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Tribunale di Catania, Sentenza n. 1422/2024 del 14-03-2024

... società resistente ha comunicato al ricorrente il licenziamento per superamento del periodo di comporto previsto dal ### di settore, è del seguente tenore: “…consumatosi interamente il periodo di comporto, Le comunichiamo il recesso dal rapporto di lavoro con efficacia immediata a decorrere dalla data di ricevimento della presente”. Orbene, l'art. 2110, comma 2, c.c. prevede che in caso di infortunio, malattia, gravidanza o puerperio del prestatore di lavoro “l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell'art. 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità”. Il licenziamento che trovi giustificazione nelle assenze per malattia del lavoratore costituisce un'ipotesi speciale di licenziamento in cui il giustificato motivo di recesso è espressamente previsto dalla legge, sicché nessuno spazio residua per una valutazione giudiziale delle ripercussioni negative sull'azienda dell'assenza del lavoratore. In diritto, dunque, il superamento del periodo di comporto costituisce unica condizione, necessaria e sufficiente, per ritenere la legittimità del recesso. Si tratta di un contemperamento tra interessi (leggi tutto)...

testo integrale

### nome del Popolo Italiano TRIBUNALE DI CATANIA ### giudice del lavoro del Tribunale di Catania dott.ssa ### a seguito dell'udienza del 5 marzo 2024, trattata secondo le modalità di cui all'art. 127-ter c.p.c., ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 11194/2023 R.G.  promossa da ### rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avvocato ### -ricorrente contro ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato ### -resistente
Avente ad oggetto: licenziamento per superamento del periodo di comporto - malattia - assenza per contagio da ### -19 - computabilità - Conclusioni: sostituita l'udienza di discussione del 5 marzo 2024 dal deposito di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c., i procuratori delle parti hanno concluso come da note scritte depositate nel termine assegnato.  RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con ricorso depositato in data 30 ottobre 2023 il ricorrente in epigrafe indicato ha esposto di aver lavorato alle dipendenze della società ### S.p.A. dal 4 aprile 2011 al 9 gennaio 2023 in virtù di un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato con la qualifica di impiegato di livello 1 del ### aziende terziario della distribuzione e dei servizi svolgendo le mansioni di store manager con ultima sede di servizio presso la filiale societaria di #### commerciale ### sito a ####; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 che con raccomandata a/r del 9 gennaio 2023, pervenuta in data 12 gennaio 2023, la società resistente gli aveva comunicato il recesso dal rapporto di lavoro con efficacia immediata in quanto nell'arco di un anno solare esso ricorrente si era assentato per malattia per un periodo pari a 186 giorni, superando così il periodo di comporto di 180 giorni previsto dal ### per i dipendenti di aziende del terziario della distribuzione e dei servizi; che con nota del 8 marzo 2023, inviata sia a mezzo PEC che tramite raccomandata a/r, egli aveva impugnato in via stragiudiziale il licenziamento intimatogli, contestandone la validità ed efficacia in quanto nullo, infondato, illegittimo e privo dei requisiti di legge; che tale nota non era stata riscontrata dalla società; che in data 1 settembre 2023 aveva pertanto promosso tentativo di conciliazione innanzi alla ### provinciale di conciliazione presso la ### del ### di ### al quale, tuttavia, non aveva aderito la società resistente. 
Ciò premesso, il ricorrente ha dedotto l'illegittimità del licenziamento intimatogli in quanto la società resistente avrebbe indebitamente computato ai fini del comporto il periodo di assenza dal 19 agosto al 26 agosto 2022 determinato da “### da ###19”, laddove piuttosto il numero complessivo di giorni di assenza rilevanti allo scopo prospettato dalla società sarebbe risultato pari a 178 e dunque inferiore al limite di 180 giorni previsto dal ### per la conservazione del posto in caso di malattia. 
Ha, infatti, assunto di essersi assentato dal lavoro nel suddetto precisato periodo per avere contratto l'infezione da ###19 trovandosi, pertanto, in isolamento domiciliare, come risultante dal certificato di malattia del 20 agosto 2022 rilasciato dal dott. ### e trasmesso agli organi competenti, oltreché dal referto di positività rilasciato dall'ASP di ### Ha dunque richiamato la disposizione di cui all'art. 87, comma 1, del d.l. n. 18/2020 - emanata nel corso dell'emergenza pandemica ma tuttora vigente - secondo cui “Il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dai dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dovuta al ###19, è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero e non è computabile ai fini del periodo di comporto”, assumendo che analogo trattamento dovesse essere riservato ai dipendenti privati. 
Ha in ogni caso rilevato che la società resistente, omettendo di avvisarlo dell'imminente superamento del periodo di comporto, aveva violato i princìpi di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c. ponendo in essere una condotta discriminatoria indiretta nei suoi confronti, considerata la particolare gravità delle sue condizioni di salute. 
Ha chiesto pertanto dichiararsi la nullità del licenziamento intimatogli per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, comma 2, c.c. con conseguente condanna del datore di lavoro, ai sensi Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 dell'art. 18, commi 4 e 7, legge n. 300/1970, alla reintegrazione di esso ricorrente nel posto di lavoro e al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento fino a quella dell'effettiva reintegrazione oltre accessori,e comunque non inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali. 
Ha formulato le seguenti conclusioni: “Ritenere e dichiarare che l'evento malattia dal 19.08.2022 al 26.08.2022, pari a otto (8) giorni deve essere espunto dal computo dei giorni che concorrono a determinare il periodo di comporto. Ritenere e dichiarare, pertanto, che il numero di giorni di assenza del sig. ### nell'anno solare di riferimento è di 178 giorni in luogo dei 186 computati dalla società ### spa, odierna resistente. Ritenere e dichiarare la nullità del licenziamento intimato dalla società ### spa al sig. ### per il mancato superamento del periodo di comporto. Ritenere e dichiarare, conseguentemente, l'illegittimità del licenziamento di cui è causa in quanto intimato in violazione dell'art. 2110, comma 2, c.c.. Conseguentemente, condannare la società ### spa, in persona del legale rappr.te p.t., alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno in misura pari a tutte le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quella di effettiva reintegra, comunque non inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, sulla base del dato mensile di lordi € 2.599,88 nonché al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali di legge in favore del ricorrente con riferimento al medesimo periodo, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. Nel merito, in subordine, ritenere e dichiarare la violazione dell'art.  2110, comma 2, c.c. da parte di ### spa, per aver adottato il provvedimento espulsivo non sussistendone i presupposti di legge. Ritenere e dichiarare la violazione da parte di ### spa dei princìpi di correttezza e buona fede per mancata comunicazione dell'imminente superamento del periodo di comporto. Conseguentemente condannare la società convenuta alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno in misura pari a tutte le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quello di effettiva reintegra, comunque non inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, sulla base del valore mensile di lordi € 2.599,88 nonché al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali di legge in favore del ricorrente con riferimento al medesimo periodo, oltre gli interessi legali e rivalutazione monetaria. Con vittoria di spese, competenze e compensi”. 
Con memoria depositata il 7 dicembre 2023 si è costituita tempestivamente in giudizio ### S.p.A. rappresentando che il ricorrente aveva lavorato alle dipendenze della società dal 4 aprile 2011 al 9 gennaio 2023 ed aveva ricoperto anche il ruolo di ### dell'intera ### (ossia di circa Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 venticinque punti vendita tra diretti e franchising) con inquadramento, a partire dal giorno 1 marzo 2018, al livello quadro del ### terziario; che pochi mesi dopo il passaggio alla qualifica di quadro lo stesso aveva palesato, per necessità personali e familiari contingenti, la scelta di rinunciare alla posizione, richiedendo l'assegnazione alla mansione di gerente di filiale con conseguente riduzione dell'inquadramento contrattuale e retributivo al primo livello, orario di lavoro a tempo pieno e trasferimento presso la filiale di ### che essa società si era dichiarata disponibile ad accogliere la richiesta del lavoratore, in data 13 luglio 2018 sottoscrivendosi un verbale di accordo in sede sindacale di novazione del rapporto lavorativo; che a partire dal giorno 1 agosto 2018 il ricorrente era stato addetto alla filiale di ### in qualità di gerente, dove era rimasto durante tutto il periodo della pandemia; che nel maggio 2022, nell'ambito di una improcrastinabile operazione di profonda ristrutturazione organizzativa, anche in ragione delle progressive perdite di fatturato subìte nel triennio 2019-2021, la società si era vista costretta a deliberare la soppressione della posizione lavorativa di gerente della filiale di ### proponendo al ricorrente il trasferimento presso il punto vendita di ### che il ricorrente era storicamente residente a ####, per cui il trasferimento dal centro commerciale ### di #### al centro commerciale ### di #### gli avrebbe consentito un avvicinamento alla propria residenza ed ai suoi familiari di ben 50 km; che in data 24 maggio 2022 l'### di riferimento, ### D'### e il ### vendite, ### si erano recati personalmente presso il punto vendita di ### per informare il ricorrente del suo trasferimento, esporgli le motivazioni e consegnargli la nota scritta, quest'ultima rifiutata dal lavoratore; che, quindi, essa società aveva inviato a mezzo PEC la nota di trasferimento con decorrenza dal giorno 1 luglio 2022 a ####; che con nota del 7 giugno 2022 il ricorrente aveva impugnato il trasferimento, ribadendo la validità del verbale di accordo sindacale sottoscritto presso la Ugl di Napoli e adducendo la mancanza di ragioni tecniche, organizzative e produttive; che con nota del 14 giugno 2022 ### riscontrava la missiva ribadendo le motivazioni sottostanti al trasferimento, riconducibili alla necessità di sopprimere la posizione lavorativa di gerente della filiale di ### al fine di operare una ristrutturazione organizzativa dell'azienda; che successivamente il ricorrente chiedeva un periodo di ferie dal 20 al 30 giugno 2022 per esigenze logistiche ed organizzative finalizzate all'esecuzione del trasferimento, accordatogli dalla società; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 che ancora in data 1 luglio 2022 il ricorrente, dopo aver preso servizio presso la nuova sede lavorativa di ### aveva chiesto l'autorizzazione ad assentarsi per un'ulteriore settimana al fine di ultimare la ricerca di una soluzione abitativa nel catanese, concessa dall'### che, tuttavia, non era più rientrato in servizio inoltrando una lunga serie di certificati medici; che, pertanto, in data 9 gennaio 2023 la società gli aveva comunicato il licenziamento per superamento del periodo di comporto. 
Rappresentava quindi in primo luogo che nessuno dei certificati medici che avevano concorso al superamento del periodo di comporto del ricorrente era stato inviato alla società con indicazione della diagnosi. 
Il primo certificato medico era stato prodotto con prognosi dal 8.7.2022 al 13.7.2022. 
In data ### il ricorrente aveva presentato alla sede ### di ### domanda di congedo straordinario - dal 1.8.2022 al 30.7.2024 - per assistere il padre residente a ### asseritamente affetto da disabilità grave ai sensi dell'art. 42, comma 5, D. Lgs. 151/2001; domanda tuttavia respinta dall'### il ###, perché il familiare indicato non era affetto da handicap grave. 
Il ricorrente inviava dunque altri quattro certificati medici, il primo di “inizio malattia” ed i successivi tre di “continuazione malattia” cui seguivano altri quattro, tutti con indicazione “inizio malattia” nel mese di agosto 2022, e successivi recante invece l'indicazione di “continuazione” evento, ivi compreso l'ultimo di 62 giorni. 
La società era venuta a conoscenza dell'esistenza della positività al ###19 del ricorrente nel periodo 19 agosto/26 agosto 2022 soltanto in data 1 settembre 2023 allorquando il ricorrente aveva promosso il tentativo di conciliazione innanzi alla ### provinciale presso la ### del ### di ### Solo con la proposizione del ricorso in esame, peraltro, la società acquisiva cognizione della diagnosi di “gravissima forma depressiva” sì come con l'atto introduttivo del giudizio dedotto (pur se il relativo certificato era privo dell'aggettivo “gravissima”). 
In punto di diritto, deduceva dunque l'infondatezza della domanda avversaria atteso che l'art. 26 del d.l. n. 18/2020 convertito in legge n. 27/2020, all'esito dell'ultima modifica intervenuta con l'art. 8, comma 1, del d.l. n. 146/2021 convertito in legge n. 215/2021, dispone testualmente che “### al 31 dicembre 2021 il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva (…) dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”, con la conseguenza che, a partire dal 1 gennaio 2022 non sussisteva più il divieto di computo nel periodo di comporto delle assenze per malattia legate alla infezione da ###19. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024
Indipendentemente dalla contrazione del virus, il ricorrente era comunque rimasto assente dal lavoro sia prima che dopo il periodo di isolamento in ragione della pregressa malattia che gli avrebbe comunque impedito di prestare la propria attività lavorativa, inserendosi il periodo di quarantena in un più ampio periodo di assenza come certificato e proseguito senza soluzione di continuità, rifacendosi la società a precedenti giurisprudenziali di merito che avevano concluso in casi analoghi per la legittimità del recesso. 
Richiamando infine quanto statuito dalla Cassazione, in assenza di qualsiasi obbligo previsto dalla contrattazione collettiva, in ordine alla mancanza di onere per il datore di lavoro di avvertire preventivamente il lavoratore della imminente scadenza del periodo di comporto per malattia al fine di permettere al lavoratore di esercitare eventualmente la facoltà di chiedere tempestivamente un periodo di aspettativa, assumendo pertanto di non aver violato i princìpi di correttezza e buona fede sì come da controparte sostenuto; eccependo ancora in via subordinata, che il ricorrente, cui peraltro era stata corrisposta all'esito della risoluzione del rapporto di lavoro l'indennità sostitutiva del preavviso pari a sedici settimane, dal giugno 2023 intratteneva un rapporto di lavoro subordinato con una diversa azienda, ciò rilevando al fine dell'aliunde perceptum, insisteva: “- per il rigetto del ricorso; - per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e competenze professionali di giudizio, anche in considerazione del carattere temerario della lite”. 
Sentito il ricorrente il quale negava di avere espletato attività lavorativa alcuna dopo la cessazione del rapporto di lavoro, piuttosto avendo fruito di ### ritenuta dunque l'inconducenza della richiesta di informazioni formulata da parte resistente in quanto meramente esplorativa ai sensi degli artt. 210, 213 e 421 c.p.c. presso il Ministero dell'### e delle ### nonché presso la sede ###ordine ai redditi prodotti dal ricorrente dal febbraio 2023; invitate le parti a ricercare una soluzione conciliativa della lite in ragione della opinabilità delle questioni sorte e considerato anche il contrasto della giurisprudenza di merito in analoghe fattispecie; all'esito dell'udienza di discussione del 5 marzo 2024 sostituita dal deposito di note scritte ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c., sulle conclusioni delle parti come da note in atti, la causa è stata trattenuta per la decisione e viene quindi definita nei termini che seguono.  ***  1. Va in primo luogo esaminata la doglianza da parte ricorrente formulata a fondamento della asserita illegittimità del licenziamento per non avergli la società resistente comunicato l'imminente superamento del periodo di comporto, con violazione dei princìpi di correttezza e buona fede di cui all'art. 1175 c.c. e conseguente discriminazione indiretta. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024
In particolare, il lavoratore afferma che “per l'evento malattia verificatosi nel periodo dal 09.11.2022 al 09.01.2023 - n. certificato ### (doc. 9) - il lavoratore è risultato assente per malattia per ben 62 giorni consecutivi a causa della gravissima forma depressiva che lo ha afflitto come da certificato medico che si allega (doc. 9 bis)” ed assume che “la mancata comunicazione da parte del datore di lavoro” se è “di regola legittima in quanto non vi è alcun obbligo in capo all'azienda….  diventa discriminatoria nel momento in cui è tenuta anche nei confronti di soggetti che versano in una condizione diversa rispetto agli altri dipendenti (quale è la condizione dei malati particolarmente gravi ed in caso di lunghi periodi di assenza)” (cfr. pagg. 10 e 11 del ricorso). 
La lettera raccomandata del 9 gennaio 2023 (doc. 1 parte ricorrente e doc. 11 parte resistente), con cui la società resistente ha comunicato al ricorrente il licenziamento per superamento del periodo di comporto previsto dal ### di settore, è del seguente tenore: “…consumatosi interamente il periodo di comporto, Le comunichiamo il recesso dal rapporto di lavoro con efficacia immediata a decorrere dalla data di ricevimento della presente”. 
Orbene, l'art. 2110, comma 2, c.c. prevede che in caso di infortunio, malattia, gravidanza o puerperio del prestatore di lavoro “l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell'art. 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità”. 
Il licenziamento che trovi giustificazione nelle assenze per malattia del lavoratore costituisce un'ipotesi speciale di licenziamento in cui il giustificato motivo di recesso è espressamente previsto dalla legge, sicché nessuno spazio residua per una valutazione giudiziale delle ripercussioni negative sull'azienda dell'assenza del lavoratore. 
In diritto, dunque, il superamento del periodo di comporto costituisce unica condizione, necessaria e sufficiente, per ritenere la legittimità del recesso. 
Si tratta di un contemperamento tra interessi contrapposti: da un lato l'interesse datoriale a potere contare su una forza lavoro effettiva ed organicamente e funzionalmente inserita nell'organizzazione produttiva; d'altro canto l'interesse del lavoratore di disporre di un congruo periodo di tempo per far fronte alla propria condizione patologica senza timore per questo di perdere la propria fonte di sostentamento, in un lasso temporale ritenuto adeguato, tollerabile e predeterminato dalla fonte collettiva (Cass., 24 giugno 2005, n. 13624). 
Al riguardo, a fronte di un minoritario orientamento della giurisprudenza di merito secondo cui, in applicazione dei doveri di buona fede e correttezza, il datore di lavoro deve comunicare con congruo anticipo l'imminente superamento del periodo di comporto, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che “nel rapporto di lavoro, poiché i princìpi di correttezza e buon[a] fede rilevano come norme di relazione con funzione di fonti integrative del contratto (art. 1374 c.c.), ove ineriscano a comportamenti dovuti in relazione ad obblighi di prestazione imposti al datore di lavoro dal Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 contratto collettivo o da altro atto di autonomia privata, in assenza di qualsiasi obbligo previsto dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro non ha l'onere di avvertire preventivamente il lavoratore della imminente scadenza del periodo di comporto per malattia al fine di permettere al lavoratore di esercitare eventualmente la facoltà di chiedere tempestivamente un periodo di aspettativa, come previsto dal contratto collettivo stesso (cfr., tra le tante, Cass. 10.4.1996 n. 3351, Cass. 21.5.1998 5091, Cass. 7.7.1999 n. 7082, Cass. 29.3.2000 n. 3840)” (Cass., 4 giugno 2014, n. 12563), non esistendo “un dovere del datore di lavoro di avvertire il lavoratore, assente per lungo tempo, che il periodo di conservazione del posto sta per scadere. Infatti il lavoratore è in grado, anche con l'assistenza del sindacato, di effettuare la somma dei giorni di assenza per malattia e di verificare se il periodo di conservazione del posto stia per scadere” (Cass., 22 aprile 2008, n. 10352). 
Il solo fatto del superamento del numero di assenze fissate contrattualmente, pertanto, caduca il diritto alla conservazione del posto di lavoro ed è necessario e sufficiente perché il datore di lavoro possa licenziare il dipendente, non essendo esigibile - anche tenuto conto che il ### di categoria applicabile alla fattispecie non prevede alcun obbligo di comunicare al dipendente l'imminente superamento del periodo di comporto - che quest'ultimo si attivi al fine di comunicare l'imminente scadenza del comporto al lavoratore, il quale in tali casi è gravato da un preciso onere di autoresponsabilità. 
Pertanto se tale principio di carattere generale non ha valenza assoluta, residuando ipotesi in cui il datore di lavoro è tenuto alla comunicazione in parola - ad esempio nel caso in cui il lavoratore abbia avanzato una specifica richiesta di comunicazione dei giorni di malattia dallo stesso usufruiti e dei criteri di computo del comporto, palesandosi l'inerzia datoriale a fronte della richiesta del dipendente quale comportamento contrario ai doveri di buona fede e correttezza - con riferimento alla fattispecie in esame non può assumersi l'obbligo datoriale di avvisare preventivamente il lavoratore, non avendo parte ricorrente né dedotto né provato di avere presentato una formale richiesta nel senso prospettato.  ### canto, nemmeno è possibile configurare nella fattispecie quella situazione di minorata difesa che connoterebbe l'intimato licenziamento del predicato della discriminazione, seppure in forma indiretta, con conseguente applicazione della tutela reale c.d. forte. 
Invero, occorre distinguere i casi in cui vi sia una malattia “comune”, cioè dalla prognosi sicuramente fausta, facilmente guaribile e anche in tempi brevi, e dalla convalescenza non invalidante, da quelli di estrema gravità, in cui le condizioni di integrità psico-fisica del lavoratore siano particolarmente critiche, caratterizzate da una prognosi non sicuramente fausta e da una convalescenza lunga e suscettibile di complicanze molto pericolose. 
In queste ultime ipotesi, anche in assenza di una regola espressa in ordine alla comunicazione relativa all'approssimarsi del termine del comporto tenendo conto della situazione particolarmente delicata e Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 grave del lavoratore, un comportamento teso alla correttezza e alla buona fede da parte della società dovrebbe condurre ad effettuare una comunicazione dell'imminente superamento del periodo di comporto. 
Con riguardo al caso di specie, nel periodo in esame (novembre 2022-gennaio 2023) il ricorrente è stato affetto da “disturbo depressivo” (cfr. doc. 9 e 9 bis parte ricorrente, certificati medici a firma della dott.ssa ### e del dott. ### D'### - condizione peraltro che non è dimostrato fosse stata portata a conoscenza del datore di lavoro che assume di averne appreso solo in sede di tentativo di conciliazione; patologia che comunque non avrebbe impedito al lavoratore di attenzionare il superamento del periodo in cui gli era garantita la conservazione del posto di lavoro; di talchè sotto tale profilo alcuna censura merita la società resistente.  2. Deve dunque vagliarsi se l'intimato licenziamento sia piuttosto nullo atteso che il periodo di comporto non sarebbe stato invero superato per le ragioni esposte in fatto. 
È circostanza pacifica in giudizio che ### abbia lavorato alle dipendenze di ### S.p.A. dal 4 aprile 2011 al 9 gennaio 2023 in virtù di un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato e che lo stesso abbia effettivamente maturato complessivamente 186 giorni di assenza nei dodici mesi antecedenti il licenziamento. 
Con il presente giudizio, tuttavia, il ricorrente sostiene che, ai fini della maturazione del periodo di comporto, non avrebbe dovuto essere considerato il periodo di assenza dal 19 al 26 agosto 2022 determinato dall'infezione del virus ###2 durante il quale lo stesso si è trovato in isolamento domiciliare (cfr. doc. 4 e 5 parte ricorrente). 
Ai fini del superamento del periodo di comporto, ### S.p.A. ha infatti considerato le assenze maturate nei periodi dal 8 luglio 2022 al 13 luglio 2022, dal 14 luglio 2022 al 21 luglio 2022, dal 22 luglio 2022 al 1 agosto 2022, dal 2 agosto 2022 al 9 agosto 2022, dal 10 agosto 2022 al 19 agosto 2022, dal 19 agosto 2022 al 26 agosto 2022, dal 27 agosto 2022 al 28 agosto 2022, dal 29 agosto 2022 al 5 settembre 2022, dal 6 settembre 2022 al 12 settembre 2022, dal 13 settembre 2022 al 19 settembre 2022, dal 20 settembre 2022 al 26 settembre 2022, dal 27 settembre 2022 al 3 ottobre 2022, dal 4 ottobre 2022 al 10 ottobre 2022, dal 11 ottobre 2022 al 17 ottobre 2022, dal 18 ottobre 2022 al 24 ottobre 2022, dal 25 ottobre 2022 al 8 novembre 2022 e dal 9 novembre 2022 al 9 gennaio 2023 (doc.  1 parte ricorrente e doc. 11 parte resistente). 
Come si evince dalla documentazione in atti e, in particolare, dall'attestato di malattia telematico ### del 20 agosto 2022 a firma del dott. ### (doc. 4 parte ricorrente), il periodo di assenza dal 19 al 26 agosto 2022 è stato determinato dalla malattia per positività del ricorrente al ###19 con conseguente isolamento (v. le note di diagnosi, ove si legge testualmente “### di isolamento per positività covid 19, astenia”). 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024
Tale circostanza è, inoltre, confermata dall'esito del test antigenico effettuato da ### e dal provvedimento con cui l'ASP di ### (doc. 5 parte ricorrente) lo ha posto in isolamento “per documentata positività da ###2” dal 19 al 26 agosto 2022 nel domicilio eletto sito a ### in via S. Randone n. 49. 
Ora - in disparte la carente prova della informazione da parte del ricorrente alla società datrice di lavoro delle ragioni dell'assenza nel suddetto periodo (ossia la positività al ###2), essendosi lo ### limitato ad inoltrare la copia cartacea per il datore di lavoro del certificato n. ### del 20 agosto 2022 (cfr. doc. 10 parte resistente) nell'ambito della quale, notoriamente, viene omessa la diagnosi formulata dal medico - con riguardo alla disciplina applicabile al caso di specie, parte resistente invoca, a fondamento della prospettazione secondo la quale non potevano più escludersi dal computo dei giorni utili per ritenere superato il periodo di comporto i giorni di malattia da ###, l'art. 26, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito in legge n. 27/2020, segnatamente, per quanto in questa sede rileva, nella formulazione di cui alla modifica intervenuta con l'art. 8, comma 1, del d. l. n. 146/2021 convertito in legge n. 215/2021 ai sensi del quale: “### al 31 dicembre 2021, il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”. 
La norma menzionata fa espresso riferimento ad una serie di misure di contenimento della diffusione del virus ###19 previste via via nel tempo dal legislatore, e adottabili dalle autorità competenti, dapprima con riferimento a specifiche aree del ### (ossia “nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus”, come recita l'art. 1, comma 1, d.l. 23 febbraio 2020, n. 6) e poi per l'intero territorio nazionale (“su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso”, come recita l'art. 1, comma 1, d.l. 25 marzo 2020, n. 19), e precisamente: - “quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva” (lett. h) dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 6/2020); - “permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva” disposta dall'autorità sanitaria per “gli individui che hanno fatto ingresso in ### da zone a rischio epidemiologico, come identificate dall'### mondiale della sanità” (lett. i) dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 6/2020); Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 - “quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree [,] ubicate al di fuori del territorio italiano” (lett. d) dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 19/2020); - “divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena, applicata dal sindaco quale autorità sanitaria locale, perché risultate positive al virus” (lett. e) dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 19/2020). 
Il legislatore, con la previsione di cui all'art. 26, comma 1, del d.l. n. 18/2020, ha dunque inteso tutelare quei lavoratori che siano stati costretti a rimanere assenti dal lavoro in quanto attinti dalle misure di quarantena e di isolamento fiduciario, prevedendo, da un lato, l'equiparazione di detta assenza alla malattia e, dall'altro, escludendone la computabilità ai fini del periodo di comporto. 
Il riferimento alle misure di quarantena e isolamento fiduciario - effettuato attraverso il richiamo a specifiche disposizioni di legge, talune delle quali poi abrogate (l'art. 5 del d.l. n. 19/2020 ha infatti integralmente abrogato l'art. 1 del d.l. n. 6/2020) e in ogni caso ripetutamente modificate alla luce dell'evoluzione della situazione epidemiologica - deve intendersi comprensivo di tutte le misure che sono state nel tempo normativamente previste per arginare la diffusione del virus, e quindi sia di quelle legate al mero contatto con casi confermati di malattia o di rientro da zone a rischio epidemiologico sia quelle connesse alla positività al virus ###19. 
La ratio della norma è dunque all'evidenza quella di non far ricadere sul lavoratore le conseguenze dell'assenza dal lavoro che sia riconducibile causalmente alle misure di prevenzione e di contenimento previste dal legislatore e assunte con provvedimento dalle autorità al fine di limitare la diffusione del virus ###19, in tutte le ipotesi di possibile o acclarato contagio dal virus, e ciò, nella fase iniziale e fino al 2022 per le ragioni di cui infra, a prescindere dallo stato di malattia, che - come ormai noto - può coesistere o meno con il contagio (caso dei positivi asintomatici). 
Ciò in quanto, ciò che contraddistingue la malattia da ###19 dalle altre malattie è l'impossibilità, imposta autoritativamente, per il lavoratore di rendere la prestazione lavorativa e per il datore di lavoro di riceverla per i tempi normativamente e amministrativamente previsti; tempi che - ancora una volta - prescindono dall'evoluzione della malattia ma dipendono dalla mera positività o meno al virus. 
Tanto osservato, deve considerarsi che il legislatore, se è vero che ha inteso limitare temporalmente la vigenza della disposizione sopra richiamata - applicabile, come detto, ai rapporti di lavoro alle dipendenze di privati - “fino al 31 dicembre 2021”, ciò ha fatto solo con riferimento alle ipotesi di “quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19”, e non con riguardo alle ipotesi di malattia da ### - come ritenuto dalla società convenuta - e cioè con riguardo ai casi, come nella specie, in cui la positività ha dato luogo a sintomi, sì come certificati. 
La ratio di una tale interpretazione è evidente dal raffronto non solo con la versione originaria del richiamato art. 261, ante la modifica nella fattispecie a mano ritenuta da parte resistente dirimente, (“fino al 31 dicembre 2021…”), ma dalla comparazione con lo stesso art. 87, comma 1, primo periodo, del d.l. 18 del 2020, che nella versione ratione temporis applicabile, in vigore dal 22.3.2022, statuisce che “Il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dai dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dovuta al ###19, è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero e non è computabile ai fini del periodo di comporto”. 
Trattasi di norma che, nonostante la cessazione del periodo di emergenza, deve ritenersi tuttora vigente in quanto il legislatore non ha limitato temporalmente l'efficacia della stessa. 
Ciò risulta peraltro anche dal ###-P-01/07/2022 avente ad oggetto “### in materia di trattamento economico e giuridico da applicare alle assenze per malattia dovuta a ### vigenza articolo 87, comma 1 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27” con il quale la ### del Consiglio dei ### - ### della ### - ### per l'organizzazione ed il lavoro pubblico - ### per il trattamento del personale pubblico, chiamato a esprimere il proprio avviso circa la vigenza del comma 1 dell'articolo 87 del decreto legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, a seguito della cessazione, intervenuta in data 31 marzo 2022, dello stato di emergenza per effetto del decreto legge 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, ha precisato che benchè sia intervenuta la cessazione dello stato di emergenza la disposizione in argomento risulta ancora vigente, in quanto non abrogata o modificata dal citato decreto legge n. 24, nè da altre fonti normative. 
Peraltro, la vigenza del comma 1 dell'articolo 87 si desume anche dalla circostanza che, a differenza del comma 2, esso non è ancorato, come termine di durata, alla fine della cessazione dello stato di emergenza epidemiologica decretato alla data del 31 marzo 2022. Di conseguenza, allo stato, il periodo trascorso in malattia dovuta a ###19 è equiparabile al ricovero ospedaliero.  1 Nel testo originario l'art. 26, comma 1, d.l. n. 18/2020 prevedeva che “1. Il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, dai lavoratori del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”. 
Tuttavia, l'art. 8, comma 1, lett. a), del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 convertito in legge n. 215/2021 ha disposto la modifica della predetta norma nei termini che seguono: “1. All'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1 le parole «Il periodo trascorso» sono sostituite dalle seguenti: «### al 31 dicembre 2021, il periodo trascorso»;”. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024
Pur dunque non essendo questa la disposizione in forza della quale può ritenersi fondata la prospettazione del ricorrente secondo la quale anche in data successiva al 31 dicembre 2021 l'assenza dovuta a malattia da ### 19 non poteva essere utile al fine di considerare maturato il periodo di comporto, atteso che contrariamente da quanto sostenuto da parte ricorrente la disposizione testé citata non può trovare applicazione nella fattispecie a mano stante l'espresso riferimento ai “dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, risulta dirimente considerare che è proprio l'art. 26 del d.l. 18/2020, pur come modificato nei termini sopra descritti, che fonda il diritto del lavoratore privato allo scomputo dei giorni di assenza per malattia causata dal contagio da ### 19, dovendo di tale norma darsi una lettura ermeneutica, non solo letteralmente plausibile, ma conforme a ### risultando altrimenti irragionevole un diverso trattamento della condizione di malattia del lavoratore in considerazione della natura pubblica o privata del rapporto di lavoro. 
Solo una interpretazione nei termini ora espressi consente infatti di non ritenere l'illegittimità dell'art.  8, comma 1, lett. a), del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 convertito in legge n. 215/2021 nella parte in cui prevede solo “fino al 31 dicembre 2021” l'equiparazione a malattia del “periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato”, ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e della non computabilità ai fini del periodo di comporto; interpretazione che appunto parte dal presupposto che della malattia da ### 19 e della sua precedente disciplina, tale da essere equiparata al ricovero ospedaliero con esclusione dal computo utile per la determinazione del comporto, non si possa discutere, alla stessa piuttosto essendo stata equiparata la quarantena e l'isolamento domiciliare ma solo fino al suddetto limite temporale del 31 dicembre 2021 in ipotesi di rapporto di lavoro privato.  “In caso di contagio con malattia” infatti “ciò che contraddistingue la malattia da ###19 dalle altre malattie è l'impossibilità, imposta autoritativamente, per il lavoratore di rendere la prestazione lavorativa e per il datore di lavoro di riceverla per i tempi normativamente e amministrativamente previsti….”, (cfr. ###, Ordinanza 5 gennaio 2022); cessando invero tale situazione solo per effetto della nuova disciplina di cui al d .l. n. 105 del 2023 art 9 che ha abolito l'obbligo di isolamento (cfr. anche Ministero della #### 25613 del 11 agosto 2023). 
E' evidente quindi che la finalità pubblicistica posta a fondamento della versione dell'art. 87 c. 1 del d.l. n. 18/2020 conv. con l. n. 27/2020 come modificato dal d.l. n. 24 del 2022 conv. con modificazioni dalla l. n. 52 del 2022, che equipara la quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva al periodo di ricovero ospedaliero assumendone la non computabilità ai fini del periodo di comporto senza limite temporale alcuno, è quella di prevenire ancora il contagio e garantire dunque l'espletamento da parte dei dipendenti pubblici di attività lavorativa sottesa allo svolgimento di servizi pubblici, laddove la disciplina di cui all'art. 26 del d.l.  n. 18/2020, come modificata per effetto del d.l. n.146/2021 art. 8, stoppa al 31 dicembre 2021 l'equiparazione alla malattia delle assenze per quarantena e isolamento domiciliare anche da positività ma asintomatica, potendo dall'inizio del 2022 la quarantena essere sostituita da una forma di autosorveglianza per le persone guarite, per quelle che abbiano ricevuto la dose booster o la vaccinazione completa da meno di 120 giorni. 
Con il d.l. n. 146/2021 e l'introduzione del comma 7 bis all'art. 26 del d. l. n. 18/2020 (“7-bis. Dal 31 gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2021 per le tutele di cui al presente articolo, i datori di lavoro del settore privato con obbligo previdenziale presso le ### dell'### esclusi i datori di lavoro domestico, hanno diritto a un rimborso forfettario per gli oneri sostenuti relativi ai propri lavoratori dipendenti non aventi diritto all'assicurazione economica di malattia presso l'### Per ciascun anno solare, il rimborso è riconosciuto al datore di lavoro una tantum per ogni singolo lavoratore ed è previsto solo nei casi in cui la prestazione lavorativa, durante l'evento, non possa essere svolta in modalità agile”), risulta chiaro che la copertura da parte dell'### del periodo di quarantena ed isolamento cessa nel rapporto di lavoro privato, con ragionevole diversificazione di disciplina rispetto a quella propria del pubblico impiego in ragione delle diverse finalità e scopi della attività della P.A. datrice di lavoro rispetto all'attività dell'impresa e del lavoro privato, fermo restando piuttosto l'identità di disciplina della malattia da ### 19, in sensibile bilanciamento dei diversi e non comparabili interessi in gioco. 
Per completezza giova peraltro riportate il testo dell'art. 87 del d.l. n. 18/2020 nella sua formulazione originaria ove non veniva affatto dettata la disciplina dei periodi in cui il lavoratore pubblico si trovasse in malattia o in quarantena prevendendosi solo che “1. ### alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da ###2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ### su proposta del ### per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che, conseguentemente: a) limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell'emergenza; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 b) prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81.  2. La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall'amministrazione. In tali casi l'articolo 18, comma 2, della legge 23 maggio 2017, n. 81 non trova applicazione.  3. Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio. Il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l'amministrazione non corrisponde l'indennità sostitutiva di mensa, ove prevista. Tale periodo non è computabile nel limite di cui all'articolo 37, terzo comma, del decreto del Presidente della ### 10 gennaio 1957, n. 3…..”. 
Ora, tenuto conto delle superiori considerazioni in diritto, risulta in fatto che il ricorrente ### si è assentato dal lavoro per malattia in ragione dell'infezione da ###2 dal 19 agosto 2022 al 26 agosto 2022, come risulta dalla certificazione medica prodotta. 
Il datore di lavoro pertanto - in disparte la carente consapevolezza delle ragioni sottese alle assenze per malattia, comunque apprese in sede di tentativo di conciliazione - non ha correttamente considerato che gli otto giorni di assenza in discussione non potevano computarsi ai fini della maturazione del comporto, non risultando sforato, nei dodici mesi antecedenti il licenziamento, il periodo di tolleranza contrattualmente previsto (ai sensi dell'art. 175 ### per i dipendenti da aziende del terziario della distribuzione e dei servizi “### la malattia, il lavoratore non in prova ha diritto alla conservazione del posto per un periodo massimo di 180 giorni in un anno solare, trascorso il quale, perdurando la malattia, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento con la corresponsione di quanto previsto agli artt. 235 e 236, del presente ### salvo quanto disposto dal successivo art. 181” - cfr. doc. 13 parte resistente). 
Il ricorso è dunque fondato, dovendo concludersi nel senso che alla data del 9 gennaio 2023 non era ancora venuto meno il diritto alla conservazione del posto, per non essere ancora stato superato il periodo di 180 giorni di assenza per malattia nell'arco dell'anno solare come previsto dal ### per i ### di ### del ### della ### e dei ### applicato al rapporto di lavoro in essere. 
Nemmeno rileva la tesi di parte resistente secondo la quale poiché il ricorrente è stato assente prima e dopo il periodo di malattia da ### egli si sarebbe ugualmente assentato in ragione della persistenza del suo precedente stato patologico, trattandosi di argomentazione presuntiva non solo Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024 priva di riscontro ma confliggente con le certificazioni mediche in atti, dalle quali si evince che il periodo di malattia dal 19 al 26 agosto 2022 veniva riscontrato come “inizio” di nuova malattia a seguire da quella precedente con prognosi fino al 19 agosto.  3. Discende da quanto premesso la nullità del licenziamento e il diritto del ricorrente alla reintegra nel posto di lavoro e alla corresponsione di un'indennità risarcitoria pari a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto oltre che al versamento in suo favore dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, con accessori come per legge (interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione).  4. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di cui al dispositivo in applicazione dei parametri di cui al DM. 55/2015 sì come integrato e modificato dal DM n. 147/2022.  P.Q.M.  definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata, dichiara la nullità del licenziamento irrogato in data 9 gennaio 2023 da ### S.p.A. nei confronti di ### e per l'effetto, visto l'art. 18 c. 4 e 7 della l. n. 300/1970, condanna la società resistente in persona del legale rappresentante pro tempore a reintegrarlo nel posto di lavoro e a corrispondergli una indennità commisurata a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto oltre che al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento alla reintegra oltre accessori come per legge; condanna ### S.p.A. in persona del legale rappresentate pro tempore alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente, spese che liquida in euro 4.524,00 oltre ### CPA e spese generali ### deciso in ### il 13 marzo 2024 La giudice del lavoro ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 14/03/2024

causa n. 11194/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Renda Laura

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Tribunale di Roma, Sentenza n. 10396/2023 del 20-11-2023

... indennità c.i.g.s. e di indennità di maternità; B) licenziamento: ###) è incontroverso che il licenziamento sia intervenuto prima del compimento dell'anno di vita del bambino; ###) come esattamente riportato dalla ricorrente, il licenziamento in tale intervallo di tempo è assolutamente vietato dall'art. 54, co. 1, del D.lgs. 151/2001 che così dispone: “Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal ### nonché fino al compimento di un anno di età del bambino”, salvo che ricorra una delle seguenti ipotesi (previste dal comma 3 della medesima norma di legge): a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro; b) di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta; c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine; d) di esito negativo della prova”; ###) nel caso, fuori discussione (a dire della ricorrente) che non si ricada, nemmeno teoricamente, nelle ipotesi di cui alle lettere a), c) e d), potrebbe (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA ### e ### in persona del Giudice dott. ### all'udienza del 20 novembre 2023, in esito alla ### di Consiglio ha pronunciato, ai sensi dell'articolo 429, primo comma, prima parte, c.p.c. la seguente ### nella causa iscritta al n.### del ### e ### dell'anno 2022, promossa da: ### nata a ### il 10 luglio 1986, elettivamente domiciliata in ### viale ### 201, presso lo studio dell'avv. D. RAVIZZA, che la rappresenta e difende, unitamente all'avv. D. ### come da procura in atti.   -PARTE RICORRENTE #### S.r.l.s., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ### via ### 101, presso lo studio dell'avv. A. VICINANZA, che la rappresenta e difende come da procura in atti.   -###- OGGETTO: pagamento somma per differenze retributive, impugnazione licenziamento e risarcimento danni.  CONCLUSIONI come in atti SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Il Tribunale di ### in persona dell'intestato Giudice, premesso: -che, con ricorso ritualmente notificato, C. ### evocava in giudizio la #### E ### S.r.l.s. (S.I.F.E.T.), esponendo: 1) di aver lavorato per la convenuta dall'1 febbraio 2019 all'11 maggio 2022 (data del suo licenziamento) presso il punto vendita “Carrefour” sito in ### circonvallazione ### 56/a con le seguenti specificazioni: • dall'1 febbraio 2019 al 9 dicembre 2019 con contratto a tempo determinato; • dal 10 dicembre 2019 al 30 novembre 2020 con contratto a tempo indeterminato; • dall'1 dicembre 2020 al 17 febbraio 2021 collocata in cassa integrazione guadagni per la chiusura, intervenuta in data 27 novembre 2020, del punto vendita di cui al punto precedente; • dal 18 febbraio 2021 al 16 dicembre 2021 in posizione di congedo per maternità; • dal 17 dicembre 2021 al 17 febbraio 2022 (e poi ancora dal 10 marzo 2022 al 10 maggio 2022) in posizione di aspettativa per congedo parentale; -che, pur senza comunicarle ancora un formale provvedimento di qualsivoglia natura, la convenuta, alla sua richiesta al termine del primo periodo di congedo parentale di poter essere ricollocata, le comunicava di poterle offrire per la nuova sistemazione lavorativa solo la sede di ### proposta che la stessa rifiutava in ragione del suo stato di puerperio e che invece veniva confermata dalla convenuta con tre distinte comunicazioni alla medesima inviate; -che, con missiva dell'11 maggio 2022 (successivamente confermata con altra comunicazione del 25 maggio 2022) la convenuta le intimava il licenziamento per soppressione del posto di lavoro nonché per giustificato motivo oggettivo; -che, con comunicazione pec del 24 giugno 2022, la ricorrente impugnava il detto licenziamento, reiterandone il contenuto con la successiva missiva del 4 agosto 2022, ambedue non riscontrate dalla convenuta; -che, durante tutto il rapporto lavorativo alle dipendenze della convenuta, la stessa aveva svolto il ruolo di coordinatrice del punto vendita cui era stata assegnata, con le specifiche mansioni indicate in ricorso; -che, durante tutto il periodo di lavoro, aveva lavorato per circa 50 ore settimanali, diventate addirittura 60/70 nel periodo di maggiore incidenza della pandemia ### (9 marzo/4 giugno 2020); -di non aver mai percepito 13ª e 14ª mensilità e di non aver fruito degli interi periodi di ferie spettantile; -che, tutto ciò premesso, chiedeva la ricorrente la condanna della convenuta al pagamento a proprio favore della somma di euro 19.120,21= per differenze retributive dirette ed indirette, la declaratoria di nullità/illegittimità del licenziamento con reintegrazione nel posto di lavoro e corresponsione di tutte le retribuzioni perdute dal licenziamento alla reintegra, la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a causa dell'illegittima installazione di una videocamera di sorveglianza senza previo concerto con le organizzazioni sindacali, in misura equitativa indicata come pari ad euro 25.000,00= ed infine condannare la convenuta al risarcimento di euro 8400,00= dovute ai minori introiti per cassa integrazione ed indennità di maternità derivanti dalla minore retribuzione dichiarata in luogo di quella dovuta; -che, costituendosi in giudizio, la convenuta, a sua volta, evidenziava quanto segue: I) la ricorrente aveva svolto, per i primi mesi, mansioni promiscue di “addetta alle corsie” nonché di “cassiera” con inquadramento nella categoria ###, mentre, far data dall'1 luglio 2019, era stata inquadrata in categoria ###, con il profilo professionale di “coordinatrice” (pur continuando ad esserle corrisposta l'indennità di cassa sino al novembre 2020); II) che il contratto collettivo applicabile non era quello utilizzato dalla ricorrente per i conteggi di ricorso (C.C.N.L. terziario) bensì il C.C.N.L. servizi ausiliari integrati (così come, fra l'altro, espressamente ex adverso riconosciuto nel ricorso introduttivo, in particolare alle pagine 34 e 35); III) che sulla base del contratto effettivamente applicato la ricorrente aveva percepito tutto quanto a lei spettante, comprese le somme dovute per il pagamento degli istituti collaterali e differiti nonché di eventuali straordinari, festività, permessi r.o.l e quant'altro previsto; IV) che il licenziamento della ricorrente era legittimo in quanto l'attività dell'impresa in ### era totalmente cessata sin da prima del suo collocamento in cassa integrazione (e che anzi ella era stata posta in cassa integrazione proprio per il suo rifiuto di trasferirsi in ### unica città nella quale la convenuta stessa conservava alcuni appalti) di talché, stante il menzionato rifiuto e la mancata prova dell'esistenza di posizioni alternative per il suo ricollocamento, non sussisteva possibilità alcuna di reimpiego; V) che la ricorrente non poteva ottenere alcun risarcimento del presunto danno non patrimoniale per la collocazione della cassaforte di cui alla narrativa attorea sopra riportata in quanto la stessa (oltre che essere stata installata prima dell'assunzione della ricorrente stessa) serviva esclusivamente alla sorveglianza della cassaforte presente nel locale; VI) che i conteggi erano palesemente errati in quanto redatti sulle tabelle di altro C.C.N.L. non applicabile al rapporto; VII) che il lavoro straordinario, laddove svolto, era stato regolarmente retribuito e che l'eventuale surplus andava rigorosamente dimostrato dalla ricorrente che, al riguardo, aveva articolato capitoli di prova generici ed inammissibili; VIII) che, quanto alle retribuzioni “dirette” la ricorrente aveva percepito somme addirittura superiori al dovuto, residuando a favore della resistente una somma complessiva pari ad euro 2218,75=, opposta espressamente in compensazione; -che, in conclusione, chiedeva la convenuta l'integrale rigetto del ricorso; -che, sentite le parti, fallita la conciliazione, escussi alcuni testi, dopo il deposito di note difensive scritte, all'odierna udienza la causa veniva decisa con la presente sentenza, della cui motivazione e del cui dispositivo si dava immediata lettura; OSSERVA: -che le prove documentali e testimoniali risultanti in atti hanno comprovato solo in parte gli assunti attorei; -che, nello specifico: A) differenze retributive: le emergenze istruttorie presentano un quadro probatorio confuso, contraddittorio e non supportato da adeguati elementi documentali, sicché le relative domande non possono essere accolte per i seguenti motivi: ###) nel redigere i conteggi inseriti nel ricorso la ricorrente ha utilizzato un contratto collettivo non applicato al rapporto, come esattamente osservato dalla parte convenuta, né ha ritenuto, in corso di causa, di emendare tale significativa anomalia; ###) quanto alle mansioni, la ricorrente rivendica il profilo di “coordinatrice”, come confermato anche in sede di interrogatorio libero, dove peraltro la stessa ha dichiarato di avere svolto tali mansioni dall'1 luglio 2019, riconoscendo quindi di avere svolto, per il periodo precedente, mansioni di rango inferiore (la stessa si è, in quella sede processuale, definita “vicedirettore”); senonché, dalle buste paga prodotte, si evince che, in sostanziale conformità con quanto dichiarato dalla ricorrente, quest'ultima è stata inquadrata, fino al 30 giugno nel livello ### e, dall'1 luglio successivo, nel livello ###, profilo professionale di “coordinatrice”, ovviamente con riferimento al contratto applicato e non al C.C.N.L. terziario; pertanto tale inquadramento non presenta difformità con gli elementi di fatto rappresentati dalla ricorrente, né, al riguardo, sono state svolte specifiche contestazioni; ###) quanto all'orario di lavoro, premesso che per costante giurisprudenza l'onere della prova sullo svolgimento di un orario diverso da quello contrattuale è a carico del lavoratore e deve essere assolta in modo rigoroso, va invece detto che nessun teste ha riferito in modo preciso sull'ingente quantità di lavoro straordinario indicata in premessa: le testi indicate da parte ricorrente (### e ### hanno sostanzialmente riferito dell'orario che esse svolgevano, affermando che la ricorrente era presente molto più di loro, ma senza poterlo affermare per conoscenza diretta (### e limitatamente alle volte in cui era presente, al di là del suo orario, poiché “studiava da vicedirettrice” (###, mentre i testi indotti da parte convenuta (### e ### hanno riferito, il primo, di aver incontrato la ricorrente soltanto nel limitato periodo terminale dell'apertura del punto vendita, che egli era stato incaricato di “accompagnare alla chiusura” ed il secondo, sia pure in modo molto dubitativo, che l'orario potesse essere quello indicato dalla parte convenuta (ossia dalle 8:30 alle 16:30 per non più di 40 ore settimanali); ###) per quanto l'orario da ultimo indicato sia superiore a quello contrattualmente previsto, va soggiunto che, dalle buste paga, si evince che, con una certa frequenza, sono registrati compensi a titolo di lavoro straordinario, non minimamente presi in considerazione nei conteggi (comunque errati per i motivi sopra detti) svolti dalla parte ricorrente, mentre vi sono evidenti contraddizioni tra i capitoli di prova indicati dalla stessa (già di per sé ai limiti dell'ammissibilità, indicando, tali capitoli, orari cumulativi settimanali di 50/60/70 ore, senza alcuna ripartizione in fasce orarie giornaliere) e quanto dalla ricorrente dichiarato in sede di interrogatorio libero (ossia di aver svolto pressoché costantemente circa 70 ore settimanali di lavoro) e, ancora, con la quantità non meglio chiarita di 40 ore mensili fisse ed invariabili indicata nei conteggi di parte (anche nei periodi di assenza dal lavoro per maternità o di collocamento in C.I.G.S.); ###) si ribadisce, in conclusione, che non solo non è stata fornita una prova rigorosa, ma nemmeno una prova quantomeno univoca e coerente, che la ricorrente osservasse un orario di lavoro diverso da quello contrattuale e/o che, nei casi in cui ciò potesse essere avvenuto, il lavoro straordinario non fosse compensato; ###) quanto appena osservato, vale anche per le mensilità indirette (in realtà la sola 13ª, poiché la 14ª per il contratto applicato non spetta), l'indennità sostitutiva delle ferie o dei permessi non goduti, in quanto non è stata data alcuna prova di effettive differenze rispetto a quanto documentalmente risultante dalle buste paga; ###) non risultando alcuna differenza retributiva, non può essere di conseguenza accolta neppure la domanda di condanna al pagamento di una maggior somma per errata indicazione delle retribuzioni ai fini del calcolo di indennità c.i.g.s. e di indennità di maternità; B) licenziamento: ###) è incontroverso che il licenziamento sia intervenuto prima del compimento dell'anno di vita del bambino; ###) come esattamente riportato dalla ricorrente, il licenziamento in tale intervallo di tempo è assolutamente vietato dall'art. 54, co. 1, del D.lgs. 151/2001 che così dispone: “Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal ### nonché fino al compimento di un anno di età del bambino”, salvo che ricorra una delle seguenti ipotesi (previste dal comma 3 della medesima norma di legge): a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro; b) di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta; c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine; d) di esito negativo della prova”; ###) nel caso, fuori discussione (a dire della ricorrente) che non si ricada, nemmeno teoricamente, nelle ipotesi di cui alle lettere a), c) e d), potrebbe essere presa in esame l'ipotesi di cui alla lettera b), riguardo alla quale va preliminarmente osservato che la costante giurisprudenza della S.C. (cfr., fra le ult.: Cass., ord., 20 maggio 2021, n.13861) ha radicalmente escluso che l'ipotesi possa estendersi per analogia (come invece si riteneva prima dell'entrata in vigore della normativa attualmente vigente) alla cessazione del ramo di azienda alla quale la lavoratrice era addetta al momento del licenziamento; ###) tuttavia, nella fattispecie, è la stessa convenuta che confessoriamente ammette che non vi è stata integrale cessazione dell'attività aziendale, in quanto, al momento del licenziamento, erano attivi appalti presso la città di ### tanto che la stessa lavoratrice viene ivi trasferita con decorrenza 18 febbraio 2022, come documentato con lettera inviata in data 15 febbraio 2022 (cfr. doc. 8 fasc. ric.); ###) orbene, come risulta documentalmente provato (cfr. doc. 9 fasc. ric.) la ricorrente, pur motivando al riguardo, ha espressamente ed inequivocamente rifiutato il detto trasferimento; per tutta risposta (come risulta dai documenti 14, 16 e 17 fasc. ric.) la convenuta ha proceduto al licenziamento della ricorrente per giustificato motivo oggettivo (soppressione del posto di lavoro); ###) peraltro, così motivato, il licenziamento non si sottrae alla censura di nullità in quanto adottato in violazione del divieto di licenziamento delle lavoratrici madri e non facente parte delle possibili deroghe ammesse come descritte al punto ###); ribadito quanto osservato al punto ### (inesistenza della integrale cessazione dell'attività aziendale) la convenuta ha infatti utilizzato una causale che non consente il suddetto licenziamento, laddove avrebbe dovuto, per procedere in modo legittimo, semmai contestare disciplinarmente la mancata accettazione del trasferimento e la mancata presa di servizio, potendosi in tal modo ritenere integrata l'ipotesi di cui al capo a) dell'art. 54 comma 3 d.lgs. 151\01, ma un tanto non ha fatto; ###) dalla nullità del licenziamento derivano, ex art. 2 d.lgs. 23\2015, la reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro e la condanna della convenuta al pagamento di tutte le retribuzioni perdute dal licenziamento alla reintegrazione, oltre contributi previdenziali ed assistenziali; C) risarcimento danni non patrimoniali per illegittima installazione di videocamera di sorveglianza: la domanda è palesemente infondata; concordemente i testi che hanno riferito in merito (e d'altronde un tanto si ricava anche dallo stesso corredo fotografico allegato dalla parte ricorrente) hanno dichiarato che la videocamera non era in alcun modo finalizzata a controlli sull'attività lavorativa dei dipendenti, bensì esclusivamente al controllo difensivo riguardante la tutela del bene aziendale “cassaforte” e, ovviamente, del suo contenuto; non solo ma il teste ### ha altresì riferito che la videocamera funzionava esclusivamente per il controllo in tempo reale e non aveva un meccanismo di memorizzazione, sicché non vi era alcun bisogno di concordarne l'installazione con le organizzazioni sindacali; -che, in conclusione, la domanda deve essere accolta nei limiti di cui in motivazione; -che l'accoglimento della domanda più importante (quella relativa alla nullità del licenziamento) ed il rigetto di quelle “minori” giustifica la compensazione per un terzo tra le parti delle spese di lite, con condanna della convenuta a rimborsare alla ricorrente i restanti due terzi due terzi, liquidati come da dispositivo; P.T.M.  -visto l'art. 429 c.p.c. e l'art. 2 d.lgs. 23\2015; -ogni diversa domanda, eccezione e deduzione respinta; -dichiara la nullità del licenziamento intimato alla ricorrente e ne ordina l'immediata reintegrazione nel posto di lavoro, con condanna della convenuta a corrispondere alla medesima una indennità risarcitoria in misura pari alle retribuzioni perdute dal licenziamento alla reintegrazione, oltre versamento dei contributi assistenziali e previdenziali; -compensa per un terzo tra le parti le spese del grado, con condanna della convenuta a rimborsare alla ricorrente -e per essa ai suoi difensori che si dichiarano antistatarii restanti due terzi, due terzi liquidati in complessivi euro 3000,00=, oltre spese forfettarie al 15% ed oltre iva e cpa. 
Così deciso in ### nella ### di Consiglio del 20 novembre 2023.   

Il Giudice
dott. ### RG n. ###/2022


causa n. 38845/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Cambria Ermanno

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Tribunale di Ivrea, Sentenza n. 183/2021 del 15-06-2021

... sanzionatoria, bensì protettiva. La norma in tema di licenziamento discriminatorio, infatti, non vuole punire il datore di lavoro, ma vuole proteggere il lavoratore affetto da disabilità evitando che un dato effetto si produca. Di qui la natura oggettiva della nozione di discriminazione sopra ricordata. In tale ottica diventa del tutto ininfluente ai fini del giudizio in ordine alla legittimità del licenziamento l'elemento soggettivo del datore di lavoro. ### parte anche il divieto di licenziare la donna durante il periodo di gravidanza opera oggettivamente e il licenziamento irrogato in tale arco temporale è nullo a prescindere dall'effettiva conoscenza della maternità da parte del datore di lavoro. Nemmeno poi può dirsi che, in analogia a quanto previsto per il casi di ### deve configurarsi un onere del lavoratore di comunicare quando l'assenza è connessa allo stato di disabilità, pena l'impossibilità di escludere tali assenze dal comporto. Così argomentando, infatti, si riduce in via interpretativa l'ambito di tutele riconosciute dall'ordinamento al lavoratore disabile. Analogamente non può dirsi che la presenza di plurime disposizioni in tema di comporto, con periodi (leggi tutto)...

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Tribunale di ### civile - lavoro RGL n. 63/2021 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI IVREA SEZIONE CIVILE - ### in persona del Giudice dott.ssa ### D'### ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 1 comma 57 L. 28/6/2012 n. 92 nella causa iscritta al n. 63/2021 RGL, promossa da: #### c.f. ###, ass. avv. ### PARTE RICORRENTE contro ### c.f. ###, ass. avv.ti ### e #### Oggetto: ###. 92/2012 cd. ### di discussione del 4 giugno 2021 ### parte ricorrente: come in ricorso Per parte convenuta: come in memoria MOTIVI DELLA DECISIONE 1. ###mec s.r.l. proponeva la presente opposizione avverso l'ordinanza resa dal Tribunale di Ivrea in data 20 gennaio 2021 con la quale il Tribunale dichiarava discriminatorio il licenziamento irrogato in data 2 ottobre 2021 al signor ### condannando la società alla reintegra del lavoratore e al pagamento delle indennità di legge.  2. Il signor ### veniva assunto dall'odierna ricorrente in data 1 settembre 1999 con contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, mansioni di operaio e inquadramento
Tribunale di ### civile - lavoro RGL n. 63/2021 nel III livello ### di settore. Nel corso della sua carriera lavorativa questi cambiava diversi reparti e, secondo le allegazioni del lavoratore, veniva adibito a mansioni particolarmente usuranti le quali determinavano l'insorgenza di forti dolori alla schiena e all'anca a partire dall'anno 2017. 
I successivi accertamenti medici diagnosticavano una lombalgia, una dorsalgia e un adenoma alla prostata. In ragione delle patologie sofferte, l'### riconosceva in capo al lavoratore un'invalidità del 70%. Successivamente l'### accertava la natura di tecnopatia della “rachialgia e impaccio funzionale in discopatia lombare in soggetto portatore di plurimi angiomi vertebrali” sofferta e quantificava il danno biologico conseguente nella misura del 7%. Da ultimo il medico aziendale, constatata la complessiva situazione clinica, disponeva che il signor ### fosse adibito a lavori leggeri. 
Negli ultimi anni, le precarie condizioni di salute sopra descritte costringevano il lavoratore ad assentarsi ripetutamente; infine, in data 2 ottobre 2019, Ro.mec comunicava la propria volontà di recedere la rapporto di lavoro per superamento del periodo di comporto.  3. Il lavoratore impugnava, dunque, il licenziamento ritenendolo illegittimo per una serie di motivi. 
In primo luogo lamentava la natura discriminatoria dello stesso in ragione del fatto che gran parte delle assenze erano riconducibili a patologie strettamente connesse all'accertata invalidità. Inoltre, rilevava come la società lo avesse sempre adibito a lavorazioni pesanti e incompatibili con il suo stato di salute, nonostante le prescrizioni del medico aziendale, con la conseguenza che i giorni di malattia maturati non erano comunque utili ai fini della maturazione del comporto. Lamentava, poi, la nullità del licenziamento in ragione della mancata attivazione della procedura di conciliazione prevista obbligatoriamente dall'art. 7 L 604/1966. In ogni caso deduceva il mancato superamento del comporto poiché, nel caso di specie, avrebbe trovato applicazione il comporto prolungato di cui all'art. 2, titolo VI, ### Infine, lamentava l'illegittimità del recesso datoriale per la violazione del principio di buona fede atteso che il datore di lavoro non si era fatto carico di avvertire il lavoratore della prossima scadenza del periodo di comporto.  4. Ro.mec. si costituiva tempestivamente in giudizio difendendo la piena legittimità e correttezza del proprio operato. Da un lato, infatti, deduceva di aver sempre adibito il ricorrente a mansioni confacenti al suo stato di salute, e nel pieno rispetto delle limitazioni imposte dal medico aziendale all'esito della visita del 17.1.2018; dall'altro sosteneva la natura extralavorativa delle patologie sofferte con la conseguenza che tutte le assenze fatte erano rilevanti ai fini del comporto. Negava, poi, la natura discriminatoria del licenziamento atteso che il datore di lavoro era all'oscuro delle patologie sofferte. Infine, negava di avere qualsiasi obbligo di avvertire il lavoratore della prossima scadenza del comporto osservando come, in ogni caso, la società vi avesse provveduto.  5. Il Tribunale di Ivrea, con ordinanza del 20 gennaio 2021, accoglieva il ricorso del lavoratore. 
Il ragionamento del primo giudice, prendeva abbrivio dalla nozione di disabilità mutuata dall'ordinamento comunitario per concludere che l'invalidità che affliggeva il ricorrente si traduceva, senza ombra di dubbio, in una limitazione fisica a carattere duraturo che ne ostacolava la piena ed effettiva partecipazione alla vita professionale in condizioni di parità con gli altri
Tribunale di ### civile - lavoro RGL n. 63/2021 lavoratori; conseguentemente, il ricorrente doveva essere qualificato persona con disabilità ex art. 1 ss. d.lgs. 21/2003. 
Dato tale presupposto, il giudice richiamava quell'orientamento giurisprudenziale che qualifica discriminazione indiretta l'applicazione del medesimo periodo di comporto tanto ai lavoratori normodotati quanto a quelli disabili atteso che, questi ultimi, sono maggiormente esposti al rischio di contrarre patologie causalmente collegate con la loro disabilità; una disposizione apparentemente neutra, dunque, nella sua concreta applicazione pone i lavorati disabili in una condizione di particolare svantaggio rispetto ai colleghi non affetti da alcuna menomazione. 
Applicati tali principi al caso di specie, il giudice concludeva per la natura discriminatoria del licenziamento atteso che era provato che l'assenza dall'11 al 14 gennaio 2018 era stata determinata dall'adenoma alla prostata con la conseguenza che tale periodo non poteva essere considerato ai fini del superamento del comporto, in quanto l'assenza era eziologicamente connessa all'accertata disabilità. Ora, considerato che il signor ### era stato licenziato per aver accumulato 367 giorni di assenze nell'arco dei tre anni precedenti a fronte dei 365 giorni previsti per il comporto, ne conseguiva che - sottratti i giorni dall'11 al 14 gennaio - il comporto non risultava superato. A ciò il giudice aggiungeva come l'esame dei documenti medici prodotti svelava che gran parte delle assenze fossero conseguenza di lombalgie e dorsalgie, ovvero di patologie strettamente connesse allo stato di invalidità.  6. ### e approfondita motivazione resa a definizione della prima fase, è condivisa da questo giudice che la richiama e fa propria ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c.; pertanto, non si indugia oltre sulle questioni già trattate e decise dal primo giudice e si procede ad esporre i motivi per i quali non si reputano fondate le pur pregevoli e suggestive tesi proposte dalla difesa di Ro.mec. e volte a censurare la correttezza dell'ordinanza in questa sede ###primo luogo Ro.mec nega ogni possibilità di ravvisare in capo a sè una condotta discriminatoria in ragione del fatto che il datore di lavoro non è a conoscenza della diagnosi; pertanto, non conoscendo la natura della patologia, è in radice esclusa la possibilità che il datore di lavoro sia mosso da un intento discriminatorio. 
A tale osservazione si obietta che la nozione di discriminazione accolta dall'ordinamento ha natura oggettiva e prescinde totalmente dall'intento soggettivo del datore di lavoro; non importa, cioè, se il datore abbia agito con l'intento di discriminare il disabile, ma rileva solo il fatto che questi - in ragione della sua disabilità - si sia trovato in una condizione di svantaggio rispetto ai colleghi normodotati. E ciò è quanto è accaduto nel caso di specie; il signor ### è affetto da una disabilità cui si ricollega una maggiore probabilità rispetto al lavoratore sano di incorrere in eventi morbosi quali lombalgie e sciatalgie eziologicamente collegate all'adenoma prostatico. Pertanto, applicare il medesimo periodo di comporto tanto a lui quanto ai colleghi non affetti da alcuna disabilità pone il primo in una posizione deteriore rispetto ai secondi. 
In secondo luogo la difesa della società, sempre basandosi sulla circostanza della non conoscenza da parte del datore di lavoro della diagnosi, argomenta in ordine all'impossibilità di sanzionare il datore di lavoro per una condotta che non poteva essere diversa da quella assunta; Ro.mec, infatti,
Tribunale di ### civile - lavoro RGL n. 63/2021 non essendo a conoscenza della patologia cui era riconnessa l'assenza, si trovava nell'impossibilità di fare qualsiasi differenziazione tra le diverse giornate di assenza accumulate. 
Anche detta tesi, sebbene suggestiva, non può essere accolta. Il diritto antidiscriminatorio, infatti, non agisce in ottica sanzionatoria, bensì protettiva. La norma in tema di licenziamento discriminatorio, infatti, non vuole punire il datore di lavoro, ma vuole proteggere il lavoratore affetto da disabilità evitando che un dato effetto si produca. Di qui la natura oggettiva della nozione di discriminazione sopra ricordata. In tale ottica diventa del tutto ininfluente ai fini del giudizio in ordine alla legittimità del licenziamento l'elemento soggettivo del datore di lavoro.  ### parte anche il divieto di licenziare la donna durante il periodo di gravidanza opera oggettivamente e il licenziamento irrogato in tale arco temporale è nullo a prescindere dall'effettiva conoscenza della maternità da parte del datore di lavoro. 
Nemmeno poi può dirsi che, in analogia a quanto previsto per il casi di ### deve configurarsi un onere del lavoratore di comunicare quando l'assenza è connessa allo stato di disabilità, pena l'impossibilità di escludere tali assenze dal comporto. Così argomentando, infatti, si riduce in via interpretativa l'ambito di tutele riconosciute dall'ordinamento al lavoratore disabile. 
Analogamente non può dirsi che la presenza di plurime disposizioni in tema di comporto, con periodi diversificati in ragione della gravità della patologia, esclude in radice la possibilità di configurare una discriminazione ai danni del disabile. Sul punto è sufficiente osservare che il signor ### non si è potuto giovare di alcuna di tali disposizioni; al più, pertanto, le stesse potrebbero assumere rilievo in una controversia in cui il lavoratore abbia goduto di tale diverso trattamento. 
Inoltre, non possono essere considerati ai fini che qui rilevano i permessi per cure e i permessi ex L 104/1992. Il diritto ad usufruire di tali permessi, infatti, è legato a determinati presupposti, quali la necessità di usufruire di cure ovvero di ridurre il tempo di permanenza sul luogo di lavoro, che non incidono e non compensano il maggiore rischio di ammalarsi. 
Da ultimo la società, in sede di discussione, ha negato che l'espunzione dal periodo di comporto di tutti i giorni di assenza legati all'accertata disabilità possa rientrare tra quegli accomodamenti ragionevoli che il datore di lavoro è tenuto ad adottare, attesi i costi finanziari e organizzativi che il datore di lavoro sarebbe tenuto a sopportare. In ordine a quest'ultimo rilievo, il giudice osserva che il giudizio sulla ragionevolezza o meno dell'accomodamento deve essere svolto con riferimento al caso specifico; Ro.mec, dunque, avrebbe dovuto allegare e provare che la neutralizzazione di tutti i giorni di assenza riconnessi alla disabilità del signor ### si tradurrebbe in un costo organizzativo o economico sproporzionato per Ro.mec atteso che la ricorrenza degli episodi morbili è tale da privare - di fatto - a tempo indeterminato il datore di lavoro della prestazione lavorativa del suo dipendente. Ciò, però, non è stato fatto; la società, infatti, ha limitato il suo discorso - che questo giudice ritiene meritevole di grande attenzione - ad un piano meramente astratto e ipotetico. 
Conseguentemente anche tale argomentazione deve essere giudicata infondata. 
In ragione di quanto sopra esposto, il ricorso in opposizione deve essere rigettato e deve essere conferma la decisione resa a definizione della prima fase in punto nullità del licenziamento. Tutte le altre questioni rimangono assorbite.
Tribunale di ### civile - lavoro RGL n. 63/2021 8. La complessità della questione giuridica trattata, la presenza di diversi orientamenti e l'oggettiva difficoltà del datore di lavoro nell'assumere determinazioni corrette in ordine all'avvenuta maturazione del periodo di comporto, giustificano la compensazione integrale delle spese di entrambe le fasi del giudizio.  P.Q.M.  Visto l'art. 429 c.p.c., ogni altra domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa: - Conferma l'ordinanza resa dal Tribunale di Ivrea in data 20 gennaio 2021 in punto legittimità del licenziamento e per l'effetto - dichiara nullo il licenziamento intimato al sig. ### con lettera del 2.10.2019 in quanto discriminatorio; - ordina a ### s.r.l. di reintegrare il sig. ### nel posto di lavoro; - condannala ### s.r.l. al risarcimento del danno subito dal sig. ### per il licenziamento nullo, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto (pari ad €2.471,19lordi mensili) maturata dal 2.10.2019 fino al giorno della effettiva reintegrazione, oltre agli interessi al tasso legale sulle singole mensilità via via rivalutate dalle date delle singole scadenze al saldo; - condanna ### s.r.l. al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dovuti con riferimento alla posizione del sig. ### in relazione al periodo compreso tra il ### e la data della effettiva reintegrazione; - compensa integralmente tra le parti le spese di entrambe le fasi del giudizio. 
Così deciso in ### il 15 giugno 2021 Il giudice ### D'

causa n. 63/2021 R.G. - Giudice/firmatari: D'Amelio Magda

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Corte d'Appello di Roma, Sentenza n. 2603/2025 del 15-07-2025

... confronti di ### S.p.A. dichiararsi l'illegittimità del licenziamento disciplinare allo stesso intimato dalla società in data ###, con domanda di immediata reintegra nel posto di lavoro presso ### nonché di pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino alla effettiva reintegrazione o, in subordine, sempre con dichiarazione dell'illegittimità del licenziamento per sproporzione rispetto ai fatti contestati, la condanna della società al pagamento dell'indennità risarcitoria nella misura massima prevista per legge o ritenuta di giustizia. 2.Si è costituita in primo grado la società resistente con comparsa chiedendo il rigetto del ricorso e spiegando domanda riconvenzionale, con la quale ha chiesto la condanna del ricorrente alla restituzione della somma di € 59.594,14, come da conteggi ivi riportati, a titolo di retribuzione corrisposta al signor ### dal gennaio 2020 al 23.6.2021 e di quota eccedente l'indennità di malattia a carico dell'### allo stesso erogata dal 24.6.2021 all'11.5.2022, giorno del licenziamento (nonché di contribuzione ### ed ### versata nel predetto periodo e di quota parte del TFR (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Corte ### di Roma II SEZIONE LAVORO La Corte nelle persone dei seguenti magistrati: Dott.ssa ###ssa ###ssa ### rel.  nella causa civile di ### iscritta al n. R.G. 1225/2024 a seguito di trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c., in sostituzione dell'udienza del 15/07/2025, all'esito della camera di consiglio, ha pronunciato la seguente ### tra ### rappresentato e difeso dall'Avv. ### - ### - e ### S.p.A., rappresentata e difesa dall'Avv. ### - ### OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma, sez. lavoro 4206/2024 pubblicata in data ###.  ###: come da scritti in atti ### E ### 1. Con l'originario ricorso ### ha adito il Tribunale di Roma, in funzione di Giudice del ### chiedendo nei confronti di ### S.p.A.  dichiararsi l'illegittimità del licenziamento disciplinare allo stesso intimato dalla società in data ###, con domanda di immediata reintegra nel posto di lavoro presso ### nonché di pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino alla effettiva reintegrazione o, in subordine, sempre con dichiarazione dell'illegittimità del licenziamento per sproporzione rispetto ai fatti contestati, la condanna della società al pagamento dell'indennità risarcitoria nella misura massima prevista per legge o ritenuta di giustizia.  2.Si è costituita in primo grado la società resistente con comparsa chiedendo il rigetto del ricorso e spiegando domanda riconvenzionale, con la quale ha chiesto la condanna del ricorrente alla restituzione della somma di € 59.594,14, come da conteggi ivi riportati, a titolo di retribuzione corrisposta al signor ### dal gennaio 2020 al 23.6.2021 e di quota eccedente l'indennità di malattia a carico dell'### allo stesso erogata dal 24.6.2021 all'11.5.2022, giorno del licenziamento (nonché di contribuzione ### ed ### versata nel predetto periodo e di quota parte del TFR accantonato). 
Ha dedotto in fatto la società - quanto alla domanda riconvenzionale - che il dipendente ### aveva percepito indebitamente la retribuzione e l'indennità di malattia dal gennaio 2020 all'11/05/2022; che, infatti, lo stesso era stato sospeso in via cautelare dall'attività lavorativa, con garanzia della retribuzione, con nota del 24.2.2020 - in attesa degli esiti degli accertamenti medico-legali disposti dalla ### 2, a seguito di richiesta della società di accertamenti dell'inidoneità lavorativa del dipendente -; che all'esito di tali accertamenti l'UOS di medicina legale della ### 2 trasmetteva il verbale di visita medico collegiale recante il giudizio di temporanea inidoneità del signor ### peer mesi 18 - a partire dal 23.12.2019 - e che, conseguentemente, la società prorogava la sospensione del lavoratore dall'attività lavorativa fino al 23.6.2021, sempre con la garanzia della retribuzione; che, successivamente, pervenivano alla società numerosi certificati di ricovero del signor ### dalla ### “
Medicini” e che, quindi, cessato il periodo di esonero dall'attività lavorativa basato sul giudizio di temporanea inidoneità del ###, il lavoratore veniva considerato assente giustificato in virtù delle comunicazioni sanitarie prevenienti dalla ### di essere venuta a conoscenza solo in data ### - a seguito di trasmissione del provvedimento del ### di ### di ### del 3.5.2021 e del Tribunale del 31.12.2021 da parte del legale del ### - che dal gennaio 2020 al settembre 2020 quest'ultimo era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere, che con sentenza del GIP del Tribunale di ### del 14.9.2020 il medesimo era stato prosciolto dal delitto di maltrattamenti per vizio di mente e sottoposto alla misura della libertà vigilata e che dal 3.10.2020, dopo la scarcerazione, lo stesso era stato allocato dal DSM presso la struttura terapeutica “### Medicini”; che il ### di ### aveva convalidato la misura di sicurezza della libertà vigilata per un anno (con obbligo di dimora presso la struttura terapeutica e divieto di allontanarsi senza la preventiva autorizzazione del ### di ### e con obbligo di firma settimanale presso la ### dei ### e che il Tribunale di ### con ordinanza del 3.12.2021, aveva confermato l'ordinanza del 31.5.2021 del MS di ### e, a parziale modifica della stessa, autorizzato il ### ad uscire ogni giorno da ### per due ore la mattina e due il pomeriggio, in orario da concordare con il responsabile della comunità a seconda delle esigenze del libero vigilato e del progetto terapeutico; di essere stata così indotta nell'errore di non poter ricorrere alla sospensione necessaria dal lavoro e dalla retribuzione, stante l'impossibilità oggettiva del dipendente a svolgere la prestazione lavorativa nel periodo indicato, scaturita dalla sua custodia cautelare in carcere (da gennaio a settembre 2020) e, successivamente, dall'obbligo di dimora con divieto di allontanamento (da ottobre 2020 in poi), misure imposte dalla magistratura penale; che qualora il datore di lavoro fosse stato a conoscenza di tali restrizioni, avrebbe applicato la sospensione necessaria dal lavoro e dalla retribuzione; a tal proposito, richiamava la giurisprudenza consolidata di legittimità che stabilisce come lo stato di privazione della libertà personale del lavoratore che impedisce la prestazione configuri una causa di sospensione necessaria del rapporto senza diritto alla retribuzione (Cass. n. 17099/2017, n. 9095/2020, 24047/2015).  3. Il Tribunale di ### rilevato all'udienza del 10.7.2023 che la domanda avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento doveva essere proposta con il ### e separate le cause, ha rinviato con il rito ordinario la decisione sulla sola domanda riconvenzionale e, all'udienza del 9.4.2024, con la sentenza in epigrafe, in accoglimento di tale domanda, ha condannato il ### alla restituzione in favore della ### S.p.A.  della somma di € 59.594,14. 
Ha evidenziato il primo giudice che, sulla base dell'orientamento consolidato della Corte di Cassazione ivi richiamato, le misure coercitive cui era stato sottoposto il ricorrente costituivano cause sospensive della prestazione lavorativa autonome e prevalenti su eventuali cause concorrenti che escludevano, in ogni caso, il diritto alla retribuzione ed alla indennità di malattia, essendo pacifico che il signor ### dal gennaio al settembre 2020 era stato sottoposto alla custodia cautelare in carcere e, successivamente, alla misura della libertà vigilata con obbligo di permanenza e cura presso ### (misura confermata dal Tribunale di ### pur se autorizzando il ricorrente all'uscita due ore di mattina e due di pomeriggio), con conseguente condanna dello stesso alla restituzione della complessiva somma di € 59.594,14, come da conteggi in atti, non specificamente contestati.  4.### ha interposto appello censurando la sentenza di prime cure sulla base di un unico motivo di gravame rubricato “### arbitraria ed illegittima valutazione dei fatti di causa”, con il quale impugna la decisione che ha accolto la domanda riconvenzionale della società, ritenendola erronea; ha dedotto l'appellante che il Tribunale avrebbe mal interpretato la causa delle sue assenze (gennaio 2020 - maggio 2022), attribuendole alle misure coercitive della libertà personale anziché alla sua malattia (disturbo bipolare), che era preesistente all'inizio della vicenda penale (gennaio 2020), tenuto conto che la ASL di ### 2 aveva dichiarato lo stesso temporaneamente non idoneo al lavoro per 18 mesi a far tempo dal 23.12.2019 e che quindi, la malattia era stata la causa primaria di impedimento allo svolgimento della prestazione lavorativa (oltre che la causa primaria della vicenda penale) e che, in ogni caso, la giurisprudenza richiamata dal Tribunale non sarebbe confacente a caso di specie, in quanto afferente alla carcerazione preventiva o custodia cautelare. 
Conclude chiedendo il rigetto integrale della domanda riconvenzionale avanzata da ### S.p.A. in primo grado o, in subordine, la limitazione dell'obbligo di restituzione al solo periodo della custodia cautelare, ossia dal gennaio 2020 sino all'ottobre 2020.  5. Si è costituita ### S.p.A. chiedendo il rigetto dell'appello.  6. All'esito della trattazione scritta e del deposito delle note, la causa stata decisa come da motivazione e dispositivo che seguono.  ***************  7. ### non merita accoglimento per le ragioni che seguono.  8. La questione da dirimere oggetto del presente giudizio attiene alla prevalenza della causa che ha determinato l'assenza del lavoratore dalla prestazione e, conseguentemente, il diritto o meno dello stesso alla retribuzione ed alla indennità di malattia.  ### rileva che l'orientamento giurisprudenziale consolidato, più volte ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione, è uniforme nel ritenere che lo stato restrittivo della libertà personale del dipendente comporti la perdita del diritto alla retribuzione per il periodo in cui esso si protrae (v. 
Cass. ord. n. 9095 del 2020; Cass. ord. n. 17099 del 2017, Cass. sent.  24047 del 2015, Cass. sent. n.18528/2011, Cass. n.15941/2013). 
Ciò è dovuto all'oggettiva impossibilità del soggetto di lavorare, non rientrando tale ipotesi tra quelle tassativamente previste dall'art. 2110 (infortunio, malattia, gravidanza e puerperio), per le quali è garantito il diritto alla retribuzione. 
Ha affermato, invero, al riguardo il ### che “Lo stato di carcerazione preventiva (o di custodia cautelare) del lavoratore subordinato - che, non rientrando tra le ipotesi, tutelate dalla legge, di impossibilità temporanea della prestazione, quale la malattia e le altre situazioni contemplate dall'art. 2110 cod. civ., comporta la perdita del diritto alla retribuzione per tutto il tempo in cui si protrae la carcerazione medesima - analogamente determina la cessazione del trattamento di integrazione salariale a carico della C.i.G. cui sia stato ammesso il lavoratore medesimo, trattamento che, per il fatto di sostituirsi alla retribuzione altrimenti dovuta dal datore di lavoro, presuppone la spettanza di questa; senza che possa operare il principio della cosiddetta priorità della causa sospensiva della prestazione lavorativa, secondo il quale si considera prevalente ai fini del trattamento retributivo la causa verificatasi prima, atteso che esso si riferisce unicamente alle suddette cause legali di sospensione con diritto alla retribuzione” (Cass, sent. n. 10087 del 1990, nello stesso senso Cass. sent.  n. 18528 del 2011). 
Priva di pregio, quindi, è l'argomentazione dell'appellante in punto di preesistenza del proprio stato di malattia rispetto alla vicenda penale, tenuto conto che nella fattispecie in esame non opera il criterio della priorità della causa sospensiva della prestazione lavorativa, secondo la quale si considera prevalente ai fini del trattamento retributivo quella verificatasi prima, trovando tale regola applicazione alle sole causa legali di sospensione tutelate dalla legge, con diritto alla retribuzione. 
Né rileva la circostanza, pure evidenziata dall'appellante, che le pronunce della Suprema Corte richiamate dal Tribunale sono relative alla “carcerazione preventiva (o di custodia cautelare)”, tenuto conto che il giudice di legittimità ha fatto ivi applicazione del principio generale secondo il quale in assenza di una specifica disciplina più favorevole, quando il prestatore non adempia all'obbligazione principale della prestazione lavorativa non per colpa del datore di lavoro, a questi non può essere carico dell'adempimento dell'obbligazione retributiva, come per ogni caso di assenza ingiustificata (o non validamente giustificata) dal lavoro (v.  ord. n. 9095 del 2020, relativa peraltro a fattispecie in cui il lavoratore era destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari). 
Si riporta, in particolare, stralcio dell'ordinanza n. 17099 del 2017 in cui il giudice di legittimità ha affermato che: “….. 5. che il Collegio ritiene che il ricorso deve essere rigettato perché la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui "Lo stato di custodia cautelare in carcere, con conseguente assoluta impossibilità di rendere la prestazione lavorativa, costituisce una autonoma causa di esclusione del diritto alla retribuzione per il periodo di detenzione, che si sovrappone alla sospensione cautelare disposta dal datore di lavoro per cui opera l'art. 97, comma 1, del d.P.R.  3 del 1957, e, in assenza di una specifica disciplina più favorevole, consegue dal principio generale secondo cui, quando il prestatore non adempia all'obbligazione principale della prestazione lavorativa non per colpa del datore di lavoro, a questi non può essere fatto carico dell'adempimento dell'obbligazione retributiva, come per ogni caso di assenza ingiustificata (o non validamente giustificata) dal lavoro. In detta ipotesi, infatti, la perdita della retribuzione si riconnette ad un provvedimento di sospensione cautelare obbligatoria, necessitato dallo stato restrittivo della libertà personale del dipendente, e non, invece, ad un comportamento volontario ed unilateralmente assunto dal datore di lavoro pubblico, come nell'ipotesi di sospensione facoltativa in pendenza del procedimento penale od anche solo disciplinare" (Cass. 20321/2016, pronunziata in fattispecie sovrapponibile a quella in esame, e Cass. 24047/2015, 11391/2014, 15941/2013, 18528/2011, 19169/2006, 3209/2008, 10087/1990); 6. che a dette conclusioni questa Corte è pervenuta osservando che siffatta conseguenza deriva dal principio generale secondo cui, quando il prestatore non adempia all'obbligazione principale della prestazione lavorativa non per colpa del datore di lavoro, a questi non può essere fatto carico dell'adempimento dell'obbligazione di corresponsione della retribuzione, così come per ogni caso di assenza ingiustificata (o non validamente giustificata) dal lavoro;” Il fatto storico della sottoposizione a misure coercitive della libertà personale, con conseguente impossibilità di rendere la prestazione lavorativa, costituisce, quindi, una autonoma causa di esclusione del diritto alla retribuzione.  9. Applicando tali principi al caso in esame - pacifica la sottoposizione del signor ### a misure restrittive della libertà personale (custodia cautelare in carcere dal gennaio al settembre 2020 e, successivamente, da ottobre 2020 e fino all'11 maggio 2022, data di risoluzione del rapporto, la libertà vigilata con obbligo di permanenza presso una struttura terapeutica, con autorizzazione ad uscire ogni giorno per due ore la mattina e due il pomeriggio, in orario da concordare con il responsabile della comunità a seconda delle esigenze del libero vigilato e del progetto terapeutico) e la conseguente impossibilità dello stesso di rendere la prestazione lavorativa non per colpa del datore di lavoro - l'appello deve essere respinto e la sentenza impugnata confermata, costituendo le predette misure limitative della libertà personale causa autonome e prevalenti, su eventuali altre cause concorrenti, di sospensione della prestazione lavorativa, inclusa la patologia medica preesistente.  10.Le spese di lite - liquidate come in dispositivo - seguono le regole della soccombenza.  11.Deve, infine, darsi atto che sussistono le condizioni oggettive richieste dall'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115/2002 per il versamento dell'ulteriore importo del contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione P.Q.M.  - Rigetta l'appello; - Condanna l'appellante alla rifusione delle spese di lite, liquidate in € 3.500,00, oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%; - Dà atto che sussistono le condizioni oggettive richieste dall'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115/2002 per il versamento dell'ulteriore importo del contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione.  ### 15/07/2025 ### est.

causa n. 1225/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Donatella Casablanca, Valente Maria Vittoria

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Tribunale di Napoli Nord, Sentenza n. 2484/2025 del 04-06-2025

... lavoro, aveva subito due interruzioni spontanee di gravidanza. Tutto ciò premesso ed allegato in fatto, la ricorrente ha precisato che soltanto in ragione dell'illecita condotta datoriale che aveva comportato un irreversibile perdurare della malattia, era stato superato del periodo di conservazione del posto di lavoro contrattualmente stabilito in 180 giorni nell'anno solare (art. 186 CCNL commercio), che è risultata poi la motivazione del licenziamento formalmente adottato nei suoi confronti. Nel costituirsi, tutte le resistenti eccetto la società formale datrice di lavoro (### s.p.a.) hanno dedotto la nullità del ricorso per genericità e la loro carenza di legittimazione passiva, per non aver mai intrattenuto rapporti di lavoro con la ricorrente. La resistente ### s.r.l. è restata contumace. La resistente ### metano s.p.a. ha dedotto che la ricorrente nello svolgimento delle proprie mansioni aveva beneficiato di un adeguato supporto costituito da due risorse lavorative. La resistente ha dedotto come la ricorrente abbia sempre e solo lavorato per la ### e solo per motivi legati ad esigenze della propria datrice di lavoro, che svolgeva in appalto servizi amministrativi anche nei (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI NORD Il Tribunale di ### - sezione lavoro e previdenza - in persona del giudice, dott.  ### a seguito di deposito di note di trattazione scritta ex art.127 ter cpc, sostitutive dell'udienza del 22.5.25, ha emesso la seguente ### causa iscritta al n. 7402/23 RG avente ad #### vertente TRA ### rapp.ta e difesa dagli Avv.ti ### e ### contro ### S.p.a. in persona del legale rapp.te, rapp.ta e difesa dall'avv.to ### e luce s.r.l., in persona del legale rapp.te, difesa dall'avv. ### s.c.arl, in persona del legale rapp.te, difesa dall'avv.to ### energy group s.r.l., in persona del legale rapp.te, difesa dall'avv.to ### E #### S.p.a., in persona del legale rapp.te, difesa dall'avv.to ### s.r.l., in persona del legale rapp.te, difesa dall'avv.to #### energia s.r.l., in persona del legale rapp.te, difesa dall'avv.to ### in persona del legale rapp.te, difesa dall'avv.to #### s.r.l., in persona del legale rapp.te, resistente ### parte ricorrente: previo accertamento e declaratoria dell'esistenza di un collegamento economico-funzionale tra le società resistente, tali da essere un unico centro di imputazione dei rapporti lavorativi, dichiarazione della invalidità ed inefficacia del licenziamento intimato in data ### per superamento del periodo di comporto per insussistenza del fatto; condanna delle resistenti alla reintegra nella posizione lavorativa nonchè al pagamento, anche a titolo risarcitorio, delle retribuzioni nella misura di 12 mensilità, oltre rivalutazione ed interessi ed alla ricostruzione della posizione contributiva; in via subordinata, condanna delle resistenti in solido al pagamento di una indennità risarcitoria nella misura di 24 mensilità ### di spese con attribuzione.   Per parti resistenti : ### della domanda. Difetto di legittimazione passiva.  ### di spese.  MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso del 18.6.2023 la ricorrente in epigrafe ha impugnato il licenziamento intimatogli in data ### in ragione della assenza dal posto di lavoro, a seguito di malattia, in misura eccedente il periodo di comporto.
Ha premesso in fatto di essere stata assunta dalla resistente ### s.p.a. in data ### con mansioni di direttore amministrativo finanza e controllo, inquadrata, a seguito del periodo di prova, nel livello Q - ### ma di aver lavorato, oltre che per la società ### formale datrice di lavoro, facente parte di ### anche per le altre società convenute (### S.R.L., #### S.R.L., PIÙ ### S.R.L., ### & ### S.R.L., #### S.r.l., ### S.C. ###.L, ### S.r.l., nonché la ### S.p.A.), con il medesimo ruolo e mansioni svolte per ### s.r.l. 
La ricorrente ha allegato i seguenti fatti volti a dimostrare che tra le aziende convenute sussisterebbe un evidente collegamento ed un unico centro di imputazione dei rapporti: 1. i legami di tipo familiare intercorrenti tra i legali rappresentanti delle società, 2. dal collegamento economico e funzionale tra loro esistente, ed invero la ### S.p.A. detiene il 50% del capitale sociale della #### S.r.l., il 70% del capitale sociale della ### S.p.a.; mentre la ### S.r.l.  detiene il 100% del capitale sociale della ### S.r.l., il 50% del capitale sociale della ### S.r.l., il 50% del capitale sociale della ### S.r.l., il 100% del capitale della ### S.p.a. ed il 90% del capitale sociale della ### S.C. A.R.L. (cfr. doc. 4).  3. ###à di sede delle società ### metano s.p.a., ### s.r.l. e ### group s.r.l. 
La ricorrente ha allegato di poter dimostrare in modo documentale lo svolgimento della propria attività lavorativa dal 2015 al 2020 per tutte le società convenute, allegando la corrispondenza elettronica riferibile ai seguenti account di posta elettronica assegnati alla ricorrente nel corso dell'intero rapporto di lavoro : - ###, in uso dal gennaio 2015 ad agosto 2018; - ### in uso da agosto 2018 ad agosto 2020; - ### in uso da gennaio 2015 ad agosto 2019; - ### in uso da gennaio 2015 ad agosto 2018. 
La ricorrente ha allegato che nonostante lo svolgimento delle attività elencate in ricorso dalle pagg. 2-12, nessuna risorsa umana era stata destinata al suo supporto, nonostante l'espressa richiesta ripetutamente formulata in occasione delle riunioni periodiche con i vertici aziendali. 
La ricorrente ha allegato che a seguito dello svolgimento delle attività elencate in favore di tutte le società del gruppo e dell'assenza di un adeguato supporto, in ragione anche della durata della prestazione lavorativa giornaliera, la prestazione lavorativa aveva assunto i caratteri della gravosità ed usura personale.   La ricorrente ha allegato di essersi assentata dal lavoro dal 18 giugno 2018 al 18 novembre 2018 per astensione obbligatoria per maternità. 
Ha allegato la ricorrente che a seguito della maternità, il clima nei suoi confronti era completamente cambiato, divenendo sovente oggetto di attacchi verbali di “genere” dal tenore discriminatorio, in occasione di conventions aziendali, ove ad esempio accadeva in concomitanza con la prima maternità ( giugno 2018 ) che alla ricorrente sia stata rivolta la seguente frase: “Non la volevo perché è una donna in età fertile e per tale motivo un rischio nell'azienda”. 
Ha allegato la ricorrente che al rientro dalla prima maternità (fine 2018), la stessa si era trovata a lavorare in un ambiente ostile, con continui rimproveri ed ostruzionismi da parte del datore di lavoro, nel tentativo di costringerla a lasciare il posto di lavoro, essendo il datore di lavoro infastidito dalla condizione di lavoratrice madre della ricorrente. 
Inoltre dal rientro dalla maternità la ricorrente era stata esclusa dallo svolgimento delle mansioni di sua competenza che, nel corso della sua assenza, erano state delegate ad una collaboratrice della medesima. Alla ricorrente veniva impedito l'accesso al cd. “data base” dalla stessa realizzato e contenente tutte le informazioni relative ai dipendenti la cui consultazione si rendeva necessaria per adempiere alle richieste di soggetti terzi, tra cui le società di revisione. 
Nella primavera del 2020, in occasione della presentazione del “### Mensili” in presenza di tutti i vertici aziendali alla ricorrente è stata rivolta la seguente frase da parte del #### (amministratore della maggior parte delle convenute): “### mio fratello più piccolo che ha frequentato solo le scuole medie ha capito, cerca di impegnarti di più”. 
La ricorrente ha allegato che il carico lavorativo che negli anni aveva dovuto gestire e portare ad esecuzione, da sola e in un ambiente ostile, avevano comportato un grave disagio psico-fisico alla stessa documentato in atti dal 2020 dall'### di ### della ### per la cura di una “ansia depressiva” la cui origine - come da certificato rilasciato il ### - è “da stress lavoro correlato”. 
La ricorrente ha allegato che a causa dello stress patito sul posto di lavoro, aveva subito due interruzioni spontanee di gravidanza. 
Tutto ciò premesso ed allegato in fatto, la ricorrente ha precisato che soltanto in ragione dell'illecita condotta datoriale che aveva comportato un irreversibile perdurare della malattia, era stato superato del periodo di conservazione del posto di lavoro contrattualmente stabilito in 180 giorni nell'anno solare (art. 186 CCNL commercio), che è risultata poi la motivazione del licenziamento formalmente adottato nei suoi confronti. 
Nel costituirsi, tutte le resistenti eccetto la società formale datrice di lavoro (### s.p.a.) hanno dedotto la nullità del ricorso per genericità e la loro carenza di legittimazione passiva, per non aver mai intrattenuto rapporti di lavoro con la ricorrente. 
La resistente ### s.r.l. è restata contumace.
La resistente ### metano s.p.a. ha dedotto che la ricorrente nello svolgimento delle proprie mansioni aveva beneficiato di un adeguato supporto costituito da due risorse lavorative. 
La resistente ha dedotto come la ricorrente abbia sempre e solo lavorato per la ### e solo per motivi legati ad esigenze della propria datrice di lavoro, che svolgeva in appalto servizi amministrativi anche nei confronti di altre aziende del gruppo, si interfacciava costantemente con i referenti e le altre aziende del gruppo. 
La struttura lavorativa al cui interno lavorava la ricorrente non era stressante, in quanto la ricorrente godeva di un adeguato supporto lavorativo che le consentiva di concentrarsi unicamente sulle attività più importanti e di svolgere le stesse in tempi ragionevoli e indubbiamente rientranti nell'ordinario orario di lavoro. 
Non vi era quindi alcun elemento vessatorio o mobbizzante posto in essere dai referenti aziendali a carico della ricorrente, ciò sia prima che dopo la sua maternità, avendo la ricorrente a partire dal 18.6.2018 ha fruito del congedo di maternità e dei vari permessi connessi allo status genitoriale. 
Quanto al superamento del termine di comporto, ha dedotto la resistente che la ricorrente ha iniziato ad assentarsi a partire dal giugno 2018 per rientrate per un breve periodo nel corso del 2019, costellato comunque da diversi astensioni per malattia ordinaria e, poi, con prestazioni di lavoro agile (smart working) dal gennaio 2020, per poi assentarsi definitivamente dal 31.8.2020 sino al 30.11.2022, data del suo licenziamento. 
La resistente ha evidenziato che dalla documentazione medica versata in atti si evince che le patologie sono state tutte diagnosticate alla fine del 2020, ma in realtà l'ultimo periodo di lavoro prima del licenziamento era stato agosto 2020, poi, tra i congedi parentali e giorni di malattia in pratica la ricorrente non era più rientrata a lavoro. 
Ed invero, secondo la prospettazione del resistente, la ricorrente si era recata presso il centro di igiene mentale dell'### 2 Nord in data ### quando ormai il rapporto di lavoro già era stato sospeso in precedenza sempre per episodi morbosi (cfr. l'elenco delle assenze per malattia) e dalla lettura dell'intera cartella clinica non vi è alcun riferimento al lavoro, all'ambiente di lavoro ovvero al rapporto di lavoro. ### riferimento diagnostico al proprio rapporto di lavoro è contenuto in un certificato del 16.12.2022, quando ormai il rapporto di lavoro si era concluso e comunque a distanza di due anni dai primi accessi presso il centro di salute mentale. 
Sulla base delle seguenti controdeduzioni la resistente ### ha chiesto il rigetto della domanda. 
Va accolta la domanda preliminare avanzata dalla ricorrente che ha chiesto di accertare e di dichiarare l'unicità del complesso aziendale delle società convenute e la codatorialità in capo a tutte le convenute del rapporto di lavoro intercorso tra le parti.   Le allegazioni di parte ricorrente in ordine all'esistenza di un gruppo di imprese costituenti un unico centro di imputazione si sostanziano sopra i seguenti punti: 1. i legami di tipo familiare intercorrenti tra i legali rappresentanti delle società, 2. dal collegamento economico e funzionale tra loro esistente, ed invero la ### S.p.A. detiene il 50% del capitale sociale della #### S.r.l., il 70% del capitale sociale della ### S.p.a.; mentre la ### S.r.l.  detiene il 100% del capitale sociale della ### S.r.l., il 50% del capitale sociale della ### S.r.l., il 50% del capitale sociale della ### S.r.l., il 100% del capitale della ### S.p.a. ed il 90% del capitale sociale della ### S.C. A.R.L. (cfr. doc. 4).  3. ###à di sede delle società ### metano s.p.a., ### s.r.l. e ### group s.r.l. 
Orbene, in tema di collegamento economico-funzionale fra imprenditori societari e imputazione del rapporto di lavoro intercorso fra uno di essi anche agli altri, giurisprudenza prevalente della Corte di Cassazione osserva che “il collegamento economico - funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sè solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all'altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare - anche all'eventuale fine della valutazione di sussistenza del requisito numerico per l'applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico - funzionale e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l'esame delle attività di ciascuna delle imprese gestite formalmente da quei soggetti, che deve rivelare l'esistenza dei seguenti requisiti: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico e amministrativo - finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori” (Cass., sez. lav., 15/05/2006, n. 11107; cfr. in senso conforme: Cass., 01/04/1999, n. 3136; Cass., Cass., 14/11/2005, n. 22927; Cass., 05/09/2006, n. 19036; Cass., 10/04/2009, n. 8809; Cass., sez. lav., 09/12/2009, n. 25763; Cass., 12/02/2013, n. 3482). 
Orbene, deve ritenersi innanzitutto che le allegazioni attoree appaiono idonee a integrare la sussistenza dei requisiti giurisprudenziali sopra elencati e contrassegnati dalle lettere da a) a c) e che la prova testimoniale effettuata, nonché la documentazione versata in atti appaiono idonei ad integrare anche la sussistenza del requisito di cui alla lettera d), avendo la ricorrente assolto all'onere della prova relativo allo svolgimento di prestazione lavorativa per tutte le società resistenti. 
Non può, invece, trovare accoglimento la domanda principale. 
Risultando pacifico tra le parti l'avvenuto superamento del termine di cui al periodo di comporto, la questione centrale della presente controversa riguarda la riconducibilità delle patologie del ricorrente determinanti le assenze che hanno portato al superamento del periodo di comporto a responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cc.  ### costante giurisprudenza, infatti, non sono rilevanti ai fini del computo del periodo di comporto le infermità imputabili a responsabilità del datore di lavoro per violazione dell'obbligo di sicurezza o di norme antinfortunistiche specifiche. 
La ricorrente deduce la non computabilità dell'intero periodo di comporto, dal momento che le assenze sin dal gennaio 2020 erano state determinata in ragione della natura professionale della malattia stessa e della sua imputabilità alla condotta del datore di lavoro. 
A tale riguardo la ricorrente ricostruisce analiticamente in ricorso il suo percorso lavorativo a decorrere dall'inizio (2015) fino al licenziamento del 17.11.22. 
In sintesi, assume quali fattori patogeni tanto i ritmi stressanti di lavoro e le responsabilità impostegli in un primo periodo (2015-2018) che la emarginazione e la discriminazione sofferta a partire dall'anno 2018, periodo in cui vi era il primo congedo per maternità, fino al licenziamento.  ### le allegazioni del ricorso le patologie sofferte derivano, dunque, dall'eccessivo carico di lavoro sostenuto e dal mancato apprezzamento dell'impegno profuso e dal processo di emarginazione e di svuotamento delle mansioni posto in essere nei modi e tempi già precisati. 
In particolare nella primavera del 2020, secondo la prospettazione attorea si sarebbe verificato l'ultimo grave episodio a sfondo denigratorio, allorquando nel corso di un incontro pubblico il sig. ### profferiva al suo indirizzo la seguente frase: “### mio fratello più piccolo che ha frequentato solo le scuole medie ha capito, cerca di impegnarti di più”. 
La patologia “ansia depressiva da stress da lavoro correlato” è stata certificata con certificazione del 16.12.22, i primi sintomi secondo la prospettazione della ricorrente sarebbero emersi sin dall'anno 2020, periodo in cui la ricorrente ha aperto una cartella clinica presso l'### di salute mentale dell'asl Napoli 2 di ### Dalla anamnesi socio familiare effettuata nella cartella clinica all'atto della prima visita effettuata in data ###, si evince quale riferimento: “vive con un compagno ed un figlio di due anni. Riferisce interruzione di gravidanza spontanea. Insonnia e ansia reattiva”. 
Alla prima visita del 7.10.20 seguono altri incontri presso l'### di salute ### di ### fino al 15.12.20. 
Nessun riferimento in questa fase vi è ad una possibile riconducibilità quale causa dell'interruzione di gravidanza e dello stato di insonnia e di ansia alle condizioni di stress da lavoro correlate. 
Vi sono poi due certificati in atti, uno del 14.1.22 “Nevrosi ansioso reattiva”, l'altro del 10.5.22 “Ansia reattiva con spunti depressivi e ansia”. 
Nemmeno in questa fase dal gennaio 2022 al maggio 2022 vi è alcun riferimento ad una possibile riconducibilità quale causa della nevrosi ansioso reattiva con spunti depressivi alle condizioni di stress da lavoro correlate.   Soltanto in data ### lo stress da lavoro correlato appare quale fattore causale della patologia ansioso depressiva in atto al momento della certificazione. 
Non induce a diverse considerazioni circa la possibile retrodatazione dello stato d'ansia correlato allo stress lavorativo l'esito della prova per testi. 
Il teste ### già dipendente della resistente ### energy, ha sì confermato le circostanze relative agli episodi a sfondo denigratorio e sessista rivolti alla ricorrente nel 2018 dal dott. ### riguardo al fatto che fosse donna in età fertile, tuttavia tale dato non appare sufficiente a correlare le patologie manifestatesi nel 2020 alle condizioni di stress lavorativo, del resto non indicate nella certificazione medica in atti relative al quel periodo. 
Vi è ulteriormente da considerare che la patologia relativa ai disturbi ansioso depressivi appare insorta in epoca successiva al 7.10.20, tuttavia, la certificazione medica prodotta dal ricorrente recante la data del 7.10.20 (primo documento medico utile in ordine temporale) non fa riferimento quale causa che la abbia determinata allo stress da lavoro correlato né ad altra causa lavorativa; solo nella certificazione del 16.12.22, posteriore alla data del licenziamento, viene indicato lo stress da lavoro correlato quale causa dello stato ansioso depressivo. 
La matura professionale della malattia è emersa solo a seguito della certificazione del 16.12.22. Tale patologia è sorta e comunque è stata certificata soltanto a termine di comporto già scaduto, dunque non rileva ai fini del relativo computo. 
Né risulta agli atti che la ricorrente abbia attivato presso l'### alcuna pratica per il riconoscimento della natura professionale della patologia, sì da poterne determinare il sorgere e l'efficienza causale con le condotte datoriali denunciate. 
In questa situazione di fatto non risulta adempiuto l'onere della parte di provare che a determinare le assenze che hanno determinato il superamento del periodo di comporto individuato nella lettera di licenziamento dal 29.11.21 al 25.9.22 sia stata l'intensa attività lavorativa o l'esistente di fattori discriminanti sul luogo di lavoro, cagione di malattia professionale sorta nel periodo di comporto e come tale non computabile, essendo emersa la possibile natura professionale della malattia solo a fare data dal 16.12.22, dopo che il periodo di comporto era già decorso ed la lavoratrice era già stata licenziata. 
Gli elementi in atti non consentono di retrodatare ad un momento anteriore al 16.12.22 la origine professionale della malattia.
La domanda deve essere pertanto respinta. 
Le spese di giudizio si compensano per la complessità delle questioni trattate.  PQM Il Tribunale, definitivamente pronunziando, ogni diversa istanza ,deduzione, eccezione disattese così provvede: Rigetta la domanda ### le spese ### deciso in Napoli, 4.6.2025 Il Giudice del ###

causa n. 7402/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Bottino Marco

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