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Tribunale di Torre Annunziata, Sentenza n. 948/2022 del 20-06-2022

... dell'offeso, che può identificarsi nel solo danno biologico terminale da invalidità temporanea totale (sempre presente nel caso di morte non immediata, ma seguita dopo un apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo e che si protrae dalla data di esso fino a quella del decesso), cui può sommarsi una componente di sofferenza psichica (danno morale catastrofico o catastrofale) nel caso in cui la vittima sia rimasta lucida e cosciente nell'intervallo (anche minimo) tra l'infortunio e la morte e sia stata, dunque, in condizione di percepire il proprio stato e l'imminenza della propria fine. Al fine della liquidazione del danno c.d. terminale non sono, dunque, utilizzabili le tabelle per l'invalidità permanente, essendo queste formate sulla base della vita media futura presunta ma, allo stesso modo, non sono neppure utilizzabili i normali criteri tabellari di liquidazione del danno biologico temporaneo che tengono conto di una situazione che porta alla guarigione, ovvero ad un consolidamento dei postumi, circostanza, qui, non ravvisabile. Non sono idonee al caso di specie neanche le recenti tabelle sul danno intermittente che regolano l'ipotesi di un danno biologico permanente a cui consegua, però, (leggi tutto)...

testo integrale

###### di #### e ### in funzione del giudice monocratico dr.ssa ### all'udienza cartolare del 20/06/2022, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 6502/2018 del R.G. Sez. ### e ### TRA #### E ### nelle loro qualità di eredi di ### e di ### elett.te dom.ti presso lo studio dell'avv. ### che li rapp.ta e difende come da mandato in atti ### E ### in persona del legale rapp.te p.t., rapp.to e difeso dagli avv.ti ####### elett.te domiciliata presso lo studio di quest'ultima in virtù di procura in atti. 
RESISTENTE OGGETTO: risarcimento danni non patrimoniali iure hereditatis per decesso per malattia professionale; risarcimento danni da perdita del rapporto parentale.  RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 25/10/ ricorrenti e la sig ### deceduta poi in corso di causa, esponevano che il loro congiunto ### deceduto in data ###, era stato dipendente della ### s.p.a. c/o lo stabilimento di C/### di ### dal 01/11/1956 al 29/02/1992, svolgendo attività lavorativa con le mansioni di “saldatore elettrico”. 
Deducevano che era stato in contatto con l'amianto nell'esercizio delle proprie mansioni, svolte senza l'utilizzo di alcun mezzo di protezione, e con l'amianto aerodisperso; illustravano, quindi, il contenuto delle mansioni svolte dal loro congiunto. Precisavano che il defunto sig. ### aveva contratto una malattia absesto-correlata a causa dell'esposizione all'amianto, riconosciuta prima dall'### al 4% e poi con sentenza di questo ### n. 1376/2015 al 10%, con condanna dell'### al pagamento di una somma in capitale a far data dalla domanda amministrativa. A seguito del decesso di #### riconosceva ai superstiti la rendita,. 
Quindi, invocata la responsabilità contrattuale della società datrice di lavoro e dedotta l'esistenza di colpa a suo carico, per assenza di adozione di misure precuzionali contro i danni da amianto, chiedevano la condanna del soggetto datore di lavoro al risarcimento del danno biologico differenziale non patrimoniale subito iure hereditatis, e iure proprio per perdita del rapporto parentale per le somme ivi specificamente indicate, con personalizzazione massima, oltre accessori di legge, spese vinte. 
Si costituiva in giudizio la convenuta ### s.p.a. la quale eccepiva, in via preliminare, l'inammissibilità della domanda di automatico riconoscimento del danno biologico differenziale sia ex art. 13 L. n. 38/2000, sia per mancata prova della configurabilità in concreto di un fatto-reato commesso dal datore di lavoro; eccepiva la carenza di nesso causale, per mancata prova di esposizione a fibre di amianto, negando anche l'esistenza di colpa datoriale e del danno, con vari argomenti in fatto ed in diritto; contestava la fondatezza della domanda, chiedendone il rigetto, spese vinte. 
In corso di causa era ammessa ed espletata la ctu medico legale e veniva espletata la prova testimoniale.  ### il processo, in data ### la ricorrente ### decedeva e ciò veniva comunicato da un altro dei ricorrenti-eredi solamente in data ###; all'udienza del 22.02.2022 a trattazione scritta veniva dichiarata l'interruzione del processo, che veniva riassunto con deposito del ricorso in riassunzione da parte degli eredi #### e ### in data ###. La resistente si costituiva in giudizio con memoria difensiva il ### e la causa veniva fissata per la discussione all'odierna udienza del 20/06/2022. 
All'odierna udienza cartolare, all'esito del deposito di note conclusionali a trattazione scritta, il ### decideva con la presente sentenza.  ***** 
In via preliminare, la resistente ### s.p.a. eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva, ritenendo, come unico responsabile del danno lamentato l'### a seguito delle modifiche introdotte dall'art. 13 d.lgs. n. 38/2000. Ritiene invero applicabile al caso di specie l'art. 13 del d.lgs 38/00 sostenendo la necessità della configurabilità in concreto di un fatto-reato. 
Affrontando la problematica in via generale, questo giudice condivide l'orientamento giurisprudenziale che, in materia di danno differenziale, ha asserito che l'indennizzo erogato dall'### per ristorare il lavoratore da tale danno presenta caratteristiche ontologicamente diverse dal risarcimento dello stesso tipo di danno in materia di responsabilità civile, considerato che le prestazioni assicurative ### vengono erogate a prescindere dall'esistenza di un illecito civile e della colpa dell'autore della condotta dannosa (e, dunque, a prescindere da tale accertamento) ed anche prescindendo dall'esistenza di un responsabile diverso dal danneggiato. 
Dunque deve ritenersi che le caratteristiche proprie dell'indennizzo ### rendano tale forma di tutela del lavoratore completamente distinta da qualsiasi categoria risarcitoria; conclusione avvalorata anche dalla considerazione che l'indennizzo dell'I.N.A.I.L. non copre, tra gli altri, il danno biologico per invalidità permanenti inferiori al 6%. 
Va, ancora, rilevato che l'art. 13 d.lg. n. 38 del 2000 circoscrive la propria portata limitandola "ai fini della tutela dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali". 
In particolare, nella nuova disciplina (art. 13 comma 1° ### citato) la nozione del danno biologico viene espressa come "la lesione dell'integrità psico-fisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona", ma "in attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento". 
Come si desume dal tenore letterale del citato articolo e come risulta ancor meglio specificato nel secondo comma, l'erogazione dell'### è, pertanto, un indennizzo del danno biologico e si colloca (v.  art. 13 comma 2° ### citato) "nell'ambito del sistema di indennizzo e sostegno sociale" e, quindi, non può certo garantire la totalità del risarcimento (Cass., Sez. Lav, n. 777 del 19.1.2015). 
La norma previdenziale in esame, quindi, prevede la corresponsione di un minimun sociale garantito nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile la colpa di alcuno; per questo motivo attraverso la copertura sociale si indennizza, ma non si risarcisce integralmente. 
Pertanto, se l'### non copre integralmente il danno biologico, per quella parte non indennizzata non vi è prestazione previdenziale e viene meno, quindi, l'esonero del datore di lavoro. 
Tanto chiarito, alla stregua delle considerazioni che precedono, ritiene il giudicante che, anche in seguito all'entrata in vigore dell'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, spetti al lavoratore il risarcimento del danno differenziale in caso di lesione dell'integrità psicofisica. 
Pertanto il giudice, una volta accertata la responsabilità civile del datore di lavoro o del danneggiante in relazione al danno subito dal lavoratore, secondo i principi e i criteri civilistici, deve riconoscere al lavoratore il danno biologico da invalidità escluso dalla sfera dell'assicurazione ### applicando a tal fine i criteri equitativi utilizzati per liquidare questo tipo di danno in materia di responsabilità civile. 
In definitiva, anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 13 d.lg. 23 febbraio 2000 n. 38, che ha esteso la copertura dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali al danno biologico, sussiste la responsabilità civile del datore di lavoro per la parte di danno risarcibile che eccede l'indennizzo dovuto dall'### in relazione a quella copertura assicurativa. 
Quanto, poi, al problema della c.d. pregiudiziale penale, si precisa, innanzitutto, che il presupposto dell'azione risarcitoria del lavoratore non è l'esistenza di un provvedimento di condanna, ma la sussistenza di responsabilità penale del datore di lavoro accertabile autonomamente ed incidentalmente nell'ambito del giudizio civile. Osserva, poi, la Corte che, "per costante giurisprudenza, l'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per i danni occorsi al lavoratore infortunato e la limitazione dell'azione risarcitoria di quest'ultimo al cosiddetto danno differenziale nel caso di esclusione di detto esonero per la presenza di responsabilità di rilievo penale, a norma del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, e delle inerenti pronunce della Corte cost., riguarda l'ambito della copertura assicurativa, cioè il danno patrimoniale collegato alla riduzione della capacità lavorativa generica. Invece - in armonia con i principi ricavabili dalle sentenze della Corte cost. n. 356 e 485 del 1991 e con il conseguente orientamento della giurisprudenza ordinaria sui limiti della surroga dell'assicuratore - tale esonero non riguarda il danno alla salute o biologico e il danno morale di cui all'art. 2059 c.c., entrambi di natura non patrimoniale, al cui integrale risarcimento il lavoratore ha diritto ove sussistano i presupposti della relativa responsabilità del datore di lavoro (cfr., ex aliis, Cass. n. 8182/2001 e successive conformi)". 
Per quanto riguarda poi il caso specifico, si evidenzia che il danno non patrimoniale iure hereditatis o danno terminale rientra nei cd. danni complementari, ovvero nei danni non coperti dall'indennizzo ### e, come tali, integralmente risarcibili a carico del datore o differenziale in senso lato o qualitativo, a differenza del danno differenziale in senso stretto o quantitativo, per il quale il risarcimento è ammesso solo nella parte eccedente l'indennizzo assicurativo. Ricondotto il pregiudizio di cui si discute alla categoria del danno complementare e non a quella del danno differenziale, diventa poi a questo punto superflua, come si è accennato sopra, ogni valutazione sul punto dell'invocato esonero da responsabilità del datore di lavoro in conseguenza dell'assicurazione obbligatoria. 
In via ancora preliminare occorre qualificare l'azione per risarcimento del danno iure hereditatis quale azione di responsabilità contrattuale (art. 2087 c.c.) o extracontrattuale (art. 2043 c.c.), al fine di individuare la disciplina applicabile ed, in particolare, il criterio di ripartizione dell'onere della prova. 
Trattandosi di causa fondata sulla violazione della norma contenuta nell'art. 2087 cod. civ., incombe sull'attore l'onere di provare l'inadempimento, il danno ed il nesso causale tra il danno e la condotta del datore di lavoro, il quale, per contro, ha l'onere di provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all'obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno (Cass. Sez. un. 30 ottobre 2001 n. 13533, cui si è conformata tutta la giurisprudenza di legittimità successiva cfr. tra le altre Cass. sez. L. n. 21590/2008 e n. 15078/2009). 
Ritiene questo giudicante di dover recepire quest'ultimo indirizzo interpretativo, ovvero che trattasi di responsabilità contrattuale, autorevolmente fondato su pronunce delle ### e basato su una lettura costituzionalmente orientata delle regole in materia. Da ciò consegue, in termini di ripartizione probatoria, che il lavoratore danneggiato può limitarsi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre è il debitore convenuto ad essere gravato dell'onere di provare il proprio adempimento (Cass. n. 9817/2008 citata) ed, invece, l'infortunato non è gravato dell'onere di provare il "fatto" costituente inadempimento dell'obbligo di sicurezza. In definitiva, il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul lavoro o malattia professionale si pone negli stessi termini dell'art. 1218 cod. civ. circa l'inadempimento delle obbligazioni, da ciò discendendo che il lavoratore il quale agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro o malattia professionale deve allegare e provare l'esistenza dell'obbligazione lavorativa, l'esistenza del danno ed il nesso causale tra quest'ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all'obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno ( civ., sez. lav., nn. 9817 e 21590 del 2008).  ****** 
Parte ricorrente ha allegato e provato l'esistenza dell'obbligazione lavorativa; trattasi, d'altro canto, di una circostanza pacifica tra le parti in causa oltre che documentalmente provata dalla documentazione in atti. 
Sono stati sentiti i testi ### e ### entrambi colleghi di lavoro di ### Dalle deposizioni testimoniali espletate in corso di causa, da ritenersi certamente attendibili in quanto rese da ex colleghi di lavoro del ### è inoltre emersa la fondatezza delle circostanze dedotte nel corpo del ricorso introduttivo in ordine alle mansioni svolte dal ### alle modalità di espletamento della prestazione lavorativa di quest'ultimo, e in ordine alla presenza dell'amianto all'interno della ### con esposizione, anche indiretta, di ### alle fibre di amianto. 
Ha riferito il teste ### di avere lavorato sempre in squadra con ### ha dichiarato che lavoravano sempre a bordo nave, in un ambiente dove vi era amianto aerodisperso, senza protezioni individuali e senza sistemi di areazione, tranne i piccoli aspiratori, detti estrattori, che usavano durante il lavoro, e che operavano in ambiente promiscuo con altri lavoratori anche quando le ditte esterne operavano la coibentazione a spruzzo con l'amianto. Usavano teli di amianto, che si frantumavano e provocavano dispersione di polvere di asbesto. ### la spazzatura a terra provocava l'alzata di polvere di asbesto residuata dalle lavorazioni. 
Ha dichiarato inoltre in particolare: “### lavoravamo a contatto con l'amianto. I pannelli di amianto venivano messi nelle cabine, per coibentare; nel cofano macchine l'amianto veniva spruzzato dagli addetti sui tubi del motore, che veniva rivestito di amianto che veniva spruzzato dai coibentatori. Io e Discolo lavoravamo a stretto contatto con i coibentatori come anche con tutti gli altri. Provvedevamo a saldare i manicotti vicino al pannello contenente amianto e ogni cosa ci fosse da saldare, ma sempre vicino a questi pannelli di amianto. 
Adr; il contatto con materiali contenenti amianto era con i teli di amianto, le guarnizioni, i pannelli per la coibentazione, le polveri della spruzzatura. 
Noi abbiamo lavorato sempre a stretto contatto con queste lavorazioni; il motore della nave portava diversi tubi e questi tubi andavano coibentati perché si surriscaldavano. 
Dopo aver coibentato le pareti se serviva qualche passaggio di un tubo tra una parete e l'altra veniva forato prima la parete e poi il pannello vicino per creare un passaggio per i tubi e questo comportava lo sfaldamento di questi materiali e la dispersione di polvere. ### nelle giunture di tubi si usavano guarnizioni di amianto.” ### il teste ### ha riferito le stesse circostanze, e ha anche detto che “Noi saldatori eravamo comunque sempre a contatto con l'amianto. Quando dovevamo fare delle saldature facevamo un buco nella parete o nel soffitto e si sprigionava quel pulviscolo di amianto, dovuto alla rottura del pannello. 
Lavoravano insieme a noi anche altri operai, come i carpentieri, falegnami elettricisti, un po' tutti. 
Quando lavoravano i coibentatori anche loro lavoravano insieme a noi. Impastavano della roba e la mettevano vicino alle pareti. ### delle spatole. Poi spruzzavano l'amianto sulle pareti e rivestivano i tubi con l'amianto. Era una ditta esterna che faceva la coibentazione.  ### era tutto polveroso, quando poi facevano le pulizie si alzava la polvere di tutti i materiali usati, tra cui la polvere di amianto dappertutto. 
Adr: noi usavamo i grembiuli e i guanti che erano di amianto; quando lavoravamo per proteggerci dai fuochi della saldatura. Sembrava che fossero di pelle invece erano di amianto. 
Adr lo abbiamo saputo dopo che erano fatti di amianto. Pensavamo che era una pelle che ci proteggeva dai danni della saldatura. 
Adr: non abbiamo mai usato mascherine di protezione, non ce le hanno mai date. 
Adr: non c'erano areatori ma solo piccoli tubi aspiranti che usavamo noi saldatori. Ma non riuscivano ad estrarre quasi niente come fumi e pulviscoli. 
Adr: quando saldavamo usavamo dei teli per proteggere dal fuoco le zone dove lavoravamo. Il telo non so di che cosa era fatto, faceva fumo se ci cadeva il fuoco della saldatura ma non bruciava. Non sapevamo di cosa fossero fatti questi teli, abbiamo saputo dopo che erano di amianto. 
Adr: i teli li levavano le ditte della pulizia. Noi, finite la lavorazione li lasciavamo la non li levavamo. 
In genere rimanevano integri ma qualche volta si rompevano e il pericolo era li, quando si rompevano, che provocavano polvere. ### saputo dopo questo però. 
Nessuno ci ha avvertito di niente, non ci hanno mai dato nè mascherine nè qualcosa per proteggerci. 
Noi lavoravamo nello stesso ambiente tutti insieme e anche con i coibentatori. 
Adr: non usavamo mascherine, non c'erano areatori a parete, non ci hanno informato sul rischio amianto. Io non ho mai fatto visite mediche. Si andava dal dottore interno per i controlli di routine. 
Non ci controllavano se usavamo mascherine e non c'era cartellonistica. 
Non uscivamo quando lavoravano i coibentatori.” Com'è evidente, i testi hanno riferito circostanze precise e di diretta percezione. Essi sono apparsi intrinsecamente attendibili e le loro dichiarazioni si riscontrano a vicenda. Dalla prova testimoniale emerge senza ombra di dubbio che l'uso di amianto nelle forme sopra descritte abbia costituito un veicolo di inalazione di polveri di amianto, essendo le modalità complessive di lavoro idonee a una dispersione aerea di polveri di asbesto nei luoghi di lavoro, in considerazione sia della tipologia del materiale sia delle lavorazioni compiute con e su di esso, e che i lavoratori, soprattutto quelli che svolgevano mansioni a bordo delle navi, come ### fossero esposti a tali polveri. 
Agli atti vi sono, poi, documenti che attestano il fatto che presso i cantieri navali di ### di ### nel periodo nel quale vi lavorò il ricorrente venisse utilizzato amianto per la costruzione delle navi: in tal senso concordano ampiamente i documenti ### riguardanti la costituzione della rendita ### per malattia professionale, nonché la sentenza di riconoscimento della malattia professionale emessa dal ### di ### Seppure i documenti ### hanno pieno valore solo in ambito previdenziale e non sono affatto vincolanti nei confronti dei terzi quale è il datore di lavoro, sotto altro profilo non può negarsi che il giudice possa sempre utilizzare tale accertamento effettuato da un organo pubblico per fondare la propria decisione anche nei confronti del datore di lavoro. 
L‘### nel 1977 aveva già assegnato al de cuius ### una rendita per danno biologico al 25% per bronchite cronica in soggetto esposto ai fumi di saldatura.  ### relativo alla successiva domanda all'### per malattia professionale sulla base della diagnosi ### di asbestosi effetuata nel 2013, si è poi concluso con il riconoscimento della patologia “pleuropatia asbestosica”, di origine professionale, ritenuta invalidante al 4% il ### (la successiva collegiale medica ha concluso poi in maniera discorde sulla valutazione del danno). 
Impugnato l'esito avanti a questo ### il ctu evidenziava che il sig ### era affetto da: − fibrillazione atriale permanente in paziente iperteso con episodi di scompenso cardiaco; − broncopneumopatia cronica ostruttiva; − pleuropatia asbestosica senza evidenza strumentale di interstiziopatia asbestosica. 
In particolare, nelle conclusioni, il ctu nominato in quel procedimento, RG 6695/13, rilevava che la dispnea era prevalentemente da ascrivere alla patologia ostruttiva già valutata (e quindi non più valutabile) e alla compromissione cardiaca marcata, e la presenza delle patologie concomitanti (patologia marcata di grado ostruttivo-foriera di rendita per danno biologico al 25% dal 1977- e la condizione clinica che lo rendeva incompatibile con esame spirometrico) non permetteva di sapere se ci fosse un deficit di tipo restrittivo. 
Il ctu riteneva comunque presente con alto grado di probabilità il deficit restrittivo, pur non essendo clinicamente e strumentalmente definibile a causa delle menomazioni preesistenti, e, non potendo clinicamente né strumentalmente definire la quota di deficit respiratorio ascrivibile alle placche pleuriche, concludeva nel senso che : “le placche sono pleuriche, multiple e diffuse su tutta la pleura parietale e diaframmatica bilateralmente e seppur la diffusione non è massiva si può ipotizzare che in un soggetto non affetto da altre menomazioni concorrenti determinerebbe un deficit respiratorio di tipo restrittivo di grado lieve valutabile nel range 6-15%”, concludendo per un 10% di danno biologico permanente. Concludeva nel senso che le sole placche pleuriche comportavano un deficit della funzionalità respiratoria e un danno biologico pari al 10%, foriero quindi di indennizzo. 
La sentenza emessa nell'ambito del procedimento RG 6695/2013, ha quindi confermato l'esistenza del nesso causale tra malattia asbestosica e attività professionale già riconosciuto dall'### ed ha accertato un aggravamento al 10%.  ###, come emerge da tutta la letteratura scientifica, è "una pneumoconiosi dovuta all'inalazione prolungata di fibre del minerale amianto, caratterizzata da una fibrosi polmonare progressiva di tipo interstiziale". Essa è malattia tabellata in lista I, ovvero è indicata tra le malattie la cui origine professionale è di elevata probabilità. Che essa derivi direttamente dall'inalazione di fibre di amianto è certezza scientifica. 
Invero nella letteratura scientifica internazionale è ormai unanimemente accertata l'esistenza di un rapporto di causalità diretta fra insorgenza dell'asbestosi e l'esposizione professionale e/o ambientale alle fibre di amianto. 
Da quanto emerge dagli atti (attestazione ### di ###), il ricorrente risulta essere deceduto il ### per “causa iniziale: asbestosi polmonare”, e per la seguenti complicazioni: “insufficienza cardiorespiratoria, arresto cardio respiratorio”. 
E' stata disposta ctu al fine di accertare il nesso causale tra la malattia professionale e il successivo decesso. 
Il ctu concludeva nel senso che “la causa della morte e‟ da ricercare in un evento acuto cardiaco / polmonare che agiva su di un sistema cuore polmone già in riserva funzionale. Delle concause concorrenti presistenti e necessarie alla produzione dell'evento morte quella asbestosica, da quanto acquisito dagli atti, può essere considerata responsabile nella misura di un terzo del decesso. (33 %) da un punto di vista della rilevanza proporzionale .” Nei chiarimenti richiesti ribadiva che: “La malattia asbestosica per il prevalente impegno pleurico (placche ed esiti fibrosici da pachipelurite) aveva una incidenza funzionale sulla ventilazione polmonare di moderata entita', tant'e' che i sanitari ### in data ### consideravano il danno biologico da asbesto valutabile nella misura del 4 %. 
La bronchite cronica di converso aveva una rilevanza clinica di gran lunga maggiore atteso le frequenti riacutizzazioni e la maggiore influenza in peius sullo scambio gassoso alveolare-capillare per la diffusa alterazione del rapporto ventilo-perfusorio ### l'### valutava il danno da bronchite cronica nella misura del 25% . 
La patologia a maggiore rilievo clinico era comunque quella cardiaca atteso la presenza di una cardiopatia dilatativa complicata da fibrillazione atriale da cui la necessità' di un impianto permanente di un pacemaker per favorire la contrazione dei ventricoli. 
Questo era dunque lo stato clinico che precedeva il decesso del ### Appare di palmare evidenza che la grave malattia cardiaca in uno con la patologia polmonare mista (bronchite cronica -pleuropatia asbestosica) convivevano in un precario equilibrio clinico retto dalla riserva funzionale del sistema cuore - polmone che inesorabilmente cedeva in occasione dell'evento acuto mortale verosimilmente cardiaco. 
Pertanto l'exitus del ### era da correlare ad una insufficienza cardio respiratoria da patologia cardiaca primitiva aggravate dalla broncopatia cronica e dalla malattia asbestosica. Erano dunque presenti nel ### almeno tre concause concorrenti, preesistenti e necessarie alla produzione dell'evento morte: quella asbestosica poteva essere considerata responsabile del decesso nella misura di 1/3 (33 %) in ragione della sua minore rilevanza clinica proporzionale rispetto alla patologia cardiaca, che dai dati in possesso, assumeva il ruolo di patologia predominante.” Come la Suprema Corte ha già avuto modo di affermare, allorquando non si pervenga a ravvisare la sussistenza di una causa sopravvenuta idonea a determinare in via autonoma ed esclusiva il danno evento (cfr. Cass., 28/9/2018, n. 23450; Cass., 6/5/2015, n. 9008; Cass., 13/1/2015, n. 280; Cass., 23/9/2013, n. 21715; Cass., 17/2/2011, n. 3847; Cass., 21/7/2003, n. 11316), il problema del concorso di cause delle cause trova soluzione nell'art. 41 c.p., in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l'esclusiva efficienza causale di una di esse (v. Cass., 28/7/2017, n. 18753; Cass., 14/7/2011, n. 15537; Cass., 2/2/2010, n. 2360), trattandosi di ipotesi di concorso di più cause efficienti nella determinazione del danno (cfr. Cass., 9/4/2014, n. 8372; Cass., 3/3/2010, n. 7618; Cass., 9/11/2006, n. 23918. Cfr. altresì Cass., 11/5/2012, n. 7404). 
In base al principio di equivalenza delle cause ex artt. 40 e 41 c.p. è necessario tener conto di qualunque fattore anche remoto che abbia cooperato a creare nel soggetto una situazione favorevole al prodursi della malattia, sicché solo quando si possa individuare un fattore estraneo all'attività lavorativa che abbia causato la malattia stessa, il nesso deve escludersi (Cass. n. 6105/15 ed altre), mentre, in assenza di ciò, anche la modesta efficacia del fattore professionale è sufficiente a rendere operativo il principio di equivalenza (Cass. n. 7551/1987 e Cass. n. 21021/2007). 
I principi di diritto più volte affermati dalla Suprema Corte, secondo i quali in caso di concorso tra causalità umana e causalità naturale, si esclude che si possa dar luogo ad una riduzione proporzionale di responsabilità, e quindi conducono ad affermare che, in caso di concorso tra causalità umana e concausa naturale, il responsabile dell'illecito risponde per l'intero poichè una comparazione del grado di incidenza eziologica di più cause concorrenti può instaurarsi soltanto tra una pluralità di comportamenti umani colpevoli Cassazione civile sez. III, 06/07/2020, (ud. 29/01/2020, dep.  06/07/2020), n.13864; nell'ipotesi in cui la persona danneggiata sia, per la propria condizione soggettiva, più vulnerabile dei soggetti della stessa età e dello stesso sesso, tale circostanza non incide nè sul nesso di causa, nè sull'attribuzione della colpa, nè sulla liquidazione del danno (Cass. n. 28811 del 2019; ### 3 -, Ordinanza n. 20836 del 21/08/2018; ### 3, Sentenza n. 8995 del 06/05/2015, Rv.  635338 - 01; ### 3, Sentenza n. 15991 del 21/07/2011). 
Allegata e provata l'obbligazione lavorativa, la nocività dell'ambiente di lavoro e la malattia professionale (dalla documentazione medica in atti, dalla documentazione ### e dalla ctu espletata), nel caso che occupa gli aventi causa del lavoratore deceduto hanno allegato l'omessa adozione di qualsivoglia cautela atta a prevenire o a limitare gli effetti dannosi della lavorazione. Grava, quindi, in tali casi sul datore di lavoro l'onere di provare di essersi attivato per preservare l'integrità psico fisica e la salute del lavoratore sul luogo di lavoro, tenuto conto del concreto tipo di lavorazione e del connesso rischio (Cass. n. 9238/2011 cit.). 
La consapevolezza da parte dell'azienda della nocività della lavorazione e della pericolosità dell'amianto è (o quantomeno avrebbe dovuto essere) certamente desumibile dalla letteratura scientifica già abbondante in quel periodo e dalla normativa in vigore. 
In realtà già all'epoca dei fatti la società avrebbe dovuto adottare i dispositivi per l'aspirazione delle polveri, imposti dal d.p.r. 303/1956, mentre dall'istruttoria svolta è emerso che alcun dispositivo di protezione, individuale o collettiva, era stato installato o consegnato all'interno dei luoghi di lavoro.  ### se non risolutivi, i dispositivi di aspirazione avrebbero potuto quantomeno ridurre l'inalazione le polveri o le fibre di amianto ed i conseguenti rischi per la salute. Sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte è pacifica: “Per quanto l'art. 2087 cod. civ. non configuri un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro, al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute incombe l'onere di provare l'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro e il nesso causale fra questi due elementi. 
Quando il lavoratore abbia provato tali circostanze, grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno.” ### 303/1956 prescriveva all'art. 21 in tema di lavorazioni polverose che "Nei lavori che danno luogo normalmente alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambito di lavoro, nell'ambiente di lavoro. Le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione nella atmosfera. Ove non sia possibile sostituire il materiale di lavoro polveroso, si devono adottare procedimenti lavorativi in apparecchi chiusi ovvero muniti di sistemi di aspirazione e di raccolta delle polveri, atti ad impedirne la dispersione. ### deve essere effettuata, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo di produzione delle polveri. Quando non siano attuabili le misure tecniche di prevenzione indicate nel comma precedente, e la natura del materiale polveroso lo consenta, si deve provvedere all'inumidimento del materiale stesso. Qualunque sia il sistema adottato per la raccolta e la eliminazione delle polveri, il datore di lavoro è tenuto ad impedire che esse possano rientrare nell'ambiente di lavoro." Vi erano, poi, obblighi di natura generale relativi alla pulizia dei locali che doveva essere effettuata in modo da ridurre al minimo il sollevamento della polvere nell'ambiente oppure mediante aspiratori (art. 15), allo svolgimento in luoghi separati delle lavorazioni pericolose o insalubri allo scopo di non esporvi i lavoratori addetti ad altre lavorazioni (art. 19); alla fornitura di dispositivi di protezione ai lavoratori che operavano in luoghi ove ci fosse il dubbio sulla salubrità dell'atmosfera (art. 25). 
Tutti gli obblighi suddetti sono stati violati dal datore di lavoro, come si è evidenziato nell'esame delle condizioni di lavoro emerse dalle risultanze istruttorie, da cui deriva che non soltanto la convenuta non ha provato di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno alla salute dei propri dipendenti, ma risulta anzi positivamente dimostrata l'omissione da parte della società dell'adozione anche delle misure minime previste dalla legge. 
La pericolosità dell'amianto era già nota fin dal 1909 quando il R.D. 14 giugno 1909 n. 442 includeva la filatura e la tessitura dell'amianto tra i lavori insalubri o pericolosi vietati alle donne minorenni ed ai fanciulli o sottoposti a speciali cautele. A seguire, la legge 455/1943 sull'assicurazione obbligatoria contro la silicosi e l'asbestosi, e il D.P.R. 19 marzo 1956 n. 303, sopra riportato. Fin dal dopoguerra, sono poi stati condotti studi scientifici, sia all'estero che in ### che hanno resi noti i rischi connessi all'inalazione di fibre di amianto. Pertanto, tenendo conto dell'importanza del gruppo industriale convenuto, che imponeva obblighi di informazione particolarmente elevati, in relazione ai rischi già conosciuti e alla normativa esistente all'epoca in tema di amianto, risultava del tutto esigibile la condotta alternativa lecita, essendo prevedibile la lesione alla salute che la normativa violata in materia di sicurezza mirava a evitare. 
Una volta allegato e provato che sia stata svolta un'attività lavorativa in un certo ambiente di lavoro, in cui era presente amianto ed il predetto nesso di causalità tra malattia e nocività dell'ambiente lavorativo, il datore di lavoro deve comunque dare perlomeno la prova che siano state predisposte appunto le misure di sicurezza minime, previste per tutti i lavoratori presenti a prescindere dalle mansioni specifiche espletate. 
Ebbene, tale prova non è stata fornita. 
Infine, quanto sopra esposto appare sufficiente anche al fine di provare la responsabilità penale; la giurisprudenza, come sopra si accennava, ha avuto modo di affermare che gli elementi propri della responsabilità penale vanno accertati in sede ###i criteri propri del processo civile, ivi compreso l'utilizzo delle disposizioni sul riparto dell'onere probatorio in caso di mancanza di prova (in particolare per quel che interessa il presente procedimento con riferimento agli artt. 1218 e 2087 c.c.) e il ricorso alle presunzioni (Cass. 4184/2006). Tutte le risultanze istruttorie portano a configurare ipotizzabile l'omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche. 
Quindi dall'istruttoria espletata in corso di causa e dalla ctu può, quindi, ritenersi provato il nesso causale tra la malattia professionale con conseguente decesso e l'attività lavorativa svolta presso il cantiere ### di ### di ### nonché il comportamento colposo, omissivo, negligente, imprudente del datore di lavoro il quale, in violazione delle norme e misure di sicurezza sul lavoro più volte richiamate, consentiva che i suoi dipendenti lavorassero in condizioni di rischio. 
Può dunque affermarsi che ### è deceduto in conseguenza di uno scompenso del sistema cardiaco respiratorio, che trovava anche nell'asbestosi una causa concorrente. ### è stata contratta nell'esercizio dell'attività lavorativa per il continuo contatto e la conseguenziale inalazione di polveri di amianto, a causa e per colpa del datore di lavoro che non ha provveduto ad applicare ai lavoratori le cautele e le misure di prevenzioni previste dalle norme di legge, e non ha provato di avere adottato le cautele minime per evitare il danno e quindi la non imputabilità del danno. 
Per quanto concerne la richiesta di risarcimento del danno biologico, si osserva quanto segue. 
Il danno biologico, inteso come menomazione dell'integrità psicofisica, è diverso ontologicamente sia dal danno c.d. morale sia dal danno da mancato reddito in dipendenza della perdita o diminuzione della capacità lavorativa. A seguito di ampia elaborazione giurisprudenziale, la Suprema Corte individua ad oggi come pregiudizi risarcibili unicamente le due categorie del: - danno patrimoniale (risarcibile ex art. 2043 c.c. nelle due componenti del danno emergente e del lucro cessante) e del - danno non patrimoniale (risarcibile ex art. 2059 c.c. costituzionalmente reinterpretato e, quindi, senza limitazioni), comprendendo in questo ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona e quindi sia il danno morale c.d. soggettivo, sia il danno biologico, sia infine il danno conseguente alla lesione di altri interessi di rango costituzionale inerenti alla persona (sentenze n. 8827 e 8828 del 31.5.2003 della Corte di Cassazione, 2008, n. 26972 delle ### e n. 233/2003 della Corte Costituzionale). 
Il perimetro di valutazione del danno è contrassegnato da due limiti: il divieto di automatismi risarcitori e il divieto di duplicazioni. All'interno si collocano l'integrale riparazione del danno e la esigenza di garantirne la personalizzazione, ove ve ne siano i presupposti. In concreto ciò significa che se le proiezioni negative patite non divergono da quelle subite da altre vittime nella medesima condizione il danneggiato non avrà diritto al riconoscimento di un quid pluris. ### personalizzato del danno non patrimoniale è possibile solo in presenza di allegazione e prova specifica di un pregiudizio eccedente quello normalmente correlabile al tipo di lesione asseritamente subita. La personalizzazione in ragione della sofferenza morale, può comportare, quindi, l'applicazione dell'aumento personalizzato. Ma tale aumento può essere riconosciuto solo in presenza di una specifica allegazione e di una specifica prova di una sofferenza fisica o psichica ulteriore rispetto a quella da considerarsi intrinseca ad ogni lesione dell'integrità psicofisica di gravità pari a quella di cui si tratta. In via esemplificativa si possono indicare le seguenti ipotesi: a) un trattamento terapeutico particolarmente pesante, doloroso, disagevole; b) un iter clinico particolarmente lungo, stressante, con ricoveri lunghi e ripetuti; c) l'uso di presidi, ortopedici o di altro tipo, notevolmente limitativi; d) somministrazione consistente di analgesici per lenire un dolore intenso; e) dolore superiore a quello normalmente correlabile alla lesione dell'integrità psicofisica in questione, a causa di ben determinate caratteristiche personali del danneggiato (ad es. intolleranza soggettiva specificamente documentata).La personalizzazione, adeguata all'effettiva consistenza delle sofferenze fisiche e psichiche, postula la prova di un pregiudizio specificamente ancorato alla concreta fattispecie. ### tabellare, pertanto, contraddice la personalizzazione di cui parlano le ### Questo giudice, in continuità con altre decisioni e in adesione a recenti pronunciamenti della S. C., reputa di fare applicazione della tabella elaborata dal ### di Milano dopo la sentenza delle ### n. 26972/08. 
Per quanto, poi, concerne la risarcibilità del danno da morte le ### nel 2015 hanno sancito l'irrisarcibilità del danno da morte immediata, atteso che in tal caso vi è sì il danno-evento, che è, appunto, la morte, cioè la lesione del bene supremo, la vita, ma l'immediato decesso della vittima impedisce il verificarsi di danni-conseguenza in capo allo stesso: la vita è il bene più importante, ma, per effetto della morte, non esiste più una sfera verso la quale si possano indirizzare le conseguenze negative della lesione. Abbiamo, dunque, un danno-evento senza un danno-conseguenza. Da qui l'irrisarcibilità del danno da morte immediata. La tutela risarcitoria del bene salute rispetto al bene vita è legata alla funzione compensativa del risarcimento civile; il diritto alla vita trova tutela invece nel sistema penale. 
E', invece, risarcibile il danno non patrimoniale connesso alla lesione della salute cui abbia fatto seguito la morte non immediata dell'offeso, che può identificarsi nel solo danno biologico terminale da invalidità temporanea totale (sempre presente nel caso di morte non immediata, ma seguita dopo un apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo e che si protrae dalla data di esso fino a quella del decesso), cui può sommarsi una componente di sofferenza psichica (danno morale catastrofico o catastrofale) nel caso in cui la vittima sia rimasta lucida e cosciente nell'intervallo (anche minimo) tra l'infortunio e la morte e sia stata, dunque, in condizione di percepire il proprio stato e l'imminenza della propria fine. 
Al fine della liquidazione del danno c.d. terminale non sono, dunque, utilizzabili le tabelle per l'invalidità permanente, essendo queste formate sulla base della vita media futura presunta ma, allo stesso modo, non sono neppure utilizzabili i normali criteri tabellari di liquidazione del danno biologico temporaneo che tengono conto di una situazione che porta alla guarigione, ovvero ad un consolidamento dei postumi, circostanza, qui, non ravvisabile. Non sono idonee al caso di specie neanche le recenti tabelle sul danno intermittente che regolano l'ipotesi di un danno biologico permanente a cui consegua, però, prima della liquidazione giudiziale, la morte per una causa diversa. 
Per danno intermittente si intende il danno non patrimoniale risarcibile nell'ipotesi in cui un soggetto, che subisca una certa menomazione invalidante a seguito di un evento lesivo, deceda prima della liquidazione del pregiudizio sofferto per una causa esterna ed indipendente dalla lesione subita «danno biologico intermittente» poiché è un danno liquidato in un “intervallo” (tra la data della lesione e la data del decesso). Nell'Assemblea nazionale degli ### svoltasi a ### nel maggio 2017, si è posta l'attenzione sulla peculiarità strutturale che trattasi di danno subito (irreversibilmente e non in modo intermittente) nell'intervallo temporale compreso tra l'illecito da cui deriva la compromissione permanente del bene salute e la morte del soggetto; pertanto, dopo un vivace dibattito, si è preferito il nome «danno da premorienza». 
Per liquidare il danno bisogna dunque fare riferimento ai valori stabiliti dalle tabelle del ### di Milano, in vigore al momento della decisione (Cass. 18163/2007, per la quale se le "tabelle" applicate per la liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto cambino nelle more tra l'introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice (anche d'appello) ha l'obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione; Cass. n. 25485 del 2016; n. 7272 del 2012, secondo le quali "la liquidazione effettuata sulla base di tabelle non più attuali si risolve in una non corretta applicazione del criterio equitativo previsto dall'art. 1226 c.c.".), visto l'avallo che la giurisprudenza di legittimità ha dato a tali parametri al fine della liquidazione del danno non patrimoniale: (Cass.14402/2011, 12408/2011, che ha elevato tali tabelle a generale parametro risarcitorio per il danno non patrimoniale, affermando che le "tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all'integrità psico-fisica" predisposte dal ### di Milano costituiscono valido e necessario criterio di riferimento ai fini della valutazione equitativa ex art. 1226 cod. civ.). 
Le tabelle formate dall'### per la giustizia civile presso il ### di Milano, a cui si fa ricorso per la liquidazione del danno in ossequio alla prassi dell'ufficio e alla loro vocazione nazionale affermata dalla Corte di Cassazione, comprendono una apposita tabella per la liquidazione del danno terminale. In conformità al principio ormai acquisito nel diritto vivente dell'unicità del danno non patrimoniale, le somme indicate nella tabella si devono intendere onnicomprensive e si riferiscono sia alla lesione dell'integrità psico-fisica, sia ai profili di sofferenza interiore riconducibili all'antica categoria di danno morale in senso stretto. 
I ricorrenti chiedevano condannarsi la ### s.p.a in persona del legale rap.te p.t a risarcire loro, quali eredi del fu ### il danno subito dal congiunto (jure hereditatis) nella misura di € 284.487,00, ovvero in quella somma maggiore e/o minore che si riterrà di giustizia dal G.L., oltre interessi dal fatto al soddisfo e a risarcire in favore sig.ra ### vedova del fu ### il danno iure proprio, nella misura di € 331.920,00, ovvero in quella somma maggiore e/o minore che si riterrà di giustizia, oltre interessi dal fatto al soddisfo; altresì risarcire in favore dei sigg.  #### e ### figli del ### il danno jure proprio, nella misura di € 165.960,00 cadauno, ovvero quella somma maggiore e/o minore da liquidarsi in via equitativa, oltre interessi dal fatto al soddisfo, oltre interessi. 
Ciò posto, deve, a questo punto, procedersi alla liquidazione del danno.  ### la recente sentenza della CassazioneN. 6503/22, che si pone sulla scia di precedenti analoghe, “### escludersi la risarcibilità iure hereditatis di un danno da perdita della vita (Cass., sez. un. nr .  15350 del 2015; v., ex multis, in motiv. Cass. nr. 8580 del 2019), in ragione dell'assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio. Piuttosto, deve ritenersi configurabile e trasmissibile iure hereditatis il danno non patrimoniale nelle due componenti di danno biologico «terminale», cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta, configurabile in capo alla vittima nell'ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo (Cass. nr. 26727 del 2018; nr. 21060 del 2016; nr. 23183 del 2014; nr. 22228 del 2014; nr. 15491 del 2014) e di danno morale «terminale o catastrofale o catastrofico», ossia del danno consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita, quando vi sia la prova della sussistenza di un suo stato di coscienza nell'intervallo tra l'evento lesivo e la morte, con conseguente acquisizione di una pretesa risarcitoria trasmissibile agli eredi (Cass. nr. 13537 del 2014; nr. 7126 del 2013; n. 2564 del 2012).  ### le tabelle di ### 2021, in vigore al momento della decisione, quindi si assegna a ciascun giorno di sofferenza, nei limiti del tetto di cento giorni complessivi, un valore progressivamente - e convenzionalmente - decrescente, sino ad agganciarsi, al centesimo giorno, alla valutazione del danno biologico temporaneo ordinario. Ferma la necessità di rigorosa prova del danno lucidamente patito in stato di coscienza. Nulla impedisce, naturalmente, che a fronte di un decorso particolarmente lungo, la percezione della fine intervenga in un momento successivo, e solo dal quel momento, dunque, potrà sorgere il danno. 
Nel caso in esame, risulta dalla documentazione medica allegata in atti che la malattia veniva accertata il ### nella misura del 4% dall'### e poi aumentata al 10% con sentenza del 2015; la malattia venne confermata il ### dalla collegiale medica #### decedeva in data ###. 
Per il danno biologico terminale le tabelle di ### prevedono € 30.000 fino al 3° giorno e poi una somma per ciascun giorno di danno dal 4° al 100° giorno. ### personalizzazione può comportare un aumento sino al 50%: a partire dal quarto giorno, la valutazione giornaliera del danno sarà comunque personalizzabile, in relazione alle circostanze del caso concreto e del particolare sconvolgimento che risulti di volta in volta provato. La liquidazione del danno terminale, proprio in quanto comprensiva di ogni voce di pregiudizio non patrimoniale patita in quel lasso di tempo, esclude la separata liquidazione del danno biologico temporaneo “ordinario”, da intendersi quindi assorbita. Tuttavia la stessa definizione ### esclude che il danno possa protrarsi per un tempo esteso. Pur nella difficoltà di tipizzazione delle possibili variabili, si suggerisce l'individuazione di un numero massimo di giorni (allo stato individuato, convenzionalmente, in 100) al di là del quale il danno terminale non può prolungarsi, tornando ad esser risarcibile il solo danno biologico temporaneo ordinario. L' inabilità temporanea assoluta da danno biologico temporaneo è da risarcire secondo le tabelle di ### con 99 € al giorno (€ 72,00 + € 27,00 rispettivamente per le componenti per danno biologico/dinamico relazionale e per danno da sofferenza soggettiva interiore media presumibile).Tale somma è personalizzabile fino al 50%, ovvero fino a € 148,5/die in ragione della particolare situazione del caso concreto. 
Per quanto riguarda il danno da sofferenza interiore e la consapevolezza della morte, i testi riferiscono: ### “Adr: Non ci vedevamo tutti i giorni con ### ci siamo incontrati per strada, poi quando la malattia ha avuto il sopravvento non usciva più da casa. Lui camminava con la bombola per respirare. 
Non riusciva più a fare tutte quelle cose quotidiane che faceva prima, anche le cose che faceva come la spesa e le cose quotidiane a causa di questa bombola e della difficoltà a respirare. Poi mano mano che la malattia peggiorava le ha fatte sempre di meno finchè non è rimasto a casa e non è uscito più. 
ADR: Parecchi mesi è rimasto a casa senza uscire. 
Adr: non poteva stare disteso aveva più difficoltà a respirare. Quando andavo a trovarlo a casa lo trovavo seduto con l'ossigeno. Non ce la faceva a respirare, per respirare si doveva curvare. 
Adr: io lo vedevo proprio depresso, sapeva quello che aveva contratto e sapeva che doveva morire. Si preoccupava per la famiglia, per i figli, che dovevano studiare. Sapeva che doveva morire.  adr: Che io sappia i figli sono tre. Lo accudivano loro e la moglie.” ### “Noi eravamo dello stesso paese abitavamo a distanza di 100/200 mt. Spesso lo incontravo la mattina quando usciva con la bombola di ossigeno e mi diceva che non riusciva a respirare. Lui era molto affaticato non riusciva a respirare. Mi diceva sempre che aveva l'affanno. Era molto triste, era depresso, io cercavo di incoraggiarlo ma lui era molto depresso. Diceva sempre “guarda come sono ridotto” perché camminava curvo. E mi preoccupavo anche di più io per me perchè anche io ho lo stesso problema.  ### io ho un ispessimento pleurico con un nodulo al polmone e vivo con la paura di morire. 
Adr: ad un certo punto ### ha smesso di uscire e non l'ho visto più. Non sono mai andato a trovarlo a casa. E' morto dopo circa 7/8 mesi -un anno da quando ha smesso di uscire. Gli amici mi dicevano che non stava bene, e che stava peggiorando. 
Adr: so che la figlia lo accudiva e che dopo un po' è morta anche la moglie . Non la conoscevo, solo di vista, sapevo che era la moglie ### sono certo che la moglie è morta, poco dopo di lui.” Appare quindi provato che ### abbia subito un danno biologico terminale nella sua duplice componente di danno terminale biologico e di cd. danno catastrofale. I testi, anche in relazione a tale circostanza, riferiscono di fatti di diretta percezione e di stati d'animo di ### a loro personalmente rappresentati e da loro personalmente percepiti. 
Quindi tale danno sussiste e va liquidato in base ai criteri innanzi indicati. 
Per quanto riguarda i primi 100 giorni si può facilmente presumere che ### venendo a conoscenza di avere l'asbestosi, una malattia legata all'amianto, potenzialmente mortale, che aveva colpito molti suoi colleghi di lavoro anche deceduti, abbia provato una rilevante sofferenza psichica.  (i testi riferiscono, come sopra riportato, di che ### era sconvolto ed aveva consapevolezza di dover morire, che era depresso, anche se non collocano temporalmente questa circostanza) Si ritiene quindi equo e conforme a giustizia calcolare il danno terminale dal giorno della scoperta della malattia secondo i canoni stabiliti dalle tabelle di ### e di liquidare il periodo successivo secondo i criteri del danno biologico temporaneo ovvero con € 99 al giorno dal 101 giorno al decesso, personalizzato, in considerazione delle sofferenze subite, fino a €125/die visto quanto riferito dai testi, che riferiscono di un periodo caratterizzato da particolari sofferenze al punto che ### prima usciva solo con la bombola di ossigeno e poi non usciva neanche più di casa, non riusciva a respirare e aveva l'affanno, tanto che per respirare di doveva curvare. 
La precisione delle descrizioni fatte dai testi escussi è tale da non lasciare dubbi sulla importanza e rilevanza della insufficienza respiratoria, dovuta all'asbestosi ed anche alla bpco sempre di origine professionale (da fumi di saldatura). 
Si ritiene equo quindi liquidare il danno terminale in base a quanto stabilito dalle tabelle di ### per i primi tre giorni la somma di € 30.000, e per i successivi 97 giorni € 53.235, per un totale di € 83.235. 
A tale somma va aggiunta la somma di € 94.250 a titolo di danno da inabilità temporanea per il periodo rimanente (754 gioni x 125 €/die). 
Per un totale di € 177.485 per danno biologico complessivo da risarcire iure hereditatis. 
Il giudice non ritiene che le somme così calcolate, esclusa la risarcibilità del danno permanente, debbano essere ulteriormente decurtate di quanto percepito dall'### La regola dell'esonero - e del suo superamento solo in presenza di illiceità penale - non vale per il danno che esula ab origine dalla copertura assicurativa ### (c. d. danno complementare, definito pure differenziale qualitativo) come il biologico temporaneo, il biologico in franchigia (fino al 5%,) il patrimoniale in franchigia (fino al 15%), il morale ed i pregiudizi esistenziali, il danno tanatologico o da morte iure proprio e jure successionis, la personalizzazione o ricadute soggettive del danno biologico, per ottenere il quale il lavoratore o suoi eredi possono agire nei confronti del datore secondo il diritto civile, azionando anche una domanda per responsabilità contrattuale (oltre che extracontrattuale); avvalendosi quindi se del caso dell'inversione dell'onere della prova della colpa, nella logica oramai assodata della responsabilità contrattuale ex artt. 2087 e 1218 c.c.. (Cass 4972/2018). 
Il danno non patrimoniale spettante iure hereditatis non rientra tra le voci indennizzabili dall'### e si colloca, pertanto, tra i danni cd. complementari, rispetto ai quali non si pone un problema attinente ai criteri di scomputo; inoltre la prestazione economica che la legge pone a carico dell'ente previdenziale in caso di morte del lavoratore assicurato, cioè la rendita in favore dei superstiti, costituisce risarcimento del danno patrimoniale subito in dipendenza della morte del congiunto (cfr. Cass. n. 6306 del 2017; n. 19560 del 2003), ed attiene quindi ad una voce eterogenea rispetto al danno non patrimoniale riconosciuto nel caso in esame iure hereditatis, come tale neanche astrattamente scomputabile secondo l'indirizzo consolidato sopra richiamato che esige, comunque, la omogeneità dei pregiudizi e delle corrispondenti poste. Cassazione civile sez. lav., 27/03/2019, (ud. 28/11/2018, dep. 27/03/2019, n.8580). 
Nessuna detrazione dovrà, quindi, effettuarsi neanche con riferimento alle somme erogate dall'### a titolo di rendita ai superstiti ai sensi dell'art. 85 DPR 1124/1965. In base a quest'ultima previsione di legge, se l'infortunio o la malattia professionale ha come conseguenza la morte, spetta a favore dei superstiti, che si trovino nelle condizioni di cui all'art. 106 D.P.R. 1124/65, una rendita ragguagliata al cento per cento della retribuzione determinata secondo le disposizioni degli artt. 116-120 D.P.R.  1124/65. La funzione della rendita, secondo quanto chiarito dalla Suprema Corte, "è palesemente quella di sopperire, sostituendo la retribuzione dell'infortunato, alle necessità economiche dei superstiti", mentre "non vi è traccia, nelle citate disposizioni, di una copertura di danni diversi da quelli patrimoniali" (v., in motivazione, Cass. 6480/2000; conf. Cass. 3069/2002, 5910/1998, 859/1997, 6074/1981). 
Pertanto, poiché la domanda dei ricorrenti concerne unicamente il danno non patrimoniale spettante iure proprio e iure hereditatis, è evidente che dalla somma determinata a tale titolo non possono essere detratti gli importi corrisposti agli eredi a diverso titolo, come appunto la rendita di cui all'art. 85 D.P.R. 1124/65. 
Per quanto riguarda il danno iure proprio dei congiunti del defunto, sulla base delle tabelle di ### è stato chiesto nella misura di 331.920,00, a favore della vedova sig. ### e di € 165.960 per ogni figlio. 
A tal fine, la giurisprudenza della S.C. riconosce la legittimazione attiva dei parenti qualificabili come "immediati" congiunti, e cioe', oltre al coniuge, tutti i parenti di primo grado (genitori, figli, fratelli). 
Infatti e' logico presumere ai sensi dell'art. 2727 c.c. che, nella stragrande maggioranza dei casi, tra tali soggetti e la vittima del sinistro esista, oltre al legame di parentela, un effettivo e profondo legame affettivo, sul quale il fatto luttuoso va ad incidere, determinando sia un grave e transeunte perturbamento dell'animo (danno da "shock emotivo") sia per il futuro una irreversibile menomazione della loro sfera degli affetti (danno parentale). 
Con la sentenza delle ### U, n. 26972 del 11/11/2008 in virtu' del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, è stata estesa la tutela risarcitoria ai casi di danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla ### e, per effetto di tale estensione, è stata ricondotta nell'ambito dell'art. 2059 c.c., anche la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano subito lesioni ai diritti inviolabili della famiglia (artt.  2,29 e 30 Cost.), con la precisazione che il danno non patrimoniale da perdita o compromissione del rapporto parentale nel caso di morte o di procurata grave invalidita' del congiunto consiste nella privazione di un valore non economico, ma personale, costituito della irreversibile perdita del godimento del congiunto, dalla definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali, secondo le varie modalita' con le quali normalmente si esprimono nell'ambito del nucleo familiare; tale danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona deve essere provato, non essendo lo stesso in re ipsa. 
In particolare, "Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall'altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta. In caso di fatto illecito plurioffensivo, ciascun danneggiato - in forza di quanto previsto dagli artt. 2,29,30 e 31 Cost., nonché degli artt.  8 e 12 della ### dei diritti dell'uomo e dell'art. 1 della cd. "Carta di ### - è titolare di un autonomo diritto all'integrale risarcimento del pregiudizio subito, comprensivo, pertanto, sia del danno morale (da identificare nella sofferenza interiore soggettiva patita sul piano strettamente emotivo, non solo nell'immediatezza dell'illecito, ma anche in modo duraturo, pur senza protrarsi per tutta la vita) che di quello "dinamico-relazionale" (consistente nel peggioramento delle condizioni e abitudini, interne ed esterne, di vita quotidiana). Ne consegue che, in caso di perdita definitiva del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subito, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all'età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l'unità, la continuità e l'intensità del rapporto familiare" (Cassazione civile sez. III, 26/07/2019, n.20287). 
Detto pregiudizio quindi si distingue nettamente sia dal danno biologico che da quello morale soggettivo in quanto non consiste in una lesione dell'integrità psico-fisica della persona, né può ritenersi coincidente con la transeunte sofferenza che naturalmente consegue alla perdita del prossimo congiunto. 
In tema di danno non patrimoniale - come, peraltro, sottolineato dalle stesse ### della Suprema Corte di Cassazione nelle note sentenze "gemelle" nn. 269722 6973-2 6974/08, assumono precipuo rilievo le presunzioni, le quali, non costituendo un mezzo di prova di rango inferiore agli altri, possono anche rappresentare l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice. 
Si legge nella sentenza Cass., 19/11/2018, n. 29784 “(…) ed infatti, come questa Corte ha già avuto modo di affermare e di ribadire, la prova del danno da perdita dello stretto congiunto può essere data anche a mezzo di presunzioni (v. Cass. 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828; Cass. 19 agosto 2003, 12124; Cass. 15 luglio 2005, n. 15022), le quali al riguardo assumono anzi precipuo rilievo (v. Cass., Sez. U., 24 marzo 2006, n. 6572); le presunzioni, vale osservare, come affermato in giurisprudenza di legittimità (v. Cass., Sez. U., n. 6572/2006 cit.) e sostenuto anche in dottrina, non costituiscono uno strumento probatorio di rango secondario nella gerarchia dei mezzi di prova e più debole rispetto alla prova diretta o rappresentativa; va anche sottolineato come, alla stessa stregua di quella legale, la presunzione vale sostanzialmente a facilitare l'assolvimento dell'onere della prova da parte di chi ne è onerato, trasferendo sulla controparte l'onere della prova contraria; solo affinchè possa ritenersi leso il rapporto parentale di soggetti al di fuori di dello stretto nucleo familiare (es. nonni, nipoti, genero, nuora) è necessaria la convivenza, quale connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità dei rapporti parentali, anche allargati, caratterizzati da reciproci vincoli affettivi, di pratica della solidarietà, di sostegno economico; la presenza di un dato esteriore certo, a fondamento costituzionale, che elimina le incertezze in termini di prevedibilità della prova caso per caso - della quale non può escludersi la compiacenza - di un rapporto affettivo intimo intenso, si sostituisce, così, al dato legalmente rilevante della parentela stretta all'interno della famiglia nucleare e, parificato a quest'ultimo, consente di usufruire dello stesso regime probatorio, per presunzione della particolare intensità degli affetti, che la giurisprudenza di legittimità ammette per i parenti stretti (v. Cass. 13 maggio 2011, n. 10527); Dunque la morte di un prossimo congiunto costituisce di per sè un fatto noto dal quale il giudice può desumere, ex art. 2727 c.c., che i familiari stretti dello scomparso, i quali sono stati privati di un valore non economico ma personale, costituito dal godimento della presenza del congiunto ed hanno subito la definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali, secondo le varie modalità con le quali normalmente si esprimono nell'ambito del nucleo familiare, abbiano patito una sofferenza interiore tale da determinare un'alterazione della loro vita di relazione e da indurli a scelte di vita diverse da quelle che avrebbero altrimenti compiuto, sicchè nel giudizio di risarcimento del relativo danno non patrimoniale incombe al danneggiante dimostrare l'inesistenza di tali pregiudizi. 
Una prova del genere non può, evidentemente, consistere, nel caso di detto legame parentale stretto, nella mera mancanza di convivenza, atteso che il pregiudizio presunto, proprio per tale legame e le indubbie sofferenze patite dai parenti, prescinde già, in sè, dalla convivenza; e neanche nella lontananza (Cass 3767/2018); la mancanza di convivenza, quindi, non può rilevare al fine di escludere o limitare il pregiudizio, bensì al solo fine di ridurre il risarcimento rispetto a quello spettante secondo gli ordinari criteri di liquidazione, tenuto conto di ogni ulteriore elemento utile e così, ad esempio, della consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, delle abitudini di vita, dell'età della vittima, di quella dei singoli superstiti, ecc. (v. Cass. 21 agosto 2018, n. 20844); anche il legame parentale fra nonno e nipote consente di presumere che il secondo subisca un pregiudizio non patrimoniale in conseguenza della morte del primo (per la perdita della relazione con una figura di riferimento e dei correlati rapporti di affetto e solidarietà familiare) e ciò anche in difetto di un rapporto di convivenza, fatta salva, ovviamente, la necessità di considerare l'effettività e la consistenza della relazione parentale ai fini della liquidazione del danno. Cassazione civile , sez. III , 07/12/2017 , n. 29332 Quindi, riassumendo, secondo la Suprema Corte il danno in esame non è in re ipsa e non esiste, pertanto, un “minimo garantito”: la parte è -come sempregravata dagli oneri di allegazione e prova del danno non patrimoniale subito, fermo il ricorso alla prova per presunzioni; il giudice deve valutare caso per caso, ferma la possibilità di porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza (Cass. sentenza n. 25164/2020). 
In quest'ottica, il danno da perdita del rapporto parentale è un danno non patrimoniale onnicomprensivo (del danno morale e delle sue ricadute dinamico relazionali) presunto per i congiunti più stretti -tranne prova contraria-; il danno è presunto per gli stretti congiunti sia che convivano, sia che non convivano. Il dato della non convivenza può in tal caso incidere sul quantum ma non sull' an del risarcimento. E' invece oggetto di prova per i congiunti al di fuori dello stretto nucleo familiare, che dovranno provare la relazione affettiva e la consistenza del legame leso, salvo però in caso di convivenza, ove la presunzione semplice opera come per gli stretti congiunti. In linea con il surriferito orientamento giurisprudenziale di legittimità, il soggetto danneggiato non è tenuto a dare prova del danno non patrimoniale effettivamente subìto, spettando, invece, alla controparte offrire elementi di segno contrario atti a superare la cennata presunzione semplice (cfr., in tal senso, Cass. ###/18 e Cass. n. 4253/12). 
Il risarcimento del danno da perdita parentale deve essere liquidato in via equitativa, tenendo conto delle tabelle del ### di ### e del rapporto di vicinanza e di affetto, nonché tenendo conto che l'unitario danno non patrimoniale subito dal prossimo congiunto si compone sia dell'interiore sofferenza morale soggettiva, sia di quella riflessa sul piano dinamico-relazionale, dovendosi liquidare il pregiudizio tenendo conto della sussistenza di uno o entrambi i profili di cui si compone il danno non patrimoniale di che trattasi ed apprezzare la gravità ed effettiva entità del danno in considerazione dei concreti rapporti col congiunto, anche ricorrendo ad elementi presuntivi, quali la maggiore o minore prossimità del legame parentale, la qualità dei legami affettivi, la sopravvivenza di altri congiunti, la convivenza o meno col danneggiato, l'età delle parti ed ogni altra circostanza del caso (Cassazione civile, sez. III, 11/11/2019, n. 28989). 
Le tabelle aggiornate prevedono un minimo e un massimo di risarcimento per la lesione da perdita del rapporto parentale. Il valore monetario, indicato in ### nella prima colonna, è quello denominato “base”: i valori, di cui alla prima colonna, esprimono la “uniformità pecuniaria di base” cui fanno riferimento le note sentenze della Corte costituzionale n. 184/1986 e della Cassazione n. 12408/2011, salva la prova di un'ulteriore “aumento personalizzato” fino ai valori massimi, indicato nella seconda colonna della ### che deve essere, invece, applicato dal giudice solo laddove la parte nel processo alleghi e rigorosamente provi circostanze di fatto da cui possa inferirsi, anche in via presuntiva, un maggiore sconvolgimento della propria vita in conseguenza della perdita del rapporto parentale. 
Le tabelle prevedono a favore del coniuge (non-separato), della parte dell'unione civile o del convivente di fatto sopravvissuto nonché del figlio per morte di un genitore il risarcimento da € 168.250,00 a € 336.500,00 . 
I testi hanno riferito che la qualità della vita di ### era sensibilmente peggiorata con la malattia; egli girava con la bombola di ossigeno e faticava a respirare; entrambi hanno riferito che nell'ultimo periodo (7/8 mesi -un anno) non usciva più, era sempre a casa sdraiato a letto e che lo accudivano la moglie e i figli; che non riusciva a respirare ed era sempre depresso, con la consapevolezza della morte che incombeva. E' evidente e presumibile quindi la sofferenza che i familiari devono avere subito vedendo il loro marito e padre in tali condizioni, al punto di non uscire più di casa, assistendo e subendo il cambiamento di tutte le abitudini di vita instaurate. 
Pertanto ritenuto provato il danno da perdita del rapporto parentale, in base alle presunzioni sopra descritte ed agli esiti della prova testimoniale, con riferimento alle tabelle di ### va liquidato ai congiunti la seguente somma a titolo di danno da perdita del rapporto parentale: appare congruo riconoscere a ### coniuge convivente di ### che aveva l'età di anni 72 al momento del decesso del marito, e che conseguentemente nutriva l'aspettativa di continuare a condividere ancora per alcuni anni la propria vita con il marito, prematuramente scomparso, una somma pari ad euro 170.000,00; a ciascuno dei figli aventi l'età di 50, 44 e 42 anni al momento del decesso del padre e non conviventi, appare congruo liquidare una somma al limite minimo, ossia euro 168.250,00 in considerazione dell'età comunque avanzata del padre, al momento del decesso (76 anni di pochi anni inferiore all'aspettativa di vita media in ### di 82 anni), il che rileva in particolar modo per i figli per i quali l'ordine naturale delle cose prevede di dover assistere, prima o poi, alla morte del proprio genitore. 
Sulle somme riconosciute, liquidate all'attualità, vanno riconosciuti gli interessi legali dalla sentenza fino al soddisfo oltre agli interessi legali sulle somme rivalutate alla data dell'evento secondo gli indici ### del cosiddetto costo della vita e annualmente rivalutata dalla data dell'evento dannoso fino ad oggi.  ### della lite, favorevole al ricorrente, giustifica la liquidazione delle spese processuali secondo la regola della soccombenza ed è liquidata come da dispositivo. 
Le spese di ctu sono poste a carico di parte resistente e sono liquidate come da separato decreto.  PQM Il Giudice del ### definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dagli eredi di #### nelle persone di ###### E ### con ricorso depositato in data ### nei confronti della ### s.p.a. in persona del legale rapp.te p.t., e riassunto con ricorso depositato il ###, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede: - accerta e dichiara che ### è deceduto per “asbestosi polmonare, insufficienza cardiorespiratoria, arresto cardio respiratorio”, e che l'asbestosi è malattia di origine professionale; - accoglie la domanda di risarcimento dei danni spiegata dai ricorrenti nei limiti indicati in parte motiva e, per l'effetto, condanna la ### s.p.a. al pagamento, in loro favore, del danno biologico iure hereditatis, liquidato, complessivamente, in € 177.485,00, oltre accessori di legge, a decorrere dalla data di notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio; -accoglie la domanda di risarcimento dei danni spiegata dai ricorrenti nei limiti indicati in parte motiva e, per l'effetto, condanna la ### s.p.a. al pagamento, in loro favore, del danno da perdita del rapporto parentale, liquidato per ### nella somma di € 170.000,00 e per #### e ### nella somma di € 168.250,00 ciascuno, oltre accessori di legge, a decorrere dalla data di notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio - condanna la ### s.p.a. al pagamento delle spese processuali che liquida, per tale misura ridotta, in € 20.000 per compenso professionale, con attribuzione, oltre oneri accessori come per legge.  - liquida le spese di ctu come da separato decreto.   Così deciso in ### udienza a trattazione scritta del 20/06/2022 

Il Giudice
del ###ssa ### n. 6502/2018


causa n. 6502/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Giusti Cristina

M
1

Tribunale di Firenze, Sentenza n. 1221/2018 del 24-04-2018

... staccati….omissis…. confezionamento di colostomia terminale in ipocondrio ### con il colon traversa. Divulsione anale lavaggio con sonda rettale”. Come si legge dunque la resezione del colon è stata ampia, ciò che è confermato dalle perizie in atti. La cartella è chiara e a tali elementi utili a comprendere come classificare la lesione viscerale, è utile anche quanto riportato nella visita dei medici dell'### che avevano attestato un notevole calo ponderale del paziente (e dunque la complicanza del malassorbimento per resezione del colon). Anche la dott.ssa ### riporta nella sua relazione che il paziente le aveva riferito di un calo ponderale e della persistenza di dolori addominali che non consentivano un sonno regolare. Dunque stando tali fatti ricavabili dai documenti, può ritenersi che la resezione dell'organo ### accompagnata da calo ponderale inferiore al 20%, con prescrizioni mediche e dietetiche determini una IP quantomeno di seconda classe che prevede una IP dal 16 al 25%. La lesione viscerale si è accompagnata, come già detto, all'indebolimento permanente della parete addominale, per le cicatrici chirurgiche che ne sono conseguite, e che sono state, come si legge (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE 02 ### sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 4803/2014 promossa da: ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. #### e dell'avv. ### (###) via vecchia aretina n. 85 50067 ###'ARNO; ### (###) #### (###) ### 23 50132 FIRENZE; , elettivamente domiciliato in ### 40 - ### presso il difensore avv. ### ATTORE/I contro ### S.R.L. (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv.  ### e dell'avv. , elettivamente domiciliato in ### 3 50129 ### presso il difensore avv. #### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### e dell'avv. ### (###) ### 9 50122 ### , elettivamente domiciliato in ### 2 50142 ### presso il difensore avv. #### CONVENUTO/### (C.F. ###5), con il patrocinio dell'avv. ### e dell'avv. ### (###) ### 6 50136 ### , elettivamente domiciliato in ### 1 40121 BOLOGNA presso il difensore avv. #####'interesse dell'attore: voglia il tribunale condannare il Dott. ### e il ### in solido tra di loro al pagamento della somma sopra indicata di €. 362.729,05, oltre ad interessi legali dovuti per legge, oltre a rivalutazione monetaria, o a quella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia. Con vittoria di spese, funzioni ed onorari. 
Nell'interesse del ### (comparsa di risposta): In via principale respingere la domanda attorea; in subordine in caso di accertata responsabilità solidale tra i convenuti, accertare il grado delle responsabilità e condannare ex art. 1299 e 2055 c.c. il dott. ### a rifondere quanto il ### fosse tenuto a versare all'attore, compreso il rimborso delle spese di lite. 
In ipotesi dichiarare la terza chiamata ### tenuta a manlevare il convenuto COF da ogni pretesa ad esso rivolta dall'attore o ad esso rivolta dall'altro convenuto per i titoli dedotti in giudizio, con condanna della stessa alla refusione di quanto sarà eventualmente tenuta a pagare in conseguenza dell'accoglimento delle domande, comprese le spese legali. 
Nell'interesse del dott. ### respingere la domanda dell'attore nei confronti del dott. ### e in caso di accoglimento dichiarare tenuta l'### tenuta a manlevarlo dalle conseguenze pregiudizievoli della sentenza e dichiara di voler approfittare anche della manleva della garante del ##### in base alla polizza stipulata a favore dei medici del ### anche in attività libero professionale; rigetto della domanda di surroga formulata dalla medesima compagnia ex art. 1916 c.c. non sussistendo alcun profilo di responsabilità del dott.  #### rigetto della domanda dell'attore, infondata nei confronti del dott. ### in subordine in caso di accertamento della responsabilità del dott. ### accertare i rispettivi gradi di responsabilità e accertare che la polizza stipulata dal ### con ### LIMITED costituisce un contratto anche a favore dei terzi (medici anche in attività libero professionali operanti nel centro) valevole come garanzia a primo rischio anche per la loro posizione; vinte le spese in ogni caso.  ###interesse di ### 1) nel merito, in via principale: rigettare le domande tutte ex adverso formulate, in quanto infondate e pretestuose, in fatto ed in diritto; 2) nel merito, in via subordinata: accertare e dichiarare che il dott. ### è responsabile di tutti i danni eventualmente occorsi al sig. ### e per l'effetto dichiarare il medesimo tenuto a garantire, manlevare e, comunque, tenere indenne il ### - ### di ### s.r.l., da ogni e qualsivoglia somma che la ### di ### fosse condannata a risarcire in favore del sig. ### 3) nel merito, sempre in via subordinata: ridurre i danni (e, conseguentemente, le pretese risarcitorie del sig. ### in quanto eccesive e sproporzionate e calcolare il quantum dell'eventuale pretesa tenuto conto non solo delle condizioni pregresse dell'attore, ma anche delle somme già percepite e percipiende a causa del danno in ipotesi subito; 4) nel merito, in via ulteriormente subordinata: nella denegata ipotesi di rigetto della domanda formulata in via principale e delle domande formulate in via subordinata, procedere alla graduazione delle colpe tra tutti i soggetti convenuti (### - ### di ### s.r.l. e dott. ###, mediante la determinazione della gravità delle rispettive condotte e della entità delle conseguenze che ne sono derivate; 5) sempre in via subordinata; dichiarare la ### tenuta a garantire e manlevare il ### nei limiti della polizza contratta; 6) in via riconvenzionale condizionata: sempre nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande attoree, effettuata la graduazione delle colpe tra tutti i soggetti convenuti (### di ### S.r.l. e dott. ### e la determinazione della gravità delle rispettive condotte e della entità delle conseguenze che ne sono derivate, procedere alla suddivisione pro quota, tra gli stessi, delle somme eventualmente dovute all'attore a titolo di risarcimento del danno e, per l'effetto, in caso di condanna solidale, condannare il dott. ### ai sensi dell'art. 1916 c.c., a corrispondere alla ### quanto eventualmente da questa corrisposto per le responsabilità accertate in capo a quest'ultimo; 7) sempre in via riconvenzionale condizionata: sempre nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande attoree, previa declaratoria della legittimazione attiva e passiva con riferimento all'azione di regresso esperita dalla ### e quindi della sua conseguente ammissibilità, procedere alla suddivisione pro quota, tra gli istituti assicurativi che hanno assicurato il medesimo rischio per cui è causa (### s.p.a., salvo altri), delle somme eventualmente dovute all'attore a titolo di risarcimento del danno e, per l'effetto, condannare tutte le compagnie assicuratrici di cui sopra a corrispondere il dovuto ai sensi dell'art. 1910 c.c., respingendo, per l'effetto, ogni domanda di estromissione dal giudizio. 
In ogni caso con vittoria delle spese di lite, oltre accessori di legge. 
In via istruttoria: con ogni più ampia riserva istruttoria si chiede sin d'ora: a) il rinnovo della ctu per le ragioni tutte di cui in narrativa; b) disporsi ex art. 213 c.p.c. nei confronti dell'### l'esibizione della documentazione afferente a tutti gli emolumenti e le rendite vitalizie riconosciute in favore del sig. ### FATTO E DIRITTO Con atto di citazione notificato ai convenuti ### ha chiesto i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per mal-practice medica, allorquando si affidò alle cure mediche del dott. ### che lo operò in regime libero professionale al ### in data 20 sett. 2011 con intervento di surrenectomia eseguito in laparoscopia. 
Ha dedotto che durante tale intervento gli venne praticata una perforazione del colon, con conseguente versamento di feci nel peritoneo e successivo stato settico che rese necessari ulteriori successivi e molteplici interventi chirurgici con uno stato di malattia di circa due anni. 
In particolare ha esposto che agli inizi di agosto del 2011, si sottoponeva volontariamente ad esame TC addome di controllo, vista la familiarità per neoplasie. Dall'esame emergeva la presenza di una lesione nel contesto del surrene sx per cui, pur in assenza di sintomi, il ### si ricoverava presso il ### dove il giorno successivo era sottoposto dal Dott. ### ad intervento laparoscopico di surrenectomia sinistra. 
Il decorso post-operatorio era regolare ed il p. veniva dimesso il ### in buone condizioni generali. Il referto istologico del 23/09/2011 evidenziava che la lesione era costituita da adenoma cortico-surrenalico.  ### mattinata del 24/9/2011 (IV giornata post-operatoria) insorgevano forti dolori addominali e febbre, per cui nel pomeriggio venne nuovamente ricoverato ricoverava presso il ### Veniva sottoposto lo stesso giorno a TC addome con contrasto che evidenziava presenza di piccole bolle gassose in corrispondenza dell'ilo epatico e minimi segni suggestivi per lieve sofferenza flogistica della coda pancreatica. Per le successive 48 ore il p. continuava a soffrire di fortissimi dolori addominali, nonostante la somministrazione di analgesici anche maggiori ### ed a presentare febbre e tachicardia. 
Dal 26/09/2011 ai fortissimi dolori si accompagnava ipotensione, stato confusionale e difficoltà respiratorie, per cui veniva ripetuto un esame TC addome che rilevava la presenza di abbondante versamento pleurico bilaterale, versamento endoperitoneale e presenza di gas libero intra-peritoneale, per cui i sanitari decidevano di re-intervenire chirurgicamente per via laparoscopica riscontrando la presenza di una perforazione del colon che veniva contestualmente suturata in laparoscopia. 
Venivano effettuati lavaggi peritoneali e confezionata trasversostomia a monte della lesione e posizionati 4 drenaggi. 
A causa delle gravi condizioni, dell'instabilità emodinamica, dell'insufficienza respiratoria con necessità di intubazione (fallito un tentativo di estubazione in data ###), il p. veniva trasferito (01/10/2011) presso il reparto di ### dell'### dove rimaneva ricoverato sino al 24/10/2011, venendo poi trasferito in ### fino al 2/11/2011. 
In questo periodo permaneva grave quadro di insufficienza respiratoria alvo chiuso nonostante la stomia, esteso versamento pleurico bilaterale con segni di consolidamento polmonare e veniva ancora evidenziata un'ampia falda fluida intraperitoneale per cui il ### si rendeva necessario un intervento di laparotomia mediana per drenare una raccolta ascessuale. In tale occasione veniva posizionato un sistema per la chiusura temporanea della parete addominale che ha permesso di eseguire due ulteriori revisioni del cavo peritoneale. Per fuoriuscita di materiale enterico si rendeva necessaria ulteriore re-laparotomia con riscontro di deiscenza della precedente sutura della perforazione del colon. 
Si è quindi resa necessaria una resezione del trasverso fino al discendente superiore e confezionamento di colostomia terminale in ipocondrio destro sul trasverso prossimale. 
Le condizioni erano quindi lentamente migliorate sino alle dimissioni, con ripresa dell'alimentazione per bocca e necessità di essere seguito a lungo a livello ambulatoriale. 
Nel settembre 2012 si rendeva necessario intervento di plastica della parete addominale con posizionamento di una rete protesica e nell'aprile ed ottobre 2013 altri due interventi per completare la ricanalizzazione. 
Attualmente il ### lamenta di star male, di avere un calo ponderale, di non riuscire a dormire a causa dei dolori, di dove usare sempre una fascia contenitiva. 
Ha allegato di avere lesioni permanenti per laparocele e colostomia, un grave danno estetico che lo pregiudicava anche nella vita sessuale e di relaizone come da foto allegate e un danno anche psichiatrico, come emerge dai documenti sanitari prodotti e dal certificato medici dell'### che attestano la sussistenza di una depressione reattiva grave. 
Ha dedotto che a causa del lungo periodo di malattia di quasi due anni aveva superato il periodo lavorativo del comporto ed era stato licenziato dal suo impiego di facchino presso la ditta ### srl di ### dalla quale era stato assunto nel marzo 2010 a tempo indeterminato con retribuzione lorda per 40 ore settimanali di euro 3200,00, netto mensile euro 17.472,00. 
Ha dedotto che in quelle gravi condizioni di salute non gli fu più possibile reperire un lavoro e stante la mancanza dell'immediato risarcimento da parte dei responsabili, è stato quindi ammesso a beneficiare del contributo comunale per persone indigenti a carico del comune di ### percependo un contributo mensile di circa 250 euro, insufficiente per vivere. Nessun acconto di risarcimento gli era stato dato nonostante gli esiti della perizia preventiva promossa dal medesimo ### (###. 
Al tentativo di mediazione obbligatoria il ### non si era nemmeno presentato e il ### aveva conseguentemente rifiutato ogni possibilità di accordo per mancata presenza del ### Ha allegato la responsabilità solidale del chirurgo ### e della struttura presso cui aveva operato con richeista di tutti i danni subiti indicando in citazione a titolo esemplificativo la somma di euro 411.159,00 e lasciando aperta la domanda con la locuzione “ o somma maggiore o minore”, e apprezzando una valutazione separata al danno estetico e morale. 
I danni patrimoniali sono stati chiesti indicando quale criterio esemplificativo di calcolo le tabelle allegate al regio decreto anno 1922.  *** 
Il dott. ### ha contestato la propria responsabilità deducendo di essere stato assolto dal giudice penale, sulla base della perizia collegiale ### e ### che avevano rilevato come fosse corretta la scelta di procedere in laparoscopia, e come la perforazione intestinale che era avvenuta nel corso dell'intervento di surrenectomia poteva essere dipesa da vari fattori e non esclusivamente dall'error del medico (sprofondamento eccessivo dell'elettrobisturi). 
In tale incertezza sulla causa della perforazione intestinale il giudice penale aveva assolto il dott. ### avendo i ctu ### e ### escluso la responsabilità per detta complicanza. 
Anche le due ctu espletate in questa sede civile dalla dott.ssa ### (696 bis ) e puttini, erano giunte alle stesse conclusioni escludendo la responsabilità del medico per la complicanza. Tali perizie erano tuttavia contraddittorie laddove avevano apprezzato il danno da perforazione intestinale, e non si erano limitate ad apprezzare il danno da ritardato trattamento della peritonite e ha dedotto che occorre integrare la ctu sul punto. 
Ha comunque escluso che l'eventuale ritardo nel trattamento della peritonite stercoracea sia ascrivibile al ### atteso che dal 24 sett. h.18,30 al 26 settembre egli si era allontanato dal ### Ha inoltre dedotto che comunque la peritonite non dava evidenza di sé prima del 26.9 come sostenuto dai ctu ### e ### A voler comunque ammettere un ritardato trattamento della peritonite stercoracea di essa dovrebbe rispondere il ### per l'assenza del ### e per l'affidamento del paziente ai medici id guardia del ### In subordine ha chiesto di essere manlevato dalla sua assicuratrice ### giusta polizza personale stipulata, rilevando di aver agito presso il COF in attività libero professionale e dunque contestando, in prima battuta, di godere della copertura assicurativa del ### riservata solamente al personale dipendente. In seconda battuta ha dedotto di voler profittare della manleva offerta dalla polizza stipulata dal ### in caso la si consideri a primo rischio, chiedendo anche il rigetto della surroga svolta da detto garante nei sui confronti. 
Ha dunque insistito sulla natura a primo rischio della sua polizza personale, e ha comunque formulato domanda di garanzia anche nei confronti della garante del ### Inoltre ha dedotto che la condanna deve essere limitata al grado di responsabilità, da accertarsi mediante supplemento di ctu.  *** 
Si è costituito il ### chiedendo il rigetto della domanda attorea in base alle perizie ### e ### e deducendo che della complicanza i convenuti non devono rispondere nemmeno in sede civile come dichiarato dai ctu in causa. 
In subordine ha chiesto che del danno sia chiamato a rispondere in via esclusiva o prevalente il dott. ### che aveva disposto il ricovero del paziente da lui stesso operato e perforato all'intestino, e rilevando che era presente in situ la mattina del 25.9 A. 10,30, senza disporre nulla sul trattamento della peritonite stercoracea. 
Ha chiesto in subordine di essere manlevato da ### dalle conseguenze pregiudizievoli della sentenza.  *** 
Si è costituita la ### chiedendo il rigetto della domanda attorea conformemente all'esito del giudizio penale concluso con archiviazione; in subordine ha chiesto accertarsi la responsabilità esclusiva del dott. ### che aveva operato presso il centro in attività libero professionale, e dunque senza alcun coinvolgimento del ### e rilevando che il ### era dunque un paziente a tutti gli effetti del dott. ### anche quando venne da lui nuovamente ricoverato il 24.9 (ricovero disposto e seguito dal dott. ###. 
Il dott. ### era anche presente il 25.9 e nulla aveva disposto sulla peritonite, comunque non evidente prima del 26.9 come detto dai periti del giudizio penale. 
In subordine qualora dovesse accertarsi la responsabilità solidale dei convenuti ha chiesto di esercitare la surroga nei diritti del suo assicurato, chiedendo in via di regresso le somme che dovesse anticipare per la posizione del ### ai sensi dell'art. 1916 c.c..  ###'archiviazione/assoluzione penale Ci si limita a richiamare il principio di autonomia delle giurisdizioni e a rilevare come la causalità penalistica del “al di là di oggi ragionevole dubbio” non vale per la causalità civilistica dove vige il principio “del più probabile che non”. 
In ogni caso i periti ### e ### del giudice penale hanno confermato la tesi del ### del danno all'integrità fisica in occasione dell'intervento del ### del 20.9, per perforazione dell'intestino, come esito raro della surrenectomia per via laparoscopica (percentuali inferiori all'1%). 
Quanto alle ctu espletate in sede civile, si condivide l'assunto dei convenuti e dei loro garanti nella parte in cui rilevano l'evidente contraddizione contenuta in entrambe le ctu e che portano da un lato a premettere che il ### non debba rispondere della complicanza (perforazione intestinale) e dall'altro ad affermare che l'IP è del 15/20% così quantificando le complicanze (non essendovi altre patologie da considerare se non quelle). 
In realtà, come si dirà, stabilire se i convenuti debbano o meno rispondere della perforazione intestinale è un giudizio che spetta al Giudice chiamato ad accertare “an” e “quantum” del danno sulla base della prospettazione dei fatti, operando in punto di “an” con un percorso logico-giuridico che parte dall'interpretazione delle norme, giudizio evidentemente sottratto al ctu medico. 
Orbene è pacifico che l'intervento del 20.9 di surrenectomia fosse indicato, è pacifico che anche le modalità dell'intervento fossero indicate (laparoscopia in assenza di aderenze), ed è anche pacifico che in occasione di tale intervento si verificò un inavvertito “insulto termico del colon”, che a seguito della caduta dell'escara qualche giorno dopo, determinò la fuoruscita di feci in addome, causando forti dolori addominali, rialzi febbrili e altri sintomi univoci per peritonite quantomeno dal 25.9. 
Sulla responsabilità per la perforazione del colon si osserva quanto segue. 
Entrambe le due consulenze d'ufficio - la ctu resa in ATP dalla dott.ssa ### medico legale con l'ausilio del medico di chirurgia d'urgenza dott. ### e, successivamente, la perizia della dott.ssa ### resa nel corso del presente giudizio a cognitorio pieno - riportano la stessa ricostruzione dei fatti: il paziente ### all'epoca di anni 46, in assenza di alcun sintomo aveva effettuato una TAC addominale preventiva, stante la familiarità con malattie neoplastiche, e aveva scoperto di avere una neoformazione di 5 cm. alla ghiandola posta sopra il rene sinistro; a fronte della tac eseguita in data ###, venne disposto l'intervento chirurgico in data ### con la metodica di laparoscopia e utilizzo di un elettrobisturi di tipo “monopolare”, il quale, seppure raramente, causa delle perforazioni viscerali che vengono, invece, scongiurate dall'impiego dell'elettrobisturi “bipolare” (vd-. perizia ### nella quale vengono ben descritte le possibili perforazioni intestinali in laparoscopia e la miglior prestanza dell'elettrobisturi bilaterale a prevenirle). 
Orbene, sia gli esperti della fase di accertamento tecnico preventivo, sia i due esperti nominati nel corso di questo giudizio a cognitorio pieno, hanno dato atto che in base alla documentazione in atti non sia possibile comprendere come sia stata determinata nel caso concreto quella perforazione della parete del colon in occasione dell'intervento in laparoscopia eseguito dal dott. ### in data 20 settembre 2011. 
Ciò che è stato possibile affermare in base alla conformazione della perforazione (di tipo puntiforme ad arco voltaico) è che si sia trattato non già di perforazione traumatica, di cui era possibile accorgersi immediatamente nell'intraoperatorio, ma di perforazione termica, ossia vi è stato un insulto termico sulla parete del colon in occasione delle manovre riguardanti il surrene sinistro, e durante le manovre di isolamento e coagulazione; infatti, quando i medici dell'### riaprirono l'addome trovarono la perforazione sulla parete posteriore del colon sinistro. 
I periti quindi, hanno soltanto potuto desumere che si trattasse di lesione termica in quanto la parte di intestino perforata a tutto spessore, è rimasta in situ senza dare evidenza di sé, e solo al quarto giorno dall'intervento, con la caduta dell'escara si è aperta verso il peritoneo facendo fuoriuscire il materiale fecale in addome e così dando luogo al fenomeno dell'addome acuto (intensi dolori addominali e stato febbrile insensibile agli antidolorifici e antifebbrili). 
Dunque tutti gli esperti hanno confermato che dalla tempistica dei sintomi, intervenuti solo al quarto giorno dall'intervento del 20.9, e non immediatamente nell'intraoperatorio, e dalla natura puntiforme della perforazione, così descritta in occasione del secondo intervento, è possibile affermare che la perforazione del colon sia stata una perforazione termica che non era visibile sul momento. 
Ciò che però è rimasto non accertato è come si sia prodotta detta lesione termica del colon in occasione della surrenectomia, ossia in occasione di una prestazione sanitaria riguardante l'altro organo in prossimità. 
Sul punto, infatti, la cartella clinica dell'intervento sia originario, che quello successivamente effettuato dallo stesso ### in data ### non consentono di risalire alla causa dell'insulto termico della parete del colon, risultata parete posteriore del colon sinistro; anche i periti del gip in sede ###hanno potuto escludere che l'ustione sia dipesa dall'inabilità dell'operatore e da un suo errore (per sprofondamento del bisturi). 
Per giunta era risultato che se normalmente esiste un filmato dell'intervento di laparoscopia, in quel caso detto filmato “non venne fatto per motivi tecnici”. 
In particolare a pag.4 verbale 30.11.2012 è stato affermato dal dott. ### che “la perforazione intestinale nel corso di una surrenectomia è un'evenienza non eccezionale ma rara e chiaramente se un chirurgo è poco abile e va a lavorare nel punto sbagliato avrà più facilità di avere questi incidenti e d'altra parte il fatto che si sia verificato non significa automaticamente che l'intervento sia stato condotto male”. 
Orbene i due ctu civilisti hanno confermato anch'essi che non è documentata l'eziogenesi dell'insulto termico della parete intestinale sfociata in escara e invasione del peritoneo col materiale fecale; essi poi, sconfinando nel campo del giudizio “giuridico” hanno concluso per l'assenza di responsabilità in modo non confliggente con l'accertamento penale. 
In questa sede civile, dunque, occorre procedere in base alle norme implicate nella vicenda e occorre quindi chiedersi quale sia la conseguenza in termini giuridico-processuali, della causa ignota della lesione viscerale, non potendosi recepire automaticamente l'esito del giudizio penale e le valutazioni ### dei ctu medici nella causa civile (vd. ### pag. 51). 
Infatti, è evidente che trattandosi di una questione di diritto, involgente i profili di riparto dell'onere della prova e di causalità giuridica, il giudice non potrebbe acriticamente recepire le valutazioni dei medici che hanno sostanzialmente così concluso: ”### dalla documentazione in atti non è risultato come si sia verificata la lesione del colon, deve concludersi che la perforazione intestinale sia una complicanza prevedibile ma non prevenibile della laparoscopia”. 
Come si vedrà, la mancata prova della reale eziologia gioca a sfavore dei convenuti secondo lo schema della responsabilità contrattuale. 
Né si potrebbe ritenere che il regime di favore introdotto per il solo sanitario dalla nuova legge ### sia applicabile ai danneggiati del 2011 che siano liquidati in ritardo per mancato sollecito risarcimento dei danni, con ciò creando una situazione di diseguaglianza inaccettabile rispetto ai danneggiati, sempre del 2011, che siano stati risarciti prima della legge ### e così persino premiando, con un diverso onere probatorio e tabelle liquidatorie più basse, quei debitori morosi che non abbiano provveduto al risarcimento tempestivo. 
La legge non ha effetto che per l'avvenire (art. 11 preleggi) e dunque si applica l'art. 1218 c..c ad entrambi i convenuti e le tabelle liquidatorie di ### 2018. 
Ciò posto si rileva, sempre sul tema della causa ignota e su come ridondi ai fini dell'accertamento della responsabilità sanitaria, che la dott.ssa ### a pag. 33 della sua relazione, redatta anche con l'ausilio del medico di chirurgia generale dott. ### ha riferito che la percentuale di incidenza di perforazioni intestinali nel corso delle laparoscopie vanno dallo 0,05% al 3% dei casi e alcune di queste complicanze dipendono da responsabilità medica, mentre in altri casi la perforazione non dipende da responsabilità del medico, ma è un rischio accettato che dipende ex sé dalla stessa tecnica impiegata. 
Orbene la dott.ssa ### a pag. 34 ha rilevato che il contatto diretto dell'elettrobisturi con il viscere perforato, può derivare da responsabilità medica; tale evenienza viene descritta come la più “ovvia” dalla dott.ssa ### a pag. 30, nel caso di elettrobisturi monopolare. 
Ancora la dott.ssa ### descrive tra i casi di possibile responsabilità medica “la perforazione derivante dal contatto tra elettrobisturi e altro strumento metallico” perché viene creata sostanzialmente una scarica elettrica vagante. 
Anche la dott.ssa ### pur rilevando la frequenza di tali complicanze, non ha escluso che esse possano dipendere da “inadeguatezza dello strumentario e da imperizia dell'equipe medica”. 
Il ctu ### ha anche riferito che lo specifico strumento utilizzato, ovvero l'elettrobisturi monopolare, creava un rischio maggiore di verificazione di lesioni termiche, rispetto all'elettrobisturi bipolare; infatti, ha affermato che uno dei modi per cui può verificarsi la perforazione intestinale è proprio tipica del monopolare e consiste nell'accoppiamento di capacitanza tra estremità attiva del bisturi ed altri conduttori vicini con generazione di una scarica vagante, che colpisce il viscere ; e tale danno termico da accoppiamento di capacitanza può essere prevenuto con l'elettrocoagulatore bipolare”. 
Ha anche riferito che un altro caso di perforazione intestinale potrebbe verificarsi in caso di “dispersione per discontinuità del rivestimento isolante dell'elettrodo”. 
La dott.ssa ### ha riferito che appare verosimile che la perforazione sia conseguita dalla necrosi coagulativa da corrente monopolare, con il possibile esito meccanico dell'arco voltaico in occasione della “dissezione -coagulazione monopolare”. 
Sulla base della documentazione agli atti, e soprattutto sulla base dell'intervento successivo di revisione, eseguito dallo stesso ### col dott. ### non è stato possibile affermare positivamente con quale meccanismo si sia verificato l'insulto termico della parete intestinale, al fine quindi di superare la presunzione di responsabilità del chirurgo discendente dall'art. 1218 c.c.; infatti, la lesione termica non era documentata e non era documentabile nell'intraoperatorio del primo intervento, e, visionata nel secondo intervento non dava evidenza dell'eziogenesi ma solo della sua natura (termica ad arco voltaico) per cui non è stato provato da chi ne aveva l'onere, il fatto non imputabile, rimanendo in piedi la possibilità dell'errore umano nell'uso dell'elettrobisturi monopolare. 
Dunque il danneggiato ha provato il danno, ovvero, la perforazione intestinale e le successive conseguenze negative, come evento riconducibile alla prestazione sanitaria; ha provato il peggioramento temporaneo e permanente delle sue condizioni; ha provato di non aver ottenuto un risultato positivo e migliorativo della sua condizione, che normalmente è collegato agli interventi di surrenectomia, secondo canoni di normalità causale e di normalità statistica. 
La bassa percentuale di complicanze, nelle quali rientrano anche le descritte imperizie (vd. pag. 34 ess.  ###, consentono di affermare che il risultato normalmente conseguibile per un intervento di surrenectomia non avrebbe dovuto portare alle perforazione intestinale, la cui verificazione è dunque qualificabile in via presuntiva come inesatto adempimento della prestazione medica ex art.  1218 c.c.. 
Ciò dunque sposta l'onere probatorio della prova dell'esatto adempimento e dell'eventuale fortuito a carico della struttura e del sanitario convenuto, i quali avrebbero dovuto allegare e provare che la causa della lesione intestinale non sia dipesa da errore medico o dall'inadeguatezza di quello specifico elettrobisturi, ma dal fortuito. 
Il dott. ### e la struttura avrebbero dovuto dimostrare, nell'accertato ventaglio possibile di cause della perforazione intestinale quale sia stata la concreta eziogenesi della lesione al fine di provare la non imputabilità dell'evento di danno secondo il noto schema dell'art. 1218 c.c. e non limitarsi, come ad es. emerge dalla comparsa di risposta del dott. ### ad allegare la complicanza, per esonerarsi automaticamente da responsabilità. 
Se ne conclude che la mancata prova dell'origine di quella perforazione intestinale nell'alternativa possibile e riferita dai due ctu, tra colpa medica e fatto non imputabile, ridonda sulla posizione dei convenuti secondo lo schema della responsabilità contrattuale ex art. 1218 In proposito si segnala una recente decisione della suprema ### di Cassazione proprio in tema di complicanze che aveva cassato la decisione della corte d'appello di Palermo e che recita: “In caso di prestazione professionale medico-chirurgica di "routine", spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze siano state determinate dalla sua responsabilità, dimostrando che siano state, invece, prodotte da un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento; ne consegue che il giudice, al fine di escludere la responsabilità del medico nella suddetta ipotesi, non può limitarsi a rilevare l'accertata insorgenza di "complicanze intraoperatorie", ma deve, altresì, verificare la loro eventuale imprevedibilità ed inevitabilità (cass. 24074 del 13/10/2017). 
Ancora è stato affermato nella Sentenza cass. n. 12516 del 17/06/2016 (### con rinvio, ### Torino, 29/09/2012): “in caso di prestazione professionale medico-chirurgica di "routine", spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze siano state determinate dalla sua responsabilità, dimostrando che siano state, invece, prodotte da un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento”. 
Dunque il rischio della causa ignota si sposta sul medico e sulla struttura ex art. 1218 Tale conclusione non viene meno quand'anche dovesse riconoscersi che un intervento di surrenectomia come quello, eseguito per via laparoscopica fosse di “speciale difficoltà”; infatti, intanto si rileva che non è stata documentata nelle cartelle cliniche la presenza di aderenze o di altri elementi che potessero rendere difficoltoso l'intervento prima della peritonite infettiva, ma in ogni caso la speciale difficoltà della prestazione non sovverte la distribuzione dell'onere probatorio, investendo il diverso piano del grado della colpa, e dunque il giudizio sul grado di perizia pretendibile (vd. per tutte sent.  22222/2014). 
La causa ignota quindi ridonda anche sulla posizione della struttura, che aveva messo a disposizione lo strumentario, il personale infermieristico e il primo aiuto dott. ### che aveva cooperato all'intervento e che era in forze al ### La stessa équipe si occupò poi del secondo intervento del 26.9, eseguito ancora in laparoscopia nonostante la struttura e localizzazione “posteriore” della lesione ad arco voltaico, e dunque la difficoltà di procedere con tali modalità; anche tale secondo intervento “di sutura della raffia” era risultato non risolutivo allorquando si procedette, con intervento di laparotomia dell'11.10 eseguito all'### Infatti i chirurghi del ### verificarono nel corso dell'intervento d'urgenza dell' ###, l'inadeguatezza della pulizia intraperitoneale e la deiscenza dei punti di sutura della raffia, “realizzata in precedente struttura”, ed effettuarono dunque la scelta coraggiosa, di “eseguire la resezione del colon traverso distale fino al colon discendente superiore, comprendendo di necessità sia il tratto del colon esteriorizzato, che la deiscenza…… confezionando quindi una colostomia terminale in ipocondrio destra con il colon traverso, ed operando la divulsione anale”. 
Quindi risulta per tabulas che il ### rimase in pericolo di vita per oltre un mese, e rimase con la colostomia e l'ano preternaturale ### fino a quando venne chiusa la colostomia a fine ottobre dell'anno successo e dunque in data 14 ottobre 2012. 
I ctu hanno entrambi concordano sul ritardo colpevole dei convenuti nel porre rimedio alla perforazione, della quale, per le considerazioni già esposte dovranno comunque rispondere ex art. 1218 Infatti per quanto riguarda il secondo intervento del 26 settembre 2011, è stato affermato che doveva essere anticipato al 24.9 o massimo al 25.9 rispetto alla data in cui fu poi effettuato; l'imperizia è stata ravvisata nella non corretta lettura del referto TAC del 24/9 in rapporto ai sintomi del paziente e agli esami ematici effettuati; infatti, l'assenza di alterazioni degli enzimi pancreatici, il rialzo delle G.B.  mettevano fuori gioco l'ipotesi della pancreatite, suggerita erroneamente dal radiologo del centro oncologico fiorentino; considerando anche il rialzo febbrile, l'anomalo gas in cavità peritoneale, del pari erroneamente imputata dal medesimo radiologo al gas insufflato nel primo interventoche invece sparisce entro 48 ore dalla laparoscopia - erano tutti sintomi presenti fin dal 24 settembre, che con una perizia pretendibile per quella specifica specializzazione, avrebbero dovuto portare alla vera diagnosi di perforazione traumatica del colon, o comunque indurre il ### e i medici di guardia del COF ad un controllo più stringente del paziente, obbiettivo, clinico e strumentale; risulta, invece, che la tac del 24.9 venne ripetuta solamente due giorni dopo - il 26.9 - e che nessuna visita e accertamento clinico fu fatto tra il 24 e il 26 ma solamente comunicazioni e avvisi al medico di guardia sui forti dolori lamentati dal paziente e trattati impropriamente con meri analgesici anche maggiori ###. 
Sul riparto di responsabilità: Si condivide peraltro la valutazione della dott.ssa ### sulla misura paritetica di responsabilità del dott. ### e del ### ritenendosi un pari concorso di colpa sia dei medici di guardia del ### nei giorni 24 e 25 sia del chirurgo ### che aveva eseguito il primo intervento, col primo aiuto fornito dal ### (dott. ###; il ### aveva eseguito la perforazione con bisturi monopolare, messo a disposizione dalla struttura, e aveva poi ricoverato il paziente il 24 pomeriggio, facendogli visita il 25 sett. alle h. 10,30, senza mai ripetere tra il 24 e il 26 mattina gli esami e la TAC e quelli ematici né procedere al controllo della obiettività clinica del paziente tra il 24 sera e il 26 tarda mattina.  ### cartella clinica, infatti, non risulta riportata alcuna obiettività clinica risultante da eventuali visite in detto arco temporale (vd. cartella clinica, e. anche ctu ### pag. 37, valevole, per le parti che non hanno partecipato al proced. 696 bis come prova documentale e/o indiziaria). 
Ciò appare particolarmente grave in quanto il paziente era stato operato in laparoscopia la settimana precedente e presentava evidenti segni di addome acuto che non regredivano con l'impiego di antidolorifici anche maggiori come la morfina, ed inoltre presentava un preoccupante rialzo termico con esiti di tac che imponevano un controllo anche strumentale ripetuto a breve per quel gas in cavità addominale non compatibile col gas insufflato 5/6 giorni prima per la laparoscopia. 
Semplicemente sono annotate in cartella delle mere comunicazioni con i medici di guardia che prescrivevano la prosecuzione di terapia antidolorifica e niente più nonostante la conclamata inefficienza rispetto al perdurare dell'addome acuto evoluto rapidamente in stato settico severo con perdita di coscienza del paziente il 26.9. 
Per queste ragioni si afferma un pari concorso di responsabilità tra i convenuti recependo sul punto la ctu #### rileva che l'attore ha proposto a titolo esemplificativo un prospetto di calcolo in cui indica partitamente le voci di danno non patrimoniale e gli importi relativi, separando le voci di danno morale ed estetico. 
È evidente che tale prospetto non vincola il giudice nella liquidazione, potendo egli pronunciare condanna anche per importi superiori a quelli richiesti dalla parte per singole voci, in considerazione del principio di “omnicomprensività della liquidazione” (cass. sent. 4078/2014; ord. Cass. 28492/2017; vd. sulla natura esemplificativa del conteggio attoreo sent. ### Lecce 2.4.2014). 
Inoltre stante il principio di omnicomprensività delle tabelle milanesi, si reputa di dover liquidare il danno estetico e morale del caso concreto, mediante personalizzazione del danno biologico tabellare e non in modo separato come dedotto.  ### (#### Per quanto riguarda l'inabilità temporanea si ritiene di ricavare i dati dalla perizia della dott.ssa ### per un rilevato errore materiale della dott.ssa ### nel calcolo della malattia al 50% sul quale si è svolto un piccolo dibattito tra i tecnici. 
Dunque il periodo di malattia apprezzato nella liquidazione del danno è il seguente: inabilità temporanea totale di gg. 49 e di 120 gg. Al 75% e dieci mesi al 50%, come descritto dalla dott.ssa ### rilevando che sostanzialmente le due ctu hanno inteso considerare una malattia al 50% per tutta la durata della stomia e dell'ano preternaturale, seppure questa durata diviene di 21 mesi nella ctu ### e 10 mesi nella ctu ### La differenza è insita in un mero errore di calcolo della dott.ssa ### come emerge, infatti, dal primo rigo delle risposte ai quesiti della dott.ssa ### di pag.  47, la stessa ha erroneamente considerato il dies a quo dell'inabilità temporanea nell'anno 2010 quale data dell'intervento laparoscopico, e il dies ad quem l'ottobre 2012; risulta, invece, per tabulas che il dies a quo era un anno dopo; infatti, l'intervento laparoscopico era avvenuto in realtà in data ###. 
Questo spiega la discrasia del numero dei mesi di malattia al 50%, mentre sostanzialmente il criterio di calcolo coincide, perché entrambe le ctu hanno affermato che finché vi è stata la stomia e l'ano preternaturale (ott. 2012 dies ad quem uguale per entrambe le ctu) deve affermarsi l'inabilità al 50%. 
Il valore giornaliero del danno si stima nella misura media di euro 120,00, per l'eccezionalità delle sofferenze, danni esistenziali e danni relazionali patiti dal ### durante la malattia, vista l'avulsione dell'ano e le conseguenze in termini di danno morale, esistenziale e relazionale, nonché considerando che fu per molto tempo in pericolo di vita. 
Dunque il periodo di malattia apprezzato nella liquidazione del danno è il seguente: inabilità temporanea totale di gg. 49 e di 120 gg. al 75% e dieci mesi al 50%, come descritto dalla dott.ssa ####' ### quanto riguarda l'invalidità permanente, si rileva che sia la dott.ssa ### che la dott.ssa ### hanno stimato effettivamente un danno iatrogeno ossia lo stato di invalidità permanente del ### al netto solamente di quel 5% imputabile alla surrenectomia; hanno dunque evidentemente apprezzato proprio le conseguenze della perforazione intestinale; come affermato dal perito di parte ### ciò effettivamente contraddice la premessa dei due ctu, ossia che i convenuti non fossero responsabili delle complicanze. 
Inoltre le due ctu raggiungono una stima non soltanto diversa tra loro (15-20%) ma eccezionalmente distante da quella raggiunta dai medici ### che avevano riconosciuto al ### un 46% di IP. 
Altra peculiarità è il fatto che la dott.sa ### quando determina la perdita di capacità lavorativa specifica richiama il 46% che coincide proprio con quel 46% di IP riconosciuta dall'### La dott.ssa ### rispondendo poi alle obiezioni dei periti di parte ha obiettato al dott. ### che la sua stima era da confermare in quanto trattavasi di un paziente con laparocele, danno estetico significativo e con stomia del colon, e dunque riferendosi proprio alle complicanze e null'altro. 
La dott.ssa ### nella sua lunga perizia di 56 pagine ha poi dedicato alla descrizione dei postumi permanenti stimati, solamente una metà di pagina 45, dichiarando genericamente di apprezzare la lesione iatrogena e le sue complicanze al netto del 5% di IP riferibile alla surrenectomia; non ha, tuttavia, indicato quali siano i postumi permanenti e quale percentuale di IP abbia apprezzato partitamente e quindi globalmente, dato che in premessa aveva affermato che delle complicanze i medici non dovevano rispondere. 
I postumi permanenti non sono stati quindi partitamente descritti e stimati dalla dott.ssa ### in rapporto alle oggettive tabelle di valutazione medico legale, che costituiscono la base della liquidazione del danno biologico e dunque la fonte della loro conoscenza. 
In aggiunta a tali rilievi si osservano altri due fattori critici: il primo è che sia la dott.ssa ### che la dott.ssa ### avevano premesso, appunto, con un giudizio che compete al giudicante, che le complicanze non sono ascrivibili a responsabilità dei medici per cui, come già detto, appare poi contraddittorio stimare dei postumi che a nient'altro sono riferibili se non a quelle complicanze; in secondo luogo i medici dell'### avevano attribuito all'IP del ### un valore superiore persino al doppio di quanto stimato in causa dai due ctu (il 46% ### a fronte del 15/20% dei ctu). 
Tutto ciò impone una riverifica dei postumi alla luce di quanto emerge dalle cartelle cliniche, dalle ctu espletate, dall'esito delle visite dei medici ### e da tutti i documenti sanitari prodotti, raffrontando i fatti accertabili alla ### alla valutazione medico legale dell'invalidità permanente (### edita ### 2015). 
Intanto si condivide l'assunto della dott.ssa ### sul fatto che in quello specifico caso se l'intervento di surrenectomia fosse stato condotto senza la perforazione dell'intestino, esso non sarebbe stato giammai convertito in laparotomia e dunque il laparocele non sarebbe stato un esito probabile di quell'originario intervento e ciò per la documentata assenza (a quella data) di aderenze, come risulta anche dalle cartelle cliniche successive al primo intervento, nelle quali l'insorgenza di aderenze viene ricondotta alla peritonite stercoracea piuttosto che ad una predisposizione del ### e alle sue preesistenze. Nessuna traccia di aderenze viene registrata in cartella clinica del 20.9 (vd. ulteriore conferma nella perizia dott. ###. 
I convenuti devono dunque rispondere del laparocele ossia dell'indebolimento della parete intestinale in conseguenza dei numerosi interventi chirurgici causati dalla perforazione intestinale. 
In tema, invece, di lesioni viscerali del tratto gastroenterico si rileva che la resezione del colon trova nella ### medico legale una valutazione della IP sia per il danno anatomico per i sintomi che può dare (es. calo ponderale, necessità di diete a vita o di trattamenti farmacologici o medici a vita, ripercussioni sullo stato generale).  ### viene distinta per classi e per la prima classe tra il 10 e il 15% è prevista: patologia stenotica e/o da resezione, comprensiva del danno anatomico, con sintomi saltuari e opportunità di trattamento medico ma senza alterazioni dell'assorbimento.  ### seconda classe dal 16 al 25% si prevede: patologia stenotica e/o da resezione, comprensiva del danno anatomico, con sintomi subcontinui e necessità di trattamento medico e dietetico. Ripercussioni sullo stato generale e modesto calo ponderale (inferiore al 20%). 
In terza classe si prevede: patologia stenotica e/o da resezione, comprensiva del danno anatomico, con sintomi moderati ma continui e necessità di trattamento medico e dietetico. Ripercussioni sullo stato generale calo ponderale del 20%. 
In quarta ricadono le lesioni anatomiche con sintomi rilevanti e costanti e inefficacia del trattamento medico e dietetico. Ripercussioni gravi sullo stato generale, calo ponderale superiore al 20% (IP dal 41 al 60%). 
In quinta classe troviamo sintomi rilevanti e costanti e inefficacia del trattamento medico e dietetico con ripercussioni gravissime sullo stato generale, calo ponderale inarrestabile e impossibilità di svolgere la maggior parte delle attività (IP superiore al 60%). 
Nel caso di specie emerge dalla cartella clinica dell'ospedale ### che essi in data 11.10 trovarono una grave situazione di deiscenza dei tessuti circostanti i punti di sutura che erano stati applicati dal ### in data 26.9 per chiudere i piccoli fori (ad arco voltaico) inavvertitamente creati con elettrobisturi in data 20.9. 
Si legge, infatti, in cartella: “si constata in regione angolo colico sinistro parete posteriore la deiscenza dei punti di sutura della raffia eseguita in altra struttura, si constata anche la sofferenza ischemcia dell'angolo stesso. Si decide quindi di eseguire resezione del colon traverso distale fino al colon discendente superiore, di necessità comprendente sia il tratto di colon esteriorizzato che la deiscenza. 
Affondamento in sutura continua extra mucosa del colon discendente con affondamento dei margini della sutura a punti staccati….omissis…. confezionamento di colostomia terminale in ipocondrio ### con il colon traversa. Divulsione anale lavaggio con sonda rettale”. 
Come si legge dunque la resezione del colon è stata ampia, ciò che è confermato dalle perizie in atti. 
La cartella è chiara e a tali elementi utili a comprendere come classificare la lesione viscerale, è utile anche quanto riportato nella visita dei medici dell'### che avevano attestato un notevole calo ponderale del paziente (e dunque la complicanza del malassorbimento per resezione del colon). 
Anche la dott.ssa ### riporta nella sua relazione che il paziente le aveva riferito di un calo ponderale e della persistenza di dolori addominali che non consentivano un sonno regolare. 
Dunque stando tali fatti ricavabili dai documenti, può ritenersi che la resezione dell'organo ### accompagnata da calo ponderale inferiore al 20%, con prescrizioni mediche e dietetiche determini una IP quantomeno di seconda classe che prevede una IP dal 16 al 25%. 
La lesione viscerale si è accompagnata, come già detto, all'indebolimento permanente della parete addominale, per le cicatrici chirurgiche che ne sono conseguite, e che sono state, come si legge nell'excurus degli atti, molteplici ###. 
Per il laparocele si prevede una IP dal 9 al 15% per laparocele di dimensioni superiori a cm. 10x10 come in questo caso.  ### la colostomia e il laparocele sono danni funzionali dello stesso apparato gastroenterico e sono quindi in concorso tra loro si valuta separatamente la singola menomazione e si procede a valutazione complessiva, che è inferiore alla somma aritmetica delle due voci. 
Si ritiene quindi di attribuire alla complessiva lesione viscerale per laparocele e colostomia il 30% di IPvd. i criteri impiegati per la valutazione dell'invalidità civile in caso di pluralità di danni funzionali in concorso tra loro perché relativi allo stesso organo o apparatol'art. 5 D.Lgs. n. 509/1988).  2 - Danno estetico ### al danno estetico, invece, si rileva che nella valutazione medico legale di estese aree cicatriziali al tronco si reputa che vi sia coesistenza e non concorrenza con le lesioni viscerali, nel senso che il danno estetico in questo caso, proprio per la sua ampiezza non potrebbe essere assorbito nel laparocele e nella lesione viscerale. 
Le citate tabelle per il solo pregiudizio da lieve a moderato riconoscono dal 6 al 9% di IP (vd. ### medico legale citata). 
Per il pregiudizio da lieve a moderato dal 6 al 9% e si intendono tra l'altro “estese aree cicatriziali al tronco”. 
Per il pregiudizio da moderato a grave si intende tra l'altro cicatrici dai caratteri molto evidenti o anche dismorfismi del tronco dal 10 al 20%. 
Guardando le foto che ritraggono il ### emerge come sussistano cicatrici multiple dallo sterno all'addome, per la necessità di plurimi interventi a seguito della perforazione intestinale e riapertura dell'addome; trattasi di cicatrici estese e piuttosto evidenti e in corrispondenza col confezionamento della protesi si evidenzia anche un'asimmetria dell'addome. 
Considerata l'età e il sesso, trattandosi di un danno (l'unico) per il quale si perpetua la differenza di genere, si riconosce al ### la percentuale di IP del 6% a titolo di danno estetico.  3 - Danno psichico ### ha anche allegato a pag. 18 della citazione anche un pregiudizio di tipo psichiatrico, depositando alcuni certificati che lo documentano. 
Il giorno 30 agosto 2013 la commissione medica superiore dell'### ha diagnosticato una “sindrome depressiva reattiva di media entità in terapia farmacologica”. 
Anche sul punto nulla è stato scritto dalla dott.ssa ### che ha stimato una percentuale senza specifici riferimenti a patologie. 
Le prescrizioni di farmaci del tipo “### e Lorazepan” al 2013 evidenziano la cronicità di una situazione di danno psichiatrico, a fronte dell'evento traumatico del 2011, come affermato dai medici dell'### Trattandosi di patologia coesistente e non concorrente, accertata da medici terzi, la commissione medica collegiale dell'### per le invalidità civili, se ne apprezza la particolare attendibilità, confermata dalla prova documentale delle prescrizioni di farmaci ansiolitici e antidepressivi, e ricorrendo al notorio; le ripetute e gravi traversie occorse al ### hanno più probabilmente che non, determinato il danno lamentato per i ripetuti gravi perturbamenti psichici derivanti dai continui interventi chirurgici, dal suo continuo stato di precarietà, dal pericolo di vita registrato dalle tante cartelle cliniche, e dal fatto di aver vissuto per dieci mesi con l'ano preternaturale; tutto ciò in base all'id quod plerumque accidit è causa efficiente rispetto al danno psichiatrico allegato e documentato, oltre ad aver delle ridondanze sul piano esistenziale e relazionale per un notevole lasso di tempo. 
Dunque pur senza ricorrere a nuova dispendiosa ctu psichiatrica (non chiesta dalle parti) e ai necessari test psicodiagnostici, si riconosce al danno psichico del ### un 4% di Ip, come in caso dei disturbi dell'adattamento da lieve a moderato; trattasi di una percentuale che al più potrebbe risultare all'esito di specifica ctu, sottostimata nei valori, perché in realtà la tabella delle patologie depressisve prevedono percentuali di gran lunga superiori (la minima è il 10%). 
Il 4% così stimato per il danno psichico porta a ritenere che la totale IP sia pari al 40% , in coerenza con l'ultima stima dei medici ### (75% ridotta al 46% nel 2013), stima ### fatta al lordo del danno da surrenectomia, che la dott.ssa ### indica di per sé sola al 5%. Dunque per l'### il danno iatrogeno per cui è causa ammonta al 41%. 
Alla stessa conclusione del 40% di IP totale, potrebbe comunque giungersi anche in caso di assenza di danno psichiatrico permanente, atteso che la colostomia più il laparocele potrebbero essere stimati cumulativamente in misura superiore a quella del 30% riconosciuta ut supra. 
Dunque anche attribuendo percentuali differenti di IP alle varie patologie permanenti accertate, la valutazione globale del danno biologico si attesta comunque in misura quantomeno pari al 40%, e ciò, si ripete, in modo compatibile con le risultanze della commissione medica delle invalidità civili presso l'### Calcolando quindi il danno non patrimoniale col 40% di IP: Tabella di riferimento: Tribunale di ### 2018 Età del danneggiato alla data del sinistro 46 anni ### di invalidità permanente 40% Punto base danno non patrimoniale € 7.898,10 Punto base I.T.T. € 120,00 Giorni di invalidità temporanea totale 49 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 120 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 300 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 0 Danno risarcibile € 244.841,00 Aumento personalizzato (max 25%) € 306.051,00 Invalidità temporanea totale € 5.880,00 Invalidità temporanea parziale al 75% € 10.800,00 Invalidità temporanea parziale al 50% € 18.000,00 Invalidità temporanea parziale al 25% € 0,00 Totale danno biologico temporaneo € 34.680,00 Spese mediche € 0,00 Altre spese € 0,00 ###: € 279.521,00 Totale con personalizzazione massima € 340.731,00 - ### le circostanze del caso concreto si ritiene equa la personalizzazione del danno nella misura massima di euro 340.731,00 per gli eccezionali patimenti cui venne sottoposto il ### la decina di interventi che si resero necessari dopo quella perforazione del colon, il pericolo di vita ripetuto nel quale si venne a trovare; si tiene conto altresì della eccezionalità del danno esistenziale, relazionale, e anche della grave perdita della capacità lavorativa generica per le problematiche connesse all'importante colostomia con deviazione del colon, visibile anche all'esterno (vd. foto) e alla necessità di portare la protesi in addome fino a fine vita, con i dolori documentati in atti (vd. numerose prescrizioni di farmaci antidolorifici); tutto ciò certamente compromette non solo le attività sportive, ludiche e della vita quotidiana, ma anche quell'aspetto non patrimonialistico ma personologico della capacità lavorativa generica del soggetto, che non potrà esprimersi in ambito lavorativo come per il passato. 
Il totale danno non patrimoniale viene quindi liquidato in euro 340.731,00.  - Danno da ritardo ### danno, liquidato secondo le tabelle milanesi 2018 che meglio rappresentano l'equità del caso concreto e che sono state giudicate estensibili su tutto il territorio nazionale (vd. sent.  12408/2014), rappresenta l'equivalente monetario attuale del bene della vita perduto, ovvero del danno all'integrità fisica e dei danni collaterali sul versante esistenziale, della vita di relazione e morale; tali tabelle infatti, apprezzano in modo omnicomprensivo, tutte le conseguenze che normalmente si associano a quella percentuale di lesione all'integrità fisica, conseguenze sul versante esistenziale, della vita di relazione e della sofferenza subita dal danneggiato. 
In considerazione del principio dell'integralità del risarcimento, però, il danneggiato deve essere risarcito anche per il danno da ritardo; infatti, trattandosi di debito da fatto illecito, sorge una mora ex re dal giorno del fatto, e la liquidazione non immediata ha presuntivamente causato un ulteriore danno al danneggiato per il ritardato risarcimento, che deve essere apprezzato a fini liquidatori, secondo l'insuperata sentenza della ### di ### a s. u. n. 1712/1995; pertanto, deve procedersi alla devalutazione dei valori tabellari alla data del fatto, 20.09.2011, e successivamente deve applicarsi la rivalutazione secondo indici istat con interessi legali sulla somma via via rivalutata anno per anno fino all'effettivo pagamento.  ### della capacità lavorativa specifica La dott.ssa ### apprezza tale danno al 46% e cioè in misura corrispondente, come già detto, all'IP quantificata dall'### Si rileva che il ### prima dell'intervento per la comparsa della neoformazione visibile nella tac del 1.8.2011 non aveva alcun sintomo; svolgeva la professione di facchino presso una cooperativa, la neoplasia era asintomatica e non infiltrante e non lo rendeva inabile al lavoro. 
A seguito invece della complicanza, la sua assenza da lavoro, che sarebbe durata una ventina di giorni se tutto fosse andato per il verso giusto, si è protratta per oltre un anno ovvero per 21 mesi, durante i quali è stato abbondantemente superato il periodo di comporto che è di soli sei mesi. 
Dunque esiste la prova documentale del suo licenziamento per superamento del comporto, ed esiste poi la prova mediante ctu e certificazione ### che divenne inabile al lavoro per mansioni uguali o confacenti nella misura del 46%. (vd. stima ### ctu ### e ###. 
Utilizzando dunque i dati ricavabili dai redditi (euro 1.456,00 mensili netti doc. 3 e 15) pari a 17.472,00 annuali (senza contare la tredicesima), e applicando il coefficiente di capitalizzazione tratto da un atto normativo aggiornato, quali le tabelle ### aggiornate al 2016 pubblicate nella ### 19- 12-2016 Supplemento ordinario n. 56 riferite ai valori capitali attuali di rendite assegnate ad infortunati e tecno patici con esito di inabilità permanente (### unitaria annua anticipata con frazionamento mensile); per i gradi di inabilità dall' 11% al 60%, e dunque per un soggetto di 46 anni il coefficiente del 24.17, si ottiene un coefficiente di capitalizzazione del 24.17. 
Sull'inadeguatezza del criterio di calcolo proposto dall'attore riferito al regio decreto del 1922 si rileva quanto segue. 
La terza sezione civile della suprema ### di ### del 15.10.2015, ha ritenuto illegittima per contrasto col principio dell'integralità del risarcimento contenuto nell'art. 1223 c.c., l'applicazione dei coefficienti di capitalizzazione allegati al regio decreto del 1922 e finora applicati dalla giurisprudenza nel calcolo del danno patrimoniale futuro (da illecito aquiliano), sia pure col correttivo della mancata applicazione della percentuale di scarto tra vita lavorativa e vita fisica.  ### infatti, con motivazione che si condivide, ha ritenuto che anche quel correttivo non sia sufficiente a garantire l'integralità del risarcimento perché comunque la vita fisica nell'anno 1900 era stimata in anni 54,9 in modo indistinto per uomini e donne; dall'indagine compiuta dall'### nazionale di statistica è emerso, invece, che nell'anno 2014 che la speranza di vita è diventata di 80,2 anni per gli uomini e di 84,9 anni per le donne; dunque le tabelle allegate al regio decreto del 1922 partivano da una speranza di vita pari quasi alla metà di quella attuale, ed inoltre non facevano distinzione tra uomini e donne; infine la ### ha condivisibilmente osservato che quelle tabelle di capitalizzazione del danno futuro partivano da un ulteriore dato non più corrispondente all'attualità, ovvero il fatto che il saggio di interessi legali futuri si sarebbe attestato sulla media del 4,5%, mentre ora si attesta sullo 0,50% con una tendenza ormai stabile da diversi anni; pertanto l'applicazione delle tabelle del 1922 e il metodo della liquidazione anticipata di un danno futuro così calcolato determinava la decurtazione di una sensibile quota di risarcimento a titolo di interessi legali futuri, che invece non appare legittima per l'eccezionale diversità del saggio legale attuale. 
Si condivide pertanto la sentenza del 15.10.2015 della terza sezione civile e si fa applicazione di una diversa tabella di capitalizzazione del danno patrimoniale, ovvero quella contenuta nelle tabelle ### aggiornate sopra richiamate. 
Infatti, l'art. 39, comma 1, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, prevedeva che le tabelle dei coefficienti per il calcolo dei valori capitali delle rendite di inabilità e di quelle in favore dei superstiti, fossero soggette a revisione almeno ogni quinquennio, e fossero approvate dal Ministero del ### e della ### Il decreto in parola risulta essere proprio l'ultimo decreto attuativo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale sui coefficienti di capitalizzazione delle rendite da inabilità permanente. 
Inoltre il tasso di interesse adottato da tali tabelle è più ragionevolmente quello del 2,5% (vd. istruzioni allegate alle tavole). 
Considerando il coefficiente di capitalizzazione del rigo corrispondente all'età del danneggiato (anni 46) si ottiene il coefficiente di capitalizzazione del 24,17%. 
Scarto tra vita fisica e lavorativa I coefficienti di capitalizzazione delle rendite ### apprezzano, infatti, la vita fisica, superiore di circa il 20% rispetto alla vita lavorativa che occorre, invece, apprezzare nella presente liquidazione di danno da lucro cessante; pertanto occorre applicare la decurtazione corrispondente allo scarto tra vita fisica e lavorativa, pari al 20%. 
Si ottiene dunque: 17.472,00x46%= 8.037,12x24.17=194.257,19-20%=155.405,75.  ### danno patrimoniale a valori attualicon rivalutazione e interessi dal 20.9.2011 all'effettivo soddisfo. 
Per tutti questi motivi si riconosce all'attore la somma complessiva di euro 475.000,00 euro oltre accessori come in dispositivo, oltre spese legali anche del giudizio di ATP e rimborso spese ctu anticipate.  ###'#### Sulla detraibilità dal risarcimento del danno civile delle erogazioni a carico dell'### per far fronte al nuovo stato di inabilità del ### e per la perdita della capacità lavorativa, si registra un annoso contrasto giurisprudenziale, non risolto, e dove l'orientamento più consolidato depone per l'inapplicabilità della compensatio lucri cum damno, ricorrendo all'argomento della non medesimezza dei titoli costitutivi e della loro natura. 
Di tale orientamento di cui sono espressione ad es. 
È stato recentemente posto in seria discussione dalla sent. Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 12/01/2017) 22- 06-2017, n. 15537 che ha affermato come debbano essere detratti dal risarcimento del danno cui sia tenuto il responsabile civile, di tutte le forme di provvidenze sia dell'### che dell'### o di soggetti anche private (es. assicuratori privati), e che abbiano comunque lo scopo di elidere le conseguenze del danno. 
Di recente è stato affermato es. con ###. n. 9434 del 10/05/2016che la relativa eccezione non soggiace all'onere di tempestiva allegazione, nè di tempestiva deduzione, secondo quanto stabilito dalle ### di questa ### (### U., Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013). 
Tuttavia resta onere di chi invoca la c.d. compensatio dimostrarne il fondamento, ed in caso di insufficienza di prova (sull'an del vantaggio ottenuto dalla vittima, od anche solo sul quantum di esso), le conseguenza di essa ricadranno sul convenuto, che resterà tenuto al risarcimento integrale (come già ritenuto da ### 6-3, Ordinanza n. 9434 del 10/05/2016; ### 6-3, Sentenza n. 20111 del 24/09/2014). 
In questo caso quindi sia che si aderisca all'orientamento tradizionale che non ammette la compensatio lucri cum damno rispetto alle provvidenze dell'### sia che si aderisca alla tesi della compensatio, pare non potersi riconoscere una riduzione del risarcimento essendo rimasto allo stato di mera allegazione e di supposizione, che l'### abbia eliso ed eliderà in futuro le conseguenze pregiudizievoli del fatto illecito dedotto in questo giudizio; d'altra parte il ### ha affermato in citazione di ricevere un mero contributo di solidarietà della ### per euro 258,00 mensili, prestando attività come tirocinante (vd. doc.  4) e dunque, sembrerebbe, come forma di compenso per un'attività prestata, mentre non ha affermato di ricevere provvidenze assistenziali a carico dell'### Tuttavia, si rileva che per legge l'### eroga un assegno di inabilità per l'invalidità permanente pari o superiore al 75% come provvidenza che va a compensare lo stato appunto di inabilità. 
In questo caso risulta dal doc. 1 prodotto dal ### proveniente dall'### datato 13.3.2012 che gli venne riconosciuta detta invalidità del 75% con decorrenza dal 16.11.2011 e revisione prevista per il luglio 2013. 
Dal doc. 5 prodotto dal ### risulta che l'### in occasione della revisione, al luglio 2013 riconobbe un miglioramento delle sue condizioni, rimaste comunque gravi, per cui l'IP dal 75% è stata ridotta al 46% con decorrenza, evidentemente dalla data della verifica come indicata nel documento (30.8.2013). 
Dunque se ne arguisce che dal 16.11.2011 al 30.8.2013 l'### abbia corrisposto un assegno di inabilità di euro 280,00 al mese e così in totale euro 6.020,00, somma che si ritiene debba essere detratta dal totale danno civile, come richiesto dai terzi garanti, potendo l'### esercitare la rivalsa nei confronti dei responsabili civili al pari dell'### , e non potendo privarsi detti enti della facoltà di rivalsa/surroga prevista dalla legge, liquidando in sede risarcitoria civile direttamente al danneggiato l'intero danno accertato (vd. rinvio di cui all'art. 1886 c.c.; D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10-11, con riferimento all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro; L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 42, comma 1, con riferimento alle prestazioni di malattia erogate dall'###. 
Non si ritiene invece di dedurre quella somma di euro 258,00 mensile percepita dal danneggiato e che si configura come un contributo di solidarietà a carico della ### sinallagmatico rispetto alla prestazione di “tirocinante” e dunque non avente la funzione lato sensu risarcitoria necessaria ai fini della detrazione.  ### la polizza della e la polizza del medico (assicuratrice milanese) si rileva nella polizza della struttura è scritto tra le definizioni che il medico libero professionista non può considerarsi assicurato, e dunque la polizza della struttura è limitata ai medici dipendenti , convenzionati, assunti a ###pro, e in apprendistato ecc. ma non libero professionisti (vd. punti da 7 a 11 delle definizioni di polizza). 
Al punto sulle coperture assicurative art. 1.1. sulla responsabilità verso terzi è scritto che l'assicurazione sarà valida anche nel caso di qualsiasi azione intentata dall'### in base all'art. 14 legge 222/1984.  . 
Al punto 4.3 clausola MDO è scritto che per ottenere l'indennizzo di quella polizza l'assicurato deve garantire che tutti i medici libero professionisti abbiano una polizza personale copertura di un capitale di almeno200.000,00 euro (vd. riferì. Al punto 16 sulle franchigie). 
Per tale motivo si ritiene che la polizza della struttura sia a secondo rischio fino all'importo di euro 200.'00,00 limitatamente alla quota di responsabilità del medico, e agisca invece a primo rischio con diritto di rivalsa, per quanto riguarda gli importi superiori. 
La polizza del medio d'altra parte prevede che in caso di mancata copertura della struttura, operi a primo rischio. 
Pertanto si ritiene che per la quota di responsabilità del dott. ### ossia il 50% del danno (euro 254.730,00 oltre accessori) il dott. ### debba essere manlevato a primo rischio dall'assicuratrice ### per euro 200.000,00 (con franchigia del 10%) e, per le somme eccedenti, debba essere manlevato da entrambe con diritto di rivalsa in favore della compagnia assicuratrice della struttura.  #### Le spese legali vanno poste a carico dei soccombenti, rilevando che il ### risulta ammesso al gratuito patrocinio con nomina dell'avv.to ### nella fase della consulenza tecnica preventiva, e con nomina dell'avv.to ### per la presente causa ordinaria, ma fino alla trattazione e istruzione, con esclusione della fase decisionale, durante la quale il ### risulta aver rinunciato al gratuito patrocinio direttamente nominando due legali in persona degli avv.ti ### e ### così perdendo il beneficio ex nunc (vd. condivisibilmente nota avv.to ### datata 20 sett. 17). 
Pertanto il compenso totale liquidato senza dimidiazione nel rapporto tra attore e convenuti soccombenti dovrà essere ripartito nel seguente modo: in favore dell'### per la fase d'istruzione preventiva e per la fase del presente giudizio fino all'istruttoria; in favore del ### per il compenso della sola fase decisionale. 
Si rileva, infatti, che la ### di ### ha affermato che l'ammissione al patrocinio a carico dello ### esclude ogni rapporto d'incarico professionale tra la parte in favore della quale è stato emesso il relativo provvedimento e il difensore nominato, sia in caso di vittoria, sia in caso di soccombenza, in quanto il rapporto si costituisce esclusivamente tra il difensore nominato e lo ### (Cass. Civ., Sez. ###, ord. 27 gennaio 2015, n. 1539). 
Inoltre per in base all'art. 80 Testo unico sul ### la parte ammessa può nominare un solo difensore; nel settore penale è stato previsto espressamente che in caso di nomina di due difensori si verifica una perdita di efficacia ex nunc dell'ammissione al gratuito patrocinio; tale norma non è prevista espressamente per il settore civile ma si ritiene che possa essere interpretata estensivamente per eadem ratio; dunque si ritiene che se il legislatore ha stabilito che la nomina di un secondo difensore comporti non già la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello ### ma la cessazione degli effetti della stessa, sono a carico dell'### i compensi per le prestazioni professionali svolte sino alla nomina del secondo difensore e ancor più quando si nominino come in questo caso due nuovi difensori così revocando la norma di quello nominato in occasione dell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio. 
La dimidiazione dei compensi non è un istituto che potrebbe avvantaggiare la parte soccombente abbiente, essendo pensato come strumento attuativo della solidarietà sociale e del diritto costituzionale di difesa della parte non abbiente (vd. art. 107 TU “gli onorari e le spese di cui si fa carico lo ### sono solo quelli della parte ammessa”); dunque in caso di possibile recupero integrale delle spese da parte dello ### nei confronti della parte abbiente soccombente, non si giustifica la dimidiazione dei compensi, che trova applicazione solamente nel rapporto interno tra lo ### e la parte non abbiente (vd. sul punto ### Ord. 122/2016). 
Non si procede, infine, all'aumento degli onorari per la difesa contro più parti, perché si considera che il valore medio delle spese può anche essere ridotto fino al 50% per cui la discrezionalità del giudice depone per il riconoscimento di un compenso che si attesta ai valori medi come importi finiti, tenuto conto anche della complessiva attività defensionale prestata, e considerando che l'istruttoria si è risolta in una ctu, e che l'attività svolta non ha presentato profili di particolare difficoltà.  p.q.m.  il tribunale con sentenza che definisce il giudizio 1. accerta che il dott. ### e il ### sono responsabili ciascuno per il 50% dell'intero danno iatrogeno derivato dall'intervento per surrenectomia eseguito in data ###; 2. condanna i convenuti in solido a risarcire all'attore il danno che liquida in euro 354.460,00 per i danni non patrimoniali da devalutare al 20.9.2011 e rivalutare fino al soddisfo, euro 155.000,00 a titolo di danni patrimoniali da rivalutare con interessi al tasso di legge dal 20.9.11 al soddisfo; 3. dispone la detrazione dal totale risarcimento dovuto, della somma di euro 6.020,00 pari all'assegno di inabilità riconosciuto al ### per il periodo dal 16.11.2011 al 30.8.2013; 4. dispone che L'### manlevi il dott. ### dalle conseguenze pregiudizievoli della presente sentenza limitatamente al 50% corrispondente alla quota di responsabilità ascritta al sanitario assicurato e con garanzia “a primo rischio” fino all'importo di euro 200.000,00 con franchigia del 10%; 5. dispone che la ### manlevi il ### dalle conseguenze pregiudizievoli della presente sentenza, anche per spese e manlevi anche il medico professionista per la sua quota di responsabilità, con garanzia per il ### “a secondo rischio” e per importi superiori ad 200.000,00 euro, ed in ogni caso con diritto di rivalsa verso il ### e il suo assicuratore per le somme corrisposte al danneggiato al di sopra di euro 200.000,00 e sempre riferibili alla quota di responsabilità del ### 6. condanna i convenuti in solido a rimborsare all'attore, ammesso al ### a spese dello ### fino al 4.1.2017, le spese di costituzione e difesa che liquida in 21.387,00 per onorari di questo giudizio, oltre euro 1.096,00 per le spese vive; euro 2.225,00 per gli onorari della procedura di consulenza tecnica preventiva, oltre accessori di legge; 7. pone le spese delle ctu espletate (### e ### liquidate con separati decreti a carico dei convenuti soccombenti, con manleva degli assicuratori; 8. dispone che le spese legali così liquidate siano corrisposte direttamente all'### per l'importo di euro 18.838,00 (15.515,00+1096,00+2225,00) e al ### per euro 5.580,00 (corrispondente al compenso della sola fase decisoria) rimettendo a separato decreto la liquidazione del compenso dimidiato, ai due difensori ammessi al gratuito patrocinio (### e ###.  ### il 23 aprile 2018.  

Il Giudice
dott.ssa ###


causa n. 4803/2014 R.G. - Giudice/firmatari: Zanda Susanna, Massei Sabina

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