testo integrale
### nome del Popolo Italiano TRIBUNALE DI CATANIA ### giudice del lavoro del Tribunale di Catania dott.ssa ### a seguito dell'udienza del 5 marzo 2024, trattata secondo le modalità di cui all'art. 127-ter c.p.c., ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 11194/2023 R.G. promossa da ### rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avvocato ### -ricorrente contro ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato ### -resistente
Avente ad oggetto: licenziamento per superamento del periodo di comporto - malattia - assenza per contagio da ### -19 - computabilità - Conclusioni: sostituita l'udienza di discussione del 5 marzo 2024 dal deposito di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c., i procuratori delle parti hanno concluso come da note scritte depositate nel termine assegnato. RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con ricorso depositato in data 30 ottobre 2023 il ricorrente in epigrafe indicato ha esposto di aver lavorato alle dipendenze della società ### S.p.A. dal 4 aprile 2011 al 9 gennaio 2023 in virtù di un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato con la qualifica di impiegato di livello 1 del ### aziende terziario della distribuzione e dei servizi svolgendo le mansioni di store manager con ultima sede di servizio presso la filiale societaria di #### commerciale ### sito a ####; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 che con raccomandata a/r del 9 gennaio 2023, pervenuta in data 12 gennaio 2023, la società resistente gli aveva comunicato il recesso dal rapporto di lavoro con efficacia immediata in quanto nell'arco di un anno solare esso ricorrente si era assentato per malattia per un periodo pari a 186 giorni, superando così il periodo di comporto di 180 giorni previsto dal ### per i dipendenti di aziende del terziario della distribuzione e dei servizi; che con nota del 8 marzo 2023, inviata sia a mezzo PEC che tramite raccomandata a/r, egli aveva impugnato in via stragiudiziale il licenziamento intimatogli, contestandone la validità ed efficacia in quanto nullo, infondato, illegittimo e privo dei requisiti di legge; che tale nota non era stata riscontrata dalla società; che in data 1 settembre 2023 aveva pertanto promosso tentativo di conciliazione innanzi alla ### provinciale di conciliazione presso la ### del ### di ### al quale, tuttavia, non aveva aderito la società resistente.
Ciò premesso, il ricorrente ha dedotto l'illegittimità del licenziamento intimatogli in quanto la società resistente avrebbe indebitamente computato ai fini del comporto il periodo di assenza dal 19 agosto al 26 agosto 2022 determinato da “### da ###19”, laddove piuttosto il numero complessivo di giorni di assenza rilevanti allo scopo prospettato dalla società sarebbe risultato pari a 178 e dunque inferiore al limite di 180 giorni previsto dal ### per la conservazione del posto in caso di malattia.
Ha, infatti, assunto di essersi assentato dal lavoro nel suddetto precisato periodo per avere contratto l'infezione da ###19 trovandosi, pertanto, in isolamento domiciliare, come risultante dal certificato di malattia del 20 agosto 2022 rilasciato dal dott. ### e trasmesso agli organi competenti, oltreché dal referto di positività rilasciato dall'ASP di ### Ha dunque richiamato la disposizione di cui all'art. 87, comma 1, del d.l. n. 18/2020 - emanata nel corso dell'emergenza pandemica ma tuttora vigente - secondo cui “Il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dai dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dovuta al ###19, è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero e non è computabile ai fini del periodo di comporto”, assumendo che analogo trattamento dovesse essere riservato ai dipendenti privati.
Ha in ogni caso rilevato che la società resistente, omettendo di avvisarlo dell'imminente superamento del periodo di comporto, aveva violato i princìpi di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c. ponendo in essere una condotta discriminatoria indiretta nei suoi confronti, considerata la particolare gravità delle sue condizioni di salute.
Ha chiesto pertanto dichiararsi la nullità del licenziamento intimatogli per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, comma 2, c.c. con conseguente condanna del datore di lavoro, ai sensi Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 dell'art. 18, commi 4 e 7, legge n. 300/1970, alla reintegrazione di esso ricorrente nel posto di lavoro e al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento fino a quella dell'effettiva reintegrazione oltre accessori,e comunque non inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Ha formulato le seguenti conclusioni: “Ritenere e dichiarare che l'evento malattia dal 19.08.2022 al 26.08.2022, pari a otto (8) giorni deve essere espunto dal computo dei giorni che concorrono a determinare il periodo di comporto. Ritenere e dichiarare, pertanto, che il numero di giorni di assenza del sig. ### nell'anno solare di riferimento è di 178 giorni in luogo dei 186 computati dalla società ### spa, odierna resistente. Ritenere e dichiarare la nullità del licenziamento intimato dalla società ### spa al sig. ### per il mancato superamento del periodo di comporto. Ritenere e dichiarare, conseguentemente, l'illegittimità del licenziamento di cui è causa in quanto intimato in violazione dell'art. 2110, comma 2, c.c.. Conseguentemente, condannare la società ### spa, in persona del legale rappr.te p.t., alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno in misura pari a tutte le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quella di effettiva reintegra, comunque non inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, sulla base del dato mensile di lordi € 2.599,88 nonché al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali di legge in favore del ricorrente con riferimento al medesimo periodo, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. Nel merito, in subordine, ritenere e dichiarare la violazione dell'art. 2110, comma 2, c.c. da parte di ### spa, per aver adottato il provvedimento espulsivo non sussistendone i presupposti di legge. Ritenere e dichiarare la violazione da parte di ### spa dei princìpi di correttezza e buona fede per mancata comunicazione dell'imminente superamento del periodo di comporto. Conseguentemente condannare la società convenuta alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno in misura pari a tutte le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quello di effettiva reintegra, comunque non inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, sulla base del valore mensile di lordi € 2.599,88 nonché al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali di legge in favore del ricorrente con riferimento al medesimo periodo, oltre gli interessi legali e rivalutazione monetaria. Con vittoria di spese, competenze e compensi”.
Con memoria depositata il 7 dicembre 2023 si è costituita tempestivamente in giudizio ### S.p.A. rappresentando che il ricorrente aveva lavorato alle dipendenze della società dal 4 aprile 2011 al 9 gennaio 2023 ed aveva ricoperto anche il ruolo di ### dell'intera ### (ossia di circa Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 venticinque punti vendita tra diretti e franchising) con inquadramento, a partire dal giorno 1 marzo 2018, al livello quadro del ### terziario; che pochi mesi dopo il passaggio alla qualifica di quadro lo stesso aveva palesato, per necessità personali e familiari contingenti, la scelta di rinunciare alla posizione, richiedendo l'assegnazione alla mansione di gerente di filiale con conseguente riduzione dell'inquadramento contrattuale e retributivo al primo livello, orario di lavoro a tempo pieno e trasferimento presso la filiale di ### che essa società si era dichiarata disponibile ad accogliere la richiesta del lavoratore, in data 13 luglio 2018 sottoscrivendosi un verbale di accordo in sede sindacale di novazione del rapporto lavorativo; che a partire dal giorno 1 agosto 2018 il ricorrente era stato addetto alla filiale di ### in qualità di gerente, dove era rimasto durante tutto il periodo della pandemia; che nel maggio 2022, nell'ambito di una improcrastinabile operazione di profonda ristrutturazione organizzativa, anche in ragione delle progressive perdite di fatturato subìte nel triennio 2019-2021, la società si era vista costretta a deliberare la soppressione della posizione lavorativa di gerente della filiale di ### proponendo al ricorrente il trasferimento presso il punto vendita di ### che il ricorrente era storicamente residente a ####, per cui il trasferimento dal centro commerciale ### di #### al centro commerciale ### di #### gli avrebbe consentito un avvicinamento alla propria residenza ed ai suoi familiari di ben 50 km; che in data 24 maggio 2022 l'### di riferimento, ### D'### e il ### vendite, ### si erano recati personalmente presso il punto vendita di ### per informare il ricorrente del suo trasferimento, esporgli le motivazioni e consegnargli la nota scritta, quest'ultima rifiutata dal lavoratore; che, quindi, essa società aveva inviato a mezzo PEC la nota di trasferimento con decorrenza dal giorno 1 luglio 2022 a ####; che con nota del 7 giugno 2022 il ricorrente aveva impugnato il trasferimento, ribadendo la validità del verbale di accordo sindacale sottoscritto presso la Ugl di Napoli e adducendo la mancanza di ragioni tecniche, organizzative e produttive; che con nota del 14 giugno 2022 ### riscontrava la missiva ribadendo le motivazioni sottostanti al trasferimento, riconducibili alla necessità di sopprimere la posizione lavorativa di gerente della filiale di ### al fine di operare una ristrutturazione organizzativa dell'azienda; che successivamente il ricorrente chiedeva un periodo di ferie dal 20 al 30 giugno 2022 per esigenze logistiche ed organizzative finalizzate all'esecuzione del trasferimento, accordatogli dalla società; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 che ancora in data 1 luglio 2022 il ricorrente, dopo aver preso servizio presso la nuova sede lavorativa di ### aveva chiesto l'autorizzazione ad assentarsi per un'ulteriore settimana al fine di ultimare la ricerca di una soluzione abitativa nel catanese, concessa dall'### che, tuttavia, non era più rientrato in servizio inoltrando una lunga serie di certificati medici; che, pertanto, in data 9 gennaio 2023 la società gli aveva comunicato il licenziamento per superamento del periodo di comporto.
Rappresentava quindi in primo luogo che nessuno dei certificati medici che avevano concorso al superamento del periodo di comporto del ricorrente era stato inviato alla società con indicazione della diagnosi.
Il primo certificato medico era stato prodotto con prognosi dal 8.7.2022 al 13.7.2022.
In data ### il ricorrente aveva presentato alla sede ### di ### domanda di congedo straordinario - dal 1.8.2022 al 30.7.2024 - per assistere il padre residente a ### asseritamente affetto da disabilità grave ai sensi dell'art. 42, comma 5, D. Lgs. 151/2001; domanda tuttavia respinta dall'### il ###, perché il familiare indicato non era affetto da handicap grave.
Il ricorrente inviava dunque altri quattro certificati medici, il primo di “inizio malattia” ed i successivi tre di “continuazione malattia” cui seguivano altri quattro, tutti con indicazione “inizio malattia” nel mese di agosto 2022, e successivi recante invece l'indicazione di “continuazione” evento, ivi compreso l'ultimo di 62 giorni.
La società era venuta a conoscenza dell'esistenza della positività al ###19 del ricorrente nel periodo 19 agosto/26 agosto 2022 soltanto in data 1 settembre 2023 allorquando il ricorrente aveva promosso il tentativo di conciliazione innanzi alla ### provinciale presso la ### del ### di ### Solo con la proposizione del ricorso in esame, peraltro, la società acquisiva cognizione della diagnosi di “gravissima forma depressiva” sì come con l'atto introduttivo del giudizio dedotto (pur se il relativo certificato era privo dell'aggettivo “gravissima”).
In punto di diritto, deduceva dunque l'infondatezza della domanda avversaria atteso che l'art. 26 del d.l. n. 18/2020 convertito in legge n. 27/2020, all'esito dell'ultima modifica intervenuta con l'art. 8, comma 1, del d.l. n. 146/2021 convertito in legge n. 215/2021, dispone testualmente che “### al 31 dicembre 2021 il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva (…) dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”, con la conseguenza che, a partire dal 1 gennaio 2022 non sussisteva più il divieto di computo nel periodo di comporto delle assenze per malattia legate alla infezione da ###19.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024
Indipendentemente dalla contrazione del virus, il ricorrente era comunque rimasto assente dal lavoro sia prima che dopo il periodo di isolamento in ragione della pregressa malattia che gli avrebbe comunque impedito di prestare la propria attività lavorativa, inserendosi il periodo di quarantena in un più ampio periodo di assenza come certificato e proseguito senza soluzione di continuità, rifacendosi la società a precedenti giurisprudenziali di merito che avevano concluso in casi analoghi per la legittimità del recesso.
Richiamando infine quanto statuito dalla Cassazione, in assenza di qualsiasi obbligo previsto dalla contrattazione collettiva, in ordine alla mancanza di onere per il datore di lavoro di avvertire preventivamente il lavoratore della imminente scadenza del periodo di comporto per malattia al fine di permettere al lavoratore di esercitare eventualmente la facoltà di chiedere tempestivamente un periodo di aspettativa, assumendo pertanto di non aver violato i princìpi di correttezza e buona fede sì come da controparte sostenuto; eccependo ancora in via subordinata, che il ricorrente, cui peraltro era stata corrisposta all'esito della risoluzione del rapporto di lavoro l'indennità sostitutiva del preavviso pari a sedici settimane, dal giugno 2023 intratteneva un rapporto di lavoro subordinato con una diversa azienda, ciò rilevando al fine dell'aliunde perceptum, insisteva: “- per il rigetto del ricorso; - per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e competenze professionali di giudizio, anche in considerazione del carattere temerario della lite”.
Sentito il ricorrente il quale negava di avere espletato attività lavorativa alcuna dopo la cessazione del rapporto di lavoro, piuttosto avendo fruito di ### ritenuta dunque l'inconducenza della richiesta di informazioni formulata da parte resistente in quanto meramente esplorativa ai sensi degli artt. 210, 213 e 421 c.p.c. presso il Ministero dell'### e delle ### nonché presso la sede ###ordine ai redditi prodotti dal ricorrente dal febbraio 2023; invitate le parti a ricercare una soluzione conciliativa della lite in ragione della opinabilità delle questioni sorte e considerato anche il contrasto della giurisprudenza di merito in analoghe fattispecie; all'esito dell'udienza di discussione del 5 marzo 2024 sostituita dal deposito di note scritte ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c., sulle conclusioni delle parti come da note in atti, la causa è stata trattenuta per la decisione e viene quindi definita nei termini che seguono. *** 1. Va in primo luogo esaminata la doglianza da parte ricorrente formulata a fondamento della asserita illegittimità del licenziamento per non avergli la società resistente comunicato l'imminente superamento del periodo di comporto, con violazione dei princìpi di correttezza e buona fede di cui all'art. 1175 c.c. e conseguente discriminazione indiretta.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024
In particolare, il lavoratore afferma che “per l'evento malattia verificatosi nel periodo dal 09.11.2022 al 09.01.2023 - n. certificato ### (doc. 9) - il lavoratore è risultato assente per malattia per ben 62 giorni consecutivi a causa della gravissima forma depressiva che lo ha afflitto come da certificato medico che si allega (doc. 9 bis)” ed assume che “la mancata comunicazione da parte del datore di lavoro” se è “di regola legittima in quanto non vi è alcun obbligo in capo all'azienda…. diventa discriminatoria nel momento in cui è tenuta anche nei confronti di soggetti che versano in una condizione diversa rispetto agli altri dipendenti (quale è la condizione dei malati particolarmente gravi ed in caso di lunghi periodi di assenza)” (cfr. pagg. 10 e 11 del ricorso).
La lettera raccomandata del 9 gennaio 2023 (doc. 1 parte ricorrente e doc. 11 parte resistente), con cui la società resistente ha comunicato al ricorrente il licenziamento per superamento del periodo di comporto previsto dal ### di settore, è del seguente tenore: “…consumatosi interamente il periodo di comporto, Le comunichiamo il recesso dal rapporto di lavoro con efficacia immediata a decorrere dalla data di ricevimento della presente”.
Orbene, l'art. 2110, comma 2, c.c. prevede che in caso di infortunio, malattia, gravidanza o puerperio del prestatore di lavoro “l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell'art. 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità”.
Il licenziamento che trovi giustificazione nelle assenze per malattia del lavoratore costituisce un'ipotesi speciale di licenziamento in cui il giustificato motivo di recesso è espressamente previsto dalla legge, sicché nessuno spazio residua per una valutazione giudiziale delle ripercussioni negative sull'azienda dell'assenza del lavoratore.
In diritto, dunque, il superamento del periodo di comporto costituisce unica condizione, necessaria e sufficiente, per ritenere la legittimità del recesso.
Si tratta di un contemperamento tra interessi contrapposti: da un lato l'interesse datoriale a potere contare su una forza lavoro effettiva ed organicamente e funzionalmente inserita nell'organizzazione produttiva; d'altro canto l'interesse del lavoratore di disporre di un congruo periodo di tempo per far fronte alla propria condizione patologica senza timore per questo di perdere la propria fonte di sostentamento, in un lasso temporale ritenuto adeguato, tollerabile e predeterminato dalla fonte collettiva (Cass., 24 giugno 2005, n. 13624).
Al riguardo, a fronte di un minoritario orientamento della giurisprudenza di merito secondo cui, in applicazione dei doveri di buona fede e correttezza, il datore di lavoro deve comunicare con congruo anticipo l'imminente superamento del periodo di comporto, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che “nel rapporto di lavoro, poiché i princìpi di correttezza e buon[a] fede rilevano come norme di relazione con funzione di fonti integrative del contratto (art. 1374 c.c.), ove ineriscano a comportamenti dovuti in relazione ad obblighi di prestazione imposti al datore di lavoro dal Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 contratto collettivo o da altro atto di autonomia privata, in assenza di qualsiasi obbligo previsto dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro non ha l'onere di avvertire preventivamente il lavoratore della imminente scadenza del periodo di comporto per malattia al fine di permettere al lavoratore di esercitare eventualmente la facoltà di chiedere tempestivamente un periodo di aspettativa, come previsto dal contratto collettivo stesso (cfr., tra le tante, Cass. 10.4.1996 n. 3351, Cass. 21.5.1998 5091, Cass. 7.7.1999 n. 7082, Cass. 29.3.2000 n. 3840)” (Cass., 4 giugno 2014, n. 12563), non esistendo “un dovere del datore di lavoro di avvertire il lavoratore, assente per lungo tempo, che il periodo di conservazione del posto sta per scadere. Infatti il lavoratore è in grado, anche con l'assistenza del sindacato, di effettuare la somma dei giorni di assenza per malattia e di verificare se il periodo di conservazione del posto stia per scadere” (Cass., 22 aprile 2008, n. 10352).
Il solo fatto del superamento del numero di assenze fissate contrattualmente, pertanto, caduca il diritto alla conservazione del posto di lavoro ed è necessario e sufficiente perché il datore di lavoro possa licenziare il dipendente, non essendo esigibile - anche tenuto conto che il ### di categoria applicabile alla fattispecie non prevede alcun obbligo di comunicare al dipendente l'imminente superamento del periodo di comporto - che quest'ultimo si attivi al fine di comunicare l'imminente scadenza del comporto al lavoratore, il quale in tali casi è gravato da un preciso onere di autoresponsabilità.
Pertanto se tale principio di carattere generale non ha valenza assoluta, residuando ipotesi in cui il datore di lavoro è tenuto alla comunicazione in parola - ad esempio nel caso in cui il lavoratore abbia avanzato una specifica richiesta di comunicazione dei giorni di malattia dallo stesso usufruiti e dei criteri di computo del comporto, palesandosi l'inerzia datoriale a fronte della richiesta del dipendente quale comportamento contrario ai doveri di buona fede e correttezza - con riferimento alla fattispecie in esame non può assumersi l'obbligo datoriale di avvisare preventivamente il lavoratore, non avendo parte ricorrente né dedotto né provato di avere presentato una formale richiesta nel senso prospettato. ### canto, nemmeno è possibile configurare nella fattispecie quella situazione di minorata difesa che connoterebbe l'intimato licenziamento del predicato della discriminazione, seppure in forma indiretta, con conseguente applicazione della tutela reale c.d. forte.
Invero, occorre distinguere i casi in cui vi sia una malattia “comune”, cioè dalla prognosi sicuramente fausta, facilmente guaribile e anche in tempi brevi, e dalla convalescenza non invalidante, da quelli di estrema gravità, in cui le condizioni di integrità psico-fisica del lavoratore siano particolarmente critiche, caratterizzate da una prognosi non sicuramente fausta e da una convalescenza lunga e suscettibile di complicanze molto pericolose.
In queste ultime ipotesi, anche in assenza di una regola espressa in ordine alla comunicazione relativa all'approssimarsi del termine del comporto tenendo conto della situazione particolarmente delicata e Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 grave del lavoratore, un comportamento teso alla correttezza e alla buona fede da parte della società dovrebbe condurre ad effettuare una comunicazione dell'imminente superamento del periodo di comporto.
Con riguardo al caso di specie, nel periodo in esame (novembre 2022-gennaio 2023) il ricorrente è stato affetto da “disturbo depressivo” (cfr. doc. 9 e 9 bis parte ricorrente, certificati medici a firma della dott.ssa ### e del dott. ### D'### - condizione peraltro che non è dimostrato fosse stata portata a conoscenza del datore di lavoro che assume di averne appreso solo in sede di tentativo di conciliazione; patologia che comunque non avrebbe impedito al lavoratore di attenzionare il superamento del periodo in cui gli era garantita la conservazione del posto di lavoro; di talchè sotto tale profilo alcuna censura merita la società resistente. 2. Deve dunque vagliarsi se l'intimato licenziamento sia piuttosto nullo atteso che il periodo di comporto non sarebbe stato invero superato per le ragioni esposte in fatto.
È circostanza pacifica in giudizio che ### abbia lavorato alle dipendenze di ### S.p.A. dal 4 aprile 2011 al 9 gennaio 2023 in virtù di un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato e che lo stesso abbia effettivamente maturato complessivamente 186 giorni di assenza nei dodici mesi antecedenti il licenziamento.
Con il presente giudizio, tuttavia, il ricorrente sostiene che, ai fini della maturazione del periodo di comporto, non avrebbe dovuto essere considerato il periodo di assenza dal 19 al 26 agosto 2022 determinato dall'infezione del virus ###2 durante il quale lo stesso si è trovato in isolamento domiciliare (cfr. doc. 4 e 5 parte ricorrente).
Ai fini del superamento del periodo di comporto, ### S.p.A. ha infatti considerato le assenze maturate nei periodi dal 8 luglio 2022 al 13 luglio 2022, dal 14 luglio 2022 al 21 luglio 2022, dal 22 luglio 2022 al 1 agosto 2022, dal 2 agosto 2022 al 9 agosto 2022, dal 10 agosto 2022 al 19 agosto 2022, dal 19 agosto 2022 al 26 agosto 2022, dal 27 agosto 2022 al 28 agosto 2022, dal 29 agosto 2022 al 5 settembre 2022, dal 6 settembre 2022 al 12 settembre 2022, dal 13 settembre 2022 al 19 settembre 2022, dal 20 settembre 2022 al 26 settembre 2022, dal 27 settembre 2022 al 3 ottobre 2022, dal 4 ottobre 2022 al 10 ottobre 2022, dal 11 ottobre 2022 al 17 ottobre 2022, dal 18 ottobre 2022 al 24 ottobre 2022, dal 25 ottobre 2022 al 8 novembre 2022 e dal 9 novembre 2022 al 9 gennaio 2023 (doc. 1 parte ricorrente e doc. 11 parte resistente).
Come si evince dalla documentazione in atti e, in particolare, dall'attestato di malattia telematico ### del 20 agosto 2022 a firma del dott. ### (doc. 4 parte ricorrente), il periodo di assenza dal 19 al 26 agosto 2022 è stato determinato dalla malattia per positività del ricorrente al ###19 con conseguente isolamento (v. le note di diagnosi, ove si legge testualmente “### di isolamento per positività covid 19, astenia”).
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024
Tale circostanza è, inoltre, confermata dall'esito del test antigenico effettuato da ### e dal provvedimento con cui l'ASP di ### (doc. 5 parte ricorrente) lo ha posto in isolamento “per documentata positività da ###2” dal 19 al 26 agosto 2022 nel domicilio eletto sito a ### in via S. Randone n. 49.
Ora - in disparte la carente prova della informazione da parte del ricorrente alla società datrice di lavoro delle ragioni dell'assenza nel suddetto periodo (ossia la positività al ###2), essendosi lo ### limitato ad inoltrare la copia cartacea per il datore di lavoro del certificato n. ### del 20 agosto 2022 (cfr. doc. 10 parte resistente) nell'ambito della quale, notoriamente, viene omessa la diagnosi formulata dal medico - con riguardo alla disciplina applicabile al caso di specie, parte resistente invoca, a fondamento della prospettazione secondo la quale non potevano più escludersi dal computo dei giorni utili per ritenere superato il periodo di comporto i giorni di malattia da ###, l'art. 26, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito in legge n. 27/2020, segnatamente, per quanto in questa sede rileva, nella formulazione di cui alla modifica intervenuta con l'art. 8, comma 1, del d. l. n. 146/2021 convertito in legge n. 215/2021 ai sensi del quale: “### al 31 dicembre 2021, il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”.
La norma menzionata fa espresso riferimento ad una serie di misure di contenimento della diffusione del virus ###19 previste via via nel tempo dal legislatore, e adottabili dalle autorità competenti, dapprima con riferimento a specifiche aree del ### (ossia “nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus”, come recita l'art. 1, comma 1, d.l. 23 febbraio 2020, n. 6) e poi per l'intero territorio nazionale (“su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso”, come recita l'art. 1, comma 1, d.l. 25 marzo 2020, n. 19), e precisamente: - “quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva” (lett. h) dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 6/2020); - “permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva” disposta dall'autorità sanitaria per “gli individui che hanno fatto ingresso in ### da zone a rischio epidemiologico, come identificate dall'### mondiale della sanità” (lett. i) dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 6/2020); Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 - “quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree [,] ubicate al di fuori del territorio italiano” (lett. d) dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 19/2020); - “divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena, applicata dal sindaco quale autorità sanitaria locale, perché risultate positive al virus” (lett. e) dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 19/2020).
Il legislatore, con la previsione di cui all'art. 26, comma 1, del d.l. n. 18/2020, ha dunque inteso tutelare quei lavoratori che siano stati costretti a rimanere assenti dal lavoro in quanto attinti dalle misure di quarantena e di isolamento fiduciario, prevedendo, da un lato, l'equiparazione di detta assenza alla malattia e, dall'altro, escludendone la computabilità ai fini del periodo di comporto.
Il riferimento alle misure di quarantena e isolamento fiduciario - effettuato attraverso il richiamo a specifiche disposizioni di legge, talune delle quali poi abrogate (l'art. 5 del d.l. n. 19/2020 ha infatti integralmente abrogato l'art. 1 del d.l. n. 6/2020) e in ogni caso ripetutamente modificate alla luce dell'evoluzione della situazione epidemiologica - deve intendersi comprensivo di tutte le misure che sono state nel tempo normativamente previste per arginare la diffusione del virus, e quindi sia di quelle legate al mero contatto con casi confermati di malattia o di rientro da zone a rischio epidemiologico sia quelle connesse alla positività al virus ###19.
La ratio della norma è dunque all'evidenza quella di non far ricadere sul lavoratore le conseguenze dell'assenza dal lavoro che sia riconducibile causalmente alle misure di prevenzione e di contenimento previste dal legislatore e assunte con provvedimento dalle autorità al fine di limitare la diffusione del virus ###19, in tutte le ipotesi di possibile o acclarato contagio dal virus, e ciò, nella fase iniziale e fino al 2022 per le ragioni di cui infra, a prescindere dallo stato di malattia, che - come ormai noto - può coesistere o meno con il contagio (caso dei positivi asintomatici).
Ciò in quanto, ciò che contraddistingue la malattia da ###19 dalle altre malattie è l'impossibilità, imposta autoritativamente, per il lavoratore di rendere la prestazione lavorativa e per il datore di lavoro di riceverla per i tempi normativamente e amministrativamente previsti; tempi che - ancora una volta - prescindono dall'evoluzione della malattia ma dipendono dalla mera positività o meno al virus.
Tanto osservato, deve considerarsi che il legislatore, se è vero che ha inteso limitare temporalmente la vigenza della disposizione sopra richiamata - applicabile, come detto, ai rapporti di lavoro alle dipendenze di privati - “fino al 31 dicembre 2021”, ciò ha fatto solo con riferimento alle ipotesi di “quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19”, e non con riguardo alle ipotesi di malattia da ### - come ritenuto dalla società convenuta - e cioè con riguardo ai casi, come nella specie, in cui la positività ha dato luogo a sintomi, sì come certificati.
La ratio di una tale interpretazione è evidente dal raffronto non solo con la versione originaria del richiamato art. 261, ante la modifica nella fattispecie a mano ritenuta da parte resistente dirimente, (“fino al 31 dicembre 2021…”), ma dalla comparazione con lo stesso art. 87, comma 1, primo periodo, del d.l. 18 del 2020, che nella versione ratione temporis applicabile, in vigore dal 22.3.2022, statuisce che “Il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dai dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dovuta al ###19, è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero e non è computabile ai fini del periodo di comporto”.
Trattasi di norma che, nonostante la cessazione del periodo di emergenza, deve ritenersi tuttora vigente in quanto il legislatore non ha limitato temporalmente l'efficacia della stessa.
Ciò risulta peraltro anche dal ###-P-01/07/2022 avente ad oggetto “### in materia di trattamento economico e giuridico da applicare alle assenze per malattia dovuta a ### vigenza articolo 87, comma 1 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27” con il quale la ### del Consiglio dei ### - ### della ### - ### per l'organizzazione ed il lavoro pubblico - ### per il trattamento del personale pubblico, chiamato a esprimere il proprio avviso circa la vigenza del comma 1 dell'articolo 87 del decreto legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, a seguito della cessazione, intervenuta in data 31 marzo 2022, dello stato di emergenza per effetto del decreto legge 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, ha precisato che benchè sia intervenuta la cessazione dello stato di emergenza la disposizione in argomento risulta ancora vigente, in quanto non abrogata o modificata dal citato decreto legge n. 24, nè da altre fonti normative.
Peraltro, la vigenza del comma 1 dell'articolo 87 si desume anche dalla circostanza che, a differenza del comma 2, esso non è ancorato, come termine di durata, alla fine della cessazione dello stato di emergenza epidemiologica decretato alla data del 31 marzo 2022. Di conseguenza, allo stato, il periodo trascorso in malattia dovuta a ###19 è equiparabile al ricovero ospedaliero. 1 Nel testo originario l'art. 26, comma 1, d.l. n. 18/2020 prevedeva che “1. Il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, dai lavoratori del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”.
Tuttavia, l'art. 8, comma 1, lett. a), del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 convertito in legge n. 215/2021 ha disposto la modifica della predetta norma nei termini che seguono: “1. All'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1 le parole «Il periodo trascorso» sono sostituite dalle seguenti: «### al 31 dicembre 2021, il periodo trascorso»;”.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024
Pur dunque non essendo questa la disposizione in forza della quale può ritenersi fondata la prospettazione del ricorrente secondo la quale anche in data successiva al 31 dicembre 2021 l'assenza dovuta a malattia da ### 19 non poteva essere utile al fine di considerare maturato il periodo di comporto, atteso che contrariamente da quanto sostenuto da parte ricorrente la disposizione testé citata non può trovare applicazione nella fattispecie a mano stante l'espresso riferimento ai “dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, risulta dirimente considerare che è proprio l'art. 26 del d.l. 18/2020, pur come modificato nei termini sopra descritti, che fonda il diritto del lavoratore privato allo scomputo dei giorni di assenza per malattia causata dal contagio da ### 19, dovendo di tale norma darsi una lettura ermeneutica, non solo letteralmente plausibile, ma conforme a ### risultando altrimenti irragionevole un diverso trattamento della condizione di malattia del lavoratore in considerazione della natura pubblica o privata del rapporto di lavoro.
Solo una interpretazione nei termini ora espressi consente infatti di non ritenere l'illegittimità dell'art. 8, comma 1, lett. a), del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 convertito in legge n. 215/2021 nella parte in cui prevede solo “fino al 31 dicembre 2021” l'equiparazione a malattia del “periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato”, ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e della non computabilità ai fini del periodo di comporto; interpretazione che appunto parte dal presupposto che della malattia da ### 19 e della sua precedente disciplina, tale da essere equiparata al ricovero ospedaliero con esclusione dal computo utile per la determinazione del comporto, non si possa discutere, alla stessa piuttosto essendo stata equiparata la quarantena e l'isolamento domiciliare ma solo fino al suddetto limite temporale del 31 dicembre 2021 in ipotesi di rapporto di lavoro privato. “In caso di contagio con malattia” infatti “ciò che contraddistingue la malattia da ###19 dalle altre malattie è l'impossibilità, imposta autoritativamente, per il lavoratore di rendere la prestazione lavorativa e per il datore di lavoro di riceverla per i tempi normativamente e amministrativamente previsti….”, (cfr. ###, Ordinanza 5 gennaio 2022); cessando invero tale situazione solo per effetto della nuova disciplina di cui al d .l. n. 105 del 2023 art 9 che ha abolito l'obbligo di isolamento (cfr. anche Ministero della #### 25613 del 11 agosto 2023).
E' evidente quindi che la finalità pubblicistica posta a fondamento della versione dell'art. 87 c. 1 del d.l. n. 18/2020 conv. con l. n. 27/2020 come modificato dal d.l. n. 24 del 2022 conv. con modificazioni dalla l. n. 52 del 2022, che equipara la quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva al periodo di ricovero ospedaliero assumendone la non computabilità ai fini del periodo di comporto senza limite temporale alcuno, è quella di prevenire ancora il contagio e garantire dunque l'espletamento da parte dei dipendenti pubblici di attività lavorativa sottesa allo svolgimento di servizi pubblici, laddove la disciplina di cui all'art. 26 del d.l. n. 18/2020, come modificata per effetto del d.l. n.146/2021 art. 8, stoppa al 31 dicembre 2021 l'equiparazione alla malattia delle assenze per quarantena e isolamento domiciliare anche da positività ma asintomatica, potendo dall'inizio del 2022 la quarantena essere sostituita da una forma di autosorveglianza per le persone guarite, per quelle che abbiano ricevuto la dose booster o la vaccinazione completa da meno di 120 giorni.
Con il d.l. n. 146/2021 e l'introduzione del comma 7 bis all'art. 26 del d. l. n. 18/2020 (“7-bis. Dal 31 gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2021 per le tutele di cui al presente articolo, i datori di lavoro del settore privato con obbligo previdenziale presso le ### dell'### esclusi i datori di lavoro domestico, hanno diritto a un rimborso forfettario per gli oneri sostenuti relativi ai propri lavoratori dipendenti non aventi diritto all'assicurazione economica di malattia presso l'### Per ciascun anno solare, il rimborso è riconosciuto al datore di lavoro una tantum per ogni singolo lavoratore ed è previsto solo nei casi in cui la prestazione lavorativa, durante l'evento, non possa essere svolta in modalità agile”), risulta chiaro che la copertura da parte dell'### del periodo di quarantena ed isolamento cessa nel rapporto di lavoro privato, con ragionevole diversificazione di disciplina rispetto a quella propria del pubblico impiego in ragione delle diverse finalità e scopi della attività della P.A. datrice di lavoro rispetto all'attività dell'impresa e del lavoro privato, fermo restando piuttosto l'identità di disciplina della malattia da ### 19, in sensibile bilanciamento dei diversi e non comparabili interessi in gioco.
Per completezza giova peraltro riportate il testo dell'art. 87 del d.l. n. 18/2020 nella sua formulazione originaria ove non veniva affatto dettata la disciplina dei periodi in cui il lavoratore pubblico si trovasse in malattia o in quarantena prevendendosi solo che “1. ### alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da ###2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ### su proposta del ### per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che, conseguentemente: a) limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell'emergenza; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 b) prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81. 2. La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall'amministrazione. In tali casi l'articolo 18, comma 2, della legge 23 maggio 2017, n. 81 non trova applicazione. 3. Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio. Il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l'amministrazione non corrisponde l'indennità sostitutiva di mensa, ove prevista. Tale periodo non è computabile nel limite di cui all'articolo 37, terzo comma, del decreto del Presidente della ### 10 gennaio 1957, n. 3…..”.
Ora, tenuto conto delle superiori considerazioni in diritto, risulta in fatto che il ricorrente ### si è assentato dal lavoro per malattia in ragione dell'infezione da ###2 dal 19 agosto 2022 al 26 agosto 2022, come risulta dalla certificazione medica prodotta.
Il datore di lavoro pertanto - in disparte la carente consapevolezza delle ragioni sottese alle assenze per malattia, comunque apprese in sede di tentativo di conciliazione - non ha correttamente considerato che gli otto giorni di assenza in discussione non potevano computarsi ai fini della maturazione del comporto, non risultando sforato, nei dodici mesi antecedenti il licenziamento, il periodo di tolleranza contrattualmente previsto (ai sensi dell'art. 175 ### per i dipendenti da aziende del terziario della distribuzione e dei servizi “### la malattia, il lavoratore non in prova ha diritto alla conservazione del posto per un periodo massimo di 180 giorni in un anno solare, trascorso il quale, perdurando la malattia, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento con la corresponsione di quanto previsto agli artt. 235 e 236, del presente ### salvo quanto disposto dal successivo art. 181” - cfr. doc. 13 parte resistente).
Il ricorso è dunque fondato, dovendo concludersi nel senso che alla data del 9 gennaio 2023 non era ancora venuto meno il diritto alla conservazione del posto, per non essere ancora stato superato il periodo di 180 giorni di assenza per malattia nell'arco dell'anno solare come previsto dal ### per i ### di ### del ### della ### e dei ### applicato al rapporto di lavoro in essere.
Nemmeno rileva la tesi di parte resistente secondo la quale poiché il ricorrente è stato assente prima e dopo il periodo di malattia da ### egli si sarebbe ugualmente assentato in ragione della persistenza del suo precedente stato patologico, trattandosi di argomentazione presuntiva non solo Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 priva di riscontro ma confliggente con le certificazioni mediche in atti, dalle quali si evince che il periodo di malattia dal 19 al 26 agosto 2022 veniva riscontrato come “inizio” di nuova malattia a seguire da quella precedente con prognosi fino al 19 agosto. 3. Discende da quanto premesso la nullità del licenziamento e il diritto del ricorrente alla reintegra nel posto di lavoro e alla corresponsione di un'indennità risarcitoria pari a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto oltre che al versamento in suo favore dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, con accessori come per legge (interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione). 4. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di cui al dispositivo in applicazione dei parametri di cui al DM. 55/2015 sì come integrato e modificato dal DM n. 147/2022. P.Q.M. definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata, dichiara la nullità del licenziamento irrogato in data 9 gennaio 2023 da ### S.p.A. nei confronti di ### e per l'effetto, visto l'art. 18 c. 4 e 7 della l. n. 300/1970, condanna la società resistente in persona del legale rappresentante pro tempore a reintegrarlo nel posto di lavoro e a corrispondergli una indennità commisurata a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto oltre che al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento alla reintegra oltre accessori come per legge; condanna ### S.p.A. in persona del legale rappresentate pro tempore alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente, spese che liquida in euro 4.524,00 oltre ### CPA e spese generali ### deciso in ### il 13 marzo 2024 La giudice del lavoro ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024
causa n. 11194/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Renda Laura