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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO in funzione di Giudice del lavoro ed in persona del giudice dott.ssa ### ha pronunciato, all'esito del deposito di note effettuato ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., la seguente ### causa iscritta al n. 1199/2017 R.G.L. promossa da S.I.C.O.N. S.R.L. - SOCIETÀ ### (c.f. ###), rappresentata e difesa dagli Avv.ti ### e #### per procura in atti, ricorrente, contro ### (c.f. ###), rappresentato e difeso dall'Avv. ###, per procura in atti, resistente, #### art. 1 comma 47 e seg. - L.92/2012 (cd. Fornero) MOTIVI DELLA DECISIONE FATTO E DIRITTO 1- Con ricorso depositato il ### S.I.C.O.N. S.R.L.-SOCIETÀ ### ha agito in giudizio chiedendo la riforma e/o la revoca dell'ordinanza n.3220/2017 del 05.05.2017, comunicata in data ###, con cui il Giudice del lavoro ha dichiarato nullo il licenziamento intimato al dipendente ### ritenendolo ritorsivo, ed ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro, con condanna al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del recesso sino a quello della effettiva reintegra, oltre versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con gli interessi legali dalla maturazione al saldo.
La società ricorrente ha esposto che il ### con ricorso ex art. 1, commi 47 e ss., della legge n. 92/2012, depositato il 7 ottobre 2016, ha adito il giudice del lavoro esponendo di essere stato licenziato, una prima volta, con lettera del 22.12.2014 a seguito di una procedura di riduzione del personale ex artt. 4, 5 e 24 L. 223/91, licenziamento che veniva dichiarato nullo dal Giudice del ### di ### con ordinanza del 02.10.2015; di aver, essa società, comunicato la riammissione in servizio con dispensa dal prestare servizio; che in data ### la società ha avviato la procedura di riduzione del personale ai sensi della L. 223/91, in esito alla quale ha intimato il licenziamento a n. 5 lavoratori addetti alle presse, incluso il ricorrente con lettera del 14.3.16.
Tale licenziamento è stato impugnato dal ### in quanto ritenuto ritorsivo, per insussistenza del giustificato motivo oggettivo e per violazione dei criteri di scelta previsti dall'art. 5 L. 223/91.
La società ha esposto di aver contestato i motivi di impugnativa, evidenziando che il licenziamento era giustificato dall'impiego a pieno regime di macchine elettroniche, per effetto di un processo di adeguamento tecnologico e meccanizzazione iniziato nel corso dell'anno 2015 con l'entrata in funzione di un nuovo sistema automatico di movimentazione cartoni denominato “octabins”, entrato a regime nell'ottobre 2015, che aveva provocato l'esubero del personale nella misura di 5 unità operative addette alle presse.
La società esponeva che il Giudice adito, assunte le prove testimoniali, con ordinanza del 05.05.2017 aveva dichiarato la nullità del licenziamento in quanto la società non aveva dimostrato la sussistenza del nesso causale tra il recesso e la proclamata riorganizzazione aziendale.
La società ha proposto opposizione avverso la ordinanza, contestando le ragioni poste a fondamento della decisione e la valutazione giudiziale delle prove testimoniali.
Ha chiesto, quindi, la riforma della ordinanza emessa il ### nel procedimento 1746/2016 RG ed il rigetto delle domande svolte dal ### in quanto inammissibili ed infondate.
Si è costituito in giudizio ### contestando le ragioni dell'opposizione, evidenziando che, contrariamente a quanto ritenuto dalla società opponente, dalle prove orali assunte, era effettivamente emerso che il lavoro svolto era ancora necessario nel ciclo produttivo, tant'è che viene svolto dai sigg.ri Rera e ### o, a rotazione, da altri impiegati addetti ad altri reparti. Ha contestato che la introduzione e la messa a regime della macchina octabins avesse reso non necessario il suo lavoro; ha dedotto l'arbitrarietà dei criteri di selezione nella mobilità dei dipendenti, ribadendo l'intento discriminatorio della società. Ha chiesto la conferma integrale della ordinanza 3220/2017 del 5 Maggio 2017
La causa è stata istruita con l'ammissione e l'assunzione dell'interrogatorio formale delle parti e con la prova testimoniale. 2- La società ha eccepito, nella prima fase, la decadenza giudiziale, sostenendo che il termine di 60 giorni per impugnare il licenziamento sarebbe decorso dal rifiuto della proposta conciliativa del 18.04.2016, ricevuta il ###, anziché dalla comunicazione del recesso. ### non è fondata. ### la normativa di riferimento - art. 6 L. 604/1966, come modificato dalla L. 92/2012, e art. 32 L. 183/2010 - il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch'essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. ### è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso.
Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.
Ciò posto, il termine di 180 giorni -da rispettare dopo l'impugnativa stragiudiziale del licenziamento nei 60 giorniè riferito o al deposito del ricorso giudiziale oppure alla richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato e l'ulteriore termine di gg 60 per avviare il giudizio dopo il fallimento della conciliazione, attiene -pertantoad un momento ancora successivo.
I fatti confermano, in specie, la tempestività dell'impugnazione: il licenziamento è stato comunicato il 14 marzo 2016, e il lavoratore ha inviato la raccomandata di impugnazione il 29 aprile 2016, quindi entro i 60 giorni previsti. Da tale impugnazione decorre il termine di 180 giorni per il deposito del ricorso giudiziale e il ricorso è stato depositato il 7 ottobre 2016, dunque pienamente nei termini. 3- Breve ricostruzione dei fatti di causa ### dipendente della società dal 13.06.1988, inizialmente con la qualifica di operatore soffiaggio e poi di operatore presse, ha impugnato il licenziamento del 14.03.2016 in quanto ritenuto ritorsivo e discriminatorio e non supportato da giustificato motivo oggettivo. ### ha dedotto che, dal 15.04.2009 sino al mese di novembre 2013, durante la vigenza di un contratto di solidarietà, aveva svolto le mansioni di capoturno del reparto presse e che, cessato il periodo e ritornato alle originarie mansioni di addetto al reparto presse, aveva contestato la ingiusta forma di sfruttamento delle sue prestazioni. Da lì era iniziato un calvario che aveva portato alla irrogazione di due licenziamenti, uno nel dicembre 2014 (annullato dal Tribunale nell'ottobre 2015) e l'altro -oggetto del presente giudiziodel marzo 2016, entrambi celati da una presunta crisi aziendale. ### ha ripercorso le vicende relative al primo licenziamento del dicembre 2014, scaturente dalla procedura di mobilità che aveva interessato solo gli operatori presse e non anche i capiturno del reparto presse e che lo aveva coinvolto perché la società non aveva inteso riconoscergli la mansione di capoturno, mansione che era stata attribuita, invece, al sig. ### che mai aveva svolto tali mansioni e che aveva minore anzianità di servizio. Adduceva, poi, che la società aveva utilizzato l'escomotage di non attribuirgli il “punteggio aziendale”, assegnato invece ad altri dipendenti. Il licenziamento del dicembre 2014 è stato impugnato e dichiarato nullo con ordinanza del 2.10.2015. ### ha esposto che la società ha dato esecuzione al provvedimento di reintegra del 02.10.2015 solo nel mese di gennaio 2016, senza avvalersi della sua prestazione.
Successivamente la società ha avviato una nuova procedura di mobilità riguardante sempre la figura degli operatori presse, che si è conclusa con il licenziamento del marzo 2016 di n. 5 unità del reparto presse.
Anche tale secondo licenziamento, secondo l'impostazione del ### era da ritenersi ritorsivo, sia per il mancato riconoscimento della qualifica di capoturno -attribuita invece al sig. ###, mansione svolta dal 2009 al 2013, che gli avrebbe consentito di non essere interessato dalla procedura di mobilità e del successivo licenziamento; sia per i criteri matematici di calcolo utilizzati per l'attribuzione dei carichi familiari, diversi da quelli previsti in precedenza e senza alcun confronto con le ### (nella prima procedura era stato utilizzato il punteggio di 360 x5 per il coniuge e di 360 ### per ogni figlio a carico; nella seconda procedura di mobilità era stato invece attribuito il punteggio di 360 per il coniuge a carico e 360 per ogni figlio a carico).
Così il ricorrente, che aveva comunicato in data ### che la moglie aveva perso il lavoro, si era visto attribuire un punteggio inferiore rispetto al collega sig. #### ha contestato, poi, l'insussistenza del giustificato motivo oggettivo posto a fondamento del licenziamento, sostenendo che nessuna crisi aziendale aveva colpito l'azienda, che ha anzi aveva applicato all'unità produttiva cui era addetto il ricorrente altro personale. Ha, infine, contestato che non era stata fornita alcuna prova della impossibilità di ricollocamento, adducendo che per anzianità, esperienza e duttilità lavorativa avrebbe potuto essere mantenuto in servizio, anche eventualmente reimpiegandolo al reparto magazzino, reparto in cui erano stati mantenuti i sigg.ri Luciani e ### assunti nel 2002, che avevano svolto il ruolo di operatori presse, provenendo anch'essi dal soppresso reparto soffiaggio. Allegava che vi era una rotazione tra magazzinieri e addetti presse, evidenziando che egli sapeva utilizzare i carrelli per i movimenti di reparto e aveva ampia esperienza specifica, sia come capoturno presse, che come addetto presse. 4- Sul giustificato motivo oggettivo La procedura di mobilità ed il successivo licenziamento collettivo ha interessato solo il reparto presse dell'azienda.
Nella comunicazione di avvio della procedura di mobilità del 15.01.2016 (cfr allegato) si legge che l'organico in forza presso l'unità produttiva di ### del ### continua a manifestarsi superiore rispetto a quello utile per lo svolgimento dell'attività aziendale e ciò in ragione della riorganizzazione operativa, già da tempo posta in essere, e del contestuale notevole incremento dell'automazione del ciclo produttivo. La società, nella nota richiamata, ha ribadito la necessità di porre rimedio ad una situazione di profonda difficoltà produttiva strettamente connessa alla cessazione dell'attività precedentemente svolta in favore di una delle principali aziende committenti che da sola garantiva una consistente quota di fatturato ( il riferimento è alla ###, situazione che ha reso necessario procedere ad una rimodulazione del ciclo produttivo. Si è fatto riferimento alla eliminazione di talune fasi lavorative in precedenza esistenti e alla introduzione della lavorazione della preforme, in luogo della precedente produzione di bottiglie, con margini di redditività complessiva di gran lunga inferiori rispetto alle tipologie di produzioni effettuate negli anni passati.
La società, nella nota richiamata, ha ricordato di aver fatto ricorso fin quando possibile agli ammortizzatori sociali, mediante la stipula di un contratto di solidarietà attivo sin dal 01.04.2009, alla procedura di mobilità del febbraio 2014 e al licenziamento collettivo dell'ottobre 2014. ### la società, a fronte della riconversione produttiva, la forza lavoro del reparto presse si presentava sovradimensionata, come comprovato anche dalla osservazione statistica delle effettive esigenze di lavoro -per l'anno 2015 non si erano manifestate carenze di personale o la necessità di procedere ad assunzioni aggiuntive, il ricorso al lavoro straordinario evidenziava valori di utilizzo pressoché nulli-. Riteneva, quindi, che l'eccedenza di personale del reparto presse fosse divenuta strutturale e non gestibile con altre soluzioni o diversi accorgimenti.
La società ha quindi manifestato l'intenzione di procedere al licenziamento collettivo di 5 ### operatori addetti al reparto presso, individuandoli facendo ricorso ai criteri di scelta previsti dalla legge, ovvero valutando, in concorso tra loro, le esigenze tecniche produttive, carichi di famiglia e anzianità di servizio. ### della procedura di mobilità è stato giustificato da: riorganizzazione operativa, già da tempo posta in essere, e dal contestuale notevole incremento dell'automazione del ciclo produttivo.
Dalle testimonianze assunte in giudizio appare provato che la società abbia affrontato, nel corso degli anni, una radicale riconversione produttiva, passando dalla fabbricazione di bottiglie alla produzione di preforme. ### responsabile del personale, ha spiegato che la società ### dopo aver cessato la produzione di bottiglie a seguito della perdita di un importante cliente (###, ha incrementato la produzione di preforme acquistando nuovi impianti. Ha confermato che il macchinario ### è stato introdotto per automatizzare il trasporto dei cartoni, riducendo la necessità di intervento umano in quella fase. ### per ogni turno - calcolando tre turni giornalieri - vi era un lavoratore in esubero, poiché la navetta sostituiva l'operatore addetto al trasporto. Ha aggiunto che gli straordinari erano richiesti solo per sostituzioni o esigenze di magazzino. ### ha riferito di aver lavorato nel reparto presse dopo la cessazione della produzione di bottiglie. Ha precisato che, inizialmente, erano necessari più operatori, ma con l'automazione il numero si è ridotto. Tuttavia, ha sottolineato che la presenza di due operai alle presse restava indispensabile, perché dovevano intervenire in caso di anomalie e preparare i cartoni. Ha ricordato che, nei periodi di maggiore produzione, si rendeva necessario un terzo operatore per aprire gli ### e gestire il flusso di preforme. Ha confermato che le navette hanno semplificato il trasporto verso il magazzino, ma non hanno eliminato del tutto il lavoro manuale: l'operatore continuava a preparare i cartoni, inserire i sacchi di cellophane, chiuderli e movimentarli con il carrello elevatore. Ha anche riferito che il ricorrente ### svolgeva queste mansioni e che, in azienda, si ricorreva a rotazioni tra reparti per coprire i turni. ### capoturno, ha confermato che l'automazione ha modificato il ciclo produttivo, ma ha precisato che l'intervento umano restava necessario per la preparazione dei cartoni e per la movimentazione dei materiali. Ha dichiarato che, dopo l'introduzione delle navette, il trasporto verso il magazzino non richiedeva più l'operatore, ma quest'ultimo continuava a occuparsi di altre fasi, come il caricamento dei sacchi di resina nei silos e la gestione dei cartoni. Ha ricordato che il ricorrente era uno dei pochi in grado di utilizzare anche i carrelli elevatori più grandi, impiegati sporadicamente quando quelli piccoli non erano disponibili.
Infine, ### direttore dello stabilimento, ha confermato che la navetta ### ha sostituito il lavoro di un operatore per turno, riducendo il fabbisogno di personale. Tuttavia, ha ammesso che, in caso di guasti o anomalie, era necessario l'intervento manuale. Ha ribadito che la macchina ha ottimizzato il ciclo produttivo, ma non ha eliminato completamente le attività degli operatori. ### responsabile della manutenzione impianti da oltre trent'anni, ha spiegato che l'impianto ### ha modificato in modo significativo il ciclo produttivo.
Prima della sua introduzione, l'operatore si occupava di tutte le fasi: preparazione dei cartoni, movimentazione con carrelli, trasporto e riempimento. Dopo l'automazione, queste attività sono state ridotte: la navetta provvede autonomamente al trasporto e al riempimento dei cartoni, senza bisogno dell'operatore. ### ha però precisato che l'intervento umano resta necessario per controllare lo stato delle pedane e dei contenitori rientrati dal cliente, per la preparazione dei cartoni e, in caso di problemi, per collaborare con il capo turno. Ha confermato che l'impianto ### era già in funzione nel 2014, ma non a pieno regime, e che l'attività dell'operatore si è limitata ad alcune fasi, pur restando sempre all'interno del reparto. ### in azienda dal 1987, ha ribadito che l'impianto ### non può operare senza il supporto dell'operatore. Quest'ultimo deve predisporre le pedane e i cartoni, controllare la loro integrità e intervenire quando il macchinario presenta anomalie. Ha confermato che la macchina non prepara né sagoma i cartoni, attività che rimane manuale, e che l'operatore continua a movimentare i materiali con il carrello elevatore. Ha inoltre precisato che i carrelli più grandi vengono utilizzati solo sporadicamente, quando quelli piccoli non sono disponibili. ### ha confermato che l'impianto ### era presente già nel 2014, ma non funzionava a pieno ritmo.
Ritiene il Tribunale che, in esito alle prove orali assunte, possa ritenersi che tutti i testimoni concordino sul fatto che l'introduzione dell'impianto ### abbia ridotto alcune mansioni manuali, in particolare il trasporto dei cartoni verso la fasciatrice e il magazzino.
Tuttavia, nessuno di loro afferma che il lavoro umano sia stato completamente eliminato: la preparazione dei cartoni, il controllo delle pedane e dei contenitori, l'inserimento dei sacchi di cellophane e la movimentazione con carrelli elevatori restano attività necessarie, soprattutto in caso di anomalie o picchi produttivi.
Alcuni testi, in particolare ### e ### sostengono che, dopo l'automazione, il fabbisogno di personale si sia ridotto stabilmente, con un solo operatore per turno e un esubero di cinque unità complessive.
Altri, invece, -come ######, pur riconoscendo di fatto la semplificazione del lavoro, evidenziano che il lavoro manuale continua a essere indispensabile e che, in certi periodi, si è reso necessario persino un terzo operatore per supportare la produzione.
Ritiene il Tribunale che, posto che l'onere probatorio della sussistenza del giustificato motivo oggettivo, ricade sul datore di lavoro, non possa dirsi provato in modo incontrovertibile la non necessità di unità in più nel reparto presse con stabilità. Le testimonianze confermano, sì, una riduzione del carico di lavoro, ma non una sostituzione totale: permane, infatti, un fabbisogno variabile di manodopera, legato alle esigenze produttive e alle operazioni che la macchina non svolge autonomamente.
Il teste ### (udienza 21.11.23) ha riferito sul punto “dopo la cessazione della produzione delle bottiglie fu incrementata la produzione delle pre-forme con l'acquisto di nuovi impianti che, per quanto riguarda la pressa, ha bisogno di essere condotto da un operaio, mentre il nastro-trasportatore non ha bisogno dell'operaio. Il macchinario si chiama OCTABINS” e più avanti ha riferito “per ogni turno, calcolando che i turni erano tre, formati da cinque squadre, per ogni squadra un lavoratore risultava in esubero”.
Il teste ### (udienza del 2.2.2023) ha riferito che “a seguito della introduzione della macchina ### vi è stata una diminuzione del lavoro da parte del lavoratore poiché la macchina alcune fasi della lavorazione venivano effettuate direttamente senza necessità dell'intervento dell'operatore. Preciso però che con il funzionamento dell'### a pieno ritmo è aumentata anche la produzione, dunque, gli interventi degli operatori sono stati comunque necessari, poiché erano addetti ad effettuare altre mansioni”.
Il teste ### (udienza 21.11.23) ha riferito che “nel periodo in cui la ### produceva sia pre-forme che bottiglie, era necessaria la presenza di n° 2 operatori nel reparto presse e n° 3 nel reparto soffiaggio bottiglie. Quando non furono più prodotte le bottiglie man mano che venne automatizzata la linea di trasporto degli octabins e cioè scatole, gli operatori presenti alle presse furono n°2 perché non vi era bisogno del traporto dei cartoni anche se comunque questi operai dovevano intervenire in caso di anomalie durante il trasporto. Ad un certo punto, non ricordo con esattezza in quali anni, la produzione delle pre-forme aumentò e quindi vi era bisogno di un lavoratore nel turno giornaliero che preparasse i cartoni gli “octobins” che contenevano poi le pre-forme. Preciso che durante il periodo in cui fu l'incremento della produzione, in alcuni giorni si producevano più pre-forme mentre in altri giorni di producevano meno pre-forme. Nei giorni in cui si producevano più pre-forme poteva esserci la esigenza durante il turno in cui si produceva di più, di chiamare un terzo operatore che si occupasse dell'apertura degli octabins che contenevano le pre-forme”.
Il teste ### ha aggiunto che “ [ ..] ad un certo momento, le scatole venivano portate in magazzino direttamente dall'operatore, poi, ad un certo punto ma non ricordo l'anno, la ### comprò delle navette che trasportavano i cartoni in magazzino. Dette navette non avevano bisogno dell'operatore perché si programmavano autonomamente per il trasporto, dietro la vigilanza dell'operatore”.
Il teste ### (udienza 7.3.24) ha riferito che “### dell'intervento dell'impianto octabins l'operatore era impegnato in tutte le fasi della lavorazione; a seguito dell'attività resa dall'impianto ### l'attività dell'operatore era limitata ad alcune fasi e poteva svolgere attività sempre all'interno del reparto come aiutare il capo turno in caso dei macchinari e altre attività”.
La società ha sostenuto che la cessazione della produzione di bottiglie e l'introduzione del sistema ### abbiano reso superflue cinque unità nel reparto presse, configurando un esubero strutturale.
Tuttavia, le testimonianze confermano che l'automazione ha semplificato alcune fasi, ma non ha eliminato la necessità di intervento umano.
Gli operatori continuano a svolgere attività manuali indispensabili, come la preparazione dei cartoni, il controllo delle pedane, l'inserimento dei sacchi di cellophane e la movimentazione con carrelli elevatori. Inoltre, in periodi di maggiore produzione si è reso necessario persino un terzo operatore, segno che il fabbisogno non era costantemente ridotto.
Ad esempio, il teste ### nella prima fase (udienza del 21.02.2017), ha riferito che dopo il licenziamento del ricorrente, la turnistica ha sempre previsto una coppia formata da un capoturno e un operatore presse. Ha aggiunto che a volte i dipendenti ### e ### (addetti alla manutenzione) svolgevano ruolo di capoturno o operatore presse per sostituire il personale mancante per ferie, malattia ecc e in queste ipotesi il capo turno svolgeva l'attività di operatore presse, aggiungendo che ciò era capitato anche a lui.
Dagli allegati al ricorso della prima fase (all. 19, 20 e 21 fogli presenza maggio, giugno e luglio 2016) risulta, invero, comprovata questa circostanza: in essi figurano, tra i capi turno, anche i nomi di ### e ### che erano addetti al reparto manutenzione.
Invero, anche il teste ### nella prima fase (udienza 21.02.2017), ha confermato che la macchina ha sostituito il lavoro di un operatore presse per turno, aggiungendo, però, che i turni sono rimasti sempre formati da una coppia (capoturno-operatore) in quanto l'operatore si è comunque dovuto occupare della maggiore attività, anzi volumi, determinata da un aumento della produzione.
Può pertanto ritenersi che l'automazione ha, sì, inciso sul ciclo produttivo, ma non ha reso inutile il lavoro degli operatori, che restava necessario e variabile in funzione delle esigenze produttive.
Pertanto, in assenza di dati oggettivi che dimostrino la soppressione definitiva delle mansioni affidate al ### - il cui onere della prova ricade sul datore di lavoroil giustificato motivo oggettivo non può dirsi pienamente provato. 5- Occorre adesso esaminare se sussista la prova del licenziamento ritorsivo o discriminatorio.
Ritiene il Tribunale che tale prova non sia stata raggiunta. ### la Suprema Corte (tra le più recenti cfr. Cass. n. 18547 e 17266 del 2024; n. 6838 del 2023; Cass. n. 26399 del 2022; Cass. n. 26395 del 2022; Cass. n. 21465 del 2022), per accogliere la domanda di accertamento della nullità del licenziamento in quanto fondato su motivo illecito, occorre che l'intento ritorsivo datoriale abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà di recedere dal rapporto di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso (Cass. n. 14816 del 2005; Cass. n. 3986 del 2015; Cass. 9468 del 2019), dovendosi escludere la necessità di procedere ad un giudizio di comparazione fra le diverse ragioni causative del recesso, ossia quelle riconducibili ad una ritorsione e quelle connesse, oggettivamente, ad altri fattori idonei a giustificare il licenziamento (Cass. n. 5555 del 2011).
In ordine al profilo probatorio, l'allegazione, da parte del lavoratore, del carattere ritorsivo del licenziamento intimatogli non esonera il datore di lavoro dall'onere di provare, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 604 del 1966, l'esistenza della giusta causa o del giustificato motivo del recesso; ove tale prova sia stata almeno apparentemente fornita, incombe sul lavoratore l'onere di dimostrare l'intento ritorsivo e, dunque, l'illiceità del motivo unico e determinante del recesso (Cass. n. 6501 del 2013; Cass. 27325 del 2017; Cass. n. 26035 del 2018); l'onere ricade sul lavoratore in base alla regola generale di cui all'art. 2697 c.c., ma esso può essere assolto anche mediante presunzioni (Cass. n. 20742 del 2018; Cass. n. 18283 del 2010); in particolare, ben può il giudice di merito valorizzare a tal fine tutto il complesso degli elementi acquisiti al giudizio, compresi quelli già considerati per escludere il giustificato motivo di recesso, nel caso in cui questi elementi, da soli o nel concorso con altri, nella loro valutazione unitaria e globale consentano di ritenere raggiunta, anche in via presuntiva, la prova del carattere ritorsivo del recesso (Cass. n. n. 23583 del 2019). 5.1- Dedotta violazione dei criteri di scelta utilizzati nella individuazione dei lavorati da licenziare ### ha lamentato, a sostegno della ritorsività del licenziamento, la arbitraria modifica dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, che avrebbe finito con il danneggiarlo.
La società ha controdedotto come sia paradossale che una tale eccezione venga oggi mossa all'azienda, che anzi ha operato in maniera totalmente asettica, quando in precedenza proprio tale aspetto era stato oggetto di contestazione.
Come è noto, l'accordo sindacale può stabilire criteri di scelta dei lavoratori differenti rispetto a quelli previsti dall'art. 5 della legge n. 223/1991, purché rispettosi del principio di non discriminazione di cui all'art. 15 della legge n. 300/1970 e del principio di razionalità e purché si conformino a parametri oggettivi in modo che la decisione datoriale non sia operata in base al mero arbitrio del datore di lavoro.
In mancanza di accordo sindacale sui criteri di scelta, il datore di lavoro deve individuare i lavoratori da licenziare in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri fissati dall'art. 5 comma 1 della legge 223/1991 da applicare in concorso tra loro: a) carichi di famiglia; b) anzianità; c) esigenze tecnico produttive ed organizzative.
In tema di licenziamento collettivo, i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità, individuati dai contratti collettivi ai sensi dell'art. 5 della legge 23 luglio 1991, n. 223, devono essere, tutti ed integralmente, basati su elementi oggettivi e verificabili, in modo da consentire la formazione di una graduatoria rigida e da essere controllabili in fase applicativa, e non possono implicare valutazioni di carattere discrezionale, neanche sotto forma di possibile deroga all'applicazione di criteri in sé oggettivi ( cfr Cass. n. 12544/2011; n. 10119/2022).
La scelta dei lavoratori da licenziare deve in linea generale investire l'intero complesso aziendale.
La scelta può, però, essere limitata agli addetti di un determinato reparto sulla base di oggettive esigenze del datore di lavoro, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale, che deve interessare solamente un settore o un ramo d'azienda e che deve esaurire i propri effetti in tale ambito ( cfr Cass. n. 25353/2009).
Dunque, l'applicazione dei criteri di scelta può avvenire in un ambito più ristretto a condizione che sia giustificato da esigenze tecnico produttive ed organizzative che hanno dato luogo alla riduzione di personale (cfr Cass. n. 6626/2021) e che nel settore o reparto interessato dalla ristrutturazione non sussistano professionalità suscettibili di utilizzazione nel settore o nel ramo in cui l'attività viene mantenuta (Cass. 9711/2011).
È onere del datore di lavoro dimostrare il fatto che determina l'oggettiva limitazione di questa esigenza e che giustifica il più ristretto spazio nel quale la scelta è stata effettuata.
Si osserva ancora che la legge 223/1991 dispone che i criteri legali debbano essere applicati in concorso tra loro; ciò non significa tuttavia che il datore di lavoro non possa dare preferenza ad uno solo di essi ed in particolare alle esigenze tecnico produttive, essendo questo il criterio più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione del personale, sempre che tale scelta trovi riscontri obiettivi, il cui onere della prova grava sul datore di lavoro, e non nasconda intenti elusivi o discriminatori (cfr Cass. 11886/2006) e che, quindi, la comparazione tra lavoratori avvenga nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede.
Per poter fornire la necessaria omogeneità e valenza a detti criteri, la graduatoria ha rispettato i seguenti criteri di valutazione con ponderazione degli stessi: a) anzianità di servizio: 1 punto per ogni anno di anzianità; b) carichi di famiglia: 1 punto per il coniuge a carico ed 1 punto per ogni figlio a carico; c) esigenze tecnico produttive ed organizzative: nessun punteggio e nessuna applicazione, salvo l'individuazione del settore aziendale interessato dall'esubero ### Tutti i criteri sono stati, infine, rapportati a 360 (quale indicatore annuo giornaliero equivalente a 30 giorni/mese per 12 mesi) al fine di rendere possibile la massima trasparenza ed analiticità di raffronto per quanto attiene le diverse date di assunzione; ottenendo così periodi di lavoro di riferimento addirittura espressi, appunto, su base giornaliera.
Ritiene il Tribunale che nessuna censura possa essere mossa sul punto, in quanto il criterio aziendale utilizzato, anche se diverso da quello in precedenza adottato, non appare arbitrario, basandosi su un dato oggettivo applicabile senza margini di apprezzamento o di discrezionalità da parte del datore di lavoro.
La società, come si evince dagli atti, ha eliminato, a differenza di quanto fatto durante la prima procedura di mobilità, l'attribuzione di un punteggio aziendale - scelta che era stata ritenuta arbitraria dal Tribunale nella impugnativa del primo licenziamento collettivoadoperando il criterio dell'anzianità di servizio e dei carichi di famiglia, a cui ha assegnato un punteggio unitario ed oggettivo. ### secondo cui ciò sia stata fatto al solo fine di danneggiare il ricorrente ed avvantaggiare il dipendente ### a fronte del criterio oggettivo utilizzato, non appare suffragata da alcun concreto e certo elemento di prova. 5.2- ### sempre al fine di sostenere la ritorsività del licenziamento, ha contestato, poi, che la scelta datoriale sia ricaduta su di lui e ciò perché, ingiustamente, non avrebbe acquisito la qualifica di capoturno reparto presse (assegnata invece al dipendente ###, sebbene avesse svolto tali mansioni per diverso tempo, qualifica che lo avrebbe “salvato” dal licenziamento.
Dall'esame delle prove orali assunte, circostanza del resto non contestata dalla società, appare pacificamente dimostrato che il ### durante la vigenza del contratto di solidarietà dal 2009 al 2013, abbia svolto sostanzialmente le mansioni di capoturno reparto presse.
Così ha dichiarato il teste ### nella prima fase (udienza 21.2.2017): “durante il contratto di solidarietà per garantire l'orario di lavoro alcuni operatori presse sono stati qualificati come capo turno tra cui il ### Ciò è avvenuto per coloro che avevano già svolto saltuariamente l'attività di capoturno o erano in possesso delle relative capacità”.
La circostanza è stata confermata dal teste ### (udienza 21.2.2017), responsabile dello stabilimento dal 2007, il quale ha dichiarato “mi risulta che nel periodo del contratto di solidarietà, per mantenere il monte ore di tutti i dipendenti, i turni sono stati portati da 5 a 10 e gli operatori presse, tra cui il ### sono stati chiamati a svolgere le mansioni di capoturno […] Appare quindi dimostrato che, durante il periodo del contratto di solidarietà, il ### abbia svolto le mansioni di capoturno reparto presse.
È anche emerso, però, che lo svolgimento delle mansioni di capoturno reparto presse, durante la vigenza del contratto di solidarietà, non abbia riguardato esclusivamente il lavoratore ### (cfr deposizione ### e ###, bensì anche altri operatori del reparto presse e ciò al fine di garantire il regolare svolgimento dei turni di lavoro e mantenere il monte ore di tutti i dipendenti.
Per stessa ammissione del ricorrente, al cessare del contratto di solidarietà, egli è ritornato alle proprie mansioni di operatore presse. ### ha lamentato che il dipendente ### avrebbe assunto la qualifica di caporeparto presse, pur non avendo esperienza in tale settore e pur avendo svolto, durante la vigenza del contratto di solidarietà, mansioni di operatore presse.
Dalla documentazione in atti emerge, però, che il ### possedeva già la qualifica di capoturno, sebbene nel reparto soffiaggio, reparto che è stato soppresso nel corso dell'anno 2009. ### invece, rivestiva la qualifica di addetto presse e ciò risulta chiaramente all'elenco lavoratori in solidarietà allegato al contratto di solidarietà del 13.03.2009 ###.
Ritiene il Tribunale che la scelta datoriale di confermare/attribuire la qualifica di capoturno del reparto presse al ### - peraltro già durante la vigenza del contratto di solidarietà [il teste ### nella prima fase ha detto “forse tra agosto e settembre 2013”; il teste ### ha riferito “già nel periodo del contratto di solidarietà al ### venne riassegnata la qualifica di capoturno a seconda delle necessità e a rotazione” ]- rientri tra le valutazioni discrezionali del datore di lavoro in merito alle scelte imprenditoriali da adottare, non apparendo arbitraria, illogica o volutamente discriminatoria nei confronti del ### avendo la società attribuito la qualifica di capoturno reparto presse ad un dipendente che già possedeva formalmente tale qualifica (capoturno reparto soffiaggio) e che già durante la vigenza del contratto di solidarietà aveva svolto le mansioni di capoturno “a seconda delle necessità e a rotazione” ( cfr deposizione ###; piuttosto che attribuirla al ### che ha, sì, svolto durante la vigenza del contratto di solidarietà mansioni di capoturno, ma così come altri addetti al reparto presse (cfr deposizione ### e ###.
Ritiene il Tribunale che lo svolgimento delle mansioni di capoturno del ### come anche di altri dipendenti addetti al reparto presse (non era il solo), fosse invero contingente e strettamente legata alla vigenza del contratto di solidarietà.
La scelta di nominare quale capoturno del reparto presse il ### pur essendo intervenuta in epoca prossima alla prima procedura di mobilità (2013-2014), non appare invero in correlazione diretta con il licenziamento intimato al ### rientrando nelle libere scelte datoriali.
La giurisprudenza costante afferma che la scelta di attribuire o confermare una qualifica rientra nell'ambito delle decisioni imprenditoriali, purché non sia arbitraria, illogica o discriminatoria.
Nel caso concreto, è stato accertato che il ### ha svolto mansioni di capoturno solo in via temporanea e contingente, durante la vigenza del contratto di solidarietà, insieme ad altri operatori, mentre ### possedeva già formalmente la qualifica di capoturno nel reparto soffiaggio e aveva ricoperto quel ruolo anche nel periodo di solidarietà.
Questi elementi rendono la scelta aziendale giustificata e non collegata direttamente al licenziamento del ### 5.3- Andiamo all'aspetto della fungibilità delle mansioni. ### ha lamentato che avrebbe potuto essere addetto al reparto magazzino.
La società ha controdedotto che fosse impossibile la fungibilità tra un operatore presse ed un addetto al magazzino, evidenziando che i posti di addetto al magazzino risultavano stabilmente occupati e che il ricorrente non rivestiva la qualifica di addetto al magazzino, né ha mai avuto esperienza con l'uso del carrello elevatore per la movimentazione dei carichi pesanti. ### la S.C. (Cass. n. 6086/2021), in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la comparazione tra lavoratori di professionalità equivalente addetti a diverse unità produttive deve tener conto non solo delle mansioni concretamente svolte in quel momento, ma anche della capacità professionale degli addetti ai settori da sopprimere, mettendo quindi a confronto tutti coloro che siano in grado di svolgere le mansioni proprie dei settori che sopravvivono, indipendentemente dal fatto che in concreto non le esercitino al momento del licenziamento collettivo.
Ciò in quanto la fungibilità, nella comparazione dei lavoratori da licenziare, implica la necessità di ricostruzione del complessivo bagaglio di esperienza e conoscenza del lavoratore onde verificare la effettiva sussistenza di professionalità omogenee da mettere a confronto; la relativa esclusione non può, pertanto, essere ancorata solo all'esclusivo riferimento ai compiti svolti in concreto dal lavoratore, occorrendo una più complessiva valutazione della sua professionalità che tenga conto delle esperienze pregresse, della formazione, del bagaglio di conoscenze acquisito (Cass. n. 24882/2019, Cass. 18093/2024).
Inoltre, è stato affermato, che ove la ristrutturazione della azienda interessi una specifica unità produttiva o un settore, la comparazione dei lavoratori per l'individuazione di coloro da avviare a mobilità può essere limitata al personale addetto a quella unità o a quel settore, salvo l'idoneità dei dipendenti del reparto, per il pregresso impiego in altri reparti della azienda, ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi a questi ultimi addetti, spettando ai lavoratori l'onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni (Cass. n. 6296/2022).
La suprema Corte ha, quindi, precisato che è onere del lavoratore allegare e provare la fungibilità delle mansioni da svolgere nei reparti non interessati dalla ristrutturazione aziendale.
Il teste ### ha confermato la circostanza q) del ricorso, vero o non che il ricorrente poteva essere inserito anche come “addetto al magazzino”, visto che ogni operatore presse deve obbligatoriamente saper usare il carrello elevatore per movimentare il reparto e la circostanza r), vero o non che nel reparto magazzino sono stati mantenuti in forza i sigg.ri Luciani e ### assunti nel 2002, che hanno svolto il ruolo di operatori presse provenendo anch'essi dal soppresso reparto soffiaggio, mantenuti in servizio con il contratto di solidarietà e che il sig. ### ha svolto attività di operatore anche quando il ricorrente ### svolgeva attività di capoturno presse.
Il teste ### ha riferito sul punto che “durante la prima fase del contratto di solidarietà i signori ### e ### sono passati dal reparto soffiaggio al reparto presse come operatori e poi al magazzino”. ### il teste ### ha confermato le circostanze articolate alle lettere q,r,s del ricorso.
Così il teste ### ha confermato la circostanza r) del ricorso, precisando che ### e ### sono stati mantenuti al magazzino perché avevano dimostrato di possedere una particolare capacità per questo reparto. Il teste ha pure riferito che “il ### sapeva utilizzare il carrello elevatore all'interno del reparto presse e non nel magazzino. Per fare l'addetto al magazzino occorre una particolare praticità nel caricare i camion”.
Ora, dall'elenco lavoratori aziendali, i dipendenti ### e ### figurano quali ### Dalle prove raccolte (cfr deposizione del teste ### che ha dichiarato che non vi è stato scambio tra reparto produzione e reparto magazzino e che il ### era formato per usare il carrello elevatore), ma anche dalla stessa articolazione delle prove del ricorrente laddove parla di “mantenimento” nel reparto magazzino dei dipendenti ### e ### può ritenersi che i dipendenti in questione -unici addetti al magazzinosiano transitati al reparto magazzino già durante la prima fase del contratto di solidarietà, come dichiarato del teste ### (“durante la prima fase del contratto di solidarietà i signori ### e ### sono passati dal reparto soffiaggio al reparto presse come operatori e poi al magazzino”).
Il teste ### ha confermato la circostanza r) del ricorso, precisando che ### e ### sono stati mantenuti al magazzino perché avevano dimostrato di possedere una particolare capacità per questo reparto. Il teste ha anche riferito che “il ### sapeva utilizzare il carrello elevatore all'interno del reparto presse e non nel magazzino. Per fare l'addetto al magazzino occorre una particolare praticità nel caricare i camion”.
Quindi il reparto magazzino era occupato dai dipendenti ### e ### e, per l'espletamento delle mansioni di carrellista del reparto magazzino, occorrevano delle specifiche competenze che il ricorrente non ha dimostrato di possede ###avendo svolto le mansioni specifiche, ma solo quelle di carrellista all'interno del reparto presse.
Le testimonianze confermano che il ### sapeva utilizzare il carrello elevatore nel reparto presse, ma non hanno mai indicato che possedesse la specifica competenza richiesta per il lavoro in magazzino, che comporta attività diverse e più complesse, come il carico dei camion e la gestione delle spedizioni.
Al contrario, è stato chiarito che i posti in magazzino erano già occupati da ### e ### dipendenti che avevano maturato esperienza specifica e dimostrato particolare abilità per quelle mansioni.
Inoltre, dalle testimonianze assunte, emerge che il passaggio di questi lavoratori al magazzino era avvenuto già durante la prima fase del contratto di solidarietà, e che non vi è stato successivamente scambio tra reparti.
Questo quadro è perfettamente in linea con la giurisprudenza della Cassazione, che richiede una valutazione complessiva della professionalità e pone l'onere della prova della fungibilità sul lavoratore.
Nel caso concreto, pertanto, il ricorrente non ha fornito elementi sufficienti per dimostrare la sua idoneità a svolgere le mansioni di magazzino, limitandosi a richiamare l'uso del carrello elevatore nel reparto presse, che non è di per sé sufficiente. 6- Conclusivamente, nella fattispecie in esame, ritiene il Tribunale che non siano provati i presupposti del licenziamento ritorsivo o discriminatorio, per le ragioni che seguono: - Sono state escluse, per le ragioni sopra esposte, sia la violazione dei criteri di scelta di cui all'art. art. 5 comma 1 della legge n. 223/1991, sia la ingiustificata omessa assunzione della qualifica di capoturno in capo al ### che il denunciato profilo della fungibilità delle mansioni; - Il solo dato cronologico tra la prima reintegra (13.01.2016) con esonero dal lavoro e l'attivazione della seconda procedura di mobilità (15.01.2016) sconfinata, poi, nel licenziamento (14.03.2026), non appare sufficiente a legittimare e ritenere provato l'intento ritorsivo datoriale; - La proposta del 18 aprile 2016, recapitata il 22 aprile 2016 prevedeva, da un lato, l'erogazione di un incentivo economico collegato alla cessazione del rapporto di lavoro; ma dall'altro, l'impegno aziendale ad ampliare il periodo di diritto di precedenza per eventuali future riassunzioni per analoga qualifica (cfr allegato), in misura più favorevole rispetto a quanto stabilito dalla legge.
La proposta conciliativa, sebbene successiva al licenziamento, può essere utilizzata quale elemento interpretativo della volontà datoriale.
Se davvero l'intento datoriale era quello di “sbarazzarsi” del dipendente scomodo, non avrebbe proposto di ampliare il periodo di diritto di precedenza per eventuali future riassunzioni.
Pertanto, non appare infondata la argomentazione societaria che ha valorizzato questa offerta come argomento difensivo per escludere l'intento ritorsivo, sostenendo che se avesse voluto “disfarsi” del lavoratore non avrebbe offerto una condizione occupazionale futura di miglior favore.
Ciò posto, la ritenuta insussistenza degli elementi come sopra esposti -ovvero, assenza di violazione dei criteri di scelta, assenza di volontà discriminatoria nel non attribuire ruolo di caporeparto, assenza di violazione dell'obbligo di fungibilità- unita alla proposta conciliativa avanzata al lavoratore, consentono di ritenere non dimostrato l'intento ritorsivo del datore di lavoro. 7- Sulla tutela applicabile, posta la ### insussistenza del giustificato motivo oggettivo del licenziamento, trova applicazione il comma 4° dell'art. 18 legge 300/70 nella versione riformata dalla legge 92/2012 e dall'intervento della Corte Costituzionale 125/2022, ovvero la tutela reintegratoria attenuta.
Infatti, nelle more del giudizio, è intervenuta la pronuncia della Corte Costituzionale 125 del 2022 che, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come modificato dall'art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), limitatamente alla parola «manifesta», ha in sostanza reso ininfluente ogni problematica sulla necessità, da parte dei giudici di merito, di delineare e, conseguentemente, di motivare sul concetto di “manifesta insussistenza” del fatto posto a base del licenziamento, essendo ormai sufficiente, per disporre la tutela reintegratoria attenuata, relativamente -nel caso di specieall'accertamento sulla semplice insussistenza del fatto e non anche su una inesistenza “prima facie” dei presupposti di legittimità del recesso tali da renderlo pretestuoso.
Va, inoltre, ribadito che superata, sempre dalla giurisprudenza costituzionale (sent. n. 59 del 2021), è anche l'altra questione circa la facoltà (e non l'obbligo) del giudice di applicare la tutela reintegratoria in luogo di quella offerta dall'art. 18 co. 5 legge 300/1970, essendo stata dichiarata anche l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come modificato dall'art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), nella parte in cui prevedeva che il giudice, quando accertava la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, «può altresì applicare» - invece che «applica altresì» - la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto comma.
Tanto considerato, in applicazione dell'art. 18 comma 4° legge 300/70, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto in misura pari a 12 ### mensilità della retribuzione globale di fatto, e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali con interessi legali, come per legge. 8- Le spese di lite, in ragione dell'accoglimento della domanda subordinata svolta dal ### meritano di essere compensate per metà, ponendo la restante metà a carico della società, liquidata ai medi di tariffa. P.Q.M. Il Tribunale di ### di ### definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. 1199/2017 RG, così provvede: 1) In riforma della ordinanza n 3220/2017 del 05.05.2017 ed in accoglimento della domanda subordinata svolta da ### annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione di ### nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto in misura pari a 12 ### mensilità della retribuzione globale di fatto e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali con interessi legali, come per legge; 2) Compensa per metà le spese di lite e condanna la società al pagamento, in favore di ### della restante metà delle spese, liquidata in euro 3.808,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali, Iva e cpa come per legge.
Manda alla ### per quanto di competenza.
Così deciso in ### di ### il ###
causa n. 1199/2017 R.G. - Giudice/firmatari: Claudia Giovanna Bisignano