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Tribunale di Napoli Nord, Sentenza n. 4049/2025 del 22-10-2025

... 22/10/2025 ### tema d'indagine verte sull'impugnativa di un licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore e rientrante nell'ambito di dedotta applicazione nell'ambito di dedotta applicazione dell'art. 2 d.lgs. 23/2015. Parte ricorrente, infatti, allega di aver lavorato alle dipendenze della società resistente dal 10.2.2025 e, quindi, risulta applicabile la normativa prevista dal d.lgs. 23/2015, in base all'art. 1 d.lgs. cit. Tale circostanza è pacifica tra le parti. Dalla lettura della lettera di contestazione del 17.3.2025 emerge come la società resistente ha contestato a parte ricorrente di aver abbandonato lo stabilimento produttivo in data ###, dopo una riunione con i vertici aziendali, e di essere risultato assente ingiustificato in data ###. Con lettera di licenziamento del 16.4.2025, la società resistente, dopo aver richiamato il contenuto della lettera di contestazione degli addebiti e le giustificazioni rese dal ricorrente e l'audizione orale del 10.4.2025, rilevata la gravità dei fatti addebitati che hanno fatto venir meno il rapporto fiduciario in essere, ha licenziato il ricorrente per giusta causa ex art. 2119 In sede giudiziale il ricorrente contesta il recesso (leggi tutto)...

testo integrale

R.G 7582/2025 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI NORD Sezione lavoro nella persona del dott. #### ha pronunciato, a seguito di deposito di note scritte in sostituzione dell'udienza in base all'art. 127 ter c.p.c., la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 7582/2025 R.G. #### D'### n. a NAPOLI ### il ### rappresentato e difeso dall'avv. ### come da procura in atti. 
RICORRENTE E ### S.P.A., in persona del legale rappresentante #### rappresentato e difeso dall'avv. ### RESISTENTE OGGETTO: impugnativa licenziamento - risarcimento del danno ### come in atti ### di fatto e di diritto ### ricorso depositato in data ### parte ricorrente ha dedotto: - di essere stato assunto dalla società resistente in data ### con la qualifica di “###, ### e Sicurezza”;ì Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 - di aver ricevuto, in data ###, una contestazione disciplinare per condotte tenute in data ### e per l'assenza ingiustificata del giorno 17.03.2025; - di aver fornito risposta scritta alla contestazione in data ### e di aver partecipato all'audizione disciplinare in modalità telematica in data ###; - di essere stato licenziato per giusta causa in data ###; - che la notificazione avente ad oggetto l'applicazione della sanzione espulsiva non era andata a buon fine, giacché la raccomandata è stata restituita per “destinatario irreperibile”; - di aver ricevuto conoscenza del licenziamento con comunicazione via mail ordinaria, non idonea quale forma di notifica e avvenuta in data ###; - di aver impugnato il licenziamento con lettera di contestazione del 19.05.2025; - di aver subìto a seguito del licenziamento un danno non patrimoniale pari ad € 20.000,00, un danno patrimoniale diretto pari ad € 31.066,14 ed un danno patrimoniale indiretto pari ad € 2.943,11; - di aver percepito una retribuzione mensile lorda pari ad € 3.270,12, come da prospetto paga di febbraio 2025; - la decadenza dal potere disciplinare per violazione del termine di cui all'art. 51 del C.C.N.L. di categoria; - la mancanza di prova obiettive e documentali; - la mancata fornitura degli strumenti minimi per lo svolgimento delle mansioni assegnate; - la violazione dell'art. 7 l. 300/1970 per la violazione del diritto di difesa in sede endoprocedimentale e per la mancata notifica effettiva del provvedimento; - la violazione del principio di proporzione tra fatto contestato e sanzione irrogata. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
Egli ha quindi agito in giudizio chiedendo di dichiararsi l'illegittimità del licenziamento disciplinare, con condanna alla reintegra nel posto di lavoro nonché al risarcimento del danno, con vittoria di spese di lite. 
Parte resistente si è costituita in giudizio chiedendo a vario titolo il rigetto del ricorso. 
All'esito della trattazione scritta sostitutiva dell'udienza in base all'art. 127 ter c.p.c. verificata la rituale comunicazione del decreto per la trattazione scritta a tutte le parti costituite, il ### ha deciso la causa con sentenza.  ###' #### di nullità del ricorso introduttivo proposta da parte resistente deve essere rigettata in quanto parte ricorrente ha compiutamente delineato sia il petitum che la causa petendi, soddisfacendo i requisiti di cui all'art. 414, n. 4, c.p.c. 
Invero, il ricorrente non si è limitato a contestare genericamente il licenziamento, ma ha puntualmente circostanziato: - il titolo del diritto: il rapporto di lavoro subordinato iniziato in data ###; - la ricostruzione in punto di fatto degli accadimenti; - l'illustrazione dei motivi di illegittimità del procedimento e del provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare; - l'oggetto della domanda ###, consistente nella richiesta di dichiarazione di nullità/illegittimità del licenziamento, con reintegrazione, e nella richiesta di condanna al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale. 
Pertanto, il ricorso appare sufficientemente specifico per consentire alla controparte l'esercizio del proprio diritto di difesa e a questo Giudice l'analisi del thema decidendum. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 ### tema d'indagine verte sull'impugnativa di un licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore e rientrante nell'ambito di dedotta applicazione nell'ambito di dedotta applicazione dell'art. 2 d.lgs. 23/2015. 
Parte ricorrente, infatti, allega di aver lavorato alle dipendenze della società resistente dal 10.2.2025 e, quindi, risulta applicabile la normativa prevista dal d.lgs. 23/2015, in base all'art. 1 d.lgs. cit. 
Tale circostanza è pacifica tra le parti. 
Dalla lettura della lettera di contestazione del 17.3.2025 emerge come la società resistente ha contestato a parte ricorrente di aver abbandonato lo stabilimento produttivo in data ###, dopo una riunione con i vertici aziendali, e di essere risultato assente ingiustificato in data ###. 
Con lettera di licenziamento del 16.4.2025, la società resistente, dopo aver richiamato il contenuto della lettera di contestazione degli addebiti e le giustificazioni rese dal ricorrente e l'audizione orale del 10.4.2025, rilevata la gravità dei fatti addebitati che hanno fatto venir meno il rapporto fiduciario in essere, ha licenziato il ricorrente per giusta causa ex art. 2119 In sede giudiziale il ricorrente contesta il recesso datoriale sotto il profilo sia formale (la violazione dei principi di tempestività della contestazione disciplinare ex art. 51 del C.C.N.L. di categoria e del principio del contraddittorio in sede disciplinare) che sostanziale (l'assenza di prova dei fatti contestati, la violazione del principio di proporzione) e propone anche una domanda risarcitoria per i danni subìti. 
TEMPESTIVITA' ### Il ricorrente contesta la tempestività dell'azione disciplinare. 
Prodromica alla valutazione del motivo di doglianza è, dunque, una ricostruzione della disciplina contrattuale.  ###. 51 C.C.N.L. statuisce: “Le norme relative alle sanzioni disciplinare ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
Esse devono applicare quanto in materia è stabilito dalla legge e dal C.C.N.L.  ### restando quando disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604 e succ.  mod. e int. Non possono essere disposte sanzioni disciplinati che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che le ha determinati. Il lavoratore, entro i 5 giorni successivi dalla contestazione aziendale, potrà addurre le proprie giustificazioni anche mediante assistenza di un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Qualora l'azienda non commini il provvedimento disciplinare entro il termine di 30 giorni dalla data in cui sono state rese le giustificazioni, le stesse si intenderanno accolte. Sono fatti salvi i casi di istruttoria particolarmente complessa, che, comunicati entro lo stesso termine di 30 giorni al lavoratore, renderà possibile l'adozione il provvedimento disciplinare anche oltre tale periodo. Nel caso non vengano presentate le giustificazioni, il termine di 30 giorni decorre alla scadenza del termine dei 5 giorni previsti dal comma precedente.” Il rigoroso sistema di preclusioni temporali stabilito dal citato art. 51 del C.C.N.L. di categoria non è un mero formalismo procedurale, ma risponde a fondamentali esigenze di bilanciamento tra il potere sanzionatorio del datore di lavoro e la posizione di garanzia del dipendente, costituendo espressione del diritto di difesa tutelato dall'art. 24 Cost. e dei principi espressi dall'art. 7 l. 300/1970. 
La previsione di un termine finale di 30 giorni per l'adozione del provvedimento (decorrente dalla data delle giustificazioni) trova la sua ratio principale nel principio di certezza del diritto. Tale principio mira a non lasciare il lavoratore in uno stato di incertezza prolungata in merito al destino del proprio rapporto di lavoro e alla definizione dell'addebito contestato. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
In secondo luogo, l'obbligo di tempestività è espressione del principio di immediatezza, che impone al datore di lavoro di agire con la necessaria celerità una volta acquisita la piena conoscenza dei fatti. Questo elemento concorre ad assicurare che la sanzione sia percepita come una risposta effettiva e non pretestuosa alla condotta contestata. 
In merito alla decorrenza del termine perentorio di 30 giorni, occorre chiarire che la previsione contrattuale che lo fa decorrere dalla data in cui "sono state rese le giustificazioni" deve essere interpretata alla luce del principio di massima garanzia del diritto di difesa del lavoratore. 
Qualora la procedura disciplinare non si esaurisca con la mera presentazione delle giustificazioni scritte, ma prosegua con la richiesta del lavoratore (o l'ammissione da parte datoriale) di un'audizione, è quest'ultimo atto difensivo a segnare la conclusione effettiva della fase istruttoria a disposizione del dipendente. ###, infatti, costituisce l'ultimo momento utile in cui il datore di lavoro acquisisce tutti gli elementi necessari per la valutazione finale. 
Di conseguenza, il termine di 30 giorni per la comminazione del provvedimento disciplinare decorre non dalla data della contestazione scritta o dalla scadenza dei 5 giorni per le giustificazioni, ma dal giorno in cui si è tenuta l'audizione a difesa o è stato esperito l'ultimo atto difensivo. 
Solo a partire da tale data, l'azienda si trova nella condizione di aver espletato integralmente il contraddittorio, e il termine contrattuale inizia a decorrere. 
Occorre, poi, sempre con riguardo alla tempestività, valorizzare il dato letterale dell'art. 51 del C.C.N.L. cit. che ricollega il termine di 30 giorni all'adozione del provvedimento. Questo termine che vincola il potere decisionale del datore di lavoro, e va tenuto distinto dal requisito della conoscenza effettiva dell'atto da parte del lavoratore. Il termine di 30 giorni si riferisce, infatti, all'emissione dell'atto e al suo definitivo perfezionamento nella sfera giuridica del datore di lavoro. 
Non è necessario, ai fini del rispetto del termine contrattuale, che l'atto giunga a destinazione in quel lasso di tempo; la produzione degli effetti (la Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 conoscenza) segue le regole degli atti ricettizi, ma l'azione disciplinare si considera tempestiva se l'invio è stato effettuato entro la scadenza. 
Tanto premesso con riguardo agli istituti positivi e alla normativa di riferimento, occorre evidenziare che l'azione disciplinare appare assolutamente tempestiva; il ricorrente ha reso le proprie giustificazioni in data ###; a tali scritti è seguita l'escussione del 10.04.2025 che, quale ulteriore estrinsecazione del diritto di difesa del ricorrente, per le ragioni già esposte, non può che differire il dies a quo da cui valutare il rispetto del termine di 30 giorni previsto dall'art. 51 C.C.N.L., come evidenziato da parte resistente nella propria memoria difensiva. 
La sanzione è stata irrogata in data ### e in pari data spedita all'indirizzo comunicato dal lavoratore. 
Indipendentemente dalla questione relativa alla mancata ricezione della comunicazione di licenziamento a mezzo posta ordinaria, la società resistente ha prontamente provveduto a comunicare via mail il recesso in data ### ed agli atti risulta la risposta del ricorrente in pari data ove, in senso opposto a quanto dedotto nel presente giudizio, contesta di non aver ricevuto tale lettera di licenziamento a mezzo mail prima del tentativo di notifica a mezzo posta ordinaria considerando che la posta elettronica è stata la modalità di trasmissione degli atti durante tutto il procedimento disciplinare (“Mi risulta altrettanto anomalo che non mi abbiate anticipato la comunicazione tramite email come finora abbiamo fatto durante il lasso di tempo della “contestazione””.). 
La tempestiva impugnazione stragiudiziale del provvedimento da parte del lavoratore costituisce, infatti, un elemento probatorio di primaria importanza. 
Essa dimostra in modo inequivocabile che l'atto di recesso è pervenuto nella sfera di integrale contezza del dipendente. ### esercitato il diritto di difesa e promosso l'azione giudiziaria nei termini di legge, a prescindere dal difetto nella modalità di notifica (come la raccomandata restituita o l'invio via e-mail), rende ininfluente in concreto ogni potenziale vizio formale della comunicazione. La finalità garantistica della norma - Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 assicurare al destinatario il tempo e i modi per difendersi - risulta così pienamente assolta, rendendo irrilevante la doglianza sul piano dell'inefficacia della notifica dell'atto. 
Le concrete modalità di conoscenza del licenziamento, pertanto, non hanno inciso sul diritto di difesa, in quanto il lavoratore è stato puntualmente reso edotto della cessazione ed ha potuto impugnare il provvedimento espulsivo; non sussistono, dunque, vizi di notifica che incidano sulla legittimità del licenziamento.  ### stesso modo, non può ritenersi violato il principio del contraddittorio ex art. 7 l. 300/1970 in quanto parte ricorrente ha esercitato ampiamente il proprio diritto di difesa sia presentando le proprie giustificazioni scritte sia rendendo dichiarazioni in sede ###sede di giustificazioni scritte, inoltre, il lavoratore non ha contestato né di essersi allontanato in data ### dopo il colloquio con i vertici aziendali ma giustifica il proprio comportamento deducendo genericamente di essere stato autorizzato, senza nulla allegare in ordine al soggetto ed alle modalità di tale autorizzazione. 
Allo stesso modo, sempre in tale sede ###essersi presentato a lavoro in data ###.  ### - #### - #### Per quanto riguarda la distribuzione dell'onere probatorio, sul piano normativo, in base all'art. 5 l. 604/1966, l'onere della prova in ordine alla sussistenza della giusta causa di licenziamento è posto inderogabilmente a carico della parte datoriale. Quest'ultima, infatti, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (### civile sez. lav. 29 maggio 2015 n. 11206), deve dimostrare la sussistenza del fatto ascritto al dipendente Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 sia nella sua materialità sia con riferimento all'elemento psicologico del lavoratore, cui spetta la prova di una esimente. 
La lettera di contestazione degli addebiti non costituisce di per sé prova documentale dell'illecito disciplinare contestato in quanto, ai sensi dell'art.  7 co. 2 l. 300/1970, consiste nella mera descrizione del fatto contestato in relazione al quale è stato avviato il procedimento disciplinare ed è funzionale a garantire l'esercizio del diritto di difesa del lavoratore e a stimolare il contraddittorio con la parte datoriale in un momento antecedente all'inflizione della sanzione disciplinare. Occorre quindi che a tal fine la contestazione sia specifica e motivata. 
La prova dei fatti addebitati, anche attraverso la sola indicazione della/e fonte/i nella lettera di contestazione concerne, invece, il momento della verifica della fondatezza delle accuse mosse al lavoratore, di cui si deve fare carico esclusivamente in giudizio il datore di lavoro, in quanto onerato per legge.  ### la Suprema Corte (Cass. 3045/2025), infatti, “La giurisprudenza di legittimità (Cass. lav. n. 23304 del 18/11/2010; Cass. n. 23408/2017) precisa che la contestazione non deve contenere una dettagliata elencazione delle prove, ma deve consentire al lavoratore di comprendere e difendersi dagli addebiti, come avvenuto nel caso di specie. Né il datore di lavoro ha obbligo lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione disciplinare, la documentazione aziendale relativa ai fatti contestati, restando salva la possibilità per il lavoratore medesimo di ottenere dal giudice, nel corso del giudizio di impugnazione del licenziamento, un ordine di esibizione della documentazione stessa (in senso analogo v. pure Cass. lav. n. 18288 del 30/08/2007, conforme id. n. 7153 del 17/03/2008. Cfr. altresì Cass. lav.  n. 6337 del 13/03/2013, secondo cui nel procedimento disciplinare, sebbene l'art. 7 della legge n. 300/70, non preveda un obbligo per il datore di lavoro di mettere spontaneamente a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione, la documentazione su cui essa si basa, egli è però tenuto, in base ai principi di correttezza e Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 buona fede nell'esecuzione del contratto, ad offrire in consultazione i documenti aziendali all'incolpato che ne faccia richiesta, ove il loro esame sia necessario per predisporre un'adeguata difesa”. 
Nel caso in esame, la parte datoriale ha allegato gli elementi costitutivi dell'illecito disciplinare posto a fondamento della sanzione espulsiva, ossia un comportamento contrario alle obbligazioni contrattuali. 
Parte ricorrente, come già evidenziato, già in sede ###ha contestato le circostanze indicate (allontanamento dal luogo di lavoro e assenza ingiustificata) ma ha giustificato la propria condotta deducendo di essere stato autorizzato. Si tratta, quindi, di fatti non contestati con conseguente relevatio ab onere probandi in favore della parte datoriale. 
Per tali ragioni, è onere di parte ricorrente allegare e provare le ragioni giustificatrici dei propri comportamenti e sul punto devono essere sanzionate le carenze assertive e probatorie contenute in ricorso in ragione della assoluta genericità delle allegazioni in ordine al contesto spazio-temporale, alle modalità ed all'identità del soggetto che, in ipotesi, abbia autorizzato parte ricorrente. 
Non possono essere, inoltre, valorizzate le deduzioni in punto di fatto formulate per la prima volta solo nelle note depositate da parte ricorrente prima della precedente udienza e nelle note di trattazione scritta in quanto, nel rito del lavoro, le carenze assertive e probatorie risultano correlate agli atti introduttivi. 
Il ricorrente, in particolare, è tenuto ad articolare sin dal ricorso introduttivo tutte le domande, eccezioni e allegazioni di fatto poste a fondamento della propria pretesa, corredandole della relativa documentazione probatoria (art. 414, nn. 4 e 5 c.p.c.). A sua volta, il resistente deve esporre integralmente, nella memoria difensiva di cui all'art. 416 c.p.c., le proprie difese in fatto e in diritto, proporre le eventuali domande riconvenzionali ed eccezioni processuali o di merito non rilevabili d'ufficio, nonché indicare specificamente i mezzi di prova e produrre la documentazione a supporto della sua prospettazione. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
Tali oneri si riflettono in un sistema di preclusioni che impedisce alle parti di introdurre, in un momento successivo, nuove allegazioni di fatto o nuove produzioni documentali che avrebbero dovuto essere tempestivamente formulate nei rispettivi atti introduttivi. Ne consegue che il thema decidendum e il thema probandum risultano cristallizzati negli atti introduttivi del giudizio e la successiva attività processuale deve svolgersi nel rispetto dei limiti così tracciati, non potendo parte ricorrente prospettare fatti o elementi di diritto nuovi salvo che dalla difesa di parte resistente siano emersi elementi non conoscibili al momento della presentazione del ricorso introduttivo, nonché nell'ipotesi in cui il ricorrente sia venuto in possesso, in un momento successivo, di documenti non disponibili nella fase introduttiva. 
PROPORZIONALITÀ ### E #### base all'art. 2119 c.c., infatti, la giusta causa di licenziamento costituisce un comportamento, anche extralavorativo, del lavoratore talmente grave da non consentire la prosecuzione neppur provvisoria del rapporto di lavoro in quanto lede in modo istantaneo ed irreversibile la fiducia riposta dal datore sul proprio dipendente. 
Tali considerazioni sono confermate dalla costante giurisprudenza di legittimità (Cass. 7208/2018) secondo cui “la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell'elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all'intensità del profilo intenzionale; dall'altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell'elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare”. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
La valutazione di gravità, anche sotto il profilo dell'elemento psicologico, deve, infatti, considerare l'incidenza del fatto sul rapporto di lavoro. Al riguardo, la lesione del vincolo fiduciario va ritenuta esistente ogni qual volta venga meno la possibilità per il datore di lavoro di fare affidamento sulla futura esattezza dell'adempimento e sul rispetto, da parte del lavoratore, degli obblighi di diligenza, buona fede e correttezza nell'esecuzione della prestazione lavorativa.  ### la giurisprudenza di legittimità (Cass. 22798/2012), inoltre, “in tema di licenziamento per giusta causa, nel giudicare se la violazione disciplinare addebitata al lavoratore abbia compromesso la fiducia necessaria ai fini della permanenza del rapporto di lavoro, e quindi costituisca giusta causa di licenziamento, va tenuto presente che è diversa l'intensità della fiducia richiesta, a seconda della natura e della qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, dell'oggetto delle mansioni e del grado di affidamento che queste richiedono, e che il fatto concreto va valutato nella sua portata oggettiva e soggettiva, attribuendo rilievo determinante, ai fini in esame, alla potenzialità del medesimo di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento”. 
La entità del danno subito dal datore di lavoro è del tutto irrilevante, al fine della valutazione della proporzionalità della sanzione espulsiva, proprio in considerazione del particolare rapporto di fiducia determinato dalle mansioni svolte dal ricorrente. Tali considerazioni sono confermate anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 8816/2017; cfr. anche Cass. 6100/1998) “la tenuità del danno non è da sola sufficiente ad escludere la lesione del vincolo fiduciario, atteso che ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non già l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti”. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
Sul punto, va evidenziato che l'esame della proporzionalità deve muovere dal principio per cui il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo si legittima solo in presenza di un inadempimento che, valutato in base a parametri oggettivi e soggettivi, integri una irrimediabile lesione del vincolo fiduciario. 
Nel caso in esame, pur considerando unitamente le due condotte contestate (allontanamento dal posto di lavoro non autorizzato e assenza non giustificata), deve ritenersi che la sanzione espulsiva risulti sproporzionata rispetto ai fatti contestati e ritenuti sussistenti in ragione del numero di condotte (un allontanamento ed un'assenza ingiustificata), dell'assenza di modalità fraudolente volte ad occultare tali condotte e dell'assoluta genericità delle allegazioni di parte resistente in ordine alla tipologia degli obblighi di controllo e vigilanza gravanti su parte ricorrente (pagina 14 della memoria difensiva) in quanto sulla base di tali criteri non è possibile ritenere sussistente una lesione irrimediabile del vincolo fiduciario che non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro.  ### tali ragioni, deve ritenersi applicabile al caso in esame l'art. 3 co. 1 d.lgs. 23/2025 e, per tali ragioni, si dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e si condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a otto mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, tenuto conto della minima anzianità di servizio (rapporto di lavoro di pochi mesi) e della gravità del fatto contestato. A tal proposito, la retribuzione di riferimento per il calcolo del T.F.R. deve ritenersi pari ad € 2.702,66, come risulta dal prospetto paga di marzo 2025.  #### Non risultano, infine, né allegati né provati sia l'aliunde perceptum sia l'aliunde percipiendum. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
Le deduzioni formulate da parte resistente risultano generiche ed esplorative. 
Tali considerazioni sono condivise dalla costante giurisprudenza di legittimità (Cass. 8306/2023) secondo cui “### infatti, sottolineare che nella motivazione di Cass. civ., sez. lav., 7.2.2022, n. 3824 (e, negli esatti termini, id., sez. lav., 13.4.2022, n. 12034), questa Corte aveva specificato che: "il semplice dato della esplicitazione, nella L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, come riformulato dalla L. n. 92 del 2012, della detraibilità dell'aliunde perceptum e percipiendum, non altera la natura dei compensi percepiti nello svolgimento di altre attività lavorative, quali fatti impeditivi della domanda risarcitoria del lavoratore (v. Cass. n. 1636 del 2020; n. ### del 2019), da veicolare nel processo sotto forma di eccezioni, sia pure in senso lato (v. Cass. n. 21919 del 2010; n. 5610 del 2005; n. 10155 del 2005)". E su tali basi era stato ribadito "l'onere, del datore di lavoro che contesti la pretesa risarcitoria del lavoratore illegittimamente licenziato, di provare, pur con l'ausilio di presunzioni semplici, l'aliunde perceptum o percipiendum, a nulla rilevando la difficoltà di tale tipo di prova o la mancata collaborazione del dipendente estromesso dall'azienda, dovendosi escludere che il lavoratore abbia l'onere di farsi carico di provare una circostanza, quale la nuova assunzione a seguito del licenziamento, riduttiva del danno patito ( n. 22679 del 2018; n. 9616 del 2015; n. 23226 del 2010)".  ### rammentato che anche nelle controversie di lavoro - ove la posizione del lavoratore può apparire, in astratto, meritevole di particolare tutela - l'accertamento del danno, tanto morale quanto materiale, non può mai essere oggetto di presunzione automatica, ma deve formare oggetto di puntuale allegazione e rigorosa prova, ai sensi dell'art. 2697 c.c. Ciò in coerenza con il principio di neutralità del risarcimento del danno, secondo cui la funzione della responsabilità civile non è punitiva né sanzionatoria, ma eminentemente compensativa, sicché il ristoro non può prescindere Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 dall'effettiva dimostrazione del pregiudizio subito in termini di perdita patrimoniale o di lesione di interessi non patrimoniali suscettibili di valutazione economica.  ### di specifica allegazione grava, dunque, sulla parte che invoca il risarcimento, la quale deve individuare la natura del danno, le circostanze del suo verificarsi e la correlazione causale con la condotta illecita dedotta, non potendo il giudice supplire a tali carenze mediante valutazioni equitative in assenza di un minimo quadro probatorio. 
In tale prospettiva, non può ritenersi sussistente un'ipotesi di danno in re ipsa, ove si presume l'esistenza del pregiudizio in base al solo verificarsi dell'illecito, in quanto contrastanti con la logica compensativa della responsabilità civile. 
Allo stesso modo, devono essere rigettate le altre pretese risarcitorie richieste da parte ricorrente e non rientranti nell'indennità riconosciuta.  ### spese di lite, in ragione del parziale accoglimento del ricorso, devono essere compensate nella misura del 70% e per la restante parte seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.  P.Q.M.  Il Tribunale di ###, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando così provvede: 1. in accoglimento parziale del ricorso, dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna la società DI ### s.p.a. al pagamento in favore di parte ricorrente, ### D'### di un'indennità risarcitoria pari ad otto mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del T.F.R., sulla base dell'importo mensile di € 2.702,66, secondo le modalità di cui all'art. 3 co. 1 d.lgs. 23/2025, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data del licenziamento al saldo; 2. rigetta per il resto il ricorso; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 3. liquida le spese di lite in complessivi € 3.689,00 oltre rimb. Forf. al 15%, iva e cpa come per legge, di cui compensa il 70% e condanna la società resistente al pagamento in favore di parte ricorrente del restante 30% delle spese. 
Si comunichi. 
Aversa, 21/10/2025 il Giudice del ### dott. #### minuta del presente provvedimento è stata redatta con la collaborazione del ### dott.ssa ### Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025

causa n. 7582/2025 R.G. - Giudice/firmatari: Capolongo Barbato

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 20-06-2024

... benché oneratane, dato prova della giusta causa di licenziamento, non essendo utilizzabili i dati telepass, integranti controllo a distanza vietato, nulla avendo egli ammesso, avendo anzi dedotto prova per testi d i circostanze contrarie a quelle apoditticamente 7 ritenute dalla Corte territoriale (secondo motivo); nullità della sentenza per violazione d ell'art. 112 c.p.c., per mancat a ammissione della prova e della controprova dedotte, in particolare riferimento al contrasto tra le parti sul ritardato inizio del pattugliamento, sul contatto con la sala radio durante la sosta, sulla rimozione dell'ostacolo e sull'esecuzione del doppio pattugliamento (terzo motivo); omesso esame di più fatti tutti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quali le circostanze oggetto di ded uzione di prova orale suindicate e sull'esistenza o meno di autorizzazioni de ll'ispett orato o sindacali all'uso del sistema telepass per il controllo dell'attività lavorativa (quarto motivo); 5. essi, cong iuntamente esam inabili per ragioni di stretta connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondati; 6. in via di premessa, giova ribadire che la disposizione dell'art. 3 legge n. (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso 14899-2021 proposto da: ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avvocato ### PANICI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ### - ricorrente - contro ### L'### S.P.A., in persona d el legale rappresentante pro tempore, elett ivamente do miciliata in ####.G. FARAVELLI n. 22 presso lo studio degli avvocati #### che la rappresentano e difendono; - controricorrente - ### privato licenziamento disciplinare R.G.N. 14899/2021 Cron. 
Rep. 
Ud. 24/04/2024 CC avverso la sentenza n. 2785/2020 della CORTE ### di ### depositata il ### R.G.N. 2463/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal ###. ### PATTI.  ### 1. con sentenza 17 dicembre 2020, la Corte d'appello di ### in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, che, con ordinanza 5 giugno 2017, n. 13930, aveva annullato la sentenza della stessa Corte d'app ello, di conferma di quella di primo grado, di illegittimità del licenziamento disciplinare intimato il 20 ottobre 2009 da ### per l'### ia s.p.a. al dipendente ### io ### ne ha invece rigettato l'impugnazione; 2. il giud ice di ri nvio ha così accertato la legittim ità del licenziamento in oggetto, in applicazione dei principi di diritto fissati dalla Corte di legittimità: a) di esclusione di autonoma e più grave valu tazione, d a parte del giudice di merito, del comportamento contestato dal datore al lavoratore come giusta causa di licenziamento, rispetto alla previsione contrattuale collettiva di sanzio ne conservat iva, salva l'accertata volontà delle parti di escludere quella espulsiva anche nei casi più gravi; b) di integrazione della giusta causa di recesso datoriale di ogni episodio disciplinarmente rilevante contestato, autonomamente considerato base idonea a giustificazione della sanzione, sempre che ne sia provata l'idon eità ad escludere la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto soltanto della complessiva gravità della loro congiunta considerazione; c) di accertamento della sussistenza in concreto di una giusta causa in relazione alla gravità dei fatti addebitati e alla loro proporzionalità alla sanzione comminata; 3 3. esso ha, infatti, ritenuto la gravità del comportamento addebitato al lavoratore, da lui sostanzialmente non contestato e la su a proporz ionalità alla sanzione espulsiva, in esito alla valutazione globale delle c ircostanze ogg ettive e soggettive nell'esercizio di u n dirett o e legittim o controllo datoriale, mediante l'organizzazione gerarchica dell'im presa, nota ai dipendenti, rispondente ai principi di correttezza e buona fede, né vietato dall'art. 4 legge n. 300/1970, esclusivamente riferito all'uso di apparecchiature per il controllo a distanza. 
Il giudice di rinvio ha quindi reputato la condotta disciplinare contestata palesemente contraria ai doveri fondamentali ed eccedente il cd. “minimo etico”, avendo la socie tà datrice rilevato (nell'ambito dei controlli di competenza della direzione del tronco autostradale interessato) la sosta dell'auto aziendale - affidata per il servizio al lavoratore e ad un suo collega, dalle ore 3,06 circa alle ore 4,45 circa del 19 settembre 2009, in coincidenza del turno lavorativo - completamente inoperosa sul piazzale del posto di manutenzione di ### avendo pure il predetto registrato nel rapporto di se rvizio un intervento di rimozione di un ostacolo in orario incoerente con i dati telepass dell'apparato installato sull'auto e neppure segnalato alla sala radio, in violazione delle disposizioni di servizio del 24 febbraio 2009; 4. con atto notificato l'8 giugno 2021, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell'art. 380bis1 c.p.c., cui la società ha resistito con controricorso; 5. il collegio ha riservat o la motivaz ione, ai sensi d ell'art.  380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.  ### 1. il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 legge n. 604/1966 in relazione agli artt. 36 e 37 del ### 15 luglio 2005 per dipendenti da autostrade e trafori come integrato da codice disciplinare e modello organizzativo, nonché dell'art. 384, primo e secondo comma c.p.c., per avere il giudice di rinvio disatteso, pur avendolo enunciato, il principio di diritto fissato dalla Corte di Cassazione (di esclusione di un'autonoma e più grave valutaz ione, da parte del giudice di merito, del comportamento contestato al lavoratore come giusta causa di licenziamento, rispetto alla previsione contrattuale collettiva di sanzione conservativa, salva l'accertata volontà delle parti di escludere quella espulsiva anche nei casi più gravi), non avendo proceduto al raffronto, sing olare e complessivo, tra comportamenti e previsioni discip linari ( consistenti in una sanzione conservativa , variamente modulata, in relazione ad ognuno), ma elaborato un proprio concetto di grav ità indipendente dal codice disciplinare, in base ad un errato ragionamento logico - giuridico, attribuendo particolare rilievo ad un elemento mai posto in discussione ( la preventiva affissione del codice disciplinare), senza procedere invece al suo esame (primo motivo); 2. esso è infondato; 3. occorre p remettere l'accog limento, da parte della Corte regolatrice con sentenza rescindent e, dei primi tre motivi d i ricorso di ### s.p.a. (assorbito il quarto), tutti relativi ad errores in iudicando, con la conseguente devoluzione al giudice di rinvio della sola qualificazione giuridica dei fatti, non più in discussione, in base ad un corretto procediment o di sussunzione; 5 3.1. è noto che i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio siano diversi, a secon da che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l'una e per l'altra rag ione: infatti, nella prima ipotesi , il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell'art. 384, primo comma c .p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senz a possibi lità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda, esso può non solo valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche ind agare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronu ncia da emettere in sostituzione di quella c assata, te nendo conto, peraltro, delle preclusio ni e decadenze già verificatesi; nella terza ipotesi, la potestas iudicandi del giudice di rinvio, oltre ad estrinsecarsi nell'applicaz ione del principio di diritto, può comportare la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione e sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse (Cass. 24 ottobre 2019, n. 27337; Cass. 14 gennaio 2020, n. 448; 15 giugno 2023, n. 17240); 3.2. posto che nel caso di specie si verte nella prima ipotesi, la censura non deduce un errore di diritto, in merito all'operazione di sussunzione della Corte territoriale della concreta fattispecie nel parametro generale della clausola elastica integrante una lesione irrimediabile del vincolo di fiducia (solo sindacabile in sede di leg ittimità: Cass. 10 luglio 2018, n. 1817 0; Cass. 2 maggio 2022, n. 13774), a base del rapporto di lavoro tra le parti secondo l'accertamento compiuto dalla Corte di merito (dal 6 p.to 7, all'ultimo capoverso di pg. 6 al p.to 7.2, all'ultimo di pg.  9 dell a sentenza), veicolando piuttosto una contestazione dell'apprezzamento in fatto della Corte territoriale, in sede di legittimità essendo però insindacabile la valutazione di gravità della condotta d a essa compiuta, nella consapevolez za dello standard integrante la nozione di giusta causa, in base a congruo ragionamento argomentativo aderente alle circostanze accertate; 3.3. la Corte capitolina ha pertanto rispettato i principi di diritto fissati dalla sentenza rescindente, indicati nella superiore parte espositiva, con specifico riferimento ad una valutazione globale degli addebiti contestati (in particolare, di mancat o pattugliamento rispetto alla sosta del mezzo, ad esso contestuale e rientrante nelle attività tipicamente proprie del lavoratore, quale ausiliario alla viabilità, ai sensi dell'art. 19, livello C, relat ivo profilo professionale), dando ri lievo nella valutazione di g ravità dei fatti ad elementi concreti, posti in correlata combinazione t ra loro, così sovvenendo all'omessa effettuazione, nella sentenza d'appell o annullata, della “qualificazione giuridica dei fatti e” del “giudizio di sussunzione dei fatti contest ati nell'ambit o della clausola generale della giusta causa … in sin tonia con i princi pi elaborati ” dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 5 giugno 2017, n. 13930, in motivazione sub p.to 7); 4. il ricorrente ha poi dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 5 legge n. 604/1966, anche in relazione all'art.  4 legge n. 300/1970, per non avere la società datrice, benché oneratane, dato prova della giusta causa di licenziamento, non essendo utilizzabili i dati telepass, integranti controllo a distanza vietato, nulla avendo egli ammesso, avendo anzi dedotto prova per testi d i circostanze contrarie a quelle apoditticamente 7 ritenute dalla Corte territoriale (secondo motivo); nullità della sentenza per violazione d ell'art. 112 c.p.c., per mancat a ammissione della prova e della controprova dedotte, in particolare riferimento al contrasto tra le parti sul ritardato inizio del pattugliamento, sul contatto con la sala radio durante la sosta, sulla rimozione dell'ostacolo e sull'esecuzione del doppio pattugliamento (terzo motivo); omesso esame di più fatti tutti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quali le circostanze oggetto di ded uzione di prova orale suindicate e sull'esistenza o meno di autorizzazioni de ll'ispett orato o sindacali all'uso del sistema telepass per il controllo dell'attività lavorativa (quarto motivo); 5. essi, cong iuntamente esam inabili per ragioni di stretta connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondati; 6. in via di premessa, giova ribadire che la disposizione dell'art.  3 legge n. 300/19 70 - secondo la quale i n ominativ i e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell'attività lavorativa devono essere comun icati ai lavoratori interessati - non ha fatto venire men o il potere dell'imprenditore, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c. c., di controllare, direttamente o mediante l'organizzazione gerarchica che a lui faccia capo e che sia conosciu ta dai dipendenti, l'adempimento delle prestazioni cui costoro siano tenuti e, così, di accertare eventuali mancanze specifiche degli stessi, già commesse o in corso di esecuz ione, indipendentemente dalle modalità con cui sia stato compiuto il controllo: attesa la peculiare posizione suddetta di colui che lo effettua, infatti, esso può legitt imamente avvenire anche occultamente, a ciò non ostando né il principio di correttezza e buona fede nell'attuazione del rapporto di lavoro, né il divieto previsto dall'art. 4 legge cit., riferito esclusivamente all'uso di 8 apparecchiature per il controllo a distanza e non appli cabile analogicamente, siccome penalmente sanzionato (Cass. 9 ottobre 2020, n. 21888, in motivazione sub p.to 8). 
In speci fico riferimento al telepass ###, che è un sistema radio - elettronico per il pagamento automatico d el pedaggio autostradale idoneo a consentire di passare il casello senza dover si arrestare, esso è piename nte utilizzabile, non essendo strumento di controllo vietato, ma un apparecchio montato sull'automezzo con la finalità detta e pertanto modalità ### di controllo organizzativo interno, nota al dipendente utilizzatore dell'automezzo su cui installato: con la conseguente completezza dell'accertamento in fatto compiuto dalla Corte territoriale (in particolare al p.to 7. 2, a pgg. 9 e 10 della sentenza); 7. al di là dell'inconfigurabilità dei vizi di error in procedendo, per violazione dell'art. 112 c.p.c., in ragione della mancata ammissione delle prove dedotte (non dando esse lugo ad un capo di domanda suscettibile di denuncia per vizio di omessa pronuncia: Cass. 16 maggio 2012, n. 7653; Cass. 27 novembre 2017, n. 28308; Cass. 16 luglio 2018, n. 18797) e di omesso esame di più fatti tutt i decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (non integranti un “fatto storico”, per la contestata valutazione di risultanze istruttorie con la deduzione di ulteriori mezzi istruttori: Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053; tanto meno di caratt ere decisivo, per la de duzione di una pluralità di fatti, ex se escludente la portata risolutiva di ciascuno: Cass. 5 luglio 2016, n. 13676; Cass. 28 maggio 2018, n. 13625; Cass. 3 maggio 2019, n. 11705), occorre ribadire la preclusione della possibilità di mo dificare l'accertamento in fatto né la valutazione dei dati acquisiti al processo. E ciò per il rigoroso rispetto del perimetro decisionale devoluto al giudice di 9 rinvio, nel cas o di annullamen to per viola zione o falsa applicazione di norme di diritto, come appunto nel caso di specie, limitato al suo obbligo di uniformarsi, ai sensi dell'art.  384, primo comma c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione (Cass. 24 ottobre 2019, n. 27337; 14 gennaio 2020, n. 448; Cass. 15 giugno 2023, n. 17240); 8. pertanto , il ricorso deve essere rigettato e le spese d el giudizio regolate secon do il regime di soccombenza, con raddoppio del contributo unificato, ove spe ttante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conform emente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535) P.Q.M.  La Corte rigetta il rico rso e condan na il lavorator e ricorren te alla rifusione, in favore della contro ricorrente , alle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussisten za dei presupposti pro cessuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell'ulterio re importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso nella ### camerale del 24 aprile 2024  

Giudice/firmatari: Esposito Lucia, Patti Adriano Piergiovanni

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Corte di Cassazione, Sentenza n. 32726/2021 del 09-11-2021

... ad ottenere l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento per esito negativo del periodo di prova, intimato il 26 luglio 2017 dal dirigente scolastico dell'#### di ### e la conseguente condanna del Ministero appellato alla reintegrazione nel posto di lavoro in precedenza occupato di docente di violoncello - classe concorsuale ### - ed al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, delle retribuzioni maturate sino alla data della riammissione in servizio. 2. La Corte territoriale, riassunti i fatti di causa, ha rilevato, in sintesi, che correttamente il Tribunale aveva ritenuto infondate le numerose censure, perlopiù di carattere formale, sollevate con il ricorso introduttivo e riproposte in appello, perché alla formulazione del giudizio finale l'amministrazione era pervenuta all'esito di un percorso formativo congruo, nel corso del uale erano state acquisite relazioni, formate da soggetti diversi, tutte convergenti quanto alla valutazione negativa dell'operato della ### Ha precisato, in particolare, che: a) la richiamata valutazione aveva riguardato principalmente l'attività di docenza di violoncello svolta presso l'### e non solo le ore aggiuntive assegnate nella scuola (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso 3962-2020 proposto da: ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avvocato ### rappresentata e difesa dall'avvocato ### - ricorrente - 2021 contro ###'ISTRUZIONE, ### E ### - intimato - avverso la sentenza n. 740/2019 della CORTE ### di MILANO depositata il ### R.G. 1538/2018; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/07/2021 dal ###. ###; udito il P.M. in persona del ###. ### che ha concluso per accoglimento del primo motivo del ricorso con assorbimento degli altri motivi; udito l'### per delega ### RG 3962/2020 ### 1. La Corte d'Appello di Milano ha respinto l'appello di ### avverso la sentenza del Tribunale di Lecco che aveva rigettato il ricorso, proposto nei confronti del Ministero dell'### dell'### e della ### volto ad ottenere l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento per esito negativo del periodo di prova, intimato il 26 luglio 2017 dal dirigente scolastico dell'#### di ### e la conseguente condanna del Ministero appellato alla reintegrazione nel posto di lavoro in precedenza occupato di docente di violoncello - classe concorsuale ### - ed al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, delle retribuzioni maturate sino alla data della riammissione in servizio.  2. La Corte territoriale, riassunti i fatti di causa, ha rilevato, in sintesi, che correttamente il Tribunale aveva ritenuto infondate le numerose censure, perlopiù di carattere formale, sollevate con il ricorso introduttivo e riproposte in appello, perché alla formulazione del giudizio finale l'amministrazione era pervenuta all'esito di un percorso formativo congruo, nel corso del uale erano state acquisite relazioni, formate da soggetti diversi, tutte convergenti quanto alla valutazione negativa dell'operato della ### Ha precisato, in particolare, che: a) la richiamata valutazione aveva riguardato principalmente l'attività di docenza di violoncello svolta presso l'### e non solo le ore aggiuntive assegnate nella scuola primaria; b) la relazione negativa redatta dal dirigente scolastico, che segnalava «comportamenti didattici incongrui, talora nervosi e insofferenti, talora poco equilibrati», aveva trovato riscontro nei numerosi esposti inviati dalle famiglie e dagli alunni; c) analogo giudizio era stato espresso dall'ispettore nella relazione del 28 maggio 2017, con la quale era stato anche evidenziato che era emerso «uno scenario di rilevante problematicità, caratterizzato da offese, umiliazioni, confronti tra studenti e con se stessa e scarsa consapevolezza ed autoregolazione dei propri atteggiamenti critici»; d) anche il ### di valutazione aveva espresso parere negativo, dando atto nel verbale del 28 giugno 2018 della difficoltà della docente di rispondere in modo pertinente alle domande alla stessa rivolte; e) dalla documentazione prodotta emergeva che il percorso formativo era stato adeguatamente concordato attraverso un costante confronto fra l'appellante, il dirigente scolastico e la tutor, la quale aveva mostrato piena disponibilità per le esigenze manifestate dalla ### sicché infondate erano le censure basate sulla mancata conoscenza del RG 3962/2020 provvedimento con il quale, all'esito del primo anno, era stata disposta la ripetizione della prova e sulle carenze dell'attività informativa e di affiancamento.  3. Per la cassazione della sentenza ### ha proposto ricorso sulla base di sei motivi, ai quali non ha opposto difese il ### rimasto intimato.  4. La ricorrente ha depositato memoria x art. 378 cod. proc. civ. ed ha ulteriormente illustrato le ragioni del ricorso in sede di discussione orale richiesta ex art. 23, comma 8 bis, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176/2020.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 438, comma 3, del d.lgs. n. 297/1994 e, richiamate le deduzioni svolte nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e nell'atto d'appello, insiste nel sostenere che la prova doveva riguardare la sola attività di docente di violoncello nella scuola secondaria di primo grado, ossia la cattedra per la quale la nomina era stata conseguita, e, pertanto, il dirigente scolastico non poteva assegnarle ore aggiuntive di insegnamento nella scuola primaria. Aggiunge che la violazione del principio secondo cui la prova deve essere svolta con riferimento alle mansioni di assunzione non poteva essere esclusa attribuendo rilievo al consenso prestato dalla docente, consenso che si giustificava in ragione del naturale metus avvertito dal lavoratore durante il periodo di prova.  2. La seconda censura, ricondotta al vizio di cui all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., addebita alla Corte territoriale la violazione e falsa applicazione dell'art. 13, comma 1, del d.m.  850/2015, dell'art. 4 della legge n. 124/1999 e dell'art. 2096 cod. civ.. La ricorrente rileva che il legislatore ha fissato il termine delle attività didattiche al 30 giugno di ogni scolastico sicché il parere del ### di valutazione, espresso il 28 giugno 2017, era stato reso prima che fosse stato svolto interamente il periodo di prova e ciò rendeva il recesso illegittimo per violazione dell'art. 2096 cod. civ..  3. Con la terza critica, formulata ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., si deduce «omesso esame da parte della Corte d'appello della mancata comunicazione alla prof.ssa ### da parte del ### del provvedimento di mancato superamento del primo periodo di prova; violazione e falsa applicazione dell'art. 14 comma 3 del d.m. 850 del 27 ottobre 2015». 
La ricorrente premette che i giudici del merito, nel ritenere insussistente il profilo di illegittimità denunciato, hanno ricostruito diversamente i fatti di causa ed aggiunge che la Corte d'Appello ha confuso la comunicazione alla docente, mai avvenuta, con quella alle autorità scolastiche, che non era oggetto di contestazione. Ribadisce che, accertata la violazione dell'art. 14, 2 RG 3962/2020 comma 3, del d.m. 850/2015, doveva essere ritenuto illegittimo il recesso, intervenuto quando già il rapporto si era consolidato a partire dal 1° settembre 2016.  4. Il quarto motivo denuncia ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. la nullità della sentenza per omesso esame del motivo di appello con il quale era stato eccepito che l'esecuzione del patto di prova non era avvenuta correttamente, in quanto l'utilizzazione nella scuola primaria era stata disposta in assenza di specifiche attività formative.  5. Analoga censura è proposta con il quinto motivo, che addebita alla Corte d'appello di non avere pronunciato sulla necessità di specifica valutazione da parte del dirigente scolastico della programmazione annuale predisposta dalla ricorrente, il cui esame è parte integrante della procedura che, di conseguenza, non si era svolta correttamente.  6. Infine con il sesto motivo è denunciata, sempre ai sensi dell'art. 360 n. 4 cod. proc.  civ., l'omessa pronuncia sul motivo d'appello con il quale era stata dedotta la violazione dei primi tre commi dell'art. 5 del d.m. n. 850/2015, che impongono di motivare il provvedimento di ripetizione del periodo di formazione, indicando le criticità emerse e le forme di supporto formativo.  7. Il primo motivo di ricorso è infondato, quanto alla denunciata violazione dell'art. 438 del d.lgs. n. 297/1994, e presenta anche profili di inammissibilità nella parte in cui, a sostegno della censura, prospetta una valutazione delle risultanze di causa e della documentazione acquisita, diversa rispetto a quella che si legge nella sentenza impugnata. 
Occorre premettere che la disciplina dell'assunzione in prova del personale docente è oggi dettata dall'art. 1, commi da 115 a 120, della legge n. 107/2015 che, ribadito il principio, comune all'impiego pubblico contrattualizzato, secondo cui l'immissione in ruolo è sempre subordinata al superamento del periodo di formazione e di prova ( comma 115), aggiunge che a tal fine è necessario lo svolgimento di servizio effettivo per almeno centottanta giorni, di cui centoventi impegnati nelle attività didattiche (comma 116) e precisa, al comma 117, che il giudizio finale, riservato al dirigente scolastico, deve essere espresso previo parere del comitato per la valutazione istituito ai sensi dell'art. 11 del d.lgs. n. 297/1994 e sulla base dell'istruttoria svolta dal tutor. Il legislatore ha rinviato, quanto alla individuazione degli obiettivi, alle modalità di valutazione, alla disciplina delle attività formative, ad un decreto del ### dell'### dell'### e della ### ( comma 117) ed infine ha richiamato gli artt. da 437 a 440 del T.U., se compatibili con la nuova disciplina.  4.1. ###. 438, del quale la ricorrente denuncia la violazione, prescrive che «durante il periodo di prova il personale deve essere impiegato sulla cattedra, sul posto o nell'ufficio per il quale la nomina è stata conseguita» e, quindi, stabilisce una necessaria correlazione fra le mansioni in relazione alle quali l'esperimento deve essere condotto e quelle proprie della cattedra alla quale la nomina si riferisce.  3 RG 3962/2020 In ciò la disciplina scolastica non si discosta da quella più generale dell'impiego pubblico contrattualizzato in relazione alla quale questa Corte, ribadita l'inapplicabilità dell'art. 2096 cod. civ. perché la prova avviene ex lege e non per effetto di patto inserito nel contratto di lavoro dall'autonomia contrattuale (Cass. n. 21586/2008; Cass. n. 17970/2010; Cass. 655/2015; Cass. n. 9296/2017; Cass. n. 21376/2018), ha osservato che dalla doverosità dell'assunzione in prova deriva che il regolamento contrattuale viene ad essere necessariamente integrato, ex art. 1339 cod. civ., dalla disciplina dettata dal legislatore e dalle parti collettive, sicché ciò che rileva ai fini della legittimità del recesso è solo che la valutazione sull'esito dell'esperimento venga espressa dopo un adeguato periodo di assegnazione a mansioni proprie della categoria o del profilo professionale di assunzione, sia motivata e sia coerente con le finalità della prova Cass. n. ###/2018).  4.2. Ne discende che, al fine di accertare se una determinata prestazione possa essere o meno ricompresa fra quelle oggetto di esperimento, occorre indagare quali siano gli obblighi posti al personale docente e, quindi, chiedersi se l'assegnazione della cattedra in relazione ad un determinato insegnamento implichi che necessariamente la prestazione debba rimanere circoscritta alla classe, oltre che alla materia di competenza, o se invece l'autonomia scolastica incida anche sulle attività esigibili dal docente che, in quanto tali e per le ragioni sopra indicate, non possono essere ritenute estranee alla prova.  ###. 28 del CCNL 29.11.2007, dopo aver richiamato i principi dettati dal ### sull'autonomia didattica, stabilisce che «gli obblighi di lavoro del personale docente sono articolati in attività di insegnamento ed in attività funzionali alla prestazione di insegnamento. 
Prima dell'inizio delle lezioni il dirigente scolastico predispone, sulla base delle eventuali proposte degli organi collegiali il piano annuale delle attività e i conseguenti impegni del personale docente, che sono conferiti in forma scritta e che possono prevedere attività aggiuntive», attività che, quindi, non esulano dagli obblighi assunti dal docente titolare della cattedra. 
Sempre in armonia con la legislazione che demanda alle istituzioni scolastiche la programmazione dell'azione didattica ed educativa i ### succedutisi nel tempo hanno previsto che le attività aggiuntive devono essere deliberate in coerenza con il piano dell'offerta formativa, che, a sua volta, può essere estesa in relazione alle esigenze provenienti dal territorio e non rimanere limitata all'istituto scolastico di assegnazione ( significative in tal senso sono già le disposizioni del d.P.R. 275/1999 artt. 6 e 7). 
Le attività aggiuntive nella materia di insegnamento, assegnate in coerenza con il piano dell'offerta formativa, con il consenso dell'insegnante e nel rispetto della normativa contrattuale, non possono, quindi, essere ritenute estranee all'ambito delle mansioni proprie del profilo docente, sicché nulla esclude che le stesse possano essere legittimamente 4 kG. 3962/2020 assegnate all'assunto in prova, senza che per ciò solo risulti compromessa la funzione propria dell'esperimento.  4.3. Alle considerazioni che precedono, già assorbenti, si deve aggiungere che la Corte territoriale, all'esito dell'accertamento di fatto non censurabile in questa sede, ha ritenuto che la valutazione negativa «ha investito anche ed essenzialmente la certamente prevalente attività di docenza di violoncello presso l'### di ### ed ha riportato ampi stralci della relazione del dirigente scolastico nonché di quella redatta all'esito della verifica ispettiva per evidenziare che il giudizio era stato espresso principalmente apprezzando l'ordinaria attività didattica nella scuola secondaria nonché il modo di porsi della docente nelle relazioni con gli alunni e le famiglie. 
Così ragionando il giudice d'appello non si è discostato dal principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui non ogni difformità dalle pattuizioni, quanto alle mansioni, integra un inadempimento tale da incidere sulla legittimità del recesso, occorrendo invece che l'assegnazione in via continuativa di ulteriori funzioni comporti, per il rilievo qualitativo o quantitativo di queste ultime, che si debba considerare sostanzialmente mutato l'oggetto complessivo della prestazione o che «risulti la potenziale incidenza delle ulteriori mansioni sul giudizio del datore di lavoro, per la natura delle stesse (per esempio, perché esse richiedano capacità diverse o maggiori) oppure per la loro influenza sulle condizioni di espletamento delle mansioni originariamente previste» ( Cass. n. 15432/2001). 
Il giudice di merito ha escluso che nella fattispecie il giudizio negativo sia stato condizionato dalla prestazione aggiuntiva, sicché, anche sotto tale profilo, va esclusa la fondatezza della censura.  5. Il secondo motivo è inammissibile nella parte in cui denuncia, ex art. 360 n. 3 cod.  proc. civ., la violazione dell'art. 13 del d.m. n. 850/2015 ed infondato per il resto.  ###. 1, comma 118, della richiamata legge n. 107/2015, non ha conferito al ### competente la legittimazione alla produzione di norme giuridiche secondarie sulle modalità di espletamento della prova, ma ha solo inteso attribuire all'amministrazione centrale un potere di direttiva, che limita l'autonomia delle singole istituzioni scolastiche, al fine di garantire la necessaria uniformità in una materia che, da un lato, rientra fra quelle rimaste riservate al Ministero ai sensi dell'art. 15, lett. b) del d.P.R. n. 275/1999, dall'altro, quanto ai tempi ed ai modi dell'esperimento e della formazione, coinvolge direttamente i singoli dirigenti scolastici (cfr. in fattispecie analoga C.d.S. atti nornn. n. 137/2008). 
Ai sensi dell'art. 17 della legge n. 400/1988 con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenze del ### «quando la legge espressamente conferisca tale potere» ed in tal caso il decreto deve recare la denominazione «regolamento», 5 RG 3962/2020 deve essere adottato previo parere del Consiglio di Stato, deve essere sottoposto al visto ed alla registrazione della Corte dei ### ed infine deve essere pubblicato sulla ### Le richiamate condizioni non ricorrono nella fattispecie ( il d.m. non reca la dizione regolamento, non è stato sottoposto al parere del Consiglio di Stato, non è pubblicato sulla ### sicché, esclusa la natura normativa, del decreto non può essere denunciata la violazione ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. e valgono i medesimi principi affermati in relazione alla violazione delle circolari e delle direttive che, si è detto, non contengono norme di diritto e sono riconducibili alla categoria degli atti unilaterali negoziali o amministrativi con la conseguenza che la loro interpretazione costituisce un apprezzamento di fatto, istituzionalmente riservato al giudice del merito, sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale (Cass. n. 18723/2016; Cass. n. 8296/2006; Cass. n. 4942/2004; Cass. n. 1114/2002).  5.1. Si è già evidenziato che l'art. 2096 cod. civ. non è applicabile all'impiego pubblico contrattualizzato ( si rinvia alle pronunce citate al punto 4.1) e che la legge n. 107/2015 ed il d.lgs. n. 297 chiedono per il valido esperimento della prova un periodo minimo di 180 giorni.  ###. 440 del richiamato decreto prescrive, poi, che «l'anno di formazione ha inizio con l'anno scolastico e termina con la fine delle lezioni», non delle attività didattiche, sicché del tutto inconferente è il richiamo all'art. 4 della legge n. 124/1999, che non si riferisce alla durata della prova, bensì a quella delle supplenze temporanee. 
Non è in discussione che nella fattispecie il servizio sia stato reso per più di 180 giorni e la stessa ricorrente riconosce che le lezioni erano terminate 1'8 giugno, di talché si deve escludere l'asserita illegittimità del recesso, che la ### deduce facendo leva sulla circostanza che il parere del comitato di valutazione, non il provvedimento finale del dirigente scolastico, sarebbe intervenuto il 28 giugno, quando ancora il periodo di formazione doveva essere, a suo dire, in corso.  6. Inammissibile è la terza censura perché, quanto alla violazione dell'art. 14 del d.m.  850/2015, valgono le considerazioni sopra esposte, e, per il resto, il motivo sollecita una revisione dell'accertamento di fatto, non consentita in sede di legittimità. 
A seguito della riformulazione dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ad opera del d.l.  83/2012, nel giudizio di cassazione, in relazione all'apprezzamento delle risultanze processuali, rileva solo l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo. ### esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di 6 r-tq 3962/2020 tutte le risultanze probatorie e neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante nel giudizio di legittimità (Cass. S.U. n. 8053/2014; Cass. S.U. n. 9558/2018; Cass. S.U. n. ###/2018; Cass. S.U. n. ###/2019). 
La Corte territoriale ha valutato il fatto storico del quale la ricorrente lamenta l'omesso esame e ha ritenuto di dovere escludere l'asserita ignoranza del contenuto del provvedimento di mancato superamento del primo anno di prova alla luce della documentazione prodotta, dalla quale emergeva che il successivo percorso formativo era stato «adeguatamente concordato attraverso un costante confronto con la stessa appellante». 
La censura, oltre a risolversi in una critica all'accertamento di fatto compiuto dal giudice d'appello, non coglie pienamente la ratio della decisione, perché trascura del tutto il riferimento ai rapporti intercorsi fra il tutor, il dirigente scolastico e l'appellante, inserito nella motivazione della sentenza all'evidente fine di sottolineare che proprio quella costante interlocuzione, intervenuta nel secondo anno di prova, era sufficiente a dimostrare la piena consapevolezza da parte della ### dell'esito negativo della prima valutazione.  7. Ad analoghe conclusioni si giunge quanto al quarto, al quinto ed al sesto motivo di ricorso, che denunciano tutti l'omessa pronuncia su motivi di appello con i quali erano state reiterate specifiche censure inerenti la non regolarità della prova e l'inadeguatezza della formazione ricevuta nel periodo dell'esperimento. 
Questa Corte ha già affermato, ed il principio deve essere qui ribadito, che «non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un'espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto» ( Cass. n. 15255/2019). 
La Corte territoriale, dopo avere dato atto dei plurimi motivi di appello formulati dalla ### ponendo ciascuno in correlazione con la motivazione della sentenza di prime cure (a pag. 5 si riporta il motivo inerente la mancata comunicazione del provvedimento con il quale era stata disposta la rinnovazione dell'anno di prova; alle pagine 6 e 7 si fa riferimento all'obbligo di formazione ed alla censura secondo la quale l'obbligo non sarebbe stato assolto quanto alla scuola primaria; a pag. 8 si fa espresso riferimento alla programmazione annuale ed alla motivazione del provvedimento con il quale era stata disposta la proroga della prova), li ha esaminati e valutati unitariamente ritenendo che le numerose censure, per lo più di natura formale, non fossero «tali da inficiare la validità del licenziamento impugnato al quale l'### è pervenuta all'esito di un percorso formativo comunque congruo e nel 7 RG 962/2020 corso del quale sono intervenuti ....atti e relazioni rese da soggetti diversi che convergono circa una valutazione negativa dell'operato della docente». 
Si tratta di una motivazione complessivamente riferita a tutti i motivi di impugnazione, sicché non è ravvisabile il denunciato vizio di omessa pronuncia, che non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione comporti il rigetto della pretesa (cfr. fra le tante Cass. n. 12652/2020 e Cass. n. 2151/2021). Il giudice del merito, infatti, non è tenuto ad esaminare espressamente e singolarmente ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, atteso che ai sensi dell'art. 132 n. 4 cod. proc.  civ. è necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, con la conseguenza che si devono ritenere disattesi per implicito tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo seguito.  8. In via conclusiva il ricorso deve essere rigettato. 
Non occorre statuire sulle spese del giudizio di legittimità perché il Ministero dell'### dell'### e della ### è rimasto intimato. 
Al riguardo rileva il Collegio che il controricorso, al quale la ricorrente replica con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., non risulta depositato nel rispetto dei termini e delle forme prescritte dall'art. 370 cod. proc. civ., né si rinviene negli atti del fascicolo d'ufficio, sicché, anche sulla base di quanto annotato nel registro generale, si deve ritenere il Ministero non costituito. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L.  24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso. 
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto ### così deciso nella camera di consiglio del 14 luglio 2021 ### estensore ### q###e"ieki).(L (1\j(5—\4 

Giudice/firmatari: Manna Antonio, Di Paolantonio Annalisa

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Corte d'Appello di Napoli, Sentenza n. 2608/2023 del 20-06-2023

... svolti. Quanto alla doglianza sulla illegittimità del licenziamento, l'appellante con il ricorso introduttivo deduceva di essere stato licenziato oralmente in data ### ed allontanato dal luogo di lavoro poiché ritenuto responsabile di un ammanco di cassa; di aver impugnato il licenziamento con lettera del 18.4.2017. La società datrice contestava l'impugnazione del licenziamento con racc. a/r del 26.4.2017, affermando che non vi era stato alcun licenziamento e, successivamente, comunicava al lavoratore formale recesso per giusta causa in ragione dell'ingiustificata assenza dal luogo di lavoro (cfr. produzione ricorrente di I grado). Appare opportuno premettere che, secondo la ricostruzione giurisprudenziale in punto agli oneri probatori incombenti sulle parti in caso di licenziamento orale, il lavoratore che impugni il licenziamento allegandone l'intimazione senza l'osservanza della forma scritta ha l'onere di provare, quale fatto costitutivo della domanda, che la risoluzione del rapporto è ascrivibile alla volontà datoriale, seppure manifestata con comportamenti concludenti, non essendo sufficiente la prova della mera cessazione dell'esecuzione della prestazione lavorativa (cfr. Cassazione (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI Sezione controversie di ### e di ### ed ### composta dai magistrati: 1. dr. ### 2. dr. ### 3. dr. ### rel.  riunita in camera di consiglio, all'esito di trattazione scritta, ha pronunciato in grado di appello all'udienza del 18 maggio 2023 la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1714/2021 R.G. sezione lavoro, vertente TRA ### rappresentato e difeso dall'avv. ### presso il cui studio in Napoli alla via dell'### n. 175 è elettivamente domiciliato -appellante E ### S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. ### presso il cui studio in Napoli alla via ### n. 91 elegge domicilio -appellata ### ricorso depositato il ### davanti al Tribunale di S.M. ### in funzione di giudice del lavoro, ### dipendente del ### s.r.l. dal 1.1.2015 al 20.2.2017 con mansioni di commesso al banco presso il punto vendita ### “la Reggia” in ### inquadrato nel livello IV del ### e ### con orario di lavoro nel periodo estivo, sabato domenica e mercoledì dalle ore 10 alle 22 e lunedì martedì e venerdì dalle ore 10 alle 16 e, nel periodo invernale sabato domenica e mercoledì dalle ore 10 alle 21 e lunedì martedì e venerdì dalle ore 10 alle 17. 
Chiedeva accertarsi la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno per complessive 54 ore, di cui 40 ore settimanali di lavoro ordinario e 14 ore di straordinario e la condanna della resistente ### al pagamento delle differenze retributive e dell'indennità sostitutiva nella misura di 15 mensilità globali di fatto, previa dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimato oralmente. 
Nella resistenza del convenuto, il giudice adito, all'esito dell'istruttoria orale e documentale, con sentenza n. 1370 pubblicata il ###, ha accolto il ricorso limitatamente alla somma relativa al ### alla mensilità di febbraio 2017 ed alla 13^ mensilità del 2017, il tutto per complessivi € 2.783,40. 
Con ricorso in appello depositato il ###, lo ### ha sostanzialmente addebitato al Tribunale di non avere correttamente valutato le prove, sia quelle documentali che orali, dalle quali risulta che il rapporto di lavoro de quo era a tempo pieno, con l'orario di lavoro e l'inquadramento come richiesti nel ricorso introduttivo. Ha lamentato, altresì, la omessa pronuncia sull'utilizzo da parte del datore di lavoro in busta paga di un elemento contributivo non più in vigore. 
La società ### s.r.l. ritualmente costituita contestando l'odierno gravame - assumendo essere intercorso un rapporto di lavoro di tipo part-time, come da documentazione in atti - ne ha chiesto il rigetto. 
Disposta la trattazione scritta ed acquisite le note delle parti, in forza dell'art. 127 ter c.p.c. , all'esito della camera di consiglio la causa veniva riservata per la decisione.  MOTIVI DELLA DECISIONE ### va rigettato. 
Ritiene il Collegio che le prove raccolte nel giudizio di primo grado non siano sufficienti a dimostrare l'espletamento della prestazione lavorativa dell'odierna appellante secondo un orario full time, svolto per sei giorni settimanali. 
Ed invero, il teste escusso ### figlio del ricorrente, ha riferito: “### volta mi sono recato presso il negozio in quanto andavo a trovare mio padre. Ricordo che mio padre ogni mese riceveva un foglio con i turni di lavoro che avrebbe osservato in quel mese, che noi appendevamo sul frigorifero in cucina. Ricordo di sicuro che due giorni a settimana mio padre osservava un turno dalle 10.00 alle 22.00. Ricordo che gli altri giorni osservava un turno di 6 ore ed un riposo settimanale. Non ricordo il giorno preciso in cui mio padre ha smesso di lavorare. Ricordo che tanto è avvenuto nel mese di febbraio 2017”. 
Il teste ### vicino di casa del ricorrente ha riferito di essersi recato “presso il negozio due o tre volte all'anno..per 4 0 5 anni” per l'acquisto di abiti, facendosi consigliare dal ricorrente; ha detto di essere a conoscenza del licenziamento senza però averne chiesto i motivi all'interessato e che lo ### osservava dei turni indicati su un foglio. 
Ebbene, dalla deposizione del teste ### nulla si evince circa l'orario di lavoro osservato, avendo lo stesso dichiarato di essersi recato sul luogo di lavoro del padre soltanto qualche volta. 
Anche il teste ### si era recato al negozio con una frequenza pressoché irrilevante (“due o tre volte all'anno”) nell'arco di “4 o 5 anni”. 
Parte appellante si duole del fatto che il primo giudice abbia omesso in motivazione le dichiarazioni rese dalla teste ### riguardo al pagamento di € 800,00 in contanti al ricorrente oltre allo stipendio in busta paga, di cui la teste era a conoscenza in quanto si occupava di effettuare i bonifici e comunicava alla legale rappresentante dell'azienda (### sorella del ricorrente) la differenza da dare in contanti, anche se mai aveva assistito a detti pagamenti. 
Tale deposizione, invero, non ha alcun nesso con lo svolgimento del preteso orario full time (di cui la teste non riferisce alcunché) né tanto meno dimostra che il datore di lavoro ne fosse a conoscenza. 
Le dichiarazioni dei testi escussi non hanno confermato quanto dedotto dal ricorrente riguardo all'orario di lavoro e quindi alla tipologia di contratto intercorso. 
Conseguentemente, l'orario complessivo settimanale svolto dallo ### non supera le ore settimanali contrattualmente pattuite e non comporta, pertanto, l'invocata trasformazione in rapporto a tempo pieno. 
In argomento, la giurisprudenza ha reiteratamente affermato che il rapporto a tempo parziale si trasforma in rapporto a tempo pieno per fatti concludenti, in relazione alla prestazione lavorativa resa, costantemente, secondo l'orario normale, o addirittura con orario superiore (Cass. n. 21160/2010; Cass. n. 6226 del 2009; n. 25891 del 2008; n. 3228 del 2008). 
Nella specie, non è configurabile un comportamento negoziale concludente nel senso di modificare stabilmente l'orario di lavoro ridotto in tempo pieno, atteso l'esito negativo della prova orale. 
La mancata prova delle circostanze di tempo e di luogo di cui era onerato il ricorrente, concernenti il superamento dell'orario di lavoro, impedisce, quindi, sia il riconoscimento delle rivendicate differenze salariali - e delle ore di lavoro straordinario - sia la trasformazione del rapporto di lavoro da part time in full time. 
Inoltre, nessuna rilevanza sotto il profilo probatorio può attribuirsi alle e-mail allegate dall'appellante, relativamente ai turni asseritamente svolti, essendo le stesse prive di timbro e di sottoscrizione del datore di lavoro e non essendo l'indirizzo e-mail di provenienza riconducibile allo stesso. E in ogni caso, quand'anche vi fosse la certezza circa la provenienza dei suddetti documenti, nulla prova che poi, di fatto, i turni in questione siano stati effettivamente svolti. 
Quanto alla doglianza sulla illegittimità del licenziamento, l'appellante con il ricorso introduttivo deduceva di essere stato licenziato oralmente in data ### ed allontanato dal luogo di lavoro poiché ritenuto responsabile di un ammanco di cassa; di aver impugnato il licenziamento con lettera del 18.4.2017. La società datrice contestava l'impugnazione del licenziamento con racc. a/r del 26.4.2017, affermando che non vi era stato alcun licenziamento e, successivamente, comunicava al lavoratore formale recesso per giusta causa in ragione dell'ingiustificata assenza dal luogo di lavoro (cfr. produzione ricorrente di I grado). 
Appare opportuno premettere che, secondo la ricostruzione giurisprudenziale in punto agli oneri probatori incombenti sulle parti in caso di licenziamento orale, il lavoratore che impugni il licenziamento allegandone l'intimazione senza l'osservanza della forma scritta ha l'onere di provare, quale fatto costitutivo della domanda, che la risoluzione del rapporto è ascrivibile alla volontà datoriale, seppure manifestata con comportamenti concludenti, non essendo sufficiente la prova della mera cessazione dell'esecuzione della prestazione lavorativa (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 01/04/2021, n. 9108). 
Il principio è ribadito dalla giurisprudenza in maniera costante: "Chi impugna un licenziamento deducendo che esso si è realizzato senza il rispetto della forma prescritta ha l'onere di provare, oltre la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, il fatto costitutivo della sua domanda rappresentato dalla manifestazione di detta volontà datoriale, anche se realizzata con comportamenti concludenti" (cfr. Corte appello ### lav., 09/07/2021, n. 956); "La mera cessazione definitiva nell'esecuzione delle prestazioni derivanti dal rapporto di lavoro non è di per sé sola idonea a fornire la prova del licenziamento, trattandosi di circostanza di fatto di significato polivalente, in quanto può costituire l'effetto sia di un licenziamento, sia di dimissioni, sia di una risoluzione consensuale. Tale cessazione non equivale ad estromissione, parola che non ha un immediato riscontro nel diritto positivo, per cui alla stessa va attribuito un significato normativo, sussumendola nella nozione giuridica di 'licenziamento' e quindi nel senso di allontanamento dell'attività lavorativa quale effetto di una volontà datoriale di esercitare il potere di recesso e risolvere il rapporto. ### cessazione nell'esecuzione delle prestazioni può solo costituire circostanza fattuale in relazione alla quale, unitamente ad altri elementi, il giudice del merito possa radicare il convincimento, adeguatamente motivato, che il lavoratore abbia assolto l'onere probatorio sul medesimo gravante circa l'intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro ad iniziativa datoriale "(cfr. Cassazione civile, sez. lav., 08/01/2021, n. 149). 
Nella fattispecie, l'appellante censura l'omessa valutazione da parte del primo giudice della comunicazione ### ritenuta essenziale ai fini dell'accoglimento della domanda. Nel documento è indicata la data di cessazione del rapporto di lavoro del 13.3.2017, la cui causale riporta la dicitura “ licenziamento per giusta causa”. 
Sul tema va ricordato che il licenziamento è atto unilaterale recettizio e, come tale, si perfeziona solo nel momento in cui viene a conoscenza del lavoratore, anche se la sua efficacia venga differita ad un momento successivo.  ###. 2 L. 604/1966 pone, infatti, in capo al datore di lavoro l'obbligo di comunicare per iscritto il licenziamento a pena di inefficacia del recesso, che, in quanto negozio unilaterale recettizio a forma vincolata, soggiace alla disciplina dettata dagli artt. 1334 e 1335 c.c. e si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione di volontà del recedente giunge a conoscenza del destinatario, acquistando così l'idoneità alla produzione dell'effetto voluto (Cass. 7593/2021; 9268/2019; 27972/2018;6845/2014). 
Risulta pertanto irrilevante la comunicazione del licenziamento per giusta causa del 13.3.2017, in atti, con modello ### richiamata da parte appellante, in epoca antecedente alla formale comunicazione del recesso al lavoratore (26.4.2017), non avendo alcun effetto sostanziale sul rapporto ed essendo sempre potenzialmente annullabile dall'azienda. 
Né, del resto, escludendo l'efficacia probatoria del modello ### per le ragioni suesposte, può ritenersi provato il licenziamento orale, attesa la natura de relato delle deposizioni testimoniali in ordine a tale circostanza. 
Un ulteriore motivo di doglianza attiene alla erronea utilizzazione da parte della società appellata, per tutta la durata del rapporto, del ### dei settori #### e ### (in vigore fino al 2014) nel calcolo della retribuzione prevista per il IV livello del suddetto contratto in luogo del ### di settore per gli anni 2015-2017. 
La censura non appare degna di rilievo, considerato che il richiamo operato dal datore di lavoro al livello contrattuale di categoria, in busta paga, è fatto meramente in via parametrica e ciò non implica affatto l'adesione alle associazioni sindacali firmatarie del ### Per ragioni di completezza è opportuno ribadire quanto affermato dal primo giudice riguardo alla pretesa indennità di ferie non godute, non avendo la prova orale fornito alcun elemento utile sul mancato godimento delle stesse da parte dello ### vista la inadeguatezza, già esaminata, della valenza probatoria della documentazione offerta dal ricorrente (turni, buste paga). 
Resta assorbita ogni altra questione, disattesi tutti i motivi di gravame trattati. 
Alla stregua delle suesposte considerazioni, l'appello deve essere pertanto rigettato. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della società appellata come da dispositivo, con attribuzione all'avv. ### dichiaratosi antistatario; Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater D.P.R. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.   P.Q.M.  La Corte così provvede: - rigetta l'appello e, per l'effetto, conferma l'impugnata sentenza; - condanna ### al pagamento, in favore della società appellata, delle spese del grado, che liquida in complessivi € 2.500,00, oltre ### CPA e spese forfettarie come per legge, con attribuzione all'avv. ### antistatario; - dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell'appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Napoli, 18.5.2023 Il consigliere estensore ### n. 1714/2021

causa n. 1714/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Catalano Anna Carla, De Lucia Maria Grazia, Barletta Paolo

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Tribunale di Cosenza, Sentenza n. 1390/2023 del 20-09-2023

... confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento, con i limiti posti dalla legge all'esercizio del suo potere di recesso, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario. Né la scelta effettuata per la costituzione di un nuovo rapporto implica, di per sé, rinuncia all'impugnazione dell'atto di recesso, dovendosi escludere che si possa desumere la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento o l'acquiescenza al medesimo dal reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva, non rivelandosi, in tale scelta, in maniera univoca, ancorché implicita, la sicura intenzione del lavoratore di accettare l'atto risolutivo” (cfr. Sez. L. 29922/2018). Ciò premesso, ritiene il Tribunale che il ricorso sia fondato e meriti, pertanto, accoglimento per le ragioni di seguito indicate. Si rileva che vertendosi in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo trovano applicazione anche nel caso di specie gli oneri di allegazione e di prova da tempo affermati dalla Corte di legittimità: “In tema di licenziamento per giustificato motivo (leggi tutto)...

testo integrale

TRIBUNALE DI COSENZA SEZIONE CONTROVERSIE DI LAVORO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Cosenza, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del ### nella persona del dott. ### all'udienza del 20.09.2023, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 948/2023 #### rappresentato e difeso dall'avv. ### ricorrente E ### E ### S.P.A, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. ### resistente ### impugnativa licenziamento ### E MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso ritualmente notificato ### conveniva in giudizio la società ### e ### S.p.a., e deduceva di essere stato assunto dalla parte convenuta in data ###, con mansioni di manovale, I livello ### e con successivo inquadramento al IV livello (dal 08.03.1999). 
Esponeva di essere stato licenziato con lettera del 16.01.2023 per giustificato motivo oggettivo in ragione della cessazione dell'appalto relativo al servizio di nettezza urbana presso il Comune di ### Lamentava che la sede di lavoro (### prevista nel contratto di assunzione non era mai mutata, neanche dopo le modifiche del livello e del ### intervenute in data ###, quando era stata “disposta la facoltà di assegnare il ricorrente presso “il Comune di #### e territori dei ### limitrofi e/o presso impianti aziendali”. 
Deduceva, quindi, che in dipendenza del cambio di appalto del servizio di nettezza urbana in ### egli era stato assunto dalla società #### S.r.l., subentrata nell'appalto, con mansioni di autista ed inquadramento nel livello ### del ### ASSOAMBIENTE, nonostante il capitolato d'appalto prevedesse l'assunzione di soli tre autisti inquadrati nel livello ###. 
Rappresentava, inoltre, di non aver mai fatto parte dell'organico di ### e ### S.p.a. assegnato al servizio appaltato presso il Comune di ### Eccepiva la nullità/illegittimità dell'impugnato licenziamento per vizio di motivazione, per violazione dell'obbligo di repechage e per difetto dei presupposti posti a fondamento del recesso, vale a dire la sua assegnazione al cessato servizio di nettezza urbana già gestito dalla convenuta nel predetto comune e la conseguente non applicabilità nei suoi confronti della clausola sociale di salvaguardia. 
Esponeva, quindi, di aver svolto attività lavorativa in ### solo in modo discontinuo e frammentario. 
Concludeva con richiesta di applicazione della tutela reintegratoria o, in subordine, indennitaria. 
Si costituiva tempestivamente la società convenuta, chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato in fatto ed in diritto. 
Rilevava che il ricorrente era stato adibito in modo organico al servizio di nettezza urbana gestito presso il Comune di ### con la sottoscrizione, nel 2020, di un atto attraverso il quale, variato il ### ed il livello di inquadramento del lavoratore (dal IV livello ### al livello ### del ### era stato previsto che il lavoratore avrebbe prestato “…la sua opera nel Comune di #### e territori del ### limitrofi e/o presso gli impianti aziendali qualora l'azienda lo ritenesse necessario anche per motivi metereologici che impediscano lo svolgimento dei normali servizi nel Comune di riferimento”. 
Dopo l'escussione di due testimoni, all'odierna udienza la causa è stata discussa e decisa con sentenza contestuale ex art. 429 c.p.c. 
Si premette, pur in assenza di eccezioni in tal senso, che deve ritenersi sussistente un concreto interesse ad agire del ricorrente, avendo la giurisprudenza di legittimità da tempo chiarito che “Ove il contratto collettivo preveda, per l'ipotesi di cessazione dell'appalto cui sono adibiti i dipendenti, un sistema di procedure idonee a consentire l'assunzione degli stessi, con passaggio diretto e immediato, alle dipendenze dell'impresa subentrante, a seguito della cessazione del rapporto instaurato con l'originario datore di lavoro e mediante la costituzione "ex novo" di un rapporto di lavoro con un diverso soggetto, detta tutela non esclude, ma si aggiunge, a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento, con i limiti posti dalla legge all'esercizio del suo potere di recesso, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario. Né la scelta effettuata per la costituzione di un nuovo rapporto implica, di per sé, rinuncia all'impugnazione dell'atto di recesso, dovendosi escludere che si possa desumere la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento o l'acquiescenza al medesimo dal reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva, non rivelandosi, in tale scelta, in maniera univoca, ancorché implicita, la sicura intenzione del lavoratore di accettare l'atto risolutivo” (cfr. Sez. L.  29922/2018). 
Ciò premesso, ritiene il Tribunale che il ricorso sia fondato e meriti, pertanto, accoglimento per le ragioni di seguito indicate. 
Si rileva che vertendosi in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo trovano applicazione anche nel caso di specie gli oneri di allegazione e di prova da tempo affermati dalla Corte di legittimità: “In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice - che non può, invece, sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost. - il controllo in ordine all'effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro ha l'onere di provare, anche mediante elementi presuntivi ed indiziari, l'effettività delle ragioni che giustificano l'operazione di riassetto. (Nella specie, relativa al licenziamento del responsabile marketing di una società che aveva svolto, "ad interim", anche le mansioni di ### area estero, il recesso era stato motivato sul presupposto che dette funzioni erano state assunte direttamente dall'amministratore delegato, indicazione che, in realtà, costituiva la conclusione del processo riorganizzativo e non la ragione dello stesso e, quindi, non poteva assurgere a giustificazione della risoluzione del rapporto) (### L. n. 15157/2011). 
Ancora: “In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la verifica del requisito della "manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento" concerne entrambi i presupposti di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e, quindi, sia le ragioni inerenti all'attività produttiva, l'organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa sia l'impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore” (n. 29102/2019). 
La circostanza che il recesso sia stato intimato per ragioni connesse alla cessazione di un appalto, non rileva, atteso che, come affermato dalla Suprema Corte nella citata sentenza n. 29922/2018: “I principi enunciati chiariscono la distinzione tra le differenti situazioni di fatto riferite al recesso dell'originario datore di lavoro ed alla costituzione del nuovo rapporto di lavoro con l'impresa subentrante. La garanzia del passaggio dal datore originario all'impresa subentrante, di natura contrattuale collettiva, mira ad assicurare la stabilità e continuità dell'occupazione, ma lascia distinti i rapporti lavorativi, (non a caso si definisce un rapporto ex novo con l'impresa subentrante), sicché non solo una regola contrattuale non potrebbe mai escludere la tutela legale che sanziona il recesso illegittimo, ma neppure sarebbe invocabile trattandosi di distinti rapporti contrattuali rispetto ai quali differenti sono le obbligazioni e responsabilità datoriali. Anche nelle ipotesi del passaggio da un appalto all'altro l'originario datore di lavoro, sarà tenuto a dimostrare, ove necessario, le ragioni del recesso e l'impossibilità di reimpiegare il lavoratore in altre posizioni lavorative compatibili”. 
Ciò posto si osserva che, diversamente da quanto dedotto dalla parte ricorrente in sede di discussione orale, il ### applicato al lavoratore dal 2020 è il ### Al ricorrente è stato, infatti, riconosciuto il livello ### che richiama la classificazione del personale contenuta negli artt. 7 e seguenti del citato contratto e tale livello è richiamato nelle buste paga prodotte dalle parti. 
Il diverso ### (stipulato il ### e valido dal 01.03.2021 al 31.07.2022, all. 14 al fascicolo di parte ricorrente) contiene una diversa classificazione del personale (art. 147) non richiamata nell'atto sottoscritto dalle parti il ### e nei prospetti paga. 
Ebbene, l'art. 6, comma 2, del ### prevede che “### subentrante assume ex novo, con passaggio diretto, dal giorno iniziale della nuova gestione in appalto/affidamento previsto dal bando di gara, senza effettuazione del periodo di prova, tutto il personale addetto in via ordinaria o prevalente allo specifico appalto/affidamento, il quale, alla scadenza effettiva del contratto di appalto, risulti in forza presso l'azienda cessante per l'intero periodo di 240 giorni precedenti l'inizio della nuova gestione”. 
Ebbene il ricorrente assume di non essere stato mai assegnato, se non in maniera saltuaria e discontinua, al servizio di nettezza urbana oggetto dell'appalto tra la società convenuta ed il Comune di ### La deduzione non può ritenersi fondata. 
Con atto sottoscritto in data ### il rapporto contrattuale tra le parti è stato modificato, con la previsione di una nuova sede di lavoro e l'inquadramento in un diverso livello corrispondente al diverso ### disciplinante il rapporto stesso. 
Si legge nell'atto: “### presterà la sua opera nel Comune di #### e territori del ### limitrofi e/o presso gli impianti aziendali qualora l'azienda lo ritenesse necessario anche per motivi metereologici che impediscano lo svolgimento dei normali servizi nel Comune di riferimento”. 
Che il ricorrente di fatto abbia prestato la propria opera e che, quindi, fosse “addetto in via ordinaria e prevalente allo specifico appalto/affidamento” gestito dalla società presso il Comune di ### è circostanza documentalmente provata e non contraddetta da idonee emergenze di segno inverso. 
La società ha riscontrato (allegato 8 al relativo fascicolo) che negli anni 2021 e 2022 il lavoratore ha svolto le proprie mansioni in ### e solo saltuariamente altrove (in particolare in ### nel mese di luglio 2022). 
Manca ogni riscontro documentale del dedotto svolgimento di mansioni in altri comuni (##### del #### né tale difetto di prova può dirsi colmato attraverso la dichiarativa articolata in ricorso, posto che il testimone indicato dal lavoratore, ### ha confermato le circostanze dedotte in ricorso dimostrando di averne una conoscenza indiretta: “### presente che io lavoravo essenzialmente all'interno del comune di ### e la mia conoscenza dei diversi comuni, come indicati nel capitolo 4, all'interno dei quali il ricorrente svolgeva le proprie mansioni è legata al fatto che al termine della giornata lavorativa tutti noi dipendenti della resistente tornavamo presso la sede di ### dove era previsto che timbrassimo, e in quelle circostanze, parlando con il ricorrente o con il coordinatore ### venivo a conoscenza dei territori all'interno dei quali il sig. ### di volta in volta svolgeva le proprie mansioni …“Io vedevo il ricorrente quando questi lavorava presso comuni diversi da ### solo la sera quando rientrava presso la sede ###lo vedevo...”. 
Non rileva, allora, che il ricorrente sia stato assunto ben prima che alla società fosse affidato l'appalto relativo al servizio di nettezza urbana in ### posto che la variazione della sede di lavoro intervenuta nel 2020 è stata effettiva (oltre che accettata dal lavoratore) e che al momento della cessazione dell'appalto (31.08.2022) e del subentro della nuova società sussistevano tutte le condizioni previste dal ### per l'assunzione dei dipendenti dell'impresa cessata (il ricorrente era addetto all'appalto in via ordinaria e prevalente da ben più di 240 giorni precedenti l'inizio della nuova gestione). 
Non assume rilievo neanche la circostanza che il #### non possedesse l'esatto livello (###) previsto dal ### d'### sia perché il livello ### non era espressamente escluso, sia perché non risulta, né è stato dedotto, che la società subentrante ed il Comune di ### abbiano mosso obiezioni di alcun genere. 
Ciò posto, ritiene, tuttavia, il Tribunale che la società convenuta non abbia assolto l'onere di provare l'impossibilità di adibire il ricorrente ad altre mansioni. 
La società, infatti, ha solo dedotto ma non provato che “tutto il personale assunto con il ### di ### deriva da appalti pubblici e può essere sostituito (come è avvenuto per il ricorrente) solo in ragione di licenziamenti, pensionamenti, dimissioni volontarie o per giusta causa. Per come risulta dalla tabella sotto riportata, ogni appalto ha il personale necessario ricevuto da precedenti appaltatori per lo svolgimento del servizio e non può essere integrato e\o modificato, in quanto non sarebbe approvato dalla ### la quale nel piano economico finanziario di ogni singolo appalto prevede un determinato numero di lavoratori che non può essere incrementato” (pagg. 20 e 21 della memoria).  ### e ### S.p.a. ha due sedi in ### e svolge, come risulta dalla ### in atti, anche attività diverse da quella prevalente (ad esempio autotrasporto merci conto terzi, attività di bonifica ambientale, ecc.). Inoltre occupa in ### 41 lavoratori, circostanza, quest'ultima, che smentisce, come correttamente dedotto dalla ### del ricorrente nelle note difensive autorizzate, la deduzione secondo cui a ### vi sarebbe solo un deposito dove vengono parcheggiati gli automezzi. 
La società ha poi 392 addetti complessivi e tanto dimostra che le attività di impresa che svolge vanno ben oltre il recupero e la preparazione per il riciclaggio dei rifiuti, di tal chè rimane indimostrata l'impossibilità di adibire il ricorrente (assunto come manovale nel 1998) ad altre mansioni, anche inferiori (cfr. Cass., Sez. L. n. 29099/2019) o mansioni implicanti l'applicazione di un ### diverso da quello (da ultimo) applicato al lavoratore. 
Posto, allora, il mancato assolvimento dell'onere probatorio dell'impossibilità di un repechage e considerato che “la verifica del requisito della "manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento" concerne entrambi i presupposti di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo” (cfr. ancora Cass., Sez. L., n. 29102/2019), la tutela applicabile al caso di specie è quella reintegratoria prevista dall'art. 18 dello ### dei ### come modificato dalla legge n. 92 del 2012. 
La manifesta insussistenza delle specifiche ragioni poste a base del recesso, sotto il rilevato profilo dell'”l'impossibilità di reimpiegare il lavoratore in altre posizioni lavorative compatibili” comporta, allora, l'applicazione del comma 4 della norma sopra citata, richiamato dal comma 7 per i licenziamenti intimati per giustificato motivo oggettivo (“Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo nell'ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il licenziamento è stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo”). 
Sulla portata della norma si richiama la ### del 24 febbraio 2021 dell'### della Corte Costituzionale, nella quale si legge “La Corte costituzionale, riunita oggi in camera di consiglio, ha esaminato la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Ravenna sull'articolo 18 dello ### dei lavoratori, come modificato dalla cosiddetta legge ### (n. 92 del 2012), là dove prevede la facoltà e non il dovere del giudice di reintegrare il lavoratore arbitrariamente licenziato in mancanza di giustificato motivo oggettivo. 
In attesa del deposito della sentenza, l'### stampa della Corte costituzionale fa sapere che la questione è stata dichiarata fondata con riferimento all'articolo 3 della ### La Corte ha ritenuto che sia irragionevole - in caso di insussistenza del fatto - la disparità di trattamento tra il licenziamento economico e quello per giusta causa: in quest'ultima ipotesi è previsto l'obbligo della reintegra mentre nell'altra è lasciata alla discrezionalità del giudice la scelta tra la stessa reintegra e la corresponsione di un'indennità”. 
Con la sentenza n. 125/2022 la Corte ha poi dichiarato “l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come modificato dall'art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), limitatamente alla parola «manifesta»”. 
Di conseguenza la società convenuta, non essendo in contestazione il requisito dimensionale, va condannata alla reintegrazione del lavoratore e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino alla reintegra, comunque non superiore a dodici mensilità, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, con interessi come per legge.  ###à risarcitoria va commisurata, nella misura non contestata e riscontrata di euro 1.918,60 mensili, tenuto conto dell'attività svolta dal ricorrente per la società ### S.r.l. e delle retribuzioni da questa corrisposte al lavoratore. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.  P.Q.M.  Annulla il licenziamento intimato a ### e condanna la società ### e ### S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., a reintegrare il lavoratore e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino alla reintegra, comunque non superiore a dodici mensilità, per un importo di euro 1.918,60 mensili, detratto quanto percepito dal ricorrente nell'ambito del rapporto di lavoro con la società ### S.r.l., oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, con interessi come per legge. 
Condanna la società ### e ### S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., alla rifusione delle spese di lite, liquidate in complessivi € 4.629,00, oltre ### CPA e rimborso forfetario come per legge, con distrazione. 
Cosenza, 20/09/2023 

IL GIUDICE
dott. ### n. 948/2023


causa n. 948/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Lo Feudo Vincenzo

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