testo integrale
SENTENZA sui ricorsi riun iti iscritt i ai nn. al n. 3039/2022 R. G. e al 18773/2023 R.G., proposti il ricorso n. n. 3039/2022 R.G da: ###, ###, ##### elettivamen te domiciliati in ### 3 7, presso lo studio dell'avvocato ### (###) che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato ### (###) -ricorrenti ##### A ##### rappresentati e difesi dagli avvocati ### (###), ### (###) -controricorrenti avverso la SENTENZA di CORTE D'### n. 2991/2021 depositata il ###.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal ### Viste le conclusioni motivate, ai sensi dell'art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 2 di 35 18 dicemb re 2020, n. 176, formulat e dal P.M. in persona d el ### il q uale ha chiesto il rigett o del ricorso.
Udito il Pubblic o ### ero, in persona del ### o ### generale che ha concluso riportan dosi alle conclus ioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Uditi l'avvocato ### per i ricorrenti e l'avv. ### per i controricorrenti. -il ricorso n. 18773/2022 da: ##### A ##### rappresentati e difesi dagli avvocati ### (###), ### (###) -ricorrenti ### O, ###, ##### elettivamen te domiciliati in ### 3 7, presso lo studio dell'avvocato ### (###) che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato ### (###) -controricorrenti, ricorrenti incidentali avverso la SENTENZA di CORTE D'### n. 1416/2023 depositata il ###.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal ### Viste le conclusioni motivate, ai sensi dell'art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicemb re 2020, n. 176, formulat e dal P.M. in persona d el ### il quale ha chiesto l'accoglimento del quarto mo tivo del ricorso incidentale e il rigetto del ricorso principale e dei restanti motivi del ricorso incidentale.
Udito il Pubblic o ### ero, in persona del ### o ### generale che ha concluso riportandosi alle conclusioni scritte. 3 di 35 Uditi l'avv. ### per i ricorrenti e l'avv. ### per i controricorrenti ricorrenti incidentali. ### 1. ─ Ange lo ### r, dopo avere otte nuto con sentenza d el 2012, l'accertamento della propria qualità di figlio di ### fu ### deceduto a ### il ###, ha chiamato in giudizio, dinanzi al Tribunale di Venezia, ##### e ### eredi di ### e ### Ha precisato che ### ni era erede testamentario di L inda ### sorella del geni tore naturale e istit uita unica ered e nel testamento di lui pubblicato il 1 0.4.19 48. ### nto del rapporto di filiazione importava la revocazione del testamento, con il quale il genitore aveva istituito ### e l'apertura della successione legitt ima in favore dei ### qu ale unic o erede ab intestato. Il giudizio fu iscritto al n. R.G. 315/2013 e la questione della revocazione del t estamento, oggetto di sentenza non definitiva del Tribunale n. 1533/2016, è stata diversamente risolta dai giudici di merito: la revocazione del testamento, riconosciuta in primo grado con la menzionata sentenza, fu poi negata in appello con sentenza n. 504 del 2018, con la quale la Corte veneziana ha parzialmente annullato la decisione di primo grado. La domanda di revocazione del testamento di ### fu ### è stata infine definita in sede di rinvio dalla Corte d'appello di Venezia con sentenza n. 2991/2 021 del 3 dicembre 2021. Tale sentenza ha riconosciuto l'esistenza dei presupp osti della revocazione, in applicazione del principio di diritto stabilito da Cass. 13680/2019. In base al principio di diritto sommin istrato dalla ### corte al giudice di rinvio, la no rma dell'art . 687 c.c. è applicabile anche là dove l'accertamento giudiziale della filiazione sia stato compiuto nei confronti di un soggetto che abbia testato nella consapevolezza di avere già un figlio, riconosc endo il fondamento oggettivo dell'art. 687 c.c. 4 di 35 In appl icazione di tale principio, il g iudice di rinvio, una volta dichiarata la revocazione, ex art. 687 c.c., del testa mento del ### fu ### e la conseguente apertura de lla successione legitt ima, accertava e dichiarava che ### r ### quale unico erede ex lege del ### fu ### era il legittimo proprietario dei beni censiti al ### urbano del Comune di Ven ezia al foglio 16, particella n. 175 3 sub 3 e al fogl io 16, particella n. 1753 sub 7.
La Corte d'appello ha negato qualsiasi rilevanza al fatto che l'azione per la revocazione del testamento era stata proposta solo nel 2012, nonostante l'attore avesse consapevolezza d ella paternità fin dal 1954, allorché aveva proposto ricorso ai sensi dell'art. 274 c.c., poi non coltivato. Al rilievo degli appellanti, secon do cui un a inerzia protratta per un tempo così lungo evidenziava la volontà del figlio di non venire alla successione pate rna, la Corte di merito h a replicato che, prima dell'accog limento della d omanda di dichiarazione giudiziale della paternità, il ### non avrebbe potuto svolgere alcuna azione per far valere i propri diritti successori. La corte di merito ha altre sì negato che i fratelli ### potessero aspirare a far salvo il loro acquisto ai sensi dell'art. 534, commi 2 e 3, c.c. o ai sensi dell'art. 2652 n. 7 c.c., mancando, nei vari passaggi, un trasferimento a titolo oneroso: il che, secondo la corte di rinvio, ren deva incond izionatamente fondata la pretesa rivolta dall'erede nei loro confronti, legittimati passivi rispetto alla petizione in quanto avent i causa d a chi ha posseduto a titolo di erede. ### il giudice di rinvio tale conclusione operava per la totalità dei beni, comp resa la quota di ½ loro donata dalla loro madre, coniuge di ### In relazione a questo aspetto, la Corte vene ta richiam ava l'atto co n il quale ### (erede testamentario dell'erede in base al testamento revocato) e il coniuge di lui ### avevano conferito in comunione i loro interi patrimoni ai sensi dell'art. 228 della legge 151 del 1975. La 5 di 35 Corte, esamin ato tale atto, lo ritene va irrilevante, in quanto inidoneo, proprio perché concluso ai sensi della norma transitoria sopra richiamata, a estendere il regime della comunione legale ai beni non destinati a farne parte ai sensi dell'art. 179 La Corte d'appello negava infine la sussistenza, in favore dei fratelli ### dei presupposti per l'usucapione dei beni ogge tto della domanda di petizione svolta dal ### Al riguardo richiamava precedenti di legittimità in base ai quali non si poteva configurare possesso utile per l'usucapione fino quanto il titolare effettivo, nella specie il ### non avesse avut o la possibil ità giuridica di interromperlo, ciò che nella specie era avvenut o solo in concomitanza del passaggio in giudicato de lla sentenza che ha accertato la paternità n aturale. Prim a del passaggio in giudic ato della sentenza che aveva dichiarato la paternità naturale, il ### non avrebbe potuto svolgere alcuna azione per il recupero dei beni ereditari.
Contro tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i fratelli ### sulla base di tre motivi.
Gli eredi di ### hanno resistito con controricorso. ### e ### nelle p roprie conclusioni scritte, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Le parti hanno depositato memorie. 2. ─ Immediatamente dopo la pronunzia della sentenza in sede di rinvio (v. supra), oggetto del ricorso iscritto al n. 3039 del 2022, è giunto a conclusione il g iud izio iscritto al n. 315/2013, rimasto ancora pende nte all'esito della pronuncia della sen tenza non definitiva n. 1533/2016.
Esso è st ato defi nito dal ### e di ### con sentenza 2428/2021 del 28 dicembre 2021, la quale ha rigettato le ulteriori domande all'epoca formulate dal ### ed aventi ad oggetto la richiesta di condanna de gli ered i ### alla restituz ione dei prezzi riscossi per gli immobili medio tempore alienati a terzi dai 6 di 35 possessori loro dant i causa, men tre ha accolto solo in parte la domanda di restituzione dei canoni percepiti in forza della locazione dei due immobili rispetto ai quali era stata accertata la proprietà del ### riconoscendoli solo per l'immobile censito alla particella n. 1753 sub 3, non anche per l'immobile censito alla medesima particella al sub 7.
La sentenza di primo grado n. 2428 del 2021 è stata confermata dalla Corte d'appello di ### con sentenza n. 1416/2023 del 29 giugno 2023. Tale sent enza ha rigettato sia l'appello principale proposto dai fratelli ### sia l'ap pello incidentale de gli eredi di ### Contro tale sentenz a hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi di ### sulla base di cinque moti vi, illustrati da memoria.
I frat elli ### rli hanno resistito con cont roricorso, proponendo ricorso incidentale sulla base d i cinque mo tivi e depositando anche la memoria. ### nelle proprie conclusioni scritte, conclude per l'accoglimento del solo quarto motivo del ricorso incidentale ed il rige tto del ricorso principale e d elle restanti censure di quello incidentale. RAGIONI DELLA DECISIONE In primo luogo, va disposta la riunione dei due ricorsi, proposti, il primo, contro la sentenza che h a deciso, i n sede di rinvio, sull'appello della sentenza non definitiva del tribunale sulla istanza di revocazione del testame nto e sulla pro prietà dei due beni ereditari, il secondo, contro la sentenza che ha definito le ulteriori domande dell'erede ab intestato a seguito della revocazione.
A. ─ Ricorso n. 3039 /2022. 1. ─ Il primo mot ivo den unzia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione dell'art. 687 c.c. La Corte d'appello, n ella parte in cui ha perentoriamente riconosciuto che il ### non avreb be potuto agire p er la 7 di 35 revocazione del testamento prima del passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa de lla paternità naturale, avrebbe m ale interpretato quanto dispone il terzo comma dell'art. 687 c.c., in base al quale è consentito al figlio naturale di manifestare, a partire dalla morte del g enitore, l'in tento di n on voler venire alla successione.
Il secondo motivo denunzia, in relazione all'art. 360, comma 1, 3, c.p.c., violazione degli art. 2652 n. 7 e 534 c.c. L a Corte di merito, con riferimento agli atti di donazione della metà indivisa degli immobili ereditari da parte della loro madre, avrebbe dovuto sancire, nei limiti di tale quota, la salvezza del diritto dei ricorrenti, che hanno trascritto il loro acquisto ventisei anni prima dell a trascrizione della domanda giudiziale. Invero, la norma dell'art. 2652 n. 7, c.c., sancisce la salvezza del diritto del terzo acquirente anche se a titolo gratuito.
Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 2935, 2934 e 533 c.c. La Corte vene ta non ha considerato che il ### in quanto annoverato fra gli eredi legittimi gi à in forza dell a disciplina applicabile all'apertura della succe ssione, non si trovava nell'impossibilità giuridico di far valere i propri diritt i. Nessun impedimento normativo gli impediva di proporre tempestivamente l'azione per il riconoscimen to dell a paternità, ciò che gli avrebbe consentito di agire in tempo utile per interrompere il possesso utile per l'usucapione dell'erede apparente e dei suoi aventi causa. 2. ─ Il primo mot ivo è in fondato. È stato ammesso che la dichiarazione giudiziale di paternità dia luogo alla revocazione del testamento per sopravvenienza di figli. L a revocazione per sopravvenienza di figli costituisce un'ipotesi di caducità legale della disposizione testamentaria (revoca legale o di diritto). ### la regola generale, pe r stabilire se la caducità si verifichi bisogna attendere che i figli (o discendenti) vengano alla successione; e, in caso negativo, che non si faccia luogo a rappresentazione. Se i figli 8 di 35 non vengano alla successione e non si facc ia luogo a rappresentazione, la caducità n on ope ra. In questo caso, infatti, viene a mancare lo scopo per cui la revoca è stabilita, quello cioè di far p ervenire i beni del testat ore ai figli o ai di scendenti sopravvenuti.
Va da sé che la dich iarazione giudiziale di paternit à, qualora intervenuta dopo la morte del gen itore, non comporta d i per sé l'acquisto della qualità di erede, ma, così come avviene nell'ipotesi del riconoscimento, fa sorgere il diritto del figlio di venire all'eredità come erede ab intestato, diritto prima di allora inesistente. Infatti, la vocazione lega le dei figli naturali (og gi figli nati fuori da matrimonio) presuppon e che la filiazione sia riconosciuta o giudizialmente dichiarata (art. 573 c.c.) Il figlio ha diritto di venire all'eredità non solo se la successione del genitore si apre durante il giudizio per l'accertamento della filiazione, ma anche se la sentenza sia pronunziata in accoglimento di una domanda proposta, dopo la morte del genitore, contro i suoi eredi ai sensi dell'art. 276 c.c.; e dalla data del passaggio in g iudicato decorre il termine di prescrizione del diritto di accettare l'eredità.
Se il diritto di accettare l'eredità sorge a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che dichiara la filiazione; e se il termine di prescrizione decorre d al passaggio in giudicato d ella stessa sentenza, non è revocabile in dubbio che, prima del passaggio in giudicato, non è configurabile, in danno del figlio poi giudizialmente riconosciuto, alcuna inerzia rilevante n el far valere la propria qualità di erede in conseguenza d el venir meno dell'istituz ione testamentaria.
In effetti i ricorrenti pongono un problema diverso, non quello della possibilità del figlio di agire pe r far valere la q ualità di erede legittimo prima del passaggio in giudicato della sentenza di dichiarazione giudiziale della paternità, ma piuttosto se il figlio possa efficacemente manifestare l'intento di non ven ire alla 9 di 35 successione prima del definit ivo accertamento dello status. Essi richiamano, per suffragare tale possi bilità, la pro nunzia di 5037 del 2011, con la quale è stata riconosciuta la validità di una convenzione con la quale il figlio naturale, prima del passaggio in giudicato della sentenza di d ichiarazione della pat ernità, aveva rinunziato dietro corrispettivo , nei confront i dei beneficiari delle disposizioni testamentarie, in ip otesi oggetto di revoca ai sensi dell'art. 678 c.c., a tutti i diritti di natura patrimoniale (ivi compresi quelli successori) derivanti dal suo preteso stato di figlio naturale del testatore.
La soluzione di Cass. n. 5 037/20 11, fondata su l rilievo che la sentenza di accertamento della fi liazione conferisce al figlio uno status con e fficacia retroattiva fin dalla n ascita (Cass. 23596/2006; n. 26575/2007), è certament e da condividere ; tuttavia, il richiamo di giurisprudenza non apporta argomento alla tesi dei ricorrenti. Essi, infatti, richiamano il principio in astratto, senza indi care il fatto in ipot esi inte grativo della rinunzia, che è identificato in ultima analisi con il me ro decorso del tempo. Si sottolinea che il ### aveva proposto il ricorso per la dichiarazione giudiziale di pate rnità già nel 1957, ma il medesimo no n fu poi coltivato, per essere poi proposto nuovamente molti anni dopo. Ma in questi termini il ragionamento finisce per sostenere l'esistenza di un onere del figlio di attivarsi tempestivamente, laddove l'azione giudiziale per il riconoscimento della paternità è imprescrittibile. In presenza di un'azione non soggetta a prescrizione, il ritardo nel suo proponimento, di per sé, non può valere quale rinunzia al diritto successorio derivante dallo status; il che, però, non significa che l'erede possa in ogni caso recuperare l'intero patrimonio ereditario; egli conserva soltant o quei diritt i reali che non siano, da terzi o dall'erede apparente, legittimam ente acquistati sui beni del d e cuius e que i diritti di credito che non si trovino est inti. ###à della petizione di eredità, sancit a dall'art. 533 10 di 35 c.c., non altera l'ordinario regime di prescrizione dei singoli diritti compresi nell'asse ereditario (Cass. n. 22100/2015). 3. ─ È prioritario l'esame del terzo motivo del ricorso, che è fondato e il suo accoglimento comporta l'assorbimento del secondo motivo del ricorso.
La Corte d'appello richiama innanzitutto Cass. n. 11203 del 1995: “### di riduzione pu ò essere eserci tata soltanto al momento dell'apertura della successione, al lorquando si può val utare la sussistenza della lesione del la legittima e far val ere il relativo diritto. È, pertanto, solo da quello stesso momento che il possesso per l'usucapi one incomincia a decorrere contro il legi ttimario che agisce in riduzione”.
In que l caso, la fattispecie esaminata dalla Corte riguardav a l'azione di riduzione in r iferimento a beni alienati in vita d al de cuius. La sentenza fece applicazione del principio, già affermato da Cass. n. 10333/1993, secondo cui «l'azione di riduzione, dunque, come n on mira a recuperare i beni uscit i dal patrimonio del de cuius in quan to tali, non contesta il diritto di prop rietà dei beneficiari, né la legittimità del titolo del loro diritto, che anzi presuppone; per contro, ha per obiettivo il ripristino d i una situazione patrimoniale compa tibile con i diritti dei ris ervatari, tramite il conseguimento del valore dei diritti suddetti. In questo contesto, l'azione non può e ssere paraliz zata dalla eccezione di usucapione ventennale per due ragioni: perché tale eccezione avrebbe la sola funzione di ribadire l'esistenza del dominio, che è il presupposto stesso dell'azione, e perché la domanda di riduzione non è diretta a rivendicare lo specifico bene uscito dal patrimonio del defunto e che si pretende usucapito, ma a far valere sul valore del bene le ragioni successorie spettanti al legittimario [...]».
Nel caso in esame, non fu esperita l'azione di riduzione, ma l'azione di petizione ereditaria contro il possessore dei beni ereditari. 11 di 35 Il richiam o, pertanto, è privo di re ale attinenza con la vicenda oggetto di causa. 4. ─ Una ricost ruzione p iù complessa d eve farsi con riferimento all'ulteriore richiamo operato dalla sentenza impugnata, che riguarda Cass. n. 2424/2 011, la qu ale a sua volta ha fatto applicazione del principio di Cass. 11024 del 1991.
Occorre iniziare l'analisi proprio da tal e ultima pronun zia. Nel 1977 l'attrice, affermatasi figlia naturale di una certa persona che aveva disposto della totalità delle proprie sostanze con testamento, chiamò in giudizio l'ere de univ ersale, chiedendo che venisse accertata la filiazion e naturale e il proprio diritto al conseguen te trattamento successorio.
Il tribu nale accoglieva la domanda re lativa alla dichiarazione di paternità naturale e rigettava quella relativa ai diritti successori. La Corte di appello di Roma confermava la decisione di primo grado. ### attrice propon eva ricorso per cassazione, che veniva accolto da questa S.C. con sentenza n. 3709 del 26 giugno 1984, la quale affermava il princip io secondo il quale la dich iarazione giudiziale di paternità naturale ottenuta dopo il 20 settembre 1975 (data di entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia) da un figlio adulterino concepito o nato prima di tale data, dà diritto di partecipare alla successione de l genitore apertasi prima di tale data, secondo le norme regolanti i diritti successori dei figli naturali riconosciuti o dichiarati vigen ti all'ep oca dell'apertura della successione. ### provvedeva alla riassunzione del giudizio davanti alla Corte di appello indicata come giudice di rinvio, che riconosceva alla figlia naturale il diritto ad un terzo della eredità del genitore, riducendo le disposizioni in favore dell'erede istituito.
Con riferiment o all'eccezione di usucapione sollevata dall'e rede testamentario, i giudici di rinvio la ritennero proponibile in linea di principio, ma inammissibile in concreto, in quanto formulata con 12 di 35 riferimento "ai beni ereditari", senza specificare quali fossero i beni della eredità oggetto della stessa eccezione.
La Corte di cassazione propose riflessioni di carattere generale sulla possibilità, ammessa da una parte della d ottrina, di usucapire contro il proprio dante causa nella ipotesi in cui il titolo di acquisto venga meno con effetto ex tunc. Tale tesi, però, secondo la corte di legittimità, non avrebbe potuto essere invocata con riferimento alla ipotesi oggetto del giudizio. «### nei confronti del quale venga esperita l'azione basata sull'art. 230 della legge 19 maggio 1975 151, infatti, non vede venir meno il suo titolo di acquis to, ma subisce una riduzi one quantit ativa di tale acquisto. Il possesso precedente all'esperimento di tale azione non può, pertanto, essere considerato come possesso ut ile ad usucap ionem, non potendosi acquistare col decorso del tem po ciò di cui si è g ià proprietari. ### parte, il p ossesso ad usucapionem, come strum ent o per l'acquisto della propriet à, ha come suo tipico contrappeso la possibilità di interruzione da parte de l vero pro prietario. Non è giuridicamente configurabile un possesso ad usucapionem che non possa in qualsiasi momento essere interrotto. Con riferimento alla ipotesi contemplata dall'art . 230 l. 19 maggio 1975 n. 1 51, aderendo alla impostazione della sentenza impug nata, l'erede avrebbe potuto avere già maturata la usucapione al momento della entrata in vigore della legge senza che il figlio naturale avesse mai avuto la possibilità di compier e atti interruttivi, non aven do egli alcun diritto da far valere in base alla disciplina previgente. Il che denota l'assurdità della tesi di principio che qui si discute».
Sulla base di tali considerazioni, la ### corte rigettò il ricorso dell'erede testamentario, corregge ndo la motivazione della corte d'appello. Questa aveva ritenuto inammissibile l'ecc ezione di usucapione perché formulata genericamente, con ciò riconoscendo, a contrario, che, nel caso di specie, l'erede testamentario, in linea di prin cipio, avrebbe potuto utilm ente invocare gli effetti 13 di 35 dell'usucapione nei confronti di chi aveva ottenuto l'accertamento della filiazione dopo l'apertura della successione. ### corte ha invece ritenuto che, nella specie, l'eccezione di usucapione non fosse prop onibile in termini assoluti, riconoscendo ch e l'erede testamentario, proprietario dei beni eredit ari in forza del testamento, non vede il proprio titolo travo lto a seguito dell'esperimento dell'azione prevista dall'art. 230 della l. n. 151 del 1975, ma subisce solamente una riduzione quantitativa del proprio acquisto, mancando pertanto il presupposto del possesso utile ad usucapionem, non potendosi acquistare col decorso del tempo ciò di cui si è già proprietari.
A un attento esam e, l'ipotesi della “riduzione solo quantitativa dell'acquisto”, posta in luce della pronunz ia, non è rife ribile solo all'esperimento dell'azione di riduzione contro l'erede istituito, ma può ricorrere anch e con riferimento alla pe tizione di eredit à, qualora questa sia stata esercitata contro un erede apparente pro quota: è acquisito che la qualità di erede apparente non implica la rigida contrapposizione di un non-erede all'erede. Tralasci ando altre ipotesi è certo che può assumere tale q ualità il coerede , il quale apparisca erede per l'intero.
Certamente più convincente è il rilievo che l'azione di riduzione, proposta contro disposizioni testamentarie a titolo universale, non ha per oggetto b eni, ma una quota di eredità, che sarà poi concretata con la divisione ereditaria. Per quanto sia lungo il tempo durante il quale ta luno abb ia posseduto tutto o parte dei beni ereditari, non potrà mai vantare di avere acquisito la qualità d i unico erede. Il p roblema dell'usucapione dei b eni ered itari non riguarda l'azione di riduzione, ma semmai la susseguente divisione chiesta dal legit timario una volt a ottenuta la qualità di ered e.
Certamente, con riferimento alla riduz ione de lle disposizioni testamentarie, il termine decennale di prescriz ione dell'az ione di riduzione rende il problema privo di rilevanza pratica. T uttavia, 14 di 35 qualora il titolo dello status di filiazione che attribuisce la qualità di legittimario (sentenza che d ichiara la filiazione) sia costituito successivamente alla morte del de cuius, il termine di prescrizione dell'azione di riduzione dovrebbe farsi decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza, come il termine di accett azione dell'eredità. In questo caso il problema dell'usucapibilità dei singoli beni ereditari si pone.
Cass. n. 11024 del 1991, dopo avere negato a priori l'usucapibilità dei beni, aggiunse la considerazione di principio che «il possesso ad usucapionem, come strumento pe r l'acquisto della proprietà, ha come suo tipico contrappeso la possibilità di interruzione da parte del vero pro prietario. Non è giuridicamente configurabile un possesso ad usucapionem che non p ossa in qualsiasi momento essere interrott o». Il rilievo è indubbiamente proposto in t ermini generali, ma la situazione ch e la corte d i legittim ità ritiene di comprendere nel suo ambito è quella del figlio adul terino prima dell'entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia, il quale «non avendo alcu n diritto da far valere in base alla disciplina previgente», non aveva «mai avuto la possibilità di compiere atti interruttivi». 5. ─ ###. 2424 del 2011, la vicenda condivide con quella decisa da Cass. 11024 del 1991 la situazione di partenza: figli adulterini, i quali avevano agito all'indomani della riforma del diritto di famiglia, chiedendo il riconoscimento della loro qualità di figli naturali del defunto e, conseguentemente, della loro qualità di eredi.
Si trattava in quel caso di successione legittima e la domanda fu proposta nei confronti deg li eredi e av enti causa del de cuius, deceduto il 16 novembre 1959. In primo grado, il tribunale accolse la domanda, proposta con citazione dell'ottobre 1978 e dichiarò che gli istanti erano figli naturali del defunto, ma rigettò la domanda dei medesimi intesa ad ottenere l'accertamento della qualità di eredi legittimi del de cuius . Sul gravame dei soccom benti, la Corte 15 di 35 d'appello, in parziale riforma della de cisione di primo guado, riconobbe che la dichiarazione giu diziale di pa ternità nat urale, ottenuta dai figli adulterini posteriormente all'entrata in vigore della riforma del dirit to di famigli a, dà diritto a partecipare alla successione del genitore natu rale apertasi prima di quella data.
Proposto ricorso per cassazione, po iché la que stione della retroattività della dichiarazione giudiziale anche agli effetti successori era stata risolta in modo difforme da due pronunce delle sezioni semplici, il ricorso è stato rimesso alle ### unite, alle quali fu chiesto di stabilire se il figlio adulterino che abbia ottenuto dopo l'entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia (l. 151/75) in sede di dichiarazione giudiziale di paternità lo status di figlio naturale, abbia o meno il diritto di partecipare alla successione del genitore naturate apertasi prima di quella data (20 settembre 1975). ### ezioni unite hanno adottato la soluzione favorevole alla retroattività dell'accertamento della filiazione anche agli effetti successori, per ragioni che non occorre qui ripercorrere. 6.─ In forza di tale sentenza di legittimità, con atto di citazione del 9 febbraio 1987, i figli naturali iniziavano un giudizio per ottenere la condanna dei possessori alla restituzione dei beni lasciati dal de cuius. Si cost ituivano alcuni dei convenuti, insisten do per la declaratoria di avvenuto acquisto per usucapione della proprietà dei beni caduti ne lla successione. Il tribunale rico nosceva l'avvenuta usucapione, ma la Corte d 'appello andava in contrario av viso e accoglieva la domanda degli attori, riconoscendo l'inidoneità, agli effetti dell'usucapione, del possesso antecedente l'entrata in vigore della legge del 1975.
Investita del ricorso prop osto dai soccom benti, la C orte di cassazione ha confermato il rigetto della domanda di usucapione. ### la Corte di cassaz ione, il possesso ad usucap ionem, concepito come strumento pe r l'acquisto della proprietà (ne lla sussistenza dei requisiti previsti dall'art. 1158 c.c.), ha come suo 16 di 35 tipico contrappeso la po ssibilità di interruz ione da parte dell'effettivo proprietario, con la conseguenza che non si prospetta configurabile un possesso utile ai fini dell'usucapione che non possa in qualsiasi momento essere interrotto.
Anche in Cass. n. 2424 del 2011, l'ipotesi di fatto considerata è pur sempre quella contemplata dalla L. 19 maggio 1975, n. 151, art. 230: nei confronti dei figli adulterini, il possesso dei beni ereditari, precedente l'entrata in vigore della legge n. 151 del 1975, non è utile per l'usucapione, non essendo i medesimi «titolari di alcun diritto da far valere in base alla disciplina previgente». 7. ─ ### e fi n qui compiuto consente di affermare che, n ei confronti di coloro che hanno acquistato il diritto di conseguire lo status solo con l a riforma de l 1975 , il decorso d el tempo precedente all'entrata in vigore della legge non ha alcun riflesso negativo sui diritti ereditari derivanti da su ccessioni apertesi anteriormente. Non si rinviene, in tali pronunce, nessuna presa di posizione sulla posizione del successibile nel periodo compreso fra l'entrata in vigore della legge del 1975 e il concreto esercizio dei diritti sui singoli beni ereditari. Infatti, i riferimenti che emergono dalle sentenze rendono quel segmento temporale del tutto indifferente. Nell'uno e nell'altro caso l'azione del figlio fu esercitata ben prima che fosse decorso il decennio dall'entrata in vigore della legge di riforma del diritto di famiglia (e a fortiori il ventennio).
Pertanto, i precedenti richiamat i n ella sentenza impugnata non sono immediatamente riferibili al caso in esame, nel quale il figlio non incontrava alcun impedimento nel far valere i propri diritti già secondo la disciplina vigente al tempo della morte, la quale già gli attribuiva la qualità del solo successibile ex lege (art. 576 c.c. nel testo originario). La sentenza impugnata si potrebbe giustif icare alla luce di quei precedenti a patto di ritenere che la situazione dei figli adulterini, prima del 1975, sia una esempli ficazione di un principio più ampio, va levole anche nel caso in cui l'azione pe r 17 di 35 reclamare lo status sia proponibile già a partire dall'apertura della successione.
Fino a quando tale azione non sia stata sperimentata con successo, il figli o si troverebbe nell 'impossibi lità giuridica non solo di accettare l'eredità, ma anch e di compiere atti interru ttivi dell'usucapione dei beni ereditari, e sattamente come il fi glio adulterino prima del 1975; è nello stesso tempo chiaro che, se tale principio fosse realmente sussiste nte, le considerazioni fatte nei precedenti di legittimità, specifica mente riferibili ai figli adulterini prima del 1975, perderebbero ogni rilievo pratico, costituendo un argomento di contorno rispetto a un principio che già li preservava dal rischio della prescrizione e dell'usucapione, che anche nei loro confronti poteva comin ciare a decorrere solo dal passag gio i n giudicato della sentenza che accerta la filiazione. 8. ─ Si impone a questo punto l'esame di Cass. 14917 del 2012.
Nella vicenda, la corte d'appello aveva acco lto la domanda di petizione, proposta dal figlio na turale dopo il definitivo accertamento dello status; coloro i quali apparivan o e redi ab intestato in assenza di discendenti avevan o eccepito sia la prescrizione del diritto di accettare l'ere dità, sia l'usucapione dei beni ereditari. La Corte d'appello ha ritenuto infondate ambedue le eccezioni. ### corte ha rigettato il ricorso proposto dagli eredi apparenti. Cass. n. 14917 del 2012, in primo luog o, ha richiamato i precedenti di legitt imità so pra esaminati; quindi, ha proseguito la propria analisi, richiama ndo il principio, affermato anche da Cass. 2326 del 1990, in base al quale per i figli naturali il termine di prescrizione del diritto di accettare l'eredità decorre solo dal passaggio in giudicato della sentenza di acc ertamento della filiazione, trovandosi essi, fino a tale accertamento, nell'impossibilità giuridica e non di mero fatto di accettare l'eredità (v. art. 480 c.c., come modificato dall'art. 69 del d. lgs. n. 154 del 2013). ### parte - sempre secondo Cass. 14917 del 2012 ora in 18 di 35 esame - la vocazione legal e dei fi gli naturale p resuppone ch e la filiazione sia riconosci uta o giud izialmente accertata, trovandosi pertanto il figlio biologi co, prima de l passaggio in giudicato della sentenza sullo status, nel l'impossibilità giuridica di esercitare l'azione di petizione. Conseguentemente, il possesso esercitato fino a q uesto momento dall'ered e apparente non è utile per l'usucapione, in quanto il titolare non è nella condizione giuridica di compiere atti interruttivi. 9. ─ Si in serisce in que sta ricostruzione, in app arenza logica e lineare, una prima obiezione, che deriva proprio da Cass. 2326 del 1990, le cui considerazioni han no avuto u n ruolo determinante sulla decisione di Cass. n. 14917 del 2012, che non ha avuto dubbi nel proporre soluzione identica sia per il decorso della prescrizione del diritto di accettare l'eredità, che non corre, per il figlio naturale, se non dal passaggio in giudicato che dichiara la filiazione, sia per la decor renza del termine utile per l'u sucapione in favore dei possessori dei beni ereditari. Anche questo termine non potrà che decorrere da quando la filiazione si a stata giudizialmente dichiarata: fino a tale momento, il figlio naturale non acquista le posizioni soggettive dipendenti dall'apertura della successione, fra le q uali è inclusa que lla che g li consentirebbe di com piere atti interruttivi dell'usucapione dei beni ereditari.
In verità, nella vicenda d i Cass. 2326 del 1990, i figli naturali avevano notificato una domanda giudiziale in pendenza del giudizio di accertam ento dello status. ### rte di app ello ha riconosciut o l'idoneità di tale domanda ad interrompere il corso dell'usucapione.
Tale affermazione fu censurata in sede di legittimità, sostenendosi che i figli del de cuius, «non ancora dichiarati suoi figli naturali, non erano chiam ati all'eredità [...], né perciò legittimati [...] a interrompere l'usucapione dei beni da parte dei possessori».
La Corte di cassazione dichiaro inammissibile la censura in rito, in quanto diretta ad otte nere il riesame di una questio ne ormai 19 di 35 preclusa perché non prospettata al giudice d'appello. Nonostante la soluzione in rito, Cass. n. 2326 del 199 0 sentì il bisogno di precisare «che l'assunto preliminare della Corte di merito - secondo cui la domanda giudiziale, benché atto non idoneo di accettazione dell'eredità (in quanto posto in essere d a soggetto non ancora dichiarato figlio naturale, non chiamato all'eredità e carente, perciò, della legittimazione alla petizione ereditaria) valse t uttavia ad interrompere il termine per l'usucapione - era giuri dicamente corretto e, come tale, no n passibile dell a proposta censura per violazione di legge». Si legge testualmente in Cass. n. 2326 del 1990, ora in esame, « In tema di legittim azione alla domanda giudiziale, quale atto idoneo a produrre la c.d. interruzione civile (in contrapposizio ne a quella naturale) della us ucapione ex artt. 1165 e 2943 cit ati, deve invero rilevarsi come l'ordinamen to giuridico, nel quadro dell a tutela giurisd izionale dei diritti, attribuisca al soggetto il diritto potestativo di chiedere il rilascio di beni in possesso al trui e di interrompere così il corso e ciò , in dipendenza di una particolare relazione di diritto (lo ius possidendi) che intercorra fra lui ed i beni. Né questa relazione cessa di essere rilevante a tale fine, quando si esprima soltanto in un diritto che è in fieri o condizionato. Anche in tale caso la posizione del soggetto trova, invero, tute la nella esperibilità di atti volti al suo soddisfacimento o semplicemente conservativi, al quale fine, per preliminare postulato, si pre scinde dall'effettivo fondamento della pretesa, accertabile soltanto con la successiva pronuncia giudiziale.
Così, nel caso di specie, come ha già ritenuto il giudice d'appello e conformemente alle ulteriori argomentazioni o ra svolte dal controricorrente [...], deve rilevarsi che gli attori, al momento della domanda introduttiva, benché non fossero ancora legittimati alla azione di p etizione ereditaria né all'accettazione dell'ered ità paterna in pendenza del giudizio di accertamento del loro stato di figli naturali, erano tuttavia, abilitati a compiere, per mezzo della 20 di 35 connessa domanda di rilascio o di collazione dei beni ereditari in possesso dei convenu ti, un valid o atto di opposizione a ta le possesso, al fine di farn e cessare il carattere pacifico e d'interrompere, perciò, l'usucapione fino al momento d ella pronuncia giudiziale che avesse accertato la esistenza (anche sopravvenuta) delle condizio ni dell'azione, convalid ando, così, gli effetti del previo atto conservativo - interruttivo. La riproposta eccezione con cui si nega la idoneità della domanda giudiziale ad interrompere l'usucapione risulta, dunque, infondata, indipendentemente dalla rilevata preclusione processuale, cui soggiace la più ampia questione in cui essa si colloca». 10. ─ Conclusivamente, Cass. n. 11024 del 1991 e Cass. 2424 del 2011 considerano la posizione dei figli adulterini prima dell'entrata in vigore della legge n. 151 del 1975 e con riferimento a questi riconoscono che il po ssesso dei beni ereditari, esercitato prima dell'entrata in vigore della legge di riforma del diritto di famiglia, non è utile per l'usucapione. Questo perché, fino ad allora, i figli naturali non avevano mai avuto «la possibilità (nell' intervallo temporale antecedente alla stessa entrata in vigore della cit ata legge) di compiere atti interruttivi, non essendo essi ancora titolari di alcun diritto da far valere in base alla disciplina previgente» (così testualmente Cass. 2424 del 2011). Cass. 14917 del 2012 ritiene che il medesimo principio si applichi anche se i diritti ereditari del figlio naturale sono già riconosciuti dalla legge vigente al momento di apertura della successione. Emerge da tale ultima pronunzia la convinzione che riconoscer e che il dirit to di accettare non si prescrive se non dal p assagg io in giudicato della senten za che dichiara la filiazione ed affermare, nello stesso tempo, che possa maturare, in favore del possesso re di beni ereditari, il termin e ventennale dell'acquisto per usucapione significherebbe ammettere un assurdo giuridico, non potendo il figlio naturale, prima di allora, compiere atti inte rruttivi. Tal e affermazione è principalmente 21 di 35 giustificata alla luce di Cass. n. 2326 del 1990, la quale tuttavia, come am piamente chiarito, tiene separato il diritto di accettare l'eredità, non esercitabile prima del passagg io in giudicato della sentenza che dichiara la filiazione, dalla possibilità di esercit are azioni idonee a interrompere il decorso dell 'usucapione. Queste sono esercitabili dal figlio anche prima. Non sono rari gli esempi di tutela dei beni ereditari accordata indipendentemente dalla attuale qualità di erede, purché sia comunque ravvisabile un interesse a che sia preservata l'integrità del patrimonio ereditario. Si pensi ai poteri di natura conserva tiva pre visti dall'art. 460 c.c. , azionabili prima dell'accett azione, che includono certamente il potere di compiere atti interruttivi della prescrizione, estintiva o acquisitiva. 11. ─ Ad avviso del collegio, l'equivo co insito nel la soluzione di Cass. 149 17 del 2012, la sola che pone un principio idoneo a legittimare la decisione impug nata, consiste nel sovrapporre il diritto di accettare l'ered ità, il q uale diventa att uale dopo la dichiarazione giudiziale, con il po tere di compiere atti giudiziali interruttivi di prescrizioni acquisitive o estintive dei diritti ereditari: tale diritto, nelle condizioni che ricorrevano nel caso in esame (figlio naturale riconoscibile e annoverato fra i successibili ex lege dalle norme vigenti già al tempo di apertura della successione), è esercitabile anche prima, come già affermato da Cass. n. 2326 del 1990. Una conferma di siffatta possibilità si ritrova anche in n. 5037 del 2011, richiamata nell'esame del primo motivo: invero la possibilità del figlio naturale, riconosciuta da tale pronunzia, di disporre dei propri diritti prima del definit ivo accertamento d ella filiazione, considerata l'eff icacia dichiarativa e ret roattiva della pronunzia, comprende, logicamente, an che il potere di interrompere la prescrizione, acquisitiva o estint iva, de i diritti ereditari. A questi effetti non si richiede l'avvenuto acquisto della qualità di erede, essendo sufficiente l'interesse alla conservazione del patrimonio ereditario, interesse il quale, nella situazione di cui 22 di 35 sopra, certamente sussiste nel caso del figlio naturale già a partire dalla morte del g enitore, in considerazione dell'e fficacia ex tun c della dichiarazione giudiziale (Cass. n. 26575/2007), la quale opera anche rispetto alle posizioni successorie (Cass. n. 2923/1990); e se del suo st ato avesse avu to notizia solo dopo m olto tempo d alla nascita, tale circostanza concreta un ostacolo di fatto, irrilevante ai sensi del l'art. 2935 c.c.: «### bilità di far valere il d iritto, quale fatto impe ditivo della decorre nza della prescrizione ex art. 2935 c.c., è solo q uella che deriva d a cause giu ridiche ch e ne ostacolino l'esercizio e no n comprende anche gli impedime nti soggettivi o gli ostacoli d i mero fatto, in rela zione ai quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospe nsione della prescrizione, tra le quali, salva l'ip otesi di occultamento doloso del debito, non rientra l'ignoranza da parte del titolare del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sull'esistenza di tale diritto o il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento» (Cass. n. 22072/2018; n. 14193/2021). 12. ─ Si deve aggiungere che, già in passato, la giurisprudenza della Corte di cassazione ha riconosci uto l'ido neità, ai fi ni dell'interruzione della prescrizione, «della noti ficazione della citazione per la dichiarazione giudiziale di paternità naturale e la conseguente petizione di e redita ha il duplice contenuto di att o introduttivo del giudizio (art.2943, primo comma, c.c.) per i diritti spettanti agli attori nella qualità, giudizialmente riconosciuta, di figli naturali e di atto di costituzione in mora (art.2943, quarto comma, c.c.) dei convenuti per il diritto creditorio all'assegno vitalizio, che, sulla medesi ma eredità, spetta agli atto ri qualora, respinta la domanda o dichiarazione inidonea a produrre effetti processuali, la filiazione risulti nei modi indicati nell 'art. 279 c. c.» (Cass. 421/1964). Del resto, come già rilevato, nella fattispecie decisa da Cass. n 11024 del 1991, che è la pronunzia nella quale si rinviene, in materia dei diritti ereditari dei figli naturali, la prima compiuta 23 di 35 affermazione del principio sulla quale la corte di merito ha ritenuto di potere fondare la decisione, il figlio chiese nel medesimo giudizio sia l'accertamento della filiazione naturale, sia riconoscimento dei diritti successori. Inver o, ciò che la g iurisprudenza di legittimit à esclude è la possibilità dell'accertam ento in cidentale dello stato, senza efficacia di giudicato e con effetto limitato alla controversia principale (Cass. n. 2220/1985); con la conseguenza che, se una questione di stato si presenti come pregiudizievole dinanzi al giudice civile, si appliche rà l'art. 34 c.p .c. e consi derarsi la questione di stato fra quelle questioni che, per legge e cioè per il sistema legislativo, non possono decidersi se non con autorità di giudicato. Se mancano le condizioni n ecessarie richieste esplicitamente per quelle azioni dalla legge, i l giudice adit o non potrà giudicare. Qualora invece il giudice adito sia competente anche per la questione di stato e sussistano le condizioni soggettive (legittimazione del soggetto attivo e del soggetto p assivo) ed oggettivo il giudice adito potrà giudicare anche sull'azione di stato, ma principaliter e con efficacia di giudicato (Cass. n. 1515/1966).
Si ricorda ancora che l'art. 715 c.c. prevede la penden za di un giudizio sulla filiazione quale motivo di sospensione della divisione ereditaria, ma fa salva la po ssibilità de ll'aut orità giudizia ria di autorizzarla, disponendo le opportune cautele.
B. ─ Ricorso n. 18773/ 2023. 1. ─ Il primo mot ivo del ricorso principale denunzia violazione dell'art. 2041 c.c. Assodato che ### e ### hanno venduto immobili facenti parte dell 'eredità di ### arricchendosi in misu ra corrispondente ai prezzi riscossi, i medesimi e rano obblig ati a indennizzare il ### nei limiti di tale arric chimento. ### del ### si sarebbe verificato in concomitanza con la maturazione del termine, in favore degli acquire nti, per il compimento dell'usucapione ex art. 1159 c.c. 24 di 35 Il second o motivo denunzia violazione dell'art. 68 7 c.c. e del precedente giudicato derivante dalla sentenza della ### corte n. 13680 del 2019. La sentenza d 'appello, cont ro l'accertamento compiuto in sede di legittimità, attribuisce a ### e al coniuge di lui la qu alità di “ere de diret ti di N icolò ### fu Bernardo”, essendo invece il solo e unico erede il ### In aggiunta, la sentenza, al fine di negare i presupposti di applicabilità dell'art. 2041 c.c., in favo re del ### e nei confro nti dei fratelli ### ha at tribuito rilievo al fatto che ci fosse o non ci fosse la prova che essi avessero tratto vantaggio dalle alienazioni compiute da loro genitori. Al contrario tale circostanza era del tutto irrilevante. La obbligazione dei fratelli ### non dipendeva da ciò, ma sussisteva per il solo fatto di essere essi eredi degli alienanti, debitori dei prezzi conseguiti.
Con il terzo motivo di ricorso, denunciando violazione dell'art. 754 c.c., si sostiene che i fratelli ### quali eredi di coloro che avevano alienato i beni ereditari e incassato il prezzo, erano tenuti ex art. 2041 c.c. o in alternativa ex art. 535, comma 2, c.c., nei confronti del ### a prescindere dalla prova che quanto riscosso sia poi pervenuto ai figli.
Il quarto motivo del ricorso principale denunzia violazione dell'art. 167 c.p.c. e degli artt. 61 e 194 c.p.c. e dell'art. 2697 La sentenza è oggetto d censura nella parte in cui ha negato che fosse stata data la prova del contratto di locazione relativamente all'unità immobiliare identificata dalla particella 1753 sub 7.
Il quin to motivo denunzia violaz ione degli artt. 91 e 96, oltre la violazione dell'art. 13, comma 1, quater del ### unico delle spese di ### izia n. 115 del 200 3. I ricorrent i si dolgono de lla compensazione delle spese d i lite del grado e de l rigetto dell a domanda di condanna al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 96 c.p.c. 25 di 35 2. ─ I primi quattro motivi del ricorso incidentale censurano, sotto diversi profili, la decisione, nella parte in cui è stata accolta la domanda di restituzione dei canoni relativi ai due immobili ereditari dei quali era stata accertata la proprietà del ### con la sentenza non definitiva n. 1533 del 2016. Il qu into motiv o del ricorso incidentale riguarda la decisione sulle spese di lite. 3. ─ I primi tre mot ivi del ricorso incidentale, d a esaminare congiuntamente, sono fondati nei limiti di seguito indicati. In via preliminare è bene identific are la po sizione dei soggetti coinvolti nella vicenda. I frat elli ### sono e red i legittimi veri dell'erede testamentario vero (### dell'ere de apparente (### . ### testamentario d ell'erede apparente, e a fortiori i suoi eredi legittimi (i fratelli ###, in qua nto successori a titolo universale, non possono bene ficiare della tutela acc ordata a coloro che abbiano acq uistato diritti dall'erede apparente. Essi no n possono invocare né l'art. 534, commi 2 e 3, c.c., né l'art. 2657 n. 7 c.c. In effetti si discute se tale ultima norma debba estendersi al legatario, fermo restando, in ogni caso, l'inapplicab ilità agli acquisti a titolo di erede. È tutt avia avvenuto che ### i ### e rede testamentario vero dell'erede apparente, ha concluso un a convenzione matrimoniale con il coniuge ### ai sensi dell'art. 228 della disciplina transitoria della legge n. 151 del 1975. Nell e intenzioni, la convenzione era riferita a t utti i b eni personali dei coniug i, compresi quelli apparentemente acquistati da ### in forza della su ccessione testamen taria di ### (erede apparente di ###. ### secondo quanto emerge dalla ricostruzione operata dalla Corte d'appello, ha disposto della quota dei beni ch e il coniuge aveva acquistato q uale erede testamentario di ### resi comuni per effetto della convenzione. 26 di 35 La Corte d 'appello ha negato l'efficacia di tale conv enzione, in quanto ritenuta estrane a all'ambito di applicazione dell'art. 228 della disciplina transitoria della legge di riforma del diritto di famiglia. In questo senso la decision e è contraria alla giurisprudenza della Corte. È stato infatti aff ermato il principio secondo cui i coniugi u niti in mat rimonio prima dell'ent rata in vigore della legge 19 maggio 1975, n . 151, e che, con apposita convenzione, abbiano deciso di ricomprendere nella comunione legale tut ti i loro beni, ivi compresi que lli personali acquistati prima del matrimonio, hanno stipulato un atto che è da ritenere estraneo alla fatt ispecie tipica prevista dall'art. 228, secondo comma, della legge n. 151 d el 1975, e che , tuttavia, è valido poiché manifesta la volontà di dare vita ad una comunione convenzionale - istituto previsto dall'art. 210 c.c.. (esercitando una facoltà che solo arbitrariamente avrebbe potuto essere esclusa per le famiglie già costituite) (Cass. n. 21786/2008).
Infatti, la disciplina della comu nione può essere parzialmente derogata dai coniugi mediante convenzione matrimoniale. ### della comunione può essere ampliato dai coniugi nel s enso che questi possono assoggettare alla comunione anche i beni personali (ad esempio ricevuti per successione o donazione). Laddove nella comunione legale siano inclusi uno o più beni personali di uno solo o di entrami i coniugi, la dottrina prevalente concorda sulla natura gratuita della convenzione, m entre non rileva in questa sede indagare se l'assoggettam ent o alla comunione di beni personali comporti un atto di liberalità di un coniuge a favore dell'altro (o una liberalità reciproca se la messa in comunione riguardi beni personali di entrambi). È stato ritenuto che, nel caso in cui un coniuge metta in comunione un bene personale, è configurabile una liberalità, che è riducibile in sede successoria e revocabile ex art. 2901 c.c. ad iniziativa dei creditori personali del coniuge stesso. Oltre al rimedio dell'azione revocatoria, l'art. 211 c.c. statuisce che costoro possono 27 di 35 rivalersi su qua lsiasi be ne della comunione, ma limitatamen te al valore dei beni (già personal i) entrati a farne parte. La giurisprudenza riconosce la revocabilità del neg ozio costitutivo d i fondo patrimoniale quale atto gratuito (cfr. Cass. ###/2023; 9192/2021).
Accertato così che la ### è acquirente a titolo gratuito da ### della quota indivisa dei beni provenienti dalla successione di ### ini ### entrati in comu nione, consegue che essa è in ogni caso esclusa dalla tutela predisposta dall'art. 534, commi 2 e 3, c.c., ch e suppone una convenzione a tit olo oneroso. Si deve aggiungere che la ### non è avente causa dall'erede apparente, avendo acquistato dall'ere de vero (### dell 'erede apparente (###. Si osserva in dottrina ch e l'art. 534 attribuisce rilevanza soltanto a una situazione di apparenza della qualità di erede, la quale cessa con la morte di chi ne è investito.
La legge protegge gli aventi causa dall'erede apparente e tale non è l'avente causa dall'erede dell'erede apparente. Si osserva ancora che l'inconveniente pratico della soluzione si attenua sensibilmente quando si pensi che normalmente la questione non sorge se non dopo un certo lasso di tempo d alla trascrizione dell'acqu isto dell'erede apparente, e che i terzi acquirenti dal suo erede, esclusi dall'ambito applicativo dell'art. 5 34, possono però invocare la protezione dell'art. 2652 n. 7 c.c., il quale prescind e da una situazione di apparenz a in senso te cnico. Sotto questo profilo, oggetto del secondo motivo d el ricorso dei S almini ### la questione è stata superata dall'accoglimento del terzo motivo del ricorso medesi mo. Se ne fa riferimento in questa fas e perché il rilievo consente d i stabilire la posi zione dei protagonisti della vicenda rispetto a i beni ereditari oggetto di alienaz ione. Le alienazioni, nei rapporti con l'erede vero , debbono ritenersi tutte effettuate o direttamente dall'erede apparente ### o da ### e rede testamentario vero dal l'erede apparente. 28 di 35 Fra le alienaz ioni comp iute da ### lmini è compresa la convenzione matrimoniale conclusa con la ### È questo l'atto di disposizione rilevante nei confronti dell'erede vero, no n le successive alienazioni compiute dalla ### senza che sia qui utile indagare se ricorressero o no i presupposti che le consentivano di fare salvo l'acquisto ai sensi dell'art. 2652, n. 7, c.c. Infatti, come è stato autorevolmente chiarito, il diritto dell'erede vero nei confronti del possessore alienante, riconosciut o dall'art. 535 comma 2, integrato dall'art. 20 38 c.c. sussiste non soltanto n el caso in cui l'alienazione compiuta dall'erede apparente sia efficace, ma pure nel caso in cui - essendo l'alienazione inefficace - l'erede conserva contro l'acquirente l'azione per la restituzione del bene. In entrambi i casi, infatti, l'erede ha diritto di conseguire dall'erede apparente la controprestazione dell'alienazione: se gli si n egasse tale diritto, quando può pretendere la restituzione del bene dal terzo, l'erede apparente sarebbe ingiustamente avvantaggiato, in quanto farebbe proprio il corrispettivo, tutte le volte che l'erede non possa o non voglia agire contro il terzo. In altre parole, l'erede vero potrebbe benissimo agire contro l'erede apparen te per consegu ire il corrispettivo dell'alienazione, salvo ad agire su ccessivamente, quando se ne presenti l'opportunità contro il terzo, naturalmente offrendo a quest'ultimo quanto già ricevuto dall'erede apparente.
Tale considerazione rende irrilevante ogni indagine volta a stabilire se l'erede vero, con riferimento ai beni alienati, avesse la possibilità di sperimentare l'azione ereditaria nei confronti dell'avente causa, in base all'eccezionale legittimazione passiva conferita dall'art. 534, comma 1, c.c. a quest'ultimo. Le azioni volte al conseguimento del corrispettivo o del valore sono propo nibili n ei confronti d el possessore alienante sia nell'uno, sia nell'altro caso, salvo quanto sopra detto se l'erede vero ottenga poi la restituzione dall'avente causa. 29 di 35 4. ─ Ex art. 535, comma 2, c.c., «il possessore di buona fede, il quale ha alienato pure in buona fede una cosa dell'eredità, è solo obbligato a restituire all'erede il prezzo o il corrispettivo ricevuto.
Se il prezzo o il corrispettivo è ancora dovuto, l'erede subentra nel diritto di conseguirlo». ### il giu dice di primo grado, il «presupposto della domanda di restituzione (e del conseguente obbligo restitutorio) è espressamente individuato dal legislatore nel possesso del bene in capo all'alienante. E dunque il soggetto a cui può essere chiesta la restituzione e te nuto alla ripetizione è esclusivamente quello che, nel possesso del bene ereditario, l'abbia alienato». In base a tale assunto la domanda di restituzione svolta dall'erede aveva quali legittimari passivi solo coloro che avevano personalmente alienato i beni ereditari, non i convenuti, i quali non hanno mai avuto il possesso né la proprietà degli immobili alienati, essendo quindi privi di legittimazione rispetto «alla domanda di cui all'art. 535, comma 2, c.c.».
In appe llo la decisione fu censurata dagli ere di ### i quali riconobbero che l'art. 535, comma 2, c.c. risultava inapplicabile al caso di specie; nondimeno le somme, ricevute quali corrispettivo delle alienazioni, erano comunque dovute «a titolo di arricchimento senza causa», dovendosi dare per acquisito che i beni non erano recuperabili dagli acquirenti, i quali avevano in ogni caso maturato l'usucapione.
La censura fu rigettata in appello, in base al rili evo che l'affermazione del primo giudie, circa la mancanza «di una specifica prova che quant o percepito dagli eredi diretti di ### sia stato poi oggetto di acquisto a titolo ereditario da parte dei quatt ro appellanti non è stato o ggetto di specifica doglianza [...]».
I rico rrenti sostengono che l'acco glimento della domanda, nei confronti dei fratelli ### non richiedeva tale prova. 30 di 35 5. ─ È not o ch e la legittimazione passiva rispett o all'azione di petizione ereditaria compete a chiunque possegga tutto o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, nonché, come risulta dall'art. 534, comma 1, ai suoi aventi causa. Second o le regole poste dal l'art. 535, comma 2, c. c., il possessore che si ritiene di buona fede, il quale abbia alienato, pure in buona fede, una cosa dell'eredità è obbligato a restituire all'erede il prezzo o il corrispettivo ricevuto. Per possessore di buona fede si intende colui che ha acquis tato il possesso dei beni ereditari, riten endo p er errore non derivante da colpa grave di esser e erede. La buona fede, al solito si presume (Cass. n. 5093/2010; n. 21505/2019). In caso di mala fede, il possessore alienante è tenuto a corrispondere il valore in base all'art. 203 8, comma 2 , stante la strettissima analogia fra le due ipotesi. ###. 2038, comma 1 è poi applicabile nel caso che l'alienazione effettuata dal possessore sia stata a titolo gratuito. In questo caso, l'erede vero n on può avvalersi della facoltà concessa dall'art. 535, comm a 2, che riguarda le sole alienazioni rispetto alle quali è dovuto il prezzo o il corrispettivo. ### vero si potrà rivolgere al terzo n ei limiti del suo arricchimento, nonché dopo che fosse stato inutilmente escusso l'alienante di mala fede, secondo q uanto dispone l'art. 2038, comma 2, È ragionevole riconoscere che gli obblighi, derivanti dall'alienazione di beni ereditari, presuppongano, che al tempo dell'alienazione, non fosse già maturato, in favore del possessore, l'usucapione ventennale con riguardo al bene al ienato. Se l'usucapione fosse invece maturata , il bene alienato, in quanto acq uistato a titolo originario dal possessore , aveva cessato di appartenere all'asse ereditario. In questo caso n on sorge neanche l'azione residuale contro il terzo acquirente a titolo gratuito.
Consegue dalla ricostruzione d i cui sopra che l'azio ne di arricchimento, mentre è configurabile nei confron ti del terzo 31 di 35 acquirente della cosa ereditaria a tit olo gratuito, non è configurabile nei confronti del possessore alienante , in quanto l'erede, nei confronti di costui, ha a disposizione un'azione tipica, che la giu risprudenza fa rientrare nell'ambito della petizion e n on solo quan do sia tendente, ex art. 535, comma 2, a ottenere il prezzo o il corrispettivo, ma anche quando, nel caso di alienazione in mala fede, sia volta a o ttenere il valore della cosa (Cass. 796/1960). Il punto è tuttavia controver so in dottrin a, registrandosi, sul tema del rapporto tra l'azione petitoria e l'azione di cui al comma 2 dell'art. 535 c.c., un orientamento che invece conferisce all'istituto in esame, la qualifica di azione personale di credito, distinta dalla petitio e prescr ittibile. Rimane, ad ogni modo, fermo che l'obbligaz ione del possessore, sia che abbia a d oggetto il prezzo o il corrispettivo ai sensi dell'art. 535, comma 2, c.c., sia che abbia ad oggetto il valore attuale della cosa nel caso di mala fede, un a volta sorta in capo al po ssessore alienante, si trasmette agli eredi, al pari di qualsiasi debito ereditario. Lo stesso dicasi per l'obbligazione ex art. 2038, comma 1 e 2, c.c., nei limiti dell'arricchimento, dell'acquirente a titolo gratuito. 6. ─ ### d i arric chimento ha carattere sussidiario in quanto essa improponibile quando l'impoverito può esercitare altre azioni per farsi indennizzare. Che il danneggiato «non può esercitare altra azione» è in teso come no n spettanza di azioni fondate su titoli diversi». Nella giurisprudenza di legittimità è principio consolidato che «ai fin i del rispett o della reg ola di sussidiarietà di cui all'art. 2042 c.c., la dom anda di ingiustifica to arricch imento (avanzata autonomamente ovvero in via subordinata rispetto ad altra domanda principale) è proponibile ove la diversa azione - sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale - si riveli carente ab origine del titolo giustificativ o, restando viceversa preclusa ove quest'ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per 32 di 35 carenza di prova d el pregiu dizio subito o pe r nullità derivan te dall'illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme imperative o con l'ordine pubblico (Cass., S.U., n. ###/2023).
È stato anche chiarito che, qualora la diversa azione esista, l'azione generale di arricchimento è inamm issibile anche quando la domanda ordinaria, dopo essere stata proposta, non sia stata più coltivata dall'interessato (Cass. n. 8020/2009; n. 6295/2913). 5. ─ È stato anticipato che il giudice di primo grado aveva, nella specie, ritenuto inapp licabile la disciplina prevista dall'art. 535, comma 2, c.c., rigettando la relativa domanda del ### svolta in via principale; ha quindi ritenuto ammissibile la domanda residuale, originariamente svolta in via gradata, d i indebito arric chimento conseguente all'alienazione degli immobili. Anche tale domanda fu rigettata. Sussisteva q uindi l'onere, a carico del soccombente, il quale avesse voluto insi stere anche n ella domanda princip ale, di impugnare l'intero contenuto sfavorevole della decisione, il che non è avvenuto. Come risulta dalla stessa sentenza impugnata, nell'atto di appe llo del ### riconoscendosi l'inapplicabilit à dell'art. 53 5 c.c., l'obbligo re stitutorio fu fondato esclu sivamente sull'indebito arricchimento. Vale quindi il principio secondo il quale «a norma dell'art. 329, secondo comma, c.p.c., l'impugnaz ione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate che hanno respinto domande del tutto autonome le une dalle altre» (Cass. n. 19346/2004; n. 15980/2010).
In sede ###e, i ricor renti invocano l'art. 535 c.c. quale giustificazione normativa del diritto, in via alternativa rispetto all'art. 2041 c.c.; tale richiamo, in verità operato solo nella rubrica del terzo motivo, è irrilevante, in quanto è correlato a un contenuto della decisione di primo grado, sfavorevole all'erede vero, non impugnato con l'appello, con il quale fu impugnato esclusivamente il rigetto della domanda subordinata di arricchimento senza causa (cfr. Cass. n. 9631/2003; n. 13602/2013; n. ###/2022). È stato 33 di 35 chiarito che allorché la parte abbia proposto, nello stesso giudizio, due o più domande alternative, ma tra loro compatibili, ovv ero legate da rapp orto di subor dinazione, l'accoglimen to della principale o dell a domanda alternativa compatibile non obbliga l'attore, che voglia insistere su quella non accolta, a proporre appello incidentale, essendone sufficiente la riproposizione ai sensi d ell'art. 346 c.p.c.; diversamente, qualora si tratti di domande incompatibili, ovvero sia stata accolta la subordinata, l'attore che voglia insistere nella domanda alternativa incompatibile non accolta, ovv ero nella domanda principale, ha l'onere di farlo mediante appello incidentale, eventualmente condizion ato all'accoglimento del gravame principale, in quanto solo in tal modo può evitare la formazione del giudicato sull'accertamento dei fatti posti a fondamento della pretesa accolta ed incompatibili con quella disattesa (Cass. n. 8674/2017).
A maggior ragione l'onere di impugnazione sussiste quando, come nel caso in esame, il giudice di primo grado abbia rigettato sia la domanda principale, sia la domanda subordinata. Nel caso in esame, invece, è stato impugnato in appello il solo rigetto della domanda subordinata di inde bito arricchimento. Questa, però, secondo quanto già precisato, risulta in astratto pertinente nei soli confronti della ### tenuta, in quanto acquirente a titolo gratuito, nei limiti d el suo arricchiment o. Deceduta la ### la rela tiva obbligazione, se e in quanto sussistente, si è certamente trasmessa agli eredi, nei cui confronti, secondo le regole dell a successione universale, l'erede vero può rivolgere le istanze che avrebbe potuto rivolgere contro il de cuius. Solo in questi l imiti, la censura proposta con i motivi in esame (l'obbligazione dei fratelli ### sussisteva a prescindere dalla prova di un loro perso nale arricchimento) è fondata, salvo il potere de l giudice di rinvio di esaminare il complesso delle difese for mulate in p roposito dai fratelli ### rimaste assorbite dal rigetto della domanda. 34 di 35 7. ─ Il qu arto motivo del ricorso principale, riguardante la questione dei frutti dei beni oggetto della domanda di petizione, è inammissibile, trattandosi di capo d ella decisione travolto dall'accoglimento del terzo motivo nella causa n. 3039 del 2022; è assorbito il quinto motivo. 8. ─ Sono parim enti inammissibili, in conseguenza dell'accoglimento del terzo motivo sopra richiamato, i primi quattro motivi del ricorso incidentale dei fratelli ### riguardanti anch'essi la questione dei frutti dei beni oggetto dell'eccezione di usucapione; è assorbito il quinto motivo del ricorso incidentale. 9. ─ Le sentenze sono cassate in relazione ai motivi accolti, con rinvio dell a causa alla Corte d'ap pello di ### ia in diversa composizione, che dovrà decidere attenendosi ai seguenti principi di diritto: «Il figlio del de cuius nato fuori dal matrimonio, già riconoscibile secondo la legge vigente al tempo di apertura della successione, ha il pot ere di interrompere l'usucap ione dei b eni ereditari, senza dovere attendere il passaggio in giudicato della senten za che accerta la filiaz ione. Infatti, ai fini della id oneità dell'atto interruttivo del possesso ad usucap ionem di un bene eredit ario, non si richiede l'avvenuto acquisto della qualità di erede da parte del figlio, essendo sufficiente l'intere sse alla conservazione del patrimonio ereditario, interesse che, nella situazione di cui sopra, sussiste già a partire dalla morte del genitore».
«All'ipotesi di alienazione a titolo gratuito di beni ereditari da parte del possessore, è applicabile l'art. 2038 c.c. Pertanto, l'erede vero si pot rà rivolgere al terzo acquirente nei limit i del suo arricchimento, ferma la preventiva escussione d ell'alienante nella sola ipotesi di mala fede. ### del terzo acquirente, nel concorso dei presupposti che ne giustificano l'insorgenza, è trasmissibile mortis causa, senza ch e occorra la prova di un vantaggio personale realizzato dagli eredi». 35 di 35 «I coniug i, uniti in matrimonio prima d ell'entrata in vigore d ella legge 19 mag gio 1975, n . 151, e che, con apposita convenzione stipulata ai sensi dell'art. 228, secondo comma, della legge n. 151 del 1975, abbiano deciso di ricomprendere nella comunione legale i beni personali, stipulano un atto che è comunque valido, poiché manifesta la volontà di dare vita ad una comunione convenzionale; e laddove nella comunione siano inclusi uno o più beni ricevuti da uno dei coniugi per successione da u n erede apparent e, nei rapporti con l'erede vero, l'atto deve ritenersi a titolo gratuito, con conseguente applicabilità dell'art. 2038 c.c.».
Al medesimo giudice di rinvio si demanda di provvedere anche sulla liquidazione delle spese. P.Q.M. La Corte, nella causa n. 3039 del 2022, accoglie il terzo motivo del ricorso; rigetta il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; nella causa n. 18773 del 2022, accoglie, nei sensi di cui in motivazione, i primi tre mo tivi del ricorso principale; dichiara inammissibile il quarto e assorbito il quinto motivo dello stesso ricorso principale; dichiara inammissibili i primi quattro motivi del ricorso incidentale e assorbito il quinto motivo; cassa le sentenze impugnate in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte d'appello di ### in diversa composizione anche per le spese.
Così deciso in ### nella came ra di consig lio della ###
causa n. 315/2013 R.G. - Giudice/firmatari: Manna Felice, Tedesco Giuseppe