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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 5485/2024 del 01-03-2024

... Tribunale di Lanciano di rigetto dell'impugnativa del licenziamento per giusta causa irrogatogli con nota del 29.3.2019 da ### di cui era dipendente dal 1998 con mansioni di addetto attività semplici; 2. la Corte distrettuale, per quanto qui rileva, osservava in particolare che: - il licenziamento era stato intimato sulla base di un duplice ordine di contestazioni disciplinari: a) per aver riferito a giornalista del quotidiano “###” una serie di circostanze inveritiere trasfuse nell'articolo pubblicato in data ### dal titolo: “Io, pagato dalla ### per non fare niente”, suscettibili di danneggiare l'immagine della società e di gettare discredito sulle modalità di svolgimento dell'attività presso lo stabilimento di ### (contestazione dell'1.3.2019); b) per aver contattato il collega ### pero e avergli chi esto insistentemente di testimoniare a suo favore in merito 3 agli episodi riportati in detto articolo (contestazione del 15.3.2019, con la quale l'azienda disponeva anche la sospensione dei termini per l'irrogazione della sanzione disciplinare in relazione al primo addebito contestato); - ricostruiva la sequenza del procedimento disciplinare secondo la seguente scansione: (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso 15330-2022 proposto da: ### domiciliato in ### presso LA C ANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato ### - ricorrente - contro #### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliat ###, presso lo studio ### & ###, rappresentata e difesa dagli avvocati ### disciplinare - Termini per la comminazione di sanzioni previsti dalla contrattazione collettiva - Rilevanza - ### applicabile R.G.N. 15330/2022 Cron. 
Rep. 
Ud. 28/11/2023 CC ####, #### CAMMARATA; - controricorrente - avverso la sentenza n. 111/2 022 della CORTE D'### di L'### depositata il ### R.G.N. 347/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal ###. #### 1. la Corte d'### di L'### respingeva il reclamo proposto da ### avver so la sentenza del Tribunale di Lanciano di rigetto dell'impugnativa del licenziamento per giusta causa irrogatogli con nota del 29.3.2019 da ### di cui era dipendente dal 1998 con mansioni di addetto attività semplici; 2. la Corte distrettuale, per quanto qui rileva, osservava in particolare che: - il licenziamento era stato intimato sulla base di un duplice ordine di contestazioni disciplinari: a) per aver riferito a giornalista del quotidiano “###” una serie di circostanze inveritiere trasfuse nell'articolo pubblicato in data ### dal titolo: “Io, pagato dalla ### per non fare niente”, suscettibili di danneggiare l'immagine della società e di gettare discredito sulle modalità di svolgimento dell'attività presso lo stabilimento di ### (contestazione dell'1.3.2019); b) per aver contattato il collega ### pero e avergli chi esto insistentemente di testimoniare a suo favore in merito 3 agli episodi riportati in detto articolo (contestazione del 15.3.2019, con la quale l'azienda disponeva anche la sospensione dei termini per l'irrogazione della sanzione disciplinare in relazione al primo addebito contestato); - ricostruiva la sequenza del procedimento disciplinare secondo la seguente scansione: 1.3.2019 - prima contestazione; 9.3.2019 - giustificazioni del lavoratore con riguardo all a prima contestazione; 15.3.2019 - seconda contestazione; 23.3.2019 giustificazioni del lavoratore con riguar do alla seconda contestazione; 29.3.2019 - lettera di licenziamento; - escludeva nella specie l'esercizio di legittimo esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica espresso tramite un articolo di stampa; - riteneva infondato il secondo addebito, valutando la richiesta ad una perso na di testimoniar e a proprio a favore su un fatto specifico (non di testimoniare il falso) esercizio del diritto di difesa; - confermava, con motivazione parzialmente diversa, la statuizione di primo grado di rigetto dell'impugnativa del licenziamento, ritenendo la sanzione espulsiva adeguata al pregiudizio aziendale derivato dall'intervista di cui al primo addebito, perché correlata a esposizione dei fatti drammatizzata e non nei limiti della continenza formale; 3. per la cassazione della predetta sentenza ricorre ### con unico articolato motivo; resiste parte datoriale (ora ### s.p.a.) con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memorie; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza; ### 1. parte ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del quarto comma dell'art. 33 del Contratto collettivo specifico di lavoro (### applicato al rapporto e degli artt. 1372 e 2077 c.c.; argomenta che, poiché tale norma co ntrattuale collettiva stabilisce che, se il provvedimento non viene comminato entro i sei giorni successivi alla ricezione delle giustificazioni del lavoratore “queste si riterranno accolte”, non è prevista la possibilità per l'azienda di prorogare unilateralmente il termine di cui sopra, neanche a fini integrativi, come er roneamente ritenuto legittimo dai giudici di merito; sostiene altresì che, siccome la Corte d'### ha accertato l'infondatezza della seconda contestazione, l'illecito commesso co n l'articolo pubblicato su “###” costituisce l'unico fondamento del licenziamento dell'esponente, tuttavia punito dopo che era scaduto il termine per l' irrogazione della sanzione disciplinare stabilito dalla contrat tazione collettiva, dovendo ritenersi le giustificazioni accolte; 2. il motivo è fondato; 3. questa Corte ha chiarito (Cass. n. 21569/2018) che, in tema di li cenziamento discipl inare, la violazione del termine di cui all'art. 21, n. 2, comma 3, del c.c.n.l. gas e acqua del 2011, secondo cui, se il provvedimento disciplinare non viene emanato nei dieci giorni lavorativi successivi al quinto gi orno da l ricevim ento della contestazione, le giustificazioni si riterranno accolte, non integra una mera violazione di natura procedimentale ma comporta la totale mancanza della giusta causa per effetto 5 dell'ammissione del datore di lavoro dell'insussistenza della condotta illecita sanzionata; ne deriva che, in tale ipotesi, la tutela applicabile è quella di cui all'art. 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970 (e non quella di cui al comma 6 della predetta norma); 4. il Collegio intende dare continuità all'orientamento espresso nel precedente in esame, le cui motiva zioni si riprendono infra, stante la sovrappo nibilità, ai fini della presente co ntroversia, della previsione contrattuale collettiva ivi esaminata a quella di cui al presente giudizio; 5. la sentenza grav ata risulta infatti contradditt oria nella misura in cui nega ril ievo al secondo addebito disciplinare, ma vi ricollega l'effetto integrativo della prima contestazione con proroga o sospensione del termine per l'irrogazione della sanzione, in contrasto con il principio di affidamento e con l'espressa previsione contrattuale collettiva; 6. infatti, l'indicazione di un termine per il compimento di un'attività giuridicamente rilevante e la previsione di una determinata conseguenza per l'ipotesi di mancato compimento entro tale termine comportano necessariamente l'obbligo di proceder e all'indic ata specifica atti vità entro il ter mine stabi lito e la fictio dell'intervenuta accettazione delle giustificazioni nel caso di inottemp eranza al suddetto obbligo; si tratta di u n arricchimento delle garanzie di difes a dell'incolpato da parte della contrattazione collettiva, realizzato sia con la previsione di un termine finale, sia con l'attribuzione di un determinato significato al c omportamento del datore di lavoro nei confronti del lavoratore avvalsosi della facoltà e dei mezzi di difesa apprestatig li dall'ordinamento; 6 pertanto, la norma cont rattu ale, nel momento in cui ricollega al ritardo la conseguenza di un'accettazione delle giustificazioni, ancorché inserita in un contesto di norme procedurali, ha rango di norma sostanziale che regola il corretto esercizio del potere di re cesso datorial e, e prefigura come accolte le giustificazioni, sulla scorta della previsione patti zia e dei princip i di buona fede e correttezza; 7. il licenzia mento in esame, intimato nella vigenza della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 92/2012, doveva perciò considerarsi non semplicemente inefficace per il mancato rispetto di un termine procedurale (al pari dell'intempestività della contestazione oggetto della pronuncia di questa Corte, a sezioni unite, n. ###/2017), bensì illegittimo per l'insussistenza del fatto contestato, per avere il datore di lavoro accolt o (per effetto giuridico stabilito dalla regolamentazione contrattuale collettiva) le giustificazioni del dipendente e dun que per la totale mancanza di un elemento essenziale della giusta causa, con applicabilità della tutela di cui all'art. 18, co. 4, della legge n. 300/1970; 8. occorre, pertanto, affermare il principio di diritto che l'accertamento giudiziale dell'illegittimità o insussistenza di addebito disciplinare comporta che il datore di lavoro non possa avvalersi del la relativa cont estazione ad alcun effetto; in particolare, non potrà avvalersene per prorogare o s ospendere unilateralmente i termini fissati dal la contrattazione collettiva (nella specie, art. 33 ### del 7 luglio 2015 per le aziende appartenenti ai gruppi FCA e CNH e per i lavoratori da esse dipendenti) per l'irrogazione di sanzioni rifer ite ad altra contestazione, nell'ambito di 7 procedura disciplinare in precedenza avviata e per la quale il lavoratore abbia fornito le proprie giustificazioni, poiché dette giustificazioni si intendono accolte se non seguite da provvedimento disciplinare comminato entro un termine prefissato; 9. da tanto consegue che il ricorso deve essere accolto; la sentenza impug nata va cassata con rinvio all a Corte d'### di L'### in diversa composizione, per decidere la causa attenendosi ai prin cipi so pra afferm ati e per provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità; P.Q.M.  La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di ### di L'### Così deci so nella ### camerale del 28 novembre 

Giudice/firmatari: Esposito Lucia, Michelini Gualtiero

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 10170/2024 del 16-04-2024

... l'illegittimità della retrocessione del ### nel 2010, l'illegittimo demansionamento del ### dal mese di giugno 2000, la mancata attribuzione di specifiche competenze inquadrabili nella declaratoria relativa alla categoria C del ### locali, lo spostamento del ### alle ciminiere da solo e senza specifiche mansioni (come accertato dalla Corte di Appello di ### con la sentenza n. 376/2018), la collocazione del ### nei corridoi per un periodo, la nomina del ### quale operatore incaricato di procedere al servizio di verifica dei pagamenti superiori ad € 10 .000,00, nonché la valutazione di “insuffici ente” al ### ai fini della progressione orizzontale e la privazione dell'uso del programma contabile, come risulta dalla nota n. 679 del 15.5.2008. Critica la sentenza impugnata per avere valorizzato elementi del tutto estranei al confronto oggettivo tra le mansioni solte d al lavorator e e le clas sificazioni del ### evidenzia che il demansionamento subito dal ### riguarda il periodo anteriore al 18.2.2005 e successivo al mese di aprile 2006. Evidenzia che le prove testimoniali esaminate dal primo giudice nella statuizione fatta propria dalla sentenza impugnata riguardano prevale ntemente il (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 13113/2019 R.G. proposto da: ### rappresentato e difeso dall'Avv. ### co n domicil io digitale come da pec ### giustizia; -ricorrente contro CITTA' ###, in person a del ### e leg ale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. ### dell'Avvocatura dell'ente, con domicilio digitale come da pec ### giustizia; -controricorrente avverso la sentenza n. 837/2018 della Corte d'Appello di Catania, depositata in data ###, N.R.G. 511/2015. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05.03.2024 dal Consigliere dott.ssa #### OGGETTO: #### 1. Con sentenza n. 375/2015 il Tribunale di Catania ha rigettato le domande proposte da ### dip endente della ### tropolitana di ### volte ad ottenere l'inquadramento nella ex VI qualifica funzionale dal 23.12.1997, l'adempimento di tale obbligo, il risarcimento dei danni da dequalificazione professionale e da mobbing, nonché l'annullamento delle sanzioni disciplinari illegittime.   2. La Corte di Appello di ### ha rigettato l'appello proposto da ### avverso tale sentenza.   3. La Corte territoriale ha rilevato che i fatti dedotti nel presente giudizio riguardano il periodo dal 2004 al 2010, evidenziando che la sentenza n. 4082/2012, con cui il Tribunale di ### aveva escluso il demansionamento del ### anche per il periodo dal 2004 al 2010 oggetto della presente controversia (punto decisivo non fatto oggetto di critica), è stata riformata dalla sentenza della Corte di Appello di ### n. 376/2018 limitatamente al periodo dal 1.1.2000 al 31.12.2003.   4. Ciò preme sso, ha rimarcato che a fr ont e del complesso argomentat ivo contenuto nella sentenza di primo grad o, il ### si e ra limitato a riferire, seppure per il periodo in contestazione, di fatti anteriori al 2004, senza muovere alcuna specifica critica al convincimento espresso dal Tribunale in ordine al le deposizioni dei testi esc ussi sul pre sunto mancato espletamento di attività da parte del ricorrente, ritenute dal primo giudice generiche e compatibili con l'atteggiamento del ricorrente di non accettazione e parziale rifiuto dell'espletamento delle mansioni assegnate.   5. Il giudice di appello ha ritenuto immuni da vizi le statuizioni della sentenza di primo grado relative alla giustificazione della retrocessione, in quanto fondate sul parere espr esso dall'Avvocatura provinciale dell'ente e sulla sentenza del Consiglio di ### passata in giudicato (formatosi nei confronti del ricorrente e non di altri dipendenti); ha in proposito evidenziato che l'at to di appello si era l imitato a pr ospettare un contesto di emarginazione, senza precisare i n quali termini un provvediment o vincolato potesse avere l'effetto di emarginare il ricorrente.   6. Quanto al preteso inquadramento nella ex VI qualifica, ha evidenziato che l'appellante non aveva smenti to l'accertamento della circo stanza che non era stato nominato vincitor e di concorso.   7. In ord ine alle sanzioni discipl inari ha ritenuto che l'appe llante, piu ttosto che allegare genericamente una grave negligenza dell'### avrebbe dovuto indicare in quale errore sarebbe incorso il giudice di prime c ure nel valutare i fatti og gettivi og getto di provvedimento disciplinare; ha inoltre rimarcato che secondo la giurisprudenza di legittimità il rapporto tra vessatorietà e conflittualità si configura in termini opposti rispetto a quelli indicati dall'appellante. 3 8. Quanto ai continui ordini di servizio che lo spostavano da un ufficio all'altro della provincia, ha evidenziato che l' “avocazione delle presenze da parte del dirigente Schilirò” si era resa necessaria tenuto conto delle continue discordie (da ultimo quella relativa ai buoni pasto del mese di marzo, rifiutati dal ###.   9. Per la cassazione della sent enza di appello ### ha proposto ricor so prospettando otto motivi, illustrati da memoria.   10. ### di ### ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.  ### 1. Con il primo motivo il ricorso denuncia la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e la nullità della sentenza impugnata, in relazione all'art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc.   Lamenta la mancanza di un'espressa pronuncia, da parte del primo giudice e della Corte territoriale, sulla domanda di accertamento del diritto del ### all'inquadramento nella VI qualifica funzionale dal 27.12.1997, sulla domanda di condanna della ### d i ### all'adempi mento e all'assegnazione al ### delle relative mansioni, e sulla conseguente domanda volta alla declaratoria di illegittimità della retrocessione.   Deduce che il Consiglio di ### con la sentenza n. 551/2006 si è limitato a ritenere l'incompetenza dell'organo che aveva deliberato sull'inquadramento, ma non ha statuito sulla legittimità del medesimo; evidenzia che i giudici di merito non si sono pronunciati su tali domande.   Sostiene che la ### regionale non poteva adottare la determinazione dirigenziale n. 235 del 10.6.2010, né l'atto presupposto costituito dalla deliberazione della ### n. 128 del 19.5.2010 e la successiva determina dirigenziale n. 438 del 4.11.2010 di ricostruzione della carriera, ma doveva reinquadrare il ricorrente con atto adottato dall'organo competente nella V qualifica funzionale, e poi nella VI qualifica funzionale.   2. Con il secondo motivo il ricorso denuncia l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc.   Sostiene che l'omessa pronuncia della Corte territoriale sulla domanda di accertamento del diritto del ### all'inquadramento nella V qualifica funzionale quale operatore ### con conseguente declaratoria dell'illegittima retrocessione del medesimo nella IV qualifica funzionale rende illegittima la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo.   Torna ad argomentare che il ### aveva espressamente chiesto una pronuncia giudiziale sul diritto del ricorrente all'inquadramento nella V qualifica funzionale ai sensi dell'art. 34 del d.P.R.  n. 333/19 90, nonché la condanna d ell'### nistrazione al relativo adempimento e all'assegnazione del ricorrente alle corrispondenti mansioni, nonché la declaratoria di illegittimità della retrocessio ne; evidenzia che tale d iritto è stato espressamente riconosciuto con 4 l'### resistente in forza di atti annullati solo per i ncompetenza del l'organo deliberante.   3. Con il terzo motivo il ricorso denuncia la violazione per erronea applicazione dell'art. 34 del DPR n. 333/1990, nonché la violazione dell'art. 2909 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale, come il primo giudice, omesso di pronunciarsi sulla domanda di accertamento del diritto del ### all'inquadramento nella V qualifica funzionale, e quindi nella VI qualifica funzionale.   Evidenzia che con sentenza n. 919/2004, il ### ha rigettato i ricorsi n. 2121/1999 R.G.  e n. 1918/1998 R.G . proposti da ### rispettivamente volti ad ott enere l'annullamento della deliberazione della G iunta ### di Cat ania n. 407 del 13.4.1999 (avente ad oggetto “ascrizione alla V qualifica dei restanti tre posti della figura professionale di operatore ### modifica alla pianta organica ai sensi dell'art. 34, terzo comma, del d.P.R.  333/1990”), l 'annullamento della deliberazione n. 480 del 2.4.1998 (con cui la G iunta ### nell'esplicitare che il ### aveva subordinato l'inquadramento nella V qualifica funzionale all'esercizio delle mansioni indicate, aveva dato atto della circostanza che il ### aveva prevalentemente espletato funzioni di terminalista o di addetto alla registrazione dati), nonché l'annullamento del provvedimento n. 170 del 30.7.1998, con cui il Presidente della ### aveva nominato i vincitori del concorso, disponendo contestualmente che la nomina del ### fosse subordinata al suo inquadramento nella V qualifica funzionale.   Deduce l'insussistenza di un giudicato sostanziale, in quanto la sentenza n. 551/2006 del ### di ### istrativa si è limitat a a dichiarare l'incompete nza dell'organo deliberante; evidenzia che l'annullamento della deliberazione della ### di ### n. 407 d el 13.4.1999 e degli atti succe ssivi e conse quenziali, in riforma dell a decisione impugnata, non aveva determinato l'obb ligo di retrocessione del ric orrente da parte della ### Evidenzia che il giudicato costit uito d alla sentenz a n. 551/2006 del ### di ### non poteva impedire, ma anzi, imponeva, una nuova pronuncia amministrativa, e non ostava ad una pronu ncia giudiziale, a fronte del le specifiche domande proposte dal ricorrente; argomenta che la pronuncia in rito dà luogo solo al giud icato formal e, e no n al giudicato sostanziale.   4. Con il quarto motivo il ricorso denuncia violazione per erronea applicazione degli artt. 2103, 2697, 2727 e 2729 cod. civ., nonché dell'art. 116 cod. proc. civ., ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc.   Addebita alla sentenza impu gnata di avere escluso il demansion amento del ### e la sussistenza di un danno ri sarcibile, pur avendo la Corte t errito riale riconosciuto il demansionamento subito dal medesimo fino al 2003; lamenta inoltre l'omessa considerazione dell'acquisizione della VI qualifica funzionale (oggi categoria C del ### locali 1999) da parte del ### 5 Si duole della mancata disamina del materiale probatorio acquisito agli atti, da cui risulta l'illegittimità della retrocessione del ### nel 2010, l'illegittimo demansionamento del ### dal mese di giugno 2000, la mancata attribuzione di specifiche competenze inquadrabili nella declaratoria relativa alla categoria C del ### locali, lo spostamento del ### alle ciminiere da solo e senza specifiche mansioni (come accertato dalla Corte di Appello di ### con la sentenza n. 376/2018), la collocazione del ### nei corridoi per un periodo, la nomina del ### quale operatore incaricato di procedere al servizio di verifica dei pagamenti superiori ad € 10 .000,00, nonché la valutazione di “insuffici ente” al ### ai fini della progressione orizzontale e la privazione dell'uso del programma contabile, come risulta dalla nota n. 679 del 15.5.2008.   Critica la sentenza impugnata per avere valorizzato elementi del tutto estranei al confronto oggettivo tra le mansioni solte d al lavorator e e le clas sificazioni del ### evidenzia che il demansionamento subito dal ### riguarda il periodo anteriore al 18.2.2005 e successivo al mese di aprile 2006.   Evidenzia che le prove testimoniali esaminate dal primo giudice nella statuizione fatta propria dalla sentenza impugnata riguardano prevale ntemente il periodo in cui il ### è stato assegnato all'ufficio di ragioneria (l'anno 2005 ed i primi mesi dell'anno 2006), e dunque il lasso di tempo in cui lo stesso ### aveva ammesso di avere svolto mansioni inerenti alla qualifica di appartenenza.   Richiama la giurisprude nza di legittimità secondo cui l'inadempimento datoriale può comportare un danno da perdita della pro fessionalità di con tenuto patrimoniale, che può consistere sia nell'impoverimento della capacità professionale del lavoratore e nella mancata acquisizione di un maggior saper fare, sia nel pregiudizio subito per la perdita di chance, ossia di ulter iori possibilità di guadagno o di u lteriori potenzialità occupazion ali; aggiun ge che la modifica in peius delle mansioni è potenzialmente idonea a determinare un pregiudizio a beni di natura immateriale, anche ulteriori rispetto alla salute.   5. Con il quinto motivo il ricorso denuncia la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., nonché la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc.   Lamenta che la Cor te ter ritori ale si è limitata a ratificar e la sentenza di primo grado, evidenziando che i giudici di merito hanno omesso di esaminare la legittimità di tutte le sanzioni disciplinari inflitte.   Rispetto alla sanzione disciplinare irrogata con nota prot. n. 52501 del 30.10.2009, precisa che era stata evidenziata l'insussistenza dei fatti addebitati, per effetto delle sentenze penali emesse dal Giudice di pace, le quali avevano accertato la responsabilità del d irigente Dott. 
Schilirò ed escluso quella del ricorrente, e si duole dell'omessa pronuncia sul punto.   6. Con il sesto motivo il ricorso denuncia la violazione dell'art. 116 cod. proc. civ., dell'art. 24, comma 6 del ### del 6.7.1995 applicabile ratione temporis, nonché la violazione dell'art. 7 6 della legge n. 300/1970 e degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc.   Lamenta che la Corte territoriale ha erroneamente escluso la violazione dell'art. 24 del ### del 6.7.1994 ratione temporis applicabile, a fronte della tempestiva adozione delle sanzioni, ancorché notificate oltre il termine di 120 giorni; evidenzia il mancato accertamento dei fatti contestati, nonché la perentorietà del termine di 120 giorni indicato dal ### da computarsi tenendo conto della comunicazione del provvedimento disciplinare.   Richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui la garanzia relativa alla pubblicità del codice disciplinare non si applica solo in caso di licenziamento intimato per violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro.   7. Con il settimo motivo il ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2087, 2043, 2059, 2727 e 2729 cod. civ., in rapporto anche all'art. 116 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma pri mo, n. 3, cod. proc. civ., p er avere la Co rte territoriale erroneamente escluso la sussistenza del mobbing.   Lamenta l'omessa valutazione del materiale pr obatorio offerto nei gradi di merito, evidenziando che la Corte di Appello di ### con la sentenza n. 376/2018 ha riconosciuto il demansionamento del ricorrente nel periodo dal 2000 al 2003 e che il ricorrente ha provato il declassamento, il demansionamento, i reiterati ordini di servizio, le iniziative disciplinari assunte nei suoi confronti, le postazioni di lavoro a lui assegnate ed i danni alla salute subiti.   8. Con l'ottavo motivo, il ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per essersi la Corte territoriale erroneamente pronunciata sulle spese dei precedenti gradi di giudizio, che avrebbero dovuto essere poste a carico dell'odierna resistente; lamenta che il ### è stato erroneamente condannato al pagamento delle spese di lite, considerata la palese fondatezza del ricorso.   9. I primi tre motivi, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono inammissibili.   Non sussiste l'omessa pronuncia, avendo la Corte territoriale rilevato che il ### anziché formulare una critica adeg uata alla ratio decidendi esplicitata dal primo giud ice riguard o al carattere vincolato del provvedimento adottato nei confronti del ricorrente in esecuzione del giudicato amministrativo, si era rifugiato nella petizione di p rin cipio in forza d ella quale il provvedimento avrebbe dovuto essere valutato in un contesto di emarginazione, senza indicare in quali termini un provvedimento “vincolato” poteva avere l'effetto di emarginare il ricorrente.   Inoltre i motivi non si confrontano con la statuizione della sentenza impugnata secondo cui il giudicato si è formato nei confronti del ricorrente e non degli altri dipendenti (dalla sentenza impugnata risulta che il ricorrente nel ricorso di primo grado aveva dedotto il carattere vessatorio del provvedimento di retrocessione ed ha prospettato la questione nei medesimi termini nel giudizio di appello; si vedano le pagine 3, punto 14, 5 e 8), né si confrontano con la statuizione 7 secondo cui l'appellante, più che formulare una critica adeguata alla ratio decidendi della sentenza del Tribunale relativa al carattere vincolato del provvedimento adottato nei riguardi del ### in esecuzione del giudicato amministrativo, si è rifugiato nella petizione di principio in forza della quale il provvediment o era da valutare i n un cont esto di emarginazione, senza indicare in quali termini un provvedimento “vincolato” poteva avere l'effetto di emarginare il ricorrente.   Ciò preme sso, va e videnziato che a seguito della sentenza n . 551/2006 del ### di ### per la ### conoscibile da questa Corte in quanto sintetizzata e depositata dal ricorrente, è venuto meno il presupposto per l'inquadramento del ### nella V qualifica funzionale.   La se ntenza n. 551/2006 del ### di Gi ustizia ### p er la ### e ### (intervenuta tra ### il ### e l a ### di Cat ania) ha infatt i annullato la deliberazione della ### n. 407/1999 (avente ad oggetto l'ascrizione alla V qualifica dei restanti tre posti della figura professionale di operatore ### - modifica alla pianta organica ai sensi dell'art. 34, terzo comma, del d.P.R. n. 333/1990), nonché tutti gli atti successivi e consequenziali.   Le argomentaz ioni del ricorrente, che fanno leva sul le ragioni de ll'annullamento di tale deliberazione (l'incompetenza dell'organo ch e ha adottato la delibera) e sul carattere asseritamente processuale della pronun cia, non valgono ad infirmare l'obbligo dell'### di conformarsi al giudicato.   Sono infatti irrilevanti le ragioni dell'annullamento della deliberazione della ### n. 407/1999; inoltre, per effetto dell'annullamento di tale provvedimento sono venuti meno il provvedimento con cui erano stati ricondotti al la V qualifica i r estanti t re posti della figu ra professionale di operatore ### nonché gli atti successivi e consequenziali.   10. Il quarto ed il se ttimo motivo, che van no trat tati congiuntam ente per ragioni di connessione, sono inammissibili.   ### orte territoriale ha dato atto del rico noscimento de l demansionamento del ### limitatamente al periodo dal 1.1.2000 al 31.12.2003 da parte della sentenza n. 376/2018 della Corte di Appello di ### ha inoltre evidenziato che non sono state oggetto di critica le statuizioni del Tribunale, la quale ha escluso il demansionamento anche nel periodo dal 2004 al 2010.   Ha poi rilevato che a fronte del complesso argomentativo contenuto nella sentenza di primo grado, il ### si era limitato a riferire, seppure per il periodo in contestazione, di fatti anteriori al 2004, inconferenti rispetto al periodo in esame, senza muovere alcuna specifica critica al convincimento espresso dal Tribunale in ordine alle deposizio ni dei te sti escussi; ha inoltre richiamato le statuizioni del primo giudice, secondo cui le dichiarazioni testimoniali sul presunto mancato espletamento di attività da parte del ricorrente appaiono generiche e compatibili con 8 l'atteggiamento dello stesso ricorrente, di non accettazione e parzial e rifiuto in o rdine all'espletamento delle mansioni assegnate.   La sentenza impugnata, in punto di “svuotamento di mansioni”, ha altresì evidenziato che l'appellante si è rimesso alle dichiarazioni testimoniali (una delle quali, sul trasferimento da solo, senza altro personale, alle ### nemmeno presente nei verbali di causa), senza muovere alcuna specifica critica al convincimento espresso dal Tribunale in ordine alle deposizioni dei testi escussi, ed ha richiamato la decisione del primo giudice, secondo cui le dichiarazioni testimoniali sul pre sunto mancato espletamento di attività da parte de l ### ap paiono generiche e compatibili con l'atteggiamento dello stesso ricorrente, di non accettazione e parziale rifiuto in ordine all'espletamento delle mansioni assegnate; quanto al valore da attribuire alle testimonianze de relato, escluso dal Tribunale, ha inoltre evidenziato che l'appellante non ha indicato rispetto a quali “altre risultanze acquisite al processo” fossero da ritenere fondamentali le suddette deposizioni de relato.   I m otivi, nel sostenere che il ### ha provat o il deman sionamento, riconosciuto dalla sentenza della Corte di Appello di ### n. 376/2018 in relazione al periodo dal 2000 al 2003 e nel lamentare l'omessa disamina del materiale probatorio acquisito agli atti, non si confrontano con tali statuizioni e sollecitano la rivisitazione del fatto attraverso una diversa valutazione delle risultanze istruttorie.   ### il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. S.U. 27 dicembre 2019, n. ### e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).   Deve in proposito rammentarsi che tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatt eso, valu tandole second o il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero a bbia considerato come face nti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione. ( n. 6774/2022).   Si è infatti chiarito che il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt.  115 e 11 6 cod. proc. civ., o pera interamente sul piano dell'apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice di merito configura un errore di fatto che va censurato nei limiti consentiti dall'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. n. 27847/2021). 9 11. Il quinto ed il sesto motivo, da trattarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono inammissibili, in quanto non si confrontano con le statuizioni della decisione impugnata.   La Corte territoriale ha infatti evidenziato che la critica dell'appellante riguardo alle sanzioni disciplinari irrogate si basa sulla circostanza (di cui non vi è traccia nella sentenza di primo grado) che i fatt i conte stati al ### o sarebbero stati determinat i da gr avi negligenze dell'### intimata, le quali avrebbero creato un clima conflittuale all'interno degli uffici; ha infatti evidenziato che la doglianza, per come formulata, non ha scalfito la sentenza impugnata, secondo la quale il provvedimenti erano fondati su fatti oggettivamente riscontrabili in atti e riportati nella medesima sentenza.   Il giudice di appello ha altresì ritenuto che il ### avrebbe dovuto indicare l'errore nel quale sarebbe incorso il giudice di prime cure nel valutare i “fatti oggettivi” oggetto di provvedimento disciplinare, piuttosto che allegare una generica “grave negligenza dell'amministrazione” quale causa del comportamento del ### ha inoltre ritenuto corretti i rilievi del Tribunale, secondo cui con la nota n. 73 7 del 15.4.2009, a firma del dir igente de l II di partimento-gestione finanziaria, tale avocazione si era resa necessaria tenuto conto delle continue discordie (per ultima quella relativa ai buoni pasto del mese di marzo rifiutati dal ###.   Tali statuizioni non sono state censurate.   Inoltre, i suddetti motivi difettano di autosufficienza, in quanto nel lamentare la tardività delle sanzioni e la mancata pubblicazione del codice disciplinare, e nel dedurre che per la sanzione irrogata con nota n. 52501 del 30.10.2009 i fatti addebitati sono da escludere per effetto delle sentenze penali emesse dal Giudice di pace (provvedimenti che la sentenza impugnata non menziona), non riproducono né sintetizzano l'atto di appello, e non lo localizzano.   ### della parte di indicare puntualmente il contenuto degli atti richiamati all'interno delle censure è stato recentemente ribadito dalle ### di questa Corte, sia pure nell'ambito dell'affermata necessità di non intend ere il principio di autosufficienza del ricorso in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza C.E.D.U. Succi e altri c. ### del 28.10.2021 ( SU n. 8950/2022).   12. ### motivo è inammissibile.   Diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, la Corte territoriale non si è infatti pronunciata sulle spese relative agli altri gradi di giudizio ed in ordine alle spese del giudizio di appello ha fatto applicazione del principio di soccombenza.   Deve in proposito rammentarsi che la denuncia di violazione della norma di cui all'art. 91, comma 1, cod. proc. civ., in sede di legittimità trova ingresso solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa (ex multis: Cass. n. 18128 del 2020 e Cass. 26912 del 2020).   13. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.   14. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. 10 15. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R.  115 del 2002, dell'obbligo, per il ricorrente, di versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.  PQM La Corte dichiara l'inammissibilità del ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 3.500,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.   Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.   Così deciso nella ### camerale del 5 marzo 2024.   

causa n. 511/2015 R.G. - Giudice/firmatari: Marotta Caterina, Buconi Maria Lavinia

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Tribunale di Novara, Sentenza n. 213/2024 del 28-10-2024

... conseguentemente, la Corte ha attribuito al dirigente, ritenendone illegittimo il licenziamento, le tutele di cui all'art. 8, l. 604/1966. Tali conclusioni comportano che, salva la ricorrenza di un'ipotesi di nullità radicale del licenziamento, in nessun caso può accogliersi la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro ma che, per contro, la legittimità del recesso va valutata alla stregua della suddetta normativa e non di quella ordinariamente applicabile ai dirigenti. 2. Le contestazioni formali. Esclusione della nullità del licenziamento. Ciò premesso, non ritiene il Tribunale di poter condividere le contestazioni di natura formale, sollevate dalla ricorrente, fatto salvo quanto si dirà più avanti, sulla tardività della contestazione disciplinare relativa ai bilanci. Iniziando da quella potenzialmente più grave, ovverosia la sottoscrizione della lettera di licenziamento da parte di soggetto non legittimato, anche a voler seguire la tesi di parte ricorrente, secondo cui lo ### di ### e il regolamento di funzionamento dell'Ente, comporterebbero che l'atto di recesso sia deliberato, a pena di nullità, dal consiglio di amministrazione, non vi è dubbio che quest'ultimo abbia inteso (leggi tutto)...

testo integrale

### il Tribunale Ordinario di Novara in funzione di giudice del lavoro, nella persona del dott. ### ha pronunciato la seguente ### nella causa di primo grado iscritta al n. r.g. 386/2021 promossa da: ### (c.f. ###), elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso introduttivo; - ricorrente contro ### (c.f. ###), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv.  ###  ### che la rappresenta e difende, giusta procura in calce alla memoria difensiva; - convenuta e contro ### (c.f. ###), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso gli uffici dell'### in ### C.so della ### n. 8, rappresentato e difeso dall'Avv.  ###, giusta procura generale in atti; - terzo chiamato #### individuale per giusta causa - retribuzione i ### delle parti, come sopra costituiti, così #### In relazione al capo A del presente ricorso ### e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per violazione della procedura di cui all'art. 5, comma 2 dell'### H del ### per i ### di ### degli ### di Diritto Pubblico e dei ### di ### (cfr. paragrafo 2 del presente ricorso); ### e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. AIES n. 376/ris del 17 Novembre 2020, per violazione dell'art. 4 del ### del ### dell'### (cfr. paragrafo 3 del presente ricorso); ### e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. AIES n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per violazione dell'art. 1, comma primo del ### per i ### di ### degli ### di Diritto Pubblico e dei ### di ### e dell'art. 7 della Legge 300/1970 (cfr. paragrafo 4 del presente ricorso); ### e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. AIES n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per violazione dell'art. 7 dello Statuto dei ### - indeterminatezza delle contestazioni di cui alla “comunicazione di avvio e contestuale sospensione del procedimento disciplinare” (prot. AIES 58/RISdel 1° Febbraio 2013); ### e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. AIES n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per tardività delle contestazioni stesse rispetto ai termini prescritti dal 3° comma dell'art. 1 -all. H del ### per i ### di ### degli ### di Diritto Pubblico e dei ### di ### In ogni caso accertare e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. AIES n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per totale insussistenza, in capo alla dott.ssa ### dei presupposti alla base delle contestazioni disciplinari relative alle iniziative pubbliche denominate ###, ###, ### e ### - paragrafo II del provvedimento di licenziamento di cui al provvedimento ### n. 376/ris del 17 Novembre 2020; ### altresì e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. ### n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per improcedibilità e/o insussistenza delle contestazioni relative alla materia attinente alla redazione dei bilanci (cfr. par. IV del provvedimento di licenziamento di cui al prot.  376/RIS del 17 Novembre 2020) ### e dichiarare, comunque, la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. ### n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per mancanza di specificità e, comunque, per insussistenza delle contestazioni relative alla iniziativa pubblica ### (cfr. par. V del provvedimento di licenziamento di cui al prot.  376/RIS del 17 Novembre 2020) e, per l'effetto anche di uno solo dei motivi di impugnazione sopra richiamati ### conseguentemente, l'### in persona del ### pro tempore (####), corrente in #### n. 7, all'immediato reintegro della dott.ssa ### con la qualifica di Dirigente del ###; in relazione al ### B del presente ricorso: accertare e dichiarare che la ### a partire dalla adozione del “provvedimento di sospensione obbligatoria dal servizio, ai sensi dell'art. 7 dell'### H del CCNL”, di cui al prot. ### 518/ris del 12 Ottobre 2012, ha omesso di versare alla dott.ssa ### ogni voce retributiva e previdenziale connessa al rapporto di lavoro in essere con la odierna ricorrente; accertare e dichiarare che la dott.ssa ### a partire dal mese di Ottobre del 2012, ha maturato il diritto di percepire - ### (voce, questa, comprensiva di minimo tabellare, scatti di anzianità o aumenti periodici, indennità di funzione, festività, indennità speciale); - Ferie arretrate e non godute, al momento della adozione del provvedimento di sospensione (12 Ottobre 2012); - Indennità sostituiva per ferie non godute, dall'adozione del provvedimento di sospensione ad oggi; accertare e dichiarare che la dott.ssa ### ha maturato il diritto di percepire il rimborso delle spese di difesa (spese legali e dei consulenti tecnici) sostenute nell'ambito del procedimento penale conclusosi, in ### con la sentenza del 30 Ottobre 2019, n. 1392 del Tribunale di ### e nella fase di appello innanzi alla Corte d'Appello di Torino, per complessivi €. 123.085,72; accertare e dichiarare che la dott.ssa ### in conseguenza della illegittima sospensione della retribuzione disposta dall'### non ha potuto usufruire totalmente dei crediti di imposta di cui la odierna ricorrente avrebbe beneficiato (in caso di corretta corresponsione delle retribuzioni da parte del datore di lavoro) per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, per le spese di arredo di immobili ristrutturati, per le spese di interventi finalizzati al risparmio energetico, tutte riportate nelle dichiarazioni dei redditi per gli anni 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2019e 2020, ritualmente prodotte in giudizio; condannare, conseguentemente, l'### in persona del ### pro tempore (####), corrente in #### n. 7, alla corresponsione, a beneficio della dott.ssa ### delle seguenti somme: - €. 1.483.910,12 a titolo di retribuzioni non versate a partire dal mese di Ottobre del 2012 ad oggi (voce, questa, comprensiva di minimo tabellare, scatti di anzianità o aumenti periodici, indennità di funzione, festività, indennità speciale); - €. 15.452,63 Ferie arretrate e non godute, al momento della adozione del provvedimento di sospensione (12 Ottobre 2012); - €. 145.975,87 a titolo di ### sostitutiva ferie non godute dal 2012 al Giugno 2021; - €. 123.085,72 a titolo di rimborso delle spese legali e di consulenza tecnica sostenute nell'ambito del procedimento penale conclusosi, in ### con la sentenza del 30 Ottobre 2019, n. 1392 del Tribunale di ### e nella fase di appello innanzi alla Corte d'Appello di Torino; - €. 107.397,00 a titolo di danno emergente, in relazione alla mancata possibilità, per la dott.ssa ### di usufruire dei crediti di imposta di cui la odierna ricorrente avrebbe beneficiato (in caso di corretta corresponsione delle retribuzioni da parte del datore di lavoro) per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, per le spese di arredo di immobili ristrutturati, per le spese di interventi finalizzati al risparmio energetico, tutte riportate nelle dichiarazioni dei redditi per gli anni 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020, ritualmente prodotte in giudizio - Complessivamente: €. 1.875.821,34 Oltre alle retribuzioni dal provvedimento che disporrà il reintegro, fino all'effettivo reintegro e ad interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo, nonché ad ogni contributo previdenziale ### ed ### con riferimento ai singoli anni di maturazione, e relative integrazioni al ### di ### maturato ed al ### di ### in via subordinata: condannare l'### in persona del ### pro tempore (####), corrente in #### n. 7, alla corresponsione, a beneficio della dott.ssa ### dell'indennità di mancato preavviso, di cui all'art. 61 del ### pari a 10 mensilità, e, quindi, della somma di €. 127.545,00, commisurata alla ultima retribuzione globale di fatto sull'anno completo 2020 (10 mesi su 14), o nella diversa misura, maggiore o minore, che il Giudice riterrà, e relative integrazioni al ### di ### maturato ed al ### di ### In relazione al capo C del presente ricorso In ogni caso, ed indipendentemente dall'annullamento del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### accertare e dichiarare che la dott.ssa ### in relazione agli anni 2007, 2008, 2009 e 2010, aveva percepito dall'### a titolo di compensi per l'espletamento di lavoro straordinario e per compiti superiori alle funzioni di competenza (riconosciuti al ### ed impiegatizio in forza di ### del Consiglio di ### dell'### 23/12/1968, n. 8, successivamente integrata con ### del Consiglio d'amministrazione 20/12/1990 n. 24/G) l'importo di €.  178.334,00; accertare e dichiarare che l'importo di cui al punto superiore veniva versato, per richiesta della dott.ssa ### sulla polizza assicurativa n. 5211/P, sottoscritta dall'### con ### S.p.a. - ### S.p.a. e denominata “convenzione collettiva di capitalizzazione”, accertare e dichiarare che l'### ometteva di versare alla dott.ssa ### le somme che la ### S.p.A. -### / ### S.p.a.  aveva liquidato in relazione alla polizza assicurativa n. 5211/P denominata “convenzione collettiva di capitalizzazione”, pari a non meno di €. 178.334,00 e, comunque, per l'importo che dovrà essere accertato in corso di causa; accertare e dichiarare che la dott.ssa ### ha maturato, a titolo di compensi per l'espletamento di lavoro straordinario e per compiti superiori alle funzioni di competenza, per l'intero anno 2011 e per 9 mesi dell'anno 2012 (fino al 4 Ottobre 2012, data dell'esecuzione del provvedimento degli arresti domiciliari) l'importo di €.  88.489,00; condannare l'### in persona del ### pro tempore (####), corrente in #### n. 7, alla corresponsione, a beneficio della dott.ssa ### delle seguenti somme: in via principale: importo non inferiore ad €. 178.334,00 per lavoro straordinario e compiti superiori alle funzioni di competenza per gli anni 2007, 2008, 2009 e 2010, e da accertare in corso di causa, per come liquidati dalla ### S.p.a. (ora ### S.p.a.) all'### in forza della polizza n. 5211/P, denominata “convenzione collettiva di capitalizzazione”, oltre ad interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo, decorrenti dalla liquidazione della polizza; in via subordinata: importo di €. 178.334,00 per lavoro straordinario e compiti superiori alle funzioni di competenza per gli anni 2007, 2008, 2009 e 2010, e da accertare in corso di causa, oltre ad interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo; in ogni caso, e in aggiunta agli importi di cui ai punti precedenti: €. 88.489,00 per l'espletamento di lavoro straordinario e per compiti superiori alle funzioni di competenza, per l'intero anno 2011 e per 9 mesi dell'anno 2012 (fino al 4 Ottobre 2012, data dell'esecuzione del provvedimento degli arresti domiciliari), oltre ad interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo. 
In ogni caso per le somme che il Giudice del ### riterrà dovute a favore della ricorrente con liquidazione degli interessi ex art.1284 IV comma c.c. e rivalutazione dal dovuto al saldo. 
Con vittoria di spese e onorari di causa, comprensivi del rimborso forfetario ex art.2 D.M. n.55/2014 ed oneri di legge, I.V.A. e C.P.A.e contributo unificato come di legge.  ### (di seguito ###: In via preliminare, di rito, - disporsi per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva la riunione della presente causa con la causa ### 649/2021 Giudice Dr. ### Ud. 31 maggio 2022 In via preliminare, di merito, - accertarsi l'intervenuta prescrizione quinquennale (ovvero, in subordine, decennale) in relazione a tutti i titoli ex adverso azionati rispetto ai quali non sia intervenuto idoneo atto interruttivo; In ogni caso, nel merito, rigettarsi il ricorso e tutte le domande in esso avanzate in quanto del tutto infondate, in fatto ed in diritto. 
In subordine, nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento anche solo parziale delle avversarie domande, disporsi la compensazione degli importi ritenuti dovuti con le maggior somme che verranno eventualmente accertate e liquidate in favore di ### nell'ambito del procedimento RG 649/2021 Giudice Dr. ### Ud. 31 maggio 2022, di cui si chiede la riunione ### Piaccia al Tribunale Ill.mo adito giudicare sulle domande proposte da #### e, per il caso che ne sussistano i presupposti, dichiarare con sentenza l'entità della base retributiva a carico di ### con riserva dell'### di determinare l'esatto ammontare dei contributi previdenziali e dei relativi oneri accessori secondo il regime vigente in materia previdenziale. 
Spese come per legge. 
FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato in data ###, ### ricorreva al Tribunale di ### in funzione di giudice del lavoro, per sentire accogliere le sopra indicate conclusioni. 
La ricorrente premetteva di agire in opposizione al licenziamento per giusta causa intimatole il ### (doc. 1 ric.) e dalla stessa tempestivamente impugnato. Il provvedimento espulsivo si era fondato sulle risultanze di un complesso procedimento penale. 
In particolare, riferiva che il ###, le era stata applicata la misura degli arresti domiciliari (doc. 6 ric.) e conseguentemente, ### il ###, aveva disposto la sospensione obbligatoria dal servizio (doc. 7 ric.). In seguito alla cessazione della misura, il ###, la ricorrente aveva ricevuto notificazione dell'ordinanza presidenziale recante la sospensione facoltativa dal servizio e dalla retribuzione, ai sensi dell'art. 8 all. H ### (doc. 8 ric.). Il ###, la convenuta, richiamando integralmente il contenuto dell'ordinanza cautelare, aveva notificato alla ricorrente il provvedimento di avvio e contestuale sospensione del procedimento disciplinare (doc. 9 ric.), in attesa dell'esito di quello penale. 
In data ###, a seguito dell'emissione del decreto che disponeva il giudizio (doc. 4 ric.), ### aveva inviato alla ricorrente una nuova comunicazione di avvio e contestuale sospensione del procedimento disciplinare, integrativa della precedente, con espresso riferimento ai capi d'imputazione A, D, E, F, G, H, I, J, M, N, O, P, Q, EE e QQ (doc. 10 ric.).
Con sentenza 30.10.2019-28.1.2020 (doc. 5 ric.), il Tribunale di ### aveva assolto la ricorrente dai reati ascritti ai capi A, B, M, N, U, V, X, Y, EE, GG, MM, NN, OO e PP perché il fatto non sussiste, da quelli ascritti ai capi Q, BB, DD e HH perché il fatto non costituisce reato e aveva dichiarato non doversi procedere in ordine ai capi D, E, F, G, H, I, J, L, O, P, R, S, T, FF, II, LL, QQ e RR, per intervenuta prescrizione. 
Depositata la motivazione della sentenza penale, il ###, ### aveva comunicato alla ricorrente, richiamando le precedenti contestazioni, la prosecuzione del procedimento disciplinare, con particolare riferimento ai fatti di cui ai capi di imputazione D, E, F, G, H, I, J, L, O, P, Q e QQ e la sua sospensione, in attesa del passaggio in giudicato della sentenza. Quest'ultima era stata, poi, impugnata dalla ### generale presso la Corte d'appello di Torino, il ###, limitatamente ai capi A e Q. 
Il ###, ### aveva notificato alla ricorrente il provvedimento di riavvio del procedimento disciplinare, ai sensi dell'art. 10, secondo comma, all. H ### (doc. 13 ric.), nel quale aveva integrato e specificato le contestazioni, in riferimento a: - iniziative ###, ###, ###, ###, in relazione alla falsificazione delle rendicontazioni delle ore lavorate (capi D, E, F, G, H, I); - iniziativa ### (capi O e P), contestazione poi abbandonata; - bilanci ### dal 2005 al 2011 (capo QQ); - iniziativa ### (capi J-L).   Il ###, per mezzo del proprio ### la ricorrente aveva reso le proprie giustificazioni (doc. 14 ric.).   Il ###, in seguito all'esperimento del procedimento di cui all'art. 5, comma 2, all. H ### la ricorrente era stata licenziata per giusta causa.   Agiva, in questa sede, per sentir accertare l'illegittimità del recesso datoriale, per ragioni formali e sostanziali.   Lamentava, in primo luogo, la violazione dell'art. 5, comma 2, all. H ### in relazione ai vizi procedurali che avrebbero inficiato i lavori della ### prevista dalla citata clausola contrattuale, consistenti, in particolare, nella convocazione a opera di ### e non del presidente, dello svolgimento dei lavori presso la sede ###la partecipazione del segretario di ### la ### inoltre, si era limitata a un esame formale degli atti del procedimento disciplinare, senza entrare nel merito dello stesso. Riteneva che la nullità dei lavori della ### predetta avesse inficiato l'intero svolgimento del successivo procedimento disciplinare.   In secondo luogo, riteneva la nullità del licenziamento in quanto la ### per il personale aveva dato mandato Presidente e al direttore generale di ### di procedere al recesso, in supposto contrasto con l'art. 39 dello statuto di ### (docc. 18- 19 ric.) e del ### V, art. 4, del regolamento di funzionamento dell'Ente (doc. 20 ric.), che riservava al c.d.a. i provvedimenti disciplinari nei confronti del personale di ruolo, tra cui rientrava la ricorrente (docc. 21-22 ric.). A suo avviso, infatti, essa, con il riconoscimento dello status “di ruolo”, aveva acquisito il diritto alla stabilità ex art. 81 ### Argomentava, quindi, che il suo licenziamento era illegittimo, in quanto non deliberato dal c.d.a.   In terzo luogo, deduceva la nullità del licenziamento per violazione dell'art. 1 ### e dell'art. 7 St. lav., per mancata adozione di un codice disciplinare da parte di ### e comunque per la sua omessa affissione.   Lamentava, in quarto luogo, l'indeterminatezza delle contestazioni di cui alla nota del 1.2.2013, integrata, da ultimo con provvedimento del 12.6.2020. Riteneva che l'avvio del procedimento disciplinare fosse stato integrato esclusivamente dalla prima nota del 2013, contenente la contestazione e che essa fosse nulla per la sua assoluta genericità, tale da impedire una compiuta difesa della lavoratrice. Qualunque successiva integrazione avrebbe costituito un'inammissibile modificazione della prima contestazione, che espressamente eccepiva.   Denunciava, in quinto luogo, la tardività della comunicazione di avvio del procedimento disciplinare del 1.1.2013, per violazione del termine di 30 giorni di cui all'art. 1, terzo comma, all. H ### pur essendo ### a conoscenza degli addebiti fin dall'ordinanza applicativa degli arresti domiciliari dell'ottobre 2012 e di quella del 12.6.2020, posto che le motivazioni della sentenza penale erano state depositate il ###.   Nel merito, contestava la fondatezza degli addebiti, che precisava essere stati direttamente tratti dai capi di imputazione, riportati nel decreto che disponeva il giudizio, affermando la propria totale estraneità alle condotte contestate.   Quanto alle rendicontazioni delle ore lavorate dal personale nelle iniziative ###, ###, ### e ###, evidenziava che la contestazione si era limitata a riprodurre i capiti di imputazione da D a I, nonostante l'assenza di accertamento di responsabilità della ricorrente in sede penale. Allegava l'inattendibilità delle registrazioni nel sistema informatico di ### (###, l'assenza di danno per gli enti finanziatori, l'estraneità della suddetta attività di rendicontazione dai compiti della dirigente (essendo la stessa in carico al ### operativo bonifica e procedure), tanto che la stessa non aveva mai sottoscritto le dichiarazioni trasmesse agli enti finanziatori, né l'ufficio da lei diretto aveva ricevuto i documenti contenenti le suddette rendicontazioni, non facendo gli stessi parte della contabilità. Di fatto, sosteneva che la registrazione delle ore lavorate era rimessa alla buona volontà dei singoli e che i prospetti estratti dal sistema informatico di ### erano incompleti, citando gli esiti dell'istruttoria svolta in sede penale e della consulenza di parte ivi prodotta (doc. 27 ric.), che aveva evidenziato la mancata registrazione delle ore lavorate da fondamentali figure professionali. In ogni caso, deduceva che non vi fosse alcun obbligo legale, né ordine datoriale, per i dipendenti di registrare le ore lavorate per le singole iniziative e che ### fosse soltanto tenuta a indicare il costo del personale forfettariamente, ovvero attraverso valutazioni di massima. La rendicontazione analitica era stata inviata, su iniziativa altrui, per mera finalità di trasparenza e le correzioni alle risultanze del sistema ### erano state rese necessarie dall'incompletezza delle registrazioni.   Negava di aver minacciato di licenziamento ### non avendone il potere. 
Riteneva, peraltro, che le dichiarazioni rese da quest'ultimo fossero imprecise, oltre che non riferibili ad alcuna irregolarità contabile consumata, trattandosi di richieste di anticipazioni per spese da sostenere e non saldo di iniziative da chiudere.   Per altro verso, sottolineava che le rendicontazioni erano state inviate al MEF con nota protocollata il ### e inviata il ###, mentre la ricorrente era rientrata al lavoro il ###, dopo tre mesi di assenza per malattia (doc. 29 ric.).   Negava la propria responsabilità sul sistema ### la cui creazione era stata appaltata a una società terza e in generale sulla contabilizzazione delle ore dedicate alle iniziative pubbliche, la quale era affidata al ### operativo bonifica e procedure, incaricato di fornire i dati per la predisposizione dei bilanci della gestione speciale bonifica.   Contestava altresì l'accusa per cui con le suddette rendicontazioni si sarebbe realizzato un raggiro in danno del ### in quanto fondata sull'assunto (a suo dire indimostrato) per cui le spese realmente sostenute da ### sarebbero state inferiori a quelle dichiarate.   Eccepiva, quindi, l'improcedibilità della contestazione relativa alla redazione dei bilanci degli anni 2009-2011 (irregolarità nella gestione dei residui attivi e passivi) poiché, a seguito della contestazione dell'addebito con nota datata 8.8.2014 (doc. 32 ric.), ella aveva domandato l'esibizione di documentazione a propria difesa con nota datata 4.9.2014 (doc. 33 ric.) e l'istanza era stata rigettata (doc. 35 ric.). La stessa, con nota datata 10.9.2014, unitamente alle giustificazioni, aveva richiesto l'audizione personale (doc. 34 ric.), istanza ribadita il ### (doc. 36 ric.). ### non aveva fornito più alcuna risposta. Dal che ella desumeva l'avvenuto abbandono del procedimento disciplinare relativo a tali presunte condotte e sosteneva l'inammissibilità della riproposizione delle medesime contestazioni, a distanza di sei anni.   Sul punto, poi, rilevava che ### si era limitata a riproporre il contenuto del capo di imputazione QQ, in relazione al quale non vi era stato alcun accertamento di responsabilità in sede penale. La lettera di licenziamento aveva, poi, risposto apoditticamente alle giustificazioni, sostenendo che ogni contestazione avrebbe dovuto essere svolta in sede ###di procedimento disciplinare.   Nel merito, osservava che, sebbene fosse stata lei a predisporre le bozze dei rendiconti consuntivi contestati, a eccezione di quello relativo alla ### speciale bonifica, la loro approvazione era avvenuta a opera dell'### dei delegati, previa sottoposizione a revisione contabile.  Quanto alle condotte contestate, rinviava alla relazione tecnica del CT della difesa dott. ### (doc. 37 ric.), a confutazione della tesi del consulente del PM. Sosteneva che quest'ultimo aveva indebitamente applicato i principi contabili relativi alle società commerciali, che non aveva considerato che tali documenti non erano bilanci, ma rendiconti e che agli stessi non avrebbero dovuto applicarsi le regole previste dal codice civile e dai principi contabili. Reclamava la correttezza dell'applicazione del principio di prudenza, nella redazione dei bilanci, anche in considerazione della natura dell'attività svolta da ### che richiedeva la capacità finanziaria per far fronte a eventi improvvisi.   Evidenziava, comunque, di non aver mai realizzato riserve occulte, né posto in essere ammanchi o distrazioni di fondi consortili e che i rendiconti successivi alla sospensione dal lavoro della ricorrente erano stati redatti secondo con gli stessi criteri, da parte di altri soggetti.   Contestava la tesi per cui ella avrebbe creato riserve occulte, dissimulando gli utili di esercizio, richiamando i pareri dei ### e ### resi nel processo penale (docc. 39-40 ric.). I consulenti avevano rappresentato la necessità di creare accantonamenti per far fronte alle necessità di manutenzione delle opere, attingendo alle eccedenze della gestione ordinaria e rilevato che, comunque, i residui non erano stati occultati, ma risultavano nella cassa esposta a bilancio.   Richiamava l'opinione del ### in relazione alle contestazioni relative a spese inesistenti o maggiorate e quella del ### sulle iscrizioni a bilancio di investimenti e partecipazioni.   Negava, poi, la fondatezza del presunto movente di occultare le condizioni floride del ### agli associati e agli enti finanziatori.   In ogni caso, sottolineava che la competenza per l'approvazione della bozza di bilancio era del consiglio di amministrazione, ai sensi dello statuto di ### Lamentava il difetto di specificità della contestazione concernente l'iniziativa ### e la sua indebita integrazione nel provvedimento di licenziamento.   Nel merito, evidenziava trattarsi della trasposizione in sede disciplinare dei capi d'imputazione J e L, in relazione a cui deduceva la propria totale estraneità, trattandosi, ancora una volta, di rendicontazioni di ore lavorate, trasmesse alla ### Richiamava la deposizione del teste ### nel processo penale (doc. 43 ric.).   In conseguenza dell'illegittimità del licenziamento, chiedeva il riconoscimento di euro 1.483.910,12 a titolo di retribuzioni non corrisposte nel periodo di sospensione, come da conteggio, che produceva sub doc. 44, comprendente il minimo tabellare, gli scatti di anzianità, l'indennità di funzione, le festività, l'indennità speciale (doc. 49 ric.), che qualificava come superminimo, poiché erogato in via fissa e continuativa.   Domandava, inoltre, la corresponsione della somma di euro 15.452,63 a titolo di indennità per ferie arretrate nel periodo lavorato e di euro 145.945,87 per ferie non godute nel periodo di sospensione (dal 2012 al giugno 2021).  In relazione a tali voci retributive, domandava altresì il pagamento delle differenze contributive.   Richiamando il disposto dell'art. 36 ### dirigenti consorzi di bonifica, chiedeva il rimborso delle spese sostenute per difendersi nel processo penale, come da fatture che produceva, per un totale di euro 123.085,72.   Chiedeva il risarcimento del danno che asseriva esserle derivato dalla mancata fruizione delle detrazioni fiscali per il recupero del patrimonio edilizio, che quantificava in euro 107.397 (docc. 67-68 ric.).   ### agiva per ottenere la corresponsione degli importi corrisposti al personale dirigente per compiti superiori e per l'espletamento di straordinari. Richiamava il combinato disposto delle delibere del c.d.a di ### 23.12.1968, n. 8, 20.12.1990, 24/G e del provvedimento n. 1 del 9.2.1996 della commissione del personale (docc. 69- 70-55). Precisava che, di anno in anno, il direttore generale proponeva al presidente di ### la modalità di quantificazione dei suddetti compensi (docc. 71-72 ric., riferiti agli anni 2007 e 2008) e quest'ultimo la approvava. Essa era, di fatto, rimasta analoga di anno in anno (docc. 73-74 ric.).   Su richiesta degli interessati, tali emolumenti erano stati versati sulla polizza RAS n. 5211/P (doc. 75 ric.), intestata ad ### ma a favore dei dirigenti. La ricorrente si era avvalsa di tale facoltà e aveva ottenuto varie liquidazioni, possibili ogni cinque anni (docc. 76-77-78 ric.). Per gli anni dal 2007 al 2010, alla ricorrente era stato erogato l'importo di euro 178.334 per il titolo summenzionato, versati sulla polizza ### unitamente alle somme per il 2011 e il 2012. Domandava, quindi, la corresponsione dell'importo riveniente dalla polizza, riscattato da ### Si costituiva ### con memoria difensiva depositata il ###. 
Argomentava, innanzitutto, circa la natura obbligatoria, ma non vincolante, del parere della commissione di cui all'art. 5, comma 2, lett. h ### confrontando le clausole applicabili nel caso di specie con quelle previste per dirigenti pubblici di altri settori. Evidenziava trattarsi di rapporto di impiego privato, in relazione a cui non avrebbe potuto spogliarsi il datore di lavoro del potere di recesso, previsto dall'art. 2119 c.c. Negava, in ogni caso, la sussistenza dei vizi procedimentali, lamentati dalla ricorrente, rilevando che la convocazione era stata inviata da ### su iniziativa del presidente della commissione e che la riunione si era tenuta presso la sede di ### stante l'indisponibilità delle strutture regionali per ragioni sanitarie connesse all'emergenza pandemica. Osservava, poi, che la norma contrattuale nulla imponeva, circa il contenuto del parere. 
Quanto all'eccezione relativa al soggetto che aveva irrogato il licenziamento, evidenziava l'antinomia sussistente tra l'art. 39 dello statuto ### che attribuiva tale competenza alla commissione del personale, su proposta del direttore generale e l'art. 4 del capo IV del regolamento ### che riservava al consiglio di amministrazione i provvedimenti disciplinari, riguardanti il personale di ruolo. Riteneva che lo statuto dovesse necessariamente prevalere sul regolamento, adottato con delibera consiliare. 
Per altro verso, riteneva che la delibera del c.d.a (doc. A conv.) che aveva conferito mandato al ### per resistere nel presente giudizio, costituisse ratifica del licenziamento stesso. 
Quanto alla mancata affissione del codice disciplinare, osservava che le violazioni contestate riguardavano la violazione di norme penali, sì da rendere superflua tale forma di pubblicità. 
Replicava all'eccezione di indeterminatezza della contestazione disciplinare richiamando le clausole di cui agli artt. 9 e 10 ### che, a suo dire, imponevano la sospensione del procedimento disciplinare, fino a conclusione di quello penale e legavano inscindibilmente le sorti del primo a quelle del secondo, imponendo la coincidenza della contestazione disciplinare con i fatti accertati in sede penale. 
Pertanto, la comunicazione di avvio e sospensione del procedimento disciplinare del 1.2.2013 non conteneva il dettaglio dei fatti contestati, in quanto gli elementi ricavabili dall'ordinanza cautelare erano ancora insufficienti e solo con la contestazione del giugno 2020 la ricorrente era stata chiamata a rendere le proprie giustificazioni. 
Anche l'immutabilità avrebbe dovuto valutarsi soltanto tra la contestazione definitiva del 2020 e il provvedimento di licenziamento e non già in relazione a quelle precedenti. 
Quanto alla tempestività, rilevava che il procedimento era stato tempestivamente aperto e sospeso, che non vi era stata alcuna violazione del diritto di difesa della ricorrente, la quale aveva potuto difendersi nel processo penale, che il termine di 30 giorni di cui all'art. 1, comma 3, all. H ### decorreva dalla completa conoscenza del fatto, non predicabile in seguito alla sola ordinanza cautelare e che nemmeno sussisteva la tardività in seguito al passaggio in giudicato della sentenza, che la dirigente non aveva notificato al consorzio, così impedendo il decorso del termine decadenziale. 
Contestava la domanda attorea di pagamento delle retribuzioni relative al periodo di sospensione, sostenendo che esse non erano dovute, stante la mancata offerta di prestazione lavorativa. In ogni caso, riteneva che le tutele conseguibili, trattandosi di rapporto di lavoro dirigenziale, fossero soltanto quelle previste dal ### di riferimento. 
Rammentava che quest'ultimo (all. H) prevedeva il diritto alle retribuzioni nel periodo di sospensione, soltanto in caso di assoluzione con formula piena o mancata riattivazione del procedimento disciplinare entro 30 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza penale. 
Quanto ai conteggi della retribuzione, deduceva: - che nel 2013 la ricorrente avesse percepito, non avendone diritto, l'importo di euro 28.945,20 a titolo di assegno alimentare; - che l'indennità speciale (euro 885.866,35) non costituisse un superminimo e pertanto non fosse dovuta, essendo subordinata allo svolgimento di compiti superiori e di lavoro straordinario; - che l'indennità sostitutiva delle ferie non fosse dovuta, stante la mancata prestazione lavorativa nel periodo di sospensione.   Evidenziava il carattere eventuale del compenso per lavoro straordinario e compiti superiori e comunque ne negava la spettanza, non essendo stati assegnati alla ricorrente compiti superiori alle proprie funzioni. Confermava l'avvenuto versamento del suddetto compenso, per gli anni dal 2007 al 2010, nella polizza ### su richiesta della ricorrente, precisando che aveva, poi, provveduto a modificare l'indicazione del beneficiario nella stessa ### sicché la ricorrente non avrebbe avuto diritto ad alcun importo. Per gli anni 2011-2012, contestava l'assenza di prove dello svolgimento di compiti superiori alle funzioni di competenza.   Negava la debenza del rimborso delle spese legali, richiamando l'art. 36 ### e ritenendo che fosse stato accertato il dolo o la colpa grave. Eccepiva, comunque, che il rimborso avrebbe potuto essere attribuito nei soli limiti delle tariffe medie. Contestava l'avversaria domanda, osservando che era stato chiesto il rimborso di tutte le spese indistintamente, che non vi era il parere di congruità degli organismi professionali e che non era noto il criterio di quantificazione.   Contestava altresì la domanda di danno fiscale, affermando la legittimità della sospensione, negando la riferibilità del presunto danno al fatto di ### ex art. 1223 e la sussistenza della prova del diritto di credito e della sua quantificazione.   Argomentava, quindi, sulla natura dirigenziale del rapporto di lavoro con la ricorrente e la particolare rilevanza del vincolo fiduciario, rammentando le mansioni della dirigente, ai sensi dell'art. 11 del capo V del regolamento ### Nel merito del licenziamento, riteneva che la fondatezza degli addebiti, ciascuno dei quali sufficiente a fondare il recesso, fosse stata accertata, con efficacia di giudicato, in sede ###particolare, quanto alle rendicontazioni delle iniziative ###, ###, ### e ###, la sentenza penale, ad avviso della convenuta, aveva accertato che la ricorrente aveva concorso con altri dipendenti a fornire sistematicamente, agli enti finanziatori, rendicontazioni false circa le ore di lavoro del personale ### impiegato nell'esecuzione delle opere.   Sul punto, riteneva, innanzitutto, che la ricorrente, in quanto responsabile dei sistemi informatici e del bilancio dell'associazione, aveva partecipato alla redazione dei consuntivi, che il periodo a cui si riferivano le rendicontazioni false andava dal 2005 al 2011 e che in ogni caso, la ricorrente aveva partecipato a mantenere in essere la prassi di inviare agli enti rendicontazioni false. Citava quanto dichiarato dai testi ### e ### nell'udienza penale del 17.5.2019, nonché le intercettazioni eseguite nel corso delle indagini (doc. 28 conv.), allegando un ruolo attivo della dirigente nella condotta in questione, tanto da minacciare di licenziamento un dipendente, nel caso in cui le avesse rivelate. Nel dettaglio, il fatto era consistito nella comunicazione di ore in numero superiore a quello risultante dal sistema informatico ### Tanto era stato accertato, grazie all'esame di documentazione extracontabile, reperita dalla ### di finanza, in occasione della perquisizione della sede di ### come riferito dal teste ### nel processo penale.   Citava, quindi, ampi stralci della sentenza penale, relativamente all'alterazione delle rendicontazioni e alla consapevolezza degli imputati. Produceva, quindi, i verbali delle dichiarazioni rese, da vari soggetti, alla PG (docc. 35-65 conv.). Allegava che la falsità aveva comportato il blocco dei rimborsi, da parte degli enti finanziatori.   Quanto alla contestazione relativa ai bilanci ### dal 2005 al 2011, richiamava le conclusioni del CT della ### (doc. 98 conv.), secondo il quale essi erano stati redatti in spregio ai principi contabili e si erano caratterizzati per gravi irregolarità, consistenti, in particolare, nella creazione di riserve occulte, impiegate in acquisizioni di partecipazioni commerciali e finanziamenti alle società partecipate. Tali irregolarità, ad avviso del CT, “sarebbero emerse facilmente dal controllo della contabilità e delle poste più importanti dei bilanci”, caratterizzati da “evidenti anomalie e macroscopiche incongruenze”.   Quanto alla contestazione relativa all'iniziativa ### richiamava, ancora, la testimonianza di ### in sede penale (doc. 26 ric.).   Riteneva, pertanto, che la creazione di rendicontazioni false, la redazione di un bilancio con gravi irregolarità e la minaccia di licenziamento nei confronti di un dipendente che aveva osservato l'esistenza di irregolarità, costituissero giusta causa di licenziamento.   In ogni caso, evidenziava trattarsi di rapporto di lavoro dirigenziale, caratterizzato da licenziabilità ad nutum.   Fallito il tentativo di conciliazione, stante la domanda di regolarizzazione contributiva, veniva disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'### e ordinata alla convenuta l'esibizione dei provvedimenti del Presidente e/o del ### generale, di autorizzazione all'erogazione dei compensi per compiti superiori e lavoro straordinario (che ### dichiarava di non aver reperito), negli anni dal 2007 al 2011 e della liquidazione della polizza RAS 5211/P, con specificazione degli importi relativi all'attività lavorativa di ### (che veniva esibita) Per il resto, si dava atto della presenza in atti del copioso materiale istruttorio derivante dal processo penale, tale da rendere superflua l'ulteriore escussione di testi.   Si costituiva l'### con memoria difensiva depositata il ###.   L'### svolgeva osservazioni circa la prescrizione dei contributi previdenziali, ai sensi dell'art. 3, l. n. 335/1995 e sul calcolo della retribuzione imponibile, rimettendosi al Tribunale sulla fondatezza delle domande attoree e riservandosi di determinare, in caso di accoglimento, i contributi dovuti in via amministrativa.  Stante la complessità e molteplicità degli argomenti delle parti, la discussione veniva svolta in varie udienze, fissate secondo apposito calendario e all'esito, la causa veniva decisa, non definitivamente, mediante lettura del dispositivo della presente sentenza.  ***  1. Premessa: criteri di valutazione della legittimità del licenziamento. Il ricorso è fondato e va accolto nei limiti che seguono.   Deve essere innanzitutto trattata la questione della legittimità del licenziamento, dalla cui decisione dipende l'esito di quasi tutte le restanti domande. Prima di esaminare i singoli motivi di recesso e contestazione dello stesso, è necessario svolgere una premessa circa la normativa applicabile nel caso di specie, al fine di individuare il criterio di valutazione della legittimità del licenziamento e le tutele applicabili.   È pacifico e documentalmente dimostrato che la ricorrente fu assunta dalla convenuta, come funzionaria, dal 1.10.1993 (doc. 45 ric.), promossa dirigente dal 1.10.1995 (doc. 47 ric.) e al momento del licenziamento (provvedimento del 17.11.2020, con decorrenza dal 1.2.2013, doc. 1 ric.) aveva qualifica di dirigente e mansioni di responsabile amministrativo-contabile di ### La natura dirigenziale del rapporto di lavoro, al momento della sua cessazione, non è stata oggetto di controversia.   Trattasi, peraltro, di un rapporto soggetto a disciplina assai peculiare, prevista dal ### per i dirigenti dei consorzi di bonifica (doc. 2 ric.), la cui applicabilità risulta parimenti pacifica, sulla base di quanto riferito dalle parti e dall'intero compendio documentale in atti.   Sul punto, deve essere richiamata la recente sentenza della Corte d'appello di Torino n. 130/2023 (r.g. n. 1/2023), resa in un caso riguardante altro dirigente dello stesso consorzio, con applicazione del medesimo ### Il Tribunale condivide tale precedente e intende conformarsi ad esso, nel decidere la presente causa. Ricostruendo i limiti contrattuali al recesso datoriale, la Corte ha osservato che “La sicura appartenenza alla categoria dirigenziale di per sé escluderebbe la possibilità del repechage in quanto incompatibile con la posizione dirigenziale assistita dal regime di libera recedibilità del datore di lavoro come costantemente ritenuto dal giudice di legittimità (cass. 2895/23; 21748/10). 
Occorre tuttavia esaminare la disciplina contrattuale invocata dal reclamante e prevista dall'art. 57 lett i) ccnl. La norma contrattuale elenca le cause di risoluzione del rapporto di lavoro dirigenziale e, alla lettera i), include “il recesso del ### dal rapporto a tempo indeterminato nei limiti e con le modalità stabiliti dalla legge 15 luglio 1966, n. 604.” Ritiene il collegio di dover condividere l'opzione interpretativa suggerita dal reclamante: nel richiamare la legge 604/66 le parti collettive hanno infatti chiaramente inteso assoggettare il recesso datoriale all'impianto normativo della legge 604/66 nel suo insieme tant'è vero che il richiamo testuale alla legge è operato sia con riferimento ai limiti (termine incompatibile con la libera recedibilità del rapporto) sia con riferimento alle modalità. 
In caso di dubbi interpretativi è necessario applicare ai sensi dell'art. 1367 c.c. il criterio della conservazione del negozio giuridico: l'interpretazione proposta dalla reclamata, tesa a valorizzare l'impedimento legale previsto dall'art. 10 legge 604/66, comporterebbe la sostanziale abrogazione della clausola contenuta nella lettera i) che resterebbe priva di significato ed effetti.  ### interpretazione consentita, aderente al tenore letterale della clausola contrattuale, è quindi quella di attribuire alla clausola stessa l'effetto di assoggettare il recesso ai limiti stabiliti dalla legge 604/66 con conseguente applicabilità alla fattispecie dell'obbligo di repechage quale secondo elemento costitutivo della legittimità del recesso datoriale”. Nella stessa sentenza, conseguentemente, la Corte ha attribuito al dirigente, ritenendone illegittimo il licenziamento, le tutele di cui all'art. 8, l.  604/1966.   Tali conclusioni comportano che, salva la ricorrenza di un'ipotesi di nullità radicale del licenziamento, in nessun caso può accogliersi la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro ma che, per contro, la legittimità del recesso va valutata alla stregua della suddetta normativa e non di quella ordinariamente applicabile ai dirigenti.  2. Le contestazioni formali. Esclusione della nullità del licenziamento. Ciò premesso, non ritiene il Tribunale di poter condividere le contestazioni di natura formale, sollevate dalla ricorrente, fatto salvo quanto si dirà più avanti, sulla tardività della contestazione disciplinare relativa ai bilanci.   Iniziando da quella potenzialmente più grave, ovverosia la sottoscrizione della lettera di licenziamento da parte di soggetto non legittimato, anche a voler seguire la tesi di parte ricorrente, secondo cui lo ### di ### e il regolamento di funzionamento dell'Ente, comporterebbero che l'atto di recesso sia deliberato, a pena di nullità, dal consiglio di amministrazione, non vi è dubbio che quest'ultimo abbia inteso ratificare e fare proprio il licenziamento. Si legge, infatti, nella delibera con cui è stato conferito il mandato al ### della convenuta (doc. A conv.) che è “pertanto interesse dell'Ente ottenere in sede giudiziaria la conferma dei provvedimenti disciplinari di licenziamento”, espressione che univocamente denota il consenso del Consiglio rispetto alla determinazione presidenziale di recesso (doc. 1 ric.).   In relazione alla presunta carenza di potere rappresentativo in capo al soggetto che sottoscrisse la lettera di licenziamento, possono, quindi, richiamarsi le argomentazioni già spese da questo Tribunale nella sentenza n. 129/2022, per cui “si ritiene peraltro assorbente la considerazione che, in applicazione analogica alla rappresentanza organica del principio stabilito dall'art. 1399 c.c. per la rappresentanza volontaria ( Cass., n. 2681/1993), nonché dell'applicabilità del suddetto art. 1399 c.c. anche ai negozi unilaterali, come il licenziamento, in virtù dell'art. 1324 c.c., che, facendo salve diverse disposizioni, estende a tali atti le norme, in quanto compatibili, regolanti i contratti (cfr. Cass. n. 1250/1985; n. 11733/1997; n. 28514/2008), il licenziamento deve intendersi ratificato dalla società, quantomeno, tramite la memoria di costituzione depositata nel presente giudizio, così soddisfacendo per la ratifica il requisito di pari forma rispetto all'atto da ratificare previsto dall'art. 1399 c.c.”. La correttezza di tale percorso argomentativo ha trovato, peraltro, ampi riscontri motivazionali, anche di recente, nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., sez. lav., 4.7.2019, n. 17999, cui si rinvia anche ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c.). Si deve, in proposito, ancora rammentare che non è affatto contestata la riferibilità dell'atto di recesso alla datrice di lavoro, quanto, piuttosto, la sua sottoscrizione a opera di un soggetto che si asserisce privo del relativo potere.  3. Ulteriori contestazioni formali. Assorbimento. Le restanti eccezioni di tipo procedimentale si incentrano su presunte violazioni dell'allegato H al ### (doc. 2 ric.), il quale regola il procedimento disciplinare. Esse, pertanto, non sono nemmeno astrattamente idonee a determinare la radicale nullità del recesso, ma concretano denunce di vizi formali dello stesso, suscettibili, ove fondati, di dare luogo alla declaratoria della sua illegittimità. Nessuna delle norme asseritamente violate è, infatti, sanzionata con la nullità assoluta, né tale gravissima sanzione può essere ricavata in via interpretativa.   Le restanti doglianze, suscettibili di riverberarsi sulla regolarità formale del procedimento, restano assorbite dalle conclusioni relative al merito del recesso, che di seguito si esporranno. La disciplina applicabile, infatti, comporta l'unitarietà delle forme di tutela per i casi di illegittimità formale e sostanziale. 
Le questioni relative all' immediatezza e immutabilità della contestazione, saranno, nella sede opportuna, esaminate nei limiti in cui esse rilevano, ai fini della legittimità della sospensione cautelare.  4. Le questioni sul merito del licenziamento. Sintesi. Nel merito, le ragioni poste alla base del licenziamento vanno, innanzitutto, individuate nella comunicazione di riavvio del procedimento disciplinare datata 12.6.2020, sub doc. 13 ric. Essa richiama le precedenti comunicazioni del 1.2.2013 e dell'8.7.2016, la prima delle quali inviata al momento dell'inizio della sospensione facoltativa dal servizio e la seconda al momento della pronuncia del decreto che disponeva il giudizio.   La nota del 12.6.2020 riprende le accuse penali, rispetto alle quali era stata dichiarata la prescrizione del reato. Esse vengono suddivise in tre gruppi: - il primo riguarda le iniziative pubbliche ###, ###, ### e ### e in particolare la condotta consistita nella “redazione e comunicazione dolosa, all'Ente pubblico committente e finanziatore delle opere, di rendicontazione delle ore di lavoro effettuate dal personale ### in misura eccedente al vero”, in relazione ai capi D, E, F, G, H, I del decreto che disponeva il giudizio, compiuta altresì mediante minaccia di licenziamento al dipendente ### nel caso in cui avesse rivelato le irregolarità che si stavano (in thesi) compiendo; - la predisposizione e trasmissione, al ### di una falsa perizia di variante (capi O e P nel processo penale), contestazione poi abbandonata, in quanto relativa ad altro soggetto (doc. 1 ric.); - il terzo gruppo riguarda presunte irregolarità nei rendiconti di ### nel periodo 2005-2011 (capo QQ nel processo penale), mediante contabilizzazione di spese inesistenti o maggiorate o mancata contabilizzazione di proventi, - il quarto gruppo concerne sempre ipotesi di invio agli enti finanziatori (in particolare, la ### di rendiconti falsi delle ore lavorate, in relazione all'iniziativa pubblica ### (capi J e L nel processo penale).   A tale comunicazione fecero seguito le giustificazioni della ricorrente (doc. 14 ric.) e quindi l'attivazione del procedimento che portò all'irrogazione del licenziamento qui impugnato, con nota datata 17.11.2020 (doc. 1 ric.). In quest'ultima, respinte le eccezioni formali, ### affermò che i fatti contestati erano, ormai, stati accertati con efficacia di giudicato in sede penale ed erano, quindi, incontrovertibili e che dalle statuizioni della sentenza emergeva una chiara responsabilità della ricorrente.  5. Efficacia di accertamento della sentenza penale nel presente giudizio. Occorre ribadire che il licenziamento si fonda esclusivamente sulle accuse in relazione a cui è stata dichiarata la prescrizione del reato. Ciò rende necessario esaminare l'efficacia di giudicato dell'accertamento penale in questa sede.   Deve farsi applicazione del principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per cui “in tema di giudicato, la disposizione di cui all'art. 652 c.p.p., così come quelle degli artt. 651, 653 e 654 dello stesso codice costituisce un'eccezione al principio dell'autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Ne consegue che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione (per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima), pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extra-penale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente; ne consegue, altresì, che, nel caso da ultimo indicato, il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione (Cass. Sez. L, Sentenza n. 21299 del 09/10/2014; ### U, Sentenza n. 1768 del 26/01/2011)” (Cass., sez. II, 12.6.2024, 16422; nello stesso senso, tra le molte, oltre a quelle citate, v. Cass., sez. III, 12.4.2017, n. 9358).   Le parti hanno versato nel presente fascicolo, oltre al provvedimento conclusivo, l'intero compendio istruttorio raccolto nel processo penale, tanto da rendere superfluo dare ingresso a un'istruttoria, che si sarebbe sostanziata in una duplicazione di quella già svolta in altra sede ###entrambe le parti. Queste ultime, d'altro canto, nulla hanno obiettato all'utilizzo, in questa sede, del materiale probatorio raccolto nel processo penale, come, d'altro canto, consentito dalla giurisprudenza di legittimità (v., oltre ai precedenti appena citati, Cass, sez. III, 6.5.2016, n. 9242; Id., 19.7.2018, 19203, Cass., sez. II, 4.7.2019, n. 18025).   La stessa sentenza penale (doc. 5 ric., pp. 13 ss.), svolge un'accurata ricostruzione dei rapporti tra prescrizione e assoluzione, a cui deve, in questa sede, farsi rinvio: mette conto evidenziare che il Tribunale penale avverte, richiamando precedenti della S.C., che avrebbe pronunciato sentenza di assoluzione, in presenza di reati prescritti, nei soli casi di assoluta evidenza o dell'assenza di prove della colpevolezza, o di una prova positiva dell'innocenza, emergenti in maniera del tutto incontestabile e con esclusione di ogni caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, anche in considerazione dell'elevato tecnicismo della materia.   Ciò comporta che non possa ritenersi valido l'assunto, che pare aver fondato l'agire di ### per cui in presenza di una pronuncia di prescrizione, debba senz'altro ritenersi integrata la giusta causa di licenziamento. In altre parole, questo Giudice, pur potendo e dovendo tener conto delle prove assunte in sede penale, è chiamato a un'autonoma valutazione della sussistenza e della rilevanza giuridica del fatto, ai fini che qui interessano.  6. Sui motivi di licenziamento inerenti le rendicontazioni e la minaccia di licenziamento. Il primo e l'ultimo gruppo di circostanze contestate e poste alla base del licenziamento riguarda l'invio agli enti finanziatori di rendicontazioni delle ore lavorate superiori a quelle reali, al fine di conseguire maggiori finanziamenti, in relazione alle iniziative pubbliche ###, ###, ### e ###. I capi di imputazione contestano reati di falso ideologico e truffa.   In relazione a queste accuse, il Tribunale penale ha espressamente rilevato la sussistenza di una contraddittorietà o insufficienza della prova del fatto materiale contestato (doc. 5 ric., p. 51), tale da imporre la pronuncia di improcedibilità e non di assoluzione.   ### si fonda, come si legge nella motivazione della sentenza penale (pp. 36- 37) sulla rilevata discrasia tra le ore registrate dai dipendenti nel sistema informatico ### quelle presenti nei registri extracontabili rinvenuti presso la sede di ### durante le indagini e quelle rendicontate agli ### finanziatori.   È rimasta del tutto incontroversa tra le parti la grave inattendibilità dei dati contenuti nel sistema ### riscontrata anche in sede penale (p. 19 sentenza: “Altrettanto chiaramente è emerso, poi, dalle risultanze istruttorie, che i dati numerici indicati nel sistema informatico ‘### riportavano le ore di lavoro svolte dal personale dell'associazione in misura inferiore rispetto a quelle effettivamente espletate, rivelandosi, peraltro, sovente inverosimili”).   Le attività di indagine, che hanno condotto alla formulazione dell'accusa sopra riassunta, sono state riferite dal teste ### luogotenente della ### di finanza, nell'udienza penale del 12.4.2019 (stenografico sub doc. 28 ric., in part. v. pp. 40 ss.). Il teste, in sintesi, ha riferito di aver scoperto che le ore inserite nel sistema ### in cui i dipendenti avrebbero dovuto registrare il tempo impiegato per le attività riconducibili alle singole iniziative, erano state artificiosamente incrementate, in sede di trasmissione dei rendiconti agli enti finanziatori. Tale conclusione era stata raggiunta sulla base del confronto con altro tabulato, sequestrato presso la sede di ### privo di intestazione e indicazione dell'autore (ciò che si evince dal confronto delle risposte date nel corso dell'esame diretto e del controesame), che avrebbe, invece, riportato le ore reali, dato, poi, utilizzato per la predisposizione dei bilanci del ### Alcuni dipendenti erano, quindi, stati sentiti a s.i.t. In tal modo, gli inquirenti avevano ricostruito le ore che, a loro avviso, sarebbero state reali.   Nella stessa deposizione, in sede di controesame (pp. 55 ss.), è, tuttavia, emerso che anche la ricostruzione delle “ore reali” presentava delle gravi aporie, quali l'assenza del tempo di lavoro dei dirigenti ### e ### il sottodimensionamento delle ore di altri dipendenti direttamente coinvolti nei progetti (per es. Platini, pp. 60 ss.) e che il teste non è stato in grado di riferire dove abbia trovato o come sia altrimenti venuto in possesso del documento recante la contabilizzazione delle ore in thesi realmente spese dai singoli dipendenti. Né risulta accertato o accertabile chi ne sia stato l'autore.   Il teste ### ha, inoltre, riferito che della raccolta dei tabulati delle ore e del suo inserimento nel sistema informatico si occupava ### impiegato amministrativo. Quest'ultimo è stato sentito nella stessa udienza (doc. 28 ric., pp. 93 ss.) e ha riferito che talvolta le ore presenti nel sistema ### venivano incrementate “perché qualcuno compilava direttamente al sistema, qualcun altro non compilava al sistema e quindi c'erano delle ore da inserire e mi indicavano: c'è da inserire una serie di ore, per questo motivo... E quindi venivano inserite”. Il teste ha, quindi, riferito che i dirigenti non registravano le ore, insieme ad altri dipendenti, sicché periodicamente le registrazioni venivano integrate, fino a raggiungere l'importo prestabilito per i costi del personale. Su domanda delle ### degli imputati, egli ha precisato che “interi uffici” e “parecchi colleghi” non registravano le proprie ore di lavoro.   La contestazione disciplinare cita altresì ampi stralci della testimonianza di ### altro dipendente di ### (stenografico sub doc. 31 ric., pp. 63 ss.), il quale, interrogato sull'iniziativa ###, ha riferito della redazione di un “libricino” delle ore lavorate dal personale, le quali venivano, poi, incrementate per raggiungere il massimo rimborso possibile, in relazione alla voce “spese generali”, su disposizione di ### dirigente di ### In relazione alle iniziative ###, ### e ###, ### ha riferito della presenza di residui, già erogati in seguito a richieste di rimborso superiori alle spese effettivamente sostenute, ma di non ricordare come il problema fosse, poi, stato risolto. Egli ha, quindi, dichiarato che gli incrementi delle ore erano stati disposti da ### e ### perché una parte di personale non segnava le ore effettivamente lavorate per le singole iniziative. Ha, inoltre, aggiunto che la circostanza doveva restare riservata e che ### gli aveva detto che “se usciva una parola di questa parte sarei stato licenziato”. Quanto alla questione dell'imputazione dei residui al bilancio della gestione ordinaria, al fine di renderli incontrollabili, il teste ha precisato che “era un'ipotesi che era stata prospettata per risolvere questo tipo di... Questo aspetto”. 
Inoltre, ha dichiarato di essere stato rimproverato per aver inoltrato alla ### un prospetto delle ore della “precedente rendicontazione”, da cui avrebbe potuto desumersi il modus operandi dei dirigenti di ### poiché da uno dei due prospetti trasmessi risultavano ore di lavoro per il valore di 27.000 e non 95.000 euro, il cui rimborso era, invece, stato domandato.   In sede di controesame, però (pp. 72 ss.) lo stesso teste ha riconosciuto l'inattendibilità delle ore su cui si era fondata la succitata “precedente rendicontazione”, da cui non risultavano le ore lavorate da molti dirigenti e dipendenti di ### che, invece, secondo il teste stesso, non potevano non aver prestato la propria opera nell'ambito dell'iniziativa.   Tale quadro probatorio non consente di ritenere assolto l'onere, gravante, in questa sede, sul datore di lavoro, di dimostrare che “### Dirigente del ### (…) ha sistematicamente fornito agli enti finanziatori ed appaltanti le opere, rendicontazioni non veritiere ed errate con riferimento alle ore di lavoro svolte dal personale ### impiegato nell'esecuzione delle opere” (lettera di licenziamento sub doc. 1 ric., pp. 5-6).   In realtà, né dagli atti del processo penale, né dalle difese datoriali in questa sede, emerge quali fossero le rendicontazioni veritiere e corrette, che la ricorrente avrebbe contribuito ad alterare. Ciò che emerge dalla lettura degli atti del processo penale è che il ### all'epoca dei fatti, non si fosse dotato di un sistema di registrazione esatta e puntuale delle ore lavorate dai dipendenti su questo o quel progetto. La mancata adozione di un simile sistema è, tuttavia, un fatto materiale diverso da quello posto a fondamento del licenziamento, ovverosia la falsificazione dolosa delle rendicontazioni. 
Né risulta adeguatamente allegato e provato che la ricorrente avrebbe dovuto adoperarsi per realizzare un meccanismo di precisa registrazione delle ore lavorate, addebito che non le è stato neppure contestato.   Incontroversa è rimasta, poi, la circostanza (accertata anche nella sentenza penale, ancorché ritenuta irrilevante dal Collegio ai fini penalistici - p. 48), ribadita dalla ### di parte ricorrente e non contestata dalla convenuta, per cui i provvedimenti di finanziamento non imponessero affatto la rendicontazione analitica delle ore lavorate.   A fronte di tali elementi, non pare atto a integrare la giusta causa di recesso, il fatto che i dirigenti di ### tra cui la ricorrente, abbiano trasmesso rendicontazioni basate sulla stima delle ore necessarie all'attuazione di un progetto, approvata in sede di finanziamento dello stesso, anziché sulle ore concretamente spese dai singoli dipendenti, le quali, in assenza di precisi riscontri probatori, avrebbero potuto essere inferiori o anche superiori a quelle preventivate.   Non può, invece, ritenersi totalmente escluso il rilievo disciplinare della condotta, riferita dall'### consistita nella minaccia di licenziamento rivoltagli. Sul punto si conviene con la ### di parte convenuta, che l'assenza di potere di licenziare in capo alla ricorrente non esclude che il ruolo apicale della stessa potesse incutere un timore non indifferente su un dipendente di grado inferiore, a cui venisse prospettata la cessazione del rapporto di lavoro.
Trattasi, tuttavia, di condotta che avrebbe potuto giustificare la sospensione dal servizio ai sensi dell'art. 4, n. 1, lett. c dell'all. H al ### per “contegno scorretto verso (...) i dipendenti” ma, in sé considerata, non legittima il licenziamento per giusta causa. 
Occorre, quindi, fare applicazione del principio, derivante da consolidata giurisprudenza di legittimità, per cui “il giudice chiamato a verificare l'esistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo di licenziamento incontra solo il limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione, vale a dire alla condotta contestata al lavoratore, (oltre Cass. 27004 del 2018 e Cass. n. 14321 del 2017, citate, anche Cass. n. 6165 del 2016 e 19053 del 2005)” (Cass., sez. lav., 27.3.2020, n. 7567, in motivazione).  7. Sui motivi di licenziamento relativi ai bilanci ### 2005-2011. Come già rammentato sopra, il licenziamento della ricorrente è stato altresì giustificato, sulla base dei fatti oggetto del capo d'accusa QQ del processo penale, qualificati in termini di falso in atto pubblico. Nella lettera di licenziamento (doc. 1 ric., p. 7) si legge che “###ambito del processo penale, con riferimento alla redazione dei bilanci ### nel periodo 2005-2011, il Tribunale di ### in forza anche delle risultanze ottenute dalla perizia svolta dal perito del P.M. dott. ### ha evidenziato più di un elemento idoneo a ritenere che la redazione dei bilanci nel periodo di interesse veniva eseguita, in violazione di ogni più elementare principio contabile”.   ### conclusioni della relazione del CT della ### dott. ### (doc. 98 conv., pp. 169-170) si legge che “i bilanci dell'A.I.E.S. e la sottostante contabilità, con specifico riferimento alla “### ordinaria” (che presenta i volumi più rilevanti), risultano caratterizzati da irregolarità diffuse, reiterate e sistematiche, tali da determinare profonde ed inaccettabili distorsioni nella rappresentazione dei fatti gestionali e delle condizioni economiche e finanziarie dell'ente” e che “Si segnala che le fattispecie di inveridicità riscontrate sarebbero emerse facilmente dal controllo della contabilità e delle poste più importanti dei bilanci, i quali - proprio a causa delle irregolarità sottostanti - manifestavano evidenti anomalie e macroscopiche incongruenze; non risulta che i revisori dei conti abbiano mai sollevato alcun rilievo, fino al bilancio 2011 compreso”.   Parte ricorrente ha contestato i rilievi tecnico-contabili del consulente, facendo, a sua volta, rinvio alle consulenze eseguite su incarico degli imputati (docc. 37 e 39 ric.), i quali hanno, per contro, ritenuto che la contabilità fosse regolare e i controlli effettuati fossero adeguati.   Il Tribunale penale (pp. 114-115 sentenza penale, doc. 5 ric.), preso atto dell'intervenuta prescrizione dei reati e dei dubbi sull'innocenza degli imputati, sollevati dalla succitata perizia del P.M., non ha ritenuto di doversi addentrare nella valutazione della correttezza, o meno, dei criteri seguiti per la compilazione dei rendiconti.   Ai fini che in questa sede rilevano, dirimente, appare, tuttavia, la circostanza per cui tutti i ### hanno riconosciuto l'assoluta evidenza delle tecniche contabili adoperate nella predisposizione dei rendiconti, tale da escludere che i presunti artifici potessero sfuggire a un professionista. Tanto denota che le scelte tecniche in materia contabile non fossero un'iniziativa personale della ricorrente, ma un'opzione condivisa dai massimi organi della datrice di lavoro.   Occorre, in proposito, rammentare che l'art. 39, lett. B-e dello ### di ### vigente all'epoca dei fatti (doc. 18 ric.) stabiliva che il consiglio di amministrazione “predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo su proposta del Presidente del ### e del ### Generale” e che lo stesso organo aveva potestà regolamentare sull'“applicazione dello ### l'organizzazione esecutiva e la gestione generale del Consorzio”.   ### del consiglio di amministrazione e la nomina dei revisori dei conti spettavano, in base all'art. 34, all'assemblea dei delegati, massimo organo di ### competente per l'approvazione dei bilanci.   A fronte di un sistema così congegnato, non può che concludersi che amministratori e revisori avevano la responsabilità ultima per la predisposizione dei bilanci e che le scelte fondamentali in materia contabile dei dirigenti non potevano compiersi senza l'espresso consenso di tali organi. ### l'impostazione accusatoria, i dirigenti, tra cui la ricorrente, avrebbero impostato l'intera contabilità, nei suoi aspetti più importanti ed evidenti (quali la registrazione dei costi e delle entrate) seguendo principi erronei e in definitiva, irregolari. 
Corretta, o meno, sia quest'ultima affermazione, dal punto di vista tecnico, vi è che la dirigente, per molti anni, ha operato non già con la tolleranza, ma con l'espresso consenso dei massimi organi della datrice di lavoro, i cui indirizzi ha attuato, sicché, a prescindere da ogni valutazione della condotta dal punto di vista penale (che non compete a questo Giudice), non può certamente affermarsi una responsabilità della medesima per inadempimento contrattuale.   Sotto altro profilo, di natura formale, anche a voler ritenere una responsabilità della ricorrente, se le irregolarità erano evidenti a chiunque, come sostenuto dal CT della ### il cui parere è stato fatto proprio da parte convenuta, esse avrebbero dovuto essere contestate e sanzionate ben prima dell'apertura di un procedimento penale, avvenuta anni dopo il loro compimento.  8. Tutela per il licenziamento illegittimo. Riprendendo, ora, il discorso relativo alla tutela applicabile, a fronte della declaratoria di illegittimità del licenziamento, per le ragioni già esposte, deve farsi applicazione dell'art. 8, l. n. 604/1966, che così dispone: “Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro”.   Come già rilevato, al momento del licenziamento (che, per le ragioni che si esporranno, va individuato nel 12.6.2020) la ricorrente aveva oltre venti anni di anzianità, sicché l'indennità va commisurata tra le 2,5 e le 14 mensilità, essendo parimenti pacifico il superamento del limite dimensionale, da parte della datrice di lavoro.   Al fine della commisurazione, deve tenersi conto delle dimensioni tutt'affatto trascurabili della datrice di lavoro e della lunga anzianità di servizio, che al momento della sospensione stava già per raggiungere la soglia dei venti anni, ma anche del fatto che il licenziamento, pur infondato, non può dirsi del tutto pretestuoso: esso è giunto all'esito di una vicenda penale di notevole complessità e anche in questa sede è stata riconosciuta la rilevanza disciplinare di una delle condotte tenute dalla ricorrente, pur inidonea a giustificare il recesso per giusta causa. Ciò, pur imponendo di discostarsi, in misura rilevante, dal minimo edittale, impedisce di raggiungere il massimo: ritiene il Tribunale di doversi attestare su una misura, di poco superiore alla metà del massimo, pari a otto mensilità.   A norma dell'art. 61 ### l'assenza di giusta causa determina altresì la spettanza dell'indennità di mancato preavviso, nel numero di mensilità di cui alla domanda subordinata ###.  9. Sulla sospensione cautelare. Occorre, quindi, affrontare la questione relativa alla legittimità della sospensione cautelare e del diritto al pagamento delle retribuzioni maturate nel periodo di sospensione.   Come concordemente riferito dalle parti, la ricorrente è stata sottoposta a sospensione cautelare obbligatoria, in quanto agli arresti domiciliari, con provvedimento del 10.12.2012, dalla stessa ricevuto il ### (doc. 7 ric.). Esso ha il suo fondamento nell'art. 7, all. H ### A seguito della revoca della misura cautelare penale, con decorrenza dal 1.1.2013, la stessa è stata sottoposta a sospensione facoltativa (doc. 8 ric.) a norma degli artt. 8-9 all. H ### il primo dei quali prevede che “### nelle ipotesi di cui all'art. 5, può sospendere il dirigente, con conseguente sospensione della retribuzione, anche prima che sia esaurito od iniziato il procedimento ivi previsto” e il secondo che “### per il fatto addebitato al dirigente sia stata iniziata azione penale, il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale e se già iniziato, deve essere sospeso, salve le sospensioni cautelari di cui agli articoli precedenti”.   Il Tribunale (peraltro, in linea con la posizione delle parti, che non hanno sollevato obiezioni circa l'avvenuta sospensione in pendenza di indagini preliminari), ritiene di dare all'espressione “azione penale” un significato più ampio di quello contenuto nel codice di procedura penale e comprensivo di tutto il procedimento penale e non soltanto del processo in senso tecnico. Tale appare, infatti, l'unica esegesi in linea con la ratio della previsione contrattuale, che è quella di imporre al datore di lavoro, ove gli accertamenti siano in corso presso l'### giudiziaria, di attendere il loro esito, prima di adottare provvedimenti disciplinari.   Ciò posto, come risulta anche dalla giurisprudenza di legittimità di cui si darà conto nel prosieguo, le due sospensioni hanno natura e funzione diverse, sicché non può condividersi il tentativo della ricorrente di accomunarle: la prima, infatti, è un provvedimento necessitato dalla materiale e giuridica impossibilità di lavorare, conseguente allo stato custodiale. La seconda costituisce, invece, un atto discrezionale del datore di lavoro, volto a impedire che la presenza sul lavoro del dipendente sospettato di gravi fatti possa recare turbamento all'attività consortile.   Ne consegue che non risulta, in primo luogo, violato il termine di trenta giorni di cui all'art. 8, secondo comma, all. H ### (“nella seconda ipotesi, la sospensione perde ogni effetto con conseguente diritto del dirigente alla riammissione in servizio ed alla corresponsione degli emolumenti non percepiti, se la contestazione scritta non viene effettuata entro 30 giorni dalla data di notifica del provvedimento di sospensione”), dal momento che la prima e provvisoria contestazione disciplinare risulta essere stata spedita il ### (doc. 9 ric.) e la ricorrente ha dichiarato (p. 4 ricorso) di aver ricevuto notificazione del provvedimento di sospensione facoltativa il ###. 
Va, poi esclusa, anche ai fini della legittimità della sospensione cautelare, la violazione del termine di cui all'art. 10, secondo, terzo e quarto comma, dell'all. H cit. 
Essi così dispongono: “### il procedimento penale si concluda con sentenza di proscioglimento o di assoluzione, passata in giudicato, per motivi diversi da quelli indicati nel comma precedente, il procedimento disciplinare può essere iniziato o proseguito entro un mese dalla data in cui il dirigente abbia notificato al ### la sentenza anzidetta, con la conseguenza che la sospensione cautelare dal servizio, eventualmente già disposta, rimane ferma, salva diversa determinazione del ### La notifica della sentenza di cui al precedente comma deve essere effettuata dal dirigente entro un mese dalla data di pubblicazione della sentenza stessa.   Scaduto infruttuosamente il termine di cui al 2° comma del presente articolo, l'azione disciplinare si estingue e la sospensione dal servizio eventualmente già disposta, perde ogni effetto, con conseguente applicazione del disposto del 2° comma dell'art. 8”.   Ora, la clausola riguarda i casi di assoluzione con formula diversa da “il fatto non sussiste” o “l'imputato non lo ha commesso” e consente la riattivazione del procedimento disciplinare, sospeso ai sensi del precedente art. 9. Per altro verso, essa stabilisce termini volti a porre rapidamente fine allo stato di incertezza giuridica sull'esito del procedimento, una volta che in esso possa tenersi conto delle conclusioni raggiunte in sede penale. La disposizione evidentemente presuppone che il ### sia rimasto estraneo al processo penale, sì da non avere giuridica conoscenza dell'esito dello stesso, tanto è vero che si impone al dirigente di effettuare la notificazione, che comporta la decorrenza del termine per la prosecuzione del procedimento disciplinare.   Non può, per contro, essere condivisa la tesi di ### per cui la disposizione lascerebbe nelle mani del dirigente incolpato la scelta se far decorrere, o meno, i termini per la conclusione del procedimento: diversamente, non avrebbe alcun senso prevedere un obbligo (e non una mera facoltà) per lo stesso di effettuare la notificazione.   Appurato, quindi, che la disposizione mira ad assicurare al ### la tempestiva conoscenza della decisione del giudice penale, va rammentato che nel caso di specie, l'ente ebbe a partecipare al processo quale imputato di responsabilità amministrativa da reato ex d. lgs. n. 231/2001, sicché esso ha ricevuto le comunicazioni dei provvedimenti giudiziari, al pari della ricorrente.   Purtuttavia, la decorrenza del termine richiede altresì che la sentenza sia passata in giudicato e nel caso di specie, il termine per l'impugnazione della sentenza penale (depositata al novantesimo giorno dalla lettura del dispositivo, il ###), previsto dall'art. 585, comma 1, lett c) c.p.p. è stato prorogato ai sensi dell'art. 83, d.l. n. 18/2020 e dell'art. 36, d.l. n. 23/2020, in ragione dell'emergenza pandemica, sicché è scaduto il ###. La riattivazione del procedimento, con la contestazione del 12.6.2020 (doc.  13 ric.) è, quindi, intervenuta a meno di un mese dal passaggio in giudicato della sentenza.   Fatte queste considerazioni sulla regolarità formale della sospensione, occorre rammentare il principio da lungo tempo consolidato nella giurisprudenza della S.C., per cui “la sospensione cautelare del lavoratore dal servizio, anche se non prevista dalla specifica disciplina legale o contrattuale del rapporto, può essere disposta dal datore di lavoro nell'esercizio del suo potere organizzativo e direttivo, per assicurare lo svolgimento ordinato ed efficiente dell'attività aziendale. 
Il datore di lavoro, cioè, in presenza di ragioni, come la pendenza di un procedimento disciplinare o penale a carico del lavoratore, che determinino condizioni di incertezza circa l'esatta osservanza, da parte del dipendente, degli obblighi che gli incombono per effetto del suo rapporto di collaborazione e circa l'esistenza di comportamenti incompatibili con le regole della medesima, sì da risultare suscettibili di sanzioni, può unilateralmente rinunciare alla prestazione lavorativa per il tempo necessario all'esaurimento dei detti procedimenti, scilicet al venir meno di quelle ragioni di dubbio costituenti fattore di turbamento dell'armonia e dell'efficienza dell'apparato organizzativo nel quale la prestazione stessa è destinata a svolgersi.  (…) La sola differenza ravvisabile fra l'ipotesi in cui l'istituto della sospensione cautelare sia previsto e consentito dalla disciplina legale o contrattuale del rapporto e l'ipotesi in cui tale sospensione, nel ricorso delle suddette condizioni, venga unilateralmente disposta dal datore di lavoro, sta in ciò che, nella prima, l'effetto sospensivo investe anche l'obbligazione retributiva gravante sullo stesso datore, mentre, nella seconda, questa permane inalterata (in questo senso, cfr., Cass., sez. un., 26 marzo 1982, n. 1885; nonché Cass. 25 marzo 1996, n. 2517; Id. 17 luglio 1990 n. 7303; Id. 24 febbraio 1990 n. 1410; Id. 24 marzo 1988 n. 2563; Id. 13 maggio 1987 n. 4432; Id. 10 dicembre 1986 n. 7350)” (Cass., sez. un. 3.6.1997, n. 4955).   Obbligazione retributiva, la quale rimane sospesa e la cui sorte può determinarsi soltanto in esito al procedimento al procedimento disciplinare, che segue quello penale.
Infatti, “una volta conclusosi il procedimento disciplinare con esito sfavorevole al dipendente e con l'adozione della sanzione del licenziamento, la sospensione cautelare dal servizio si tramuta, ad ogni effetto, in definitiva interruzione del rapporto che legittima il recesso del datore di lavoro retroattivamente, con perdita "ex tunc" del diritto alle retribuzioni fin dal momento della disposta misura cautelare (vedi cass. sent.  n. 2517 del 1996)” (Cass., sez. lav., 23.1.1998, n. 624). Per contro, “la riconoscibilità del diritto alle retribuzioni non corrisposte nel relativo periodo è condizionata alla conclusione di tale procedimento in senso favorevole al lavoratore, venendo definitivamente meno, con essa, la possibilità di realizzazione dell'evento risolutivo del rapporto di lavoro, in vista del quale la sospensione era stata disposta (### 27 ottobre 1995 n. 11175, Cass. 22 marzo 1996 n. 2517, 11 aprile 1996 n. 3370, 25 marzo 1997 n. 2633, 26 marzo 1998 n. 3209)” (Cass., sez. lav., 15.11.1999, n. 12631).   Tali principi sono stati, anche in tempi assai recenti, ribaditi dalla S.C., nella sentenza della sezione lavoro del 10.1.2024, n. 1058, della cui motivazione è utile riportare un ampio brano: “la sanzione nei confronti del lavoratore, dopo il proscioglimento in sede penale, può scaturire solo all'esito del procedimento disciplinare, che non è vincolato al rispetto di un giudicato penale che non esclude né l'esistenza del fatto, né che l'impiegato l'abbia commesso. Tuttavia, qualora la sanzione disciplinare sia meno afflittiva rispetto alla sospensione cautelare (come nel caso di specie, in cui è stata applicata la sanzione della sospensione per soli 15 giorni), oppure quando al processo penale non segua alcuna sanzione disciplinare, il periodo di sospensione cautelare non ha più giustificazione (in tutto o nella parte eccedente la sanzione inflitta) e con esso anche il dimezzamento della retribuzione che alla sospensione cautelare è abbinato. 
Tale principio vale sicuramente per la sospensione facoltativa, ovverosia con riguardo ai periodi in cui la prestazione del lavoratore non viene eseguita per una scelta discrezionale in tal senso del datore di lavoro. Ma, anche con riferimento alla sospensione obbligatoria, vale quanto considerato dalla Corte costituzionale, che ha ritenuto infondato il dubbio di illegittimità costituzionale dell'obbligatorietà della misura sospensiva (come prevista dalle leggi n. 55 del 1990 e n. 97 del 2001), proprio evidenziando che non si tratta di una sanzione, ma di una misura cautelare, per la quale l'esigenza di proporzionalità si misura soltanto rispetto al pregiudizio che può subire l'interesse pubblico per la permanenza in servizio dell'impiegato nonostante la pendenza dell'accusa penale (Corte cost. nn. 145/2002, 206/1999, 184/1994). Con il corollario che, una volta definito il processo penale, spetta al procedimento disciplinare stabilire la sanzione da applicare al lavoratore e verificare se e in che misura la sospensione cautelare risulti coerente con la sanzione applicata e sia, quindi, da questa assorbita.  "In sostanza, la natura cautelare della misura della sospensione comporta la sua provvisorietà e rivedibilità, nel senso che solo al termine e secondo l'esito del procedimento disciplinare si potrà stabilire se la sospensione preventiva applicata resti giustificata ovvero debba venire caducata a tutti gli effetti" (Cass. n. 4411/2021, cit.). 5.1.2. La regola soffre eccezione solo per la sospensione resa obbligatoria dalla custodia cautelare in carcere, perché in quel caso "la perdita della retribuzione si riconnette ad un provvedimento necessitato dallo stato restrittivo della libertà personale del dipendente" (ancora Cass. n. 4411/2021, cit.; conf. Cass. nn. 24117/2022, 9095/2020, ###/2018, 20708/2018, 10137/2018, 20321/2016)”.   Tali principi, mutatis mutandis, vanno applicati al caso di specie, in cui il licenziamento irrogato all'esito del procedimento disciplinare viene ritenuto illegittimo dal Tribunale, poiché avrebbe dovuto essere irrogata alla ricorrente una sanzione più lieve (come, invece, nel caso da ultimo esaminato dalla S.C., ha fatto direttamente il datore di lavoro). E ciò a prescindere dal fatto che la normativa applicabile rimetta al datore di lavoro e non al lavoratore la scelta tra la riassunzione e il pagamento dell'indennità risarcitoria, atteso che la sanzione applicabile per l'illegittimità del licenziamento non influisce sulla natura, comunque, antigiuridica dell'atto.  ### canto, diversamente opinando, si giungerebbe ad affermare che il datore di lavoro che abbia legittimamente applicato una sanzione conservativa è obbligato pagare le retribuzioni arretrate, mentre quello che abbia proceduto a un licenziamento illegittimo ne andrebbe esente.   Per altro verso, va esclusa qualsiasi conseguenza reintegratoria del diritto alla retribuzione nel periodo di sospensione cautelare conseguente agli arresti domiciliari, stante l'equiparazione di cui all'art. 284, quinto comma, c.p.p. alla custodia in carcere.  10. Quantificazione della retribuzione spettante per il periodo di sospensione. 
Appurato il diritto alla retribuzione maturata nel periodo di sospensione cautelare facoltativa, devono, quindi, essere stabiliti i criteri per la sua quantificazione. Stante il rilievo dell'importo, la complessità del conteggio e l'accoglimento di alcune eccezioni di parte convenuta, che impediscono di recepire senz'altro il conteggio di cui al ricorso, è necessario rimettere la liquidazione al prosieguo del giudizio, pronunciando sentenza solo parzialmente definitiva.   Al fine di determinare i criteri giuridici di quantificazione della retribuzione, vanno, quindi, affrontate le pretese della ricorrente e le eccezioni della convenuta.   In primo luogo, parte convenuta ha allegato di aver erogato, nell'anno 2013, l'importo di euro 28.945,20, a titolo di assegno alimentare non dovuto. La ricorrente non ha mai contestato tale circostanza, né ha allegato la sussistenza dei presupposti di tale erogazione (che l'art. 11 all. H ### identifica nel diritto alla percezione degli assegni familiari). Stante la non contestazione della percezione e la mancata prova del diritto, va accolta l'eccezione della convenuta, volta alla compensazione di tale importo con quanto riconosciuto in questa sede.   ### fondata è l'istanza di ### tesa a escludere dalle retribuzioni arretrate l'indennità speciale, la quale, per le ragioni che si esporranno nel prossimo paragrafo, costituisce un elemento avente natura variabile ed eventuale, dipendendo dai risultati economici del ### e da una decisione discrezionale del suo presidente, su proposta del direttore generale. Orbene, nel presente caso nulla è stato dedotto dalle parti circa tali risultati, durante gli anni di sospensione, né sulla sussistenza di tale determinazione, o di elementi altamente probabilistici che portino a concludere che, ove la ricorrente fosse stata mantenuta in servizio, essa sarebbe stata deliberata. Non vi è, pertanto, alcun elemento sulla cui base il Tribunale possa ritenere dovuto tale emolumento, né quantificarne l'ammontare. 
Per contro, va respinta la tesi per cui durante il periodo di sospensione non sarebbe spettata l'indennità per ferie e permessi maturati e non goduti. In proposito, occorre rammentare che la giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Tribunale, ha affermato che l'illegittima estromissione del lavoratore dal posto di lavoro comporta il “diritto all'indennità sostitutiva delle ferie, delle festività e dei permessi, maturati e non goduti nell'arco temporale tra il licenziamento e la reintegrazione, poiché, pur in assenza di lavoro effettivo, tale situazione deve essere equiparata - secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza 25 giugno 2020 (cause riunite C- 762/18 e C-37/19) - a quella della sopravvenuta inabilità al lavoro per malattia, trattandosi in entrambi i casi di impossibilità di esecuzione della prestazione per cause imprevedibili e indipendenti dalla volontà del lavoratore” (Cass., sez. lav., 8.3.2021, 6319). 
Non ignora il Tribunale che tale principio è stato enunciato nel caso di reintegrazione del lavoratore a seguito di licenziamento dichiarato illegittimo dal giudice, ma l'analogo fondamento normativo impone di farne applicazione anche nel caso di specie, in cui il periodo non lavorato è dipeso dall'estromissione non definitiva, ma temporanea dal posto di lavoro.  11. Quantificazione della retribuzione di riferimento. Non computabilità della cd.  indennità speciale. La quantificazione della retribuzione di riferimento è necessaria per determinare il concreto valore dell'indennità risarcitoria e di quella di mancato preavviso, nonché della retribuzione relativa al periodo di sospensione cautelare.   La ricorrente include nel computo della propria retribuzione il minimo tabellare, gli scatti di anzianità, l'indennità di funzione, il compenso per le festività e l'indennità speciale. Quest'ultima le era stata riconosciuta al momento della promozione a dirigente di quarta classe (doc. 49 ric.), con rinvio al provvedimento presidenziale del 9.2.1996 (doc. 55 ric.), il quale, a sua volta, rinviava alle delibere del c.d.a. n. 8 del 1968 (doc. 69 ric.) e n. 24/G del 1990 (doc. 70 ric.). La ricorrente ha allegato di aver sempre percepito l'emolumento, fino alla sospensione, producendo i cedolini paga (doc. 56 ric.).   La convenuta ha contestato la natura di superminimo della suddetta indennità, poiché, a suo avviso, essa avrebbe avuto carattere eventuale e dipendente dall'espletamento di lavoro straordinario e compiti superiori alle funzioni di appartenenza, in concreto non svolti dalla ricorrente.   Sul punto, le delibere di cui ai docc. 69 e 70 ric., che costituiscono la base giuridica dell'erogazione, recano: - la prima “che per il personale dirigente e con mansioni direttive, tenuto conto che, per le caratteristiche delle relative prestazioni, non può configurarsi una valutazione oraria dei maggiori lavori e compiti svolti, venga demandato al Presidente ###corso e su proposta del ### il compito di determinare annualmente gli eventuali compensi da corrispondere a titolo di indennità e gratifica per l'espletamento di lavoro straordinario e di compiti superiori alle funzioni di competenza, ed altresì di rimborso delle piccole spese di missioni non documentabili; l'entità globale di tali compensi dovrà comunque essere commisurata all'effettiva attività di bonifica svolta nell'anno”; - la seconda che “a partire dall'esercizio 1990-91 l'entità globale dei compensi di cui alla delibera 23/12/1968 n. 8 punto a) a favore dei ### e dei ### viene dal Presidente percentualmente commisurata all'ammontare dei seguenti importi annuali di consuntivo (...)” (seguono le voci di bilancio poste alla base della commisurazione.   In conformità, la stessa ricorrente ha prodotto (docc. 71-72 ric.) le proposte del direttore generale, relative gli anni 2008 e 2009, che individuano in concreto le percentuali da attribuire ai singoli dirigenti.   Si tratta, all'evidenza, di un elemento di retribuzione variabile, la cui entità dipende dai risultati economici dell'esercizio e da una scelta discrezionale del presidente, su proposta del direttore generale, relativamente alla quota da assegnare ai singoli. Non può, quindi, predicarsene la natura di superminimo individuale: essa diviene dovuta ed esigibile solo all'esito del procedimento di liquidazione e la sua entità non è determinabile a priori.   Il carattere di retribuzione ordinaria della suddetta indennità è, peraltro, escluso dalla disposizione dell'art. 23 ### che prevede che “la retribuzione mensile, pagabile in via posticipata, è costituita dallo stipendio, dall'indennità di funzione e dagli aumenti periodici (...) Per ogni anno solare di servizio spettano al ### di area quattordici mensilità di retribuzione (...)”. Occorre, quindi, evidenziare che l'indennità di funzione è un emolumento diverso rispetto all'indennità speciale e solo la prima trova una compiuta disciplina nel ### applicabile.  12. Decorrenza del licenziamento. La concreta quantificazione della retribuzione globale di fatto da prendere in esame per la determinazione delle indennità e la liquidazione delle retribuzioni maturate durante la sospensione presuppone altresì la risoluzione della questione relativa alla decorrenza degli effetti del licenziamento.   La comunicazione del 17.11.2020 (doc. 1 ric.) vorrebbe far retroagire gli effetti del licenziamento al 1.2.2013, in asserita applicazione dell'art. 1, comma 41, l.  92/2012 e in considerazione della disposta sospensione cautelare.   Tale impostazione non può essere condivisa per le seguenti ragioni.   Si è già detto della natura non disciplinare, ma cautelare della sospensione, sicché i due aspetti - cautelare e disciplinare - vanno tenuti distinti. Ciò, nonostante ### il ### abbia previsto l'obbligo di contestazione degli addebiti in caso di sospensione, ma, contestualmente, anche l'attesa della conclusione del procedimento penale per poter formulare il giudizio disciplinare.  ### interpretazione che consenta di superare la contraddizione contenuta nel ### è quella di ritenere che, in caso di pendenza del procedimento penale, la contestazione conseguente alla sospensione facoltativa ha carattere meramente provvisorio e mira essenzialmente a consentire al lavoratore di conoscere le ragioni per cui è stato sospeso e viene sottoposto a procedimento disciplinare (se per gli stessi fatti di quello penale, o per altri). 
Diversamente, ove si volesse ritenere che il licenziamento si fonda sulla contestazione del 2013, esso si scontrerebbe irrimediabilmente con i principi di immediatezza e immutabilità, il che, in caso di sospensione cautelare, per pendenza di procedimento penale è già stato escluso dalla giurisprudenza di legittimità (v. per tutte Cass., sez. lav., 23.1.1998, n. 624 cit., che si richiama ai sensi dell'art. 118 disp. att.  c.p.c.). 
Per altro verso, si deve osservare che, nel caso di specie, la contestazione su cui si è fondato il licenziamento è soltanto quella del 12.6.2020 (doc. 13 ric.), successiva alla conclusione del processo penale di primo grado. E allora, la retroazione degli effetti del licenziamento all'inizio del procedimento disciplinare, prevista dal comma 41 cit., non può che intendersi riferita a quella contestazione. 
Alla data del 12.6.2020 deve, quindi, intendersi cessato il rapporto di lavoro della ricorrente e a tale data va commisurata la retribuzione globale di fatto.  13. Sui compensi speciali e i proventi della polizza assicurativa. È fondata la domanda di pagamento dei compensi speciali in concreto attribuiti alla ricorrente, secondo i criteri analizzati al punto 11.   Le parti hanno concordemente riferito che era facoltà dei dirigenti chiedere che i compensi fossero convogliati su una polizza di assicurazione sulla vita (v. doc. 78 ric.), grazie a una convenzione in essere tra il ### e l'assicuratore ### (già ### (doc. 75 ric.), consentendo, in tal modo, di conseguire vantaggi fiscali, oltre alla plusvalenza derivante dal contratto assicurativo, avente una chiara finalità di investimento.   La prima parte della domanda qui in esame riguarda i compensi relativi agli anni dal 2008 al 2010, avendo la stessa ricorrente dichiarato di aver riscosso i proventi delle polizze riguardanti gli anni precedenti. È pacifico tra le parti (cfr. p. 79 ricorso e p. 18 memoria) che, per tali anni, ### erogò la somma di euro 178.334 e su richiesta della ricorrente, essa fu versata all'assicuratore, nei termini sopra riassunti.   La ricorrente chiede, quindi, che ### sia condannata a pagarle i proventi del riscatto della polizza, che il ### ha, invece, trattenuto, ritenendo di averne diritto ai sensi degli artt. 1920 e 1921 c.c. Tale importo ammonta a euro 222.094,88 riscossi il ### da ### come risulta dalla scheda contabile esibita il ### (doc. 504 conv.), in cui esso è appostato come “ripresa saldi polizza allianz lazzarini”.   Con dichiarazione scritta inviata ad ### il ### (doc. B conv.), il Presidente di ### chiese all'assicuratore di modificare la convenzione assicurativa, “in modo che il ### risulti sempre il ### e che le richieste di rimborso possano provenire solo dal ### stesso”.  La giurisprudenza di legittimità ha rammentato che il contratto di assicurazione sulla vita a favore del terzo si inquadra nel generale istituto del contratto a favore del terzo (art. 1413 c.c.), il quale dà vita a due distinti rapporti: quello tra il contraente e l'assicuratore e quello tra il primo e il soggetto a favore del quale il contratto è stipulato, evidenziandone l'autonomia (v. tra le molte Cass., sez. III, 15.4.2021, n. 9948). Se ne è ricavato che la causa del contratto assicurativo si distingue da quella del rapporto sottostante, che può avere natura di liberalità, di investimento, di previdenza. 
Conseguentemente, il beneficiario può opporre all'assicuratore soltanto le eccezioni derivanti dal contratto di assicurazione, ma non quelle proprie del rapporto con il contraente.   In questa sede ###si discute di pretese rivolte nei confronti dell'assicuratore, ma la ricorrente fa valere il rapporto sottostante, cioè quello di lavoro, invocando il proprio diritto a ricevere la retribuzione. ### canto, da lungo tempo si è affermata la validità del contratto con cui taluno si impegni a concludere un contratto di assicurazione e a pagarne i premi (v. Cass., 24.2.1955, n. 566), come è avvenuto nel caso di specie. Ed è evidente che la pattuizione per cui ### avrebbe concluso il contratto di assicurazione per conto della dirigente, con denaro di quest'ultima, non prevedeva, nella sua causa, l'arricchimento del ### con attribuzione della facoltà di incamerare i proventi della polizza a proprio piacimento, ma, per contro, era stipulato (quale benefit ulteriore del rapporto di lavoro) nel solo interesse della lavoratrice. ### ha, quindi, pieno diritto di pretendere, oggi, l'adempimento non già del contratto assicurativo, i cui effetti si sono, ormai, esauriti, ma del negozio con il ### Di ciò, d'altro canto, pare essere perfettamente consapevole ### stessa, la quale non ha confuso i proventi delle polizze stipulate per conto dei singoli dirigenti nel proprio patrimonio (v. ancora il doc. 504 esibito cit.), ma, correttamente, li ha appostati con precisa indicazione del soggetto a cui essi erano riferibili. 
Per quanto riguarda gli anni successivi e precedenti alla sospensione (2011 e 2012), la ricorrente ha prodotto la relativa richiesta di pagamento (doc. 57 ric.) e la risposta di ### che ha riconosciuto la debenza di detto importo (doc. 58 ric.).   La convenuta non ha ottemperato agli ordini di esibizione impartiti dal Tribunale circa le delibere autorizzative del pagamento dei compensi in parola, affermando di non aver reperito tale documentazione (nota depositata il ###). In considerazione di tale circostanza e in assenza di contestazione specifica del conteggio effettuato in ricorso (euro 50.562 per il 2011 ed euro 37.921 per il 2012), esso va recepito. Spettano, quindi, per tale secondo periodo, euro 88.483.  14. Sul rimborso delle spese legali. Sul punto, la ricorrente invoca l'applicazione dell'art. 36 del ### applicabile, il quale dispone che “Nel caso di sottoposizione a procedimento giudiziario, sia civile, sia penale, di un dirigente per fatti connessi alle funzioni a lui affidate, le spese legali relative alla difesa del dirigente sono anticipate dal ### sempreché non sussista conflitto di interessi.
La sentenza passata in giudicato che affermi la responsabilità del dirigente per dolo o colpa grave comporta il diritto del ### al recupero delle spese legali anticipate nei limiti delle tariffe professionali medie”. 
Su tale base, nel ricorso viene richiesta la somma di euro 123.085,72, il cui conteggio viene contestato in quanto non si attiene alle tariffe professionali medie, non è provvisto del parere di congruità e in quanto ### ritiene di dover eventualmente rimborsare le sole spese connesse ai capi per cui vi è stata assoluzione con formula piena. Non è, invece, contestata l'effettività delle spese suddette, peraltro documentalmente dimostrata (docc. 63-64 ric.). 
Prima di analizzare tali difese, occorre premettere che la lettera della clausola contrattuale, in prima battuta, impone il rimborso di tutte le spese (non vi è, nel primo comma, il limite di cui al secondo, relativo alle tariffe medie), senza prevedere alcun potere di riduzione in base alla “congruità”. Avrebbe, per conto, potuto escludersi la rifusione di spese prive di diretto collegamento con la difesa in sede ###consta, né ### ha dedotto, che vi siano istanze di rimborso così caratterizzate.  ### eccezione è il caso di “conflitto di interesse”, palesemente insussistente nel caso di specie, sol che si pensi che ### coimputato per responsabilità ex d. lgs.  231/2001, aveva interesse al proscioglimento della ricorrente, da cui sarebbe dipesa automaticamente l'esclusione della responsabilità amministrativa, come di fatto è avvenuto (v. sentenza penale sub doc. 5 ric., p. 116). 
In esito al procedimento penale, poi, il ### prevede una facoltà di recupero parziale (“nei limiti delle tariffe professionali medie”), nel caso in cui la sentenza penale passata in giudicato “affermi la responsabilità del dirigente per dolo o colpa grave” e cioè, per aver commesso un reato doloso o colposo, con l'ulteriore limite, in questo caso, del grado grave della colpa. 
La clausola in parola non lascia spazio all'interpretazione autonoma, resasi necessaria per valutare la legittimità del licenziamento, richiedendo espressamente l'affermazione di penale responsabilità del dirigente. Non resta che constatare che, nel caso di specie, come già più volte rammentato, non vi è stata alcuna affermazione di responsabilità penale nella sentenza e che la declaratoria di improcedibilità per prescrizione non è equiparabile, né punto, né poco, a una simile statuizione. 
Tali considerazioni superano le contestazioni di ### non essendo affatto richiesto un parere di congruità e non essendo nemmeno stata specificamente contestata la congruità di questa o quella spesa, nonostante l'analitica elencazione nel doc. 63 ric., richiamato nell'atto introduttivo. Né potrebbe escludersi il diritto a ottenere il rimborso di spese relative ai capi di imputazione per cui è stata dichiarata la prescrizione, in mancanza della richiesta affermazione di responsabilità penale. 
Va, invece, ritenuta inammissibile la domanda, svolta nel corso del giudizio (nota del 16.7.2024), di rimborso di spese ulteriori a quelle dedotte nel ricorso introduttivo, non avendo la ### attorea domandato, né ottenuto, l'autorizzazione alla modifica della domanda ex art. 420, primo comma, c.p.c., pur a fronte di un'iniziale pretesa, formulata in modo specifico e analitico. 15. ###. Il pagamento del ### dovuto a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, non è stato oggetto di domanda espressa nelle conclusioni del ricorso, sicché il Tribunale deve esimersi dalla quantificazione e dalla pronuncia di condanna in dispositivo.  16. Conclusioni. Invito al contraddittorio. Prosecuzione del processo. Il giudizio deve proseguire per la liquidazione dell'indennità risarcitoria, di quella sostitutiva del preavviso e dell'importo delle retribuzioni non corrisposte nel periodo di sospensione cautelare.   Sulle somme attribuite a titolo retributivo, a norma dell'art. 429 c.p.c., spettano gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, dalle singole scadenze al saldo effettivo. I restanti importi vanno maggiorati dei soli interessi legali, mancando l'allegazione e la prova di un danno ulteriore per il ritardo.   Ai fini della decisione sulle domande relative al cd. danno fiscale e alla regolarizzazione contributiva, che parimenti si riservano al prosieguo del giudizio, appare opportuno invitare le parti al contraddittorio sulla questione della debenza, o meno, di contributi previdenziali sulle somme corrisposte a titolo di retribuzione arretrata, anche in considerazione del loro trattamento fiscale (tassazione ordinaria o tassazione separata). Tale questione appare, infatti, rilevante ai fini della decisione sulle suddette domande e non è stata, fino a ora, oggetto del contraddittorio processuale. 
La liquidazione delle spese resta riservate alla pronuncia definitiva. 
La complessità della controversia impone l'indicazione del termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione.  P. Q. M.  Il Tribunale Ordinario di ### in funzione di giudice del lavoro, non definitivamente pronunciando, ogni contraria e ulteriore istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede: 1) in parziale accoglimento del ricorso, dichiara l'illegittimità del licenziamento intimato da ### a ### con nota del 17.11.2020 e condanna ### a riassumere ### entro tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandole un'indennità di importo pari a otto mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre all'indennità di mancato preavviso nell'importo pari a dieci mensilità di retribuzione e oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data del licenziamento al saldo effettivo; 2) condanna ### a corrispondere ### le retribuzioni relative al periodo di sospensione, da liquidarsi nel prosieguo del giudizio secondo i criteri di cui in motivazione, previa detrazione dell'importo di euro 28.945,20, percepito a titolo di assegno alimentare e oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze mensili al saldo effettivo; 3) dispone la prosecuzione del giudizio, come da separata ordinanza, per la liquidazione delle somme di cui ai punti precedenti e la decisione sulla domanda relativa alle mancate detrazioni fiscali e su quella di regolarizzazione contributiva; 4) condanna ### alla rifusione delle spese legali sostenute da ### nel procedimento penale, liquidate in euro 123.085,72, oltre interessi legali dalle date dei singoli pagamenti ai professionisti al saldo da parte della convenuta; 5) condanna ### a corrispondere a ### i seguenti importi: - euro 222.094,88 a titolo di restituzione del saldo della polizza assicurativa contratta con i proventi delle retribuzioni spettanti alla ricorrente, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla riscossione della stessa (1.3.2014) al saldo effettivo; - euro 88.483 a titolo di indennità speciale maturata negli anni 2011 e 2012, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria da ciascuna scadenza annuale al saldo effettivo; 6) spese al definitivo; 7) indica in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione. 
Così deciso il ###. 
Il giudice Dott.

causa n. 386/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Molinaro Gabriele, Fotia Antonia

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Corte d'Appello di Ancona, Sentenza n. 416/2025 del 05-12-2025

... raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici; licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione di cui all'art.6 del decreto legislativo n. 23 del 2015; licenziamento disciplinare. E' altresì richiesta la sussistenza del requisito contributivo: sono necessarie almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione (legge n. 638/1983 e legge n. 389/1989). Sono, infine, necessarie almeno trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione. In definitiva, i presupposti per la fruizione del beneficio della ### sono quelli definiti dall'art.1 D.lgs. n.22/2015, a norma del quale tale misura di sostegno al reddito è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: a) versino in stato di disoccupazione involontaria; b) possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; c) possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici (leggi tutto)...

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Corte d'Appello di ##### N.67/2025 @-### - NASPI(dimissioni per trasferimento) 01 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Ancona, ### e ### composta dai seguenti magistrati: Dr. ### relatore Dr.ssa ###ssa ### nella camera di consiglio tenutasi in data 4 Dicembre 2025 secondo le modalità previste dall'art.127 ter c.p.c., lette le note scritte depositate dalle parti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di secondo grado promossa con ricorso depositato in data ###, e vertente tra ### della #### e ####, avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n°128/2025 emessa dal Tribunale di Ancona, in funzione di giudice del lavoro, in data ###.
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E #### ha proposto appello avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di Ancona ha accolto il ricorso proposto da ### dichiarando illegittimo il provvedimento in data ###, di rigetto dell'istanza di indennità di disoccupazione (###, motivato sulla base della cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni del lavoratore, con condanna dell'### a corrispondere a ### “l'indennità di disoccupazione ### nell'importo di ### 1.470,99 mensili moltiplicato per il periodo totale di disoccupazione (dal 01/04/2023 al 17/07/2023, pari a 3 mesi e 13 giorni), oltre interessi legali e rivalutazione come per legge”. In particolare, il Giudice di primo grado alla luce della produzione documentale offerta dal ricorrente, ha valutato che le dimissioni rassegnate al lavoratore potessero definirsi “involontarie”, essendo motivate sulla base del suo rifiuto opposto al trasferimento ad una sede distante oltre km.50 dalla residenza del lavoratore, e quindi sulla base di una variazione notevole delle condizioni di lavoro. 
A fondamento del gravame, l'### previdenziale ha censurato l'iter logico giuridico seguito dal primo Giudice, denunciandone l'erroneità e l'illogicità, sotto i seguenti profili: 1) omessa pronuncia sull'eccezione di mancata prova della ricorrenza di tutti i requisiti ex lege previsti per la fruizione della ### (in particolare di quelli di cui alle lettere B e C dell'art.3, D.Lgs. n.22/2015), indipendentemente da come si sia svolta la fase amministrativa; 2) erronea decisione sull'eccezione di mancata presentazione della autodichiarazione da cui risulti la volontà del lavoratore di reagire in giudizio contro l'illegittimo trasferimento ad altra sede ###comportamento illecito del datore di lavoro, e quindi di una giusta causa di dimissioni, tenuto conto della sussistenza di ragioni tecnico/organizzative a motivazione del disposto trasferimento. 
Ha quindi concluso chiedendo dichiararsi della sentenza impugnata e, in ogni caso, l'infondatezza del ricorso originariamente proposto da ### con il favore delle spese di lite del doppio grado.  #### ha resistito al gravame, del quale ha chiesto il rigetto, deducendone l'infondatezza in fatto e diritto, in riferimento a ciascuna delle censure sollevate.  ### è infondato. 
In punto di diritto, è noto che la ### per l'### (### è una indennità mensile di disoccupazione, istituita dall'art. 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, ed erogata a domanda dell'interessato, che ha sostituito le precedenti prestazioni di disoccupazione ### e ### in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria che si sono verificati a decorrere dal 01.05.2015. 
Tale prestazione spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perduto involontariamente l'occupazione. Presupposto, dunque, imprescindibile al fine di beneficiare di detta prestazione è quindi lo stato di disoccupazione involontaria. ### alla ### sussistendo gli altri requisiti, è tuttavia consentito anche in altri casi, di seguito elencati: dimissioni per giusta causa, qualora le dimissioni non siano riconducibili alla libera scelta del lavoratore ma siano indotte da comportamenti altrui che integrano la condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro (circolare ### 20 ottobre 2003, n. 163); dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità, ossia a partire da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del bambino; risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, purché sia intervenuta nell'ambito della procedura di conciliazione presso la direzione territoriale del lavoro secondo le modalità di cui all'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 come sostituito dall'art. 1, comma 40, della legge n. 92 del 2012; risoluzione consensuale a seguito del rifiuto del lavoratore di trasferirsi presso la sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici; licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione di cui all'art.6 del decreto legislativo n. 23 del 2015; licenziamento disciplinare. 
E' altresì richiesta la sussistenza del requisito contributivo: sono necessarie almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione (legge n. 638/1983 e legge n. 389/1989). Sono, infine, necessarie almeno trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione. 
In definitiva, i presupposti per la fruizione del beneficio della ### sono quelli definiti dall'art.1 D.lgs. n.22/2015, a norma del quale tale misura di sostegno al reddito è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: a) versino in stato di disoccupazione involontaria; b) possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; c) possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione. 
Nel caso in esame, con riguardo al requisito contributivo, l'appellato ### ha provato i periodi lavorativi e contributivi susseguitisi nel tempo, idonei ad integrare i requisiti di legge di cui alla predetta disciplina, mediante produzione di tutti i prospetti paga, con conseguente assolvimento dell'onere probatorio gravante sull'appellato in ordine alla sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi per la fruizione del beneficio. A ciò si aggiunga che, in virtù del principio generale dell'automatismo delle prestazioni previdenziali di cui all'art. 2116 c.c. è del tutto irrilevante che con riguardo ai periodi lavorativi di cui ai prospetti paga i contributi siano stati effettivamente versati dal datore di lavoro, essendo consentito l'accredito dei contributi non prescritti in favore del lavoratore interessato, atteso che il principio suddetto produce l'effetto di rendere indipendente il rapporto contributivo intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro rispetto all'altro, di tipo prestazionale, tra l'ente e l'assicurato, con conseguente diritto di quest'ultimo alla integrità della posizione contributiva maturata nel corso del rapporto di lavoro. A carico dell'ente previdenziale, per effetto di tale principio, grava pertanto il rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro ai propri obblighi contributivi, nonché l'obbligo, nei limiti della prescrizione, di garantire l'integrità della posizione assicurativa del lavoratore. 
Quanto alla sussistenza dello stato di disoccupazione involontaria, risulta per tabulas che il diniego dell'indennità ### da parte dell'### è stato motivato, in prima battuta, sulla base della mancata produzione di un “atto notorio in cui si dichiara la volontà di difendersi in giudizio” (v. provvedimento 28.04.2023) e, in seconda battuta, sulla base della circostanza che “la cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni non dà diritto alla concessione del trattamento in oggetto” (v. provvedimento 06.06.2023). 
A parere del Collegio, risulta dal corredo probatorio allegato, di natura prettamente documentale, che nella fattispecie non ricorre alcuna della ipotesi poste dall'### a giustificazione del diniego dell'indennità ### Per quanto riguarda la circostanza secondo cui “la cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni non dà diritto alla concessione del trattamento in oggetto”, osserva il Collegio che lo stesso ### con ### n.142 del 29.07.2015, ha chiarito che “la cessazione del rapporto di lavoro per risoluzione consensuale - in seguito al rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici - non è ostativa al riconoscimento della prestazione di disoccupazione”. Tale interpretazione è stata ribadita dall'### nel messaggio ### n.69 del 26/01/2018, in cui è stato ulteriormente sottolineato che lo stato di disoccupazione può ritenersi involontario nelle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro in cui le parti addivengono alla risoluzione consensuale del rapporto medesimo “in esito al rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico. Su tale ultima ipotesi di risoluzione consensuale in esito al rifiuto al trasferimento, come precisato nella circolare ### n. 108 del 2006, la volontà del lavoratore può essere stata indotta dalle notevoli variazioni delle condizioni di lavoro conseguenti al trasferimento ad altra sede dell'azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e/o raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici. Pertanto, in tale caso si può riconoscere l'indennità di disoccupazione”. 
Non è incompatibile con tale orientamento interpretativo la circostanza che la ### n.163 del 20.10.2003 abbia previsto che le dimissioni possano definirsi per giusta causa se motivate sulla base di uno “spostamento del lavoratore da una sede ad un'altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall'art. 2103 codice civile (Corte di Cassazione, sentenza n. 1074/1999)”. Tale previsione, infatti, comporta che debbano ritenersi motivate per giusta causa le dimissioni rese a seguito di trasferimento non sorretto da “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”, anche se comportante uno spostamento del lavoratore ad altra sede ###superi la soglia dei 50 km di distanza dalla residenza del lavoratore e/o degli 80 minuti di tempo di percorrenza con i mezzi pubblici. 
In altri termini, se le dimissioni sono motivate da un trasferimento non sorretto da “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”, esse si intendono comunque rassegnate per giusta causa, rilevando esclusivamente l'illegittimità dell'esercizio dello ius variandi da parte del datore di lavoro, senza che possa assumere rilievo alcuno la distanza della sede di destinazione dalla sede ###conseguente carattere involontario dello stato di disoccupazione diritto a percepire la ### Se invece il trasferimento superi la soglia dei 50 km di distanza dalla residenza del lavoratore e/o degli 80 minuti di tempo di percorrenza con i mezzi pubblici, ed il lavoratore lo rifiuti, lo stato di disoccupazione conseguente alle dimissioni è comunque da ritenersi involontario, senza necessità di andare ad indagare la legittimità dell'esercizio dello ius variandi da parte del datore di lavoro. Ciò che rileva, in tale evenienza, è esclusivamente la circostanza che in caso di trasferimento ad una distanza così rilevante, la volontà del lavoratore di recedere dal rapporto di lavoro cnstituisce l'inevitabile conseguenza di uno stravolgimento delle condizioni di lavoro oggettivamente conseguente al trasferimento stesso. Ne segue che, in tale ultimo caso, non è necessario che le dimissioni siano motivate da giusta causa, per cui, da un lato, nessun rilievo può essere attribuito alla illiceità o meno della condotta datoriale, e, dall'altro, è da ritenersi del tutto inconferente la richiesta dell'### di produrre un “atto notorio in cui si dichiara la volontà di difendersi in giudizio”. In tale ipotesi, infatti, la condotta datoriale ben può essere pienamente legittima (sussistendo “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” a sostegno del trasferimento), senza che ciò faccia venir meno il diritto del lavoratore di rifiutare il trasferimento ad una così grande distanza, rilevando esclusivamente la circostanza che lo spostamento della sede lavorativa ad una tale distanza comporta oggettivamente una variazione delle condizioni di lavoro di portata tale da legittimare il rifiuto del lavoratore, con conseguente involontarietà dello stato di disoccupazione che ne deriva. 
Venendo al caso in esame, rileva il Collegio che il trasferimento disposto dalla ### S.p.A. nei confronti di ### dalla sede di #### a quella di ####, posta ad una distanza di circa 450 km. percorribile in non meno di quattro ore di viaggio, legittima senz'altro il rifiuto del lavoratore e le sue conseguenti dimissioni, le quali, pur non essendo tecnicamente motivate da giusta causa (non essendo stata mai posta in dubbio dal lavoratore la ricorrenza di “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” a base del trasferimento), devono ritenersi comunque giustificate dalla circostanza che lo spostamento della sede lavorativa ad una tale distanza ha comportato oggettivamente uno stravolgimento delle condizioni di lavoro di portata tale da giustificare il rifiuto del lavoratore e le sue conseguenti dimissioni. 
Quanto infine alla mancata produzione di un “atto notorio in cui si dichiara la volontà di difendersi in giudizio”, le considerazioni già svolte comportano, quale logico corollario, che che nella fattispecie essa non fosse né necessaria, né esigibile dal lavoratore. A ciò si aggiunga che con il messaggio n.16410 del 20 luglio 2009, l'### ha chiarito che nulla osta all'accoglimento della domanda di disoccupazione ### nel caso in cui il lavoratore, successivamente alle dimissioni, non abbia esternato la volontà di difendersi in giudizio nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro (così come invece precedentemente richiesto dalla circolare ### n. 163/2003). Ne segue la totale inconferenza della pretesa dell'### di condizionare il riconoscimento del diritto all'indennità ### alla presentazione di un “atto notorio in cui si dichiara la volontà di difendersi in giudizio”. 
In quest'ordine di concetti, deve dunque concludersi che lo stato di disoccupazione in cui si è trovato ### a seguito del rifiuto del trasferimento e delle conseguenti dimissioni, è da ritenersi senz'altro involontario, con conseguente diritto dell'appellato a percepire l'indennità ### Alla luce delle considerazioni che precedono, l'appello va dunque respinto, con conferma della sentenza di primo grado, sia pur con motivazione integrata. 
Le spese del grado seguono la regola generale della soccombenza e si liquidano come da dispositivo. 
Si applica l'art. 1 comma 17 della legge 228\2012, che ha modificato l'art.13 del d.p.r. n.115\2002, mediante l'inserimento del comma 1 quater, a mente del quale, se l'impugnazione principale o incidentale è respinta integralmente, o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del comma 1 bis, salvo eventuali motivi di esenzione.  P.Q.M.  La Corte di Appello di Ancona, ### e ### definitivamente pronunciando, contrariis reiectis, così decide: - rigetta l'appello; - condanna l'### a rifondere alla parte appellata le spese del grado, che liquida in complessivi €.2.200,00, oltre spese generali nella misura del 15% del compenso totale per la prestazione (art.2 D.M.10.03.2014), I.V.A. e C.A.P.; - dichiara la ricorrenza dei presupposti oggettivi per il versamento, da parte dell'appellante, del doppio del contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 115/2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228, fatti salvi eventuali motivi di esenzione. 
Così deciso nella camera di consiglio tenutasi in data 4 Dicembre 2025.   ### est.   ### (### sottoscritto digitalmente)

causa n. 67/2025 R.G. - Giudice/firmatari: Luigi Santini

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Corte d'Appello di Firenze, Sentenza n. 1794/2025 del 14-10-2025

... riconosciuti tutti i contributi pensionistici dalla data dell'illegittimo licenziamento e fino a tutto il 2012; #### anche nel 2017 (in seguito alla sentenza che chiudeva il giudizio di opposizione al D.I.) ha insistito l'Avv. ### affinché le azioni esecutive fossero dirette presso le ### e i C/C e presso la F.lli ### IX. DVC fu l'Avv. ### ad indicare alla ### il rag. ### quale professionista designato per effettuare i calcoli del danno essa riconosciuto nella sentenza n. 347/13 della Corte d'Appello di Firenze, chiedendo ella unicamente di farsi carico della consegna e ritiro presso lo ### dello stesso della documentazione; X. DVC che per i conteggi da lei elaborati nel novembre 2013, relativamente al danno derivante dall'illegittimo licenziamento della ### come pronunciato dalla Corte d'Appello di Firenze sez. lavoro con ### n. 347/13, (ed allegati al ricorso di cui al lett. D comparsa - n. 9 fasc. monitorio) lei ha ricevuto le indicazioni direttamente dall'Avv. ### XI. DVC lei non ha mai richiesto, per i conteggi di cui al precedente cap. X, il pagamento di alcuna prestazione alla #### DVC verso la metà fine di agosto 2019, il patronato ### richiedeva, per conto della ### il riconoscimento alla (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI FIRENZE QUARTA SEZIONE CIVILE La Corte di Appello di Firenze, ###, in persona dei magistrati: Dott.ssa ### rel. est., Dott.ssa ### Dott.ssa ### ha pronunciato la seguente ### nella causa civile di ### iscritta a ruolo al n. r.g. 2358/2022 promossa da: ### (c.f. ###), rappresentata e difesa dall'avv. ### come da procura in atti appellante contro ### (c.f. ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### come da procura in atti e ### S.P.A. (p.iva ###), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in ### rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### come da procura in atti appellati avverso la sentenza n. 3133/2022 del Tribunale di Firenze, pubblicata in data ###, trattenuta in decisione all'esito dell'udienza cartolare del 6.5.2025, con ordinanza collegiale ex art. 127 ter c.p.c. del 12.5.2025, pubblicata in data ###, sulle seguenti ### Per la Parte appellante: “### all'###ma Corte d'Appello di Firenze, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, in via preliminare di rito, disporre la sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata ex art. 283 ut supra; in via principale nel merito e in accoglimento dell'odierno appello, per i motivi sopra esposti, ferma quanto disposto in sentenza di primo grado in merito alla revoca del decreto ingiuntivo 4644/19 e salva quindi quanto in essa statuito in relazione alla riduzione dei compensi richiesti in relazione alla causa di opposizione a decreto ingiuntivo di cui all'R.G. 2598/14 Tribunale di Firenze e alla procedura esecutiva della relativa sent. n. 484/2017, riformare per il resto l'impugnata sentenza n. 3133 /2022 emessa il ### dal Tribunale di Firenze giudice dott. ### per i motivi esposti in parte narrativa in accoglimento degli stessi e dell'odierno appello, ferma la revoca dell'opposto decreto ingiuntivo n. 4644/19: - accertare e dichiarare, che, per i motivi esposti e nel presente atto e come formulati in primo grado, non risulta dovuto dalla odierna opponete ### all'avvocato ### per il mandato (o i mandati) ad esso conferiti di cui in atti, alcun compenso professionale o comunque che il compenso risulta dovuto in misura inferiore (dovendo essere ulteriormente diminuito) rispetto a quanto liquidato (in parziale accoglimento dell'opposizione) nella sentenza impugnata; - condannare altresì (in via riconvenzionale), previo ogni più opportuno accertamento e pronuncia circa gli inadempimenti addebitabili allo stesso nello svolgimento del mandato e/o mandati ad esso conferiti, lo stesso convenuto Avv. ### al risarcimento del danno derivato in capo alla ### e consistente nei pregiudizi ai diritti ad essa riconosciuti dalla sentenza della Corte di Appello di Firenze e come liquidati dal Tribunale di Firenze e di cui in narrativa, danni da quantificarsi in separato apposito separato giudizio, salvo in ogni caso la liquidazione di un importo provvisionale; - in via subordinata, nella denegata ipotesi di riproposizione e accoglimento della contestazione di controparte circa la proponibilità della richiesta di condanna generica, e previo accertamento e pronuncia circa l'inadempimento nello svolgimento dei medesimi mandati dell'Avv. ### e di cui appresso, condannare lo stesso al risarcimento del danno in favore di ### da quantificarsi nel corso del presente giudizio o in successiva fase dello stesso, anche in via equitativa o a mezzo apposita CTU (rispetto alla quale anche in tal senso si insiste), e, all'esito, compensare, anche parzialmente, le somme così liquidate, con il compenso che dovesse risultare ancora dovuto all'Avv. #### il convenuto al rimborso delle spese ed onorari di giudizio oltre accessori di legge. 
In via istruttoria, si insiste, per tuziorismo difensivo, per l'ammissione di tutti i mezzi di prova non ammessi, comprese la CTU e prove orali, così come formulate in capitoli in giudizio di primo grado con memoria ex art.  183, co VI, n. 2 c.p.c., quindi affinché questa Corte Voglia disporre in quanto dedotti, richiesti e non ammessi - senza che ciò possa comportare inversione dell'onere probatorio posto a carico di controparte - i seguenti mezzi istruttori: A. prova per testi, sui seguenti capitoli: I. DVC dalla metà del 2013 ### indicò all'Avv.  ### alcuni conti correnti della ### come quelli tenuto presso la BCC di ### e presso la ### spa al fine di procedere ad ogni azione esecutiva sugli stessi; II. DVC dalla prima metà del 2013 (e comunque dalla Sentenza della Corte d'Appello di Firenze che le riconosceva il diritto alla reintegra e ai danni) ### indico più volte all'Avv. ### le società F.lli Gambassi di #### e ### S.r.l. quali debitrici della ### in qualità di conduttrici o affittuarie della stessa e/o dei beni e mezzi aziendali; ### DVC ### sempre dall'inizio dell'anno dal 2013 e fino al 2018 ha sempre prodotto all'Avv. ### i bilanci annuali della ### S.r.l., corredati dei i relativi verbali di assemblea e relazioni dell'amministratore e delle visure ### (come, in parte documentato, doc. 15 e 16); IV. ### dal 2012 ha rappresentato più volte e in più occasioni all'Avv. ### che la ### S.r.l. aveva posto in liquidazione il suo asset, lo stato di cassa integrazione o mobilità dei dipendenti e nel 2013 ha specificamente evidenziato allo stesso che la ### aveva licenziato tutti i dipendenti, cui stava liquidando tutte le residue spettanze con i proventi della locazione/affitto del complesso immobiliare e con i profitti ricavati dalla lavorazione delle materie prime giacenti; V. ### nell'arco di tempo che va dal 2013 al maggio 2018, ha più volte espresso all'Avv. ### i propri timori sulla distrazione delle residue garanzie patrimoniali della ### VI. 
DVC che dal 2013 al 2018 ### hanno ha più volte richiesto all'Avv. ### di intraprendere azioni a tutela dei diritti e del credito riconosciuto nella sentenza della Corte d'Appello di Firenze del 2013 anche, infine, tramite istanza di fallimento nei confronti della ### insistendo altresì che fosse indicato il collegamento tra la stessa, il ### e la società F.lli ### S.r.l.; VII. DVC l'Avv. ### dal 2013 e fino al 2018 (ossia alla revoca del mandato lui conferito), ha sempre rassicurato la ### sul fatto che, in ogni caso, tramite l'### le sarebbero stati riconosciuti e versati il TFR e le ultime tre mensilità nonché riconosciuti tutti i contributi pensionistici dalla data dell'illegittimo licenziamento e fino a tutto il 2012; #### anche nel 2017 (in seguito alla sentenza che chiudeva il giudizio di opposizione al D.I.) ha insistito l'Avv.  ### affinché le azioni esecutive fossero dirette presso le ### e i C/C e presso la F.lli ### IX. DVC fu l'Avv. ### ad indicare alla ### il rag. ### quale professionista designato per effettuare i calcoli del danno essa riconosciuto nella sentenza n. 347/13 della Corte d'Appello di Firenze, chiedendo ella unicamente di farsi carico della consegna e ritiro presso lo ### dello stesso della documentazione; X. DVC che per i conteggi da lei elaborati nel novembre 2013, relativamente al danno derivante dall'illegittimo licenziamento della ### come pronunciato dalla Corte d'Appello di Firenze sez. lavoro con ### n. 347/13, (ed allegati al ricorso di cui al lett. D comparsa - n. 9 fasc. monitorio) lei ha ricevuto le indicazioni direttamente dall'Avv. ### XI. DVC lei non ha mai richiesto, per i conteggi di cui al precedente cap. X, il pagamento di alcuna prestazione alla #### DVC verso la metà fine di agosto 2019, il patronato ### richiedeva, per conto della ### il riconoscimento alla stessa e l'addebito al datore di lavoro ### del periodo contributivo 1.11.2007 - 31.12.2012, quale lavoratrice dipendete presso la stessa; ### Vero che l'istanza di cui al precedente capitolo veniva rigettata per intervenuta prescrizione del termine come da documenti in atti (doc.14). Si indicano quali testi, salvo altri 4 - ### residente in ### a #### sui capitoli dal I al IX; - ### con studio in #### sui capitoli X e XI; - ### di #### 43/a ### sui capitoli XII e ### B. 
Disporre, altresì, ### d'### affinché, previo esame e verifica degli atti e dei documenti prodotti dalle parti, delle informazioni e della documentazione che il consulente stesso ritenga necessario e/o opportuno acquisire presso le parti e presso i terzi, in particolare ### e ### fallimentare (ed a ciò espressamente autorizzato), questi: - quantifichi il danno derivante dal mancato riconoscimento in capo alla ### e/o mancato addebito nei confronti del datore di lavoro ### S.r.l., da parte dell'### dei contributi previdenziali ed assistenziali e diritti che sarebbero stati ella dovuti a seguito di reintegra, per il periodo riconosciuto dalla sentenza n. 413/13 del 14.03.2013 della Corte di Appello di ### Lavoro (doc. D comparsa e n.4 in ricorso per D.I. di controparte), e ad essa non riconosciuti per prescrizione/decadenza (derivante dall'omissione degli adempimenti cui parte convenuta era tenuta come da mandati conferiti e in atti); ### da valutarsi in relazione ai benefici economici di cui la stessa avrebbe usufruito, sia con riferimento al trattamento pensionistico, sia con riferimento all'accesso al ### di ### e ai relativi indennizzi, trattamenti e benefici economici (### mensilità non percepite e/o altro).” Per la Parte appellata ### “###ma Corte di Appello di ### contrariis reiectis, - in via preliminare: - respingere l'istanza di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza impugnata; - dichiarare inammissibile l'appello ex art 348 bis c.p.c.; - dichiarare la domanda riconvenzionale e la relativa domanda subordinata della sig.ra ### respinte in sentenza, infondate oltre che inammissibili e improcedibili in quanto non riproposte in sede di appello così come formulate nell'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo. - dichiarare inammissibili la nuova domanda riconvenzionale e la nuova domanda in via subordinata formulate in questa sede come specificato sub. 2) - nel merito: rigettare l'impugnazione della sig.ra ### e confermare la sentenza del Tribunale di ### n. 3133/2022. - Nella denegata ipotesi in cui venga accolto l'appello in ordine alla prima domanda riconvenzionale ad un risarcimento del danno generico da quantificarsi in separato giudizio, condannare comunque la sig.ra ### a pagare all'avvocato ### il suo credito come statuito nella sentenza impugnata; - ### denegata ipotesi in cui venga accolto l'appello in ordine alla nuova domanda riconvenzionale ad un risarcimento del danno generico da quantificarsi in separato giudizio salvo la liquidazione di un importo provvisionale, condannare comunque la sig.ra ### a pagare all'avvocato ### il suo credito come statuito nella sentenza impugnata; - dichiarare che l'assicurazione ### S.p.A. è tenuta a manlevare l'avvocato ### da ogni pretesa della sig.ra ### condannando la stessa a rifondere alla sig.ra ### quanto sarà eventualmente tenuto a pagare alla sig.ra ### nel futuro ed eventuale separato giudizio di quantificazione del danno o a titolo provvisionale. In ogni caso con vittoria di spese, competenze ed onorari, rimborso forfettario, cap ed iva del presente giudizio.” Per la Parte appellata ### S.p.A.: “###ma Corte adita: - in via preliminare di rito, respingere l'istanza di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza impugnata non sussistendone i presupposti; - in via principale, respingere l'atto di appello promosso dalla sig.ra ### in quanto infondato e per l'effetto confermare integralmente la sentenza n. 3133/2022 del 9.11.2022 del Tribunale di ### Con vittoria di spese e compensi di questo grado di giudizio.” ### atto di citazione ritualmente notificato, ### aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 4644/2019 emesso dal Tribunale di ### in data ### (con il quale il predetto Tribunale le aveva ingiunto il pagamento, in favore dell'avv. ### della somma di euro 53.488,23, oltre interessi di mora e spese del procedimento monitorio, a titolo di compenso professionale), al fine di ottenere la declaratoria di nullità e la revoca del decreto ingiuntivo o dell'insussistenza della pretesa creditoria per l'attività difensiva svolta in suo favore nel contenzioso insorto contro la ### s.r.l. (già ### s.r.l.) a seguito dell'illegittimo licenziamento, che si era articolata: a) dinanzi alla Corte di Appello di #### R.G.A. 661/2012; b) nella fase esecutiva a seguito della sentenza n. 347/2013 della Corte d'Appello di #### c) nel ricorso per ### n. R.G. 1638/2014, sulla base della sentenza 347/2013 della Corte d'Appello di #### nonché nella successiva ### a ### n. R. G. 2598/2014; d) nella fase esecutiva a seguito della sentenza n. 484/20 17 del Tribunale di #### ed e) dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione, ### R.G. 16691/2013, nonché la condanna dell'opposto alla ripetizione degli acconti versati. 
La medesima aveva, inoltre, proposto domanda riconvenzionale al fine di ottenere, previa declaratoria dell'inadempimento dell'avv. ### nello svolgimento del mandato e/o mandati ad esso conferiti, la condanna del medesimo al risarcimento del danno da lei subito rispetto ai diritti ad essa riconosciuti dalla sentenza della Corte di Appello di ### n. 347/2013 e liquidati dal Tribunale di ### con la sentenza 484/2017, da quantificarsi in separato apposito giudizio, nonché, in subordine, nell'ipotesi, in cui fosse stato riconosciuto in favore dell'opposto, anche parzialmente, il diritto ad un compenso, la condanna del medesimo a tenerla manlevata dal pagamento o saldo di tali somme, fino all'integrale ristoro dei danni da lei subiti. 
A fondamento dell'opposizione, la ### aveva dedotto che: 1) aveva contestato espressamente l'operato professionale svolto dall'avv. ### revocando al medesimo il mandato conferitogli, in quanto, nell'ambito del contenzioso giudiziale predetto, pur essendo stato accertato a suo favore un credito di lavoro da illegittimo licenziamento per oltre 200.000,00 euro ed il diritto alle regolarizzazioni contributive per 62 mesi, tale credito non era stato mai ottenuto, né risultava essere neanche parzialmente ottenibile, essendo stati ad essa negati pure i possibili interventi dell'### e le regolarizzazioni contributive in quanto prescritte (successivamente all'emissione del provvedimento che le riconosceva); 2) nessuna concreta misura volta a preservare l'esercizio e/o l'esecuzione del diritto riconosciuto nella sentenza n. 347/13 della Corte territoriale toscana, era stata tempestivamente posta in essere dall'avv. ### che aveva così vanificato il risultato ottenuto con la sentenza d'appello, procurandole un ingente danno; 3) l'avv. ### aveva presentato dei preventivi di parcella sulla base dei quali aveva concordato con lei, sia per il giudizio di appello che per le prime fasi del giudizio di opposizione al D.I., compensi sostanzialmente minori rispetto a quelli dal medesimo pretesi nel ricorso per decreto ingiuntivo; 4) gli acconti pagati, documentati e non contestati, non erano stati detratti dall'importo richiesto, che risultava determinato in mondo complessivo dall'ordine professionale (senza detrazione degli acconti) e la somma richiesta e liquidata dal decreto ingiuntivo opposto era stata calcolata su tale intero importo, senza tener conto degli acconti dichiarati e riportati dal ### (che non sono oggetto di contestazione). 
In particolare, nell'ambito dell'opposizione, con riguardo ai singoli giudizi nei quali l'avv. ### aveva espletato l'attività professionale in questione, la ### aveva dedotto che: i) in relazione alle prestazioni inerenti al giudizio avanti alla Corte di Appello di ### procedimento R.G. n. 661/2012, da parte del convenuto vi era stata, in considerazione del notevole importo del danno e della retribuzione corrispondente (oltre 200.000,00 euro), “la mancata richiesta, in seno a tale procedimento e successivamente all'emissione della sentenza definitiva del grado, di misure volte a tutelare l'ingente credito ad essa riconosciuto”, quali la richiesta di condanna al pagamento di provvisionale ex art. 278 cpc.; ii) con riferimento alle “### inerenti alla fase esecutiva”, era da escludere l'utilità di un'azione esecutiva promossa nel 2013 “su beni mobili prima presso la sede errata poi presso la sede legale del debitore, che nel frattempo aveva cessato e che aveva affittato sia l'azienda che il capannone e i cui beni materiali erano, peraltro, già stati tutti venduti in un'asta giudiziaria del Tribunale di ### a metà gennaio del 2010 (tutti elementi risultanti dalla ### dai bilanci pubblicati); iii) quanto alle prestazioni inerenti al ricorso per decreto ingiuntivo e successiva opposizione, l'avv. ### aveva ingiustificatamente atteso oltre 1 anno (da marzo 2013 a aprile 2014) prima di provvedere con il ricorso nel quale aveva, altresì, omesso di richiedere la provvisoria esecuzione ex art.  642 c.p.c.; iv) con riferimento alle “### relative alla fase esecutiva della sentenza n. 484/2017 del Tribunale di ### definitiva del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo n. 753/2014”, l'avv. ### non aveva effettuato il pignoramento dei conti correnti della società ### srl, dei quali aveva fornito gli esatti estremi (BCC di ### spa e ### spa), conti sui quali risultavano ancora transitare cospicue somme o quello presso terzi, quali la società ### srl e la ditta F.lli Giambassi, affittuari e conduttori e quindi debitori della ### v) riguardo alla “### e ricorso incidentale in Corte di Cassazione R.G.  16691/2013”, il professionista non si era attenuto agli obblighi informativi circa “la proposizione del ricorso incidentale in relazione al mancato riconoscimento da parte della Corte di Appello del danno da demansionamento”; vi) l'avv. ### aveva omesso di presentare l'istanza richiesta e pur la comunicazione all'### “circa l'omesso versamento da parte della ### srl degli oneri contributivi per il periodo dell'illegittimo licenziamento”, cagionando in tal modo “un danno corrispondente all'omesso versamento di contributi in corrispondenza di ben 66 mensilità comprese le tredicesime o, piuttosto, la perdita del corrispondente trattamento pensionistico (sia in termini economici che temporali) oltreché del TFR e delle ultime 3 mensilità, di cui ella avrebbe potuto beneficiare (anche per accesso al fondo di garanzia) se la sentenza fosse stata in tal senso eseguita e un istanza richiesta o comunicazione in tal senso fossero state effettuate presso l'INPS”. 
Inoltre, aveva eccepito che tra lei ed l'avv. ### fossero stati pattuiti (per iscritto) specifici compensi, inferiori a quelli richiesti al professionista e liquidati con il ricorso monitorio e ciò in particolare in ordine: vii) al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo e di cui all'R.G. n. 2598/2014 del Tribunale di ### nel quale, nel novembre 2014, con riferimento alle prime due fasi (esame e studio - introduttiva) avevano concordato il complessivo compenso di €.1.500,00, oltre IVA e CPA (doc. 7 e doc. 8), inferiore a quello richiesto con il ricorso monitorio e viii) al giudizio di appello (R.G. n. 661/2012 Corte d'###, per il quale il compenso per l'intero giudizio era stato concordato in €. 4.200,00 (oltre ### e s.g.) come da preventivo redatto dallo stesso avv. ### in data 22 marzo 2013 e successivamente confermato (doc. 7), invece che nell'importo poi preteso di €. 11.400,00 (oltre ### e accessori)”. 
Infine, la ### aveva dedotto che: ix) con riferimento al procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo RG. n. 2598/14, dinanzi al Tribunale di ### gli importi richiesti per le fasi trattazione e istruttoria e decisionale dovevano essere ridotti del 30%, in quanto non si era tenuto conto che l'oggetto e la materia di tale procedimento (ossia il risarcimento del danno da illegittimo licenziamento) erano già state oggetto di precedente giudizio in cui era stato pattuito il corrispettivo delle attività difensive (“Non possono esservi dubbi, infatti, che il giudizio di opposizione risultasse la mera contestazione della liquidazione del danno già giudicato nei procedimenti di primo e secondo grado e riconosciuto nella sentenza della Corte di ### 347/2013 ed in particolare in merito all'arco temporale nel quale doveva determinarsi tale calcolo.  ### rispetto a tale questione è stata accolta ed era prevedibile che lo fosse, posto che il datore di lavoro aveva cessato la propria attività il ###; è da ritenere che, se il calcolo si fosse basato sul termine finale corretto (ossia il ###), non solo l'opposizione sarebbe stata rigettata ma probabilmente non sarebbe neppure stata proposta)”; x) il compenso richiesto per il procedimento esecutivo intentato nel 2017 in relazione alla sent. n. 484/2017 del Tribunale di ### sez. ### in relazione al quale l'avv. ### aveva emesso parcella per c.a. 6.500 euro, oltre ad essere sproporzionato e non trovare riscontro rispetto alle tariffe del DM 55/14, risultava non dovuto, trattandosi di procedimento che, oltre a risultare palesemente inutile e infondato, di fatto non si è mai incardinato, non essendosi minimamente concretizzato, come palesemente prevedibile, (tanto più utilizzando la dovuta perizia) alcun pignoramento ed essendosi di fatto esaurite le prestazioni professionali nella formulazione del precetto con la consegna dello stesso e del titolo all'ufficiale giudiziario e il ritiro, presso il medesimo, degli stessi atti unitamente al verbale di esito negativo” e xi) di aver nel tempo versato acconti “ulteriori rispetto a quelli indicati nelle parcelle, in parte documentati (doc. 7, 8, 9) e, in parte, non documentati”; Si era costituito in giudizio l'avv. ### che aveva chiesto il rigetto dell'opposizione, nonché della domanda riconvenzionale e di quella avanzata in via subordinata dalla ### Il medesimo aveva, inoltre, chiesto di essere autorizzato a chiamare in causa la ### S.p.A. per essere dalla stessa manlevato in ipotesi di condanna. 
Autorizzata dal giudice la chiamata in causa, si era costituita in giudizio anche la predetta compagnia assicurativa, che aveva chiesto il rigetto delle domande riconvenzionali attoree. 
La causa era stata istruita attraverso produzioni documentali, non essendo state ammesse le prove per interrogatorio e per testi richieste dall'opponente ed era stata decisa dal Tribunale di ### con sentenza n. 3133/2022, pubblicata in data ###, il predetto Tribunale aveva: 1) revocato il decreto ingiuntivo opposto; 2) condannato l'opponente al pagamento in favore dell'opposto della somma di euro 42.888,37, oltre interessi legali di mora dal 2.11.2019; 3) compensato tra le parti le spese di lite nella misura pari ad 1/5; 4) posto a carico dell'opponente la restante quota dei 4/5 delle spese di lite e di quelle del procedimento monitorio e 6) condannato l'opponente al pagamento in favore della terza chiamata delle spese di lite. 
In particolare, il Tribunale, in motivazione, aveva affermato quanto segue.   “…l'opposizione proposta risulta meritevole di accoglimento limitatamente ai motivi inerenti alla quantificazione dei compensi spettanti al professionista per l'attività prestata. 
In particolare, si ritiene che i compensi debbano essere liquidati ai valori minimi - per il complessivo importo di euro 6.888,00 (Fase di studio della controversia:€ 2.268,00; Fase introduttiva del giudizio:€ 810,00; ### istruttoria e/o di trattazione: € 1.785,00; ### decisionale:€ 2.025,00) - con riferimento all'attività professionale espletata in relazione al procedimento di opposizione sub c), avuto riguardo alla non particolare difficoltà e complessità della pratica, trattandosi sostanzialmente di una vicenda di opposizione a decreto ingiuntivo proposta unicamente in punto di quantum, come emerge altresì dalla note finali autorizzate depositate dall'avv. ### (cfr. doc. 14 fasc. proc. monitorio, pag.12), nonché dalla stessa sentenza che ha definito il giudizio (cfr. doc. 15 fasc. proc. monitorio). 
Rispetto, dunque, alla parcella sub doc. 17 fasc. monitorio, si perviene ad un totale complessivo di euro 8.050,41. Sommando tale importo con quello di euro 1615,22 di cui alla notula 18 fasc. monitorio relativa al procedimento monitorio, si ottiene la somma di euro 9.665,63. 
Inoltre, per quanto concerne il procedimento esecutivo sub d), si ritiene che i compensi debbano essere liquidati ai valori minimi - con riconoscimento, dunque, del complessivo importo di euro 1045,00 per le fasi di studio (euro 555,00) e istruttoria/trattazione (euro 490,00) - tenuto conto della non particolare difficoltà e complessità della pratica, quale emerge dalla lettura dell'atto di precetto sub doc.18 fasc. proc. monitorio, nonché in ragione del mancato conseguimento di un risultato utile per la cliente. 
Rispetto, quindi, alla parcella sub doc. 20 fasc. monitorio, si ottiene un totale complessivo di euro 1091,24. 
Per il resto l'opposizione è infondata. 
Riguardo al motivo sub i, l'attrice non ha dimostrato che nel giudizio dinanzi alla Corte di ### di ### ricorressero le condizioni per la pronuncia di una condanna al pagamento di provvisionale ex art. 278 cpc., la quale presuppone l'accertamento della sussistenza di un diritto, nonché la valutazione circa il raggiungimento della prova su una certa quantità del danno (cfr. Cass. n. 927 del 16/02/1989). 
Né v'è prova che tale iniziativa avrebbe comunque consentito di conseguire un risultato utile per la “creditrice” ### stante l'esito infruttuoso delle successive azioni intraprese per il recupero del credito de quo. 
Risulta, in ogni caso, documentato che il professionista convenuto si è concretamente attivato per la presentazione dell'istanza di fallimento nei confronti della società debitrice dell'attrice (circa la mancata presentazione dell'attrice allo studio del convenuto per sottoscrivere il mandato per l'istanza di fallimento doc. B). 
Quanto alla deduzione sub iii, la stessa è infondata, atteso che risulta per tabulas che l'avv. ### nel relativo giudizio ha richiesto la concessione della provvisoria esecuzione in relazione al provvedimento monitorio (verbale di udienza del 5 febbraio 2015 sub doc. F fascicolo parte opposta). 
Riguardo al motivo sub iv, è sufficiente osservare che non è dimostrato che l'attrice abbia fornito l'indicazione degli estremi degli asseriti conti correnti della società ### srl, BCC di ### spa e ### spa, necessari per poter procedere con il pignoramento presso terzi. 
Riguardo all'eccezione sub v, posto che la sig.ra ### ha sottoscritto il mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale (cfr. doc. 8 fasc. proc. monitorio), si deve ritenere che la stessa sia stata senz'altro informata in ordine alla presentazione del ricorso incidentale, proposto in relazione al mancato accoglimento da parte della Corte di ### di ### della domanda di risarcimento del danno per demansionamento, ciò fermo restando che dalla notula sub doc.25 si evince come la redazione di detto ricorso incidentale non abbia determinato alcun aumento dei compensi richiesti, rispetto a quelli spettanti per la costituzione nel giudizio dinanzi alla Suprema Corte. 
Con riferimento al motivo di opposizione sub vi, non v'è prova che alcun mandato sia stato conferito al professionista dalla sig.ra ### per la gestione della posizione dell'attrice con l'### Per quanto concerne le eccezioni sub vii e viii, non risultano dimostrati gli asseriti accordi sui compensi, considerato che i docc. 7 ed 8 fasc. parte attrice costituiscono meri progetti di notula, ovvero parcelle per il pagamento dei compensi, le quali non hanno carattere vincolante, salvo che le stesse siano conformi ad un pregresso accordo od espressamente accettate dal cliente (cfr. Cass. 6454/2008 e n. 2575/2018), ipotesi quest'ultima che non ricorre nella specie, mancando l'espressa accettazione da parte della sig.ra ### e la prova di un pregresso accordo. 
Non è stato, infine, dimostrato che l'attrice abbia nel tempo versato al convenuto acconti “ulteriori rispetto a quelli indicati nelle parcelle” (motivo di opposizione sub xi) di cui il convenuto ha tenuto conto in sede di presentazione del ricorso monitorio. 
Non può, inoltre, trovare accoglimento la domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni, atteso che, da un lato, alla stregua delle risultanze di causa risulta che l'avvocato ### abbia correttamente svolto l'attività professionale in favore della sig.ra ### dall'altro, non è stata fornita la prova che il mancato recupero delle somme di cui alla sentenza 484/2017 del Tribunale di ### sia riconducibile alla condotta dell'opposto. 
Quanto alla domanda proposta in subordine, la stessa è in tutta evidenza inammissibile non essendo, neppure in astratto, configurabile un'ipotesi in cui il soggetto riconosciuto come creditore sia chiamato a “mallevare” il debitore. 
In definitiva, se, per un verso, va disposta la revoca del decreto ingiuntivo, per altro verso, l'attrice va condannata al pagamento in favore del convenuto della complessiva somma di euro 42.888,37, di cui: a. euro 16.633,97 in relazione al procedimento ### / ### s.r.l. dinanzi alla Corte di ### di #### R.G.A. 661/2012) b. euro 570,85 in relazione al procedimento ### / ### s.r.l. - ### esecutiva a seguito della sentenza n. 347/2013 della Corte d'### di #### c. euro 9.665,63 in relazione al procedimento ### / ### s.r.l. - Ricorso per ### n. R.G. 1638/2014, sulla base della sentenza n. 347/2013 della Corte d'### di #### nonché successiva ### a ### n. R. G. 2598/2014; d. euro 1.091,24 in relazione al procedimento ### / ### s. r.l. - ### esecutiva a seguito della sentenza n. 484/20 17 del Tribunale di #### e. euro 14.926,68 in relazione al procedimento ### / ### s.r.l. dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione, ### R.G. 16691/2013. 
In ordine a tale importo di 42.888,37, vanno computati gli interessi legali di mora dal 2-11-2019, data di notifica del provvedimento monitorio ### altra questione è assorbita. Le spese di lite vengono compensate per 1/5, stante l'accoglimento parziale dell'opposizione, che vede il riconoscimento in favore dell'opposto di un importo, il quale risulta ridotto di circa il 20% rispetto a quello di cui al provvedimento monitorio. La restante quota di spese di lite, liquidata come in dispositivo alla stregua dei parametri del DM 55/2014 (scaglione da € 26.001 a € 52.000), viene posta a carico di parte attrice in ragione della soccombenza prevalente. Sulla base dei medesimi criteri, le spese del procedimento monitorio vanno poste a carico dell'attrice nella misura dei 4/5. Quanto alla pronuncia sulle spese di lite, in relazione al giudizio subordinato di garanzia introdotto dal convenuto nei confronti della terza chiamata, occorre osservare che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, le spese sostenute dal terzo chiamato in causa devono essere poste a carico della parte chiamante solo nell'ipotesi in cui la chiamata in causa risulti palesemente arbitraria o infondata; diversamente le spese devono essere poste a carico della parte attrice soccombente (cfr. tra le altre Cass. ### n. 8363 del 8.4.2010; Cass. ### n. 12301 del 10.6.2005).  ### specie, con riguardo alla chiamata in causa di ### non ricorrono i presupposti indicati - palese infondatezza o arbitrarietà - tenuto conto che la domanda di manleva proposta dall'opposta risulta fondata su una polizza assicurativa per responsabilità professionale (cfr. docc. 1-2 fasc. terza chiamata). 
Tanto premesso, le spese di lite sostenute dalla terza chiamata, liquidate come in dispositivo secondo i parametri del DM 55/2014, devono essere poste a carico di parte attrice, secondo il principio di soccombenza.”. 
Con atto di citazione ritualmente notificato, ### ha proposto appello avverso tale sentenza, impugnando la stessa con quattro motivi di gravame (con i quali ha dedotto: 1) l'erronea pronuncia in ordine alla determinazione dei compensi professionali e degli acconti versati; 2) l'errata applicazione degli art. 112, 113, 115 in relazione a punti decisivi della controversia nonché dell'art. 113 in relazione agli art. 1176, II co., 1218 e 1223, 1226 e 2236 c.c. 3) la falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c.; degli art. 115, 116 e 113 c.p.c. in relazione agli art. 1176, II co., 1218, 1223, 1226 e 2236 c.c. e 4) l'errata applicazione degli art. 183, 7° comma e dell'art. 244 c.p.c. , degli art. 115 e 116 c.p.c.)
Si è costituito in giudizio ### che ha eccepito l'inammissibilità dell'appello ex art. 348, nonché l'inammissibilità, ex art. 345 c.p.c., della domanda formulata in via subordinata ed in via riconvenzionale dalla ### nell'atto di citazione in appello, chiedendo, nel merito, il rigetto dell'appello. 
Si è costituita in giudizio la ### S.p.A. (di seguito ###, che ha chiesto anch'essa il rigetto dell'appello. 
All'udienza collegiale del 6.5.2025, svoltasi in forma cartolare, la causa, sulle conclusioni delle parti come trascritte in epigrafe, è stata trattenuta in decisione con ordinanza ex art. 127 ter del 12.5.2025, pubblicata in data ### e decisa in camera di consiglio all'esito del decorso dei termini assegnati ex art. 190 c.p.c.  MOTIVI DELLA DECISIONE Va preliminarmente rigettata l'eccezione ex art 348 c.p.c., formulata dall'appellato ### atteso che la locuzione “non ha una ragionevole possibilità di essere accolto” va intesa nel senso che l'operatività del filtro deve essere circoscritta ai soli appelli pretestuosi o manifestamente infondati sia per ragioni di rito che per ragioni di merito e cioè a situazioni non ravvisabili nel caso di specie. 
Va, invece, accolta l'eccezione di inammissibilità ex art. 345 c.p.c. formulata sempre dal predetto appellato in ordine alla domanda avanzata dalla ### in via subordinata, nell'atto di citazione in appello. 
Ed invero, con riferimento a detta domanda (del seguente tenore letterale: “in via subordinata, nella denegata ipotesi di riproposizione e accoglimento della contestazione di controparte circa la proponibilità della richiesta di condanna generica, e previo accertamento e pronuncia circa l'inadempimento nello svolgimento dei medesimi mandati dell'Avv. ### e di cui appresso, condannare lo stesso al risarcimento del danno in favore di ### da quantificarsi nel corso del presente giudizio o in successiva fase dello stesso, anche in via equitativa o a mezzo apposita CTU (rispetto alla quale anche in tal senso si insiste), e, all'esito, compensare, anche parzialmente, le somme così liquidate, con il compenso che dovesse risultare ancora dovuto all'Avv. ###”), si osserva che la stessa è del tutto diversa da quella formulata nell'atto di citazione in opposizione, in quanto, mentre in quella formulata in appello la ### ha chiesto di essere risarcita del danno subito, al contrario in quella formulata nell'atto di citazione in opposizione, la medesima aveva chiesto di essere “mallevata” dall'opposto (“ in via subordinata nella denegata e contestata ipotesi, il giudice dovesse riconoscere all'Avv. ### anche parzialmente, il diritto ad un compenso, salva ed impregiudicato ogni diritto di impugnazione al riguardo, condannare lo stesso a tenere mallevata dal pagamento o saldo di tali somme, fino all'integrale ristoro dei danni subiti alla stessa attrice opponente.”), richiesta che, peraltro, era stata espressamente dichiarata inammissibile dal giudice di primo grado (“### alla domanda proposta in subordine, la stessa è in tutta evidenza inammissibile non essendo, neppure in astratto, configurabile un'ipotesi in cui il soggetto riconosciuto come creditore sia chiamato a “mallevare” il debitore.”).   In relazione alla domanda riconvenzionale, va, invece, osservato che quella formulata in appello (“condannare altresì (in via riconvenzionale), previo ogni più opportuno accertamento e pronuncia circa gli inadempimenti addebitabili allo stesso nello svolgimento del mandato e/o mandati ad esso conferiti, lo stesso convenuto Avv. ### al risarcimento del danno derivato in capo alla ### e consistente nei pregiudizi ai diritti ad essa riconosciuti dalla sentenza della Corte di ### di ### e come liquidati dal Tribunale di ### e di cui in narrativa, danni da quantificarsi in separato apposito separato giudizio, salvo in ogni caso la liquidazione di un importo provvisionale”) è sostanzialmente uguale a quella avanzata in primo grado (“in via riconvenzionale, previa ogni più opportuno accertamento e pronuncia circa le negligenze e imperizie professionali addebitabili al convenuto avv. ### nello svolgimento del mandato e/o mandati ad esso conferiti e di cui in narrativa, condannare lo stesso al risarcimento del danno derivante in capo alla ### rispetto ai diritti ad essa riconosciuti dalla sentenza della Corte di ### di ### e liquidati dal Tribunale di ### e di cui in narrativa, danni da quantificarsi in separato apposito giudizio”), su cui il giudice di primo grado aveva già statuito in sentenza nel seguente modo: “Non può, inoltre, trovare accoglimento la domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni, atteso che, da un lato, alla stregua delle risultanze di causa risulta che l'avvocato ### abbia correttamente svolto l'attività professionale in favore della sig.ra ### dall'altro, non è stata fornita la prova che il mancato recupero delle somme di cui alla sentenza 484/2017 del Tribunale di ### sia riconducibile alla condotta dell'opposto.”, con una pronuncia che è stata sostanzialmente impugnata con il terzo motivo di gravame. 
Ciò detto, con il primo motivo di gravame, l'appellante ha censurato la decisione del giudice di primo grado di ritenere: 1) non provato l'accordo asseritamente raggiunto tra lei e l'avv. ### in ordine all'ammontare dei compensi professionali spettanti per le prime due fasi dell'opposizione al decreto ingiuntivo di cui all'R.G.  2598/2014 e del giudizio d'appello presso la Corte territoriale ### nonostante l'avvenuta produzione dei doc. 7 ed 8, che confermavano la sussistenza degli accordi intercorsi in precedenza tra le parti e che, in particolare, la natura di preventivo del doc. 8, ai sensi dell'art. 13, comma 2, della legge 247/2012 e la sua accettazione, emergesse dal contestuale versamento integrale dell'acconto richiesto; 2) non dimostrato l'avvenuto versamento di acconti ulteriori rispetto a quelli indicati nelle parcelle, nonostante che ella avesse contestato l'omessa detrazione dall'importo richiesto degli acconti già versati e non contestati (e non la mancata detrazione di “ulteriori” acconti) e 3) provate, in ragione dell'avvenuta sottoscrizione del mandato, le informazioni relative alla necessità di presentare il ricorso incidentale in relazione al mancato accoglimento da parte della Corte di ### di ### della domanda di risarcimento del danno per demansionamento (che, a dire dell'appellante, pur non avendo determinato un aggravio dei compensi aveva, tuttavia, comportato, stante l'avvenuto rigetto dello stesso, il pagamento delle spese di lite). 
Il motivo è infondato. 
Ed invero, in relazione al primo rilievo, va ricordato che, ai sensi dell'art. 2233, comma 3, c.c. (come sostituito dall'art. 2, comma 2-bis, del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006), l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta ad substantiam a pena di nullità, senza che rilevi la disciplina introdotta dall'art. 13, comma 2, della legge n. 247 del 2012 (recante la nuova disciplina sull'ordinamento professionale forense), che, nell'innovare il solo profilo del momento della stipula del negozio individuato, di regola, nella data del conferimento dell'incarico, ha lasciato invariato (con la previsione di cui al successivo comma 6 dello stesso articolo 13) quello sul requisito di forma, con la conseguenza che, da un lato, l'accordo, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne, sia seguita dall'accettazione nella medesima forma e, dall'altro, che la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c. (cfr. Cass. civ. 24.10.2023 n. 29432; 13.4.2023 n. 16383/23 e 12.1.2023 n. 717). 
Tanto ricordato, si osserva che i doc. 7 ed 8 riproducono due progetti di notule (ovvero documenti non fiscali aventi la funzione di specificare l'attività professionale svolta e comunicare al cliente il totale del compenso dovuto per la stessa, prima dell'emissione della fattura definitiva) e non l'accordo ex artt. 2233 c.c., per cui, poiché le notule sono redatte in base all'accordo sul compenso già raggiunto tra le parti, non possono essere ritenute equipollenti allo stesso, come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, tanto che, in mancanza dell'accordo scritto, il compenso spettante al professionista va determinato in base ai parametri forensi ministeriali. 
In ordine al secondo rilievo, si osserva che la mancata detrazione di ulteriori acconti era stata espressamente dedotta dalla difesa della ### a pag. 17 dell'atto di citazione in opposizione (“### ha inoltre versato acconti in relazione alle pratiche e prestazioni di cui al decreto, ulteriori rispetto a quelli indicati nelle parcelle, in parte documentati (doc. 7, 8, 9) e, in parte, non documentati, per i quali ultimi si di dovrà far ricorso alle prove orali; acconti che tutti, ovviamente, dovranno esser considerati e scomputati da qualsiasi compenso il professionista possa pretendere e venir lui riconosciuto”) e che l'avvenuta detrazione, da parte del giudice di primo grado, degli acconti già versati dalla ### in corso di causa emerge chiaramente dalle somme liquidate, che corrispondono all'importo delle notule in cui erano stati riportati gli importi delle somme date in acconto dalla ### (vd doc. 27 del fascicolo del monitorio), mentre, in relazione al terzo rilievo, si evidenzia che la necessità di proporre il controricorso (e non il ricorso incidentale) sottolineata dall'avv.  ### era legata alla possibilità di difendersi in giudizio ex art. 370 del c.p.c. (che prevede che, non presentando il controricorso, non si possono presentare le memorie ma solo partecipare all'udienza di discussione); che il ricorso incidentale non aveva comportato alcun aggravio di spese per la ### e che la decisione della Corte di cassazione di compensare le spese di lite tra le parti, a seguito del rigetto del ricorso incidentale, in ragione della soccombenza reciproca non poteva essere imputata al difensore (e, comunque, la stessa non aveva determinato l'obbligo del pagamento di spese di soccombenza).   Con il secondo motivo di gravame, l'appellante ha censurato la decisione del giudice di primo grado di: 1) ritenere non provata la ricorrenza, nel giudizio dinanzi alla Corte di ### di ### delle condizioni per la pronuncia di una condanna al pagamento di provvisionale ex art. 278 c.p.c.., nonostante che vi fossero i presupposti per l'accoglimento; 2) ritenere infondata l'eccezione circa la mancata richiesta di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo in seno al ricorso, nonostante che l'eccezione si riferisse all'istanza ex art.  642 c.p.c. e non a quella ex art. 648 c.p.c. esaminata dal giudice; 3) omettere la pronuncia in ordine alla doglianza relativa alla mancata attivazione, a seguito della emissione della sentenza della Corte d'### di procedure volte alla tutela del credito e delle garanzie patrimoniali, nonostante che fosse stato conferito all'avvocato mandato per la tutela del diritto e recupero del credito; 4) omettere la pronuncia in ordine alla doglianza relativa alle due procedure esecutive tentate dal legale (effettuata, la prima, presso indirizzi errati ed entrambe inutili in quanto volte a pignorare beni mobili presso sedi ove non si svolgeva più attività da parte del debitore ### s.r.l.) ed alla mancata proposizione di procedure esecutive di pignoramento ed esecuzione nei confronti dei terzi creditori della ### s.r.l., terzi indicati quali clienti di ben individuate banche (es. la società ###, nonostante l'avvenuta liquidazione di compensi al professionista per le procedure esecutive contestate; 5) ritenere che il professionista avesse tempestivamente attivato la procedura fallimentare nei confronti della ### s.r.l. e 6) ritenere non provato che fosse stato conferito mandato al professionista per la gestione della sua posizione con l'### nonostante che il ### già dalla pronuncia della Corte di ### ed in seno allo stesso mandato, avesse il dovere di tutelare tale diritto alla regolarizzazione contributiva, nonché i poteri e gli strumenti per dare esecuzione tempestiva a tale diritto e sentenza, sia per effettuare un intervento ed esigere tale regolarizzazione presso il debitore e presso L'### Il motivo è infondato. 
Ed invero, con riferimento ai primi due rilievi contenuti in detto motivo di gravame, si osserva che, in relazione al primo, la sussistenza dei presupposti necessari per l'accoglimento dell'istanza di provvisionale ex art. 278 c.p.c. ed in particolare, quello della certezza del danno non era affatto evidente, atteso che il ricorso proposto dalla ### nei confronti del ### era stato rigettato in primo grado; che la sentenza della Corte di ### che aveva riformato la pronuncia del Tribunale (peraltro, intervenuta nel 2013) era stata, poi, impugnata dalla società soccombente con ricorso per cassazione e che, a seguito della sentenza della Corte di ### e sulla base del calcolo di un commercialista incaricato dalla ### l'avv. ### aveva richiesto un decreto ingiuntivo che in sede di opposizione il Tribunale di ### non aveva reso provvisoriamente esecutivo, tanto che si era dovuto procedere nel giudizio di merito, mentre, in relazione al secondo, che, nell'atto di citazione in opposizione, la ### - contrariamente a quanto sostenuto - si era lamentata anche della mancata presentazione dell'istanza ex art. 648 c.p.c. e che, in ogni caso, l'affermazione della sussistenza dei presupposti per l'accoglimento dell'eventuale istanza ex art. 642 c.p.c., risultava sostenuta da argomentazioni apodittiche e generiche. 
In relazione, inoltre, al terzo e quarto rilievo - premesso che, dalla documentazione in atti (vd doc. 15 del fascicolo di parte ### la ### in liquidazione s.r.l. risultava aver venduto i beni strumentali ed il magazzino già nel 2010, nonché proceduto all'azzeramento dell'organico nel 2012 - si osserva che i poteri conferiti all'avv. ### con la procura sottoscritta in occasione del ricorso in appello, non determinavano alcun automatismo in relazione alle ulteriori iniziative procedurali da intraprendere [nel senso che ogni iniziativa (anche la promozione di procedure esecutive) dovevano essere concordate con il cliente]; che l'avv.  ### aveva, comunque, promosso delle procedure esecutive, a seguito della citata sentenza della Corte di ### nei confronti della società in liquidazione e che, comunque, le procedure esecutive non potevano essere utilmente proposte prima dell'effettiva determinazione del quantum spettante alla ### (avvenuta con la sentenza emessa dal Tribunale di ### con la sentenza n. 484/17, pubblicata in data ###), per cui, stante assenza di prove da parte della ### in ordine ad accordi specifici tra lei ed il professionista in circa la strategia da seguire per ottenere il pagamento di quanto riconosciuto dalla Corte in suo favore e la presenza di azioni esecutive (il cui risultato negativo non era imputabile al professionista, atteso che l'obbligazione dell'avvocato è di mezzo e non di risultato), l'omissione della pronuncia al riguardo, da parte del giudice di primo grado, va interpretata alla stregua di un rigetto implicito della domanda. 
Riguardo, poi, al quinto ed al sesto rilievo, si evidenzia, con riferimento al primo, che, contrariamente a quanto affermato dall'appellante, l'avv. ### aveva dimostrato, mediante lo scambio di e-mail con la ### (doc. B del fascicolo di parte del ###, di aver predisposto la istanza di fallimento della società del fratello della medesima già nel 2018 e che la stessa non era stata poi depositata in quanto non sottoscritta dalla cliente, che non si era presentata in studio e non aveva neanche versato il corrispettivo pattuito e che aveva poi revocato il mandato. Detta circostanza, peraltro, affermata anche nella sentenza impugnata (“..Risulta, in ogni caso, documentato che il professionista convenuto si è concretamente attivato per la presentazione dell'istanza di fallimento nei confronti della società debitrice dell'attrice (circa la mancata presentazione dell'attrice allo studio del convenuto per sottoscrivere il mandato per l'istanza di fallimento doc. B)”.), non è stata contrasta da alcun elemento probatorio contrario, nonché, con riferimento al secondo, che la ### non aveva mai provato di aver conferito al ### l'incarico di controllare e gestire la sua posizione ### al fine della regolarizzazione dei contributi previdenziali per il periodo riconosciuto nella sentenza n. 347/2013 della Corte di ### di ### (che, infatti, risulta essere stato espletato dal nuovo difensore a cui era stato dato specifico mandato).   Non si procede all'esame del terzo motivo di gravame (con il quale l'appellante ha censurato la decisione del giudice di primo grado di non ravvisare gli inadempimenti contestati al ### omettendo, di conseguenza di pronunciarsi in ordine alle diminuzioni dei compensi ed ai danni a lei derivati, in accoglimento della domanda riconvenzionale), in quanto assorbita nella presente decisione. 
Con il quarto motivo di gravame, l'appellante ha censurato la decisione del giudice di primo grado di ritenere inammissibili le istanze istruttorie. 
Il motivo è inammissibile, atteso che l'appellante, in violazione dell'art. 342 c.p.c., nuova formulazione, non ha avanzato alcuna specifica critica alle argomentazioni offerte dal giudice di primo grado per rigettare le istanze (“per quanto concerne le istanze istruttorie reiterate dall'opponente … i capitoli di prova orale articolati dall'opponente nella memoria ex art. 183, comma 6, n.2 cpc. sono formulati in modo generico (cfr cap. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13) per mancata univoca collocazione nel tempo e nello spazio del fatto oggetto di detti capitoli1, od inerenti a circostanze irrilevanti (cfr. cap. 1, 2, 3, 5, 9, 10, 11, 12 e 13) od inammissibili ex art. 2721 c.c. (cfr. 6 e 7)”, essendosi limitata a negare le stesse, affermando apoditticamente e genericamente che i capitoli di prova erano, invece, stati formulati su circostanze rilevanti e pertinenti e con specifica allegazione dei fatti e del tempo. 
La sentenza impugnata va, quindi, integralmente confermata. 
Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, secondo i parametri dello scaglione di valore indeterminabile (complessità bassa) del decreto del della Giustizia n. 55 del 10.3.2014, aggiornati al D.M. n. 147 del 13.8.2022 (in vigore dal 23.10.2022), esclusa la fase istruttoria che non risulta svolta. 
Deve, infine, darsi atto che per effetto dell'odierna decisione sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, del DPR 115/2002 (come novellato dall'art. 1 comma 17 L. 24.12.2012 n. 228) per il versamento dell'ulteriore contributo unificato di cui all'art. 13 comma 1 bis DPR 115/2002.  P. Q. M.  La Corte, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ### avverso la sentenza 3133/2022 del Tribunale di ### pubblicata in data ###, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così decide: - rigetta l'appello e condanna ### alla rifusione delle spese sostenute da ### e dalla ### S.p.A. nel presente grado di giudizio, liquidando il compenso professionale in totali euro 6.946,00 in favore di ciascun appellato (oltre al rimborso forfettario delle spese generali pari al 15% del liquidato compenso), con l'IVA ed il CAP come per legge. 
Si dà, altresì, atto che per effetto dell'odierna decisione sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, del DPR 115/2002 (come novellato dall'art. 1 comma 17 L. 24.12.2012 n. 228) per il versamento dell'ulteriore contributo unificato di cui all'art. 13 comma 1 bis DPR 115/2000.   Così decisa in ### il #### est.   (dr.ssa #### divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell'ambito strettamente processuale, è condizionata all'eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni

causa n. 2358/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Santese Carla

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