nella forma del lucro cessante), senza tuttavia aver allegato alcun elemento a dimostrazione dell'effettiva verificazione dello stesso ed, in particolare, delle ripercussioni negative, in termini di occasioni lavorative perse, che il dott.  ### avrebbe avuto nella propria vita professionale. 
Ne deriva, pertanto, che nulla va disposto a titolo di risarcimento del danno patrimoniale.  5.1. Resta tuttavia da valutare, sulla base dei principi ormai consolidati in materia (si veda in particolare Cass. S.U. n. 26972/2008), ed in applicazione quindi di un legittimo procedimento presuntivo, la portata del patimento psicologico (cd. patema d'animo, o danno morale soggettivo), oltre che dell'obiettivo pregiudizio alla reputazione, personale e professionale, che può sviluppare la persona in relazione alla diffusione di una notizia riportata in maniera non del tutto esatta; una condizione da cui è presumibile derivino tanto una sofferenza personale quanto uno specifico discredito nel contesto sociale e professionale di appartenenza.  - 34 - La determinazione del risarcimento delle conseguenze dannose deve operarsi, in ragione della natura stessa del pregiudizio da ristorare, per equivalente, ed in via equitativa. 
Ed allora, ritenuto provato, il nesso causale tra condotta e conseguenze pregiudizievoli, a parte attrice, spetta il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti, in relazione ai quali le ### hanno chiarito che il “…danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza…da respingere è l'affermazione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa, nel senso che sarebbe coincidente con la lesione dell'interesse… Il danno in questione deve quindi essere allegato e provato. Trattandosi tuttavia di pregiudizio che si proietta nel futuro sarà consentito il ricorso a valutazioni prognostiche ed a presunzioni sulla base degli elementi obiettivi che sarà onere del danneggiato fornire…” (Cass., Sez. Un., sent. n. 8827 e 8828/03; conforme: Cass., sez. III, sent. n. 907/18). 
Tali danni possono, in particolare, dirsi provati a fronte dell'avvenuta dimostrazione dell'esistenza di un fatto produttivo di conseguenze pregiudizievoli e dell'idoneità del medesimo ad ingenerare una ripercussione “dolorosa” - sotto forma di danno morale (e non anche di danno biologico, non essendo stato dedotto alcun elemento probatorio che ne abbia dimostrato la sussistenza) nella sfera personale del soggetto leso.  5.2. Nello specifico, la predetta idoneità può ritenersi provata sulla base di un ragionamento di tipo presuntivo, in cui assumono rilievo le allegazioni di parte attrice (cfr. doc.ti 11, atto di citazione e 19, nella seconda memoria istruttoria parte attrice): è documentato, infatti, che l'attore abbia chiesto di poter fruire nei giorni in cui vennero pubblicati gli articoli di un periodo di congedo ordinario, segno questo dell'evidente disagio patito dall'attore tale da impedire la regolare presenza in ### ed è altresì documentata l'invio di un messaggio da parte del ###te ### del 14.3.2015, con il quale veniva sollecitata l'attenzione dell'attore sull'uscita dell'articolo.  - 35 - Non v'è chi non veda l'innegabile ripercussione della diffusione di notizie inesatte e non integralmente rispondenti al vero sull'onore e la reputazione del soggetto leso.  5.3. Per la quantificazione del risarcimento del danno alla sfera emotiva del dott. ### occorre far ricorso al criterio equitativo, ai sensi dell'art. 1226 c.c., ancorando, tuttavia, il giudizio a parametri razionali ed oggettivi - delineati dalla stessa giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. Civ., sez. III, 30 agosto 2019, n. 21855) - quali: la notorietà e la carica pubblica del diffamato, la natura della condotta diffamatoria, la collocazione dell'articolo e dei titoli, il mezzo con cui è stata perpetrata la diffamazione e la relativa diffusione, la risonanza mediatica suscitata dalla notizia diffamatoria imputabile al diffamante, nonché la rettifica successiva e/o lo spazio dato a dichiarazioni del diffamato. 
Tanto premesso, venendo all'esame della fattispecie concreta che ci occupa, bisogna considerare da un lato che: 1) il soggetto rivestiva una carica pubblica essendo all'epoca della pubblicazione degli articoli (2015) ### presso la Corte di Appello di ### e l'anzianità di servizio (essendo all'interno della magistratura dal 1984); 2) il risalto dato alla notizia diffamatoria, collocando la stessa in prima pagina, in taglio medio (centro pagina), ed evidenziando il titolo e l'occhiello in grassetto; inoltre, la medesima notizia è stata ripresa e ribadita a pag. 25 de “### di Latina”, collocando l'articolo ad inizio pagina, e, anche qui, utilizzando titolo ed occhiello in grassetto; 3) gli articoli sono stati pubblicati nell'edizione cartacea del quotidiano, venduto in abbinamento obbligatorio con il quotidiano “###”; 4) l'articolo è stato ripreso da altri quotidiani (cfr. doc.ti 9 e 10, atto di citazione); 5) la notizia diffamatoria ha avuto ad oggetto la sfera professionale, con ripercussioni anche nella sfera personale, del dott. ### violando, in maniera circostanziata e senza, tuttavia, utilizzare espressioni ingiuriose e denigratorie, il limite della verità della cronaca giudiziaria; 6) seppur ristretto, trattandosi di edizione locale, l'ambito di diffusività del giornale in questione coincide con il “territorio” in cui - 36 - si esplicava la vita privata di relazione e professionale del danneggiato (cfr. doc.  18, II memoria istruttoria). 
Dall'altro, la indubbia portata offensiva della lesione fin qui accertata può essere controbilanciata dalla circostanza che a) nella sostanza, pur essendo due gli articoli che hanno ad oggetto il caso del dott. ### si è in presenza di un unico episodio diffamatorio (al quale si è provveduto a dare rettifica), ed, inoltre, la notizia riportata dal giornale è solo in parte non veritiera, stante l'effettiva sussistenza di un procedimento disciplinare (oltre che penale) a carico dell'attore; b) la piuttosto recente, all'epoca dei fatti di causa, fondazione de “### di Latina” (cfr. doc. 4, atto di citazione, dove, in alto a destra, si legge: “anno II”); c) è stato dato spazio, nell'edizione del 15 marzo 2015, alle dichiarazioni del legale di parte attrice, la cui lettera inviata al quotidiano de quo è stata pubblicata per intero sia nell'edizione cartacea (cfr. doc. 7, atto di citazione), sia nell'edizione on line (cfr. doc. 8, atto di citazione), consentendo, per l'effetto, di circoscrivere, anche temporalmente, l'efficacia lesiva delle affermazioni inesatte riportate nell'articolo.  5.4. Alla luce di quanto precede, deve ritenersi fondata la domanda di parte attrice in relazione alle affermazioni inesatte riportate nell'articolo e, come detto, riferibili ai favori - di cui non si discorre nei provvedimenti giurisdizionali e disciplinari - ad una persona - cui erroneamente si attribuisce un rapporto di parentela - tali da determinare la prescrizione dei reati - laddove il danno venne impedita la proposizione dell'appello incidentale da parte dell'### del ### senza alcuna incidenza sulla prescrizione, cui peraltro il presunto soggetto favorito aveva rinunciato. 
Tenuto conto di tali elementi, appare congruo liquidare, a titolo di danno non patrimoniale per lesione della reputazione, la somma di complessivi € 12.000,00. 
Su tale somma devono essere, poi, calcolati gli interessi dal giorno del fatto: gli interessi moratori vanno calcolati, quindi, al tasso legale sulla somma - 37 - rivalutata anno per anno fino al momento della liquidazione, decorrendo successivamente sulla somma liquidata sino al soddisfo. 
Nello specifico, il calcolo degli interessi moratori sulla somma annualmente rivalutata deve avvenire in conformità a quanto previsto dalla Cassazione a ### la quale ha stabilito che la liquidazione del danno da inadempimento di obbligazione di valore -qual è quella in esame - debba comprendere il danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario che, in difetto di elementi probatori che lo identifichino diversamente, deve essere riconosciuto quantomeno nella misura degli interessi legali da calcolarsi sulla somma rivalutata annualmente dal momento dell'evento della pubblicazione della sentenza che liquida il danno. Alla somma così rivalutata devono, perciò, essere aggiunti gli interessi nella misura legale denominati “compensativi”, in quanto aventi valore risarcitorio a compensazione del danno causato dal non aver avuto la immediata disponibilità della somma risarcitoria (Cass. Civ. SS.UU. 17 febbraio 1995, n. 1712). Dalla presente sentenza, che trasforma il debito di valore in debito di valuta, spetteranno unicamente gli interessi legali fino al saldo.  5.5. Deve, poi, essere irrogata, in capo al solo sig. ### (detto ###, stante la sussistenza in capo allo stesso del reato di diffamazione ex art. 596 bis c.p., la sanzione di cui all'art. 12, L. 47/48, che va quantificata in € 1.000,00, con applicazione di rivalutazione ed interessi legali dalla data del fatto fino alla presente pronuncia, nei termini delineati al paragrafo precedente. 
Diversamente, l'istituto della riparazione pecuniaria, di cui all'art. 12, L.  47/1948, non è applicabile al direttore responsabile del giornale, ### essendo stata ascritta a quest'ultima la responsabilità per il delitto di omesso controllo colposo della pubblicazione, ai sensi dell'art. 57 c.p.: invero, l'irrogazione della sanzione pecuniaria costituisce una sanzione civile che - 38 - consegue al reato di diffamazione, dei cui elementi costitutivi presuppone l'accertamento (Cass. pen., Sez. V., 10 ottobre 2019, n. 44117). 
Parimenti, tale sanzione pecuniaria non può gravare sulla ### editoriale ### S.r.l., non essendo questa responsabile del reato di cui all'art. 596 bis c.p., rispondendo a livello risarcitorio esclusivamente in forza dell'art. 11, L. 47/1948 (Cass., 7 novembre 2000; Cass., 3 ottobre 1997, n. 9672).  5.6. Si ritiene, inoltre, che la pubblicazione della presente sentenza, ai sensi dell'art. 120 c.p.c., nelle pagine dedicate alla cronaca nazionale dei quotidiani indicati da parte attrice “### Oggi” e “### - ### di Latina”, possa contribuire a riparare il danno alla reputazione subito dal dott.  ### 6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, sulla base dei parametri di cui al D.M. 55/2014, applicabile alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore il ### (art. 28, D.M. citato); le stesse sono calcolate tenuto conto dell'assenza di attività istruttoria nonché in relazione al valore entro cui è stata accolta la domanda.  P.Q.M.  ### definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: ➢ in parziale accoglimento della domanda di parte attrice, ritenuta la lesività dell'onore e della reputazione dell'attore delle notizie riportate nell'articolo del 14.3.2015, condanna, in solido tra loro, ### (detto ###, ### e la ### editoriale ### S.r.l. al pagamento, in favore di ### della somma di € 12.000,00, oltre interessi legali e rivalutazione, nei sensi di cui in motivazione; - 39 - ➢ condanna ### ai sensi dell'art. 12, L. 47/1948, al pagamento della somma di € 1.000,00, oltre interessi legali e rivalutazione, nei sensi di cui in motivazione; ➢ ordina, ai sensi dell'art. 120 c.c., ai quotidiani “### Oggi” e “### - ### di Latina”, di dare pubblicità, mediante inserzione per estratto, ed a spese degli odierni soccombenti, della presente pronuncia di merito; ➢ condanna, in solido tra loro, ### (detto ###, ### e la ### editoriale ### S.r.l. al pagamento, in favore di ### delle spese di lite che liquida, ai sensi del D.M.  55/2014, in € 4.000, oltre rimborso spese generali al 15%, I.V.A. e C.P.A.  come per legge.  ### li 20 marzo 2021 

Il Giudice
(dott. ###


causa n. 5523/2015 R.G. - Giudice/firmatari: Marzullo Luca

M
2

Tribunale di Velletri, Sentenza n. 826/2024 del 12-04-2024

... legale rappresentante della convenuta, ### in sede di interrogatorio formale, che in risposta al capitolo 3 ha dichiarato: “### che io ho inviato presentava l'adeguamento” (v. verbale dell'1.03.2022). Ciò che non è sufficientemente provato, invece, è che la convenuta abbia “consegnato” alla ### s.r.l. un modello unico 2012 diverso da quello poi trasmesso all'### delle ### senza adeguamento agli studi di settore e con il calcolo delle imposte effettuato sulla base delle risultanze contabili. La circostanza è stata infatti sempre contestata dalla parte convenuta (in interrogatorio formale ### ha dichiarato in proposito che “non è possibile che io gli abbia dato un modello dei redditi diverso da quello presentato all'agenzia delle entrate. ### modello valido è quello con il protocollo dell'invio all'agenzia delle entrate”) e l'attrice non ha prodotto alcunché da cui risulti che la convenuta l'abbia “indotta” in errore consegnandole un modello diverso da quello “ufficiale”, cioè da quello trasmesso all'### in effetti, il doc. 2 indicato nell'indice dei documenti di cui all'atto di citazione non risulta versato nel fascicolo di parte attrice. ### modello unico 2012 (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VELLETRI ### in composizione monocratica, in persona del Giudice dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 4043 del ruolo contenzioso generale dell'anno 2019 e vertente tra ### S.R.L. (P.IVA ###), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### (pec: ###), che la rappresenta e difende in virtù di procura alle liti in calce all'atto di citazione ### contro ### S.N.C. (P.IVA ###), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### (pec: ###), che lo rappresenta e difende in virtù procura alle liti in calce alla comparsa di costituzione e risposta ### e nei confronti di ### S.p.A. (C.F.###), in persona del procuratore ad negotia pro tempore dott. ### nominato mediante procura notarile rep. 93508, racc. 10283, elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### (pec: ###), che la rappresenta e difende in virtù di procura alle liti in calce all'atto di citazione ###: contratto d'opera intellettuale ### delle parti: come da verbale di udienza del 17.10.2023 ### atto di citazione ritualmente notificato, la ### s.r.l. conveniva in giudizio la ### s.n.c., chiedendo al Tribunale di accogliere le seguenti conclusioni: “accertato che la ### s.n.c., in persona del legale rapp.te p.t., sig. rag. ### ha disatteso quanto concordato con la propria assistita, ### s.r.l., presentando la dichiarazione dei redditi dell'anno 2011 con l'adeguamento agli ### di ### anziché con i soli dati reddituali scaturenti dalla contabilità, che non ha dato evidenza alla stessa ### s.r.l. delle istanze e delle risposte conseguenti presentate all'### delle ### a seguito della ### di irregolarità ###01 (per l'anno 2011) notificata alla società instante, tanto da far ricevere alla ### s.r.l., per l'errore commesso da esso consulente, in data 16 giugno 2015, da #### S.p.A., la Cartella di pagamento n. #### per complessivi € 50.058,74 relativa all'iscrizione a ruolo definitiva di ### ed ### esercizio 2011, conseguenti al mancato annullamento della comunicazione, condannare la ### s.n.c., in persona del legale rapp.te p.t., sig. rag. ### al risarcimento dei danni subiti dalla ### s.r.l. da quantificarsi in € 43.405,62, ovvero nella somma maggiore o minore da ritenersi di giustizia”. 
A sostegno della domanda svolta, la ### s.r.l. esponeva di svolgere, a far data dal 28.01.2010, attività di gioielleria nella città di ### e che, proprio nell'anno 2010, aveva conferito alla ### s.n.c. di ### l'incarico di seguire la propria contabilità e di curare gli aspetti fiscali; prima della redazione del modello unico 2012, relativo all'esercizio 2011, come di consueto, il rag. ### aveva chiesto al proprio legale rappresentante, ### l'autorizzazione ad adeguare i ricavi ed il reddito ai cc.dd. studi di settore, il che avrebbe comportato un maggior reddito imponibile di € 24.029,00, con maggiori imposte per € 6.634,43 e un maggior volume di affari ai fini ### da cui sarebbe scaturita una maggiore imposta da versare di € 23.718,00; ritenendo che le risultanze degli studi di settore fossero completamente estranee alla realtà aziendale, da poco sorta, ### aveva negato l'autorizzazione all'adeguamento reputandola antieconomica; il modello unico 2012 consegnato dal rag. ### pertanto, non conteneva l'opzione per l'adeguamento, ragion per cui le imposte e l'IVA per l'anno 2011 erano state versate sulla base delle risultanze contabili e non sulla base degli studi di settore; tuttavia, in data ### le era stata notificata dall'### delle ### la comunicazione di irregolarità ###01, dalla quale emergeva una maggiore ### di € 6.634,43, una maggiorazione da quadro RF di € 3.826,00, una maggiore IVA a debito di € 23.718,00 e sanzioni ed interessi per € 4.961,14, per un totale complessivo dovuto di € 39.139,57; in pari data la comunicazione era stata inoltrata al rag. ### a mezzo e-mail, al fine di ottenere spiegazioni, apparendo evidente che le irregolarità contestate derivavano dall'omesso versamento delle imposte dovute a seguito dell'adeguamento del reddito e del volume di affari alle risultanze degli studi di settore; il rag. ### aveva tranquillizzato l'amministratore della società, asserendo che, con molta probabilità, si era trattato soltanto di un errore dell'### delle ### e che avrebbe provveduto a richiedere l'annullamento della comunicazione; nonostante le rassicurazioni ricevute, in data ### alla società era stata notificata da ### S.p.A. la cartella di pagamento n. #### per complessivi € 50.058,74 relativa all'iscrizione a ruolo definitiva di ### ed ### esercizio 2011; nella fase di controllo svolta presso gli uffici finanziari era emerso che, contrariamente a quanto concordato tra il rag. ### e ### e contrariamente a quanto risulta dal modello in possesso della ### s.r.l., la dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2011 era stata presentata indicando al rigo ### i “ricavi non annotati” derivanti dagli studi di settore; dunque, nel modello unico/2012, diversamente da quanto concordato tra l'amministratore ed il consulente, la società aveva manifestato la volontà di adeguarsi agli studi di settore; a fronte degli errori riscontrati, con missiva del 3.08.2015 aveva svolto le proprie rimostranze nei confronti della ### s.n.c., unitamente alla cartella di pagamento ricevuta; comunque, non potendo fare altro, al fine di limitare i danni scaturenti dalla richiesta di esborso immediato dell'intera cifra e per scongiurare il pericolo di un'esecuzione forzosa, la società aveva dapprima richiesto la rateizzazione delle somme iscritte a ruolo iniziando a pagare le rate mensili a far data dal 24.05.2016 e, successivamente, con la rateizzazione in corso, aveva ottenuto la rottamazione delle cartelle di pagamento, limitando il danno alle sole imposte ed interessi calcolati sul debito residuo; tale danno ammontava a € 43.405,62 ed era dipeso dagli errori commessi dal rag. ### che aveva disatteso quanto concordato presentando la dichiarazione dei redditi dell'anno 2011 con l'adeguamento agli studi di settore, anziché con i soli dati reddituali scaturenti dalla contabilità e non aveva dato evidenza alla parte delle istanze e delle risposte conseguenti presentate all'### delle ### a seguito della comunicazione di irregolarità. 
Sulla scorta di tale ricostruzione in fatto, l'attrice concludeva come sopra riportato. 
Si costituiva in giudizio la ### s.n.c., chiedendo in via preliminare di essere autorizzata alla chiamata in causa della propria compagnia assicurativa, la ###ni S.p.A., al fine di essere da questa manlevata nella denegata ipotesi di soccombenza rispetto alla domanda attorea. Nel merito, contestava la fondatezza della domanda, rappresentando di aver presentato il modello unico 2012, per i redditi dell'anno 2011, d'intesa e nell'esclusivo interesse della società, che aveva rilevato l'attività di gioielleria già svolta da anni, in quello stesso punto vendita, dai familiari di ### e che, pertanto, sebbene formalmente costituita nell'anno 2010, aveva in realtà un fatturato consistente, sicché il mancato adeguamento agli studi di settore avrebbe verosimilmente esposto la ### s.r.l. ad un accertamento; non sussisteva pertanto né una propria negligenza né un danno cagionato all'attrice. 
Autorizzata la chiamata del terzo, si costituiva in giudizio anche la ###ni S.p.A., che, nel merito, si associava alle difese svolte dalla ### s.n.c. ed eccepiva l'inoperatività della polizza sotto diversi profili. 
Concessi i termini di cui all'art. 183, 6 comma, c.p.c., la causa veniva istruita tramite interrogatorio formale della parte attrice e della convenuta ed escussione del teste di parte attrice. 
All'esito dell'istruttoria, la causa è stata assunta in decisione all'udienza del 17.10.2023, con concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.   MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda di risarcimento del danno proposta dalla ### s.r.l. è infondata e va respinta per quanto di seguito si va ad esporre. 
In punto di diritto, occorre premettere che, versandosi nell'ambito di una responsabilità di natura contrattuale, per inadempimento delle prestazioni inerenti al mandato professionale conferito secondo il canone della diligenza qualificata di cui all'art. 1176, 2 comma, c.c., l'onere della prova risulta così ripartito: il cliente, che assume di essere stato danneggiato, deve fornire la prova del titolo in forza del quale agisce (il contratto intercorso con il professionista), del danno subito e del relativo nesso di causalità - secondo il criterio del più probabile che non - con l'allegata, negligente condotta, attiva o omissiva, del prestatore d'opera, restando invece a carico di quest'ultimo la prova che la prestazione sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti pregiudizievoli siano stati determinati da un evento a lui non imputabile (cfr. per tutte Cass., Sez. unite, sent.  13533/2001; conforme, tra le tante, Cass. civ. n. 6537/2006). 
Con specifico riguardo alla responsabilità del professionista, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che “la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente; in particolare, ove venga in rilievo l'attività del commercialista incaricato dell'impugnazione di un avviso di accertamento tributario, l'affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole del ricorso alla commissione tributaria, che avrebbe dovuto essere proposto e diligentemente seguito” (cfr. Cass., sez. III, 6.07.2020, n. 13873; conforme Cass., sez. III, 26.04.2010, n. 9917). 
Opera dunque la consueta regola della preponderanza dell'evidenza o del “più probabile che non”, da applicarsi non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili. Il Giudice è pertanto chiamato ad accertare, mediante giudizio controfattuale, che con elevata probabilità, se il professionista avesse compiuto l'attività omessa o quella diversa lamentata dal cliente, quest'ultimo avrebbe conseguito il risultato atteso o non avrebbe subito i danni lamentati. 
Ciò posto, nel caso concreto è indubbiamente provato il contratto d'opera intercorso tra la ### s.r.l. e la ### s.n.c. di ### è infatti rimasto incontestato da parte della convenuta che, nell'anno 2010, la prima le aveva affidato l'incarico di svolgere attività di consulenza e assistenza in materia fiscale e contabile, in particolare quella di compilazione e trasmissione del modello unico dell'anno 2012.  ### s.r.l. ha poi dedotto i seguenti profili di inesatto adempimento in cui sarebbe incorsa la ### s.n.c.: 1) avrebbe trasmesso all'### delle ### un modello unico 2012 con adeguamento agli studi di settore, pur a fronte del rifiuto manifestato da ### proprio legale rappresentante, che riteneva più coerente con il fatturato ridotto dei primi anni di attività la presentazione di una dichiarazione dei redditi sulla base delle risultanze della contabilità; 2) in seguito alla comunicazione di irregolarità da parte dell'### delle ### non avrebbe “dato evidenza alla parte delle istanze e delle risposte conseguenti presentate all'### delle Entrate” (v. pag. 3 dell'atto di citazione). 
Mette subito conto di evidenziare che tale ultima eccezione di inesatto adempimento è talmente generica da non determinare, a carico della convenuta, alcuna inversione dell'onere probatorio: si rammenti infatti che chiunque intenda far valere l'altrui inadempimento, anche in via di eccezione, non può limitarsi a generiche allegazioni, essendo tenuto piuttosto ad indicare, in modo specifico, tutte le circostanze che lo integrano (cfr. Cass., sez. 6-3, 16.03.2018, n. 6618); l'allegazione delle circostanze materiali lesive del proprio diritto ed integranti l'inadempimento contrattuale costituisce, infatti, l'imprescindibile presupposto che circoscrive i fatti cui si correla il diritto di difesa, a presidio del contraddittorio processuale, e costituisce applicazione del principio di correttezza e di leale collaborazione cui si conforma il processo civile (cfr. Cass. civ., sez. 2, 16.04.2021, n. 10141). 
Invece, la ### s.r.l. non ha mai allegato in maniera specifica quali errori informativi o di altra natura avrebbe commesso ### amministratore della ### s.n.c., nella fase successiva alla comunicazione di irregolarità proveniente dall'### delle ### (doc. 3 di parte attrice). 
Anzi, la ### s.r.l. pare addirittura contraddirsi nella misura in cui essa stessa ha dedotto che ### si adoperò per ricercare la “causa” dell'errore, suggerendole poi di pagare gli importi richiesti (circostanza, questa, confermata anche dalla teste dell'attrice, ###, stante l'impossibilità di “revocare” la dichiarazione, di natura negoziale, di adeguamento agli studi di settore effettuata con il modello unico 2012. 
A riprova di ciò si consideri che, nella e-mail inviata a ### il ### (doc. 6 all.to alla citazione), si legge: “dopo il colloquio da te avuto con l'### delle ### di ### in data 3 gennaio 2014, mi hai spiegato che non era possibile agire giudizialmente contro la ### e che, quindi, era necessario attendere la ### Esattoriale”; è pertanto smentito per tabulas che la parte convenuta non abbia informato l'attrice degli esiti delle verifiche eseguite presso l'### delle ### dopo la comunicazione di irregolarità del dicembre 2013. 
Per di più, il comportamento, asseritamente negligente, tenuto dal rag. ### nella fase successiva alla comunicazione di irregolarità del 2013 non è comunque stato causa di alcun danno, posto che il pagamento degli importi richiesti - a detta della stessa ### s.r.l. - era ormai “inevitabile”, ragion per cui la società non ha presentato alcuna istanza di riesame all'### delle ### né alcun ricorso avverso la cartella successivamente emessa da ### S.p.A. 
Rimane da verificare se la ### s.n.c. abbia correttamente adempiuto le proprie obbligazioni a monte, ossia nel momento della compilazione e della trasmissione del modello unico 2012. 
Sul punto, l'attrice ha sostenuto che ### avrebbe disatteso l'accordo raggiunto con il proprio legale rappresentante, ### che prevedeva il non adeguamento ai cc.dd. “studi di settore”, siccome l'attività costituente l'oggetto sociale era stata avviata soltanto nell'anno 2010 (come emergerebbe dalla visura camerale, doc. 1) e, quindi, i ricavi erano inferiori rispetto a quelli risultanti dagli studi di settore, con la conseguenza che il pagamento delle imposte che da questi ultimi sarebbe scaturito era sconveniente per la società. 
Occorre muovere dal dato, pacifico, che la ### s.n.c. ha sicuramente trasmesso all'### delle ### un modello unico 2012 con adeguamento agli studi di settore. 
Non solo, infatti, la circostanza emerge documentalmente (v. all. D della memoria istruttoria di parte attrice) ma è stata anche ammessa dal legale rappresentante della convenuta, ### in sede di interrogatorio formale, che in risposta al capitolo 3 ha dichiarato: “### che io ho inviato presentava l'adeguamento” (v. verbale dell'1.03.2022). 
Ciò che non è sufficientemente provato, invece, è che la convenuta abbia “consegnato” alla ### s.r.l. un modello unico 2012 diverso da quello poi trasmesso all'### delle ### senza adeguamento agli studi di settore e con il calcolo delle imposte effettuato sulla base delle risultanze contabili. 
La circostanza è stata infatti sempre contestata dalla parte convenuta (in interrogatorio formale ### ha dichiarato in proposito che “non è possibile che io gli abbia dato un modello dei redditi diverso da quello presentato all'agenzia delle entrate. ### modello valido è quello con il protocollo dell'invio all'agenzia delle entrate”) e l'attrice non ha prodotto alcunché da cui risulti che la convenuta l'abbia “indotta” in errore consegnandole un modello diverso da quello “ufficiale”, cioè da quello trasmesso all'### in effetti, il doc. 2 indicato nell'indice dei documenti di cui all'atto di citazione non risulta versato nel fascicolo di parte attrice. ### modello unico 2012 rinvenuto agli atti di causa è quello effettivamente trasmesso dal rag. ### all'### delle ### (v. all. D già citato), recante l'adeguamento agli studi di settore e la firma non solo dell'intermediario (ossia proprio il rag. ###, bensì anche del legale rappresentante della società contribuente: vi si legge, infatti, “firma presente” in corrispondenza dello spazio riservato alla sottoscrizione del legale rappresentante della società, in coerenza, d'altronde, con quanto stabilito dall'art. 1 del d.p.r. 322/1998, in forza del quale “la dichiarazione dei soggetti diversi dalle persone fisiche è sottoscritta, a pena di nullità, dal rappresentante legale, e in mancanza da chi ne ha l'amministrazione anche di fatto, o da un rappresentante negoziale”.  ###, dunque, di sottoscrizione e presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte incombe sull'imprenditore e, in caso di società, sul legale rappresentante della persona giuridica, non già sull'eventuale intermediario che sia stato incaricato della distinta attività di compilazione e trasmissione della dichiarazione. Tanto è vero che, la giurisprudenza penale sviluppatasi in tema di reati tributari, ha a più riprese ribadito che “l'affidamento ad un professionista dell'incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione in quanto la norma tributaria considera come personale ed indelegabile il relativo dovere, essendo unicamente delegabile la predisposizione e l'inoltro telematico dell'atto” (cfr. Cass. pen. 14.01.2020, n. 9417).   Il principio è stato fatto proprio dalla Suprema Corte di Cassazione che, in materia di obblighi tributari, ha precisato che “il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente ### delle ### essendo tenuto a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto, sicché la sua responsabilità è esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento” (Cass., sez. trib., 9.06.2016, 11832); “gli obblighi tributari relativi alla presentazione della dichiarazione dei redditi ed alla tenuta delle scritture non possono considerarsi assolti da parte del contribuente con il mero affidamento delle relative incombenze ad un professionista, richiedendosi altresì anche un'attività di controllo e di vigilanza sulla loro effettiva esecuzione, nel concreto superabile soltanto a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento dell'incarico ricevuto” (così Cass. 12472/2010; Cass. n. 27712/2013). Ne consegue che l'affidamento ad un professionista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione alla competente ### delle ### non esclude che il soggetto obbligato alla dichiarazione fiscale a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto sia il contribuente, che “ha l'obbligo di presentare correttamente e fedelmente la dichiarazione, di redigerla in modo fedele e di fare i versamenti dovuti in base ad essa e quando si rivolga a un intermediario abilitato per la compilazione e la trasmissione - ovvero per la sola trasmissione - telematica del modello, è suo preciso obbligo quello di far sì che la dichiarazione sia correttamente e fedelmente compilata e tempestivamente presentata” (cfr. Cass. n. 13068/2011 e Cass. n. 27712/2013, già citata). 
Da tali principi, pur enunciati in materia tributaria, può ricavarsi che, non ricorrendo nella specie un'ipotesi di comportamento addirittura fraudolento dell'intermediario incaricato, il modello unico 2012 trasmesso all'### delle ### dal rag. ### (all. D) è più che verosimilmente il medesimo firmato e consegnato a ### A ben vedere, d'altronde, non è emersa in modo sufficiente la prova che le parti avessero specificamente e preventivamente concordato il non adeguamento agli studi di settore: la dichiarazione del 28.06.2012 (v. all. C) depositata dall'attrice a riprova dell'esistenza di un accordo in tal senso è in realtà un documento (un'informativa al cliente) recante la sola sottoscrizione di ### e il timbro della ### s.n.c., non figurandovi, invece, la sottoscrizione di ### legale rappresentante della ### s.r.l. (che dal tenore del documento dovrebbe, invece, essere proprio il soggetto dichiarante).  ### testimone escussa all'udienza del 12.01.2023, non ha reso dichiarazioni significative in merito. Infatti, la teste di parte attrice ha dichiarato “io ricordo che ### non voleva aderire all'adeguamento ma l'anno specifico no anche se era all'inizio dell'attività”; ha poi aggiunto di ricordare di alcune conversazioni (ancora una volta senza riuscire a collocarle nel tempo) tra ### e ### nelle quali il primo si lamentava perché non voleva adeguarsi agli studi di settore, aggiungendo anche di ricordare “che discutevano dell'errore ma non ricordo se la discussione sia state successiva all'arrivo della prima multa o precedente, visto che ne sono arrivate tante; ricordo che il ragioniere diceva di continuare a pagarle” (cfr. verbale di udienza). 
Dunque, la teste non ha saputo riferire nulla di specifico in ordine all'esistenza, prima della data del 2.10.2012 (data di trasmissione della dichiarazione all'### delle ### v. l'epigrafe del modello unico, all. D di parte attrice), di una vera e propria “direttiva” impartita da ### al rag. ### sul diniego all'adeguamento agli studi di settore. 
Anche volendo ritenere dimostrato che le parti avessero deciso preventivamente che la ### s.r.l., per i redditi prodotti nell'anno 2011, non si sarebbe adeguata agli studi di settore, sicché il rag. ### sarebbe effettivamente incorso in un errore di compilazione del modello unico 2012 per essersi discostato dalle scelte del cliente, in ogni caso difetta la prova che da tale negligenza sia derivato un danno alla società. 
Va premesso che l'attrice ha depositato unicamente la cartella esattoriale (doc. 5) e il successivo accoglimento dell'istanza di rateazione (doc. 7) con l'allegato piano di ammortamento del debito (con rate previste dal 24.05.2016 al 24.04.2022) omettendo invece di produrre i pagamenti effettuati, sicché alcuna prova è stata fornita in merito agli esborsi concretamente eseguiti in favore di ### S.p.A. ### s.r.l. avrebbe invece agevolmente potuto depositare i versamenti già eseguiti al momento dell'instaurazione del giudizio e, poi, quelli sino al 2022 necessari per l'estinzione del debito tributario (produzioni che sarebbero state ammissibili trattandosi di documenti sopravvenuti rispetto allo spirare delle preclusioni istruttorie). 
Ad ogni modo, ciò che risulta dirimente ai fini del rigetto della domanda è la mancanza di prova di un evento dannoso cagionato alla ### s.r.l. dall'errore della ### s.n.c. nella compilazione del modello unico 2012. 
All'attrice, infatti, è stato richiesto da parte dell'### delle ### a seguito dei controlli automatizzati di cui all'art. 36 bis d.p.r. 600/1973, il versamento delle imposte dovute per l'anno 2011, come calcolate nel modello unico dell'anno 2012 trasmesso, per un ammontare complessivo di € 39.139,57 (doc. 3). 
In sostanza, all'esito dei controlli automatizzati, l'### delle ### aveva constatato che la ### s.r.l. non aveva versato le imposte per l'anno 2011 (infatti, nella comunicazione di irregolarità, in corrispondenza del rigo “imposta versata”, risulta sempre indicato un importo pari a zero, fatti salvi soli € 103,00 versati a titolo di ###, ciò che peraltro sconfessa l'allegazione attorea secondo cui “le imposte e l'IVA per l'anno 2011 venivano pagate sulla base delle risultanze contabili e non sulla base delle risultanze degli studi di settore” (pag. 2 dell'atto introduttivo). 
Dunque, ciò che alla ### s.r.l. è stato chiesto di pagare sono le imposte non versate e dovute. 
Stando alla prospettazione attorea, il mancato adeguamento agli studi di settore da parte del rag. ### avrebbe comportato il versamento di imposte inferiori, siccome la società era stata costituita da poco e aveva un basso fatturato. Sennonché l'attrice avrebbe dovuto in primis chiarire specificamente e, poi, fornire al Tribunale gli elementi necessari (bilanci, fatturato, etc.) per valutare (eventualmente tramite l'ausilio di un c.t.u.) se effettivamente l'adeguamento agli studi di settore abbia comportato il versamento di imposte più elevate (e di quanto più elevate) rispetto a quelle dovute in base ai redditi - non presunti ma effettivi - dell'anno 2011, non potendosi imputare ad inadempimento della convenuta che la ### s.r.l. sia risultata destinataria della richiesta del ### di versamento delle imposte. 
In altri termini e come correttamente evidenziato dalla convenuta e dalla terza chiamata nei propri scritti conclusionali, che la ### s.r.l., per l'anno 2011, dovesse pagare le imposte, non è revocabile in dubbio; al più può sostenersi che, in difetto di adeguamento agli studi di settore, l'attrice avrebbe potuto beneficiare del pagamento di imposte inferiori rispetto a quelle richieste dall'### con la comunicazione di irregolarità del 5.12.2013; era tuttavia onere della stessa attrice dedurre e dimostrare (depositando, soprattutto, la propria contabilità) di versare in una situazione economica tale da giustificare il mancato adeguamento agli studi di settore. 
La stessa consulenza tecnica di parte depositata non vale in alcun modo a colmare le lacune assertive e probatorie in cui è incorsa l'attrice, non essendovi alcun riferimento al quantum di imposte dovuto, in ogni caso, dalla ### s.r.l. A ben vedere, anzi, la c.t.p. si risolve in una sintesi delle allegazioni attoree e in una analisi dei documenti depositati dalla ### s.r.l., senza specifici riferimenti ai dati contabili della società e alle ragioni, tecnico-fiscali, in base alle quali il perito di parte giunge alla conclusione che le imposte effettivamente dovute dalla ### s.r.l. dovessero essere di ammontare inferiore. Per tale ragione, del tutto esplorativa risulta l'istanza dell'attrice di disporre una c.t.u. 
A ciò si aggiunga che proprio dall'informativa resa dalla ### s.n.c. del 28.06.2012 (all.to C) depositata dall'attrice emerge che la società si trovava in una situazione di “non congruità” (che rendeva consigliabile l'adeguamento agli studi di settore), verosimilmente perché, pur trattandosi di società costituita nel 2010, aveva rilevato un'attività di gioielleria preesistente, con il relativo avviamento: infatti, la testimone ### ha confermato “prima c'era lo zio, ### quindi, l'attività di gioielleria del 2010 era ereditata da quella anche se poi ### l'aveva rimodernizzata, mettendo cose più economiche; si, era un'attività esistente da anni a Colleferro”; pur avendo precisato, su domanda a chiarimento sollecitata dal difensore della stessa attrice, che non si trattava di una vera e propria continuazione tra le due attività perché ### aveva preferito implementare la vendita di bigiotteria in luogo di quella di preziosi, la teste ha pur sempre riferito che “i fornitori no non erano gli stessi, nel senso che ha smaltito le rimanenze per circa uno o due anni e poi ha preso nuovi fornitori”. 
È evidente pertanto che, almeno inizialmente (ossia proprio nel periodo 2010-2011), la ### s.r.l. abbia svolto sì attività di vendita di bigiotteria ma anche di vendita dei gioielli rilevati dall'azienda preesistente, della quale è pertanto più che verosimile ritenere che abbia anche mantenuto i ricavi, ciò che rendeva opportuno l'adeguamento agli studi di settore (come suggerito dalla ### s.n.c.), pena il rischio per la società di trovarsi in seguito sottoposta ad un accertamento tributario e di dover pagare somme più elevate al ### Non solo, quindi, l'attrice non ha provato quanto effettivamente avrebbe “risparmiato” sulle imposte in mancanza del preteso errore commesso dalla convenuta (l'attrice avrebbe, a titolo esemplificativo, anche potuto depositare le dichiarazioni dei redditi prodotti nell'anno 2010 o nell'anno 2012, quale strumento di raffronto e di supporto della tesi che i ricavi erano piuttosto contenuti e non giustificavano l'adeguamento agli studi di settore) ma è probabile che, come argomentato dalla convenuta e dalla terza chiamata, l'adeguamento agli studi di settore le abbia procurato il vantaggio del versamento di imposte - calcolati sui ricavi presunti - inferiori rispetto a quelle che si sarebbe trovata a pagare in caso di dichiarazione dei soli ricavi contabili, poiché ciò l'avrebbe ragionevolmente esposta ad un accertamento successivo. 
In ragione di quanto sin qui esposto, la domanda di risarcimento del danno avanzata dalla ### s.r.l. non può trovare accoglimento. 
Il rigetto della domanda attorea importa assorbimento della domanda di manleva proposta dalla ### s.n.c. nei confronti della ###ni S.p.A. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano, come in dispositivo, ai parametri minimi di cui al d.m. 55/2014 (da ultimo aggiornato dal d.m. 147/2022) a tutte le fasi del giudizio (concretamente svolte), avuto riguardo allo scaglione previsto per le cause di valore compreso tra € 26.000,00 e € 52.000,00. I minimi si giustificano in considerazione della non complessità delle questioni in fatto e in diritto sottese alla controversia e dell'entità, piuttosto contenuta, dell'attività difensiva svolta dalle parti vittoriose. 
Si precisa che vanno poste a carico della parte attrice anche le spese sostenuta dalla terza chiamata in garanzia, che non è stata evocata in maniera arbitraria in giudizio dalla ### s.n.c., tenuto conto che le eccezioni di inoperatività della polizza non risultano prima facie fondate; infatti, l'incarico professionale, come dedotto dalla stessa attrice, è intercorso tra la ### s.r.l. e la ### s.n.c. di ### non con ### personalmente; il ritardo nella denuncia da parte della ### s.n.c. non è doloso e la ###ni S.p.A. non risulta aver patito un pregiudizio, come richiesto dall'art. 1915, comma 2, c.c.; inoltre, la ### s.n.c. ha dedotto di essersi assicurata con la ###ni S.p.A. sin dal 2007 (circostanza che emerge documentalmente dalla stessa produzione della terza chiamata, doc. 4) e di aver annualmente rinnovato la copertura assicurativa; tale circostanza non è stata specificamente contestata dalla chiamata, in quanto la deduzione della “mancanza di prova” effettuata dalla difesa della ###ni S.p.A. non equivale a contestazione specifica ai sensi dell'art. 115 c.p.c. 
Deve perciò farsi applicazione del consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “in caso di rigetto della domanda principale, le spese sostenute dal terzo chiamato a titolo di garanzia impropria devono essere poste a carico dell'attore soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, mentre restano a carico del chiamante in causa quando la sua iniziativa si riveli manifestamente infondata o palesemente arbitraria, atteso che il convenuto chiamante sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale” (cfr. Cass., Sez. 1, 18.04.2023, n. 10364).   p.q.m.  Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda, eccezione o deduzione disattesa o assorbita, così provvede: 1) rigetta la domanda proposta dalla ### s.r.l. nei confronti della ### s.n.c. di ### 2) condanna la ### s.r.l. alla refusione delle spese processuali nei confronti della convenuta ### s.n.c. e della terza chiamata ###ni S.p.A., liquidandole in € 3.809,00 ciascuna per compensi, oltre al rimborso forfettario del 15% per spese generali, iva e c.p.a. come per legge; Così deciso in ### in data 11 aprile 2024 

Il Giudice
dott.ssa ###


causa n. 4043/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Ferreri Federica

M
1

Corte d'Appello di Bari, Sentenza n. 249/2025 del 08-04-2025

... all'omessa notifica della ordinanza di ammissione dell'interrogatorio formale del contumace ### e alla conseguente impossibilità per lo stesso di giovarsi ai sensi dell'art. 232 c.p.c. di una diversa imputazione delle quote di responsabilità. Sul punto, si evidenzia che la suddetta ordinanza del 15.10.2019 risulta essere stata notificata una prima volta all'interessato in data ### su richiesta del procuratore di ### il quale alla successiva udienza del 03.12.2019 ha richiesto a verbale un nuovo termine per il medesimo adempimento, dando atto che il ### era risultato sconosciuto all'indirizzo indicato in ricorso. Il primo giudice, nel rinviare la causa all'udienza del 25.02.2020 per l'espletamento della prova per testi richiesta dall'### e per l'interrogatorio formale del contumace, ha, quindi, disposto la notifica del verbale di udienza e del provvedimento di ammissione entro il ###. All'udienza del 25.02.2020 il difensore della ### S.p.a. ha poi esibito l'originale dei verbali di causa contenenti i provvedimenti di ammissione dell'interrogatorio formale del convenuto ritualmente notificati, depositando, altresì, copia di cortesia degli stessi. A ogni modo, è bene precisare che la (leggi tutto)...

testo integrale

Rg 604/2022 CORTE DI APPELLO DI BARI - ### - REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di appello di Bari - ### per le controversie in materia di lavoro, previdenza e assistenza - composta dai ### dott.ssa ### dott.ssa ### dott.ssa ### relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 604 del ### dell'anno 2022, cui è riunita la causa 630 del ### dell'anno 2022, vertente tra ### rappr. e dif. dagli avv.ti ### e ### -### nel giudizio n. R.G. 604/2022, ### nel giudizio n. R.G. 630/2022- e INAIL rappr. e dif. dall'avv. ### -### nonché ### rappr. e dif. dall'avv. ### -### nel giudizio n. R.G. 604/2022, ### nel giudizio n. R.G. 630/2022- nonché ### contumace -### nonché ### COOP. ###.L. in liquidazione coatta amministrativa contumace -### nonché ### S.P.A.  rappr. e dif. dall'avv. ### -### nonché SOCIETÀ ### rappr. e dif. dall'avv. ### -### nonché ### S.R.L.  contumace -### FATTO E DIRITTO 1. Con ricorso depositato il ### dinanzi al Tribunale di Bari in funzione di giudice del lavoro, l'### proponeva azione di regresso ex artt. 10 e 11 T.U. 1124/1965 nei confronti di ### in qualità di amministratrice della ### S.r.l., ### quale socio lavoratore della ### a r.l., e ### in veste di direttore dei lavori della ### S.r.l., giusto appalto del 15.01.2007, per l'infortunio sul lavoro occorso in data ### al socio lavoratore di quest'ultima, ### al quale l'### aveva erogato - come da attestazione rilasciata dal ### della sede ### di ### - la complessiva somma di € 267.881,77, chiedendo al giudice adito di pronunciarsi sulle seguenti conclusioni: “Nel merito, ritenuta incidenter tantum la responsabilità penale della sig.ra ### quale amministratrice della ### S.r.l., del sig. #### quale socio lavoratore della ### S.r.l., nonché del sig.  ### nella qualità di ### dei ### assunta con il contratto di appalto del 15/01/2007, dichiararsi conseguentemente tutti i convenuti civilmente responsabili verso l'I.N.A.I.L. in via di regresso a norma degli artt. 10 e 11 T.U. 30/6/1965 n. 1124 e, per l'effetto, condannarli in solido tra loro al pagamento in favore dell'I.N.A.I.L. della somma di euro 267.881,77 per i titoli specificati al punto 2 salvo variazione, oltre interessi legali dalla data delle singole erogazioni e dalla costituzione della rendita al saldo, con vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio”. 
A fondamento della domanda l'### deduceva: 1) che in data ### presso la sede della ### S.r.l. si era verificato un grave incidente sul lavoro che aveva coinvolto ### socio lavoratore della ### S.r.l. con mansione di movimentazione merci, il quale, nel mentre era intento ad attraversare il piazzale della società per recarsi nello stabilimento di produzione dei granuli, era stato investito da un carrello elevatore condotto da ### riportando lesioni personali invalidanti consistite in “ampia deformazione della caviglia e del piede sinistro con estesi esiti cicatriziali; subanchilosi della caviglia sinistra in estensione completa, tumefazione dell'arto in toto”; 2) che trattandosi di infortunio sul lavoro aveva provveduto a erogare in favore della vittima ai sensi del D.P.R. 30.06.1965 n. 1124 prestazioni assicurative per l'importo complessivo di € 267.881,77; 3) che gli ispettori dello ### di ### avevano svolto visita ispettiva presso la ditta ### S.r.l. riscontrando una serie di inadempienze costituenti indizi di colpevolezza a carico di ciascuno dei resistenti, quali nello specifico: per ### “###area di lavoro non risultavano tracciate le distanze di sicurezza sulle vie di circolazione destinate ai veicoli ed al passaggio dei pedoni, in violazione dell'art. 8 D.P.R. 547/55 come modificato dall'art. 33, commi 3-5, D.lgs. n. 626/94; Non ha promosso la cooperazione ed il coordinamento congiunto tra le quattro cooperative al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nel ciclo lavorativo, in violazione dell'art. 7, co. 3, D.lgs. n. 626/94; Non ha provveduto a designare e formare i lavoratori incaricati al pronto soccorso, in violazione dell'art. 5, comma 2, D.lgs.  626/94”; per ### “conduceva il carrello elevatore senza porre l'attenzione e la diligenza necessarie e sufficienti ad evitare l'investimento del lavoratore ### specie in considerazione dell'assenza della segnaletica orizzontale atta a disciplinare il traffico interno all'area”; per ### “non verificava l'esistenza delle condizioni di sicurezza per i lavoratori e il rispetto delle norme antinfortunistiche da parte della ### consentendo che il ### si aggirasse a piedi in un'area priva di segnalazioni, percorsa anche da mezzi meccanici”; 4) che la responsabilità dell'evento era da ascrivere a tutti i convenuti, in concorso tra loro, in virtù di quanto accertato nel corso del procedimento penale instaurato dinanzi al ### di ### conclusosi con la sentenza n. 4551/2016 depositata in data ###, che, pur avendo dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, aveva chiarito l'impossibilità di accertare dagli atti, in modo incontestabile, l'esistenza di circostanze idonee a giustificare un proscioglimento nel merito degli imputati; 5) che da ciò derivava la responsabilità dei resistenti in via di regresso verso l'### ricorrendo nella specie tutte le condizioni formali e sostanziali all'uopo richieste dagli artt. 10 e 11 del T.U.  30.06.1965 n. 1124, e, dunque, il diritto dello stesso di vedersi rifondere le prestazioni assicurative erogate a beneficio del lavoratore infortunato.  1.1. Si costituiva in giudizio ### il quale eccepiva preliminarmente l'obbligatorietà dell'integrazione del contraddittorio nei confronti di ### della ### S.r.l. in liquidazione, in quanto contrattualmente responsabile del mezzo condotto da ### e di ### quale liquidatore della ### S.r.l., sussistendo tra gli stessi un litisconsorzio necessario, nonché il proprio difetto di legittimazione passiva, non rivestendo il medesimo più alcuna carica presso la ### appaltatrice, e contestava nel merito la fondatezza delle avverse pretese, non essendogli imputabile alcuna responsabilità in relazione alla causazione dell'evento lesivo, da ascriversi alla concorrente condotta del lavoratore infortunato e di ### 1.2. Si costituiva altresì ### che eccepiva preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva per non essere la stessa più amministratore della società committente dal 09.06.2009 e la necessità, in caso di mancata estromissione della stessa dal giudizio, di integrare il contraddittorio nei confronti sia della ### S.r.l., in qualità di datore di lavoro di ### solidalmente responsabile con quest'ultimo, anche al fine di consentire a detta ### di azionare la polizza assicurativa in essere con la compagnia ### sia del ### della ### S.r.l., richiedendo, altresì, di essere autorizzata alla chiamata in garanzia della ### S.p.a., con cui quest'ultima aveva stipulato all'epoca dei fatti una polizza per le lesioni personali, gli infortuni e le malattie professionali occorse ai propri prestatori di lavoro o ai dipendenti di ditte in sub appalto; nel merito contestava la fondatezza dell'avversa domanda, deducendo 1) il mancato assolvimento da parte dell'### dell'onere probatorio in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell'azione di rivalsa, avuto riguardo in particolare alla responsabilità della medesima per inosservanza delle norme sulla sicurezza e al nesso causale tra detta violazione e l'infortunio occorso al ### posto che: la predisposizione di tutti gli elementi necessari a garantire l'incolumità dei lavoratori era stata affidata a professionisti esterni; la società appaltante aveva adempiuto all'obbligo di informare l'appaltatrice ex art. 7 D.lgs. n, 629/1994 circa i rischi connessi alle attività da svolgere nello stabilimento; la mancata formazione di squadre di pronto soccorso in violazione dell'art. 5, comma 2, D.lgs. n. 624/1994 non aveva affatto influenzato l'esito dell'infortunio poiché tutti i dipendenti assunti dalla committente, provenendo dalla ### S.p.a., avevano già ricevuto presso quest'ultima una formazione al primo intervento; la presenza di una segnaletica orizzontale non avrebbe impedito l'evento in quanto nel punto di attraversamento in cui si era verificato vi era un passaggio promiscuo di mezzi e persone; 2) l'impossibilità per l'### di agire nei confronti di tutti i presunti responsabili in solido, potendo ciascuno rispondere solo pro quota; 3) la necessità di tener conto, nella quantificazione del risarcimento eventualmente dovuto, della condotta imprudente del lavoratore infortunato ai sensi dell'art. 1227, comma 1, 1.3. ### seppur ritualmente evocato in giudizio, rimaneva contumace.  1.4. Il Tribunale, con provvedimento reso all'udienza de1 05 dicembre 2017, autorizzava l'integrazione del contraddittorio nei confronti della ### S.r.l. e della ### S.r.l., nonché la chiamata in garanzia della ### (assicuratrice della ### e della ### (assicuratrice della ###. 1.5. Si costituiva, dunque, la ### Coop. a r.l. in liquidazione coatta amministrativa, la quale eccepiva preliminarmente l'inammissibilità e/o improcedibilità della domanda formulata dall'### nonché dai convenuti, essendo essa stata evocata in giudizio in spregio alle norme fallimentari, in forza delle quali i creditori dell'impresa sottoposta ad amministrazione straordinaria possono presentare la domanda di ammissione allo stato passivo fino a trenta giorni prima della data prevista per il suo esame o al più entro un anno dalla data di deposito del decreto di esecutività dello stato passivo; la decadenza dell'### dal diritto di agire in rivalsa nei propri confronti, posto che l'azione si sarebbe dovuta coltivare nel temine massimo di tre anni dal momento della liquidazione dell'indennizzo al danneggiato o dalla data di costituzione della rendita, essendo la ### rimasta estranea al procedimento penale conclusosi con sentenza irrevocabile in data ###; la nullità del ricorso ai sensi e per gli effetti del combinato disposto di cui agli artt. 414, nn. 3 e 4, 156 e 164 c.p.c., per omessa specificazione dell'oggetto della domanda e delle norme di diritto poste a fondamento della stessa; nel merito deduceva l'infondatezza dell'azione per omessa prova della sua responsabilità e, comunque, l'errata ripartizione del danno, non potendo la rivalsa dell'### realizzarsi sull'intera somma versata al danneggiato, poiché soggetta al doppio limite quantitativo rappresentato dall'ammontare delle prestazioni e dall'importo complessivo del risarcimento che sarebbe dovuto dal responsabile all'infortunato, secondo le nome generali sui danni da fatto illecito.  1.6. Si costituiva in giudizio, altresì, la ### S.p.a., richiedendo la riunione della controversia al giudizio instaurato dal ### per il risarcimento del danno differenziale ed eccependo: 1) l'inammissibilità e irritualità della propria chiamata in causa e delle domande proposte da ### nei suoi confronti per carenza di legittimazione, rispettivamente, attiva della resistente, e passiva della stessa, atteso che la ### S.r.l. era stata dichiarata fallita con la sentenza n. 147/2012 emessa dal Tribunale di ### in data ###, che la polizza di assicurazione “R.C. Aziende industriali” n. ###09 sottoscritta dalla suddetta società non copriva la responsabilità personale e patrimoniale degli amministratori e che la garanzia invocata non appariva, comunque, rientrare nel rischio assicurato, collegato alla sola “### e lavorazione di gomma e materie plastiche, vulcanizzazione e rigenerazione di pneumatici”, 2) in subordine, la prescrizione, sia annuale che biennale, di ogni e qualsivoglia diritto vantato dalla ### ai sensi dell'art. 2952, comma II, c.c. avendo la stessa omesso di dare comunicazione alla ### della richiesta risarcitoria inviata dal ### quantomeno sin dal lontano 2008, 3) l'improcedibilità e/o inammissibilità della richiesta di chiamata in causa del “### della ### S.r.l.”, stante l'intervenuta sentenza dichiarativa di fallimento della società e la conseguente possibilità di accertare un eventuale credito nei confronti della stessa solo in sede fallimentare ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 52 della L.F; nel merito contestava la domanda proposta dall'### nei confronti di ### poiché manifestamente infondata in fatto e in diritto, tanto nell'an che nel quantum debeatur, e comunque non provata.  1.7. Si costituiva anche la ### di ### la quale eccepiva preliminarmente: 1) l'incompetenza funzionale del giudice del lavoro adito, in favore del medesimo Tribunale - sezione fallimentare, risultando la ### a r.l. ammessa alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, giusto decreto del Ministero dello ### n. 45/2009; 2) il difetto di legittimazione attiva del ricorrente, nonché della resistente chiamante in causa in relazione alla domanda di integrazione del contraddittorio e chiamata in garanzia proposta nei confronti della stessa, in qualità di garante della suddetta ### non avendo la controparte alcun rapporto contrattuale diretto con la compagnia e difettando qualsivoglia domanda proposta in via principale nei confronti dell'assicurata, ovvero in via di manleva dalla stessa ### 3) l'inammissibilità della domanda dell'### in ragione dell'omessa formulazione di qualsivoglia istanza di insinuazione al passivo del credito presuntivamente vantato; nel merito contestava la fondatezza dell'avversa domanda, sia nell'an, per difetto di prova della responsabilità dell'assicurata, che nel quantum, anche in relazione alla richiesta di cumulo di interessi e rivalutazione sulle somme eventualmente a riconoscersi a titolo risarcitorio, non avendo parte attrice provato la circostanza di aver subito il maggior danno da svalutazione.  2. Espletata attività istruttoria, con sentenza n. 1039/2022 pubblicata in data ### il Tribunale ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ritenuta incidenter tantum la responsabilità penale di #### e ### ha dichiarato gli stessi, nelle qualità ivi indicate, civilmente responsabili verso l'### in via di regresso a norma degli artt. 10 e 11 T.U. n. 1124/1965, condannandoli in solido tra loro al pagamento in favore dell'### della somma di € 287.793,86 - come erogata al 23.07.2021 - maggiorata degli interessi legali dalla data delle singole erogazioni e dalla costituzione della rendita al saldo. 
Il primo giudice in particolare ha ritenuto: 1) infondata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata da ### evocata in giudizio in qualità di amministratrice della ### S.r.l. all'epoca dell'evento, operando in tema di infortuni e sicurezza sul lavoro una nozione di datore di lavoro in senso prevenzionale che, per espressa previsione normativa, comprende non solo il datore di lavoro formale ma anche il titolare dei poteri di decisione e di spesa in materia di prevenzione e sorveglianza degli obblighi antiinfortunistici; 2) sussistente la responsabilità della ### ai sensi dell'art. 8 D.P.R. n. 547/55, come modificato dall'art. 33, commi 3-5, D.lgs. n. 626/94, per non aver provveduto a predisporre la segnaletica orizzontale idonea a disciplinare il traffico di pedoni e mezzi al fine di evitare incidenti tra essi, nonché per aver omesso di coordinare tra loro le attività di tutte le imprese di cui era committente, insistenti nello stesso perimetro lavorativo; 3) responsabile ### per non avere, nella duplice veste di amministratore e direttore dei lavori della ### S.r.l., verificato l'esistenza delle condizioni di sicurezza per i lavoratori e il rispetto delle norme antinfortunistiche da parte della ### S.r.l., nonché per non aver adeguatamente vigilato in relazione alla condotta di ### consentendo che lo stesso si aggirasse a piedi, con i tappi auricolare antirumore, in un'area priva di segnalazioni orizzontali e percorsa anche da mezzi meccanici; 4) responsabile ### per aver condotto il carrello elevatore senza porre l'attenzione e la diligenza necessarie e sufficienti a evitare l'investimento del ### specie in considerazione dell'assenza della segnaletica orizzontale atta a disciplinare il traffico interno all'area; 5) non ravvisabile una condotta anomala del lavoratore infortunato, tale da scindere il nesso causale tra le suddette condotte e l'evento lesivo; 6) mai costituito il rapporto processuale nei confronti della ### S.r.l. in quanto non ritualmente evocata in giudizio; 7) inammissibile la chiamata in causa da parte della ### della ### S.p.a. per non avere la stessa allegato e provato di avere azione diretta nei confronti della ### versandosi in ipotesi di ordinaria RCG e non già di ### né che il contratto di assicurazione copra anche la responsabilità personale e patrimoniale degli amministratori della società; 8) improcedibile/improseguibile l'azione nei confronti della ### chiamata in causa sia dalla ### che dall'### essendo la stessa in liquidazione coatta amministrativa; 9) inammissibile la chiamata in causa da parte della ### della ### di ### non sussistendo alcun titolo né diretto, né quale manleva per cui la ### debba rispondere nei confronti della ### Ha, quindi, condannato i resistenti al pagamento delle spese di lite in favore dell'### in misura di € 12.000,00 ciascuno, oltre accessori, nonché nei confronti della ### a r.l. in misura di € 8.000,00 cadauno a carico di ### e ### nonché la sola ### alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla ### S.p.a. e della ### di ### liquidate per ciascuna ### nella misura di € 8.000,00.  3. Avverso detta pronuncia hanno interposto appello sia ### che ### con distinti ricorsi depositati rispettivamente in data ### e 20.05.2022, dolendosi della sua erroneità per i motivi che di seguito saranno riepilogati e valutati, in forza dei quali hanno richiesto che in via preliminare sia dichiarato estinto il procedimento per mancata integrazione del contraddittorio ex art. 307 c.p.c. e che sia nel merito rigettata la domanda attorea, ovvero in via subordinata - nel solo caso dell'### - che sia ridotta la misura della condanna e disposta una adeguata rateizzazione; in ogni caso con vittoria di spese del doppio grado di giudizio.  3.1. L'### ha resistito ai gravami, depositando apposite memorie.  3.2. Si è, altresì, costituita nel presente grado di giudizio la ### di ### la quale ha in via preliminare richiesto la riunione dei procedimenti incardinati da ### e ### nonché eccepito l'inammissibilità della domanda spiegata in via diretta nei confronti della stessa in qualità di garante della ### a r.l., stante l'assenza di qualsivoglia domanda proposta in via principale nei confronti della assicurata ovvero in via di manleva da quest'ultima, e l'intervenuto giudicato sul relativo capo della statuizione di primo grado, per poi contestare, anche nel merito, le avverse impugnazioni, di cui ha richiesto il rigetto, con vittoria di spese e competenze professionali.  3.3. Anche la ### S.p.a. si è costituita in grado di appello e ha eccepito pregiudizialmente l'inammissibilità, irritualità e tardività ex art. 345 c.p.c. della evocazione nel presente giudizio della ### del ### S.r.l., nonché delle allegazioni e richieste istruttorie formulate per la prima volta in sede di gravame, e ha contestato nel merito la fondatezza delle avverse pretese, riportandosi a quanto dedotto in primo grado.  3.4. ### si è costituita nel giudizio di appello promosso da ### dichiarando di condividere i motivi di impugnazione ivi enunciati e ribadendo l'assenza di responsabilità della stessa nella causazione dell'evento infortunistico, in quanto dipeso dalla condotta del ### conducente del muletto, in concorso con quella del danneggiato.  3.5. ### al quale i gravami sono stati ritualmente notificati, è rimasto contumace.  3.6. Non si sono costituite nel presente grado di giudizio, benché ritualmente evocate, neppure la ### Coop. a r.l. in liquidazione coatta amministrativa e la ### del fallimento ### S.r.l.  4. Disposta, dunque, la riunione degli appelli proposti avverso la medesima sentenza, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., acquisiti i documenti prodotti dalle parti e il fascicolo d'ufficio relativo al primo grado di giudizio, all'esito della discussione orale svolta all'udienza del 20.02.2025 la causa è stata decisa come da dispositivo in calce trascritto. 
Gli appelli sono infondati e vanno rigettati, con conseguente conferma dell'impugnata sentenza.  5. Con il primo motivo di impugnazione ### denuncia “### del giudizio. Violazione dell'art. 307 c.p.c., dell'art. 291 c.p.c., dell'art. 420, comma 9, c.p.c. 
Violazione dell'art. 112 c.p.c.”, deducendo che il Tribunale si sarebbe impropriamente limitato a dichiarare mai costituito il rapporto processuale nei confronti della ### S.r.l., anziché statuire l'intervenuta estinzione del giudizio, senza possibilità di riassunzione, in considerazione della mancata ottemperanza da parte dell'### all'ordinanza del 05.12.2017 che aveva disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti della suddetta società.
Evidenzia, al riguardo, che ove il giudice del merito - pur in assenza di una situazione di litisconsorzio necessario di natura sostanziale - disponga la chiamata in giudizio di un terzo ex art. 107 c.p.c., si determina una situazione processuale di litisconsorzio necessario, sicché il vizio di costituzione del contraddittorio conseguente alla omessa notifica del provvedimento giudiziale entro il termine perentorio all'uopo concesso renderebbe nullo tutto il successivo procedimento, nonché la sentenza emessa, la quale, peraltro, nel caso di specie avrebbe violato l'art. 112 c.p.c. nella parte in cui ha dichiarato la ### S.r.l. estranea al contenzioso per non essersi la notifica compiuta nei confronti della stessa, non essendo stata richiesta detta pronuncia da alcuna delle parti in causa.  5.1. Con il secondo motivo di appello l'instante lamenta “### apparente e inesistente ### del contraddittorio necessario ### dell'art. 102 c.p.c. Falsa applicazione dell'art. 51 e dell'art. 201 L.F.”, sostenendo che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente dichiarato improponibile/improseguibile l'azione nei confronti della ### a r.l. - dal medesimo chiamata in causa in qualità di datore di lavoro del soggetto danneggiante - poiché in liquidazione coatta amministrativa, atteso che non si tratterebbe di un'azione volta a ottenere una condanna pecuniaria della citata ### dunque da proporre in sede di procedura concorsuale, bensì di una domanda di integrazione del contraddittorio necessario, tesa al mero accertamento della responsabilità della stessa.  5.2. Con il terzo motivo di gravame l'appellante censura il decisum di primo grado nella parte in cui ha dichiarato inammissibile la chiamata in causa da parte di ### della ### S.p.a., affermando che non si verserebbe in un'ipotesi di responsabilità civile generale (###, come ritenuto dal Tribunale, bensì di responsabilità civile verso prestatori di lavoro (###, sicché la convenuta avrebbe legittimamente chiamato in garanzia la propria assicurazione, che sarebbe, rispetto alla prestazione risarcitoria, nella posizione dell'obbligato in solido, atteso che la polizza in atti, dalla medesima sottoscritta in qualità di legale rappresentante della ### S.r.l., sarebbe una polizza integrativa per le lesioni personali subite dai dipendenti, il cui art. 15 non considererebbe terzo rispetto all'assicurato la resistente, la quale è in un rapporto di immedesimazione organica con la suddetta società.  5.3. Con il quarto motivo di impugnazione si duole della omessa notificazione al convenuto contumace ### dell'ordinanza con cui il giudice ne ha ammesso l'interrogatorio formale, sottolineando che ciò gli avrebbe impedito di giovarsi degli effetti positivi della mancata comparizione o della mancata risposta dell'interrogato, la quale avrebbe potuto indurre il Tribunale, applicando l'art. 232 c.p.c., a una diversa imputazione delle quote di responsabilità.  5.4. Con il quinto motivo di gravame l'appellante, premessa un'ampia ricostruzione degli istituti dell'azione di regresso ex art. 11 del T.U. n. 1124/1965 e dell'azione di surroga ex art. 1916, comma 4, c.c., nonché dato atto della modifica introdotta dall'art. 1, comma 1126, della legge 30 dicembre 2018 n. 145, idonea a suo dire a determinare nella specie una decisa riduzione della condanna, avendo l'### per effetto della stessa, regresso contro le persone civilmente responsabili solo per le somme pagate a titolo d'indennità e per le spese accessorie, nei limiti del complessivo danno risarcibile, contesta la valutazione delle risultanze istruttorie operata dal primo giudice, lamentando di essere stato condannato per il sol fatto di rivestire formalmente l'incarico di direttore dei lavori della ### S.r.l. alle cui dipendenze prestava attività lavorativa il danneggiato, laddove, invece, secondo costante giurisprudenza di legittimità, il direttore dei lavori risponderebbe dell'infortunio subìto dal lavoratore (e quindi anche in sede di regresso) solo qualora gli venga affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con possibilità di impartire ordini alle maestranze in virtù di una particolare clausola inserita nel contratto di appalto o qualora, per fatti concludenti, risulti la sua concreta ingerenza nell'organizzazione del lavoro, circostanza rispetto alla quale l'### ricorrente non avrebbe allegato alcunché. 
Aggiunge che la statuizione di primo grado sarebbe affetta, sul punto della propria accertata responsabilità penale, da un vistoso vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., in quanto avrebbe aggiunto d'ufficio un titolo di responsabilità diverso e distinto da quello richiesto dall'### dichiarando sussistente a suo carico un profilo di colpa non solo nella veste di direttore dei lavori della ### S.r.l. ex art. 2087 c.c., ma anche in qualità di datore di lavoro della vittima dell'incidente ex art. 2049 c.c., sebbene lo stesso non sia stato chiamato in giudizio come amministratore della società datrice di lavoro di ### Obietta che a ogni modo non vi sarebbe prova alcuna della culpa in vigilando a lui attribuita, sottolineando che dagli atti del processo penale acquisiti per ordine del Tribunale sarebbe dato trarre numerose dichiarazioni idonee a comprovare l'estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere, delineando un comportamento abnorme ed esorbitante del lavoratore danneggiato e del conducente del mezzo che lo ha attinto rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, il quale si porrebbe come causa esclusiva dell'evento lesivo, con conseguente esonero totale del medesimo da ogni responsabilità. 
Assume, quindi, che, una volta operata la liquidazione del danno patito dal lavoratore infortunato secondo gli ordinari criteri, il giudice avrebbe dovuto decurtare quanto posto a carico del danneggiato stesso per il suo concorso nella produzione dell'evento, per poi procedere al raffronto dell'ammontare del risarcimento così calcolato con il credito oggetto dell'azione di regresso, onde attribuire all'### una somma non eccedente l'ammontare del primo.  5.5. Con il sesto e ultimo motivo di impugnazione lamenta la violazione degli artt.  2056, 1221 e 1223 c.c. per avere il Tribunale liquidato l'intera somma richiesta dall' - erogata all'infortunato quale indennizzo per l'incidenza dell'invalidità sulla sua capacità lavorativa - senza previamente calcolare il danno civilistico, ovvero la somma che sarebbe spettata al ### a titolo di risarcimento dei soli danni patrimoniali in applicazione dei principi di diritto civile, quale limite massimo del diritto di regresso, e senza stabilire se l'importo richiesto rientri o meno nel predetto limite, non potendo l'Ente aggredire le somme liquidate al danneggiato a titolo di risarcimento dei danni morali e dei danni biologici. 
Afferma di aver sin dalla sua costituzione in giudizio denunciato la lacunosità sul punto del ricorso introduttivo e la insufficienza della documentazione versata in atti dall'### stante la mancanza delle buste paga del lavoratore infortunato, da cui desumere con precisione l'ammontare del danno patrimoniale, e la non specificità della attestazione del ### in quanto non accompagnata dal “prospetto di calcolo del valore capitale della rendita di inabilità /menomazione permanente”, che dettaglierebbe - oltre alla data dell'infortunio, alla data di decorrenza della rendita e alla data del calcolo che attualizza il credito ### oggetto di rivalsa - anche e soprattutto i valori numerici delle singole voci che compongono l'ammontare del valore capitale della rendita erogata, e dal prospetto del calcolo dei ratei e degli interessi, che distingue tra “rateo netto patrimoniale” e “rateo netto danno biologico”, calcolati singolarmente mese per mese a partire dalla data di decorrenza del diritto. 
Conclude, pertanto, che nessuna condanna potrebbe essere fondata sui generici conteggi offerti dalla controparte, né sarebbe possibile rifarsi per la determinazione del valore del danno alla percentuale di invalidità accertata in sede ###base alla quale è stata erogata la rendita, essendo le modalità di calcolo della stessa differenti in sede civilistica.  6. Procedendo all'esame dell'appello proposto da ### con il primo motivo di censura viene eccepita l'intervenuta estinzione del giudizio ai sensi dell'art.  307 c.p.c. per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della ### S.p.a., avendo l'### erroneamente provveduto a notificare il relativo provvedimento presso la sede legale della ### anziché presso la ### del fallimento. 
Si evidenzia che, essendo stata la medesima ritenuta responsabile in qualità di legale rappresentante della ### S.r.l. all'epoca dell'infortunio del ### automaticamente anche detta società sarebbe responsabile e avrebbe diritto, in quanto litisconsorte necessario, di partecipare al giudizio, sicché la mancata integrazione del contraddittorio nei suoi confronti determinerebbe l'automatica estinzione del processo, anche in difetto di eccezione di parte, senza alcuna possibilità di riassunzione, trattandosi di un provvedimento che implica una pronuncia di mero rito ricognitiva dell'impossibilità di proseguire la causa in mancanza di una parte necessaria.  6.1. Con il secondo motivo di gravame l'appellante si duole del rigetto della domanda di garanzia dalla stessa formulata nei confronti della
S.p.a., deducendo di aver chiamato quest'ultima in giudizio sul presupposto che la medesima, come peraltro indicato dall'art. 15 delle condizioni generali di polizza, non sarebbe un soggetto terzo, bensì il soggetto assicurato, in considerazione del rapporto di immedesimazione organica che la legherebbe alla persona giuridica ### S.r.l., di cui sarebbe una mera esponente. 
Puntualizza che la stessa, non essendo stata convenuta per eventuali responsabilità “personali” estranee al proprio ruolo di legale rappresentate della suddetta società, non doveva affatto provare che il contratto di assicurazione coprisse anche la responsabilità personale e patrimoniale degli amministratori della società, avendo diritto a essere garantita e manlevata dalla ### 6.2. Con il terzo motivo di impugnazione la ### rivendica l'assenza di un nesso causale tra le violazioni a lei contestate dall'### e il sinistro occorso a ### sostenendo che l'istruttoria avrebbe confermato inequivocabilmente che l'infortunio è dipeso dalla condotta posta in essere da ### conducente del muletto, in concorso con quella dello stesso lavoratore danneggiato. 
Afferma che le riproduzioni fotografiche versate in atti comproverebbero la predisposizione della segnaletica orizzontale secondo le prescrizioni della ###5, rappresentata dalle mere strisce pedonali, essendo il resto della strada deputata al transito dei veicoli, puntualizzando che la segnaletica idonea a disciplinare il traffico di pedoni e mezzi di cui il Tribunale avrebbe rilevato l'assenza, addebitandole la violazione dell'art.  8 D.P.R. n. 547/55, come modificato dall'art. 33, commi 3-5, D.lgs. n. 626/1994, non avrebbe, comunque, determinato, per le parti coinvolte nel sinistro, una modifica rispetto al percorso seguito, né avrebbe impedito il verificarsi dell'evento infortunistico. 
Aggiunge che non vi sarebbe stata necessità alcuna di indicare un percorso su strada, considerata la presenza di un percorso su marciapiede, che il ### avrebbe dovuto seguire per raggiungere il luogo di destinazione, come avrebbero confermato i testi escussi in primo grado, nonché di una segnaletica verticale costituita da cartelli di avvertimento che segnalavano la presenza su strada dei muletti. 
Contesta, altresì, che il Tribunale le avrebbe erroneamente addebitato la violazione dell'art. 7, comma 3, del D.lgs. n. 626/1994 per non aver promosso la cooperazione e il coordinamento tra tutte le imprese di cui era committente, atteso che all'epoca del sinistro de quo la legge non prevedeva l'obbligo di redigere un unico piano di coordinamento con la presenza di tutte le imprese appaltatrici, essendo stato quest'ultimo introdotto solo successivamente dalla ### 03 agosto 2007, n. 123, bensì un mero obbligo di informativa, che sarebbe stato nella specie puntualmente assolto, avendo i soggetti coinvolti dichiarato espressamente di essere stati resi edotti dei rischi connessi con la “movimentazione di veicoli a motore”, senza considerare che, a suo dire, non esisteva necessità di coordinamento tra le diverse ditte appaltatrici, in quanto impegnate nello svolgimento delle stesse attività di facchinaggio e pulizia, e che il suddetto piano non sarebbe stato in ogni caso idoneo a evitare l'evento, essendo esso dipeso dal comportamento del ### il quale, pur sapendo che in una determinata zona vi era il passaggio di pedoni, non avrebbe adoperato la normale e basilare diligenza richiesta per la guida.  6.3. Con il quarto motivo di appello l'instante rimarca l'assenza di propria responsabilità in merito alle pretese contestazioni sollevate dall'### poiché priva delle competenze tecniche necessarie per adempiere e porre in essere quanto contestato dallo ### evidenziando di aver affidato a professionisti esterni - nello specifico al prof.  ### (### del ### di ### e ### e all'ing.  ### (componente del ### di ### e ### dai rischi) - la cura e la predisposizione di tutti gli elementi necessari a garantire l'incolumità dei lavoratori e di non aver ricevuto da essi alcuna segnalazione circa l'opportunità di tracciare le distanze di sicurezza, essendo stata ritenuta l'interferenza tra il passaggio di mezzi e di uomini non ostativa al rispetto da parte della ### S.r.l. della normativa e delle prescrizioni ricevute dalla ### 6.4. Con il quinto motivo di gravame eccepisce la propria carenza di legittimazione passiva, deducendo che ogni condanna connessa con il ruolo di ### della società ### S.r.l. dovrebbe essere direttamente imputata alla persona giuridica, senza determinare la lesione del suo patrimonio personale, con conseguente inammissibilità della pronuncia di primo grado. 
Ribadisce che ove, invece, la medesima sia stata convenuta in giudizio in qualità di terzo, l'azione di regresso sarebbe prescritta, fermo restando che quest'ultima sarebbe comunque inammissibile, in quanto esperibile solo nei confronti del datore di lavoro, laddove, invece, ella sarebbe pacificamente estranea al rapporto assicurativo e non ricoprirebbe alcuna posizione di garanzia in favore della vittima.  6.5. Con il sesto motivo di censura la ### obietta che l'### non potrebbe pretendere di essere garantito in solido dai responsabili dell'evento, per conto dei quali ha pagato l'intero debito, posto che la disciplina secondo cui la società risponde solidalmente con coloro che ha incaricato della direzione o sorveglianza del lavoro, ove del fatto di essi debba rispondere secondo il codice civile, in virtù della posizione di garanzia ricoperta, non potrebbe trovare applicazione qualora si agisca nei confronti dei singoli responsabili, ragion per cui la stessa potrebbe al più rispondere esclusivamente della quota di risarcimento connessa con le sue presunte responsabilità, da determinarsi tenendo conto della quota di responsabilità addebitabile al ### e della condotta imprudente del ### ai sensi dell'art. 1227, comma 1, 6.6. Con il settimo motivo di impugnazione l'appellante stigmatizza il decisum di primo grado per aver ritenuto sic et simpliciter corretto l'importo richiesto dall'### il quale non avrebbe chiarito le modalità di determinazione del risarcimento del danno, essendosi limitato a depositare un mero conteggio fondato su dati (percentuali invalidanti) in alcun modo provati, dunque insufficiente a dimostrare l'entità dell'inabilità riportata dalla vittima e l'ammontare delle somme eventualmente spettanti alla controparte. 
Reitera, dunque, la richiesta di ammissione di CTU medica tesa a verificare il reale stato invalidante del ### e l'importo corretto delle eventuali prestazioni spettanti, richiamando l'attenzione sulla circostanza per cui l'accertamento peritale svolto nell'ambito del procedimento azionato dal lavoratore infortunato per il conseguimento del c.d. danno differenziale avrebbe rilevato un'invalidità in misura inferiore (31%) rispetto a quella riconosciuta dall'### 6.7. Con l'ottavo motivo di appello lamenta che il Tribunale, dopo aver accertato la responsabilità di ### avrebbe impropriamente dichiarato improponibile e/o improseguibile l'azione nei confronti della ### S.r.l. - di cui il lavoratore era dipendente - in quanto in liquidazione coatta amministrativa, trascurando di considerare che la chiamata in causa della suddetta ### in quanto idonea ad attivare la polizza in essere con la ### di ### non avrebbe potuto determinare una condanna pecuniaria per la stessa.  6.8. Con il nono e ultimo motivo di gravame l'instante si duole della sua condanna al pagamento delle spese di lite in favore della ### di ### affermando di non aver mai formulato alcuna domanda nei confronti della ### rispetto alla quale il Tribunale avrebbe disposto d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, ponendo la chiamata in garanzia a carico dell'### 7. Orbene, questa Corte reputa non condivisibili e prive di fondamento le censure esposte negli atti di gravame.  7.1. Non è degna di pregio la doglianza degli instanti afferente alla intervenuta estinzione del giudizio ex art. 307 c.p.c., non ricorrendo nella specie l'ipotesi di omessa integrazione del contraddittorio necessario ex art. 102 c.p.c. nei confronti della ### S.r.l., dichiarata fallita dal Tribunale di ### con la sentenza n. 147/2012 emessa in data ###. 
Si osserva innanzitutto che, qualora il convenuto in un giudizio risarcitorio prospetti la responsabilità di un terzo per il danno allegato dall'attore, non si determina affatto una ipotesi di litisconsorzio necessario tra gli stessi ai sensi dell'art. 102 c.p.c., bensì un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo, dal quale deriva a carico del giudice solo la facoltà, non sindacabile in sede di gravame, presupponendo una valutazione discrezionale, di ordinare la chiamata in causa del terzo, ai sensi dell'art. 107 c.p.c. (conf. 
Cass. Civile, Sez. 3, 03 febbraio 2020, n. 2395; Cass., Sez. 3, 01.12.2004, n. 22596; Cass., Sez. Lav., 22.03.2002, n. 4129; Cass., Sez. 2, 22.06.1995, n. 7083). 
Solo laddove effettivamente avvenga la chiamata in giudizio del terzo si determina una ipotesi di inscindibilità di cause, per dipendenza, e quindi, come correttamente rilevato dall'### di litisconsorzio necessario meramente processuale (cfr. Cass., 1, Ordinanza 28.02.2018, n. 4722; Cass., Sez. 2, 08.08.2003, n. 11946; Cass., Sez. 3, 29.10.2001, n. 13397; Cass., Sez. 2, 01.04.1999, n. 3114). 
Con la chiamata in causa del terzo quale unico responsabile si realizza, cioè, un'ipotesi di dipendenza di cause, in quanto la decisione della controversia fra l'attore e il convenuto, essendo alternativa rispetto a quella fra l'attore e il terzo, si estende necessariamente a quest'ultimo, sicché i diversi rapporti processuali diventano inscindibili, legati da un nesso di litisconsorzio necessario processuale (per dipendenza di cause o litisconsorzio alternativo) che, permanendo la contestazione in ordine all'individuazione dell'obbligato, non può essere sciolto neppure in sede d'impugnazione. 
Sennonché, nella specie non ricorre la dedotta inottemperanza all'ordinanza del 05.12.2017 con cui il Tribunale, accogliendo la richiesta in tal senso formulata da ### ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti della ### S.r.l.  - inottemperanza le cui conseguenze andrebbero rinvenute nell'art. 270, comma 2, c.c., a norma del quale la causa viene cancellata dal ruolo con ordinanza non impugnabile, da cui decorre il termine trimestrale entro il quale la stessa deve essere riassunta con la chiamata in causa del terzo, ai sensi dell'art. 307, primo comma, c.p.c., pena l'estinzione del processo (Cass. ord. n. 3506/2024); nel caso in esame, invece, l'### ha dato seguito al provvedimento giudiziale di integrazione del contraddittorio, seppur procedendo alla notificazione dello stesso presso la sede legale della terza chiamata anziché presso la ### del fallimento. 
Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la notifica non eseguita nei confronti del curatore del fallimento non è inesistente bensì nulla, essendo ravvisabile un collegamento tra la figura del curatore e la persona del fallito, e, di conseguenza, in caso di omessa costituzione del fallimento, deve disporsene la rinnovazione (Cass., V, 7 dicembre 2023, n. ###; Cass., Sez. V, 21 giugno 2016, n. 12785, cit.; Cass., VI, 11 aprile 2014, n. 8624; Cass., Sez. VI, 07 giugno 2012, n. 9281; Cass., Sez. V, 09 aprile 2008, n. 9214; Cass., Sez. II, 29 marzo 2006, n. 7252), dovendo essa essere effettuata presso il domicilio dell'organo pubblico cui spetta la rappresentanza (Cass., Sez. V, 23 marzo 2007, n. 7161). 
Trattasi di una riaffermazione del principio secondo cui il luogo nel quale la notificazione del ricorso viene eseguita, non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell'atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando lo stesso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell'ambito della nullità dell'atto, come tale sanabile con efficacia ex tunc per raggiungimento dello scopo, o a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), ovvero in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c. (Cass. 5663/2018; Cass., Sez. U., 20 luglio 2016, n. 14916). ### sentenza emessa senza che sia stato disposto il rinnovo della notificazione è affetta da nullità e può essere impugnata per violazione di legge (v. 
Cassazione, sezioni unite, 14916/2016 cit.; Cassazione, pronunce 12055/2016, 5955/2016, 14174/2015 e 10196/2015); ciò a condizione che il vizio sia stato eccepito dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso.  ### infatti, il consolidato insegnamento della Suprema Corte, la violazione delle norme sulla notificazione di un atto processuale e l'inosservanza delle disposizioni sulla regolare costituzione del contraddittorio nei confronti di un convenuto costituiscono eccezioni de iure tertii, che non possono essere sollevate da altro convenuto, potendo essere fatte valere soltanto dalla parte direttamente interessata (Cass. Civile, sez. III, 29 ottobre 2019, n. 27607; Cass., Sez. 3, Ord. n. 7262 del 23.03.2018; Cass., Sez. 3, 19.12.2013, n. 28464; Cass., Sez. 3, 07.05.2009, n. 10516; Cass., Sez. 3, n. 20637 del 22.09.2006). 
Ebbene, nel caso di specie la nullità della notifica in esame non è stata affatto eccepita: invero, in occasione della successiva udienza del 17.04.2018, a fronte delle deduzioni a verbale dalla ### S.p.a. nel frattempo costituitasi, che ha eccepito l'intervenuta decadenza della ### dalla possibilità di integrare il contraddittorio e, quindi, di formulare qualsivoglia domanda nei confronti della ### della ### S.r.l., l'odierna appellante si è limitata a richiedere “di autorizzarsi la chiamata in garanzia tempestivamente formulata nella memoria di costituzione, tanto a parziale modifica ed integrazione dell'ordinanza già emessa in data ###”. 
Quanto sin qui osservato è sufficiente a dar conto dell'infondatezza delle censure di cui ai motivi in esame, formulate esclusivamente sulla base della deduzione dell'insussistente violazione dell'art. 102 c.p.c.  7.2. Ciò chiarito, è opportuno evidenziare che dev'essere dichiarata improponibile nell'odierna sede la domanda formulata da ### nei confronti della società fallita, in persona del curatore, rimasto contumace, essendo stata essa proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge. 
È, invero, principio consolidato della Suprema Corte quello per cui l'accertamento di un credito nei confronti del fallimento è devoluto alla competenza esclusiva del giudice delegato, ex artt. 52 e 93 l. fall., con la conseguenza che, ove la relativa azione sia proposta nel giudizio ordinario di cognizione, deve esserne dichiarata d'ufficio, in ogni stato e grado, anche nel giudizio di cassazione, l'inammissibilità o l'improcedibilità, a seconda che il fallimento sia stato dichiarato prima della proposizione della domanda o nel corso del giudizio (Cass., Sez. I civ., 26 aprile 2023, n. 11021; Cass. 07.09.2019 22277 Cassazione civile, sez. III, 04 ottobre 2018, n. 24156).  7.3. Analoghe considerazioni possono essere svolte in relazione all'azione proposta nei confronti della ### Coop. a r.l., che il giudice di prime cure ha correttamente dichiarato improseguibile, avendo la Corte di legittimità avuto modo di affermare che, a seguito della sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa di una società si determina, per un verso, la perdita della capacità ### processuale degli organi societari, e, per altro verso, la temporanea improcedibilità, fino alla conclusione della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo davanti agli organi della procedura ai sensi degli artt. 201 e ss. L.F., della domanda azionata in sede di cognizione ordinaria, rilevabile anche d'ufficio e pur nella fase di cassazione, in difetto di una norma analoga alla L. n. 990 del 1969, art. 25 (Cassazione civile, sez. III, 20.03.2017, n. 7037; Cass., 09.03.2010 n. 5662). 
Ne consegue che qualsiasi credito nei confronti di un'impresa posta in liquidazione coatta amministrativa dev'essere fatto valere in sede concorsuale, nell'ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il giudice può conoscerne in sede di cognizione ordinaria solo in un momento successivo, sulle opposizioni o impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede, così determinandosi una situazione di improponibilità, o, se proposta, di improseguibilità della domanda a tutela del principio della par condicio creditorum, che concerne sia le domande di condanna che quelle di mero accertamento del credito. 
Nei confronti di un ente in liquidazione coatta amministrativa, come anche di un'impresa in fallimento o in liquidazione giudiziale, le azioni di accertamento o costitutive sono proponibili al di fuori della procedura concorsuale di verifica dello stato passivo solo quando sussiste uno specifico interesse, non altrimenti tutelabile, alla definizione dell'assetto dei rapporti contrattuali pendenti o instaurati dalla procedura (come nel caso della reintegra nel posto di lavoro del dipendente licenziato o dell'attribuzione di una determinata qualifica all'interno dell'ente o azienda), mentre l'accertamento di ogni altro diritto di credito, retributivo, risarcitorio o indennitario, deve avvenire mediante l'insinuazione al passivo (Cass. 28 ottobre 2024 n. 27796). 
Dunque, le domande di mero accertamento o costitutive possono essere proposte al di fuori del procedimento di formazione dello stato passivo soltanto quando dall'eventuale pronuncia di accoglimento non si intenda far derivare diritti di credito o diritti restitutori. 
In altri termini, devono dichiararsi improcedibili davanti al giudice ordinario le azioni di accertamento o costitutive quando la relativa pronuncia sia destinata a rappresentare la “base concettuale” di una pretesa creditoria deducibile in sede concorsuale.  ### fattispecie de qua non si ravvisano i presupposti per configurare un interesse a un'azione di mero accertamento al di fuori della cognizione propria del concorso, tanto più che la domanda formulata dagli instanti ha manifestatamente una funzione strumentale alla condanna della ### S.r.l. e della ### S.r.l., a nulla rilevando la circostanza dagli stessi dedotta per cui la chiamata in causa delle suddette società avrebbe comportato l'attivazione, peraltro meramente eventuale, della polizza da esse stipulata rispettivamente con la ### S.p.a. e con la ### di ### 7.4. Parimenti infondata è la critica degli appellanti afferente all'erronea dichiarazione di inammissibilità della chiamata in causa, da parte della ### della ### S.p.a. in qualità di garante della fallita ### S.r.l., dovendosi sul punto condividere l'argomentazione del primo giudice secondo cui la ### chiamata a rispondere a titolo personale, in veste di legale rappresentante della suddetta società, non ha offerto prova di avere azione diretta nei confronti della ### posto che si verte in un'ipotesi differente da quella di ### quand'anche di ### (responsabilità civile verso terzi/verso prestatori di lavoro soggetti all'obbligo di assicurazione ###, anziché di responsabilità civile generale come stabilito dalla sentenza gravata, né risulta che il contratto di assicurazione copra anche la responsabilità personale e patrimoniale degli amministratori dell'azienda. 
Non è pertinente il richiamo all'art. 15 delle ### di ### che a dire degli instanti, disponendo che “Non sono considerati terzi ai fini dell'assicurazione R.C.T.: … b) quando l'### non sia una persona fisica, il legale rappresentante, il socio a responsabilità limitata e i soggetti che si trovano con loro nei rapporti di cui alla lettera a)”, comproverebbe che la ### è il soggetto tutelato dal contratto e ha conseguentemente diritto a essere manlevata dalla ### senza necessità di provare alcunché, atteso che detta norma afferisce alla differente ipotesi dei terzi danneggiati esclusi dalla copertura assicurativa ### come conferma il riferimento ivi contenuto ai subappaltatori e ai loro dipendenti (lett. d), che fa salvo quanto disposto dal precedente art. 14 delle suddette ### ove sono, invece, elencate le garanzie comprese automaticamente nell'assicurazione della responsabilità civile verso terzi, tra cui figura, alla lettera e), quella per le lesioni personali gravi o gravissime subite proprio dai subappaltatori e loro dipendenti in occasione di lavoro. 
Non giova neppure il riferimento alla nota della ### S.p.a. del 17.05.2022 (cfr. doc. n. 2 allegato al fascicolo di secondo grado della ###, posto che essa, in disparte la considerazione per cui risulta essere stata prodotta per la prima volta solo in grado di appello, riscontra un quesito formulato all'### in data ### in termini assolutamente generici e soprattutto non concerne il contratto e il fascicolo informativo relativi alla polizza “R.C. Aziende industriali” n. ###09 contratta tra la ### S.r.l. e l'allora ### S.p.a., bensì altro e diverso fascicolo informativo a essa allegato, tant'è che la ### ha ivi precisato di poter riscontrare la missiva solo in modo sommario poiché, “### la situazione con gli uffici di ### ed effettuate le dovute ricerche con i dati trasmessi dall'Esponente,… non risulta alcuna polizza in vigore”.
A ogni modo, quand'anche si ritenesse di avallare le argomentazioni difensive dell'appellante e, dunque, di ritenere la stessa il soggetto assicurato, poiché in un rapporto di immedesimazione organica con la ### S.r.l., la ### non avrebbe titolo, alla luce dell'intervenuto fallimento della società committente, a invocare l'applicazione della garanzia assicurativa ### spettando la legittimazione, al più, alla sola ### Ma soprattutto, è dirimente la considerazione che detta garanzia, pur essendo in astratto operante ai sensi del citato art. 14, lett. e) delle ### generali di ### a norma del quale “ La garanzia comprende i danni subiti dai ### e loro dipendenti in occasione di lavoro, sempreché dall'evento derivino la morte o le lesioni personali gravi o gravissime, così come definite dall'art. 583 del ###” - diversamente da quanto sostenuto dalla ### che si limita in maniera impropria a citare l'art. 12 lett. B) delle suddette ### rubricato “### della responsabilità Civile verso prestatori di lavoro soggetti all'obbligo di assicurazione ### (R.C.O.)” - tuttavia nel caso oggetto di scrutinio non potrebbe essere attivata, risultando la relativa richiesta inammissibile in quanto volta a tenere la ### indenne rispetto a un “credito” che, come già in precedenza chiarito, non potrebbe che essere accertato in sede fallimentare ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 52 della L.F. 
Per quanto, quindi, non risponda al vero l'assunto della ### resistente per cui essa terrebbe indenne l'assicurata solo in relazione agli infortuni sofferti dai prestatori di lavoro suoi dipendenti addetti all'attività per la quale è prestata l'assicurazione, con esclusione di subappaltatori e loro dipendenti, va in ogni caso osservato che l'accoglimento della domanda formulata dalla ### nella rivendicata qualità di legale rappresentante della ### S.r.l., nei confronti della ###ni S.p.a., comporterebbe la violazione della competenza funzionale inderogabile del Tribunale fallimentare, al quale deve ritenersi riservata la decisione in merito. 
In altri termini, gli eventuali diritti rivenienti dal contratto di assicurazione potrebbero essere fatti valere solo in presenza di una richiesta risarcitoria di cui la società fallita dovrebbe rispondere, quindi in presenza, in definitiva, di un “credito” che, tuttavia, non potrebbe mai essere accertato in questa sede ###quella fallimentare ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 52 della L.F, al fine di non ledere la par condicio creditorum.  7.5. Non appare fondata neppure la doglianza della ### afferente alla propria carenza di legittimazione passiva, atteso che la Corte di cassazione (cfr. Cass. Sez. Lav.  del 22.01.2021, n. 1399), nel chiarire contro chi è esercitabile l'azione di regresso dell'### ha statuito che “...in materia di sicurezza sul lavoro trova applicazione la nozione di datore di lavoro non in senso lavoristico ma in senso prevenzionale, e che tale figura - per espressa definizione normativa della nozione relativa ­ comprende non solo il datore di lavoro formale ma proprio la figura dell'amministratore unico, il quale è titolare dei poteri decisionali e di spesa in materia di sicurezza sul lavoro”.
In base al criterio di rappresentatività, nel caso in cui il datore di lavoro rivesta la forma societaria, la relativa responsabilità, sia penale che civile, grava proprio sul legale rappresentante della persona giuridica, essendo colui che è preposto alla gestione della società e s'identifica con il principale destinatario delle norme antinfortunistiche, salvo la sussistenza di una espressa delega volta a trasferire l'obbligo di prevenzione dal titolare della posizione di garanzia ad altri soggetti inseriti nell'apparato organizzativo della società; delega di cui nel caso di specie non è stata fornita prova alcuna (Cass., Sez. Lav., 04 giugno 2024, n. 15581; Cass. Pen. n. 43091/2014).  ### appellante era, dunque, titolare di specifica posizione di garanzia connessa alla funzione di amministratrice della società, rispetto alla quale vi era una precisa responsabilità in tema di prevenzione e sorveglianza degli obblighi antinfortunistici ex artt. 2087 e 2050 Detta responsabilità sussiste anche in relazione alla speciale azione di regresso spettante jure proprio all'### ai sensi degli artt. 10 ed 11 del d.P.R. 30 giugno 1965 1124, essendo essa esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso soggetti responsabili o corresponsabili dell'infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all'attività lavorativa, giacché essi, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentano organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l'obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro, senza che a ciò sia di ostacolo la possibile affermazione della loro responsabilità solidale, atteso che l'art. 2055 c.c. consente la diversità dei rispettivi titoli di responsabilità (contrattuale per il datore di lavoro ed extracontrattuale per gli altri) (Cass., Sez. Lav., 04 giugno 2024 n. 15581 cit.; Cass. Civile, Sez. Lav., 10 gennaio 2023, n. 375; Cass. n. 17486/2013; Cass., Sez. Lav., 07.03.2008, n. 6212; Cass., Sez. Lav., 18.08.2004, n. 16141; Cass., Sez. Un., 16.04.1997, n. 3288). 
In altri termini l'### può agire per la rivalsa delle prestazioni erogate all'infortunato non solo nei confronti del titolare del rapporto assicurativo, ma anche nei confronti di tutti coloro che in ragione dell'attività svolta siano gravati da specifici obblighi di prevenzione a beneficio dei lavoratori assoggettati a rischio, al di là della qualifica formale di datore di lavoro (Cass. Civile, Sez. VI, 07 dicembre 2021, n. ###; Cass. 18.05.2017 n. 12561). 
Ne consegue che l'instante, in quanto chiamata, in veste di legale rappresentante della società committente, all'assolvimento dell'obbligo di sicurezza, risponde in sede di regresso, ove sia accertata la responsabilità nell'accadimento dell'infortunio occorso al lavoratore, dei conseguenti obblighi patrimoniali nei confronti dell'### assicuratore, a nulla rilevando la sua estraneità al rapporto assicurativo.  7.6. È, poi, priva di pregio la doglianza dell'appellante ### relativa all'omessa notifica della ordinanza di ammissione dell'interrogatorio formale del contumace ### e alla conseguente impossibilità per lo stesso di giovarsi ai sensi dell'art. 232 c.p.c. di una diversa imputazione delle quote di responsabilità. 
Sul punto, si evidenzia che la suddetta ordinanza del 15.10.2019 risulta essere stata notificata una prima volta all'interessato in data ### su richiesta del procuratore di ### il quale alla successiva udienza del 03.12.2019 ha richiesto a verbale un nuovo termine per il medesimo adempimento, dando atto che il ### era risultato sconosciuto all'indirizzo indicato in ricorso. 
Il primo giudice, nel rinviare la causa all'udienza del 25.02.2020 per l'espletamento della prova per testi richiesta dall'### e per l'interrogatorio formale del contumace, ha, quindi, disposto la notifica del verbale di udienza e del provvedimento di ammissione entro il ###. 
All'udienza del 25.02.2020 il difensore della ### S.p.a. ha poi esibito l'originale dei verbali di causa contenenti i provvedimenti di ammissione dell'interrogatorio formale del convenuto ritualmente notificati, depositando, altresì, copia di cortesia degli stessi. 
A ogni modo, è bene precisare che la mancata comparizione o risposta del ### all'interrogatorio formale a lui deferito - circostanza, peraltro, meramente eventuale - non avrebbe potuto di per sé determinare l'attribuzione a quest'ultimo di una maggiore quota di responsabilità nella determinazione dell'evento infortunistico occorso al ### e, dunque, una corrispondente riduzione di quella attribuibile all'appellante, avendo la Corte di cassazione statuito che, pur ricorrendo i presupposti per l'applicazione dell'art. 232 c.p.c., il giudice non può prescindere dall'intero corredo probatorio a sua disposizione, né può rifugiarsi in un'apodittica affermazione circa l'insussistenza di altri elementi contrastanti, quando gli stessi non sono stati nemmeno apparentemente considerati (Cass., Sez. III, ord. 22 marzo 2022 n. 9230). 
Non è possibile, cioè, attribuire alla suddetta circostanza piena efficacia probatoria, in quanto in tema di prove e, in particolare, di interrogatorio formale, la disposizione dell'articolo 232 c.p.c., a differenza dell'abrogato articolo 218 del precedente codice di rito, non ricollega automaticamente alla mancata comparizione o risposta all'interrogatorio, per quanto ingiustificata, l'effetto della confessione, ma dà solo la facoltà al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, però, nel contempo, di valutare ogni altro elemento di prova e, quindi, di inserire quel comportamento nel più ampio quadro del compendio probatorio acquisito al processo (Cass. ord. 27 dicembre 2021, n. 41643; Cass. 18 aprile 2018, n. 9436; Cass. 06 agosto 2014, n. 17719; Cass. Civ. Sez. Lav., 14.02.2007, n. 3258).  8. Ciò chiarito, passando al merito, ritiene il Collegio che il Tribunale abbia correttamente giudicato gli odierni appellanti civilmente responsabili dell'infortunio occorso a ### ravvisando in capo agli stessi specifici profili di colpa sulla base della posizione di garanzia rivestita da ciascuno nelle rispettive qualità e delle connesse sfere di competenze che da tali posizioni discendono.  8.1. Quanto alla posizione di ### si condivide la statuizione del giudice di prime cure di imputabilità alla medesima di un duplice profilo di responsabilità in qualità di datore di lavoro - rappresentante legale della società committente ### S.r.l., dovendo ella rispondere della violazione dell'art. 8 D.P.R. 547/55, come modificato dall'art. 33, commi 3-5, D.lgs. n. 626/1994, per aver omesso di predisporre la segnaletica orizzontale idonea a disciplinare il traffico di pedoni e mezzi al fine di evitare incidenti tra essi, e della mancata promozione della cooperazione e del coordinamento prescritti dall'art. 7, D.lgs. n. 626/1994 tra tutte le imprese appaltatrici, ossia la ### S.r.l, la ### S.r.l. e la ### S.r.l., le cui attività, insistendo nello stesso perimetro lavorativo, interferivano tra loro. 
Invero, in ossequio all'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la responsabilità del committente o del sub-committente per i danni derivati al lavoratore nel corso dell'attività lavorativa concessa in sub appalto, a causa dell'inosservanza delle misure di tutela delle condizioni di lavoro, è configurabile ai sensi degli artt. 2087 c.c. e 7 del D.lgs. n. 626/1994 (ora art. 26 del D.lgs. n. 81/2008), venendo meno per i soli rischi specifici delle attività proprie dell'appaltatore o del prestatore d'opera, atteso che la norma pone a carico del committente datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori ad altre imprese, l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, nonché quello di cooperare nell'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata, nell'ambito dell'intero ciclo produttivo, obblighi rispetto al cui adempimento il dovere di sapere del sub appalto costituisce una essenziale precondizione (Cass., Sez. VI, ord. n. 12465/2020, Cass. n. 12561/2017; Cass., Sez. Lav., 09.05.2017, n. 11311; Cass, ### Lav., 08.10.2012 n. 17092; Cass., Sez. IV penale, 29.01.2008 n. 12348). 
Dunque, in tema di infortuni sul lavoro, l'art. 2087 c.c., espressione del principio del "neminem laedere" per l'imprenditore, e l'art. 7 del D.lgs. 19 settembre 1994 n. 626, che disciplina l'affidamento di lavori in appalto all'interno dell'azienda, prevedono l'obbligo per il committente, nella cui disponibilità permane l'ambiente di lavoro, di predisporre tutte le misure idonee a preservare l'incolumità dei lavoratori, ancorché dipendenti dall'impresa appaltatrice, consistenti nell'informazione adeguata non solo di quest'ultima ma anche dei singoli lavoratori, nella adozione delle misure necessarie al raggiungimento dello scopo, nella cooperazione con l'appaltatrice per l'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi all'ambiente di lavoro e all'attività affidata in appalto, tanto più se caratterizzata dall'uso di macchinari pericolosi (Cass., Sez. III, 20.10.2011 n. 21694). 
La posizione di garanzia di cui il committente è titolare, anche nel caso di subappalto, è, altresì, idonea a fondare la sua responsabilità sia per la scelta dell'impresa che per l'omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini (Cass., Sez. IV, 08.01.2019 n. 5893; Cass., Sez. IV, 10.01.2018, n. 7188). 
La Corte di cassazione (Cass., Sez. ###., 22.09.2020, n. 28728) ha, infatti, affermato che, in materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l'idoneità tecnico ­ professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l'obbligo di verifica di cui all'art. 90, lett. a), D.lgs.  9 aprile 2008, n. 81, non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo. 
Nel caso di specie, la mancata predisposizione sul luogo di lavoro di una segnaletica orizzontale idonea a regolamentare il contestuale transito nella medesima area di mezzi a motore e pedoni emerge distintamente dalle testimonianze acquisite tanto nel primo grado del presente giudizio quanto nel procedimento penale celebrato a carico degli odierni appellanti nonché di ### dinanzi al Tribunale di ### (R.G.P.M. n. 4633/2007 e R.G. Trib. n. 189/2009) - dei cui atti il giudice del lavoro ha disposto l'acquisizione con ordinanza del 15.10.2019 -, a definizione del quale è stata emessa la sentenza n. 4551/2016, depositata in data ###, che, sebbene abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, ha chiarito l'impossibilità di accertare, in modo incontestabile, “l'esistenza di circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte degli imputati ovvero la sua penale rilevanza, sì da giustificare un proscioglimento nel merito degli stessi”. 
Il teste ### escusso nel primo grado del presente giudizio all'udienza del 12.01.2021 su indicazione di ### della quale è stato consulente all'indomani dell'incidente per cui è causa, ha dichiarato: “A.D.R.: Non vi era predisposizione di percorsi dedicati con segnaletica orizzontale. ### solo segnaletica verticale, tipo segnali ammonitori di attenzione. Non vi erano segnali verticali di tipo stradale. Non vi erano per terra strisce o corsie delimitate; A.D.R.: Attraverso i portoni di ingresso del capannone avveniva l'accesso all'interno. I portoni riguardanti il piazzale ove è avvenuto l'incidente sono due e sono frontistanti ad una distanza di almeno 24 metri. ## spazio dei 24 metri è libero ed è interno al capannone. Nel piazzale per cui è causa vi era anche il transito di pedoni. Non vi era tuttavia alcuna distinzione di percorsi tra chi azionava i muletti e chi doveva attraversare il piazzale a piedi. Chi azionava i muletti per spostare le balle di plastica dal punto di stoccaggio all'interno del deposito seguiva un percorso - come Le ho mostrato testé sulla pianta dei luoghi - tale da correre il rischio di incrociare eventuali pedoni; Confermo che vi erano i cartelli monitori. Non ricordo di aver visto segnali relativi ai limiti di velocità”. 
Analogamente il teste ### dipendente della ### S.r.l. dal 2005 al 2009, sentito alla medesima udienza del 12.01.2021 su richiesta della odierna appellante, ha riferito: “A.D.R.: Ricordo che vi era segnaletica verticale. Non era segnaletica di tipo stradale. Vi erano cartelli di ammonimento circa il rischio derivante dal transito dei muletti”. 
Ha così confermato quanto già riferito in sede penale, ove, sentito all'udienza del 22.12.2011, aveva dichiarato: “### alle pareti ci sono dei segnali dove indicavano come guidare i muletti, non mettere due persone sui muletti, la velocità dei muletti, i pedoni che dovevano stare attenti quando attraversavano, però solo là”. 
Il teste nella medesima occasione aveva, altresì, sconfessato quanto dedotto dall'appellante circa la presenza nel piazzale, all'epoca dell'infortunio per cui è causa, di strisce pedonali, rispondendo in senso negativo alla domanda del P.M. “A terra non c'è disegnato qualcosa?”, per poi precisare “Si, ma attualmente, prima di… ### prima dell'incidente non c'era”.  ### stesso senso depongono le dichiarazioni rese nel giudizio penale da ### il quale, interrogato all'udienza del 22.12.2011 in qualità di responsabile della produzione della società committente, in merito all'esistenza di una regolamentazione della viabilità nel luogo dell'infortunio e alla presenza della relativa segnaletica affermava: “### di quello che ci riguarda a noi come ### si, cioè dovevamo fare attenzione quando si attraversava dall'officina in stabilimento al passaggio dei carrelli. 
Segnaletica verticale, cioè delle insegne di fare attenzione ai pedoni, carrelli, muletti e…”. 
Risulta, dunque, comprovata, sotto il profilo della violazione dell'art. 8 D.P.R.  547/55, come modificato dall'art. 33, commi 3-5, D.lgs. n. 626/1994, l'infrazione contestata alla ### la quale deve rispondere dell'evento infortunistico occorso al ### non potendo trovare accoglimento la censura della stessa afferente alla carenza di qualsivoglia elemento soggettivo a lei addebitabile.  ### non può, infatti, utilmente invocare, onde neutralizzare l'effettività della posizione di garanzia ricoperta, la presenza del componente del servizio di prevenzione e protezione, nella persona rispettivamente dell'ing. ### e del relativo responsabile prof. ### in quanto le norme che prevedono detto servizio all'interno delle aziende (art. 31 D.lgs. 09.04.2008 n. 81, nel quale è confluita la disciplina dettata in materia dal D.lgs. n. 626/1994), lo configurano come un semplice ausiliario e, quindi, una figura diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nella individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti (Cass. 21 settembre 2022, n. ###; Cass., Sez. ###., 05.04.2013, n. 50605). 
Trattasi, cioè, di un consulente del datore di lavoro, che lo coadiuva nelle funzioni di prevenzione degli infortuni, svolgendo compiti che si sostanziano nella ricerca dei fattori di rischio e nella individuazione delle misure per la sicurezza e salubrità dell'ambiente di lavoro, i cui risultati sono messi a disposizione della direzione aziendale, che li recepisce in base a un rapporto fiduciario che si instaura fra lo stesso e la parte datoriale (Cass., Sez. ###., 16.12.2009 n. 1841).  ### del ### di ### e ### è, dunque, privo di poteri decisionali, assolvendo una prestazione di collaborazione in ragione del rapporto di ausiliarietà e di subordinazione al datore di lavoro, sicché non può essere ricondotto ad alcuna delle figure comprese nella categoria delle persone dotate di veste apicale. 
La Suprema Corte ha, inoltre, evidenziato la differenza della figura in esame rispetto all'istituto della "delega di funzioni" previsto dall'art. 16 D.lgs. n. 81/2008, statuendo che soltanto quest'ultimo determina un esonero di responsabilità del datore di lavoro, comportando il subentro del delegato nei poteri e nelle prerogative connesse alla posizione di garanzia dello stesso, quale diretto destinatario degli obblighi inerenti alla sicurezza dei lavoratori (Cass., Sez. ###., 18 maggio 2023, n. 21153; Cass., sez. ###., 26 marzo - 20 maggio 2013, n. 21628). 
Dunque, la mera designazione del responsabile della prevenzione e della protezione, non equivalendo a una delega di funzioni, non è sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. 
In altri termini, la figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non corrisponde a quella meramente eventuale di delegato per la sicurezza, poiché quest'ultimo, destinatario di poteri e responsabilità originariamente e istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro, deve essere formalmente individuato e investito del suo ruolo con modalità rigorose; ne consegue che la sua designazione non dà luogo a nessuna esenzione di responsabilità del datore di lavoro-legale rappresentante, il quale, anche se non svolge funzioni tecniche, rimane l'unico e diretto destinatario, per la posizione di garanzia derivante dalla sua qualifica, degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni (Cass., Sez. ###., 26.04.2017, n. 24958; Cass., Sez. ###., 10.07.2009, ###). 
Né la ### a discapito di quanto dalla stessa assunto, può considerarsi esonerata da ogni responsabilità per il sol fatto che i professionisti esterni da lei nominati avrebbero, a suo dire, omesso di segnalare l'opportunità di tracciare le distanze di sicurezza nell'area di transito di mezzi e persone, in quanto la valutazione del rischio è funzione tipica del datore di lavoro, non delegabile neppure attraverso il conferimento di una delega di funzioni ad altro soggetto, ragion per cui le eventuali carenze nell'attività di collaborazione da parte del ### potrebbero, al più, comportare una responsabilità concorrente, ma non esclusiva di quest'ultimo (Cass., Sez. Pen., 18.05.2023 n. 21153).  ### specie, tuttavia, la circostanza riferita dall'appellante risulta confutata dalle dichiarazioni rese nell'ambito del processo penale dall'ing. ### consulente esterno del gruppo ### in materia di sicurezza, il quale, sentito all'udienza del 22.12.2011, rispondendo alla domanda “Lei non ha ritenuto di suggerire per quello specifico passaggio particolari cautele a livello di segnaletica verticale e orizzontale?”, affermava “E' stata fatta una valutazione ed è stata anche proposta di ampliare la segnaletica delle… Evidentemente non è stata considerata necessaria, perché ribadisco gli spazi erano ampi e quindi la movimentazione dei pedoni e dei veicoli era garantita”. 
Si rivela poi assolutamente pretestuosa la deduzione dell'appellante secondo cui la presenza della suddetta segnaletica orizzontale non avrebbe impedito il verificarsi dell'evento infortunistico, atteso che una segnaletica atta a distinguere, in un'area destinata al transito promiscuo di persone e mezzi meccanici, i percorsi riservati agli uni e agli altri, nonché ad assicurare una distanza di sicurezza sufficiente tra i lavoratori a piedi e i mezzi di trasporto, avrebbe, invece, ragionevolmente neutralizzato il rischio di collisione o quanto meno attenuato la carica lesiva dell'evento. 
Non appare corroborata dalle risultanze istruttorie neppure l'asserzione secondo cui non vi era alcuna necessità di indicare un percorso su strada, poiché vi era un percorso su marciapiede per raggiungere il luogo di destinazione del lavoratore infortunato che lo stesso avrebbe dovuto seguire, atteso che, sebbene il teste ### abbia in prime cure dichiarato “A.D.R.: ### avrebbe potuto scegliere strade molto più lunghe per colmare la distanza tra i due capannoni, praticamente percorrendo il perimetro del piazzale e questo sarebbe stato più sicuro”, il teste ### riferiva in sede penale “### ci consigliavano di attraversare da vicino i muri dei capannoni, perché c'è uno spazio di 80 centimetri, come un marciapiede, no? ### per accedere all'officina devi assolutamente attraversare dei pezzi dove non c'è nessun…; …### bisogna sempre attraversare, per andare in questa officina bisogna sempre attraversare da dove passano i muletti…; Per accedere al capannone, dal capannone di produzione al capannone dove c'è l'officina meccanica, bisogna attraversare questo piazzale; Per chi deve accedere, per qualsiasi evenienza deve andare in questa officina, deve attraversare”. 
La medesima circostanza emerge anche dalla deposizione resa nel procedimento penale dal teste ### consulente esterno della ### S.r.l. in materia di sicurezza, il quale dichiarava “E beh, per raggiungere le strutture operative bisognava comunque passare dal piazzale, nel senso che, per esempio, dall'officina meccanica per andare nel reparto di lavorazione bisognava comunque attraversare il piazzale; I pedoni si muovevano a ridosso delle strutture esistenti e quando arrivavano in prossimità dell'accesso attraversavano il piazzale”. 
Dunque, contrariamente a quanto assunto dalla ### il passaggio attraverso il piazzale esterno della ditta committente era almeno in parte obbligato per i lavoratori che avevano necessità di spostarsi da un capannone all'altro, come nel caso del ### il quale, sentito a sommarie informazioni dagli ispettori ###5 in data ###, riferiva: “Il giorno 30-01-2007 intorno alle ore 8,30 mentre uscivo dal capannone dove è ubicata l'officina di manutenzione per recarmi nello stabilimento di produzione granuli di fronte allo stesso, nell'attraversare il piazzale venivo investito da un carrello elevatore condotto dal sig. ### Michele”. 
Lo stesso è stato poi ascoltato in sede penale, all'udienza del 17.09.2010, ove, circostanziando meglio l'evento occorsogli, dichiarava: “Niente io avevo finito di assemblare i tubi. In pratica, il mio primo giorno lavorativo in quell'azienda, ci fu un macchinario che comunque doveva essere sostituito. Quindi, quando si toglie un macchinario, ovviamente le tubature, comunque, o si accorciano o si allungano, in base allo spessore che occupa il macchinario. 
Niente, in pratica stavo ultimando il lavoro che avevo iniziato il giorno prima, dovevo ultimare il lavoro e poi ero rimasto d'accordo con i miei colleghi di lavoro che quando avrei finito di fare quel determinato lavoro li dovevo avvisare in modo da trasportare i tubi che avevo assemblato per il montaggio. Quando, appunto, ho finito di assemblare i tubi, mi stavo recando nell'altro capannone, a piedi, sempre all'interno dell'azienda… Improvvisamente non ho avuto neanche il tempo materiale di accorgermi che mi stava giungendo sopra il carrello elevatore, condotto da ### Michele…” (v.  pagg. 7 e 11 del verbale di udienza del 17.09.2010).   Al riguardo, si osserva che non vi è prova alcuna che l'infortunato non avesse di fatto costeggiato i capannoni prima di attraversare il piazzale ove è stato poi attinto dal mezzo condotto dal ### considerato che nessuno dei testi escussi, anche in sede penale, ha dichiarato alcunché circa la dinamica dell'evento infortunistico. 
In particolare, i testi ### e ### sentiti in prime cure all'udienza del 12.01.2021 in relazione alla circostanza articolata dalla ### S.p.a. per cui “a.5) il sig. ### il giorno del riferito evento, ossia il ### alle ore 8.30 circa, usciva dal capannone, senza esigenza lavorativa alcuna, per recarsi presso il magazzino posto di fronte ed attraversava la sede stradale, omettendo di seguire il perimetro del capannone ove è ubicato il marciapiedi e di utilizzare il predetto marciapiedi”, hanno rispettivamente affermato: “### so per conoscenza diretta, ma solo de relato, come già riferito”; “### so di quanto mi legge sub a.5)”.
In egual modo, nel giudizio penale a carico degli odierni appellanti il teste ### riferiva: “A me mi è stato…stavo in produzione quando mi hanno avvisato che era successo un incidente… ### sono arrivato sul posto, ho trovato che c'era ### e l'infortunato a terra, mi sono subito recato ad aprire il cancello per l'ingresso per l'ambulanza e ho aspettato fuori” (v. pagg. 11-12 verbale di udienza del 22.12.2011). 
Il teste ha sostanzialmente confermato quanto dal medesimo dichiarato a sommarie informazioni agli ispettori della ###5 in data ###: “In relazione al momento infortunistico dichiaro che non ero presente in quanto ero in produzione. Sono stato avvisato da un dipendente della ### e mi sono precipitato sul piazzale dove ho visto l'infortunato sig. ### disteso a terra a fianco di un muletto”.  ### di un riscontro diretto in ordine alla condotta assunta dal ### in occasione del sinistro per cui è causa emerge anche dalla deposizione resa in primo grado, all'udienza del 25.02.2020, dal teste di parte ricorrente ### in qualità di ispettore dello ### di ### laddove ha dichiarato: “A.D.R.: All'uopo ci siamo recati nello stabilimento della ### e abbiamo assunto informazioni presso i dirigenti; in particolare ho sentito il caporeparto, di cui non ricordo il nome, il sig. ### in qualità di conducente del muletto, e un altro lavoratore, di cui non ricordo il nome, che asseriva di essere presente sul piazzale al momento dell'evento, anche se a suo dire non aveva visivamente assistito all'incidente, ma aveva solo udito delle grida”. 
Di pari tenore si mostra la deposizione del teste ### anch'egli ispettore dello ### di ### all'epoca dei fatti, il quale ha affermato: “A.D.R.: …preciso che abbiamo sentito il ### il ### il capo reparto della ### di cui non ricordo il nome, sia un operaio dipendente di una ulteriore cooperativa che era di spalle e non aveva visto niente”.  8.2. Quanto all'utilizzo da parte del ### delle cuffie antirumore durante il transito da un capannone all'altro, che a dire degli appellanti sarebbe indice di una corresponsabilità dello stesso nella causazione dell'evento, si osserva che dall'istruttoria orale espletata sia nel presente giudizio che in quello penale non è emerso che ai lavoratori impiegati presso la ditta appaltatrice fosse stato prescritto di togliere il presidio otoprotettore durante l'attraversamento del piazzale esterno. 
Sul punto il lavoratore infortunato, in occasione della sua audizione in sede penale, dopo aver confermato di aver ricevuto in dotazione le suddette cuffie per l'espletamento dell'attività a cui era preposto, affermava: “…io stavo soltanto eseguendo il mio lavoro rispettando le norme di sicurezza, perché in qualunque altra azienda non si è mai visto che un operaio, se esce da un capannone e entra in un altro capannone, ripeto, che non è lungo chilometri il tragitto, è lungo pochi metri, non si è mai visto che un operaio si tolga e si metta di nuovo le cuffie, anche perché, nel momento in cui ti vai a togliere i tappi, li devi gettare i tappi, devi prendere altri tappi”.
La dichiarazione del ### trova conforto in quella rilasciata all'udienza del 22.12.2011 da ### in veste di responsabile di produzione della ### S.r.l., il quale, rispondendo alla domanda del P.M. “E a voi era stato detto di togliere i tappi quando facevate un tragitto…”, riferiva “No, non ci è stato detto, però all'ingresso… ### di entrare all'ingresso, ci sono le segnaletiche di usare cuffie e tappi prima di entrare dentro”. 
Dunque, il danneggiato non ha di fatto violato le prescrizioni in materia di sicurezza sul lavoro impartite dalla società committente, né vi sono evidenze probatorie che lo stesso abbia disatteso le raccomandazioni ricevute circa la necessità di prestare attenzione al percorso dei mezzi meccanici all'interno dell'azienda, non avendo le risultanze istruttorie in alcun modo confutato la deposizione dell'infortunato laddove ha affermato: “In pratica c'erano due capannoni, da uno uscivo io e stavo andando verso l'altro capannone, ma nel momento in cui stavo attraversando, come solitamente si fa, ho guardato sia a destra che a sinistra, perché, ripeto, non c'era nessun tipo di segnalazione, se mi dovevo fermare, se dovevo camminare, quindi per sicurezza ho guardato sia a destra che a sinistra e non veniva nessuno…” (v. pagg. 11 del verbale di udienza del 17.09.2010 in sede penale).  ### fattispecie de qua non vi sono, pertanto, elementi per ravvisare una responsabilità esclusiva o concorrente del danneggiato. 
Peraltro, anche laddove il dipendente non si fosse attenuto alle cautele imposte dalle norme antinfortunistiche o alle direttive dei datori di lavoro non sarebbe configurabile una colpa a suo carico, poiché proprio il vigilare sul rispetto di tali norme da parte del lavoratore, sì da proteggerne l'incolumità nonostante la sua imprudenza o negligenza, è l'obbligo cui è tenuto il datore di lavoro, dovendo quest'ultimo evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Cass., Sez. Lav., 25.02.2019, n. 5419; Cass., Sez. 4 penale, n. 22813 del 21.04.2015; Cass., Sez. Lav., 13.02.2012, n. 1994). 
Dunque, nel caso di danno alla salute del lavoratore, la responsabilità del datore di lavoro è esclusa solo se il danno è stato cagionato da una condotta atipica ed eccezionale del prestatore che si pone come causa esclusiva dell'evento dannoso, mentre al di fuori di tale ipotesi, in linea generale, il datore di lavoro è responsabile quando omette di adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del lavoratore. 
Compete, cioè, al datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c. prevenire anche le condizioni di rischio insite nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia del lavoratore, dimostrando di aver messo in atto a tal fine ogni mezzo preventivo idoneo, con l'unico limite del cd. rischio elettivo, da intendere come condotta personalissima del dipendente, intrapresa volontariamente e per motivazioni personali, al di fuori delle attività lavorative.
E' evidente, pertanto, che l'interruzione del nesso eziologico, a causa del comportamento imprudente del lavoratore, da solo sufficiente a determinare l'evento, richiede, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, che la condotta sia esorbitante o abnorme rispetto al tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata, ossia che sia posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidate, per cui esuli da ogni prevedibilità, oppure che rientri nelle mansioni affidate ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, scelte nella esecuzione del lavoro (Cass., Sez. IV penale, n. 7188 del 10.01.2018; Cass., Sez. IV penale, n. 16216/19). 
In altri termini, il suddetto comportamento è “interruttivo” del nesso eziologico non perché “eccezionale”, ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (Cass., Sez. IV penale, 17.10.2018, n. 54813; Cass., Sez. IV penale, n. 27543 del 2017; Cass., Sez. Un., n. ### del 24.04.2014).  8.3. Alla odierna appellante è, inoltre, addebitabile un ulteriore profilo di colpa, consistente nella violazione dell'art. 7 D.lgs. n. 19 settembre 1994, n. 626, che, contrariamente a quanto assunto dalla ### pone a carico della committente, anche nella formulazione antecedente la modifica normativa entrata in vigore nell'agosto 2007, non un mero obbligo di informativa, bensì specifici obblighi di cooperazione e di coordinamento delle aziende appaltatrici. 
Recita, invero, la norma: “1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima: a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera; b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.  2. ###ipotesi di cui al comma datori di lavoro: a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto; b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.  3. Il datore di lavoro promuove il coordinamento di cui al comma 2, lettera b). Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi”.
Considerato, dunque, che l'appalto comporta sempre la sovrapposizione di sfere organizzative diverse, quella del datore di lavoro committente e quella dell'appaltatore, creando il rischio di lacune nell'attività di prevenzione e controllo, l'art. 7 D.lgs. n. 19 settembre 1994, n. 626 sancisce, onde scongiurare detta evenienza, l'obbligo dei datori di lavoro di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto del contratto, nonché di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte, e cerca di responsabilizzare il datore committente attribuendogli, in via esclusiva, il compito di promuovere la cooperazione e il coordinamento. 
Ai fini dell'operatività degli obblighi dettati dalla norma de qua occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - contratto d'appalto, d'opera o di somministrazione - ma all'effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte. Pertanto, non solo il contatto rischioso tra lavoratori di imprese diverse che operano nello stesso luogo, ma anche la coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni genera la posizione di garanzia dei datori di lavoro ai quali fanno capo le distinte organizzazioni (Cass., Sez. IV penale, 06.12.2018, n. 1777). 
Ciò chiarito, nonostante nella specie non possa contestarsi alla odierna appellante ### - come dalla medesima rimarcato in sede di gravame - la mancata predisposizione del ### (### di ### dei ###, essendo stato detto adempimento introdotto solo dall'art. 3, comma 1, lettera a), ### n. 123 del 2007, entrata in vigore in epoca successiva all'infortunio per cui è causa, in seguito a sua volta abrogato dall'art. 26, comma 3, del D.lgs. n. 81/2008, non può ritenersi assolto l'obbligo di promuovere la cooperazione e il coordinamento tra le diverse imprese coinvolte nel ciclo produttivo, quali, nello specifico, la ### S.r.l., alle cui dipendenze prestava attività lavorativa il danneggiato, la ### S.r.l., datrice di lavoro di ### e la ### S.r.l. 
Invero, la ratio dell'art. 7 del D.lgs. n. 626/1994 è quella di far sì che il datore di lavoro organizzi la prevenzione dei rischi interferenziali, derivanti dalla contemporanea presenza di più imprese che operano nel medesimo luogo di lavoro, promuovendo percorsi di informazione e cooperazione, nonché soluzioni comuni di problematiche complesse, rese tali dalla sostanziale estraneità dei dipendenti delle imprese appaltatrici all'ambiente di lavoro in cui prestano la loro attività (Cass. Pen., Sez. IV, 01.02.2018, 9167).
Mentre coordinare significa collegare razionalmente le varie fasi dell'attività in corso, in modo da evitare disaccordi, sovrapposizioni, intralci che possono accrescere notevolmente i pericoli per tutti coloro che operano nel medesimo ambiente; cooperare è qualcosa di più, perché vuol dire contribuire attivamente, dall'una e dall'altra parte, a predisporre e applicare le misure di prevenzione e protezione necessarie (Cass. Pen., IV, 09 luglio 2009 n. 28197). 
In quest'ottica non possono dirsi sufficienti a eludere la responsabilità della ditta committente i verbali di riunione del 15.01.2007 e del 26.01.2007 prodotti in prime cure, posto che essi contengono una mera elencazione dei rischi presenti nello stabilimento ### S.r.l. a cui avrebbero potuto essere esposti i soci delle citate ### in base all'attività che erano chiamati a svolgere (cfr. doc. n. 5 allegato al fascicolo di primo grado della ###, e i distinti piani di coordinamento sottoscritti con ciascuna delle appaltatrici, in cui quest'ultime si limitano a dichiarare di essere state portate a conoscenza della vigente normativa in materia di sicurezza sul lavoro e a impegnarsi a rendere edotti i propri operatori di una serie di divieti e obblighi ivi indicati (cfr. doc. n. 6 nel fascicolo di primo grado).  ### non ha adeguatamente regolamentato il rischio infortunistico con riferimento alla specifica attività appaltata alle suddette ### risultando il documento predisposto insufficiente e difettoso in ragione dei limiti di comunicazione e di informazione tra operatori appartenenti alle diverse realtà aziendali chiamate a operare congiuntamente sul luogo di lavoro e della mancata previsione di un sistema coordinato di misure di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata, nell'ambito dell'intero ciclo produttivo. 
Né la necessità di coordinamento e cooperazione tra la società committente e le diverse ditte appaltatrici può considerarsi insussistente - come preteso dall'attrice - per il sol fatto che i dipendenti di queste ultime erano chiamati a svolgere le medesime attività di facchinaggio e pulizia, non essendo detta circostanza di per sé idonea a escludere il rischio legato al contestuale passaggio veicolare e pedonale nella medesima area e, dunque, la possibilità - nella specie di fatto concretizzatasi - di interferenze tra gli operatori nell'espletamento delle rispettive mansioni, tali da esporre a rischio l'incolumità degli stessi. 
Non risulta, peraltro, cristallizzata l'epoca in cui furono redatti i piani di coordinamento in esame, atteso che essi non riportano in calce alcun riferimento temporale e che sebbene in ciascuno dei menzionati verbali di riunione si legga testualmente “In merito al piano coordinamento generale le parti concordemente elaborano in ogni sua parte e sottoscrivono il piano di coordinamento ex art. 7 D.lgs.  626/94 che viene allegato al presente verbale e di cui fa parte integrante”, lasciando così intendere che lo stesso sia stato sottoscritto in pari data, le dichiarazioni rilasciate in sede penale dall'ing. ### depongono nel senso della predisposizione dei due documenti in momenti differenti, in quanto il teste ha riferito di due distinte fasi, ossia una prima fase culminata nel verbale di riunione, in cui “vengono scambiate le informazioni che possono essere interessanti ai fini di evitare interferenze e cose del genere. Quindi si prende visione del documento di valutazione dei rischi dell'azienda, interni all'azienda, si prende in considerazione i rischi che dall'esterno le cooperative potevano portare all'interno della ### Si vedono i piani di emergenza, di primo soccorso…”, e una seconda fase deputata all'elaborazione del piano di coordinamento, aggiungendo di non ricordare quando ciò sia avvenuto, pur avendo per sua stessa ammissione preso parte sia all'incontro preliminare che alla stesura del documento (v. pagg. 26, 28, 32 del verbale di udienza del 22.12.2011 nel procedimento penale).  9. Esaminando ora la posizione dell'appellante ### si osserva innanzitutto che non sussiste il vizio di extrapetizione ex art. 112 c.p.c. dal medesimo denunziato, nel quale, secondo il costante orientamento della Suprema Corte, il giudice di merito incorre quando attribuisce alla parte un bene non richiesto, in quanto non compreso neppure implicitamente nelle deduzioni o allegazioni, e non anche quando ponga a fondamento della decisione esiti documentali del giudizio che si offrono alla sua valutazione, in quanto legittimamente acquisiti al preventivo e potenziale contraddittorio; ovvero quando, alterando gli elementi obiettivi dell'azione (petitum o causa petendi), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato) oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cassazione 15002/2023; Cass., Sez. V, 28 gennaio 2021, n. 1896; Cass., Sez. II, 21 marzo 2019, 8048; Cass., Sez. III, 24 settembre 2015, n. 18868). 
A ben vedere nella fattispecie de qua il giudice di prime cure non ha interferito nel potere dispositivo delle parti, essendosi limitato a rilevare l'ulteriore ruolo di amministratore della ### S.r.l. assegnato all'appellante, pacificamente risultante dalla documentazione in atti, per poi subito dopo statuire che il medesimo risponde dell'evento infortunistico, tanto nella veste di direttore dei lavori quanto in quella di datore di lavoro della vittima, in ragione della omessa vigilanza in relazione alla condotta del ### avendo consentito a quest'ultimo di aggirarsi a piedi, con i tappi auricolari antirumore, in un'area priva di segnalazioni orizzontali e percorsa anche da mezzi meccanici. 
Al riguardo, vero è, come argomentato dall'### che, secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di prevenzione degli infortuni il direttore dei lavori, pur svolgendo normalmente una attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto, risponde dell'infortunio subito dal lavoratore “qualora gli venga affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con possibilità di impartire ordini alle maestranze in virtù di una particolare clausola inserita nel contratto di appalto o qualora, per fatti concludenti, risulti la sua concreta ingerenza nell'organizzazione del lavoro” (Cass. Pen., Sez. IV, ### 20 aprile 2022, n. 15157; Cass. Pen., Sez. IV, 10 dicembre 2019, n. 49900; Cass., Sez. III, 08.01.2019, n. 19646); ma è altrettanto vero, contrariamente a quanto dedotto nell'atto di gravame, che sussistono nella specie elementi da cui è dato evincere siffatta prerogativa dell'### Invero, l'infortunato ### sentito nel processo celebrato in sede ###3/2007 e R.G. Trib. n. 189/2009) a carico degli odierni appellanti e di ### - dei cui atti il giudice del lavoro ha, si ribadisce, disposto l'acquisizione con ordinanza del 15.10.2019 -, nel rispondere, all'udienza del 17.09.2010, in ordine alla conoscenza di un direttore dei lavori e alla eventuale ricezione di direttive antinfortunistiche da parte dello stesso, dichiarava: “Mi fu presentato il primo giorno, diciamo, il responsabile, che mi illustrava l'azienda, all'interno dell'azienda cosa dovevo fare, la mansione che dovevo svolgere; In pratica lui mi disse che comunque la prassi aziendale doveva…cioè voleva che dovevamo seguire alcune procedure che… alle vecchie aziende per le quali io ho lavorato, erano sempre quelle le normative da seguire, le classiche normative di sicurezza diciamo”. 
Ebbene, dalle istruzioni operative e dalle raccomandazioni di cautela rivolte dall'appellante, in qualità di direttore dei lavori, al lavoratore presente in cantiere, è possibile desumere l'ingerenza del medesimo nell'organizzazione dei lavori (v. in tal senso cit. Cass. Pen., Sez. IV, 10 dicembre 2019, n. 49900). 
Sul punto occorre precisare che l'affermazione della responsabilità del direttore dei lavori si ricollega all'ingerenza in genere nella suddetta organizzazione, la quale implica l'assunzione di una posizione di garanzia, e non all'essere l'infortunio una specifica conseguenza dell'ingerenza, ossia di uno specifico ordine o disposizione di servizio.  10. Per quel che concerne la posizione di ### rimasto contumace anche nel presente grado di giudizio e rispetto alla cui corresponsabilità si è dunque formato il giudicato, il Tribunale ne ha correttamente rilevato la negligenza nel guidare il muletto che ha attinto il ### per non essersi avveduto della presenza di quest'ultimo, sottolineando al contempo come essa sia mitigata dall'assenza di segnaletica orizzontale nel piazzale in cui transitava al momento dell'evento. 
Non si può, infatti, discutere di responsabilità esclusiva del lavoratore per l'infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle criticità: l'omissione di cautele da parte dei lavoratori non è idonea a escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa del committente che non abbia provveduto all'adozione di tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento del lavoro, non essendo né imprevedibile né anomala una dimenticanza dei lavoratori nell'adozione di tutte le cautele necessarie (Cass., Sez. Lav., 10 gennaio 2023, n. 375 cit.; Cass. civ., Sez. VI, 12 febbraio 2021, n. 3763; Cass., Sez. Lav., 09 agosto 2013, n. 19081). 11. Così delineate le responsabilità facenti capo agli odierni appellanti (e a ###, occorre evidenziare che nei casi di controversie per infortuni sul lavoro, allorquando un danno di cui si chiede il ristoro è determinato da più soggetti, ciascuno dei quali con la propria condotta contribuisce alla produzione dell'evento dannoso, si configura una responsabilità solidale ai sensi dell'art. 1294 c.c. fra tutti costoro, qualunque sia il titolo per il quale ognuno di essi è chiamato a rispondere. E invero, sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un unico evento dannoso è ricollegabile eziologicamente a più persone è sufficiente ai fini della suddetta solidarietà che tutte le singole azioni od omissioni abbiano concorso in modo efficiente a produrlo, stanti i principi che regolano il nesso di causalità e il concorso di più cause efficienti nella produzione dei danni (patrimoniali e non) da risarcire (Cass. 09 aprile 2014 n. 8372). 
Il sorgere della responsabilità solidale richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone, atteso che l'unicità del fatto dannoso, considerata dalla norma suddetta, deve essere riferita unicamente al danneggiato e non va intesa come identità delle azioni giuridiche dei danneggianti e neppure come identità delle norme giuridiche da essi violate (Cass. 04.03.1993 n. 2605; Cass. n. 814/1997; Cass. n. 3596/1997; Cass. n. 15930/2002; Cass. n. 13071/2004; n. 27713/2005; Cass. n. 15687/2013).  ### un medesimo danno è provocato da più soggetti, essi devono, quindi, essere considerati corresponsabili in solido poiché sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un evento dannoso è imputabile a più persone - come è accaduto nel caso di specie - al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell'obbligo risarcitorio, è sufficiente in base ai principi che regolano il nesso di causalità, soltanto il concorso di più cause efficienti nella produzione dell'evento, e cioè che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in maniera efficiente alla determinazione dello stesso (Cass. 11 marzo 2019, n. 6939; Cass. n. 7404 del 2012; n. 7618 del 2010 Cass. n. 7618 del 2010; Cass. n. 18939 del 2007; Cass. n. 23918 del 9 novembre 2006). 
Dunque, in tema di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, pur operanti su diversi livelli di competenza, ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo di tutela imposto dalla legge, sicché l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile a ogni singolo obbligato (Cass. pen. n. 4927/2024; Cass. pen. 13.02.2023 n. 5907).  11.1. Ne consegue che risulta priva di pregio la censura della ### afferente alla possibilità per la stessa di rispondere esclusivamente della quota di risarcimento connessa con le proprie responsabilità, poiché l'obbligazione nei confronti dell'### che agisce in regresso sia nei confronti del datore di lavoro, sia verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell'infortunio, in ragione della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all'attività lavorativa, grava solidalmente su ciascuno di essi. 
Del resto, la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio è prevista dal legislatore nell'interesse del creditore onde rafforzare il diritto di quest'ultimo, consentendogli di ottenere l'adempimento dell'intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori. 
Non appare pertinente il richiamo dell'appellante all'art. 1299 c.c., in quanto la norma disciplina i rapporti interni tra condebitori solidali ed è volta a evitare che il debitore adempiente che intraprende l'azione di regresso sopporti da solo il rischio di insolvenza degli altri debitori: perciò egli può chiedere a ciascun debitore la sua quota, fermo restando che l'insolvenza di una grava anche su di lui perché altrimenti otterrebbe un vantaggio indebito (2041 c.c.).  12. Per quel che concerne poi la determinazione del quantum dovuto all'### va respinta la doglianza degli appellanti relativa alla omessa prova della menomazione indennitaria temporanea e permanente riconosciuta all'infortunato e dell'entità delle somme al medesimo erogate, atteso che all'uopo soccorrono il documento denominato “### di calcolo del valore capitale della rendita di inabilità/menomazione permanente” versato in atti dall'### già in prime cure (cfr. doc. n. 3 nel fascicolo di primo grado dell'### ricorrente), che dettaglia i valori numerici delle singole voci che compongono l'ammontare del valore capitale dell'indennizzo liquidato, e l'### rilasciata in data ### dal dirigente della sede ### di ### contenente l'indicazione delle prestazioni complessivamente erogate al lavoratore ai sensi del D.P.R.  n. 1124 del 20.06.1965 e del successivo D.lgs. n. 38 del 23.02.2000 a titolo di indennità temporanea, di rendita per inabilità permanente al 14.03.2017 e di accertamenti medicolegali, con la specifica per ciascuna di dette voci della spesa sostenuta e degli eventuali interessi. 
Non risponde al vero la deduzione della ### secondo cui la CTU svolta nell'ambito del procedimento promosso dinanzi al Tribunale di ### dal lavoratore infortunato onde ottenere il risarcimento del pregiudizio patito (c.d. danno differenziale) avrebbe rilevato un danno (pari al 31%) inferiore rispetto alla misura riconosciuta dall'### posto che dal suddetto “### di calcolo” emerge che il grado finale di inabilità/menomazione permanente accordato dall'### alla vittima dell'infortunio è pari proprio al 31%. 
Non vi è alcuno spazio, quindi, per dar seguito alla richiesta di CTU medico - legale, formulata dall'appellante ### al fine di verificare il reale stato invalidante del ### e l'ammontare delle prestazioni a quest'ultimo spettanti. 
Va in proposito considerato che il giudizio di regresso si svolge senza la presenza del lavoratore, di modo che la contestazione circa la correttezza degli accertamenti medici non può trovare sede in detto giudizio, atteso che si tratterebbe di accertare lo stato fisico di un soggetto estraneo al processo, sicché eventuali contestazioni andrebbero mosse nella sede amministrativa propria (Cass. 24/03/87 n. 2865). 
Il principio è stato ribadito da Cass. n. 17960/2006, secondo cui il datore di lavoro non può contestare il fondamento dell'azione di regresso perché lo stesso è estraneo al rapporto tra l'infortunato e l'istituto assicuratore pubblico, attenendo tale eccezione al contenuto, di rilievo pubblicistico, del rapporto assicurativo cui è estraneo il soggetto responsabile dell'evento dannoso (Cass. 14/07/72 n. 2437, 28/03/1984 n. 2050, 24/03/87 n. 2865 cit. e 28/08/87 n. 7098). 
Di conseguenza, nel caso di specie non ha alcuna rilevanza l'omessa precisazione, da parte dell'### dei criteri seguiti per l'accertamento dei postumi invalidanti in vista di un possibile accertamento medico a mezzo di consulenza tecnica, trattandosi di una valutazione (quella medica effettuata dall'### che agisce in regresso) su cui il lavoratore nella presente sede non potrebbe comunque interferire. 
Quanto, poi, alla correttezza delle modalità di calcolo e alla ricorrenza delle condizioni di legge che avrebbero legittimato l'### a far luogo al pagamento, va considerato che la natura pubblica dell'### comporta che esso svolga la sua azione attraverso atti emanati a conclusione di procedimenti amministrativi. 
Tali atti, così come attestati dal ### della sede erogatrice (nel caso della liquidazione delle prestazioni conseguenti a infortunio sul lavoro), sono assistiti dalla presunzione di legittimità propria di tutti gli atti amministrativi, che può venir meno solo a fronte di contestazioni precise e puntuali che individuino il vizio da cui l'atto in considerazione sarebbe affetto e offrano contestualmente di provarne il fondamento (Cass. 25.07.87 n. 6456 e 27/04/79 n. 2456). 
Pertanto, nel caso di specie - in cui il prospetto prodotto dall'### reca l'analitica indicazione delle somme corrisposte dall'### nonché delle causali e dei periodi di riferimento dei pagamenti - in difetto di contestazioni specifiche deve ritenersi che la liquidazione delle prestazioni sia avvenuta nel rispetto dei criteri enunciati dalla legge e che il credito relativo alle prestazioni erogate sia stato esattamente indicato in sede di regresso sulla base della certificazione emessa dal ### della sede.  12.1. E' del pari infondata la censura degli appellanti afferente alla erronea, a loro dire, liquidazione in favore dell'### dell'intera somma richiesta, senza la previa determinazione della somma spettante al lavoratore a titolo di risarcimento del danno civilistico. 
Tale argomentazione non tiene conto del fatto che, nel caso di specie, il risarcimento dovuto al danneggiato in conseguenza dell'infortunio subito, calcolato secondo i criteri civilistici, è di gran lunga superiore al valore capitale della rendita liquidata dall'### a titolo di indennizzo previdenziale, come emerge dalla CTU depositata nel corso del giudizio di primo grado (RG 8943/2017) promosso dal lavoratore per il conseguimento del danno differenziale a carico dei responsabili.
E' evidente, dunque, che l'unica sede in cui il datore di lavoro potrebbe far valere la propria pretesa riduttiva del risarcimento (in misura corrispondente alle somme già versate e/o dovute all'### è quella del giudizio risarcitorio azionato nei suoi confronti dal lavoratore e non di certo quella del giudizio di regresso intrapreso dall'### cui spettano tutte le somme versate al lavoratore per le voci di danno oggetto di tutela indennitaria. 
Invero, secondo il principio affermato in tema di compensatio lucri cum damno da Cass. Sez. U. n. 12566 del 22/05/2018, i pagamenti effettuati dall'assicuratore sociale riducono il credito risarcitorio vantato dalla vittima del fatto illecito nei confronti del responsabile, quando l'indennizzo abbia lo scopo di ristorare il medesimo pregiudizio del quale il danneggiato chiede di essere risarcito. 
Ebbene, pacifica essendo la diversità strutturale e funzionale dell'indennizzo corrisposto dall'### nel caso di infortunio rispetto al risarcimento civilistico del danno da lesione della salute, i giudici di legittimità (cfr. Cass. Sez. 3, ordinanza n. ### del 31/10/2023) hanno chiarito che il criterio più coerente al detto principio per calcolare il credito risarcitorio residuo del danneggiato nei confronti del terzo responsabile (e cioè il c.d. danno differenziale) è quello di sottrarre l'indennizzo ### dal credito risarcitorio solo quando l'uno e l'altro siano stati destinati a ristorare pregiudizi identici (criterio per «poste identiche» e non per «poste omogenee»: v. Cass. Sez. 3 n. 26117 del 27/09/2021).   A tanto deve aggiungersi che gli arresti della Corte di legittimità, richiamati negli atti di gravame a sostegno della pretesa necessità di calcolare il danno civilistico, sono riferiti al sistema di indennizzo previgente rispetto all'entrata in vigore del d.lgs. 38/2000, che non contemplava il danno biologico fra i pregiudizi coperti dall'indennizzo erogato dall'### e quindi imponeva di comparare quanto fosse dovuto al lavoratore a titolo di risarcimento dei soli danni patrimoniali secondo i criteri civilistici, al fine di determinare se l'importo richiesto dall'### rientrasse o meno nel predetto limite: considerazioni che evidentemente non si attagliano alla presente fattispecie, regolata dalla disciplina introdotta dal d.lgs. 38/2000.  12.2. Risulta, ancora, opportuno evidenziare che, nel caso che ci occupa, contrariamente a quanto preteso dall'appellante ### non spiega effetti lo ius superveniens rappresentato dall'art. 1, comma 1126, della L. n. 145/2018 (che ha modificato l'art. 10 del D.P.R. n. 1124/1965), che ha sostanzialmente ridefinito i criteri di calcolo del credito spettante all'### allorquando, indennizzata la vittima, abbia diritto di regresso nei confronti del datore di lavoro, e i criteri per il calcolo del risarcimento del danno c.d. differenziale spettante al lavoratore, rapportando il raffronto tra l'entità dell'importo del danno differenziale spettante al lavoratore e quello dell'azione di regresso e surroga esperibile dall'### a un calcolo per voci complessive (ovvero per sommatoria).
Invero, dette modifiche, in quanto di natura innovativa e non meramente interpretativa, non possono trovare applicazione in riferimento agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima del 01.01.2019, data di entrata in vigore della citata legge di stabilità e, dunque, nel presente procedimento, avente ad oggetto un infortunio sul lavoro avvenuto nel gennaio 2007. 
Tanto ha chiarito la Suprema Corte, statuendo che “la legge finanziaria del 2019, nel mutare i criteri di calcolo del danno differenziale rendendo indistinte le singole poste (di danno biologico e patrimoniale) oggetto specularmente di risarcimento civilistico e di tutela indennitaria ### ha direttamente inciso sul contenuto di danno differenziale, cioè sulle componenti dello stesso, con inevitabili ripercussioni sulla integralità del risarcimento del danno alla persona, principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. per tutte Cass., S.U., n. 26972 del 2008); l'applicazione del citato art. 1, comma 1126 nei giudizi in corso determinerebbe, in base a quanto detto, il disconoscimento di effetti, riconducibili agli infortuni verificatisi e alle malattie denunciate prima dell'1.1.19, già prodotti dai suddetti fatti generatori e si porrebbe, quindi, in violazione del divieto di retroattività di cui all'art. 11 delle preleggi; non può validamente richiamarsi, a sostegno della retroattività, la giurisprudenza in materia di criteri generali equitativi di risarcimento del danno (Cass. n. 25485 del 2016; n. 7272 del 2012) poiché nel caso in esame, non è questione di parametro equitativo per cui è ritenuto appropriato il riferimento all'attualità, ma di disposizioni di legge rispetto a cui opera il divieto di retroattività; la L. n. 145 del 2018 dal punto di vista letterale difetta di qualsiasi statuizione espressa nel senso della retroattività senza che vi siano previsioni che depongono in senso contrario; l'art. 1, comma 1126, stabilisce: "In relazione alla revisione delle tariffe operata ai sensi dell'articolo 1, comma 128, della legge 23 dicembre 2013, n. 147, con decorrenza dal 1° gennaio 2019 e dei criteri di calcolo per l'elaborazione dei relativi tassi medi, sono apportate a decorrere da tale data le seguenti modificazioni"; la data di decorrenza dall'1.1.2019 è espressamente indicata e ripetuta in riferimento sia alla revisione delle tariffe e dei criteri di calcolo per l'elaborazione dei relativi tassi medi e sia quanto alle modifiche apportate agli artt. 10 e 11 del D.p.r.  1124 del 1965, come peraltro specificato nella relazione alla legge di bilancio 2019 (Dossier 27.12.2018, voi. II, A.C. 1334- B), con apposita sottolineatura ("Il comma 1126 prevede, con decorrenza dal 2019, alcune modifiche alla disciplina sulla tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nonché con riferimento ad alcuni settori, modifiche relative al livello dei premi ###); l'applicabilità delle modifiche normative ai giudizi in corso risulterebbe distonica anche rispetto ai criteri di ragionevolezza e di interpretazione logico sistematica, in quanto, come emerge dallo stesso incipit del comma 1126 sopra riportato, la modifica dei criteri di calcolo del danno differenziale è stata adottata a fronte della revisione delle tariffe che opera con decorrenza dall'1.1.19” (Cass. Civile, Sez. Lav., 19 aprile 2019, 11114; Cass. n. 8580/2019).  13. Va, infine, respinta la doglianza della ### circa la propria condanna al pagamento delle spese processuali in relazione alla chiamata in giudizio della ### di ### Invero, nel verbale di udienza dinanzi al Tribunale del 05.12.2017 si legge “in accoglimento della domanda preliminare di chiamata in garanzia della ### SpA…, assicuratrice della RCO della ### nonché della richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti della ### e della ### nonché della chiamata in garanzia della ### assicuratrice della RCO della ### dispone di ammettere la chiamata in garanzia della ### e ### Assicurazioni…”; simmetricamente, nella memoria di costituzione in prime cure, la ### assicuratrice ha eccepito “il difetto di legittimazione attiva del ricorrente, nonché della resistente chiamante in causa, sig.ra ### in relazione alla domanda di integrazione del contraddittorio e chiamata in garanzia proposta nei confronti della esponente compagnia” (v. pagg. 3 e 4). 
La stessa appellante nell'atto di gravame evidenzia, del resto, che “la chiamata della ### datore di lavoro del conducente del mezzo che ha determinato l'infortunio era finalizzata a consentire a quest'ultima l'attivazione della polizza” in essere con la ### lamentando che “su un infortunio i cui pregiudizi sono garantiti da due compagnie assicuratrici (### e ### n.d.a.), che hanno peraltro percepito il premio pattuito, entrambe hanno omesso di tenere indenni i rispettivi assicurati” (cfr. pag. 31 e 32 del ricorso in appello della ###. 
Né risulta che la ### abbia chiesto la modifica o revoca dell'ordinanza con cui il Tribunale ha ammesso la chiamata in garanzia della società di assicurazioni, sulla scorta delle deduzioni formulate dalla stessa ### nella comparsa di costituzione in primo grado, ove si dava atto che la ### “è titolare di una polizza assicurativa n. 6355 sottoscritta con la ### Assicurazioni” (v. pag. 4). 
Dunque, la partecipazione in giudizio della ### assicurativa, delle cui spese di costituzione si discute, è ascrivibile all'appellante e alla sua iniziativa in giudizio. 
Ne consegue che quest'ultima è tenuta alla rifusione delle suddette spese, in ossequio al principio di diritto statuito dalla Suprema Corte per cui “In tema di disciplina delle spese processuali, l'ingiustificata o comunque non necessaria evocazione in giudizio di un soggetto, anche se non destinatario di alcuna domanda, impone alla parte che l'abbia effettuata, ove sia risultata soccombente, di rimborsare al chiamato le spese processuali sostenute in funzione della costituzione e difesa nel giudizio medesimo, atteso che, ove questi non scelga di restare contumace (assumendo il rischio di provvedimenti pregiudizievoli nei suoi confronti), la sua costituzione in giudizio a mezzo di un difensore (con i consequenziali oneri economici) trova il proprio presupposto nel fatto stesso di essere stato evocato in giudizio, e non già in quello di essersi vista indirizzare una specifica domanda” (Cass., Sez. III, 12.12.2022 n. ###; Cass., Sez. Lav., 25517/2024). 
Dunque, colui che attivamente o passivamente si espone all'esito del processo, oltre a conseguire i vantaggi, deve anche sopportare le eventuali conseguenze sfavorevoli che, in ordine alle spese, sono stabilite a suo carico in base al principio della soccombenza, e ciò persino ove si tratti di spese non rigorosamente conseguenziali e strettamente dipendenti dalla sua attività, come nel caso di quelle che vengono sopportate da coloro che sono chiamati a partecipare al giudizio quali terzi evocati per ordine del giudice, ancorché rivelatosi successivamente ingiustificato: solo in tal modo, infatti, rimane efficacemente salvaguardato il fondamentale diritto di difesa delle parti che vengono, anche se ingiustamente, chiamate in giudizio (Cass., Sez. 1, 11.04.2013, n. 8886; Cass., Sez. Lav., 19.04.2006 n. 9049). 
In altri termini, in virtù del principio di causalità, di cui la soccombenza costituisce un'applicazione, non è esente da onere delle spese la parte che, col suo comportamento antigiuridico, riconducibile alla violazione di norme di diritto sostanziale, abbia provocato la necessità del processo, prescindendo dalle ragioni - di merito o processuali - che l'abbiano determinata (Cass., Sez. 1, ord. 29.07.2021 n. 21823; Cass. 19456/2008). 
Correttamente, quindi, il giudice di prime cure ha posto a carico della ### le spese processuali liquidate in favore dalla ### assicurativa.  14. Alla luce delle precedenti considerazioni, gli appelli devono essere rigettati, con integrale conferma della sentenza impugnata. 
Resta assorbita ogni altra questione.  15. Le spese del presente grado di giudizio seguono la integrale soccombenza degli appellanti. 
La liquidazione è affidata al dispositivo che segue ed è effettuata sulla scorta dei parametri di cui alla tabella allegata al d.m. n. 55 del 2014, come modificato dal d.m.  147 del 2022, tenuto conto del valore della causa, della sua complessità e dell'attività processuale in concreto espletata.  ### va, invece, disposto in merito alle spese processuali del presente grado di giudizio nei confronti di ### della ### Coop. a r.l. in liquidazione coatta amministrativa e della ### del ### S.r.l., rimasti contumaci.  16. Deve infine darsi atto della sussistenza, in relazione a entrambi gli appelli, dei presupposti per l'applicazione dell'art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall'art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012. Spetta, peraltro, all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo per l'inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (v.  sez. un. n. 4315 del 2020). P.Q.M.  La Corte di Appello di ### - ### lavoro, definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti proposti rispettivamente con ricorso depositato in data ### da #### e con ricorso depositato in data ### da ### nei confronti di ##### COOP. ###.L. in liquidazione coatta amministrativa, ### S.P.A., SOCIETÀ #### e ### S.R.L., avverso la sentenza n. 1039/2022 resa dal Tribunale di ### in data ###, così provvede: - rigetta gli appelli e, per l'effetto, conferma l'impugnata sentenza; - condanna gli appellanti in solido fra loro al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di #### S.P.A. e SOCIETÀ ### che liquida in € 10.000,00 per ciascuna parte appellata, oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.; - nulla per le spese del presente grado nei confronti di #### COOP. ###.L. in liquidazione coatta amministrativa e ### S.R.L.; - dà atto della sussistenza, in relazione a entrambi gli appelli, dei presupposti per l'applicazione dell'art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in materia di versamento dell'ulteriore importo del contributo unificato nella misura ivi specificata, se dovuto. 
Così deciso in ### il #### dott.ssa ### estensore dott.ssa

causa n. 604/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Calia Isabella, Orlando Vittoria

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Tribunale di Viterbo, Sentenza n. 1215/2024 del 18-12-2024

... personale non comporta che si tratti di attività non delegabile, in mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale. Si è spiegato che ‹‹laddove, per la rilevanza della partecipazione, o della mancata partecipazione, ad alcuni momenti processuali, o per l'attribuzione di un particolare valore alle dichiarazioni rese dalla parte, la legge non ha ritenuto che la parte potesse farsi sostituire, attribuendo un disvalore, o un preciso significato alla sua mancata comparizione di persona, lo ha previsto espressamente (v. art. 231 c.p.c. sulla risposta all'interrogatorio Corte di Cassazione: “La parte interrogata deve rispondere personalmente” e il successivo art. 232 che fa discendere precise conseguenze alla mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio): v. Cass. n. 15195 del 2000: “### formale non può essere reso a mezzo di procuratore speciale atteso che il soggetto cui è 9 deferito deve rispondere ad esso oralmente e personalmente, in base all'art. 231 cod. proc. civ.. Non è previsto, né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore. Deve quindi ritenersi che la parte (in particolare, la parte (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di VITERBO SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 245/2024 promossa da: ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv.  ### elettivamente domiciliato in ### presso il difensore avv.  ### ATTORE/I contro ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. #### elettivamente domiciliato in ###. MARCONI 7 VITERBO presso il difensore avv. ### CONVENUTO/### ad oggetto: opposizione a ### MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE - preso atto dei contenuti di cui al verbale di udienza del 18 Dicembre 2024 nel giudizio vertente tra le parti in causa; - viste le conclusioni delle parti di cui agli atti del giudizio; - esaminati gli atti e la documentazione prodotta e complessivamente acquista; - udita la discussione orale disposta ai sensi dell'art. 429 c.p.c.; pronuncia, ai sensi del richiamato art. 429 c.p.c., la seguente SENTENZA dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle seguenti ragioni di fatto e di diritto della decisione: - premessa la descrizione delle circostanze di fatto poste a sostegno delle domande avanzate dal ricorrente per come da quest'ultimo esposte nel corpo dell'atto introduttivo del giudizio; - premessa altresì la descrizione delle circostanze di fatto poste a sostegno delle eccezioni sollevate dal convenuto; Con atto di citazione in opposizione al ### n. 777/2023 pubblicato dal Tribunale di Viterbo in data 10 ottobre 2023 e notificato all'opponente in data 28 dicembre 2023, ### chiedeva la revoca del ### opposto per i motivi indicati nell'atto che debbono intendersi in questa sede integralmente richiamati.   Si costituiva ritualmente ### chiedendo il rigetto dell'avversa domanda per i motivi di cui alla comparsa di costituzione che deve intendersi in questa sede integralmente richiamata.   ### riservata assunta all'udienza del 4.12.2024, il Tribunale così disponeva: “omissis… ### e ### che all'udienza di comparizione delle parti (19.6.2024), il Giudice, stante l'omesso adempimento, invitava le parti ad esperire la procedura obbligatoria di mediazione; che il procedimento di mediazione veniva correttamente esperito dalla parte su cui gravava il relativo onere (parte opposta); che ### nonostante i reiterati moniti del ### in ordine alla necessaria partecipazione delle parti personalmente alle singole sedute (“omissis…Non è presente personalmente il sig.  ### seppur è stata data indicazione della necessaria presenza dello stesso, liberando ### ed il mediatore da ogni responsabilità correlata…omissis), ometteva di comparire agli incontri del 9.9.2024, 23.9.2024, 23.10.2024 e 28.11.2024; Che il ### non ha dato atto della presenza di soggetti terzi muniti della necessaria “procura sostanziale”, limitando ad indicare la presenza, da parte dell'Avv. ### di “delega depositata in atti”; Che il ### non ha addotto giustificati motivi in relazione alla mancata partecipazione agli incontri disposti dal mediatore; Che il Difensore del ### non ha prodotto alcun documento relativo al conferimento di una “procura sostanziale” da parte dell'avente diritto, limitandosi a depositare l'ordinaria delega difensiva dalla lettura della quale in nessun punto può rinvenirsi quanto richiesto; ### all'udienza del 4.12.2024, ha eccepito l'improcedibilità della domanda del ### per omesso esperimento della procedura di mediazione in relazione, appunto, alla mancata partecipazione del medesimo, senza giustificato motivo, agli incontri disposti dal ### Tutto ciò premesso, osserva il Tribunale: La vexata quaestio afferente alle conseguenze giuridiche derivanti dalla obbligatorietà per le parti di partecipare personalmente alla procedura di mediazione, è stata risolta dalla Suprema Corte, dapprima con la nota sentenza n°8473/2019 e, da ultimo, anche a seguito della riforma ### che ha modificato il D.Lgs. 28/2010, dalla sentenza n°20643/2023 che testualmente recita: “…omissis… Le argomentazioni difensive di parte ricorrente, …omissis…, non consentono di superare il chiaro percorso argomentativo seguito da questa Corte con la sentenza n. 8473/2019 per pervenire ad affermare che la necessità della comparizione personale delle parti, prevista dal d.lgs. n. 28/2010, non implica che si tratti di attività non delegabile. Come esaustivamente osservato da questa Corte nella sentenza richiamata, ‹‹il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti. Ha imposto quindi alle parti (o meglio, alla parte che intende agire in giudizio) questo impegno preliminare mediante il quale fida di poter evitare (alle parti, e allo Stato più in generale) un buon numero di controversie, ben più onerose e lunghe rispetto ai tempi della mediazione obbligatoria››; ‹‹la previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato››. Tuttavia, la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile, in mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale. Si è spiegato che ‹‹laddove, per la rilevanza della partecipazione, o della mancata partecipazione, ad alcuni momenti processuali, o per l'attribuzione di un particolare valore alle dichiarazioni rese dalla parte, la legge non ha ritenuto che la parte potesse farsi sostituire, attribuendo un disvalore, o un preciso significato alla sua mancata comparizione di persona, lo ha previsto espressamente (v. art. 231 c.p.c. sulla risposta all'interrogatorio Corte di Cassazione: “La parte interrogata deve rispondere personalmente” e il successivo art. 232 che fa discendere precise conseguenze alla mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio): v. Cass. n. 15195 del 2000: “### formale non può essere reso a mezzo di procuratore speciale atteso che il soggetto cui è 9 deferito deve rispondere ad esso oralmente e personalmente, in base all'art. 231 cod. proc.  civ.. Non è previsto, né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore. Deve quindi ritenersi che la parte (in particolare, la parte che intende iniziare l'azione, ma identico discorso vale per la controparte), che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche - ma non solo - dal suo difensore. Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, come previsto dal progetto della ### sulla riforma delle ADR all'art. 84). Quindi il potere di sostituire a sé stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale. Ne consegue che, sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale››. Pertanto, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente, ben può farsi sostituire da chiunque e, quindi, anche dal difensore, ma deve rilasciargli una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista. A siffatti principi si intende dare continuità, non emergendo dall'illustrazione del motivo in esame ragioni che possano indurre a rivedere l'orientamento espresso dalla sentenza n. 8473/19, che ha trovato, peraltro, conferma anche nella recente pronuncia di questa Corte n. 13029 del 2022…omissis…. 
Orbene, la carenza di procura sostanziale rilasciata al ### del ### impone la dichiarazione di improcedibilità della sua domanda. A ciò consegue, ex art. 5 bis, D.Lgs. 28/2010 e succ. mod., che com'è noto, testualmente recita: “### l'azione di cui all'articolo 5, comma 1, è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l'onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. Il giudice alla prima udienza provvede sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione se formulate e, accertato il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. A tale udienza, se la mediazione non è stata esperita, dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo, revoca il decreto opposto e provvede sulle spese.”, la revoca immediata del ### opposto. 
Ritenuta la causa matura per la decisione P.Q.M.  a) Revoca il ### ingiuntivo n. 777/2023 pubblicato dal Tribunale di Viterbo in data 10 ottobre 2023 e notificato all'opponente ### in data 28 dicembre 2023.  b) Fissa, per discussione, l'udienza del …omissis…” ### deve pertanto trovare accoglimento per i motivi di cui all'Ordinanza sopra indicata che debbono intendersi integralmente richiamati nella presente Sentenza e, segnatamente, per improcedibilità della domanda di ### per la mancata partecipazione, senza giustificato motivo, alla procedura obbligatoria di mediazione dal medesimo obbligatoriamente incardinata a seguito di invito del Giudice, con conseguente revoca del ### ingiuntivo n. 777/2023 pubblicato dal Tribunale di Viterbo in data 10 ottobre 2023. 
Le spese del giudizio debbono seguire il fondamentale canone della soccombenza; P.Q.M. disattesa ogni contraria istanza, eccezione o deduzione anche istruttoria, definitivamente pronunciando, così provvede: - accoglie l'### proposta da ### con l'atto introduttivo del presente giudizio e per l'effetto revoca il ### ingiuntivo n. 777/2023 pubblicato dal Tribunale di Viterbo in data 10 ottobre 2023.  - Dichiara l'improcedibilità della domanda di ### per la mancata partecipazione, senza giustificato motivo, alla procedura obbligatoria di mediazione dal medesimo obbligatoriamente incardinata a seguito di invito del Giudice.  - ### al rimborso, in favore di ### delle spese del giudizio, che liquida nel complessivo importo di euro 2.500,00 per onorario di difesa, oltre spese accessorie, I.V.A. e C.P.A. come per legge.   Si dà atto che al termine dell'odierna udienza è stata data lettura integrale del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e che le parti sono state avvertite che la sentenza emessa si intende pubblicata immediatamente per via telematica. 
Viterbo, 18 Dicembre 2024 IL GIUDICE (###

causa n. 245/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Scavo Francesco

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