testo integrale
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI SESTA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 80002 del ### per gli ### dell'anno 2008, avente ad oggetto: risarcimento danni, responsabilità medica e vertente TRA ### C.F. ###, #### C.F. ###, ### C.F. ###, ### C.F. ###, ### GESSICA, C.F. ###, tutte in nome proprio ed in qualità di eredi di ### C.F. ###, rappresentate e difese, giusta procura in calce alle comparsa di costituzione depositate telematicamente in data ### e 03.06.2019, dall'Avv. ### presso il cui studio in Napoli al ### n. 7 hanno eletto domicilio; - ATTRICI - ###'###.RR.M.I., ###. ### PIETÀ, in persona del legale rappresentante pro tempore ### rappresentata e difesa, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall'Avv. ### presso il cui studio in Napoli alla ### n. 44 ha eletto domicilio; - CONVENUTA - E ### C.F. ###, rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dagli Avv.ti ### e ### presso il cui studio in Napoli alla ### n. 20 ha eletto domicilio; - CONVENUTO - E ### C.F. ###, rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall'Avv. ### presso il cui studio in Napoli alla ### n. 314 ha eletto domicilio; - CONVENUTO - E ### C.F. ###, rappresentato e difeso, giusta procura in calce all'atto di citazione notificato, dall'Avv. ### presso il cui studio in Napoli alla ###. ### n. 90 ha eletto domicilio; - CONVENUTO - E ### C.F. ###M, rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall'Avv. ### Manfredonia, presso il cui studio in Napoli alla ### n. 36 ha eletto domicilio; - CONVENUTO - E ### C.F. ###, rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall'Avv. ### presso il cui studio in ### di Napoli alla ### n. 80 ha eletto domicilio; - CONVENUTO - NONCHÉ ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, P.I. ###, rappresentata e difesa, giusta procura in calce all'atto di chiamata in causa notificato, dall'Avv. ### presso il cui studio in Napoli alla ### di ### n. 242 ha eletto domicilio; - ### - NONCHÉ ### S.P.A., in persona del procuratore speciale ### giusta procura per ### di ### del 08.11.2002, rep. 20243, racc. 5680, rappresentata e difesa, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall'Avv. ### presso il cui studio in Napoli alla ### n. 36 ha eletto domicilio; - ### - NONCHÉ SOCIETÀ ###. ###.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, P.I. ###, rappresentata e difesa, giusta procura in calce all'atto di chiamata in causa notificato, dall'Avv. ### presso il cui studio in #### alla ### n. 23 ha eletto domicilio; - ### - NONCHÉ ### S.P.A., P.I. ###, con sede ###persona del procuratore pro tempore ### giusta procura per #### del 18.06.2019, rep. n. 95610, racc. n. 21070, rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'Avv. ### presso il cui studio in calce all'atto di chiamata in causa notificato, dall'Avv. ### D'### presso il cui studio in ### alla via ### n. 11 ha eletto domicilio; - ### - assegnata a sentenza alla udienza del 08.10.2021 sulle seguenti: ### Per parte attrice: nel riportarsi a tutti gli scritti difensivi e alle conclusioni rassegnate hanno concluso nei termini che seguono: “1. Accerti e dichiari la responsabilità dei convenuti solidalmente e/o individualmente nell'errore diagnostico e operativo conseguente sulla persona del defunto ### 2. Accerti e dichiari il grado di responsabilità di ciascuno in rapporto al ruolo rivestito in equipe; 3. Per l'effetto condanni ciascuno solidalmente e/o individualmente al risarcimento dei danni di natura patrimoniale e non patrimoniale, ai quali si vanno ad aggiungere la personalizzazione e il risarcimento del danno morale, il tutto sia iure proprio che iure hereditatis, subiti e subendi; 4. Condanni, infine, ciascuno solidalmente e/o individualmente al pagamento delle spese, compresa quella di ### diritti ed onorari con attribuzione al sottoscritto avvocato antistatario”.
Per la convenuta ### dell'###R.R.M.I.: “si riporta integralmente ai propri scritti difensivi, impugna tutto quanto ex adverso esibito, dedotto e prodotto e chiede introitarsi la causa a sentenza. È altresì presente l'avvocato ### per delega dell'avvocato ### per gli istanti il quale nel riportarsi a tutti gli scritti difensivi e alle conclusioni rassegnate chiede assegnarsi la causa a sentenza senza ulteriori termini È presente per la ### ass.ni ### per delega dell'avv. ### l'avv. ### che si riporta a tutte le difese ed eccezioni spiegate in atti e verbali di causa, impugna e contesta per quanto di ragione la C.T.U. depositata, si riporta alle note controdeduttive del CTP dott.
Tavone”. Nella comparsa di costituzione e risposta le conclusioni erano state rassegnate nei termini che seguono: “respingere la domanda attrice proposta nei confronti dell'### S. ### della ### perché inammissibile, improcedibile ed infondata in fatto ed in diritto. In via del tutto gradata, nella denegata ipotesi in cui il Tribunale accolga, anche solo parzialmente, la domanda proposta dall'attrice nei confronti della comparente in concorso con tutti gli altri medici ed, in particolare, con il dott. ### si chiede che lo stesso provveda a graduare le differenti responsabilità, atteso il diverso grado di efficacia che i convenuti, per le loro differenti funzioni, hanno potuto avere nella determinazione del presunto evento dannoso (…) ### le spese di lite”. ### nel riportarsi al contenuto dei propri atti, ha concluso nei termini che seguono: “rigettare la domanda attrice perché infondata in fatto ed in diritto, quantomeno nei confronti del ### comparente, con conseguente condanna al pagamento delle spese, competenze e onorari del presente giudizio; in via subordinata, nell'ipotesi di accoglimento anche parziale della domanda nei confronti del comparente, dichiarare tenute le società ### con sede ###/2 e la ### S.p.A. Winterthur - ####, con sede ###, al risarcimento derivante da responsabilità civile dei sanitari”. ### si è riportato ai propri scritti difensivi. Nella comparsa di costituzione e risposta le conclusioni erano state rassegnate nei termini che seguono: “rigettare le avverse e/o contrapposte domande che dovessero sostenersi in danno del dott. ### dichiarandole inammissibili, improcedibili e comunque infondate in fatto ed in diritto. In via gradata ed eventuale in caso di accoglimento totale o parziale della domanda avversaria e nel caso che gli effetti pregiudizievoli della stessa dovessero in qualche modo ricadere, in tutto o in parte, in danno del dott. ### dichiarare che a tanto sia tenuta direttamente ed esclusivamente la ### S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, in virtù del contratto assicurativo individuato col 548415430; in ogni caso condannare quest'ultima a manlevare e tenere indenne il dott. ### da ogni conseguenza che direttamente e/o indirettamente dovesse derivargli per i fatti per cui è causa. Con vittoria di spese, diritti ed onorari”. Con la memoria ex art. 183 c.p.c. ha chiesto che fosse dichiarata la nullità della domanda, reiterando le altre conclusioni già rassegnate. ### Nel riportarsi alle conclusioni rassegnate in atti ha concluso nei termini che seguono: “a) ### la domanda attorea essendo la stessa nulla, inammissibile, inaccoglibile, improcedibile, infondata sia in fatto che in diritto e, comunque, non provata; b) Subordinatamente, in caso di accoglimento anche parziale della domanda, vertendosi in ipotesi di responsabilità solidale, accertare il grado di responsabilità di ciascun convenuto nei rapporti interni e, quindi, condannare gli altri convenuti ciascuno in misura corrispondente alla quota di responsabilità cedente a proprio carico, nonché rivalere e/o garantire e/o rimborsare in via di regresso tutto quanto il Dr. ### dovesse corrispondere alle intervenute in misura eccedente la quota di responsabilità eventualmente ritenuta sussistente a suo carico; c) In ogni caso dichiarare tenuta e condannare la ### dell'###M.I. ###. ### della ### in persona del suo legale rappresentante pro tempore, per legge e per contratto di lavoro, a garantire e/o rivalere esso Dr. ### da tutto quanto fosse malauguratamente condannato a pagare alle intervenute od anche agli altri convenuti in dipendenza del presente giudizio; d) In via istruttoria chiede ammettersi prova orale articolata nella memoria ex art. 183,VI co., n.2, c.p.c. con i testi indicati; e) ### nulla e/o inattendibile e/o inutilizzabile la CTU redatta dal Dr. ### perché caratterizzata da evidenti errori ed omissioni; Condannare parte attrice al pagamento delle spese processuali”. ### si è riportato a tutte le proprie precedenti eccezioni e richieste. Nella comparsa di costituzione e risposta aveva concluso chiedendo che fossero dichiarate inammissibili, improponibili in rito ed infondate nel merito le domande proposte dall'attore nei propri confronti. In caso di accoglimento della domanda, con condanna solidale al risarcimento del danno, aveva chiesto che fossero accertare e graduate le singole responsabilità dei convenuti, con condanna a rivalerlo ed a rimborsargli, in via di regresso, tutto quanto fosse condannato a pagare in dipendenza del giudizio, per la parte eccedente la propria responsabilità. In ogni caso con condanna della ### dell'###M.I. a garantirlo e manlevarlo da quanto fosse condannato a pagare in favore dell'attore, anche per spese e con condanna di chi di ragione al pagamento delle spese di lite. ### nel riportarsi a tutte le proprie precedenti difese ha concluso come da comparsa di costituzione e risposta nei termini che seguono: “1) in via preliminare dichiarare la nullità della domanda nei confronti del concludente per evidente vaghezza e genericità, nonché del tutto mancante dei requisiti essenziali; 2) rigettare la domanda nei confronti del concludente per evidente carenza di legittimazione passiva, e per l'effetto estromettere dal giudizio il ##### 3) rigettare la domanda di risarcimento danni di esso attore in quanto del tutto infondata in fatto ed in diritto e del tutto sfornita di prova oltre che alcuna responsabilità giammai potrà essere imputata al concludente; 4) nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attorea dichiarare unica responsabile essa ###le ### dell'###M.I., ###. ### della ### in persona del legale rapp.te p.t.”.
Per la ### S.p.A.: “si riporta a tutte le difese ed eccezioni spiegate in atti e verbali di causa, impugna e contesta per quanto di ragione la C.T.U. depositata, si riporta alle note controdeduttive del CTP dott. ### e chiede introitarsi la causa a sentenza”.
Nella comparsa di costituzione e risposta ha concluso nei termini che seguono: “in via preliminare, per le motivazioni suesposte, rigettare la domanda principale proposta dal sig. ### perché invalida, nulla, improponibile, improcedibile, inammissibile nonché carente dei requisiti ex art. 163 c.p.c.; nel merito, rigettare la domanda attrice perché non provata e, comunque, infondata nell'an, nel nesso eziologico e nel quantum; in via gradata, nella denegata ipotesi venga accertata la sussistenza del nesso di causalità tra le patologie lamentate e l'intervento chirurgico nonché le successive terapie eseguite, reietta ogni avversa eccezione e deduzione, accertare e dichiarare la responsabilità totale o concorrente in maniera prevalente della ### dell'### dei ###M.I. Casa di ###. ### della ### dei dott.ri ##### aiuto chirurghi, nonché del dott. ### anatomopatologo, ed in tal caso graduare le colpe con eventuali altri corresponsabili; conseguentemente, in ipotesi di responsabilità ex art. 2055 c.c., dichiarare, con la stessa sentenza, per effetto del diritto di regresso, la ### di ### - ### sanitario ### della ### e/o i dott.ri ##### aiuto chirurghi, nonché del dott. ### anatomopatologo, tenuti a rimborsare e/o a restituire alla comparente tutto quanto fosse tenuta a corrispondere al sig. ### tenuto conto sempre dei massimali di polizza, eventualmente in eccedenza a quanto dovuto rispetto alla quota in virtù della quale la comparente è tenuta a manlevare; in via ancora più gradata, accertare e dichiarare la non debenza dell'indennità ex art. 1910 c.c., II comma, e/o riconoscere, nella denegata ipotesi di condanna della comparente società il diritto di regresso nei confronti di chi di dovere; in via ancora più gradata, nella denegata ipotesi di condanna anche solo concorsuale del dott. ### disattendere e rigettare la domanda di manleva e, solo in via più gradata, contenere la domanda nell'ambito del massimale di polizza, compensando, epperò, le spese di lite tra l'assicurato dott. ### e la comparente compagnia di assicurazione. Con vittoria di spese, diritti ed onorari”.
Per la ### S.p.A.: Nella comparsa di costituzione e risposta ha concluso nei termini che seguono: “conclude perché il Tribunale, disattesa ogni avversa eccezione, deduzione e richiesta, dichiari, per i motivi così come gradatamente esposti in premessa, inammissibili ed improponibili in rito ed infondate nel merito e, comunque, rigetti tutte le domande che il prof. ### ha proposto nei suoi confronti. Subordinatamente e salvo gravame, dichiari sussistente un obbligo da parte sua di rivalerlo e di garantirlo solo a secondo rischio nei limiti e termini di polizza. Con la condanna di chi di ragione al pagamento delle spese e delle competenze di giudizio”.
Per la Società Cattolica di ### coop. a r.l.: “reitera tutte le difese ed eccezioni sviluppate in tutti i propri scritti difensivi e dai verbali di causa impugna tutto quanto ex adverso dedotto ed eccepito e chiede il rigetto integrale di tutte le domande proposte dagli eredi del signor ### in quanto inammissibile improponibile di nel merito. Nel reiterare ancora una volta tutte le eccezioni e difese di cui al verbale di udienza del 30.11.2020 questa difesa chiede il rigetto integrale delle domande fermo tutto quanto innanzi nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda nei confronti della ### eccepisce la carenza della garanzia invocata dal dottor ### per le ragioni ampiamente indicate propria memoria”. Le conclusioni erano state rassegnate in comparsa di costituzione e risposta nei termini che seguono: “1. In via preliminare, per tutto quanto suesposto, rigettare la domanda attorea affetta da nullità per mancanza dei requisiti previsti ex artt. 163 e 164 c.p.c.; 2. In subordine, nel merito, rigettare la domanda attorea perché infondata e non provata; 3. In via gradata, nel caso di accoglimento della domanda e pronuncia di esclusiva responsabilità del prof. #### dichiarare il difetto di copertura assicurativa della ### di ### a r.l. per l'evento dannoso, rigettando integralmente ogni domanda avanzata nei confronti di quest'ultima, con condanna dell'attore, in proprio e/o in solido con chi di dovere, al pagamento delle spese di lite; 4. In via ancor più gradata, nel caso di accoglimento della domanda, graduare la colpa fra tutti i responsabili solidali individuandone, altresì, la quota percentuale addebitabile a ciascuno; 5. All'accertamento della ricorrenza, nel caso in esame, di una coassicurazione indiretta fra tutti i coassicuratori chiamati in causa dai corresponsabili, con conseguente applicazione della disciplina ex art. 1910 c.c. ai fini della ripartizione proporzionale degli indennizzi e delle rivalse interne; 6.
Condannare in ogni caso chi di dovere ex art. 91 c.p.c. al pagamento in favore della ### di ### a r.l. delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio”.
Per la ### S.p.A.: “impugna la c.t.u. del dott. ### chiede rinvio per precisazione conclusioni o in alternativa che la causa sia spedita a sentenza con i termini dell'art. 190 c.p.c. Impugna le avverse richieste e si riporta ai propri scritti difensivi”.
Nella comparsa di costituzione e risposta le conclusioni erano state rassegnate nei termini che seguono: “voglia il Tribunale di Napoli dichiarare la prescrizione del diritto e l'infondatezza della domanda attrice, condannando chi di ragione al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio”. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Preliminarmente va rilevato che la presente decisione interviene dopo le modifiche apportate agli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. cp.c. ad opera della legge 69/2009 e, pertanto, la redazione della sentenza avviene in conformità alle nuove previsioni normative che impongono di esporre in modo succinto i fatti rilevanti della causa e le ragioni giuridiche della decisione. 1. ### con l'atto di citazione introduttivo del presente giudizio, ha premesso di aver contratto l'epatite A nel mese di maggio del 2003 e di aver cominciato ad avvertire, dopo tale infezione, frequenti ed intensi dolori addominali, accompagnati da nausea, vomito, acidità e pirosi gastrica, coliche seguite da urine ipercromiche, stipsi, meteorismo e, spesso, febbre. Gli ultimi episodi di colica erano stati, altresì, accompagnati da ittero con prurito generalizzato.
Ha, quindi, riferito che nel mese di gennaio del 2004, dato l'intensificarsi di tali episodi dolorosi, si era ricoverato presso la ### del ### di Napoli, dove era stato dimesso con diagnosi di “broncopneumopatia cronica ostruttiva; statosi epatica; dislipidemia ###”. Era, dopo pochi mesi, stato nuovamente ricoverato presso il medesimo presidio ospedaliero, ### del ### per colica addominale, avente le medesime caratteristiche degli episodi precedenti e dimesso dopo tre giorni di degenza con diagnosi di colangite e consiglio di praticare una colangiorisonanza magnetica, esame il quale aveva dato esito negativo.
In data ###, al ripresentarsi dei dolori addominali, si era ricoverato presso il ### S. ### della ### in ### lì dove era stato sottoposto ad intervento chirurgico di laparotomia sottopostale destra allargata a sinistra, con contestuale esame istologico estemporaneo sul tessuto asportato. Detto intervento era stato eseguito dalla equipe medica coordinata dal ### dott. ### con gli aiuti dei dott.ri ##### tutti dipendenti della ### dell'####M.I., ### S. ### della ### nonché con la partecipazione, quale specialista chiamato dalla struttura, del dott. ### anatomopatologo.
Nel corso dell'intervento, come annotato in cartella clinica, era stata formulata dall'anatomopatologo, a seguito dell'esame istologico estemporaneo, una diagnosi di “presenza di lesione endocrina maligna (insulinoma? ###), cosa che sarebbe dovuta essere verificata con esame istologico definitivo”.
Nonostante la diagnosi, ad avviso dell'istante, fosse stata formulata in termini dubitativi, senza attendere la conferma definitiva proposta dall'istopatologo, era stata praticata una gasterectomia subtotale, duodeno-pancreasectomia parziale, con asportazione del linfonodo colecistectomia e rimozione di una zona di tessuto dell'estensione totale di circa 32 cm. ### ha, quindi, lamentato che la scelta di procedere in sede operatoria all'intervento di asportazione era stata connotata da negligenza, imprudenza ed imperizia dei medici, giacché sarebbe stato necessario procedere ad ulteriori accertamenti prima di intervenire e poiché, prima dell'intervento, non erano stati eseguiti esami che sarebbero stati necessari, quali ### angiografia, agoaspirato, TAC o #### chirurgico praticato, il quale avrebbe potuto o essere evitato o essere meno demolitivo, quindi, secondo l'assunto dell'attore aveva favorito in maniera notevole le successive numerose gravi complicanze avutesi dopo l'atto operatorio, quali l'emoperitoneo con grave shock emorragico, la fistola pancreatica con versamento ascetico e pleurico, gli ascessi della parete addominale, l'occlusione intestinale da briglie differenziali ed il laparocele. ###, quindi, in forza delle considerazioni che precedono, ha chiesto che fosse accertato il comportamento colposo per negligenza, imprudenza ed imperizia dei medici che l'avevano operato, dipendenti della ### dell'###M.I., e dello specialista anatomopatologo, i quali, senza attendere la verifica definitiva, avevano praticato un intervento demolitivo, non dovuto e non necessario e, per l'effetto, che i predetti fossero condannati, alternativamente o solidalmente, al risarcimento dei danni di natura patrimoniale e non patrimoniale, morale, esistenziale subiti e subendi, oltre accessori e condanna al pagamento delle spese di lite. ### dell'###M.I. si è costituita in giudizio assumendo che la diagnosi istologica estemporanea di “parenchima pancreatico con noduli…sospetti per una lesione verosimilmente maligna…” poneva come indicazione necessaria ed indifferibile la “duodenocefalopancresectomia”, eseguita dai medici operanti nel pieno rispetto delle tecniche e dei mezzi occorrenti per affrontare e risolvere l'anomalia insorta. Alcuna colpa, quindi, poteva essere addebitata ai medici dipendenti della struttura - sebbene l'indagine istologica definitiva non avesse confermato la diagnosi estemporanea, evidenziando un quadro di pancreatite cronica associata a colecisti cronica atrofica - giacché, nell'impossibilità di distinguere il cancro del pancreas da una patologia pancreatica non neoplastica, la letteratura medica indica come necessario l'intervento demolitore.
Ha, invece, censurato la condotta medica del dott. ### al quale era stato inviato il campione contenente il tessuto asportato al paziente, giacché era stata la sua diagnosi, errata, ad orientare la successiva scelta dei chirurghi di procedere all'intervento demolitore.
Il dott. ### si è costituito assumendo che il ricovero presso il ### S. ### della ### era stato disposto per lo studio ed il trattamento del processo uncinato del pancreas, emerso in altra sede, in soggetto fumatore (più di quaranta sigarette al giorno) e con rilievo, agli esami di laboratorio, di aumento della ### di ALP e ALT con aumento del market tumorale Ca 19.9, specifico del pancreas, superiore di ben quattro volte rispetto al valore normale.
Sulla scorta di tale patologia, evidenziata anche dagli esami ecografici e dalla ### era stato programmato un intervento chirurgico di esplorazione addominale con esame istologico estemporaneo.
Nel corso dell'intervento, quindi, il consulente anatomopatologo aveva, anche alla presenza degli anestetisti dott. T. ### e G. Apetino, dichiarato pubblicamente di riconoscere una lesione neoplastica maligna, riservandosi di accertare a quale classe di tumore maligno appartenesse e rimandando la definitiva tipizzazione istologica all'esame definitivo.
Ha, pertanto, dedotto che la decisione di proseguire l'intervento chirurgico era stata corretta, anche in considerazione della scarsa probabilità, inferiore al 10%, di individuazione di una neoplasia maligna all'esame istologico estemporaneo.
Solo successivamente, all'esame istologico definitivo, era stata evidenziata l'assenza di alcuna neoplasia del pancreas. Quando ebbe modo di visionare l'esame definitivo, quindi, l'anatomopatologo relazionò anche l'estemporaneo inserendo, accanto alla diagnosi di malignità espressa in sala operatoria, l'avverbio “verosimilmente”.
Ha, quindi, addebitato al predetto comportamento dell'anatomopatologo il fatto che gli esami istologici, estemporaneo e definitivo, coincidessero e l'indicazione, non corretta, su di entrambi, della data dell'intervento, sebbene l'esame definitivo fosse stato effettuato nei giorni successivi all'intervento.
In punto di diritto ha assunto che la propria responsabilità, in qualità di coordinatore dell'equipe medica, era relativa ai soli errori degli altri componenti del gruppo evidenti e non settoriali, emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio, vigendo, per la restante parte, il principio dell'affidamento, secondo il quale ciascun medico dell'equipe può contare sul corretto adempimento, da parte degli altri, delle prestazioni sugli stessi incombenti.
Ha, infine, chiesto ed ottenuto l'autorizzazione alla chiamata in causa della #### e della ### S.p.A.
Winterthur.
Si è costituito il dott. ### eccependo la nullità della notifica dell'atto di citazione, peraltro sanata dalla propria costituzione in giudizio, ed assumendo, nel merito, l'assenza di propria responsabilità. Ha, quindi, chiesto ed ottenuto l'autorizzazione alla chiamata in causa della ### S.p.A.
Si è, altresì, costituito il dott. ### evidenziando la completezza degli esami medici che avevano preceduto l'intervento chirurgico, nonché il dettaglio e precisione delle informazioni ricevute dal paziente prima che costui prestasse il consenso informato. In ordine al decorso operatorio ha assunto che i risultati dell'esame istologico estemporaneo erano stati comunicati verbalmente agli altri medici operanti dall'anatomopatologo, il quale aveva diagnosticato una lesione neoplastica maligna alla testa del pancreas. Sulla base di detta diagnosi di malattia, molto aggressiva e raramente non letale nel quinquennio successivo al trattamento chirurgico, esistendo criteri di resecabilità della massa tumorale, quindi la possibilità di effettuare un trattamento chirurgico radicale e non palliativo, con scelta oncologicamente corretta ### era stato sottoposto ad una duodenocefalo pancreasectomia sec. Whipple, intervento necessariamente demolitivo per una questione di radicalità oncologica.
Ha affermato, inoltre, come pure fatto dal dott. ### che per mera distrazione dell'anatomopatologo le date dei due esami, temporaneo e definitivo, coincidevano, ove i risultati dell'esame definitivo erano stati loro trasmessi nei giorni successivi all'intervento.
Ha, infine, richiamato, in punto di diritto, il principio dell'affidamento, in base al quale ciascun medico dell'equipe non deve ritenersi obbligato a delineare il proprio comportamento in funzione del rischio di condotte colpose altrui, gravando sul solo capo equipe un dovere di sorveglianza sull'operato degli altri collaboratori. Solo nel caso di verifica di assenza del positivo stato di fatto degli altri operatori, i quali abbiano caratteristiche intrinseche, dovute all'età, malattia o inesperienza, che invalidino l'aspettativa di una condotta rispondente a diligenza, prudenza e perizia, quindi, viene meno il principio dell'affidamento, gravando su ciascun medico l'obbligo, oltre a quello di espletare le proprie mansioni specifiche, altresì di impedire e vanificare l'altrui condotta contraria alle leges artis proprie.
La qualifica di assistente rivestita nell'ambito dell'intervento, il quale era stato conforme al protocollo medico-scientifico, nel pieno rispetto degli specifici obblighi di diligenza e perizia posti a carico degli operatori, quindi, faceva escludere qualsiasi responsabilità propria, avendo il solo ruolo di eseguire le disposizioni ed istruzioni impartitegli dal chirurgo capo-equipe.
In caso di propria soccombenza, avendo agito in qualità di dipendente della ### dell'###M.I., ha chiesto di essere garantito e manlevato dal predetto ente da quanto fosse condannato a pagare in favore dell'attore.
Si è costituito il dott. ### assumendo che, non avendo l'attore indicato la natura della propria azione, la domanda dovesse essere qualificata come domanda di risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale; ritenendo che i contestati addebiti di responsabilità attenessero all'attività diagnostica preoperatoria ed alle scelte operatorie effettuate, cui non aveva preso parte avendo svolto mere mansioni di strumentista in sala operatoria, come quarto al tavolo operatorio, dopo che tali scelte erano state compiute. In caso di propria soccombenza ha spiegato le domande di regresso e di manleva di cui in epigrafe, chiedendo ed ottenendo l'autorizzazione alla chiamata in causa della ### di ### Si è, infine, costituito il dott. ### eccependo la nullità della domanda per mancanza dei requisiti essenziali di cui all'art. 163, nn. 3) e 4) c.p.c., non essendone stato determinato l'oggetto; assumendo che alcun litisconsorzio necessario fra le parti evocate in giudizio sussisterebbe; ritenendo non applicabile il disposto dell'art. 2055 c.c.; contestando di aver mai posto in essere alcun comportamento colposo. In proposito ha dedotto di non aver preso parte all'intervento chirurgico e di essersi limitato ad eseguire alcuni esami, invitando il paziente a ripetere gli accertamenti del caso e ad attendere la verifica dell'esame istopatologico definitivo. Ha, quindi, sostenuto che i presunti danni subiti dall'attore fossero derivati da complicanze post-operatorie.
Disposta la chiamata in causa, la ### S.p.A. si è costituta in giudizio senza disconoscere la polizza assicurativa stipulata con il dott. ### ed assumendo che il rischio assicurato fosse solo quello indicato nella polizza, da contenersi nei limiti del massimale ed invocando, stante la stipulazione di più polizze assicurative con enti diversi, l'applicazione dell'art. 1910, III comma, ### nel costituirsi in giudizio, ha rilevato che il dott. ### chiamante in causa, aveva stipulato, quale socio della ### una polizza di assicurazione a secondo rischio con franchigia di € 500.000,00 nel caso di inoperatività di quella a primo rischio. Ha eccepito la perdita al diritto alla garanzia ed all'indennità, non avendo provveduto, in qualità di dipendente dell'ente ospedaliero nell'ambito del quale aveva operato, ad attivare la polizza stipulata dall'azienda ospedaliera anche nel suo interesse, né a spiegare domanda riconvenzionale nei confronti del dott. ### seppur ritenendolo responsabile esclusivo del danno. Ha, quindi, assunto che avrebbe, nel caso, potuto garantirlo e rivalerlo delle pretese dell'attore ma non già essere tenuta direttamente al risarcimento del danno. ### di ### nel costituirsi in giudizio, ha contestato la fondatezza della domanda attrice, rilevando che la stessa non era stata specificata né nel quantum, né nel grado di invalidità presunto, né nella descrizione dei tipi di danno di cui era stato chiesto il ristoro, con conseguente sua nullità. Ha, quindi, escluso alcuna responsabilità dei medici dipendenti della struttura ospedaliera, con conseguente responsabilità esclusiva del dott. ### ed assenza di copertura assicurativa in ordine all'operato di tale medico, non ravvisandosi alcuna responsabilità per omesso controllo degli altri medici dell'equipe che eseguì l'operazione chirurgica. ### S.p.A., infine, ha eccepito la prescrizione del diritto del proprio assicurato, essendo decorsi quattro anni dal fatto dannoso senza che l'assicurato avesse dato alcuna comunicazione dalla società e la tardività della denuncia di sinistro, intervenuta a circa dieci mesi dalla richiesta di risarcimento del danno.
La causa è stata istruita con ammissione ed espletamento di consulenza d'ufficio e si è, altresì, avuto, in seguito al decesso dell'attore, risalente al 27.11.2012, la costituzione in giudizio della moglie e delle figlie, in qualità di sue eredi.
Dopo alcuni rinvii, assegnata la stessa al presente giudice con decreto del 04.09.2018, in attuazione dei decreti del Presidente ###/2018 e 229/2018, nel corso dell'udienza del 23.10.2018, sulle conclusioni rassegnate nei termini di cui in epigrafe, è stata trattenuta in decisione, previa concessione dei termini di cui all'art. 190, I comma, c.p.c.. Rimessa sul ruolo disponendosi supplemento di perizia ed avutasi la costituzione, in luogo della ### S.p.A., della ### S.p.A., la stessa è stata nuovamente trattenuta in decisione.
Successivamente rimessa sul ruolo per vizio di comunicazione ai difensori di una delle parti costituite, sulle conclusioni rassegnate è stata nuovamente assegnata a sentenza. 2.1 Devono, in primo luogo, essere rigettate le eccezioni di nullità dell'atto di citazione.
Invero “la declaratoria di nullità della citazione ai sensi dell'art. 164, quarto comma, cod. proc. civ. postula una valutazione da compiersi caso per caso, tenendo conto che la ragione ispiratrice della norma risiede nell'esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese. Pertanto, nel valutare il grado di incertezza della domanda, non può prescindersi dall'intero contesto dell'atto introduttivo, dalla natura del relativo oggetto e dal comportamento della controparte, dovendosi accertare se, nonostante l'obiettiva incertezza, il convenuto sia in grado di comprendere agevolmente le richieste dell'attore o se, invece, in difetto di maggiori specificazioni, si trovi in difficoltà nel predisporre una precisa linea difensiva” (cfr Cass. civ., sent. n. 27670 del 21.11.2008; conforme Cass. civ., sent. n. 11751 del 15.05.2013).
Nel caso di specie, nell'atto di citazione è stato analiticamente descritto l'iter clinico che precedette l'intervento chirurgico di cui si controverte ed indicate le specifiche negligenze addebitate, sostanzialmente ascrivibili, secondo le deduzioni dell'originario istante, all'omesso approfondimento diagnostico che precedette l'intervento chirurgico praticato ed alla scelta, giudicata non corretta, di praticare intervento di rimozione chirurgica, totale o parziale, di più organi, sebbene l'esame istopatologico infraoperatorio non avesse evidenziato, in maniera incontrovertibile, la presenza di un carcinoma.
La giurisprudenza di legittimità ha, del resto, affermato che sia sufficientemente determinato l'oggetto della domanda ove l'attore/paziente alleghi il non esatto adempimento della prestazione medica, idoneo a porsi come causa o concausa del danno, senza che costituisca suo onere quello di specificare la specifica colpa del medico ed il suo grado, essendo sufficiente l'indicazione dell'esecuzione di un intervento medico ed il risultato anomalo dello stesso, consistente nell'aggravamento dello stato morboso o nell'insorgenza di una nuova patologia o nel mancato conseguimento del miglioramento delle condizioni di salute auspicato (cfr Cass. civ., sent. n. 12362 del 24.05.2006; Cass. civ., SS. UU., sent. n. 577 del 11.01.2008; conformi Cass. civ., sent. n. 20101 del 18.09.2009; Cass. civ., sent. n. 1538 del 26.01.2010). Più di recente, peraltro, è stato affermato che il paziente ha l'onere di dedurre qualificate inadempienze “in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno” (cfr Cass. civ., sent. n. 15993 del 21.07.2011; in termini civ., sent. n. 15490 del 08.07.2014). ###, quindi, ha precisamente indicato gli addebiti di responsabilità in base ai quali i convenuti dovessero rispondere del proprio operato, nonché chiesto il risarcimento di tutti i danni subiti, sia per le complicazioni post operatorie ritenute ascrivibili all'intervento invasivo praticato, che al danno alla salute conseguente alla rimozione chirurgica effettuata in assenza dei presupposti che potessero giustificarla.
Le parti convenute erano perciò, così come in concreto hanno fatto, in grado di spiegare compiute difese.
Va, inoltre, rimarcato che la mancata qualificazione giuridica della domanda non può determinare la nullità dell'atto di citazione, giacché la nullità della domanda giudiziale ricorre solo quando non sia identificabile il bene giuridico al cui conseguimento tende l'azione proposta, essendo riservata al giudice l'interpretazione del contenuto della domanda attraverso inquadramento giuridico della fattispecie in base ai fatti prospettati dalle parti, purché gli elementi obiettivi di identificazione della domanda non vengano alterati dal giudice (cfr Cass. civ., sent. n. 4921 del 11.08.1980; Cass. civ., sent. n. 1751 del 15.03.1980; Cass. civ., sent. n. 4918 del 16.07.1983; Cass. civ., sent. n. 3604 del 27.03.1995).
Né l'omessa quantificazione, in termini monetari, della domanda ne ha determinato la nullità, in quanto “l'onere di determinazione dell'oggetto della domanda è validamente assolto anche quando l'attore ometta di indicare esattamente la somma pretesa dal convenuto, a condizione che abbia però indicato i titoli posti a fondamento della propria pretesa, ponendo in tal modo il convenuto in condizione di formulare le proprie difese” (cfr Cass. civ., sent. 12567 del 28.05.2009; in termini Cass. civ., sent. n. 26873 del 14.11.2017, secondo cui è sufficiente l'indicazione dei titoli posti a fondamento della domanda perché possa ritenersi assolto l'onere di quantificazione della domanda). 2.2 Occorre, quindi, evidenziare che, spiegando comparsa di intervento in seguito al decesso del proprio dante causa, ai sensi dell'art. 110 c.p.c., le attrici hanno potuto, in via esclusiva, coltivare le originarie domande di risarcimento del danno biologico e patrimoniale subito, iure proprio, dal proprio dante causa in conseguenza dell'intervento chirurgico distruttivo al quale si sottopose, il quale fu, secondo l'allegazione di parte, dovuto a scelta erronea dei medici che vi procedettero.
Dopo l'avvenuto raggiungimento della maggiore età, quindi, ha spiegato intervento ### in proprio.
Occorre rimarcare che “la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto” (cfr Cass. civ., SS.UU., sent. 2951 del 16.02.2016; conformi Cass. civ, sent. n. 14652 del 18.07.2016; Cass. civ., sent. n. 15037 del 21.07.2016).
Le attuali attrici, nel costituirsi in giudizio, hanno provato la loro qualità di eredi di ### producendo i certificati integrali di famiglia, atteso documenti idonei a provare il grado di parentela tra il defunto e l'attore, fonte della successione legittima, mentre la denunzia di successione, pur avendo finalità fiscali, è inidonea a fornire elementi probatori sulla avvenuta successione (cfr Cass. civ., sent. n. 14605 del 12.07.2005). ### proposizione della presente azione, in qualità di sue eredi, ha, inoltre, comportato accettazione tacita dell'eredità del proprio dante causa (cfr Cass. civ., ord. n. 6745 del 19.03.2018, secondo cui “il figlio che aziona in giudizio un diritto del genitore, del quale afferma essere erede ab intestato, ove non sia stato contestato il rapporto di discendenza con il de cuius, al fine di dare prova della sua legittimazione ad agire, non deve ulteriormente dimostrare l'esistenza di tale rapporto, producendo l'atto dello stato civile attestante la filiazione, essendo sufficiente che egli, in quanto chiamato all'eredità a titolo di successione legittima, abbia accettato, anche tacitamente, l'eredità, circostanza che può ricavarsi dall'esercizio stesso dell'azione”).
Alcun risarcimento di danni subiti iure proprio dalle attrici, pur formulato nella comparsa di intervento, poteva, peraltro, essere promosso, essendo spirato, al momento del decesso e del successivo intervento in causa, sia il termine per le preclusioni assertive che quello per le preclusioni istruttorie. La domanda di risarcimento dei danni, non patrimoniali e patrimoniali, subiti iure proprio dalle attrici, quindi, deve essere dichiarata inammissibile.
Neppure alcun danno cosiddetto tanatologico, dovuto alla perdita della vita del proprio dante causa, poteva essere chiesto giacché la morte “non rappresenta la massima offesa possibile del diverso bene ‘salute', pregiudicato dalla lesione dalla quale sia derivata la morte” (cfr in motivazione Cass. civ., sent. n. 14940 del 20.07.2016).
Differente, quindi, è la domanda di risarcimento del danno dovuta alla perdita del bene “vita”, rispetto a quella conseguente alla lesione del bene salute dell'originario attore, coltivata in seguito dalle sue eredi.
Anche quella di risarcimento del danno tanatologico è, comunque, domanda nuova proposta dopo lo spirare delle preclusioni istruttorie, come tale inammissibile.
La sentenza n. 2481/2018 pronunciata dal Tribunale di Napoli, nell'ambito del quale è stato richiesto il risarcimento del danno, da perdita della vita e subito iure proprio dalle medesime attrici del presente giudizio per la perdita del congiunto, quindi, è relativa a danni autonomi e diversi rispetto a quelli richiesti nella presente sede.
Pur essendo stata pronunciata fra le medesime parti processuali, inoltre, la consulenza tecnica espletata nel giudizio conclusosi in primo grado con la sentenza summenzionata fu relativo all'accertamento del nesso di causalità fra l'intervento chirurgico praticato e la cirrosi epatica che provocò il decesso di ### Si trattò, quindi, di un accertamento di segno diverso rispetto a quello di cui si controverte.
La sentenza resa, infine, ha rigettato la domanda senza adottare alcuna pronuncia, né alcun accertamento in ordine alla responsabilità dei medici che effettuarono l'intervento chirurgico, bensì ritenendo che non vi fosse prova della sussistenza del nesso causale fra l'intervento effettuato e la patologia che determinò la morte di ### Anche se vi fosse stata prova dell'avvenuto passaggio in giudicato della predetta sentenza, invero non fornita, essendo nelle more solo stata depositata la sentenza pronunciata in grado di appello, la stessa non avrebbe valore di giudicato in ordine alle differenti domande di risarcimento del danno spiegate nel presente giudizio ed in ordine alla responsabilità dei medici convenuti nel praticare detto intervento.
Costituisce, infine, domanda nuova, per la prima volta formulata nella comparsa conclusionale, la quale dovrebbe valore meramente illustrativo delle propri precedenti difese, la domanda di risarcimento del danno per mancanza di adeguato consenso informato, rimarcandosi che “l'acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento terapeutico” (cfr Cass. civ., sent. n. 1043 del 17.01.2019), nonché che tale inadempimento né era stato allegato nell'atto di citazione, né tantomeno nelle memorie ex art. 183, VI comma, n. 1) c.p.c. depositate in data ###, sicché la domanda di risarcimento del danno per mancanza di adeguato consenso informato, fondata su di una diversa causa petendi, costituisce domanda nuova, la quale non deve essere esaminata nella presente sede.
Da ultimo va rilevato che nell'atto di citazione introduttivo del presente giudizio l'attore richiese la condanna di tutti i convenuti, in solido, al risarcimento del danno, senza che alcuna domanda di graduazione delle responsabilità fosse stata formulata, sicché la domanda formulata nella comparsa di intervento degli eredi del ### di accertamento del grado di responsabilità di ciascuno nella produzione del danno, non può essere esaminata occorrendo, in via esclusiva, verificare, con riferimento alla domanda attrice, se sussista responsabilità esclusiva di talune delle parti convenute o di tutti i convenuti nella produzione del danno. 2.3 Deve, a questo punto, qualificarsi l'azione intrapresa quale azione di risarcimento del danno da responsabilità contrattuale.
La giurisprudenza di legittimità, infatti, inquadra la responsabilità medica nell'ambito della responsabilità contrattuale. Tale qualificazione non viene meno neppure nel caso in cui il paziente, come nel caso esaminato, si sia fatto ricoverare presso una struttura sanitaria, sia essa pubblica o privata (cfr Cass. civ., sent. n. 577 del 11.01.2008). ### del paziente presso la struttura equivale alla conclusione di un contratto. Ritiene, pertanto, questo giudice che, correttamente, la responsabilità della struttura e dei medici convenuti debba essere qualificata, sulla base dei fatti prospettati con l'atto di citazione, come responsabilità contrattuale, giacché la struttura ospedaliera risponde dell'operato del personale medico e sanitario che vi lavora ed è solidalmente responsabile per le conseguenze del suo operato (cfr civ., sent. n. 13953 del 14.06.2007 secondo cui “il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura (o ente ospedaliero) ha la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall'assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell'ente), accanto a quelli di tipo ‘lato sensu' alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell'ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218 cod. civ., all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell'art. 1228 cod. civ., all'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche ‘di fiducia' dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto”). ###. 3 della legge 189/2012 (cosiddetta legge ### ha parzialmente decriminalizzato le fattispecie colpose commesse dagli esercenti le professioni sanitarie. ### esclude la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve che si collochino all'interno dell'area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica (cfr pen., sent. n. 268 del 29.01.2013).
Il richiamo che tale norma fa al disposto dell'art. 2043 c.c., peraltro, non è tale da fare ritenere mutato l'orientamento giurisprudenziale summenzionato, secondo cui la struttura, sia essa pubblica o privata, ove il paziente sia stato sottoposto a trattamento medico, risponde, anche in forza del cosiddetto “contatto sociale”, anche a titolo contrattuale per i danni arrecati al paziente (cfr, in termini, Cass. civ., sent. 4030 del 19.02.2013; Cass. civ., ord. n. 8940 del 17.04.2014, secondo cui “l'art. 3, comma 1, del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, come modificato dalla legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189, nel prevedere che ‘l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve', fermo restando, in tali casi, ‘l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile', non esprime alcuna opzione da parte del legislatore per la configurazione della responsabilità civile del sanitario come responsabilità necessariamente extracontrattuale, ma intende solo escludere, in tale ambito, l'irrilevanza della colpa lieve”; conforme Cass. civ., ord. n. 27391 del 24.12.2014; Cass. civ., ord. n. 22133 del 02.11.2016).
A ritenere diversamente, infatti, si opererebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra il paziente assistito da medico privato, caso al quale indubbiamente si applica la responsabilità contrattuale, ed il paziente il quale si faccia ricoverare presso struttura pubblica.
Va, quindi, sottolineato “che la responsabilità della casa di cura (o dell'ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218 cod. civ., all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, ai sensi dell'art. 1228 cod. civ., all'inadempimento della prestazione medico - professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale”, di talché, anche ove il medico curante sia medico di fiducia del paziente, ma non è il caso in esame, comunque permane la responsabilità dell'ente ospedaliero presso il quale il paziente si curò (cfr Cass. civ., sent. n. 1698 del 26.01.2006; conformi Cass. civ., sent. n. 8826 del 13.04.2007; Cass. civ., sent. n. 6945 del 22.03.2007; Cass. civ., sent. n. 13953 del 14.06.2007; Cass. civ., sent. n. 10107 del 2008; Cass. civ., sent. n. 18610 del 22.09.2015; Cass. civ., sent. n. 14615 del 09.07.2020) e contrattuale, per contatto sociale, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di lavoro dipendente con la struttura, dei medici che nella stessa abbiano operato.
Occorre, quindi, valutare l'incidenza che sulla predetta qualificazione, come contrattuale, della responsabilità delle parti convenuta possa avere la legge 24/2017, (cosiddetta legge ###, entrata in vigore il 1° aprile 2017.
Orbene, l'art. 7 della legge summenzionata ha pienamente recepito la natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria prevedendo, al primo comma, che “la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose”, estendendo, al secondo comma, tale disciplina anche alle ipotesi di prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell'ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il ### sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina.
Il terzo comma della norma in esame, peraltro, stabilisce che “l'esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente”.
Ritiene questo giudice, peraltro, che alla disposizione in esame non possa essere attribuita efficacia retroattiva, in applicazione del principio, a carattere generale, di cui all'art. 11 delle preleggi. Sebbene il principio di irretroattività della legge non abbia carattere di norma inderogabile, né rilevanza costituzionale, è stato precisato che tale principio “rappresenta pur sempre una regola essenziale del sistema” (cfr ###, sent. n. 155 del 04.04.1990). La deroga a detto principio, quindi, incontra il limite della ragionevolezza e si pone in funzione della certezza dei rapporti giuridici e del legittimo affidamento dei consociati nella certezza delle situazioni giuridiche e nelle “funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario” (cfr Cass. civ., sent. 27121 del 19.12.2014).
All'uopo occorre richiamare il noto orientamento della ### di Cassazione, secondo il quale “il principio dell'irretroattività della legge comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future di esso; lo stesso principio comporta, invece, che la legge nuova possa essere applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore” (cfr Cass. civ., SS.UU., sent. n. 2926 del 12.12.1967; in senso conforme Cass. civ., sent. n. 2433 del 03.03.2000; Cass. civ., sent. n. 16620 del 03.07.2013; civ., sent. n. 16039 del 02.08.2016).
Nel caso in esame l'applicazione della c.d. legge ### a fatti già verificatesi al momento della sua entrata in vigore inciderebbe negativamente sul fatto generatore del diritto alla prestazione, modificando le posizioni soggettive dei soggetti danneggiati, i quali, a mero titolo esemplificativo, vedrebbero modificata la durata della prescrizione, così ledendosi, in maniera del tutto ingiustificata, il legittimo affidamento riposto dalla generalità dei consociati in ordine al regime contrattuale della responsabilità del medico.
Alla luce delle suindicate considerazioni, quindi, il disposto dell'art. 7 della legge 24/2017 non trova applicazione nella presente procedura. 2.4 Ciò posto, quanto alla ripartizione dell'onere della prova, essendo stata fatta valere in giudizio la responsabilità contrattuale delle parti convenute, in applicazione dei principi sulla ripartizione dell'onere della prova posti dalla ### con decisione a sezioni unite, ove - come nel caso in esame - il creditore della prestazione assuma che la stessa sia stata inesattamente adempiuta, lo stesso dovrà provare il titolo della prestazione, ovvero il ricovero, ed allegare l'inadempimento dei medici, ovvero il manifestarsi, l'aggravarsi o il persistere della situazione patologica, pur dopo l'intervento. Sarà onere del creditore della prestazione, invece, quello di dimostrare di avere esattamente adempiuto alla propria prestazione o che l'inadempimento sia stato dovuto a caso fortuito o forza maggiore (cfr Cass. civ., SS. UU., sent. n. 13533 del 30.10.2001; Cass. civ., SS. UU., sent. n. 577 del 11.01.2008 “in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante”; conformi Cass. civ., sent. 20101 del 18.09.2009; Cass. civ., sent. n. 1538 del 26.01.2010; Cass. civ., sent. n. 20904 del 12.09.2013, secondo cui “per il paziente/danneggiato, l'onere probatorio in ordine alla ricorrenza del nesso di causalità materiale - quando l'impegno curativo sia stato assunto senza particolari limitazioni circa la sua funzionalizzazione a risolvere il problema che egli presentava - si sostanzia nella prova che l'esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all'evento di danno, rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui era stata richiesta la prestazione, o dal suo aggravamento, fino ad esiti finali costituiti dall'insorgenza di una nuova patologia o dal decesso del paziente”).
Occorre, peraltro, sottolineare che - consistendo l'obbligazione professionale in un'obbligazione di mezzi - il paziente dovrà provare l'esistenza del contratto e l'aggravamento della situazione patologica o l'insorgenza di nuove patologie per effetto della prestazione sanitaria, quindi l'effettiva sussistenza di un nesso causale fra l'operato del medico e l'insorgere o l'aggravamento del danno. Solo ove tale prova del nesso causale sia stata fornita, quindi, resta a carico del sanitario o dell'ente ospedaliero la prova che la citata prestazione sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto ed imprevedibile (cfr Cass. civ., sent. n. 22894 del 11.11.2005 con la quale è stato espresso il seguente principio di diritto “in tema di responsabilità dell'ente ospedaliero per inesatto adempimento della prestazione sanitaria, inquadrabile nella responsabilità contrattuale, è a carico del danneggiato la prova dell'esistenza del contratto e dell'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie), nonché del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, restando a carico di questi ultimi la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile”; Cass. civ., sent. n. 15993 del 21.07.2011, secondo cui “il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno” conformi Cass. civ., sent. n. 27855 del 12.12.2013; Cass. civ., sent. n. 15490 del 08.07.2014; Cass. civ., sent. n. 20547 del 30.09.2014; Cass. civ., sent. n. 20904 del 12.09.2013, la quale afferma che “per il paziente/danneggiato, l'onere probatorio in ordine alla ricorrenza del nesso di causalità materiale - quando l'impegno curativo sia stato assunto senza particolari limitazioni circa la sua funzionalizzazione a risolvere il problema che egli presentava - si sostanzia nella prova che l'esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all'evento di danno, rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui era stata richiesta la prestazione, o dal suo aggravamento, fino ad esiti finali costituiti dall'insorgenza di una nuova patologia o dal decesso del paziente”).
La giurisprudenza di legittimità è poi giunta ad affermare (cfr Cass. civ., sent. n. 867 del 17.01.2008; Cass. civ., sent. n. 10743 del 11.05.2009) che sia configurabile il nesso causale - la cui sussistenza comunque deve essere provata dal danneggiato ai sensi della norma generale prevista dall'art. 2697 cod. civ. - fra il comportamento omissivo del medico e il pregiudizio subito dal paziente anche qualora attraverso un criterio necessariamente probabilistico si ritenga che l'opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili probabilità di evitare il danno verificatosi.
Orbene, per la teoria della regolarità causale, ciascuno è responsabile soltanto delle conseguenze della sua condotta (attiva o omissiva) che appaiano sufficientemente prevedibili al momento in cui ha agito, escludendosi in tal modo la responsabilità per le conseguenze assolutamente atipiche o imprevedibili.
E tale valutazione della prevedibilità obbiettiva deve compiersi ex ante, e va compiuta in astratto e non in concreto: non in base alla conoscenza dell'uomo medio, ma alle migliori conoscenze scientifiche del momento (poiché “non si tratta di accertare l'elemento soggettivo, ma il nesso causale”), sicché ciò che rileva non è che l'evento sia prevedibile da parte dell'agente, ma (per così dire) da parte delle regole statistiche e/o scientifiche, dalla quale prevedibilità discende da parte delle stesse un giudizio di non improbabilità dell'evento.
La giurisprudenza di legittimità, quindi, in punto di prova del nesso causale, pur affidando anche a criteri probabilistici fondati su ragionamenti scientifici la prova del nesso causale (con notevole affievolimento, a carico del danneggiato, dei propri oneri probatori ove l'intervento cui si sia sottoposto rivesta carattere routinario ed abbia percentualmente favorevoli probabilità di successo ove praticato secondo corrette pratiche mediche), ha rimarcato e ribadito, come innanzi evidenziato, che sussistono precisi oneri di allegazione a carico del paziente, i quali impongono che costui offra, con puntuale allegazione, indicazione dell'esistenza di una precisa prestazione sanitaria negligentemente espletata.
Laddove, secondo l'allegazione resa ed i criteri di probabilità obiettiva enunciati, la condotta sia idonea alla determinazione (anche solo parziale) dell'evento pregiudizievole lamentato e si prospetti una questione circa l'incidenza di una causa naturale preesistente nel determinare il danno, “non possono che aversi due alternative: o è certo che il fattore naturale sia tale da escludere del tutto il nesso causale fra la condotta dei medici ed il danno, oppure si deve ritenere che il danneggiante/debitore non abbia fornito la prova della causa non imputabile, con conseguente riconducibilità, in termini di responsabilità tout court, della lesione della salute o della vita alla condotta colpevole” (cfr Cass. civ., sent. n. 15991 del 21.07.2011).
In altri termini, la mera possibilità che il danno sia stato causato da un fattore causale pregresso (o anche successivo) rispetto alla condotta colpevole dei medici, non vale ad escludere la loro responsabilità. La probabilità statistica, infatti, consente solo di affermare la frequenza con la quale si verificano eventi di un certo tipo, ma non ha alcuna capacità esplicativa rispetto ai casi concreti oggetto di esame e, quindi, non può essere considerata prova del nesso causale di un determinato evento (cfr Cass. civ., sent. n. 3847 del 17.02.2011). 2.5 È opportuno a questo punto evidenziare che l'attore ha dimostrato, con la documentazione in atti, i trattamenti ricevuti presso il ### S. ### della ### di ### Va evidenziato che fra le inadempienze lamentate nell'atto di citazione era stata indicata l'erronea scelta di procedere in sede operatoria all'intervento di asportazione previa esecuzione dell'esame istologico estemporaneo, senza procedere ad ulteriori accertamenti prima di intervenire, in particolare senza eseguire ulteriori esami necessari, quali ### angiografia, agoaspirato, TAC o ### Il primo consulente d'ufficio nominato in corso di causa, dott. ### nella relazione peritale depositata in corso di causa, aveva evidenziato che la chirurgia del pancreas presenta “in considerazione della complessità anatomica dell'organo e del danno che gli enzimi pancreatici attivati possono determinare sui tessuti” carattere di complessità, richiedendo competenze specifiche e personale altamente qualificato al fine di ottenere i migliori risultati. Gli interventi demolitivi possono essere molteplici, a seconda della localizzazione ed estensione della malattia.
La diagnosi intraoperatoria dell'anatomopatologo fu di: “parenchima pancreatico con noduli costituiti dalla proliferazione di elementi con struttura e fisionomia endocrina sospetti per una lesione endocrina verosimilmente maligno (insulinoma, glucaconoma?) da verificare con esame istologico definitivo”.
Nella cartella operatoria vi è, peraltro, indicazione dell'interlocuzione avutasi fra l'anatomopatologo e gli altri medici dell'equipe leggendosi: “si effettua esame istologico estemporaneo su tessuto asportato e su agoaspirato che conferma la presenza di neoplasia maligna di natura non definita”.
Le annotazioni “e attestazioni contenute in una cartella clinica, redatta da un'azienda ospedaliera pubblica, o da un ente convenzionato con il servizio sanitario pubblico, hanno natura di certificazione amministrativa, cui è applicabile lo speciale regime di cui agli artt. 2699 e segg. c.c., per quanto attiene alle trascrizioni delle attività espletate nel corso di una terapia o di un intervento, restando, invece, non coperte da fede privilegiata le valutazioni, le diagnosi o, comunque, le manifestazioni di scienza o di opinione in essa espresse ( n.25568 del 2011 e n. 7201 del 2003)” (cfr Cass. civ., ord. n. 27471 del 20.11.2017).
Indipendentemente dalla rispondenza delle valutazioni espresse dall'anatomopatologo alle risultanze dell'esame eseguito, deve perciò ritenersi provato che la diagnosi intraoperatoria da lui effettuata sia, effettivamente, stata quella annotata nella cartella clinica, espressa in termini di certezza in ordine alla presenza di una neoplasia maligna.
Il consulente d'ufficio dott. ### ha pertanto ritenuto che vi sia stata un'errata diagnosi in estemporanea dell'anatomopatologo, giacché alla stessa non è seguita un'analoga diagnosi di neoplasia maligna in seguito all'esame istologico definitivo.
Certo, quindi, fu l'errore medico dell'anatomopatologo, il quale formulò il suo giudizio in termini non dubitativi sebbene, ad un successivo e più approfondito esame, sia stata evidenziata l'assenza di una neoplasia.
Ciò posto, pur avendo il predetto consulente affermato che l'intervento chirurgico, quanto alla sua esecuzione, fosse stato eseguito correttamente, va evidenziato che il dott. ### non ha esteso la propria indagine, non essendogli stato espressamente richiesto col quesito postogli, all'analisi circa la correttezza della scelta di procedere all'intervento demolitorio senza eseguire ulteriori esami clinici e diagnostici per verificare se l'attore fosse o meno affetto da una eteroplasia maligna, oppure se abbia costituito comportamento corretto quello di eseguire l'intervento sulla scorta della documentazione clinica e degli esami effettuati, affidandosi all'esame istologico estemporaneo. ###.T.U. dott. ### del resto, aveva osservato nel proprio elaborato che “la chirurgia del pancreas, in considerazione della complessità anatomica dell'organo e del danno che gli enzimi pancreatici attivati possono determinare sui tessuti, è piuttosto complessa e richiede pertanto competenze specifiche al fine di ottenere i migliori risultati. Anche lo studio preoperatorio della ghiandola è difficile ed occorrono mezzi diagnostici molto sofisticati e personale dedicato per ottenere una diagnosi preoperatoria la più precisa possibile”, aggiungendo che, per tali ragioni, le patologie pancreatiche devono essere affrontate “in centri specifici, con personale altamente qualificato e dedicato, in grado di offrire i migliori risultati”. Il predetto consulente, inoltre, aveva affermato che le analisi preoperatorie eseguite, in particolare il valore di laboratorio dei markers oncologici, fosse solo “suggestivo” di una neoplasia del pancreas, quindi deponente in termini non inequivoci per la sua presenza. Nonostante ciò i chirurghi prima dell'intervento avevano il sospetto diagnostico di una neoplasia della testa del pancreas, dando inizio sulla base dell'esame istologico estemporaneo ad un intervento chirurgico di particolare complessità il quale, sempre secondo il giudizio del dott. ### “non presentava carattere dell'urgenza”.
Non essendo stato dedotto, quale inadempimento delle parti convenute tutte, il non aver indirizzato l'attore verso un centro medico specializzato, in difetto di specifica allegazione sul punto tale inadempimento non può né essere vagliato, né essere posto a fondamento della presente decisione.
È stato, peraltro, disposto un approfondimento di indagine peritale per verificare se la scelta di indirizzare l'attore verso un intervento di duodeno-cefalopancreasectomia, successivamente eseguito a seguito dell'esame istologico estemporaneo e già oggetto del modulo di consenso informato firmato dal ### prima dell'intervento, sia stata, o meno, una scelta corretta alla luce del quadro clinico e diagnostico rilevato prima dell'operazione.
Tale approfondimento d'indagine non è, perciò, stato disposto sulla scorta di errori della prima consulenza disposta in assenza dei gravi motivi i quali giustificassero la sostituzione del consulente d'ufficio, bensì ha costituito attività di integrazione della prima consulenza d'ufficio disposta in relazione a possibili ulteriori profili di responsabilità, i quali non avevano costituito oggetto di approfondimento e disamina nel corso della prima consulenza disposta.
In detti termini si corregge l'affermazione, contenuta con l'ordinanza con la quale è stata ammessa la seconda consulenza d'ufficio, secondo la quale fosse stata disposta una sostituzione del consulente d'ufficio, dovendo piuttosto ritenersi che le due consulenze si integrino e non già che si elidano a vicenda.
Occorreva, infatti, altresì verificare se il sospetto diagnostico di una lesione tumorale maligna, il quale indirizzò i medici verso l'intervento eseguito sulla base di un esame in estemporanea, fosse fondato.
In tema di responsabilità sanitaria, del resto, “l'accertamento del nesso causale va condotto attraverso una ricostruzione non atomistica della complessiva condotta omissiva della struttura sanitaria indicata dall'attore come idonea a cagionare l'evento, in modo che il singolo episodio sia considerato e valutato come inserito in una sequenza più ampia e coerente” (cfr Cass. civ., ord. n. 5487 del 26.02.2019).
Orbene, il secondo consulente d'ufficio dott. ### con conclusioni correttamente argomentate ed in questa sede pienamente recepite, anche nella parte in cui ha motivatamente disatteso i rilievi dei consulenti di parte (cfr Cass. civ., ord. n. 1815 del 02.02.2015; Cass. civ., sent. n. 14471 del 25.06.2014; Cass. civ. sent. n. 282 del 09.01.2009; Cass. civ., sent. n. 8355 del 03.04.2007; Cass. civ., sent. n. 7716 del 07.06.2000; Cass. civ., sent. n. 3492 del 11.03.2002), ha evidenziato, come del resto fatto dal dott. ### che durante la degenza presso il P.O. “S. ### della Pietà” di ### fu effettuata un'ecografia dell'addome, la quale evidenziò “in regione cefalopancreatica” “un'area sfumata ipoecogena di 23 mm da caratterizzare anche con esame TC con mdc (pancreatite focale? ####). Assenza di ectasia del Wirsung”. Fu perciò eseguita una TC la quale indicò un “discreto ingrandimento del processo uncinato del pancreas, che appare finemente disomogeneo; nel suo contesto sembra delinearsi una formazione nodulare di poco più di 2 cm di diametro pressoché ipodensa al parenchina circostanze e con area centrale ipodensa come da necrosi; testa, corpo e coda nella norma; non ectasie duttali”. Furono, infine, eseguiti markers oncologici, in particolare dell'antigene carboidratico 19-9 e la risposta dell'esame fu di CA 19-9 131 (V.N. < 33), valore suggestivo di una patologia neoplastica pancreatica.
Sulla scorta di tale quadro fu fatto sottoscrivere il modello di consenso informato al ### e si decise di procedere all'intervento demolitivo sulla scorta dell'esame istologico estemporaneo.
Tale scelta non fu peraltro, secondo il motivato giudizio del secondo consulente d'ufficio nominato in corso di causa, corretta, in primo luogo perché l'esame estemporaneo - praticato in tempi brevi in corso di intervento chirurgico mediante congelamento dei tessuti prelevati - presenta, come del resto rilevato anche dal C.T.U. dott. ### alcune criticità, date dall'estemporaneità dei preparati che, col tempo, decadono e dal fatto che per tessuti molto adiposi, come quello pancreatico, la crioconservazione non permette di ottenere preparati completi e di ottenere una diagnosi iniziale certa.
Come rimarcato dal C.T.U. dott. ### quindi, l'indagine istologica intraoperatoria non presentava le medesime caratteristiche di sensibilità e specificità di un'indagine istologica effettuata su prelievi bioptici seriati e processati in un laboratorio di istologia (a maggior ragione per quanto riguarda il pancreas, il cui tessuto composto da una importante quota adiposa risulta difficilmente processabile mediante il processo di congelamento sfruttato dall'indagine estemporanea).
Tale scarsa affidabilità dell'esame istologico eseguito in estemporanea non poteva non essere nota, in base alle conoscenze scientifiche a loro comuni, altresì ai chirurghi che eseguirono l'operazione, i quali non seguirono un protocollo corretto nel non aver approfondito, con ulteriori esami diagnostici preoperatori, l'indagine circa il carattere tumorale della formazione nodulare rilevata.
La specializzazione dell'anatomopatologo, infatti, concerneva in via esclusiva le modalità di processamento ed analisi dei campioni da esaminare, ma detta prestazione si inseriva nella più complessa valutazione dell'opportunità di procedere nell'immediatezza all'intervento medico, sicché vi è comunque apporto causale concorrente nella produzione del danno dei medici nel caso in cui non abbiano correttamente valutato la convergenza degli accertamenti praticati nel confermare il proprio sospetto diagnostico ed abbiano, altresì, fondato il proprio giudizio su di un esame istologico estemporaneo di cui non potevano non conoscere la non sicura affidabilità. A riprova di tale conoscenza, del resto, va evidenziato che il dott. ### nel costituirsi in giudizio, ha evidenziato che vi è scarsa probabilità, inferiore al 10%, di individuazione di una neoplasia maligna all'esame istologico estemporaneo.
Orbene, nella fattispecie la diagnosi di neoplasia non poteva essere affidata in via esclusiva alle risultanze dell'esame istologico estemporaneo, anche se di certo l'errore diagnostico del dott. ### ha certamente influito in modo considerevole nella decisione di effettuare l'intervento demolitivo in concreto eseguito, occorrendo comunque che le sue risultanze fossero lette criticamente in relazione al quadro diagnostico complessivo presentato dal paziente.
Giacché lo stesso non deponeva in termini univoci o altamente probabilistici per la presenza di una neoplasia, anche un referto istologico estemporaneo di carcinoma - come visto fornito in termini di certezza dal dott. ### con giudizio rivelatosi successivamente errato - non avrebbe dovuto portare all'esecuzione immediata dell'intervento, essendo piuttosto raccomandabile attendere l'analisi istologica definitiva, ribadendosi che anche il dott. ### ha ritenuto che l'intervento eseguito non rivestisse carattere d'urgenza.
Come evidenziato dal C.T.U. dott. ### infatti, il rilievo ottenuto mediante indagine TC dell'addome non era affatto specifico per carcinoma pancreatico, così come anche il rialzo dei valori del marker tumorale CA 19.9, giacché trattasi di un valore scarsamente specifico e sensibile, il quale si ritrova aumentato in tutta una serie di patologie infiammatorie anche a carico di altri organi e apparati. Come già rilevato, del resto, anche il dott. ### ha rimarcato che il quadro clinico del paziente e gli esami strumentali eseguiti fossero solo suggestivi di una formazione tumorale.
Ne consegue che la condotta posta in essere fu imprudente giacché, pur avendo a disposizione esclusivamente dei sospetti diagnostici (massa dubbia all'esame TC, rilievo di un marker non specifico e positività all'indagine istologica estemporanea) non suffragati da prove certe (quale poteva essere la positività all'indagine istologica su biopsia), né da ulteriori approfondimenti diagnostici, sottoposero comunque il paziente ad un intervento altamente complesso, nonché invalidante, il quale, successivamente alla biopsia eseguita, risultò essere ingiustificato in quanto il paziente non era affetto da carcinoma del pancreas.
Occorre evidenziare, in ordine alle eccezioni di nullità della perizia per omessa comunicazione della bozza della relazione peritale e talune delle parti, che la nullità della consulenza tecnica d'ufficio per violazione del contraddittorio si verifica nel solo caso in cui, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, una o più parti non siano state poste in grado di intervenire alle operazioni peritali, assistendo all'indagine ed esplicando le attività successive di osservazione avverso le conclusioni raggiunte dal consulente d'ufficio.
Nel caso di specie, invece, l'inziale omissione dell'invio della bozza della relazione peritale, con compressione della facoltà di difesa, è stato sanato dalla successiva ricezione delle osservazioni delle parti alle quali inizialmente non era stata offerta la possibilità di presentare osservazioni (cfr Cass. civ., sent. n. 23493 del 09.10.2017 secondo cui “la nullità derivante dal mancato invio della bozza alle parti è suscettibile anche di sanatoria per rinnovazione, potendo il contraddittorio sui risultati dell'indagine essere recuperato dal giudice e ripristinato successivamente al deposito della relazione, in modo da potere comunque, all'esito, esercitare con piena cognizione di causa i poteri lui attribuiti ai sensi dell'art. 196, cioè a dire valutare la necessità o l'opportunità di assumere chiarimenti dal c.t.u., disporre accertamenti suppletivi o addirittura la rinnovazione delle indagini o la sostituzione del consulente”). 2.6 Sussiste, di certo, nesso causale fra lo stato invalidante conseguito all'intervento demolitivo e l'errore medico connotato da profili di colpa, consistente nell'eseguire l'intervento chirurgico senza attendere l'esame istologico definitivo. 2.7 Occorre, a questo punto, rimarcare, per quanto riguarda le responsabilità dei convenuti, che l'errore diagnostico intraoperatorio, certamente esistente, dell'istologo che l'eseguì dott. ### come detto fu di certo determinante nella produzione del danno, e dovuto al giudizio erratamente espresso in termini di certezza circa la presenza di una neoplasia.
A tale errore medico si accompagna quello dei membri dell'equipe medica, i quali avrebbero dovuto valutare criticamente le risultanze di tale esame, la cui scarsa attendibilità doveva essere loro noto, alla luce del quadro diagnostico complessivo, il quale non deponeva in termini univoci per la presenza di una neoplasia.
Va fatta applicazione della costante giurisprudenza, di merito e di legittimità, secondo cui “l'obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell'equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull'operato e sugli errori altrui che siano evidenti e sono settoriali, sicché rientra tra gli obblighi di ogni singolo componente di una equipe chirurgica, sia esso in posizione sovra o sotto-ordinata, anche quello di prendere visione, prima dell'operazione, della cartella clinica per vedere tutti i dati per verificare la necessità di adottare particolari precauzioni imposte dalla specifica condizione del paziente ed eventualmente segnalare, anche senza particolari formalità, il suo motivato dissenso rispetto alle scelte chirurgiche effettuate e alla scelta stessa di procedere all'operazione, potendo solo in tali casi esimersi dalla concorrente responsabilità di membri dell'equipe nell'adempimento della prestazione sanitaria” (cfr #### sent. n. 15663 del 10.11.2020).
Tale responsabilità dei medici dell'equipe è comune a tutti i membri della stessa, i quali avrebbero dovuto esaminare le risultanze della cartella clinica solo indicative della presenza di una neoplasia ed non univocamente deponenti per la sua esistenza, né avrebbero dovuto affidarsi, per effettuare la scelta operatoria, ad un'indagine estemporanea la quale, pur avendo dato esito positivo, come detto in precedenza era caratterizzata da sensibilità e specificità non paragonabili ad un'indagine effettuata su prelievi bioptici seriati e processati in un laboratorio di istologia, tenendo altresì conto della specifica tipologia di tessuto da analizzare il quale, essendo composto da una importante quota adiposa, è difficilmente esaminabile con il processo di congelamento sfruttato dall'indagine istologica estemporanea.
In punto di responsabilità medica di equipe la giurisprudenza di legittimità ha rimarcato che il secondo aiuto di una equipe medica non possa andare esente da ogni responsabilità solo per aver compiuto correttamente le mansioni a lui direttamente affidate, proprio per il principio di controllo reciproco che esiste in relazione al lavoro in equipe, secondo il quale l'obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell'equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull'operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali. Deve poi aggiungersi che rientra negli obblighi di diligenza che gravano su ciascun componente di una equipe chirurgica, sia esso in posizione sovra o sottordinata, quello di prendere visione, prima dell'operazione, della cartella clinica del paziente contenente tutti i dati atti a consentirgli di verificare, tra l'altro, se la scelta di intervenire chirurgicamente fosse corretta e fosse compatibile con le condizioni di salute del paziente (cfr Cass. civ., sent. n. 2060 del 29.01.2018). “In un trattamento sanitario affidato ad una pluralità di medici, sia pure in forma diacronica attraverso atti medici successivi, che sfoci in un esito infausto, ciò che rileva, ai fini della individuazione della penale responsabilità di ciascuno di essi, è la verifica della incidenza della condotta di ciascuno sull'evento lesivo, sconfinando altrimenti la valutazione nel campo della responsabilità oggettiva” (cfr Cass. pen. Sent. n. 2354 del 19.01.2018).
Nella fattispecie, quindi, vi fu un apporto causale, sebbene minoritario rispetto a quello del primario, nella produzione del danno ascrivibile alla condotta colposa di ciascun componente dello staff medico, il quale non espresse alcun motivato dissenso all'esecuzione dell'intervento, evidenziando che non ci si potesse affidare alle sole risultanze dell'esame istologico estemporaneo per eseguire l'intervento in presenza di un quadro diagnostico complessivo incerto e solo indicativo di una possibile neoplasia. 3.1 Accertato, per le considerazioni tutte che precedono, l'an debeatur, e passando alla quantificazione del danno, deve aversi riguardo a quanto affermato dalle ### della ### di Cassazione con le recenti sentenze n. 26972, 26973, 26974 e 26975 dell'11 novembre 2008 in ordine all'unitarietà del danno non patrimoniale, nella quale devono comprendersi sia la sofferenza soggettiva morale in sé considerata (il turbamento dell'animo, il dolore intimo sofferti), sia il danno biologico, nel quale rientrano le degenerazioni patologiche della sofferenza. I pregiudizi di tipo esistenziale, afferenti agli aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell'integrità psicofisica, possono costituire soltanto “voci” del danno biologico nel suo aspetto dinamico, altrimenti dandosi luogo a duplicazioni. ### unite hanno anche affermato che per liquidare il danno biologico - “del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente” - il giudice che si avvalga delle note tabelle dovrà “procedere ad adeguata personalizzazione” della liquidazione, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, e non dovrà invece attribuire congiuntamente il danno biologico e il danno morale, liquidando il secondo in percentuale del primo.
Orbene, il consulente tecnico d'ufficio dott. ### effettuata visita medico legale sull'attore quando era ancora in vita, con conclusioni corrette, non specificamente contestate dalle parti in causa ed in questa sede pienamente recepite, ha descritto i postumi permanenti residuati a carico dell'attore quantificandoli nella misura percentuale del 46% (operandosi una media nella forbice 45-47% indicata dal consulente d'ufficio). Tale stato invalidante è seguito ad un periodo di 62 giorni di invalidità totale temporanea e ad un successivo periodo di 28 giorni di invalidità temporanea parziale al 50%.
Ciò posto, trattandosi di lesioni non suscettibili di rientrare nelle cosiddette micropermanenti, sono applicabili, in via equitativa, i parametri di liquidazione di cui alle tabelle elaborate presso il ### di ### Del resto, anche la giurisprudenza di legittimità ha recentemente avuto modo di chiarire che “la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale conseguente alla lesione dell'integrità psico-fisica deve essere effettuata da tutti i giudici di merito, in base a parametri uniformi, che vanno individuati (fatta eccezione per le lesioni di lieve entità causate dalla circolazione di veicoli e natanti, per le quali vige un'apposita normativa) nelle tabelle elaborate dal ### di ### da modularsi secondo le circostanze del caso concreto” (cfr. Cass. civ., sent. n. 12408 del 07.06.2011), giacché “nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti ### giudiziari. Garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal tribunale di ### essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale — e al quale la S. C., in applicazione dell'art. 3 ###, riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli art. 1226 e 2056 c.c. — salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono” (cfr., in tal senso, Cass. civ., sent. n. 12408 del 07.06.2011).
Pertanto, valutati i postumi permanenti nella misura del 46%, in applicazione dei parametri sopra menzionati ed in considerazione dell'età del danneggiato al momento dell'evento dannoso (37 anni), il “quantum debeatur”, in applicazione delle ### del ### di ### in vigore del 2021, avrebbe dovuto essere determinato in misura pari ad € 224.674,00.
Va, peraltro, a questo punto evidenziato che ”quando la durata della vita futura della vittima di un illecito cessa di essere un valore ancorato alla probabilità statistica e diventa un dato noto per il fatto che il danneggiato è deceduto seppur per cause diverse ed autonome rispetto all'evento lesivo originario, la quantificazione del danno biologico va parametrata alla durata effettiva della stessa, in quanto tale danno è rappresentato proprio dalle ripercussioni negative sull'integrità psicofisica” (cfr Cass. civ., sent. n. 679 del 18.01.2016; in termini Cass. civ., sent. n. 10897 del 26.05.2016; Cass. civ., ord. n. 25157 del 11.10.2018; Cass. civ., ord. n. 41933 del 29.12.2021, la quale evidenzia che i parametri offerti per la liquidazione del danno da premorienza dalle tabelle milanesi non sono equi, portando ad una liquidazione nettamente inferiore rispetto a quella che sarebbe stata liquidata ove il danneggiato avesse già un'età avanzata al momento del fatto ed effettuandosi, invece, una valutazione eccessiva di tale voce di danno in caso contrario).
Nella fattispecie il prematuro decesso di ### risalente al 27.11.2012, è stato di circa otto anni e sette mesi successivo all'intervento chirurgico che gli provocò il danno biologico summenzionato e, come ritenuto dal dott. ### consulente d'ufficio nominato nel corso del giudizio avente ad istanza delle sue eredi avente ad oggetto i danni subiti iure proprio per la morte del congiunto, fu dovuto a cirrosi epatica scompensata non ricollegabile all'intervento per cui è causa.
Appare, quindi, equo, in forza dei principi giurisprudenziali richiamati, diminuire proporzionalmente il risarcimento del danno tenendo conto dell'effettiva durata della vita del danneggiato.
Considerando, quindi, un'aspettativa di vita di 82 anni, l'importo totale liquidabile in forza della tabella milanese applicata prevedeva una permanenza in vita media di 45 anni, con liquidazione dell'importo di € 4.992,76 per ciascun anno di permanenza in vita (€ 224.674,00 diviso 45 anni).
È, quindi, dovuto alle attrici, in qualità di eredi del danneggiato, per gli otto anni e sette mesi circa di permanenza in vita di ### l'importo di € 42.854,52, ottenuto moltiplicando l'importo annuale di € 4.992,76 per otto (pari ad € 39.942,08) ed aggiungendo l'importo di € 2.912,44 (pari ad € 4.992,76 diviso per dodici mensilità e moltiplicato per sette).
Va, a questo punto, rimarcato, quanto alla richiesta di liquidazione del danno morale ed esistenziale, che le ### applicate prevedono la possibilità di aumentare la somma equitativamente determinata a titolo di danno morale, da intendersi quale componente aggiuntiva rispetto al danno biologico/relazionale strettamente inteso, facente parte del danno non patrimoniale liquidabile, il quale può essere personalizzato in aumento a seconda delle particolari ripercussioni concrete che le lesioni abbiano avuto sulle abitudini di vita del danneggiato.
Il danno non patrimoniale copre, infatti, ogni pregiudizio di carattere non economico conseguente all'altrui fatto illecito, sia sotto il profilo del patema d'animo e della sofferenza soggettiva, che dal punto di vista dell'alterazione delle abitudini di vita, senza che possa essere liquidato il danno esistenziale come danno autonomo e distinto (cfr Cass. civ., SS. UU., sent. n. 26972 del 11.11.2008 la quale afferma che “non è ammissibile nel nostro ordinamento l'autonoma categoria di ‘danno esistenziale', inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona, atteso che: ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell'art. 2059 cod. civ., interpretato in modo conforme a ### con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria; ove nel ‘danno esistenziale' si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all'art. 2059 cod. civ.”).
Nell'evoluzione giurisprudenziale la ### di Cassazione ha avuto modo di chiarire e precisare che la componente relazionale del danno rientra nella più ampia componente del danno biologico, sussistendo dicotomia fra quest'ultimo, il quale inerisce alle lesioni fisiche e, quindi, alle ripercussioni che il danno ha sulle attività dinamico-relazionali del soggetto danneggiato, rispetto alla differente ed autonoma valutazione da compiersi “con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto, posto che la fenomenologia del pregiudizio non patrimoniale comprende tanto l'aspetto interiore del danno sofferto (danno morale sub specie di dolore, vergogna, disistima di sé, paura, disperazione), quanto quello dinamico-relazionale, coincidente con la modificazione peggiorativa delle relazioni di vita esterne del soggetto” (cfr Cass. civ., ord. n. 20795 del 20.08.2018; in termini, per la definizione del danno biologico come danno dinamicorelazionale Cass. civ., ord. n. 7513 del 2018).
Entrambe le suddette voci di danno devono essere liquidate, purché provate.
Infatti, il danno non patrimoniale, con particolare riferimento a quello cd. esistenziale, non può essere considerato ‘in re ipsa', ma deve essere provato secondo la regola generale dell'art. 2697 c.c., dovendo consistere nel radicale cambiamento di vita, nell'alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell'esistenza del soggetto. Ne consegue che la relativa allegazione deve essere circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi, non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico” ( civ. ord. n. 28742 del 09.11.2018).
Nel caso in esame, alcuna allegazione e prova di un danno esistenziale è stata fornita, rimarcandosi che il danno esistenziale consiste “non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell'esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita” (Cass. sent. n. 16992 del 20.08.2015).
Per tale motivo, il danno non patrimoniale concernente gli aspetti dinamico relazionali non può essere riconosciuto, mancando idonea prova dello stesso, e non può essere aumentato il valore equitativo del danno di cui alla tabella applicata.
Con riferimento al danno morale soggettivo, esso si considera provato quando il fatto illecito sia idoneo a causare un turbamento interiore dell'animo, uno stato di frustrazione ed impotenza.
Per la prova del danno morale, inteso come sofferenza interiore, “non si ravvisano ostacoli sistematici al ricorso al ragionamento probatorio fondato sulla massima di esperienza” “tale strumento di giudizio consente di evitare che la parte si veda costretta, nell'impossibilità di provare il pregiudizio dell'essere, ovvero della condizione di afflizione fisica e psicologica in cui si è venuta a trovare in seguito alla lesione subita, ad articolare estenuanti capitoli di prova relativi al significativo mutamento di stati d'animo interiori da cui possa inferirsi la dimostrazione del pregiudizio patito” (cfr Cass. civ., 25164 del 10.11.2020).
Nella fattispecie, pur essendo mancata qualsivoglia allegazione e prova in ordine alle ripercussioni che le lesioni hanno avuto in termini di afflizione fisica e psicologica, trattandosi di lesioni macropermanenti, ritiene questo giudice che il danno morale possa ritenersi presuntivamente esistente per il sol fatto che delle lesioni vi siano state.
Ciò posto, se le ### del ### di ### del 2011 e del 2014 già contenevano una maggiorazione del danno biologico strettamente inteso, la stessa non è contenuta nella sola ### del ### di ### 2021 applicata.
È, quindi, dovuta la maggiorazione dell'importo liquidato in applicazione di tale ultima tabella, con incremento del danno non patrimoniale sul presupposto della consapevolezza dell'attore di essere afflitto da uno stato altamente invalidante, procuratogli in assenza di una patologia che lo potesse giustificare, e nella consapevolezza di doversi confrontare - sostanzialmente, per tutta la residua durata della propria esistenza - con le limitazioni che dallo stesso derivavano. Valutando, quindi, anche la “voce” di danno di cui si tratta e tenendo conto del grado altamente invalidante dello stato fisico conseguente all'intervento demolitivo eseguito, il danno non patrimoniale ascrivibile alla sofferenza morale soggettiva patita può essere liquidato, in via equitativa, riconoscendo un appesantimento della somma già sopra indicata a titolo di danno biologico permanente, nella misura del 40%, ovvero in misura prossima a quella massima liquidabile in tabella a titolo di maggiorazione per il danno morale, stante la sicura sofferenza che l'ingiustizia dell'intervento eseguito procurò all'attore, ma tenendo altresì in debito conto la circostanza che vi è stata stima solo presuntiva di detto danno, giungendo, dunque, ad un importo complessivamente dovuto per danno biologico e sofferenza soggettiva pari ad € 59.996,33 (€ 42.854,52 + € 17.141,81, pari al 40% del primo importo).
A tale importo va aggiunto quello liquidabile per l'invalidità temporanea subito, di € 9.238,00 per i sessantadue giorni di invalidità temporanea totale e quello di € 2.086,00 per i ventotto giorni di invalidità temporanea al 50%, per un totale di € 11.324,00 dovuti per il periodo di invalidità temporanea complessivamente subito, con danno biologico e morale complessivamente subito pari ad € 71.320,33.
Per il calcolo dell'inabilità temporanea si è applicato il parametro massimo previsto dalla tabella (€ 149,00 per ciascun giorno di invalidità temporanea) in considerazione del fatto che le lesioni hanno comportato periodi di immobilizzazione completa, degenza ospedaliera ed altresì interventi successivi all'iniziale atto chirurgico.
Nella liquidazione del danno cagionato da illecito aquiliano, in caso di ritardo nell'adempimento, deve altresì tenersi conto del nocumento finanziario (lucro cessante) subito dal soggetto danneggiato a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento, la quale, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per ricavarne un lucro finanziario. Tale danno ben può essere liquidato con la tecnica degli interessi, con la precisazione, tuttavia, che detti interessi non debbono essere calcolati né sulla somma originaria, né su quella rivalutata al momento della liquidazione, dovendo gli stessi computarsi, piuttosto, o sulla somma originaria progressivamente rivalutata, anno per anno, ovvero in base ad un indice di rivalutazione medio (cfr., in tal senso ed “ex multis”, Cass. civ., SS.UU., sent. n. 1712 del 17.02.1995; Cass. civ., sent. n. 2796 del 10.03.2000).
Nella fattispecie in esame il pregiudizio da ritardo può essere ritenuto sussistente soprattutto in considerazione dello scarto temporale intercorrente tra la data dell'evento dannoso e quello della sua liquidazione, potendosi ragionevolmente sostenere che il creditore avrebbe impiegato fruttuosamente la somma riconosciutagli.
Nella concreta liquidazione di tali interessi, richiamandosi ai criteri fissati dalla ### con la sentenza n. 1712/1995 innanzi citata, la quale ha escluso di poter compiere il calcolo sulla somma riconosciuta al danneggiato per il danno emergente già rivalutata, pena “il verificarsi di una sorta di anatocismo all'infuori dei casi previsti dall'art. 1283 c.c.”, essi sono determinati, con decorrenza dal giorno del fatto (03.05.2004) sino alla data di pubblicazione della presente sentenza.
In applicazione dei suddetti calcoli, la somma dovuta all'attore ammonta ad € 87.165,12, considerando che il credito risarcitorio, devalutato alla data del 03.05.2004, ammonta ad € 54.819,62 e dato che, sullo stesso, vanno riconosciuti gli interessi e la rivalutazione monetaria fino alla data di deposito della presente sentenza, per il complessivo ammontare di € 32.345,50, di cui € 15.844,79 per interessi sulla somma annualmente rivalutata ed € 16.500,71 per rivalutazione.
Sul credito complessivo maturato a titolo risarcitorio, così determinato, liquidato all'attualità e comprensivo di interessi, sono, quindi, dovuti gli interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della presente sentenza al saldo. 3.2 La domanda di risarcimento del danno patrimoniale per spese mediche e per perdita di capacità lavorativa specifica non può, invece, essere accolta.
Quanto alle spese mediche si evidenzia che, come anche rimarcato dal C.T.U. dott. ### non vi sono spese mediche documentate in atti.
Per quanto concerne il danno da perdita della capacità lavorativa specifica va osservato che “l'unitarietà del diritto al risarcimento ed il suo riflesso processuale dell'ordinaria infrazionabilità del giudizio di liquidazione comportano che, quando un soggetto agisce in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni cagionatigli da un determinato comportamento del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta; tuttavia, tale principio non può trovare applicazione quando l'attore ‘ab initio' o durante il corso del giudizio abbia esplicitamente escluso il riferimento della domanda a tutte le possibili voci di danno, dovendosi coordinare il principio di infrazionabilità della richiesta di risarcimento con il principio della domanda” (cfr civ, sent. n. 22987 del 07.12.2004; in termini Cass. civ., sent. n. 4184 del 24.02.2006).
La domanda formulata dall'originario attore, stante il proprio carattere omnicomprensivo, quindi, era riferita ad ogni possibile voce di danno, patrimoniale e non, conseguente all'intervento chirurgico subito oggetto di causa, di talché non possono essere qualificate come domande nuove le specificazione delle singole componenti del danno formulate in corso di causa. Come successivamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, l'unitarietà del diritto al risarcimento ed il principio di infrazionabilità del danno - i quali postulano che chi agisca i giudizio per ottenere il risarcimento del danno debba, per ragioni anche di economia processuale e di divieto dell'abuso del processo, chiedere il ristoro di tutte le possibili voci di danno conseguenti al fatto dannoso altrui - ha, come proprio corollario, in tema di interpretazione della domanda, il fatto che la domanda debba riferirsi a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta e, “laddove nell'atto introduttivo siano indicate specifiche voci di danno, a tale specificazione deve darsi valore meramente esemplificativo dei vari profili di pregiudizio dei quali si intenda ottenere il ristoro, a meno che non si possa ragionevolmente ricavarne la volontà attorea di escludere dal ‘petitum' le voci non menzionate” (cfr Cass. civ., sent. n. 17879 del 31.08.2011).
In un caso analogo a quello di specie la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di osservare che “in tema di responsabilità civile, la domanda di risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, derivanti da un illecito aquiliano, esprime la volontà di riferirsi ad ogni possibile voce di danno, a differenza di quella che indichi specifiche e determinate voci, sicché, pur quando in citazione non vi sia alcun riferimento, si estende anche al lucro cessante (nella specie, perdita di ‘chance' lavorativa), la cui richiesta non può, pertanto, considerarsi domanda nuova, come tale inammissibile” (cfr Cass. civ., sent. n. 7193 del 10.04.2015).
Nel corso della prima consulenza d'ufficio espletata in corso di causa quando l'attore era ancora in vita costui dichiarò di svolgere ancora attività lavorativa, sicché detta voce di danno, pur ammissibilmente richiesta, non è stata in concreto provata. 3.3 ### il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità solidale dei danneggianti, l'art. 2055, I comma, c.c. richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone e anche nel caso in cui siano configurabili titoli di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, atteso che l'unicità del fatto dannoso considerata dalla norma dev'essere riferita unicamente al danneggiato e non va intesa come - ovvero si astrae dalla - identità delle norme giuridiche da essi violate (cfr Cass. civ., ord. n. 1070 del 17.01.2019; Cass. civ., sent. n. 27713 del 16.12.2005).
Sia la ### dell'###M.I., ### S. ### della ### struttura nella quale fu eseguito l'intervento chirurgico, che i convenuti ###### e ### devono, pertanto, essere condannati, in solido, al pagamento, in favore di ###### e ### in qualità di eredi di ### e ciascuna nella quota in cui è succeduta, dell'importo di € 87.165,12, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo. ### moglie del de cuius e le altre parti istanti figlie, in forza di successione ab intestato è dovuto, ai sensi dell'art. 581 c.c., in favore della prima, l'importo di € 29.055,04 e, in favore di ciascuna delle figlie, l'importo di € 14.527,52 ciascuna, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo. 4. Va, a questo punto, ribadito che, una volta accertata la responsabilità solidale dei convenuti, non potrebbe mai pervenirsi nei confronti delle istanti, in assenza di specifica allegazione in tal senso, ad una condanna pro quota dei singoli convenuti, poiché costituisce principio assolutamente pacifico nella giurisprudenza di legittimità, l'affermazione secondo cui la persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche da una sola delle persone coobbligate “mentre la diversa gravità delle rispettive colpe e l'eventuale diseguale efficienza causale può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna dell'obbligazione passiva di risarcimento tra i corresponsabili. Conseguentemente, il giudice del merito adito dal danneggiato deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe e sull'efficienza causale delle rispettive condotte solo se uno dei condebitori abbia esercitato l'azione di regresso nei confronti degli altri o, comunque, in vista del regresso abbia chiesto tale accertamento ai fini della ripartizione interna, ovvero se il danneggiato abbia rinunciato alla parte del credito corrispondente al grado di responsabilità del coautore dell'illecito da lui non convenuto nel giudizio - rinuncia, peraltro, non ravvisabile nella sola circostanza di non avere agito anche contro quest'ultimo - o, infine, abbia rinunciato ad avvalersi della solidarietà nei confronti del corresponsabile convenuto mentre la diversa gravità delle rispettive colpe di costoro e l'eventuale diseguale efficienza causale di esse può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento tra i corresponsabili” (cfr. Cass. civ., sent. 19492 del 21.09.2007; in termini Cass. civ., sent. n. 16810 del 20.06.2008).
Deriva, da quanto precede, che allorché il presunto autore di un fatto illecito - convenuto in giudizio unitamente a altri, perché ritenuto responsabile, in solido con questi, dell'evento dannoso lamentato dall'attore - neghi la propria responsabilità in ordine al verificarsi dell'evento denunziato, detto convenuto non propone, nei confronti degli altri convenuti alcuna domanda, ma si limita a svolgere - ancorché assuma che, in realtà, gli altri convenuti siano responsabili esclusivi del fatto - delle mere difese, al fine di ottenere il rigetto, nei suoi confronti della domanda attrice.
Perché le ricordate argomentazioni esulino dall'ambito delle mere difese e integrino, ex art. 99 c.p.c. e ss. delle “domande”, nei confronti degli altri presunti responsabili, con il conseguente instaurarsi tra costoro di un autonomo rapporto processuale (diverso e distinto rispetto a quello tra il danneggiato e i singoli danneggianti) è, invece, indispensabile che il detto convenuto, richieda espressamente, ancorché in via gradata e subordinatamente al rigetto delle difese svolte in via principale, l'accertamento della percentuale di responsabilità propria e altrui in ordine al verificarsi del fatto dannoso, domanda questa che, non potendosi ritenere implicita nella semplice richiesta svolta nei confronti del solo attore di rigetto della sua domanda, palesemente, non può essere introdotta, per la prima volta, in sede di precisazione delle conclusioni o comunque, tardivamente dopo il maturare delle preclusioni di cui all'art. 167 c.p.c..
Nella fattispecie l'originario atto di citazione conteneva citazione a comparire per l'udienza del 16.04.2008. ### dell'###M.I., ### “### della Pietà” si è costituita tardivamente in data ###, quindi oltre il termine di cui all'art. 166 c.p.c., chiedendo, in caso di propria condanna, l'accertamento della graduazione delle rispettive responsabilità dei medici della produzione del danno, con domanda riconvenzionale di accertamento inammissibile in quanto tardivamente proposta.
Parimenti tardiva è la domanda, formulata dal convenuto ### costituitosi in data ### dopo la rinotifica dell'atto di citazione per l'udienza del 07.05.2010, quindi oltre il termine di cui all'art. 166 c.p.c., di accertamento del grado di responsabilità di ciascun convenuto e di condanna della ### dell'###M.I., ### “### della Pietà” a garantirlo o rivalerlo di quanto fosse condannato a pagare in forza della presente sentenza.
Domanda di regresso, con accertamento del grado di responsabilità nei rapporti interni è, invece, stata tempestivamente formulata dal convenuto ### costituitosi con comparsa di costituzione e risposta depositata in data ###.
Orbene, in materia di azione di regresso proposta ai sensi dell'art. 2055, II comma, c.c., la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che “il condebitore in solido che adempia all'intera obbligazione vanta il diritto di rivalersi, con lo strumento del regresso, sugli altri corresponsabili, secondo la misura della rispettiva responsabilità In presenza di un unico evento dannoso astrattamente imputabile a più soggetti, sia in tema di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, per ritenere tutti i soggetti tenuti ad adempiere all'obbligo risarcitorio è sufficiente, per costante giurisprudenza di questa ### in base ai principi sul concorso di concause nella produzione dell'evento, che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno (da ultimo, Cass. 6 dicembre 2017, n. 29218)” (cfr Cass. civ., sent. n. 28987 del 11.11.2019). “Nel regime anteriore alla legge n. 24 del 2017, la responsabilità della struttura sanitaria, integra, ai sensi dell'art.1228 c.c., una fattispecie di responsabilità diretta per fatto proprio, fondata sull'elemento soggettivo dell'ausiliario, la quale trova fondamento nell'assunzione del rischio per i danni che al creditore possono derivare dall'utilizzazione di terzi nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale, e che deve essere distinta dalla responsabilità indiretta per fatto altrui, di natura oggettiva, in base alla quale l'imprenditore risponde, per i fatti dei propri dipendenti, a norma dell'art.2049 c.c.; pertanto, nel rapporto interno tra la struttura e il medico, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest'ultimo deve essere ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo degli artt. 1298, comma 2, e 2055, comma 3, c.c., atteso che, diversamente opinando, la concessione di un diritto di regresso integrale ridurrebbe il rischio di impresa, assunto dalla struttura, al solo rischio di insolvibilità del medico convenuto con l'azione di rivalsa, e salvo che, nel relativo giudizio, la struttura dimostri, oltre alla colpa esclusiva del medico rispetto allo specifico evento di danno sofferto dal paziente, da un lato, la derivazione causale di quell'evento da una condotta del sanitario del tutto dissonante rispetto al piano dell'ordinaria prestazione dei servizi di spedalità e, dall'altro, l'evidenza di un difetto di correlate trascuratezze, da parte sua, nell'adempimento del relativo contratto, comprensive di omissioni di controlli atti ad evitare rischi dei propri incaricati” (cfr Cass. civ., sent. n. 9001 del 20.10.2021).
Le predette considerazioni devono essere ribadite a prescindere dalla natura del rapporto di lavoro e di collaborazione tra debitore (struttura sanitaria) ed ausiliario ###. #### del professionista che operi nell'ambito di una struttura sanitaria - sia come lavoratore dipendente, sia come collaboratore non dipendente - integra comunque l'impegno assunto dal debitore nei confronti del creditore della prestazione danneggiato.
In forza delle considerazioni che precedono, non essendo la prestazione medica dovuta ad una condotta del tutto anomala rispetto agli ordinari servizi di spedalità - ovvero non ricorrendo un caso eccezionale di inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute cui la struttura risulti essersi obbligata - deve presumersi che dei danni rispondano in misura paritaria, da un lato, la ### dell'###M.I., ### “### della Pietà” e, dall'altro, i medici che operarono all'interno della struttura.
In ordine alle responsabilità dei medici operanti nella struttura, considerando che l'errore scatenante la decisione operatoria fu del dott. ### costui deve ritenersi responsabile, nella misura determinante del 35%, nella produzione del danno, in quanto una sua diagnosi, ove espressa in termini dubitativi, non avrebbe comportato la decisione di intervenire senza attendere il referto istologico definitivo; nella misura del 9% in capo al dott. ### il quale in qualità di primario aveva il controllo e la direzione dell'operazione e, dato il rapporto di ausiliari del primario, nella misura del 2% ciascuno in capo ai dott.ri #### e ### Non può darsi ingresso alla domanda di regresso, non essendosi avuto, allo stato attuale, risarcimento alcuno da parte dei convenuti in favore dell'attore (cfr civ., ord. n. 25698 del 11.10.2019, secondo cui “la prescrizione dell'azione di regresso di uno dei coobbligati decorre dall'avvenuto pagamento e non già dal giorno dell'evento dannoso, poiché il diritto al regresso, stante il disposto di cui all'art. 2935 c.c., non può esser fatto valere prima dell'evento estintivo dell'obbligazione”; in termini Cass. civ., sent. 21056 del 03.11.2004).
Neppure è possibile una condanna condizionata, giacché la statuizione di condanna non viene emessa nei confronti di uno solo dei coobbligati in solido, bensì cumulativamente nei confronti degli stessi, fermo ed impregiudicato il diritto di regresso tenendo conto della graduazione delle responsabilità nelle misure innanzi indicate ove una delle parti convenute paghi l'attore in misura eccedente la propria quota. 5. Occorre, quindi, passare all'esame delle domande di manleva proposte dai convenuti nei confronti delle rispettive compagnie di assicurazione.
Il dott. ### ha chiesto la chiamata in causa ### (oggi ### S.p.A.), con la quale era assicurato con polizza di assicurazione n. ### con tipologia di primo rischio e della ### S.p.A. Winterthur con il quale aveva stipulato polizza di assicurazione n. 93103288 con tipologia di secondo rischio. ### nel costituirsi in giudizio, non ha contestato il rapporto assicurativo che lo legava al dott. ### e l'operatività della polizza, peraltro specificando che il massimale assicurativo per sinistro ammonta ad € 516.456,90, senza né scoperti, né franchigie, nella fattispecie più che capiente alla luce della condanna che, in concreto, è stata emessa e del grado di responsabilità dell'assicurato.
Occorre, quindi, evidenziare che la polizza attivata dalla ### in favore dei dipendenti dell'ospedale non è stata, in concreto, attivata da alcuna delle parti processuali per conto del dott. ### con conseguente piena operatività della polizza assicurativa stipulata con la ### S.p.A.
Deve, pertanto, essere accolta la domanda di manleva spiegata dal dott. ### nei confronti della predetta assicurazione, fermo ed impregiudicato il diritto di regresso che la predetta compagnia di assicurazione ha dichiarato di voler esercitare ai sensi dell'art. 1910 c.c. in caso di pagamento eccedente la quota di responsabilità del proprio assistito.
La domanda azionata nei confronti della ### S.p.A. deve invece essere rigettata, essendo stata stipulata una polizza a secondo rischio in caso di superamento dell'importo risarcitorio di € 500.000,00 il quale, in concreto, non è stato superato.
Passando all'esame della domanda manleva spiegata dal convenuto dott. ### nei confronti della società ### di ### coop. a r.l., va rimarcato che nel costituirsi in giudizio la predetta compagnia di assicurazione non ha formulato difese afferenti il rapporto assicurativo, sicché la domanda di manleva deve essere accolta.
Da ultimo deve essere esaminata la domanda di manleva spiegata dal dott. ### nei confronti della ### ora ### S.p.A., la compagnia di assicurazione non ha contestato la sussistenza del rapporto assicurativo stipulato in forza di polizza rischi professionali n. 548415430, né di aver ricevuto denuncia di sinistro in relazione alla quale aveva aperto il sinistro 2957/08/13 eccependo la prescrizione del diritto alla percezione dell'indennizzo. ### è infondata.
Invero non vi è prova di alcun atto di messa in mora del predetto convenuto antecedente la notifica dell'atto di citazione, perfezionatasi in data ###. Vi è, quindi, prova della denuncia di sinistro del 14.01.2008 inviata al broker assicurativo ### s.r.l. e ricevuta in data ###.
Risulta, quindi, ampiamente rispettato il termine di prescrizione il quale, ai sensi dell'art. 2952, III comma, c.c. decorre dal giorno in cui il terzo abbia chiesto il risarcimento del danno.
Né alcun pregiudizio per il diritto ad attivare la garanzia assicurativa può conseguire al tardivo avviso di sinistro, avutosi a poco più di quindici giorni dalla ricezione dell'atto di citazione (recapitato presso la struttura ospedaliera dove lavora il convenuto e non già al suo domicilio). Pur ritenendosi provato che la conoscenza effettiva della citazione sia coincisa con la data di perfezionamento della notifica dell'atto di citazione, infatti, non si ravvisa alcun dolo o colpa specifica nel lieve ritardo nell'invio dell'avviso, tale da far perdere o ridurre il diritto all'indennizzo ai sensi dell'art. 1915 c.c. I pochi giorni di ritardo in concreto non impedirono in alcun modo l'accertamento dell'evento assicurato da parte della compagnia di assicurazione chiamata in causa.
In conclusione anche la domanda di manleva azionata nei confronti della ### S.p.A. deve essere accolta. 6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nel rapporto processuale fra parte attrice e le parti convenute, liquidandole in applicazione delle tariffe di cui al D.M. 55/14, riconoscendo i compensi in misura media per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale tenendo conto del valore della domanda, così come accolta, con distrazione in favore dell'Avv. ### ai sensi dell'art. 93 c.p.c. Stante la costituzione a mezzo del predetto difensore, senza indicarlo quale difensore iscritto negli appositi elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello ### deve ritenersi che le parti istanti abbiano rinunciato ad avvalersi del beneficio.
Parimenti le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, tenendo conto del valore delle domande di manleva pari all'importo risarcitorio ma liquidando i compensi in misura minima, tenendo conto degli effettivi oneri indennitari dovuti in forza del riparto interno delle responsabilità, nel rapporto processuale fra ### e la ### S.p.A., ### e la società ### di ### a r.l. e fra ### e la ### S.p.A.
Sussistono, invece, gravi ed eccezionali ragioni per disporne la compensazione integrale nel rapporto processuale fra ### e la ### S.p.A., rilevandosi che non era noto l'ammontare del possibile risarcimento del danno, il quale avrebbe potuto essere ben maggiore di quello in concreto liquidato se non si fosse avuta la prematura scomparsa dell'attore.
Le spese delle consulenze d'ufficio, ferma restando la solidarietà passiva fra tutte le parti nei confronti del consulente in base ai decreti di liquidazione adottati in corso di causa (cfr Cass. civ., sent. n. 28094 del 30.12.2009), si pongono nei rapporti interni fra le parti a carico esclusivo delle parti convenute e delle chiamate in causa ### S.p.A., società ### di ### a r.l. e ### S.p.A., in solido. P.Q.M. ### di Napoli, sesta sezione civile, definitivamente pronunziando in ordine alla causa civile iscritta al n. 80002/2008 R.G.A.C., pendente tra ####### e ### tutte in nome proprio ed in qualità di eredi di #### contro ###M.I., #### S. ### PIETÀ, in persona del legale rappresentante pro tempore, ######### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, #### S.P.A., in persona del procuratore speciale ### SOCIETÀ ####.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, e ### S.P.A., in persona del procuratore pro tempore ### ogni altra domanda ed eccezione disattesa, così provvede: a) accoglie la domanda e, per l'effetto, condanna la ### dell'###M.I., ### S. ### della ### in persona del legale rappresentante pro tempore, ###### e ### in solido, al pagamento, in favore di ### in qualità di erede di ### dell'importo di € 29.055,04, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo; b) condanna la ### dell'###M.I., ### S. ### della ### in persona del legale rappresentante pro tempore, ###### e ### in solido, al pagamento, in favore di ### in qualità di erede di ### dell'importo di € 14.527,52, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo; c) condanna la ### dell'###M.I., ### S. ### della ### in persona del legale rappresentante pro tempore, ###### e ### in solido, al pagamento, in favore di ### in qualità di erede di ### dell'importo di € 14.527,52, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo; d) condanna la ### dell'###M.I., ### S. ### della ### in persona del legale rappresentante pro tempore, ###### e ### in solido, al pagamento, in favore di ### in qualità di erede di ### dell'importo di € 14.527,52, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo; e) condanna la ### dell'###M.I., ### S. ### della ### in persona del legale rappresentante pro tempore, ###### e ### in solido, al pagamento, in favore di ### in qualità di erede di ### dell'importo di € 14.527,52, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo; f) dichiara che i danni subiti da ### in conseguenza dell'intervento chirurgico del 03.05.2004 sono imputabili, nella misura del 50%, a responsabilità della ### dell'###M.I., ### “### della Pietà”, nella misura del 35% a responsabilità di ### nella misura del 9% a responsabilità di ### e nella misura del 2% ciascuno a responsabilità di #### e ### g) condanna la ### S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a manlevare e tenere indenne ### delle somme al cui pagamento è stato condannato in forza della presente sentenza, anche a titolo di spese legali, salvo il diritto di rivalsa ex art. 1910, IV comma, c.c.; h) rigetta la domanda di manleva azionata da ### nei confronti della ### S.p.A.; i) condanna la ### di ### coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, a manlevare e tenere indenne ### delle somme al cui pagamento è stato condannato in forza della presente sentenza, anche a titolo di spese legali; l) condanna la ### S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a manlevare e tenere indenne ### delle somme al cui pagamento è stato condannato in forza della presente sentenza, anche a titolo di spese legali; m) condanna, in solido, la ### dell'###M.I., ### S. ### della ### in persona del legale rappresentante pro tempore, ###### e ### al pagamento, in favore di ###### e ### delle spese del presente giudizio, che si liquidano in misura pari ad € 398,56 per spese vive ed € 13.430,00 per compensi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, C.P.A. ed I.V.A., se dovuta, come per legge, con distrazione in favore dell'Avv. ### ex art. 93 c.p.c.; n) condanna la ### S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di ### delle spese del presente giudizio, che si liquidano in misura pari ad € 20,48 per spese vive ed € 7.795,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, C.P.A. ed I.V.A., se dovuta, come per legge; o) compensa integralmente le spese di lite nel rapporto processuale fra ### e la ### S.p.A.; p) condanna la società ### di ### coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di ### delle spese del presente giudizio, che si liquidano in misura pari ad € 10,72 per spese vive ed € 7.795,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, C.P.A. ed I.V.A., se dovuta, come per legge; q) condanna la ### S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di ### delle spese del presente giudizio, che si liquidano in misura pari ad € 22,20 per spese vive ed € 7.795,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, C.P.A. ed I.V.A., se dovuta, come per legge; r) pone definitivamente, in solido, a carico della ### dell'###M.I., ### S. ### della ### in persona del legale rappresentante pro tempore, ####### S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, società ### di ### coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e ### S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, le spese di C.T.U.
Napoli, 31 marzo 2022. Il giudice
(dott.ssa ###
causa n. 80002/2008 R.G. - Giudice/firmatari: Roberta De Luca, Avellone Mariella