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Corte d'Appello di Salerno, Sentenza n. 40/2023 del 07-03-2023

... DI SALERNO Sezione controversie di lavoro e di previdenza ed assistenza composta dai magistrati: 1. dr. ### 2. dr. ### 3. dr. ### rel. ha pronunciato in grado di appello in data 30 gennaio 2023 la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n.112/2021 R.G. sezione lavoro, vertente ###, in persona del legale rappresentante p.t., difeso e assistito dall'Avv. #### ed elettivamente domiciliato presso gli uffici della ###, siti in ### al ### n. 38; #### difeso e assistito da avv. ### ed elettivamente domiciliato presso il suo studio legale in ### alla ### n.7; ###: indebito - pensione a superstiti RAGIONI DELLA DECISIONE SULLE CONCLUSIONI DELLE PARTI (art. 132 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c.) In data ### il l.r. di INPS, a mezzo del proprio difensore, presentava appello avverso (leggi tutto)...

testo integrale

sent. n.40/2023 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI SALERNO Sezione controversie di lavoro e di previdenza ed assistenza composta dai magistrati: 1. dr. ### 2. dr. ### 3. dr. ### rel.  ha pronunciato in grado di appello in data 30 gennaio 2023 la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n.112/2021 R.G. sezione lavoro, vertente ###, in persona del legale rappresentante p.t., difeso e assistito dall'Avv.  #### ed elettivamente domiciliato presso gli uffici della ###, siti in ### al ### n. 38; #### difeso e assistito da avv. ### ed elettivamente domiciliato presso il suo studio legale in ### alla ### n.7; ###: indebito - pensione a superstiti RAGIONI DELLA DECISIONE SULLE CONCLUSIONI DELLE PARTI (art. 132 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c.) In data ### il l.r. di INPS, a mezzo del proprio difensore, presentava appello avverso la sentenza n.70/2021 pronunciata in data ### e depositata in pari data, dal Tribunale di ### in funzione di giudice del lavoro, di accoglimento, con condanna dell'istituto resistente al pagamento delle spese del giudizio, del ricorso proposto da ### volto ad accertare l'illegittimità della richiesta restitutoria della pensione pubblica di reversibilità, di cui era titolare dal 2006, erogata per l'anno 2017 pari ad ### 2.078,47, per superamento dei limiti di cumulabilità dei redditi posseduti. 
In particolare, il giudice di primo grado, respinta l'eccezione preliminare di difetto di giurisdizione per la qualifica di dipendente pubblico assunta dal coniuge deceduto del cui trattamento pensionistico il ricorrente controverte la reversibilità, vertendosi invece in una controversia su un obbligo restitutorio rispetto a somme riscosse dopo il decesso, escludeva anche la ricorrenza del presupposto del limite al recupero dell'indebito per dolo dell'interessato, stabilito dall'art. 52 L.88/1982, rappresentato dall'errore del funzionario, insussistente nel caso di specie per l'automatico superamento dei limiti reddituali e, dunque, per una situazione imputabile a parte ricorrente e non già al funzionario responsabile. Nel caso di specie, l'avvenuta autonoma conoscenza da parte dell'ente previdenziale delle modifiche reddituali del superstite, raggiunta o in ragione della propria attività istituzionale o per comunicazione dell'interessato, non rientra nel campo degli errori dell'### ma soggiace al termine decadenziale stabilito dall'art. 13 comma 2 L.412/1991 (secondo il quale l'istituto provvede al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza, entro l'anno successivo alle verifiche annuali delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche), di talché il termine annuale non decorre prima della comunicazione dei dati rilevanti ai fini della verifica della persistenza delle condizioni legittimanti la corresponsione del trattamento pensionistico, e sono così ripetibili le somme erogate in eccesso rispetto al dovuto. ###à della decadenza è subordinata a un onere di comunicazione dell'interessato, salvo che l'indebito scaturisca dal possesso di un certo reddito costituito da una prestazione di qualsiasi natura erogata dallo stesso istituto e che quindi detto ente già ben conosce, circostanza ricorrente nel caso di specie per essere il ricorrente titolare di pensione di vecchiaia che dal 2017 si andava ad aggiungere alla pensione di reversibilità goduta sin dal luglio 2006; in tal caso il pensionato verserebbe in una situazione di affidamento di legittima erogazione di entrambi gli importi effettuati dallo stesso istituto, ancor più tutelabile in presenza di controlli reddituali che l'### poteva attivare in via telematica, sicché non potrebbe farsi carico al percipiente di un'omessa comunicazione di dati reddituali incidenti sulla misura o sul godimento della prestazione che l'### aveva l'onere di conoscere, anche in collegamento con i dati anagrafici di altre amministrazioni dello Stato. Diversamente dall'art. 2033 c.c., nell'ambito previdenziale trovava applicazione la regola della irripetibilità in presenza di una situazione di fatto caratterizzata dalla non addebitabilità al percipiente della erogazione non dovuta. In conclusione, sosteneva il giudice di primo grado, l'### era tenuto a rettificare gli importi ed a chiedere la restituzione delle somme indebitamente versate entro un anno dalla conoscenza o conoscibilità della situazione reddituale riferita all'assicurato, a prescindere dalla comunicazione della propria situazione reddituale laddove a determinare l'indebito sia soltanto il cumulo di due prestazioni erogate dallo stesso ### nel caso di specie, l'indebito era stato comunicato all'### con nota dell'8/7/2019, tardiva rispetto alla scadenza del 31/12/2018 entro la quale l'ente avrebbe potuto avanzare richieste di restituzione di somme percepite nel 2017. Concludeva per l'illegittimità della richiesta restitutoria e per la condanna dell'ente alla restituzione delle trattenute effettuate fino all'esito del giudizio. 
Avverso tale sentenza proponeva appello l'### lamentando l'erronea interpretazione dell'art. 13 comma 2 L.412/1991 ed in particolare, ritenuta l'irrilevanza dell'omesso inoltro all'### delle ### della dichiarazione dei redditi relativi all'anno 2017 ovvero della omessa comunicazione della propria situazione reddituale, sarebbe stato onere di ### conoscere i redditi pensionistici a prescindere dall'errore del funzionario o dal dolo dell'interessato; poiché l'istituto provvede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche ed il termine di decadenza stabilito dall'art. 13 comma 2 è fissato al 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui era stata acquisita l'informazione rilevante, occorreva far riferimento alla dichiarazione dei redditi, che nel caso di specie si intenderebbe quella presentata nell'anno 2018. Nella nota di indebito dell'8/7/2019 si riportava che il titolare aveva percepito importi di pensione a superstiti superiori a quelli spettanti, per un totale di ### 2.078,57, che l'### aveva provveduto a recuperare dalla rata di settembre 2019; una volta accertati i redditi nell'anno 2018 l'istituto poteva procedere a contestare l'indebito, e l'appellato valorizzava il dato della presentazione della dichiarazione reddituale, che stabilizza e dà certezza al dato contabile reddituale della parte appellata. ###, occorreva tenere presente i tempi che trascorrono fra la percezione di prestazioni previdenziali e la verifica contabile della soglia reddituale, mentre per la verifica annuale non vi è un termine di decadenza; se la verifica non ha termini decadenziali, il termine finale per il recupero era però fissato entro l'anno successivo alla conclusione della verifica. Richiamava quindi la sentenza della Corte Cost. n. 166/96 sulla interpretazione del termine annuale dell'art. 13 come un criterio di riferimento, e l'orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla operatività della disposizione dell'art. 13 condizionata alla preventiva segnalazione da parte dell'interessato di dati reddituali certi, sicché il termine annuale non decorre finché il titolare non abbia comunicato un dato reddituale completo. Asseriva poi che il pensionato che richieda l'accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito ha l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione già ricevuta, senza che assuma rilievo l'inosservanza, da parte dell'istituto, dell'obbligo ex art. 13 comma 2 di verificare annualmente l'esistenza di situazioni reddituali del pensionato incidenti sul diritto o sulla misura della pensione, la cui operatività è condizionata dalla preventiva segnalazione dei relativi fatti da parte dell'interessato. Rilevava ancora che l'ente ha diritto a vedersi restituire l'indebito al lordo e non al netto, in quanto l'istituto aveva provveduto al pagamento, nella qualità di sostituto d'imposta, delle imposte per conto del ricorrente. Concludeva per l'accoglimento dell'appello con riforma della sentenza e rigetto del ricorso introduttivo, con vittoria di spese in entrambi i gradi. 
La parte appellata si costituiva in giudizio, invocando il rigetto dell'appello, ed evidenziava che i controlli sulla situazione reddituale possono essere avviati dall'### attraverso la verifica al ### anagrafico, mentre non spettava affatto al pensionato fare la comunicazione di cumulo dei trattamenti pensionistici in godimento, stante la conoscenza dei relativi dati da parte dell'### ente erogatore di entrambi. Concludeva per il rigetto dell'appello e conferma della appellata sentenza, con vittoria di spese. 
All'esito della camera di consiglio del 30/1/2023, fissata per la discussione con modalità di trattazione scritta ex art. 127-ter cpc ed art. 35 D.Lgs. 149/2022, esaminati gli atti difensivi, la Corte si riservava di decidere, emettendo all'esito sentenza come da dispositivo.  ### è fondato e va accolto per le seguenti ragioni. 
Preliminarmente si osserva che non è stata riproposta la questione di giurisdizione, sulla quale si conviene con quanto deliberato in primo grado; sul punto, in senso conforme, in tema di pensione di reversibilità corrisposta da un ente locale, cfr.  SS.UU. ord n. 21741 del 27/8/2019, e sulla rilevanza della natura di pubblico impiego del fatto presupposto generatore della prestazione, anteriore o meno al giugno 1998, ai fini della applicazione della disciplina del pubblico impiego privatizzato e la giurisdizione del giudice ordinario, cfr. Cass. Sez. Lav., sent. n. 12462 dell'8/6/2011. 
Nel merito, la delineazione della disciplina dell'indebito pensionistico richiede un preliminare inquadramento normativo ed interpretativo.  ###. 52 della ### 88/1982 distingue due caratteri peculiari dei trattamenti pensionistici, apparentemente contrastanti fra di loro: la non immutabilità e la non ripetibilità; il primo deriva dalla possibilità di rettifica riconosciuta, in ogni momento, da parte degli enti erogatori in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione, riliquidazione; il secondo presuppone l'assenza di dolo da parte dell'accipiens. ### del funzionario responsabile, che abbia erogato un trattamento pensionistico non dovuto, non consente, quindi, il recupero salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato. Qualora però il dato rettificabile non discenda da un errore del funzionario ma dal superamento dei limiti reddituali, si apre un'altra questione, inerente alla conoscibilità o meno dei dati reddituali da parte dell'ente erogatore, discendente o da iniziative di verifica e controllo dell'ente oppure da comunicazioni dell'interessato. 
La prospettiva cambia, ed è quella, allora della ripetibilità delle somme erogate come trattamenti pensionistici indebiti per mutamento di condizioni reddituali, dovendosi comprendere se sussiste un onere di attivazione dell'ente ad eseguire l'accertamento o se sussiste un obbligo di comunicazione delle variazioni reddituali da parte dell'interessato. Sul punto, l'art. 13 comma 2 della L.n.412/1991 ha introdotto una norma di interpretazione autentica delle disposizioni dell'art. 52 comma 2 L.88/89, nel senso che la irripetibilità ivi prevista operi in relazione alle somme in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all'interessato e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all'ente erogatore, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato; prosegue la norma disponendo che l'omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall'ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite; la prospettiva si amplia in caso di irripetibilità, perché il trattamento diventa irripetibile, salvo dolo dell'interessato, a fronte di provvedimento dispositivo viziato da errore di qualsiasi natura, e non solo da errore colposo del funzionario, e cambia in caso di ripetibilità, nel senso che è ripetibile il trattamento erogato sulla base di omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti (ad esempio, condizioni reddituali) che non siano già conosciuti dall'ente competente erogatore. Su quest'ultimo punto, poi, il secondo comma dell'art. 13 supera la casualità o l'altruità della fonte di conoscenza dei fatti incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche asserendo che, a tal fine, l'### procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l'anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza. In conclusione, le somme erroneamente erogate sono irripetibili non solo in assenza di dolo dell'accipiens ancorché viziate da errore di qualsiasi natura dell'ente, ma anche in caso di sopravvenuta decadenza dal potere di verifica a cura dell'### delle situazioni reddituali ancorché l'interessato abbia omesso di segnalarne la modifica o sia stato incompleto nel fornirne i dati. 
In giurisprudenza di legittimità è stato asserito che “Ai fini della ripetizione dell'indebito previdenziale per sopravvenuta mancanza del requisito reddituale, ai sensi dell'art. 13, comma 2, della L. n.412 del 1991, non è richiesto l'accertamento del dolo dell'assicurato o l'esistenza di un provvedimento dell'### di attribuzione del bene della vita oggetto di recupero, ma rileva soltanto la tempestività della richiesta di ripetizione dell'### rispetto alla comunicazione, da parte del pensionato, dei dati rilevanti ai fini della verifica annuale della persistenza delle condizioni legittimanti l'erogazione del trattamento pensionistico.” (cfr. Cass., sez. 6 - L, ord. n. 15039 del 31/5/2019). Sono queste le condizioni che legittimano la richiesta di restituzione delle somme erroneamente erogate in presenza di modifica delle condizioni reddituali. 
Ma, sul punto, diventa rilevante individuare quando l'ente deve attivarsi per effettuare le verifiche, non già se debba procedervi presupponendone la astratta conoscibilità in quanto ente erogatore di più trattamenti di propria competenza. Il secondo comma dell'art. 13 L.412/91 prescrive, infatti, che “l'### procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche”, ossia ex officio e con frequenza annuale, ma la decadenza si avvera non per omessa verifica o per anteriorità della comunicazione del pensionato rispetto alla verifica, bensì soltanto nel caso in cui l'ente non provveda, “entro l'anno successivo alla verifica, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza”. 
Era stata affermata dalla Suprema Corte anche la irrilevanza dell'obbligo di verificare annualmente l'esistenza di situazioni reddituali del pensionato che abbai domandato di accertare l'insussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito (Cass. Sez. Lav., sent. n. 1228 del 20/1/2011: “In tema di indebito previdenziale, il pensionato, ove chieda, quale attore, l'accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito, ha l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione già ricevuta ovvero l'esistenza di un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrispostogli, senza che assuma rilievo l'inosservanza, da parte dell'### dell'obbligo ex art. 13, comma 2, legge n. 412 del 1991, di verificare annualmente l'esistenza di situazioni reddituali del pensionato incidenti sul diritto o sulla misura della pensione, la cui operatività è condizionata alla preventiva segnalazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1, legge n. 412 del 1991, dei relativi fatti da parte dell'interessato. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato l'irripetibilità delle somme indebitamente corrisposte, anche in ragione della mancata attivazione dell'### in ordine alle verifiche dei redditi del pensionato nei tempi previsti dalla legge).”); ma ne sarebbe conseguito il rischio di una disparità di trattamento tra (ed anzi, un miglior trattamento in favore di) il pensionato che abbia omesso di comunicare i dati reddituali rilevanti, nei cui confronti la decadenza sarebbe maturata l'anno successivo alla verifica a compiersi su dati presuntivamente conoscibili dall'### (ossia i due trattamenti eccedenti, nel cumulo, le condizioni reddituali massime per fruire della pensione a superstiti), e colui invece che abbia tempestivamente comunicato i dati reddituali rilevanti, anche per l'anno in corso, agevolando i tempi della verifica dell'istituto venutone, in tal modo, a conoscenza (con termine certo di decadenza entro l'anno solare successivo alla variazione reddituale). Rischierebbe di essere trattato più favorevolmente l'inadempimento di obblighi comunicativi rispetto alla tempestiva comunicazione. Per tale ragione la conoscibilità dei redditi maturati prevale sulla conoscenza effettiva (cfr. Cass. Sez. Lav., sent. n.3802 dell'8/2/2019: “In tema di indebito previdenziale, l'art. 13, comma 2, della L. n.412 del 1991, si interpreta nel senso che l'### deve procedere alla verifica nell'anno civile in cui ha avuto conoscibilità dei redditi maturati dal percettore di una data prestazione e che, entro l'anno civile successivo a quello destinato alla verifica, deve procedere, a pena di decadenza, al recupero dell'eventuale indebito”). 
Tutto innanzi esposto, va osservato che a fronte dell'inadempiuto obbligo di comunicazione del mutamento delle condizioni reddituali, l'### ha correttamente attivato il proprio potere di verifica annuale; ma non può presumersi la conoscibilità dei dati reddituali prima della scadenza dell'anno solare in cui il pensionato abbia maturato tutti i redditi percepiti. Invero, soltanto alla data dell'1/1/2018 si possono ritenere conoscibili i dati reddituali dell'anno 2017, e prima del 31/12/2017 non si può escludere che l'interessato avesse potuto rinunciare ad uno dei due trattamenti causativi dello sforamento delle condizioni reddituali annuali per ### 2.078,47 (somma contestata nel provvedimento di ripetizione). E l'omessa comunicazione suggerisce la sussistenza del dolo, condizione legittimante la ripetibilità dell'indebito previdenziale, che l'istituto aveva tempo di richiedere fino al 31 dicembre dell'anno successivo (2019) alla verifica (nel 2018) del mutamento delle condizioni reddituali per l'anno 2017. 
Non ignora il collegio un diverso orientamento che ha sostenuto la tesi dell'affidamento riposto dal pensionato nella legittima erogazione di entrambi gli importi effettuata dallo stesso istituto, ritenuto tutelabile sulla base di un principio sviluppato in materia di indebito assistenziale, a cui si è ritenuto in alcune pronunce di accomunare l'indebito previdenziale, riservando, per entrambi, i tratti comuni eccentrici rispetto alla ripetibilità propria del sistema civilistico e dell'art. 2033 c.c. (Cass. Sez. Lav., sent.  n.13223/2020), “in ragione “dell'affidamento dei pensionati nell'irripetibilità di trattamenti pensionistici indebitamente percepiti in buona fede”, in cui le prestazioni pensionistiche, pur indebite, sono normalmente destinate “al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia”, con la disciplina derogatoria che individua “alla luce dell'art. 38 Cost., un principio di settore, che esclude la ripetizione se l'erogazione non sia addebitabile” al percettore”, per poi evincere “che tutti i fatti relativi ai dati reddituali dei titolari di prestazioni pensionistiche o assistenziali sono sempre conosciuti o conoscibili d'ufficio dall'### in via telematica”. In realtà la pronuncia si muove su un piano di sostanziale equiparazione fra i due tipi di prestazione ai fini della loro irripetibilità in presenza di affidamento riposto dal pensionato nella legittima erogazione di entrambi, rafforzando il presupposto della conoscibilità sulla diligenza del soggetto erogatore della prestazione presso il quale, nello specifico, è istituito un ### dell'assistenza per la raccolta, la conservazione e la gestione dei dati, dei redditi e di altre informazioni relativi ai soggetti aventi titolo alle prestazioni di natura assistenziale, a mente dell'art. 13 D.L.  n.78/2010. Di contro, va osservato che la normativa derogatoria dell'art. 52 L.88/82 è stata soggetta ad interpretazione autentica con art. 13 L.412/91 (ut supra illustrata e commentata) e che il ### dell'anagrafe generale istituito presso ### si riferisce specificamente alle posizioni assistenziali e loro relative prestazioni, e che la raccolta di dati in essi inseriti costituisce senz'altro l'oggetto di una istruttoria a compiersi in sede di verifica, scaturente proprio dalla omessa comunicazione di dati dell'interessato. Di recente, poi, è stato anche affermato che: “###à dell'indebito previdenziale è subordinata al ricorrere di quattro condizioni: a) il pagamento delle somme in base a formale e definitivo provvedimento; b) la comunicazione del provvedimento all'interessato; c) l'errore, di qualsiasi natura, imputabile all'ente erogatore; d) la insussistenza del dolo dell'interessato, cui è parificata "quoad effectum" la omessa o incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto, o sulla misura della pensione, che non siano già conosciuti dall'ente competente, difettando anche una sola delle quali opera la regola della ripetibilità di cui all'art. 2033 c.c. (Nella specie, la S.C. ha escluso la ricorrenza della quarta delle sopraindicate condizioni, essendo l'ente pervenuto a conoscenza di fatti rilevanti non per iniziativa del pensionato, seppure obbligato a comunicarli, ma di un terzo organo di vigilanza, quale l'### del ###.” ( Cass. CIv. sez. Lav., ord. n. 5984 del 23/2/2022). 
In linea con quanto innanzi esposto, si richiama l'ulteriore massima della Cassazione “in tema di indebito previdenziale, l'art. 13 comma 2 della ### n.412 del 1991, si interpreta nel senso che l'### deve procedere alla verifica nell'anno civile in cui ha avuto conoscibilità dei redditi maturati dal percettore di una prestazione e che, entro l'anno civile successivo a quello destinato alla verifica, deve procedere, a pena di decadenza, al recupero dell'eventuale indebito” (Cass. Sez. Lav., sent. n. 3802 dell'8/2/2019): calando la massima al caso in esame, si osserva che i “redditi maturati” non posso che essere quelli prodotto fino al 31/12/2017, che l'anno civile in cui l'istituto può avere conoscibilità dei predetti redditi non può che essere quello decorrente dal primo giorno dell'anno seguente (2018) alla maturazione del reddito per l'anno civile appena concluso (2017) e che l'anno successivo a quello destinato alla verifica non può che essere il 2019. 
Pertanto, la decadenza di cui all'art. 13 comma 2 maturava allo spirare del 31/12/2019 e l'atto di recupero del 8/7/2019 è da considerarsi tempestivo. 
All'accoglimento dei motivi di appello segue la riforma della sentenza appellata con conferma del provvedimento di ripetizione di indebito originariamente impugnato con recupero della somma calcolata al lordo dei contributi previdenziali e fiscali eventualmente pagati (complessivamente euro 2.078,57). 
Si ritiene di dover compensare fra le parti le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, in ragione della novità e complessità della questione trattata, ma anche del limitato contrasto giurisprudenziale sul tema. 
Riguardo alle sanzioni amministrative per il contributo unificato, la sentenza della Suprema Corte n. 26907/2018 ha precisato che, esclusa l'attribuzione al giudice civile di un ruolo di natura amministrativa e, quindi, di responsabilità per la relativa pretesa erariale, gli si richiede ai sensi dell'art. 13 co.1-quater dpr 116/2002 “l'attestazione di avere adottato una decisione incasellabile o come pronuncia di inammissibilità o di improcedibilità o come di “respingimento integrale”. Tale dichiarazione compete al giudice, perché rientra nell'ambito dei poteri inerenti la sua jurisdictio, in quanto, a seconda delle tipologie di impugnazione, il tenore della decisione, sia siccome espresso dalla motivazione, sia siccome espresso dal dispositivo, potrebbe ingenerare dubbi sulla ricorrenza o di una fattispecie di inammissibilità o di improcedibilità o come di respingimento integrale. Ne consegue ulteriormente che, tanto nel caso di esenzione dal contributo, quanto nei casi di prenotazione a debito, il giudice deve comunque attestare se ha adottato una pronuncia di inammissibilità o di improcedibilità o di respingimento integrale, competendo poi esclusivamente all'### valutare se nonostante l'attestato tenore della pronuncia, che evidenzia il presupposto giurisdizionale dell'esito del processo di impugnazione legittimante in astratto la debenza del doppio contributo, in concreto la doppia contribuzione spetti ”. Nel caso di specie, a seguito della presente pronuncia di rigetto dell'appello ricorrono i presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato pagato all'epoca della instaurazione del giudizio di secondo grado.  P.Q.M.  1) accoglie l'appello e, in riforma della appellata sentenza, rigetta il ricorso introduttivo di primo grado; 2) compensa fra le parti le spese del giudizio; 3) Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della insussistenza dei presupposti, da parte dell'appellante, per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13. 
Così deciso in ### all'esito della camera di consiglio del 30 gennaio 2023.  ### est., dr. ### dr. ### n. 112/2021

causa n. 112/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Stassano Maura, Orio Attilio Franco

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 08-05-2025

... favorire il mantenimento di rapporti di lavoro tra la società affidataria del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani nel Comune di ### ed alcuni soggetti pregiudicati, ma, proprio in ragione dei rapporti personali intrattenu ti con tali so ggetti, riconosciuti come appartenenti a una consorteria mafiosa della zona, aveva favorito il mantenimento dell'affidamento del s ervizio in proroga alla società per cui gli stessi lavoravano in cambio del loro appoggio elettorale, contribuendo in questo modo a determinare una chiara alterazione della formazione della volontà dell'amministrazione comunale e, nel contempo, a realizzare un'infiltrazione del clan nel settore in questione. Constatava, inoltre, che l'### aveva affidato la gestione di un parcheggio comunale ad associazioni locali di (leggi tutto)...

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ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 13284/2024 R.G. proposto da: ### rappresentato e difeso dall'#### so (###) giusta procura speciale allegata al ricorso - ricorrente - contro MINISTERO dell'### rappresentato e difeso ope legis dall'### dello Stato (ADS###) - controricorrente - avverso il decreto della Corte d'appello di Catania n. 926/2024 depositato il ###; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/2/2025 dal #### 1. Il Tribunale di Catania, con decreto in data 31 maggio 2023, dichiarava l'insussistenza dei presupposti di incandidabilità previsti dall'art. 143 d. lgs. 267/2000 nei confronti di ### ex sindaco del Comune di ### 2. La Corte d'appell o di ### a seguito del reclamo presentato dal Ministero del l'### ravvisava, invece, tali 2 di 5 presupposti e dichiarava ### incandidabile ai sensi dell'art. 143, comma 11, d. lgs. 267/2000. 
La Corte distrettuale, in particolare, rilevava che l'### non si era limitato a favorire il mantenimento di rapporti di lavoro tra la società affidataria del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani nel Comune di ### ed alcuni soggetti pregiudicati, ma, proprio in ragione dei rapporti personali intrattenu ti con tali so ggetti, riconosciuti come appartenenti a una consorteria mafiosa della zona, aveva favorito il mantenimento dell'affidamento del s ervizio in proroga alla società per cui gli stessi lavoravano in cambio del loro appoggio elettorale, contribuendo in questo modo a determinare una chiara alterazione della formazione della volontà dell'amministrazione comunale e, nel contempo, a realizzare un'infiltrazione del clan nel settore in questione. 
Constatava, inoltre, che l'### aveva affidato la gestione di un parcheggio comunale ad associazioni locali di volontariato i cui membri, almeno in part e, risultavano coll egati con la locale criminalità organizzata, per essere stati arrestati per reati di mafia oppure per esse re stretti congiunti di affiliati, e che avevano commesso numerose irregolarità, perseguendo un proprio scopo di lucro ed anche retribuendo i cc.dd. “volontari”. 
Riteneva che in questo modo il sindaco avesse tenuto una condotta «inefficiente, disattenta ed opaca», idonea a riflettersi «sulla cattiva gestione della cosa pubblica», dato che il sistema prescelto non solo era stato caratterizzato da un'estrema inefficienza, ma aveva pure costituito il mezzo attraverso il quale appar tenenti all a locale criminalità organizzata si erano ingeriti nell'espletamento di servizi pubblici anche acquisendo ampie possibilità di maneggio di denaro destinato alle casse del Comune. 
Osservava che, malgrado l'### fosse stato assolto dalle accuse di concorso e sterno in associ azione e voto di scambio politico - mafioso, il fatto (accertato in sede penale) che il medesimo fosse, 3 di 5 all'inizio degli anni 2000, «soggetto che manteneva rapporti di familiarità con appartenenti di spicco di una consorteria mafiosa, gradito quale sindaco al capo di essa ed a altri affiliati, destinatario di aspettative di comportamento che non ledessero gli interessi del clan, e disponibile ad agevolare, entro i lim iti della propria discrezionalità politica, talune delle persone ad esso vicine» rientrava nel paradigma della situazione in presenza della quale l'art. 143 d.  lgs. 267/2000 i mponeva la declarato ria di in candidabilità dell'amministratore. 
Sottolineava, in fine, che i fatti esami nati nel process o penale si saldavano con le vicende più recenti e valevano a dare loro una plausibile spiegazione, dimostrando come l'### collocandosi nell'ambito di una linea di continuità pluriennale di rapporti, avesse inteso agevolare soggetti affiliati o vicini a un clan mafioso.  3. ### ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto, pubblicato in data 6 marzo 2024, prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il Ministero dell'### Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ..   RAGIONI DELLA DECISIONE 4. Il primo motivo di ricorso, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell'art. 143 d. lgs. 267/2000, sostiene, quanto ai rapporti intrattenuti dall'### con i tre dipendenti della società incaricata della racco lta dei rifiuti solidi urbani, che il reclamato, allegando alla memoria di replica l'intera comparsa di costituzione in primo grado, aveva ripreso gli argomenti svolti avanti al tribunale, così come aveva contestato la valenza probatoria delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia. 
Il motivo assume, quanto alla gestione del parcheggio comunale, che la proposta di affidare la gestione del parcheggio alle associazioni 4 di 5 non era stata formulata dall'### ma dalla segretaria comunale dell'epoca. 
La censura aggiunge infine, quanto alla valorizzazione della sentenza di assoluzione dall'accusa di concorso este rno in associazione mafiosa e voto di scambio politico-mafioso, che la dichiarazione di incandidabilità dell'amministratore no n poteva conseguire in via automatica dallo scioglimento del consiglio comunale, ma doveva trovare fondamento nell'accertamento di concreti, univoci e rilevanti elementi di collegament o, diretto o ind iretto, con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi ad opera della medesima criminalità. 
Non poteva concorrere a dimostrare questi elementi la sentenza di assoluzione resa in sede penale per vicende risalenti alla fine degli anni ### che non potevano essere messe, in alcun modo, in relazione con le si ndacature del l'### risalenti a l 2012 e al 2017.  5. Il motivo è inammissibile. 
Esso, infatti, non evidenzia alcuna criticità in punto di diritto in capo alla decision e impugnata, deducendo un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e ponendo un problema interpretativo della stessa, ma esprime un mero dissenso rispetto all'apprezzamento di fatto comp iuto dalla Corte di merito all'esito dell'esame de lla congerie istruttoria, apprezzamento che, essendo frutto di una determinazione discrezionale del giudice di merito, non è sindacabile da questa Corte. 
In questo modo la censura in esame deduce, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti ope rata dalla Corte distrettuale, così da rea lizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito (cfr. Cass. 5987/2021, Cass., 5 di 5 Sez. U., ###/2019, Cass. 29404/2017, Cass. 19547/2017, 16056/2016).  6. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione dell'art.  91 cod. proc. civ. e sos tiene che, una volta accolto il ricors o, la decisione impugnata deve essere di conseguenza riformata anche in punto di spese di lite.  7. Il motivo è inammissibile. 
Esso, infatti, non muove alcuna critica alla statuizione impugnata, come il ricorso per cass azione deve necessariamente fare, ma si limita ad auspicare che dall'accoglimento del ricorso conseguano gli effetti di cui all'art. 336 cod. proc. civ..  8. In virtù delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.  P.Q.M.  La Corte dichi ara in ammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimbors o delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 5.000 per compensi, oltre a spese prenotate a debito. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 di cembre 2012, n. 228, si dà atto del la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto. 
Così deciso in ### in data 11 febbraio 2025.   

Giudice/firmatari: Acierno Maria, Pazzi Alberto

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Corte di Cassazione, Sentenza n. 13532/2025 del 20-05-2025

... previdenziali, costituivano giornate di lavoro effettivo anche i giorni in cui, pur mancando la prestazione, sussisteva, comunque, l'obbligo d el datore di lavoro di corrispondere la retribuzione e, dunque, di pagare la contribuzione, come nei casi di ferie e riposo retribuito. 1.4. Riteneva che tale soluzione dov esse essere adottata anche per la ### ancorché la norma in considerazione, a differenza di a ltre (come l'art. 16 l. 223/1991 sulla indennità di mobilità), non specificasse che tra le g iornate di lavoro effettiv o erano compresi i periodi di sospensione del rapporto di lavoro coperti da contribuzione; la interpretazione doveva essere adottata, infatti, sulla base della ratio della disposizione normativa, dovendosi valorizzare la correla zione tra la prestazione richiest a e (leggi tutto)...

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SENTENZA sul ricorso 862-2020 proposto da: I.N.P.S. - ### in persona del legale rappresent ante pro te mpore, elettivamente domiciliato in #### 29, presso l'### dell'### rappresentato e difeso dagli avvocati #### STUMPO, #### - ricorrente - contro ### elettivamente domiciliato in #### 1, presso lo st udio dell'avvo cato ### che lo rappresenta e difende; - controricorrente - avverso la sentenza n. 736/2019 della CORTE ### di TORINO, depositata il ### R.G.N. 110/2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/2025 dalla ###. #### 3, comma 1, lett. C) d.lgs.  22/2015. 
R.G.N. 862/2020 Cron. 
Rep. 
Ud. 11/02/2025 PU udito il P.M. in persona del ###. ###, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l'avvocato ### M ### per delega verbale avvocato ### udito l'avvocato #### 1. La Corte d'appello di Torino confermava la decisione di primo grado che aveva dichiarato il diritto di ### - licenziato dalla società ### srl il 21 aprile 2017, dopo essere stato in ### nell'anno 2 016- a p ercepire la indennità ### 1.1. La Corte territoriale, premesso che era pacifica la sussistenza degli ulteriori requisiti di accesso alla ### (stato di disoccupazione e accredito di 13 settimane di contribuzione nel quadrien nio precedente) esponeva che seco ndo la tesi dell'### non era integrato il requisito delle 30 giornate di «lavoro effettivo» negli ultimi 12 mesi, di cui alla lettera c) dell'art. 3, comma 1, d.lgs . n. 22/2 015; dett o requisito doveva interpretarsi, nell'assunto dell'### come giornate di effe ttiva presenza al lavoro ed era già stato temp erato dall'### che, ai fini della individu azione del periodo di riferimento di 12 mesi, aveva previsto la “neutralizzazione” dei periodi di assenza dal lavoro per forz a maggiore o comunque non volontari, come malattia, cassa integrazione, congedi per handicap.  1.2. Il giu dice dell'appello disatte ndeva le difese dell'### 1.3. Richiamava la giurisprudenza costit uzionale relativa alla indennità di mobilità (Corte cost. n. 423/1995) e quella della Corte di cassazione in punto di integ razione salariale per i lavoratori agricoli (Cass. n. 16235/2002 e Cass. 3 n. 13024 /2001), secondo le quali, ai fini del diritto al le prestazioni previdenziali, costituivano giornate di lavoro effettivo anche i giorni in cui, pur mancando la prestazione, sussisteva, comunque, l'obbligo d el datore di lavoro di corrispondere la retribuzione e, dunque, di pagare la contribuzione, come nei casi di ferie e riposo retribuito.  1.4. Riteneva che tale soluzione dov esse essere adottata anche per la ### ancorché la norma in considerazione, a differenza di a ltre (come l'art. 16 l.  223/1991 sulla indennità di mobilità), non specificasse che tra le g iornate di lavoro effettiv o erano compresi i periodi di sospensione del rapporto di lavoro coperti da contribuzione; la interpretazione doveva essere adottata, infatti, sulla base della ratio della disposizione normativa, dovendosi valorizzare la correla zione tra la prestazione richiest a e l'obbligo di versare la retribuzione e quindi la contribuzione.  1.5. La dom anda doveva essere pertanto accolta, essendo pacifico che -neutralizzato il periodo di cassa integrazionenell'anno 2015, considerati i giorni di assenza per ferie, fest ività e ### era integr ato il requisito in contestazione.  1.6. Restavano assorbite le ulteriori osservazioni svolte dall'### in relazione alla motivazione subordinata svolta dal Tribunale.  2. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l'### articolato in un unico motivo di censura, cui la parte privata ha resistito con controricorso.  3. La causa, già fissata per l'adunanza camerale del 14 novembre 2024, in relazione alla quale entrambe le parti depositavano memoria, è stata rinviata per la fissazione della udienza pubblica. ### ha depositato conclusioni scritte , chiedendo il rigetto del ricorso; il controricorrente ha depositato nuova memoria. 4 RAGIONI DELLA DECISIONE 4. Con l'unico motivo di censura l'### ha denunciato— ai sensi dell'articolo 360 n. 3 cod.proc.civ.— la violazione e/o falsa app licazione dell'art.3,comma 1, lett. c ) del d.lgs. 4 marzo 2015 n. 22 anche in relazione all'art . 12 disp.  prel.cod. 4.1. La que stione sottoposta a questa Corte con il ricorso è se ne l computo del periodo dell e 30 giornate di lavoro effettivo, di cui alla norma considerata, debbano essere comprese le giornat e in cui la prestazione non è sta ta effettivamente resa.  4.2. In particol are, l'### ha cont estato la decisione impugnata per avere computato come giornate di lavoro effettivo quelle retribuite nell'anno 2015 per ferie, festività e r.o.l.  4.3. L'### ha svolto, poi, una serie di censure anche in merito alla possibilità di neutralizzare i periodi durante i quali il lavor atore avre bbe usufruito del contratto di solidarietà (a zero o re) così da retrodatare il pe riodo di riferimento nell'ambito del quale individuare i trenta giorni di lavoro effettivo sul presupposto che la Corte di a ppello avrebbe ritenuto che «il requisito delle trenta giornate effettive sussisterebbe […] sia che si neutralizzi il periodo di solidarietà (a zero ore) del 2015 sia che si considerino come “effettivamente lavorate” le giornate del 2015 ret ribuite a titolo di ferie, festivit à, rol» ( v. pag . 11 del ricorso per cassazione).  5. Le censure sono infondate.  5.1. Va preli minarmente osservato che la decisione della Corte di appello poggia sull'unica ratio decidendi in base alla quale le giornate di ferie, festiv ità e rol devono 5 considerarsi di “lavoro eff ettivo” e sono dunque u tili ad integrare il requisito di legge.  5.2. Sulla base di tale premessa, deve osservarsi che l'art. 3 del d.lgs. n. 22 del 2015, nella formulazione applicabile ratione temporis, ricono sce l'indennità mensile di disoccupazione, denominata «### pre stazione di ### per l'### (###», ai lavo ratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e presentino congiuntamente i seguenti requisiti: «a) siano in stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, 181, e successive modificazioni; b) possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; c) possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione».  5.3. ### giudizio devolve al Collegio, nuovamente, l'interpretazione del requisito dell e trenta giornate «di lavoro effettivo», tipizzato dalla lettera c).  5.4. La Corte, in effetti, si è g ià confront ata con la disposizione in oggetto e ha ritenuto che «le trenta giornate di lavo ro effettivo, nei dod ici mesi precedenti l'in izio della disoccupazione, cui l'art. 3, comma 1, lett. c) del D.Lgs. nr.  22 del 20 15, subordina, in concorso con altre condizioni previste dalla stessa norma, il trattamento della ### sono integrate anche da giornate di ferie e/o di riposo retribuito» (Cass. nr. 22922 del 2024. Conforme, Cass. nr. ### del 2024).  5.5. Il principio poggia sulla considerazione che le ferie, come i riposi, rappresentano momenti connaturali al rapporto di lavoro. ### la loro fruizione vi è piena vitalità -e quindi effettività- del rapporto stesso. 6 5.6. Per la Corte il «lavo ro effet tiv o» è, dunque, sempre comprensiv o di quelle “pause” periodiche della prestazione lavorativa che , finalizzate al recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore , sono equipar abili alla effettiva e concreta esecuzione delle mansioni.  5.7. Le argomentazioni esposte, dalle quali non vi è ragione di discost arsi, meritan o di essere ulteriormente precisate nella presente sede ###rilievo situazioni in part e diverse, poiché il lavo ratore, nel periodo di riferimento (ovvero quello dei «dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione»), ha fruito non solo di giorni di ferie ma, altresì, di “festività” e di “rol”, pause tutte che i giudici territoriali hanno considerato utili ad integrare il requisito di legge.  5.8. In coerenza con i richiamati precedenti, la raggiunta conclusione va senz'altro condivisa.  5.9. ###. 3 cit., pur nella sua peculiare formulazione terminologica, evoca un concetto giuridico di “effettività” non coincidente con il significato, stre tta mente naturalistico, di una attività materialmente in essere. La prestazione di lavoro è, infatti, effettiva non solo nel mo mento in cui è concretamente eseguita ma durante tutte le su e pause fisiologiche ed anche quando è offerta ma, ingiustificatamente, rifiutata.  5.10. In tutte queste ipotesi, il sinallagma contrattuale resta inalterato nella sua concreta funzionalità, tanto che non vi è in terruzione dell'obbligazione retributiva e di q uella contributiva.  5.11. Diversamente ragionando, il lavoratore verrebbe ad essere pregiudicato, n ei diritti previdenziali, pur esercitando legittime prerogative, garantite da leggi o contratti collettivi, o, ancor di più, in presenza di comportamenti unilaterali e ingiusti del datore di lavoro (basti 7 pensare, a tale ultimo riguardo, ad un ordine giudiziale di ricostituzione del rapporto di lavoro, no n ottemperato pe r esclusiva volontà della parte datoriale).  6. Occorre precisare che differente è, inve ce, la situazione in presenza di eventi che, per legge, determinano una cesura temporanea del rapporto di lavoro, co n sospensione delle reciproche prestazioni delle parti. Sono i casi tipici, in via esemplificativa, della maternità, infortunio e malattia ma lo sono anche quelli, per esempio, di godimento del congedo genitoriale o di permessi dal lavoro per assistere persone con handicap grave o, ancora, quelli coperti da cassa integrazione guadagni o contratti di solidarietà a zero ore.  6.1. Si tra tta di eventi questi ch e impe discono totalmente lo svolgimento dell'attività e che -diversamente dalle ipote si prima valutate (ferie, riposi , festività, ecc.)- sospendono pure le obbligazioni principali delle parti. Casi tutti accumunati da l fatto che l'originario rapporto, per un certo periodo di tempo, entra in uno stato di quiescenza non essendo dovute né la prestazione lavorativa dal dipendente, né la retribuzione dal datore di lavoro. ### il verificarsi di tali situazioni, dunque, il lavoro non è “effettivo”, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. C) d.lgs. n. 22/2015.  6.2. E tuttavia, la sospensione del rapporto di lavoro - in luog o della sua estinz ione per impossibilità de lla prestazione lavorativa, secondo la disciplina dei rapporti di durataè l'effe tto della protezione che l'### ento riconosce, ex art. 38 Cost., ad obiettive situazioni impeditive dello svolgimento della prestazione lavorativa per cause non imputabili al lavoratore.  6.3. In questa prospettiva, è evidente allora che anche i periodi di “inattività” del sinallagma contrattuale per eventi tutelati dal ### n on possano ricadere in danno del lavoratore, quanto al godimento della prestazione ### e 8 sono, perciò, “neutralizzati”, nel senso che di essi non si tiene conto nel computo del periodo di riferimento di dodici mesi di cui all'art.3 in commento.  6.4. In altre parole, ove nei « dodici mesi che precedono l'inizio del p eriodo di dis occupazione» si sia verificata una causa di sospensione del rapporto di lavoro, il relativo periodo non è preso in considerazione (ed è, dunque, neutralizzato) ai fini della verifica del periodo di riferimento di dodici mesi, di c ui alla lettera c) dell'ar t. 3 del d.lgs.  n. 22 del 2015, in applicazione di un principio generale insito nel sistema e volto ad impedire che il lavoratore perda il diritto ad una prestazione previdenziale in una situazione tutelata dal medesimo ordinamento assicurativo.  7. Conclusivamente, possono enunciarsi i seguenti principi di diritto : «In tema di accesso ai nuovi trattamenti di integrazione salariale (cd. ### ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 22 del 2015, nella formulazione antecedente alle modifiche disposte dall'art. 1, comma 171, della l. 30 dicembre 2024, n. 207 (e app licabili agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2025): - il requ isito delle “trenta giornate di lav oro effettivo” risulta integrato -oltre che da giornate di ferie e/o di riposo retribuitoda ogn i giornata che dia luogo al diritto de l lavoratore alla retribuzione e alla relativa contribuzione; - ai fini del computo dei “dodici m esi che precedono l'inizio del pe riodo di diso ccupazione” si escludono (sono neutralizzati) i periodi di sospensione del rapporto di lavoro per cause tut elate d alla legge, impeditive delle re ciproche prestazioni».  8.1. La sentenza impugnata è conforme alle indicazioni che precedono e si sottrae, dunque, ai mossi rilievi. 9 9. La novi tà di molti profili de lle que stioni trattate giustifica la compensazione delle s pese del giudizio di legittimità, mentre, tenuto conto del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza de i presupp osti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.  P. Q. M.  La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contribut o unific ato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto. 
Così deciso in ### nella came ra di consig lio 

Giudice/firmatari: Esposito Lucia, Marchese Gabriella

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Tribunale di Bergamo, Sentenza n. 653/2023 del 17-08-2023

... rilevi la “mera natura temporanea del lavoro degli impiegati amministrativi a contratto”, perché ciò significherebbe pregiudicare “gli obiettivi della Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 direttiva 1999/70 e dell'accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato”. Alla luce delle argomentazioni svolte a sostegno della statuizione adottata dalla ### non può questo Giudice più dubitare della riconducibilità della “### del docente” alle “condizioni di impiego”, di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, e conseguentemente “della differenza di trattamento tra docenti a tempo indeterminato e i docenti assunti nell'ambito di rapporti di lavoro a tempo (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI BERGAMO Sezione Lavoro VERBALE DI UDIENZA n. 963/2023 R.G. 
Oggi 17/08/2023, la presente causa viene trattata per iscritto. 
Il Giudice, viste le note depositate, pronuncia sentenza, depositando dispositivo e motivazione. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 ### *** 
TRIBUNALE DI BERGAMO ### in composizione monocratica in persona del dott. ### in funzione di Giudice del ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di pubblico impiego n. 963/23, promossa con ricorso depositato il 6 maggio 2023 da ### con gli avv. I. ###, W. Miceli, F. 
Ganci, G. Rinaldi e N. Zampieri - ricorrente - contro Ministero dell'### e del ### con sede ###persona del ### pro tempore, con i funzionari dott.sse M. Albanese e G. Tabone - convenuto - Oggetto: carta elettronica docente. 
Causa chiusa a sentenza il 17 agosto 2023. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023
Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 6 maggio 2023, il ricorrente in epigrafe conveniva il MIM per l'accertamento del diritto al beneficio della ### elettronica del docente per l'aggiornamento e la formazione del personale docente ex art. 1 c. 121 l. 107/2015, con condanna del Ministero al pagamento delle somme maturate.  ### convenuto si costituiva in giudizio, contestando la fondatezza della domanda, anche per prescrizione. 
La causa veniva discussa e decisa all'udienza odierna. 
Le parti depositavano note difensive. 
Motivi della decisione La domanda è fondata e va, pertanto, accolta nei termini seguenti, con richiamo ex art. 118 disp. att. c.p.c. alla sentenza n. 2045/22 di questo Tribunale.  << In diritto, la pretesa dei docenti va valutata alla luce del disposto dell'art. 1, comma 121, l. n. 107/15 che così prevede: “al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali è istituita la ### elettronica del docente per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. ### dell'importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa delle scuole e del ### nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla ### non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile”. 
In attuazione di quanto previsto dal successivo comma 122 della legge citata, è stato adottato il d.p.c.m. del 23 settembre 2015, poi sostituito dal d.p.c.m. 28 settembre 2016; questo, nell'identificare i “beneficiari della carta” ha confermato quanto già previsto dall'atto ministeriale previgente (art. 2) e ha chiarito - all'art.  3 - che la platea è composta dai “docenti di ruolo a tempo indeterminato delle ### scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, i docenti dichiarati inidonei per motivi di salute di cui all'articolo 514 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati, i docenti nelle scuole all'estero, delle scuole militari”. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023
Sulla base di tali disposizioni, il ### ha negato al docente ricorrente, in quanto titolare di contratti a termine, la carta di cui sopra.  *** 
Sulla questione relativa all'esclusione del personale docente a tempo determinato dal beneficio della ### del Docente si è pronunciato il Consiglio di Stato, ### il quale, con sentenza n. 1842/2022 pubblicata il ###, mutando il proprio precedente orientamento di cui alla sentenza n. 3979/2017, ha annullato gli atti amministrativi impugnati nella parte in cui non contemplavano i docenti non di ruolo tra i destinatori della carta del docente. 
In merito a questa previsione il Consiglio di Stato, pur prescindendo da parametri di valutazione di provenienza eurounitaria, ha però ritenuto che la scelta ministeriale forgi “un sistema di formazione ‘a doppia trazione': quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l'erogazione della ### e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico”.  ### il Consiglio di Stato, “un tale sistema collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A.”.  ### il Consiglio ricorrerebbe un contrasto «con l'esigenza del sistema scolastico di far sì che sia tutto il personale docente (e non certo esclusivamente quello di ruolo) a poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, affinché sia garantita la qualità dell'insegnamento complessivo fornito agli studenti” corrispondente al canone di buona amministrazione. 
Canone che risulterebbe tradito da “un sistema che, ponendo un obbligo di formazione a carico di una sola parte del personale docente (e dandogli gli strumenti per ottemperarvi), continua nondimeno a servirsi, per la fornitura del servizio scolastico, anche di un'altra aliquota di personale docente, la quale è tuttavia programmaticamente esclusa dalla formazione e dagli strumenti di ausilio per conseguirla: non può dubitarsi, infatti, che, nella misura in cui la P.A. si serve di personale docente non di ruolo per l'erogazione del servizio scolastico, deve curare la formazione anche di tale personale, al fine di garantire la qualità dell'insegnamento fornito agli studenti”. 
Sulla base di tali argomentazioni il Consiglio di Stato ha concluso nel senso che “il diritto-dovere di formazione professionale e aggiornamento grava su tutto il personale docente e non solo su un'aliquota di esso. … Del resto, l'insostenibilità dell'assunto per cui la ### del docente sarebbe uno strumento per compensare la pretesa maggior gravosità dell'obbligo formativo a carico dei soli docenti Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 di ruolo, si evince anche dal fatto che la ### stessa è erogata ai docenti part-time (il cui impegno didattico ben può, in ipotesi, essere più limitato di quello dei docenti a tempo determinato) e persino ai docenti di ruolo in prova, i quali potrebbero non superare il periodo di prova e, così, non conseguire la stabilità del rapporto. E l'irragionevolezza della soluzione seguita dalla P.A.  emerge ancora più chiaramente dalla lettura del d.P.C.M.  del 28 novembre 2016 (che, come già ricordato, ha sostituito quello del 23 settembre 2015), il quale, all'art. 3, individua tra i beneficiari della ### anche ‘i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati'”, sicché “vi sarebbero dei docenti che beneficerebbero dello strumento pur senza essere impegnati, al momento, nell'attività didattica, mentre altri docenti, pur svolgendo diversamente dai primi l'attività didattica, non beneficerebbero della ### e, quindi, sarebbero privati di un ausilio per il loro aggiornamento e la loro formazione professionale”.  ### di Stato ha poi ritenuto che il contrasto evidenziato con gli artt. 3, 35 e 97 Cost. possa essere superato mediante un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 1, commi 121 ss., legge cit.; il collegio è giunto a tale esito evidenziando che, nella specie, mancando una norma innovativa rispetto al d.lgs.  n. 165/2001, la materia della formazione professionale dei docenti è ancora rimessa alla contrattazione collettiva di categoria. 
Le regole dettate dagli artt. 63 e 64 del ### di riferimento “pongono a carico dell'### a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 l'obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato, ‘strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio' (così il comma 1 dell'art. 63 cit.). E non vi è dubbio che tra tali strumenti possa (e anzi debba) essere compresa la ### del docente, di tal ché si può per tal via affermare che di essa sono destinatari anche i docenti a tempo determinato (come gli appellanti), così colmandosi la lacuna previsionale dell'art. 1, comma 121, della l. n. 107/2015, che menziona i soli docenti di ruolo”.  *** 
Sulla conformità di questa disposizione rispetto alla disciplina eurounitaria è successivamente intervenuta la Corte di giustizia dell'### europea, a seguito del rinvio pregiudiziale con cui il Tribunale di Vercelli l'ha investita dell'analisi del rapporto tra la disciplina interna e le clausole 4 punto 1 e 6 dell'### quadro sul lavoro a tempo determinato. 
La Corte ha ritenuto che “la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell'importo di € 500,00 all'anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali”, mediante la c.d. carta elettronica del docente. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023
Ha in proposito osservato che, salve le valutazioni del giudice a quo, la misura in questione pare rientrare tra le “condizioni di impiego” ai sensi della clausola 4, punto 1, perché essa “è versata al fine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero”. 
La Corte ha altresì escluso la configurabilità di ragioni oggettive - addotte a giustificazione della disparità di trattamento anche nella memoria di costituzione nel presente giudizio - che possano giustificare la disparità di trattamento tra docenti di ruolo e non di ruolo e ha ricordato che “la nozione di ‘ragioni oggettive' richiede che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto cui s'inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti necessaria a tal fine”. 
Si tratta di elementi che “possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti alle medesime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro”, mentre va escluso che rilevi la “mera natura temporanea del lavoro degli impiegati amministrativi a contratto”, perché ciò significherebbe pregiudicare “gli obiettivi della Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 direttiva 1999/70 e dell'accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato”. 
Alla luce delle argomentazioni svolte a sostegno della statuizione adottata dalla ### non può questo Giudice più dubitare della riconducibilità della “### del docente” alle “condizioni di impiego”, di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, e conseguentemente “della differenza di trattamento tra docenti a tempo indeterminato e i docenti assunti nell'ambito di rapporti di lavoro a tempo determinato, in quanto questi ultimi non beneficiano del vantaggio finanziario di cui al procedimento principale” (punto 43, ordinanza citata). 
Avverso l'attribuzione della “### del docente” al personale precario non pare si possa neppure richiamare la sua natura strumentale all'attività di formazione del docente, in quanto tutti gli insegnanti, sia quelli di ruolo che quelli assunti con contratti a termine, svolgono le stesse mansioni e hanno l'obbligo di svolgere la medesima attività di aggiornamento e di qualificazione delle proprie competenze professionali. 
In definitiva, pertanto, tenuto conto del disposto della sentenza della ### richiamata, si deve disapplicare l'art.  1 della L. n. 107/2015 (i D.P.C.M. del 23 settembre 2015 e del 28 novembre 2016, applicativi di tal disposizione, sono stati nelle more della decisione della ### annullati dal Consiglio di Stato con l'ordinanza citata) nella parte in cui non riconosce il beneficio della “### a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 del docente” anche dal personale docente assunto con contratto a tempo determinato. 
Così ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, va affermato, quindi, che, in linea generale, la natura temporanea del rapporto tra docente e ### non incide sulla titolarità del diritto a ricevere la carta del docente>>.  *** 
Nel caso in esame, il ricorrente, nel periodo per cui chiedo la concessione del beneficio, ha prestato in concreto attività lavorativa per la quasi totalità dell'anno scolastico, come da prospetti allegati dal ### Ciò che consente di ritenere la prestazione resa dal lavoratore sia di fatto equiparabile ai colleghi a tempo indeterminato. 
A fronte di tali allegazioni, il Ministero convenuto <<non ha allegato né provato alcun concreto elemento che possa mettere in dubbio l'analogia tra la posizione lavorativa di un docente che presta servizio a termine e quella dei docenti a tempo indeterminato ormai divenuta fatto notorio per effetto del contenzioso che ruota intorno al diverso trattamento degli uni e degli altri. Le varie previsioni in tema di formazione del personale docente - l'art. 282 del d.lgs. 297/1994, l'art. 28 del ### del 4.8.1995, comparto scuola, gli artt. 63 e 64 del ### del 27.11.2007, comparto scuola - non operano peraltro alcuna differenziazione al riguardo sulla base della natura a tempo determinato ovvero indeterminato del contratto di lavoro.  ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023
Gli argomenti spesi dal Ministero per contestare la sussistenza degli altri presupposti di operatività del principio di parità di trattamento previsti dalla clausola 4, d'altronde, non offrono elementi decisivi per arrivare a conclusioni diverse da quelle raggiunte al riguardo dalla Corte di Giustizia. 
È vero che la carta docenti consente acquisti di beni durevoli e che l'incremento delle competenze derivante dai vari impieghi della medesima è destinato ad esplicare i suoi effettivi positivi sul servizio scolastico nel corso dell'intera vita lavorativa del docente ed è astrattamente condivisibile la considerazione che un tale “ritorno” a lungo termine dell'investimento non è oggettivamente possibile per un docente a termine.  ### del bonus con cadenza annuale e all'inizio dell'anno scolastico, tuttavia, rende evidente che, nelle intenzioni del legislatore, la ricaduta formativa degli acquisti che possono essere realizzati con la carta docente è messa in conto già nel medesimo anno scolastico e ciò consente di configurare comunque un “ritorno” dell'investimento anche per il docente a termine, quantomeno per quello che abbia un contratto fino al termine delle lezioni o che comunque presti servizio per una porzione significativa dell'anno scolastico. La natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro o l'esistenza di un termine, peraltro, non sono affatto garanzia rispettivamente di lunga durata o, al contrario, di brevità della relazione lavorativa. Al riguardo non si può dimenticare, infatti, che la permanenza in servizio del docente a tempo indeterminato percettore del bonus non è ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 affatto certa, potendo questi trovarsi già verso il termine della sua carriera o in procinto di potrebbe cogliere altre opportunità di lavoro. Analogamente, il sistema di reclutamento dei docenti consente spesso al docente a termine di essere più o meno rapidamente immesso in ruolo. 
Il fatto che il docente sia a termine, dunque, non appare certo idoneo ad evocare l'esistenza di una ragione oggettiva di trattamento differenziato rispetto a tale vantaggio finanziario legato alla formazione e si rivela costituire esso stesso il reale motivo della disparità di trattamento. 
A questo proposito, va ricordato che la disparità di trattamento (a sfavore dei lavoratori precari o già precari) tra periodi di lavoro con contratti a termine e periodi di lavoro a tempo indeterminato, “non può essere giustificata dalla natura non di ruolo del rapporto di impiego, dalla novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, dalle modalità di reclutamento del personale nel settore scolastico e dalle esigenze che il sistema mira ad assicurare” (Cass. n. ###/2019). 
Alla luce di quanto esposto in merito alla configurabilità di un'ingiustificata disparità di trattamento tra parte ricorrente e i docenti di ruolo, nel caso di specie sussistono tutti i presupposti individuati dalla giurisprudenza per configurare il potere-dovere del giudice nazionale di disapplicare la normativa interna in contrasto con quella europea. 
La presente controversia, infatti, intercorre tra un privato ed un'amministrazione pubblica e, come specificamente statuito dalla sentenza appena citata, “la ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che figura nell'allegato della direttiva 1999/70, è incondizionata e sufficientemente precisa da poter essere invocata nei confronti dello Stato da dipendenti pubblici temporanei dinanzi ad un giudice nazionale perché sia loro riconosciuto il beneficio delle indennità per anzianità di servizio”>>. 
Va pertanto disapplicata la parte dell'art. 1 comma 121 l.  n. 107/2015, che circoscrive ai soli docenti di ruolo l'erogazione della carta docenti. 
Dall'esame dello stato matricolare, risulta che il ricorrente presta servizio alle dipendenze del ### il che consente di ritenere integrato il requisito della permanenza del rapporto di lavoro richiesto dall'art. 3 c.  2 del d.P.C.M. 28 novembre 2016 (a mente del quale “### non è più fruibile all'atto della cessazione dal servizio”). 
Conclusivamente - tenuto altresì conto che, a mente dell'art. 15 d.l. 69/2023 (convertito con modificazioni con l. 103/2023), “la ### elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado … è riconosciuta, per l'anno 2023, anche ai docenti con contratto di supplenza annuale su posto vacante e disponibile” - il MIM va condannato a riconoscere il beneficio della ### elettronica del docente per l'aggiornamento e la formazione del personale docente ex art. 1 c. 121 l. 107/2015 per gli aa.ss. richiesti.  ### di prescrizione è infondata: il credito azionato, di natura non retributiva, bensì di adempimento ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023 in equivalente monetario di un obbligo di natura formativa, non rientra tra quelli ex art. 2948 n. 4 *** Le spese di lite seguono la soccombenza, liquidate ex d.m.  55/2014 in dispositivo.  P.Q.M.  definitivamente pronunciando, così provvede: 1) condanna il MIM a riconoscere il beneficio della ### elettronica del docente per l'aggiornamento e la formazione del personale docente ex art. 1 c. 121 l. 107/2015 a ### per gli aa.ss. richiesti; 3) condanna il MIM a pagare al ricorrente la somma di € 1.000,00, oltre a contributo forfetario ex art. 2 c. 2 d.m. 55/2014, IVA e ### a titolo di spese e compensi professionali, con distrazione in favore degli avv. I. ###, W. Miceli, F. 
Ganci, G. Rinaldi e N. Zampieri. 
Bergamo, 17 agosto 2023 Il Giudice del #### a verbale (art. 127 ter cpc) del 17/08/2023

causa n. 963/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Giampiero Riva, Sergio Cassia

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Tribunale di Velletri, Sentenza n. 1689/2025 del 20-11-2025

... contratto di lavoro a tempo indeterminato essi rimangono a disposizione del somministratore per i periodi in cui non sono in missione presso un utilizzatore, salvo che esista una giusta causa o un giustificato motivo di risoluzione del contratto di lavoro”. ###. 38, co. 1-3, del D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i. dispone ora, in materia di “### irregolare”, che “1. In mancanza di forma scritta il contratto di somministrazione di lavoro è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore. 2. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 31, commi 1 e 2 [riguardanti i limiti quantitativi alla somministrazione regolare di lavoro], 32 [riguardanti ipotesi in cui non è (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI VELLETRI ### in persona del giudice, dott. ### all'esito dell'udienza fissata per il 19 novembre 2025, sostituita dal deposito di note scritte ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c. (introdotto dall'art. 3, co. 10, del D. 
Lgs. n. 149/2022 e modificato, a decorrere dal 26 novembre 2024, dall'art. 3, co. 1, lett. i, del D. Lgs. n. 164/2024), ha pronunciato in data 19 novembre 2025, previa lettura delle note sostitutive dell'udienza depositate dalle parti costituite, la seguente ### ex art. 127-ter c.p.c.  nella causa iscritta al n. 836, del ### dell'anno 2024, pendente #### con l'avv. ### - ricorrente - E ### SOCIETÀ ### in persona del legale rappresentante pro tempore, con l'avv. ### - convenuta - ### con l'avv. ### - convenuta - ### E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data ### la parte ricorrente DI ### ha chiamato in giudizio le parti convenute indicate in epigrafe e - premessi i fatti costitutivi delle proprie domande - ha presentato le conclusioni di cui alle pagg. 12/14 del ricorso, qui di seguito integralmente riportate e trascritte: A - Accertata e dichiarata la insussistenza di valida somministrazione nè di validi rapporti di appalto tra la convenuta ### di ### e ### Coop. risultata fittiziamente titolare della posizione datoriale nei confronti della ricorrente, accertare e dichiarare che la sig.ra ### di ### a far data dal 7/2/2020, ovvero con la diversa decorrenza ritenuta di giustizia, ha reso un unico ed ininterrotto rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato con ### di ### con diritto al trattamento economico e normativo di cui al #### del ### personale non medico, ovvero con il diverso inquadramento ritenuto di giustizia, con condanna della società ### di ### al pagamento in favore della ricorrente, per i titoli di cui alla parte in diritto ed al conteggio analitico parte integrante del presente ricorso, della somma di euro 152.653,98, di cui euro 11.677,45 a titolo di ### oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo; B - Accertata e dichiarata la inefficacia/nullità del licenziamento intimato alla ricorrente con effetto dal 5 ottobre 2023, occorrendo anche previa declaratoria del carattere fittizio e simulato del rapporto associativo formalizzato tra la ricorrente e la convenuta società cooperativa ### Coop, ordinarne, ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. 23/2015, la reintegrazione nel posto di lavoro nei confronti di quella tra le convenute che risulterà esserne stata la effettiva parte datoriale al momento del licenziamento e con condanna di quest'ultima al pagamento in favore della ricorrente dell'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per il periodo compreso tra il giorno del licenziamento e quello di effettiva reintegrazione, oltre accessori di legge e oltre alla condanna al versamento dei relativi contributi previdenziali ed assistenziali; ovvero, accertata la inesistenza di un valido atto risolutivo del rapporto, ritenere lo stesso giuridicamente ancora in essere, con condanna della società ### di ### al pagamento in favore della ricorrente di tutte le retribuzioni medio tempore maturate a far data dal licenziamento, oltre accessori di legge; in via subordinata, dichiarare illegittimo il licenziamento disposto da ### soc. coop.  nei confronti della sig.ra ### per violazione dell'art. 7 L. 300/1970 e per l'effetto, ai sensi dell'art. 8 L. 604/1966, ordinare a ### soc. coop., in persona del legale rappresentante pro-tempore, di procedere all'immediata riassunzione della dipendente, o in mancanza, di pagare in suo favore l'indennità risarcitoria di cui all'art. 8 cit. pari ad una mensilità per ogni anno di retribuzione nella misura massima di sei mensilità; C - In subordine, gradatamente e salvo gravame: - condannare la società ### di ### al pagamento, in solido con ### soc. coop. ai sensi dell'art. 29 D. l. 276/2003 in favore della ricorrente, di euro 152.653,98, di cui euro 11.677,45 a titolo di ### ovvero in subordine secondo quanto previsto con applicazione del ccnl multiservizi applicato da ### soc. coop., con riserva di produzione del conteggio sindacale. 
Con vittoria di spese e compensi legali, oltre i.v.a. e c.p.a. e rimborso spese forfetarie del 15%. Trattandosi, nella specie, di un contenzioso a controprova e sussistendo una situazione in ordine a questioni di fatto riconducibile a gravi ed eccezionali ragioni di cui all'art. 92 c.p.c. (C. Cost. 77/2018) si chiede, in caso di rigetto del ricorso, la compensazione delle spese di lite.  - con ogni altra conseguenza di legge. 
Nel dettaglio, la parte ricorrente ha dedotto, a fondamento delle suddette domande, ### di avere lavorato dal 7.02.2020 al 5.10.2023 (ad eccezione di taluni sotto-periodi di sospensione dell'attività lavorativa a causa delle restrizioni previste per il contenimento dell'epidemia da ###19) presso la casa di alloggio per anziani ### avente sede ###, gestita dalla parte convenuta ### svolgendo, alle dipendenze di quest'ultima, mansioni di assistente familiare adibita alla cura degli ospiti della struttura, nonché mansioni di addetta alla preparazione delle colazioni e dei pasti e alla somministrazione di essi ai degenti, di addetta alla pulizia delle sale, delle camere e dei bagni, di addetta al lavaggio dei vestiti degli ospiti e alla somministrazione di farmaci, nonché alla prestazione di ausilio alla deambulazione degli ospiti, ### di avere svolto, dal 7.02.2020 al 30.06.2022, orari di lavoro dalle 07:30 alle 13:30 e dalle 15:00 alle 20:00 per sette giorni alla settimana, e, dal 1.07.2022 al 5.10.2023, orari di lavoro dalle 07:30 alle 13:30 e dalle 15:00 alle 20:00 per sei giorni alla settimana, ### di avere sempre lavorato nei giorni festivi e di non avere goduto di ferie e di permessi retribuiti, né di avere percepito la relativa indennità sostitutiva, ### che la suddetta prestazione lavorativa è stata svolta dapprima in assenza di alcuna formalizzazione contrattuale e che la stessa, a partire dal 19.07.2022, è stata poi resa tramite la fittizia interposizione della parte convenuta #### quale datore di lavoro meramente formale della parte ricorrente, ### che il licenziamento intimato dalla parte convenuta #### in data ### è illegittimo, sia in quanto intimato a non domino sia in quanto non preceduto da alcun procedimento disciplinare, e di avere diritto, in ogni caso, all'indennità sostitutiva del preavviso, ### di avere diritto, fin dall'inizio del rapporto di lavoro, al riconoscimento dell'inquadramento al livello ### del ### per i dipendenti dalle strutture sanitarie private - personale non medico (livello riguardante, tra l'altro, i lavoratori che svolgono mansioni “che richiedono capacità tecnico-manuali per lo svolgimento di attività semplici ed autonomia esecutiva e responsabilità, nell'ambito di istruzioni fornite, riferita al corretto svolgimento della propria attività, e che svolgono anche attività di pulizia”, ivi compresi l'aiuto cuoco e l'ausiliario specializzato).
Si sono costituite in giudizio le parti convenute indicate in epigrafe, contestando le affermazioni della parte ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso. 
La parte convenuta ### (n.q. di titolare dell'impresa individuale ### ha ammesso che la parte ricorrente ha prestato attività lavorativa presso la suddetta casa di alloggio per anziani anche nel periodo dal 7.02.2020 al 18.07.2022, svolgendo mansioni di addetta alle pulizie, ma ha sostenuto che si sarebbe trattato di prestazioni lavorative meramente occasionali (e dunque autonome), non di prestazioni rientranti nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato; inoltre la parte convenuta #### ha dedotto che l'appalto stipulato con la parte convenuta ####À ### a decorrere dal 1.07.2022 sarebbe genuino e che la prestazione lavorativa svolta dalla parte ricorrente nel periodo dal 19.07.2022, che sarebbe consistita esclusivamente in attività di pulizia degli ambienti e di rifacimento dei letti dei degenti, andrebbe imputata esclusivamente alla parte convenuta ### SOCIETÀ ### La causa, istruita con l'acquisizione dei documenti prodotti dalle parti costituite e con l'assunzione di prove testimoniali, è stata decisa in data odierna, previa lettura delle note sostitutive di udienza ex art. 127-ter c.p.c.  depositate dalle medesime parti.  * * * 
La domanda di accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato irregolare asseritamente intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta ### nel periodo dal 7.02.2020 al 18.07.2022 è infondata. 
La parte convenuta ha negato che sia mai intercorso, tra sé e la parte ricorrente, un rapporto di lavoro di natura subordinata nel periodo in questione e ha dedotto che la parte ricorrente avrebbe prestato esclusivamente una attività lavorativa occasionale e autonoma, avente per oggetto solamente lo svolgimento di pulizie. 
Stando così le cose, gravava sulla parte ricorrente, ex art. 2697 c.c., l'onere di dimostrare la natura subordinata e non occasionale di tale attività lavorativa. 
Difatti, secondo la giurisprudenza, “è […] principio risalente e indiscusso che la volontà negoziale non ha il potere di qualificare giuridicamente i rapporti posti in essere, trattandosi di compito riservato al giudice; nondimeno, con specifico riguardo al contratto di lavoro, poichè ogni attività umana economicamente valutabile può costituire oggetto sia di un rapporto di lavoro subordinato che di un rapporto di lavoro autonomo, le parti possono esprimere la volontà di stipulare un contratto di lavoro autonomo, mediante pattuizioni che precisino le modalità di attuazione del rapporto in modo che siano giuridicamente compatibili con l'autonomia e, in questo caso, la qualificazione del rapporto in termini di subordinazione sarà consentito solo ove le pattuizioni iniziali non siano state rispettate in sede di esecuzione, esprimendo, quindi, le parti la volontà di modificarle” (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 29/12/2006, n. 27608; in senso analogo Cassazione civile, sez. lav., 21/10/2015, n. 21424; Cassazione civile, sez. lav., 19/11/2003, n. 17549; Cassazione civile sez. lav. 7 novembre 2001 n. 13778; Cassazione civile lav. 10 aprile 2000 n. 4533; Cassazione civile, sez. lav., 10/08/1999, n. 8574). 
La giurisprudenza ha anche individuato gli elementi sintomatici della subordinazione nel vincolo di soggezione personale del lavoratore a poteri - facenti capo al datore di lavoro - di direzione generica e programmatica (da soli invero non sufficienti a configurare la subordinazione) uniti a più pervasivi poteri gerarchici di “eterodirezione” tramite ordini specifici (con efficacia in termini di obbligatoria conformazione immediata della condotta del lavoratore nel senso indicato di volta in volta dal datore di lavoro), di vigilanza e di controllo sullo svolgimento della prestazione lavorativa, e disciplinari (Cassazione civile sez. lav. 3 agosto 2016 n. 16210; Cassazione civile sez. lav.   5 settembre 2014 n. 18783; Cassazione civile sez. lav. 17 ottobre 2011 21439; Tribunale Roma sez. lav. 7 dicembre 2016 n. 10602; Tribunale Milano sez. lav. 8 settembre 2017 n. 2046; Tribunale Milano sez. lav. 28 luglio 2014; Tribunale Milano sez. lav. 16 gennaio 2012 n. 128; Tribunale Milano sez. lav.   9 dicembre 2010 n. 5122; Tribunale Napoli sez. lav. 24 novembre 2011 ###), nonché in ulteriori fatti indiziari - che tuttavia assumono valenza probatoria sussidiaria e da sola non decisiva - costituiti dalla collaborazione e dall'inserimento stabile e continuativo del lavoratore nell'organizzazione aziendale (con correlata limitazione dell'autonomia del lavoratore nell'organizzazione e nello svolgimento della sua prestazione lavorativa), dalla durata complessiva del rapporto intercorso tra le parti, nella regolamentazione dell'orario (cioè nel vincolo d'orario predeterminato a monte dal datore di lavoro in modo rigido e fisso, con conseguente necessità per il lavoratore di concordare preventivamente assenze, richiedendo cioè di fatto l'autorizzazione per usufruire di ferie o permessi), dalla forma e nella modalità pattuita per la retribuzione (in particolare, in caso di compenso mensile fisso), dall'assenza di rischio del lavoratore in relazione all'andamento positivo o negativo dell'attività di impresa, dalla primaria rilevanza attribuita allo svolgimento della prestazione nelle forme pattuite rispetto al risultato ottenuto per il tramite di essa (Cassazione civile sez. lav. 10 luglio 2015 n. 14434; Cassazione civile lav. 8 aprile 2015 n. 7024; Cassazione civile sez. lav. 8 gennaio 2015 n. 66; Cassazione civile sez. lav. 21 ottobre 2014 n. 22289; Cassazione civile sez. lav.   12 gennaio 2012 n. 248; Cassazione civile sez. lav. 17 ottobre 2011 n. 21439; Cassazione civile sez. lav. 27 aprile 2010 n. 10024; Tribunale Milano sez. lav.   8 settembre 2017 n. 2046; Tribunale Milano sez. lav. 16 gennaio 2012 n. 128; Tribunale Milano sez. lav. 9 dicembre 2010 n. 5122; Tribunale Napoli sez. lav.   24 novembre 2011 n. ###; Tribunale Trieste sez. lav. 12 gennaio 2012; Tribunale Pescara sez. lav. 20 gennaio 2016 n. 42). 
Nel caso di specie, dall'istruttoria testimoniale svolta è emerso che la parte ricorrente, quantomeno a partire dal 2021, ha svolto attività di pulizia e di lavanderia, invero in modo non occasionale, presso la casa di alloggio per anziani gestita dalla parte convenuta ### (vd. testimonianze di ### e di ###: tuttavia dalle dichiarazioni dei testimoni escussi non è emersa in alcun modo l'esistenza di elementi sintomatici della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta ### nel periodo ora in esame (vd. testimonianze di ### di ### di ### e di ####. 
E' opportuno precisare che le dichiarazioni rese dal testimone ### - non riscontrate ab externo tramite altri elementi di prova - sono irrilevanti ai fini della decisione, poiché tale testimone non ha avuto conoscenza diretta dei fatti per cui vi è causa e si è limitata a riferire il contenuto di tre o quattro conversazioni telefoniche avvenute tra la parte ricorrente e ad altri soggetti, da un lato, e gli orari in cui la parte ricorrente entrava e usciva dalla sua casa, dall'altro. 
Quanto appena evidenziato vale altresì per quanto riguarda le dichiarazioni rese dal testimone ### Dall'istruttoria testimoniale non è quindi emerso alcun elemento attestante che la suddetta attività lavorativa resa della parte ricorrente in favore della parte convenuta ### nel periodo in esame (cioè dal 7.02.2020 al 18.07.2022) sia stata svolta in posizione di subordinazione rispetto a tale parte convenuta e/o ai suoi preposti. 
Occorre precisare, inoltre, che la natura subordinata del suddetto rapporto di lavoro nel periodo in parola non risulta neppure dimostrata a mezzo delle prove documentali acquisite al giudizio. 
Alla luce del compendio probatorio sopra illustrato, la domanda di accertamento della ### natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso, in assenza di alcuna formalizzazione contrattuale, tra la parte ricorrente e la parte convenuta nel predetto periodo deve essere quindi rigettata. 
Il rigetto della domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti appena menzionate nel periodo in esame determina l'assorbimento di tutte le altre domande presentate dalla parte ricorrente in riferimento al medesimo periodo, essendo lo scrutinio di queste ultime logicamente e giuridicamente subordinato all'accoglimento della prima.  * * * 
La domanda di accertamento dell'esistenza di una interposizione illecita di manodopera posta in essere dalla parte convenuta #### nei confronti della parte convenuta ### nel periodo dal 19.07.2022 al 5.10.2023 è pure infondata. 
In punto di diritto occorre preliminarmente ricordare, a tale riguardo, che l'art. 1 della L. n. 1369/1960 (in materia di “### di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere di servizi”) - successivamente abrogato e sostituito dall'art. 27 del D. Lgs. n. 276/2003 - prevedeva che “È vietato all'imprenditore di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall'appaltatore o dall'intermediario, qualunque sia la natura dell'opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono. […]. È considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subappalto, anche per esecuzione di opere o di servizi, ove l'appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante, quand'anche per il loro uso venga corrisposto un compenso all'appaltante” (cfr. art. 1, co. 1 e 3, della L. n. 1369/1960) e che “Gli imprenditori che appaltano opere o servizi, compresi i lavori di facchinaggio, di pulizia e di manutenzione ordinaria degli impianti, da eseguirsi nell'interno delle aziende con organizzazione e gestione propria dell'appaltatore, sono tenuti in solido con quest'ultimo a corrispondere ai lavoratori da esso dipendenti un trattamento minimo inderogabile retributivo e ad assicurare un trattamento normativo, non inferiore a quelli spettanti ai lavoratori da loro dipendenti” (cfr. art. 3, co.  1, della L. n. 1369/1960). 
Le ### deroghe ammesse rispetto ai divieti suddetti erano state introdotte dapprima tramite gli artt. 1 e 3 della L. n. 196/1997 e poi tramite gli artt. 4, 5, 20-28 del D. Lgs. n. 276/2003 (disposizioni trasfuse, ad eccezione degli artt. 4 e 5 del D. Lgs. ult. cit., nel D. Lgs. n. 81/2015, in vigore dal 25 giugno 2015), ove è stato previsto che l'attività di intermediazione di manodopera è ammessa solo ove posta in essere da determinati soggetti che hanno ottenuto una apposita autorizzazione amministrativa e l'iscrizione in un apposito albo tenuto dal Ministero del lavoro. 
La giurisprudenza ha infatti chiarito, a tale riguardo, che “la fattispecie […] dell'interposizione di manodopera è regolata dal D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art.  29 (come modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 911). Il richiamato decreto legislativo, pur nella ridefinizione dei confini del divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro - che, originariamente previsto ex art. 2127 c.c., soltanto per i lavori a cottimo, era stato poi esteso ad ogni attività di lavoro subordinato dalla L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1 (poi abrogata dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 85, comma 1, lett. c) - ha ribadito la sostanza del divieto di intermediazione e di interposizione nelle prestazioni di lavoro, dettando la disciplina degli strumenti leciti all'interno della vicenda interpositoria (appalti, somministrazione, distacco), nonchè quella sanzionatoria nelle ipotesi di somministrazione irregolare e appalto non genuino” (Cassazione civile, SS. UU., 07/02/2018, n. 2990).  ###. 27 del D. Lgs. n. 276/2003 (ora trasfuso, in parte, nel D. Lgs.  81/2015) ha stabilito che "1. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 20 e 21, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), il lavoratore può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione. 2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. […]. Ai fini della valutazione delle ragioni di cui all'articolo 20, commi 3 e 4, che consentono la somministrazione di lavoro il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza delle ragioni che la giustificano e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano all'utilizzatore".  ###. 20, co. 2, del D. Lgs. n. 276/2003 - rubricato “### di liceità [della somministrazione regolare di lavoro]” (ora sostanzialmente trasfuso dell'art. 30, co. 1, del D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i.) - ha inoltre previsto che “Per tutta la durata della missione i lavoratori svolgono la propria attività nell'interesse nonché sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore. Nell'ipotesi in cui i lavoratori vengano assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato essi rimangono a disposizione del somministratore per i periodi in cui non sono in missione presso un utilizzatore, salvo che esista una giusta causa o un giustificato motivo di risoluzione del contratto di lavoro”.  ###. 38, co. 1-3, del D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i. dispone ora, in materia di “### irregolare”, che “1. In mancanza di forma scritta il contratto di somministrazione di lavoro è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore. 2. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 31, commi 1 e 2 [riguardanti i limiti quantitativi alla somministrazione regolare di lavoro], 32 [riguardanti ipotesi in cui non è comunque ammessa la somministrazione di lavoro] e 33, comma 1, lettere a), b), c) e d) [riguardanti i requisiti formali del contratto di somministrazione], il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell'utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione. 3. Nelle ipotesi di cui al comma 2 tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione. […]”. 
Il legislatore è successivamente intervenuto - tramite l'art. 80-bis del D.L. n. 34/2020 e s.m.i., recante interpretazione autentica dell'art. 38, co. 3, del D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i. - a chiarire che “Il secondo periodo del comma 3 dell'articolo 38 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ai sensi del quale tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione, si interpreta nel senso che tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro non è compreso il licenziamento”. 
Inoltre l'art. 39 del D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i. (rubricato “### e tutele”) stabilisce ora che “1. Nel caso in cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavoro con l'utilizzatore, ai sensi dell'articolo 38, comma 2, trovano applicazione le disposizioni dell'articolo 6 della legge n. 604 del 1966, e il termine di cui al primo comma del predetto articolo decorre dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore. 2. Nel caso in cui il giudice accolga la domanda di cui al comma 1, condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore, stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966. 
La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, relativo al periodo compreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la costituzione del rapporto di lavoro”. 
La giurisprudenza ha precisato, circa la distinzione tra appalto di servizi e somministrazione illecita di manodopera, che “La nozione di appalto di manodopera o di mere prestazioni di lavoro, vietato dall'art. 1 della legge n. 1369 del 1960, in mancanza di una definizione normativa, va ricavata tenendo anche conto della previsione dell'art. 3 della stessa legge concernente l'appalto ### di opere e servizi all'interno dell'azienda con organizzazione e gestione propria dell'appaltatore. Come si è già detto, l'ipotesi di appalto di manodopera è configurabile sia in presenza degli elementi presuntivi considerati dal terzo comma del citato art. 1 (impiego di capitale, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante), sia quando il soggetto interposto manchi di una gestione di impresa a proprio rischio e di un'autonoma organizzazione - da verificarsi con riguardo alle prestazioni in concreto affidategli, in particolare, nel caso di attività esplicate all'interno dell'azienda appaltante, sempre che il presunto appaltatore non dia vita, in tale ambito, ad un'organizzazione lavorativa autonoma e non assuma, con la gestione dell'esecuzione e la responsabilità del risultato, il rischio di impresa relativo al servizio fornito. Peraltro, con riferimento agli appalti cosiddetti “endoaziendali”, che sono caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, va precisato che il divieto di cui all'art. 1 della legge n. 1369 del 1960 opera tutte le volte in cui l'appaltatore mette a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all'appaltatore stesso i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo e non assuma, con la gestione dell'esecuzione e la responsabilità del risultato, il rischio d'impresa relativo al servizio fornito (Cass. 16788/2006, cit.; Cass. 5/10/2002 n. 14302; 21/5/1998, n. 5087)" (Cassazione civile sez. lav., 21/03/2017, n. 7179). 
In senso analogo è pure orientata la giurisprudenza che si è pronunciata in riferimento alla rilevanza ### penale della fattispecie, secondo cui “In tema di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, la distinzione tra contratto di appalto e quello di somministrazione di manodopera è determinata non solo dalla proprietà dei fattori di produzione, ma anche dalla organizzazione dei mezzi e dalla assunzione effettiva del rischio d'impresa, in assenza dei quali si configura una mera fornitura di prestazione lavorativa che, se effettuata da soggetti non autorizzati, è sottoposta alla sanzione penale di cui all'art. 18 d.lg. 10 settembre 2003, n. 276” (Cassazione penale sez. III 05 giugno 2015 n. 27866; Cassazione penale sez. III 27 gennaio 2015 n. 18667). 
Inoltre, secondo la giurisprudenza, “In tema di interposizione ed intermediazione nella prestazione lavorativa, se, da un lato, l'imprenditore è libero di affidare in appalto tutte le attività suscettibili di fornire un autonomo risultato produttivo, senza che si possa escludere l'ipotesi in cui l'organizzazione del committente sarebbe in grado di eseguire direttamente la lavorazione, dall'altro lato, il divieto posto dall'art. 1 della legge n. 1369 del 1960 (applicabile ratione temporis) opera, in riferimento agli appalti «endoaziendali» (caratterizzati appunto dall'affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente inerenti al ciclo produttivo del committente, come si evince dall'art. 3 della citata legge n. 1369), tutte le volte in cui l'appaltatore, pur titolare di effettiva organizzazione aziendale, metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all'appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo” (Cassazione civile sez. lav. 9 aprile 2008 n. 9264; nello stesso senso cfr. Cassazione penale, sez. III, 27/01/2022, n. 16302). 
Quanto agli effetti dell'intermediazione illecita di manodopera, la giurisprudenza ha altresì chiarito che “### sanzionatorio previsto dal D.Lgs.  n. 276 del 2003, consente al lavoratore, sia nelle ipotesi di somministrazione irregolare (stipulata "al di fuori dai limiti e delle condizioni" previste, art. 27), sia nelle ipotesi di appalto fittizio ("stipulato in violazione" di legge, art. 29, comma 3 bis), la proposizione di un ricorso giudiziale notificato, anche soltanto nei confronti del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, con cui richiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione o dell'appalto non genuini” (Cassazione civile, SS. UU., 07/02/2018, n. 2990) e che “In tema di fornitura di lavoro interinale, la violazione delle disposizioni della legge n. 196 del 1997, ed in particolare dell'art. 1, comma 2, lett. a), comporta la sostituzione della parte datoriale e, salvo che non ricorrono specifiche ragioni che consentano l'apposizione di un termine, l'instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'utilizzatore interponente, senza che assuma rilievo che al rapporto con l'interposto fosse a termine, atteso che la medesima sanzione è prevista per la meno grave violazione dell'obbligo di stipulare il contratto con forma scritta e che, sul piano sistematico, una diversa conclusione, porterebbe alla inammissibile situazione per cui la violazione del divieto di interposizione di manodopera consentirebbe all'interponente di beneficiare di una prestazione a termine altrimenti preclusa" (Cassazione civile sez. lav. 05 dicembre 2012 n. 21837). 
I principi pretori sopra illustrati, formatisi prevalentemente sulla base del D. Lgs. n. 276/2003 e s.m.i., continuano ad applicarsi anche nella vigenza della nuova disciplina della materia di cui al D. Lgs. n. 81/2015 e s.m.i.: difatti la giurisprudenza ritiene che “Ai fini dell'accertamento di un'interposizione illecita nell'ambito di un appalto endoaziendale, [di cui agli] artt. 29 e ss., D.lgs. 276/2003, e 30 e ss., D.Lgs. 81/2015, che hanno abrogato le precedenti disposizioni al riguardo, [il legislatore] ha sostanzialmente recepito l'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità nel vigore della precedente disciplina. In particolare, occorre fare riferimento all'effettivo potere organizzativo e direttivo dell'appaltatore, che mette a disposizione l'attività lavorativa dei prestatori di lavoro, e all'autonomia di risultato rispetto a quello del committente. Ove, invece, l'appaltatore si limiti a occuparsi della mera gestione amministrativa del rapporto di lavoro, si verserà in un'ipotesi, vietata, di interposizione e intermediazione nelle prestazioni lavorative” (cfr. Corte appello ### sez. lav., 12/10/2022, n. 259). 
In sostanza, sussiste interposizione illecita di manodopera - anziché appalto ### di servizi o di opere - nei seguenti casi: 1) laddove i lavoratori operanti alle ### dipendenze dell'impresa appaltatrice svolgano la propria attività non solo nell'interesse e sotto la direzione del committente, ma, di fatto, in posizione di diretta subordinazione nei confronti del committente e/o dei suoi ausiliari, con conseguente estraneità dell'appaltatore (loro datore di lavoro formale) rispetto alla conduzione dell'attività oggetto dell'appalto; (2) laddove i lavoratori operanti per l'impresa appaltatrice svolgano la propria attività utilizzando capitale, macchine e attrezzature fornite dal committente, e, al contempo, laddove l'appaltatore non sia dotato di una propria autonoma organizzazione nei luoghi in cui avviene lo svolgimento dell'attività oggetto dell'appalto - cioè di un'organizzazione distinguibile da quella del committente (soprattutto nel caso di c.d. appalti “endoaziendali”, vale a dire svolti all'interno della sede operativa del committente) - e non sia effettivamente “responsabile” del risultato dell'attività oggetto dell'appalto, cioè non sia effettivamente condizionato dal gradimento del committente e possa quindi disinteressarsi della conduzione e degli esiti dell'attività oggetto di appalto; (3) laddove, nei c.d. appalti “endoaziendali”, i processi produttivi svolti dai lavoratori inviati dall'impresa appaltatrice presso la sede operativa dell'impresa committente siano indistinguibili da quelli svolti dai dipendenti di quest'ultima - cioè siano privi di alcuna autonomia funzionale e/o organizzativa rispetto al resto delle attività svolte direttamente dal personale dell'impresa committente - oppure laddove i predetti lavoratori inviati dall'impresa appaltatrice realizzino un risultato produttivo indistinguibile da quello realizzato dai dipendenti dell'impresa committente. 
Nel caso di specie, in base alle risultanze dell'istruttoria testimoniale e alla documentazione in atti non appare invero sussistente alcuna interposizione illecita di manodopera realizzata dalla parte convenuta ##### nei confronti della parte convenuta #### nel periodo dal 19.07.2022 al 5.10.2023.  ### stipulato tra la parte convenuta ### (quale committente) e la parte convenuta #### (quale appaltatore) aveva un oggetto composto, cioè duplice, ovverosia (1) la prestazione del servizio di assistenza agli anziani e ai disabili e (2) la prestazione del servizio di pulizia della casa di alloggio per anziani gestita dal committente (all. 3 al fascicolo della parte convenuta #### all. 2 al fascicolo della parte convenuta ###. 
Il primo oggetto dell'appalto - cioè il servizio di assistenza agli anziani e ai disabili - appare invero indistinguibile dall'oggetto sociale del committente, esercente una impresa individuale di gestione di alloggio per anziani (all. 8 al fascicolo di parte ricorrente). 
Il secondo oggetto dell'appalto - cioè il servizio di pulizia della casa di alloggio per anziani gestita dal committente - è invece distinto e autonomo rispetto al suddetto oggetto sociale del committente (all. 8 al fascicolo di parte ricorrente). 
Per quanto riguarda i lavoratori, dipendenti della parte convenuta #### inviati da essa a svolgere, presso la committente ### attività di assistenza ai disabili appare quindi configurabile, in concreto, la terza ipotesi di interposizione illecita di manodopera sopra illustrata (quella riguardante l'indistinguibilità dei processi produttivi svolti dai lavoratori inviati dall'impresa appaltatrice presso la sede operativa dell'impresa committente rispetto ai processi produttivi svolti dai lavoratori dipendenti dell'impresa committente e/o l'indistinguibilità dei risultati produttivi realizzati dai lavoratori inviati dall'impresa appaltatrice presso la sede operativa dell'impresa committente rispetto ai risultati produttivi realizzati dai lavoratori dipendenti dell'impresa committente). 
Non appare invece configurabile tale ipotesi di interposizione illecita di manodopera per quanto riguarda i lavoratori, dipendenti della parte convenuta #### inviati da essa a svolgere, presso la committente ### attività di pulizia della casa di alloggio per anziani gestita dal committente: difatti, come già rilevato, in tale caso il processo produttivo svolto dall'appaltatore e il risultato produttivo da esso realizzato sono autonomi e distinguibili rispetto all'oggetto sociale del committente. 
Nel caso di specie, dall'istruttoria testimoniale è emerso che la parte ricorrente - nell'ambito dell'appalto intercorso tra la parte convenuta ##### e la parte convenuta ### - ha svolto di fatto, in via esclusiva, mansioni di addette alle pulizie, al riassetto dei letti e alla lavanderia (vd. testimonianze di ### e di ###. 
Non vi è prova che la parte ricorrente abbia svolto anche attività di movimentazione di anziani ricoverati nell'alloggio, di pulizia personale degli stessi e di somministrazione di farmaci. 
Alla luce delle mansioni concretamente svolte dalla parte ricorrente non è quindi configurabile, rispetto ad essa, alcuna interposizione illecita di manodopera realizzata dal datore di lavoro, per le ragioni esposte in precedenza. 
Inoltre, in considerazione delle risultanze dell'istruttoria testimoniale, non appaiono neppure sussistere in concreto, rispetto alla parte ricorrente, le due ulteriori ipotesi di interposizione illecita illustrate in precedenza, non essendo emersa né l'esistenza di una diretta subordinazione della parte ricorrente nei confronti del committente e/o dei suoi ausiliari o preposti, da un lato, né l'assenza di una autonoma organizzazione dell'appaltatore nei luoghi in cui è avvenuto lo svolgimento dell'attività oggetto dell'appalto e, al contempo, l'assenza di responsabilità dell'appaltatore, nei confronti del committente, circa il risultato dell'attività oggetto dell'appalto, dall'altro. 
A tale ultimo riguardo va evidenziato che la sussistenza di una responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente (e, dunque, l'esistenza di un effettivo condizionamento derivante, per l'appaltatore, dal gradimento del committente circa le concrete modalità di esecuzione del servizio appaltato) appare evincibile proprio dalle specifiche ragioni addotte dalla parte convenuta #### per il licenziamento della parte ricorrente: difatti tale licenziamento è stato disposto proprio in considerazione delle divergenze e delle incomprensioni verificatesi tra la parte ricorrente e l'imprenditore committente durante l'esecuzione del servizio appaltato (all. 5 al fascicolo di parte ricorrente), ovverosia in ragione di un diverbio litigioso avvenuto tra tali soggetti. 
La domanda in esame deve essere quindi rigettata, per le ragioni illustrate in precedenza.  * * * 
La domanda di accertamento del diritto della parte ricorrente al pagamento di differenze retributive - per i titoli indicati nel ricorso e nei correlati conteggi - nei confronti della parte convenuta ##### è parzialmente fondata.  ###, tra la parte ricorrente e tale parte convenuta, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e parziale (a 15 ore settimanali) a decorrere dal 20.07.2022 è documentalmente provata (all.ti 3, 4 al fascicolo di parte ricorrente). 
In punto di diritto, facendo applicazione dei principi giurisprudenziali relativi al riparto dell'onere della prova, si devono distinguere - tra i vari titoli indicati nei conteggi dalla parte ricorrente - quelli in riferimento ai quali la medesima parte era gravata soltanto dall'onere di provare l'esistenza del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro subordinato intercorso di fatto tra le parti (cc.dd. “rapporto contrattuale di fatto”), e di mera deduzione delle proprie pretese fondate su di esso, e quegli altri titoli in relazione ai quali la parte ricorrente era gravata dall'onere di provare l'esistenza di altri fatti costitutivi del diritto vantato. 
Difatti il diritto vivente - nell'applicare i principi di cui agli artt. 1218, 1453 ss. e 2697 c.c. - ha chiarito che, in materia contrattuale, “### del creditore dall'onere di provare il fatto negativo dell'inadempimento in tutte le ipotesi di cui all'art. 1453 c.c. ( e non soltanto nel caso di domanda di adempimento), con correlativo spostamento sul debitore convenuto dell'onere di fornire la prova del fatto positivo dell'avvenuto adempimento, è conforme al principio di riferibilità o di vicinanza della prova. 
In virtù di tale principio, che muove dalla considerazione che il creditore incontrerebbe difficoltà, spesso insuperabili, se dovesse dimostrare di non aver ricevuto la prestazione, l'onere della prova viene infatti ripartito tenuto conto, in concreto, della possibilità per l'uno o per l'altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione. 
Ed appare coerente alla regola dettata dall'art. 2697 c.c., che distingue tra fatti costitutivi e fatti estintivi, ritenere che la prova dell'adempimento, fatto estintivo del diritto azionato dal creditore, spetti al debitore convenuto, che dovrà quindi dare la prova diretta e positiva dell'adempimento, trattandosi di fatto riferibile alla sua sfera di azione” (Cassazione civile SS. UU. 30 ottobre 2001 n. 13533; in senso conforme cfr.  982/2002; Cass. 13925/2002; Cass. 18315/2003; Cass. 6395/2004; 8615/2006; Cass. 13674/2006; Cass. 1743/2007). 
Pertanto il creditore che agisce per l'adempimento o per la risoluzione o per il risarcimento del danno da inadempimento ha solo l'onere di dimostrare l'esistenza del titolo - cioè l'esistenza del contratto stipulato con il debitore o del rapporto di lavoro - e di dedurre lo specifico fatto costitutivo della propria domanda, gravando poi sul debitore l'onere di dimostrare di aver già adempiuto o che il proprio inadempimento è di scarsa importanza (art. 1455 c.c.) o che il termine di adempimento già inutilmente decorso non aveva natura essenziale per il creditore (art. 1457 c.c.) o che l'inadempimento o il ritardo sono stati determinati da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore (art. 1218 c.c.). 
Sono assoggettate a tale ### criterio di riparto dell'onere di deduzione e di prova le pretese relative alla retribuzione ordinaria, alla 13°, alla 14°, al ### a tutto ciò che il ### di settore riconosce al lavoratore senza prevedere ulteriori specifiche condizioni, all'indennità di mancato preavviso (laddove le dimissioni del lavoratore siano state cagionate proprio dall'inadempimento del datore di lavoro alla obbligazione retributiva). 
Pertanto, laddove la parte convenuta non abbia fornito in giudizio la prova dell'esistenza di fatti estintivi o impeditivi delle pretese vantate dalla parte ricorrente per tali titoli, spetta alla parte ricorrente il relativo pagamento. 
Sono invece assoggettate al criterio generale in materia di onere della prova ex art. 2697 c.c. (affirmanti incumbit probatio) le seguenti componenti retributive: lavoro straordinario e/o supplementare, maggiorazione lavoro festivo e domenicale, festività, ferie non godute e non retribuite, permessi non goduti e non retribuiti. 
Difatti la giurisprudenza ha chiarito, in materia di lavoro straordinario, che “Il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, senza che l'assenza di tale prova possa esser supplita dalla valutazione equitativa del giudice, utilizzabile solo in riferimento alla quantificazione del compenso” (Cassazione civile sez. lav., 20/02/2018, n. 4076; Cassazione civile sez. lav., 14/05/2015, n.9906) e che “Sul lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per lavoro straordinario grava un onere probatorio rigoroso, che esige il preliminare adempimento dell'onere di una specifica allegazione del fatto costitutivo, senza che al mancato assolvimento di entrambi possa supplire la valutazione equitativa del giudice” (Cassazione civile sez. lav., 19/06/2018, n. 16150). 
Analoghi principi valgono altresì per il lavoro supplementare - cioè per il lavoro svolto in misura superiore a quella prevista da un contratto di lavoro a tempo parziale - e per il lavoro domenicale e festivo (Cassazione civile lav., 14/05/2015, n. 9906)): anche in tali ipotesi grava sul lavoratore l'onere di dimostrare di aver prestato attività lavorativa al di fuori degli orari e dei giorni previsti dal contratto di lavoro. 
Lo stesso vale pure per le ferie: difatti, come chiarito dalla giurisprudenza, “il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non godute ha l'onere di provare l'avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l'espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell'indennità suddetta (Cass. sez. lav., 7.7.2008 n. 18584; Cass. lav., 16.2.2007 n. 3619; Cass. sez. lav., 21.8.2003, n. 12311; Cass. sez. lav., 3.6.2000, n. 7445; Cass. sez. lav., 3.2.1999, n. 935); mentre incombe al datore di lavoro, per come detto, l'onere di fornire la prova del relativo pagamento” (Cassazione civile lav., 22/12/2009, n. 26985). 
Nel caso di specie, accertata (tramite la documentazione indicata in precedenza) l'esistenza e la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta #### nel periodo dal 20.07.2022 al 5.10.2023 - e facendo applicazione dei principi giurisprudenziali suesposti - la parte ricorrente ha diritto, in primo luogo, al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, poiché il licenziamento disciplinare adottato dalla parte convenuta ##### è stato disposto per giustificato motivo soggettivo (e non per giusta causa e senza preavviso: all. 5 al fascicolo di parte ricorrente) e poiché la parte convenuta non ha dedotto né provato di avere già corrisposto alla parte ricorrente tale indennità. 
La parte ricorrente ha diritto, in secondo luogo, al pagamento del TFR nella misura contrattualmente prevista, non avendo la parte convenuta dedotto né provato di avere già corrisposto alla parte ricorrente tale componente retributiva. 
La parte ricorrente non ha invece diritto al pagamento della paga ordinaria relativa alle mensilità di luglio 2023, agosto 2023 e settembre 2023 - nella misura contrattualmente prevista - poiché vi è prova documentale, in atti, dell'effettivo pagamento di tali mensilità per opera della parte convenuta #### (all. 8 al fascicolo di parte convenuta ####.
Per quanto riguarda il diritto della parte ricorrente al pagamento di ulteriori differenze retributive - asseritamente derivante dallo svolgimento di mansioni superiori, dalla prestazione di ore di lavoro supplementare e straordinario, dalla prestazione di lavoro domenicale e festivo, e dal mancato godimento di ferie e di permessi retribuiti - va evidenziato che la parte convenuta #### ha espressamente contestato la sussistenza dei fatti costitutivi di tale diritto: pertanto, in conformità ai suesposti principi in materia di riparto dell'onere della prova, gravava sulla parte ricorrente l'onere di provare l'esistenza di tali fatti. 
All'esito dell'istruttoria testimoniale svolta non è invero emersa alcuna prova dell'avvenuto svolgimento, per opera della parte ricorrente, delle dedotte mansioni superiori, né degli orari di lavoro maggiori rispetto a quelli contrattualmente previsti, né della prestazione di lavoro domenicale e festivo, né della effettuazione di attività lavorativa in misura incompatibile con il godimento delle ferie e dei permessi retribuiti. 
Pertanto le domande attoree di pagamento di differenze retributive per i titoli ### di cui sopra devono essere rigettate: conseguentemente, deve essere rigettata anche la domanda di pagamento delle correlate integrazioni del TFR e delle retribuzioni differite. 
Del pagamento del TFR e della indennità sostitutiva del preavviso risponde esclusivamente la parte convenuta #### giacché le obbligazioni aventi per oggetto tali componenti retributive esorbitano dal regime della responsabilità del committente ex art.  29, co. 2, del D. Lgs. n. 276/2003 e s.m.i. 
Tenuto conto della conformazione del rapporto di lavoro intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta #### nel periodo dal 20.07.2022 al 5.10.2023 - per come risultante formalmente dal contratto di lavoro e dalle buste paga (all.ti 3, 4 al fascicolo di parte ricorrente) - , l'indennità sostitutiva del preavviso può essere liquidata, in via equitativa ex art. 432 c.p.c., nella misura di euro 800,00 lordi, e il TFR contrattualmente dovuto può essere liquidato, anch'esso in via equitativa ex art. 432 c.p.c., nella misura di euro 1.000,00 lordi. 
La domanda in esame deve essere quindi parzialmente accolta, nei limiti appena indicati.  * * * 
La domanda di accertamento dell'invalidità del licenziamento è parzialmente fondata. 
La parte ricorrente ha dedotto che il licenziamento disposto nei suoi confronti dalla parte convenuta #### in data ### sarebbe in primo luogo inefficace, in quanto adottato a non domino (cioè da un soggetto diverso dall'effettivo datore di lavoro) e, in secondo luogo, annullabile, in quanto emesso senza il preventivo svolgimento del procedimento disciplinare. 
La prima censura ora menzionata è infondata, poiché - per le ragioni esposte in precedenza (in punto di insussistenza, rispetto alla parte ricorrente, di una interposizione illecita di manodopera realizzata dalla parte convenuta #### in favore della parte convenuta ### - il datore di lavoro della parte ricorrente era, alla data del licenziamento, la parte convenuta #### e non la parte convenuta ### La seconda censura sopra riportata è invece fondata. 
La parte ricorrente - pur non negando l'esistenza del fatto disciplinarmente rilevante che ha condotto al licenziamento - ha dedotto che il medesimo licenziamento sarebbe comunque annullabile in quanto adottato in assenza del prodromico procedimento disciplinare. 
Il mancato svolgimento del procedimento disciplinare, per opera della parte convenuta #### prima dell'adozione del provvedimento datoriale espulsivo è un fatto pacifico tra le parti.  ###. 4 del D. Lgs. n. 23/2015 e s.m.i. - applicabile ratione temporis al caso di specie - prevede ora, a seguito della parziale declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla pronuncia C. Cost. n. 150/2020, che “1. Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all'articolo 7 della legge 300 del 1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale […], in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità [dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto], a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto”. 
Nel caso di specie - tenuto conto, in particolare, della brevità del rapporto di lavoro intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta #### - l'indennità di cui sopra può essere quantificata nella misura di quattro mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (da stimarsi, a sua volta, sulla base di una retribuzione mensile di euro 608,55: all. 4 al fascicolo di parte ricorrente). 
La domanda in esame va dunque accolta parzialmente, nei limiti sopra indicati.  * * * 
In conclusione, il ricorso deve essere accolto parzialmente. 
Le spese di lite relative ai rapporti tra la parte ricorrente e la parte convenuta #### seguono la soccombenza, ai sensi dell'art. 91 c.p.c., e sono poste a carico di tale parte convenuta.
Le suddette spese possono essere liquidate - tenendo conto 1) delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, 2) dell'importanza, della natura, delle difficoltà e del valore dell'affare, 3) delle condizioni soggettive del cliente, 4) dei risultati conseguiti, 5) del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, nonché delle previsioni di cui al D.M. n. 55/2014 emanato dal Ministero della Giustizia, da ultimo modificato dal D.M. n. 147/2022, e delle tabelle allegate al D.M. ult. cit.  - nella misura di euro 3.000,00: ai compensi si aggiunge il rimborso forfetario delle spese generali pari al 15% degli stessi (espressamente reintrodotto dall'art.  2 del D.M.), oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge. 
Le spese in parola devono tuttavia essere compensate parzialmente, per ½, in ragione dell'accoglimento soltanto parziale del ricorso. 
Le spese di lite riguardante il rapporto tra la parte ricorrente e la parte convenuta ### invece, possono essere interamente compensate - facendo applicazione della più recente giurisprudenza costituzionale in materia di spese di lite nel processo del lavoro (cfr. C. Cost.  77/2018) - in considerazione delle concrete condizioni soggettive della parte ricorrente, per come risultanti dagli atti di causa.  P.Q.M.  - accertata l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e parziale intercorso tra la parte ricorrente e la parte convenuta #### dal 20.07.2022 al 5.10.2023 e accertato il diritto della parte ricorrente al pagamento, a carico della parte convenuta #### di euro 800,00 lordi a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e di euro 1.000,00 lordi a titolo di ### condanna la parte convenuta #### al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle somme in questione; - accertata l'annullabilità del licenziamento comminato dalla parte convenuta #### nei confronti della parte ricorrente in data ###, dichiara l'estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna la parte convenuta #### al pagamento, in favore della parte ricorrente, di una indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale pari a n. 4 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (da stimarsi sulla base di una retribuzione mensile di euro 608,55); - rigetta il ricorso nella restante parte; - respinge ogni altra domanda e/o eccezione; - condanna la parte convenuta #### al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente, liquidate, previa compensazione parziale, in euro 1.500,00, oltre spese generali al 15%, IVA e ### da distrarsi, ove richiesto, in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari; - compensa le spese di lite tra la parte ricorrente e la parte convenuta ### Velletri, 19 novembre 2025 Il giudice dott.

causa n. 836/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Claudio Silvestrini

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